Sped. in A. P. - D.L. 353/03 art. 1, comma 1 NE/VR Autunno 2014 � 7,90 A CACCIA DELLE CIVILTÀ PERDUTE D AURORA i alcuni, come i sudamericani Moche, non si conosce neppure il vero nome né la forma di governo, né si sa se fossero guidati da uomini oppure da donne. Di altri, come i Popoli del mare, che terrorizzarono gli abitanti del Mediterraneo alla fine dell’Età del bronzo, si ignora addirittura se fossero un’unica gente, una confederazione oppure un’alleanza composta da svariate nazioni. Di altri ancora, come gli Etruschi, si sa molto di più ma da secoli si prova inutilmente a interpretare la lingua. Ma tutte le civiltà che trovano posto in questo numero di Focus Storia Collection hanno qualcosa in comune: hanno lasciato una traccia che è arrivata fino a noi. Sotto forma di manufatti raffinatissimi, edifici misteriosi, sepolture ricche di tesori nascosti. Ma anche, talvolta, semplicemente di epigrafi o di racconti orali, tramandati da popoli a noi noti venuti un tempo a contatto con loro. Su queste tracce perdute, nel corso dei secoli si sono gettati avventurieri, archeologi e storici, a caccia di oro e conoscenza nell’affascinante epopea che ricostruiamo in queste pagine. Jacopo Loredan direttore 6 24 Dove sono nate le civiltà del passato? Una guida ai popoli scomparsi. Guerrieri e navigatori, i Micenei vivevano in città evolute e palazzi fastosi. 8 30 I popoli che abbiamo conosciuto nei libri di scuola non sono spariti nel nulla. I ricercatori hanno scoperto che... A Hissarlik, in Turchia, si scava da oltre un secolo in cerca di tracce dell’antica Troia. Ecco le scoperte degli archeologi. E le loro ipotesi. pag. 12 12 36 Vede la luce con l’agricoltura. Cresce intorno a capi abili e a valori comuni. Crolla quando non ha più energie. Un complesso sacro di 11mila anni fa, a Göbekli Tepe, in Turchia, è il sito monumentale più antico costruito dall’uomo. pag. 24 17 L’uomo che, seguendo Omero, trovò Troia. E la gloria. 42 18 4mila anni fa una delle civiltà più evolute si sviluppò in un’isola dell’Egeo: Creta. Ma che fine fecero i Minoici? pag. 42 Gi antichi li chiamavano così perché venivano dal mare. E seminavano il terrore tra Egizi, Ittiti, Micenei e altre genti del Mediterraneo. IN COPERTINA: MACHU PICCHU, FOTO DI SUSANNE KREMER/SIME 3 48 98 pag. 70 Il cuore del Sahara è ricco di graffiti e pitture rupestri di straordinaria bellezza. Sette scoperte archeologiche che potrebbero cambiare le nostre idee sui primi passi della Storia. 105 Ha “scoperto” Machu Picchu. Ed ebbe una vita da romanzo. 50 3.600 anni fa la potente città siriana di Ebla fu rasa al suolo. E dimenticata. 106 55 Le tappe delle civiltà che hanno fatto grande l’America, prima di Colombo. Il signore degli Etruschi è stato uno studioso schivo e riservato. 108 56 In Perù, l’antica civiltà dei Moche costruiva piramidi e celebrava riti hard. pag. 78 6mila anni fa invasero l’Europa. Ecco chi erano gli Indoeuropei. pag. 98 116 I colonizzatori del Pacifico. 64 120 L’Italia che si affacciava alla Storia era un caleidoscopio di popoli. Album di famiglia millenari. 68 125 Da Stonehenge ai templi di Malta, le radici megalitiche dell’Europa. Trovò Angkor. E la rese famosa. 126 70 4-7mila anni fa colossali macigni furono eretti con enormi sforzi. Perché? Angkor era la capitale di una civiltà in cui si fusero buddismo e induismo. 77 pag. 120 130 Lungo il Fiume Giallo, gli antichi Cinesi mescolarono arte e guerra. L’archeologo più geniale di tutti i tempi era... un idraulico. 134 78 Sulle rive dell’Indo nacquero città moderne. Poi dimenticate per millenni. Alessandria era la New York dell’ellenismo: una città multietnica. 138 pag. 134 84 Dalle steppe russe alle Ande, i tesori più belli riportati alla luce dagli archeologi. Come funzionava la biblioteca di Alessandria, scrigno dell’antico sapere. 144 146 90 Abitavano le oasi del Sahara 2mila anni fa e si opposero a Roma: i Garamanti. 4 pag. 138 Intervista a Paolo Matthiae. IERI E OGGI I POPOLI che abbiamo conosciuto nei libri di scuola non sono spariti nel nulla. Seguendo le loro tracce, i RICERCATORI hanno scoperto... CHE FINE HANNO FATTO? F enici, Celti, Unni, Vichinghi imperversano in tutti i libri di scuola ma, esaurita in poche pagine la loro storia, sembra che di loro non se ne sia saputo più nulla: che fine hanno fatto in realtà? I ricercatori hanno scovato le loro tracce nei geni e nell’aspetto di alcune popolazioni moderne, oppure tra i nomi geografici che si sono tramandati dall’antichità. «Per esempio», spiega Nazario Capello, dell’Università di Torino, «fra gli abitanti della punta nord-occidentale della Sicilia si trovano ancora caratteristiche genetiche riconducibili ai N ORD A MERIC A Fenici». Qui, sull’isola di San Pantaleo era stata fondata Mozia, una delle principali colonie fenicie del Mediterraneo Occidentale. In altri casi è stata la linguistica a darci importanti notizie di popoli scomparsi: la maggior parte dei nomi geografici dell’Italia Settentrionale, per esempio, ha origine nella lingua dei Celti. Come il termine Alpi, che deriva da una parola celtica che designava i pascoli estivi. Nelle schede che seguono abbiamo riassunto qual è stato il destino di otto importanti popoli. • Riccardo Tonani GROENL ANDI A Conquiste normanne Terre di origine dei Normanni Stati fondati dai Normanni in Europa ISL ANDA VICHINGHI O Quell’inconfondibile accento norreno IC NT AT LA Rostov V o l g a Iona OC EA NO Lindisfarne IM GE P. Kiev O Luni MA Roma Siviglia IMPERO BIZ AN T INO MA 8 on A IC CI AN F E MIR ATO DI CORD OVA N RA D EUROPA RM N. JERAN (8) P er incontrare un vichingo nel XXI secolo basta fare un viaggio in Norvegia, Danimarca, Svezia oppure in Islanda. Qui infatti vivono i discendenti diretti dei “guerrieri di Odino”. Da mille anni a questa parte, poco è cambiato dal punto di vista genetico: infatti, in queste regioni, specialmente nella fascia settentrionale, la fusione con altre popolazioni è stata scarsa. Stessi geni. In Islanda è ancora possibile ascoltare la lingua vichinga (il “norreno”), poiché l’islandese, la sua diretta discendente, ne ha conservato le caratteristiche con poche variazioni. Alcuni studi britannici, inoltre, hanno mostrato che buona parte della popolazione della regione centro-orientale dell’Inghilterra (la zona d’insediamento vichinga chiamata Danelaw) ha tratti genetici simili a quelli degli abitanti della Danimarca. In Italia, i pronipoti dei Vichinghi (i Normanni, provenienti dalla Francia) arrivarono nel Meridione verso il Mille. Nel 1130 Ruggero II fu incoronato re di Sicilia. La presenza dei Normanni ha lasciato tracce nei capelli biondi e negli occhi azzurri di molti siciliani. R M EDI TER RANE O R NERO A MERIC A DEL N ORD MOICANI “L’ultimo dei Moicani” vive ancora Lago Sup e r i o r e Alla fine del XVIII secolo, pochissimi Moicani sopravvivevano ancora nei loro territori, in parte perché sterminati dalle malattie portate dagli europei e dalle guerre con i bianchi, in parte perché la loro zona d’origine fu completamente occupata dal nuovo Stato americano. La maggior parte di loro dovette vendere per cifre irrisorie le proprie terre e migrare a ovest, nel Wyoming, dove si fusero con gli indiani Delaware, e nello Stato del Wisconsin. Qui fondarono Red Springs, città che ospita alcune migliaia dei loro discendenti. Con la cittadinanza statunitense, gli ultimi Moicani mantengono vive le tradizioni degli antenati nelle danze e nel modo di vestire. Lago Mi chig a n New York attuale Tetzcoco Tlacopán sicani di bassa statura, carnagione rossiccia, capelli neri e lisci. Nei dintorni della città di Cuernavaca, a sud di Città del Messico, i diretti discendenti degli Aztechi coltivano ancora le terre in riva al lago con le medesime tecniche dei loro antenati, usando solamente una zappa con la lama ricurva e senza avvalersi dell’aratro né di sistemi di irrigazione. Parlano ancora il nahuatl, la lingua degli Aztechi e, come i loro antenati, si spostano su canoe spinte da lunghe pertiche nel labirinto di canali che si snoda tra i “giardini galleggianti”, piccoli isolotti di terra su cui fu costruita anche Tenochtitlán, oggi Città del Messico. Golfo del Me s s ic o AT ÁN AZ TEC HI 1100 C A . C S S Tenochtitlán TI TA MI ZT E Lega di città Invasioni Impero azteco dal 1300 Impero azteco dal 1525 CELTI C HI Cultura di La Tène O Nella politica, nell’arte e nel sangue IC SCOZ I A IRL ANDA NO AT LA NT F EA GALLES Conquiste celtiche Invasione dei Celti ISOL A DI M AN Presenza celtica nell’Europa moderna C AN Z I OC ra il VI e il V secolo a.C. i Celti, di origine indoeuropea, occupavano in Europa quasi tutti i territori compresi tra le coste dell’Atlantico del nord e i Carpazi (nella penisola balcanica) e tra le sponde settentrionali del Mediterraneo e le grandi pianure della Germania del nord. I loro discendenti vivono oggi in Bretagna (Francia), in Irlanda, nel Galles, in Scozia e sull’Isola di Man (Inghilterra) e parlano ancora le lingue celtiche. Questa etnia è ancora capace di accendere passioni politiche (come la richiesta di autonomia e indipendenza) e artistiche (che si rivelano nella musica, nella scultura e nell’arte di incidere i metalli). Ma la lingua tradizionale arretra di fronte all’avanzare dell’inglese e del francese: in Cornovaglia, per esempio, le parlate celtiche sono scomparse all’inizio del ’900. In Italia. Qualche goccia del sangue dei Celti scorre anche in Italia. Secondo uno studio dell’Università di Torino alcune tracce genetiche riconducibili a questo popolo si ritrovano nelle regioni nord-occidentali. Qui però si fuse ben presto con i più antichi popoli Veneti e Liguri ai quali sono riconducibili le principali caratteristiche genetiche di chi vive nell’Italia Settentrionale. MOIC ANI Lago Er i e AZTECHI Gli eredi di Montezuma? Agricoltori e nel Messico dei nostri giorni si togliessero gli indios “purosangue”, si perderebbero i due quinti della popolazione; e se si dovesse togliere anche chi ha un po’ di sangue indio nelle vene, la popolazione sarebbe ridotta a un ventesimo. L’invasione europea. La civiltà azteca fu annientata tra il 1519 e il 1521 da un manipolo di soldati spagnoli agguerriti e ben armati, guidati da Hernán Cortés. Ciò che resta della loro cultura è in gran parte il risultato della fusione fra le antiche pratiche e gli insegnamenti dei monaci cattolici del XVI secolo, che seguirono i soldati spagnoli. L’aspetto fisico azteco è però ancora riconoscibile nei mes- Lago Hur on L ag o O n t a r io YU A lla metà del XVII secolo, la tribù indiana dei Moicani (Mahican in lingua pellerossa) era stanziata sulle rive del fiume Hudson e sull’odierna isola di Manhattan, sulla costa orientale dei moderni Usa. Allargò poi il territorio spingendosi fino ai grandi laghi. Agricoltori, cacciatori e pescatori, i Moicani vivevano in fiorenti villaggi cinti da palizzate, descritti dai primi esploratori. Guerre e malattie. A metà del ’700 parteciparono a fianco degli inglesi, in qualità di guide e truppe ausiliarie, ai conflitti contro i francesi. Combatterono poi insieme ai ribelli nella guerra di liberazione che, nel 1776, rese l’America indipendente dall’Inghilterra. T REV E RI BRETAGNA SE NONI V INDE LIC I Hallein La Tène Hallstatt ELV E Z I SC IT I TAURI SC I V OLC I SCORDI SC I C E LT IBE RI MA R NERO Roma GAL AT I MAR MEDIT GAL AT I ERRANEO 9 SCOPERTE BUSSOLA COSMICA Una delle stele centrali in un tempio di Göbekli Tepe, in Turchia: secondo uno studio recente, puntava la stella Sirio. 36 L’ENIGMA DEL TEMPIO U na serie di aree sacre, circolari, dove svettano colonne a forma di “T” su cui sono incise figure di animali di tutti i generi: leoni, volpi, orsi, avvoltoi e persino scorpioni. Al centro di ogni area due monoliti più grandi rappresentano figure umane stilizzate. Tutto questo troneggia su una collina chiamata Göbekli Tepe (il “monte dell’ombelico”), nella provincia di Urfa, Sud-Est della Turchia, a formare il più antico tempio di cui si abbia notizia. Il complesso sacro risale a più di 11mila anni fa. Cioè a un tempo in cui non doveva esserci. Uno dei punti fermi dell’evoluzione culturale umana è infatti che i primi templi furono concepiti solo dopo la scoperta dell’agricoltura, quando l’aggregazione in centri urbani e l’organizzazione sociale resa efficiente sotto il controllo di re-sacerdoti permisero la realizzazione di opere pubbliche e religiose. Per questo motivo, da quando nel 1998 Klaus Schmidt, dell’Istituto di archeologia di Berlino, pubblicò il primo studio sull’eccezionale ritrovamento di Göbekli Tepe, si è aperta una delle più grandi sfide interpretative dell’archeologia. Come avevano fatto semplici bande di cacciatori e raccoglitori, ovvero le popolazioni del posto, a realizzare megaliti del genere? E perché lo fecero? Chi o che cosa adoravano? Adorata stella. Oggi uno studio preliminare di un fisico e archeoastronomo al Politecnico di Milano, Giulio Magli, propone una nuova e affascinante spiegazione: gli uomini del Neolitico costruirono il tempio di Göbekli Tepe in onore della “nascita” di una nuova stella. Adoravano Sirio, la stella più luminosa del cielo notturno, quarto corpo celeste più brillante dopo la Luna, Venere e Giove. «Ri- costruendo al computer il cielo stellato nella preistoria alla latitudine di Göbekli Tepe, abbiamo constatato che proprio 11mila anni fa, dopo qualche migliaio d’anni di assenza dalla volta celeste (che muta nel corso del tempo, ndr), Sirio era tornata visibile», spiega Magli. Molte aree sacre del sito devono ancora essere scavate dagli archeologi (in totale ne sono state rilevate una ventina), ma tre sono state portate completamente alla luce. Lo studioso italiano ha potuto così verificare il loro allineamento con Sirio nelle varie epoche, considerando la linea che corre parallelamente ai due monoliti centrali (v. foto grande a sinistra). In particolare, una struttura circolare denominata “D” era allineata con Sirio nel 9100 a.C., un’altra detta “C” nell’8750 a.C, e la “B” nell’8300 a.C. «I progettisti del Neolitico, insomma, ricostruirono più volte il tempio, concependolo come osservatorio astronomico, in base all’allineamento con la stella Sirio, o meglio con il punto in cui nasceva all’orizzonte, che mutava nei secoli per effetto della precessione». Il fenomeno della precessione consiste nel cambiamento dell’inclinazione dell’asse terrestre nel tempo: la Terra si comporta infatti come una trottola, il cui asse di rotazione (inclinato) si muove lungo la superficie di un cono, con il risultato che da un dato punto della superficie terrestre alcune stelle possono sparire per millenni sotto l’orizzonte, e altre invece comparire. Come gli Egizi? «La comparsa di una stella così luminosa rappresentò un motivo valido per istituire il culto di una nuova divinità», rileva Magli. «A spingermi verso questo studio su Göbekli Tepe basato sull’ipotesi di un culto astrale è stata la straor- BERTHOLD STEINHILBER/LAIF/CONTRASTO Un complesso sacro di 11mila anni fa, in TURCHIA, è il sito monumentale più ANTICO costruito dall’uomo. Fu “solo” tempio o anche osservatorio ASTRONOMICO? Ecco gli studi che fanno luce sui MISTERI ARCHEOLOGIA 1 Cucuteni, la città senza mura 2 Sintashta e i carri da guerra 3 La Civiltà del Sole Lat. 47° 16’ 40.58’’ N Long. 26° 56’ 12.43’’ E Lat. 52° 30’ 3.22’’ N Long. 60° 31’ 49.87’’ E Lat. 37° 33’ 43.19’’ N Long. 62° 20’ 11.13’’ E Ucraina e Romania N el 1960 ricerche cartografiche nell’area di Cucuteni-Tripoliye, tra Ucraina e Romania, portarono alla scoperta di megalopoli del 3800 a.C. Alcune di esse (Talianki, Dobrovody, Maydanets) rivaleggiano per estensione con le più tarde città sumeriche e raggiungono i 450 ettari: dimensioni spropositate e inconcepibili per il Neolitico. I siti, che potevano accogliere 10-15.000 abitanti, erano privi di sistemi difensivi e non hanno restituito alcun edificio di culto o palazzo, a dimostrazione che si trattava di una società pacifica ed egualitaria. La genesi e il crollo di queste “protocittà” restano, però, per molti versi ancora un enigma. Si pensa che drastici cambiamenti climatici, accompagnati da una sorta di “collasso ecologico”, causato forse da un eccessivo sfruttamento del territorio, abbiano portato a un rapido abbandono del sito. Russia S Asia Centrale intashta è una poderosa fortezza circolare venuta alla luce nelle steppe a sud dei Monti Urali, insieme ad altri siti archeologici di impianto simile. Il mistero sulla loro genesi è fittissimo. Sappiamo che dagli scavi delle necropoli, costituite in molti casi da grandi tumuli funerari, chiamati in russo kurgan, sono emerse ampie fosse sepolcrali dotate di carri da guerra, cavalli e armi sepolti con rituali incredibilmente complessi. La scoperta di carri da guerra databili al 2100 a.C. farebbe pensare che questi mezzi rivoluzionari non fossero un’invenzione sumerica, come si è sempre sostenuto, ma di popolazioni delle steppe dotate di una tecnologia molto più avanzata del previsto. Gli studiosi hanno ipotizzato che questi guerrieri potrebbero essere gli antenati di quelle tribù indo-iraniche che conquistarono l’India circa 3.500 anni fa. N egli Anni ’70 gli archeologi sovietici svelarono l’esistenza di una civiltà fiorita alla fine del III millennio a.C. nei deserti dell’Asia Centrale. Emersero dalle sabbie città fortificate e necropoli (Gonur e Togolok) di un’incredibile complessità architettonica, impianti difensivi, una cultura materiale molto avanzata e indizi di scambi commerciali con le contemporanee civiltà mesopotamiche e dell’Indo. Allo stato attuale delle ricerche, chi fossero queste genti è ancora ignoto, ma alcuni studiosi hanno formulato ipotesi affascinanti: l’archeologo uzbeco Viktor Sarianidi, che ha condotto gli scavi qui, è dell’idea che oggetti e rituali abbiano affinità con la religione zoroastriana, mentre lo studioso degli indoeuropei James Patrick Mallory sostiene che queste fortezze somigliano a quelle descritte nei più antichi testi sacri indiani (Rig Veda). Sette SCOPERTE archeologiche che potrebbero cambiare le nostre Le altre CULLE 4 Il popolo di Jiroft Iran Lat. 28° 40’ 17.47’’ N Long. 57° 43’ 58.59’’ E 48 N el 2001 un’alluvione nella Valle dell’Halil, a sud della città di Jiroft, ha svelato la presenza di una civiltà datata al 3000 a.C. di cui fino a poco tempo fa si ignorava l’esistenza. Gli scavi successivi hanno riportato alla luce straordinari corredi funerari, tra cui spiccano vasi in pietre semipreziose con articolate scene mitologiche, un sorprendente complesso urbano e i resti di una piramide in mattoni crudi di quasi 400 metri di lato, simile alle ziggurat sumeriche. Alcune tavolette incise, poi, ci hanno rivelato una forma di scrittura simile a quella cuneiforme. Si tratterebbe, secondo alcuni studiosi, della mitica Aratta, favolosa terra citata nei più antichi testi sumerici (come la famosa Epopea di Gilgamesh), in cui si narra dei conflitti tra i re di Uruk e un enigmatico regno a oriente di Sumer. Le iscrizioni comunque documentano che la cultura di Jiroft era una cultura letterata, retta probabilmente da committenze reali. 5 Paradiso in Terra Bahrain, Golfo Persico Lat. 26° 10’ 39.45’’ N Long. 50° 31’ 53.82’’ E M igliaia di tumuli funerari nella parte nord dell’isola di Bahrain sono stati meta di molte spedizioni archeologiche, per svelare uno dei misteri più affascinanti dell’antichità. La sproporzione tra la ridotta superficie dell’isola e l’enorme concentrazione di tombe è stata spiegata con il racconto del mitico Paese di Dilmun, citato nei testi sumerici come 1 7 6 5 una terra oltre il mare dove i defunti trovavano sepoltura in una sorta di Giardino dell’Eden, una terra arida addolcita da sorgenti d’acqua dolce. Nel 1954 l’archeologo Geoffrey Bibby rinvenne a Barbar un tempio monumentale edificato 4.500 anni fa circa, con una vasca alimentata da una fonte perenne, che ricorda per l’architettura i templi della più antica città sumera, Eridu. 2 3 4 6 Stonehenge d’Asia Turchia Lat. 37° 13’ 24’’ N Long. 38° 55’ 21’’ E N el 1994 una missione tedesca ha portato alla luce nella Turchia SudOrientale il sito di Göbekli Tepe, datato al 9500 a.C. (vedi pag. 36). Su un’area di 10 ettari sono stati scoperti 4 circoli megalitici caratterizzati da giganteschi pilastri a forma di “T” e una sorprendente iconografia di animali selvatici e figure antropomorfe. Nessuno studioso avrebbe mai potuto ipotizzare che una popolazione di cacciatori-raccoglitori mesolitici potesse edificare un’opera tanto monumentale con così poche risorse a disposizione. Questa scoperta ha rivoluzionato le tappe di avvicinamento alla “Rivoluzione Neolitica”. Fu una forma di religiosità primitiva, ma potente, a permettere le prime strutture di aggregazione e sfruttamento delle risorse, che saranno alla base delle successive e fondamentali conquiste neolitiche: agricoltura, allevamento, ceramica, metallurgia. idee sui primi passi della STORIA, ma ancora ENIGMATICHE della CIVILTÀ a cura di Antonio Ratti 7 Fort Knox preistorica Bulgaria Lat. 43° 12’ 59.92’’ N Long. 27° 54’ 42.50’’ E N el 1972 fu scoperta a Varna una necropoli che negli anni ha restituito il più antico tesoro in oro finora rinvenuto, databile a circa 7mila anni fa. Gli scavi archeologici hanno dissotterrato oltre 300 sepolture, che contenevano offerte di una ricchezza senza pari e in alcuni casi gioielli e armi lavorati con una tecnologia metallurgica raffinatissima. Le ceramiche rinvenute nelle tombe sono considerate tra le più belle mai prodotte nel periodo preistorico. Nella Tomba del Re, un adulto è stato sepolto con un corredo in oro di quasi 2 chili di peso e la presenza di uno scettro fa pensare che si trattasse di una figura dotata di un grande potere. Varna è uno dei principali siti mondiali per lo studio della preistoria e di quella che è stata definita la più antica “Civiltà d’Europa”. Chi fossero queste genti, capaci di raggiungere livelli tecnologici così avanzati, resta ancora un enigma, così come le ragioni della loro scomparsa. 49 CULTURA Tutto il SAPERE del mondo Come funzionava la BIBLIOTECA di Alessandria, per secoli scrigno dei TESORI (perduti) della conoscenza antica Q “ uanto ai libri che tu hai nominato, ecco la risposta: se il loro contenuto si accorda con il libro di Allah, noi possiamo farne a meno, dal momento che in tal caso il libro di Allah è più che sufficiente. Se invece contengono qualcosa di difforme rispetto al libro di Allah, non c’è alcun bisogno di conservarli. Procedi e distruggili”. Per più di sei mesi i 4mila bagni pubblici della città conquistata dai musulmani furono riscaldati dal prezioso contenuto della più celebrata 84 biblioteca dell’antichità: così, nel 642 d.C., secondo il cronista arabo Al-Qifti, dopo la conquista araba dell’Egitto il secondo califfo Omar segnò la fine della biblioteca di Alessandria, per mano del suo generale Amr ibn al-As. In cerca della verità. Poche sono le notizie su questa meraviglia d’Egitto, come venne definita, alla sua nascita, dal poeta Eroda nel III secolo a.C. Di sicuro però, se volete immaginarvela, dovete dimenticare tessere d’iscrizione e prestito al pubblico. CENTRO DI RICERCA Ricostruzione ipotetica di una sala del Mouseion (il “tempio delle Muse”), come si chiamava la biblioteca fondata sotto Tolomeo I. I segreti dei papiri I L. TARLAZZI frequentatori della biblioteca alessandrina non leggevano libri. Almeno non come li conosciamo oggi: i codici, cioè i libri rilegati, entrarono in uso solo in epoca cristiana. Le biblioteche ellenistiche raccoglievano invece opere scritte su rotoli di papiro. Questo materiale, ricavato da una varietà di canna che cresceva in abbondanza lungo le rive del Nilo, era molto diffuso, nonostante fosse fragile. Una volta steso, il foglio di papiro si induriva grazie all’azione dei succhi della pianta che agivano da collante e fissavano le fibre. Quando si asciugava, veniva arrotolato intorno all’umbilicus, un bastoncino di legno o di avorio da cui pendeva l’etichetta col titolo e l’autore del manoscritto. Per sfuggire al monopolio egizio, nel regno ellenistico di Pergamo (Turchia) si inventò la pergamena, ricavata da pelle di pecora essiccata. Quella di Alessandria non era una biblioteca come la intendiamo oggi: in greco bibliothèke era la “teca dei libri”, in pratica lo scaffale in cui i sovrani della dinastia tolemaica fecero disporre la loro enorme raccolta di rotoli di papiro. La collezione era destinata a pochi fortunati studiosi, scelti dal sovrano d’Alessandria e mantenuti a sue spese in quel favoloso contenitore di sapienza che i Greci chiamavano Museo, cioè “tempio delle Muse”, le divinità protettrici delle arti e della cultura. «Nu- merosi mouseia esistevano in Grecia sin dall’epoca arcaica e classica: in origine si trattava di santuari all’aperto, ma la sfera di influenza delle Muse fu molto vasta e la parola mouseion giunse a comprendere anche le istituzioni e le attività culturali», spiega Monica Berti, dottore di ricerca in Scienze Storiche dell’Antichità all’Università Tor Vergata di Roma e coautrice del saggio La biblioteca di Alessandria. Storia di un paradiso perduto (Tored). Il Museo di Alessandria, che era stato costruito in85 VALLINDI Sulle rive dell’INDO, tra India e Pakistan, un’antica civiltà fondò città modernissime.Poi ABBANDONATE e DIMENTICATE per millenni L’IMPERO DEI PRETE BARBUTO Questa statuetta in steatite (una pietra morbida) è tra i più importanti reperti della civiltà dell’Indo. Raffigura un re-sacerdote, forse al vertice della società fiorita intorno al fiume Indo più di 4mila anni fa. 134 Tramonto sulle rovine di Mohenjo Daro (Pakistan), cuore dell’impero dei Vallindi con la città gemella di Harappa, che fu scoperta per caso da un ingegnere ferroviario. MAESTRI DELLE FORNACI Una tigre in terracotta. Gli artigiani dell’Indo erano abilissimi nella lavorazione dell’argilla. La cuocevano nei forni a 1.000 °C, rendendola quasi una porcellana. GETTY IMAGES SCAVA, SCAVA... i diversi gruppi della regione si unirono e fondarono le grandi città gemelle di Harappa e Mohenjo Daro, cuore di un nuovo impero. Ci vollero 1.700 anni prima che questo regno tramontasse. L’area occupata dalla civiltà dell’Indo era vastissima: 650mila chilometri quadrati, circa il doppio di quella controllata dai Babilonesi o dagli Egizi nello stesso periodo. La vera ricchezza della regione era il fiume, che assicurava vaste terre fertili, pesce, boschi per il legname e animali selvatici per la caccia: tutto il necessario per il sostentamento di una popolazione numerosa. Agricoltura e commercio erano infatti alla base dell’economia. Si producevano cereali, piselli, datteri e meloni. Navigando lungo il fiume, i commercianti vallindi si spinsero fino al golfo Arabico, AURORA (2) L e strade principali, larghe e ben tenute, vanno da nord a sud e da est a ovest, dividendo in quartieri rettangolari la città. Gli abitanti, 40mila circa, vivono in case di mattoni a due piani, con almeno un bagno e dotate di acqua corrente. C’è chi lavora la terra, chi va a pesca e chi fa il commerciante. Ci sono luoghi di raccolta per i rifiuti, magazzini e un’estesa rete fognaria. Ma non si tratta di una cittadina della nostra provincia: siamo nel 2300 a.C. in una delle città lungo la valle dell’Indo. Qui, tra India e Pakistan, nacque, prosperò e infine scomparve una civiltà evoluta della quale per millenni – fino alla scoperta fortuita delle sue rovine, all’inizio del Novecento – nessuno aveva immaginato l’esistenza. Come gli Egizi. La più antica civiltà indiana fu quasi contemporanea a quelle mesopotamica ed egizia: come loro conobbe un sistema di scrittura, stabilì unità di misura, fondò grandi città e avviò una fiorente attività che sfruttava il fiume come via d’acqua. Sviluppatasi intorno al 3000 a.C. nell’area compresa tra l’attuale India Nord-occidentale e il confine con il moderno Pakistan, si estese verso sud e lungo la costa dell’oceano. A partire dal 2600 Quante CIVILTÀ potrebbero tornare alla luce? L’archeologo che ha scoperto EBLA ci racconta Paolo Matthiae Quel che resta... da SCOPRIRE L o “scoop” archeologico alla Heinrich Schliemann, lo scavo epocale che con i suoi ritrovamenti riscrive i libri di Storia. Un traguardo ancora possibile nel XXI secolo? Lo chiediamo a Paolo Matthiae, archeologo di lungo corso il cui nome è legato a una delle più importanti scoperte degli ultimi decenni. Ebla era confinata tra le nebbie della leggenda, finché il lavoro del suo team non l’ha ricollocata nella Storia. Un buon precedente per tenere viva la speranza… Senza dubbio. Le scoperte di monumenti, per lo più tombe, di straordinaria magnificenza – da quella di Tutankhamon a Tebe a quelle di Filippo II di Macedonia a Vergina, o del Signore di Sipan in Perù – sono fondamentali, ma i ritrovamenti che entrano nella leggenda dell’archeologia sono quelli che innovano radicalmente le conoscenze pregresse, come appunto nel caso di Ebla (vedi pag. 50). Traguardi eccezionali di questo tipo sono certo ancora possibili: alcune aree, per questioni legate spesso a situazioni geopolitiche, sono state esplorate in maniera del tutto inadeguata. In un’ideale “mappa del tesoro” quali luoghi appaiono più promettenti? L’India e soprattutto la Cina: un territorio vastissimo e a lungo trascurato dagli studiosi, nonostante sia stata la culla di una delle più grandi civiltà del pianeta. Credo che l’epopea delle grandi scoperte archeologiche di fine Ottocento sul mondo greco-romano si ripeterà in futuro nell’Asia Centrale e Orientale. 146 Proviamo a sognare un po’ e parliamo di civiltà e luoghi perduti, magari citati in antiche fonti ma di cui non si sono finora trovate evidenze archeologiche... Porto qualche esempio dall’archeologia orientale, che è la mia disciplina. Anzitutto non è mai stata individuata con sicurezza una delle città più importanti dell’Oriente antico: quella Akkad che secondo le fonti coeve fu creata nella Mesopotamia Meridionale attorno al 2350 a.C. da Sargon, il fondatore del primo impero universale della Storia. Un altro esempio arriva dalla Cina, con il celebre ritrovamento della tomba del Primo Imperatore e il suo esercito di terracotta: scoperta eccezionale ma ancora del tutto incompleta. Perfino il mondo classico, su cui l’archeologia moderna è stata più attiva, può ancora riservare sorprese: basti pensare ad Alessandria d’Egitto che solo da pochi anni ha iniziato a essere oggetto di indagini complesse. Anche le novità archeologiche dell’ultima ora sono ricche di promesse: in Macedonia è in corso di scavo una ricca tomba monumentale, e i colleghi al lavoro sul sito hanno azzardato che possa essere addi- rittura il sepolcro di Roxane, la moglie orientale di Alessandro Magno, o di uno dei suoi grandi generali. È possibile che dietro alcuni miti ancestrali si nascondano popoli e vicende identificabili storicamente? Nessuno dei racconti ancestrali di distruzione delle grandi civiltà antiche ha un preciso fondamento storico, anche se la memoria offuscata di tragici eventi ha in più casi alimentato la creazione di leggende. È dunque possibile, per esempio, che dietro il mito di Atlantide ci sia l’eco dell’eruzione di Santorini e della scomparsa nel Mar Egeo di un centro del mondo preclassico della Grecia. Il sogno di ogni archeologo? Commentando il risultato di Ebla, il decano degli orientalisti americani Ignace J. Gelb disse che lì noi italiani avevamo scoperto “una nuova lingua, una nuova cultura, una nuova Storia”. Ecco, credo che il sogno più ambizioso di un archeologo sia proprio quello. È raro che si avveri, ma, quando accade, la soddisfazione di aver avuto in sorte un simile privilegio è difficile da esprimere. • Adriano Monti Buzzetti Colella Una vita fra i libri e la terra P aolo Matthiae è accademico dei Lincei, membro di prestigiose accademie internazionali e professore emerito di Archeologia e Storia dell’arte del Vicino Oriente antico all’Università di Roma “La Sapienza”. Nato a Roma nel 1940, a 23 anni, appena laureato, partecipa a una campagna di scavi in Turchia nel corso della quale si “imbatte” in un reperto che lo incuriosisce molto. Proviene da Ebla, la città che subito dopo riporterà alla luce durante la famosa spedizione archeologica da lui diretta. Ha partecipato ad altre importanti campagne di scavi in Siria ed è autore di svariati libri sull’arte dell’antica Mesopotamia. È sposato con un’egittologa, Gabriella Scandone.
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