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Lunedì 22 settembre 2014
VENERDÌ E SABATO
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a pagina 21
ALL’ESAME DELLA PROCURA LA TRAGEDIA CHE HA AVUTO COME VITTIMA UNA CERANESE DI 66 ANNI
Le negano un farmaco e lei muore
Maria Antonietta Del Zoppo era malata da quattro anni di mesotelioma pleurico
n «Le azioni della mia famiglia sono dettate dall’esigenza
di giustizia e di chiarezza, oltre
che dalla speranza che quanto
è accaduto a mia madre non
debba ripetersi più per nessun
malato: a lei, dopo mesi di attesa, è stato negato un farmaco
che, se non fosse addirittura
riuscito a prolungare la sua
aspettativa di vita, sicuramente le avrebbe risparmiato tante
sofferenze. E anche a noi».
Sono piene di amarezza le parole di Beppe Cusaro, figlio di
Maria Antonietta Del Zoppo,
la sessantaseienne ceranese
scomparsa il 10 settembre a
causa di un mesotelioma pleurico che le era stato diagnosticato dagli oncologi dell’Azienda ospedaliero-universitaria
“Maggiore della Carità”di Novara quattro anni e mezzo fa.
Insieme con il figlio di una paziente lombarda che ha vissuto
un’analoga vicenda, Cusaro ha
presentato un esposto alla
Procura di Vercelli e diffide al
personale Asl Vc «per verificare – ha rimarcato il quarantaduenne ceranese anche a nome della sorella Sandra – le
eventuali responsabilità per
quanto riguarda l’aggravamento della patologia di mia
madre in relazione ai tempi di
cura». Ad assistere Cusaro e la
sua famiglia in questa battaglia
è il legale romano Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, specializzato in cause di difesa dei lavoratori esposti all’asbesto e
delle sue vittime.
«A mia madre – ha spiegato – è
stato solo tardivamente riconosciuto il diritto di curarsi
con la gemcitabina (un farmaco chemioterapico antineoplastico somministrabile per
via endovenosa, ndr), terapia
che ci era stata consigliata in
primavera dall’oncologo Luciano Mutti, presidente del
Gruppo italiano Mesotelioma
e tra i più attivi ricercatori a livello internazionale, al quale
ci eravamo rivolti dopo che
mia madre aveva affrontato un
primo e avviato un secondo ciclo di chemio a Novara (interrotto per dirottare la paziente
«alle cure palliative: ma noi
avevamo scelto di lottare fino
all’ultimo», ndr). Ci era stato
quindi consigliato di rivolgerci al professor Mutti, nativo di
Borgosesia, che ci ha messi subito in contatto con il dottor
Domenico Manachino, oncologo e responsabile Centro Accoglienza e Servizi di Vercelli e
Borgosesia, il quale aveva a sua
volta manifestato condivisione rispetto al parere del collega
sul trattamento consigliato,
ma che doveva rimandare la
decisione per la distribuzione
del farmaco alla Commissione
medica in quanto la gemcitabina non rientra abitualmente
nei protocolli terapeutici del
mesotelioma. La Comissione
si è negativamente pronunciata il 10 luglio: solo dopo un ulteriore intervento del professor Mutti, il dottor Manachino
ha dichiarato la terapia possibile. Mia madre - ha detto Cusaro - avrebbe dovuto fare una
Tac il 18 agosto e cominciare
quindi la terapia: purtroppo
non c’è stato il tempo, perché è
sopravvenuto un peggioramento repentino del suo stato
di salute, con tanto di ricovero
all’ospedale “San Rocco” di
Galliate - dove ancora in giugno ci avevano detto che il mesotelioma era “fermo”, consigliandoci di rivolgerci alla
Struttura
di
Oncologia
dell’Aou “Maggiore della Carità” di Novara – e due visite al
Pronto soccorso novarese (alla prima è seguita la degenza di
una notte, alla seconda una dimissione dopo un paio d’ore,
ndr) a causa di un blocco inte-
stinale, risolto quindi durante
il successivo ricovero di circa
tre settimane all’ospedale di
Borgosesia. Questa situazione
è stata un viaggio di non ritorno: mia mamma è morta in casa sua senza che per lei si potesse fare più nulla che non fosse
l’assistenza del personale delle
Cure palliative, iniziata il giorno prima del suo decesso…».
Il lutto è difficilissimo da accettare, ma «ancor più difficile
– ha commentato a conclusione Cusaro – è il fatto che ci sia
stata una corsa contro il tempo
resa vana dalla mancanza di
un’autorizzazione su una procedura, decisione che è poi stata revocata. Troppo tardi per
mia madre. E per tutti noi».
Lalla Negri
Escursionista precipita e muore
Novara Calcio: il gol dell’ex
in montagna sotto gli occhi del figlio fa male. Una doppietta, poi...
n E’ precipitato, sotto gli
occhi del figlio. Ennesima
tragedia della montagna
ieri pomeriggio al Passo
del Busin, in Alta Val Formazza. L’incidente è accaduto attorno alle 18,30:
padre e figlio, di nazionalità svizzera, erano impegnati dal mattino in
un’escursione, che per
l’uomo, un settantaquattrenne, si è purtroppo rivelata fatale. E’ infatti caduto nel vuoto, facendo un
volo di molti metri. Sul posto, l’elisoccorso del 118
da Borgosesia, che non ha
potuto far altro che recuperare la salma dell’escur-
sionista svizzero e trasportarla fino all’ospedale di
Villadossola. A riaccompagnare a valle il figlio – in
stato di shock – sono invece state le squadre a piedi
della Decima delegazione
Valdossola del Soccorso
Alpino.
Marco De Ambrosis
PROTESTA CONTRO LA SOPPRESSIONE DELLA NOVARA-VARALLO
A piedi per dire
no al “taglio”
n A piedi da Varallo Sesia a
Novara contro la soppressione della tratta ferroviaria
che dall'Alta Valsesia porta
al capoluogo novarese: zaino in spalla, sono partiti in
una ventina, di buon'ora,
domenica 20, per dare vita a
quest'originale forma di
protesta.
a pag. 2
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EGO FRIENDLY.
n Il gol dell’ex è quanto di peggiore possa capitare ad una squadra di calcio, soprattutto quando arriva in una gara che ha il sapore di un “quasi” derby, come quella di sabato tra Pro Patria
e Novara. Se addirittura l’ex realizza una doppietta, diventando il beniamino del pubblico
bustocco, allora l’amaro in bocca diventa fiele. Così Alain Baclet (nella foto di Novaracalcio.com) ha consumato, allo “Speroni”, la sua vendetta: è andato subito a segno sfruttando un
errore di Freddi e sparando in mezzo alla gambe di Tozzo, per poi risprofondare in quel “beato
torpore” che ha contraddistinto la sua parentesi azzurra.
Sandro Devecchi
Continua a pagina 23
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