IL CROMATOGRAMMA Tutte le tecniche cromatografiche, ad eccezione della cromatografia su colonna a bassa pressione e della TLC, si concludono con la registrazione di un cromatogramma, cioè di un tracciato che descrive l’andamento del segnale del rivelatore in funzione del tempo, a partire dall’istante in cui la miscela viene introdotta in colonna (t=0 ). Ogni sostanza che viene eluita esce dalla colonna e passa attraverso il rivelatore che inizia a registrare un segnale. L’operatore vede sul monitor il tracciato che sale, raggiunge un massimo e poi ridiscende verso il livello di base. In condizioni ideali il picco ha un andamento perfettamente simmetrico e ha la forma di una gaussiana. Tale forma rispecchia l’inevitabile processo di dispersione che ogni sostanza subisce mentre scorre in colonna. L’area totale sottesa alla curva del picco, è proporzionale alla concentrazione di sostanza separata e viene utilizzata come parametro di riferimento per l’analisi quantitativa. I parametri fondamentali del cromatogramma Costante di distribuzione o coefficiente di distribuzione Kc dipende solo dalla natura della fase mobile e dalla natura della fase stazionaria, oltre che dalla temperatura di lavoro: è una grandezza termodinamica. Fattore di ritenzione: Si può ricavare direttamente da due parametri che si ottengono dal cromatogramma, cioè il tempo di ritenzione corretto (tR’) e il tempo morto( tM). Esso esprime il rapporto tra il tempo che la sostanza trascorre nella fase stazionaria rispetto al tempo che trascorre nella fase mobile. Progetto “analisi dei vini” DOL 2012 Selettività La selettività indica la capacità di eluire specie chimiche diverse a velocità diverse Viene espressa attraverso il fattore di separazione o ritenzione relativa. Esso è esprimibile come rapporto tra i fattori di ritenzione delle sostanze da separare oppure come rapporto fra le due costanti di distribuzione. Efficienza L’efficienza indica la capacità di eluire tutte le particelle di una data sostanza alla stessa velocità, cioè di fornire picchi molto stretti. Si osserva invariabilmente che quanto più i tempi di ritenzione si allungano, tanto più i picchi tendono ad allargarsi. Il parametro più semplice per esprimere l’efficienza è la larghezza alla base del picco. A pagina 8 verrà presentata la teoria dei piatti teorici che è un modello per descrivere l’efficienza di una colonna in modo più dettagliato. Risoluzione La risoluzione indica il grado di separazione dei picchi, per essere ben separati due picchi devono uscire dalla colonna con tempi sufficientemente diversi ma anche presentarsi come bande strette in modo da non sovrapporsi. Se non vi è sovrapposizione si dice che i picchi sono “ben risolti”. Progetto “analisi dei vini” DOL 2012 (Wa + Wb) Rs = Per calcolare il fattore di risoluzione si fa la differenza tra i tempi di ritenzione di due sostanze A e B, la si moltiplica per due, poi si divide il valore ottenuto per la somma delle larghezze dei picchi alla base. Con Rs uguale o maggiore di 1,5 la separazione è completa Toria dei piatti teorici Per valutare l’efficienza di una colonna venne proposto un modello basato sull’analogia tra i processi di separazione cromatografica e la colonne di distillazione a piatti. Così come una colonna di distillazione ha dei piatti reali, sui quali si instaura un equilibrio fra liquido e vapore, una colonna cromatografica può essere pensata come l’insieme di N piatti teorici, definiti come il tratto di colonna in cui una specie chimica si trova in equilibrio fra le due fasi mobile e stazionaria, prima che l’eluente la trascini verso il piatto successivo. Il numero di piatti teorici può essere espresso facendo riferimento alla larghezza del picco alla base Wa e al tempo di ritenzione tR. N = 16 (tR / wa ) 2 Si noti che N non è un parametro caratteristico della colonna, ma il suo valore si riferisce anche alla sostanza sul cui picco viene eseguita la misura. Quindi il numero di piatti della colonna è diverso per ciascun analita del campione. Se il picco è stretto la sua larghezza alla base è piccola e il numero di piatti aumenta. Come in una colonna di distillazione se si aumenta il numero di piatti migliora la separazione delle sostanze, anche in cromatografia al crescere di N migliora l’efficienza (bande in uscita più strette). Per ottenere questo risultato si può aumentare la lunghezza della colonna (ovviamente aumenta anche il numero di piatti), ma si allungano anche i tempi di ritenzione e i tempi di lavoro. Nel modello dei piatti teorici si considera il processo cromatografico come una successione di equilibri che si instaurano in modo istantaneo, una descrizione più realistica deve tener conto anche del tempo necessario per il raggiungimento dell’equilibrio tra fase stazionaria e fase mobile. La forma del picco sarà pertanto influenzata anche dalla velocità della fase mobile e dai cammini preferenziali dell’analita all’interno della fase stazionaria. Tale approccio al problema di aumentare l’efficienza della colonna, consiste nello studio del processo cromatografico da un punto di vista dinamico, agendo sui fattori dinamici che determinano il valore di N, primo fra tutti la velocità della fase mobile. Toria delle velocità Un parametro adatto per valutare l’efficienza della colonna in quest’ottica è l’altezza equivalente del piatto teorico (H). Nella formula riportata di seguito L è la lunghezza della colonna ed N il numero di piatti teorici. H = L /N Dall’equazione si ricava che, a parità di lunghezza della colonna, più l’altezza dei piatti è piccola, più alto è il numero dei piatti stessi e migliore è l’efficienza. Si osserva sperimentalmente che l’altezza del piatto teorico varia al variare della velocità di flusso della fase mobile, e che esiste un valore ottimale della velocità che rende minima l’altezza del piatto teorico. L’andamento delle curve sperimentali è stato riprodotto nell’equazione di Van Deemter H = A + B/ +Cx H = altezza del piatto teorico Progetto “analisi dei vini” DOL 2012 A = parametro associato ai percorsi multipli delle particelle nella fase stazionaria (esiste solo nelle colonne impaccate) B = parametro associato alla diffusione longitudinale C = parametro associato alla resistenza al trasferimento di massa = velocità lineare media di flusso della fase mobile A, B, C sono costanti caratteristiche di ogni colonna per una determinata fase mobile e tutti e 3 causano allargamento della banda A – Diffusione di Eddy. La fase mobile contenente l’analita fluisce attraverso la colonna impaccata con la fase stazionaria, pertanto le molecole di analita seguiranno cammini casuali e differenti all’interno della fase stazionaria. Ciò comporta un allargamento della banda perché i diversi cammini hanno diversa lunghezza e quindi le molecole usciranno in tempi diversi. Questo termine è indipendente dalla velocità della fase mobile, per minimizzarlo bisogna avere particelle di fase stazionaria piccole e il più possibile uniformi come granulometria. Il contributo del termine a è rappresentabile con una retta. B/u– Diffusione Longitudinale. Poiché la concentrazione dell’analita è maggiore al centro della banda, l’analita diffonderà dal centro alla periferia, determinando un allargamento della banda stessa. Il fenomeno è favorito se la fase è poco viscosa, perciò è più accentuato nella fase mobile che in quella stazionaria. Il termine B è fondamentale in GC perché i coefficienti di diffusione nei gas sono elevati, in HPLC è trascurabile. Per minimizzare il fenomeno occorrono bassi tempi di permanenza in colonna, quindi flussi elevati. Al crescere della velocità infatti il secondo termine dell’equazione ( B/u ) diminuisce. C x u – Resistenza al trasferimento di massa. Le molecole di un soluto possono avanzare solo quando sono nella fase mobile. Più lungo è il tempo necessario per il trasferimento tra la fase stazionaria e la fase mobile, maggiore sarà la distanza che le molecole presenti nella fase mobile percorreranno prima che le altre molecole si siano trasferite e la banda risulterà allargata. Il contributo che dà questo termine dell’equazione al valore di H è il più importante di tutti. Al crescere della velocità aumenta il contributo del terzo termine (C x u). Quindi il secondo e il terzo termine dell’equazione danno indicazioni opposte riguardo alla velocità. L’equazione di Van Deemter deriva dalla somma delle tre componenti, e l’andamento dell’equazione dipende dal tipo di tecnica perché il contributo dei tre parametri è diverso. In GC l’utilizzo di colonna capillare comporta un H inferiore e il valore di H minimo risente poco delle variazioni di flusso, ciò consente di lavorare con flussi elevati Progetto “analisi dei vini” DOL 2012 La gas-cromatografia In gascromatografia, la fase mobile è un gas inerte che ha la sola funzione di trasportare il campione fluendo attraverso una colonna. Di solito si usano elio,argon,azoto o idrogeno. I meccanismi di separazione sono determinati non tanto dalla fase mobile, quanto dalle caratteristiche della fase stazionaria. All’uscita della colonna un rilevatore segnala il passaggio dei diversi componenti della miscela ad un sistema di elaborazione dei segnali. Con questa tecnica è possibile analizzare campioni anche molto complessi che siano gassosi, liquidi o solidi, purché opportunamente solubilizzati e vaporizzati. Questa è in effetti la vera limitazione di questa tecnica, che in alcuni casi è stata superata dalla HPLC (vedi oltre) che consente di lavorare a temperatura ambiente e preserva in questo modo eventuali sostanze termolabili. Nonostante questi limiti, il gascromatografo è praticamente indispensabile in qualunque laboratorio di controllo qualità. In figura è rappresentato schematicamente lo strumento. Il campione viene iniettato con una microsiringa in quantità molto piccole in cima alla colonna. L’entrata deve essere a temperatura tale da permettere l’istantanea evaporazione del campione. Le colonne possono essere impaccate o capillari. Confrontiamo di seguito le caratteristiche di entrambe. Colonne Impaccate •Lunghezza: 2-3 m •Diametro: 2-4 mm •Forma ad U o a spirale •Fase stazionaria liquida supportata su granuli di materiale inerte solido (terra di diatomee dimensioni comprese tra 60-100mesh) Colonne Capillari •Vetro o silice fusa (capillari flessibili) •Lunghezza: 25-50 m e oltre Progetto “analisi dei vini” DOL 2012 •Diametro: 0.2-0.5 mm •Forma a spirale •Fase stazionaria legata direttamente alle pareti, il gas percorre il canale centrale lasciato libero. Le colonne capillari sono 10 volte più efficaci:perché presentano fenomeni di diffusione delle molecole trascurabili, hanno risoluzione migliore (picchi stretti e ben separati), un numero di piatti teorici maggiore, tempi di eluizione inferiori. I rilevatori forniscono una linea di base piatta quando dalla colonna fluisce solo il gas di trasporto, mentre danno un picco in corrispondenza del passaggio di un componente della miscela. I rivelatori utilizzabili sono svariati, i più comuni sono: a conduttività termica, a ionizzazione di fiamma, termoionici, a cattura elettronica, a spettrometria di massa, a spettroscopia infrarossa. Nelle figure sotto riportate analisi dello stasso campione effettuate rispettivamente Progetto “analisi dei vini” DOL 2012 Caratteristiche generali di un cromatogramma Un analita che non interagisce con la fase stazionaria viaggia con la stessa velocità della fase mobile, un composto che interagisce con la fase stazionaria viene invece ritardato. ll tempo necessario alla sostanza per essere eluita è chiamato tempo di ritenzione ed è il tempo che la sostanza trascorre nella fase stazionaria. Due sostanze risultano separabili se presentano tempi di ritenzione diversi. Il tempo di ritenzione a parità di condizioni sperimentali è caratteristico per ogni sostanza e può servire all’identificazione della sostanza stessa, in genere viene comparato con quello di uno standard della sostanza ricercata iniettato nelle stesse condizioni. La selettività quantifica l’entità della separazione ed è tanto migliore quanto più il sistema cromatografico è in grado di distinguere tra due componenti. La risoluzione è la misura della capacità di separare due picchi e dipende dalla selettività (diversi tempi di ritenzione) e dalla larghezza dei picchi (picchi stretti corrispondono a una risoluzione migliore a parità di tempi di ritenzione). E’ calcolata come la differenza tra i tempi di ritenzione di due picchi divisa per l’ampiezza media dei due picchi alla linea di base. R (risoluzione) = 2 (tR(B) – tR(A)) / (Wb(A) + Wb(B) ) Il valore minimo accettabile di R per le determinazioni quantitative è indicato nelle normative ufficiali di analisi . Nell’analisi quantitativa lo strumento fornisce il valore dell’area del picco che è direttamente proporzionale alla concentrazione dell’analita stesso. L’analista variando le temperature nel corso dell’analisi, la velocità di flusso del gas di trasporto (o la composizione della miscela eluente se Progetto “analisi dei vini” DOL 2012 utilizziamo la tecnica HPLC, descritta di seguito), il tipo e la lunghezza della colonna è in grado di ottimizzare il risultato dell’analisi. Negli esempi a fianco riportati vengono esemplificate diverse situazioni: nel primo caso si è ottenuta una scarsa risoluzione con picchi non separati e l’impossibilità di quantificare le aree dei due picchi separatamente. Nel secondo caso abbiamo una buona risoluzione con picchi ben separati e stretti. Nel terzo caso abbiamo ancora una buona risoluzione dovuta ad una migliore selettività, con tempi di analisi però più lunghi e allargamento dei picchi. Nel quarto caso la risoluzione è scarsa a causa della troppo bassa selettività. La situazione più vantaggiosa è quella del secondo cromatogramma. Per effettuare una determinazione quantitativa posso usare diversi metodi: 1. Calcolo dell’area percentuale: lo strumento registra l’area di ciascun picco, viene fatta quindi la somma dell’area totale e calcolata l’area percentuale di ciascun picco rispetto al totale delle aree. Questo metodo presuppone che la risposta del rivelatore sia uguale nei confronti di tutti gli analiti presenti. Se questo non si verifica bisogna calcolare il fattore di risposta e correggere i risultati moltiplicandoli per un coefficiente determinato sperimentalmente. 2. Metodo a standard esterno: compara l’area del picco di un soluto di un campione a concentrazione ignota, all’area prodotta dall’analisi di un campione di quello stesso soluto appositamente preparato a concentrazione nota. Non occorre calcolare nessun fattore di risposta perché l’analita e lo standard sono composti uguali. 3. Metodo a standard interno: la quantità di un analita viene determinata comparando la sua area all’area relativa a una standard aggiunto al campione a questo scopo e analizzato insieme ad esso. Lo standard non deve essere uguale a nessuno dei componenti del campione, pur avendo caratteristiche chimiche simili. Progetto “analisi dei vini” DOL 2012 Progetto “analisi dei vini” DOL 2012
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