Eugenio Di Salvatore Nato a Brindisi il 4 marzo1938. Dopo la maturità scientifica a Brindisi nel 1961-’62,si Laurea in Chimica industriale nel 1968, dopo una tesi sperimentale in chimica organica, all’Università di Bologna. Ha studiato con passione la chimica e soprattutto la chimica industriale che secondo lui ha la caratteristica del bilancio familiare, dove non si spreca ciò che può essere utile in seguito, al punto che, per migliorare la sua formazione di chimico industriale,tra gli esami complementari,ha scelto quelli chimicamente più tecnici, cioè: • chimica degli intermedi; • chimica applicata; • chimica delle sostanze coloranti; • diritto,importante per la conoscenza legale dei brevetti; perché la sua vera passione ed obiettivo era di verificare, nel mondo del lavoro chimico industriale e e petrolchimico,la mentalità acquisita. Infatti, dopo la laurea, la prima domanda di lavoro la fece ad un petrolchimico della sua città natia anche perché, pur conoscendo, soprattutto scolasticamente, il francese e l’inglese, non aveva alcuna intenzione di andare all’estero, dopo tanti anni passati in due città universitarie italiane: ° Bari prima, senza la facoltà di Chimica industriale,ma che ha considerato molto buona dal punto di vista dell’iniziale biennale formazione professionale teorica; ° Bologna dopo,per iscriversi alla facoltà di chimica industriale,dove finalmente è riuscito a raggiungere i suoi ideali. Qando ha fatto il colloquio di lavoro presso la direzione milanese in piazza Cadorna del petrolchimico di Brindisi, i due ingegneri chimici, secondo lui molto bravi da ogni punto di vista anche umano, che discussero con lui la sua tesi sperimentale in cui intervenivano speditamente, alla fine del colloquio gli dissero: il colloquio è andato molto bene, ma non chieda molti soldi che non glieli danno. Fu un bell’inizio e per lui un buon auguro, ma Di Salvatore, giura, non pensava solo ai soldi, anzi era soprattutto felice di iniziare una vita professionale di quel livello, visto che proveniva da una famiglia molto umile di cui il padre Francesco, bravo in problemi di calcolo forse dovuto ai calcoli pratici che continuamente faceva nel suo iniziale lavoro di muratore di 5a elementare (che allora era apprezzata al punto di fare anche calcoli di spese di entrata ed uscita nella dispensa di un ospedale in cui fu assunto prima come cuoco in cui è diventato molto bravo) e sua madre, Parisi Maria grande massaia familiare che faceva (è morta a 92 anni) gnocchi,orecchiette e sughi con buoni involtini di carne(in dialetto brindisino“brasciole”) e polpette (pasto obbligatoriamente festivo e domenicale) buonissimi, ma ignorante. Fu il primo laureato chimico industriale brindisino assunto come impiegato di concetto, presso il reparto tecnologico del petrolchimico brindisino dove ha incontrato molti amici della gioventù ed in cui,inizialmente,doveva fare un periodo di prova di tre mesi. Lavorava con vera passione ed impegno e, crede, era il primo ad entrare nella fabbrica e l’ultimo ad uscire: rimaneva spesso alcune ore in più dell’orario di lavoro,mentre spesso, alla registrazione della giornata di lavoro con il prorio cartellino, sentiva dire da quelli come lui: non dò nemmeno un’ora in più dell’orario di lavoro e si meravigliava. Il primo problema che gli posero fu vedi, dicevano: qui c’è un grosso problema, detto popcorn butadiene, a cui si sono interessati tali ingegneri chimici (facendogli i nomi),ma mai nessuno è riuscito a risolvere questo problema che, essendo un polimero solido, intasa l’impianto, che deve essere fermato per le pulizie con grandi perdite economiche. Tu devi trovarlo nella ricca letteratura della biblioteca del petrolchimico,col proprio nome, dicevano, come hanno fatto gli altri senza trovare alcuna cosa (come per dire,dopo Di Salvatore ha pensato, : se non trovi niente non ti preoccupare. In effetti gli ingegneri, che si erano impegnati in quella ricerca teorica continuavano a lavorare al petrolchimico da diversi anni,però notava che uno di essi molto bravo di nome Lupis, quando parlava con l‘ing. responsabile del tecnologico lo faceva in una posizione militare di attenti, con le braccia stese verso il basso, come ogni bravo militare di fronte ad un generale.Gli dicevano: è un problema ponte tra l’università e l’industria. Si immerse in quel problema che lo affascinava chimicamente e, siccome dalla ricerca documentale non trovava niente nella bibliografia, dopo una diecina di giorni gli venne in mente: se è un polimero formatosi in un processo chimico di butadiene, sarà un polibutadiene. Non l’avesse mai pensato, perché sotto quella voce trovò,tra le altre cose, nel Libro enciclopedico di chimica il “Chemical abstract ”, in cui ogni sostanza chimica conosciuta è scritta, in formula bruta secondo l’ordine alfabetico e che lui aveva comprato ed usato durante gli studi universitari a Bologna, proprio il popcorn butadiene che era, anzi è, un polimero perossidico del 2,metil1,3butadiene (o isoprene di formula bruta C5H8, cioè con legame O-O come l’acqua ossigenata H2O2 (formula di struttura HO-OH),la cui formula di struttura, se ben ricorda perché è da più di 30 anni che non fa chimica, è CH3 CH3 nCH2=C-CH=CH2+nO2 (-CH2 – C-CH2- CH2-)n O-O 2,metil 1,3 butadiene poliperossido di metilbutadiene o popcorn Della cui relazione, considerata ottima e da lui inizialmente presentata come un aggregato ordinato di quanto trovato senza inserire alcun suo concetto importante per la sua comprensione da parte degli operatori, gli proposero di rifarne un’altra, per essi più semplice e pratica, che ora si trova presso il petrolchimico di Brindisi (cosa che seppe,quando da insegnante,mentre spiegava una lezione, da un alunno di nome Ravenda bravissimo, che gli chiese: professore Lei ha lavorato alla Montecatini?. Era il figlio di un di tecnico del petrolchimico di nome Ravenda. Dopo il problema del popcorn butadiene gli diedero un altro grosso problema del Petrolchimico, che esisteva da diversi anni, con pericolo di esplosione minaccia anche per la vicina città di Brindisi, che avveniva al P5 in un reattore a letto catalitico, il D103, di cui era reponsabile l’ing. Chimico di Lecce Mario Borgia ed in cui arrivava idrogeno(H2) elettrolitico da purificare chimicamente da impurezze (O2 ed ossido di carbonio CO) che inibivano (cioè erano veleni in) un’ altro impianto per la idrodealchilazione degli alchil aromatici condensati (alchil paraffinana,alchil antracene, ecc… ) e che spesso superava le condizioni di regime di pressione e temperatura già alte in condizioni normali,con pericolo di esplosione che poteva coinvolgere la vicina Brindisi: anche qui non sapevano individuarne la causa. Dopo circa una settimana, non trovando in letteratura alcun motivo, chiese all’ing. Borgia: ma quando capita il problema ?. Gli rispose: quando la velocità spaziale dell’H2 elettrolitico che entrava nel reattore si abbassava (di cui aveva tanti dati): al che Di Salvatore capì subito la causa del problema, 2 che spiegò prima al responsabile dell’impianto Borgia,che lo ascoltò in silenzio. Capitò poi, come quasi ogni giorno capitava, di trovarsi a parlare con il presidente o responsabile del reparto, che era ad un passo dalla direzione del petrolchimico e che mi aveva apprezzato per il popcorn butadiene: Di Salvatore incominciò col dire:” presidente mi hanno dato il problema del D103 e,secondo me, ho trovato la causa. Al che mi interrpe ed,alzandosi dalla sedia della sua scrivania (evidenziando la piccolezza della sua statura) prese un gessetto, si avvicinò alla lavagna del suo studio,disegnò una scatola ed incominciò a dire “ammettiamo che il reattore sia una grande scatola…” (dimenticava però la presenza catalitica) si fermò, non riuscendo a continuare e gli gridò con una reazione da bambino, quasi piangendo: lei mi viene a dire le cose all’improvviso (si notava con ciò che non aveva parlato o non parlava con il suo collaboratore ing. Borgia): ma come possiamo fare?,disse a Di Salvatore che stava lì solo da una ventina di giorni. Dopo quel giorno diventò, naturalmente per il grande potere che aveva nei suoi confronti, cattivo gli chiedeva del perché nel suo impianto (il P30) …?, cambiando ogni volta la domanda senza mai sentire la risposta. Si creò un’atmosfera ridicola e per Di Salvatore preoccupante al punto che, con il contributo di lecchini che lo stimolavano di chiedere le dimissioni dicendo che la vita è come un grande vaso pieno d’oro ma, quando vi immergi le mani ti sporchi di m… . Alla fine diede le dimissioni, senza mai pensarne e capirne le conseguenze, perché aveva solo studiato e mai lavorato socialmente ed era inesperto dell’ambiente industriale, anche perché, poi ha capito, chi dà le dimissioni,ovviamente ed in generale, vuol dire che non gli piace quel lavoro o che è un turbolento o vuole andare presso altra industria (lui che aveva appena iniziato a lavorare). Quelle dimissioni mi hanno dato fastidio, perché hanno ostacolato la sua carriera di chimico industriale e nemmeno i sindacati a cui si è rivolto non hanno potuto fare niente.Però ha avuto una soddisfazione, anche se non completa: con una lunga lettera spedita al capo del personale Dr Mario Moretti se non ricorda male,che l’aveva accolto alla direzione di Milano in piazza Cadorna ha protestato e dopo qualche mese è venuto a Brindisi facendolo invitare per telefono ad un incontro, a cui andò, anche se un poco dubbioso perché pensava ad uno scherzo di amici. Prima di andare al colloquio gli amici dell’amministrazione lo invitarono di non essere troppo polemico per cui non parlò male del presidente del tecnologico. Ma all’uscita dalla stanza del colloquio li raggiunse proprio lui, che con un bella faccia tosta iniziò un saluto a cui Di Salvatore quasi non rispose e non l’ha quasi considerato per cui se n’è andato irritato senza nemmeno quasi salutare.A Di Salvatore non dispiacque di perdere un posto di lavoro ambito: era contento della propria laurea che rifarebbe, ma almeno ha conosciuto l’ambiente del suo lavoro che pensava fosse un’elite di professionisti, mentre sono solo,per l’esperienza fatta, dei tecnici, come lo è un meccanico,un idraulico,un macellaio,un fruttivendolo, e qualsiasi altro lavoratore. …anche ignorante, cioè è importante soprattutto il lavoro fatto o l’esperienza fatta, per cui i veri conduttori degli impianti sono gli operai, che li conoscono veramente, in quanto li puliscono, li smontano ecc. … In effetti ha capito che un’industria va bene perché gli impianti vanno bene e poi ci sono gli operatori,ben addestrati ed i veri lavoratori a controllarli. In seguito è passato all’insegnamento scolastico, durante il quale ha incontrato suoi vecchi professori del Liceo scientifico T. Monticelli di Brindisi. Scuola ha notato che a scuola a scuola si lavora e si è giudicati ed apprezzati dai giovani, ma si ha, durante la giornata, tanto tempo libero che ha utilizzato per la sua grande passione: il mare e la pesca subacquea che ha avuto sempre sin da piccolo. Ha iniziato con l’insegnamento di chimica presso I.T.I. e matematica nel biennio del Liceo scientifico “T. Monticelli “ inizialmente per supplenze poi con nomina a tempo indeterminato nell’insegnamento di matematica e fisica nell’ I.T.C. “Marconi” di San Pietro V.co, inizialmente nei 3 bienni e poi solo di matematica finanziaria nel triennio, in cui è rimasto,si è abilitato e passato di ruolo sino al 1997 da quando si gode, veramente soddisfatto, la pensione. Quando è stato sicuro del posto di lavoro d’insegnamento dopo la nomina a tempo indeterminato e passaggio in ruolo, per curiosità ha fatto domande di lavoro ad industrie o presentandosi personalmente tramite telefonate e parlando male della precedente esperienza lavorativa. Alla liquichimica,in via Roncaglia12, ha conosciuto il capo del personale, dr. Brusa ed il direttore, ing. Peri, e l’impianto di Ciriè presso Torino, ma non ha mai accettato un’offerta di lavoro lontano dalla sua città. . Quando si è interessato ai gialli matematici a lui sconosciuti sino alla laurea?, Anche se al Liceo si fa tanta matematica ed era abbonato alla rivista scientifica scolastica “la scienza per i giovani”non li conosceva. Capitò per caso: Durante l’insegnamento scolastico quando, entrando nella IB/est per una lezione,un’alunna, di nome Masi si rivolse a lui chiedendogli,non senza apparente ingenua malizia giovanile: Professore sa dimostrare se a3+ b3=c3? Domanda da un milione di dollari, a cui rispose con calma, perché era un problema personalmente incontrato e superato non con con facilità perché in quel periodo Di Salvatore stava scrivendo un libro didattico di matematica ed informatica insieme (cioè senza i tre testi specifici, come era solito allora,che comprendeva anche la geometria euclidea, dal titolo Problema, algoritmi, programmi impostato dal punto di vista problematico cioè, partendo da un qualsiasi problema reale (del contare, geometrico, della localizzazione di un corpo,assicurativo, ecc. …, ) si matematizzava e di cui si facevano anche gli algoritmi e relativi programmi T. Pascal. La cosa più importante del libro, condizionata dai programmi informatici che operano sempre come problemi generali ed astratti, sono i così detti algoritmi, a cui dovevo abituare studenti soprattutto del biennio, con la loro poca esperienza matematica ad operare nell’astratto. Perciò: ° utilizzavo espressioni matematiche di calcolo letterale con relativa soluzione, di cui gli alunni del 1°anno del biennio della scuola superiore di 2° grado hanno conoscenza mnemonica; ° non si doveva parlare della teoria del calcolo letterale (monomi, binomi, polinomi ecc. …) perché, nella intenzione didattica si spostavano al periodo scolastico dicembre- gennaio ). Utizzava perciò le espressioni letterali, già con la loro soluzione astratta, la cui caratteristica più importante è l’astrattezza, che si rendeva espressione numerica reale di calcolo algebrico, sostituendo alle lettere valori numerici arbitrari che ogni alunno voleva (sia positivi che negativi),per cui ognuno aveva delle espressioni numeriche proprie. La risolvevano e poi controllavano la loro esattezza dalla soluzione che avevano dell’espressione letterale data,sostituendo alle lettere gli stessi valori numerici già utilizzati per avere l’espressione numerica. Poteva capitare che non tutte le lettere presenti nel testo potevasno comparire nlla soluzione e gli alunni non si dovevano meravigliare ma interpretarle. Allo stesso modo, come caso contrario, si trasformava una espressione numerica reale in astratta in tre stadi: 1° si fattorizzavano i numeri dell’espressione, imparando così bene i numeri primi; 2° ad ogni fattore primo con espondnte si dà la lettera che si vuole elevata al suo esponente; 3° si aveva, così l’espressione letterale, che sarà risolta da parte degli alunni nel periodo di dicembre – febbraio; 4 Un problema possibile era la difficoltà di avere parentesi matematiche da utilizzare, allora dovevano inventarsene di nuove. Presentato all casa editrice Hoepli con l’aiuto di due bravi matematici, ma allora non era così completo come l’ho spiegato ora, per cui appariva difficile, il libro è stato respinto dalla commissione giudicante con questa buona valutazione: Nonostante l’indubbio valore del testo non ci sentiamo di applicarlo in un biennio perché troppo difficile per gli alunni. Di tale libro, stampato artificialmente da lui, Di Salvatore ha ancora una copia, incompleta rispetto al documento originale in word. Di Salvatore si interessò ai gialli matematici al punto di scrivere un libro sull’UPF dal titolo RISOLUZIONE ALCEBRICA E GEOMETRICA DELL’UPF e di formare un sito internet trilingue www.problemadifermat.it che,con l’esperienza acquisita sui gialli matematici,sta rifacendo in questi due siti bilingue www.risoluzionedialcunigiallimatematici.it e www.somemathematicmysteriesresolnvingsprocedures.com . Contenuti del sito: - quali sono i : • gialli trattati: UPF, BC (Blair conjecture),Goldbach e numeri perfetti per scuole secondarie di 2° grado, formule inverse per scuole secondarie di 1° grado; • livelli di dimostrazione (per scuole secondarie di 1° o 2°grado: perché con alunni di scuola superiore di 1°grado si deve operare solo con metodo induttivo ; . risoluzioni di alcuni gialli matematici: • UPF per scuole secondarie di 1° e 2° grado; • Goldbach e numeri perfetti, per scuole secondarie di 2° grado; • problema delle formule inverse risolto per scuole secondarie di 1° grado; 5
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