rassegna stampa settimanale anapa n. 27 del 24 luglio 2014

 RASSEGNA STAMPA SETTIMANALE ANAPA N. 27 DEL 24 LUGLIO 2014 EDITORIALE Cari Agenti, negli ultimi giorni sono apparsi a più riprese sulla stampa specialistica articoli, a cura di giuristi attenti alle dinamiche del nostro settore (tra i quali anche il consulente legale di ANAPA, Avv. Bullo), relativi alle recenti pronunce del Tribunale di Milano e di Genova che schiudono ulteriori riflessioni in merito all’annosa questione della “titolarità” dei dati dei clienti e dell’utilizzo indebito degli stessi da parte di ex agenti in vista dello sviamento della clientela in favore della nuova compagnia. I Giudici (nel merito quelli di Milano e con un’ordinanza cautelare quelli di Genova) hanno ravvisato una violazione del diritto di proprietà industriale della compagnia sui dati personali e contrattuali dei propri clienti. L’elemento evidente che emerge da tali sentenze non è tanto a chi spetta la titolarità del dato del cliente – atteso che la titolarità dei dati personali è acquisibile dall’agente, mentre i dati contrattuali sarebbero di proprietà della compagnia – ma l’utilizzo che se ne fa, visto che i Giudici considerano violazione della proprietà industriale il reperimento dei dati dagli archivi (database) della compagnia da parte dell’agente per farne un uso volto alla distrazione del portafoglio, indipendentemente dal fatto che l’agente abbia legittimamente acquisito dai clienti l’autorizzazione al trattamento dei loro dati. Appare evidente che questa giurisprudenza collide con alcune delle risultanze emerse dall’indagine Antitrust volta alla rimozione degli ostacoli al plurimandato, visto che l’utilizzo condiviso in tema di hardware/software potrebbe concretizzare le fattispecie di violazione, così come individuate e sanzionate dai Giudici di Milano e di Genova, se il comportamento dell’agente, soprattutto nell’ipotesi di cessazione del mandato con la ex mandante ed attivazione di mandato con la nuova mandante, integri comportamenti suscettibili di essere considerati atti di concorrenza sleale. Le sentenze in commento delineano, ahinoi, un quadro preoccupante per la categoria degli agenti per l’utilizzo dei dati dei clienti, in particolare per coloro i quali, facendo in buona fede affidamento su comunicazioni diffuse anche nel passato più recente, rischiano di mettere in atto comportamenti suscettibili di essere posti all’attenzione dell’autorità giudiziaria. Abbiamo sempre sostenuto che l’acquisizione dei dati personali dell’assicurato ed il loro conseguente trattamento da parte dell’agente, coerentemente con la ratio del D. Lgs n.196/2003, avesse come primaria finalità quella di tutelare la privacy di chi presta il consenso (l’assicurato) e non la facoltà del titolare del trattamento (l’agente) a trattare quei dati personali per finalità diverse da quelle per le quali il consenso è stato prestato. Le sentenze sul punto non lasciano più aperto alcun residuo dubbio e spazzano via, in un sol colpo, anni ed anni di informazioni infondate e fuorvianti. Sulla questione continueremo a monitorare l’evoluzione della giurisprudenza e della normativa, raccomandando a tutti cautela e prudenza, senza lasciarsi incantare dalle sirene demagogiche per evitare di trovarsi di fronte ad inaspettate, ma purtroppo giuridicamente fondate, richieste risarcitorie da parte delle compagnie. Buona lettura. Il consulente generale Antonello Galdi NOTIZIE DAL MONDO ASSOCIATIVO DI CHI È IL CLIENTE DELL'AGENZIA ASSICURATIVA?
FONTE: ASSINEWS (23/07/2014) Il recente provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust) porta ad ulteriori riflessioni anche in merito alla questione della “titolarità” dei dati del cliente, ponendosi, su questo specifico ambito, in aperto contrasto con la sentenza n. 875/2014 del Tribunale di Milano, secondo la quale “tutta la clientela che viene, così procurata, è da considerare patrimonio esclusivo dell’assicuratore per cui essa è stata procurata e, dopo la cessazione dei rapporti, l’agente non può tentare di distrarla a favore di altri assicuratori concorrenti”. Al momento attuale permangono tendenze contrastanti che hanno diverse visioni dell'attività degli intermediari. Da una parte l’Antitrust ritiene che i comportamenti delle compagnie debbano cambiare per favorire la concorrenza attraverso l'attività degli intermediari, che deve essere da stimolo alla competizione sulla qualità e sul prezzo. La domanda è però: come fanno gli intermediari ad essere da stimolo se non possono utilizzare l dati dei clienti in loro possesso? Sul fronte della giurisprudenza sta emergendo un nuovo orientamento che sostiene che i dati dei clienti sono di loro esclusiva e il loro utilizzo da parte degli agenti costituirebbe una violazione del diritto di proprietà industriale della compagnia sui dati personali e contrattuali dei propri clienti. La titolarità dei dati personali dei clienti ed i dati relativi ai contratti sono cose ben distinte: mentre i primi possono essere anche acquisiti dall’Agente per il trattamento “in proprio”, i secondi sono e restano nel patrimonio aziendale della Compagnia, e costituiscono oggetto di specifica tutela ai sensi degli artt. 98 e 99 del Codice della proprietà industriale. Ne ha affrontato il tema di recente anche ANAPA, che ha riportato in una newsletter rivolta agli associati anche un dispositivo di ordinanza cautelare LA CONCORRENZA SLEALE NELLA DISTRIBUZIONE ASSICURATIVA
FONTE: INSURANCE TRADE (22/07/2014) del Tribunale di Genova per violazione del diritto di proprietà industriale e/o del diritto di autore da parte di alcuni intermediari di Ina‐Assitalia nell’utilizzo dei dati personali e contrattuali dei clienti nonché un approfondimento del consulente legale Andrea Bullo, che fa emergere tutti i nodi racchiusi nella concezione di uno stretto rapporto fiduciario esclusivamente tra agente e cliente, sulla base della quale si fonda, in parte, anche la recente delibera Antitrust. Va affacciandosi, nei tribunali di Milano e di Genova, un orientamento riguardante la concorrenza sleale nell'ambito della distribuzione assicurativa, le cui implicazioni meritano la massima attenzione. Con una recente sentenza (3958/14, seguita a ruota da un'altra di identico tenore, n. 6579/14), cui ha prontamente aderito il tribunale di Genova con una recente ordinanza cautelare, pubblicata per estratto su alcuni quotidiani lo scorso 7 aprile 2014, i giudici si sono pronunciati (Milano nel merito e Genova, per ora, solo sulla domanda cautelare) su altrettanti ricorsi per descrizione presentati da alcune compagnie assicurative contro propri ex agenti, che avevano illegittimamente fotocopiato e trattenuto la documentazione contrattuale del "loro" portafoglio, in vista dello sviamento di clientela in favore della nuova compagnia in procinto di rilasciare loro il mandato. UNA PRASSI AUSPICABILE Tali attività configurerebbero, ad unanime avviso dei giudici, una violazione del diritto di proprietà industriale della compagnia sui dati personali e contrattuali dei propri clienti. Entrambe le vicende, per sommi tratti, sono facilmente riassumibili ‐ ed osservate decine di volte: in vista del cambio di casacca, un agente si allestisce un proprio "archivio" composto dai dati personali e contrattuali dei clienti intermediati, in vista dell'invio di una pluralità di disdette volte allo sviamento di clientela. Nel caso milanese, l'agente in carica procedette a una novazione di mandato, incassò l'indennità di fine gestione e proseguì il rapporto agenziale in altra forma, accollandosi la rivalsa. Dopo un anno, l'agente recede dall'incarico trasferendosi, armi e bagagli (e contratti), presso un'altra compagnia, per conto della quale inizia a contattare i clienti della sua ex mandante, proponendo loro le medesime coperture assicurative a condizioni più vantaggiose. Per gli operatori del settore, questa prassi è normale. Per il legislatore e l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, questa prassi è auspicabile. Per i Tribunali di Genova e Milano, invece, l'apprensione di documentazione contrattuale riservata, immessa nella banca dati della compagnia mandante, costituisce violazione della proprietà industriale: e il suo utilizzo a fini di raffronto con i prodotti della nuova mandante, ai fini di captare la clientela, costituisce concorrenza sleale. E va sanzionata: con una condanna "certamente superiore all'utile" conseguito dall'agente e dalla sua nuova mandante e con la pubblicazione della sentenza, a ristoro del danno d'immagine della ex mandante, ancorché del tutto "eventuale". IL PATRIMONIO ESCLUSIVO DELL'IMPRESA Nel giudizio milanese ‐ definito nel merito e quindi più chiaro nei suoi contorni effettivi ‐ confluiscono due rapporti. Quello tra la compagnia attrice, ex mandante, e il suo ex agente, e quello tra le due compagnie contendenti. Sotto il profilo del rapporto agenziale, il tribunale non soltanto nega che l'agente sia legato alla compagnia da un rapporto di dipendenza (e va bene) o da un dovere di fedeltà (e questo, francamente, stupisce): ma giunge ad affermare che "tutta la clientela che viene, così procurata, è da considerare patrimonio esclusivo dell'assicuratore per cui essa è stata procurata e, dopo la cessazione dei rapporti, l'agente non può tentare di distrarla a favore di altri assicuratori concorrenti". Ciò, quantomeno, "nel contesto normativo "de quo", caratterizzato dal monomandato e dal diritto all'indennità di clientela". Ove poi i dati relativi alla clientela e ai contratti siano conservati dalla mandante, essi "costituiscono il patrimonio dell'esercitata impresa assicurativa e non possono essere usati dall'agente (che ha già percepito tutti i previsti compensi per aver procurato la clientela all'assicuratore) per distrarre la clientela medesima". IL CONFINE SOTTILE TRA AGENTE E BROKER L'inciso in argomento offre due spunti di commento essenziali. In primo luogo, sebbene la sentenza non ne parli espressamente, è agevole arguire che la titolarità dei dati personali dei clienti e i dati relativi ai contratti sono cose ben diverse: e che, mentre i primi possono essere anche acquisiti dall'agente per il trattamento "in proprio", i secondi sono e restano nel patrimonio aziendale della compagnia, e costituiscono oggetto di specifica tutela ai sensi degli artt. 98 e 99 del Codice della proprietà industriale. Sicché, in definitiva, altro è l'autorizzazione al trattamento dei dati ‐ che nulla impedisce all'agente di acquisire dai clienti, assumendo tutti i relativi obblighi di conservazione e utilizzo: altro è invece il dato contrattuale, che l'agente non può apprendere dalle banche dati della compagnia per farne un uso volto alla distrazione del portafoglio, indipendentemente dal fatto che abbia legittimamente acquisito dai clienti l'autorizzazione al trattamento dei loro dati. Diversamente sarebbe potuta andare la questione, se la documentazione contrattuale fosse stata rimessa all'agente direttamente dai clienti dopo la cessazione del rapporto agenziale, innescandosi in tal caso un nesso fiduciario diretto tra cliente e agente (del tutto estraneo allo schema normativo del contratto di agenzia) nell'ottica della "consulenza" di cui parla l'art. 106 del Codice delle Assicurazioni, volta alla valutazione della situazione assicurativa in vista di un eventuale replacement presso altra compagnia: ma in tal caso, il limite tra agente e broker verrebbe ad assottigliarsi pericolosamente e, comunque, la sentenza (che definisce un giudizio preceduto da una "descrizione", strumento cautelare tipico del diritto di proprietà industriale) dà atto del rinvenimento, presso i locali dell'agente, di informazioni sistematicamente sottratte e usate ai fini del raffronto. LE PUCULIARITA' DELL'ANA 2003 In secondo luogo, nell'ottica del tribunale, la remunerazione provvigionale esaurisce le obbligazioni della compagnia nei confronti dell'agente per l'acquisizione del cliente al proprio patrimonio aziendale: il che, a ben vedere, è del tutto coerente con il sinallagma contrattuale e va esente da censura. dal canto suo, l'indennità di clientela (dovuta e calcolata ai sensi dell'Ana 2003), costituisce una specifica compensazione per il vantaggio derivante alla compagnia dalla conservazione del portafoglio dopo la cessazione del rapporto aziendale, sulla falsa riga di quanto disposto dall'art. 1751 cod. civ.. di talché, la sua percezione impedisce all'agente di distrarre la clientela verso altri operatori. a questo punto, però, il tema si fa delicato e merita attenzione. rispetto allo schema di cui all'art. 1751 cod. civ., che riconosce all'agente cessato un'indennità fondata dalla coesistenza di "merito" ed "equità", le indennità di fine mandato riconosciute dall'Ana 2003 parrebbero avere carattere di automaticità, non postulando la valutazione dell'effettiva permanenza, in capo alla ex mandante, di "sostanziali vantaggi" derivanti dal portafoglio apportato dall'agente cessato. Mentre l'art. 1751 cod. civ. (che trova applicazione nei confronti dei subagenti, salva diversa pattuizione negoziale più favorevole a questi ultimi), infatti, subordina espressamente l'indennità al "vantaggio sostanziale" che il preponente continua a ricevere dal portafoglio sviluppato dall'agente, escludendo l'obbligo dell'indennizzo qualora l'agente si dimetta o venga revocato per giusta causa, l'indennità di cui all'Ana 2003 è dovuta anche in caso di dimissioni dell'agente e (con qualche temperamento) di sua revoca, anche per giusta causa, senz'alcun riferimento diretto alla continuità portafoliare. LE INCOMPATIBILITA' CON LE INTEZIONI DEL LEGISLATORE Sennonché, proprio l'istituto della "liberalizzazione", concepito in termini di eccezionalità dall'art. 12 ter dell'Ana 2003 (potendo essere esercitata dall'agente o nelle specifiche ipotesi di cui all'articolo in commento, oppure essendo rimessa alla comune volontà delle parti), induce a ritenere che l'indennità prevista dall'Ana 2003 è automatica in quanto il portafoglio non può essere trasferito. da un lato, infatti, l'art. 1751 cod. civ. ammette la possibilità che il portafoglio smetta di produrre "sostanziali vantaggi" per il preponente con la cessazione del rapporto con l'agente (nell'ipotesi contraria escludendosi il diritto all'indennizzo): nel qual caso, non si fa luogo ad alcuna indennità. L'Ana 2003, invece, postula che il portafoglio resti nella disponibilità della compagnia, proprio in ragione del fatto che la sua distrazione o è consentita dall'art. 12 ter, o è consentita da uno specifico accordo, oppure non è consentita affatto. in altri termini, sono proprio i principali istituti economici dell'Ana 2003 (e in particolare il sistema delle indennità e delle rivalse) a determinare quell'immobilismo del settore distributivo che ha innescato la reazione ‐ talvolta scomposta ‐ del legislatore, alimentando i timori di una progressiva "disintermediazione" del settore. Il che spiega l'avversione dell'Agcm per gli istituti in parola. Il nodo della questione, infatti, è tutto qui: in presenza di un regime di generalizzata liberalizzazione (con diritto all'indennità di fine rapporto solo in caso di effettiva permanenza del portafoglio nel patrimonio della compagnia) o di uno specifico accordo di liberalizzazione, le lite in commento non avrebbero avuto ragion d'essere. D'altra parte, un generalizzato regime di liberalizzazione potrebbe rendere giustizia agli agenti delle incertezze legate alle fluttuazioni di mercato rese possibili dagli ultimi interventi legislativi e dei maggiori costi che essi (unitamente all'implementazione degli obblighi di compliance) hanno finito col determinare, alleggerendo notevolmente la sempiterna questione sull'equità delle rivalse, dei metodi di calcolo degli interessi e via discorrendo. si tratterebbe tuttavia di un radicale cambio di prospettiva: fintantoché il rapporto fiduciario intercorrerà tra la compagnia e l'agente, e non tra questi ed il cliente, avrà poco senso rivendicare il diritto a combattere sul mercato, dovendoci andare disarmati. né, a dirla tutta, il c.d. "plurimandato" sposta i termini della questione ‐come sembrerebbe implicitamente adombrare la sentenza‐, poiché i dati contrattuali resterebbero comunque nel patrimonio, anziché di una, di più compagnie mandanti. Ma la combinazione del rapporto diretto tra intermediario e cliente, e della liberalizzazione "a priori" del portafoglio descrive la figura del broker. V'è dunque da chiedersi se l'attuale impostazione seguita dall'Ana 2003 sia in effetti compatibile con i desiderata del legislatore e dell'Agcm in tema di "tutela del consumatore" e di "tendenziale riduzione dei premi assicurativi", che negli ultimi anni hanno costituito oggetto di interventi normativi e di indagine accolti con comprensibile diffidenza dagli operatori e, comunque, rivelatisi ampiamente inefficaci. UN MERCATO A DOMANDA La risposta è negativa, e la sentenza in commento lo afferma in modo tranciante. Da una parte, "il fatto che l'agente cerchi di portarsi, nel nuovo rapporto d'agenzia, il cliente. è attività illegittima e professionalmente scorretta". Dall'altra parte, "il fatto che l'assicuratore concorrente attiri il cliente medesimo, con tariffe più basse, appartiene, ugualmente, all'ambito dell'illegittimità e della scorrettezza professionale", e sarebbe "onere minimale" della nuova compagnia mandante, "conoscendo i pregressi rapporti dell'agente, di compiere tutti i necessari accertamenti, prima della stipula delle nuove polizze procurategli, per stabilire se ciò avvenisse, illegittimamente, a scapito dell'attore". In una prospettiva evolutiva di mercato, tale affermazione è obiettivamente molto forte. Che le compagnie affidino i mandati, tendenzialmente, a quegli agenti che siano in grado di trasferire il portafoglio precedentemente intermediato nell'interesse di una compagnia concorrente, è prassi talmente diffusa da non meritare ulteriori commenti. L'affidamento di un'agenzia a "portafoglio zero" appartiene forse a un romantico passato, così come l'affidamento d'un'agenzia perfettamente funzionante "chiavi in mano" è confinata ad talune ipotesi residuali, prevalentemente di stampo familiare o legate al subentro in agenzie revocate, che normalmente si portano dietro più problemi che opportunità. Che le compagnie siano al corrente dei metodi utilizzati dagli agenti di nuova acquisizione per "travasare" la clientela è fuor di dubbio. Che tali metodi possano integrare atti di concorrenza sleale è, talvolta, altrettanto indubbio, ma da qui ad affermare che la compagnia ne sia automaticamente al corrente per il sol fatto di "conoscere i pregressi rapporti dell'agente" sconta una palese forzatura. È dunque nel contenuto dei "necessari accertamenti" che la nuova compagnia mandante deve svolgere "prima della stipula delle nuove polizze procurategli, per stabilire se ciò avvenisse, illegittimamente, a scapito" della ex mandante, che deve concentrarsi l'attenzione, poiché la sentenza non esclude a priori che i clienti possano seguire l'agente nella sua nuova destinazione, ma sanziona l'ipotesi in cui ciò avvenga con mezzi "illegittimi", vale a dire mediante l'utilizzo dei dati aziendali riservati della ex mandante. in definitiva, sembra che il tribunale di Milano abbia in mente un mercato "a domanda" che nella realtà commerciale non esiste affatto. E se esiste, L’ASSOCIAZIONE AGENTI UNIPOLSAI NON PARTECIPERÀ AL CONGRESSO SNA
FONTE: INTERMEDIA CHANNEL (19/07/2014) riguarda soltanto l'assicurazione obbligatoria, e finisce con il risolversi in un bieco confronto tra premi. IL CONFINE LABILE TRA CONCORRENZA SANA E SLEALE Colpisce, dunque, la ritenuta "illegittimità e scorrettezza professionale" che allignerebbe nell'attività dell'assicuratore concorrente che "attiri il cliente medesimo con tariffe più basse". ove ciò avvenga mediante una preordinata e sistematica attività di raffronto con dati aziendali riservati, nulla quaestio: è concorrenza sleale. ma in ogni altro caso ‐e comunque in difetto di tale puntuale dimostrazione‐ non si vede davvero come possa ritenersi "illegittima" una siffatta proposta, che in sé caratterizza l'economia liberale di mercato e persegue l'intento del legislatore di agevolare il consumatore mediante il contenimento delle tariffe assicurative (in particolar modo nell'ambito della Rc auto) e ‐ perché no ‐ mediante l'offerta di prodotti assicurativi maggiormente "adeguati" al profilo di rischio del cliente. Insomma, qualcosa proprio non convince: il nodo è venuto finalmente al pettine. il mercato si è certamente evoluto (maggiore mobilità, confronto, informazione) ma s'è portato dietro il retaggio di epoche passate, e l'elastico è ormai giunto alla sua massima estensione. Nel quadro normativo esistente, continuare a trincerarsi dietro al rapporto fiduciario tra cliente e agente è pura archeoideologia: se tale rapporto esiste, è nell'interesse della compagnia che va coltivato. Né d'altra parte è seriamente ipotizzabile che un agente, vale a dire un imprenditore che agisce a proprio rischio, sia appetibile su piazza se tutto ciò che può fare è informare i clienti di aver cominciato a lavorare per un'altra compagnia assicurativa, per poi dover attendere che essi compaiano spontaneamente alla sua porta. Eppure è innegabile che, nell'attuale contesto normativo e di mercato, la linea di confine tra la concorrenza "sana" e la concorrenza "sleale" sia sempre più labile. al punto che un'applicazione rigida del principio enunciato dal tribunale di Milano finirebbe con l'impedire qualunque manovra di ampio respiro nella distribuzione assicurativa. Portato al parossismo, esso avrebbe il dirompente effetto di agevolare comportamenti anticoncorrenziali da parte delle compagnie, impedire l'ingresso di nuovi operatori (già scoraggiati a priori dall'esistenza dell'Ana), impedire la mobilità degli agenti e, in ultima analisi, pregiudicare l'attenzione (a tratti ossessiva) riservata dal legislatore e dalle autorità di vigilanza nei confronti del consumatore finale. Oltre le barricate ideologiche e le finzioni giuridiche c'è il "mercato". Il cliente dovrebbe decidere liberamente a chi affidarsi, remunerandolo direttamente, e l'agente dovrebbe decidere liberamente dove portarlo, lasciando che le compagnie si scannino tra di loro a suon di tariffe e condizioni contrattuali. Ma questa è la neve ad agosto. L’Associazione Agenti UnipolSai non parteciperà al congresso straordinario SNA, organizzato per il 28 e 29 luglio. È quanto ha deciso, all’unanimità, il Consiglio Nazionale delle Regioni tenutosi il 15 e 16 luglio, a Bologna. “La convocazione intempestiva e repentina di un “congresso straordinario elettivo” improprio e senza precedenti, impedirà ancora una volta il sereno confronto su un serio progetto politico di creazione di un’associazione di categoria che rappresenti autorevolmente tutti gli Agenti”, spiega il presidente AAU Enzo Sivori (nella foto). “Nonostante i ripetuti richiami da parte del Comitato dei Gruppi, Sna ha mancato di attuare tutti i fondamenti programmatici dichiarati al congresso di Milano: l’unità sindacale, il rinnovamento statutario ed organizzativo del Sindacato, il rinnovo ANA e del Ccnl dipendenti restano a tutt’oggi lettera morta. A queste inadempienze, si aggiunge oggi l’utilizzo demagogico dell’istituto congressuale, assise sovrana per definizione, convocato in spregio dei tempi e dei metodi atti a costruire un confronto di merito sulle opzioni strategiche e progettuali necessarie per tutelare e supportare gli iscritti. AAU ha quindi stabilito di manifestare apertamente il proprio dissenso, non partecipando al Congresso”. Il Sindacato Nazionale, secondo l’Associazione Agenti UnipolSai, “si sta dimostrando del tutto inadeguato ad accompagnare gli iscritti nella gestione della fase di cambiamento epocale che sta interessando il nostro settore” e che comporterà “per tutti i colleghi un’evoluzione di ruolo ed un riposizionamento strategico” delle proprie agenzie. “Si tratta di un momento nel quale è fondamentale il supporto e l’attività di un’unica associazione di categoria, capace di diventare interlocutore privilegiato dell’ANIA e di sintetizzare le istanze di tutti, dove tutti si possano sentire cittadini e non sudditi – spiega Sivori – ed è per questo che abbiamo deciso di lanciare una proposta”. Per favorire il superamento della attuale e persistente fase di stallo della rappresentanza, la Giunta Esecutiva AAU si è infatti impegnata a promuovere un confronto complessivo con tutti gli attuali sindacati “per dar vita alla costituente di una moderna, unitaria e democratica associazione di categoria che proponga soluzioni ai temi sopracitati, da troppo tempo all’ordine del giorno”. “È ormai arrivato il momento di un cambio di passo, sostanziale e definitivo. In gioco c’è il futuro di un’intera categoria di professionisti, la cui rappresentanza deve essere affidata ad un organo davvero autorevole, in grado di dare risposte concrete, efficaci e durature a tutti i colleghi” conclude il presidente AAU. L'Ania boccia l'ipotesi di tariffa unica Rc Auto e di sconti automatici per gli ANIA BOCCIA LA automobilisti virtuosi. Il presidente dell'associazione delle compagnie di TARIFFA NAZIONALE DELL’RC assicurazione, Aldo Minucci, a margine della presentazione di una ricerca realizzata dall'Ania in collaborazione con la American Chamber of Commerce, AUTO li ha definiti «interventi prescrittivi che non possono essere accettati». l riferimento è in particolare agli ultimi emendamenti Pd presentati al dl FONTE: MF Competitività all'esame del Senato, che prevedono una tariffa premio ai (18/07/2014) contraenti che non abbiano provocato incidenti negli ultimi cinque anni, oltre che l'obbligo delle imprese assicurative di offrire un unico tariffario nazionale, senza differenze territoriali e personali. Insomma un prezzo che sarebbe uguale ovunque, da Napoli ad Aosta. Una modifica che sembra piacere anche ad alcuni esponenti di Forza Italia, tra cui Renato Brunetta e Mara Carfagna, che nei giorni scorsi, in un pacchetto di misure a favore dei cittadini campani, hanno avanzato anche la proposta di una tariffa Rc Auto nazionale. ANIA: MORATORIA SULLE NUOVE NORME FONTE: IL SOLE 24 ORE (19/07/2014) L'emendamento del Pd, in particolare, ha già superato la tagliola della prima scrematura, e nei prossimi giorni è previsto il voto nelle commissioni Industria e Territorio. Ma Minucci avverte che bisognerà fare bene i conti, perché, in ogni caso, la tariffa unica non consentirebbe l'allineamento «verso il prezzo più basso ma verso un prezzo medio sacrificando di conseguenza gli assicurati delle zone del Paese meno rischiose». Come dire che il prezzo a Napoli scenderebbe ma salirebbe ad Aosta per consentire alle assicurazioni di sostenere gli effetti di una tariffa unica. Nel caso di un eventuale ricorso europeo l'Ania potrebbe far valere un precedente che già una volta bloccò una modifica normativa simile a quelle proposta dai senatori del Pd. Una legge del 2002 (la 273), la cosiddetta riforma Marzano, prevedeva l'uniformità tariffaria su tutto il territorio nazionale per gli automobilisti più virtuosi. Ma rimase in vigore un solo giorno perché il governo la cancello all'indomani (con la Legge finanziaria per il 2003), dopo il parere negativo dell'Europa. Ieri, intanto, l'Ania ha chiesto anche una moratoria di tre anni all'emanazione di nuove norme per il mercato assicurativo diverse da quelle connesse ai Solvency2. Un'esigenza emersa dal sondaggio tra gli assicuratori condotto con la Camera di commercio Usa secondo la quale non c'è un pregiudizio verso la regolamentazione ma oltre il 90% del mercato giudica eccessivo il carico regolatorio sostenuto negli ultimi tre anni. La moratoria richiesta non è però totale: «Ben vengano norme finalizzate alla semplificazione e quelle di riconosciuta emergenza», ha concluso Minucci. Una moratoria di tre anni per l'emanazione di nuove norme sul mercato assicurativo, diverse da quelle connesse all'applicazione dell'accordo europeo Solvency2. È la richiesta dell'Ania, l'associazione delle imprese assicurative, contenuta in una ricerca sui costi e i benefici della regolamentazione per il settore, presentata a Roma. La moratoria richiesta non è totale: ben vengano, secondo le compagnie, le norme finalizzate alla semplificazione e quelle di «riconosciuta emergenza».Dalla ricerca, realizzata insieme alla American Chamber of Commerce in Italy, emerge che oltre il 90% del mercato assicurativo italiano giudica «eccessivo» il carico di nuova regolamentazione piovuta sul settore nell'ultimo triennio, mentre un'ampia maggioranza del campione ritiene che l'attuazione delle norme sia stata superiore in quest'arco di tempo rispetto agli anni passati. Secondo il presidente dell'Ania, Aldo Minucci, «non c'è un pregiudizio verso la regolamentazione, ma ce un tipo di regole che incide positivamente e un'altro che inserisce pesanti vincoli burocratici con ritorno solo di maggiori costi». Minucci si riferisce, in particolare,alla regolamentazione secondaria spesso «pignola, eccessiva, burocratica, fastidiosa». Per il presidente dell'Ania il legislatore dovrebbe invece, prima di varare una norma, «correlare gli obiettivi che si pone con i costi che questa comporta». Inoltre è indispensabile applicare il principio di proporzionalità per non creare un danno «alla competitività del sistema italiano» nei confronti degli assicuratori di altri paesi. Nel corso della tavola rotonda seguita alla presentazione del rapporto, i rappresentanti dell'associazione degli assicuratori hanno poi ribadito le loro perplessità sulla disposizione del decreto‐Competitività che, pur prevedendo la possibilità per le assicurazioni di erogare finanziamenti diretti alle imprese, stabilisce che, in pratica, i prenditori dei finanziamenti siano scelti dalle banche. Una IVASS PUBBLICATO IL REGOLAMENTO N. 5 FONTE: INSURANCE TRADE (22/07/2014) L’IVASS INDAGA SU POLIZZE OCCULTE
disposizione che secondo il consigliere dell'Ivass Alberto Corinti è opportuna, perchè tiene conto del fatto che «nessuno può dire che in media il settore assicurativo italiano oggi sia attrezzato a fare credito». Ma per il capo della segreteria tecnica del ministero dello Sviluppo, Stefano Firpo, in sede di conversione del decreto questo vincolo potrebbe forse essere reso meno rigido. L'Ivass ha pubblicato oggi il testo dell'atteso Regolamento n.5 riguardante le "disposizioni attuative sulle modalità di adempimento degli obblighi di adeguata verifica della clientela e di registrazione da parte delle imprese di assicurazione e degli intermediari assicurativi, ai sensi dell'articolo 7, comma 2 del decreto legislativo del 21 novembre 2007 n.231". Il decreto in questione ha riordinato l'intera normativa riguardante la prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo, ridisegnando anche i rapporti di collaborazione tra le Autorità di vigilanza di settore (dunque anche il ruolo dell'Ivass) chiamato a emanare, di concerto con Banca d'Italia e Consob , le modalità di adempimento degli obblighi di adeguata verifica della clientela e di registrazione da parte delle imprese e degli intermediari assicurativi. Il Regolamento si compone di 35 articoli ripartiti in 6 Capi. Un elemento di novità, contenuto nel Capo I, riguarda gli intermediari che operano nei rami vita, i quali dovranno inserire anche il beneficiario tra le figure da identificare per verificarne l'identità. Il Capo IIè invece destinato alle imprese, e si compone a sua volta di cinque sezioni: la prima è dedicata al "rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo"; la seconda, agli "obblighi di adeguata verifica della clientela", che nella terza e nella quarta sezione vengono ulteriormente regolamentati, rispettivamente, come "semplificati" e come "rafforzati"; la quinta sezione riguarda "l'esecuzione da parte dei terzi degli obblighi di adeguata verifica della clientela". Nel Capo IIIè contenuta la disciplina "sotto il profilo dell'adempimento degli obblighi di adeguata verifica di situazioni giuridiche" specificamente caratteristiche del settore assicurativo, disciplinando l'ipotesi di contratto per conto altrui (art 28) e l'ipotesi dell'obbligo di pagamento dei premi assicurativi da parte del terzo sprovvisto di specifico potere rappresentativo (art. 29). Il Capo IV reca una sola norma (art. 30), specificamente dedicata all'adempimento dell'obbligo di registrazione da parte delle imprese e degli intermediari. Il Capo V (art 31 e 32), infine, regolamenta le modalità esecutive degli obblighi di adeguata verifica e di registrazione da parte degli intermediari "in chiave flessibilizzatrice della disciplina in materia, rispetto alle peculiarità funzionali di tale tipologia di operatori del settore assicurativo". Sono sempre di più le polizze occulte legate a servizi offerti da agenzie di viaggio, concessionari auto, istituti bancari, aziende per la fornitura di energia elettrica, gas e acqua, aziende di trasporto marittimo o aereo, aziende FONTE: ITALIA OGGI (22/07/2014) produttrici o distributrici di beni di largo consumo, Federazioni nazionali e associazioni sportive. È su queste che sta indagando l'Ivass, facendo luce su un fenomeno «che coinvolge più di 15 milioni di assicurati con oltre 1.600 tipologie di pacchetti, offerti a seguito di accordi commerciali tra imprese di assicurazione e operatori economici di varia natura». Spesso le coperture assicurative, ha spiegato l'Ivass in una nota, «sono parte integrante di offerte commerciali che comprendono beni o servizi di natura non assicurativa (all inclusive) oppure sono distinte e abbinabili al bene o servizio principale. In molti casi viene dichiarata la gratuità della copertura assicurativa, aspetto che dovrà essere approfondito, per accertare che i relativi costi non siano ribaltati sui consumatori dai fornitori del bene/servizio principale». Dall'indagine sono emerse criticità che attengono alla conoscibilità delle garanzie, alle modalità di adesione e di scioglimento del contratto e alla chiara esplicitazione dei costi, sui quali l'Ivass sta predisponendo alcune linee di intervento. Le risultanze dell'indagine sono state trasmesse anche all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, al garante della privacy e all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico per i profili di rispettiva competenza e per valutare l'opportunità di attivare azioni congiunte a tutela dei consumatori. NOTIZIE DAL MERCATO ASSICURATIVO ASSICURAZIONI VERSO IL RIALNCIO IN NOVE PASSI FONTE: MILANO FINANZA (19/07/2014) Non c'è tempo da perdere. Al primo posto dell'agenda dei ceo assicurativi, stilata da Deloitte, c'è il potenziamento del ramo Danni e Auto e l'utilizzo, saggio, della digitalizzazione per innovare prodotti e canali in modo da avvicinare le soluzioni di protezione assicurativa a un mercato italiano ancora restio. Una ricetta in nove punti, preparata dalla società di consulenza per ricordare agli amministratori delegati delle compagnie le sfide che li attendono al ritorno dalla pausa estiva. Una sfida, come dice Andrea Poggi, partner di Deloitte, responsabile della consulenza strategica e del settore assicurativo per il consulting, «complicata, ma affascinante e soprattutto da vincere nell'interesse del Paese». Partendo appunto dalla necessità di garantire la diffusione del Danni e l'ottimizzazione del ramo Auto. Cui si aggiunge, sostiene Poggi, il bisogno di trovare soluzioni semplici e a basso costo per il welfare e la sanità, e una più integrata offerta in ambito vita e risparmio, in modo da far affermare una volta per tutte la protezione assicurativa, nell'interesse dei cittadini. Oltre all'urgenza di innovare, grazie anche alla digitalizzazione, il modello distributivo delle agenzie assicurative, per ritrovare un equilibrio economico che appare precario, con un calo di profittabilità del 30% subito nel periodo 2007‐2012. POCA CHIAREZZA E SCARSA Perché se è vero che tutto sommato, nonostante la crisi, le assicurazioni stanno vivendo un momento positivo, grazie anche alle ricche plusvalenze sui Btp che hanno in portafoglio, questo vento in poppa non durerà per sempre. Nel 2013 la raccolta complessiva del settore è cresciuta del 13% (118,8 miliardi), a dispetto di performance meno entusiasmanti di Paesi come la Germania (+3,7%, a 187 miliardi) o la Francia (+4,9%, a 189 miliardi). Ma lo sviluppo è arrivato solo dal ramo Vita, che ha chiuso con un +22% dopo la flessione del 5% del 2012. Il Danni ha sofferto del calo di nuove polizze e tariffe, in particolare per l'assicurazione Auto (‐7%). La profittabilità, in verità, ha mostrato segni di miglioramento con il combined ratio (il rapporto tra sinistri e costi rispetto ai premi incassati) che è sensibilmente sceso dal 95,9% del 2012 all'89,9% dell'anno scorso. Un recupero in ambito Auto dovuto in buona parte al decreto concorrenza del 2012, che ha ridotto i costi delle microlesioni assottigliando il fenomeno dei colpi di frusta. Ma anche dalla crisi, che ha provocato un calo delle automobili in circolazione, e di conseguenza degli incidenti. Fattori contingenti, destinati a scemare con la ripresa economica. Per questo motivo le compagnie devono sfruttare questo periodo per strutturarsi meglio, in modo da farsi trovare preparate quando i sinistri dovessero tornare a crescere. Con quali interventi? «Una delle priorità è proprio l'Auto», spiega Poggi. «Le compagnie sempre di più dovranno creare tariffe su misura per i clienti, utilizzando in maniera più analitica e sofisticata i dati che hanno a disposizione per misurare i rischi». Aumentando il ricorso a strutture convenzionate per le riparazioni, per ottimizzare i costi e potenziare il servizio. Ma dovranno anche articolare di più l'offerta, aggiunge Poggi, affiancando, tramite le innovazioni digitali, per esempio prodotti più ricchi di servizi «a una gamma low cost, con servizi base e modalità self made, che potrebbero essere collocati non solo su Internet ma anche dalle reti degli agenti o delle filiali». Perché Poggi è convinto che la relazione dei clienti con gli agenti e i consulenti assicurativi «sia destinata ad avere un ruolo chiave anche negli anni a venire purché sia innovata dalla digitalizzazione. Del resto il mercato delle polizze via web non è cresciuto come sperato, neppure quando l'esplodere della crisi economica avrebbe dovuto spingere gli assicurati a cercare di risparmiare con l'online. «Le nuove tecnologie possono essere affiancate al canale fisico per migliorare il livello di servizio e la profittabilità di agenzie o filiali bancarie», continua Poggi. Di conseguenza bisogna innovare anche il rapporto tra banche e assicurazioni con l'obiettivo, in particolare, di dare una spinta decisiva alla bancassicurazione Danni. «Bisognerebbe realizzare un modello più integrato e specializzato», propone il consulente, «per esempio facendo leva sul ruolo di filiali maggiormente dedicate alla bancassicurazione, perché vendere prodotti Danni allo sportello è più complicato rispetto alle polizze Vita». Un cambiamento che potrebbe passare anche per un nuovo layout dei punti vendita dedicati alla bancassicurazione. L'associazione inglese dei broker di assicurazioni (BIBA) lo chiedeva da tempo: gli aggregatori online britannici devono rispettare le regole e TRASPARENZA, GLI AGGREGATORI ON LINE SOTTO LA LENTE DELLA FCA FONTE: ASSINEWS (18/07/2014) rispondere alle esigenze di trasparenza dei clienti. Ora anche la Financial Conduct Authority (l'Authority finanziaria inglese) è scesa in campo e mercoledì scorso ha rilanciato, sostenendo che i siti di comparazione di prodotti del Regno Unito, così come sono strutturati ora, omettono di fornire informazioni essenziali sulla polizza aumentando il rischio per il consumatore di acquistare una polizza inadeguata alle proprie necessità. Parliamo di un canale che nel Regno Unito contribuisce a circa un terzo delle vendite complessive di polizze auto. Si tratta quindi di un argomento alquanto delicato e infatti l'Authority non nasconde la sua preoccupazione per il fatto che gli aggregatori spingano l'attenzione del consumatore, in maniera pressochè esclusiva, sul fattore prezzo, tralasciando invece aspetti determinanti come le coperture e le condizioni di polizza. Non tutti i comparatori sono uguali, certo, ma è un dato di fatti che i livelli di trasparenza e informazione sui prodotti si differenziano in maniera abbastanza significativo. Sono molti gli utenti che non conoscono gli aspetti determinanti che fanno di una polizza, una buona soluzione assicurativa e molte volte non verificano neanche l'esistenza o meno di spese aggiuntive per non parlare di quale utilizzo potrà essere fatto dall'aggregatore dei dati personali. Alcuni aggregatori, come Moneysupermarket.com e GoCompare sono indipendenti mentre altri come ad esempio Confused.com, appartengono a importanti gruppi assicurativi (in questo caso ad Admiral), ma secondo il monitoraggio della FCA non si rileverebbero correlazioni tra il livello di trasparenza dei siti e l'appartenenza degli stessi a un grande assicuratore o meno. Nessuna correlazione diretta neanche sulla poca chiarezza in tema di remunerazione, nonostante sia in questo caso evidente che i siti non indipendenti siano maggiormente esposti ai conflitti di interesse, in quanto potrebbero più facilmente beneficiare di vantaggi commerciali.