Introduzione alle tecniche cromatografiche Le tecniche cromatografiche hanno lo scopo di separare i componenti di miscele anche molto complesse sfruttando la diversa affinità delle molecole o degli ioni contenuti nei confronti di due fasi diverse: una fase stazionaria, cioè che non si muove e può essere un solido o un liquido su un supporto solido inerte una fase mobile o eluente che fluisce in modo continuo sulla fase stazionaria e può essere costituita da un liquido oppure da un gas La fase mobile trascina con sé a velocità maggiore i componenti della miscela che sono meno affini alla fase stazionaria. Primo esempio di tecnica cromatografica: la cromatografia su colonna a bassa pressione Prima di entrare nei dettagli delle varie tecniche cromatografiche oggi esistenti, esaminiamo l’esperimento fondamentale, effettuato nel 1903, che ha dato origine a tutte le altre varianti. Si tratta di una cromatografia su colonna effettuata a pressione atmosferica. Nella cromatografia su colonna a pressione atmosferica, la fase stazionaria (polvere di Carbonato di calcio nell’esperimento di Tswett), è contenuta in un tubo di vetro munito in fondo di un rubinetto e la fase mobile la attraversa per gravità. Prima di caricare la miscela da separare, la colonna va “condizionata”, cioè bisogna far scorrere una certa quantità di eluente (etere di petrolio nel caso illustrato) fino a impregnare bene tutta la fase stazionaria. Una miscela di pigmenti vegetali, disciolti nelle minima quantità possibile di solvente, viene caricata in cima alla colonna. Si versa a questo punto altro etere di petrolio che fluisce attraverso la colonna per gravità trascinando con velocità diversa i vari costituenti della miscela, che appaiono come bande colorate lungo la colonna stessa. Mano a mano che le diverse bande escono dalla base della colonna, vengono raccolte in recipienti diversi, ad esempio beutine. Le diverse beute di raccolta si chiamano frazioni. Dalle frazioni eluite dalla colonna in tempi diversi, viene fatto evaporare l’eluente e i componenti della miscela iniziale possono così essere recuperati ed identificati. Come nel caso illustrato, tutti i metodi cromatografici si basano sulla diversa affinità delle molecole o degli ioni nei confronti di due fasi diverse. Più una sostanza è affine alla fase stazionaria, più a lungo è trattenuta e il suo scorrimento viene rallentato rispetto a sostanze meno affini. La diversa polarità delle due fasi gioca un ruolo fondamentale. Tra le molecole del campione e la fase stazionaria si possono creare ad esempio attrazioni dipolodipolo, legami a idrogeno, forze di Van der Waals. I vantaggi di questa tecnica, ancora in usa nei laboratori di ricerca e sviluppo, sono i bassi costi, la semplicità di esecuzione, la possibilità di separare quantità significative di sostanza (cioè la tecnica può essere usata a “scopi preparativi”). Gli svantaggi sono la lentezza, la bassa risoluzione (cioè non separa sempre efficacemente sostanze simili), il fatto che non sia adatta a quantificare i componenti della miscela. Esaminiamo ora più da vicino i meccanismi attraverso cui avviene la separazione. Progetto “analisi dei vini” DOL 2012 Mauro Sabella Meccanismi chimico-fisici della separazione cromatografica Le diverse tecniche cromatografiche possono essere classificate in base al meccanismo principale di separazione che interviene in ciascuna di esse. Di seguito sono descritti meccanismi principali. Adsorbimento: è l’aumento della concentrazione delle molecole da separare sulla superficie di separazione tra fase stazionaria e fase mobile. Non va confuso con l’assorbimento che consiste nella penetrazione di una soluzione all’interno di una massa porosa per effetto della capillarità. La fase stazionaria nella cromatografia di adsorbimento è un solido in polvere, sulla superficie dei granuli si trovano dei siti attivi che possono stabilire legami deboli con i componenti della miscela da separare. Se la fase eluente è un gas avrò la cromatografia gas-solido (GSC), se invece sarà un liquido avrò la cromatografia liquido-solido (LSC). La cromatografia su colonna descritta nella prima pagina rappresenta un esempio di cromatografia di adsorbimento. Caratteristiche della fase stazionaria: Non deve adsorbire in maniera irreversibile il soluto né reagire con esso o catalizzare reazioni di decomposizione. Deve essere insolubile nella fase mobile (eluente) Deve consentire una ragionevole velocità di eluizione. Il suo potere adsorbente deve essere riproducibile e controllabile. La granulometria deve essere il più possibile uniforme per avere una separazione efficace. La granulometria è espressa in mesh I materiali adsorbenti più usati sono: gel di silice, allumina, carbone attivo, terre di diatomee, calcio carbonato, magnesio carbonato, magnesio fosfato cellulosa, saccarosio, amido, talco. Allumina (Al2O3) e gel di silice sono tra i materiali adsorbenti più utilizzati. Il gel di silice si ottiene per polimerizzazione dell’acido silicico (con eliminazione di acqua), che porta alla formazione di granuli porosi sulla cui superficie sono presenti i siti attivi Si-OH. Se usiamo tali materiali come fase stazionaria avremo una fase stazionaria polare che tenderà a trattenere più a lungo molecole polari e a lasciar passare più rapidamente le molecole poco polari, tali sostanze apolari verranno trascinate via dalla fase mobile e verranno eluite per prime. Caratteristiche della fase mobile liquida (per i gas vedi le stesse considerazioni di pag 3 riguardo la cromatografia di ripartizione): Non deve reagire né con l’adsorbente, né con i prodotti da separare; Non deve solubilizzare l’adsorbente; Deve far migrare i componenti della miscela da separare; Deve avere un basso punto di ebollizione per permettere un facile recupero dei soluti; Non deve essere tossico, né molto costoso. Scelta della fase mobile liquida: In una separazione cromatografica la scelta della fase mobile è effettuata su basi empiriche con vari tentativi; le prove preliminari sono effettuate mediante TLC (vedi più avanti). Numerosi sono i solventi che possono essere utilizzati come fase mobile. Nella serie eluotropica di Trappe i solventi sono elencati secondo un potere eluente crescente:etere di petrolio < cicloesano < tetracloruro di carbonio < toluene< cloruro di metilene < cloroformio < etere etilico < acetato di etile< acetone < propanolo < etanolo < metanolo < acqua < acido acetico. Questa serie sta a significare che più un solvente è polare, più sarà in grado di trascinare via dalla fase stazionaria le molecole della miscela. Se il sovente è troppo polare trascinerà con sé tutte le molecole contemporaneamente e la separazione non avverrà. Se al contrario l’eluente è troppo poco polare rischia di non far muovere i componenti della miscela che rimarranno così bloccati in colonna o scenderanno con tempi troppo lunghi. E’ possibile utilizzare i solventi in miscele di varia Progetto “analisi dei vini” DOL 2012 Mauro Sabella composizione, così da realizzare fasi mobili con potere eluente variabile. Classiche miscele utilizzate: etere di petrolio/acetato di etile (in proporzioni variabili) per sostanze apolari cicloesano/acetato di etile (in proporzioni variabili) per sostanze apolari; diclorometano/metanolo (in proporzioni variabili) per sostanze polari . Ripartizione: la fase stazionaria è un liquido, che impregna un solido granulare inerte. Ogni componente della miscela si solubilizza nelle due fasi mobile e stazionaria, e si ripartisce a seconda della solubilità in ciascuna di esse. La fase mobile deve essere immiscibile con il liquido di ripartizione che costituisce la fase stazionaria. Durante la separazione viene sfruttata la diversa solubilità delle sostanze nei confronti delle due fasi. Anche in questo caso possiamo avere una cromatografia gas-liquido (GLC), oppure liquido-liquido (LLC). Nel caso della gascromatografia con colonna capillare il liquido di ripartizione può essere depositato direttamente sulle pareti interne della colonna che fungono esse stesse da supporto inerte, mentre il gas di trasporto scorre nel canale centrale vuoto. Caratteristiche del supporto solido inerte: Inerzia chimica, cioè non deve interferire con il processo cromatografico Resistenza meccanica e termica Deve consentire al liquido di ripartizione di depositarsi come un film sottile e uniforme La granulometria deve essere il più possibile uniforme per avere una separazione efficace. I materiali più usati sono: microsfere di vetro, terra di diatomee, polvere di teflon Caratteristiche dei liquidi di ripartizione: Inerzia chimica, cioè non deve reagire con i componenti della miscela o con il materiale di supporto Stabilità termica, cioè non decomporsi alle temperature d’esercizio (GC) Bassa tensione di vapore, per minimizzarne la perdita durante le analisi e allungare la vita della colonna e non interferire con il rivelatore (GC) Buon effetto sovente della miscela, sia pur con affinità diversa nei confronti di ciascun componente Bassa viscosità per diminuire la resistenza al trasferimento di massa dei soluti nella fase stazionaria I liquidi di ripartizione più usati sono: idrocarburi o siliconi, esteri di alcoli ad alta massa molecolare, poliglicoli e polialcoli. Caratteristiche della fase mobile: Se la fase mobile è un liquido (HPLC): Bassa viscosità Immiscibilità con la fase stazionaria Capacità di solubilizzare il campione Compatibilità con il rivelatore (se uso un rivelatore UV deve essere trasparente alla lunghezza d’onda di esercizio) Non deve essere tossico, né molto costoso. Elevata purezza Se la fase mobile è un gas (GC): Basso costo: i gas nobili He e Ar sono più costosi dell’azoto che è il gas più utilizzato Elevato grado di purezza Compatibilità con il rivelatore Inerzia chimica In gascromatografia l’effetto di selezione dei gas di trasporto è praticamente nullo e quindi la separazione fra i vari componenti di una miscela dipende soprattutto dalla diversa affinità per la fase stazionaria.. Progetto “analisi dei vini” DOL 2012 Mauro Sabella Scambio ionico: In questa cromatografia la fase stazionaria è costituita da una resina composta da una matrice polimerica (in genere granuli di pochi millimetri di diametro) in cui sono intrappolati o inglobati ioni, disponibili per lo scambio ionico. Esistono numerosissime resine per lo scambio ionico, la maggior parte delle quali sono a base di polistirene, in genere reticolato con divinilbenzene, a cui poi sono aggiunti gruppi funzionali in grado di catturare o rilasciare gli ioni. Come fase mobile si usano soluzioni tampone acquose. Le resine a scambio ionico trovano largo impiego in varie applicazioni di ingegneria chimica, in particolare nei processi di demineralizzazione, ad esempio dell'acqua. Le resine possono essere cationiche (in grado di scambiare cationi) o anioniche (in grado di scambiare anioni come in figura). Molti materiali biologici ad esempio aminoacidi e proteine possiedono gruppi ionizzabili e il fatto che possiedano una carica elettrica può essere utilizzato per separarli dalle miscele che li contengono. Esclusione: In questa cromatografia la fase stazionaria è costituita da un solido poroso, spesso un gel. Le dimensioni dei pori variano a seconda di come viene preparato il gel. Le molecole presenti nella miscela da analizzare penetrano nei pori del gel e vi rimangono per un certo tempo, le molecole troppo grandi, però vengono escluse dai pori ed escono dalla colonna in tempi molto brevi. La cromatografia di esclusione molecolare è un processo di analisi che si utilizza per separare sostanze organiche aventi elevati pesi molecolari, soprattutto proteine e macromolecole. Affinità: si usano reazioni di tipo biochimico, reversibili e molto specifiche, in modo che le molecole da separare interagiscano con la fase stazionaria e vi rimangano bloccate. In un secondo tempo con un eluente opportuno, si rompono i legami tra le molecole e la fase stazionaria e si ottiene l’eluizione selettiva dei componenti della miscela. Progetto “analisi dei vini” DOL 2012 Mauro Sabella Cromatografia su strato sottile (TLC= thin layer chromatography) Nella cromatografia planare, indicata anche come cromatografia su strato sottile (TLC), la fase stazionaria è supportata su una superficie piana come una lastra di vetro, o una lastra di alluminio. In alternativa può essere usato un foglio di carta per cromatografia. La fase mobile, si muove attraverso la fase stazionaria, risalendo per capillarità. In TLC la fase stazionaria è generalmente uno strato dallo spessore uniforme di circa 1 mm di materiale adsorbente, depositato su una lastra di vetro. Il materiale adsorbente può essere gel di silice, allumina, cellulosa in polvere o polvere di diatomee, a seconda dell'applicazione richiesta. La fase mobile è un solvente opportunamente scelto (o una miscela di solventi), capace di separare i componenti del campione e poco affine per polarità alla fase stazionaria scelta. Uno strato di fase mobile alto circa 1 cm viene posto sul fondo di un contenitore trasparente, munito di coperchio. Si aspetta qualche minuto che la cosiddetta camera di eluizione si saturi dei vapori dell’eluente. Nel frattempo si prepara la lastrina, disegnando a matita una riga a poco più di un centimetro dal fondo, sulla quale si deposita il campione da separare in soluzione diluita. Il contenitore viene poi chiuso in modo da mantenere l'ambiente saturo di vapori di eluente. Per effetto di capillarità il solvente sale lungo la lastrina, trascinando con sé in maniera differente i componenti della miscela e separandoli. La corsa del solvente può durare da una decina di minuti ad oltre un'ora. L’immagine sotto riportata rappresenta la separazione per TLC di una miscela in cui si evidenzia la presenza di 3 componenti. Quando l’eluente è arrivato quasi in cima alla lastrina, la lastrina stessa viene rimossa dalla camera di eluizione e asciugata, avendo cura di segnare prima con una matita il livello raggiunto dal solvente. Qualora non sia possibile osservare direttamente le macchie di campione sulla superficie della lastrina perché non sono colorate- caso molto frequente - si può ricorrere all'osservazione sotto luce ultravioletta o alla reazione con reagenti che sviluppano composti colorati. Tra questi si annoverano lo iodio, la ninidrina, per rivelare gli amminoacidi evidenziandoli con colori diversi. Per evidenziare genericamente composti organici, si usa anche spruzzare le lastre con una soluzione concentrata di acido solforico che, carbonizzando i composti organici, lascia degli aloni neri. Prevedendo l'osservazione alla luce ultravioletta, la separazione viene effettuata su lastre già impregnate di una soluzione di fluoresceina. In questo modo qualsiasi sostanza presente attenuerà la fluorescenza e sarà evidenziata da aloni più scuri. Ogni macchia è caratterizzata da un fattore di ritenzione (Rf), dato dal rapporto tra la distanza percorsa dalla sostanza (A) e quella percorsa dall’ eluente (el). Il valore di Rf è compreso tra 0 (il composto non è migrato, ed è stato completamente trattenuto dall’adsorbente) e 1 (il composto non è trattenuto e migra con il fronte dell’eluente) e si calcola fino alla seconda cifra decimale. In teoria Rf è costante per ogni sistema cromatografico ed è una caratteristica di ogni sostanza esaminata. Potrebbe quindi essere usato per l’identificazione di una sostanza incognita. Per riconoscere con relativa certezza le diverse componenti, a fianco della miscela da separare si possono depositare sulla lastra quantità note di sostanze di riferimento (dette standard) e verificare se esse presentano gli stessi Rf di qualche componente della miscela. Fattore di ritenzione o ritardo (Rf) Rf=dA/del dA =Distanza percorsa dal componente A rispetto alla linea di patenza del= distanza percorsa dall’eluente rispetto alla linea di partenza. La TLC è utilizzata per: • seguire l’andamento di una reazione (scomparsa dei reagenti e/o comparsa dei prodotti); • per la ricerca dell’eluente da utilizzare in una separazione cromatografica su colonna; • per seguire l’andamento di una separazione cromatografica su colonna; • per il controllo della purezza di un composto; • per il riconoscimento di prodotti incogniti. Progetto “analisi dei vini” DOL 2012 Mauro Sabella
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