Registrazione presso il Tribunale di Pavia n. 355 del 08.02.1989. Sped. in abb. postale - Comma 20/C 2 L. 662/96 - Fil. di Pavia - IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TASSA - REINVIARE ALL’UFFICIO PAVIA-FERROVIA 4/2013 Infermiere P A V I A ISSN 1722-2214 a La neve sull’acqua: il silenzio sul silenzio J. Renard DITORIALE E Infermiere a Pavia Una Donna per Amico Duilio Loi Infermiere a Pavia Rivista trimestrale del Collegio IP.AS.VI. di Pavia Anno XXV n. 4/2013 ottobre-dicembre 2013 Editore Collegio Infermiere professionali, Assiatenti Sanitarie, Vigilatrici d’Infanzia della Provincia di Pavia Direttore Responsabile Enrico Frisone Direttore Editoriale Duilio Loi Segretaria di Redazione Emanuela Cattaneo Responsabili settori Sociale: Ruggero Rizzini Formazione, Ricerca e Aggiornamento: Paola Ripa Etico Deontologico: Annamaira Tanzi Vita di Collegio: Giuseppe Braga e Gabriele Ciancio Redattori: Cinzia Ancarani, Giovanni Baccalini, Mauretta Cattanei, Gabriele Ciancio, Gianfranco Cucurachi, Davide Donatello, Claudia Fiore, Silvia Giudici, Nadia Granata, Rosangela Nicoletti, Emanuela Sacchi, Antonio Stallone, Maria Teresa Visconti Tosco Hanno collaborato Tiziana Bacchetta (per le traduzioni in inglese), a questo numero: Martina Cerri, Denise Gemello Francesca Alexandra Monachesi, Daniela Scherrer Immagine di copertina Giuseppe Calsamiglia Fondazione Salvatore Maugeri - Pavia Impianti e stampa Gemini Grafica sas - Melegnano (MI) Direzione, Redazione, Via A. Volta, 25 - 27100 Pavia Amministrazione Tel. 0382/525609, Fax 0382/528589 CCP n. 10816270 I punti di vista e le opinioni espressi negli articoli sono degli autori e non rispettano necessariamente quelli dell’Editore. Manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Registrazione presso il Tribunale di Pavia n. 355 del 08.02.1989. Spedizione. in abb. postale - Comma 20/C 2 L. 662/96 - Fil. di Pavia. La rivista è inviata gratuitamente agli iscritti al Collegio IP.AS.VI. di Pavia. Finito di stampare nel mese di gennaio 2014 presso Gemini Grafica sas. Melegnano (MI) - www.geminigrafica.it Questo 2013 che si chiude, verrà probabilmente ricordato per i suoi aspetti tristi e negativi. Per citare quelli più rappresentativi: crisi economica, esponenziale disoccupazione giovanile, alluvione in sardegna, femminicidi. Con il dovuto rispetto per tutte le disgrazie (citate e non), proprio di questi ultimi una cosa mi ha colpito particolarmente, il numero: 114!! Una quantità impressionante e inversamente proporzionale al grado di civiltà che si sarebbe dovuto raggiungere con il 21° secolo. Premesso che basterebbe una sola vita sottratta, a far scattare qualunque disgusto e indignazione, pensate a quale effetto moltiplicatore possono avere numeri così imponenti e quanto reclamino riflessioni e interventi. Cosa c’entrano gli Infermieri? A mio parere c’entrano almeno per 2 buone ragioni: – In virtù della sua collocazione operativa, ha una miriade di occasioni per incontrare le diverse sfaccettature del fenomeno. Penso ai Colleghi dei PS traumatologici che accolgono Donne con tumefazioni o lesioni varie, che alla domanda: “come è accaduto?”, ricevono in risposta il tipico: “sono caduta dalle scale”. Penso ai Colleghi impegnati nelle vaccinazioni che incontrano giovani Donne che “dicono e non dicono”, lasciando intuire una qualche forma di disagio domestico. Penso ai Colleghi dei PS ginecologici, ai libero professionisti in Assistenza Domiciliare e a tutti coloro che ignoro e che potrebbero in questa lista, comodamente aggiungersi e identificare la propria esperienza. Esperienze meritevoli di approfondimento, conoscenza, supporto formativo e informativo, sia per evitare errori interpretativi, sia per promuovere la conoscenza su strumenti, sulla risorse presenti nel territorio e le possibili sinergie. – L’altra buona ragione risiede nel fatto che di oltre 4000 iscritti nella nostra Provincia, l’85% è rappresentata da Donne. Una popolazione ampia, esposta genericamente come altre, che potrebbe però trovare conforto nel sapere che il proprio Collegio, ha a cuore il problema ed è sensibile e orientato a tener alta e viva l’attenzione. Pur nel rispetto profondo di vicende che possono essere strettamente personali, credo che il volerne e poterne parlare, possa rappresentare il primo passo verso l’abbattimento del senso di solitu- 3 PAGINA Numero 4/2013 dine e della cultura omertosa che accompagna socialmente il fenomeno. dico, scegliendo te -una donna- per amico, ma il mio mestiere è vivere la vita, che sia di tutti i giorni o sconosciuta; ti amo, forte, debole compagna che qualche volta impara e a volte insegna.” Riconoscendo alla Donna il suo reale valore in quanto Persona, sia essa single, moglie, madre, professionista. In un clima così chiassoso e iracondo, dove individualismo e qualunquismo sembrano prendere il sopravvento, dovremmo un po’ tutti, riattivare la “pedagogia dei sentimenti” aumentando la disponibilità verso chi ci è vicino e sarebbe bello poter tornare a canticchiare con un po’ di leggerezza: “…può darsi ch’io non sappia cosa Duilio Loi Direttore Editoriale I n d i c e Martina Cerri - Lo svezzamento dallanutrizione artificiale nel paziente con disfagia neurogena . . . . . . . . . . . 4 Emanuela Cattaneo, Silvia Giudici - Donare un sorriso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 Francesca Alexandra Monachesi - Prevenzione degli incidenti stradali: competenza infermieristica . . . . . . 13 Denise Gemello - Cateterismo vescicale a breve permanenza sterile VS pulito no-touch: progetto di ricerca infermieristica randomizzata e controllatai. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 INSERTO: CALENDARIO PLANNING 2014 Paola Ripa - Educare ai valori La cinematografia come strumento didattico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 Daniela Scherrer (a cura di) - Da infermiera a paziente, vi racconto la mia seconda vita . . . . . . . . . . . . . . . 29 Piera Bergomi - VI Conferenza Nazionale delle politiche della professione Infermieristica. La mappa di un percorso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 Duilio Loi - Atto Medico, atto Infermieristico, atto Sanitario: è tempo di chiarezza!! Un contributo epistemologico. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 Tabella presenza Consiglieri anno 2013. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 Un calendario per sostenere i diritti delle donne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 Ti piacerebbe fare un’esperienza in Italia o in qualche paese nel mondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 4 PAGINA Infermiere a Pavia Lo svezzamento dalla nutrizione artificiale nel paziente con disfagia neurogena * Martina Cerri RIASSUNTO La disfagia e le sue conseguenze non sono mai state così attuali se si considera l’alto livello di morbidità, mortalità e costi che comporta. Sebbene sia quasi fisiologica nel processo di invecchiamento, colpisce, in particolare e con una notevole frequenza, i soggetti portatori di patologie neurologiche. Una valutazione superficiale o ritardata e quindi il mancato intervento riabilitativo incidono gravemente sulla qualità di vita del paziente, nonché sulla qualità assistenziale. A tal proposito, l’infermiere gioca un ruolo chiave nel programma riabilitativo. SUMMARY If you consider costs and the high rate of morbidity and deaths, dysphagia and its consequences have never been so present. Though during the ageing, the swallowing disease is physiological, it mostly affects neurological patients. A late or superficial evaluation and, consequently, the lack of rehabilitation process, seriously influence the life quality of patients and the quality of assistance. Therefore, nurses have a key role in the rehabilitation process. LA DISfAGIA NEUROGENA La deglutizione e le sue alterazioni hanno avuto una particolare attenzione solo da poco più di un decennio, cioè da quando grazie a nuovi strumenti diagnostici, in particolare la videofluoroscopia e la fibroendoscopia, si è riusciti a documentare funzionamenti, alterazioni e danni. In particolare, si è potuto evidenziare come le turbe della deglutizione, con il meccanismo delle aspirazioni bronchiali e le broncopolmoniti conducano a morte un numero consistente di pazienti. La disfagia è un disturbo della deglutizione; è presente nella normale evoluzione del processo di invecchiamento in circa il 20% della popolazione dopo i 50 anni, ma aumenta sensibilmente nei portatori di patologie neurologiche quali: trauma cranico, ictus, sclerosi laterale amiotrofica, malattia di Parkinson, demenza, miastenia grave, sclerosi multipla e malattie del motoneurone. È stimata esserci un frequenza del 20%-40% nella popolazione con ictus cerebrale e malattia di Parkinson. Le disfagie non riguardano solo l’ingestione di cibi, bevande, saliva, flora batterica della bocca e del naso, ma possono determinarsi anche mediante il meccanismo del reflusso duodenogastroesofageo, quindi anche nei pazienti portatori di sondino naso gastrico e PEG. La complessità del meccanismo, il coinvolgimento funzionale e strutturale del gran numero di organi e apparati interessati, inducono a ritenere che la disfagia non possa rientrare nelle competenze di un unico specialista ma in quanto sindrome multidimensionale, riguarda molteplici specificità professionali: radiologi, logopedisti, infermieri, neurologi, ORL, oncologi, gastroenterologi, fisiatri, foniatri, ecc. La disfagia ha alta morbidità, mortalità e costi. La sua conseguenza più importante è la possibilità di inalazione di ingesti, per inadeguata chiusura del vestibolo laringeo o debolezza/mancanza dei meccanismi di difesa che favoriscono un’aspirazione silente. Si stima che la percentuale degli ictus che sviluppa una complicanza bronco- polmonare in seguito ad aspirazione si aggiri intorno al 10%. Conseguenze altrettanto importanti sono: • Polmonite ab ingestis • Malnutrizione e disidratazione • Dipendenza da nutrizione enterale Studi hanno rilevato che i pazienti neurologici disfagici sono maggiormente esposti a processi neuroinfiammatori anche con terapia nutrizionale in corso; in un paziente disfagico con ictus il rischio di contrarre infezioni nosocomiali aumenta dal 37,9% al 66,6%. L’attuale stato dell’arte per la gestione della disfagia orofaringea mira ad indagare, quantificare e tentare di correggere le sue manifestazioni funzionali quali: • inabilità o eccessivo ritardo nell’inizio della deglutizione faringea • aspirazione di cibo ingerito • rigurgito nasofaringeo • residuo di cibo ingerito all’interno della cavità faringea dopo la deglutizione. L’identificazione precoce e la richiesta di consulenza sono essenziali. Per evitare i rischi di aspirazione, l’assunzione orale deve essere negata fino a che un appropriato professionista sanitario abbia intrapreso la valutazione. IL RUOLO DELL’INfERMIERE NEL TIMING RIAbILITATIvO Nella pratica clinica è utile attuare protocolli di screening al fine di identificare pazienti che potrebbero richiedere valutazioni e trattamenti da parte di operatori specializzati nella gestione della disfagia. Uno screening corretto si basa sull’identificazione dei fattori di rischio di aspirazione, quali: • alterato livello di coscienza • diminuzione delle abilità cognitive • diminuzione del livello di vigilanza e attenzione • incremento dell’impulsività o agitazione • uso di farmaci neurolettici • iperestensione del collo • alterato grado di controllo posturale • problemi di linguaggio • tracheostomia • età avanzata. 5 PAGINA Numero 4/2013 Una presa in carico che consideri, da subito, tale problematica, può contribuire a ridurre la durata della degenza ospedaliera, abbassare il costo relativo all’utilizzo della terapia farmacologica necessaria nel caso di complicanze polmonari, migliorare la qualità di vita del soggetto. Prima di consentire l’assunzione per via orale di farmaci e alimenti potrebbe essere utile, qualora il paziente fosse in grado di collaborare e mantenere una postura corretta, eseguire il water swallow test: somministrare al paziente prima un cucchiaino di acqua per poi aumentare progressivamente la quantità di liquido, avendo cura di valutare ad ogni atto deglutitorio la comparsa di segni quali tosse e/o voce gorgogliante. Durante tutto il programma riabilitativo, l’infermiere si attiene alle indicazioni date da medico e logopedista e condivise con il team rispetto a: • scelta degli alimenti che presentino particolari caratteristiche fisiche • impostazione di un programma alimentare che consenta adeguato apporto calorico e idrico (peso, bilancio idrico e nutrizionale, consulenza dietologica) • adozione di comportamenti facilitanti e compensi posturali • riconoscimento dei segni clinici associati ad aspirazione GESTIONE INfERMIERISTICA Tutte le linee guida raccomandano la valutazione precoce (entro 24/48 ore dal ricovero) della capacità di deglutire del paziente. Dopo l’inquadramento del paziente disfagico, stabilito il grado di disfagia attraverso valutazioni strumentali o al letto del paziente, viene prescritto lo schema dietetico per fornire un supporto nutrizionale adeguato. Nei pazienti con disfagia grave e rischio di aspirazione silente la scelta della via di somministrazione è orientata verso: il SNG, la PEG o la NPT. Tuttavia, studi scientifici hanno evidenziato che la NPT non trova molte indicazioni nella maggior parte dei pazienti disfagici; la scelta preferenziale è data dalla nutrizione enterale, in quanto consente il mantenimento della mucosa intestinale e della sua funzione immunitaria e di barriera riducendo la traslocazione batterica. Inoltre, ha minori complicanze infettive e metaboliche e, infine, è meno costosa. In particolare, per quanto riguarda il soggetto affetto da ictus in fase acuta, le linee guida SPREAD raccomandano: Nel soggetto affetto da ictus in fase acuta la terapia nutrizionale artificiale di scelta è rappresentata dalla nutrizione enterale. È indicato iniziare il trattamento di nutrizione enterale precocemente e comunque non oltre 5-7 giorni nei pazienti normonutriti e non oltre le 24-72 ore nei pazienti malnutriti. (Raccomandazione 11.17a, grado b, da SPREAD 2007) La nutrizione parenterale è indicata esclusivamente laddove la via enterale non sia realizzabile o sia controindicata o, quale supplementazione alla nutrizione enterale, qualora quest’ultima non consenta di ottenere un’adeguata somministrazione di nutrienti. (Raccomandazione 11.17b, grado D, da SPREAD 2007) La nutrizione enterale tramite sondino nasogastrico e con l’ausilio di pompe peristaltiche è ritenuta più appropriata rispetto alla nutrizione parenterale per il supporto nutrizionale a breve termine in pazienti con grave disfagia da ictus; tuttavia, l’uso del sondino nasogastrico può essere problematico, specialmente nei pazienti anziani. (Sintesi 11.11, da SPREAD 2007) Nei soggetti con disfagia persistente post ictus, e se è ipotizzabile una durata superiore a due mesi, è indicato prendere in considerazione entro 30 giorni il ricorso alla PEG (gastrostomia percutanea endoscopica), da praticarsi non prima di 4 settimane dall’evento. (Raccomandazione 11.18, grado b, da SPREAD 2007) La disfagia è una conseguenza frequente dell’ictus con ricadute negative sull’esito clinico e funzionale, sulla mortalità e sui tempi di degenza. Oltre alla malnutrizione, possibili complicanze determinate dalla disfagia sono: l’aspirazione di materiale estraneo con conseguente bronco- pneumopatia ab ingestis, la disidratazione e l’emoconcentrazione con effetti secondari negativi sulla perfusione cerebrale e sulla funzione renale. (Sintesi 11.13, da SPREAD 2007) È indicato prevenire la condizione di malnutrizione che può conseguire alla disfagia mediante misure di nutrizione entrale per sondino naso-gastrico o gastrostomia percutanea. (Raccomandazione 15.42 b Grado D, da SPREAD 2012) SvEzzAMENTO DALLA NUTRIzIONE ENTERALE Nonostante l’entusiasmo suscitato dall’efficacia di tale metodica, molti clinici, attualmente, considerano come valida alternativa la possibilità di valutazione e riabilitazione della disfagia, in quanto la gestione della NE presenta comunque una serie di problematiche di rilevanza clinica: • è una tecnica invasiva; • comporta una modalità non fisiologica di alimentazione, in quanto viene bypassato parte del tratto gastrointestinale implicato nella regolazione dell’appetito e del food-intake; gli alimenti, inoltre, sono somministrati in forma liquida e in tempi diversi da quelli abituali; • espone il paziente all’insorgenza di diverse complicanze in relazione alla tecnica uilizzata: 1. SNG: dislocazione, occlusione, decubiti, diarrea, vomito, aspirazione; 2. PEG: reflusso gastroesofageo con conseguente rischio di esofagite e/o aspirazione, gastrite, emorragie gastriche, infezioni nella sede di inserzione, buried bumber syndrome; • può essere mal tollerata durante la riabilitazione, infatti il training della deglutizione è meno efficace in presenza di SNG; • condiziona la qualità di vita e pone una serie di domande su base etica. Lo svezzamento dalla NE può avvenire in qualsiasi momento del percorso riabilitativo. Il processo di recupero della disfagia post-stroke, infatti, pur se di dimensioni rilevanti nelle prime settimane (fino all’86% nei primi 14 giorni), ha un impatto significativo anche nel lungo termine. Raccomandazione 15.42 a Grado b Nei primi giorni dopo l’ictus è indicata una tempestiva valutazione del rischio di aspirazione, da parte di personale addestrato. In presenza di un disturbo della deglutizione è indicato l’intervento di un logopedista e l’adozione di misure idonee da parte del team assistenziale. 6 PAGINA Raccomandazione 15.42 c Grado D È indicato valutare attentamente la tempistica dello svezzamento dalla nutrizione enterale nei soggetti con indici prognostici favorevoli ed eseguirlo con modalità standardizzata e con monitoraggio clinico, videofluoroscopico e/o endoscopico, eseguito da personale specializzato, meglio se congiuntamente al logopedista. Raccomandazione 15.42 d Grado D In tutte le fasi dello svezzamento dalla nutrizione parenterale, è indicato mantenere costante, un adeguato apporto calorico nutrizionale (soprattutto proteico) ed idrico. Raccomandazione 15.42 e Grado C Nei soggetti con disfagia è indicato un programma riabilitativo che include esercizi per l’incremento della funzione motoria orofaringea in associazione alle tecniche specifiche (manovre di compenso, posturali e di modificazioni reologiche del cibo). Gli elementi da prendere in considerazione per la selezione del paziente sono: • stabilità medica e nutrizionale; • bilancio delle attività cognitive: per il passaggio all’alimentazione orale sono necessarie la capacità di apprendimento di nuovi pattern di deglutizione o di strategie di compenso e adeguate capacità di automonitoraggio; • valutazione degli indicatori di recupero, considerando che indicatori negativi ai fini di un recupero funzionale nel lungo termine sono severità dello stroke, afasia, lesioni a carico della corteccia frontale, lesioni corticali bilaterali; • bilancio clinico funzionale della disfagia e/o videofluoroscopia. Nel paziente affetto da disfagia il passaggio dalla nutrizione artificiale a quella orale deve avvenire in modo graduale e personalizzato tenendo conto delle difficoltà del paziente stesso; di fronte a un paziente malnutrito la nutrizione artificiale affiancherà quella orale per evitare un peggioramento dello stato nutrizionale. Importante, in tale passaggio, è lo stato nutrizionale del paziente dal quale dipenderà la durata dell’associazione tra nutrizione artificiale e dieta orale. La fase di svezzamento vera e propria prevede il passaggio dai cibi di stimolazione alla nutrizione orale fino allo svezzamento definitivo dalla NE. I cibi di stimolazione sono costituiti da alimenti di consistenza molle, somministrati inizialmente una volta al giorno, per poi passare a tre volte al giorno. All’inizio dello svezzamento la NE dovrebbe essere organizzata in modo da fornire solo il 75% delle richieste energetiche in modo da mantenere la sensazione di fame, ponendo attenzione che il paziente sia Infermiere a Pavia in grado di integrare il deficit calorico e di mantenere il peso. L’elemento chiave per il completo passaggio alla NO è la capacità del paziente di raggiungere e mantenere un’adeguata idratazione, considerando che pazienti disfagici alimentati oralmente con integrazione di addensanti per i liquidi non raggiungono livelli ottimali di idratazione rispetto ai pazienti con NE e supplemento per via endovenosa di liquidi. In relazione ai dati forniti dalla semeiotica clinica e dalle indagini strumentali, quando viene stabilito che il paziente affetto da disfagia può riprendere ad alimentarsi per via orale è fondamentale che ciò avvenga in modo progressivo con monitoraggio costante, attuando quindi un percorso personalizzato. CARATTERISTIChE DEL bOLO ALIMENTARE La finalità della rialimentazione è quella di prevenire eventuali ristagni di alimenti nella cavità orale, nella faringe o nell’esofago e, soprattutto, di evitare possibili fenomeni ab ingestis. A tale proposito, in relazione alle cause che hanno determinato la disfagia, assumono molta importanza le caratteristiche fisiche del bolo alimentare: la capacità di deformarsi per compressione o di allungarsi per trazione, la tendenza ad aderire alle superfici esterne, la propensione alla rottura in pezzi più piccoli. La classificazione più completa dell’American Dietetic Associaton distingue 5 livelli che a loro volta si differenziano in 5 parametri prioritari: la consistenza, la coesività, la necessità di masticazione, il mantenimento di forma autonoma da parte del cibo e la possibilità di assumere liquidi. Questi parametri sono essenziali nella scelta della dieta da adottare a seconda delle difficoltà deglutitorie del paziente. Nel paziente affetto de disfagia vanno evitati la pastina in brodo, il minestrone con verdure a pezzi, i legumi e qualsiasi altro cibo che presenti le due componenti (liquida e solida) nettamente separate e, pertanto, difficilmente gestibili contemporaneamente. Nei pazienti con disfagia neuromotoria grave che non sono in grado di preparare il bolo alimentare nella cavità orale e/o presentano una fase della deglutizione compromessa (per esempio, ridotta capacità di masticazione, perdita della funzione della lingua e delle labbra, riflesso della deglutizione compromesso, ridotta peristalsi esofagea), è bene iniziare l’alimentazione con una dieta in cui gli alimenti abbiano una consistenza semisolida, densa e compatta (purea); il bolo alimentare deve essere coesivo, omogeneo, con superficie liscia e umida e deve mantenere la propria consistenza nella cavità orale. Pericolosi e pertanto da evitare sono quei cibi che richiedono di essere masticati, che si sbriciolano (cracker, pane), che sono liquidi o che diventano liquidi nel cavo orale, quindi a doppia consistenza (zuppe di vegetali con crostini, latte e cereali), che non formano un bolo coesivo (carne tritata, riso, ecc.). Non sono permesse bevande fluide ma solo quelle con addensanti. Quando il paziente è in grado di seguire questa dieta senza problemi, è possibile aggiungere alcuni alimenti che richiedono un minimo di masticazione (aumentando in tal modo la varietà di sapori). Ulteriore progresso (ma che nei pazienti con disfagia meno grave può rappresentare un punto di partenza) è la dieta morbida, in cui il bolo non è particolarmente coesivo. Gli alimenti devono avere consistenza morbida ed essere tritati o tagliati in piccoli pezzi (vanno rimossi semi, buccia, parti fibrose); l’uso degli addensanti deve essere occasionale. Inoltre, l’assunzione dei liquidi dipende dalla tolleranza individuale. Successivamente si passa a una dieta in cui gli alimenti sono sempre morbidi, ma i pezzi di maggiori dimensioni. 7 PAGINA Numero 4/2013 COMPORTAMENTI fACILITANTI L’ALIMENTAzIONE DEL PAzIENTE DISfAGICO • Il paziente deve mangiare seduto in posizione eretta con la flessione di anca e ginocchio ad angolo di 90° e testa leggermente flessa con mento in giù; • possono essere necessari dei sostegni per la testa ed il tronco; • il paziente non deve parlare mentre mangia; • l’alimentazione deve procedere lentamente rispettando i tempi esecutivi e di attenzione del paziente; • il paziente a intervalli regolari deve controllare la presenza di residuo faringeo eseguendo colpi di tosse; la ripresa dell’alimentazione può avvenire soltanto dopo completa detersione; • in caso di tosse riflessa il paziente deve ricondurre l’atto sotto il controllo volontario coordinando la respirazione e la spinta diaframmatica; • la somministrazione di acqua, quando consentita, deve avvenire con l’ausilio del bicchiere, previa detersione da residui faringei, secondo le modalità sopra descritte; • quando il paziente ha finito, deve restare seduto per 20 minuti; • prestare attenzione in caso di aggiunta di addensanti agli alimenti. Procedere sempre gradualmente, evitando di ag- giungere grandi quantità in una sola volta: alcuni agenti hanno un effetto addensante quasi istantaneo, altri possono avere un effetto graduale che dura vari minuti, nel qual caso il cibo rischia di diventare troppo denso; • per stimolare l’appetito il cibo deve avere un aspetto invitante. fARMACI Per i pazienti affetti da Malattia di Parkinson, in cui sono gradualmente compromesse tutte le fasi della deglutizione, è importante che i farmaci siano loro somministrati in orari tali da raggiungere il picco d’azione durante i pasti. La somministrazione sicura dei farmaci è essenziale, in quanto è da tenere conto che non tutte le compresse possono essere schiacciate (ad esempio quelle a rilascio prolungato/modificato). INTERvENTI EDUCATIvI AI CAREGIvERS La letteratura suggerisce il coinvolgimento della famiglia e dei caregivers nella pianificazione assistenziale del team al fine di informarli ed educarli circa la gravità della disfagia e delle conseguenze ad essa correlate, le diverse modalità di alimentazione e i compensi posturali adeguati, per garantire un’alimentazione corretta e sicura anche al domicilio. bibliografia – Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion, Ictus cerebrale: Linee guida di prevenzione e trattamento, 2012 – Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion, Ictus cerebrale: Linee guida di prevenzione e trattamento, 2007 – Bartolone, Prosiegel, Schrter-Morasch, Leitlinien fr Diagnostik und Therapie in der Neurologie Suttgart, 2005 – The Joanna Briggs Institute for Evidence Based Nursing and Midwifery, Identification and nursing management of dysphagia in adult with neurological impairment, volume 4, issue 2, page 6, 2000 – SIGN National Clinical Guideline by the Scottish Intercollagiate Guidelines Network, Management of patients with stroke: identification and management of dysphagia, giugno 2010 – Pizzuto, Conte, D’Anna, Svezzamento dalla nutrizione enterale, Il giornale dello Stroke, numero 1, settembre 2006 L’autore * Infermiera U.O. Neuroriabilitazione Istituto Neurologico Fondazione “C. Mondino” Pavia RIPA Paola, bERGOMI Piera, fRISONE Enrico, LOI Duilio I principi dell’organizzazione professionale dell’infermiere: viaggio nella professione infermieristica Sant’Arcangelo di Romagna, Maggioli, 2013. 234 p.; 24 cm. ISbN: 8838783555 I molteplici aspetti della Professione sono racchiusi in questo volume, concepito come una mappa, il cui fine è visitare la città dell’Assistenza Infermieristica. Essa appare come un luogo reale, incredibilmente ricco di conoscenze e di competenze ma anche di vissuti e immagini personali. Si ha l’impressione di visitare una metropoli il cui tracciato urbano è noto per essere stato appreso attraverso i libri, i racconti e i documenti di chi l’ha visitata. Nel momento in cui ci si immerge, si è attratti dai colori e dai sapori e non vi è angolo che non si vorrebbe percorrere. Il rischio però è quello di perdersi: si acquista così una mappa, una cartina che ci guidi nel viaggio che ci permetterà di esplorare sia le zone più caratteristiche che gli angoli più remoti. Il team di Autori ci consente di inoltrarci in tutti gli argomenti relativi ai principi dell’organizzazione infermieristica con competenza e precisione: Paola Ripa, Piera Bergomi, Enrico Frisone e Duilio Loi (con la collaborazione di Michele Chieppi, Salvatore Quattrocchi e Antonella Ligorio) sono delle guide preziose che ci illustrano le certezze e gli interrogativi dell’Essere infermiere, la complessità della salute, i luoghi dell’agire, le competenze e le conoscenze professionali, la formazione e la ricerca, la strategia organizzativa, le figure professionali, il mondo del lavoro. La bibliografia in coda ai capitoli è ricca di riferimenti e anch’essa guida il lettore verso una scelta precisa nel momento in cui debba consultare, senza perdersi nei meandri della letteratura, dei documenti specifici: degni di nota sono i numerosissimi riferimenti normativi elencati che permettono di avere un quadro cronologico chiaro ed esaustivo. La prefazione al testo di questo “intenso lavoro letterario professionale itinerante” è affidata al Presidente nazionale IPASVI Annalisa Silvestro, la quale, in perfetta linea con i colleghi scrittori, sottolinea la necessità di avere una visione più ampia delle organizzazioni, del cittadino, della salute e dell’essere infermiere oggi. Non a un caso, conclude dicendo: “Gli autori lo definiscono un diario di viaggio che hanno deciso di scrivere per presentarsi alla comunità scientifica con l’ardire di essere originali; e lo sono stati”. Le royalties saranno interamente devolute al sostegno del progetto “Insieme per Luisa”, una collega che a seguito di un incidente sta cercando di recuperare la propria autonomia. Dopo molti libri di sapere infermieristico, “Viaggio nella professione infermieristica” si propone di indagare sull’assistenza infermieristica; al lettore non resta che viaggiare… 8 PAGINA Infermiere a Pavia Donare un sorriso Keyword: risata e ben-essere, educazione alla gioia, risata e relazioni con gli altri, risata e teoria della stupidità e assurdità, ridere e malattia, ambiti di applicazione della risata, esercizi per ridere di cuore, Club della risata * Emanuela Cattaneo ** Silvia Giudici Gli individui che capiscono a fondo la filosofia della risata “senza motivo” ridono di cuore senza farsi problemi. Ma come ridere se non vi sono i presupposti per farlo? Ci sono diversi metodi per trasformare una risata “stimolata” in piacere spontaneo. In una sessione tipo, la risposta risiede nel buon contatto oculare, nella Teoria della stupidità e assurdità, nelle azioni RIASSUNTO Oggi la vita è molto più logorante rispetto al passato e gran parte delle malattie sono in qualche modo riconducibili allo stress. Tuttavia la ricerca scientifica ha dimostrato che ridere può aiutare a risolvere molti problemi, sia personali, sia lavorativi che sociali. Se fino a qualche tempo fa si parlava di “umorismo” come unica risposta allo stress e alla depressione, è poi apparso chiaro che questo non bastava a rendere l’uomo felice e gioioso, in quanto raramente portava ad una risata duratura e profonda. Oggi la Risata Yoga, o Hasya Yoga, è forse uno dei metodi più rivoluzionari e semplici per combattere e prevenire il malessere psico-fisico. In realtà lo stress è generato dall’uomo stesso e dalla sua collusione con i modelli e gli stili di vita odierni a causa dei livelli di tensione personale e sociale, dall’incapacità di contrastare il consumismo e dall’iperproduttività infinita, tutti fattori che non tengono conto né delle risorse né dei bisogni della persona. Ridere di più in questa società e ridere di questa società è un significativo segnale di ribellione rispetto ad un modello di sviluppo che corre ad una velocità non più sostenibile. Fortunatamente il mondo del business e quello aziendale in generale stanno cominciando a prendere in considerazione lo Yoga della risata come uno strumento utile a migliorare le prestazioni di lavoro. Così avviene anche in diversi ospedali del mondo, dove i dirigenti più sensibili ed attenti sia alle dinamiche di rendimento dei propri dipendenti che all’efficacia dell’intervento terapeutico sull’utente, hanno dato il via a sessioni permanenti di Yoga della risata per operatori sanitari e pazienti. In questo ultimo capitolo dedicato alla risata tratteremo: a) della Teoria della stupidità e assurdità come metodo in grado di favorire la percezione di sé e degli altri, e capace di scatenare la risata; b) degli studi scientifici sulla risata secondo i più noti ricercatori; dei contesti di applicazione; c) di alcuni esercizi utili per diffondere l’umorismo e l’autoironia, la fiducia, la capacità d’intesa, la comunicazione empatica, la creatività e spirito di gruppo, le emozioni. Buona lettura e…se vuoi cambiare - in meglio - te stesso e il mondo…ama e ridi. bambinesche, nella parlata Gibberish e in diversi altri accorgimenti. Vediamo un po’ di che si tratta! Partiamo dal concetto che si inizia a ridere nel guardare qualcuno che sta ridendo prima di noi. Lo facciamo senza conoscere la motivazione che ha portato la persona scrutata a ridere. A parte il giro di parole, basta poco per entrare nella parte del SUMMARY Today life is much more stressful than before and most of the diseases are somehow relatable to stress. However, scientific research has shown that laughter can help solve many personal, labor, social problems, and if until some time ago there was talk of “ humor “ as the only answer to stress and depression, over the years it became clear that this was not enough to make happy and joyful man as rarely leads to a laugh deep and lasting. Today, Laughter Yoga, or Hasya Yoga, is perhaps one of the most revolutionary and simple methods to combat and prevent the psychological and physical discomfort. In fact, stress is created by man himself and by his collusion with respect to patterns and today’s lifestyles because of the levels of personal and social tension, by inability to counter endless consumerism and by productivity without measure that do not take account of the resources nor the needs of the person. Laugh more in this society and laugh of this society is a significant sign of rebellion than a development model which runs at a speed no longer sustainable. Luckily the business world is beginning to take into account Laughter Yoga as a tool to improve performance in workplace. This also happens in different world hospitals where managers more sensitive and attentive to dynamics and performances of its employees and to effectiveness of therapeutic intervention on the user, have given way to permanent Laughter Yoga sessions for health workers and patients. In this last chapter we will discuss of the Stupidity and absurdity theory as a method capable of favoring the perception of themselves and others, and able to trigger laughter, about laughter of scientific studies according to the most wellknown researchers, about application contexts, about some exercises to spread humor and irony, confidence, ability of understanding, empathic communication, creativity and team spirit, emotions. Happy reading...and if you want to change (yourself and the world in better)...love and laugh. 9 PAGINA Numero 4/2013 “ridente”. Provare per credere! Chi ride per esercizio, lo fa per aumentare il proprio senso di benessere psico-fisico. E’ molto semplice, essendo la risata contagiosa ed andandosi a creare una situazione assurda. Basta guardare negli occhi una persona sorridendo, dapprima con un mezzo sorriso e poi con una risata rigorosa. La persona osservata inizierà a ridere senza saperne il motivo. E’ l’assurdità della stupidità che ci fa ridere. Le persone che non riescono a mantenere un contatto oculare con l’interlocutore, ad esempio per timidezza, sono deficitarie in autostima. Pertanto, imparare a mantenere il contatto oculare durante una sessione della risata, aiuta ad apprezzarsi di più. La Teoria della stupidità ed assurdità parte dal concetto che i partecipanti alle “prime armi” ridono della stupidità espressa dai sessionisti e della situazione ridicola creatasi. Solo con l’apprendimento stoltezza e grottesco aprono alla percezione di sé stessi e degli altri e diventano elementi cardine per un’appagante e terapeutica risata. Questa teoria può aiutarci a ridere delle situazioni asettiche che solitamente non producono buon umore o per favorire la stessa gioia vissuta in passato dinnanzi ad un déjà vu. Un’altra applicazione di questa teoria consiste nel posizionarsi di fronte ad uno specchio imitando la risata di qualcuno che conosciamo. Se ci sentiremo sciocchi del risultato ottenuto significa che abbiamo fatto centro. Essere “stupidi” è il primo passo verso la creatività e la libertà, le invenzioni e le innovazioni. C’è molto da imparare dalla sciocchezza. Una persona autoironica che ride di sé stessa, senza preoccuparsi delle persone che la circondano, è una persona che può rendere la sua risata reale, mentre gli individui timidi o rigidi, impegnati a difendere la loro seriosità e a tenere a freno le proprie inibizioni, non riusciranno a ridere della loro vita. La persona eccessivamente ponderata non si arrischierà mai di tentare qualcosa di nuovo e di sperimentare nuove possibilità in quanto ha paura di essere giudicata o presa in giro. Inoltre, la sciocchezza aiuta le persone a ridimensionare il loro ego; una persona che ride di sé stessa non avrà sicuramente un super-ego e non conoscerà rabbia, gelosia ed avidità. Le sessioni della risata si propongono di allentare i freni dei seriosi insegnando loro come diventare bambini spontanei e liberi, attraverso comportamenti fanciulleschi come ad esempio tirare fuori la lingua, ballare in modo divertente e parlare il linguaggio Gibberish (lingua inventata che esiste solo nella nostra fantasia e che nessuno può comprendere; secondo Osho è “uno dei metodi più scientifici per ripulire la mente”). Curiosità: la parola “sciocco” in inglese silly, significa persona benedetta, felice e giocosa. Generalmente l’umorismo e il ridere hanno una relazione di causa-effetto, ovvero l’umorismo è la causa e la risata è l’effetto che apporta nel nostro corpo cambiamenti biochimici e psicologici. Nei Club della risata, invece, non si considera nessun tipo di umorismo-causa, ma il concetto è invertito: il ridere diventa la causa in grado di superare inibizioni e timidezze personali permettendo agli individui di diventare più aperti al cambiamento e a vedere la vita in modo più divertente. A partire dagli Anni Ottanta-Novanta si è sviluppata una notevole ricerca scientifica tesa a dimostrare l’efficacia del ridere sulla salute. STUDI SCIENTIfICI SULLA RISATA Lo stress è presente nella vita di ognuno di noi, a vari livelli, e la sua gestione è importante al fine di promuovere la salute e curare le malattie. Ricercatori di fama mondiale quali Selye, Herth e Fry, hanno confermato che la risata provoca uno stress positivo chiamato eustress in grado di sostenere la vitalità dinnanzi ad agenti stressanti negativi (distress); in altre parole, la risata sarebbe in grado di diminuire l’adrenalina ed aumentare le cellule Natural Killer responsabili della produzione di anticorpi. Dunque ridere ridurrebbe l’ansia, la tensione, la depressione e quindi tutte quelle patologie che riconoscono nell’ansia, tensione e depressione i fattori predisponenti. Interessante è il contributo scientifico di Vagnoli che ha dimostrato che, mediante la clow-terapia, è possibile ridurre l’ansia pre-operatoria e le complicanze post-operatorie dei bambini sottoposti ad interventi chirurgici. Per gli esperi di PNEI (PsicoNeuroEndocrinoImmulogia), l’efficacia dell’intervento terapeutico e la prospettiva di successo medico-infermieristica sarebbero favoriti, oltre che dalle capacità dei singoli professionisti sanitari, dalla fiducia che si instaura tra le parti (paziente-operatore), dalle potenzialità dell’organismo e dalle sue ca- pacità di autoguarigione, dall’assenza di panico, dalla condivisione delle cure (compliance), dal divenire attori protagonisti di una determinata situazione e dalla capacità di concentrare i propri interessi sulla creatività e sui progetti personali. Berk, Labott e Dillon, hanno documentato che l’azione del ridere aumenta significativamente il livello di Immunoglobulina IgA e IgG, e quindi le difese immunitarie contro le infezioni respiratorie-polmonari. In questo ambito, la risata può essere applicata come esercizio respiratorio in pneumologia poiché aumenta la ventilazione e aiuta lo scioglimento del muco, oltre ad accelerare gli scambi di ossigeno ed incrementare così i livelli di ossigeno nel sangue. I ricercatori Berk e Tan, nello studiare la correlazione tra l’azione del ridere e l’immunità, hanno notato che, dopo una risata di cuore, i livelli dell’attività gamma interferomonica (IFN) aumentavano e si mantenevano stabili a distanza di ore (sino al giorno dopo). Grazie alle IFN si determina, infatti, l’attivazione delle cellule CT, delle cellule B, delle Immunoglobuline e delle Cellule NK. Queste scoperte si sono dimostrare molto significative non solo nella ricerca sul cancro, ma anche negli studi sull’HIV. Provocando inoltre la secrezione di beta-endorfine e catecolamine, la risata è il grado di svolgere un’azione analgesica naturale. Questa azione è stata comprovata dalla ricercatrice italiana Giordani nei suoi studi su artriti e spondiliti (si ricorda la guarigione di Norman Cousins dalla spondilite anchilosante dopo trattamenti specifici incentrati sulla risata). Sulla risata indotta, tuttavia, esistono delle perplessità riguardo i cosiddetti effetti collaterali poiché la risata pilotata svilup- 10 PAGINA pa una forzata pressione intra-addominale mettendo l’organismo in una condizione di sforzo fisico eccessivo. Per arginare gli eventuali effetti collaterali, il suo ideatore, il dr. Midan Kataria, insieme ad altri specialisti, ha stilato un elenco di disturbi fisici che, se presenti, non favorirebbero la partecipazione alla sessione della risata, a meno che non ci sia un consenso e uno stretto controllo medico sul partecipante, soggetto a limitazioni. Prima di iniziare una sessione della risata, la cosa migliore da farsi, per chi soffre ad esempio di ernia addominale o inguinale, o per chi ha subito recentemente un intervento chirurgico correttivo addominale, sarebbe quella di seguire le indicazioni del proprio medico, ovvero fare terapia fisica. Lo stesso divieto vale per chi soffre di emorroidi in fase di recrudescenza, in quanto la pressione addominale sviluppata durante una forte risata potrebbe compromettere ulteriormente la prognosi. Le persone che soffrono d’angina o che hanno subito recentemente interventi al cuore non dovrebbero partecipare alla sessione della risata a meno che sussista un esplicito consenso medico. Possono invece parteciparvi i soggetti in trattamento farmacologico, operati e non, che hanno superato il test da sforzo senza presentare problemi. La risata fragorosa potrebbe anche provocare, in una piccola percentuale di donne in gravidanza, l’aborto. Pertanto, sin quando non vengono raccolti dati confortanti a questo riguardo, gli esperti suggeriscono di non partecipare alla sessione della risata. Durante l’influenza stagionale e il raffreddore, sarebbe meglio non partecipare alla sessione della risata in quanto è molto probabile, essendo sindromi contagiose, che vengano trasmesse ai partecipanti. Al riguardo però c’è una buona notizia: la frequenza regolare alle sessioni, come già detto, rinforza il nostro sistema immunitario attraverso l’aumentata resistenza della membrana delle mucose respiratorie. I dati raccolti tra i membri delle varie sessioni hanno dimostrato infatti che il numero delle persone soggette a riscontrare influenza e raffreddore è significativamente diminuito. Anche chi soffre di glaucoma non potrebbe partecipare alle sessioni, salvo consenso medico, per il rischio di far aumentare troppo la pressione endoculare. Infine, chiunque abbia avuto una sensazione di Infermiere a Pavia disturbo fisico durante gli esercizi, nonostante non abbia mai presentato problematiche fisiche, dovrebbe interrompere la partecipazione alla sessione e consultare un medico. Solitamente non esiste un problema specifico di salute, ma si tratta semplicemente della realizzazione sbagliata dell’esercizio a procurare il fastidio. Una volta individuato e corretto il movimento sbagliato, il discente può riprendere la sessione. CONTESTI DI APPLICAzIONE DELLA RISATA NEI POSTI DI LAvORO Molte delle malattie di cui soffriamo, come ad esempio l’ipertensione, l’ulcera peptica, l’insonnia e le allergie, hanno un rapporto sempre più stretto con lo stress e la conseguenza più evidente la possiamo riscontrare nei posti di lavoro dove la percentuale di assenteismo, il rendimento e le performance al di sotto della media (come spesso il ricorso all’uso di droghe), sono il segnale che qualcosa non va nella gestione delle risorse umane. A peggiorare la situazione, la crisi economica che ha messo in declino i profitti mondiali, e di conseguenza la produttività di piccoli e grandi imprenditori, i bilanci familiari dei lavoratori, pressati dall’aumento del costo della vita, l’incertezza nel futuro per neo-laureati, precari e disoccupati. Fortunatamente, dopo le prime resistenze manageriali, molte aziende hanno capito che le sessioni della risata, introdotte sul posto di lavoro, possono diventare l’ancora di salvataggio per l’intero sistema. Pensate che bello: ridere nei posti di lavoro, sempre, come unico modo per garantire la sessione della risata tutti i giorni o almeno cinque giorni su sette, beneficiando del suo atto terapeutico sulle persone! Sfruttare le potenzialità dello Yoga della risata nei servizi sociali e nelle scuole, tra i disabili fisici e mentali, significa favorire la socializzazione e la convivialità, il miglioramento della qualità relazionale e del clima di classe, benessere psico-fisico, diminuzione dello stress di studenti, insegnanti ed operatori, cura olistica integrata, riduzione dell’uso di farmaci, più allegria, ragazzi più collaborativi, frenare i suicidi degli adolescenti. Diversi fisioterapisti ed operatori che hanno sperimentato il metodo di Midan Kataria, hanno dichiarato maggiore compliance ed entusiasmo da parte dei loro assistiti, e di conseguenza anche il miglioramento dell’esito del programma terapeutico. Particolarmente significativa è l’esperienza del dr. Kataria con un gruppo di non vedenti, una bella sfida per una tecnica che fonda la sua pratica sul “contagio” e che vede nel contatto oculare uno dei suoi punti cardine. Frequentando i non vedenti, il “maestro” scoprì che parlavano sempre mantenendo il sorriso sulle labbra, senza nessun motivo apparente, e che il suono della risata risultava per loro molto contagioso. Alla fine delle sessioni, riscontrò che i ragazzi erano diventati meno timidi e parlavano con più disinvoltura ed entusiasmo. Un’altra esperienza è stata quella tenutasi all’interno del carcere Arthur Road a Mumbai. Midan Kataria non era molto sicuro che i detenuti avrebbero riso sia perché l’ambiente era tutt’altro che divertente, sia perché i partecipanti sembravano depressi ed arrabbiati. Dopo i primi esercizi e i primi attimi di esitazione, i prigionieri (e le guardie) scoppiarono a ridere a crepa pelle, quasi che la loro rabbia si fosse trasformata improvvisamente in risata. Queste esperienze ci insegnano come la risata possa aiutare anche nelle situazioni difficili. In questo specifico caso, ridere ha contribuito certamente a risolvere emozioni negative presenti nei criminali aiutandoli a trovare una prospettiva costruttiva e positiva per un futuro migliore. Gli esercizi della risata possono aiutare gli anziani a mantenere alto l’umore e ad uscire dalla depressione che molto spesso li investe soprattutto se lasciati soli o abbandonati. Nelle RSA si è riscontrato ad esempio che non solo non si ride abbastanza, ma si parla anche poco e c’è poca condivisione. Nonostante vivano con i loro coetanei, gli anziani sentono la mancanza degli affetti familiari per cui è importante farli sentire parte integrante di un gruppo, meglio ancora se lo si fa con una buona parola e con il sorriso sulle labbra. Infine, come già sottolineato, ridere porta effetti positivi anche a livello fisico e per gli anziani che soffrono ad esempio di dolori alle giunture, la risata è un tocca sano in quanto aiuta il rilascio di endorfine, antidolorifici naturali, e migliora la qualità del sonno limitando di conseguenza l’utilizzo di benzodiazepine o similari. Obiettivi dello Yoga della risata sugli anziani: aggiungere risate alla vita; favorire la salute fisica; sostenere una buona salute mentale; aumentare la connessione sociale; favorire la longevità. 11 PAGINA Numero 4/2013 ESERCIzI PER RIDERE DI CUORE, ALCUNI ESEMPI Sono giochi che vengono proposti nei Club della risata e servono per rallegrare l’umore di qualsiasi gruppo sociale, dai bambini sino agli anziani. Ne proponiamo solo alcuni per ragioni tecniche tipografiche. Per maggiori approfondimenti potrete invece consultare il sito ufficiale web della Laughter Yoga Fondation di Midan e Madhuri Kataria alla pagina www.laughteryoga.org. Tutto quello che segue può apparire stupido, assurdo e “da bambini” se letto con asetticità ed insufficienza. Ricordiamoci però che è dalla Teoria della stupidità e assurdità che la risata ha inizio ed è grazie a questi esercizi che la possiamo coltivare giorno per giorno, sino a far cambiare in meglio noi stessi, gli altri, la visione del mondo e gli eventi ad esso correlati. Il Ghibberish. Definito come il più scientifico metodo per ripulire la mente, il Ghibberish consiste nel parlare una lingua inventata che esiste solo nella nostra fantasia e che nessuno può comprendere, ma solo intuire grazie alla nostra parlata strana e mimica corporea. Chi fa Ghibberish interpreta il suo discorso con molta enfasi come se dovesse buttare all’esterno della propria mente tutta l’immondizia accumulata e che non gli permette di respirare. Così facendo si favorisce la leggerezza mentale, ci si libera per un certo periodo di alcune inibizioni, si diventa autoironici, la rabbia accumulata si trasforma in risata. Il compito di chi ascolta è quello di tradurre la parlata, interpretando soggettivamente in modo spontaneo ed umoristico la situazione tipo. Il linguaggio degli animali. Per fare questo gioco sono necessari due mazzi di carte uguali. Ogni partecipante deve scegliere un animale ed interpretare il suo verso. Ciascun concorrente deve poi memorizzare l’animale scelto dagli altri partecipanti. In seguito il conduttore distribuisce le carte scoperte in senso orario sino a che due giocatori risultano avere la stessa carta. Prende il mazzo di carte dell’altro giocatore e vince chi riesce ad imitare per prima il verso dell’animale dell’altro concorrente. Obiettivi: svuotare la mente e favorire la concentrazione, farsi delle belle e sane risate. Pizza, pasta. I partecipanti sono in cerchio ed iniziano a nominare a voce alta e in sequenza i numeri da 1 a 10 (se i partecipanti sono più di 10 si ricomincia da 1). Dopo alcuni giri, si chiede al gruppo di dire “pizza” al posto del 6 e “pasta” al posto del 7. Il risultato è il seguente: “1, 2, 3, 4, 5, pizza, pasta, 8, 9, 10”. Chi sbaglia va al centro del cerchio e gli altri lo apprezzano ridendo e battendogli le mani con le frasi “Molto bene, molto ben, yeahhh!”. Le combinazioni “pizza e pasta” possono essere sostituite con altre parole come “cane e gatto”, “mari e monti” e così via. Quando il gruppo dei perdenti al centro del cerchio è corposo, si sostituiscono alle due parole scelte due espressioni mimiche come “tirare un bacio” o “fare una pernacchia”. Essendo ormai esiguo il numero dei partecipanti in gara, il ripetersi di baci o di pernacchie sarà predominante sui numeri. La risata è assicurata! Obiettivi del gioco sono: favorire l’ascolto, la comunicazione, la relazione, il contagio umoristico e l’autoironia. Biscotti della fortuna. Rifacendosi all’usanza cinese di donare biscotti con un messaggio augurale incorporato, il gioco prevede che i partecipanti scrivano dei messaggi di buon auspicio da indirizzarsi a qualcun altro. Le frasi inventate saranno seguite da espressioni di questo tipo: “in ufficio”, “in reparto”, “in bagno”, “in camera da letto” e prenderanno significati diversi per i doppi sensi che si andranno a creare. Le frasi vengono lette a voce alta ed inducono ilarità collettiva. Obiettivi: creare un clima di fiducia, favorire l’improvvisazione e la creatività di gruppo. Associazioni ridenti. Il conduttore del gioco piega dei biglietti su cui avrà scritto nomi di oggetti, animali o personaggi. Poi invita i partecipanti a sceglierne uno, a mimarne il contenuto, senza emettere suoni, precisando che ogni soggetto è associato ad un altro (per esempio cavallo-cavaliere). Quindi inviterà le persone ad individuare il personaggio/oggetto a cui associarsi. Una volta trovata l’associazione, la coppia continua a ridere abbracciandosi e tenendosi per mano (risata cuore a cuore). Così via sino a quando tutte le coppie saranno formate. A questo punto il conduttore inviterà tutti a mettersi in cerchio prendendosi per mano e, facendo una risata collettiva, si alzeranno le braccia al cielo (risata di cuore). Obiettivi: favorire la relazione, la comunicazione empatica e corporea, la capacità d’intesa e il contagio umoristico. Lo specchio ridente. I partecipanti si devono disporre su due file parallele, ognuno di fronte all’altro. Una fila funge da specchio, mentre l’altra si riflette nella prima. I partecipanti si devono guardare negli occhi. Chi interpreta lo specchio inizia a muoversi, mentre chi si riflette deve riprodurre esattamente, in sincronia, i movimenti e i gesti proposti. Ciò alimenta risate contagiose. Si continua così alternando i ruoli tra specchio e specchiato. Obiettivi: favorire la reciproca conoscenza, l’improvvisazione e il contagio umoristico. Ruba risata. Questo gioco si rifà al “ruba bandiera” e porta in sé qualche variante. Il conduttore, dopo aver assegnato ad ogni componente un numero, dà il via al gioco chiamando le coppie formate verso il “fattoletto-risata” (bandiera). A questo punto il conduttore vocalizza Ho-Ho, Ha-Ha-Ha. Chi afferra per primo, correndo, il “fazzoletto-risata” ritorna, ridendo, al suo posto senza farsi prendere dall’avversario. Guadagna un punto per la propria squadra chi riesce a rientrare al proprio posto con il “fazzoletto-risata” in mano, oppure l’avversario se riesce a strappare il “ruba risata”. Intanto gli altri partecipanti, in attesa di essere chiamati, ridono incitando i loro compagni di gioco. Obiettivi: riscaldare l’ambiente, favorire il lavoro di gruppo e la con- 12 PAGINA sapevolezza della relazione tra emozioni e umorismo. Concerto della risata. Occorre silenzio, concentrazione e lunghi respiri profondi iniziali, utili per uno sforzo importante successivo. I partecipanti vengono divisi in gruppi omogenei e ad ogni gruppo viene assegnata una vocale. Inizialmente ogni gruppo, uno alla volta, deve ridere appassionatamente usando la propria vocale. Al termine delle singole esibizioni di gruppo, si inizia il “concerto” dove il conduttore sarà il direttore d’orchestra. Obiettivi: riflettere sulla respirazione e sulla percezione del proprio respiro, creare spirito di gruppo e scoprire che si può ridere sia a comando che per contagio. Ballo incollato. Si tratta di un ballo a coppie su musica molto ritmata. I partecipanti si esibiscono restando incollati per una parte del corpo, ad esempio spalla-spalla, schiena-schiena. Chi si stacca dal compagno durante l’esibizione fa sì che la coppia venga eliminata. Obiettivi: creare complicità tra i partecipanti, stimolare la creatività, tonificare la muscolatura. Il semaforo ridente. I partecipanti si dispongono in due file, una di fronte all’altra, mentre il conduttore, in testa e al centro delle due file, pronuncerà i colori “verde”, “rosso”, “giallo”. Al verde i partecipanti dovranno avanzare; al rosso dovranno immobilizzarsi e al giallo dovranno ridere ed imitare le movenze e il verso di un animale scelto dal conduttore. Obiettivi: creare armonia di gruppo, favorire la consapevolezza dello spazio, stimolare l’improvvisazione. Ridi colore. Mentre i partecipanti si muovono liberamente nello spazio a disposizione, il conduttore menziona un colore. Tutti i giocatori devono toccare chi indossa quel colore specifico. I prescelti devono iniziare a ridere. Colui che non riesce a trovare il colore prescelto, diviene il condutto- Infermiere a Pavia re e il gioco prosegue. Obiettivi: creare armonia di gruppo, stimolare l’osservazione e la prontezza dei riflessi. Risate rotolanti. I partecipanti si mettono proni, uno accanto all’altro. Il primo della fila inizia a rotolare sul corpo degli altri partecipanti, seguito a ruota dal secondo, terzo e così via. Le risate sono scontate. Obiettivi: creare un clima giocoso, incoraggiare il contatto corporeo. Ad oggi sono oltre 7000 i Club della risata presenti in più di 72 Paesi nel mondo. A livello internazionale, i volontari che ne fanno parte sono esperti che operano a sostegno della salute e dei benefici sociali ottenibili ridendo. Questo movimento globale sostiene il ritorno ad un sistema di valori sociali positivi attraverso il senso di fratellanza, amicizia e rispetto che si sviluppano fra i membri. In un’unica parola al ritorno della PACE in noi stessi e negli altri, potenziale necessario per unire il mondo senza tener conto delle razze, sesso, classi sociali, affiliazione politica o credo religioso, in quanto si ride tutti allo stesso modo. Vi sono alcune differenze di conduzione dei club, generalmente di carattere geografico. In Oriente le lezioni si tengono preferibilmente la mattina presto e generalmente tutti i giorni, mentre in Occidente le sessioni sono a cadenza settimanaleserale e al termine di ogni seduta si organizzano attività ludiche, balli, ecc. L’idea di promuovere in Italia lo Yoga della risata arriva da illustri esponenti della disciplina, tra cui la dr.ssa Laura Toffolo, Presidente dell’Associazione Nazionale Yoga della Risata, e Richard Romagnoli, ambasciatore della risata nel mondo. Qui di seguito elenchiamo alcune sedi dove poter praticare lo Yoga della risata: Associazione Kultrun un mundo de buenasvibras, Trento, tel. 3478859756; Club della Risata Fra Cristoforo c/o Biblioteca Comunale Fra Cristoforo, Milano, tel. 3493173714; Club della Risata Genova c/o Centro Civico Remigio Zenna, Genova, tel. 3933226436; Club Cascina Roccafranca c/o via Rubino 45, Torino, tel. 3381256638; Associazione Namastre c/o via Oxila 5, Novara, tel. 3924390119; Club Ridere di Cuore c/o Palestra Polisportiva Venexiana, Venezia, tel. 0415295506-3381041873; Club della Risata TOTEM, Rimini, tel. 3311203159; Parchi e Centri Yoga, Firen- ze, tel. 3388661689; Club Yoga della Risata, Pisa, tel. 3382132378; Centro Yoga Vento d’Oriente, Roma, tel. 3807512713; Arcipelago della Solidarietà, Napoli, tel. 3497626325; Club della Risata c/o parrocchia Madonna della Strada, Cagliari, tel. 3406483500. E per finire vi ricordiamo che non si è mai così vecchi per smettere di ridere e giocare, in quanto lo spirito del gioco vive sempre col bambino che c’è in noi! Forza dunque non esitate... ridete, ridete, ridete! Si ringraziano per la traduzione in inglese: Maria Teresa Visconti Tosco, Coordinatore AFD; Roberto Callieco, EP, Università degli Studi di Pavia bibliografia, sitografia, riferimenti 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) Di Luzio S., Il cuore è una porta: dalla scienza un’ipotesi di evoluzione, Amrita Ed., 2011 Farnè M., Guarir dal ridere, Bollati Boringhieri Ed., 2007 Ferrario G., Ridere di cuore. Il potere terapeutico della risata, Tecniche Nuove Ed., 2012 Francescato D., Ridere è una cosa seria, Mondadori Ed., 2002 Fioravanti S., Spina L., La terapia del ridere, Red ed., 2009 Hodgkinson L., Terapia del sorriso, Armenia Ed., 2008 Iacoboni M., I neuroni specchio, Bollati Boringhieri Ed., 2008 Bandler R., Thomson G., PNL per il benessere. Come vivere felici usando la programmazione neuro-linguistica, Alessio Roberti Ed., 2010 Thomson G., Kalid K., PNL per i medici. L’arte e la scienza del linguaggio per la guarigione, Alessio Roberti Ed., 2011 Lorenzini D., Il sorriso come terapia. Autoaiuto per il benessere, Sovera Multimedia Ed., 2008 Madan K., Marchionni S., Terzo A., Toffolo L., Yoga della risata. Ridere per vivere meglio, La Meridiana Ed., 2008 www.BandlerVision.com www.pnl.info www.NLPTrainers.com www.yogadellarisata.it www.laughteryoga.org www.stringhecolorate.com Gli autori * Infermiera IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri Ambulatorio Cardiologia Centro Medico di Pavia ** Infermiera IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri Neuroriabilitazione Pavia - sede di via Boezio 13 PAGINA Numero 4/2013 Prevenzione degli incidenti stradali: competenza infermieristica * francesca Alexandra Monachesi INTRODUzIONE Nella realtà del nursing ci si concentra maggiormente sul paziente in fase acuta o comunque a posteriori dall’evento traumatico tralasciando e trascurando una fase fondamentale di sua competenza: la prevenzione e l’educazione sanitaria, prestazioni infermieristiche fondamentali per poter evitare l’evento traumatico e promuovere dunque la salute del cittadino. Obiettivo di questo documento è di avere innanzitutto un quadro chiaro rispetto il problema attuale degli incidenti stradali con il relativo stato dell’arte documentato. SUMMARY Traditionally, nursing care is focused on acute or post-traumatic patients, ignoring and neglecting a crucial phase of its competence: health education and disease prevention. Such basic nursing care elements are instrumental to prevent traumas and promote public health. Thus, the aim of this paper was to analyse the potential risks leading to road accidents and to draw a state of the art report on injury prevention. La salute: La definizione di salute correntemente accettata è quella elaborata nel 1948 dall’OMS all’atto della sua costituzione: “Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità” (Bellieri, 2005). Secondo la Carta di Ottawa, la salute è una risorsa per la vita quotidiana, non l’obiettivo del vivere; è un concetto positivo che valorizza le risorse personali e sociali, come pure le capacità fisiche (WHO, 1986). Essa si raggiunge nel momento in cui gli individui sviluppano e mobilitano al meglio le proprie risorse in modo da soddisfare prerogative sia interne (fisiche e mentali) che esterne (sociali e materiali). In Italia, “La Repubblica tutela la salute, come fondamentale diritto dell’individuo, così come interesse per la collettività, garantendo cure per gli indigenti” (Art. 32 Cost.) per cui lo Stato ha l’obbligo di cercare e modificare quei fattori che influiscono negativamente sulla salute collettiva e al contempo favorire quelli positivi. Di fondamentale importanza sono i settings, “Il luogo o il contesto sociale nel quale le persone si impegnano nelle attività quotidiane nelle quali i fattori ambientali, organizzativi e personali interagiscono per ripercuotersi sulla salute e sul benessere” (OMS, 1998). Cos’è la promozione della salute? “E’ un processo che l’individuo mette in atto per aumentare il controllo sulla propria salute e migliorarla” (WHO, 1986); di conseguenza la persona dovrà realizzarsi, soddisfare i propri bisogni fisici mentali e sociali (Bellieri, 2005). Educazione sanitaria: Seppilli scrisse nel 1958 che “L’educazione sanitaria è un intervento sociale che tende a modificare consapevolmente e durevolmente il comportamento nei confronti della salute” e nel 1970 aggiunse che “L’educazione sanitaria è un processo di comunicazione interpersonale, diretto a fornire le informazioni necessarie per un esame critico dei problemi della salute ed a responsabilizzare gli individui ed i gruppi sociali nelle scelte che hanno effetti diretti ed indiretti sulla salute fisica e psichica dei singoli e della collettività” (Arpesella, 2012). Gli incidenti stradali: L’incidente stradale è definito dalla Convenzione di Vienna sul traffico stradale del 1968 come “un evento in cui rimangano coinvolti veicoli, esseri umani o animali, fermi o in movimento, e dal quale derivino lesioni a cose, animali, o persone” (Follieri, 2010). L’Unione Europea (UE) prevedeva la riduzione della mortalità del 50% tra il 2002-2019 ma in Italia, per ora, è stata raggiunta una diminuzione del 42,4% del numero dei morti, valore inferiore rispetto al traguardo prefissato ma in linea con la media europea UE27 (pari al 42,8%). Tuttavia si registra un netto miglioramento rispetto gli anni passati: ciò induce a sperare nel conseguimento dell’obiettivo prefissato. Rimane importante proseguire gli interventi di sorveglianza, sensibilizzazione, prevenzione e educazione sanitaria e stradale mirati, in associazione con l’attività sanzionatoria delle forze dell’ordine. Ogni anno, 1.300.000 incidenti provocano più di 40.000 morti e 1.700.000 lesioni. Il costo diretto o indiretto, è stato stimato a 160 miliardi di euro, che corrispondono al 2% del PNL dell’UE. Alcune categorie di utenti sono particolarmente colpite: i giovani di età compresa fra 15 e 24 anni (10.000 morti l’anno), i pedoni (7.000 morti) e i ciclisti (1.800 morti) (G.U. UE, 17 de Abril de 2004, L. 111). I dati dell’ISTAT rilevano che nel corso della giornata (durante la settimana lavorativa) si registrano due picchi di incidentalità: dalle ore 8 alle 12 e dalle 13 alle 18 in corrispondenza dei volumi di traffico più elevati in concomitanza con gli spostamenti casascuola e casa-lavoro. Il week-end rappresenta un momento ad alto rischio poiché è stato calcolato che il venerdì si verifica il più alto numero di incidenti e di feriti; la notte del sabato in particolare, è il momento in cui la mortalità è più elevata. Le cosiddette stragi del sabato sera vede coinvolto almeno un conducente di età compresa tra i 18 e 32 anni; le ore notturne comprese tra le 22.00 e le 06.00 della domenica sono le più a rischio. Gli incidenti stradali, di cui i giovani sono fra le vittime più frequenti con una percentuale che si aggira intorno all’80%, rappresentano la causa di morte principale per 14 PAGINA Infermiere a Pavia le persone di età compresa tra i 15 e i 29 anni (ISTAT, 2013). Fattori di rischio: Il Fattore di Rischio è una determinata caratteristica individuale misurabile, i cui livelli sono associati in forma probabilistica a quote diverse di rischio di andare incontro, entro tempi determinati, a un evento (Menotti, in: Treccani, 2000). Nella popolazione generale il grado di attitudine al rischio è massimo nel periodo adolescenziale e tende a ridursi con l’avanzare dell’età (ISS, 2010). Alcool: Secondo l’OMS l’alcool è uno dei principali fattori di rischio che provoca incidenti stradali mortali o molto gravi determinando invalidità permanenti o temporanee con pesanti conseguenze psico-fisiche. Ne derivano inoltre conseguenze psicologiche che potenzialmente potrebbero modificare drasticamente la qualità della vita. Dal punto di vista epidemiologico, il rischio di incidente stradale aumenta in maniera esponenziale con l’aumentare dell’alcolemia (ovvero della concentrazione di alcool nel sangue del conducente) già a partire da 50 mg di etanolo ogni 100ml di sangue. A parità di alcolemia il rischio aumenta molto rapidamente quanto è minore l’età del conducente; a parità di alcolemia il rischio aumenta molto rapidamente quanto è minore la frequenza con cui si consumano usualmente bevande alcooliche. L’alcool deve essere innanzitutto metabolizzato affinché possa esercitare un qualche effetto sul nostro organismo e viene assorbito in percentuale superiore nell’apparato digerente (stomaco, duodeno). Solo il 90% circa dell’alcool ingerito viene assorbito, mentre il rimanente 10% è prontamente eliminato dall’organismo attraverso saliva, sudore, urina e aria espirata. Sappiamo che l’assimilazione dell’alcool può essere influenzato da vari fattori, ad esempio, i cibi grassi tendono a rallentare l’assorbimento mentre l’acqua ed il digiuno lo favoriscono. La concentrazione massima dell’alcoolemia (BAC, Blood Alcohol Concentration) viene raggiunta a digiuno in circa 40-45 minuti ed inizia ben presto a declinare scomparendo progressivamente in circa 8-10 ore. Sostanze stupefacenti: E’ considerata stupefacente o psicotropa qualsiasi sostanza, di origine naturale o sintetica che introdotta nell’organismo altera inevitabilmente le condizioni psichiche del soggetto producendo effetti di intontimento, di eccitazione o di allucinazione e che inducono ad assuefazione, a dipendenza e a disturbi da astinenza. Gli effetti dell’assunzione di sostanze stupefacenti sull’organismo variano a seconda della qualità delle sostanze, della quantità di principio attivo contenuto in ogni dose, della concentrazione e delle condizioni individuali di chi ne fa uso. MATERIALI E METODI Strategie di ricerca: L’indagine si è svolta presso la Biblioteca di Infermieristica della Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico San Matteo di Pavia ed è stato utilizzato principalmente il database bibliografico PubMed. L’ultima consultazione di verifica della validità quantitativa della strategia (Ul. Cons.), è stata effettuata l’11 ottobre 2013. Le parole chiave utilizzate sono state ripetutamente proposte ed associate con il fine di compilare un quadro esaustivo sui maggiori fattori di rischio correlati agli incidenti stradali: “alcohol abuse”, “drugs”, “narcotic abuse” sono le keywords che hanno costituito la base dell’indagine bibliografica e sono state inserite nel sistema di ricerca anche come “Ethanol”, “Opioid-Related Disorders”, “Prescription Drugs” nel momento in cui il dizionario controllato di termini MeSH le ha adattate automaticamente per interagire nelle strategie. “Accidents, Traffic/mortality”, “Traffic/injury”, “road traffic injury prevention”, “Crash”, “driver behavior” associati dall’operatore booleano AND, sono le keywords intervenute a definire il campo di ricerca. Con il fine di restringere ulteriormente il campo, si è imposto che le parole chiave fossero contemplate o nel titolo e/o nell’abstract dell’articolo. Ulteriori limiti imposti, si sono resi necessari successivamente onde focalizzare l’attenzione su uno specifico fattore. In seguito si è consultato il database Cinahl nella modalità Plus with full text (Ul. Cons. in data 11 ottobre 2013). RISULTATI In letteratura i fattori più riscontrati e ritenuti causa di incidenti stradali risultano essere l’uso e/o l’abuso di: alcool, sostanze stupefacenti (Hou, 2012) e farmaci, in particolar modo antidepressivi, oppioidi e benzodiazepine (McDeavitt, 2013). Incidenti stradali Alcool-correlati: interventi infermieristici: E’ ben noto che all’alcool (etanolo) è associato un aumento di probabilità di lesioni traumatiche. Questa relazione è stata attribuita al deterioramento causato dall’alcool sul giudizio e la performance psicomotoria dell’individuo, con conseguente aumento della probabilità di un incidente e/o di un infortunio (Waller, 1986). Su un totale si 40.000 decessi a causa di incidenti stradali negli Stati Uniti, circa il 40% di questi sono infatti associati all’uso di alcool (Sommers, 2002). Il ricovero in ospedale per gravi lesioni dopo un incidente automobilistico, correlata all’uso di alcool, può essere l’occasione per cambiare i comportamenti di coloro che usano abitualmente o abusano della sostanza, riducendo così il rischio per il futuro di invalidità e/o di morte. Uno studio ha intervistato durante l’ospedalizzazione 132 soggetti coinvolti in incidenti stradali alcol-correlati. Le interviste hanno incluso la domanda: “In che misura ritiene il consumo di alcol è responsabile di questo danno?”. Le risposte sono state misurate su una scala a 7 punti che va da 1 (per niente) a 7 (totalmente). In risposta alla domanda circa l’attribuzione di lesioni per l’alcool, il 37,8% dei soggetti ha risposto “per niente”, 24.3% risposto “abbastanza” e il 37,9% ha risposto “per lo più” o “del tutto”. Quindi più del 60% dei pazienti feriti, in questo caso, attribuiscono le loro lesioni in parte o totalmente causata dall’utilizzo di alcool (Sommers, 2000). Esso è un importante causa del trauma nell’individuo adulto e può influenzare negativamente il processo decisionale in altri ambiti di sicurezza stradale, come inibire l’uso delle cinture di sicurezza e caschi da moto. Il Dipartimento di Chirurgia dell’Università di Lousville in Kentucky (U.S.A.) ha studiato il comportamento scorretto relativo ai possibili danni per incidenti alcool-correlati nei giovani al di sotto dei vent’anni. Il 15% di tutti i ricoveri nel centro traumatologico statunitense erano adole- 15 PAGINA Numero 4/2013 scenti (648 su 4.291). Il 21% di questi sono risultati positivi per la presenza di alcool nel sangue al momento del ricovero. Le cinture di sicurezza sono state indossate da solo il 19%. Se ne deduce in conclusione che l’alcool è un elemento presente alla base degli incidenti stradali sia negli adulti che negli adolescenti (Spain, 1997). Ciò è anche confermato da uno studio australiano il quale ha rilevato che, mentre l’alcool non è alla base di incidenti stradali che coinvolgono la popolazione anziana, lo è invece sia nella popolazione adulta che in quella adolescente (Holubowycz, 1994). Sempre dall’Australia, uno studio di coorte effettuato presso l’Università di Western, ha constatato l’associazione tra il ricovero a causa di un incedente alcool-correlato con una futura ammissione in ospedale delle persone coinvolte a causa di patologie legate all’alcool. Inoltre ha valutato la possibilità che i conducenti coinvolti in questi incidenti possano essere i candidati per programmi di prevenzione. E’ evidente infatti che il singolo episodio di incedente alcool-correlato sia l’indicatore di una possibile dipendenza del soggetto (Stevenson, 2003). Anche se ci potrebbe essere un ruolo potenziale per l’infermiere nella crescente consapevolezza dei problemi relativi all’abuso di alcool, vi è una mancanza di chiarezza su cosa esattamente gli infermieri potrebbero fare per ridurre in modo significativo tali problemi alcool-correlati (Govier, 2013). La mancanza di chiarezza sul ruolo dell’infermiere in questo settore, ha portato ad una situazione confusa e controversa per gli infermieri e per i pazienti in termini di prestazioni (Glasper, 2012). Gli infermieri in tutti i contesti clinici dovrebbero essere consapevoli delle conseguenze relative all’abuso di alcool, anche per garantire informazioni chiare e precise atte a motivare e supportare i pazienti e a proteggerli dagli eccessi (Kiernan, 2012). I soggetti coinvolti nel problema dovrebbero prendere in considerazione i cambiamenti di stile di vita per ridurre al minimo la dannosità dell’alcool: il potenziale compito per gli infermieri sarebbe quello di essere più attivi nel fornire motivazioni, valutare ed educare i pazienti con problemi alcool-correlati (Phillips, 2011). La sanità pubblica inglese, ad esempio, promuove la formazione degli infermieri riconoscendo che essi possano svolgere un ruolo importante nel miglioramento della salute e del benessere del pubblico, rendendo fondamentale il singolo contatto con il paziente (Ford, 2013). Uno dei compiti primari sarebbe, per l’infermiere, valutare i livelli di consumo di alcool spesso lasciati all’interpretazione dell’individuo che li sottostima. Uno studio ha inoltre rilevato, tenendo conto delle dosi giornaliere consigliate, che l’autogestione del dosaggio nell’individuo adulto è impraticabile, in quanto i soggetti presi in considerazione tendono all’unanimità ad eccedere anche del doppio (Boniface, 2013). Lavorare con gli individui per calcolare il consumo di alcool è per l’infermiere uno dei sistemi consigliati: ad esempio è da citare l’utilizzo di strumenti online come la Drinkaware Unit Calculator, un calcolatore di unità, liberamente consultabile in rete per scoprire se si sta bevendo troppo e se il modo di bere in oggetto sta mettendo a rischio la salute. L’infermiere o il paziente può scegliere il tipo, il marchio, il volume di alcool e la quantità di bevande alcoliche consumate in un giorno o una settimana. La calcolatrice visualizza il numero di unità e calorie consumate e minuti di esercizio necessari per utilizzare le calorie. Essa visualizza anche il livello di rischio di consumo oltre il quale si andrebbe a danneggiare la salute. Sono consigliati anche momenti di educazione all’utente da parte dell’infermiere nel momento in cui l’individuo è predisposto ad accettare suggerimenti sul miglioramento del suo stato di salute, della qualità di vita con la convinzione che queste deriverebbero dal cambiamento comportamentale. In questo caso, l’infermiere deve essere in grado di fornire consigli attuabili in tempo reale basati sulle evidenze scientifiche, inoltre deve promuovere una discussione strutturata che si concentra sul consumo di alcool, motivando e aiutando le persone a prendere in considerazione le proprie abitudini correlate alla sostanza, e nel caso, ridurne il consumo onde evitare danni per la salute. La chiave per tale discussioni è quella di garantire e promuovere una riflessione critica invitando a pensare con attenzione al problema che li coinvolge. Anche se vi sono incertezze circa un’appropriata preparazione dell’infermiere per gestire questi colloqui, è disponibile online un percorso di formazione (accreditato dal Royal College of Nursing), il quale offrendo un apprendimento in merito, propone lezioni di 20 minuti ciascuna e test di valutazione finale. In conclusione, dato che al consumo nocivo di alcool è associato un significativo onere per la sanità, ed intervengono ad aggravare la situazione conseguenze sociali e finanziarie, gli infermieri hanno la responsabilità di sostenere le persone a consapevolizzarsi sulle scelte relative alla propria salute. È essenziale che gli infermieri supportino i pazienti e li stimolino a cambiare stile di vita incoraggiandoli e fornendo loro consigli appropriati in modo non giudicante (Govier, 2013). Uno studio effettuato in seno al Department of Intensive Care Medicine di Taiwan ha evidenziato che le benzodiazepine in associazione all’uso di alcool ha giocato un ruolo decisamente importante in correlazione con le lesioni conseguenti ad incidenti stradali; infatti è stato calcolato il rapporto tra incidenti in cui erano coinvolte persone a cui è stato riscontrato l’uso delle due sostanze associate e persone che non ne hanno fatto uso. Tale rapporto è di 5 a 1 (Hou, 2012). Tali lesioni sono un problema fondamentale per la sanità pubblica, in particolare esso è sensibilmente rilevato nei paesi con livelli medio-bassi di reddito (Aygencel, 2008). Sia l’alcool che le benzodiazepine agiscono sul sistema nervoso centrale ed inibiscono diverse abilità psicomotorie e cognitive che sono necessarie per garantire la sicurezza stradale (Hindmarch, 1988): infatti se le benzodiazepine producono un tempo di reazione dose-correlato con effetto sedativo associata ad una compromissione delle funzioni psicomotorie (Hemmelgarn,1997), l’uso di anfetamine, cocaina e antidepressivi triciclici è in stretta connessione con il deterioramento della guida (Dussault, 2001; Logan, 2001; Ray, 1992). Se ne deduce quindi che le persone che assumono questi farmaci-droghe non devono guidare un autoveicolo, in particolar modo se associate all’alcool. Per tamponare questa situazione con il fine di ridurre la percentuale degli incidenti stradali, è consigliabile un percorso formativo con un’analisi approfondita dei rischi (Hou, 2012). Incidenti stradali droga-correlati: interventi infermieristici: Per il National Highway Traffic Safety Administration (FARS) con la condivisione del Centers for Disease Control and Prevention (CDC), le droghe sono raggruppate idealmente in queste categorie: narcotici, antidepressivi, gli stimolanti, marijuana e altre droghe lecite (CDC, 2006; FARS, 2006). Rispetto all’uso dell’alcool e della cannabis, l’effetto combinato di queste sostanze è deleterio per le prestazioni della guida e alza notevolmente la percentuale di rischio di incidente (Brady, 2012; Fars, 2000; Drummer, 2009). Alcuni studi hanno rilevato che l’effetto della cannabis sulla compromissione in termini di prestazioni di guida è maggiore in combinazione con anfetamine, benzodiazepine e oppiacei (Brady, 2012; Drummer, 2009; Gjerde, 1991; Leung SY, 2011). La letteratura, ad esempio, riporta che più della metà (57%) di guidatori feriti fatalmente negli Stati Uniti aveva assunto almeno una sostanza stupefacente ed il 20% aveva usato due o più droghe (Brady, 2012; Brault, 2004; Kaplan, 2006; Walsh, 2005). Tuttavia l’alcool rimane la sostanza più comunemente rilevata, presente nel 40% dei conducenti morti entro un’ora dall’incidente ed è stato rilevato più frequentemente insieme a marijuana e stimolanti come la cocaina e metanfetamine (Brady, 2013). La guida di un veicolo da parte di un individuo sotto l’effetto di stupefacenti è un grave problema per la sicurezza ma il loro ruolo in incidenti automobilistici non è stato adeguatamente studiato pur se un casecontrol study del Center for Injury Epidemiology and Prevention, Columbia University 16 PAGINA Medical Center di New York, attesta che l’uso di droga è associato ad un rischio significativamente aumentato di coinvolgimento in uno schianto fatale, in particolare quando gli stupefacenti utilizzati sono in combinazione con alcool (Li, 2013). L’overdose è ad esempio la principale causa di morte per incidenti in Ohio, così come in altri 16 Stati degli U.S.A. E’ stato per questo implementato un case-report (caso-studio) che riferisce su come l’Ohio sta rispondendo al diffondersi dell’uso di stupefacenti. Vi è infatti una collaborazione tra associazioni e gruppi infermieristici incaricati dall’ufficio governativo i quali, partecipando ad equipe multidisciplinari, hanno promosso campagne educative di prevenzione avviandole su tutto il territorio dello Stato consistenti in annunci di servizio pubblico via radio e televisione e attraverso la compilazione di schede conoscitive distribuite nelle varie comunità (Winstanley, 2012). In letteratura emerge che sarebbe più opportuno agire sulle fondamenta educative della società piuttosto che intervenire con una prevenzione primaria e/o secondaria, a problema droga-correlato già evidente. L’identificazione dei fattori di rischio per incidenti stradali è sì la base della prevenzione ma pochi studi sono stati pubblicati su fattori predittivi di recidiva (Fabbri, 2005). Infatti da Taiwan, dove uno studio ha ben evidenziato il ruolo della scuola in veste formativa più che preventiva (Huang, 2012) all’Ecuador, dove in prima persona sono stati coinvolti gli studenti del primo anno di corso della Escuela de Enfermería de la Universidad de Guayaquil, è evidente che le percezioni degli alunni siano il fondamento sul quale è possibile costruire concretamente programmi di promozione della salute. Tra le cause che portano all’uso degli stupefacenti è stato rilevato che le maggiori responsabili sono: la disgregazione della famiglia, la violenza domestica e problemi legati allo stato socio-economico in cui imperversa un Paese. Ciò si traduce in mancanza di affetto e amore, con conseguente instabilità emotiva, situazioni di ansia, frustrazioni e paure vanno a favorire il consumo di droghe (Bermúdez-Herrera, 2011). Un’altra importante esperienza è emersa in Brasile dove è stato implementato uno studio con lo scopo di verificare la conoscenza degli adolescenti, residenti in una comunità di Rio de Janeiro, a proposito delle droghe lecite e illecite, analizzando la rilevanza e la conoscenza della prevenzione su questo fenomeno. I ragazzi hanno saputo distinguere le droghe lecite dalle illecite, citando le più utilizzate. Si è concluso che la politica di prevenzione in cui l’infermiere può sviluppare attività educative con gli adolescenti e i parenti (con l’obiettivo di orientare entrambe le parti verso una completa conoscenza del problema e con il fine di elimina- Infermiere a Pavia re o ridurre il consumo di queste droghe) deve essere una assoluta priorità (Gollner, 2012). Incidenti stradali Farmaco-correlati: interventi infermieristici: La letteratura registra una crescente evidenza epidemiologica che collega l’uso terapeutico delle benzodiazepine e oppioidi ad un aumento del rischio di incidenti. Tuttavia esiste una scarsa quantità sia di studi sperimentali che di linee guida in materia di idoneità alla guida per i pazienti che assumono tali farmaci (Leung, 2011). Il Diazepam, tradizionalmente una delle benzodiazepine più popolari, ad esempio, ha la caratteristica di essere rapidamente assorbito dal tratto gastrointestinale raggiungendo concentrazioni di picco dopo 30-90 minuti e ha una durata d’azione molto prolungata nel tempo. Già da tempo si è riscontrato l’effetto del diazepam come influente sull’abilità di guida (Willumeit, 1984; Mattila, 1998) e altri studi di simulazione hanno dimostrato la compromissione diretta delle prestazioni di guida (ovvero deviazione nella corsia laterale, collisioni più frequenti e tempi di reazione rallentati) dopo la somministrazione di 5-10 mg diazepam (O’Hanlon, 1982; de Gier, 1981). Questo effetto è ulteriormente aggravato quando il diazepam (10 mg) è stato combinato con alcool (Vanakoski, 2000). Per quanto riguarda gli oppiacei, la ricerca sulla psicomotricità e gli effetti fisiologici della morfina in volontari sani, ha individuato che la depressione respiratoria, la difficoltà di concentrazione e un rallentamento di elaborazione delle informazioni sono effetti comuni dopo l’assunzione (Chesher, 1985; Walker, 2001). L’uso e peggio l’abuso di farmaci fra gli adolescenti è un crescente e presente problema negli Stati Uniti. Il riconoscerlo tempestivamente è essenziale per controllarlo, ad esempio riducendo sensibilmente i rischi di dipendenza, dipendenza effettiva, danni permanenti o la morte. Uno studio statunitense si è occupato del fenomeno in relazione a quei farmaci regolarmente in commercio e/o prescritti da un medico con fine terapeutico (oppiodi, antidepressivi, benzodiazepine, antistaminici). Ne conclude che l’educazione è la chiave per prevenire le conseguenze potenzialmente disastrose date con l’uso improprio di farmaci. Le Scuole per infer- mieri sono in grado di svolgere ruoli fondamentali nel controllo e prevenire l’abuso di farmaci negli adolescenti. Essi possono essere i primi a riconoscere l’evidenza del problema ed hanno inoltre il vantaggio di rappresentare delle figure fondamentali a cui gli adolescenti possono far riferimento sentendosi liberi di confidarsi. Soprattutto, gli allievi infermieri possono essere la migliore fonte di informazioni e di formazione per studenti, genitori, insegnanti e altri componenti del personale scolastico. I risultati di questo sondaggio rendono chiaro che la maggior parte delle scuole per infermieri è in grado di capire se esiste un problema e come poterlo gestire: per fare questo, hanno bisogno di informazioni per se stessi e strumenti per aiutarli ad educare gli altri. Tra gli strumenti è importante ricordare quelli on-line, i quali contribuiscono ad educare gli studenti delle scuole infermieri con il fine di trasmettere le loro conoscenze e prevenire in tal modo l’uso improprio dei farmaci da prescrizione (Apa-Hall, 2008). CONCLUSIONI Non è stato riscontrato in letteratura un progetto di prevenzione relativo agli incidenti stradali con condivisione unanime delle metodologie e delle strategie a livello mondiale in area infermieristica. Le evidenze scientifiche invece confermano la correlazione stretta tra i maggiori fattori di rischio (alcool, sostanze stupefacenti, farmaci) e gli incidenti stradali ma le prestazioni di prevenzione implementate ad opera degli infermieri sono decisamente sporadiche e geograficamente disomogenee. I progetti e gli studi più significativi si sono registrati in: Taiwan, Ecuador, U.S.A (Stato dell’Ohio) e Inghilterra. In questi è stata attestata l’efficacia dell’educazione sanitaria infermieristica con la finalità di sensibilizzare e di portare a conoscenza l’argomento, mentre è affiorata la scarsità di iniziative in merito all’implementazione di strategie concrete. Vista e rilevata la datazione dei progetti di cui sopra (20122013) è evidente che la sensibilizzazione dell’area infermieristica nel campo d’azione analizzato è relativamente stimabile a livello embrionale se pur se ne è già notata l’efficacia. Ricerche successive e proposte educative sono necessarie nel prossimo futuro con il fine di ancorare la figura dell’infermiere quale parte attiva indipendente o componente di un’equipe multidisciplinare con fini educativi e/o promozionali sulla prevenzione degli incidenti stradali. L’autore * Infermiera neolaureata c/o Università degli Studi di Pavia Numero 4/2013 17 PAGINA bibliografia – Aygencel G, Karamercan M, Ergin M, Telatar G, “Review of traffic accident cases presenting to an adult emergency service in Turkey”, J Forensic Leg Med., 2008 Jan;15(1):1-6. – Apa-Hall P, Schwartz-Bloom RD, McConnell ES, “The current state of teenage drug abuse: trend toward prescription drugs”, Journal Of School Nursing, June 2, 2008: S1-14. – Bermúdez-Herrera A, Silva MA, Priotto EM, Sampaio JM, “Nursing school students’ perception of legal and illegal drugs consumption”, Rev Lat Am Enfermagem., 2011 Jun;19 Spec No:684-90. – Brady JE, Li G, “Prevalence of alcohol and other drugs in fatally injured drivers”, Addiction., 2013 Jan;108(1):104-14. – Brault M., Dussault J., Bouchard J., Lemire AM, “The contribution of alcohol and other drugs among fatally injured drivers in Quebec: final results”, In: Olivier J., Williams P., Clayton A. 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In particular, the nurse plays an important preventive role in the management of bladder catheter, possibly limiting its impact on the incidence of nosocomial infections. However, current literature suggests that the lack of standardization of the technique results in non-uniform procedures of catheterization being performed in different hospital settings, though they are carried out according to the recommendations of international guidelines. Main issues concern the medical devices and the solutions used for the care of the meatus, prior to insertion of the catheter and after placement of the drainage bag. This study focuses on the comparison, in terms of the incidence of urinary tract infections, between shortterm bladder catheterization (from 1 to 14 days) performed with sterile techniques currently in use and a clean notouch technique – called ‘ad hoc’ – performed in keeping with the principles of asepsis and supported by scientific evidence. L’autonomia infermieristica risulta avere un campo di azione molto più esteso rispetto al passato e inevitabilmente con essa è aumentata anche la responsabilità professionale. Nello specifico, la gestione del catetere vescicale assume particolare importanza per l’impatto che possiede sull’incidenza delle infezioni nosocomiali e sul ruolo che riveste l’infermiere dal punto di vista della prevenzione. La mancata standardizzazione della tecnica, riscontrata in letteratura, fa si che la procedura del cateterismo sia presente in modo non uniforme nelle varie realtà sanitarie, pur attenendosi alle raccomandazioni dettate da linee guida internazionali. Le controversie che si evidenziano, riguardano per lo più i presidi utilizzati e le soluzioni per la cura del meato prima dell’inserzione del catetere e dopo il posizionamento della sacca di drenaggio. Questo studio è incentrato sul confronto, in termini di incidenza di infezioni delle vie urinarie, tra cateterismo vescicale a breve permanenza (da 1 a 14 giorni) eseguito con la tecnica sterile attualmente in uso vs una tecnica pulita notouch definita ad hoc, mantenendo i principi di asepsi sostenuti dalle evidenze scientifiche. Indicazioni: Le principali, relative all’appropriatezza del cateterismo vescicale, sono: 1. ostruzione acuta e cronica delle vie urinarie 2. monitoraggio della diuresi nei pazienti critici (stato di shock, coma, alterazione dello stato di coscienza); 3. assistenza perioperatoria per determinati interventi chirurgici: interventi urologici/tratto genitourinari 4. aiuto nella guarigione delle ferite aperte sacrali o perineali di III° e IV° grado in pazienti incontinenti 5. immobilizzazione prolungata del paziente (ad esempio, potenzialmente instabili, toracica o lombare, più lesioni traumatiche come fratture pelviche) 6. miglioramento del comfort per cure di fine vita in caso di necessità 7. gravi casi di macroematuria e piuria per evitare il tamponamento vescicale (Gould et al., 2009; Mastrangelo et al., 2013). Procedura: La procedura del cateterismo vescicale deve essere avviata solo in presenza di una precisa indicazione clinica e medica, inoltre il catetere deve essere rimosso il più presto possibile e non appena l’indicazione all’uso cessi di esistere. Tale procedura risulta più difficoltosa nell’uomo per la maggior lunghezza dell’uretra. Occorre porre la massima attenzione nello svolgimento della manovra per il rischio di lesione dell’uretra che può favorire infezioni e può portare alla creazione di false strade. Per prevenire le infezioni urinarie da cateterismo vescicale sono state divulgate raccomandazioni supportate da evidenze epidemiologiche che puntano l’attenzione su determinati setting (Gould et al., 2009). In Europa non è una pratica comune e non è previsto dalla normativa presentare e fornire ai pazienti il consenso scritto per tale procedura ma è comunque necessario il consenso verbale e l’adesione. Tutte le informazioni devono essere registrate in cartella clinica (Geng et al., 2012). Non esiste un elenco standard di materiali per una confezione da cateterismo vescicale, le varie strutture sanitarie utilizzano set diversi. Il materiale all’interno dei set per cateterismo è variabile e ne andrebbe verificato il contenuto prima dell’uso. Il catetere e la sacca di drenaggio solitamente non sono inclusi nel set. Non esiste letteratura in merito ai vantaggi o svantaggi derivanti dall’uso dei kit, sostanzialmente vi è l’immediata disponibilità del I diritti delle donne sono una responsabilità di tutto il genere umano. UN uomo violento non merita amore VIOLENZE SULLE DONNE In Italia e nel mondo stanno succedendo troppe cose brutte verso le donne che vengono violentate dai maniaci che secondo me sono malati e meriterebbero l’ergastolo. Le donne subiscono dei traumi senza avere colpe. Autore: Luigino Guazzora # !" "" "" Per tutte le violenze consumate su di lei Per tutte le umiliazioni che ha subito Per il suo corpo che avete sfruttato Per la sua intelligenza che avete calpestato Per l’ignoranza in cui l’avete lasciata Per la libertà che le avete negato Per la bocca che le avete tappato $ Per le ali che le avete tagliato Per tutto questo In piedi, Signori davanti ad una DONNA 27 Novembre 2013 Virginia Raspone - 3° Liceo Scienze Umane (questo lo ha scritto mia figlia) La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci. Isaac Asimov % Questo è un acrostico FOLLIA EFFERATA MESCHINA MASCHILE INCIVILE NOCIVA IRRESPONSABILE CRUDELE INSPIEGABILE DOLOROSA INACCETTABILE ODIOSA Autore: Vincenzo Caruso # Quando si violentano, picchiano, storpiano, mutilano, bruciano, seppelliscono, terrorizzano le donne, si distrugge l'energia essenziale della vita su questo pianeta. Si forza quanto è nato per essere aperto, fiducioso, caloroso, creativo e vivo a essere piegato, sterile e domato. Eve Ensler 23 PAGINA Numero 4/2013 materiale il quale si trova in un’unica confezione garantendo così la rapida reperibilità ad esempio in situazioni di urgenza. Obiettivi: L’obiettivo primario è valutare se l’incidenza delle infezioni in caso di inserzione con tecnica pulita no-touch sia superiore rispetto all’incidenza ottenuta con tecnica sterile, nei pazienti portatori di catetere vescicale a breve permanenza (≤15 giorni previsti). Nello specifico verranno confrontati i due gruppi in termini di: 1. Incidenza di infezioni delle vie urinarie nelle seguenti categorie di pazienti: – maschi vs femmine – classi di età – inserimento d’elezione vs urgenza – capacità di collaborazione della persona assistita – reparto di degenza della persona assistita 2. Incidenza di batteriuria asintomatica 3. Costi diretti e tangibili: costo del materiale, tempo-operatore nelle due modalità di inserzione, numero di operatori. Disegno dello studio: Lo studio selezionato è multicentrico, coordinato dal proponente. Studio clinico controllato randomizzato a gruppi (cluster RCT), in aperto, a gruppi paralleli. Criteri di eleggibilità: Gli ospedali selezionati devono disporre di laboratorio analisi con microbiologia, disporre di stick urine, materiale sterile per il cateterismo vescicale, cateteri vescicali a due vie, sacche di drenaggio a circuito chiuso con membrana per prelievo di campioni urine. I reparti che rientrano nello studio sono: medicina, medicina riabilitativa, geriatria, cardiologia, malattie apparato respiratorio, reumatologia, chirurgia vascolare, ortopedia, traumatologia, ginecologia, cardiochirurgia, neurochirurgia e hospice per un totale di 42 reparti fra quelli indicati. Criteri di inclusione: Saranno inclusi nello studio soggetti di sesso maschile e femminile con età superiore ai 18 anni, collaboranti e in grado di dare il consenso alla procedura. Per essere inclusi nello studio inoltre il catetere dovrà rimanere in situ per un tempo minimo di 48 ore e un massimo di 15 giorni. Criteri di esclusione: Verranno escluse le seguenti categorie di pazienti: – Pazienti con infezione delle vie urinarie (complicata o meno) in atto oppure in trattamento per infezione delle vie urinarie entro i tre giorni antecedenti la cateterizzazione – Pazienti in terapia antibiotica in corso al – – – – – – – – – – momento del cateterismo o effettuata 72 ore antecedenti la cateterizzazione Pazienti ai quali è stata somministrata antibiotico profilassi. Pazienti non collaboranti, comatosi, agitati, disorientati. Pazienti con malformazioni genitourinarie note (estrofia vescicale, altro) Pazienti con urinocultura positiva al momento della cateterizzazione. Pazienti ad alto rischio di infezioni delle vie urinarie catetere correlate (CAUTI) ad esempio allettati con incontinenza fecale Pazienti a rischio di mortalità provocata da cateterizzazione (pazienti immunodepressi : granulociti neutrofili inferiore a 1400 microlitro). Pazienti ri-cateterizzati durante il periodo di osservazione (15 gg.). Pazienti sottoposti a irrigazioni vescicali o instillazione nella sacca di drenaggio di antimicrobici. Pazienti che giungono in reparto già cateterizzati Pazienti oncologici in trattamento chemioterapico o con patologie oncologiche sull’apparato urinario Randomizzazione: Verrà effettuata una randomizzazione “a cluster”, in cui verranno assegnati a ciascun braccio interi reparti. La lista di randomizzazione verrà creata dallo statistico partecipante, mediante il software statistico Stata® (Stata Corporation, 4905 Lakeway Drive, College Station, Texas 77845, USA) e mantenuta sconosciuta anche al responsabile dello studio. Al momento dell’inizio dello studio, ciascun reparto verrà informato del braccio di assegnazione. Controlli: Le definizioni aggiornate del Center for Disease Control, Atlanta del 2009 (CDC) dichiarano che l’infezione sintomatica può essere considerata associata al catetere solo se un catetere urinario a permanenza era presente nelle 48 ore precedenti la diagnosi. Per questo si sono impostati controlli colturali al giorno 0, 3 e 15. Se il catetere verrà rimosso prima del termine del follow-up dello studio (15 giorni) il controllo sarà effettuato il giorno della rimozione. Inoltre giornalmente verrà effettuato uno stick urine e compilata una tabella di raccolta dati in cui verrà valutata la presenza di segni e sintomi che possono ricondurre ad una infezione delle vie urinarie. Effettuare un esame colturale delle urine dopo la procedura. Inoltre sarà compilato il modulo di controllo per identificare la persona come facente parte dello studio e per verificare se la procedura del braccio di studio assegnato è stata eseguita correttamente. Eseguire giornalmente uno stick urine con particolare attenzione alla presenza di: leucociti, nitriti, chetoni, proteine; all’aumento del ph (>5.0) e del peso specifico (>1000). Sono previste rilevazioni quotidiane di segni e sintomi di infezione delle vie urinarie in particolare: – temperatura corporea esterna – dolorabilità sovrapubica – ematuria – nausea/vomito – letargia/confusione – brivido – quantità e qualità delle urine È previsto un controllo colturale delle urine il 3° giorno dalla cateterizzazione e al 15° giorno dall’inserimento del catetere o in caso di rimozione del presidio, indipendentemente dalla causa. Personale coinvolto: Il personale che verrà informato sullo studio è rappresentato da: medici, coordinatori infermieristici, infermieri e figure di supporto. La formazione avverrà attraverso incontri in cui verranno illustrate le due tecniche, le istruzioni operative e la modalità di raccolta dati e sarà rivolta a: infermieri, personale di supporto, coordinatori infermieristici. Al termine degli incontri formativi/informativi e comunque prima dell’inizio dello studio si valuterà l’apprendimento del personale coinvolto tramite la somministrazione di un questionario per verificare l’acquisizione degli elementi cardine del progetto ai fini della sua realizzazione. Tecnica sterile: La tecnica sterile e l’utilizzo di materiale sterile vengono indicate da tutte le linee guida (Lazzari, 2010). In particolare le CDC (2009) raccomandano l’uso di tecnica asettica e materiale sterile specificando come ambito di applicazione quello ospedaliero (Categoria IB). Provvedere alla riservatezza della persona, spiegare alla persona in modo dettagliato i vari passaggi della procedura per ottenere una maggiore compliance e ridurre lo stato di ansia che la procedura può generare. • Eseguire un lavaggio appropriato delle mani. • Indossare guanti monouso ed seguire l’igiene perineale e genitale, se il paziente non è autosufficiente. • Eseguire nuovamente un lavaggio appropriato delle mani al termine della procedura. • Coprire tutte le zone tranne il perineo, far assumere alla persona la posizione supina con gli arti inferiori divaricati e gambe flesse ruotate esternamente per la donna mentre nell’uomo far divaricare 24 PAGINA gli arti inferiori. • Posizionarsi a destra del paziente se l’infermiere è destrimane, a sinistra se è mancino. • Provvedere ad un’adeguata illuminazione. • Preparare il carrello senza contaminare il materiale. • Prendere il catetere, rimuovere la confezione dal lato opposto alla punta e collegare il cono della siringa pre-riempita con acqua distillata o fisiologica alla parte terminale del catetere,quindi iniettare la soluzione per provare la funzionalità del palloncino. • Collegare la parte terminale del catetere alla sacca di raccolta. • Bagnare le garze di soluzione antisettica. • Indossare guanti sterili. • Detergere il meato (la mano non dominante è da considerarsi contaminata nel momento in cui tocca la cute del paziente). a. Donna: Utilizzare la mano non dominante per divaricare le grandi labbra. Assumere una posizione ferma ma delicata. Prendere le pinze anatomiche con la mano dominante e afferrare una garza imbevuta di disinfettante per detergere un lato delle grandi labbra, dall’alto verso il basso. Ripetere la procedura per le piccole labbra. Usare un’altra garza per detergere il meato. L’antisettico può rendere i tessuti scivolosi ma non bisogna consentire alle grandi labbra di ricoprire il meato urinario. b. Uomo: Utilizzare la mano non dominante per mantenere il pene fermo e perpendicolare all’addome (mantenendo il pene diritto si allinea anche l’uretra). Con la mano dominante, afferrare una garza imbevuta di disinfettante e detergere dal centro del meato con un movimento circolare intorno al glande. Fare attenzione a non contaminare la mano sterile mentre si detergono i genitali del paziente. Prendere una nuova garza e ripetere la procedura per tre volte. • Afferrare il catetere con fermezza e applicare alla punta del catetere il gel lubrificante. • Chiedere alla persona di inspirare profondamente e lentamente e inserire il catetere mentre espira. Una leggera resistenza mentre il catetere attraversa gli sfinteri è normale. Se necessario, ruotare il catetere e applicare una leggera pressione mentre lo sfintere si rilassa • Far avanzare il catetere fino a quando l’urina inizia a defluire per essere sicuri che sia entrato tutto in vescica. Utilizzare un nuovo catetere sterile se il presidio si è contaminato accidentalmente. Il catetere contaminato nel caso della Infermiere a Pavia donna può essere lasciato in vagina finché non viene inserito quello nuovo per distinguere l’apertura vaginale dal meato urinario. • Gonfiare il palloncino con il volume di liquido indicato, in caso di catetere a permanenza • Senza lasciare il catetere, tenere la valvola di riempimento tra le dita della mano non dominante mentre si collega la siringa e si gonfia il palloncino con la mano dominante. Se la persona lamenta fastidio aspirare il liquido, far avanzare il catetere in avanti e gonfiare nuovamente il palloncino • Tirare delicatamente il catetere finché non si avverte una resistenza, per assicurarsi che il palloncino sia gonfiato e posizionato sul trigono vescicale • Assicurare il tubo all’interno della coscia nelle donne, o alla parte superiore della coscia negli uomini senza tirare, per favorire la mobilizzazione. Inoltre assicurare il tubo di raccolta alle coperte del letto e appendere la sacca sotto il livello della vescica (Kozier et al., 2011). Tecnica pulita no touch: Nella tecnica pulita no-touch verranno utilizzati guanti puliti (Mongardi et al., 2011), acqua e sapone per la pulizia del meato prima dell’inserimento del presidio, gel lubrificante, catetere e sacca di drenaggio sterile e acqua del rubinetto per il gonfiaggio del palloncino (Dunn et al., 2000). L’alternativa di utilizzare acqua e sapone per la pulizia del meato urinario, invece del disinfettante, è supportata da diversi studi presenti in letteratura: sono state messe a confronto le principali soluzioni di pulizia periuretrale (acqua sterile VS iodio-povidone al 10% (PVP-I), acqua non sterile VS PVP-I, acqua sterile VS clorexidina 0,05%, acqua non sterile VS clorexidina 0,1%) senza che fossero evidenziate differenze statisticamente significative nell’incidenza delle infezioni delle vie urinarie (Ercole et al., 2013). L’utilizzo di acqua di rubinetto per gonfiare il palloncino di ancoraggio del catetere vescicale non è associato ad una maggiore incidenza di CAUTI in studi che confrontano la tecnica pulita non sterile e la tecnica sterile (Carapeti et. al., 1994; Loockwood et al., 2011). La procedura di inserimento è la stessa usata per il cateterismo sterile, con l’utilizzo del metodo no-touch per i presidi sterili (catetere vescicale e sacca di drenaggio). Tale metodo è da considerarsi una tecnica asettica in quanto prevede l’astensione da qualunque contatto tra materiale pulito e le parti essenziali dei presidi sterili (Carapeti et al., 1996; Trigg et al., 2006). Infatti l’utilizzo di tecniche asettiche con materiale sterile rimane il caposaldo rac- comandato nelle principali linee guida sulla prevenzione delle infezioni delle vie urinarie nell’ambito delle strutture sanitarie. MATERIALI E METODI Il percorso si è svolto dapprima implementando la ricerca bibliografica consultando le banche dati biomediche ed infermieristiche PubMed, Cinahl e Cochrane Library presso la Biblioteca di Infermieristica della Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico San Matteo di Pavia. Le parole chiave utilizzate sono state indwelling catheter, urinary tract infection, sterile technique, cost. L’analisi statistica è stata curata della Dr.ssa Luigia Scudeller afferrente la Direzione Scientifica I.R.C.C.S. Policlinico San Matteo di Pavia. Cateterismo sterile VS pulito no touch: Principalmente si identificano tecnica sterile e tecnica pulita. Per la prima è previsto l’utilizzo di materiale sterile, viene eseguita nel teatro operatorio e praticata nei reparti di degenza utilizzando i principi vigenti nelle linee guida internazionali. La seconda, la tecnica pulita, prevede l’uso di materiale non sterile, viene praticata dall’operatore con guanti non sterili ed è utilizzata nel cateterismo ad intermittenza in ambito domiciliare (vahr R. et al.,2013; Matteucci, 2013). Entrambe le tecniche sono touch, quindi il catetere viene toccato durante l’inserimento in uretra. Resta invece irrisolta la questione sull’uso della tecnica no-touch per il cateterismo a breve permanenza che necessita di ulteriori ricerche (Geng et al., 2012; Ercole et al., 2013). RISULTATI Il progetto di ricerca prevede il confronto tra la tecnica sterile touch sopra citata e la tecnica pulita no-touch con materiale monouso non sterile ad eccezione di catetere vescicale e sacca di drenaggio, entrambi necessariamente sterili nel cateterismo a breve permanenza (Lazzari et al., 2010; Tambyah and Oon, 2012). Il presupposto razionale del progetto risiede nell’evidenza che non è dimostrata una riduzione dell’incidenza di CAUTI (infezione vie urinarie associate a catetere vescicale) utilizzando la tecnica sterile (Dunn et al., 2001) e che non si rilevano differenze statisticamente significative nell’incidenza delle CAUTI utilizzando la tecnica pulita (non-sterile) o quella sterile. I risultati del progetto potrebbero garantire vantaggi economici in termini di tempo-operatore e di spesa; infatti il costo complessivo della procedura sterile risulta superiore al doppio del costo della procedura pulita (Carapeti et al., 1994). È necessario considerare che gli studi su cui si basano i presup- 25 PAGINA Numero 4/2013 Fig.1 MATERIALE: telo, garze sterili, catetere, sacca di drenaggio, siringa 10 ml acqua, gel lubrificante. Fig.2 CIRCUITO CHIUSO E PROVA DI FUNZIONALITA’ DEL PALLONCINO Fig.3 APPOSIZIONE DEL GEL SU GARZA STERILE Fig.4 LUBRIFICAZIONE URETRA MASCHILE Fig.5 MANIPOLAZIONE DELLA GARZA: il guanto pulito tocca solo la superficie della garza a contatto con il telo, la superficie con il gel lubrificante rimane sterile Fig.6 LUBRIFICAZIONE DEL CATETERE Fig.7 Trattenendo il catetere dalla punta tramite la garza, scoprire il catetere dall’involucro, arricciandolo verso la coda. Fig.8 INTRODUZIONE DEL CATETERE Fig.9 A livello dell’uretra bulbare, abbassare il pene orizzontalmente e proseguire l’introduzione retraendo l’involucro. Fig. 10 GONFIAGGIO DEL PALLONCINO Fig. 11 VERIFICA ANCORAGGIO Fig. 12 RIMOZIONE DELL’INVOLUCRO ESTERNO 26 PAGINA posti razionali del progetto contengono alcune limitazioni strutturali. Carapeti (1994) da una parte riporta risultati di confronto tra cateterismo sterile e cateterismo pulito condotti in sede preoperatoria e protratti al terzo giorno post-operatorio, dall’altra non fornisce adeguati dettagli sulle caratteristiche della popolazione e dell’eventuale associazione di antibiotico profilassi. Adeguate misure sono state adottate al fine di superare le suddette limitazioni e migliorare la qualità e la solidità del progetto. CONCLUSIONI Le infezioni nosocomiali hanno una ricaduta in morbilità e mortalità e rappresentano un peso economico considerevole sul settore sanitario, sui pazienti e su coloro che se ne prendono cura (Plowman et al., 2001). Studi di prevalenza rilevano che in generale le infezioni delle vie urinarie (UTI) sono il tipo di infezione nosocomiale più comune e rappresentano tra il 21-45% di tutte le infezioni ospedaliere. Studi relativi ad UTI suggeriscono che tali infezioni insorgono tra l’1-3% dei pazienti ricoverati sia in reparti di medicina che di chirurgia, mentre un altro studio riferito specificamente ad infezioni che si verificano in pazienti ricoverati ed operati in chirurgia, urologia, ginecologia e ortopedia ha rilevato che il 6,3% dei pazienti ricoverati ha contratto una UTI. Il catetere urinario è un fattore di rischio chiave in queste infezioni ed è direttamente correlato all’80% dei casi di UTI nosocomiali. Questo fa capire come le infezioni ospedaliere impongono significative conseguenze economiche sul sistema sanitario di un Paese (Douglas Scott II, 2009). Oltre agli oneri legati alla cura delle infezioni si aggiungono quelli relativi ai materiali utilizzati per la procedura e la gestione dei presidi. Per minimizzare tale dispendio di risorse economiche occorrerebbe sia prevenire il numero delle infezioni sia poter ridurre gli oneri legati alle procedure. In particolare, per la prevenzione delle CAUTI, rimangono fondamentali le raccomandazioni riguardanti l’uso appropriato del catetere che prevedono la valutazione della effettiva necessità di introdurre il presidio, la sua corretta gestione e la rimozione dello stesso il prima possibile (Gould et al.,2009); per i costi relativi alla procedura se si potesse utilizzare la tecnica pulita no-touch, probabilmente sia il costo in termini di tempo-operatore che di materiali, verrebbero dimezzati. Nello studio di Carapeti (1994) la differenza di costo tra le due tecniche di inserzione del catetere era notevole, infatti la tecnica sterile costava ben più di due volte della tecnica non sterile pulita. Questo dato, rapportato Infermiere a Pavia al gran numero delle procedure eseguite nei teatri quotidiani, si traduce in un risparmio significativo sul lungo. Tali risparmi sono chiaramente auspicabili nel clima attuale di restrizioni finanziarie. Se il seguente studio, quindi, dovesse riportare differenze non statisticamente significative nell’incidenza delle infezioni delle vie urinarie, permettendo così l’utilizzo della tecnica pulita no-touch, si potrebbero trarre vantaggi economici immediati riguardanti materiali e tempo impiegato per il compimento della procedura, aggiungendo inoltre l’oppor- tunità di affrontare nuovi studi sulle infezioni delle vie urinarie partendo da presupposti differenti da quelli fino ad oggi considerati. L’autore * Infermiera neolaureata c/o Università degli Studi di Pavia bibliografia – Carapeti EA., Andrews SM., Bentley PG., “Randomised study of sterile versus non-sterile urethral catheterisation”, Ann R Coll Surg Engl., 1996 Jan;78(1):59-60. – Centers for Disease Control and Prevention (CDC), Guideline for Prevention of Catheter-Associated Urinary Tract Infections, Division of Healthcare Quality Promotion Centers for Disease Control and Prevention Atlanta, GA; Center for Evidence-based Practice University of Pennsylvania Health System Philadelphia, PA; Division of Infectious Diseases David Geffen School of Medicine at UCLA Los Angeles, CA, 2009; on-line: <http://www.cdc.gov/hicpac/pdf/CAUTI/CAUTIguideline2009final.pdf>, (Ultima Consultazione 08/10/2013). – Dunn S., Pretty L., Reid H., Evans D., Management of short term indwelling urethral catheters to prevent urinary tract infections: a systematic review, National Institute for Health and Care Excellence (NICE), Centre for review and dissemination Publisher: Centre for Reviews and Dissemination, 2001. – Ercole FF., Macieira TG., Wenceslau LC., Martins AR., Campos CC., Chianca TC., “Integrative review: evidences on the practice of intermittent/indwelling urinary catheterization”, Rev Lat Am Enfermagem, 2013 Feb;21(1):459-68. – Geng V., Cobussen-Boekhorst H., Farrell J., Gea-Sánchez M., Pearce I., Schwennesen T., Vahr S., Vandewinkel C., Evidence-based Guidelines for Best Practice in Urological Health Care: Catheterisation Indwelling catheters in adults: Urethral and Suprapubic, The European Association of Urology Nurses (EAUN); on-line: <http://www.uroweb.org/fileadmin/EAUN/guidelines/EAUN_Paris_Guideline_2012_LR_online_file.pdf>, (Ultima Consultazione 08/10/2013). – Gould CV, Umscheid CA, Agarwal RK, Kuntz G, Pegues DA; Healthcare Infection Control Practices Advisory Committee. 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SUMMARY The film as a teaching method to produce and test processes of identification of values and rules of the nursing profession. Mi sono sempre chiesta come mai, in un’epoca nella quale la tecnologia imperversa, non si potesse pensare di poterla sfruttare come strumento di risorsa anziché come ostacolo. Trovo tutto estremamente faticoso ma affascinante, un po’ come se ogni episodio della vita fosse così paradossale da essere ogni qual volta un ossimoro. Sono le tre di notte; l’afa si è impossessata del buio, delle ombre, dei pensieri. Tutto è immobile. Troppo dispendio d’energia muoversi. Non dormo, spesso non riesco a prendere sonno ma questa notte è peggio del solito. Il silenzio, le tenebre e il caldo mi annebbiano la mente. Il tarlo del mio ruolo è assordante. Lavora, corrode, non mi lascia quietare. Il groviglio della mia mente è dettato dal ruolo che occupo. Essere un formatore o fare formazione? Sono la stessa cosa? È davvero importante arrivare ad una definizione che possa discriminarle oppure integrarle? Troppi interrogativi e poche risposte se non quella che essere un formatore non sia fare formazione. È qualcosa in più, è complicato e complesso. Un processo dinamico che ti costringe ogni volta a metterti in gioco, a misurare le tue conoscenze con le tue capacità con le conoscenze e le capacità dei componenti dell’aula. Un incontro di saperi, di relazioni di aspettative per “andare oltre”; non sempre importa dove ma “un po’ più in là”. Ed è così che nasce questo racconto. La voglia è di spingersi, di sperimentare, di azzardare un approccio fuori dagli schemi comuni normalmente adottati con l’utilizzo di cinematografia e metodologia didattica audiovisiva, fuori dai classici temi sanitari. SCENARIO Prendiamo un libro, meglio il film che s’ispira ad un libro e con l’aiuto di un lettore che faciliti l’individuazione di metafore si propone una riflessione sulle principali tematiche correlate alla professione infermieristica. ObIETTIvO Sensibilizzazione e sperimentazione alla comprensione e alla valorizzazione dell’uomo, dei suoi aspetti sociali in particolar modo delle regole. LA STORIA Il film che andremo ad utilizzare in questa sperimentazione è tratto dal romanzo del 2009“Educazione siberiana” dello scrittore russo Nicolai Lilin. Lo scrittore del libro è autore e protagonista della vicenda che narra il modus vivendi della popolazione criminale siberiana dopo la deportazione subita ad opera del regime Stalinista. vERSIONE LETTERARIA Questa comunità si caratterizza da leggi interne non scritte ma rigidamente osservate pena l’espulsione della comunità stessa. Tutti coloro che ne fanno parte sono tenuti ad osservarle. Esistono i divieti assoluti di stupro e strozzinaggio; lo spaccio di stupefacenti, i furti e le rapine sono consentiti se compiuti nei confronti dello stato e dei ricchi; l’omicidio è autorizzato se giustificato da una giusta causa. L’omosessualità attiva e passiva in carcere è proibita. Lilin descrive inoltre la complessa simbologia dei tatuaggi siberiani. I membri della comunità siberiana si autodefiniscono ‘criminali onesti’ e sono molto temuti in tutta la Russia, rivaleggiando con gli appartenenti a “Seme nero”, organizzazione criminale potente e capillare considerata in linea di massima come la mafia russa. vERSIONE CINEMATOGRAfICA Nella comunità siberiana, in un povero villaggio, il protagonista Kolima vive un’amicizia adolescenziale fraterna con il coetaneo Gagarin sotto l’attenta supervisione del nonno e capo della comunità siberiana. Personaggio istrionico e carismatico, riconosciuto e riverito da molti, insegna ai ragazzi come la vita debba essere affrontata nel rispetto di rigide regole e di valori indiscutibili. I due giovani, insieme ad altri due ragazzi facenti parte della compagnia, apprendono così l’importanza dei tatuaggi, del rispetto nei confronti dei deboli, imparano che i “matti” non sono pazzi ma “voluti da Dio” e quindi protetti e tutelati come bene prezioso. Nutrono il disprezzo di alcune categorie sociali come polizia, banchieri, spacciatori ed usurai. La vita sembra procedere “tranquilla” ma un giorno, durante un furto organizzato dai ragazzini ai danni dell’esercito russo, Ga- 28 PAGINA Infermiere a Pavia Gagarin, nel perfetto stile siberiano, accetta la sua sorte senza opporvisi. IL PROGETTO DIDATTICO Il laboratorio didattico pensato su un arco di tempo di 4 ore d’aula ha l’obiettivo di condurre alla riflessione e al riconoscimento di aspetti etici, organizzativi, relazionali ed emotivi che possano essere individuati nel film al fine di migliorare un pensiero flessibile e una capacità di assessment. L’attività prevede un’introduzione con condivisione degli obiettivi d’apprendimento e del mandato del testo filmico da analizzare con l’aiuto di una griglia di lettura. Il discente deve, con l’aiuto del docente, lasciarsi trascinare e farsi catturare dalla storia per vivere le emozioni e riconoscere e comprendere passaggi significativi della pellicola che possano essere discussi in plenaria dopo un’elaborazione personale. garin viene catturato e condannato a sette anni di galera. Questa esperienza gli farà incontrare il “seme nero” che cambierà il decorso della sua storia, rendendola sempre più violenta come anche di quella delle persone che conosce. Quando torna al paese di confino dai vecchi amici nella comunità siberiana per qualche anno le cose sembrano andare bene, tanto che i quattro ragazzi vivono abbastanza serenamente, grazie anche alla presenza di Xenya, ragazza dalla mente puerile quasi ritardata, figlia del nuovo medico del quartiere. Poi le cose peggiorano; una notte di alluvione, durante il tentativo di recupero di alcuni oggetti trascinati dal fiume straripato, uno dei quattro amici di Gagarin e Kolima muore affogato, Gagarin spinto dal desiderio di facili guadagni, si perde nel tunnel della droga e della “nuova criminalità organizzata” della città russa gestita dal seme nero, arrivando a violentare e percuotere Xenia che subirà un trauma psichico irreversibile. Anche Kolima nel frattempo conosce il carcere perché fermato senza documenti, ma grazie alla sua vena artistica diventa tatuatore scrivendo sui corpi gli episodi della storia degli uomini. Scarcerato dopo qualche anno grazie ad una intercessione del nonno capo villaggio, al ritorno a casa scopre le amare vicende accadute durante la sua assenza e riceve ordini dal nonno di seguire le regole siberiane che gli sono riassunte con la seguente frase: “la fame va e viene, la dignità una volta persa non torna più… questo è il bene più prezioso”. Seguendo quindi le istruzioni del nonno, si arruola nell’esercito russo in modo da scovare l’amico che nel frattempo aveva scelto la clandestinità diventando uno spietato contrabbandiere di droga. Dopo un lungo periodo di caccia all’uomo lo trova e seguendo un rituale ben preciso lo affronta gli spiega perché lo deve uccidere e gli spara. GUIDA ALLA DISCUSSIONE Il film rappresenta la sopravvivenza in una terra di abusi e violenze di un gruppo di persone che ghettizzate organizzano la loro comunità mantenendo vive le tradizioni e il rispetto reciproco per l’altro. L’altro dal canto suo, ad eccezione del debole e dell’indifeso che devono essere salvaguardati, anche a costo della propria vita, deve abbracciare le consuetudini, le norme, le regole, la gerarchia. La griglia di lettura del testo deve far emergere, attraverso un’attenta osservazione e una riflessione critica come la metafora raccontata dal nonno sulla vita dei lupi possa far emergere il concetto di dignità, personale e professionale: «La fame viene e scompare ma la dignità una volta persa non torna mai più». Il significato dei tatuaggi, l’esercizio estenuante per apprendere l’arte del tatuatore, la lettura della simbologia che immortala gli episodi del soggetto che viene tatuato può essere utilizzata come metafora della pianificazione che l’infermiere deve effettuare per ogni paziente. Il riconoscimento dei ruoli, delle gerarchie, del bene che spesso è alterato, quasi patologico richiama il concetto di organizzazione che vive in armonia con i suoi componenti in cui il quieto vivere del singolo è sicurezza di benessere collettivo. È toccante il passaggio in cui Xenia si avvicina a Kalim con il tipico ardore adolescenziale ed è così delicatamente irruente la modalità con la quale il ragazzo la respinge. Lui sa che la ragazza non è del tutto consapevole per cui, non la deve toccare ma solo rispettare e proteggere. Sarebbe sensazionale trasferire questo concetto con tutti i nostri utenti fragili, incompresi, incapaci di comunicare il loro sé in modo da farsi capire. CONCLUSIONI Comincia ad albeggiare, e l’ipotesi di usare questo film “sui generis” prende sempre più corpo. In una struttura di laurea come quella di infermieristica dove il nozionismo imperversa, l’idea di utilizzare mondi paralleli come cinema arte letteratura musica, diventa sempre più una via di fuga e al tempo stesso una presa di coscienza per coinvolgere lo studente. E’ essenziale anche per il docente in quanto consente di pensare e di pensarsi in una realtà professionale che ha bisogno d responsabilizzarsi e confrontarsi con una società che antropologicamente cambia le sue caratteristiche e necessita di revisione delle regole di interazione. Non si può però dimenticare che questo genere di sperimentazione richiede una preparazione alla conduzione da parte del formatore che, non può improvvisare ma deve mantenere un costante filo di congiunzione con l’obiettivo proposto evitando di esporre lo studente ad un collasso emotivo. bibliografia, cinematografia – Lilin N. Educazione siberiana. Torino: Einaudi, 2009 – Kaneklin C. Scaratti G. Formazione e narrazione. Milano: raffaello Cortina Editore. 1998 – Malavasi P. Polenghi S. Rivoltella PC. Cinema, pratiche formative, educazione. Milano :Vita e Pansiero, 2009 – Del buono M. Rappazzo P. L’altro sguardo. Narrazioni filmiche e formazione, in Cappa F. Mancino E. (a cura di ), il Mondo, che sta nel cinema, che sta nel mondo, Milano : mimesis, 2005 – Salvatores G. Educazione Siberiana 2013 L’autore * Coordinatore sezione di corso di laurea in infermieristica Università degli studi di Milano Sede Ospedale San Giuseppe via San vittore 12 Milano 29 PAGINA Numero 4/2013 Da infermiera a paziente, vi racconto la mia seconda vita Luisa Pasini, 40 anni, è ora su una sedia a rotelle e porta la sua testimonianza di coraggio * Daniela Scherrer (a cura di) Pavia. “Al di là della sofferenza che porto dentro di me, questa esperienza mi ha dato qualcosa di importante, perché mi ha fatto capire che nel mondo c’è ancora tanta gente disposta a donare affetto in modo gratuito. Ero una donna molto rigida, quadrata, costantemente alla ricerca della perfezione, ora ho imparato a dare meno valore all’estetica delle cose. Posso dire di sentirmi più ricca dentro: il mio corpo si muove poco ma con gli occhi osservo molto”. Luisa Pasini, 40 anni, pavese residente a Ca’ de Vecchi, una piccola frazione di Torre d’Isola, sta cominciando a muovere i passi della sua seconda vita. La prima si è interrotta lo scorso 26 marzo, sul raccordo tra Bereguardo e Pavia, quando la sua Ford Fiesta si è schiantata con violenza inaudita contro il guard-rail. Luisa si è salvata quasi miracolosamente: tre settimane di coma in quella Rianimazione II del Policlinico San Matteo dove lavorava da undici anni, poi il risveglio circondata dai volti dei colleghi del reparto e l’amara scoperta di una lesione midollare per cui riusciva solo a vedere il suo corpo ma non più a sentirlo. “Quando ho aperto gli occhi e mi sono ritrovata in un letto della “mia” Rianimazione non ricordavo nulla di quanto fosse accaduto – spiega Luisa – il fatto di essere infermiera sicuramente mi ha consentito di realizzare immediatamente la gravità della situazione: sapevo bene, infatti, che cosa significasse una lesione midollare e che conseguenze avesse. Per il resto, però, mi sono trovata nell’identica situazione di coloro che fino al giorno prima erano miei pazienti: stesse paure, stessi momenti di sconforto, stessa voglia di aggrapparsi a quel filo di speranza anche irrazionale. Sono passata insomma dall’altra parte”. Chiediamo a Luisa come si sia sentita a ricevere, nella veste di paziente, le cure prestate da colleghi con i quali aveva condiviso fino a poco prima l’impegno per salvare le vite degli altri. “La realtà è che non mi sono mai sentita paziente, ma una persona accudita con tanto amore, assistita da amici partendo dal primario fino al personale ausiliario. Nella sventura ho avuto il privilegio di non vivere il distacco professionale tra camice bianco e degente e questo mi ha fatto ulteriormente capire quanto sia importante l’approccio umano”. Luisa, tra l’altro, ha sempre vissuto la sua professione con una carica umana particolare. Proprio la voglia di essere al servizio dei pazienti più critici ha segnato tutta la sua carriera infermieristica: la terapia intensiva all’Istituto Europeo di Oncologia a Milano fino al 2000, poi la Neurochirurgia al San Matteo di Pavia e infine la Rianimazione II. “Ho sempre avuto a cuore il connubio tra la gestione professionale e umana del malato, ma anche dei familiari, che in questo tipo di reparti sono un anello fondamentale della catena di recupero – ammette – e mi piaceva il fatto che queste aree critiche fossero le uniche dove medici e infermieri lavorano all’unisono, senza rapporti di subordinazione”. Ora Luisa è tornata nella sua casa di Ca’ de Vecchi, dopo sei mesi di riabilitazione all’Unità Spinale del Niguarda a Milano. È sulla sedia a rotelle, ma la sua forza di volontà ha già portato a grandi risultati: riesce a mangiare da sola, nuota, tira con l’arco, con la carabina, pratica l’hand-bike. Ammette che la fatica maggiore è quella di accettare la dipendenza da altre persone. Lei, sempre così fiera della proprio autonomia. “Ora sono stata catapultata dall’altra parte. Ma proprio questo, con grande stupore, mi ha fatto capire di avere molti più amici di quel che pensassi. Anche colleghi che ogni giorno rinunciano al loro tempo libero per me. Grazie a loro ho trovato la forza di guardare al futuro, imparando a procedere a piccoli passi. Ho ancora paura, non immagino neanch’io fin dove potrà arrivare il mio recupero, ma ora so che la mia vita avrà ancora qualità se nel mio piccolo riuscirò ad essere di aiuto aprendo il cuore a chi si trova L’autore * Giornalista Professionista de Il Ticino di Pavia 30 PAGINA Infermiere a Pavia VI Conferenza Nazionale delle politiche della professione Infermieristica La mappa di un percorso Il puzzle economico. Il trend di sistema. Le riflessioni professionali: gestione, clinica formazione * Piera bergomi In data 28 e 29 novembre 2013 a Firenze si è svolta la VI Conferenza Nazionale delle politiche della Professione Infermieristica organizzata dalla Federazione IPASVI. L’obiettivo della Conferenza è stato di riflettere sulle possibili strategie della professione infermieristica per affrontare le criticità determinate dalla crisi economica e sociale, gestirne gli effetti ed individuare le opportunità. Gli elementi di razionalizzazione e di innovazione di cui la professione è portatrice sono determinanti per la sostenibilità dell’intero sistema sanitario: la valorizzazione della professione infermieristica costituisce un argine alla crisi e una risorsa per la tenuta del sistema in logica di equità, solidarietà sociale e qualità assistenziale. L’innovazione gestionale pro- posta dagli infermieri è uno strumento efficace per contrastare la logica dei tagli e la sua realizzazione comporta un utilizzo di risorse più coerente con i bisogni della popolazione. La valorizzazione delle competenze cliniche dell’infermiere è l’elemento chiave per ridefinire le risposte in termini di appropriatezza e puntare ad esiti di qualità. Nelle due giornate si sono succeduti relatori, quali Annalisa Silvestro, Davide Croce, Paola Del Bufalo, Carla Collicelli, Daniela Volpato, Mario Del Vecchio, Emilia Grazia De Biasi, Luca Coletto. La Presidente Annalisa Silvestro in conclusione ha posto delle riflessioni sul documento sulle competenze specialistiche degli infermieri che nonostante debba ancora essere approvato ha comunque alcuni punti fermi che sono stati condivisi anche all’interno del Consiglio Nazionale IPASVI con tutti i Presidenti Provinciali, in particolare: • si alla centralità della persona assistita, • si alla pari dignità dei professionisti che ruotano attorno alla persona e ai suoi bisogni di cura e di assistenza, • si all'innovazione dei percorsi curativi ed assistenziali per la sostenibilità del SSN, • no a qualunque forma di veto sullo sviluppo della nostra disciplina, • no ad ogni mistificazione del ruolo dell'assistenza infermieristica e della funzione degli infermieri, • no ad ogni tentativo di tirare indietro le lancette dello nostro sviluppo scientifico e del nostro ulteriore percorso di professionalizzazione. 31 PAGINA Numero 4/2013 Atto Medico, atto Infermieristico, atto Sanitario: è tempo di chiarezza!! Un contributo epistemologico Keyword: atto Medico, atto Sanitario, atto Infermieristico * Duilio Loi RIASSUNTO Come in ogni processo culturale, cambiamenti e modificazioni, avendo bisogno di essere “metabolizzati” provocano fermenti e discussioni tra le parti interessate. E’ quanto sta accadendo nelle Professioni Sanitarie; un mondo in continua evoluzione, dove i protagonisti essendo portatori di interessi non sempre coincidenti, manifestando le proprie posizioni, rischiano di non esprimerne i contenuti in forma comprensibile. Questo articolo vuole e fare chiarezza, sui termini: atto medico, atto infermieristico e atto sanitario, inglobando e mettendo in risalto i mutamenti giuridici e professionali che hanno interessato e accompagnato le professioni sanitarie e in particolare, l’infermieristica negli ultimi 20 anni, sotto il profilo concettuale e contenutistico. Un contributo epistemologico che si prefigge di arricchire il panorama esistente e riportare la dialettica verso posizioni equilibrate, gettando un ponte verso il futuro. Il dibattito politico professionale di queste ultime settimane, tocca un tema di particolare rilevanza: le competenze degli Infermieri; argomento sollevato da parte delle maggiori rappresentanze Sindacali di categoria Medica1 (Anaao Assomed, Cimo-Asmd, Aaroi-Emac, Fvm, Fassid, Cisl medici, Fesmed, Anpo-Ascoti-Fials medici, Sds Snabi, Aupi e Sinafo), le quali hanno manifestato un’aspra reazione, racchiusa in una “letteraccia” indirizzata al Ministro della Salute e agli organismi istituzionali interessati. In estrema sintesi: medici indignati, che denunciano uno sconfinamento nelle “loro” competenze, adducendo addirittura un esercizio abusivo di professione, da parte degli Infermieri. Una presa di posizione forte, aggressiva e poco comprensibile nei contenuti, dal momento in cui già ampio dibattito era staSUMMARY Medical Care, Nursing Care, health Care: time for clarity! An epistemological contribution As in any cultural process, changes and modifications – needing to be metabolized – induce turmoil and discussions between the parties concerned. This is indeed happening in the Health Professions, a world in constant evolution where the key actors, bearers of a range of interests, may risk to not express their views effectively. This article intends to clarify the terms ‘Medical Care’, ‘Nursing Care’, and ‘Health Care’, and to give an insight into the legal and professional changes that have affected Health Professionals in general and Nursing Care in particular over the past 20 years. We give an epistemological contribution which aims to open new avenues for future practice by enriching current surveys and moderating case discussions. to speso al riguardo, le parti avevano avuto modo di far valere le reciproche posizioni e il tutto era ormai assodato e da tradurre in atti concreti. Non essendo interessato a raccogliere provocazioni, tantomeno ad alimentare una polemica inutile, nell’attesa che nelle sedi opportune si affronti e si chiuda la vicenda, vorrei invece esprimere in quanto Infermiere attraverso contenuti oggettivabili, un fattivo contributo sull’attuale significato di: atto medico, atto infermieristico e atto sanitario, con la sana intenzione di portare un contributo in termini di chiarezza. Uno stimolo verso questa direzione, me lo fornisce il Sociologo Ivan Cavicchi, autorevole osservatore delle professioni sanitarie, il quale, nell’effettuare un’analisi2 sullo scenario appena ricordato, pone alla questione cinque punti di critica, il primo di essi, verte proprio sulla necessità (che lo stesso Cavicchi definisce prioritaria e strategica), nel definire e distinguere le peculiarità delle figure professionali sanitarie, in specifico Medico e Infermiere: “prima di parlare di competenze si dovrebbero defi1) Lettera Intersindacale del 20 novembre 2013 indirizzata a: Ministro della Salute, Presidente Conferenza Stato Regioni, Coordinatore Commissione salute delle Regioni, Presidente Comitato di Settore Comparto Sanitario. 2) Medici e Infermieri alla “guerra” delle competenze, Quotidiano Sanità, 3 dicembre 2013 32 PAGINA Infermiere a Pavia nire i soggetti professionali quindi le loro abilità, le loro autonomie, le loro responsabilità e le loro relazioni con gli altri.” Che a seguito di una lettura sociologica si pongano dei punti di “critica” ad uno scenario così complesso, è sicuramente stimolante in termini di riflessione, soprattutto se pensiamo alla possibile asincronia tra il “previsto” a livello normativo e il “realizzato”, nei luoghi di lavoro. Di sicuro le tempistiche che contraddistinguono i cambiamenti culturali, sono decisamente più lente rispetto all’emanazione di leggi e dal momento in cui cominciano a riemergere nuovi fermenti, è giusto presidiare e monitorarne le evoluzioni e al tempo stesso, promuovere chiarezza. Arrivando nel 1994 il DM 739 ed essendo stati regolamentati con medesima modalità altri 21 profili professionali, si apre la strada per una straordinaria oltre che epocale, revisione degli assetti, che si completerà nel 1999 con la legge n° 42, attraverso la quale decade il vincolo di “ausiliarietà”, come visibile nelle figure 2 e 3 . RD n° 1265 - T.U.L.L.S. 1934 PROFESSIONI SANITARIE PRINCIPALI Medici- Veterinari - Odontoiatri - Framacisti PROFESSIONI SANITARIE AUSILIARIE TDR - Infermieri professionali - Ostetriche Tecnici di Radiologia - Tecnici di laboratorio ARTI AUSILIARIE DELLE PROFESSIONI SANITARIE Infermieri generici - Puericultrici - Odontotecnici Massoterapisti - Ottici EffETTO LEGGE 42/99 su T.U.L.L.S. 1934 PROFESSIONI SANITARIE Medici- Veterinari - Odontoiatri - Framacisti TRD (Fisioterapisti - Infermieri professionali (Infermieri) Ostetriche - Tecnici di Radiologia - Tecnici di laboratorio Tempo di chiarezza Per comprendere appieno differenze e distinzioni di cui oggi si parla e anche le resistenze al cambiamento (attuale oggetto del contendere), è opportuno ricordare che più o meno fino a una ventina di anni fa, atto medico e atto sanitario, erano praticamente coincidenti e sovrapponibili. Tale simbiosi, legittimata da normative, oltre che da un consolidato storico, collocava il Medico in posizione “gerarchica” sovrastante rispetto a tutti gli altri “lavoratori” della Sanità. Infatti nel TULLS3 (testo unico delle leggi sanitarie), gli appartenenti alle categorie sanitarie venivano classificati “gerarchicamente” in: Professioni Sanitarie Principali, Professioni Sanitarie Ausiliarie e Arti Ausiliarie delle Professioni Sanitarie; nella figura 1 è possibile verificarne gli appartenenti. AUSILIARIE DELLE PROFESSIONI SANITARIE Infermieri generici - Puericultrici - Odontotecnici Massoterapisti - Ottici fig.2 e 3) effetto della legge 42/99 Ecco che “de jure”, viene superato ciò che “de facto” rappresentava già per molti un implicito ossimoro, ovvero, una professione in quanto tale, non può essere ausiliaria!! In conseguenza di ciò, anche la “formazione alle competenze” viene revisionata (ordinamento didattico), cosi come, i “comportamenti operativi” (codice deontologico), determinando gradatamente sia il consolidamento dell’atto infermieristico, sia la trasformazione dell’atto sanitario. RD n° 1265 - T.U.L.L.S. 1934 PROFESSIONI SANITARIE PRINCIPALI Medici- Veterinari - Odontoiatri - Framacisti PROFESSIONI SANITARIE AUSILIARIE TDR - Infermieri professionali - Ostetriche Tecnici di Radiologia - Tecnici di laboratorio ARTI AUSILIARIE DELLE PROFESSIONI SANITARIE Infermieri generici - Puericultrici - Odontotecnici Massoterapisti - Ottici fig.1) appartenenti alle categorie sanitarie secondo il TULLS del 1934 Atto medico, atto infermieristico, atto sanitario Nonostante non esista una definizione classificatoria assoluta e indiscutibile per identificare i tre termini, ci avvarremo a supporto di normative, identificazioni categoriali e concretezza esperienziale, maturata nelle professioni sanitarie, come già ricordato nel testo “I principi dell’organizzazione professionale dell’Infermiere”4. Atto Medico Partiamo dall’atto medico, attorno al quale si sviluppano una serie di orientamenti: a) secondo la giurisprudenza “…l’attività medica consiste nella formulazione di diagnosi, nel3) TULLS - testo unico delle professioni sanitarie, RD n° 1265/1934 33 PAGINA Numero 4/2013 la indicazione di prognosi in relazione a malattie o disfunzioni del corpo o della mente, in atto o prevedibili, nonché nella prescrizione di terapie e pratiche di prevenzione, con eventuale prescrizione di farmaci, nella manipolazione del corpo umano, sempre a scopo curativo o preventivo, nella prescrizione o applicazione di protesi o nella utilizzazione di qualsiasi altro diverso strumento curativo e preventivo, idoneo ad attivare o ad arrestare processi evolutivi o involutivi fisici e psichici”. (sentenza n. 3403/1996 della Cassazione Sezione Penale sez. IV) b) secondo i medici legali “L’atto medico è tale da individuare i caratteri della patologia, le modalità utili a curarla e/o prevenirla, le differenze fra lo specifico quadro morboso ed altri che abbiano sintomatologia simile, le caratteristiche del trattamento necessario ed eventualmente le professionalità (diverse da quella medica) preposte e competenti ad erogarlo, sostanzialmente individuando la nozione di atto medico con quella di atto diagnostico e segnatamente teso alla diagnosi differenziale” (G.A. Norelli, C. Buccelli, V. Finschi, Medicina legale e delle assicurazioni - 2009) c) secondo le Associazioni di categoria Mediche “L’atto medico ricomprende tutte le attività professionali, ad esempio di carattere scientifico, di insegnamento, di formazione, educative, organizzative, cliniche e di tecnologia medica, svolte al fine di promuovere la salute, prevenire le malattie, effettuare diagnosi e prescrivere cure terapeutiche o riabilitative nei confronti di pazienti, individui, gruppi o comunità, nel quadro delle norme etiche e deontologiche. L’atto medico è una responsabilità del medico abilitato e deve essere eseguito dal medico o sotto la sua diretta supervisione e/o prescrizione“. (Union Europèenne des Mèdicins Specialist – UEMS – 2006) Volendo schematizzare i tre orientamenti, se ne può trarre uno schema come riprodotto in figura 4. Esercizio Professionale “atto medico” - Valutazione diagnostica Orientamento terapeutico Assetto prognostico ... fig.4) quadro di sintesi sull’esercizio professionale medico avente come elemento fondamentale l’atto medico In base a quanto sopra riportato, appare evidente -e lecito- che tutte le figure professionali (ex professioni sanitarie ausiliarie), abbiano rivisto al proprio interno gli assetti legati a formazione, esercizio professionale in relazione di un’ottica di interdisciplinarietà. Ne consegue pertanto la delineazione di atto infermieristico. Atto Infermieristico Analizzando i vari riferimenti normativi (DM 739/945; legge n° 42/19996; legge 251/20007 e i codici deontologici 19998 e 20099) è possibile mettere in evidenza cosa si intende per atto infermieristico. Secondo Annalisa Silvestro, Presidente della Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI, sviluppando alcune riflessioni nel “commentario” al codice deontologico 200910 definisce atto infermieristico, quel “complesso dei saperi, delle prerogative, delle attività, delle competenze e delle responsabilità dell’infermiere in tutti gli ambiti professionali e nelle diverse situazioni assistenziali”. Definizione oltre che condivisibile, fortemente sostenuta e supportata: a) dalle normative sopra richiamate b) da un costrutto teorico di riferimento c) dalla consolidata declinazione operativa nel quotidiano a) dal momento in cui - attraverso il DM 739/1994 - vengono definiti ambiti, responsabilità e azioni, ci sono gli estremi normativi per tracciare la cornice di riferimento che assume in forma chiara e ineludibile i confini operativi delle attuali competenze Infermieristiche; affermare che l’Infermiere: – è responsabile dell’assistenza generale Infermieristica e che l’assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l’educazione sanitaria. – Identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi – pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico – garantisce la corretta applicazione delle procedure diagnostiche e terapeutiche; se aggiungiamo che l’articolato di legge, includeva che: la formazione infermieristica post-base per la pratica specialistica è intesa a fornire agli Infermieri di assistenza generale delle conoscenze cliniche avanzate e delle capacità che permettano loro di fornire specifiche prestazioni infermieristiche nelle seguenti aree: a) sanità pubblica: Infermiere di sanità pubblica; b) pediatria: Infermiere pediatrico; c) salute mentale-psichiatria: Infermiere psichiatrico; d) geriatria: Infermiere geriatrico; ribadendolo ulteriormente nell’articolo 6: In relazione a motivate esigenze emergenti dal Servizio Sanitario Nazionale, potranno essere individuate, con decreto del Ministro della Sanità, ulteriori aree richiedenti una formazione complementare specifica. In sintesi, già questo quadro sarebbe sufficiente per identifica4) Loi Duilio (co-autore), I principi dell’organizzazione professionale dell’Infermiere. Maggioli Editore, 2013, 167-197. 5) D.M. n° 739/1994 – Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’Infermiere 6) LEGGE 26 febbraio 1999, n. 42 - Disposizioni in materia di professioni sanitarie 7) LEGGE 10 agosto 2000, n. 251 - Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche,tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica 8) FEDERAZIONE NAZIONALE COLLEGI IPASVI, Codice Deontologico dell’Infermiere, Roma, 1999. 9) FEDERAZIONE NAZIONALE COLLEGI IPASVI, Codice Deontologico dell’Infermiere, Roma, 2009. 10) Silvestro Annalisa, Commentario al Codice Deontologico 2009 34 PAGINA re sotto il profilo normativo l’atto infermieristico, nonché la volontà di prospettiva evidenziata dal legislatore, se aggiungiamo -come prima richiamato- la straordinaria svolta epocale delineata con la legge 42/99, attraverso la quale decade il vincolo di “ausiliarietà” e l’esercizio professionale viene regolamentato da ordinamento didattico, dal profilo professionale appena citato e dal codice deontologico, ecco che il quadro si arricchisce e consolida ulteriormente, in quanto viene ribadita la componente autonomista potendo intervenire sui contenuti di esercizio (ordinamento didattico) e comportamentali (codice deontologico). Tenendo poi oltremodo sullo sfondo le leggi 251/2000 e 43/2006 l’impianto normativo precedente, viene ancor più confermato, acquisendo ulteriori legittimazioni. b) il costrutto teorico di riferimento, ci proviene dai fondamentali modelli teorici e dalla loro declinazione nella pratica quotidiana. In particolare possiamo citare due aspetti, a mio parere importanti: – il riferimento al modello delle prestazioni infermieristiche11 di Marisa Cantarelli, che delinea con raffinatezza gli ambiti di specifica risposta ai bisogni di assistenza infermieristica. Modello che non solo è stato insegnato prima e dopo la riforma, ma anche e soprattutto declinato nelle unità organizzative da molti professionisti, in specifiche e concrete attività quotidiane; – il riferimento al paradigma “assistenza infermieristica” elaborato nel 1994 da un gruppo di studio composto da Infermieri dell’ANIN (associazione nazionale infermieri neuroscienze, una delle associazioni infermieristiche storiche, che frequentemente si è posta come avanguardia, propositiva e innovativa nel panorama associativo nazionale). Il gruppo di lavoro si dedicò in specifico alle “Abilità Assistenziali: caratteristiche del ruolo professionale dell’infermiere nel processo di trasformazione del sistema sanitario”12, contestualizzando al panorama Italiano, i vari orientamenti dei principali modelli infermieristici di rifermento e proponendo il concetto di “assistenza infermieristica” di seguito riportato: “arte, disciplina, scienza è un processo dinamico che mira a promuovere lo sviluppo, la conservazione ed il ripristino dell’ equilibrio tra gli elementi che compongono l’uomo in tutte le fasi della sua vita come singolo e inserito nell’ambiente, utilizzando come strumento il metodo scientifico” Alla stessa stregua, il Codice Deontologico del 2009, coagulando molti dei concetti espressi, chiarisce ulteriormente cosa sia “assistenza Infermieristica”: “l’assistenza infermieristica è servizio alla persona, alla famiglia e alla collettività. Si realizza attraverso interventi specifici, autonomi e complementari di natura intellettuale, tecnico-scientifica, gestionale, relazionale ed educativa.” c) A conferma della concretezza dei punti a e b, aggiungerei la consolidata declinazione operativa nel quotidiano, che si avvale delle molteplici e importantissime esperienze che negli anni si sono succedute e oggi a ragion veduta, rappresentano il solido substrato di una professione fatta di concretezze, in continua evoluzione. Per ricordare alcune tra le principali e rappresentative: – CIvES, ovvero Coordinamento Infermieri Volontari per l’Emergenza Sanitaria, una realtà ormai presente e consolidata nel territorio nazionale, in ben 13 regioni e 32 province. Attraverso il S.A.R.I. (Sistema Avanzato Risposta Infermieristica), persegue la finalità di fornire al Sistema Nazionale di Protezione Civile e alle popolazioni colpite da calamità, team infermieristici qualificati, immediatamente operativi e pienamente autosufficienti sotto il profilo logistico, muniti di attrezzature speciali in grado di fornire adeguato supporto alla presenza di medici sul territorio, anche con riferimento alla rete di medicina generale territoriale. Tali fina- Infermiere a Pavia lità si realizzano grazie alle due specifiche articolazioni del SARI, il MCI (modulo di coordinamento infermieristico e il MIA (modulo infermieristico avanzato); – CreG, ovvero Chronic Related Group, importante iniziativa che vede un radicale cambiamento di prospettiva intrapreso nel 2011 dalla Regione Lombardia parallelamente, nell’ambito del Programma Regionale di Sviluppo e nel Piano Socio-Sanitario. Dove si sta lavorando per completare e realizzare 1.145 posti letto per le cure sub acute, attraverso la sperimentazione in 5 Asl; trattasi di un modello organizzativo per coordinare e integrare i servizi extraospedalieri a favore dei pazienti cronici; contesto operativo dove viene richiesta oltre alla presenza, la specifica competenza Infermieristica; – Case Management ed esperienze correlate Partendo dalla pionieristica esperienza iniziata dal Centro Studi EBN di Bologna, già alla fine degli anni ’90, con il successivo progetto inclusivo di specifico percorso formativo per Infermiere Case Manager (ICM), oggi si possono apprezzare molteplici realtà formative e lavorative disseminate sul territorio nazionale, che gestiscono con elevati livelli di qualità i percorsi assistenziali sia a livello ospedaliero, sia territoriale, perseguendo l’obiettivo di garantire una totale presa in carico secondo il modello organizzativo fondato sul: “processo collaborativo di accertamento, pianificazione, facilitazione, coordinamento delle cure, valutazione ed advocacy delle scelte e dei servizi, che agevolino i bisogni sanitari generali dell’ individuo e della famiglia, attraverso la comunicazione e le risorse disponibili, al fine di promuovere outcomes di qualità, con un buon rapporto costo-efficacia13. Essendo impossibile elencarle tutte (vuoi per ragioni di spazio, vuoi per difficoltà di reperimento dati), metto in evidenza le più significative scusandomi fin d’ora per le eventuali esclusioni: – Policlinico S.Orsola Malpighi di bologna, con una copertura pressoché totale delle unità organizzative, dove è presente in forma stabile e operativa la figura del ICM, nonché l’estensione verso esperienze territoriali in ambito geriatrico, ortopedico, psichiatrico, oncologico; – Case Management internistico e chirurgico in veneto, dove nella Ulss 6 di Vicenza, è attivo dal 2010 un progetto sperimentale riguardante il ruolo dell’infermiere case manager in ambito internistico e dell’infermiere stomatoterapista in ambito chirurgico. L’obiettivo è sovrapponibile al precedente: promuovere e realizzare un’assistenza centrata sulle reali esigenze del cittadino/utente, in un sistema coordinato e capace di gestire l’intero processo in termini di continuità ospedale/territorio. Il progetto ha una durata triennale al termine del quale sarà valutato l’impatto in termini di risultati, fondati su indicatori di efficienza, efficacia ed economicità. 11) Cantarelli Marisa, Il modello delle prestazioni infermieristiche, Masson, 1993 12) Loi Duilio (co-autore), Ruolo e Funzioni dell’infermiere alle porte del terzo millennio. Gruppo di Studio ANIN su Abilità Assistenziale: caratteristiche del ruolo professionale dell'infermiere nel processo di trasformazione del sistema sanitario" 13) CMSA (Case Management Society of America), 2010 35 PAGINA Numero 4/2013 Sia nell’esperienza del case management internistico, sia in quello chirurgico, si possono mettere in evidenza le competenze avanzate dell’infermiere, ottenute attraverso specifica formazione, arricchita e sostenuta da certificata esperienza nei settori di riferimento. Ad esempio, ai colleghi del settore chirurgico vengono richiesti come requisiti: un’esperienza lavorativa di almeno 5 anni in contesti di chirurgia addominale, specifico percorso formativo di master in assistenza a pazienti stomizzati e incontinenti (o titoli equiparabili per contenuti); ai colleghi del settore internistico, oltre che specifica esperienza nel settore, analogo iter formativo con master in case management. In sintesi: competenza clinica, gestionale e di ricerca; – Ospedale di Comunità a gestione Infermieristica, iniziativa che si lega profondamente con quella appena descritta, messa in campo in Emilia Romagna, che s’inserisce nel quadro di una generale riorganizzazione del percorso del paziente fragile, promossa e attivata dall’Ausl di Forlì, con l’obiettivo di garantire un reale ponte tra ospedale e territorio. La gestione infermieristica si realizza attraverso la totale presa in carico del paziente, tesa a rispondere in senso olistico ai bisogni di salute. Basata anch’essa sul modello del case management, consentendo la reale applicazione di “atto” medico, infermieristico e sanitario (per come appena descritti), in virtù delle necessità cliniche della persona assistita. I riflettori sono puntati sugli obiettivi del progetto che pone tra i suoi indicatori, alcune concretezze misurabili: – appropriatezza di collocazione dell’utenza –adeguate risposte in termini di miglioramento della qualità delle cure –ottimizzazione e razionalizzazione delle risorse e dopo idoneo periodo di sperimentazione, se i risultati (come auspicato) saranno soddisfacenti, sarà destinato a replicarsi. – Infermiere di famiglia e comunità: la componente formativa È oggi sempre più una necessità del SSN. Una figura professionale specificamente preparata (come proposto dall’OMS nel progetto “salute 21”), strategica e fondamentale per colmare l’attuale vuoto in cui moltissima utenza dimessa dalle strutture sanitarie per problematiche acute, ma necessitanti di cure domiciliari, spesso si trova in seria difficoltà nel gestire le diverse situazioni. Allo stesso modo, molte fasce di utenza con vario livello di disabilità e problematiche, derivanti dal progressivo aumento di patologie ad andamento cronico degenerativo che non troverebbero collocazione adeguata nelle attuali strutture residenziali. Sono già attivi in molti atenei, percorsi di Master di 1° livello rivolti alla preparazione dei professionisti che intendono perseguire questa esperienza professionale. In questa esperienza formativa -con una nota di orgoglio per il Collegio IPASVI che ne è il principale promotore- comprendiamo l’Ateneo Pavese, che ha strutturato il percorso attingendo alla consolidata esperienza teorica, formativa ed esperienziale, maturata nei vari settori dall’ADI alla salute mentale14. Percorsi formativi quindi, che tendono a offrire competenze avanzate, quelle competenze che guarda caso, vengono “contestate” dalla lettera intersindacale con la quale abbiamo introdotto l’articolo. – Continuità infermieristica interaziendale a Trieste, iniziato in forma sperimentale nel 2002 nei reparti di area medica, il servizio di presa in carico infermieristica; servizio che negli anni successivi si è praticamente esteso a tutte le aree appartenenti al contesto ospedaliero e, dall’aprile 2010 include tutti i ricoverati con bisogni clinici e sociali complessi prescindendo dall’età e 14) Loi Duilio (co-autore), Linee guida per il Master di primo livello – Infermieristica in Salute Mentale dalla patologia che necessitano di continuità assistenziale. Un ponte ospedale-territorio, di dimensioni imponenti che si realizza grazie al sistematico raccordo tra il servizio infermieristico domiciliare dei Distretti territoriali, i Reparti ospedalieri, il PS, le RSA, fino all’Hospice. – See and Treat, ovvero “guarda e tratta”. Ulteriore esperienza ad alto contenuto di competenze avanzate portata avanti dai Colleghi della Regione Toscana, grazie a specifica normativa, pensata per snellire le attese sempre più lunghe nei pronto soccorso, dove si abilita l’infermiere a: – fare diagnosi per piccoli casi non urgenti (codici bianchi) – prescrivere farmaci – indirizzare verso specialisti (fast track) Il tutto, previo percorso formativo “ad hoc” che prevede 6 mesi di corso, articolato in 350 ore e dove al candidato viene richiesto come requisito principale, almeno tre anni di attività di triage in pronto soccorso. Tutti i riferimenti sopracitati, sono soltanto in minima parte rappresentativi delle molte esperienze, che hanno rappresentato nel tempo e rappresentano tuttora, lo spaccato della capacità manageriale (progettuale e gestionale), nonché elaborativa e pensante degli Infermieri; un pensiero al tempo stesso critico, creativo e caring, a dimostrazione dello spessore proprio, della avanguardia intellettuale e operativa, presente della professione. Alla luce di quanto descritto, possiamo riassumere nella figura 5 un quadro di sintesi sull’esercizio professionale dell’infermiere, avente come elemento fondamentale l’atto infermieristico. Esercizio Professionale “atto infermieristico - Pianifica, gestisce e valuta... Assessment (scala disabilità e rischio) ICA (indici di complessità assistenziale) Indicatori Standard Prestazioni ... fig. 5) quadro di sintesi sull’esercizio professionale infermieristico avente come elemento fondamentale l’atto infermieristico Per la professione Infermieristica (ma per estensione anche alle altre ex professioni sanitarie ausiliarie, con i debiti adattamenti), è dal 1994 che si è delineata una specifica configurazione, rispetto alla figura del Medico che possiamo schematizzare in sintesi, nella figura 6. Esercizio Professionale “atto medico e atto infermieristico” - Valutazione diagnostica - Orientamento terapeutico - Assetto prognostico -... Me dic o Linee Guida Protocolli Procedure Profili di Cura ... - Pianifica, gestisce e valuta... Assessment - Indicatori - Standard ere - ICA rmi e f -... In fig. 6) quadro di sintesi sull’esercizio professionale medico e infermieristico 36 PAGINA Questo schema, evidenzia e sintetizza le aree di competenza del medico e dell’infermiere in una configurazione che rispecchia le normative, in primis, legge 42/1999. In virtù della componente collaborativa, fondamentale e necessaria per le due figure professionali, nell’ovale di sovrapposizione delle due aree, si apre uno spazio comune, nel quale con le reciproche competenze e in forza delle evidenze scientifiche, si possono collocare strumenti utili all’operatività quali: linee guida, protocolli, procedure e profili di cura, da costruire insieme, finalizzati a garantire una presa in carico del cittadino-paziente secondo canoni di qualità. Atto sanitario Seppur con le debite oscillazioni interpretative, legate ai diversi orientamenti poc’anzi richiamati, abbiamo fatto chiarezza sia su “atto medico”, sia su “atto infermieristico” Per deduzione ed esclusione, è possibile definire pertanto, che con atto sanitario, si intenda “l’insieme di attività poste in essere dall’operatore sanitario, nell’ambito delle specifiche competenze e con gli strumenti propri, orientate a sostenere/garantire/potenziare la realizzazione del processo di salute di un individuo o a trattare le conseguenze derivanti dal processo di malattia”15. Quanto espresso nel quadro riassuntivo riportato in figura 6, possiamo dire che per estensività concettuale seppur con le debite differenze, può essere riprodotto per tutti e 22 i profili professionali. Rispetto alla responsabilità giuridica dell’operatore sanitario, nei confronti dell’utente, nel frattempo si è espressa anche la corte di cassazione, sottolineando e richiamando tutti ad una elevatura sotto il profilo etico: “Gli operatori sanitari sono tutti, ex lege, portatori di una posizione di garanzia nei confronti dei pazienti, la posizione che va sotto il nome di “posizione di protezione”, la quale è contrassegnata dal dovere giuridico incombente al soggetto, di provvedere alla tutela di un certo bene giuridico contro qualsiasi pericolo atto a minacciarne l’integrità.” (Corte Cassazione, IV sez. pen. – sent. 2/3/2000, n. 447) Conclusioni Appare evidente come il mutamento dei bisogni di salute delle persone (determinati prevalentemente da fattori socioculturali e clinicoepidemiologici), abbia influito/condizionato/indotto un conseguente processo di cambiamento dei sistemi sanitari e dei professionisti. Le problematiche anche qui dibattute, risiedono probabilmente nella asincronia esistente tra sistemi (organizzazioni) e professionisti, che evidentemente non sono ancora allineati. Stessa difficoltà nello sviluppare un rapporto dialogico costruttivo e coerente, che ritroviamo tra i professionisti appartenenti a categorie diverse e a volte, anche tra gli appartenenti alla stessa famiglia professionale. Tentare di far chiarezza su atto medico, atto infermieristico e atto sanitario, non è certo un punto di arrivo, ma può rappresentare un efficace punto di ripartenza nel virtuoso viaggio verso la costruzione di una Sanità migliore. Nella convinzione che in un quadro così delicato, rifugiarsi nel corporativismo, oltre che inutile sarebbe anche dannoso, ormai alla soglia dei vent’anni dall’emanazione del profilo professionale, dei quindici dalla legge 42, delle molteplici esperienze di declina15) Loi Duilio, Atti Corso di aggiornamento “Professione Infermieristica tra aspetti giuridici e responsabilità professionale”, Pavia, 2011. Infermiere a Pavia zione operativa messe in campo e non ultimi: il consolidamento nella formazione, nella ricerca e la qualità aggregativa espressa dalle associazioni, si rimane davvero perplessi nel constatare che qualcuno non si sia ancora reso conto di quanto accaduto. Viene spontaneo: cosa altro, si dovrebbe ancora dimostrare? La consapevolezza che l’atto medico non sia più coincidente e sovrapponibile agli altri due, evidentemente non è ancora patrimonio collettivo, poiché -come già precedentemente richiamatoi cambiamenti culturali viaggiano a velocità più lente rispetto a bisogni e normative. Anche se le resistenze, fisiologicamente tendono a rallentare i processi di cambiamento, la situazione e le “urgenze” sanitarie nel paese reclamano risposte inderogabili fatte di concretezze, alle quali nessuno si può sottrarre. Per queste motivazioni, gli Infermieri, alle provocazioni di chi persegue interessi non coincidenti con quelli dei Cittadini, rispondono con la chiarezza dei fatti!! bibliografia – BERGOMI Piera, FRISONE Enrico, LOI Duilio. RIPA Paola, I principi dell’organizzazione professionale dell’Infermiere. Viaggio nella Professione Infermieristica, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna 2013, pp 167-197. – BIAVATI Catia, Standards per la pratica del Case Management, in AICM Journal, Volume 1 Numero 1, - Settembre 2012, Associazione Italiana Case management, 2012, pp 4-16 – CANTARELLI Marisa, Il modello delle prestazioni infermieristiche, Masson, 1993 – CONFERENZA STATO-REGIONI, Accordo tra il Ministro della sanità, il Ministro per la solidarietà sociale e le regioni e province autonome di Trento e Bolzano, per la individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’ operatore socio sanitario e per la definizione dell’ordinamento didattico dei corsi di formazione. (Gazzetta Ufficiale n. 91 del 19-04-2001) – CONFERENZA STATO-REGIONI, Bozza Tavolo di lavoro “implementazione delle competenze del profilo di Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (aprile 2013) – DECRETO MINISTERIALE 14 settembre 1994, n. 739 - Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’Infermiere (Gazzetta Ufficiale n. 6 del 09-01-1995) – FEDERAZIONE NAZIONALE COLLEGI IPASVI, Codice Deontologico dell’Infermiere, Roma, 1999. – FEDERAZIONE NAZIONALE COLLEGI IPASVI, Codice Deontologico dell’Infermiere, Roma, 2009. – LEGGE 1 febbraio 2006, n. 43 - Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali (Gazzetta Ufficiale n. 40 del 17-02-2006) – LEGGE 10 agosto 2000, n. 251 - Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche,tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica (Gazzetta Ufficiale n. 208 del 06-09-2000) – LEGGE 26 febbraio 1999, n. 42 - Disposizioni in materia di professioni sanitarie (Gazzetta Ufficiale n. 50 del 02-03-1999) – LOI Duilio (co-autore), Ruolo e Funzioni dell’infermiere alle porte del terzo millennio. Gruppo di Studio ANIN su Abilità Assistenziale: caratteristiche del ruolo professionale dell’infermiere nel processo di trasformazione del sistema sanitario” ANIN, Celleno (VT), 1994 – LOI Duilio, MARIN Meri, Applicabilità delle teorie infermieristiche all’operatività: elaborazione e proposte di “linee guida” per un modello concettuale nell’assistenza psichiatrica. In atti XX congresso nazionale ANIN, Roma, 1995 – LOI Duilio (co-autore), Linee guida per il Master di primo livello – Infermieristica in Salute Mentale, Federazione Nazionale Collegi IPASVI, Roma, 2002 – LOI Duilio, Atti Corso di aggiornamento “Professione Infermieristica tra aspetti giuridici e responsabilità professionale”, Collegio IPASVI Pavia, 2011 – SILVESTRO Annalisa, Infermieri: valori, innovazioni e progettualità per l’assistenza alla persona, Relazione della Presidente Nazionale dei Collegi IPASVI al XV Congresso Nazionale IPASVI, Firenze 26 – 28 febbraio 2009 – SILVESTRO Annalisa, Commentario al codice deontologico 2009, Sito federazione Nazionale Collegi IPASVI, Roma, 2009 – www.ipasvi.it L’autore * Infermiere 37 PAGINA Numero 4/2013 Tabella presenze Consiglieri anno 2013 CONSIGLIERI 30 gen ORD RIUNIONI CONSIGLIO DIRETTIvO 27 feb 06 mar 27 mar 10 apr 06 mag 19 giu 31 lug 17 set 23 ott 14 nov 12 dic TOTALE ORD STRA ORD STRA ORD ORD ORD ORD ORD ORD ORD PRESENZE Frisone Enrico P P P P A P P P P P P 10 Loi Duilio P A P P P P P P P A P 9 P P A P P A P P P P P 9 Braga Giuseppe P P A P P P P P P P P 10 Baglioni Elena A P A P P P A A P P A 6 Belotti Luigia P P P P P P A P A P A 8 Cattaneo Emanuela P P P P P P P P P P P 11 Ciancio Gabriele P P A P P A A P A P P 7 Costa Rosanna P P P P P P A P P A P 9 Maiocchi Enrica P P A P P P P P P P P 10 Mazzucco Antonella A P P P P A P A A 7 Mutti Daniele A P P DIMESSO Pontello Giuseppina P P Rizzini Ruggero A A Tanzi Annamaria P P SOSPESA Quattrocchi Salvatore P 0 P P P A DIMESSO P A P A P P A P P A A P 8 0 8 RIUNIONI COLLEGIO REvISORI DEI CONTI REVISORI DEI CONTI 28 gen 7 mar 25 set 28 nov Bergomi Piera P P P P 4 Bassi Claudio P P P P 4 Di Martino Raffaella P P P P 4 Roversi Paolo (supplente) P P A P 3 Meleis Afaf Ibrahim Teoretica Infermieristica: Sviluppo e progresso della filosofia e delle terorie infermieristiche Milano: CEA, 2013. XI, 624 p., ill., 27 cm. ISbN: 9788808182906 Definire in modo unidirezionale questo imponente Volume è pressoché impossibile. Il suo carattere policromatico immerge il lettore in un lungo ed appassionante viaggio nel quale gli è dato modo di compenetrare lo scritto in modo maturo e tutt’altro che scolastico: come in tutti i viaggi degni d’essere ricordati (non mancano mappe, destinazioni e intuizioni) coinvolge e offre numerose opportunità d’interazione con le esperienze personali. La domanda di primo acchito lecita al primo approccio è: perché affrontare un percorso così variegato che si allarga a macchia d’olio sull’intera storia teorica? La risposta è implicita se il lettore riflette sul proprio personale percorso e lo compara, bipartendolo, con le esperienze dei propri compagni di viaggio oltre che al viaggio stesso. L’obbiettivo del lavoro di Meleis è comunque chiaro e ben evidente: fornire strumenti e strategie per spiegare il processo di pensiero infermieristico. Se la teoretica (lat. theoretĭcus, gr. ϑεωρητικός) in senso statuario filosofico è ciò che appartiene alla teoria, in didattica designa la pertinenza ai fondamenti generali della dottrina scientifica. In tal modo abbiamo da un lato la filosofia della conoscenza ma dall’altro anche una teoria generale della realtà. Questo libro comunque non promuove prospettive epistemologiche, teoriche, ontologiche prendendo le parti di alcune a discapito di altre, bensì esplora, analizza, critica e compara i differenti fattori, citati in modo approfondito e imparziale, stimolando la riflessione e promuovendo un dialogo solido atto a sfidare lo status quo. Fisicamente diviso in sei parti (descrizione del viaggio teoretico con focus su agenti e produttori di conoscenza; analisi storica del progresso della disciplina; discussione epistemologica sull’infermieristica; analisi di questioni teoriche pionieristiche; una sezione dedicata al futuro della disciplina; amplia bibliografia sulle meta-teorie e sui paradigmi utilizzati nell’assistenza) ha il pregio di poter essere utilizzato sia sequenzialmente che non, mentre il linguaggio utilizzato evita di far pensare ad una visione stereotipa degli infermieri, dei pazienti e dei medici. 38 PAGINA Infermiere a Pavia Un calendario per sostenere i diritti delle donne “No more. Rompiamo il silenzio con le nostre voci”. La scritta sul retro del calendario finanziato da Ains Onlus in difesa dei diritti e della dignità delle donne nel mondo è esplicita e significativa. Va nella direzione della tutela di una uguaglianza uomo/donna che in troppe zone del mondo è purtroppo ancora discriminazione nel mondo del lavoro, ma anche sociale e politico. A realizzare questo calendario sono state Gabriela Giovilli ed Elisa Moretti di Ains onlus [Associazione Italiana Nursing Sociale]; risulta vincente e di forte impatto la combinazione tra i testi di legge che inneggiano alla parità, le cifre e le notizie che la smentiscono e le immagini intense di volti femminili che incarnano i valori della donna più veri e più puri: dalla maternità, alle arti e mestieri, al coraggio fino alla fatica del lavoro quotidiano. Pagine veramente emozionanti da sfogliare e da tenere appese alla parete per ricordare, oltre alle date e ai nostri appuntamenti, anche l’importanza di un diritto che tutti noi siamo chiamati a tutelare. Tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre1999, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne e ha invitato i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica. La nostra Associazione [AINS onlus Associazione Italiana Nursing Sociale] nata nel 1998 per iniziativa di due infermieri e impegnata a favore della promozione dei diritti umani, e, lavorando per la solidarietà nell’ambito della cooperazione internazionale in Guatemala e il Collegio IPASVI della provincia di Pavia, lavorando in rete, hanno dato il loro contributo per ricordare alla professione infermieristica che troppe donne, di tutte le età, sono quotidianamente sottoposte a violenze e soprusi troppo spesso commessi in ambito familiare. La violenza sulle donne riguarda tutta la società e non può essere un problema che non ci tocca come cittadini e come operatori sanitari. La violenza contro le donne riguarda tutte e tutti soprattutto in riferimento al fatto che le conseguenze della violenza, sul piano della salute, portano spesso la donna che ne è vittima a contattare le strutture sanitarie, ospedaliere e del territorio. Come? Abbiamo realizzato un manifesto e un calendario che, regalato agli infermieri degli ospedali di Pavia, abbiamo chiesto di esporre nei reparti ospedalieri a partire dal giorno 25 novembre per ricordare a tutti gli operatori della sanità e in particolar modo agli Infermieri che la violenza sulle donne ci riguarda SEMPRE. Un piccolo ma importante progetto che abbiamo voluto condividere con il mondo infermieristico. Numero 4/2013 39 PAGINA Ti piacerebbe fare un’esperienza in Italia o in qualche paese nel mondo Gentile collega, ti chiediamo di segnalarci, inviandoci una e-mail all’indirizzo: [email protected] – il tuo impegno nel sociale a livello locale o in un progetto di cooperazione internazionale; – il nome dell’associazione con la quale fai volontariato; – se sei partita/o per una missione umanitaria in che paese ti sei recata/o e per quanto tempo; – se ti piacerebbe fare un’esperienza in Italia o in qualche paese nel mondo. Ti chiediamo queste poche informazioni perché vogliamo censire il numero degli infermieri della nostra provincia che si impegnano nel sociale. Ti ringraziamo anticipatamente per la disponibilità. Convenzione IPASVI - INA ASSITALIA Dal mese di luglio 2012, il Collegio IPASVI della Provincia di Pavia ha sottoscritto con INA Assitalia, Agenzia Generale di Pavia, una convenzione per l’adesione al FONDO PENSIONE APERTO INA A CONTRIBUTI DEFINITI INA Assitalia è una Compagnia assicurativa nata nel 1912 come compagnia di previdenza privata. Tutt'ora mantiene una posizione leader in ambito previdenziale grazie a soluzioni innovative costruite “sulla persona” cioè adattate alle diverse aspettative e all'orizzonte temporale individuale. Attraverso la Convenzione è possibile aderire, su base volontaria, a un fondo pensione aperto, usufruendo di condizioni di particolare favore innanzitutto economico. Sconti e agevolazioni si estendono anche a soluzioni di tutela della persona e della famiglia (salute, infortuni, casa, auto). L'Agenzia Generale di Pavia mette a disposizione degli iscritti al Collegio il proprio servizio di consulenza altamente qualificata e personalizzata. AGENzIA GENERALE INA ASSITALIA DI PAvIA di SERGIO BALORDI E CLAUDIO MARZIANI Corso Cavour 59 - Pavia - Tel. 0382/23021 Fax 0382/27642 Per ulteriori informazioni e per fissare appuntamenti, è possibile contattare la: Dott.ssa Angelica Fontolan Consulente Previdenziale cell. 338 4226941 Accogliamo con piacere ed entusiasmo la notizia che il Senato Accademico dell’Università degli Studi di Pavia, ha deliberato circa la realizzazione di un rivolto a: Master di I livello “Infermiere di famiglia e di Comunità” per l’anno accademico 2013-2014 Nelle settimane prossime sarà disponibile presso la segreteria dell’Università o tramite il sito internet all’indirizzo: http://www.unipv.eu/site/home/naviga-per/laureati/master.html specifico bando, contenente modalità e termini in dettaglio.
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