Raccolta Interrogazioni a Camera e Senato 24/2014

Attività Parlamentare
Raccolta delle interrogazioni presentate alla
Camera e al Senato
n. 24/2014
2014
INDICE
CAMERA ............................................................................................................................................ 5
Interrogazione a risposta in Commissione sul rilascio della valutazione di impatto ambientale
positiva per lo stoccaggio di gas nel sottosuolo, da parte della società Gas Plus Storage s.r.l.
a Poggiofiorito, in provincia di Chieti .......................................................................................... 5
Interrogazione a risposta scritta sulle bonifiche e sui ripristini successivi alle attività estrattive
della Sardinia Gold Mining ........................................................................................................... 6
Interrogazione a risposta scritta sulle perforazioni marine in aree protette, sulla costa
iglesiente della Sardegna ................................................................................................................ 7
Interrogazione a risposta scritta sui black-out elettrici nella provincia di Pordenone e sul Piano
industriale di Enel distribuzione per il Friuli Venezia Giulia .................................................... 9
Interpellanza sul rilancio economico delle aree portuali ed ex industriali del porto di
Augusta, in Sicilia e sulla bonifica integrale del sito ................................................................. 10
Interrogazione a risposta in Commissione sul rilascio della valutazione di impatto ambientale
positiva per lo stoccaggio di gas nel sottosuolo, da parte della società Gas Plus Storage s.r.l.
a Poggiofiorito, in provincia di Chieti ........................................................................................ 11
Interrogazione a risposta in Commissione sui chiarimenti circa le misurazioni dei consumi
elettrici privati e industriali, con particolare riferimento ad Enel .......................................... 13
Interrogazione a risposta scritta sulla cancellazione dal Sistema di controllo della tracciabilità
dei rifiuti (SISTRI), e sul diritto al rimborso delle quote versate negli anni 2010 e 2011 da
imprese che non hanno mai usufruito del SISTRI .................................................................... 14
Interrogazione a risposta in Commissione sulle strategie industriali dell'Eni, con particolare
riferimento alla possibile chiusura delle raffinerie di Porto Marghera .................................. 16
Mozione sull'istituzione in via sperimentale e temporanea, nella Regione Friuli Venezia
Giulia, di una disciplina normativa analoga a quella delle zone franche urbane, con
particolare riferimento alle agevolazioni fiscali sulle tariffe dei carburanti e dei generi di
monopolio ...................................................................................................................................... 17
Interrogazione a risposta scritta sull’interruzione del servizio merci pericolose nella stazione
di Bergamo .................................................................................................................................... 20
2
Interrogazione a risposta scritta sulla decisione di Eni di revocare il piano d'investimenti per
la riconversione in bioraffineria del sito siciliano di Gela ....................................................... 21
Risoluzione in VI Commissione sulla normativa circa la rendita catastale dell'immobile in
caso di installazione di un impianto fotovoltaico ....................................................................... 22
Interrogazione a risposta in Commissione sul blocco totale dei sistemi di rilevazione
ambientale nella cokeria Ilva....................................................................................................... 24
Interrogazione a risposta scritta sulla realizzazione di un elettrodotto di Terna nelle province
di Benevento, Avellino e Foggia .................................................................................................. 25
Interpellanza sui costi a carico delle imprese per l'installazione e la gestione dei Pos e sugli
oneri relativi alla diffusione della moneta elettronica ............................................................... 27
Interrogazione a risposta in Commissione sulle problematiche in merito alla trasmissione e al
pagamento delle fatture elettroniche .......................................................................................... 28
Risposta del Sottosegretario di Stato per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare Silvia Velo
alle interrogazioni sui chiarimenti in merito all'affidamento, alla progettazione e alla
realizzazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri) ............................ 29
SENATO ............................................................................................................................................ 41
Interrogazione a risposta in 10a Commissione permanente sulle relazioni commerciali
instaurate da Enel con la Drummond e la Glencore-Prodeco, aziende minerarie della
Colombia, accusate di problemi ambientali e violazione dei diritti umani, sui chiarimenti
circa i partner commerciali di Enel e sulle modalità con cui entrano in relazione con l'utility
energetica ...................................................................................................................................... 41
Interrogazione a risposta orale sui procedimenti di valutazione di impatto ambientale sui
progetti di centrali solari termodinamiche in Sardegna .......................................................... 42
Interrogazione a risposta scritta sulla mancata emanazione dei decreti attuativi in materia di
pagamento tramite Pos per commercianti, artigiani e liberi professionisti ............................ 52
Interrogazione a risposta scritta sulla bonifica delle aree del territorio del vulcano Vesuvio,
interessate sullo sversamento di rifiuti speciali ......................................................................... 54
Interrogazione a risposta scritta sul progetto della centrale termoelettrica alimentata a
carbone, di potenza elettrica di 1320 megawatt, nel Comune di Montebello Jonico
(Reggio Calabria) ......................................................................................................................... 56
3
Interrogazione a risposta scritta: sull’accesso alla tariffa incentivante da parte dei produttori
di agro energie, anche in riferimento ai controlli documentali affidati al Gse ....................... 58
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CAMERA
Interrogazione a risposta in Commissione:
sul rilascio della valutazione di impatto ambientale positiva per lo stoccaggio di gas nel
sottosuolo, da parte della società Gas Plus Storage s.r.l. a Poggiofiorito, in provincia di Chieti
COLLETTI, VACCA e DEL GROSSO (M5S)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il 19 giugno 2014 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha firmato il
decreto ministeriale n. 165 con il quale ha rilasciato la valutazione di impatto ambientale positiva
per lo stoccaggio di gas nel sottosuolo da parte della società Gas Plus Storage s.r.l. a Poggiofiorito
in provincia di Chieti. In profondità saranno stoccati fino a 157 milioni di metri cubi di gas che
verrà immesso nel sottosuolo in pressione in estate e pompato in superficie in inverno;
il territorio in questione è classificato dallo stesso decreto del Ministero «a massimo rischio
sismico»; l'8 luglio 2014 il Forum abruzzese dei movimenti per l'acqua pubblica ha denunciato, con
un comunicato stampa, una delle prescrizioni nella quale si legittima che decine di migliaia di
cittadini abruzzesi debbano convivere, per i prossimi decenni, con il rischio sismico derivante dallo
stoccaggio di gas a Poggiofiorito. In particolare, nel decreto del Ministero si legge: «qualora la
microsismicità riconducibile alle attività di esercizio dello stoccaggio eguagli o superi la Magnitudo
Locale 3.0 (Richter, n.d.r.), dovranno essere adottati dal soggetto gestore responsabile tutti gli
accorgimenti opportuni atti a riportare la Magnitudo Locale massima dei sismi a valori inferiori a
2.0»; non sono assolutamente chiari quali possano essere gli accorgimenti per controllare «a
posteriori» un terremoto; il Forum abruzzese dei movimenti per l'acqua pubblica ha calcolato che
nel raggio di 10 chilometri dal punto di re-iniezione (una distanza relativamente piccola nel campo
dei terremoti) ricadono ben 19 comuni e 44.000 abitanti (i comuni in questione sono: Guardiagrele,
Casacanditella, Fara Filiorum Petri, S. Martino sulla Marrucina, Filetto, Orsogna, Bucchianico,
Arielli, Ari, Canosa Sannita, Poggiofiorito, Villamagna, Giuliano Teatino, Vacri, Crecchio,
Roccamontepiano, Rapino, Pretoro, Casalincontrada). Il risultato sarebbe ancora più preoccupante
considerando non già il punto in cui saranno scavati i pozzi, ma i confini dell'area di concessione
che è vasta circa 1.050 ettari. Se si tenesse conto di questo aspetto, i cittadini residenti in tutta
quest'area sarebbero quasi 100.000; la regione Emilia Romagna, proprio per i timori connessi al
rischio sismico, è riuscita ad ottenere a febbraio 2014 il diniego per lo stoccaggio gas di Rivara da
parte
del
Ministero
dell'ambiente
e
della
tutela
del
territorio
e
del
mare –:
5
se il Ministro interrogato intenda riconsiderare – così come già giustamente fatto per lo stoccaggio
gas di Rivara – la valutazione positiva per lo stoccaggio di gas da parte della società Gas Plus
Storage s.r.l. a Poggiofiorito, in quanto ad avviso degli interroganti appare evidente come tale
decisione sia in grado di mettere gravemente in pericolo l'incolumità di decine di migliaia di
cittadini abruzzesi. (5-03203)
Interrogazione a risposta scritta:
sulle bonifiche e sui ripristini successivi alle attività estrattive della Sardinia Gold Mining
PELLEGRINO e ZARATTI (SEL)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nel 1997 la società Sardinia Gold Mining ha realizzato quattro miniere a cielo aperto nel comune di
Furtei, con un investimento di oltre 13 milioni di dollari, nel sud della Sardegna, a circa 40
chilometri da Cagliari; lo sventramento della collina di Santu Miali è valso, in dieci anni di lavoro,
appena 5 tonnellate d'oro, 6 d'argento e 15 mila di rame ma ha lasciato un'eredità ben più pesante:
ben 300 ettari di fanghi tossici e acque acide che a ogni acquazzone fanno temere il peggio;
una fuoriuscita dagli invasi sarebbe uno «tsunami ecologico» (come ha spiegato il direttore della
bonifica dell’ex miniera, Attilio Usai) in grado di contaminare non soltanto i terreni circostanti, ma
anche i fiumi e tutti i bacini da cui dipendono l'agricoltura, la pastorizia e la vita del medio
Campidano; nel 1997, nel momento dell'avvio dei lavori, i dipendenti della Sardinia Gold Mining
erano 110, quando, nel 2008, l'attività è stata interrotta, i dipendenti erano solamente 42. Decretato
il fallimento, nel 2009 i libri contabili sono stati portati in tribunale e delle bonifiche dei laghi al
cianuro nessuno si è più preoccupato; l'Igea, la società controllata dalla regione Sardegna che si
occupa delle miniere dismesse, ha il compito di monitorare la situazione, ma, intanto, il lago acido
dell'agro di Furtei diventa sempre più grande. Dal 2001 al 2003 la Sardinia Gold Mining è stata
controllata dall'ex governatore sardo Ugo Cappellacci, recentemente sconfitto alle regionali da
Antonio Pigliaru. La giunta regionale uscente aveva stanziato 11 milioni di euro per la messa in
sicurezza del bacino idrico contaminato da cianuro e altri metalli, ma dall'Igea, la società pubblica
regionale incaricata della dismissione delle ex miniere, ha stimato che la bonifica arriverà a costare
decine di milioni di euro; nel 2002 Cappellacci affermava che sarebbero stati i privati della Sardinia
Gold Mining a provvedere alle bonifiche e ai ripristini successivi alle attività estrattive. In uno
slancio a lungo termine si ipotizzò addirittura la costruzione di un eco-parco. Nonostante gli 80
milioni di euro fatturati dalla miniera nel decennio di attività, le promesse sono rimaste disattese –:
quali iniziative intenda intraprendere per intervenire a tutela della popolazione minacciata da un
6
danno ambientale che incide sulla salute della stessa e prevenire l'estendersi della contaminazione
nelle aree circostanti determinando così un vero disastro ecologico di natura irreversibile. (4-05485)
Interrogazione a risposta scritta:
sulle perforazioni marine in aree protette, sulla costa iglesiente della Sardegna
PILI (MISTO)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo
economico. — Per sapere – premesso che: da settimane, in mare aperto, proprio davanti agli
splendidi faraglioni del Pan di Zucchero di Nebida, nella splendida costa iglesiente, Sardegna si
effettuano perforazioni marine; una nave battente bandiera italiana, la Grecale Primo con il pontone
Geo1, trivella i fondali marini davanti a Porto Flavia; un'ordinanza della capitaneria di porto
autorizza una campagna di carotaggi; le società interessate hanno un curriculum variegato,
dall'eolico agli armamenti bellici, dall'inquinamento petrolifero a quello oceonografico, per non
indurre più di un sospetto sulla reale funzione e obiettivo di queste indagini; si tratta di trivellazioni
nel bel mezzo di un sito di interesse comunitario, dove tutto è vietato; la fattispecie di perforazioni
in area protetta pone il problema di capire se fosse sufficiente l'autorizzazione della capitaneria o se,
invece, fosse necessaria qualche valutazione ulteriore da parte di altri soggetti; si tratta di un'attività
anomala, in una zona studiata ripetutamente e dove l'attività estrattiva mineraria è cessata da
decenni; in quell'area di presunto studio non è mai stato speso un euro per l'effettuazione di bonifica
a terra; si tratta di fondi utilizzati in modo del tutto inefficiente considerato che in quell'area le
caratterizzazioni erano state già fatte da tempo e a più riprese; a firmare le precedenti indagini,
come si rileva da curriculum pubblici, è stato un professionista indagato per mancate bonifiche
nell'area di La Maddalena; a disporre queste nuove caratterizzazioni nell'area marina del Sulcis
Iglesiente sarebbe proprio l'Ispra, l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale; lo stesso Istituto
per il quale ha lavorato il professionista che dopo aver fatto le prime caratterizzazioni nella zona a
mare, nel Sulcis Iglesiente, nel 2006 fu coinvolto nelle mancate bonifiche nell'isola di La
Maddalena in occasione del G8; la dichiarata esecuzione di attività di caratterizzazione dell'area
marinocostiera prospiciente il sito di interesse nazionale Sulcis Iglesiente e Guspinese per conto
dell'ISPRA
non
solo
non
è
chiara
ma
lascia
aperti
molti
interrogativi;
appare sconosciuto all'interrogante il motivo per il quale il Ministero dispone questo tipo di costose
attività e non stanzia nemmeno un euro per la bonifica di quelle aree; appare difficile spiegare
questo
impiego
di
fondi
su
un'attività
di
carotaggio
marino
di
questa
portata;
il Ministero in questo intervento attraverso l'Ispra pare abbia coinvolto società variegate dalla ditta
7
Geo Polaris s.r.l. con sede a Livorno che ha chiesto l'emissione di un'ordinanza di polizia marittima
per regolare la navigazione negli specchi acquei di mare territoriale, all'impresa Sub Service s.r.l.
con sede a Mogoro (OR) con riferimento alla bonifica da ordigni esplosivi residuati bellici per
l'esecuzione delle attività di caratterizzazione dell'area marino-costiera prospiciente il sito di
interesse nazionale del Sulcis Iglesiente e Guspinese; infine c’è il nulla-osta rilasciato alla ditta
C.R.S.A. Med Ingegneria con sede Marina di Ravenna. Si tratta di società che vanno dalla ricerca di
residui
bellici
a
scarichi
petroliferi
per
arrivare
all'installazione
di
pale
eoliche;
si pone il tema dell'utilizzo da parte di terzi di queste eventuali caratterizzazioni e soprattutto della
reale funzione delle informazioni che si stanno acquisendo; non si possono continuare a dilapidare
risorse spendendo fondi pubblici magari per finalità che non appaiono neppure in linea con gli
obbiettivi prefissati; appare grave che con un'autorizzazione marittima dal 6 maggio 2014 al 30
giugno 2014 si sia proseguito ad avviso dell'interrogante impunemente anche in questi ultimi giorni,
e soprattutto come tutto questo sia avvenuto in mezzo ai natanti come testimoniano le immagini e i
tracciati delle rotte; si tratta secondo i documenti in possesso dell'interrogante di carotaggi con vibro
carotiere subacquee e campionamenti superficiali con benna attraverso il GRECALE PRIMO ed il
pontone modulare GEO1 LI10154; lavori che dovevano essere eseguiti fuori dagli orari di
balneazione (tra le ore 08,30 e le ore 19,30) e che invece non hanno in alcun modo rispettato queste
disposizioni;
bisogna interrompere quello che l'interrogante appare un continuo dissennato utilizzo di denaro
pubblico senza un piano organico di intervento e soprattutto senza aver mai destinato risorse
concrete per le bonifiche di queste zone; si corre il rischio a giudizio dell'interrogante che tali studi
non finalizzati a reali interventi di bonifica servano ad alimentare un sistema senza affrontare
minimamente il cuore del problema: la bonifica ambientale –:
se non ritenga il Governo di dare puntuali spiegazioni su questo tipo di perforazioni davanti ad un
monumento naturale e in area protetta;
se non ritenga di chiarire le modalità di individuazione delle società prescelte per l'esecuzione delle
opere di sondaggio in quell'area;
se risultino coinvolte società o soggetti che hanno operato nelle mancate bonifiche dell'isola de La
Maddalena;
se risultino effettuati nella stessa area analoghi studi e se ad eseguirli sia stato qualche tecnico
professionista coinvolto nelle mancate bonifiche dell'isola de La Maddalena;
se intenda far conoscere il costo delle indagini;
se esistano stanziamenti adeguati da parte del Governo per dar seguito ad eventuali interventi di
bonifica a mare;
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se esistano stanziamenti adeguati da parte del Governo per dar seguito ad eventuali interventi di
bonifica a terra, ipotizzando a terra, le eventuali cause di inquinamento a mare. (4-05488)
Interrogazione a risposta scritta:
sui black-out elettrici nella provincia di Pordenone e sul Piano industriale di Enel
distribuzione per il Friuli Venezia Giulia
ZANIN, COPPOLA e BLAZINA (PD)
— Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere –
premesso che:
recentemente, in alcune località della provincia di Pordenone, si sono manifestati diversi black-out;
alcuni anche in contemporanea, comportando un disagio, inusuale per il territorio provinciale, per i
clienti di Enel Distribuzione. Analoghi guasti si sono manifestati anche in provincia di Udine. La
distribuzione di energia elettrica, la cui concessionaria per tutta la provincia di Pordenone è Enel
distribuzione, è un bene pubblico essenziale e come tale va monitorato, tutelato e mantenuto.
L'Autorità garante per l'energia elettrica ed il gas (AEEG) ha stabilito, con proprie delibere, quali
debbano essere gli standard per la qualità tecnica e commerciale per i concessionari della
distribuzione di energia elettrica. A fronte dei risultati qualitativi, alle aziende distributrici viene
erogato un premio o trattenuta una penale; in Friuli Venezia Giulia da anni vengono erogati dei
premi per l'ottima qualità del servizio tecnico e commerciale raggiunta. Tali premialità dovrebbero
essere reinvestite nella rete dal concessionario per permettere un loro ammodernamento: le nevicate
invernali nel territorio della montagna pordenonese e della Carnia, e i recenti guasti verificatisi a
maggio e giugno, dimostrano che una delle cause dei black-out è la vetustà delle reti elettriche, il
cui rifacimento risalgono ai primi anni ’80, come conseguenza del tragico terremoto del 1976 (le
reti quindi hanno circa 40 anni di vita) –: se il Ministro dell'economia e delle finanze, quale
azionista di riferimento di Enel, sia a conoscenza:
a) del valore economico dei premi dell'Autorità garante per l'energia elettrica ed il gas erogati a
Enel distribuzione in Friuli Venezia Giulia nell'ultimo triennio e suddivisi per anno;
b) dell'entità degli investimenti per rifacimento delle linee di media tensione, su conduttori aerei e
sotterranei, che sono stati realizzati da Enel distribuzione in Friuli Venezia Giulia, nel corso
dell'ultimo triennio e suddivisi per anno;
quale sia il tasso di sostituzione annuale degli impianti vetusti per la regione Friuli Venezia Giulia
ed in particolare per la provincia di Pordenone;
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se si prevedano, nel Piano industriale di Enel distribuzione in Friuli Venezia Giulia, ed in
particolare per il pordenonese, investimenti tesi a ripristinare l'elevato standard qualitativo che
questi disservizi rischiano di inficiare e quale sia l'entità di tali investimenti;
se nel Piano industriale di Enel distribuzione per il Friuli Venezia Giulia si prevedano investimenti
destinati al passaggio delle reti di distribuzione verso il sistema «smart grid» e l'entità di tali
investimenti. (4-05474)
Interpellanza:
sul rilancio economico delle aree portuali ed ex industriali del porto di Augusta, in Sicilia e
sulla bonifica integrale del sito
ZAPPULLA (PD)
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere –
premesso che: il porto di Augusta è il più grande porto naturale del basso Mediterraneo, nella costa
orientale della Sicilia, e al suo interno si trovano un'importante porto commerciale, un polo
industriale, una base militare ed un porto/città con due darsena in pieno centro storico. La baia si
divide in due parti: rada esterna e rada interna o porto megarese; ad esso si accede attraverso due
imboccature che interrompono i complessivi 6,5 chilometri circa di diga foranea che lo proteggono,
che è una regione assistita ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera a) del Trattato;
al momento, il porto di Augusta è specializzato principalmente nel traffico di rinfuse liquide
(petrolchimici) e, in misura minore, di rinfuse solide. Attualmente il porto gestisce un traffico di
circa 33 milioni di tonnellate di merci e ed è il primo porto in Italia per traffico merci di prodotti
industriali;
la Decisione n. 661/2010/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 luglio 2010 sugli
Orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete trans europea dei trasporti include il porto di
Augusta tra i porti marittimi dell'Unione europea classificati come «categoria A» in termini di
importanza, in base ai volumi di traffico e al collegamento alle reti trans europee dei trasporti
terrestri. Lo stesso documento definisce come progetto d'interesse comune l'adattamento delle
infrastrutture al trasporto intermodale in porti di categoria A, e in particolare i porti periferici e
quelli situati sulle isole; l'obiettivo del progetto notificato consiste nell'espandere e adattare
l'infrastruttura esistente del porto per consentire anche il traffico di container di grandi dimensioni
nelle modalità mare-mare, mare-strada e mare-ferrovia, nonché per consentire al porto di
partecipare al trasporto lungo le autostrade del mare, portando lo scalo di Augusta ad una capacità
massima totale di 800 000 TEU/anno entro il 2025 e un volume di traffico pari a 500 000 TEU/anno
10
dal 2015, con interventi programmati per 145,33 milioni di euro, destinati a finanziare quattro parti
principali o «interventi» finalizzati alla realizzazione di nuove banchine e piazzali di manovra o per
l'ampliamento di parte di banchine esistenti; uno sforzo finanziario e infrastrutturale che richiede il
massimo coordinamento di tutti i livelli istituzionali, nel comune obiettivo di consolidare le
potenzialità portuali e imprenditoriali della Sicilia orientale secondo un progetto strategico coerente
con gli indirizzi comunitari; in tale contesto va inquadrata la riflessione dell'eventuale riforma e
razionalizzazione del sistema delle autorità portuali nazionali e siciliane in particolare,
salvaguardando le potenzialità della piattaforma industriale, commerciale (merci e passeggeri) e
logistica nel Mediterraneo dello scalo di Augusta, quale polo centrale del sistema dell'area vasta
della Sicilia orientale; le forze sociali, economiche e istituzionali del territorio sostengono la scelta
strategica del sistema integrato portuale-marittimo della Sicilia orientale con al centro il porto di
Augusta,
anche
come
naturale
sede
della
autorità
portuale
futura;
va scongiurata una visione campanilistica che prescinda dalle caratteristiche e dalle potenzialità
degli scali portuali dell'area, compromettendo le prospettive di sviluppo e occupazione che potranno
discendere da una gestione integrata e moderna –: quali iniziative il Governo intenda assumere al
fine di assicurare che gli investimenti nello scalo di Augusta siano portati avanti secondo i tempi
programmati, anche in vista della definizione dell'obiettivo di bonifica integrale del sito, quale
precondizione per il definitivo rilancio economico delle aree portuali ed ex industriali;
quali siano gli intendimenti del Governo in materia di riordino del sistema delle autorità portuali
della Sicilia orientale, tenendo conto delle linee guida generali dell'Unione europea e delle
peculiarità dei territori e delle infrastrutture interessate. (2-00625)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sul rilascio della valutazione di impatto ambientale positiva per lo stoccaggio di gas nel
sottosuolo, da parte della società Gas Plus Storage s.r.l. a Poggiofiorito, in provincia di Chieti
VACCA e altri (M5S)
— Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per
sapere – premesso che: in data 21 giugno 2011 è stata presentata, dalla società Gas Plus Storage srl
una istanza di pronuncia di compatibilità ambientale relativa al progetto riguardante lo «Stoccaggio
di gas naturale in giacimento di idrocarburi da denominarsi Poggiofiorito Stoccaggio» con attività
da realizzarsi nel comune di San Martino sulla Maruccina (Chieti) a meno di 20 chilometri dalla
città di Chieti; il progetto prevede anche la costruzione di una nuova unità di compressione per
consentire lo stoccaggio di gas naturale prelevato dalla rete nazionale di capacità di working gas
11
pari a 157 MSm3 e portata di punta in erogazione ed in iniezione pari a 1,7 MSm3/g mediante la
costruzione di una unità di compressione e di una unità di trattamento del gas, la perforazione di 2
nuovi
pozzi
ed
il
work-over
del
pozzo
esistente
«Poggiofiorito
1-bis
dir
A»;
in data 4 agosto 2010 è stata presentata, dalla società Gas Plus Storage srl una istanza di pronuncia
di compatibilità ambientale relativa al progetto riguardante lo «Stoccaggio gas naturale in strato
denominato San Benedetto Stoccaggio» con attività da realizzarsi nel comune di San Benedetto del
Tronto (Ascoli Piceno), al confine tra la regione Marche e la regione Abruzzo;
il progetto prevede la realizzazione della centrale di stoccaggio gas di capacità di working gas pari a
522 MSm3 e portata di punta in erogazione ed in iniezione pari a 5,94 MSm3/g, mediante la
costruzione di una unità di compressione e di una unità di trattamento, la perforazione di 6 pozzi per
lo stoccaggio del gas e la posa in opera di un metanodotto per la connessione della Centrale di
stoccaggio alla rete di alta pressione; lo stoccaggio consiste nel deposito, attraverso l'immissione a
elevate pressioni, in strutture del sottosuolo del gas naturale prelevato dalla rete di trasporto
nazionale e successivamente reimmesso nella rete in funzione delle richieste del mercato;
con il decreto di valutazione di impatto ambientale del 19 giugno 2014 n. DM-0000165 è stata
emanata
una
risposta
positiva,
con
prescrizioni,
all'istanza
Poggiofiorito
stoccaggio;
con il decreto di valutazione di impatto ambientale del 19 giugno 2014 n. DM-0000165 è stata
emanata una risposta positiva, con prescrizioni, all'istanza San Benedetto stoccaggio;
una delle prescrizioni dei decreti di valutazione di impatto ambientale citati, prevede il progetto di
una rete di monitoraggio microsismico a spese del proponente in grado di determinare la massima
accelerazione del suolo provocata da un terremoto riconducibile all'attività di stoccaggio;
tra le prescrizioni dei decreti si specifica che, qualora la micro sismicità riconducibile alle attività di
esercizio dello stoccaggio eguagli o superi la magnitudo locale di 3.0, dovranno essere adottati dal
soggetto gestore responsabile tutti gli accorgimenti opportuni atti a riportare la magnitudo locale
massima dei sismi a valori inferiori a 2.0; non si può escludere che l'attività di estrazione e
immissione del gas nel serbatoio non possa influire sulla stabilità delle faglie presenti nell'area
interessata;
la sismicità indotta e innescata dalle attività umane è un campo di studio in rapido sviluppo, ma lo
stato attuale delle conoscenze, e in particolare la mancanza di esperienza in Italia, non premette la
elaborazione di protocolli di azione che possano essere di uso immediato per la gestione del rischio
sismico; non risulta esistente una rete di monitoraggio micro-sismico che può fornire indicazioni
sulla attività delle faglie e la deformazione del suolo, sui meccanismi di sorgente e sulle pressioni di
poro
che
possono
essere
utili
alla
caratterizzazione
delle
zone
sismo
geniche;
le prescrizioni prevedono un monitoraggio sismico della durata di almeno un anno consecutivo
12
prima dell'avvio delle attività di stoccaggio al fine di determinare la micro sismicità locale anteoperam ma non prevede alcuno studio che possa dare indicazioni sulla attività delle faglie e sui
meccanismi di sorgente che possono essere utili alla caratterizzazione delle zone sismo geniche;
il comune di San Martino sulla Marruccina è classificato in zona sismica 1, cioè quella più
pericolosa, mentre il comune di Chieti (52 mila abitanti) è classificata in zona sismica 2 –:
sulla base di quali presupposti il Ministro possa emanare un decreto che consente attività produttive
fortemente impattanti sul territorio, in assenza di dati scientifici che consentono la valutazione
completa del rischio, ad avviso degli interroganti, ignorando, di fatto, il principio di precauzione nei
confronti della salute umana, animale e per la protezione dell'ambiente;
quali siano, secondo il Ministro, «gli accorgimenti opportuni atti a riportare la magnitudo locale
massima dei sismi a valori inferiori a 2.0», qualora la magnitudo locale superi il valore di 3,0.
(5-03206)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sui chiarimenti circa le misurazioni dei consumi elettrici privati e industriali, con particolare
riferimento ad Enel
CRIPPA e VALLASCAS (M5S)
— Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
durante la seduta n. 98 della Commissione attività produttive della Camera dei deputati, in data 16
ottobre 2013, il sottoscritto ha presentato un'interrogazione a risposta immediata, sottoscritta anche
dai deputati Fantinati, Vallascas, Prodani, Petraroli, Mucci, Da Villa e Della Valle, in cui veniva
richiesto al Ministro interrogato quali iniziative intendesse adottare affinché venisse colmata la
lacuna
normativa
riguardante
i
controlli
metrologici
dei
contatori
elettrici;
sempre in data 16 ottobre 2013 è intervenuto per rispondere alla interrogazione il sottosegretario
pro tempore Claudio De Vincenti, in rappresentanza del Ministero dello sviluppo economico
(MISE);
nella risposta alla citata interrogazione si può leggere, fra le altre cose, che «[...] per i contatori
elettrici, il tavolo deputato ad effettuare la relativa valutazione dell'impatto della regolamentazione,
ha
già
effettuato
l'esame
della
prima
stesura
del
decreto
relativo»;
da conversazioni avute con alcuni soggetti interessati, si è venuti a conoscenza che diversi mesi fa
sono stati convocati per partecipare al sopracitato tavolo i maggiori stakeholder del settore e che i
lavori siano nel frattempo arrivati alla conclusione; in merito si riporta che in data 4 febbraio 2014
l'associazione CODICI – CENTRO PER I DIRITTI DEL CITTADINO ha ricevuto dal Ministero
13
dello sviluppo economico una prima bozza del decreto attuativo sopracitato, accompagnato da
un'invito
a
far
pervenire
al
Ministero
le
osservazioni
del
caso
sullo
stesso;
risulterebbe agli interrogati che lo schema interministeriale relativo ai controlli metrologici nei
contatori sarebbe stato predisposto dalla direzione generale competente e sarebbe attualmente al
vaglio dell'ufficio di gabinetto; parrebbe inoltre che al momento il già citato schema di decreto
interministeriale (frutto dei lavori del tavolo sopracitato) di adozione del regolamento concernente i
criteri per l'esecuzione dei controlli metrologici successivi sui contatori di energia elettrica attiva, ai
sensi del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 22, attuativo della direttiva 2004/22/CE (MID) sia
al vaglio della Commissione europea –:
se il Ministro interrogato possa confermare tali indiscrezioni;
se possa fornire alla Camera copia dello schema di decreto inviato alla Commissione europea;
se possa fornire le tempistiche o perlomeno aggiornare gli interroganti circa la data entro cui tale
decreto entrerà in vigore. (5-03209)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla cancellazione dal Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), e sul diritto
al rimborso delle quote versate negli anni 2010 e 2011 da imprese che non hanno mai
usufruito del SISTRI
CERA (PI)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 188-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (norme in materia ambientale)
prevede che la tracciabilità dei rifiuti debba essere garantita dalla loro produzione sino alla loro
destinazione finale; a tal fine viene istituito, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti
(SISTRI), ai sensi dell'articolo 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell'articolo 14-bis del
decreto-legge n. 78 del 2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 102 del 2009;
il SISTRI ha il duplice obiettivo di semplificare l’iter di certificazione e tracciabilità dei rifiuti e di
rendere trasparente il ciclo di distruzione dei rifiuti abbattendo i costi sostenuti dalle imprese del
settore; destinatari dell'obbligo di iscrizione al sistema erano inizialmente 640 mila aziende,
coinvolte nel SISTRI secondo il contratto iniziale tra la Selex e il ministero dell'ambiente;
il Sistema è stato soggetto a notevole stratificazione normativa, cui sono stati destinatari soprattutto
i soggetti tenuti ad aderire; in particolare, si segnala che l'articolo 11 del decreto-legge n. 101 del
2013, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, novella I commi 1, 2 e 3
14
dell'articolo 188-ter delle norme in materia ambientale; tale novella comporta l'esclusione
dall'obbligo di iscrizione al SISTRI di tutti coloro che non trasportano rifiuti non pericolosi: il
comma 2 novellato difatti recita «Possono aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti
(SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lettera a), su base volontaria i produttori, i gestori e
gli intermediari e i commercianti dei rifiuti diversi da quelli di cui al comma 1»;
successivamente, con il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del
27 aprile 2014 la platea iniziale si è ristretta di altre 150 mila aziende, dal momento che è stato
eliminato l'obbligo di iscrizione al SISTRI delle imprese con meno di dieci dipendenti;
già in precedenza, con l'articolo 52 del decreto-legge n. 83 del 2012 è stata disposta la sospensione
del SISTRI per l'anno 2012, fino al 30 giugno 2013: «per consentire i necessari accertamenti sul
funzionamento» del sistema, vengono sospesi il termine di entrata in operatività del sistema per un
massimo di 12 mesi e i conseguenti adempimenti delle imprese; in seguito alle progressive
restrizioni della platea iniziale, sono stati aperti numerosi contenziosi in merito al pagamento delle
quote del 2010 e 2011, ma come riportano autorevoli fonti di stampa, l'esito dei giudizi cambia
sensibilmente
a
seconda
della
composizione
del
collegio
giudicante;
molte imprese ad oggi escluse dall'obbligo di iscrizione al SISTRI hanno provato a cancellarsi dal
sistema,
al
fine
di
evitare
di
dover
pagare
il
contributo,
senza
esito;
al fine di evitare questa criticità, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha
pubblicato in data 24 giugno 2014 un Comunicato di chiarimento riguardante il pagamento del
contributo annuale e la cancellazione dell'iscrizione da SISTRI dei soggetti non obbligati ai sensi
del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 e che non
aderiscono volontariamente al sistema; il direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse
idriche, avvocato Maurizio Pernice, ha chiarito che «I soggetti già iscritti al Sistri, che ai sensi
dell'articolo 11, del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101 non sono più tenuti ad aderire né
aderiscono volontariamente al Sistema, non devono versare il contributo annuale alla scadenza del
30 giugno 2014, anche se a tale data la procedura di cancellazione dell'iscrizione non è stata avviata
o non è conclusa. Le modalità semplificate per la cancellazione dal Sistri dei soggetti iscritti che
non sono tenuti ad aderire al sistema medesimo, nonché per la restituzione dei dispositivi, saranno
definite con ulteriore comunicazione» –: quali urgenti iniziative, anche di natura normativa, intenda
il Ministro porre in essere al fine di salvaguardare il diritto al rimborso delle quote versate negli
anni 2010 e 2011 da imprese che non hanno mai usufruito del SISTRI, vista la mancata messa in
funzione e le continue sospensioni, e che sono peraltro state successivamente esentate dall'obbligo
di adesione, ai sensi degli atti con forza di legge e di natura secondaria indicati in premessa;
quali iniziative siano state predisposte al fine di garantire la definitiva cancellazione dal sistema per
15
quelle imprese il cui obbligo di iscrizione sia venuto meno, ai sensi degli atti con forza di legge e di
natura secondaria indicati in premessa. (4-05493)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sulle strategie industriali dell'Eni, con particolare riferimento alla possibile chiusura delle
raffinerie di Porto Marghera
MARTELLA e MOGNATO (PD)
— Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
nel corso dell'incontro che si è svolto nella giornata del 9 luglio 2014 tra Eni e organizzazioni
sindacali si sono rotte le trattative per quanto concerne il nuovo piano industriale in particolar
mondo nell'ambito del settore della raffinazione; l'amministratore delegato dell'Eni, Claudio
Descalzi ha evidenziato gravi perdite nel settore a causa di un surplus europeo di raffinato
garantendo una prospettiva produttiva solo al sito di Sannazzaro provincia di Pavia e di Milazzo per
la quota che riguarda il gruppo; a rischio sono le raffinerie di gela, Taranto, Livorno e Porto
Marghera oltre al sito petrolchimico di Priolo; a Porto Marghera sono operative due raffinerie,
Versailes
e
Raffinazione
ed
occupano
complessivamente
600
unità
lavorative;
solo pochi mesi fa l'ex amministratore delegato Scaroni aveva assicurato la continuità produttiva di
Marghera attraverso un piano di riconversione, con 100 milioni di euro di investimenti, per produrre
olio vegetale da miscelare con il diesel in grado di salvare i due terzi dei posti di lavoro in essere;
per la controllata Versailes ex Polimeri Europa era invece in essere il progetto del cracking della
virginafta oltre alla previsione di realizzare un impianto di chimica verde finalizzato a produrre
biolubrificanti mediante brevetto di una multinazionale americana; a seguito di queste notizie i
lavoratori degli impianti di Porto Marghera hanno già incrociato le braccia per due giorni il 7 e 8
luglio 2014 bloccando la pipe line e le navi cisterna che forniscono gli impianti industriali emiliani
minacciando ulteriori proteste; un cambio così repentino di strategie industriali a distanza di pochi
mesi rischia di pregiudicare quegli importanti segnali di rilancio dell'area di Porto Marghera
ponendo
a
rischio
centinaia
di
posti
di
lavoro
diretti
nonché
dell'indotto –:
se e quali iniziative il Governo intenda assumere per scongiurare la chiusura dei due impianti di
Porto Marghera, Versailes e Raffinazione, assicurando invece il prosieguo degli investimenti che
erano stati annunciati solo pochi mesi fa e che assicuravano un futuro produttivo agli impianti di
raffinazione anche attraverso politiche di riconversione e investimenti nella chimica verde.
(5-03212)
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Mozione:
sull'istituzione in via sperimentale e temporanea, nella Regione Friuli Venezia Giulia, di una
disciplina normativa analoga a quella delle zone franche urbane, con particolare riferimento
alle agevolazioni fiscali sulle tariffe dei carburanti e dei generi di monopolio
SAVINO e PALESE (FI – PdL)
La Camera, premesso che:
l'istituzione delle zone franche urbane (Zfu) è stata introdotta dall'articolo 1, comma 340, legge 24
dicembre 2006, n.296 (legge finanziaria 2007), quale strumento di sostegno all'economia in
determinate aree del territorio nazionale, particolarmente in ritardo sul versante dello sviluppo e
della crescita, che a seguito dell'espletamento di determinate procedure, ed in armonia con il quadro
regolatorio comunitario, possono beneficiare di una particolare fiscalità di vantaggio e di una mirata
allocazione delle risorse; l'iniziativa s'inserisce all'interno di un panorama nazionale delle politiche
di promozione dello sviluppo di una specifica parte geografica, finalizzato al concretizzarsi di una
serie di sgravi fiscali e agevolazioni per le piccole e micro imprese, che avviano una nuova attività
economica
in
territori
ultraperiferici,
con
potenzialità
di
sviluppo
inespresse;
il riconoscimento dello status giuridico di zona franca, che prevede specifiche condizioni, quali
essere territori ultraperiferici, a rischio di spopolamento e con una situazione socio economica di
sottosviluppo, deve tener conto delle disposizioni legislative dello Stato, rafforzate dall'articolo 116
della Costituzione, che attribuisce al Friuli Venezia Giulia, alla Sardegna, alla Sicilia, al TrentinoAlto Adige/Südtirolo e alla Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, la disposizione di forme e condizioni
particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale;
nell'ambito delle caratteristiche riconducibili all'identificazione, dei presupposti indispensabili per
rendere operativa la misura d'aiuto, attraverso un regime di speciali agevolazioni, lo strumento della
zona franca urbana, istituito nelle fasce confinarie regionali, che subiscono la concorrenza di sistemi
fiscali, previdenziali e forme contrattuali di lavoro particolarmente vantaggiose, costituisce un
contributo rilevante e moderno per promuovere il rilancio dell'economia territoriale;
la fascia confinaria della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con la Slovenia e con l'Austria,
rappresentata dalle città di Trieste, Gorizia, Cividale, Tarvisio, nonché la zona di frontiera italoaustriaca del Brennero, nella provincia autonoma di Bolzano, da diversi anni, sono contraddistinte
negativamente dal punto di vista socioeconomico dall'accresciuta concorrenza, essenzialmente di
tipo fiscale, messa in atto dai Paesi confinanti; il trattamento fiscale e contributivo più favorevole,
attuato oltre la linea di confine, da parte dell'Austria e della Slovenia, si rivela essere infatti,
notevolmente vantaggioso rispetto al confine orientale italiano, in considerazione del fatto che i
17
benefici che si riscontrano oltre la fascia confinaria sono soprattutto quelli relativi alle imposte
dovute alle accise, al costo del lavoro e ai differenziali nel complesso più favorevoli dei costi della
vita e dei servizi; gli effetti negativi e penalizzanti derivanti dall'elevata tassazione italiana che
complessivamente raggiunge livelli anche pari al 68 per cento, rispetto ai suesposti Paesi confinanti,
i quali raggiungono percentuali d'imposizione fiscale rispettivamente pari al 34 per cento e al 50 per
cento, stanno determinando inoltre una progressiva delocalizzazione produttiva e commerciale delle
imprese friulane; la vicinanza geografica all'Italia, unitamente ad un sistema in generale più
favorevole, rappresentato da procedure amministrative più «snelle», da semplificazioni fiscali e
burocratiche vantaggiose e da un tessuto ambientale, che non ha pregiudizi nei confronti della
figura imprenditoriale, stimola lo spostamento degli insediamenti produttivi e commerciali oltre le
aree confinanti con l'Austria e la Slovenia, entrambi Stati membri dell'Unione europea;
ulteriori elementi distintivi che inducono le imprese friulane a delocalizzare la propria attività
aziendale, determinando considerevoli vantaggi per i relativi bilanci, derivano dallo spostamento
della residenza fiscale oltre confine, in considerazione del fatto che tale decisione, oltre a non
richiedere un grande sforzo logistico, eviterebbe la doppia imposizione dei redditi d'impresa;
in termini complessivi i benefici che riscontrano gli imprenditori interessati a stabilire la propria
attività d'impresa in Austria e Slovenia, sono rivolti, come in precedenza indicato, ad una
complessiva imposizione fiscale più favorevole, se si valuta che in Slovenia e in Austria grava sulle
società una pressione fiscale in media, rispettivamente, del 20 per cento e del 25 per cento, a
differenza del livello di prelievo fiscale in Italia che ha raggiunto il 43,8 per cento del prodotto
interno lordo nel 2013, con una base imponibile delle imposte (Irpef pari al 40 per cento, Ires al
27,5 per cento Irap al 3,9 per cento) così elevata, che determina un dimezzamento del risultato
economico delle società; i contributi previdenziali e sanitari, il trattamento di fine rapporto, le
aliquote delle accise ed una più ampia e generale libertà d'azione, anche dal punto di vista giuridico,
nel creare le condizioni ideali per «fare impresa», stanno conseguentemente provocando una vera
«migrazione» delle imprese italiane verso le limitrofe Austria e Slovenia, i cui effetti negativi e
penalizzanti si ripercuotono evidentemente sull'economia territoriale friulana, nonché su quella
nazionale, in particolare dal punto di vista occupazionale; le numerose e articolate criticità
suesposte configurano pertanto un quadro complessivo estremamente svantaggioso dal punto di
vista concorrenziale per le imprese italiane, le cui zone di frontiera hanno rappresentato per molti
anni lo snodo dei traffici via terra verso l'Europa, con innegabili benefici di natura economica per le
popolazioni residenti; il successivo allargamento progressivo dell'Unione europea verso est e
l'adozione della moneta unica hanno inoltre rappresentato ulteriori elementi distintivi svantaggiosi
per il Friuli Venezia Giulia, provocando la perdita di un numero considerevole di opportunità
18
commerciali e di servizi, con evidenti ricadute negative sull'economia locale, causate anche, come
in precedenza riportato, dalla competizione degli Stati confinanti aumentata nel corso degli ultimi
anni;
l'adozione di strumenti in grado di sostenere il tessuto produttivo posizionato lungo le fasce di
confine, al fine di favorire le attività industriali, commerciali, artigianali e turistiche, nonché
sostenere e promuovere lo sviluppo dell'economia locale, dell'occupazione e l'interscambio
economico con i Paesi limitrofi, risulta pertanto urgente ed opportuno, al fine di interrompere il
processo di delocalizzazione in corso dalla regione friulana e dare un nuovo impulso alla crescita
della fascia confinaria friulana; l'introduzione di misure che possano rappresentare un efficace
strumento moderno di politica economica e fiscale, in grado di tutelare in maniera costruttiva una
parte consistente della suesposta regione di confine, volte alla semplificazione fiscale e burocratica
e sostenere la concorrenza operata dai Paesi esteri confinanti una più ampia libertà di detassazione
per le nuove imprese e per le imprese dei giovani, senza gravare sull'amministrazione dello Stato,
un regime d'esenzione temporaneo dei dazi extra doganali e l'eliminazione delle imposte sui
consumi e sui redditi limitatamente ai redditi prodotti nella zone franche, possono costituire nella
totalità, un processo coordinato tra le istituzioni ed i soggetti interessati,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative, per quanto di competenza e in conformità alla disciplina comunitaria in
materia di aiuti di Stato, a favore della regione Friuli Venezia Giulia, al fine di contrastare i
fenomeni di disagio sociale ed economico causati dalla concorrenza degli Stati confinanti, di
interrompere il processo di delocalizzazione degli impianti produttivi in corso, nelle aree oltre
confine,
e
di
favorire
il
rilancio
economico
e
imprenditoriale
friulano
attraverso:
a) l'istituzione in via sperimentale e temporanea della durata di tre anni di una disciplina normativa
analoga a quella delle zone franche urbane (Zfu), di cui all'articolo 1, comma 340, legge 24
dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), a favore dei territori dei comuni di Trieste, Gorizia,
Cividale, Tarvisio e Brennero finalizzata a prevedere semplificazioni fiscali burocratiche dirette a
contrastare la concorrenza dei sistemi più vantaggiosi, dal punto di vista fiscale, dei Paesi confinanti
quali Austria e Slovenia;
b) la previsione in via sperimentale e temporanea per la durata di cinque anni per i territori dei
distretti industriali del Friuli Venezia Giulia dello status di zona franca, ai sensi del regolamento del
Parlamento europeo e del Consiglio (UE) n. 952/2013 del 9 ottobre 2013 e del regolamento (CEE)
n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, quale elemento positivo di connessione tra il
rilancio dell'economia locale e l'inversione di tendenza alla delocalizzazione degli insediamenti
produttivi;
19
c) la previsione di misure di agevolazione fiscale nei riguardi del settore marittimo al fine di
favorire lo sviluppo turistico e l'attività portuale di Trieste, attraverso: l'esenzione da dazi e
formalità doganali, prevedendo la libertà di sbarco, imbarco, trasbordo, deposito, manipolazione e
lavorazione anche industriale delle merci in regime estero per estero, con mantenimento
dell'origine, senza dazi doganali, tasse, aliquote e diritti marittimi; l'esenzione dalle imposte sui
consumi e sui redditi limitatamente a quelli prodotti nelle zone franche; la riduzione degli oneri
amministrativi
per
le
società
estere
e
la
deregulation
bancaria
e
assicurativa;
d) l'introduzione di adeguate misure per l'incremento del commercio di determinati prodotti, in
particolare riducendo la tariffa dei carburanti e dei generi di monopolio, i cui prezzi negli Stati
confinanti sono particolarmente contenuti;
e) l'introduzione di misure sperimentali per l'incremento della produttività del lavoro definendo le
modalità di detassazione del salario di produttività, con riferimento al settore privato,
l'imprenditoria giovanile ed i titolari di reddito da lavoro dipendente. (1-00540)
Interrogazione a risposta scritta:
sull’interruzione del servizio merci pericolose nella stazione di Bergamo
GREGORIO FONTANA (FI)
— Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
a partire da aprile 2014 è stato interrotto il servizio merci pericolose nella stazione di Bergamo. Tale
servizio risulta fondamentale per importanti realtà produttive di importanza nazionale e locale quali:
Polynt, Mapei, Thyssenkrupp, Italcementi, Bayer, Brenntag, 3V Sigma e Schneider Electric, con
una movimentazione negli ultimi anni circa 4.500 carri ferroviari per complessivi 300 treni (di cui,
circa la metà di merci RID); l'interruzione del servizio ferroviario nello scalo di Bergamo, che
attualmente riguarda solo le merci pericolose, da quanto riportato dal quotidiano L'Eco di Bergamo
rischia di venire esteso all'intero trasporto merci rendendo di fatto inutilizzabile questo scalo al
trasporto cargo con un ulteriore aggravio della situazione, già molto problematica, con centinaia di
posti di lavoro a rischio –: quali siano le ragioni della chiusura dello scalo di Bergamo alle merci
pericolose e se tale chiusura sia solo temporanea e quindi sia possibile, in tempi brevi, riprendere le
attività in attesa che venga predisposto uno scalo alternativo;
se sia fondata la preoccupazione che l'interruzione del servizio merci, oltre a quelle pericolose,
venga esteso all'intero trasporto merci ferroviario;
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se si intenda intervenire, e in che modo, per ripristinare il servizio merci pericolose, la cui
sospensione sta mettendo a dura prova importanti realtà imprenditoriali della provincia di Bergamo
già impegnate a fronteggiare gli effetti della crisi. (4-05508)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla decisione di Eni di revocare il piano d'investimenti per la riconversione in bioraffineria
del sito siciliano di Gela
GIORGIA MELONI (FdI)
— Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per
sapere – premesso che:
i vertici dell'ENI avrebbero revocato un piano d'investimenti di settecento milioni per la
riconversione del sito siciliano di Gela in bioraffineria, ed avrebbero inoltre manifestato l'intenzione
di procedere ad un ridimensionamento delle attività del gruppo, soprattutto negli stabilimenti del
Sud Italia; le motivazioni della decisione risiederebbero nel fatto che a causa della crisi del settore e
di un surplus europeo di 120 milioni di tonnellate di raffinato, la società potrebbe assicurare la
continuità operativa solo per la raffineria di Sannazzaro (Pavia) e per la propria quota del 50 per
cento di Milazzo, mentre, oltre alla raffineria di Gela, sarebbe incerto il destino anche di quelle di
Taranto,
Livorno,
Porto
Marghera,
e
il
petrolchimico
di
Priolo
nel
siracusano;
le decisioni dell'Eni mettono a rischio, nell'immediato, 3.500 posti di lavoro tra occupati diretti e
indotto, ed in seguito alla rottura delle trattative tra i sindacati e l'azienda le prospettive appaiono
ulteriormente peggiorare; entro il 20 luglio 2014 avrà luogo una mobilitazione nazionale dei
lavoratori, ed alcuni operai vogliono fermare l'attività del metanodotto che porta in Sicilia 10
miliardi di metri cubi di gas, mentre addirittura il governatore della regione avrebbe minacciato di
chiudere i pozzi di petrolio; proprio negli scorsi giorni l'agenzia di rating Fitch aveva detto che i
deboli margini di raffinazione in Europa potrebbero portare a un eventuale downgrade di Eni se la
ristrutturazione del settore non dovesse avere successo; l'eventuale disimpegno dell'Eni dall'isola
determinerebbe conseguenze disastrose sulla situazione occupazionale e sui parametri economici e
finanziari della stessa regione, che ancora stenta a riprendersi dal recente disimpegno anche della
FIAT –:
quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di salvaguardare gli stabilimenti ed insediamenti
produttivi dell'isola, e al fine di tutelare i lavoratori coinvolti, se del caso attraverso l'immediata
convocazione di appositi tavoli di lavoro. (4-05510)
21
Risoluzione in VI Commissione:
sulla normativa circa la rendita catastale dell'immobile in caso di installazione di un impianto
fotovoltaico
ALBERTI e altri (M5S)
La VI Commissione,
premesso che:
con la circolare dell'Agenzia delle entrate 19 dicembre 2013, n. 36/E, si chiariscono le modalità con
cui sono rilevati – ai fini delle imposte dirette e dell'IVA – gli incentivi erogati ai titolari di impianti
di energia da fonti rinnovabili e si inquadrano in ambito catastale gli impianti di tipo fotovoltaico,
ponendo particolare attenzione alla questione della qualificazione mobiliare o immobiliare di tali
impianti
e
alle
conseguenze
che
ne
derivano
in
materia
catastale
e
tributaria;
tale circolare prevede che, ai fini del censimento in catasto, non rilevi esclusivamente la facile
amovibilità delle componenti degli impianti fotovoltaici, né la circostanza che tali impianti possano
essere posizionati in altro luogo mantenendo inalterata la loro originale funzionalità e senza
antieconomici interventi di adattamento; la citata circolare n. 36/E stabilisce inoltre che con
riferimento alle installazioni fotovoltaiche poste su edifici ed a quelle realizzate su aree di
pertinenza, comuni o esclusive, di fabbricati o unità immobiliari censiti al catasto edilizio urbano,
non sussiste l'obbligo di accatastamento come unità immobiliari autonome, in quanto possono
assimilarsi agli impianti di pertinenza degli immobili e che è necessario procedere, con
dichiarazione di variazione da parte del soggetto interessato, alla rideterminazione della rendita
dell'unità immobiliare a cui risulta integrato, solo quando l'impianto fotovoltaico ne incrementa il
valore capitale (o la relativa redditività ordinaria) di una percentuale pari al 15 per cento o
superiore;
non hanno, pertanto, autonoma rilevanza catastale, e costituiscono semplici pertinenze delle unità
immobiliari, le porzioni di immobili ospitanti gli impianti di produzione di energia di modesta
entità, in termini dimensionali e di potenza, come, ad esempio, quelli destinati prevalentemente ai
consumi domestici. In particolare, non sussiste alcun obbligo di dichiarazione al catasto, né come
unità immobiliare autonoma, né come variazione della stessa (in considerazione della limitata
incidenza reddituale dell'impianto) qualora sia soddisfatto almeno uno dei seguenti requisiti:
a) la potenza nominale dell'impianto fotovoltaico non è superiore a 3 chilowatt per ogni unità
immobiliare servita dall'impianto stesso;
b) la potenza nominale complessiva, espressa in chilowatt, non è superiore a tre volte il numero
delle unità immobiliari le cui parti comuni sono servite dall'impianto, indipendentemente dalla
22
circostanza che sia installato al suolo oppure sia architettonicamente o parzialmente integrato ad
immobili già censiti al catasto edilizio urbano;
c) per le installazioni ubicate al suolo, il volume individuato dall'intera area destinata all'intervento
(comprensiva, quindi, degli spazi liberi che dividono i pannelli fotovoltaici) e dall'altezza relativa
all'asse orizzontale mediano dei pannelli stessi, è inferiore a 150 m3, in coerenza con il limite
volumetrico stabilito dall'articolo 3, comma 3, lettera e), del decreto ministeriale 2 gennaio 1998,
n. 28;
dalle indicazioni riportate nella circolare n. 36/E diventa evidente come gli impianti fotovoltaici
con potenza nominale superiore ai 3 kW ed il cui valore superi il 15 per cento della rendita catastale
dell'immobile che alimentano, vengano considerati una miglioria dell'immobile stesso e che, in tal
modo, i proprietari dei suddetti immobili si vedono obbligati ad aggiornare la rendita catastale con
conseguenti aumenti degli importi dovuti per Irpef, IUC; vanno altresì considerate le nuove
condizioni relative alla diminuzione della percentuale di ammortamento annuo degli investimenti
inerenti la collocazione di impianti fotovoltaici equiparati a beni immobili che passa dal 9 per cento
(ammortamento per i beni mobili) al 4 per cento: tale variazione si traduce in una evidente
dilatazione dei tempi di recupero dell'investimento per le persone che hanno voluto investire nelle
energie rinnovabili; a ciò si aggiunga la considerazione che, come disposto dal decreto ministeriale
del 31 dicembre 1988, gli ammortamenti delle macchine legate alla produzione di energia hanno
valori percentuali assai superiori al 4 per cento; infine, nella risposta all'interrogazione in
Commissione n. 5-02689 del 30 aprile 2014 il Governo ha condiviso l'opportunità di introdurre una
previsione normativa che contempli una specifica aliquota di ammortamento per gli impianti
fotovoltaici,
a
prescindere
dalla
natura
mobiliare
o
immobiliare
degli
stessi;
deve essere evitato il pericolo di penalizzare gli investimenti in energie rinnovabili con aumenti
impositivi e decurtazione degli incentivi ad investire, che producono benefici per l'ambiente
riducendo il consumo delle risorse naturali,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative dirette a rivedere la normativa recante l'obbligo di variazione della rendita
catastale dell'immobile, nel caso in cui l'installazione di un impianto fotovoltaico sia realizzata sulla
copertura di edifici al fine di mantenere l'incentivo alla realizzazione di molteplici punti di
produzione di energia «pulita» catalogabili come installazioni esenti dall'obbligo di accatastamento;
ad assumere un'iniziativa normativa che contempli una specifica aliquota di ammortamento per gli
impianti fotovoltaici, prevedendo un unico coefficiente, a prescindere dalla natura mobiliare o
immobiliare degli stessi, da valutare a seguito di uno studio specifico da parte dell'ente preposto
sentiti anche gli operatori del settore. (7-00416)
23
Interrogazione a risposta in Commissione:
sul blocco totale dei sistemi di rilevazione ambientale nella cokeria Ilva
DE LORENZIS (M5S)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nel 2010 in seguito alle valutazione e dati diffusi dell'Arpa Puglia, così come riportato dai comitati
cittadini locali, si è compreso che l'ILVA «sarebbe la fonte del 99,74 per cento degli Idrocarburi
Policiclici Aromatici (IPA), all'interno dei quali il componente più cancerogeno è il benzo(a)pirene»
e contestualmente «dai dati dell'Arpa emerge il ruolo emissivo assolutamente prevalente della
cokeria che, nell'ambito delle emissioni Ilva, arriva al 98,5 per cento degli IPA»;
sul sito dell'Arpa Puglia sono disponibili i dati prodotti dalla rete di monitoraggio della qualità
dell'aria interna allo stabilimento siderurgico ILVA di Taranto registrati fino ai primi giorni di
aprile 2014; inoltre Arpa precisa che: «tali dati di qualità dell'aria sono pubblicati dopo il processo
di validazione giornaliera. Essi sono tuttavia da considerarsi non definitivi e potrebbero subire
revisioni nelle successive fasi di validazione»; contestualmente viene precisato che: «Si precisa che
sull'analizzatore di IPA della stazione “cokeria” sono in corso ulteriori approfondimenti tecnicoscientifici al fine di verificarne l'accuratezza», il che significa, a detta dell'interrogante, che le
rilevazioni degli analizzatori possono essere anche sfalsate; da fonti stampa si apprende che 8
settembre 2013 per oltre due giorni, è avvenuto il blocco totale di tutti i sistemi di rilevazione
ambientale nella cokeria Ilva previsti dalle prescrizioni Aia, mettendo in evidenza i limiti di
affidabilità
del
sistema
di
rivelazione
ambientale
nella
area
di
riferimento;
confrontando i dati dalla rete di monitoraggio della qualità dell'aria in riferimento alle rilevazioni
fatte al quartiere Tamburi con quelle provenienti dalla cokeria, risulta che nella maggior parte dei
giorni dei mesi di agosto, ottobre, novembre, dicembre 2013 e gennaio, febbraio e marzo e aprile
2014, il livello dell'inquinante IPA al rione Tamburi è superiore a quello della cokeria;
secondo la relazione 2013 sui dati della qualità dell'aria di Taranto di Arpa Puglia questo fenomeno
è spiegabile anche perché sono «attualmente, spente diverse batterie di forni a coke, con
conseguente
sostanziale
riduzione
dell'apporto
emissivo
degli
impianti;»
in conclusione, secondo Arpa Puglia «l'ancor più chiara correlazione fra le emissioni industriali del
complesso siderurgico e la qualità dell'aria nel Quartiere Tamburi rende di particolare criticità il
possibile riavvio di tali impianti, dopo i lavori programmati da ILVA, in relazione al verosimile,
nuovo apporto emissivo ed al conseguente, possibile nuovo decremento dei livelli di qualità
dell'aria»;
come è noto l'area dell'ILVA di Taranto è un sito di interesse nazionale –:
24
se il Ministro sia a conoscenza delle notizie riportate in premessa e a quali cause, fenomeni e
processi attribuisca, dal suo punto di vista, la rilevazione del livello di inquinanti IPA inferiore
nell'area cokerie rispetto al quartiere Tamburi di Taranto;
se, a fronte di quanto sostenuto da Arpa Puglia in merito agli ulteriori approfondimenti tecnicoscientifici sull'analizzatore della stazione «cokeria», il Ministro ritenga pienamente affidabile il
sistema di rilevazione ambientale, ovvero quali provvedimenti intenda adottare se riconosce la
presenza di margini di errore che rendono inefficace il monitoraggio; alla luce di molteplici rilievi
sulla affidabilità delle rilevazioni effettuate presso lo stabilimento dell'Ilva di Taranto, quali siano
esattamente le apparecchiature utilizzate, quale sia il loro grado di accuratezza e di sicurezza e quali
attività di verifica siano state poste in essere da parte dei soggetti deputati al controllo ambientale
con riferimento e ciascuna delle apparecchiature citate e se possa indicare chi siano i soggetti che
possono fisicamente avere accesso ai sistemi di rilevazione ambientale;
se il Ministro condivida quanto sostenuto da Arpa Puglia in merito alle criticità e al nuovo apporto
emissivo aggiuntivo che si avrebbe con la riattivazione delle batterie di forni a coke attualmente
fermi e, a fronte di ciò, adoperarsi per quanto di propria competenza, per impedire la riaccensione di
tali forni a coke;
se, a fronte di quanto scritto in premessa, il Ministro ritenga sufficiente come metro di controllo
dell'attività inquinante dell'Ilva, la sola rilevazione della qualità dell'aria attraverso i sistemi di
rilevazioni ambientali attualmente utilizzati in Ilva. (5-03237)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla realizzazione di un elettrodotto di Terna nelle province di Benevento, Avellino e Foggia
CASTIELLO (FI)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo
economico. — Per sapere – premesso che:
la TERNA spa è proprietaria della Rete elettrica nazionale ed anche titolare della concessione delle
attività di trasmissione e dispacciamento dell'energia elettrica nel territorio nazionale; il Ministero
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare, con decreto n. 239/EL-77/146/2011, emanato il 21 giugno 2011 e pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 100 parte seconda del 30 agosto 2011, ha autorizzato
in via definitiva la TERNA alla costruzione e l'esercizio dell'intervento denominato «Elettrodotto a
380 kV Benevento II-Foggia ed opere connesse», nei comuni di Benevento, Castelpoto, Pietrelcina,
Paduli, San Giorgio la Molara, Buonalbergo, Ginestra degli Schiavoni, Castelfranco in Miscano, in
25
provincia di Benevento, Casalbore, Montecalvo Irpino, Ariano Irpino, Greci, in provincia di
Avellino e Faeto, Celle San Vito, Troia, Lucera e Foggia in provincia di Foggia;
il nuovo elettrodotto induce campi elettrici e magnetici, questi ultimi classificati dall'Agenzia
internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) nel gruppo 2B e che costituiscono, pertanto,
possibile agente cancerogeno umano, con grado di pericolosità elevata per la salute dell'uomo,
soprattutto se si tiene conto che le valutazioni di impatto sulla salute considerate per la concessione
delle autorizzazioni di impatto ambientale non tengono nel dovuto conto della sommatoria di
induzione elettromagnetica che i nuovi elettrodotti vanno a produrre in alcuni punti del tracciato,
dove permangono altri elettrodotti che non verranno eliminati; il citato decreto autorizzativo
stabilisce espressamente all'articolo 1 ultima alinea (pagina 11) «Il predetto progetto prevede,
inoltre, la demolizione dell'esistente elettrodotto a 380 kV “Benevento II-Foggia” per complessivi
km 78,2, nel tratto compreso tra la stazione elettrica Benevento II ed il sostegno n. 80
dell'elettrodotto “Candela-Foggia” come sopra richiamato non appena sarà entrato in esercizio il
nuovo collegamento ....»; i lavori di costruzione del nuovo elettrodotto hanno avuto inizio nel luglio
2012; con avviso di TERNA affisso nei comuni interessati è stata data comunicazione
dell'energizzazione 2014 del nuovo elettrodotto per il giorno 29 giugno 2014, cosa puntualmente
avvenuta; l'attuale assetto dell'elettrodotto, però, è costituito fino alle porte del territorio di
Benevento dalla nuova linea, mentre nel territorio comunale di Benevento, in particolare il tratto di
collegamento delle nuova linea alla stazione elettrica denominata Benevento II, è costituito
dall'attuale elettrodotto, di cui ne è previsto lo smantellamento, su cui si operato un potenziamento,
venendosi così a configurare di fatto a giudizio dell'interrogante un assetto della infrastruttura
elettrica diverso da quello autorizzato; il potenziamento della linea elettrica esistente atto a
sopportare maggiori carichi elettrici, riflette conseguentemente maggiori valori dei campi elettrici e
magnetici rispetto a quelli esistenti per cui, come si evince da notizie ripetutamente apparse sulla
stampa e trasmesse da enti televisivi locali e nazionali, l'energizzazione della linea ha dato vita a
forti proteste da parte di comitati spontanei di cittadini i quali ritengono che l'attuale assetto della
linea sia pericoloso per la salute pubblica; l'articolo 4, comma 5 del decreto autorizzativo, stabilisce
che prima della messa in esercizio la Terna deve fornire alle amministrazioni autorizzanti apposita
certificazione attestante il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi
di qualità stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003;
dei suddetti adempimenti TERNA deve fornire apposita dettagliata relazione;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede alla verifica della
conformità delle opere al progetto autorizzato, sulla base delle vigenti normative di settore –:
se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti indicati in premessa e se intendano intervenire con
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urgenza per salvaguardare la salute dei suoi cittadini, verificando, per quanto di competenza, la
conformità del nuovo assetto dell'elettrodotto Benevento II-Foggia al decreto autorizzativo. (405543)
Interpellanza:
sui costi a carico delle imprese per l'installazione e la gestione dei Pos e sugli oneri relativi alla
diffusione della moneta elettronica
GREGORIO FONTANA e altri (FI)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere –
premesso che:
la norma, recentemente introdotta, sull'obbligatorietà del POS sta creando notevoli disagi a
commercianti, artigiani e liberi professionisti, in quanto i costi di installazione e gestione incidono
in maniera molto significativa sul fatturato e risultano, in ogni caso, proibitivi per molti piccoli e
medi
imprenditori,
come
denunciato
anche
da
molte
associazioni
di
categoria;
non è in discussione il diritto del consumatore di pagare come meglio crede i propri acquisti, ma il
fatto che sia la legge ad imporre agli imprenditori un costo insostenibile, determinando anche
ripercussioni
negative
nel
rapporto
fiduciario
tra
venditore
e
acquirente;
al momento, a causa delle alte commissioni bancarie previste, i costi dell'introduzione della moneta
elettronica ricadono in maniera significativa e del tutto sproporzionata sulle spalle degli
imprenditori;
considerato in una prospettiva internazionale, il caso italiano risulta davvero singolare, in
particolare se si tiene presente l'esperienza degli Stati Uniti d'America, dove il Pos è gratuito e
rispecchia la preferenza dei consumatori americani verso forme di pagamento alternative alla
moneta –:
se abbia provveduto ad effettuare una ricognizione dei costi totali a carico delle imprese per
l'installazione e la gestione dei Pos e se intenda adottare iniziative volte a evitare che i suddetti costi
rappresentino un aggravio eccessivo per i soggetti interessati;
se non ritenga che gli oneri relativi alla diffusione della moneta elettronica debbano essere
equamente ripartiti tra tutti i soggetti coinvolti e, in caso di risposta affermativa, quali iniziative
intenda intraprendere per garantire che ciò avvenga. (2-00635)
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Interrogazione a risposta in Commissione:
sulle problematiche in merito alla trasmissione e al pagamento delle fatture elettroniche
BARBANTI e altri (M5S)
— Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la legge 24 dicembre 2007, n. 244, all'articolo 1, commi da 209 a 214, come modificata dalla lettera
a) del comma 13-duodecies dell'articolo 10, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201. convertito,
con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha introdotto nell'ordinamento giuridico
italiano l'obbligo della fatturazione elettronica per le cessioni di beni e prestazioni di servizi
effettuate da imprese e professionisti nei confronti delle pubbliche amministrazioni. A tal fine, è
stato istituito il Sistema di interscambio (SdI) ovvero un sistema informatico di supporto alla
ricezione e controllo delle fatture elettroniche nonché al successivo inoltro alle amministrazioni
destinatarie;
con il decreto ministeriale del 3 aprile 2013 n. 55, in vigore dal 6 giugno 2013, sono state definite
le regole tecniche attuative del regime di fatturazione elettronica nonché individuate le date di
decorrenza dell'obbligo di fatturazione distinguendole per classi di pubbliche amministrazioni.
Precisamente, l'obbligo di fatturazione elettronica è entrato in vigore lo scorso 6 giugno 2014 per
Ministeri, Agenzie fiscali ed Enti nazionali di previdenza e di assistenza sociale. Per le restanti
amministrazioni centrali e locali, invece, l'obbligo scatterà dal 31 marzo 2015, così come previsto
dall'articolo 25, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni,
dalla legge 23 giugno 2014, n. 89. A decorrere dal 6 giugno 2014, dunque, i Ministeri, le Agenzie
fiscali e gli Enti nazionali di previdenza non possono più accettare fatture emesse o trasmesse in
forma cartacea. Dai tre mesi successivi a tale data, invece, non potranno nemmeno procedere al
pagamento, neppure parziale, di quanto dovuto fino all'invio del documento in formato elettronico.
Si è previsto in sostanza un periodo di transizione di tre mesi decorso il quale i fornitori non
potranno più emettere ed inoltrare fatture in formato cartaceo e l'amministrazione non sarà tenuta al
pagamento;
per la regolare trasmissione della fattura elettronica, l'articolo 3 del decreto ministeriale citato
prevede l'obbligo per le pubbliche amministrazioni destinatarie di individuare appositi uffici
deputati alla ricezione delle fatture. In pratica, ciascuna pubblica amministrazione è tenuta ad
inserire i detti uffici nell'indice delle pubbliche amministrazioni (IPA) ai fini dell'assegnazione di un
codice univoco di identificazione. Il codice univoco così assegnato, di cui deve essere data adeguata
pubblicità, costituisce elemento identificativo della pubblica amministrazione destinataria della
fattura elettronica e deve essere obbligatoriamente indicato dal fornitore nella fattura da inviare al
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Sistema di Interscambio; ad oggi, nonostante l'obbligo della fatturazione elettronica sia in pieno
vigore, il sistema di trasmissione delle fatture e di elaborazione dei processi di pagamento non
risulta operativo. In particolare, come risulta anche da alcune segnalazioni avanzate alle
amministrazioni competenti (tra cui la richiesta di sospensione della fatturazione elettronica,
inoltrata il 10 luglio 2014 dall'Unione nazionale italiana magistrati onorari, pubblicata sul sito
internet dell'associazione al seguente link: http:// www.unimo.eu/richiesta-avanzata-da-unimo-alministro-on-le-a-orlando-di-sospensione-della-fattura-elettronica/), il sistema di interscambio
predisposto per la trasmissione delle fatture elettroniche alla pubblica amministrazione destinataria
(nella specie, il Ministero della giustizia) non sarebbe funzionante per carenza delle corrette
procedure informatiche e per mancanza di indicazioni agli uffici periferici. Tale circostanza risulta
confermata anche dagli uffici preposti alla ricezione delle fatture elettroniche (tra questi, l'Ufficio
istituito presso la procura della Repubblica della corte di appello di Bologna, all'uopo contattato):
dalle informazioni acquisite, infatti, vi sarebbero difficoltà tecniche per gli uffici periferici nel
rilascio all'emittente della ricevuta di consegna della fattura elettronica trasmessa. Allo stato,
dunque, il pagamento delle fatture elettroniche risulta bloccato;
il Sistema di interscambio, predisposto per la trasmissione delle fatture elettroniche alle
amministrazioni destinatarie e per il rilascio delle ricevute di consegna, è gestito e amministrato
direttamente dall'Agenzia delle entrate –:
se sia a conoscenza delle descritte problematiche in merito alla trasmissione e al pagamento delle
fatture elettroniche trasmesse, evidenziandone in particolare le cause, le pubbliche amministrazioni
eventualmente interessate nonché le misure adottate o che si intendano adottare al fine di garantire
la celere corresponsione del corrispettivo documentato e contrattualmente previsto. (5-03226)
Risposta del Sottosegretario di Stato per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare Silvia Velo
alle interrogazioni sui chiarimenti in merito all'affidamento, alla progettazione e alla
realizzazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri), presentate da
TERZONI (M5S), CARRESCIA (PD) e REALACCI (PD).
Signor Presidente, come è stato appena detto, per omogeneità di materia provvedo a rispondere in
forma congiunta. Sulla risoluzione del contratto si è avuto più volte modo di riferire in risposte
precedenti ad atti di sindacato ispettivo: come è stato già risposto, questa ipotesi di risoluzione è
stata valutata dall'amministrazione già nel 2012. Infatti, sulla legittimità della complessiva
operazione negoziale è stato a suo tempo richiesto un parere specifico all'Avvocatura generale dello
Stato, che ha concluso per la legittimità dell'affidamento diretto, ritenendo così valido e legittimo il
29
contratto con Selex. Invece, con la recente deliberazione del 10 aprile ultimo scorso, n. 10, il
consiglio dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ha rilevato che «l'affidamento del Sistri
non sia conforme all'articolo 17, comma 1, del Codice dei contratti pubblici nella versione vigente
al tempo dell'affidamento stesso e prima della modifica apportata a tale disposizione ad opera
dell'articolo 33, comma 3, del decreto legislativo n. 208 del 2011, in vigore dal 15 gennaio 2012,
nei limiti e secondo le motivazioni espresse nella parte di diritto». Con nota del 5 giugno scorso, il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha pertanto investito della questione il
Presidente del Consiglio dei ministri per gli approfondimenti e le valutazioni di competenza.
Riguardo alle informazioni tecniche sulla funzionalità e sulla corrispondenza del sistema alle norme
e alle specifiche del contratto, queste sono reperibili sul sito del Ministero dell'ambiente. In
particolare, il 24 giugno ultimo scorso è stato pubblicato il certificato di collaudo di verifica di
conformità, rilasciato il 20 dicembre 2013 dalla commissione appositamente istituita.
Si deve ribadire che, in base ai patti negoziali vigenti, il contratto va a scadenza il 30 novembre
2014. La questione, allo stato attuale, vede, da un lato, la preesistenza di un contratto in avanzato
stato di esecuzione, dall'altro, l'ineludibile esigenza di avere un sistema di tracciamento dei rifiuti
efficace, ma, al tempo stesso, fruibile con maggiore facilità da parte degli utenti.
Giova ricordare che, in questo contesto, già l'articolo 11, comma 9, del decreto-legge n. 101
del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 30 ottobre 2013, ha previsto la
possibilità di modificare il contenuto, la durata del contratto ed il relativo piano economicofinanziario anche al fine di inserire misure di semplificazione e di ottimizzazione che tengano conto
anche delle segnalazioni delle associazioni rappresentative degli utenti, riducendo, al tempo stesso, i
costi di esercizio del sistema. Proprio in questo quadro (un contratto in avanzato stato di
avanzamento, che va in scadenza il 30 novembre, una previsione legislativa che consente alcune
correzioni e alcuni interventi) e in questa prospettiva di semplificazione, l'articolo 14, comma 2, del
decreto legge n. 91 del 24 giugno 2014, attualmente in corso di conversione, come sapete, al
Senato, ha disposto come obbiettivo prioritario da conseguire l'applicazione dell'interoperabilità e la
sostituzione dei dispositivi token-usb, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica.
Contemporaneamente, si è prospettata da più parti l'ipotesi di azzerare radicalmente il Sistri,
soluzione che evidentemente non è esente da rilevanti problematiche, perché sulla base del
contratto, l'Amministrazione dovrebbe, infatti, in ogni caso, sostenere gli oneri economici delle
spese sostenute per realizzare il sistema. Come è noto, infatti, il sistema è autofinanziato dai
contributi degli utenti e, ferma restando la disciplina della responsabilità contrattuale per
inadempimento prevista dal codice civile, in caso di recesso dal contratto stipulato con la Selex
SeMa, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sarebbe comunque tenuto a
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versare alla Selex un indennizzo corrispondente al valore dell'infrastruttura effettivamente
realizzata, laddove il costo non risulti recuperato alla data di anticipata cessazione attraverso il
corrispettivo contrattuale. L'entità dell'indennizzo andrebbe notificata dalla società e verificata dal
Ministero e, ove non accettata, andrebbe rimessa alla determinazione di un'apposita commissione.
Senza considerare, nel quadro complessivo, che con l'azzeramento del Sistri, in assenza di una
alternativa da subito operante, verrebbe comunque meno un efficace strumento di controllo e
prevenzione nei confronti delle ecomafie. È evidente a tutti che la realtà italiana è connotata da
continue e plurime emergenze rifiuti, da continue e comprovate infiltrazioni della criminalità
organizzata nel ciclo dei rifiuti. Pertanto, è irrinunciabile che lo Stato si doti di un sistema di
tracciamento dei rifiuti di tipo informatico moderno, efficiente, efficace e meno eludibile di quello
cartaceo. Lo scopo del Sistri rimane quello di collaborare con le imprese al fine di porre l'Italia al
passo con i più evoluti Paesi europei. Quindi, come ho sopra detto, cercando di elencare tutte le
problematiche complesse che sono in campo intorno a questa vicenda, il decreto legge n. 91 del
2014, oltre ad introdurre importanti elementi di novità sotto il profilo della semplificazione del
Sistri, può essere, a nostro avviso, anche l'occasione per ulteriori miglioramenti del sistema,
soprattutto con riferimento alle esigenze di maggiore facilità nell'utilizzo da parte degli utenti.
Proprio nella dialettica della conversione, e senza con ciò voler naturalmente invertire l'onere delle
responsabilità istituzionali assegnate all'Esecutivo, si potrà utilmente trovare uno spazio, con un
dibattito attento e condiviso sulla sorte del contratto Sistri, nella disponibilità del Governo a
recepire le indicazioni, anche puntuali, che il Parlamento vorrà fornire.
Di seguito i testi delle interrogazioni.
TERZONI e altri (M5S)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nella relazione seguita alla riunione del 10 aprile 2014 dell'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture, che ha avuto per oggetto il Sistri, nel capitolo dedicato allo
«Stato di attuazione del progetto» si apprende che quanto realizzato da Selex ad oggi (e cioè: centro
operativo primario, centro operativo secondario, dispositivi usb, dispositivi black-box e sistemi di
monitoraggio dei siti sensibili) non è ancora stato sottoposto a collaudo;
questo, per quanto risulta agli interroganti, contrasta con quanto esposto durante l'ultima riunione
del tavolo tecnico di monitoraggio e concertazione del Sistri, tenutasi il 20 febbraio 2014, in
occasione del quale sono state illustrate le risultanze della commissione di collaudo del Sistri,
istituita in base al comma 8 dell'articolo 11 del decreto-legge n. 101 del 2013 con esito positivo;
31
nella stessa relazione, nel capitolo dedicato alla commissione parlamentare di inchiesta, vengono
indicate alcune problematiche che la commissione stessa ha evidenziato a conclusione dei propri
lavori avvenuta il 4 marzo 2013. In particolare, si legge chiaramente che il peccato originale del
progetto viene individuato nella decisione di secretare il progetto, il che ha comportato
l'individuazione del soggetto affidatario del servizio senza alcuna scelta comparativa che poteva
avvenire in rispetto dell'articolo 17, comma 4, del decreto legislativo n. 163 del 2006. Questo
avrebbe provocato una serie di conseguenze concatenate, che hanno coinvolto tutte le fasi
dell'avviamento del progetto, dall'affidamento del servizio al contenuto del contratto, fino alla fase
esecutiva dello stesso;
viene sottolineato che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sin dalle
prime fasi, ha avuto rapporti esclusivamente con la Selex, bypassando qualunque tipo di rapporto
con altre imprese che potessero presentare le stesse capacità tecniche, economiche e imprenditoriali;
analizzando la correttezza della procedura con la quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare ha sottratto l'affidamento del progetto Sistri alle ordinarie procedure di gara,
l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture si esprime dichiarando
che la procedura «non rientrava a stretto termine di legge nella fattispecie dei contratti secretati
disciplinata dall'articolo 17 nell'assetto normativo vigente al tempo dell'affidamento diretto»,
richiamando, inoltre, i principi contenuti nell'articolo 27 del codice degli appalti, che
presuppongono anche per gli appalti secretati il rispetto dei principi di «imparzialità, parità di
trattamento, trasparenza, proporzionalità»;
la conclusione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture è
riassunta in poche parole: «(...) discendono dubbi sulla validità del contratto stipulato con Selex»;
rispondendo all'interpellanza urgente n. 2-00473, a prima firma Terzoni, e in particolare all'ipotesi
avanzata dagli interpellanti di sospendere il contratto con Selex, il Sottosegretario Velo ha risposto
come segue: «Circa la possibilità di recedere dal contratto con la Selex e procedere con nuovo
procedimento amministrativo, anche con l'applicazione di nuove e più efficienti tecnologie, si
richiama quanto approfondito precedentemente ai fatti di questa settimana a cui fa riferimento
l'onorevole interpellante. In altre parole, l'ipotesi di risoluzione del contratto è stata valutata
dall'amministrazione nel 2012, che, a tal fine, ha chiesto uno specifico parere all'Avvocatura
generale dello Stato sulla legittimità della complessiva operazione negoziale. Quest'ultimo ufficio
ha, però, ritenuto valido e legittimo il contratto con la Selex. Nel parere a suo tempo reso,
l'Avvocatura generale dello Stato concludeva per la legittimità dell'affidamento diretto»;
il contratto stipulato tra Selex e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
all'articolo 12, «Durata del contratto e trasferimento della proprietà dell'infrastruttura», prevede che
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il termine della validità del contratto medesimo è fissata al 30 novembre 2014, con possibilità di
rinnovo per una durata quinquennale da determinarsi con 24 mesi di anticipo prima della scadenza–:
se il Ministro interrogato, alla luce di quanto emerso e segnalato nella relazione dell'Autorità per la
vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, non ritenga ci siano nuovi e
determinanti elementi per rescindere il contratto con Selex;
se il Ministro interrogato, considerato che il contratto è in scadenza al 30 novembre 2014 e ad oggi
non risulta essere stato rinnovato nei termini previsti, non ritenga necessario e urgente avviare una
nuova procedura di affidamento, rispettando quanto previsto nel codice degli appalti con
meccanismi che garantiscano trasparenza e legalità, prevedendo nel contenuto del nuovo assetto
contrattuale anche l'applicazione di nuove e più efficienti tecnologie;
se il Ministro interrogato sia in grado di fornire chiarimenti riguardo al verbale di collaudo del
centro operativo primario, del centro operativo secondario, dei dispositivi usb, dei dispositivi blackbox e dei sistemi di monitoraggio dei siti sensibili. (3-00839)
CARRESCIA e altri (PD)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il Sistri, il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, è lo strumento informativo introdotto
nell'ordinamento per monitorare i rifiuti pericolosi tramite la loro tracciabilità mediante il
trasferimento in formato digitale degli adempimenti documentali in forma cartacea, costituiti dal
mud – modello unico di dichiarazione ambientale – dal registro di carico e scarico dei rifiuti e dal
fir – formulario di identificazione dei rifiuti;
le numerose criticità del sistema sono state oggetto di diversi atti di sindacato ispettivo in sede
parlamentare. Il 3 aprile 2014 il Sottosegretario delegato, in risposta all'interrogazione parlamentare
n. 5-02535 (degli onorevoli Gadda, Carrescia e altri) sugli sviluppi in termini di collaudo del Sistri,
ha dichiarato che la commissione di verifica, istituita il 20 settembre 2013, ha provveduto ad
accertare la funzionalità delle tecnologie predisposte rispetto agli obiettivi che l'amministrazione
aveva inteso perseguire mediante il contratto e ha verificato essere perfettamente funzionanti le
componenti delle infrastrutture centrale e periferica;
la commissione ha concluso i lavori il 20 dicembre 2013, rilasciando certificato di conformità del
sistema Sistri, sostenendo «l'assenza di difetti e/o carenze tali da precludere l'erogazione dei servizi,
nonché la diretta e immediata utilizzabilità della georeferenziazione degli automezzi»;
il Sottosegretario delegato si è, tuttavia, riservato di valutare «in modo rigoroso le conseguenti
iniziative da assumere in merito», in base alle conclusioni definitive accertate nella sede giudiziaria
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penale in relazione alle vicende giudiziarie che hanno riguardato la correttezza delle procedure di
affidamento, progettazione e realizzazione del Sistri;
l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, dopo due anni di
indagini e relativa istruttoria finale, ha depositato l'8 maggio 2014 la deliberazione n. 10, con la
quale, dopo aver ricostruito gli eventi dal 2006, elenca tutte le violazioni e omissioni di ogni tipo
commesse in tutto l’iter amministrativo del sistema di tracciabilità dei rifiuti (Sistri);
in particolare, dalla dettagliata ricostruzione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture emerge che il 14 giugno 2012 il presidente del comitato di vigilanza e
controllo del Sistri aveva valutato il progetto non congruo economicamente, mentre il 26 settembre
2012 l'Avvocatura generale dello Stato riteneva le valutazioni incomplete, in quanto non avrebbero
preso in considerazione l'ulteriore sconto del 15,1 per cento concesso da Selex, sconto che, di fatto,
avrebbe ridotto la differenza di prezzi pattuiti rispetto a quelli «congrui» ad appena il 4 per cento;
in ogni caso l'Avvocatura generale dello Stato, nel parere del 26 settembre 2012, riteneva opportuno
acquisire un nuovo parere sulla congruità economica di DigitPA;
dalla ricostruzione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture
emerge, inoltre, che sono passati meno di 20 giorni tra la presentazione del progetto di massima del
Sistri al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da parte della consociata di
Finmeccanica Selex e lo stanziamento nella legge finanziaria per il 2007 di ben 5 milioni di euro
per la realizzazione del sistema e soltanto 4 giorni lavorativi sono trascorsi tra la richiesta di bozza
di contratto della direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare (22 dicembre 2008) a Selex e la presentazione da parte di quest'ultima di uno «schema di
contratto per l'integrale esecuzione» al Ministero; l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture ha dichiarato non conforme al codice dei contratti pubblici l'affidamento
di tale progetto, in particolare per quanto riguarda la parte di secretazione posta il 23 febbraio 2007
dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro-tempore con livello di
riservatezza «segreto»;
l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha evidenziato che
l'affidamento del progetto Sistri non è conforme all'articolo 17, comma 1, del codice dei contratti
pubblici. «L’iter posto in essere – presentazione del progetto preliminare da parte di Selex,
secretazione del Sistri, sviluppo del progetto, stipula del contratto – non trova riscontro in alcun
modello normativo che disciplina i contratti pubblici, dove la titolarità dell'iniziativa appartiene di
norma al committente pubblico (...) “Inoltre si rinvengono consistenti dubbi sulla stessa
configurazione del contratto come appalto; infatti, la circostanza che il costo dell'operazione, di
34
fatto, venga sostenuto dagli utenti registrati induce a ritenere che si sia in presenza di una
concessione di servizi”»;
l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, sulla base delle
valutazioni svolte, ha dato mandato per l'invio del provvedimento alla direzione distrettuale
antimafia presso la procura della Repubblica di Napoli, alla procura generale della Corte dei conti e
al nucleo di polizia tributaria di Napoli, per i profili di competenza;
quindi l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha rilevato:
a) che l'affidamento a Selex è avvenuto su di un progetto preliminare senza nessuna richiesta
formale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e che, pertanto, sorge il
dubbio se e tale contratto possa considerarsi appalto. Considerato che il Sistri è finanziato dagli
stessi utenti, si potrebbe ritenere che si sia in presenza non di un appalto, bensì di una concessione
di servizi;
b) l'affidamento non rientrerebbe nel novero dei «contratti secretati», a norma dell'articolo 17 del
codice dei contratti pubblici. La secretazione operata dall'amministrazione è, tuttavia, di fatto
servita per l'affidamento diretto della gestione del Sistri a Selex;
il suddetto contratto con Selex scadrà il 30 novembre 2014 –:
quali provvedimenti intenda assumere il Governo in merito al contratto in essere con Selex e se
ritenga opportuno assumere iniziative per attivare, in luogo del Sistri, un sistema di tracciabilità
idoneo a garantire il controllo di legalità nella movimentazione dei rifiuti, che sia, nel contempo,
meno impattante e oneroso per le imprese. (3-00938)
REALACCI (PD)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
come si evince dalle maggiori agenzie di stampa e da vari forum di operatori in rete, che riportano
anche la notizia dell'aggravarsi delle inchieste sul gruppo Finmeccanica nei confronti dell’ex
presidente Guarguaglini, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture, dopo due anni di indagini e relativa istruttoria finale, ha depositato l'8 maggio 2014 la
deliberazione n. 10, con la quale, dopo aver ricostruito gli eventi dal 2006, si elencano alcune
violazioni e illegittimità in merito all’iter amministrativo del sistema nazionale di tracciabilità dei
rifiuti (Sistri). La ricostruzione dei fatti connessi al Sistri conduce l'Autorità per la vigilanza sui
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture a dichiarare «non conforme» al codice dei contratti
pubblici l'affidamento di tale progetto, in particolare per quanto riguarda la «secretazione» sul
progetto stesso: posta nel febbraio 2007 dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare pro tempore Pecoraro Scanio;
35
la sopra citata deliberazione così recita: «L’iter posto in essere – presentazione del progetto
preliminare da parte di Selex Es, secretazione del Sistri, sviluppo del progetto, stipula del contratto
– non trova riscontro in alcun modello normativo che disciplina i contratti pubblici, dove la titolarità
dell'iniziativa appartiene di norma al committente pubblico, dall'individuazione delle esigenze alla
fattibilità dell'intervento, dalla sua definizione alla ricerca del contraente e successiva gestione e
controllo della fase realizzativa. Inoltre, si rinvengono consistenti dubbi sulla stessa configurazione
del contratto come appalto; infatti, la circostanza che il costo dell'operazione, di fatto, venga
sostenuto dagli utenti registrati induce a ritenere che si sia in presenza di una concessione di
servizi»;
dalla ricostruzione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture
risulta, poi, che sono passati, sorprendentemente, meno di 20 giorni tra la presentazione del progetto
di massima del Sistri al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da parte della
consociata di Finmeccanica Selex Es e lo stanziamento nella legge finanziaria per il 2007 di ben 5
milioni di euro per la realizzazione del sistema, e soltanto 4 giorni lavorativi sono trascorsi tra la
richiesta di bozza di contratto della direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare (22 dicembre 2008) a Selex Es e la presentazione da parte di quest'ultima di
uno «schema di contratto per l'integrale esecuzione» al Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare;
il carteggio con i rilievi dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture è stata, peraltro, inviato d'obbligo alla direzione distrettuale antimafia presso la procura
della Repubblica di Napoli, alla procura generale della Corte dei conti e al nucleo di polizia
tributaria di Napoli, che da marzo 2014 sta indagando sul Sistri in merito a fondi neri all'estero,
affidamenti illeciti e false fatturazioni;
è plausibile, peraltro, ritenere che la deliberazione ad avviso dei firmatari del presente atto di
indirizzo avrà il suo peso sulla decisione del Ministro interrogato sul prolungamento del contratto in
essere, che scadrà il 30 novembre 2014;
il Sistri, ovvero il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, nasce con l'idea di attuare una
semplificazione del processo di gestione e tracciabilità dei rifiuti (ospedalieri, urbani, speciali e
pericolosi). Il Sistri avrebbe dovuto avere il duplice obiettivo di semplificare l’iter di certificazione
e tracciabilità dei rifiuti e di rendere trasparente il ciclo di distruzione dei rifiuti, abbattendo i costi
sostenuti dalle imprese del settore, ma nella realtà – tra rinvii, stop e modifiche alla normativa – il
Sistri non hai mai centrato le aspettative; l'avvio del sopraddetto Sistri è stato, infatti, più volte
rinviato e poi sospeso fino al 30 giugno 2013 per motivi di ordine tecnico, legale e gestionale, per
poi andare in vigore dal 1o ottobre 2013 solo per chi tratta rifiuti pericolosi;
36
è utile, altresì, ricordare che per il sistema Sistri non è stata mai effettuato alcun collaudo, sebbene
previsto dalla normativa vigente sugli appalti pubblici;
come ben descritto dal rapporto «Ecomafia 2014», elaborato annualmente da Legambiente, sono
29.274 le infrazioni nel ciclo dei rifiuti accertate nel 2013, più di 80 al giorno, ovvero più di 3 l'ora.
Il 22 per cento delle infrazioni ha interessato la fauna, il 15 per cento i rifiuti e il 14 per cento il
ciclo del cemento. Il fatturato, sempre altissimo, nonostante la crisi, ha sfiorato i 15 miliardi di euro
grazie al coinvolgimento di numerosi clan, ben 321, appartenenti alla più pericolosa criminalità
organizzata –:
alla luce di quanto sopra descritto, quali iniziative urgentissime intenda mettere in campo il
Ministro interrogato per fare luce sulla vicenda Sistri e dare informazioni sulle autorizzazioni date
dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a Selex Es;
se non ritenga poi utile avviare una nuova procedura di affidamento, rispettando quanto previsto nel
codice degli appalti con meccanismi che garantiscano trasparenza e legalità, ribadito che, a fronte
dei gravi dati sulle ecomafie del Paese, la tracciabilità dei rifiuti e il loro smaltimento corretto e
senza danni per l'ambiente sono assolutamente necessari. (3-00939)
REALACCI e GADDA (PD)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo
economico. — Per sapere – premesso che:
come più volte ricordato, secondo i dati dell'ultimo «Rapporto ecomafie» di Legambiente, il giro
illegale di rifiuti in Italia è di almeno 4,1 miliardi di euro l'anno, di cui 3,1 derivano da rifiuti
speciali e un miliardo dagli appalti della gestione dei rifiuti solidi urbani nelle quattro regioni a
tradizionale presenza mafiosa; le inchieste per traffico organizzato di rifiuti, ex articolo 260 del
decreto legislativo n. 152 del 2006, sono ad oggi oltre 253, con 1.367 ordinanze di custodia
cautelari, oltre 4.000 denunce e 698 aziende coinvolte;
il Sistri, ovvero Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, nasce con l'idea di attuare una
semplificazione del processo di gestione e tracciabilità dei rifiuti (ospedalieri, urbani, speciali e
pericolosi). Il Sistri dovrebbe avere il duplice obiettivo di semplificare l’iter di certificazione e
tracciabilità dei rifiuti e di rendere trasparente il ciclo di distruzione dei rifiuti, abbattendo i costi
sostenuti dalle imprese del settore, ma nella realtà – tra rinvii, stop e modifiche alla normativa – il
Sistri non hai mai centrato le aspettative;
il predetto sistema si basa sull'utilizzo di due apparecchiature elettroniche: una cosiddetta black box,
ovvero un transponder, da montare sui mezzi adibiti al trasporto dei rifiuti per tracciarne i
movimenti e un token usb da 4 gigabyte, equipaggiato con un software per autenticazione forte e
37
firma elettronica che viaggia assieme ai rifiuti, su cui sono salvati tutti i dati ad essi relativi; sono
obbligati ad aderire a tale sistema di tracciabilità: tutti i produttori iniziali di rifiuti pericolosi; tutti i
produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, da lavorazioni
artigianali, da trattamenti effettuati sulle acque, da trattamento di rifiuti e costituiti da fanghi da
abbattimento delle emissioni in atmosfera con più di 10 dipendenti; tutti i trasportatori di rifiuti
speciali prodotti da terzi; i trasportatori di propri rifiuti speciali pericolosi; i gestori di impianti di
recupero e smaltimento, gli intermediari e i commercianti di rifiuti senza detenzione degli stessi; i
comuni e gli enti e le imprese che gestiscono i rifiuti urbani nel territorio della regione Campania;
l'avvio del sopraddetto Sistri è stato, infatti, più volte rinviato e poi sospeso fino al 30 giugno 2013
per motivi di ordine tecnico, legale e gestionale, per poi andare in vigore dal 1o ottobre 2013 solo
per chi tratta rifiuti pericolosi. Per i produttori di rifiuti, comuni e imprese campane la partenza
prevista è il 3 marzo 2014. Per questa serie di piccoli artigiani il Sistri viaggerà in parallelo ai
classici adempimenti cartacei costituiti da registri di carico/scarico e formulario di trasporto rifiuti
fino al 1o agosto 2014, dopo di che il tracciamento telematico diventerà esclusivo. Mentre per il via
al terzo scaglione, costituito da operatori del trasporto intermodale e dagli altri gestori di rifiuti
urbani, bisognerà attendere l'adozione degli specifici decreti ministeriali;
l'obbligo del Sistri varrà, perciò, anche per diverse categorie di piccoli artigiani, al pari degli altri
produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi già obbligati ad utilizzare il sistema informatico per la
tracciabilità dei rifiuti pericolosi. Si tratta di carrozzieri, elettrauto, parrucchieri, orafi, se utilizzano
acidi, tintorie, lavanderie, impiantisti, fabbri e falegnami, che effettuano anche verniciature,
odontotecnici, metalmeccanici, autofficine, tipografie, estetiste;
i ripetuti appelli da parte delle associazioni di rappresentanza imprenditoriale volti a modificare la
necessità di dotarsi di apparecchiature elettroniche – sul cui numero si basa il corrispettivo
riconosciuto al concessionario dal contratto di servizio – non sono stati adeguatamente considerati,
nonostante la fattibilità tecnica di semplici modifiche di sistema, ad esempio collegamento in
remoto, uso di password e altro;
le associazioni di categorie imprenditoriali interessate lamentano il fatto che dalla penultima data di
entrata in operatività (quindi dal giugno 2012 al marzo 2014) nulla è stato fatto in termini di
diffusione delle apparecchiature, riallineamento del funzionamento delle stesse, approntamento
della formazione degli operatori. Il Sistri presenta, pertanto, gli stessi deficit strutturali e conoscitivi
che suscitarono tanto allarme nel maggio 2011, quando, con il famoso click day, si appalesò
l'impreparazione dell'apparato di assistenza e l'approssimazione dell'intero sistema;
dal 1o ottobre 2013 l'entrata in vigore del Sistri ha comportato pesanti rallentamenti nel lavoro di
gestori e trasportatori, e, nella peggiore delle ipotesi, un vero e proprio blocco delle attività. Tale
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situazione, oltre a ripercuotersi sull'attività delle imprese, rischia, soprattutto, di favorire la gestione
illegale dei rifiuti, come dimostra il calo dei quantitativi di rifiuti raccolti già riscontrato a seguito
dell'operatività di ottobre 2013: nell'ultimo trimestre del 2013 i dati sulla raccolta dei rifiuti
mostrano un calo di circa il 20/25 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012;
le rilevazioni effettuate nella filiera dalle maggiori associazioni di categoria, dopo la partenza del
Sistri il 1o ottobre 2013, indicano che i tempi per tracciare i rifiuti sono aumentati, rispetto al
sistema cartaceo, del 1.500 per cento, cui corrispondono costi 20 volte superiori;
nella risposta del 17 settembre 2013 all'interrogazione n. 5/00913 presentata dal primo firmatario
della presente interrogazione, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro
tempore Andrea Orlando precisava: «In particolare, attraverso una normativa secondaria, verranno
individuate ulteriori semplificazioni tese a razionalizzare il sistema di tracciabilità per la gestione e
la movimentazione dei rifiuti, in modo da renderlo semplice, efficace e trasparente e senza
sovraccarichi organizzativi da parte delle aziende, anche al fine di eliminare gli strumenti più
contestati dagli utenti, vale a dire la cosiddetta black box e la chiavetta usb. La semplificazione si
pone anche in una prospettiva di progressiva riduzione dei costi a carico degli utenti e di aumento
dei servizi ad essi offerti, anche mediante la possibilità che la piattaforma informatica del Sistri
confluisca in un sistema informativo più ampio a servizio della pubblica amministrazione. Nella
consapevolezza che un sistema informatico non è mai perfetto ab initio, ma senz'altro perfettibile
alla luce della sua applicazione pratica, non solo è stata prevista una prima semplificazione in fase
transitoria, ma dopo questa sono previste semplificazioni periodiche, previa consultazione degli
utenti, al fine di adeguare il sistema all'evoluzione tecnologica e alle esigenze via via manifestate
dagli utenti, con una logica di work in progress (...). Una particolare attenzione è stata posta al
sistema sanzionatorio in fase di prima applicazione del Sistri, al fine di attenuare gli effetti derivanti
dall'operatività di un nuovo sistema da parte degli operatori, prevedendo una soglia di tre violazioni
consentite, oltre la quale verrà applicata la sanzione stessa. Alla luce delle osservazioni già
pervenute da parte delle associazioni, vi è la disponibilità del Ministro dell'ambiente a ampliare
ulteriormente, in sede di emendamenti al decreto-legge, la soglia di non punibilità, purché si tratti di
illeciti colposi, mentre non possono consentirsi deroghe alla punibilità di illeciti dolosi (quale ad
esempio la consapevole e voluta non iscrizione al sistema)»;
la motivazione con la quale i Ministri interrogati continuano a giustificare l'ineluttabilità del Sistri è
quella del danno erariale per violazione del contratto con Selex spa, che si determinerebbe qualora il
Sistri venisse superato a favore di un sistema più agile per le imprese operatrici. Tale condizione
non solleva le importanti responsabilità del decisore pubblico sui costi e le difficoltà del sistema
verso le imprese obbligate all'adesione al Sistri –:
39
se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano valutare una rapida iniziativa
normativa per il superamento del Sistri, sostituendolo con nuovi criteri da affidare poi a normativa
secondaria, e, pur mantenendo, nel frattempo, il sistema esistente, se non ritengano utile intervenire
da subito affinché si garantisca una maggiore efficacia del Sistri, considerata anche l'urgenza di dare
una soluzione efficace al problema del contrasto allo smaltimento illegale di rifiuti;
se non ritengano utile censire e integrare i vari sistemi già esistenti al livello regionale;
se essi intendano poi adottare per il nuovo sistema di tracciabilità informatizzata gli indirizzi
indicati unanimemente dalle 31 organizzazioni delle imprese interessate e se non sia, altresì, utile
che nella progettazione, sperimentazione e miglioramento del nuovo sistema siano coinvolte le
organizzazioni delle imprese e ugualmente che si prevedano misure di semplificazione, per
determinate categorie, sulla base dell'individuazione di esigenze obiettive di tutela ambientale;
se i Ministri interrogati non ritengano più utile che il nuovo sistema di tracciabilità entri
completamente in funzione solo dopo essere stato efficacemente collaudato. (3-00940)
40
SENATO
Interrogazione a risposta in 10a Commissione permanente (Industria, commercio, turismo):
sulle relazioni commerciali instaurate da Enel con la Drummond e la Glencore-Prodeco,
aziende minerarie della Colombia, accusate di problemi ambientali e violazione dei diritti
umani, sui chiarimenti circa i partner commerciali di Enel e sulle modalità con cui entrano in
relazione con l'utility energetica
PUPPATO e altri (PD)
- Ai Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico - Premesso che:
da un rapporto dell'istituto di ricerca olandese SOMO "Colombian Coal in Europe - Imports by Enel
as a case study" commissionato dall'organizzazione non governativa Greenpeace e ripreso da "il
Fatto Quotidiano" risulta che Enel acquisti importanti quantitativi di carbone colombiano dalla
statunitense Drummond e dalla svizzera Prodeco, di proprietà di Glencore;
sul punto Enel ha risposto con una nota in cui non ha smentito l'esistenza di rapporti commerciali
con le suddette società garantendo una verifica delle accuse mosse nel rapporto SOMO;
considerato che:
Enel SpA è un ente di diritto privato, controllato al 31 per cento dal Governo che ne detiene il
potere di nomina del management e ricopre pertanto un importante ruolo anche di rappresentanza
del nostro Paese;
l'esistenza di contratti in essere tra Enel, Drummond e Prodesco (rilevati dall'istituto olandese
constatando le rotte di navi mercantili partite dai porti colombiani a Civitavecchia (Roma), La
Spezia e Venezia con carichi di centinaia di migliaia di tonnellate di carbone ascrivibili alle 2
multinazionali estrattive) sono ritracciabili sul sito istituzionale di ENEL solo a seguito del rapporto
SOMO;
ciò contrasta con quanto contenuto nel codice etico di Enel che prevede la totale trasparenza nei
confronti degli stakeholder, quindi, in primis, del Governo e dei consumatori;
sia Drummond che Prodeco sono al centro, almeno dal 2001, di indagini giudiziarie e giornalistiche,
sia in Colombia che negli Stati Uniti per il loro atteggiamento "spregiudicato" nei confronti della
tutela ambientale e per aver violato diverse volte i diritti sindacali ed umani, sottoponendo i
rappresentanti dei lavoratori e gli abitanti delle zone di confine con le miniere a torture, arrivando
fino all'assassinio ripetuto di quanti si opponessero alle condizioni di lavoro nelle miniere o
facessero emergere le crisi ambientali di tali siti;
41
in particolare, secondo fonti quali BBC e Reuters, entrambe le compagnie si sarebbero macchiate di
crimini ambientali particolarmente gravi e intratterrebbero rapporti di reciproco scambio con
l'United self defence force of Colombia e altre milizie paramilitari colombiane;
considerato, inoltre, che:
nel giugno 2011 Enel ha fondato, assieme ad altre 10 grandi compagnie europee, il Bettercoal,
organo di autocontrollo che dovrebbe perseguire un orientamento di tutela dell'ambiente e dei
lavoratori in tutte le fasi della lavorazione del carbone, con precise indicazioni anche per quanto
riguarda i fornitori e i clienti delle compagnie energetiche stesse;
Enel, come le altre utility europee, ha un ritorno di immagine ed acquisisce un valore aggiunto dalla
partecipazione a Bettercoal e dall'approvazione di codici etici interni che si riversano sull'immagine
dell'Italia all'estero in modo positivo o negativo a seconda che i parametri scelti siano
effettivamente rispettati o meno,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto contenuto nel rapporto "Colombian Coal in
Europe - Imports by Enel as a case study" redatto da SOMO e diffuso da Greenpeace e quali siano
le loro valutazioni in merito;
se siano a conoscenza di quali siano tutti i partner commerciali di Enel e sulle modalità con cui
entrano in relazione con l'utility energetica;
tenuto conto del recente cambio di governance interna ad Enel, se non si ritenga di dover
monitorare l'effettivo e rapido svolgimento delle verifiche che ENEL si è impegnata a svolgere,
riferendo in Parlamento sui risultati raggiunti e sulle decisioni conseguentemente adottate.
(3-01098)
Interrogazione a risposta orale:
sui procedimenti di valutazione di impatto ambientale sui progetti di centrali solari
termodinamiche in Sardegna
SERRA e altri (M5S)
- Ai Ministri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Premesso che:
lo scopo dell'energia rinnovabile è quello di rendere autonomi e autosufficienti i territori, le famiglie
e le piccole e medie imprese dai gestori nazionali più o meno unici; per questi motivi il Movimento
5 Stelle propugna una forma di distribuzione orizzontale e non verticistica dell'energia elettrica.
Una centrale da 50 megawatt, sebbene termodinamica, produce energia centralizzata che,
42
successivamente, un unico gestore/proprietario dovrà distribuire e vendere in maniera verticistica,
anche a migliaia di chilometri rispetto al luogo di produzione;
a parere degli interroganti si tratta, a ben vedere, di operazioni, ragionevolmente, di carattere
speculativo. Sarebbe preferibile, in un'ottica realmente lungimirante, promuovere piccoli impianti
necessari e sufficienti a soddisfare le esigenze dei territori, in luogo dei grandi distributori di
energia, scongiurando, altresì, il consumo del suolo, da impiegare preferibilmente in attività rurali.
L'energia prodotta, peraltro, spesso al di sopra del fabbisogno nazionale, viene "buttata a mare" in
quanto non accumulata, ciò, evidentemente, a vantaggio della produzione di energia derivante da
fonti fossili;
con istanza pubblicizzata sul quotidiano regionale "La Nuova Sardegna" del 29 novembre 2013, è
stato avviato il procedimento di Valutazione di impatto ambientale (VIA) relativo al progetto di
centrale solare termodinamica a concentrazione denominato "Flumini Mannu e opere connesse",
presentato dalla società Flumini Mannu ltd, avente sede legale a Londra e sede fiscale a Macomer,
nelle località Riu Porcus, Su Pranu, nei Comuni di Decimoputzu e Villasor (Cagliari), che interessa
269 ettari per una potenza complessiva lorda pari a 55 megawatt elettrici. In particolare il progetto
prevede la realizzazione di una centrale solare termodinamica (Concentrating Solar Power)
costituita da un campo solare formato da collettori parabolici lineari, di un impianto pilota di
desalinizzazione e della connessione elettrica in alta tensione (150 chilowatt) fra la centrale e la
cabina primaria Villasor 2;
un analogo progetto ubicato nel medesimo sito, denominato Impianto solare termodinamico da 50
MWe - Flumini Mannu, nel Comune di Villasor (Cagliari) in località Riu Porcus e Su Pranu
(Società proponente Energo Green Renewables Srl), era stato sottoposto a verifica di
assoggettabilità con deliberazione della Giunta regionale n. 5/25 del 29 gennaio 2013 e tale
procedimento di screening si era concluso con la Deliberazione n. 5/23 del 29 gennaio 2013, con
decisione di svolgere il successivo e vincolante procedimento di VIA di competenza regionale;
con la pubblicizzazione di cui sopra, si è data comunicazione che il progetto relativo alla centrale
solare termodinamica a concentrazione "Flumini Mannu" viene sostanzialmente sottratto alla
procedura di competenza regionale, prevista dalla Legge regionale n. 9 del 12 giugno 2006, art. 48
della Regione autonoma della Sardegna e successiva Deliberazione n. 34/33 del 7 agosto 2012, ed
assoggettato a procedimento di VIA di competenza nazionale in quanto ricadente nell'ipotesi di
"Installazioni relative a centrali termiche e ad altri impianti di combustione con potenza termica di
almeno 300 MW termici" (decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e
integrazioni, Allegato II alla parte seconda, punto 2);
considerato che, a parere degli interroganti:
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il sopra indicato inquadramento appare evidentemente errato nell'ambito di numerosi presupposti
procedimentali di seguito descritti;
gli articoli pubblicati sul quotidiano "II Sole-24 Ore", nelle edizioni del 27 novembre 2013
("Sardegna, il futuro in 24 scatoloni") e del 2 ottobre 2013 ("Un miliardo bloccato nei cassettì")
evidenziano che il progetto rientrerebbe in un più ampio programma artatamente considerato quale
unico intervento. Il Gruppo Angelantoni in sinergia con la giapponese Chivoda Corporation avrebbe
avviato il progetto Archimede Solar Energy (ASE). La società si propone la realizzazione di ben 4
centrali solari termodinamiche a concentrazione per complessivi 389 megawatt termici a Flumini
Mannu, fra Villasor e Decimoputzu (55 megawatt elettrici di potenza, 269 ettari interessati); a
Campu Giavesu, in Comune di Cossoine (50 megawatt elettrici di potenza, 160 ettari interessati);
nei terreni agricoli fra Giave e Bonorva (50 megawatt elettrici di potenza, 235 ettari interessati); in
località Pauli Cungiau agro di Gonnosfanadiga (50 megawatt elettrici, 211 ettari interessati). Gli
articoli riferiscono di un miliardo di euro di investimenti e 5.000 posti di lavoro diretti e indiretti
calcolati in base a criteri non specificati;
tali progetti di centrali solari termodinamiche a concentrazione sono già stati sottoposti
singolarmente a rispettiva procedura di verifica di assoggettabilità (direttiva n. 2011/92/UE, art. 20
del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, art. 31 della Legge regionale n. 1
del 1999 e successive modificazioni e integrazioni, deliberazione Giunta Regionale n. 34/33 del 7
agosto 2012, allegato B) di competenza regionale, su proposta di soggetti imprenditoriali diversi (in
particolare la EnerqoGreen Renewables Srl, controllata dalla Fintel Energia Group SpA). Tutte le
rispettive procedure di verifica di assoggettabilità, ad eccezione del progetto Gonnosfanadiga Guspini archiviato per mancati adempimenti della proponente, si sono concluse con la decisione di
far svolgere, con i dovuti approfondimenti, la successiva e vincolante procedura di VIA, sempre di
competenza regionale, proprio per il pesante impatto sull'ambiente e le risorse del territorio
interessato;
appare del tutto palese che trattasi di progetti relativi a siti distanti centinaia di chilometri l'uno
dall'altro, risultando concretamente impossibile considerarli un "progetto unico" per evidenti ragioni
di carattere fisico. Inoltre, nel procedimento di VIA in questione sarebbe preso in considerazione
l'unico sito di Villasor-Decimoputzu, per cui, anche a voler accettare l'ipotesi del "progetto unico",
ci si troverebbe di fronte alla mancata considerazione unitaria dei 4 siti individuati al fine di
verificarne gli impatti cumulativi, come da giurisprudenza costante (Corte di Giustizia CE, Sez. III,
25 luglio 2008, n. 142; Corte di Giustizia CE, Sez. II, 28 febbraio 2008, causa C-2/07; Consiglio di
Stato, Sez. VI, 15 giugno 2004, n. 4163; T.A.R. Sardegna, sez. II, 30 marzo 2010, n. 412);
44
inoltre, valutando l'ipotesi del "programma o piano" unitario concernente 4 progetti di centrali solari
termodinamiche a concentrazione, questo dovrebbe essere sottoposto a preventivo e vincolante
procedimento di Valutazione ambientale strategica (VAS), in quanto la VAS, prevista dalla direttiva
n. 2001/42/CE, interessa piani e programmi aventi effetti sensibili diretti ed indiretti sull'ambiente e
le varie componenti ambientali (T.A.R Marche, sez. I, 4 marzo 2010, n. 100; T.A.R. Campania,
NA, sez. I, 14 aprile 2008, n. 2135) ed è disciplinata nell'ordinamento nazionale dagli artt. 12 e
seguenti del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni. Inoltre
tale procedura di VAS si renderebbe comunque necessaria per ciascun singolo intervento, essendo
essenziale procedere ad una contestuale variante, sostanziale, allo strumento urbanistico (legge n. 4
del 2009);
la conclusione del procedimento di VAS è precedente e vincolante all'approvazione definitiva e
all'efficacia dei piani e programmi ad essa assoggettati. Difatti, "la valutazione ambientale strategica
è avviata dall'autorità procedente contestualmente al processo di formazione del piano o
programma" (art. 11, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006). Per di più "la fase di
valutazione è effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente
alla sua approvazione o all'avvio della relativa procedura legislativa. Essa è preordinata a garantire
che gli impatti significativi sull'ambiente derivanti dall'attuazione di detti piani e programmi siano
presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione" (art. 11.
comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006), come da giurisprudenza (T.A.R. Lombardia, BS,
sez. I, 14 dicembre 2009, n. 2568). Fondamentale è la fase della consultazione del pubblico con le
specifiche modalità definite dall'art. 14 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive
modificazioni e integrazioni;
l'art. 11, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, recita "la VAS costituisce per i piani e
programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento
di adozione ed approvazione I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la
previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge";
se si ricade nell'ipotesi che lo specifico impianto debba considerarsi dotato di una potenza superiore
ai 300 megawatt termici, e pari a 440 megawatt termici, secondo quanto riportato nella Relazione
tecnica-descrittiva del progetto, vi è da osservare che gli elementi di calcolo assunti a base di tale
classificazione appaiono del tutto incongruenti con le disposizioni normative. Infatti la potenza
termica citata nel progetto costituisce la potenza termica del campo solare in quanto a fondamento
del relativo calcolo sono stati posti il fattore di irraggiamento (DNl) e il rendimento dei collettori e
degli specchi. Di fatto solo una parte ridotta dell'energia termica raccolta dal campo solare viene
utilizzata per il funzionamento del generatore di vapore e quindi successivamente trasformata in
45
energia elettrica. Qualora si voglia procedere ad un confronto coerente tra dati numerici normativi e
progettuali, dovrebbe farsi riferimento alla potenza disponibile alla bocca del generatore di vapore
affinché possa essere istituito un confronto tecnicamente congruente tra la soglia di potenza termica
quale quella definita in 300 megawatt termici dal decreto legislativo n. 152 del 2006 (allegato II alla
parte seconda, punto 2) per l'accesso alla VIA di competenza nazionale con quella dispiegabile dalla
Centrale termodinamica in oggetto, atteso che il citato disposto normativo fa riferimento esplicito a
Centrali termoelettriche. Ne consegue che qualora si assuma a base del calcolo la potenza di 55
megawatt elettrici, dichiarata dalla proponente per l'impianto TDS/CSP (Termodinamico Solare a
Concentrazione) e un rendimento del ciclo termodinamico pari a 0,4, ordinariamente assunto a base
dei calcoli delle centrali termoelettriche, se ne ricava che a monte del generatore di vapore si rende
disponibile una potenza termica pari a circa 140 megawatt termici, valore che singolarmente
coincide con la potenza termica dichiarata in alcune delle relazioni tecniche allegate ai progetti di
Centrali termodinamiche in Sardegna depositati dal gruppo Energogreen per la procedura di
Verifica di assoggettabilità regionale;
non essendo riscontrata la condizione che la singola centrale di Flumini Mannu abbia una potenza
superiore a 300 megawatt termici, se ne deve dedurre che il procedimento di VIA debba essere di
competenza della Regione Sardegna così come disposto dal decreto legislativo n. 152 del 2006,
secondo la procedura correttamente avviata dalla proponente con l'accesso alla Verifica di
assoggettabilità, procedura da cui senza fondati motivi giuridici si intende discostarsi, indirizzando
la stessa sul binario della VIA nazionale. Diversamente, qualora si volesse considerare l'intervento
unitario con gli altri progetti esso dovrebbe essere, ope legis, sottoposto nella sua intrinseca
cumulabilità con i rimanenti a procedura di VAS e successivamente per ciascun impianto dovrà
comunque essere attivata la procedura di VIA;
si rileva la mancata pubblicazione dell'avviso di deposito del progetto, del progetto medesimo e del
relativo Studio di impatto ambientale (SIA) sul sito internet istituzionale del Ministero
dell'ambiente, della tutela del territorio e del Mare ancora alla data del 24 gennaio 2014, in
violazione dell'art. 24, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni
e integrazioni, inficiando conseguentemente la corretta possibilità di visione, esame, elaborazione di
atti di "osservazioni" da parte del pubblico per il periodo di tempo di 60 giorni decorrenti dalla
pubblicazione dell'avviso di avvio del procedimento di VIA sui prescritti quotidiani;
per quanto riguarda il profilo della pianificazione, con delibera del 5 settembre 2006, n. 37/6 "LR.
n. 8 del 25 novembre 2004. art. 2, comma 1, Approvazione del Piano Paesaggistico - Primo Ambito
Omogeneo", la Giunta regionale della Sardegna ha adottato il Piano paesaggistico regionale (PPR)
relativo al primo ambito omogeneo - Area Costiera. Le aree interessate dalle opere in progetto
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insistono su ambiti cartografati definiti "Aree ad utilizzazione agro-forestale" e interessati dalla
presenza di Colture erbacee specializzate, aree agroforestali, aree incolte. Pur non ricadendo le aree
all'interno di alcun Ambito specifico per i quali sono stati forniti dal PPR precisi indirizzi, essendo
gli Ambiti del PPR definiti nella sola fascia costiera, per tali Aree gli artt. 28, 29 e 30 delle Norme
tecniche di Attuazione (NTA) prescrivono quanto segue: "Art. 28 - Aree ad utilizzazione agroforestale. Definizione. 1. Sono aree con utilizzazioni agro-silvo pastorali intensive, con apporto di
fertilizzanti, pesticidi, acqua e comuni pratiche agrarie che le rendono dipendenti da energia
suppletiva per il loro mantenimento e per ottenere le produzioni quantitative desiderate. 2. In
particolare tali aree comprendono rimboschimenti artificiali a scopi produttivi, oliveti, vigneti,
mandorleti, agrumeti e frutteti in genere, coltivazioni miste in aree perturbane, coltivazioni orticole,
colture erbacee incluse le risaie, prati sfaldabili irrigui, aree per l'acquicoltura intensiva e semiintensiva ed altre aree i cui caratteri produttivi dipendono da apporti significativi di energia esterna.
3. Rientrano tra le aree ad utilizzazione agro-forestale le seguenti categorie: a. colture arboree
specializzate; b. impianti boschivi artificiali; e. colture erbacee specializzate; art. 29- Aree ad
utilizzazione agro-forestale. Prescrizioni 1. La pianificazione settoriale e locale si conforma alle
seguenti prescrizioni: a) vietare trasformazioni per destinazioni e utilizzazioni diverse da quelle
agricole di cui non sia dimostrata la rilevanza pubblica economica e sociale e l'impossibilità di
localizzazione alternativa, o che interessino suoli ad elevata capacità d'uso, o paesaggi agrari di
particolare pregio o habitat di interesse naturalistico, fatti salvi gli interventi di trasformazione delle
attrezzature, degli impianti e delle infrastrutture destinate alla gestione agroforestale o necessarie
per l'organizzazione complessiva del territorio, con le cautele e le limitazioni conseguenti e fatto
salvo quanto previsto per l'edificato in zona agricola di cui agli articoli 79 e successivi, b)
promuovere il recupero delle biodiversità delle specie locali di interesse agrario e delle produzioni
agricole tradizionali, nonché il mantenimento degli agrosistemi autoctoni e dell'identità scenica
delle trame di appoderamento e dei percorsi interpoderali, particolarmente nelle aree perturbane e
nei terrazzamenti storici; e) preservare e tutelare gli impianti di colture arboree specializzate; Art.
30 - Aree ad utilizzazione agro-forestale. Indirizzi 1. La pianificazione settoriale e locale si
conforma ai seguenti indirizzi: armonizzazione e recupero, volti a: migliorare le produzioni e i
servizi ambientali dell'attività agricola; riqualificare i paesaggi agrari; ridurre le emissioni dannose e
la dipendenza energetica; mitigare o rimuovere i fattori di criticità e di degrado. 2. Il rispetto degli
indirizzi di cui al comma 1 va verificato in sede di formazione dei piani settoriali o locali, con
adeguata valutazione delle alternative concretamente praticabili e particolare riguardo per le
capacità di carico degli ecosistemi e delle risorse interessate.";
47
la realizzazione di un impianto TDS (Termodinamico Solare) in area agricola appare in evidente
contrasto anche con le disposizioni (articoli 1 e 15) e la Disciplina transitoria di cui all'art 69 delle
Norme tecniche di attuazione del nuovo Piano paesaggistico regionale della Sardegna approvato
con delibera della Giunta Regionale n. 45/2 del 25 ottobre 2013. Il Piano "riconosce infatti
meritevole di tutela il paesaggio rurale e persegue il primario obiettivo di salvaguardarlo, di
preservarne l'identità e le peculiarità", garantisce inoltre "l'introduzione di norme volte al
conseguimento di tali finalità, con obiettivo di coniugare l'utilizzo razionale del territorio agricolo
con la salvaguardia e la tutela dei paesaggi agrari". 'Il Piano Paesaggistico Regionale si propone
come strumento finalizzato anche ad orientare le trasformazioni verso forme compatibili con il
principio del minimo consumo di suolo e il rispetto della vocazione dei suoli; il PPR nella sua
revisione e aggiornamento, pone particolare attenzione al bene paesaggistico fascia costiera,
all'interno della quale le azioni di trasformazione vengono disciplinate contemperando il fatto che
costituisce sia una risorsa da salvaguardare sia una risorsa strategica per lo sviluppo sostenibile del
territorio regionale [...] Inoltre, il PPR tutela il paesaggio rurale perseguendo il primario obiettivo di
salvaguardarlo, di preservarne l'identità e le peculiarità...";
dalla lettura delle NTA risulta evidente che la destinazione e l'intervento previsti dal progetto sono
in aperto contrasto con le previsioni del PPR;
gli elementi vincolanti sopra citati, imposti da uno strumento di pianificazione territoriale di
coordinamento, quale il Piano Paesaggistico risulta essere ai sensi dei vigente Codice dei Beni
culturali, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, sono del tutto ignorati e sottaciuti nell'ambito
della Relazione paesaggistica, la quale elude anche la citazione di specifici vincoli paesaggistici.
Nell'area è presente infatti il Rio Gora Manna, rientrante nell'elenco delle acque pubbliche (regio
decreto n. 1775 del 1933 e successive modificazioni e integrazioni), quindi le relative fasce spondali
dei 150 metri sono tutelate con vincolo paesaggistico (art. 142, comma 1, lettera c), del decreto
legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni), analogamente alle sponde dei
corsi d'acqua Canale Riu Nou, Gora S'Acqua Frisca, Riu Porcus, tutelate dall'art. 143 del decreto
legislativo n. 42 del 2004 e s.m.i. per effetto dell'art. 17, comma 3, lettera h), delle norme tecniche
di attuazione del piano paesaggistico regionale (P.P.R. - 1° stralcio costiero), esecutivo con decreto
del Presidente della Repubblica del 7 settembre 2006, n. 82;
relativamente al Piano urbanistico comunale il Comune di Villasor dispone di un Programma di
fabbricazione comunale, secondo il quale i mappali su cui ricade l'impianto si trovano, per tutta la
loro superficie, in un'area classificata come "Zona E". In base a quanto riportato nelle NTA del
Piano, all'art. 20, le zone omogenee "E" (agricole-pastorali) sono costituite dalle parti di territorio
destinate ad uso agricolo ed agro-pastorale, ivi compresi gli edifici, le attrezzature e gli impianti ad
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essi connessi e per la valorizzazione dei prodotti di tali attività. Il Comune di Decimoputzu dispone
di un Piano urbanistico comunale (PUC), secondo il quale i mappali su cui ricade l'impianto si
trovano, per tutta la loro superficie, in un'area classificata come "Zona E", e più precisamente nella
"Sottozona E5". In base a quanto riportato nelle NTA, all'art. 13, le zone omogenee "E" sono
destinate all'agricoltura, alla pastorizia, alla zootecnia, all'itticoltura, alle attività di conservazione e
di trasformazione dei prodotti aziendali, all'agriturismo, alla silvicoltura e alla coltivazione
industriale del legno. Inoltre ai sensi del decreto del presidente della Giunta regionale della Regione
autonoma della Sardegna n. 228 del 3 agosto 1994 (Direttive per le zone Agricole), le zone "E" del
territorio comunale sono suddivise in sottozone. La sottozona E5 viene identificata come "aree
marginali per l'attività agricola nelle quali viene ravvisata l'esigenza di garantire condizioni
adeguate di stabilità ambientale";
la centrale TDS risulta in palese contrasto con gli strumenti di pianificazione comunale dei Comuni
di Villasor e Decimoputzu. In merito a quanto sostenuto nella Relazione paesaggistica allegata al
progetto secondo la quale "L'opera proposta appare coerente con quanto descritto in quanto, ai sensi
del comma 7, art. 12 del decreto legislativo 387 del 2003, la costruzione delle centrali solari
termodinamiche, impianti a fonte rinnovabile, è ammessa nelle zone classificate agricole dai piani
comunali vigenti" si ritiene che la stessa non abbia alcun fondamento giuridico. La citata normativa
stabilisce infatti che "gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1,
lettere b) e c) [ovvero gli impianti a "fonte rinnovabile"] possono essere ubicati anche in zone
classificate agricole dai vigenti strumenti urbanistici", tale formulazione di potenzialità non può
intendersi come norma atta a legittimare aperte violazioni di strumenti di pianificazione preesistenti,
ma potrebbe condurre ad una eventuale adozione di Variante agli strumenti di pianificazione in
iure, secondo le procedure previste dalle leggi esistenti e non costituendo la norma stessa una
variante de facto. Inoltre, alla Regione Sardegna, godendo la stessa di uno Statuto speciale,
competono poteri legislativi esclusivi in materia urbanistica che non possono trovare contrazioni
anche in forza di norme nazionali e in merito a tale materia la Regione Sardegna ha legiferato con
legge n. 4 del 2009. In proposito secondo l'art. 13-bis della legge Regionale n. 4 del 2009 e
successive modificazioni e integrazioni, l'art. 3 del decreto del Presidente della Giunta regionale del
3 agosto 1994, n. 228 (Direttive per le zone agricole, criteri per l'edificazione nelle zone agricole) e
un indirizzo giurisprudenziale costante, nelle zone agricole "E" degli strumenti urbanistici
comunali, possono essere autorizzati soltanto interventi relativi ad attività agricole e/o strettamente
connesse (Cass. Pen. sez. III, 9 marzo 2012, n. 9369), non per attività di produzione energetica di
tipo industriale come quella in progetto, slegata da attività agricole in esercizio nel sito;
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per quanto riguarda il Piano energetico ambientale regionale approvato dalla Giunta regionale con
Deliberazione n. 34/13 de 12 agosto 2006, e la successiva direttiva n. 31/43 del 20 novembre 2011
di indirizzo politico per la redazione di un nuovo PEARS (Piano Energetico Ambientale Regione
Sardegna), si conferma che gli impianti con tecnologia solare termodinamica, ancorché
antieconomici, debbano essere localizzati in ambiti già interessati da insediamenti industriali e
individua come possibili siti le località di Cagliari-Macchiareddu ed Ottana. Tale indirizzo viene
confermato al paragrafo 1.2 (Principali obiettivi): c) La tutela ambientale. La Regione, in armonia
con il contesto dell'Europa e dell'Italia, ritiene di particolare importanza la tutela ambientale,
territoriale e paesaggistica della Sardegna, pertanto gli interventi e le azioni del Sistema Energetico
Regionale devono essere concepite in modo da minimizzare l'alterazione ambientale;
in coerenza con questa impostazione tutti gli impianti di conversione di energia, inclusi gli impianti
di captazione di energia eolica, fotovoltaica e solare aventi estensione considerevole per la
produzione di potenza elettrica a scala industriale, devono essere localizzati in siti compromessi
preferibilmente in aree industriali esistenti e comunque in coerenza con il Piano paesaggistico
regionale;
delle condizioni suddette nessuna è soddisfatta dall'impianto di Flumini Mannu che risulta
concepito nell'esclusiva ottica del perseguimento dell'obiettivo dello sfruttamento della risorsa
energetica e quindi indirizzato al raggiungimento del massimo profitto, prescindendo da ogni
considerazione in merito all'impatto con i valori naturalistici e ambientali;
limitatamente al profilo ambientale il progetto prevede il radicale stravolgimento del paesaggio e
del suolo agricolo interessati, come già evidenziato dalla deliberazione Giunta regionale n. 5/25 del
29 gennaio 2013 conclusiva del procedimento di verifica di assoggettabilità relativo ad analogo
progetto sul medesimo sito, che nello specifico osserva che "la distribuzione spaziale del complesso
di specchi costituisce di fatto una sostituzione totale dell'attuale paesaggio agrario, con una notevole
modifica degli elementi geografici caratteristici, come le sponde dei corsi d'acqua vincolati e i
compluvi presenti all'interno del lotto" e che "le colture agrarie di tipo estensivo, prive di barriere
visuali, rendono ampia distesa di specchi notevolmente impattante da numerosi campi visuali; non
si tiene conto dell'andamento plano-altimetrico dei sito, dove si prevede di installare gli specchi,
generando una modificazione orografica su una estensione notevole di territorio". Nonché si
evidenziano "alterazione della morfologia naturale dei luoghi e irreversibili interferenze con gli
elementi caratteristici dell'area agricola interessata; notevole impatto sull'uso del suolo e di natura
paesaggistica, considerati anche gli effetti cumulativi con altri impianti similari proposti nelle aree
circostanti, non presi peraltro in considerazione nella documentazione presentata; necessità di opere
di sistemazione altimetrica, che per quanto definite 'non ingentì, non sono state definite con un
50
rilievo morfologico adeguato che consenta dì stimare con sufficiente precisione i quantitativi di
terre e rocce da scavo da movimentare; rilevanti impatti sulla risorsa suolo, peraltro non presi in
considerazione. Si fa presente a questo proposito che l'area d'intervento ha storicamente una forte
attitudine all'uso agricolo, e che gli impatti su tale risorsa necessitano di una valutazione
approfondita, supportata da analisi in situ, che il proponente non ha affrontato";
nel progetto gli impatti ambientali vengono genericamente descritti in modo elusivo e del tutto
sottostimati, in particolare non vengono presi in considerazioni gli effetti di seguito esposti sulle
matrici ambientali quali: a) l'alterazione del microclima dell'ecosistema connesso all'inevitabile
innalzamento della temperatura dell'aria conseguente all'adozione del sistema di raffreddamento
diretto a torri, i cui effetti termici andrebbero a cumularsi a quelli derivanti dall'irraggiamento solare
sugli specchi parabolici del campo solare; b) l'incremento del consumo idrico, che stimato pari a
150.000 metri cubi annui appare del tutto insufficiente per i fabbisogni previsti per le centrali solari
termodinamiche aventi potenza complessiva di 55 megawatt elettrici. Per quanto concerne la
disponibilità della risorsa idrica necessaria la Relazione formula esclusivamente ipotesi di
approvvigionamento dalla rete idrica esistente, ma nel contempo vi si asserisce che il Consorzio di
Bonifica della Sardegna meridionale non è in grado di assicurare la fornitura richiesta (pag. 187
della Relazione tecnica). Tale criticità lascia supporre che in fase esecutiva si dovrà
necessariamente procedere alla realizzazione di bacini di raccolta idrica di notevole dimensioni e
all'ipotizzabile ricorso alle risorse idriche di falda mediante la trivellazione di pozzi, essendo
peraltro la quantità di acqua fornita dal dissalatore irrisoria e il sistema di approvvigionamento non
sostenibile e antieconomico; c) il consumo di suolo con l'occupazione di una vasta superficie
sottratta all'uso agricolo, che intensifica il processo di soil sealing con una perdita di servizi
ecosistemici e il conseguente depauperamento di un territorio con infrastrutture tipiche di aree
industriali e con compromissione irreversibile delle peculiarità pedomorfologiche essenziali allo
sviluppo dell'economia agropastorale isolana. Va in proposito evidenziato che il territorio sardo per
le specifiche caratteristiche geomorfologiche e pedologiche limita alle zone dei due Campidani la
possibilità di pratiche agricole estensive. Ne consegue che l'occupazione di una così cospicua parte
di territorio da parte di opifici industriali verrebbe a pregiudicare ogni possibilità di poter nel futuro
conseguire un'autonomia alimentare a scala regionale;
in un areale di limitata estensione quale quello del Medio Campidano sono stati realizzati e proposti
un rilevante numero di impianti ad energie rinnovabili nonché richieste di ricerca per un futuro
sfruttamento delle risorse derivanti da fonti geotermiche e da idrocarburi. Al momento attuale non
esiste uno studio che prenda in esame la cumulabilità degli effetti derivanti da tali interventi, i cui
progetti vengono individualmente indirizzati ed esaminati solo nell'ambito delle procedure di VIA,
51
mentre in forza di quanto disposto dal decreto legislativo n. 152 del 2006 tale aspetto dovrebbe
preliminarmente essere preso in esame nell'ambito della procedura di VAS considerato infine che,
risulta agli interroganti;
al fine di tutelare e salvaguardare quanto resta del patrimonio paesaggistico e ambientale della
Sardegna e per impedire che vengano pregiudicate per sempre risorse ambientali da destinarsi al
turismo responsabile e alla produzione agricola, il 3 maggio 2013 le associazioni ambientaliste
Italia Nostra e WWF Sardegna hanno presentato un articolato documento alla Regione autonoma
della Sardegna chiedendo l'avvio di una moratoria immediata delle installazioni di tutte le centrali
per la produzione di energie rinnovabili, ad esclusione degli impianti che producono l'energia per il
proprio fabbisogno aziendale o domestico, almeno fino a quando non sia operativo un PEARS che
tenga conto delle installazioni realizzate, del reale fabbisogno energetico dell'isola e della avvenuta
sostituzione degli impianti alimentati da fonti con combustibili fossili con quelli a fonti rinnovabili,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative di competenza
intendano assumere affinché vengano considerate e valutate nell'ambito del suddetto procedimento
di valutazione di impatto ambientale le criticità esposte relativamente ai dettati dell'art. 24, commi 4
e 5 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990;
quali urgenti iniziative, nei limiti delle proprie attribuzioni, intendano adottare perché il
provvedimento conclusivo del procedimento di VIA dichiari l'improcedibilità dell'istanza ai sensi
dell'art. 24 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive integrazioni a causa
dell'incompetenza dell'Amministrazione preposta al procedimento di VIA, nonché della mancata
pubblicazione contestuale all'avviso al pubblico del progetto e dello studio di impatto ambientale
sul sito istituzionale web previsto;
se intendano, infine, adoperarsi nelle sedi di competenza affinché venga comunicato al domicilio
eletto il nominativo del responsabile del procedimento secondo quanto regolato dall'art. 4 e seguenti
della legge n. 241 del 1990 e successive modifiche ed integrazioni e dall'art. 8 e seguenti della
Legge regionale n. 40 del 1990. (3-01101)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla mancata emanazione dei decreti attuativi in materia di pagamento tramite Pos per
commercianti, artigiani e liberi professionisti
BUEMI (Aut)
- Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che:
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la stampa riporta la polemica relativa alla mancata emanazione di varie centinaia di atti normativi
secondari, di natura spesso regolamentare, per i quali il Governo ha chiesto ed ottenuto la delega dal
Parlamento, salvo poi dimostrarsi incapace di emanarli;
tra gli atti in questione vi sono diversi decreti attuativi del decreto-legge n. 179 del 2012, il quale ha
previsto l'introduzione dell'obbligo del pagamento tramite Pos per commercianti, artigiani e liberi
professionisti, a partire dal 30 giugno 2014. È ben vero che il decreto-legge (nella parte che
introduceva un obbligo rivolto ai soggetti che effettuano sia l'attività di vendita che la prestazione di
servizi anche professionali, vincolandoli all'accettazione della carta di debito) non prevedeva una
sanzione per chi non accettasse di essere pagato elettronicamente per importi superiori a 30 euro;
ma è altrettanto vero che la legge di conversione prevedeva già da 2 anni un decreto
interministeriale (Ministero dello sviluppo economico e Ministero dell'economia e delle finanze) cui
era demandata, sentita la Banca d'Italia, l'eventualità di far scattare l'obbligo al superamento di
determinati importi minimi. Si prevedeva poi, sebbene come mera possibilità, che con il medesimo
tipo di decreto interministeriale fosse disposta l'estensione degli obblighi (gravanti sui citati privati
venditori di beni e servizi) a ulteriori strumenti di pagamento elettronici anche con tecnologie
mobili;
con il decreto interministeriale (del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri
dell'economia, della pubblica amministrazione e del delegato all'innovazione tecnologica) doveva
essere disciplinata l'estensione delle modalità di pagamento anche attraverso tecnologie mobili,
entro un termine indicato in 90 giorni dalla conversione del decreto-legge. Anche il fatto che tale
disciplina fosse elaborata avvalendosi dell'ausilio dell'Agenzia per l'Italia digitale appare
sostanzialmente inadempiuto; allo stesso modo, non si ha notizia del fatto che la conformità del
sistema e degli strumenti di autenticazione (utilizzati dal titolare delle chiavi di firma) sia stata
garantita dall'Agenzia per l'Italia digitale in conformità ad apposite linee guida da questa emanate,
acquisito il parere obbligatorio dell'Organismo di certificazione della sicurezza informatica;
in ordine ai disincentivi all'utilizzo del contante, nemmeno si ha notizia di alcun tipo di
adempimento dell'ordine del giorno G9.200, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del
Senato del 4 febbraio 2014, n. 181, in cui si impegnava il Governo stesso a dare seguito alla
proposta - contenuta nell'emendamento 9.200 a firma Buemi, Nencini, Fausto Guilherme Longo,
Fravezzi, al disegno di legge n. 1058 di delega al Governo recante disposizioni per un sistema
fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita - di potenziare e razionalizzare i sistemi di
tracciabilità dei pagamenti,
si chiede di sapere:
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se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei tempi di attuazione della proposta contenuta nel
citato ordine del giorno G9.200 (già em. 9.200), accolto dal Governo, che prevede, espressamente,
l'incentivazione dell'uso dei sistemi di tracciabilità dei pagamenti per la fornitura di beni e servizi,
da parte del cliente e del fornitore, ai quali va riconosciuto un bonus fiscale su base annua
corrispondente a quota parte del capitale movimentato nell'anno con metodi di pagamento fondati
sulla moneta elettronica; una corrispondente riduzione dei relativi oneri bancari, anche mediante il
riconoscimento, all'intermediario finanziario delle transazioni suddette, di un bonus fiscale su base
annua corrispondente a quota parte del capitale movimentato nell'anno con mezzi di pagamento per
il riconoscimento, ai fini fiscali, di costi, oneri e spese sostenuti;
se ritenga legittimo considerare pratica commerciale scorretta, ai fini del codice del consumo di cui
al decreto legislativo n. 206 del 2005, quella di chi richieda un sovrapprezzo dei costi per il
completamento di una transazione elettronica con un fornitore di beni o servizi, o se non sia invece
il caso, per le amministrazioni pubbliche interessate, di procedere con la massima urgenza a dare
seguito alla normativa attuativa ancora carente e, solo dopo, far scattare rigorose sanzioni per gli
inadempienti.(4-02470)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla bonifica delle aree del territorio del vulcano Vesuvio, interessate sullo sversamento di
rifiuti speciali
PUGLIA e altri (M5S)
- Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute - Premesso che:
il Parco nazionale del Vesuvio è stato istituito con decreto del Presidente della Repubblica del 5
giugno 1995 a seguito del grande interesse geologico, biologico e storico che il suo territorio
rappresenta e particolarmente per: conservare i valori del territorio e dell'ambiente, e la loro
integrazione con l'uomo; salvaguardare le specie animali e vegetali, nonché le singolarità
geologiche; promuovere attività di educazione ambientale, di formazione e di ricerca scientifica;
il parco si sviluppa attorno al vulcano Vesuvio e i comuni ricadenti nel parco sono Boscoreale,
Boscotrecase, Ercolano, Massa di Somma, Ottaviano, Pollena Trocchia, San Giuseppe Vesuviano,
San Sebastiano al Vesuvio, Sant'Anastasia, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre del Greco, Trecase
(tutti in provincia di Napoli);
considerato che:
54
da notizie di stampa ("Il Mattino" del 13 giugno 2014) si apprende che nel Comune di Ercolano 2
famiglie su 3, residenti nella zona alta di Ercolano, hanno, o hanno avuto, congiunti colpiti da gravi
patologie (in prevalenza, leucemia e tumori dell'apparato respiratorio);
il dato inquietante emerge dall'indagine realizzata dal gruppo Salute Ambiente Vesuvio, coordinata
dal professor Gerardo Ciannella, direttore dell'unità di Medicina preventiva dell'ospedale "Monaldi"
di Napoli e docente di tisiologia e medicina del lavoro;
negli anni '80 e '90, le cave situate nella zona di San Vito sarebbero state utilizzate (più o meno
legalmente) come discarica. Oltre ai compattatori della nettezza urbana, in molti all'epoca
denunciarono la presenza di camion, con targhe provenienti anche dal Nord Italia, che sversavano
rifiuti speciali;
a fine 2013, furono somministrati a 314 famiglie della zona di San Vito, in pieno Parco nazionale
del Vesuvio, alcuni questionari in cui segnalare la presenza di malattie importanti tra i componenti
della famiglia. Il quadro emerso fu tutt'altro che rassicurante: in 203 casi su 314 sono state segnalate
gravi patologie. Per la precisione 50 casi di leucemia, 62 neoplasie respiratorie (di cui solo 28 a
carico di fumatori), 27 dell'apparato digerente, 23 urinarie, 17 cerebrali, 14 mammarie, 4 casi di Sla
e 6 tumori che hanno colpito altri apparati;
considerato inoltre che:
nella zona risiedono poco più di 5.000 abitanti e i menzionati questionari hanno raggiunto 1.100
persone. L'indagine ha coinvolto il 20 per cento della popolazione ed il professor Ciannella,
coordinatore dell'indagine, ha specificato che "Il dato non è esaustivo, ma significativo: più della
metà del territorio è ammalato. In un campione del genere, la concentrazione di leucemie e
neoplasie è preoccupante: in 62 famiglie sulle 314 interpellate, sono stati registrati casi di
mesotelioma, un tumore incurabile dell'apparato respiratorio correlato all'esposizione all'amianto. Si
tratta di persone non sottoposte a rischi professionali, ma che hanno inconsapevolmente respirato le
fibrille provocate dalla rottura o dalla combustione delle lastre di ethernit" ("Il Mattino" del 13
giugno 2014);
risulta agli interroganti che i dati relativi alla zona di San Vito, verranno resi noti nei prossimi mesi
in una pubblicazione scientifica curata dal professor Ciannella che recentemente ha raccomandato il
monitoraggio immediato e meticoloso di acqua, aria e terreni evidenziando che "ci sono tumori che
non si possono curare, ma si possono prevenire eliminandone le cause";
la ricerca coordinata dal professor Ciannella ad Ercolano venne richiesta 3 anni fa quando don
Marco Ricci e padre Giorgio Pisano si recarono dal professore denunciando la grave situazione
rilevata a San Vito e dichiarando di non aver "mai celebrato tanti funerali di bambini" come da
quando risiedevano nella zona,
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si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti;
quali urgenti iniziative di competenza intendano assumere al fine di procedere alla rapida e
completa bonifica delle aree, a salvaguardia della salute dei cittadini e degli abitanti delle zone
limitrofe nonché a tutela della salubrità dell'acqua, del terreno e dell'aria;
se non considerino urgente dover predisporre uno screening epidemiologico nonché le conseguenti
misure di prevenzione e di assistenza sanitaria a favore della popolazione residente nell'area del
Parco del Vesuvio, anche al fine di garantire ai cittadini il ripristino delle più ottimali condizioni di
salubrità e vivibilità nel rispetto del diritto alla tutela della salute pubblica. (4-02474)
Interrogazione a risposta scritta:
sul progetto della centrale termoelettrica alimentata a carbone, di potenza elettrica di 1320
megawatt, nel Comune di Montebello Jonico (Reggio Calabria)
MORRA e altri (M5S)
- Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, per gli affari regionali e le autonomie e dell'interno Premesso che:
in data 23 giugno 2008 la società SEI SpA ha presentato domanda di pronuncia di compatibilità
ambientale e di autorizzazione integrata ambientale ai sensi del decreto legislativo n.152 del 2006,
come modificato e integrato dal decreto legislativo 16 gennaio 2008 n. 4, relativamente al progetto
di centrale termoelettrica alimentata a carbone, di potenza elettrica di 1320 megawatt e localizzata
nel Comune di Montebello Jonico (Reggio Calabria), all'interno dell'agglomerato industriale di
Saline Joniche e relativo elettrodotto di interconnessione alla rete localizzato nei comuni di
Montebello Jonico, Motta San Giovanni (Reggio Calabria), Melito di Porto Salvo (Reggio
Calabria), Badalaghi (Reggio Calabria), Roghudi (Reggio Calabria), Condofuri (Reggio Calabria),
San Lorenzo (Reggio Calabria) Calanna (Reggio Calabria) e Reggio Calabria;
in data 29 aprile 2013 è stato presentato alla Camera l'atto di sindacato ispettivo 4-00312, con cui si
chiedeva al Governo, relativamente al suddetto progetto, se si ritenessero superati, allo stato della
procedura, i rilievi mossi dalla Corte dei conti con nota n. 32169 del 19 settembre 2012, e se il
Governo disponesse di informazioni sull'interesse della 'ndrangheta al progetto, alla luce delle
dichiarazioni, citate nell'interrogazione, del procuratore aggiunto della direzione distrettuale
antimafia di Reggio Calabria Nicola Gratteri;
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la Corte dei conti calabrese ha evidenziato che la procedura in parola mancava del presupposto,
quanto necessario, accordo tra Stato e Regione, ritenuto accordo "forte", perché si potesse procedere
nei lavori di installazione di qualunque manufatto interessasse la costruenda centrale a carbone;
a parere degli interroganti l'interpretazione della Corte dei conti trova le sue radici nel dettato
normativo di cui al decreto-legge n. 7 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 55 del
2002, art. 1 comma 1, secondo cui per ottenere l'autorizzazione è comunque necessario acquisire
l'intesa con la Regione, mentre l'esaurimento dell'istruttoria relativa alla VIA (Valutazione impatto
ambientale) non sostituisce tale elemento ma ne costituisce solo il presupposto, così chiarendo che
l'assenso regionale è elemento postumo alla già svolta istruttoria;
è recente la notizia secondo cui il proponente SEI SpA ha richiesto ai vari Comuni interessati la
pubblicazione di avviso comprendente opere connesse e collegate alla centrale e di un vincolo
preordinato all'esproprio di terreni finalizzato alla loro realizzazione;
considerato che, a giudizio degli interroganti:
tale avviso sarebbe radicalmente nullo e assolutamente intempestivo, poiché nel medesimo si
discute di opere ritenute di pubblica utilità senza che sia pervenuta l'autorizzazione che
necessariamente deve precedere e che sola conferisce all'opera la sua pubblica utilità ai fini e per gli
effetti di cui all'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001;
tale autorizzazione dovrebbe essere concessa a seguito dell'accordo tra Stato e Regione Calabria,
ente che da sempre si è dichiarato contrario alla realizzazione del progetto;
sarebbe opportuno che la Regione si pronunciasse con l'evidenza degli atti, dunque emanando un
decreto di non disponibilità all'esecuzione dell'opera, mentre nel caso di specie la stessa si è
espressa verbalmente e solo in sede di istruttoria di VIA;
nell'avviso pubblicato presso i vari Comuni si evidenzia un dato quantomeno inquietante e cioè che
il controllo e la direzione delle opere viene affidato alla società Repower. La società Repower è
controllata dal cantone svizzero dei Grigioni, proprietario, che ha inibito la realizzazione dell'opera
deliberando l'uscita da ogni attività nell'ambito del progetto a partire dal 2015, e pertanto dal 2015
dovrà essere sostituita da altro operatore al momento non conosciuto;
Repower, a parere degli interroganti, è da considerarsi partner consapevole, esperto e preparato in
questo settore;
innanzi all'impatto dell'impianto nel tessuto territoriale, imponente, se non devastante, la presenza di
un operatore competente avrebbe potuto costituire motivo di conforto e di garanzia,
si chiede di sapere:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e, in particolare, delle caratteristiche della società
che sostituirà Repower;
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quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, relativamente alla mancata intesa fra
Stato e Regione Calabria;
quali iniziative, anche di carattere ispettivo, intenda promuovere in ordine alla suddetta
pubblicazione di avviso comprendente opere connesse e collegate alla centrale e di un vincolo
preordinato all'esproprio di terreni finalizzato alla loro realizzazione, in mancanza della suindicata
autorizzazione che necessariamente deve precedere e che sola conferisce all'opera la sua pubblica
utilità;
se risulti che si siano manifestati interessi di 'ndrangheta in merito al progetto in questione.
(4-02478)
Interrogazione a risposta scritta:
sull’accesso alla tariffa incentivante da parte dei produttori di agro energie, anche in
riferimento ai controlli documentali affidati al Gse
PANIZZA (Aut)
- Ai Ministri dello sviluppo economico e delle politiche agricole alimentari e forestali - Premesso
che:
alcune aziende agricole, con prevalente attività di allevamento da latte e da carne (bovini e suini), in
questi ultimi mesi si sono ritrovate inaspettatamente in gravi difficoltà finanziarie, ma non a causa
dei prezzi di mercato troppo bassi, né a causa della grande distribuzione organizzata, che con le sue
condizioni commerciali spesso danneggia i singoli produttori, bensì per colpa di una legislazione
che non riesce a rendere snelle le procedure amministrative;
nel settore della produzione di agroenergie, infatti, molti imprenditori dopo aver realizzato
investimenti per milioni di euro si sono visti negare la possibilità di accedere al sistema delle tariffe
incentivanti;
le aziende agricole, ormai da mesi, producono e immettono nella rete nazionale energia elettrica, ma
nessuno le paga. Per ora gli agricoltori attingono dai loro risparmi per far fronte ai costi di gestione
degli impianti e alle rate dei mutui accesi con gli istituti di credito;
non si sa, ovviamente, per quanto tempo potranno resistere e che cosa accadrà a queste imprese se il
gestore dei servizi elettrici (Gse), peraltro seguendo alla lettera le leggi vigenti, non consentirà loro
di incassare la tariffa onnicomprensiva. Probabilmente, anzi, sicuramente saranno costrette a
chiudere;
la questione è preoccupante, visti i numerosi dinieghi che colpiscono gli impianti a biogas e syngas
costruiti nel corso del 2013 e del 2014, e rischia di spezzare la vita delle imprese;
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la rivista "L'informatore agrario" ha raccolto da impiantisti e tecnici, liberi professionisti, molti casi
di rigetto della richiesta di riconoscimento della tariffa onnicomprensiva e, analizzando le
motivazioni, spiega l'articolo di stampa, pare proprio che ogni cavillo sia buono pur di negare a
imprenditori, che hanno già investito i loro denari, la possibilità di accedere agli incentivi;
vi è una normativa ancora troppo farraginosa e la burocrazia continua a scoraggiare gli investimenti;
già di per sé la procedura per la costruzione di un impianto di produzione di energia rinnovabile è
complessa perché prevede, tra le altre cose, l'iscrizione al registro per ottenere la quale è necessario
avere un progetto definitivo ed essere in possesso di una serie di documenti, quali autorizzazioni
regionali, comunali, provinciali e così via da presentare al Gse. Inoltre, la tariffa incentivante viene
concessa solo in un momento successivo, ovvero quando l'impianto è già entrato in funzione. Ciò
significa che l'imprenditore deve anticipare a volte anche milioni di euro, per un'incerta concessione
dell'incentivo;
la normativa sui controlli documentali affidati al Gse in fase di rilascio della tariffa, infatti, è
talmente articolata da determinare, spesso, sovrapposizioni con la procedura autorizzativa. Accade
così che un impianto autorizzato dalla Regione o dal Comune non passi l'esame del Gse;
considerato che:
con questi dinieghi certamente non si recuperano soldi pubblici ma si penalizzano gli imprenditori
che hanno effettuato un investimento lecito, stimolati dallo Stato attraverso la concessione
normativa di un incentivo;
il percorso verso le rinnovabili, dunque, risulta talmente accidentato da dissuadere chiunque a
proseguirlo. Infatti il plafond di 130 MW annui riservato alle biomasse, al biogas e ai bioliquidi non
è stato raggiunto nel 2013 e le previsioni per il 2014 sono ancora più nefaste;
il settore è davvero in crisi e la responsabilità, ancora una volta, ricade su una burocrazia, a giudizio
dell'interrogante assurda, che acuisce le difficoltà nell'acquisizione della tariffa incentivante e mina
la determinazione degli imprenditori a investire sulle agroenergie,
si chiede di sapere se e quali urgenti iniziative i Ministri in indirizzo, ciascuno nell'ambito delle
proprie competenze, intendano assumere al fine di snellire le procedure burocratiche per usufruire
più agevolmente della tariffa incentivante e consentire così agli imprenditori di investire sulle
agroenergie. (4-02502)
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