Case Reports sulle Malattie Infiammatorie Croniche

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ISSN 0392 - 4203
Vol. 81 - Quaderno II / 2010
PUBLISHED FOUR-MONTHLY BY MATTIOLI 1885
ACTA BIO MEDICA
Atenei parmensis
founded 1887
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-
FINITO DI STAMPARE NEL SETTEMBRE 2010
QUADERNI
POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN A. P. - D.L. 353/2003 (CONV IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB PARMA
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9-09-2010
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Gastroenterologia:
Case Reports sulle
Malattie Infiammatorie
Croniche Intestinali XVII parte
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INDEX
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Giorgio Cocconi
Angelo Franzè
Enrico Cabassi
Patrizia Santi
Gastroenterologia: Case reports sulle Malattie Infiammatorie
Croniche Intestinali - XVII parte
5
7
12
Foreword
Review
Federico Cioni
Effetti di un programma educazionale strutturato su di un campione
di pazienti affetti da malattie infiammatorie intestinali
Case Reports
Raffaele Manta, Rita Conigliaro, Elvira de Martinis
Utilizzo del beclometasone dipropionato come terapia “ponte” a quella
immunosoppressiva in paziente giovane e steroido-dipendente
16
Filippo Antonini, Valerio Belfiori, Simona Piergallini, Massimiliano Lo
Cascio, Carlo Manfredi, Giampiero Macarri
Efficacia di beclometasone dipropionato in un caso di colite eosinofila
23
Riccardo Calabria, Rosario Colace, Veronica Crocco, Gianpasquale Gallo,
Rosario Sacco
Proctite attinica, trattamento con mesalazina e beclometasone
dipropionato per uso topico: due casi clinici
28
Claudio Monti, Cesar Crovetto, Alvaro Porta, Attilio Giacosa
L’efficacia dell'argon-plasma-coagulazione (APC) nella proctite
attinica emorragica
32
Cesare Cavaliere, Maria Frandina, Innocenza Putrino, Michele Middonno,
Carlo Puglisi, Federico Tallerigo, Enrico Ciliberto
Un caso misconosciuto di enterite eosinofila trattata con
beclometasone dipropionato
35
Nicoletta Orzes, Elvio Benedetti
Un caso di IBD ad esordio in età geriatrica
Inserto centrale staccabile “Il Punto… in breve”
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ACTA BIOMED 2010; 81; Quaderno di Gastroenterologia II: 5
© Mattioli 1885
F
O R E W O R D
Questo è il secondo numero del 2010 dei Quaderni di Gastroenterologia di Acta BioMedica, ormai
una realtà nel panorama delle riviste di interesse medico-scientifico.
I lettori continuano ad apprezzare la qualità dei
casi pubblicati, dando soddisfazione a chi lavora per
rendere questa rivista sempre migliore e nello stesso
tempo spronando tutti noi a proseguire in questa avventura anche per l’anno che ci è davanti.
In questo numero, abbiamo raccolto sei casi clinici che si focalizzano essenzialmente sull’utilizzo del
beclometasone dipropionato nelle malattie infiammatorie croniche intestinali, con, in più, una rassegna
che sottolinea l’importanza della corretta formazione
del paziente per una più corretta adesione alla terapia
ed una migliore qualità di vita.
Nell’inserto centrale, segnaliamo due casi di
proctite attinica efficacemente trattati utilizzando
l’associazione di mesalazina granulato per sospensio-
ne rettale e beclometasone dipropionato per uso topico direttamente sulla mucosa lesa risparmiando ai pazienti, già provati dalle terapie antiblastiche, gli effetti sistemici di tali farmaci.
Segnaliamo inoltre due casi interessanti per la
giovane età del paziente, uno di colite eosinofila ed
uno di retto-colite ulcerosa estesa steroido-dipendente, entrambi con completa e permanente remissione
dei sintomi.
Con l’augurio di essere riusciti a mantenere vivo
il Vostro interesse, Vi auguriamo buona lettura e Vi
diamo appuntamento al nuovo Quaderno.
Dott. Silvio Danese
Divisione di Gastroenterologia
Istituto Clinico Humanitas
IRCCS in Gastroenterologia, Milano
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© MATTIOLI 1885
R
E V I E W
Effetti di un programma educazionale strutturato su di un
campione di pazienti affetti da malattie infiammatorie
intestinali
Federico Cioni
Direttore scientifico Mattioli 1885 spa
(13) Waters B.M. et al. Effects of formal education for
patients with inflammatory bowel disease: a randomized
controlled trial. Can J Gastroenterol 2005;19(4):235-44.
I continui progressi in campo diagnostico e terapeutico
per le malattie croniche non possono prescindere da una
corretta formazione del paziente al fine di ottenere un significativo miglioramento della qualità della vita.
Introduzione
I pazienti affetti da malattie infiammatorie intestinali (IBD) sono gravati da numerosi disturbi e limitazioni fisiche che possono inficiarne notevolmente la
qualità della vita (QOL), oltre a richiedere frequenti
interventi di medicalizzazione. In diversi studi questi
pazienti hanno dimostrato una scarsa conoscenza delle patologie da cui sono affetti (1, 2), lamentando contemporaneamente una carente informazione relativa
alle patologie stesse ed ai più idonei strumenti di cura
(3).
A fronte di questa esigenza/richiesta di informazione, in letteratura non abbondano studi controllati
che valutino l’impatto di un approccio di tipo educazionale su questo tipo di soggetti, mentre sono diverse le esperienze condotte su pazienti affetti da altre patologie croniche quali l’asma, il diabete, i tumori, ecc
(4-7).
I pochi studi disponibili in ambito gastroenterologico hanno dimostrato l’efficacia strettamente “didattica” di diversi tipi di programmi educazionali, ba-
sati su materiale cartaceo, su supporti magnetici e su
lezioni frontali (8-10), con ricadute positive sulla aderenza dei pazienti al trattamento, sul loro stato di salute e sul livello di medicalizzazione, senza però che
ciò si traduca in un miglioramento statisticamente significativo della qualità della vita dei pazienti (10-12).
Nelle righe che seguono descriviamo i risultati di
un interessante studio, randomizzato e controllato,
condotto da Waters BM et al con l’obbiettivo di valutare l’impatto di un programma didattico strutturato
sul livello di conoscenza diretta e percepita della malattia, sulla compliance al trattamento, sui livelli di
medicalizzazione, sul grado di soddisfazione e sulla
qualità della vita, di un gruppo di pazienti affetti da
IBD (13).
Disegno dello studio
Lo studio è stato condotto su di un campione di
69 pazienti, ambosessi, dell’età minima di 17 anni, affetti da IBD diagnosticata su base radiologica, endoscopica, chirurgica o istologica. La descrizione del
campione è riportata nella Tabella 1, che riporta anche
i tipi di trattamento cui i soggetti arruolati erano sottoposti. Sono stati esclusi dallo studio i pazienti affetti da sindrome dell’intestino corto, quelli sottoposti a
nutrizione parenterale totale oppure a stomia o proctocolectomia per colite ulcerosa.
Il protocollo di studio (Fig 1) prevedeva, dopo
l’arruolamento e la firma del consenso informato,
l’assegnazione a uno dei due bracci dello studio: i sog-
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B.M. Waters, L. Jensen, R.N. Fedorak
Pazienti con IBD
diagnosticata
Esclusi
• Rifiuto del paziente
• Sindrome dell’intestino corto
• Nutrizione parenterale totale
• Stomia o proctocolectomia
per colite ulcerosa
Screening
Inclusione/esclusione dai criteri
Inclusi
Rilascio di informazioni mediche
Gruppo controllo
Informazioni base durante le visite
di controllo
Raccolta dei dati di base (n=44)
• Anamnesi
• CDAI/AI
• KQ
• CCKNOW
• VAS per la percezione della conoscenza
delle IBD
• IBDQ
• RFIPC
• VAS per la percezione dello stato di salute
Randomizzazione
T1
Gruppo educazione
Programma educazionale e cure standard
Raccolta dei dati di base (n=45)
• Anamnesi
• CDAI/AI
• KQ
• CCKNOW
• VAS per la percezione della conoscenza
delle IBD
• IBDQ
• RFIPC
• VAS per la percezione dello stato di salute
Programma educazionale
Alla fine del programma didattico (n=41)
• KQ
• CCKNOW
• VAS per la percezione della conoscenza delle IBD
• IBDQ
• RFIPC
• VAS per la percezione dello stato di salute
8 settimane dalla fine del programma
didattico (n=38)
• CDAI/AI
• KQ
• CCKNOW
• VAS per la percezione della conoscenza delle IBD
• IBDQ
• RFIPC
• VAS per la percezione dello stato di salute
• Adesione al regime terapeutico
• Ricorso a trattamenti medici
• Soddisfazione del paziente
T2
Alla fine del programma didattico (n=34)
• KQ
• CCKNOW
• VAS per la percezione della conoscenza delle IBD
• IBDQ
• RFIPC
• VAS per la percezione dello stato di salute
T3
8 settimane dalla fine del programma
didattico (n=38)
• CDAI/AI
• KQ
• CCKNOW
• VAS per la percezione della conoscenza delle IBD
• IBDQ
• RFIPC
• VAS per la percezione dello stato di salute
• Adesione al regime terapeutico
• Ricorso a trattamenti medici
• Soddisfazione del paziente
Figura 1. Disegno dello studio. Ai Activity Index (colite ulcerosa); CCKNOW Crohn’ and Colitis Knowledge Questionnaire;
CDAI Crhon’s Disease AI; IBD Inflammatory bowel disease; IBDQ Inflammatory Bowel Disease Questionnaire; KQ Knowledge
Questionnaire; RFIPC Modulo di valutazione delle problematiche del paziente con IBD; T1 Baseline; T2 Alla fine del programma didattico; T3 8 settimane dalla fine del programma didattico; UC Colite ulcerosa; VAS Visual analogue scale.
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Effetti di un programma educazionale strutturato su di un campione di pazienti affetti da malattie infiammatorie intestinali
Tabella 1. Confronto al baseline fra le caratteristiche dei partecipanti allo studio
Età media (anni)
Maschi/ Femmine
Caratteristiche della malattia
Colite ulcerosa/Morbo di Crohn
Durata media della malattia (anni)
CDAI (punteggio medio)
Indice di attività (Pinteggio medio)
Terapia, n (%)
Steroidi
Azatioprina/6-mercaptopurina
Metotrexato
5-Aminosalicilato
Antibiotici (terapia cronica)
Anticorpi monoclonali
Terapia per osteoporosi
Terapia alternativa
Comorbidità
Terapie non eseguite
Opportunità educazionali, n (%)
Partecipazione a studi
Programma di educazione primaria
Uso di internet
Membro del CCFC
CCFC gruppo di supporto
Controllo n=44
Casi n=45
P
45.0±13.5
22/22
40.3±12.8
29/16
0.094
0.122
18/26
13.4±9.84
188.3±117.1
114.1±37.8
14/31
10.5±9.0
126.8±93.3
111.9±25.8
0.229
0.156
0.064
0.876
9 (20)
9 (20)
1 (2)
22 (50)
3 (7)
3 (7)
13 (29)
6 (14)
26 (59)
23 (52)
3 (7)
9 (20)
1 (2)
12 (27)
3 (7)
4 (9)
9 (20)
3 (7)
21 (47)
27 (60)
0.123
0.363
0.689
0.095
0.539
0.360
0.469
0.376
0.168
0.301
16 (36)
6 (14)
21 (47)
6 (14)
9 (20)
22 (49)
8 (18)
27 (60)
17 (38)
11 (24)
0.164
0.404
0.171
0.009
0.422
CDAI Crohn’s Disease Activity Index; CCFC Crohn’s and Foundation of Canada
getti del primo gruppo (Controlli) sono stati sottoposti a trattamento farmacologico standard, ricevendo
solo le informazioni basilari sulla patologia durante le
visite di controllo, mentre i soggetti del secondo gruppo (Casi) sono stati inseriti nel programma educazionale strutturato, che prevedeva 4 sessioni didattiche a
cadenza settimanale, della durata di tre ore ciascuna.
Le valutazioni condotte ai tempi T0 (inizio studio), T1 (fine programma didattico) e T2 (8 settimane dalla fine del programma didattico) prevedevano la
somministrazione di un pannello di test e questionari
elencati in Fig 1.
Risultati
Il reclutamento iniziale dei candidati allo studio
ha permesso di selezionare 89 candidati (45 casi e 44
controlli) dei quali 69 hanno completato lo studio (31
casi e 38 controlli).
Il livello culturale di base era piuttosto diversificato,
anche in funzione dell’età, andando dal diploma di scuola media alla laurea, senza differenze significative fra i
gruppi (Tab 1) a parte una più elevata presenza di soggetti iscritti alla Crohn and Colitis Foundation of Canada fra i Casi: differenza che pur risultando statisticamente significativa non ha influito sui risultati dello studio.
Per quanto concerne i risultati finali, il gruppo dei
Casi, rispetto ai controlli, ha dimostrato livelli più elevati di conoscenze effettive e percepite, oltre che degli
indici di soddisfazione dei pazienti: le differenze di
tutti questi parametri hanno raggiunto la significatività statistica (Figg. 2-3).
Gli indici di medicalizzazione e di aderenza al
trattamento sono risultati tendenzialmente migliori
nel gruppo dei Casi, senza però che questi dati raggiungessero la signitificatività statistica, mentre gli indici QOL sono risultati sovrapponibili nei due gruppi.
I pazienti che hanno dimostrato una peggior aderenza al programma terapeutico o un peggior stato di
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B.M. Waters, L. Jensen, R.N. Fedorak
EG KQ
EG CCKNOW
Gruppo controllo
CG KQ
CG CCKNOW
Gruppo educazione
10
Livello di conoscenza percepito
30
Punteggi
25
20
15
10
5
8
6
4
T1
T2
T3
T1
T2
T3
Figura 2. Confronto fra i punteggi medi di conoscenza. CCKNOW Crohn’s and Colitis Knowledge Questionnaire; CG
Gruppo controllo; EG Gruppo educazione; KQ Knowledge
Questionnaire
Figura 3. Confronto fra i livelli di conoscenza percepiti
salute percepito, hanno fatto ricorso a ricoveri e trattamenti medici in misura statisticamente maggiore rispetto agli altri.
medicalizzazione, l’aderenza al trattamento e soprattutto l’ effettivo decorso della patologia (Tabella 2).
Questi dati confermano sostanzialmente quanto
già disponibile in letteratura in ambito gastroenterologico, anche se esistono alcune conferme (12) della efficacia di programmi didattici e di monitoraggio post
intervento estesi nel tempo ad almeno 9 mesi; fra
l’altro allungando i tempi di monitoraggio si osserva
anche una riduzione dei livelli di ansia, che alcuni Autori hanno segnalato aumentati nel 20% circa dei pazienti (14,15), al termine dei programmi educazionali.
Su queste basi, ed alla luce dei risultati positivi
descritti in altri ambiti patologici, appare certamente
utile proseguire sulla strada già iniziata, eventualmen-
Conclusioni
Un programma educazionale strutturato come
quello descritto e posto in atto dagli Autori di questo
studio, si è dimostrato statisticamente efficace nel migliorare i livelli di conoscenza dei pazienti, risultando
altresì gradito dai pazienti stessi, come dimostrano i dati relativi alla soddisfazione ed alla conoscenza percepita, ma non la qualità della vita dei pazienti, gli indici di
Tabella 2. Confronto fra gli indici medi di soddisfazione del paziente e gli indici di medicalizzazione
Soddisfazione totale
Comprensione della malattia
Soddisfazione delle esigenze informative
Istruzioni sui farmaci
Conoscenza della terapia
Gruppo controllo (n=38)
Gruppo educazione (n=31)
t
p
36.60±8.63
11.55±2.51
12.10±3.36
9.23±3.19
6,25±1.50
44.81±5.76
13.48±2.00
14.16±1.68
10.35±2.20
6.87±1.20
-3.45
-3.51
-3,13
-1.68
-1.88
0,001
0.001
0.001
0,097
0.064
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Effetti di un programma educazionale strutturato su di un campione di pazienti affetti da malattie infiammatorie intestinali
te disegnando percorsi formativi personalizzati e più
aderenti alle necessità delle diverse tipologie dei pazienti, senza trascurare le possibilità offerte dalla rete
in termini di aggiornamento permanente a distanza
dei pazienti stessi (o almeno di coloro che hanno dimistichezza con questo tipo di tecnologie).
Come in altri ambiti formativi il passaggio dal sapere (livelli di conoscenza reali e percepiti), al saper fare (aderenza alla terapia prescritta) ed infine al saper
essere (minor richiesta di interventi di medicalizzazione evitabili, riduzione dei livelli di ansia) appaiono
tappe imprescindibili e fra loro strettamente correlate
nel percorso verso una miglior gestione delle malattie
croniche: è probabile che solo attraverso una ottimizzazione dei tempi e delle modalità dei diversi passaggi sia possibile raggiungere il risultato finale atteso
(miglioramento della qualità della vita).
Anche sul disegno degli studi sperimentali esistono margini di miglioramento: quantomeno una maggiore numerosità dei campioni ed una estensione temporale degli intervalli di monitoraggio appaiono indispensabili per raggiungere una significatività statistica
dei risultati su parametri come la QOL dei pazienti
coinvolti.
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04-Manta:Manta
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Utilizzo del beclometasone dipropionato come terapia
“ponte” a quella immunosoppressiva in paziente giovane e
steroido-dipendente.
Raffaele Manta, Rita Conigliaro, Elvira de Martinis
Unità Operativa di Gastroenterologia e Endoscopia Digestiva,Nuovo Ospedale Civile S.Agostino- Estense
Introduzione
Gli autori presentano il caso di un giovane adulto affetto da RCU estesa steroide dipendente candidato alla terapia immunosoppressiva con azatioprina, in
cui il beclometasone dipropionato è stato impiegato
per mantenere la remissione nel periodo di latenza
dell’effetto terapeutico dell’azatioprina.
Nell’Ottobre 2007, un uomo di 27 anni, affetto
da rettocolite ulcerosa (RCU), si è rivolto presso il nostro Centro di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva inviato dal proprio medico di famiglia per la
riattivazione della malattia di base. La storia clinica
del paziente iniziava circa due anni prima con comparsa, in apparente stato di benessere, di alvo diarroico (fino a 6 scariche al giorno di feci scarsamente formate con sangue e muco) e dolori addominali sordi e
diffusi. Per tale ragione il paziente veniva ricoverato
presso un altro nosocomio dove veniva esclusa
l’origine infettiva della sintomatologia e dove, in seguito ad una colonscopia ed al referto istologico, veniva posta diagnosi di RCU sinistra con attività moderata-severa. Il paziente riferiva di aver ottenuto una
remissione clinica nel corso di questo primo ricovero
con tr combinato steroideo( inizialmente per via e.v e
quindi proseguito a scalare nell’arco di 8 settimane sino alla dose di 5mg /die per os di deltacortene), e 5ASA via topica( sospensione da 4 gr). Dal momento
della diagnosi a quello della visita riferiva 4 recidive,
tutte trattate per via ambulatoriale con steroidi per via
orale. Il paziente aveva mantenuto, fino alle due setti-
mane antecedenti la nostra prima visita, terapia con 5ASA per os al dosaggio 2.4 gr die e per via topica( 4
gr in sospensione) ottenendo apparente benefico.Circa due settimane prima dell’arrivo presso
l’Ambulatorio della nostra Unità Operativa, riferiva
ricomparsa di dolore addominale e diarrea (circa 10
scariche/die con sangue e muco). Era stato quindi iniziato il trattamento con steroidi per os –deltacortene
25 mg die -con iniziale riduzione del numero delle
scariche, ma senza significativo beneficio. Il paziente,
visitato presso il nostro Ambulatorio, veniva quindi ricoverato in reparto ove si procedeva alla ristadiazione
della malattia ed ad escludere una possibile sovrapposizione infettiva tramite ripetuti esami parassiologici e
colturali delle feci. Il giorno stesso dell’ingresso in
Ospedale veniva iniziata terapia steroidea E.V. a dosaggi massimali (metilprednisolone 1mg/kg/e.v./die)
con beneficio. In corso di degenza veniva effettuata
una colonscopia che evidenziava presenza di malattia
lungo tutto il viscere colico, anche se con minor coinvolgimento del tratto più distale del sigma retto ;tale
aspetto si ritiene possa esprimere l’effetto positivo
dell’uso prolungato di 5-ASA per via topica. .Negativa era la ricerca del CMV all’esame istologico mentre
i parametri ematochimici confermavano lo stato di
malattia attiva - Hb 10.5 g/dl, GB 11000, PLT
400000, VES 10, PCR 20. Veniva sospesa
l’alimentazione per bocca ed iniziata la nutrizione per
via parenterale totale che veniva mantenuta, in associazione alla terapia steroidea a dosaggi massimali ,per
una settimana. Il quadro clinico del paziente è andato
incontro ad un progressivo miglioramento con scom-
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Utilizzo del beclometasone dipropionato come terapia “ponte” a quella immunosoppressiva in paziente giovane e steroido-dipendente
parsa della diarrea,delle perdite ematiche e con regressione dello stato di coinvolgimento sistemico. Si procedeva pertanto al passaggio dello steroide per os e
quindi al suo progressivo e lento scalaggio della dose
(di 5 mg/settimana). Dopo circa due settimane di ricovero il paziente veniva dimesso in condizione di remissione clinica e con l’indicazione a proseguire la terapia steroidea a scalare.In associazione: 5-ASA per
via orale al dosaggio di 800 mg t.i.d.. Dopo circa un
mese dalla dimissione il paziente riferiva mantenimento della regolarizzazione dell’alvo ma lamentava
la comparsa d’artralgie localizzate alle grandi articolazioni.Per tale motivo si decideva di sostituire il 5ASA con salazopirina 1 gr x4 die, con successivo beneficio nell’arco di una settimana. Dopo due mesi dal
momento della dimissione, al momento della interruzione dello steroide, il paziente ha accusato di nuovo
recidiva per ricomparsa di alvo diarroico (fino a 4 scariche al giorno) e sangue nelle feci. Veniva eseguita
rettosigmoidoscopia con evidenza nei tratti esplorati
di mucosa edematosa iperemica con isolate lesioni aftoidi. È stata reintrodotta la terapia con 5-ASA per
via topica e ricominciato il trattamento con steroidi ad
alto dosaggio per os ( prednisone 25 mg x2 die), senza però la necessità di un nuovo ricovero. Il paziente
ha prontamente risposto alla nuova terapia ma nuovamente a distanza di un mese e mezzo, quando si trovava ad un regime terapeutico con basse dosi di steroidi per os (5 mg di prednisone /die), ha ripresentato feci scarsamente formate e con sangue. Il paziente
veniva pertanto classificato come steroido-dipendente
poichè allo scalare della terapia steroidea corrispondeva, in due occasioni, la ricomparsa della sintomatologia. In considerazione dell’andamento recidivante ricorrente della malattia sin dall’esordio,il breve intervallo libero da malattia nel corso degli ultimi quattro
mesi e l’insorgenza di steroido-dipendenza, si decideva, in accordo con il paziente, di iniziare una terapia
immunossopressiva che permettesse di mantenere il
quadro clinico in remissione. Il farmaco scelto per
l’immunosoppressione era l’azatioprina che veniva
somministrata con dosaggio pieno a regime di 2.5
mg/kg/die. Tale terapia veniva iniziata immediatamente, ma ,in attesa dell’efficacia terapeutica ,prevedibile non prima di 2 mesi, veniva deciso,come terapia
ponte, il trattamento con beclometasone dipropionato
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per os (5mg b.i.d.), in modo da permettere la remissione della sintomatologia ed il suo mantenimento fino al momento dell’inizio dell’effetto terapeutico dell’AZT.Il paziente ha risposto al nuovo trattamento
senza presentare nuove recidive. Dopo 4 mesi di trattamento continuativo con azatioprina ( 2.5 mg /kg
/die), il beclometasone dipropionato è stato sospeso
senza riattivazione della malattia. Veniva interrotto
anche il trattamento con salazopirina, ricominciata la
somministrazione di 5-ASA ( 800 mg x3 die per os) e
proseguito il trattamento con Azatioprina. Siamo
giunti ora ad un periodo di follow up del paziente di
2 anni dall’inizio della terapia in corso, ed in quest’arco di tempo il paziente non ha presentato riattivazioni della malattia, né a livello intestinale né a livello articolare.
Discussione
Da molti anni i pazienti con asma o raffreddore
allergico sono curati con forme topiche di steroide, che
pur avendo una potente azione locale sono distrutti rapidamente dal fegato, con rapida scomparsa dal circolo e minori effetti collaterali sistemici ed una minore
soppressione dell'asse ipofisi-surrene. Nella terapia
delle M.I.C.I. è stato preso in considerazione e utilizzato il Beclometasone dipropionato. Di questo farmaco sono state sviluppate preparazioni per uso rettale
ma anche compresse a rilascio modificato per il trattamento per via orale. Il Beclometasone dipropionato
(BDP) è un cortisonico 500 volte più potente dell'idrocortisone, scarsamente idrosolubile, inattivato a livello epatico, dotato di alta affinità recettoriale con
conseguente scarso assorbimento intestinale e assenza
di inibizione dell'asse ipofisi cortico surrenalico. Studi
clinici (9) hanno dimostrato che in pazienti con Colite ulcerosa distale, clismi di BDP hanno la stessa efficacia di clismi di prednisone praticati una sola volta al
giorno per 4 settimane. In un singolo studio (8) la
combinazione di Mesalazina più BDP sospensione
rettale era superiore alla sola Mesalazina o al solo
BDP in pazienti con colite distale. Il BDP rappresenta lo steroide più sicuro e tollerabile.
La RCU è un disordine infiammatorio del colon
ad eziologia sconosciuta con decorso cronico ricorren-
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te, con alternanza di periodi di remissione con benessere soggettivo e di fasi di acuzie. La causa della malattia e i fattori che ne determinano l’andamento cronico
sono sconosciuti. Le lesioni (infiammazione, erosioni,
ulcere) sono confinate alla mucosa ed alla sottomucosa
ed interessano sempre il retto con eventuale coinvolgimento del restante colon che viene interessato in modo in modo continuo ed uniforme dall’ano al cieco.
Non esiste un trattamento curativo, ma esistono
farmaci che possono ridurre in maniera considerevole
i segni e i sintomi della colite ulcerosa e che possono
anche indurre una remissione per lunghi periodi.Quando ci troviamo di fronte ad un paziente con
malattia attiva il primo obiettivo terapeutico è quello
di ridurre i sintomi e di indurre la remissione; il secondo obiettivo è quello di mantenere la remissione a
lungo termine. Queste due fasi del trattamento possono necessitare di una serie di farmaci, impiegati in
dosi diverse e per differenti vie di somministrazione,
con il passaggio dall’induzione della remissione al
mantenimento della remissione stessa dopo poche
settimane.
I farmaci che hanno dimostrata efficacia nella colite ulcerosa sono la mesalazina, il cortisone e gli immunosoppressori; da alcuni anni è disponibile nel
prontuario terapeutico anche l’infliximab, un anticorpo monoclonale contro il TNF, fattore fondamentale
del processo infiammatorio.
I farmaci che abbiamo a disposizione possono essere utilizzati da soli o in combinazione e con diverse
modalità di somministrazione a seconda del grado di
severità della malattia e della sua localizzazione.Le linee guida americane prevedono( 1-2) :
• malattia distale ad attività lieve moderata: preparati
a base di mesalazina per via topica + eventualmente
steroide topico;
• malattia di grado severo: mesalazina topica+ mesalazina e steroide per os;
• se compare steroidodipendenza / resistenza: indicazione a terapia immunosoppressiva.
Negli ultimi anni molte le evidenza scientifiche a
supporto dell’utilizzo del BDB come primo approccio
cortisonico nelle forme di RCU ad attività lieve moderata(1-2-6).In particolare molti lavori (3-4-5-7)sono stati pubblicati dal gruppo Campieri Gionchetti
Rizzello di Bologna sulla pari efficacia tra steroide e
R. Manta, Rita Conigliaro, E. de Martinis
BDB nell’indurre la remissione di malattia ad attività
lieve moderata. Nel nostro caso l’utilizzo del BDP si è
dimostrato efficace come terapia-ponte fino al raggiungimento dell’azione terapeutica dell’azatioprina,
inducendo la remissione clinica in una situazione di
severa attività di malattia. Lo scopo non era l’impiego
del farmaco nel mantenimento di una remissione ma
il mantenimento della remissione il tempo utile a perseguire l’efficacia terapeutica dell’imunosoppressore
con il minor dispendio in effetti collaterali per il paziente, nel nostro caso fortemente steroidodipendente.
Il pesante carico degli effetti collaterali sistemici legati all’utilizzo nel lungo termine dei corticosteroidi tradizionali può rendere problematico l’utilizzo di questi
farmaci. È compito del gastroenterologo avere una
chiara idea dei benefici e dei rischi di questi trattamenti per assicurare al proprio paziente la cura migliore.La disponibilità in commercio delle nuove formulazioni di steroidi a rapida metabolizzazione epatica deve a nostro avviso essere ben presente nell’armamentario terapeutico delle IBD e il loro impiego è da
considerare, caso per caso, anche oltre quelle che possono essere le indicazioni derivanti dalle usuali linee
guida.
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Utilizzo del beclometasone dipropionato come terapia “ponte” a quella immunosoppressiva in paziente giovane e steroido-dipendente
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Efficacia di beclometasone dipropionato in un caso di colite
eosinofila
Filippo Antonini, Valerio Belfiori, Simona Piergallini, Massimiliano Lo Cascio, Carlo Manfredi,
Giampiero Macarri
U.O.C. Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, Università Politecnica delle Marche, Ospedale “A.Murri”, Fermo
Caso Clinico
S.D, paziente di 25 anni, rumeno, in Italia da circa 2
anni, lamenta una sintomatologia caratterizzata da episodi recidivanti di vomito alimentare (2-3 episodi al mese)
e modificazione dell’alvo in senso diarroico (3 evacuazioni/die di feci semiformate, senza sangue o muco), insorta
in apparente benessere circa 6 anni fa.
In anamnesi si segnala ectrodattilia con aplasia del
III e IV dito della mano sinistra e della falange distale del
II, III e IV dito della mano destra, per i quali ha subito in
passato numerosi interventi ortopedici. Non risultano patologie croniche o assunzione di farmaci; non riferite allergie o familiarità per tali. Dieta libera e varia. Non abitudine tabagica, non potus. Per i sintomi descritti il paziente aveva in passato eseguito diverse ecografie dell’addome negative, ed esami ematochimici risultati tutti nella norma, compresi emocromo con formula ed esami colturale e parassitologico delle feci. Riferiva solo temporaneo beneficio mediante l’uso di fermenti lattici.
Il paziente giunge alla nostra osservazione, in visita
gastroenterologica, a Settembre 2009, dopo aver eseguito
due ecografie dell’addome “discordanti”: la penultima con
evidenza di sabbia biliare in colecisti, non confermata da
una successiva a pochi giorni di distanza. L’esame obiettivo risultava nella norma, in assenza di febbre o dolori
addominali ed i sintomi riferiti non erano suggestivi di
colica biliare. Non erano presenti alterazioni laboratoristiche degli indici di colestasi od epatocitonecrosi.
A questo punto sono state eseguite una colonscopia
ed una esofagogastroduodenoscopia (EGDS): la colonscopia, condotta fino all’ultima ansa ileale, non ha evi-
denziato lesioni, ma sono state comunque eseguite biopsie in ileo, ceco e retto su mucosa macroscopicamente
indenne, e l’EGDS ha mostrato tre ulcere in antro gastrico, a margini regolari e fondo ricoperto da fibrina, ed
un’ulcera lineare del bulbo duodenale (biopsie in antro,
duodeno ed esofago). L’esame istologico ha evidenziato:
gastrite cronica H. pylori positiva, e numerosi granulociti
eosinofili nel bulbo, duodeno, colon e retto. Nella norma
le biopsie esofagee ed ileali.
Sono risultati negativi: esame colturale e parassitologico delle feci, ormoni tiroidei, immunoglobuline circolanti (A,G,M,E), anticorpi antitransglutaminasi (a-TG),
antinucleo (ANA), antimitocondrio (AMA), antinucleo
estraibili (ENA), anti muscolo-liscio (SMA), anticitoplasma dei neutrofili (ANCA), anti-Saccharomyces cerevisiae (ASCA), VES, proteina C-reattiva (PCR), protidogramma, proteine totali ed albumina, elettroliti, cromogranina A. Inoltre è stata eseguita una visita allergologica
con prick test, risultati tutti nella norma.
Il paziente è stato quindi sottoposto a terapia eradicante H. pylori con Amoxicillina 1 gr x 2/die, Claritromicina 500 mg X 2/die, Pantoprazolo 40 mg x 2/die per
7 giorni, e successivamente con Beclometasone Dipropionato (BDP) 5 mg 1 cp x 2/die per 4 settimane (al termine delle quali era previsto un controllo ambulatoriale).
Il paziente è stato rivisto solo due mesi dopo l’inizio
della terapia (Dicembre 2009), quando aveva già sospeso
autonomamente il BDP da circa un mese; in tale circostanza ci è stata riferito un netto miglioramento clinico
già dopo pochi giorni dall’inizio della terapia, e al controllo risultava completamente asintomatico (non più
episodi di vomito, 1 evacuazione/die di feci formate).
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Efficacia di beclometasone dipropionato in un caso di colite eosinofila
Nel Gennaio 2010 sono state eseguite una EGDS
ed una rettosigmoidoscopia di controllo, che hanno evidenziato la scomparsa delle ulcere gastro-duodenali, dell’infezione da H. pylori e dell’infiltrato eosinofilo, sia in
duodeno che nel colon-retto. A 4 mesi dalla sospensione
della terapia (Marzo 2010), il paziente è persistentemente asintomatico e l’emocromo permane nei limiti.
Discussione
La colite eosinofila appartiene alle cosidette “malattie eosinofile gastrointestinali” (EGID, eosinophilic gastrointestinal disorders), che sono definite come patologie che interessano primitivamente il tratto gastroenterico e che sono caratterizzate da un abnorme infiltrato eosinofilo, in assenza di altre cause note di eosinofilia (parassitosi, reazioni a farmaci, connettivopatie, allergie, malattie infiammatorie croniche intestinali, linfomi, neopla-
sie, H. pylori). Qualsiasi tratto intestinale può essere
coinvolto, anche se esofago, stomaco ed intestino sono
più frequentemente interessati, configurando i quadri di
esofagite eosinofila e gastroenterite eosinofila; il colon è
la sede meno comune (1).
Descritte per la prima volta nel 1937 (2), si tratta
malattie piuttosto rare la cui incidenza non è nota. Sono
interessati sia bambini che adulti, con una leggera prevalenza per il sesso maschile (3).
L’eziologia è sconosciuta, ma la patogenesi sembra
essere legata ad una predisposizione atopica, vista la frequente associazione con una storia personale o familiare
di allergie, ed il riscontro comune di elevati livelli di IgE
(4). La diagnosi è spesso difficile poiché l’ipereosinofilia
nel sangue periferico non è sempre presente (nel 20-90 %
dei casi) e la presentazione clinica è molto eterogenea, dipendendo non solo dalla sede, ma anche dallo strato di
parete intestinale maggiormente coinvolto (mucosa, muscolare, sierosa) (5). Sono riportati infatti sintomi “lumi-
1A
2A
1B
2B
Figura 1-2. Alla diagnosi si evidenzia un intenso infiltrato infiammatorio cronico, con numerosi granulociti eosinofili, sia nel colon (1A), che nel duodeno (1B), che risultano nettamente diminuiti nelle biopsie eseguite dopo terapia (2A colon, 2B duodeno).
Ematossilina-Eosina.
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nali” come vomito, diarrea e protidodispersione nelle localizzazioni mucose, quadri di addome acuto con occlusione intestinale in casi di coinvolgimento della tonaca
muscolare, fino al riscontro di ascite eosinofila nei casi di
intessamento della sierosa (3,5). Inoltre non esistono lesioni endoscopiche o radiologiche caratteristiche: i rilievi
macroscopici variano infatti da mucosa intestinale apparentemente normale fino ad edema, eritema ed ulcerazioni, e gli esami di imaging evidenziano spesso dei quadri
aspecifici (1,3).
Istologicamente l’infiltrato patologico ha una distribuzione “patchy”, per cui è necessario un ampio campionamento bioptico, dato che la condizione essenziale per la
diagnosi è il riscontro istologico (su biopsie o su pezzo
operatorio) di un eccessivo infiltrato eosinofilo. Gli eosinofili sono cellule normalmente residenti nella mucosa
gastrointestinale (ad eccezione dell’esofago), e non esiste
un cut-off diagnostico standardizzato per le EGID; la
maggior parte degli autori ha considerato tale un numero
minimo di eosinofili maggiore di 20 per campo ad alto
ingrandimento (1,5).
Nel caso descritto la diagnosi è stata tardiva (6 anni),
a causa probabilmente della assenza di ipereosinofilia nel
sangue periferico. La colonscopia ha mostrato una mucosa apparentemente sana, ma, nel sospetto clinico, sono
state eseguite biopsie che sono risultate diagnostiche.
L’EGDS ha confermato la diagnosi evidenziando inoltre
delle ulcere in stomaco e duodeno, H. pylori positive,
scomparse dopo terapia eradicante e successiva terapia
con BDP. Non è possibile al momento discernere se le ulcere e l’infiltrato eosinofilo del duodeno fossero legate all’H. pylori o ad un coinvolgimento primitivo anche del
piccolo intestino.
Per ciò che concerne il trattamento, non esistono
ampi studi randomizzati, ed i dati sono estrapolati da case reports e da piccole casistiche. Gli steroidi tradizionali
rappresentano i farmaci di scelta poiché sono quelli maggiormente utilizzati e con i migliori risultati. In genere
vengono usati schemi terapeutici simili a quelli per le malattie infiammatorie croniche intestinali (1-2 mg/kg/die
per 4-8 settimane e successivo tapering) (1). La storia naturale di queste malattie è però caratterizzata da frequenti recidive, soprattutto nei pazienti più giovani che sembrano essere a maggior rischio (3). La ripresa dei sintomi
avviene generalmente alla sospensione o riduzione degli
steroidi, per cui sono spesso necessarie terapie a lungo ter-
F. Antonini, V. Belfiori, S. Piergallini, M. Lo Cascio, C. Manfredi, G. Macarri
mine o l’uso di immunosoppressori (6). Il BDP, è un corticosteroide di seconda generazione con dimostrata efficacia sia nelle malattie infiammatorie croniche intestinali
(7) che nelle coliti microscopiche (8). È dotato di una potente azione antinfiammatoria locale, con bassa biodisponibilità e conseguenti minori effetti collaterali sistemici.
In letteratura sono riportati solo pochi casi dell’utilizzo di BDP nelle EGID (9,10), ma in considerazione
della storia naturale di queste malattie (che interessano
prevalentemente pazienti giovani e che sono gravate da
frequenti recidive con conseguenti terapie steroidee prolungate), e alla luce dell’efficacia e sicurezza del BDP,
questo farmaco potrebbe rappresentare una valida opzione terapeutica.
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R E P O R T
Proctite attinica, trattamento con mesalazina e
beclometasone dipropionato per uso topico: due casi clinici.
Riccardo Calabria1, Rosario Colace2, Veronica Crocco3, Gianpasquale Gallo3, Rosario Sacco1,2,3
1
U.O. Chirurgia Generale Azienda Ospedaliera “Mater Domini” Catanzaro
2
U.O. Chirurgia d’Urgenza Azienda Ospedaliera “Mater Domini” Catanzaro
Scuola di Specializzazione in Chirurgia dell’Apparato Digerente ed Endoscopia Digestiva Chirurgica – Università di
Catanzaro
3
Introduzione
Nonostante la mucosa rettale sia più resistente al
danno indotto da radiazioni rispetto a quella del colon
e del tenue, il retto è il segmento più frequentemente
interessato dall’insulto attinico nel corso dell’irradiazione della pelvi per neoplasie genitourinarie o anorettali.
Ciò si verifica per motivi anatomici legati al fatto
che la patologia neoplastica del retto e degli organi vicini (prostata) è spesso sensibile alla radioterapia.
L’eziopatogenesi di tale condizione non è specificamente correlata ad un meccanismo di tipo infiammatorio, ma più precisamente ad un insulto ossidativo
indotto dalle radiazioni. Pertanto al termine di “proctite attinica” dovrebbe essere preferito quello di “proctopatia attinica cronica” o CRP (Chronic Radiation
Proctopathy).
Lo stress ossidativo, ritenuto il principale meccanismo del danno indotto da radiazioni, determina una
fibrosi del tessuto connettivo sottomucoso ed una endoarterite obliterante delle arteriole sottomucose che
condiziona l’ischemia ed il successivo sviluppo di lesioni vascolari facilmente sanguinanti, quali le angiodisplasie (1). La proctite attinica interessa circa il 75%
dei pazienti sottoposti a radioterapia pelvica e può insorgere in forma acuta o sub-acuta dopo 2-4 settimane dall’inizio del trattamento. Tale quadro clinico tende a risolversi spontaneamente entro 4-6 settimane
mentre, nel 10-20% dei casi la proctite cronicizza (2),
con sintomi che possono manifestarsi tardivamente
comparendo da tre settimane ad oltre un anno dalla
sospensione del trattamento radioterapico (3,4).
Le manifestazioni cliniche della CRP comprendono diarrea, incontinenza fecale, tenesmo e, nei casi
più gravi, la proctorragia. Raramente tale condizione
clinica può evolvere nello sviluppo di stenosi e/o fistole con gli organi adiacenti (5,6).
Il quadro endoscopico della CRP è facilmente riconoscibile per l’aspetto della mucosa che appare pallida, edematosa e facilmente sanguinante al contatto
con lo strumento oltre che dalla presenza di angiodisplasie sanguinanti anche spontaneamente.
La terapia della CRP, il cui obiettivo principale è
quello di evitare la proctorragia e di controllare il quadro sintomatologico, si avvale di numerose strategie
terapeutiche che vanno dal trattamento medico a
quello endoscopico o chirurgico riservato a casi estremi e refrattari.
Sebbene la terapia medica dovrebbe essere considerata ad azione aspecifica quando impiegata in un
campo diverso dalle malattie infiammatorie com’è appunto il caso del danno da radiazioni, essa rimane il
trattamento di prima istanza al quale numerose review
internazionali attribuiscono larga efficacia oltre ad essere meglio tollerata dal paziente già provato da terapie invasive ed invalidanti (7).
La nostra personale esperienza si basa su numerosi casi in cui abbiamo potuto osservare come
l’impiego di Mesalazina e Beclometasone dipropionato per uso topico, consente la risoluzione del quadro
endoscopico e sintomatologico migliorando così la
qualità di vita del paziente. Inoltre, nei casi in cui è
stato necessario (radioterapia neoadiuvante per K retto), la suddetta terapia ha reso più agevole l’intervento
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R. Calabria, R. Colace, V. Crocco, G. Gallo, R. Sacco
Di seguito sono descritti i risultati ottenuti in due
casi selezionati dalla casistica del Servizio di Endoscopia Chirurgica dell’U.O. di Chirurgia Generale e
d’Urgenza del Policlinico Mater Domini di Catanzaro, alla luce della diversa patologia di base e del differente approccio radioterapico. Lo scopo di questo lavoro è quello di descrivere l’efficacia del trattamento
della proctite attinica con l’associazione farmacologica
di mesalazina 1,5 g granulato per sospensione rettale e
beclometasone dipropionato 3 mg sospensione rettale
miscelati insieme in clismi da somministrare in unica
applicazione giornaliera per 30 giorni.
Il primo caso riguarda D.F.M. di anni 68 di sesso
maschile, affetto da adenocarcinoma del retto moderatamente differenziato. Per tale motivo il paziente è
stato sottoposto a radio-chemioterapia neoadiuvante
in previsione di intervento chirurgico. Il trattamento
radioterapico è stato eseguito con Radioterapia
Conformazionale (3D-CRT) a fasci esterni sulla pelvi con una dose erogata di 5000 cGy a un frazionamento di 200 cGy/die ed un’energia dei fasci di 18 fotoni MV. Dopo circa sei mesi dalla sospensione del
trattamento radiante il paziente riferiva la comparsa di
dolore e bruciore ano-rettale, tenesmo con ripetuti
episodi di rettorragia. Per tale motivo ha eseguito una
retto-sigmoidoscopia di controllo che ha evidenziato
un quadro endoscopico caratterizzato da “mucosa del
retto diffusamente iperemica” compatibile con quadro
di CRP. Il paziente ha praticato un ciclo di terapia con
mesalazina 1,5 g (granulato per sospensione rettale) e
beclometasone dipropinato 3 mg (sospensione rettale)
miscelati insieme in clisma somministrato in unica
dose giornaliera per 30 giorni. Al termine del trattamento farmacologico il paziente è stato sottoposto a
retto-sigmoidoscopia di controllo che ha evidenziato
un sostanziale miglioramento del quadro endoscopico.
Il paziente, inoltre, ha riferito un notevole miglioramento del quadro sintomatologico con scomparsa della sintomatologia dolorosa, del tenesmo rettale e della
proctorragia.
Il secondo caso clinico è quello di un paziente,
C.A. di anni 64 di sesso maschile, sottoposto a radioterapia post-prostatectomia radicale per Carcinoma
prostatico. Questo paziente ha eseguito trattamento
Figura 1. Caso clinico 2: esame endoscopico prima del trattamento
Figura 2. Caso clinico 2: esame endoscopico alla fine del ciclo
terapico.
chirurgico laddove il confezionamento di un’anastomosi post emicolectomia sinistra poteva essere fortemente pregiudicato dalla presenza di mucosa danneggiata dal trattamento radioterapico (8).
Case report
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Proctite attinica, trattamento con mesalazina e beclometasone dipropionato per uso topico: due casi clinici
radioterapico con tecnica 3D conformazionale (fotoni
6 MV) su loggia prostatica per una dose totale di 70
Gy ad una dose frazione/giornaliera di 200 cGy.
Ad un anno circa dalla sospensione del trattamento radioterapico il paziente si rivolge al nostro servizio di endoscopia per grave proctorragia. All’esame
endoscopico si è evidenziata la presenza di “mucosa
edematosa, facilmente sanguinante al contatto con lo
strumento endoscopico, con angiodisplasie sanguinanti” compatibile con un quadro di CRP severa (foto 1). Anche in questo caso è stata utilizzata la somministrazione per uso topico di mesalazina 1,5 g (granulato per sospensione rettale) e beclometasone dipropinato 3 mg (sospensione rettale) miscelati insieme in
clisma somministrato in unica dose giornaliera per 30
giorni. Il controllo endoscopico effettuato alla fine del
ciclo terapeutico ha confermato un netto miglioramento (foto 2) delle condizioni locali con totale remissione della sintomatologia.
L’analisi dei dati clinici e del quadro endoscopico
riscontrato in fase pre e post- trattamento farmacologico, consente di confermare l’efficacia della terapia
approntata sia in termini di riduzione della sintomatologia che in relazione al miglioramento del quadro endoscopico. In particolare la scomparsa degli episodi di
rettorragia e del dolore ano-rettale rappresenta un risultato particolarmente significativo anche alla luce
della buona tollerabilità del trattamento che ha garantito un’ottima compliance e un elevato grado di aderenza al trattamento. Ciò, a nostro avviso è legato alla
semplicità del regime terapeutico che non ha richiesto
sostanziali cambiamenti comportamentali del paziente in quanto l’applicazione del clisma è stata effettuata alla sera al momento di coricarsi. Durante il trattamento secondo lo schema sopra descritto, inoltre, non
si è evidenziata alcuna complicanza e la terapia è stata
ben tollerata dai pazienti.
Discussione
È stato stimato che nei giorni immediatamente
successivi alla sospensione della radioterapia più di un
terzo dei pazienti presenta lesioni superficiali della parete rettale che coinvolgono soprattutto la mucosa.
Queste proctiti precoci definite dai proctologi france-
25
si “coup de soleil rectal” sono generalmente transitorie
e regrediscono spontaneamente nell’arco di qualche
settimana senza sequele funzionali e non impongono
l’arresto del trattamento radioterapico se non nell’1%
dei casi (9).
L’evoluzione sfavorevole di una CRP (cronicizzazione dei sintomi con comparsa di proctorragia) è determinata da più fattori che ne condizionano la prognosi. Questi sono in relazione da un lato alla dose, al
volume ed alla tecnica d’irradiazione, e dall’altro alle
caratteristiche della neoplasia, all’età del paziente e le
sue comorbilità (chirurgia pregressa sull’area addominale e pelvica, malattie cardiovascolari, vasculiti, diabete, connettiviti, pregressa patologia emorroidaria).
In particolare, nel trattamento del sanguinamento da CRP, l’approccio terapeutico è modulato sull’entità di quest’ultimo e sull’eventuale progressione delle
condizioni locali indotte dalla CRP.
Il trattamento farmacologico può avvalersi dell’uso di cortisonici e derivati dell’acido para-amminosalicilico (mesalazina) per os o per uso topico, del metronidazolo in monosomministrazione o associato ad
altri farmaci e, infine, dell’istillazione locale di sucralfato e formalina.
Il vantaggio di un approccio terapeutico farmacologico è legato da un lato a motivi pratici connessi alla ricerca di un trattamento semplice, da assumere come una qualsiasi terapia domiciliare e quindi facilmente gestibile dal paziente e dall’altro dal positivo
impatto psicologico della terapia medica in pazienti
neoplastici già duramente provati da terapie chirurgiche, farmacologiche e radianti.
Il trattamento locale con formalina al 4% il cui
scopo è quello di ottenere un effetto sclerosante sui vasi sanguinanti, a fronte di un’efficacia terapeutica
dell’88-100% (10,11), presenta gravi effetti collaterali
(tra lo 0 ed il 25% dei casi) come l’incontinenza anale,
dolore, perforazioni e stenosi del retto. Ciò, oltre alla
necessità di essere eseguita in anestesia generale e la
lunga durata di esecuzione rendono questa procedura
di dubbio interesse dal punto di vista pratico.
Nei casi di proctorragia refrattari alla terapia medica si può far ricorso al trattamento endoscopico e, in
estrema ratio, alla chirurgia.
Il trattamento endoscopico del sanguinamento
può essere attuato con diverse metodiche in relazione
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al quadro clinico ed alla disponibilità dei device endoscopici. In particolare la modalità di approccio si può
avvalere della coagulazione bipolare, del laser e dell’Argon Plasma Coagulation (APC). Quest’ultima
metodica è la modalità di trattamento endoscopico più
frequentemente utilizzata poiché garantisce risultati
molto soddisfacenti con percentuale di controllo dell’emorragia che nelle diverse casistiche varia dal 65 al
100% dei casi trattati (12). Il vantaggio dell’APC consiste nella possibilità di trattare la mucosa evitando il
contatto diretto e limitando il rischio di perforazione
in quanto l’effetto coagulante si estende limitatamente in profondità.
Il trattamento chirurgico, che deve essere preso in
considerazione solo dopo fallimento terapeutico delle altre metodiche, prevede sostanzialmente la diversione o
l’asportazione del retto. La diversione ottenuta confezionando una stomia di protezione a livello del trasverso o
del sigma, garantisce un limitato trauma chirurgico ed
elimina l’effetto legato al transito delle feci sul viscere leso. Tale tecnica, tuttavia, non riduce il rischio di evoluzione locale della proctite cronica esponendo quindi il
paziente a rischio di stenosi o fistolizzazione.
Un intervento chirurgico demolitivo di asportazione totale del retto, invece, pur garantendo una migliore efficacia terapeutica, deve necessariamente tener
conto delle condizioni generali del paziente, dell’età e
dell’aspettativa di vita. Ciò in relazione al fatto che le
resezioni anteriori del retto sono gravate da una significativa percentuale di deiscenza anastomotica. A questo proposito è necessario accertarsi che i due monconi anastomotici siano liberi da lesioni attiniche; per tale motivo è consigliabile eseguire un’anastomosi solo
dopo rimozione totale del retto che deve essere considerato sempre come interamente interessato dal processo patologico.
Lo scopo del nostro lavoro è quello di richiamare
l’attenzione sull’efficacia della terapia medica per uso
topico con mesalazina 1,5 g (granulato per sospensione rettale) e beclometasone dipropinato 3 mg (sospensione rettale) miscelati insieme in clisma somministrato in unica dose giornaliera per 30 giorni nel controllo della proctite attinica anche di grado severo. Il suddetto trattamento farmacologico che potremmo definire empirico, poiché utilizza principi sostanzialmente
antinfiammatori su un danno da radiazioni, può esse-
R. Calabria, R. Colace, V. Crocco, G. Gallo, R. Sacco
re applicato secondo le diverse esperienze e i diversi
studi senza che ad oggi si sia trovato uno standard di
applicazione. Inoltre la maggior parte delle pubblicazioni al riguardo danno rilievo all’utilizzo dell’una o
dell’altra categoria di farmaci e quasi sempre per uso
sistemico.
Inoltre ci sembra importante sottolineare il ruolo
del trattamento medico locale profilattico della proctite con l’utilizzo di cortisonici ad uso topico. Tale trattamento, anche in assenza di sintomatologia, sembra
garantire la possibilità di concludere l’intero ciclo radioterapico riducendone gli effetti collaterali (13).
Tuttavia la terapia profilattica, pur garantendo risultati incoraggianti ed un ridotto rischio di effetti collaterali, non può ancora essere del tutto validata per
l’assenza di studi a lungo termine che consentano di
stabilirne l’effettiva efficacia.
Infine non va sottovalutata l’importanza di preservare quanto più è possibile la mucosa del retto in
quei casi in cui la radioterapia è attuata con intento
neoadiuvante proprio per tumori del retto, dove la necessità di preservare l’integrità della mucosa rettale costituisce una condizione basilare per il confezionamento “sicuro” di un’anastomosi colo-rettale. Ciò che
potrebbe consentire di ridurre il rischio di deiscenza è
l’impiego di monconi indenni da lesioni attiniche durante il confezionamento dell’anastomosi. Tale problematica riguarda soprattutto il moncone distale dell’anastomosi colorettale che può essere colpito dalla
proctite attinica poiché è la parte più vicina a quella su
cui si effettua il trattamento radioterapico e che per
motivi di tecnica chirurgica non deve essere resecato
negli interventi che prevedono la ricanalizzazione intestinale (14,15).
Nella nostra esperienza, basata su un rilevante
numero di pazienti, abbiamo utilizzato l’associazione
di mesalazina e beclometasone dipropionato per uso
topico. La combinazione dei due farmaci applicati direttamente nel retto ha lo scopo di amplificare l’effetto
terapeutico di entrambi direttamente sulla mucosa lesa risparmiando allo stesso tempo gli effetti sistemici
di tali farmaci su organismi già provati da terapie antiblastiche.
Su tutti i pazienti a fine ciclo di terapia abbiamo
effettuato un controllo endoscopico che ci ha consentito di costatare un netto miglioramento del quadro
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Proctite attinica, trattamento con mesalazina e beclometasone dipropionato per uso topico: due casi clinici
endoscopico e, soprattutto, una remissione della proctorragia e del quadro sintomatologico.
Conclusioni
In conclusione possiamo dire che a tutt’oggi non
esiste un trattamento d’elezione per la CRP e che
l’approccio terapeutico è a discrezione dell’operatore,
in funzione del quadro endoscopico e della sintomatologia. I casi giunti alla nostra osservazione erano tutti
pazienti con sintomatologia all’esordio alcuni dei quali affetti da anemizzazione grave, ma tutti candidabili
in prima istanza alla terapia medica.
Tuttavia se l’approccio terapeutico con un singolo principio farmacologico (mesalazina o beclometasone dipropionato) dai dati riportati in letteratura non
sempre garantisce un adeguato miglioramento endoscopico/clinico, l’associazione di entrambi i principi e
per uso topico sembra garantire, in relazione ai risultati da noi ottenuti, un vantaggio significativo sulla
qualità di vita del paziente. Ciò in relazione alla buona compliance della terapia in genere ben tollerata dal
paziente, alla mancanza di effetti collaterali significativi ed all’efficacia terapeutica ottenuta.
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ACTA BIOMED 2010; 81; Quaderno di Gastroenterologia II: 28-31
C
© MATTIOLI1885
A S E
R E P O R T
L’efficacia dell'argon-plasma-coagulazione (APC) nella
proctite attinica emorragica
Claudio Monti, Cesar Crovetto, Alvaro Porta, Attilio Giacosa
Dipartimento di Gastroenterologia e Medicina Interna, Policlinico di Monza-Monza
Introduzione
La proctite attinica rappresenta una delle complicanze dell’irradiazione collaterale del retto, organo
non schermabile, in corso di trattamenti radioterapici
delle regioni genitourinarie e pelviche. La radioterapia
in tali distretti viene effetuata in pazienti affetti da
neoplasie urologiche o ginecologiche che spesso richiedono un trattamento combinato interno ed esterno con alte dosi (50-60 Gy).
I danni rettali sono derivati da ischemia e fibrosi
locale con comparsa di sanguinamento, erosioni ed ulcere e occasionale comparsa di fistole o stenosi.
Fra le condizioni di rischio per la comparsa di lesioni croniche da radioterapia si annoverano le malattie cardiovascolari, il diabete mellito e l’ipertensione
arteriosa, ma il fattore più significativo è costituito
dalla dose radiante impiegata.
La proctite attinica può insorgere con una fase
sintomatica acuta oppure con una fase subacuta (2-4
settimane dall’inizio del trattamento) e tende alla risoluzione entro 4-6 settimane. Dai dati riportati in letteratura si evince che circa il 75% dei pazienti trattati
con radioterapia sviluppa proctite acuta da radiazioni,
mentre il 5% dei pazienti sviluppa un danno cronico.
Altre forme di presentazione sono quelle in cui si
assiste alla persistenza dei sintomi dopo la fase acuta o,
addirittura, quelle in cui i sintomi s’instaurano tardivamente, dalla terza settimana dopo la fine del trattamento (10-20%).
I sintomi principali sono rappresentati da: diarrea,
tenesmo, proctorragia, dolore anale, mucorrea ed incontinenza fecale.
Relativamente alla prognosi, la maggior parte dei
casi, trattata con terapia farmacologica di supporto, va incontro a una remissione dei sintomi, mentre in una percentuale del 5-20% si assiste a un danno tardivo che comporta, all’osservazione endoscopica, l’insorgenza di teleangectasie, ulcerazione e necrosi della mucosa, con persistenza di sanguinamento rettale.
Dal punto di vista istopatologico il danno cronico è caratterizzato da vasculite, trombosi delle piccole arterie e arteriole con conseguente ischemia della
parete intestinale e formazione di una rete neovascolare superficiale molto fragile, sanguinante al minimo
trauma.
Solo raramente, la proctite può determinare la
necessità di un ricovero ospedaliero per il trattamento
dell’anemia indotta da proctorragie profuse o di complicanze maggiori che richiedono l’intervento chirurgico. Infatti nella maggior parte dei casi l’approccio terapeutico implica il ricorso a farmacoterapia domiciliare mediante impiego di cortisonici, mesalazina sia
per uso sistemico che topico.
Nei pazienti affetti da proctite attinica di grado
severo la sola terapia farmacologia non appare efficace
nella risoluzione del danno mucoso ed in particolare
l’aspetto emorragico rappresenta il quadro clinico più
critico da gestire. Per questi pazienti molte segnalazioni di letteratura indicano la possibilità di controllo del
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L'efficacia dell'argon-plasma-coagulazione (APC) nella proctite attinica emorRAGICA
sanguinamento mediante terapia con argon-plasmacoagulazione (APC) realizzata endoscopicamente.
Descrizione
Nel periodo compreso tra Ottobre 2008 e Dicembre 2009 abbiamo valutato 5 pazienti di sesso maschile con proctite attinica. Tutti i pazienti erano stati
sottoposti a trattamento radioterapico per neoplasia
prostatica ed erano giunti all’osservazione per la comparsa di episodi di proctorragia e/o alvo diarroico associato a tenesmo rettale.
Tutti i pazienti erano affetti da proctite di tipo severo (presenza di lesioni mucose di tipo ulcerativo con
sanguinamento rettale ed anemizzazione).
I pazienti sono stati sottoposti a terapia con argon-plasma-coagulazione (APC-sonda del diametro
di 2,3 mm-2200 A e della lunghezza di 2,2 mt) in associazione a trattamento topico con beclometasone dipropionato (sospensione rettale 3 mg/1 volta dì per 20
gg dopo il primo trattamento APC) e mesalazina enema (4 gr./die per tutta la durata del trattamento
APC).
Le sedute di APC per singolo caso erano variabili da 3 a 6 con marcato miglioramento delle condizioni della proctitiche dopo la terza seduta, in tutti i
casi.
In un paziente la pancolonscopia effettuata durante la seduta endoscopica iniziale ha messo in evidenza una voluminosa formazione polipoide del tratto
sigmoideo che è stata bonificata endoscopicamente.
In altri due casi la persistenza di emorragia era
correlata alla contestuale presenza di emorroidopatia.
E.O.: addome trattabile non dolente alla palpazione superficiale e profonda in alcun quadrante
E.R.: mucosa di aspetto granuloso al tatto, presenza di sangue rosso vivo in ampolla.
Esami ematici: Hb 10.5 g/dl, sideremia 26 mg/dl,
ferritina 35 mg/dl.
Sottoposto a colonscopia con riscontro di disseminazione di lesioni intensamente iperemiche con sanguinamento attivo come da proctite attinica (foto 1)
Inizio terapia APC Ottobre 2008 in associazione
a terapia farmacologia topica con beclometasone dipropionato (3 mg/die) per 20 gg (foto 2).
Il pazienti è stato pertanto sottoposto a follow-up
endoscopico e a successive sedute di trattamento APC
Figura 1. Pre-trattamento
Caso clinico
Pazienti B. O. di anni 81 giunto all’osservazione
nell’ottobre 2008 per la comparsa di rettoragia e anemizzazione.
In anamnesi trattamento radioterapico a livello
della loggia prostatica per carcinoma prostatico nel periodo compreso tra marzo e maggio 2007.
In anamnesi: IMA nel 1994, ernioplastica inguinale sx nel 2006.
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Figura 1. Post-trattamento
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Figura 3. Dopo sei mesi
C. Monti, C. Crovetto, A. Porta, A. Giacosa
Figura 5-8. Quadro endoscopico a 14 mesi dall’inizio del trattamento con APC
dell’argon-plasma-coagulazione nel trattamento delle
lesioni mucose in pazienti affetti da proctite attinica.
La semplicità d’uso, la facile applicabilità della
metodica e la capacità di mantenere la remissione delle lesioni per lunghi periodi di tempo rafforzano le affermazioni sopra esposte.
Inoltre dobbiamo sottolineare come la somministrazione contemporanea di beclometasone dipropionato in sospensione rettale (3 mg/die per 20 gg) e mesalazina enema (4 gr/die per tutta la durata del trattamento) hanno contribuito nel favorire la restitutio ad
integrum della mucosa rettale.
Figura 4. Dopo 10 mesi
con miglioramento del quadro endoscopico (foto 3, 4)
e risoluzione degli episodi di proctorragia.
È stata inoltre somministrata terapia marziale per
os con progressivo recupero dei valori della crasi ematica (gennaio 2010 Hb 14.2 g/dl).
Al controllo endoscopico del Gennaio 2010 presenza di minima componente iperemica tra cm 15 ed
il margine anale con alterazioni vascolari senza evidenza di sanguinamento attivo (foto 5-8).
Discussione
La casistica da noi osservata ha permesso di confermare i dati attualmente presenti in letteratura per
quel che riguarda la sicurezza e l’ottima tollerabilità
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13. Gilinsky NH., Bums DG., Barbezat GD, Levin W., Myers
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proctosigmoiditis: An analaysis of 88 patients. QJ Med
1983; 205: 40-53.
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Un caso misconosciuto di enterite eosinofila trattata con
beclometasone dipropionato
Cesare Cavaliere1, Maria Frandina1, Innocenza Putrino2, Michele Middonno1, Carlo Puglisi1,
Federico Tallerigo2, Enrico Ciliberto1
1
U.O.C. di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva ASP di Crotone, Crotone
2
Servizio di Anatomia ed istocitopatologia ASP di Crotone, Crotone
Introduzione
“Parete di piccolo intestino con intensa flogosi
cronica erosiva ed ulcerativa, ricca in granulociti eosinofili, che interessa a tutto spessore la parete ileale ed
i tessuti adiposi periviscerali e si associa ad una marcata periviscerite acuta consensuale. Si segnala inoltre
una linfoadenite granulomatosa gigantocellulare, non
necrotizzante, in uno dei linfonodi periviscerali esaminati (n. 4 esaminati)”.
Un lettore esperto di patologia gastrointestinale,
leggendo tale referto istologico di pezzo operatorio,
probabilmente avrà già individuato la giusta diagnosi,
ma per la signora C. G., di anni 51, il calvario alla ricerca di una diagnosi di certezza e conseguente terapia, era appena iniziato.
Ricoverata d’urgenza presso la chirurgia del nostro ospedale nell’ottobre 2006 , con sintomatologia di
addome acuto successiva ad occlusione intestinale, la
paziente era stata sottoposta a resezione di ansa stenotica dell’ileo distale. Alle dimissioni, sua sponte, la signora C.G. si era rivolta presso un altro centro di Gastroenterologia dove, nonostante il citato referto istologico, l’evidenza all’atto operatorio di un abbondante
versamento libero in addome, ricco di granulociti eosinofili, successive e ripetute colonscopie con ileoscopie retrograde bioptiche negative per patologia, veniva
inquadrata come verosimilmente affetta da malattia di
Crohn e curata cronicamente con mesalazina 2,4 g/die
per os e, al presentarsi di sintomi sub occlusivi, con dosi piene di cortisone (0,50 – 0,75 mg/kg/die di prednisone per cicli di 4-6 settimane).
Figura 1. M.O. 10x E.E. mucosa di piccolo intestino con discreto infiltrato infiammatorio a cospicua componente eosinofila
Figura 2. M.O. 10x E.E. sezione di piccolo intestino ( mucosa e sottomucosa ) con edema e marcato infiltrato infiammatorio eosinofilo
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Un caso misconosciuto di enterite eosinofila trattata con beclometasone dipropionato
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Figura 3. M.O. 20x E.E. maggior dettaglio della precedente
scrizione microscopica riportata nella diagnosi del
pezzo operatorio è riferibile ad un quadro di enterite
eosinofila”.
La paziente è stata rapidamente, ed in successione, sottoposta ad esami ematochimici: nella norma, in
particolare non evidenza di eosinofilia periferica, rx
tenue seriato: negativo, ecografia intestinale: discreto
ed uniforme ispessimento dell’ultima ansa ileale con
modico versamento addominale, endoscopia capsulare: no alterazioni di mucosa.
Spiegata alla paziente la natura della sua patologia e la necessità della terapia steroidea, ricevemmo un
gentile ma deciso rifiuto alla somministrazione di tale
farmaco, già assunto dalla paziente per ben 3 cicli nell’arco dei 26 mesi precedenti. Cosa fare? Alla ricerca di
un farmaco alternativo agli steroidi classici, abbiamo
proposto alla paziente una terapia a base di beclometasone dipropionato, al dosaggio di 10 mg/die per os,
associato alla nutrizione parenterale (sospesa dopo 3
giorni con ripristino dell’alimentazione per os). Dopo
6 giorni di tale terapia, oltre alla scomparsa dei sintomi (regrediti già in III giornata), assistemmo al totale
riassorbimento del versamento addominale. Il dosaggio del beclometasone fu dimezzato dopo 4 settimane
dall’inizio della terapia, indi sospeso dopo altre 8 settimane. La paziente ha goduto di assoluto benessere
clinico per i 4 mesi successivi, sino all’ottobre u.s.
quando, per il ripresentarsi della stessa sintomatologia
Figura 4. M.O. 10x E.E. sezione di piccolo intestino in corrispondenza dei tessuti molli e della sottosierosa: marcato infiltrato infiammatorio con ricca componente di granulociti eosinofili e periviscerite acuta consensuale.
Figura 5. 20x E.E. maggior dettaglio della precedente
Nel gennaio 2009 la paziente, ricoveratasi c/o la
chirurgia del nostro ospedale per nuovo episodio di
subocclusione, veniva sottoposta a consulenza gastroenterologica. La visione della cartella clinica del
precedente ricovero, che la signora scrupolosamente
portava sempre con se, indirizzava la nostra attenzione verso la più che plausibile diagnosi suggerita dal
suddetto referto istologico. Fu chiesto al collega anatomo patologo una rapida rivalutazione dei vetrini del
pezzo operatorio dell’intervento di 3 anni prima, indicando il nostro sospetto diagnostico. Tale collega, confermando quanto scritto nel 2006, aggiungeva: “la de-
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C. Cavaliere, M. Frandina, I.Putrino, M. Middonno, C. Puglisi, F. Tallerigo, E. Ciliberto
e dello stesso quadro ecografico, è stata nuovamente
sottoposta al suddetto trattamento (beclometasone dipropionato 10 mg/die per 4 settimane, indi 5 mg/die
per altre 4 settimane), con pronta remissione del quadro clinico ed ecografico.
Discussione
La gastroenterite eosinofila è una patologia che
può colpire tutti i segmenti del tratto gastroenterico,
determinando una eosinofilia tissutale di parte o tutti
gli strati della parete intestinale. È generalmente accompagnata da una eosinofilia periferica, ma tale dato
è assente in almeno il 20% dei casi (1).
È una patologia con sintomatologia variabile, in
relazione al tratto ed allo strato di parete interessato,
con sintomi che possono comprendere: dolore addominale, diarrea, nausea, vomito, calo ponderale, anemia sideropenica, malassorbimento, protidodispersione (tipici della forma prevalente della malattia con infiltrazione della mucosa e sottomucosa), ma anche
l’ostruzione (infiltrazione della muscolare) e l’ascite
eosinofila (presente nella malattia a localizzazione sierosa).
Forse è proprio per tale varietà di manifestazioni
cliniche che non sempre viene diagnosticata, eppure
deve essere sospettata e messa in diagnosi differenziale con malattie infiammatorie croniche intestinali, parassitosi, allergia a farmaci, malattie del connettivo,
vasculiti, mastocitosi sistemica, malattia celiaca, linfomi, sindrome ipereosinofila.
Nel caso clinico in discussione, il fattore confondente, che potrebbe aver ritardato la diagnosi, potrebbe esser stato la mancanza di eosinofilia periferica (assente, come già detto, in almeno il 20% dei casi) ed il
non coinvolgimento della mucosa. A favore della dia-
gnosi, vi erano però il quadro istologico del pezzo operatorio, l’ascite eosinofila, l’ispessimento di parete dell’ultima ansa.
Il gold standard terapeutico della fase acuta è tuttora il trattamento steroideo, a cui la maggior parte dei
pazienti risponde in maniera eclatante, ma circa il 15%
di essi recidiva dopo sospensione della terapia (1).
Il beclometasone dipropionato è un steroide di
nuova generazione, a rapida metabolizzazione epatica
e conseguente bassa biodisponibilità. Per tale motivo
presenta una netta riduzione degli effetti collaterali sistemici tipici degli steroidi tradizionali (2,3,4). Le sue
proprietà farmacocinetiche ne determinano il massimo rilascio a livello del tenue distale e del colon prossimale.
In relazione a quanto scritto, secondo gli autori il
beclometasone dipropionato potrebbe rappresentare,
ovviamente in casi selezionati, una valida alternativa
all’uso degli steroidi tradizionali nella terapia della enterite eosinofila.
Bibliografia
1. Talley NJ, Shorter RG, Phillips SF, et al. Eosinophilic gastroenteritis: a clinicopathological study of patients with disease of the mucosa, muscle layer, and subserosal tissues. Gut
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2. Rizzello F, Gionchetti P, D’ Arienzo A, et al. Oral Beclometasone dipropionate in the treatment of active ulcerative colitis: a double – blind placebo – controlled study. Aliment
Pharmacol Ther 2002; 16 (6): 1109-16
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Un caso di IBD ad esordio in età geriatrica
Nicoletta Orzes, Elvio Benedetti
S.O.S. Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva - Ospedale Civile di Gorizia A.S.S. n.2 “Isontina”
Introduzione
La malattia infiammatoria cronica intestinale nei
soggetti di età superiore ai 60 anni può rappresentare
una vera sfida diagnostica per le numerose altre patologie ad elevata incidenza in questa popolazione di pazienti, quali malattia diverticolare, neoplasie, colite
ischemica, colite indotta da farmaci anti-infiammatori non steroidei.
Queste patologie possono infatti presentare all’esordio un quadro clinico, radiologico, endoscopico e
istologico che può essere simile alle malattie infiammatorie croniche intestinali (I.B.D.) e pertanto necessitano di un’accurata e tempestiva diagnosi differenziale.
Caso clinico
C.G., maschio, nato nel 1931, viene ricoverato
nel Giugno 2007 ( a 76 anni) per diarrea insorta da 6
settimane, con 4-8 scariche/die, anche notturne, associate a dolori crampiformi, senza tracce ematiche né
mucorrea. Non riferisce iperpiressia né presenta nausea o vomito; è presente un calo ponderale di 5 kg in 6
settimane (BMI 28).
C.G. é un pensionato, ex camionista, ha 2 figli sani, non fuma da 10 anni, beve 3/4 lt di vino/die.
Nega allergie a farmaci e/o alimentari e non ha
familiarità per K colon-retto.
Non ha compiuto viaggi all’estero negli ultimi 5
anni e non ha assunto farmaci nelle settimane precedenti l’esordio dei sintomi.
L’anamnesi patologica remota evidenzia malaria a
16 anni; appendicectomia a 18 anni; infarto del miocardio a 64 anni con successiva angioplastica coronarica a 65 anni.
È affetto da aneurisma dell’aorta addominale sottorenale delle dimensioni di 5.5 cm (lume 3.2 cm) x 6
cm e da iperuricemia.
Assume terapia con Isosorbide nitrato 20 mg x2,
Cardioaspirina 100 mg/die, Allopurinolo 300 mg/die.
Al ricovero, gli esami ematochimici evidenziano
PCR 14.9 mg/dL (v.n.0.1-0.5), VES 56, lieve anemia
ipocromica microcitica (Hb 11.6 gr/dl), non leucocitosi.
La coprocoltura, anche per ricerca della tossina
del Clostridium difficilis è negativa.
ASCA IgA e IgG, p-ANCA, E.M.A. e anticorpi
antitransglutaminasi IgA e IgG sono assenti.
Normali l’ elettroforesi proteica, la funzionalità
epatica, pancreatica e renale, il dosaggio della cromogranina A, la glicemia , la funzionalità tiroidea (TSH,
FT4, FT3) e l’esame urine.
L’ Ecografia addome e la Radiografia del torace
sono nella norma.
Esegue colonscopia (condotta fino al colon trasverso e sospesa per sintomatologia dolorosa) con diagnosi di”alcuni diverticoli al sigma con mucosa peridiverticolare iperemica e ulcerata e ,in tutto il colon
esplorato, di lesioni ulcerative a fondo fibrinoso ovalari, in parte confluenti con iperemia della mucosa e
scomparsa del reticolo vascolare; ampolla rettale priva
di ulcerazioni, con mucosa iperemia”.
Le biopsie seriate evidenziano “mucosa colica ulcerata, con flogosi cronica attiva moderata, microa-
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scessi, deplezione mucipara: quadro istologico suggestivo per IBD, con aspetti prevalenti di Rettocolite ulcerosa”.
Viene iniziata terapia con metilprednisolone 60
mg ev per 10 giorni seguito da Deltacortene 75
mg/die + mesalazina 800 t.i.d. per os+ beclometasone
Dipropionato 3 mg/60ml Sospensione Rettale.
Viene dimesso dopo 15 giorni (alvo regolare e
PCR 1.2 mg/dL) con diagnosi di “Malattia infiammatoria intestinale (aspetti prevalenti di RCU).” e terapia
con deltacortene 75 mg a scalare, mesalazina 800 mg
t.i.d. per os+ beclometasone Dipropionato 3 mg/60ml
Sospensione Rettale.
Nell’ Agosto 2007 C.G. viene nuovamente ricoverato per recidiva della sintomatologia (diarrea e algie
crampiformi), alla sospensione del deltacortene. PCR
6.2 mg/dL, Proteine tot. 6.30 gr/dL, albumina 2.87
g/dL, FOBT+. Peso stabile.
Esegue Colonscopi+ biopsie (fino al cieco, ileo
non esplorato per edema e rigidità della valvola ileocecale) che evidenzia “Presenza di lesioni intermittenti con ulcere a fondo fibrinoso, confluenti e mucosa
con aspetti pseudopolipoidi al cieco/colon ascendente/trasverso/discendente. Sigma con alcuni diverticoli
con mucosa peri-diverticolare regolare (non segni di
flogosi); retto con mucosa e reticolo vascolare regolari.” All’esame istologico:”mucosa colica con rarefazione ed irregolarità delle cripte, edema e infiltrato flogistico costituito da linfociti, plasmacellule e granulociti
a netta prevalenza eosinofila; non microascessi: quadro
istologico di IBD (con aspetti prevalenti di malattia di
Crohn)”.
Esegue ecografia addome e clisma del tenue che
risultano nella norma.
Riprende quindi la terapia con metilprednisolone
ev e successivamente a domicilio con deltacortene 75
mg a scalare e mesalazina 800 mg x3 per os; viene sospeso il beclometasone 3 mg per via rettale.
Alla sospensione della terapia steroidea (Ottobre
2007 ) C.G. manifesta nuovamente presenza di rettorragia e viene ricoverato in day hospital.
Esegue colonscopia fino alla flessura epatica (intolleranza del paziente) con evidenza di “ mucosa iperemica ed edematosa al retto, sigma e colon discendente, con scomparsa del reticolo vascolare e riduzione delle pliche australi; al colon trasverso presenza di
N. Orzes, E. Benedetti
brevi tratti con ulcerazioni non confluenti e di pseudo
polipi, alternati a zone di mucosa normale; non sanguinamento in atto né tracce ematiche .” Esame istologico: “tessuto di granulazione con spiccata flogosi
acuta e cronica”.
Viene dimesso con diagnosi di “malattia infiammatoria intestinale cronica di tipo indeterminato a localizzazione colica a verosimile steroido-dipendenza
associata a diverticolosi del sigma” e terapia con mesalazina 3.2 gr/die e BDP 10 mg/die per 1 mese, poi 5
mg/die per 3 mesi.
La terapia porta a una normalizzazione dell’alvo
e degli indici di flogosi.
Ai “tentativi” di sospensione della terapia con beclometasone orale C.G. riferisce ricomparsa di moderate algie crampiformi associate a 2-3 scariche/die di
feci molli, senza sangue né muco.
Non viene instaurata terapia immunosoppressiva
con azatioprina per le possibili interazioni con
l’assunzione di allopurinolo né terapia con anti-TNF
alfa per il grado lieve/moderato di presentazione della
malattia. Si decide quindi di proseguire con il beclometasone orale alla dose di “mantenimento” di 5
mg/die con rivalutazione clinica e biochimica ogni 3
mesi per 1 anno.
Viene eseguita D.E.X.A. che risulta nella norma.
La terapia viene condotta con buona compliance
e senza effetti collaterali.
Ai successivi controlli C.G. è sempre asintomatico, con alvo regolare ed esami ematochimici nella norma (Hb 16.3 gr/dL, PCR normale e proteine totali
7.41 g/dL), peso stabile (BMI 26), Pressione arteriosa
nella norma e buone condizioni generali.
Ad Ottobre 2008 esegue colonscopia totale (follow-up) che non evidenzia di segni di flogosi nè ulcerazioni; la mucosa è regolare con reticolo vascolare
normorappresentato; al colon trasverso prossimale
presenza di 2 pseudopolipi (3-4 mm) (es.istologico su
pseudopolipi e biopsie seriate: flogosi cronica aspecifica). L’alvo è regolare e gli esami ematochimici nella
norma.
Alla visita di controllo del Dicembre 2009, C.G.
è ancora asintomatico, con alvo regolare, BMI 26; esami ematochimici: Hb 15.9 g/dL, proteine totali 6.90
g/dL e albumina 3.76 g/dL, PCR 0.3/0.5, VES 22,
cortisolemia 13 microgr/dl (v.n. 5-25 ugr/dl), funzio-
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Un caso di IBD ad esordio in età geriatrica
Tabella 1. Incidenza e caratteristiche epidemiologiche della Rettocolite Ulcerosa e del Morbo di Crohn in pazienti di età <60 e di
età > 60 anni (5)
Morbo di Crohn
Rettocolite Ulcerosa
> 60 anni
< 60 anni
p
> 60 anni
< 60 anni
p
Incidenza annuale /100.000 ab.
3.4
4.8
0.18
4.5
3.4
0.23
% fra tutte le forme di IBD
38
54
0.04
50
39
0.15
Femmine/maschi
1.3
1.6
0.84
0.7
0.5
0.55
66.8 (60-84)
30.3 (15-54)
-----
68.4 (61-80)
34.3 (13-59)
-----
7.5 (1-24)
6.0 (1-24)
0.17
5 (1-24)
8.5 (1.24)
0.52
Età media alla diagnosi (range)
Durata media (mesi) dei sintomi
prima della diagnosi
nalità renale, epatica , glicemia ed esame urine nella
norma, Pressione arteriosa 155/80. La Densitometria
Ossea è normale.
In relazione alle condizioni cliniche soddisfacenti e stabili, al quadro endoscopico ed istologico e all’assenza di effetti collaterali si decide di proseguire il
mantenimento con BDP os 5 mg/die associato a mesalazina 800 t.i.d.
Discussione
Le malattie infiammatorie intestinali hanno prevalentemente il loro esordio clinico nella seconda e
terza decade di vita. Un secondo picco di incidenza è
stato descritto, anche se non in modo univoco, nell’età
compresa tra 60 e 80 anni, sia per la retto colite ulcerosa che per il Morbo di Crohn. (1,2)
Il 15% dei pazienti a cui viene diagnosticata una
malattia infiammatoria intestinale ha più di 60 anni e,
tra questi, la metà dei casi viene diagnosticata tra i 60
e i 69 anni d’età. Questo vale per tutte le forme di
I.B.D. (3)
L’incidenza annuale delle IBD in soggetti di età
superiore ai 60 anni è di 2.3 per 105 della popolazione generale (4). L’incidenza globale è simile tra soggetti di età inferiore e maggiore di 60 anni (9/100.000
abitanti vs 8.8/100.000) (5). (Tabella n.1)
Per quanto riguarda la distribuzione tra rettocolite ulcerosa (RCU), Morbo di Crohn (CD) e colite indeterminata (IC) nei soggetti con diagnosi di IBD in
età >60 e <60 anni, si evidenzia una minor incidenza
di CD nei pazienti più anziani (38% vs 54%) e una
maggiore, anche se non significativa, incidenza di
RCU (50% vs 39%). La colite indeterminata non presenta significativa differenza tra le due popolazioni di
soggetti (12% vs 7%) (5). (Tabella n.2)
L’elevata incidenza nei soggetti di età superiore ai 60
anni di patologie quali la malattia diverticolare, le neoplasie, la colite ischemica, la colite indotta da farmaci anti-infiammatori non steroidei può rendere più difficile la
definizione diagnostica nei pazienti affetti da IBD.
Studi recenti (6,7) hanno dimostrato che, nonostante nei pazienti anziani la presentazione clinica e la
prognosi della malattia infiammatoria siano generalmente più favorevoli che nei pazienti giovani,
l’outcome “in toto” è generalmente peggiore, sia per la
RCU che per il CD, soprattutto per l’aumentata incidenza di complicanze vascolari e, nei pazienti che necessitano di terapia chirurgica, per il decorso postoperatorio più complicato che nelle IBD diagnosticate in età giovanile.
Tuttavia, nella RCU l’età maggiore di 65 anni alla diagnosi non sembra essere associata a più alti tassi
di mortalità, rispetto alla diagnosi in età giovanile (8),
mentre i dati sul CD sono ancora controversi (9). È
Tabella 2. Distribuzione (%) tra Rettocolite Ulcerosa (RCU),
Morbo di Crohn (CD) e Colite Indeterminata (IC) in pazienti di età <60 anni e >60 anni con diagnosi di I.B.D. (5)
< 60
> 60
p
RCU %
39
50
No sign
CD %
54
38
0.04
IC %
7
12
No sign
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possibile che nel CD diagnosticato negli over 65 ci sia
una maggior mortalità rispetto alla RCU ; il rischio
sembra non essere comunque significativo ed è presente soprattutto in pazienti fumatori (10).
Uno studio del 2009 (7) ha dimostrato che il tasso di ricoveri ospedalieri nei pazienti con IBD è minore nei pazienti con diagnosi in età > 65 rispetto a
quelli con diagnosi tra 18 e 64 anni , sia per la RCU
(33% vs 62%) che per il CD (22% vs 75%). La RCU
diagnosticata in età avanzata tende a localizzarsi prevalentemente al colon discendente e al retto-sigma
(11) e questo rende a volte difficile la diagnosi differenziale con altre cause di flogosi, quali diverticolite,
colite ischemica, colite da NSAIDs.
Il CD nel 66% ha localizzazione esclusivamente
colica, a differenza di quanto accade nelle diagnosi in
età giovanile, in cui la localizzazione esclusivamente
colica rispetto a quella ileo-colica o ileale è presente
nel 32% dei pazienti (4). La prevalenza di localizzazione colica rende la prognosi del CD nell’età avanzata significativamente più favorevole.
Un’associazione significativa è stata riportata tra
CD e diverticoli (18-50% dei casi) (12). Questa associazione può fuorviare la diagnosi nei casi di malattia
diverticolare complicata da flogosi, fistole e associata
ad aspetti di flogosi granulomatosa (13).
Non c’è invece differenza nella prevalenza delle
diverse manifestazioni cliniche fra esordio in età anziana o giovanile; la RCU si manifesta in entrambi i
casi con diarrea, rettorragia, dolori addominali e il CD
con diarrea e calo ponderale, a volte con episodi sub
occlusivi (3).
Nei pazienti over 65 anni la c.d. “colite indeterminata” è presente nei pazienti over 65 nel 12% dei casi (5).
Nel caso clinico presentato, il paziente aveva manifestazioni cliniche, endoscopiche e istologiche suggestive, in
tempi diversi, sia per RCU che per CD, non associate a
sicura flogosi ad origine dalla diverticolosi.
Le scelte terapeutiche nei pazienti >60 anni non
si discostano dai protocolli in uso per i pazienti di età
giovanile, sia per quanto riguarda la scelta della mesalazina nelle forme lievi/moderate che per gli steroidi e
i farmaci immunosoppressori nelle forme moderate/severe.
Benché siano ancora pochi gli studi clinici di
confronto tra le due classi di pazienti, i dati riportano
N. Orzes, E. Benedetti
negli over 65 una soddisfacente risposta clinica a tutte
queste classi di farmaci (14)
Anche per le terapie con farmaci anti-TNFalfa non
c’è evidenza attuale che l’efficacia sia correlata e/o modificata dall’età del soggetto e/o dall’età alla diagnosi. Nei
soggetti anziani infliximab non è associato a maggior
mortalità o maggior rischio di infezioni opportunistiche
severe rispetto ai soggetti in età giovanile (15).
Particolare attenzione deve essere posta alla somministrazione di steroidi nei soggetti over 65 anni per
la maggior incidenza di effetti collaterali, quali osteoporosi, fratture, depressione,diabete, ipertensione arteriosa. In questa categoria di pazienti la prevalenza di
osteporosi indotta dalla terapia steroidea è del 15%
(16). Nei pazienti che necessitano terapia steroidea, la
Crohn’s and Colitis Foundation of America raccomanda di eseguire uno studio del metabolismo osseo
con D.E.X.A. (Dual-Energy-X-ray Absorptiometry)
alla diagnosi e dopo 12 e 18 mesi sia nella RCU che
nel CD (17).
Nel caso clinico presentato, il paziente aveva manifestato una steroido-dipendenza nei primi 6 mesi
dopo la diagnosi, come in un terzo dei pazienti affetti
da IBD entro il primo anno dall’insorgenza della patologia (18).
La terapia con immunosoppressori non è stata
considerata applicabile, per la possibile tossicità dell’associazione azatioprina-allopurinolo, dovuta all’inibizione specifica dell’enzima xantina ossidasi da parte
dell’allopurinolo.
Pur considerando le linee guida internazionali a
riguardo dell’uso dei farmaci biologici anti-TNFa, in
relazione all’attività lieve/moderata della malattia infiammatoria nel paziente C.G. è stata attuata la scelta
terapeutica di una formulazione di steroide “non-sistemico”, quale il beclometasone diproprionato (BDP)
gastro-resistente a rilascio modificato, anche in base
alla miglior compliance espressa dal paziente ad una
somministrazione orale e a una ottima tollerabilità del
farmaco (19).
In relazione all’efficacia del BDP nell’induzione
della remissione clinica, endoscopica ed istologica del
paziente e alla steroido-dipendenza, si è deciso di instaurare un trattamento “di mantenimento” con BDP
5 mg/die, con monitoraggio della funzione surrenalica, della pressione arteriosa e del metabolismo osseo.
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Un caso di IBD ad esordio in età geriatrica
Benché questa opzione terapeutica debba essere
ancora validata per efficacia e sicurezza in studi clinici
controllati, nel paziente C.G. questa scelta si è rivelata finora, dopo un follow-up di 2 anni, in grado di indurre e mantenere in remissione la malattia infiammatoria cronica intestinale, senza effetti collaterali, anche
in considerazione dell’età e delle patologie vascolari e
metaboliche del paziente.
Bibliografia
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Il
unto...
in breve
Proctite attinica, trattamento
con mesalazina e beclometasone
dipropionato per uso topico:
due casi clinici
R. Calabria, R. Colace, V. Crocco, G. Gallo, R. Sacco
Proctite attinica, trattamento con mesalazina e
beclometasone dipropionato per uso topico:
due casi clinici
Proctite attinica = insulto ossidativo indotto dalle radiazioni
pertanto dovrebbe essere preferito il termine di “proctopatia attinica cronica” o
CRP - Chronic Radiation Proctopathy
La proctite attinica interessa circa il 75% dei pazienti sottoposti a radioterapia
pelvica e può insorgere in forma acuta o sub-acuta dopo 2-4 settimane dall’inizio del trattamento.
Tale quadro clinico tende a risolversi spontaneamente entro 4-6 settimane mentre, nel 10-20% dei casi la proctite
cronicizza, con sintomi che possono manifestarsi tardivamente comparendo da tre settimane ad oltre un anno dalla
sospensione del trattamento radioterapico.
Le manifestazioni cliniche della CRP
•
•
•
•
Diarrea
Incontinenza fecale
Tenesmo
Proctorragia
• Raramente tale condizione clinica può
evolvere nello sviluppo di stenosi e/o fistole con
gli organi adiacenti
nei casi più gravi
La terapia della CRP
obiettivo principale = evitare la proctorragia e
controllare il quadro sintomatologico
•
Terapia medica
Trattamento di prima istanza anche se aspecifico
(anti-infiammatori impiegati contro il danno da radiazioni),
facilmente gestibile dal paziente
•
Trattamento endoscopico
anti-sanguinamento
(coagulazione bipolare, laser,
Argon Plasma Coagulation - APC)
Risultati molto soddisfacenti, controllo emorragia 65-100%
•
Trattamento chirurgico
(diversione o asportazione del retto)
Riservato a casi estremi e refrattari
Scopo di questo lavoro è quello di
descrivere l’efficacia del trattamento
della proctite attinica con associazione
farmacologica di mesalazina 1,5 g
granulato per sospensione rettale e
beclometasone dipropionato 3 mg
sospensione rettale miscelati insieme
in clismi da somministrare in unica
applicazione giornaliera per 30 giorni.
casi clinici
Due casi selezionati dalla casistica del Servizio di Endoscopia Chirurgica dell’U.O. di Chirurgia
Generale e d’Urgenza del Policlinico Mater Domini di Catanzaro, alla luce della diversa patologia di
base e del differente approccio radioterapico.
Caso clinico 1
Caso clinico 2
-
-
Anni 68
Sesso maschile
Affetto da adenocarcinoma del retto moderatamente differenziato
Sottoposto a radio-chemioterapia neoadiuvante in previsione di
intervento chirurgico = Radioterapia Conformazionale (3D-CRT) a
fasci esterni sulla pelvi (dose erogata di 5000 cGy a un frazionamento di 200 cGy/die ed un’energia dei fasci di 18 fotoni MV)
- Dopo circa sei mesi dalla sospensione del trattamento radiante il
paziente riferiva:
• la comparsa di dolore e bruciore ano-rettale
• tenesmo con ripetuti episodi di rettorragia
per tale motivo ha eseguito una retto-sigmoidoscopia di controllo che ha evidenziato un quadro endoscopico caratterizzato da “mucosa del
retto diffusamente iperemica” compatibile con quadro di CRP
Anni 64
Sesso maschile
Affetto da carcinoma prostatico
Sottoposto a radioterapia post-prostatectomia radicale = trattamento radioterapico con tecnica 3D conformazionale (fotoni 6 MV)
su loggia prostatica per una dose totale di 70 Gy ad una dose frazione/giornaliera di 200 cGy
- Ad un anno circa dalla sospensione del trattamento radioterapico il
paziente si rivolge al nostro servizio di endoscopia per:
• grave proctorragia
• esame endoscopico: presenza di “mucosa edematosa, facilmente sanguinante al contatto con lo strumento endoscopico, con
angiodisplasie sanguinanti” compatibile con un quadro di CRP
severa (figura 1)
Terapia
Un ciclo di terapia con mesalazina granulato per sospensione rettale 1,5 g + beclometasone dipropionato
sospensione rettale 3 mg/60 ml miscelati insieme in clisma somministrato in unica dose giornaliera per 30 giorni
Risultati della terapia
Risultati della terapia
- Sostanziale miglioramento del quadro endoscopico (controllo
con retto-sigmoidoscopia)
- Notevole miglioramento del quadro sintomatologico con scomparsa della sintomatologia dolorosa, del tenesmo rettale e
della proctorragia
- Netto miglioramento delle condizioni locali
endoscopico (figura 2)
- Totale remissione della sintomatologia
controllo
Successo della terapia
RIDUZIONE DELLA SINTOMATOLOGIA
+
MIGLIORAMENTO DEL QUADRO ENDOSCOPICO
La scomparsa degli episodi di rettorragia e del dolore ano-rettale rappresenta un risultato particolarmente significativo anche alla
luce della buona tollerabilità del trattamento che ha garantito una OTTIMA COMPLIANCE e un elevato grado di aderenza al
trattamento.
Ciò, a nostro avviso è legato alla semplicità del regime terapeutico che non ha richiesto sostanziali cambiamenti
comportamentali del paziente in quanto l’applicazione del clisma è stata effettuata alla sera al momento di coricarsi.
Figura 1. Caso 2,
endoscopia prima del
trattamento: quadro
di CRP severa
Trattamento topico
con mesalazina 1,5 g
+ beclometasone
dipropinato 3 mg
miscelati insieme
in clisma in unica
dose giornaliera
1 ciclo di 30 giorni
Figura 2. Caso 2,
endoscopia dopo il
trattamento: netto
miglioramento con
totale remissione
della sintomatologia
Buona compliance
Mancanza di effetti collaterali significativi
Efficacia
VANTAGGIO SIGNIFICATIVO SULLA QUALITÀ DI VITA DEL PAZIENTE
Conclusioni
A tutt’oggi non esiste un trattamento d’elezione per la CRP e che l’approccio
terapeutico è a discrezione dell’operatore, in funzione del quadro endoscopico e
della sintomatologia.
Nell’esperienza riportata, basata su un rilevante numero di pazienti, abbiamo utilizzato l’associazione di mesalazina granulato per sospensione rettale e
beclometasone dipropionato per uso topico.
La combinazione dei due farmaci applicati direttamente nel retto ha lo scopo di
amplificare l’effetto terapeutico di entrambi direttamente sulla mucosa lesa risparmiando allo stesso tempo gli effetti sistemici di tali farmaci su organismi già provati da terapie antiblastiche.
Su tutti i pazienti a fine ciclo di terapia abbiamo effettuato un controllo endoscopico che ci ha consentito di costatare un netto miglioramento del quadro endoscopico e, soprattutto, una remissione della
proctorragia e del quadro sintomatologico.
11-Istruzioni gastroent:03-Istruzioni gastroent
I S T R
QUADERNI
9-09-2010
9:47
Pagina 40
P E R
G L I
A U T O R I
A C TA B I O M E D I C A - G A S T R O E N T E R O L O G I A
U Z I O N I
DI
Acta Bio Medica è la rivista ufficiale della Società di Medicina e Scienze
Naturali di Parma.
I Quaderni di Acta Bio Medica dedicati alla Gastroenterologia pubblicano principalmente case-reports, saranno inserite occasionalmente reviews
e lavori originali dedicati a quest’area della Medicina.
I dattiloscritti devono essere accompagnati da una richiesta di pubblicazione e da una dichiarazione firmata degli autori che l’articolo non è stato
inviato ad alcuna altra rivista, né che è stato accettato altrove per la pubblicazione. Tutti i lavori sono soggetti a revisione e si esortano gli autori ad
essere concisi. I manoscritti dovranno essere inviati a:
Dr.ssa Anna Scotti
Quaderni Acta Bio Medica - Gastroenterologia
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• Dipartimento o Istituto dove è stato condotto il lavoro
• Nome e indirizzo dell’autore a cui deve essere inviata la corrispondenza
relativa al manoscritto. Deve essere indicato inoltre numero di telefono,
fax ed indirizzo e-mail
• Un running title di non più di 40 caratteri
COME SCRIVERE UN CASE REPORT
La caratteristica chiave del case report è quella di aiutare il lettore a riconoscere e a trattare un problema simile, se mai dovesse ripresentarsi. Utilizzare un linguaggio chiaro e senza ambiguità, per presentare il materiale in
modo che il lettore abbia una chiara visione di:
-cosa è successo al paziente
-la cronologia di questi eventi
-perché il trattamento è stato eseguito in base a quei determinati concetti.
Cosa descrivere?
Osservare e pensare alla pratica clinica, vi sono molti casi rari o insoliti che
possono meritare una descrizione. La rarità non è però di per se stessa motivo sufficiente di pubblicazione, il caso deve essere speciale e avere un
“messaggio” per il lettore; può servire a fornire la consapevolezza della condizione in modo tale che la diagnosi possa essere più facile in futuro o come una linea di trattamento possa essere più adatta di un’altra.
Il ruolo dei case report è di stabilire un specie di “precedente giudiziario” per
malattie relativamente rare.
Un altro gruppo è quello dei casi associati a condizioni inusuali, anche sconosciute, che possono avere priorità diverse nel loro trattamento.
Come descrivere?
Titolo: Il titolo dovrebbe essere corto, descrittivo e capace di attirare
l’attenzione. Se il titolo di un case report contiene troppi dati il lettore potrebbe avere la sensazione che esso abbia spiegato tutto quello che c’è da
sapere.
Introduzione: Solitamente si tende a scrivere una breve storia della malattia, ma questo materiale può essere inserito nella discussione. Il report può
cominciare semplicemente con la descrizione del caso.
Descrizione del caso: Il report deve essere cronologico e descrivere adeguatamente la presentazione, i risultati dell’esame clinico e quelli degli accertamenti prima di andare avanti e descrivere l’evoluzione del paziente.
La descrizione deve essere completa, accentuare le caratteristiche positive senza oscurarle in una massa di rilievi negativi. Considerare quali domande potrebbe fare un collega e assicurarsi che vi siano risposte chiare
all’interno del report. Le illustrazioni possono essere utili.
Discussione del caso: Lo scopo principale della discussione è di spiegare come e perché sono state prese le decisioni e quale insegnamento è stato recepito da questa esperienza. Possono essere necessari alcuni riferimenti bibliografici ad altri casi, bisogna evitare tuttavia di produrre una review.
Lo scopo deve essere di definire e dettagliare il messaggio per il lettore.
Il case report renderà chiaro come un caso analogo dovrebbe essere trattato in futuro.
REVIEWS- LAVORI ORIGINALI
Articoli originali: comprendono lavori che offrono un contributo nuovo o
frutto di una consistente esperienza, anche se non del tutto originale, in un
determinato settore. Devono essere completi di Riassunto e suddivisi nelle seguenti parti: Introduzione, Obiettivi, Materiale e Metodi, Risultati,
Discussione e Conclusioni. Nella sezione Obiettivo deve essere sintetizzato con chiarezza l’obiettivo del lavoro, vale a dire l’ipotesi che si è inteso verificare; nei Metodi va riportato il contesto in cui si è svolto lo studio
(Ospedale, Centro Specialistico…), il numero e il tipo di soggetti analizzati, il disegno dello studio (randomizzato, in doppio cieco…), il tipo di
trattamento e il tipo di analisi statistica impiegata. Nella sezione Risultati
vanno riportati i risultati dello studio e dell’analisi statistica. Nella sezione
Conclusioni va riportato il significato dei risultati soprattutto in funzione
delle implicazioni cliniche.
Review: devono essere inerenti ad uno specifico argomento e permettere al
lettore uno sguardo approfondito sul tema, offrendo una panoramica nazionale ed internazionale delle ultime novità in merito. L’autore deve offrire un
punto di vista personale basato su dati di letteratura ufficiali. Dovrà essere
suddiviso in Introduzione, Discussione e Conclusione e completo di Riassunto. La bibliografia citata dovrà essere particolarmente ricca.
ILLUSTRAZIONI. È responsabilità dell’autore ottenere il permesso
(dall’autore e dal possessore dei diritti di copyright) di riprodurre illustrazioni, tabelle, ecc, da altre pubblicazioni. Stampe o radiografie devono essere chiare.
Le TABELLE dovranno essere numerate consecutivamente con numeri
romani contraddistinte da un titolo.
Le VOCI BIBLIOGRAFICHE dovranno essere numerate secondo
l’ordine di citazione nel testo; quelle citate solamente nelle tabelle o nelle
legende delle figure saranno numerate in accordo con la sequenza stabilita
dalla loro prima identificazione nel testo. La lista delle voci bibliografiche
deve riportare il cognome e l’iniziale del nome degli Autori (saranno indicati tutti gli autori se presenti 6 o meno; quando presenti 7 nomi o più, indicare solo i primi 3 e aggiungere “et al.”), il titolo del lavoro, il nome della rivista abbreviato in conformità dell’Index Medicus, l’anno di pubblicazione, il volume e la prima e l’ultima pagina dell’articolo, Esempio: Fraioli P., Montemurro L., Castrignano L., Rizzato G.: Retroperitoneal Involvement in Sarcoidosis. Sarcoidosis 1990; 7: 101-105. Nel caso di un libro, si indicheranno nel medesimo modo il nome degli Autori, il titolo, il numero
dell’edizione, il nome dell’Editore, il luogo di pubblicazione, il numero del
volume e la pagina. Nessun addebito verrà effettuato per foto in bianco e
nero. Comunicazioni personali non dovrebbero essere incluse in bibliografia ma possono essere citate nel testo tra parentesi.
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Registrazione del Tribunale di Parma n° 253 del 21/7/1955
Finito di stampare: Settembre 2010
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