Redazione: Piazza Cavour 17 - 00193 Roma • Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale 70% - Milano IL MAGAZINE PER LA DISABILITÀ / OTTOBRE 2014 / NUMERO 10 SIBLINGS Silenzio, la parola ai fratelli DOPO L’INFORTUNIO ROBERTO BRUZZONE E Nicola tornò a fare il taglialegna Con la mia gamba ho camminato per mezzo mondo EDITORIALE di Giovanni Paura Direttore Centrale Prestazioni Sanitarie e Reinserimento, Inail Il Papa e lo sport paralimpico: appuntamento in Vaticano «L a persona malata o disabile, proprio a partire dalla sua fragilità, dal suo limite, può diventare testimone dell’incontro [...]. In effetti, solo chi riconosce la propria fragilità, il proprio limite può costruire relazioni fraterne e solidali». A pronunciare queste parole, il 29 marzo scorso, è stato Papa Francesco. Ricevendo in udienza nell’Aula Paolo VI circa 8mila persone con disabilità sensoriali, il Pontefice ne aveva sottolineato il ruolo e il protagonismo in ambito sociale. Ma questa è stata solo una delle circostanze in cui Bergoglio ha rimarcato la sua attenzione nei confronti delle persone con disabilità, sempre al centro dei suoi gesti e della sua sollecitudine. Il 4 e 5 ottobre molti assistiti Inail avranno l’occasione di sperimentarlo direttamente durante l’evento “Believe to be alive” (Believetobealive.com), organizzato dal Comitato italiano paralimpico con il supporto dell’Istituto: nel giorno di San Francesco il Papa riceverà migliaia di atleti paralimpici e i loro accompagnatori nell’Aula Paolo VI. E domenica 5 via della Conciliazione, nel cuore di Roma, si trasformerà in una grande palestra Il 4 e 5 ottobre il mondo a cielo aperto, dove tutto il mondo potrà vedere “assaggi” delle discipline paralimpico incontrerà Papa paralimpiche praticate da centinaia di persone disabili in aree sportive appositamente allestite per l’occasione. La manifestazione si concluderà con Francesco, sempre attento alle l’Angelus in piazza San Pietro e le giornate verranno seguite passo dopo persone disabili. Che saranno passo da Rai Sport. accolte nel cuore della capitale L’Inail ha sempre creduto allo sport come fattore strategico d’inclusione sociale degli infortunati e degli assistiti: un valore che accomuna creden- ti e non credenti. Perché gli ideali paralimpici sono impregnati di etica e l’Istituto vi aderisce convintamente. Anche per questo nella serata del 3 ottobre – durante la prima edizione dell’Italian Paralympic Awards, presso l’Hotel Hilton di Roma – il presidente Massimo De Felice e il portale Superabile.it saranno destinatari di riconoscimenti per lo straordinario impegno profuso, in questi anni, a favore del paralimpismo italiano, creandone i presupposti della stessa nascita. Verranno consegnati premi anche ad altre istituzioni e personalità che, in vari campi della società, hanno contribuito alla crescita e allo sviluppo del movimento paralimpico italiano. L’auspicio è che questo evento non resti isolato. La eco mediatica che sicuramente accompagnerà queste giornate non può e non deve esaurirsi quando i riflettori si spegneranno e le attrezzature sportive in via della Conciliazione verranno smontate. Perché lo sport paralimpico continui a crescere e a generare partecipazione, adesione, ritorno alla quotidianità dopo un infortunio. SuperAbile INAIL 3 Ottobre 2014 NUMERO dieci Ottobre 2014 EDITORIALE 3 Il Papa e lo sport paralimpico: appuntamento in Vaticano di Giovanni Paura ACCADE CHE... 5 “Cucin...Abile”, se il riscatto parte dai fornelli 7 Inail e Anmil insieme per la Giornata delle vittime degli incidenti sul lavoro L’INCHIESTA sotto la lente 18 Il boscaiolo che decise di tornare in montagna di A.P. CRONACHE ITALIANE 20 Una casa per l’autismo di M.T. PORTFOLIO 22 Atleti che non si arrendono SPoRT medaglie sui biker 8 Mio fratello è disabile. E la cosa 26 Piovono paralimpici mi riguarda di Antonella Patete di Stefano Caredda tempo libero INSUPERABILI 28 Alla scoperta della Torino 16 Giro il mondo, gamba in spalla Intervista a Roberto Bruzzone di Michela Trigari SuperAbile Magazine Anno III - numero dieci, ottobre 2014 Direttore: Giovanni Paura che non ti aspetti di Antonio Storto In redazione: Antonella Patete, Laura Badaracchi e Diego Marsicano Direttore responsabile: Stefano Trasatti Hanno collaborato: Stefano Caredda, Chiara Ludovisi, Laura Pasotti, Antonio Storto, Michela Trigari di Redattore Sociale; Franco Bomprezzi; Erica Battaglia, Antonello Giovarruscio, Rosanna Giovèdi, Gabriela Maucci del Consorzio sociale Coin; Ilaria Cannella, Francesca Iardino, Monica Livella, Monica Marini, Mariella Pedroli dell’Inail CULTURA 30 Non aver paura del dolore. Anche da adolescenti di Laura Badaracchi 31 Raccontarsi è una terapia di L.B. 34 Fuori Posto, dal palco alla piazza di A.P. 35 La danza inclusiva di Maria di L.B. RUBRICHE 36 Inail... per saperne di più Dopo l’auto-mutuo aiuto, nasce l’associazione Fly Handbike 37 Previdenza Reversibilità e università: nessun diritto negato 38 Mobilità Decreto semplificazione. Ecco cosa cambia 39 L’esperto risponde Patente, Scuola Editore: Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro Redazione: Superabile Magazine c/o agenzia di stampa Redattore Sociale Piazza Cavour 17 - 00193 Roma E-mail: [email protected] Stampa: Tipografia Inail Via Boncompagni 41 - 20139 Milano Autorizzazione del Tribunale di Roma numero 45 del 13/2/2012 Progetto grafico: Giulio Sansonetti SuperAbile INAIL 4 Ottobre 2014 PINZILLACCHERE 40 Dr. Jekyll e Mr. Hyde Mattanze “inevitabili” di Franco Bomprezzi Che impresa La Bottega informatica di M.T. Moda utile Thando Hopa, una modella albina contro la superstizione di M.T. 41Scavi Ha oltre 1.500 anni il più antico caso di sindrome di Down di M.T. Tendenze Carolina, insegnante brasiliana senza braccia, spopola sul web di L.B. 42 Fai da te Lo Hobbit in simboli: la sfida di un papà di M.T. Un ringraziamento, per averci gentilmente concesso l’uso delle foto, a Fabio Moscatelli (pagg. 4, 8-15), Claudio Correzzola (pagg. 4, 18-19), Stefano Pini (pagg. 16-17), Michela Trigari (pagg. 20-21), Paolo Genovesi (pagg. 22-25), Salvatore Aiello (pag. 28), Ivan Delabio e Fernanda Zanetti (pag. 41). In copertina: Roberto Bruzzone mentre attraversa il deserto del Namib, in Namibia. Foto di Stefano Pini ACCADE CHE... mondo inail “Cucin...Abile”, se il riscatto parte dai fornelli Q uando l’integrazione avviene tra pentole e tegami. Si chiama “Cucin...Abile”, il progetto messo in campo dalla Direzione regionale Inail dell’Umbria e destinato a una ventina di assistiti (divenuti disabili in seguito a un infortunio sul lavoro). L’obiettivo? Favorire i rapporti sociali e valorizzare le abilità residue attraverso un laboratorio di cucina. Magari scoprendo un talento ai fornelli che non si sapeva di possedere. Dopo la prima edizione, conclusasi a giugno presso il “polo di Perugia” – sedici lezioni in cui i dieci partecipanti provenienti dal nord della regione si sono sperimentati sulle principali specialità locali e nazionali di pizze e primi piatti –, l’iniziativa ora viene replicata presso il “polo di Foligno” coinvolgendo un’altra decina di assistiti Inail residenti nel sud dell’Umbria, a cui non resta che indossare il grembiule. “Cucin...Abile” è un progetto «capace di agire contestualmente su più livelli: integrazione e socializzazione, sostegno all’autonomia, sviluppo delle potenzialità della persona e reinserimento lavorativo – commenta Tullio Gualtieri, direttore regionale Inail Umbria –. Il tutto perfettamente in linea con la mission dell’Istituto e con il con- cetto di tutela globale e integrata caratterizzante l’attuale Dna del Polo salute e sicurezza». Soddisfatti anche i partecipanti: «È stata un’esperienza divertente, positiva e costruttiva – racconta Luca Donateo –. Abbiamo imparato alcuni trucchetti che rendono più semplice cucinare e che danno più estro ai piatti». Inoltre, dopo il corso, il gruppo rimaneva a mangiare insieme. «Mi sono trovata bene, tanto che siamo diventati una specie di famiglia – dice Tiziana Dolci, l’unica donna – e siamo ancora in contatto. È stata proprio una bella iniziativa: utile, interessante e da cui ho imparato nuove ricette». Bologna Cambia look Il nuovo faro, la rivista del disagio psichico A rriva un nuovo look per la voce del disagio psichico. È Il nuovo faro, periodico realizzato da persone seguite dai Centri di salute mentale di Bologna e provincia. Nato nel 2006 per volontà di un utente, grazie a un progetto promosso dalle associazioni Il Ventaglio di Orav, Diavoli Rossi, Spazio e Amicizia e finanziato dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, ha rinnovato la veste grafica senza cambiare il contenuto: riflessioni e poesie di chi è seguito dal servizio psichiatrico adulti, testimonianze dai gruppi di scrittura, pensieri in libertà (anche se ogni numero è a tema). Dopo un corso di grafica, alcuni SuperAbile INAIL 5 Ottobre 2014 utenti hanno imparato a impaginare la rivista. Grazie al Dipartimento di Salute mentale dell’Ausl di Bologna, la redazione riceve un contributo economico per il proprio lavoro. Info: Ilfaroinsieme. blogspot.it. Ripartito il Fondo per le non autosufficienze 2014. La quota destinata a Regioni e Province autonome è di 340 milioni di euro ed è ripartita così: 60% in base alla popolazione di 75 anni o più, 40% secondo i criteri del Fondo per le politiche sociali. Vincolo di destinazione: 75 milioni destinati ai disabili gravissimi. Le risorse saranno utilizzate per assistenza, domiciliarità, servizi residenziali, inclusione sociale e sostegno al reddito. ACCADE CHE... In Francia 40mila bambini con autismo non vanno a scuola. Il Consiglio d’Europa ha emesso un monito per «l’impegno insufficiente dello Stato», in violazione del diritto all’educazione e all’istruzione delle persone disabili. Il dossier era stato aperto nel 2012; tra gli altri dati: solo il 30% di chi è autistico ha anche deficit intellettivi e ben il 90% di chi ha tra i 16 e i 19 anni non riceve alcuna forma di sostegno per entrare nel mondo del lavoro alla fine degli studi. Opg: ecco la nuova legge. La Camera ha convertito il decreto 52/2014 sulla chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari. Nella nuova norma «sono i magistrati a stabilire le alternative all’internamento», spiega il coordinamento StopOpg, e si pone fine agli “ergastoli bianchi”: la proroga delle misura di sicurezza non può superare infatti la durata della pena. Regioni e Asl sono poi obbligate a presentare a breve i progetti per dimettere i reclusi. food Alla Locanda alla Mano prosegue il lavoro dei ragazzi Down D opo la riapertura estiva, la “Locanda alla Mano” di Milano continuerà a servire panini e caffè anche per tutto il mese di ottobre e fino a quando il bel tempo lo consentirà. Qui, in piazza del Cannone, dentro il parco Sempione, a comporre i piatti, servire ai tavoli e a rigovernare ci sono sette ragazzi Biella Down (cinque sotto contratto e due in tirocinio). Un’iniziativa nata l Centro servizi per il volontariato (Csv) di Biella ha l’anno scorso in sinergia pubblicato l’ultima di 15 video-newsletter in lingua con l’imprenditoria privata e patrocinata dei segni, dedicandola a “Una scuola, due lingue” di Cossato. Un progetto che da una ventina d’anni propone l’educazione bilingue (in italiano e Lis) per i bambini sordi e udenti che frequentano la scuola dell’infanzia e la primaria e, dall’anno scolastico 2002/2003 e in rete con la direzione didattica, anche la secondaria di primo grado “Leonardo da Vinci”. Nei video ci sono notizie, interviste e anche le testimonianze dei due rappresentanti degli studenti del liceo di Cossato, che illustrano l’impegno dei loro compagni per raccogliere fondi a sostegno del progetto e per sensibilizzare il territorio su questa tematica. Come? Per esempio attraverso la pagina Facebook “Yes, we Lis”. Tutti i video della newsletter in Lis del Csv di Biella sono disponibili anche sul sito Acsv.it/bi/. Quindici video-newsletter in Lis: l’ultima su una scuola bilingue I dall’amministrazione comunale per via del fatto che la sede è in un parco pubblico. Ad aver investito in questo progetto è stata Repower (società che produce e vende elettricità e gas), che ha deciso di soddisfare in questo modo gli obblighi di legge di inserimento lavorativo delle persone con disabilità in azienda: in pratica ha supportato la start-up di una cooperativa sociale di tipo B (Contè) per gestire il punto di ristoro. roma Utopie urbane: auto elettriche a disposizione delle famiglie di autistici P ermettere a genitori e figli con autismo di circolare in città a bordo di Smart elettriche di ultima generazione, parcheggiando gratuitamente sulle strisce blu: è l’ultima scommessa di Insettopia, community SuperAbile INAIL fondata dal giornalista Gianluca Nicoletti, papà di Tommy, per costruire una città a misura di ragazzi autistici come il suo. «Ragazzi e genitori potranno disporre dell’auto per tutta la giornata, a un costo 6 Ottobre 2014 quasi simbolico», spiega. Le vetture saranno consegnate con un’autonomia di circa 150 chilometri, ma potranno essere ricaricate presso una delle 120 colonnine installate in città. [Chiara Ludovisi] MOBILITÀ Anglat.it: un social network per l’accessibilità dei trasporti N asce la piattaforma di social network di Anglat, l’associazione che si batte per la mobilità delle persone disabili. La novità è il risultato del progetto “I diritti del passeggero con disabilità nei sistemi di trasporto”, realizzato grazie al contributo del ministero del Lavoro e delle politiche sociali. La piattaforma, accessibile a tutti dal portale Anglat.it, rende interattivo l’approccio al web da parte dell’utente, il quale può passare dalla semplice consultazione delle informazioni alla possibilità di contribuire e alimentare l’area social con propri contenuti. «Anglat.it – dicono i promotori – è uno strumento pensato per muoversi al meglio o per denunciare situazioni che ostacolano l’accessibilità, in un dialogo continuo tra persone disabili e non, territori, associazioni, enti e istituzioni». l’evento DATI Inail e Anmil insieme per la Giornata delle vittime degli incidenti sul lavoro In Italia 4 milioni di disabili. E dopo la scuola, nulla R icorre il 12 ottobre la 64ª edizione della Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, promossa dall’Anmil contemporaneamente in tutte le province d’Italia, coinvolgendo circa 40mila persone. In questa occasione i dirigenti territoriali delle Sedi Inail consegneranno brevetti e distintivi d’onore ai nuovi e ai grandi invalidi del lavoro. Fulcro dell’evento, che ha il patrocinio del presidente della Repubblica, sarà la città di Firenze; parteciperanno – fra gli altri – il ministro del Lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti, il sindaco Dario Nardella, i presidenti dell’Inail Massimo De Felice e dell’Anmil Franco Bettoni. Dopo la celebrazione alle 8.45 di una Messa per commemorare tutte le vittime del lavoro nella chiesa di Santa Maria Novella, alle 10 è prevista la cerimonia civile nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio in piazza della Signoria. Seguirà la consegna degli attestati di merito e dei distintivi d’onore ai nuovi e ai grandi invalidi del lavoro e la premiazione di alcune scolaresche per un concorso promosso dall’Anmil dedicato alla sicurezza sul lavoro. TEMPO LIBERO Co-piloti disabili in viaggio U n viaggio a bordo di fuoristrada per cinque infortunati gravi da lavoro assistiti dalle strutture Inail della regione: si chiama “Basilicata Land Off 4x4” l’iniziativa promossa dalla Direzione regio- nale in collaborazione con l’associazione onlus Dinamica One di Potenza e l’Azienda di promozione turistica regionale. La carovana, formata da otto fuoristrada e un quad con un equipaggio di 19 persone (tra cui nove piloti normodotati SuperAbile INAIL S arebbero 4,1 milioni, secondo le stime del Censis, i disabili in Italia (pari al 6,7% della popolazione). La sindrome di Down colpisce circa 48mila individui, mentre le persone con disturbi dello spettro autistico sono circa 500mila. I dati sono contenuti nel Diario della transizione. Crescono gli alunni disabili nelle scuole (quasi 210mila quest’anno) e anche gli insegnanti di sostegno (oltre 110mila). Ma i bambini Down e autistici frequentano soprattutto l’obbligo formativo. Dopodiché ha un lavoro solo il 31,4% delle persone Down e il 10% di quelle autistiche. Gli adulti rimangono in carico alle famiglie, con sostegni istituzionali limitati (437 euro pro-capite l’anno la spesa per le prestazioni sociali). A frequentare un centro diurno, infatti, sono solo il 33% delle persone Down e il 50% di chi è autistico. E più sale l’età della persona disabile, più diminuiscono le speranze dei genitori di vedere un “dopo di noi”. e cinque co-piloti disabili da lavoro) è partita da Potenza il 5 settembre per una due giorni attraverso le aree più impervie e remote del territorio. I partecipanti hanno potuto sperimentarsi nelle complesse operazioni di guida su sterrato, sabbia e suolo roccioso, uso del Gps e lettura delle mappe. Il progetto è stato realizzato con il supporto tecnico del Comando regionale del Corpo forestale dello Stato e con il patrocinio della Regione Basilicata, del Comitato regionale del Cip e del Comune di Potenza. 7 Ottobre 2014 l’inchiesta Sentirsi invisibili Mio fratello è disabile. E la cosa mi riguarda Hanno scelto di farsi chiamare siblings e di incontrarsi in gruppi di auto-mutuo-aiuto per condividere i propri vissuti. Perché, confrontandosi con altri, si rendono conto di non essere gli unici ad aver sperimentato la convivenza con un altro figlio che ha molti più problemi di loro. E che spesso finisce per assorbire tutte le attenzioni dei genitori. In queste pagine, le loro storie SuperAbile INAIL 8 Ottobre 2014 Gli scatti in queste pagine sono di Fabio Moscatelli. Fotografo di reportage sociale e antropologico, è nato e vive a Roma. Ha frequentato la Scuola romana di fotografia e nel 2013 è stato finalista del Leica Award e vincitore del concorso National Geographic nella categoria “ritratti”. Il suo sito è Fabiomoscatelli.com. Antonella Patete/foto Fabio Moscatelli G iulia ha provato rabbia per tanti anni. Era la sorella “fortunata”, ma si sentiva trascurata e abbandonata a se stessa. Dinanzi alla disabilità di suo fratello Simone, le sue esigenze passavano in secondo piano. Questo almeno avvertiva lei, che a quei tempi era solo una bambina. E non riusciva a spiegarsi le ragioni di quel clima teso e preoccupato che a lungo ha sentito gravare come una cappa sulla sua famiglia. Oggi Giulia ha 29 anni, vive da sola in un bell’appartamento situato in un quartiere residenziale romano e fa pratica legale presso un avvocato. Ma soprattutto ha capito di non essere unica: negli ultimi anni, infatti, ha avuto modo di incontrare tanti fratelli e sorelle di ragazzi con disabilità e, insieme a loro, è riuscita a rimettere in ordine un gro- viglio di esperienze composto di domande senza risposte, rimozioni, sensi di colpa e la sensazione di aver vissuto un’ingiustizia. Hanno scelto di chiamarsi siblings, un termine che in inglese arcaico indica i fratelli e le sorelle, a prescindere dal sesso di appartenenza. In origine questa parola doveva comprendere tutti, anche i fratelli disabili, ma nell’uso comune ha cominciato a indicare solo loro: la prole fortunata, che poi, a guardar bene, così fortunata non si sente. Perché nello scompiglio totale che la nascita di un bambino con disabilità porta in una famiglia, gli altri figli rischiano di sentirsi declassati ad attori di secondo piano. Schiacciati tra i problemi “reali” dei fratelli e lo sforzo eroico dei genitori costretti a rimboccarsi le maniche, mettendo da parte la disperazione. SuperAbile INAIL 9 Ottobre 2014 «Simone è nato con un ritardo psicomotorio grave», ricorda Giulia che, all’epoca, aveva quattro anni. Era stata lei stessa a scegliere il nome Simone per quel fratellino che attendeva come il suo bambolotto speciale. «Poi quando è arrivato le cose strane erano tante e molteplici: non faceva ciò che facevano gli altri bambini. Io cercavo attenzione e affetto, ma la famiglia era destabilizzata». Ci sono voluti anni di pazienza e l’arrivo dell’adolescenza per cominciare a tirarsi fuori da quella situazione. «Un bambino non ha gli strumenti per affrontare quello che sta vivendo, e quelle emozioni negative te le porti dentro senza riuscire a elaborarle. Perché ti dicono che il problema è la disabilità di tuo fratello, ma solo dopo capisci che non è così: il problema non è la sua disabilità, è la tua solitudine». l’inchiesta Sentirsi invisibili Così quando Giulia ha incontrato Marco, otto anni fa, era pronta a fare i conti con la propria infanzia. Si sono conosciuti nel corso di un convegno organizzato da un’associazione che si occupa di persone disabili, e si sono subito capiti al volo. Perché, tra le tante cose che condividono, ce n’è una particolarmente importante: anche Marco ha un fratello con una disabilità psicomotoria, e insieme hanno cominciato a frequentare i gruppi di auto-mutuo aiuto organizzati dal Comitato siblings onlus più noto, tra gli operatori e le famiglie, semplicemente come Gruppo siblings. Sono tante le cose che hanno in comune: entrambi hanno sperimentato la paura di essere risucchiati nel vortice delle dinamiche familiari e il desiderio spasmodico di trovare la propria strada e, nei momenti di difficoltà, si sono posti le stesse domande: «Non sarà che io e questo fratello così diverso ci somigliamo nel profondo più di quanto non possa apparire?». Ma entrambi sono riusciti a cogliere anche il lato luminoso di questa esperienza, a partire dalla gratificazione di un rapporto così intenso tra siblings. Giulia non ha dubbi: «Simone non è parte della mia vita, è parte di me». Devi vederli insieme per capire cosa voglia dire. È come se si completassero a vicenda, lei è discreta, riflessiva, gentile, lui ha una personalità prorompente. Parla senza sosta, ama stare al centro dell’attenzione e, con la sua travolgente imprevedibilità, non fa fatica a conquistare (e rivoluzionare) la scena. «Si è sempre sentito tanto amato, non ha nessuna lacuna affettiva», è il commento di sua sorella. Un affetto che ora Simone non fa fatica a dispensare all’umanità in generale e SuperAbile INAIL 10 Ottobre 2014 a Giulia in particolare. Da quando è andata a vivere da sola hanno continuato a vedersi spesso e si sentono a telefono più volte al giorno, in qualsiasi momento. Perché c’è sempre qualcosa che lui ha il bisogno urgente di dirle. Quanto alla loro vita futura, Marco e Giulia pensano a una famiglia allargata dove i loro fratelli possano trovare tutto lo spazio fisico e affettivo di cui hanno bisogno. «È l’eredità che ci lasciano i nostri genitori», dice lui. «Ci sono sempre stati e sempre ci saranno – aggiunge lei –. Quando dico che voglio vivere con Simone è perché voglio per lui una vita vera. So che starà sempre con me perché io ho bisogno di lui». Nel frattempo tante cose in casa di Giulia parlano di quel fratello così esuberante e talvolta «ingombrante». Le pareti ospitano i quadri che da qualche Nato a Roma nel 1997, il Gruppo siblings onlus opera soprattutto attraverso la promozione di gruppi di auto-mutuo aiuto, riservati ai fratelli e le sorelle di persone con disabilità. Il comitato promotore, composto esclusivamente da siblings che prestano la loro opera a titolo volontario, gestisce anche un sito ricco di testimonianze, indicazioni bibliografiche e aggiornamenti sulle attività svolte (Siblings.it). Da 13 anni il Gruppo siblings organizza un mega raduno nazionale a cui prendono parte fratelli e sorelle provenienti da tutta Italia. L’ultimo si è svolto a Sacrofano (Roma) lo scorso 27 settembre. tempo Simone ha iniziato a dipingere e il balcone accoglie un micro orto urbano che lui coltiva, sull’onda delle attività di agricoltura sociale svolte quando non è impegnato con la scuola. E dove è appena nata una piccola melanzana, di cui Simone va orgoglioso. Fino agli anni Novanta del secolo scorso nel nostro Paese nessuno aveva pensato che la disabilità di un bambino potesse coinvolgere anche i fratelli. Le terapie familiari offerte da enti pubblici e convenzionati riguardavano per lo più la linea diretta genitori-figli disabili e l’immagine prevalente era quella di una triade familiare composta da madre, padre e bambino con disabilità. Degli altri fratelli nessuna traccia. La prima a interessarsene fu Anna Zambon Hobart, una psicoterapeuta vicina all’As- sociazione italiana persone Down (Aipd). «Dalla sua intuizione nacquero i primi gruppi di auto-mutuoaiuto, all’inizio frequentati soltanto da fratelli e sorelle di persone con trisomia 21», spiega Federico Girelli, oggi docente di Diritto costituzionale e, soprattutto, presidente del Comitato siblings, un’associazione di soli volontari che, oltre a organizzare incontri in tutta Italia, gestisce un sito Internet molto frequentato, un gruppo Facebook di quasi 4.500 membri e una mailing list ristretta di 300 indirizzi. «Si tratta di gruppi informali composti da sei a otto persone – spiega –. Non sono sedute di psicoterapia, ma attività fatte da fratelli per altri fratelli, all’interno delNelle foto: Giulia e suo fratello Simone (pagg. 8-10), Federico e sua sorella Maria Claudia (pagg. 11-13) SuperAbile INAIL 11 Ottobre 2014 le quali si può parlare della propria esperienza con assoluta libertà: perché sai che quello che dirai non verrà mai riportato all’esterno». Attualmente gli esponenti del Gruppo siblings vengono invitati a convegni e incontri e i gruppi di auto-mutuo aiuto si sono aperti a disabilità diverse rispetto alla sindrome di Down. «Ma quando iniziammo nel 1997 non potevamo sospettare che sarebbe diventata una cosa così grande», racconta Federico che all’epoca aveva 25 anni, studiava Giurisprudenza ed era solito accompagnare sua sorella minore Maria Claudia alle attività pomeridiane organizzate dall’Aipd. «Negli anni dell’università passava tanto tempo a casa da solo con lei, soprattutto il pomeriggio quando gli altri della famiglia erano assenti – dice –. E allora dovevi preoccuparti di assisterla l’inchiesta Sentirsi invisibili Fratelli e sorelle in una ricerca dell’Anfass I rapporti tra fratelli e sorelle, quando in famiglia c’è un figlio disabile, al centro di un’indagine dell’Anfass realizzata grazie al contributo di circa 200 persone provenienti da tutta Italia. L’indagine, presentata nel maggio scorso, ha coinvolto 94 persone tra i 13 e i 60 anni con disabilità intellettiva e/o relazionale e 109 fratelli e sorelle in età compresa tra gli 11 e i 60 anni. Ne emerge che per molti siblings la presenza della disabilità in famiglia è stato un modo per maturare più velocemente degli altri. Come racconta uno dei partecipanti: «La disabilità mi ha fatto crescere in fretta. Mi ha costretto a pormi domande importanti, a cercare di capire le ragioni della differenza». Ma emergono anche momenti di difficoltà, spesso a fronte degli atteggiamenti dei compagni di scuola e dell’uso da parte di questi di termini come “mongoloide” o “handicappato”. Quanto al presente o al futuro di adulti, risulta chiara la preoccupazione per il cosiddetto “dopo di noi”. Cosa accade o accadrà quando i genitori non saranno più presenti? Su questo punto alcuni hanno lamentato di non essere stati preparati ad avere un rapporto con il proprio fratello o sorella, anche in virtù della vita futura (spesso immaginata dai genitori insieme). Altri, invece, si sono sentiti «schiacciati» dalla disabilità, soprattutto quando hanno avvertito un sovraccarico SuperAbile INAIL di responsabilità e aspettative da parte dei genitori. Interessante anche il punto di vista dei fratelli e delle sorelle disabili, che il progetto ha preso in considerazione. Molti hanno sottolineato l’aiuto ricevuto: («Quando ero piccola mio fratello mi prendeva in braccio per salire o scendere le scale»), altri raccontano le preoccupazioni («Quando torna a casa tardi la sera io mi preoccupo, soprattutto se sento le sirene delle ambulanze») oppure il dolore per il distacco («Ho sofferto perché non è più con noi in famiglia»). Ma come influisce la disabilità sulle dinamiche familiari? Dallo studio emerge che, quando la famiglia non si sgretola, diventa più unita e forte nell’affrontare 12 Ottobre 2014 i problemi. Proprio su questo aspetto però i pareri si dividono. Perché se c’è chi dice: «La mia famiglia ha vissuto fino ad oggi la disabilità di mio fratello quasi come un dono», c’è anche chi afferma: «I miei genitori si sono dedicati solo ed esclusivamente alla sorella più fragile. A quel tempo non c’erano aiuti. Io e mia sorella siamo cresciute da sole, cercando di non pesare sui nostri genitori». Quanto ai genitori, infine, se alcuni hanno concentrato la maggior parte delle loro energie sulla riabilitazione del figlio disabile, altri hanno puntato tutto sul figlio senza disabilità: «Pensavo di dover realizzare tutte io le aspettative che i miei genitori avevano riposto in entrambi». [A.P.] un po’ in tutto, combattendo con il senso di colpa di dedicarti allo studio anziché pensare a lei, che magari non aveva bisogno di niente ma se ne stava seduta in poltrona a non far nulla». Fu proprio in quel periodo che Federico ricevette una strana telefonata: arrivava da un suo coetaneo che, come lui, accompagnava il fratello maggiore agli appuntamenti dell’Aipd. Si co- noscevano solo di vista e la chiamata lo colse di sorpresa: «Fino a quel momento non avevo mai realizzato che esistessero altri fratelli e sorelle di persone con sindrome di Down e la richiesta mi spiazzò: mi proponeva di incontrare altri siblings una volta a settimana per parlare di noi, e mi chiedeva di farlo per almeno tre volte prima di trarre le somme. Mi sembrava l’ennesima seccatura, ma accettai. Alla fine, anziché tre settimane, in quel gruppo ci sono rimasto tre anni». La cosa funzionò così bene che pensarono di proporla anche ad altri fratelli. In molti accettarono, perché quel confronto alla pari funzionava e tanti si trovavano a raccontare a perfetti sconosciuti esperienze e vissuti che non avevano mai confidato neppure alle proprie fidanzate. «Poi aprimmo un sito e ricevemmo talmente tanti contatti e richieste da convincerci a costituire un’associazione vera e propria. Col tempo abbiamo fondato gruppi in mezza Italia, coinvolgendo decine di persone dai 18 ai 70 anni di età». A uno di questi gruppi ha preso parte Alessandra. Ci è arrivata tardi, quando aveva ormai passato la boa dei 40, dopo la scomparsa di suo fratello Arrigo nel 2009. «Prima di allora parlare con altri dei miei problemi SuperAbile INAIL 13 Ottobre 2014 di sorella mi sarebbe sembrato un tradimento – afferma –. E parlarne con lui era impossibile: non si discute di disabilità con il proprio fratello disabile. È come avere un elefante in salotto, direbbero gli inglesi: è sotto gli occhi di tutti, ma è meglio fare finta di non vedere». A quattro anni gli avevano già diagnosticato una distrofia muscolare e a 24 Arrigo non riusciva più a camminare. Il suo spirito però volava alto e lui sentiva il gusto della vita anche attraverso l’amore per la musica, che lo ha sempre accompagnato. Gli appassionati di classica si ricordano ancora di Arrigo Quattrocchi, voce di Radio Tre, critico musicale e musicologo, membro dell’Accademia filarmonica romana e tra i massimi esperti di lirica in Italia. Dopo la sua morte Alessandra è andata ad abitare nell’appartamento dove lui ha vissuto negli l’inchiesta Sentirsi invisibili ultimi dieci anni della sua vita, e dove conserva ancora il suo pianoforte e la libreria dei cd. «Non so se ho fatto bene, ma è stato un modo per fare i conti con il passato». E con tutte quelle dolorose questioni che in precedenza aveva preferito negare: a lui, alla famiglia e soprattutto a se stessa. «Quando c’è un figlio che ha più problemi, gli altri non si sentono meno amati, ma intimamente meno importanti. È una cosa che può capitare a tutti, a prescindere dalla disabilità – spiega –. E poi c’è il senso di colpa perché tu sei sana e tuo fratello no». Ma la disabilità di Arrigo toccava solo il corpo, e lei non poteva mentire: «Per nascondergli la mia rabbia, ho dovuto celarla in primo luogo a me stessa. Ho annullato tutti i sentimenti negativi, perché avevo la sensazione che ammettendoli avrei potuto ucciderlo. Era come di- re: tu non puoi esistere». Col passare del tempo Alessandra ha cominciato a diventare sempre più indispensabile per suo fratello: lo aiutava a fare molte cose pratiche, dove non arrivava lui, poteva pensarci lei. E la sensazione che la sua disponibilità fosse data per scontata alimentava il risentimento sottotraccia. Poi c’era quella intelligenza, quella saggezza, quella capacità di stare con gli altri e farsi amare da loro, che lo rendevano così speciale. «La genialità doveva essere la compensazione naturale della disabilità che lo aveva colpito – riflette oggi –. Restavo sempre un passo indietro, non potevo rischiare di fargli ombra». A 29 anni Alessandra ha lasciato la casa dei genitori. È stata quasi una fuga. «Da noi vigeva una sorta di cospirazione. Si fingeva che tutto fosse normale: dovevamo conservare l’immagine di una famiglia che af- SuperAbile INAIL 14 Ottobre 2014 fronta i problemi a vele spiegate». Poi una selezione fatta quasi casualmente in Francia per un lavoro da giornalista, la sorpresa di averla superata e la decisione repentina di accettare: «È stato Arrigo a prestarmi i soldi per partire. Penso che anche lui si sentisse incartato in una situazione che non riuscivamo a sciogliere. Abitavamo ancora con i nostri genitori che lavoravano tutto il giorno, io non riuscivo ad andare avanti con gli esami universitari e avevo un impiego part time. La mia partenza ha cambiato le carte in tavola, due anni dopo anche mio fratello è andato a vivere da solo, con un assistente. Capiva che In alto, Alessandra al pianoforte di Arrigo; a fianco, un particolare della libreria dei cd musicali di suo fratello Specchiarsi in una sorella disabile O non potevamo continuare così». Per Alessandra allontanarsi fisicamente è stato il primo passo per cominciare a fare chiarezza in se stessa, separando la rabbia dall’amore. Anni dopo, frequentando i gruppi di siblings italiani e americani, ha compreso tante cose e, soprattutto, ha imparato a rintracciare nelle esperienze degli altri quel comune denominatore che unisce i siblings ad altri siblings, come una catena invisibile che lega le singole storie, al di là dell’irripetibile unicità dell’esperienza umana. «Alle sorelle dei distrofici dico sempre: migliore sarà la vostra vita, migliore sarà la loro. Pensare di salvarli con il nostro sacrificio è pura fantasia. Più ci sentiamo sane ed equilibrate, più saremo in grado di aiutarli». E non si stanca mai di insistere sull’importanza della comunicazione: «Parlate, parlate e ancora parlate. Non so che avrei dato perché qualcuno mi chiedesse di parlare del rapporto con mio fratello. È molto importante per un sibling avere punti di riferimento esterni alla famiglia, che possano fare da sponda e da valvola di sfogo, perlomeno in alcuni momenti. Non è risolutivo, ma aiuta». Dopo la scomparsa di Arrigo, Alessandra per la prima volta ha cominciato a studiare musica. È un modo per metabolizzare il ricordo del fratello e la passione per lui più importante, la sua parte felice. D’altra parte lei stessa ha talmente tanta musica in testa, che spesso non sa neppure dire di che pezzo si tratti. Eppure da quando lui se n’è andato, non riesce più ad ascoltare un cd. Forse un giorno ricomincerà e la musica potrà intrecciarsi lievemente al ricordo di quel fratello maggiore tanto amato. SuperAbile INAIL 15 Ottobre 2014 ggi Alice e Daniele Pareyson hanno 19 anni: sono gemelli e fratelli di Arianna, maggiore di quattro anni, cerebrolesa grave. Nel volume Se Arianna, fresco di stampa per i tipi di Giunti – firmato dalla loro mamma Anna Visciani ma scritto in realtà a otto mani, comprese quelle del padre Davide –, i ragazzi raccontano senza filtri il loro rapporto con la sorella. Riflessioni scritte da Daniele quando era più piccolo: «TUTTI CI GUARDANO», annota in maiuscolo, riferendosi a imbarazzanti cene in vacanza. Partecipando a una festa organizzata dal centro diurno in cui Arianna trascorre alcune ore delle sue giornate, si dischiudono in lui letture nuove della sua esperienza: conosce persone disabili, meno gravi della sorella, che non hanno alle spalle una famiglia. Squisitamente femminile la relazione descritta da Alice, che confida ad Arianna le sue prime cotte anche se lei non può risponderle. In una situazione difficile da gestire sia emotivamente che logisticamente, i gemelli scovano modalità comunicative inedite con la sorella, che fa maturare in loro una visione oblativa dell’esistenza e una capacità di guardare oltre le apparenze e i silenzi. [L.B.] INSUPERABILI Intervista a Roberto Bruzzone Giro il mondo, gamba in spalla Dopo aver attraversato il deserto della Namibia ed essere salito in vetta al Kilimanjaro, ora il trekker vuole partire per un tour nelle scuole Michela Trigari Q uando gli chiedi che lavoro fa, lui risponde che «cammina». E in effetti ora Roberto Bruzzone è un trekker di professione. Nel senso che, da quando in quattro ore e mezza scalò il Gran Paradiso con la sua protesi alla gamba (era il 2006), non si è più fermato: l’anno dopo ha percorso i 781 chilometri del cammino di Santiago di Compostela in 26 giorni e poi, dopo pochi mesi, è salito in vetta al Kilimanjaro. Nel 2008 ha attraversato parte dell’Islanda a piedi (si è dovuto fermare a causa di un’infiammazione al tendine d’Achille), nel 2010 è arrivato in cima all’Aconcagua (in Argentina) toccando quota 6mila metri e “riposandosi” poi in giro per la Corsica, mentre tre anni fa ha conquistato il deserto della Namibia. A suo modo è un uomo dei record. Tanto che, grazie alle sue imprese, tutte documentate su Robydamatti. it, questo ragazzone di Ovadia (Alessandria) classe 1978, amputato sotto il ginocchio 14 anni fa in seguito a un incidente in moto, è diventato il tester e il testimonial di un’azienda di protesica, gli sponsor tecnici gli danno una mano quando parte per le sue avventure e in più lo chiamano un po’ da tutta Italia per motivare ragazzi e dirigenti, tenere corsi, presentare i suoi viaggi. «Effettivamente non ho un lavoro in particolare – dice –. Ma da quando ho iniziato SuperAbile INAIL 16 Ottobre 2014 Bruzzone attraversa il deserto del Namib, in Namibia. Nella pagina precedente, sul sentiero Gr 20 in Corsica. Foto di Stefano Pini a fare il camminatore estremo si sono create tutta una serie di sinergie che sono diventate il mio lavoro. Inoltre ho fondato anche l’associazione Naturabile, una onlus che promuove il trekking e lo sport tra le persone disabili». Ora è reduce dal “Robydamatti walk camp”, una settimana di perfezionamento del cammino sui terreni accidentati delle colline bolognesi (cinetica, postura, eccetera) rivolta alle persone amputate. hanno amputato le dita del piede, poi l’avampiede, poi tutta una serie di interventi chirurgici per vedere di ricostruire qualcosa. Mi sono fatto tre anni di ospedale, di antidolorifici e di morfina prima di decidere di farmi amputare la gamba sotto il ginocchio. Ma da quando la protesi si è assestata sono ripartito in quinta. Ricordo che dissi a mio fratello: «Il giorno che riesco a fare il primo passo non mi fermo più». Più o meno ero la stesso, almeno come personalità. Forse un po’ più scavezzacollo. Lavoravo in fabbrica – costruivo marmitte per le moto da corsa, la mia grande passione – e poi facevo l’istruttore in palestra e molto pugilato. Sono stato per dodici anni sul ring e la box è stata il primo sport a cui mi sono avvicinato dopo l’incidente: andavo quasi meglio di prima, tanto ero motivato. Ma visto che non mi facevano più gareggiare e che non esisteva il pugilato per disabili, sono passato all’atletica. Però anche la pista mi stava stretta. Il messaggio è sempre quello di non fermarsi mai davanti agli ostacoli. E poi cerco di dare dei consigli pratici e di indicare la strada più corta per avere una buona protesi. Ma non è semplice, soprattutto quando ti arrivano e-mail di ragazzi che vogliono emularti facendosi amputare un arto. Anche le madri mi scrivono preoccupate dell’infelicità dei loro figli dopo un incidente o un altro tipo di disabilità acquisita: io rispondo che è normale e che sarebbe preoccupante se fossero subito allegri e sorridenti. Chi era Roberto Bruzzone prima dell’incidente? Poi è arrivato l’amore per il trekking... Sì, me lo ha proposto Alessio Alfier, un preparatore atletico specializzato negli sport di resistenza. E io che credevo che andassimo a fare delle passeggiate in montagna... Dopo il Gran Paradiso sono diventato un “camminatore con la gamba in spalla” – la protesi di riserva che porto sempre con me nello zaino – per vedere non solo quanta strada riuscivo a fare in salita ma anche quanti chilometri riuscivo a percorrere in piano. C’è voluto un bell’allenamento, tanta fatica e a volte pure dolore. Ma n’è valsa la pena. Cosa dice a chi si trova a dover fare i conti con la disabilità? Quali sono i suoi progetti futuri? Per prima cosa sto cercando fondi per effettuare un tour regionale nelle scuole, che parta almeno da Piemonte e da Lombardia, e che affronti anche il tema della sicurezza sulle strade. Il secondo progetto riguarda invece una serie di incontri in collaborazione con il Cai (il Club alpino italiano) per parlare dell’approccio della disabilità alla montagna. Prossimo viaggio in programma? Spero di partire al più presto per il Perù, magari tra gennaio e febbraio prossimi, alla volta del viaggio più lungo che abbia mai affrontato a pieMomenti di sconforto non ne ha mai avu- di: da Lima al lago Titicaca, al confine con la Bolivia, naturalmente salendo ti in questi anni? Certo che sì. Dopo l’incidente è stato anche sul Machu Picchu alla scoperta psicologicamente durissimo. Prima mi degli Inca. SuperAbile INAIL 17 Ottobre 2014 sotto la lente Dopo l’infortunio Il boscaiolo che decise di tornare in montagna D Un incidente sul lavoro che gli è costato il braccio destro. Ma Nicola De Martin Topranin è tornato al suo vecchio impiego. Grazie a un’incrollabile forza di volontà e all’aiuto dell’Inail. Che gli hanno permesso di adeguare il mezzo agricolo alla sua nuova situazione opo 20 anni trascorsi nei boschi, non se l’è sentita di andare a fare l’impiegato il signor Nicola De Martin Topranin. Originario di Padola, un paese di mille anime in provincia di Belluno, ha passato gli anni migliori della sua vita a fare il boscaiolo tra le montagne delle Dolomiti: magnifico scenario naturale, ma anche fonte di lavoro per gli abitanti della zona. Classe 1962, Nicola lascia la scuola a 15 anni per andare a lavorare tra i boschi, seguendo l’esempio di suo padre. D’altra parte la sua passione è la montagna: a 18 anni è già maestro e allenatore federale di sci, qualifica a cui più in là si aggiunge quella di presidente del Soccorso alpino della Val Comelico. Nel 1988 si sposa, ha due figli e la sua vita sembra procedere tranquilla e senza scosse, seguendo il ritmo sempre uguale delle stagioni: col bel tempo va nei boschi, in inverno lavora sulle piste come addetto alla gestioSuperAbile INAIL 18 Ottobre 2014 ne degli impianti di risalita. Fino a che a sparigliare le carte arriva un terribile infortunio. «Era il 10 maggio del 2008 – racconta Nicola –. Sono rimasto impigliato all’albero cardanico del trattore». L’esito dell’incidente è drammatico: amputazione dell’avambraccio destro con lussazione del gomito. Ma il vittimismo dura poco, «a metà settembre avevo già la protesi al braccio ed ero pronto a ricominciare». Il ritorno alla vita normale si rivela però più complicato del previsto: la buona volontà non manca, la famiglia gli è sempre vicina, ma il lavoro che ha sempre svolto diventa terribilmente difficile e gravoso. Nicola non riesce più a tagliare gli alberi, salire e scendere dal mezzo gli richiede tempo e fatica e, soprattutto, il ritorno economico diventa insufficiente a mantenere la famiglia. Per risolvere il problema prova perfino a riprendere la professione di maestro di sci, ma anche questa strada si rivela impraticabile e, soprattutto, incompatibile con la disabilità acquisita. «Ho preso in considerazione qualunque cosa – racconta –, anche la possibilità di usufruire di un collocamento mirato come centralinista. Ma alla fine ho deciso di rinunciare, perché si trattava di un impiego troppo distante dalla mia idea di lavoro». La soluzione arriva nel 2010, durante una fiera del legno in Austria. Qui il boscaiolo di Belluno scopre l’esistenza di un nuovo mezzo agricolo dotato di una particolare gru per il carico e il trasporto del legname. Si tratta di una macchina imponente, che gli permette di raggiungere luoghi inaccessibili anche a persone che non hanno disabilità. Ma il vantaggio principale è che la gru può essere manovrata dal posto di guida, senza la necessità di uscire dalla cabina. Per Nicola quel mezzo rappresenta un’irrinunciabile opportunità: recuperare il lavoro perduto e tornare alla sua vecchia vita. La spesa è ingente, ma sente di non potersi fare sfuggire l’occasione. Chiede e ottiene un finanziamento regionale, stipula un cospicuo mutuo con una banca ed è quasi pronto per ripartire. Quasi, perché gli rimane un ultimo problema: non può manovrare il “Gigante” con una sola mano. È a questo punto che entra in gioco l’Inail. La Sede di Treviso ha effettuato un progetto riabilitativo personalizzato che ha previsto di concedere il rimbor- Le fotografie sono di Claudio Correzzola, (professionista Contarp della Direzione regionale Veneto dell’Inail) SuperAbile INAIL 19 Ottobre 2014 so per l’adattamento dei comandi della gru, in modo tale che possano essere usati con la mano sinistra. «Nella tutela globale dell’infortunato, il reinserimento lavorativo è tra gli obiettivi della missione dell’Istituto – commenta l’assistente sociale Monica Lucato –. Nel caso particolare del signor De Martin, fin dal primo momento è stata evidente una buona motivazione alla ricerca di un lavoro». Un proficuo inserimento professionale è indispensabile non solo da un punto di vista economico, ovvero per poter adeguatamente provvedere ai bisogni della famiglia. Oltre a rispondere a questa fondamentale necessità, conclude l’assistente sociale, «il ritorno al lavoro riveste una grande importanza anche dal punto di vista etico, tenuto conto anche dei suoi valori culturali, per i quali il lavoro è vissuto come dovere e va a incidere sulla dignità della persona». [A.P.] cronache italiane Forlimpopoli Sulle colline romagnole, la più grande realtà italiana dedicata all’autismo e al disagio psichico, dove i ragazzi vengono impiegati anche nella serra e nella stalla. Una struttura residenziale e un centro diurno voluti dalle famiglie Fornino e Valmori, che hanno dato vita all’omonima fondazione per trovare una soluzione per il futuro dei loro figli Una casa per l’autismo Q uello che colpisce quando arrivi è che non ci sono cancelli. Chiaro che il giardino della villetta dove per un po’ abitano i ragazzi è recintato, ma per il resto nessuna gabbia. Questo perché alla Fondazione ForninoValmori, la più grande realtà italiana dedicata all’autismo e al disagio psichico, credono che agli ospiti servano «spazi senza reticolati» per potersi esprimere al meglio, «in un luogo che non sia chiuso in se stesso ma aperto a tutti all’insegna dell’integrazione con chiunque voglia venire a trovarci», dice Vincenzo Fornino, uno dei due fondatori. E poi questo “villaggio protetto” inaugurato un anno fa è lontano dalla strada, immerso nel verde tra le campagne di ForSuperAbile INAIL 20 Ottobre 2014 limpopoli e le colline di Bertinoro (in provincia di Forlì-Cesena), e i ragazzi autistici o con disagio psichico sono costantemente seguiti dagli operatori. Così che Nicolò, Andrea, Roberto, Leonardo, Tiziano, Stefano e Davide, se vogliono, possono andare tranquillamente in giro per la serra, i campi sportivi e il maneggio sempre sotto l’occhio vigile di due psicologi, due educatori e tre operatori sociosanitari che si alternano nelle 24 ore. Ecco allora che capita di imbattersi in uno di loro che porta una carriola, mentre un altro sorride nel farsi spingere dentro un carrello. Ma gli ospiti sono liberi anche di guardare la tv, di prendersi un bicchiere d’acqua, di stare seduti sul divano o sul dondolo Il villaggio in cifre Finora otto ospiti residenziali (tutti autistici non verbali), cinque persone con disagio psichico seguite dal centro diurno e una decina di richieste per i mesi futuri. E poi 22 ettari di terreno tra maneggio – con una ventina di cavalli –, serra, farmer’s market, laboratorio di ceramica, campi sportivi, e 6mila metri quadrati al coperto tra appartamenti, palestra, spazio infanzia e per l’analisi comportamentale applicata, ristorante, lavanderia, parrucchiere, due sale convegni. Info: Fondazioneforninovalmori.com o pagina Facebook. [M.T.] In questa residenza per l’autismo e il disagio psichico in provincia di Forlì-Cesena molte delle iniziative sono aperte a tutti, come il centro estivo per i bambini disabili e non della zona (a fianco). Foto di Michela Trigari proprio come fossero a casa propria. Una casa che alla Fondazione ForninoValmori è una bella villetta su due piani dove ognuno ha la propria stanza e il proprio bagno, mentre la cucina e il salotto sono in comune. Infatti in questo centro residenziale con 20 posti letto (otto per l’autismo e dodici per il disagio psichico in due strutture separate), i ragazzi vivono insieme per qualche settimana o qualche mese scandendo il ritmo delle giornate – dalla sveglia ai pasti fino all’ora di andare a dormire – e seguendo le attività proposte dalla cooperativa sociale Insieme per crescere, creata ad hoc per gestire questa realtà. La struttura, inoltre, funge anche da centro diurno per le persone con disagio psichico e da luogo di stage ai fini dell’inserimento lavorativo. Oltre al cosiddetto “sollievo”, «l’obiettivo delle famiglie che dal territorio ma soprattutto dal resto d’Italia porta- no qua i propri figli – e che possono fermarsi per qualche giorno soprattutto durante l’inserimento – è quello di aumentare o recuperare la loro autonomia personale e domestica nonché le capacità di relazione», spiega Galeazzo Garavini, coordinatore socio sanitario. «Noi lavoriamo secondo progetti individualizzati e in base a un ventaglio di attività occupazionali che vanno dall’ippoterapia e dalla riabilitazione equestre a tutto quello che riguarda i prodotti della terra, dal laboratorio di ceramica al mantenimento delle abilità scolastiche, passando per un po’ di palestra e di sport all’aria aperta fino al portare la propria roba sporca in lavanderia. Inoltre una volta a settimana vengono un fisiatra, un terapista della riabilitazione e, a richiesta, un medico di base che è anche psichiatra». La struttura nasce grazie a due famiglie di imprenditori agricoli, i Fornino e SuperAbile INAIL 21 Ottobre 2014 i Valmori, decise a dare un futuro sia ai propri figli sia a quelli degli altri. Vincenzo Fornino è il papà di Antonio, un 42enne che soffre di disagio psichico, mentre Edo Valmori lo è di Nicolò, un ragazzo poco più che ventenne affetto da autismo. I due pian piano maturano l’idea di dover fare qualcosa per quello che viene chiamato il “dopo di noi”, perché non sono soddisfatti dei centri visitati fino a quel momento. Nei primi anni Duemila prende piede la convinzione che una fondazione sia la strada giusta, e così investono gran parte dei loro risparmi in questo progetto totalmente a capitale privato nonostante, da statuto, i futuri garanti della struttura – quando le due famiglie non ci saranno più – siano i Comuni di Forlimpopoli e Bertinoro. «Abbiamo deciso di convertire i nostri averi in capitale sociale perché altrimenti sarebbero andati dispersi. E lo abbiano fatto aprendoci all’esterno. Un’apertura nuova che significa sia integrazione dei ragazzi con il territorio sia possibilità di autofinanziare la cooperativa Insieme per crescere», commenta il signor Fornino. Da qui il ristorante Fiori di zucca, la vendita dei prodotti coltivati e magari anche di quelli di ceramica, le lezioni di equitazione per tutti, lo stallaggio dei cavalli, il noleggio dei campi da calcetto, basket, pallavolo e tennis, l’affitto degli spazi per feste, convegni o ambulatori, la raccolta di vestiti, mobili, giocattoli e libri. Ma anche un centro estivo per i bambini della zona, anche disabili, che ha funzionato da giugno a settembre. E in futuro la lavanderia (nonché stireria) dovrà trovare alcune commesse esterne, così come si lavorerà per rendere operativa anche una piccola sartoria. Senza nascondere i ritardi e le difficoltà di una realtà che, in fondo, ha appena compiuto il suo primo anno di vita. [M.T.] portfolio Atleti che non si arrendono Accostare i ritratti di atleti disabili e non, accomunati dalla voglia di sfidare «il limite delle loro possibilità fisiche». Il volume Oltre lo sguardo. Uomini e donne alla ricerca dei loro limiti racconta «storie vere che esaltano le capacità, la forza, lo spirito dell’uomo, che hanno offerto anche un contributo importante alla scienza. Storie di atleti con disabilità che non si sono arresi al destino, realizzando con la pratica sportiva sogni e passioni», scrive Luciano Montanari, autore dei testi, mentre le foto sono di Paolo Genovesi e il giornalista Toni Capuozzo firma la presentazione del libro. Le vicende raccontate da parole e immagini condividono anche «un profondo aspetto umano, molte volte alla base della ricerca e della motivazione di SuperAbile INAIL 22 Ottobre 2014 queste imprese, che ci portano a conoscere cosa c’è oltre le barriere che loro sono riusciti a superare, rivelandoci il percorso difficile che hanno seguito per realizzare ciò che per noi non va oltre lo sguardo». Soglia simbolica «per identificare i limiti delle possibilità umane, limiti che non sono solo fisici, del corpo, ma soprattutto psicologici, della mente». Sopra e nella pagina a fianco, Maurizio Zanolla, soprannominato Manolo. A 17 anni scopre la montagna rivoluzionando il sistema dell’arrampicata libera, affidandosi a mani e piedi, calzando scarpe leggere al posto degli scarponi chiodati. Accanto, Mauro Bernardi, con la giacca a vento blu. Bergamasco, ha vissuto sempre la montagna con grande passione, anche dopo l’incidente con il camion che gli ha tolto l’uso delle gambe. Sulla neve ritrova autonomia e libertà, diventando il primo maestro di sci disabile per l’insegnamento dello sci alpino alle persone con disabilità motoria. Il volume fotografico è accompagnato da una mostra itinerante: dettagli su Oltrelosguardo.it. SuperAbile INAIL 23 Ottobre 2014 portfolio Atleti che non si arrendono Sopra, Nicola Dutto: motociclista affermato, nel 2010 la sua carriera è compromessa da un grave incidente durante una corsa che lo rende paraplegico, ma torna in sella su una moto speciale. A fianco, Emanuele Pagnini: dopo aver perso l’uso delle gambe in un incidente stradale, dallo sci alpino è passato allo sci nautico nelle specialità salto, slalom e figure, fino al cable wakeboard. A destra, Maria Canins, diventata un simbolo dello sport femminile mondiale prima nello sci di fondo, poi nel ciclismo. SuperAbile INAIL 24 Ottobre 2014 Marco Olmo, in alto, icona dell’extra trail mondiale. Da 40 anni è protagonista di corse estreme dai deserti al Monte Bianco, a cui si prepara da solo, senza la guida di un allenatore. A sinistra, Oliviero Bellinzani: coltiva la passione per l’alpinismo anche dopo un grave incidente in moto a seguito del quale a 21 anni gli viene amputata una gamba. Con le stampelle ha scalato oltre un migliaio di cime, tra cui 27 di 4mila metri, il suo lasciapassare nel Club 4000 del Cai di Torino. SuperAbile INAIL 25 Ottobre 2014 SPORT Paraciclismo Piovono medaglie sui biker paralimpici Agli ultimi Mondiali, conclusi a settembre negli Stati Uniti, gli azzurri hanno conquistato sei ori, quattro argenti, tre bronzi. Grazie a inossidabili campioni come Alex Zanardi e Vittorio Podestà e a nuovi altleti che fanno ben sperare anche per il futuro Stefano Caredda C on loro, vai sul sicuro. Sole o pioggia, strade di casa o d’oltreoceano, c’è un’abitudine che gli azzurri del paraciclismo mantengono sempre: quella di prendersi qualche medaglia. Anzi, tante medaglie, a giudicare dai risultati recenti, che hanno proiettato questa disciplina (su pista, su strada e l’handbike) al rango di sport più prolifico per i colori italiani. Due anni fa, alle Paralimpiadi di Londra 2012, arrivarono dieci medaglie, con quattro ori, tre argenti e tre bronzi. Medaglie diventate 13 sia ai Mondiali disputati nel 2013 (sette ori, due argenti, quattro bronzi), sia in quelli appena andati in scena – fra agosto e settembre scorso – in Sud Carolina, negli Stati Uniti: sei ori, quattro argenti, tre bronzi. Squadra sempre in forma, imperniata sulla presenza di alcuni inossidabili campioni – come Alex Zanardi e Vittorio Podestà – e arricchiSuperAbile INAIL 26 Ottobre 2014 ta da nuovi nomi che fanno ben sperare anche per il futuro. Eppure le cose potrebbero andare molto meglio, perché scovare nuovi atleti di alto livello è difficile, sostenere quelli che già ci sono è complicato, allargare la base dei praticanti e rendere il ciclismo davvero popolare fra le persone con disabilità è una sfida ancora lontana dall’essere vinta. Mario Valentini, che di anni ne ha 72 e da 15 è il commissario tecnico della Nazionale, ha passato gli ultimi undici mesi in giro per l’Italia a promuovere la disciplina: «Bisogna fare reclutamento nei centri di riabilitazione, per andare a dire ai ragazzi che hanno subito un incidente che c’è un altro mondo là fuori, che lo sport è bellissimo ed è alla loro portata». Un’esperienza di scouting contrastato, la sua: ci sono volti nuovi, come il 44enne Giancarlo Masini (un passato nel motocross e ora già uno splendido argento mondiale) o i ventenni Elia Bo- tosso e Fabio Anobile, ma si trova anche chi rema contro: «In alcuni centri di riabilitazione non ti fanno neppure entrare». E poi il problema del costo della bici o della handbike è per molti una barriera economica all’ingresso. Non è così per gli assistiti Inail, che possono ricevere gratuitamente l’attrezzo sportivo, ma lo è per tutti gli altri, costretti a spendere cifre importanti: le handbike partono da 4mila euro. «La legge italiana – spiega Podestà, uno degli atleti più rappresentativi e vincenti della Nazionale, seguito per gli ausili dal Centro protesi di Vigorso di Budrio – le considera mezzi ortopedici e i contributi regionali per acquistarle, che pur ci sono, coprono solo una piccola parte del prezzo». Il mercato è di nicchia, le aziende che ci investono sono poche e una legislazione così puntuale «è un’arma a doppio ta- glio», perché paradossalmente ne limita la diffusione. «È anche per questo – aggiunge Vittorio – che con Alex cerchiamo da tempo di far capire che l’handbike non è uno sport per disabili, ma adatto a tutti». Uno sport aerobico che utilizza tutti i muscoli dalle ginocchia in su e in modo simmetrico, il solo con queste caratteristiche che per essere praticato non ha bisogno né di acqua (come il nuoto o il canottaggio), né di neve (come lo sci di fondo). Una disciplina che va bene per paraplegici e tetraplegici, si adatta ad amputati e a poliomielitici, ma merita di essere “sdoganata” e aperta a tutti. Senza l’etichetta di “sport per soli disabili”, è probabile che la sua popolarità aumenti, che la richiesta di mezzi porti altre aziende a investirci sopra, che Nella pagina precedente, Vittorio Podestà, assistito Inail. Sopra, da sinistra, il campione festeggia con Luca Mazzoni e Alex Zanardi la vittoria nel Team Relay del Mondiale 2013 SuperAbile INAIL 27 Ottobre 2014 il mercato si apra e si sviluppi il settore dell’usato e del riutilizzo, insomma che si possano abbattere quelle barriere che oggi impediscono a molti di poterlo praticare. «È interesse di tutti che l’handbike, come ogni sport paralimpico, si faccia conoscere ampiamente, perché le implicazioni sociali sono importanti, anche senza risultati sportivi di livello: l’obiettivo finale, del resto, non è vincere medaglie ma avere una vita più soddisfacente». Per quelli capaci di grandi prestazioni, c’è bisogno di rendere il sistema più “amico”: il ciclismo agonistico è molto selettivo e prestazionale. E i risultati – per usare le parole del ct Valentini – «si ottengono solo con gente che non lavora», cioè che ci si può dedicare a tempo pieno perché non deve guadagnarsi altrove il pane quotidiano. «Tecnologia e professionalità – dice Podestà – sono diventate essenziali anche nel nostro sport; negli anni sono riuscito a portare proprio questo tipo di mentalità che non lascia niente al caso, studia i materiali e dà indicazioni per migliorarli, raffina la preparazione atletica». Ma per fare tutto questo, il sostegno economico è fondamentale. Il Cip aiuta in parte con i premi in denaro e le borse sportive che però, legati ai risultati raggiunti, non mettono al riparo da amare sorprese: che succede se dopo tre anni e mezzo di impegno e preparazione sbagli proprio la gara delle Paralimpiadi? Ad alti livelli diventano cruciali gli sponsor, anche se trovarli non è facile e c’è il rischio che il singolo atleta debba rinunciare all’agonismo per lavorare. Il ct Valentini punta su soluzioni creative: sostenere l’attività sportiva degli atleti capaci di portare lustro e medaglie, garantendo loro un “dopo-carriera” tranquillo. Con assunzioni nelle pubbliche amministrazioni dov’è prescritta per legge una quota di personale disabile. I successi futuri passano anche da qui. TEMPO LIBERO In tour Alla scoperta della Torino che non ti aspetti Da un anno nel capoluogo piemontese si coniuga turismo e cultura accessibile con una singolare iniziativa: tre itinerari dedicati a persone con disabilità motoria e non vedenti attraverso i decori architettonici d’epoca. Ma anche se l’idea non raggiunge il successo sperato, il promotore non demorde. E lancia una nuova proposta: un percorso attraverso il Cimitero monumentale cittadino SuperAbile INAIL 28 Ottobre 2014 Antonio Storto L a partenza è in via Carlo Alberto, una delle arterie pedonali che dalla stazione di Porta Nuova si snodano nel centro storico di Torino. All’altezza del civico 42, dal portone di un palazzo rinascimentale sporge un ornamento in ferro battuto: è il volto accigliato e vagamente antropomorfo di un leone, che pare squadrare chi si appresta a varcare l’ingresso. Parte da qui il primo dei percorsi di Torino Paratour, iniziativa che da un anno si propone di coniu- gare turismo e cultura accessibile con un’inedita modalità di fruizione delle arti plastiche. A idearla è stato Raffaele Palma, scrittore e fondatore del Centro d’arti umoristiche e satiriche, ma soprattutto avido studioso di decori architettonici d’epoca. Simili ornamenti, nel centro di Torino, sono disseminati ovunque. Fino ai primi del Novecento, gli architetti li mettevano idealmente a guardia di ingressi, cancellate e mura cittadine, ma nel capoluogo sabaudo li si può trovare anche su fontane e lampioni: un universo di draghi, sirene, gargoyle e mascheroni, che nel corso dei secoli ha finito per mimetizzarsi nel dedalo delle vie dello shopping. Lo scorso anno Palma, che sul tema è autore di due libri, ne ha catalogati una trentina, delimitandoli in tre aree della città. L’idea, già sperimentata in passato, era di costruire percorsi tematici che incoraggiassero a riscoprire il centro cittadino, prestando attenzione a dettagli che in genere si tende a ignorare: dagli anni Ottanta a oggi lo scrittore ne ha progettati a decine, scaricabili gratuitamente dal sito del Caus. Stavolta, però, l’obiettivo era soprattutto un altro: sfruttare «le marcate qualità plastiche di questi oggetti, che si prestano all’esplorazione tattile oltre che visiva – spiega Palma – per proporre itinerari a misura di disabile». Nasceva così, nel giugno del 2013, Torino Paratour, un viaggio tra i decori architettonici del capoluogo sabaudo, le cui descrizioni sono articolate pensando a una fruizione che passi dal tatto, prima ancora che dalla vista. Palma ha voluto dedicarlo alla memoria di Gianni Pellis, «un grande amico e collaboratore – riferisce – portato via dalla sclerosi multipla, che per dieci anni ha dovuto fare uso di una carrozzina». L’intera esperienza è studiata per essere godibile da persone con disabilità motoria e non vedenti: questi ultimi, per esempio, possono scaricare gratuitamente un sintetizzatore vocale da installare su iPad e cellulari, per poter accedere ai contenuti multimediali relativi all’iniziativa. «Tutti i decori selezionati, inoltre, sono posti ad altezza di ragazzo – prosegue l’ideatore – e possono quindi essere toccati da chiunque». Torino Paratour è articolato in tre itinerari, che ripercorrono idealmente l’evoluzione dell’architettura italiana dal Rinascimento ai giorni nostri. Il primo è dedicato allo studio del grottesco, uno stile in voga tra Settecento e Ottocento, fatto di figure simili al leone antropomorfo che apre il tragitto in via Carlo Alberto. Nell’itinerario sono compresi alcuni tra i più famosi edifici storici della città: è il caso, per esempio, di Palazzo Madama e Palazzo Dal Pozzo della Cisterna, sede della Provincia di Torino. «I decori che si incontrano nei vari tour – evidenzia Palma – hanno utilizzi e funzioni decorative differenti. Le maniglie esterne di Palazzo Dal Pozzo, per esempio, sono un bell’esemplare di figure denominate chimere: le due prese sono gemelle e raffigurano il volto e il busto di giovani donne, mentre il bacino e le gambe terminano in volute fitoformi, cioè sagomate a forma di foglie». Con una durata calcolata in circa due ore, il percorso è scandito da una serie di forme bizzarre e a volte inquietanti, e termina idealmente a Palazzo Reale, uno degli edifici più rappresentativi del capoluogo. Un secondo tragitto, dedicato al Liberty e al Déco, passa per le vie del quartiere San Donato, attraverso una serie di edifici storici realizzati tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del NoveNella foto, particolare di Palazzo Madama, a Torino. Lo scatto è di Salvatore Aiello SuperAbile INAIL 29 Ottobre 2014 cento da architetti come Fenoglio, Bellini, Benazzo, Gribodo; il terzo e ultimo itinerario, dedicato al razionalismo e allo stile contemporaneo, si svolge invece nel quartiere Crocetta. I percorsi sono del tutto privi di barriere architettoniche: per mesi Palma si è impegnato a individuare itinerari percorribili dai visitatori in sedia a ruote. «È stata questa la parte più difficile – annota –. Con un po’ d’attenzione è facile rendersi conto di quanti ostacoli le persone disabili debbano aggirare ogni giorno: buche nell’asfalto, pali divelti, strade lastricate da pietre sconnesse. E soprattutto ponteggi, che spuntano da un giorno all’altro e non consentono il passaggio delle sedie a ruote». Un’iniziativa nata proprio mentre a Torino si faceva sempre più vivo il dibattito sulla cultura accessibile, con associazioni e istituzioni impegnate in una serie di tavole rotonde sul tema. Per questo, Torino Paratour ha esordito tra il plauso dell’associazionismo e una certa attenzione della stampa locale; e stupisce, quindi, constatare come, a un anno dal lancio, il riscontro non sia dei migliori. «In altre parole – ammette Palma – tutto è finito il giorno dell’inaugurazione, con la visita di una delegazione dell’Unione italiana ciechi: dopo di allora, semplicemente, non abbiamo più avuto visitatori. Al di là della vanità personale, è una cosa che faccio fatica ad accettare: partecipando spesso a convegni sul tema, so quanto le persone con disabilità lamentino la mancanza di iniziative accessibili. Noi gliene abbiamo offerta una, ed è andata deserta». Palma, però, non demorde: in cantiere ha già un altro percorso, che attraverserà il Cimitero monumentale di Torino. «Non voglio darmi per vinto – conclude –. Quantomeno, per la memoria di Gianni». OS IBRIRAGAZZIM TRECINEMAFESTIVALFICTIO L O I D NFUMET RA cinema Quando il dolore non ha l’ultima parola M eglio il libro o il film? La domanda è ricorrente quando nelle sale ci si imbatte negli stessi titoli che troneggiano nelle librerie. Di certo incuriosiscono le pellicole di cui abbiamo amato i romanzi o, viceversa, scopriamo un libro di cui non sospettavamo l’esistenza grazie ai trailer e alle locandine. Forse è il caso di Colpa delle stelle, best-seller di John Greene tradotto in Italia da Rizzoli, sbarcato nelle sale a inizio settembre nella trasposizione cinematografica diretta da Josh Boone. Hazel ha 16 anni, ma ha già alle spalle un vero miracolo: grazie a un farmaco sperimentale, la malattia che anni prima le hanno diagnosticato è ora in regressione. Ha però anche imparato che i miracoli si pagano: mentre lei rimbalzava tra corse in ospedale e lunghe degenze, il mondo correva veloce, lasciandola indietro, sola e fuori sincrono rispetto alle sue coetanee, con una vita in frantumi in cui i pezzi non si incastrano più. Un giorno però il destino le fa incontrare Augustus (Gus), affascinante compagno di sventure che la travolge con la sua fame di vita, di passioni, di risate, e le dimostra che il mondo non si è fermato, insieme possono riacciuffarlo. Ma come un peccato originale, come una colpa scritta nelle stelle avverse sotto cui Hazel e Gus sono nati, il tempo che hanno a disposizione è un miracolo, e in quanto tale andrà pagato. Cosa rende un libro degno di essere ricordato? Forse non la trama, ma il modo in cui è raccontata, lo stile, i sentimenti che suscita nel lettore. Colpa delle stelle potrebbe essere di questa tipologia. Due adolescenti, lei una ragazza qualunque un po’ nerd, lui il clasSuperAbile INAIL TITELEVISIO NEPERSONAGGILIBRITEA The Fault in Our Stars è il titolo originale del film diretto da Josh Boone, tratto dall’omonimo romanzo di John Green. Protagonisti sono Shailene Woodley e Ansel Elgort. Distribuita il 6 giugno negli Stati Uniti, la pellicola è uscita poi in Australia e Nuova Zelanda. In Italia è nelle sale dal 4 settembre 30 Ottobre 2014 sico belloccio arrogante si incontrano. Complice il cancro, che li fa innamorare. E fin qui, direte, è una storia come tante. Ma ha fatto piangere e ridere i lettori di tutto il mondo, non solo gli adolescenti. Perché affronta a brutto muso temi universali come la morte, la malattia, la necessità di essere ricordati e poi l’amore, la spensieratezza della gioventù e dell’essere vivi. E li mette a confronto, senza retorica. Forte anche il valore dell’amicizia: Gus non lascia da solo un istante Isaac, che a causa del cancro diventerà presto cieco. «Parlami» è la frase ricorrente fra questi ragazzi dalla vita breve: chiudersi in se stessi è la cosa peggiore che possa capitare all’interno del loro piccolo circuito di solidarietà. Quindi questi adolescenti coraggiosi ma non eroici parlano apertamente, non evitano di affrontarla. Realizzando un’intesa profonda che sfocia in amore autentico. [Laura Badaracchi] GRAFIAVIDEOMUSICARADIOLIBRIRAGAZZ O T O F IMOSTRE NZA CINEMAFE A D O R AT STIVALFICTIONFU libri Raccontarsi èl una terapia valore della parola e della I Aa.Vv. Fare i (rac)conti con il cambiamento Inail 2013 pagine 224, gratuito scrittura come strumento per esprimere il vissuto di chi ha subito un incidente sul lavoro. Da questa idea nasce Fare i (rac)conti con il cambiamento, una raccolta dei testi scritti da un gruppo di persone che hanno vissuto direttamente o come familiari un’esperienza di infortunio o malattia professionale. Pagine che rappresentano la rielaborazione di una serie di interviste e del materiale prodotto durante un laboratorio di narrazione autobiografica. «Lo spazio del laboratorio si è trasformato in un luogo dove la memoria individuale è diventata cronaca di sé e strumento di rielaborazione del proprio vivere. L’obiettivo è mettere questo vissuto a disposizione di altri con la finalità di stimolare processi di riflessione e sensibilizzazione rispetto ai temi dell’infortunio e della prevenzione nei luoghi di lavoro», spiega l’assistente sociale Alessia Congia, della Sede Inail di Torino Centro. Il libro è dedicato a Mario, «vero “motore” della bella esperienza, scomparso in seguito a una malattia professionale pochi giorni prima dell’inizio del laboratorio», racconta Congia, curatrice del lavoro insieme a Valeria Grotto, Serena Peyron, Lucia Portis e Roberto Sciarra. L’équipe multidisciplinare, attraverso interviste mirate a conoscere le storie e il laboratorio di scrittura (il tramite per cui la cronaca è diventata racconto, assumendo una veste più narrativa e autobiografica, grazie anche all’utilizzo dei disegni realizzati dagli stessi protagonisti), ha dato voce a 13 uomini e sette donne dai 20 ai 70 anni, di varie nazionalità, che hanno vissuto in prima persona l’esperienza di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale. «Dalle interviste emergeva l’intenzione di elaborare la propria esperienza attraverso il racconto. Siamo convinti che i vissuti delle persone possano coinvolgere molto di più rispetto a interventi che insistono solo sulle prescrizioni normative e sull’obbligo dell’u- SuperAbile INAIL 31 Ottobre 2014 so dei dispositivi di sicurezza», fa notare Congia, evidenziando le potenzialità del progetto nel campo della prevenzione. Dopo il successo all’ultimo Salone del libro di Torino, il volume – scaricabile on line in formato pdf da Inail.it; per richiederlo scrivere a torinocentro@inail. it – si è affacciato il 13 settembre al Festival nazionale dell’autobiografia di Anghiari (Arezzo), nato nel 2011 e promosso dalla Libera Università dell’autobiografia. «È stata un’opportunità preziosa – conclude Congia – per presentare questa esperienza». [L.B.] AFESTIVALF ICTI GRAFIAVIDEOMUS O T O F ONFUME ANZA TTITELEVISIO NEPERSONAGGILIBRITEATROD libri Libri Muta per errore, narcolettica perisarioscelta Morales è muta a cau- Harper, fashion designer disabile Si chiama Harper, ed è una giovane disegnatrice di moda in sedia a ruote rosa. Ma soprattutto è il nuovo personaggio del cast di Archie, la serie a fumetti pubblicata da Archie Comics che fin dal 1941 racconta le avventure del teenager Archie Andrews e dei suoi compagni di scuola di Riverdale. A ispirare questa divertente new entry, schietta, fashion e molto attenta agli stivali che indossa, è stata una persona reale. Si chiama Jewel Kats, ed è un’eccentrica canadese autrice di libri per bambini disabili (tra gli altri ha scritto Cinderella’s magical wheelchair, ovvero La sedia a rotelle magica di Cenerentola, e The princess and the ruby: an autism fairy tale, cioè La principessa e il rubino: una favola sull’autismo). Come Harper, anche lei si sposta su una sedia a ruote in seguito a un incidente stradale ed è sempre all’ultima moda. [Laura Pasotti] L sa di un maldestro intervento chirurgico, ma legge di nascosto Cervantes e scrive lettere alla Madonna. È poco più di una bambina quando le propongono per la prima volta il matrimonio: per sottrarsi cade addormentata. Quando non può opporsi alla violenza degli adulti, dorme. E addormentata da mesi, come la protagonista della più classica delle fiabe, la riceve in cura Avicente Iguelmano, medico fallito giunto a Napoli per rifarsi una reputazione. Tra mille incertezze, pudori, paure, la terapia sarà coronata dal successo, e però spalancherà davanti alla mente del dottore, fragile, superstiziosa, supponente – barocca –, un vero e proprio abisso di fantasmi e di terrori, tutti con una radice comune: il mistero profondo, conturbante, indescrivibile del piacere femminile, l’incontrollabile ed eversiva energia delle donne. Finalista al premio Strega, Lisario o il piacere infinito delle donne di Antonella Cilento, edito da Mondadori, è soprattutto un romanzo di avventure. La storia di una donna che scopre il piacere, di un pittore che scopre la passione, di una città intera che si ribella ai potenti. Come scenario, l’affresco della Napoli barocca fra Masaniello e la peste riassume la sua forma fastosa, miserabile ed eccessiva. [L.B.] SuperAbile INAIL La vita prima e dopo l’incidente icordi nostalgici di viaggi, Antonella Cilento Lisario o il piacere infinito delle donne Mondadori 2014 pagine 300, euro 17,50. Nicola Codega Sempre in piedi Acrobat Media 2014 pagine 224, euro 15 32 Ottobre 2014 R concerti, vacanze, gare. L’esistenza di Nicola Codega, autore della sua biografia Sempre in piedi (edito da Acrobat Media), somiglia a un treno in corsa. Fino al drammatico incidente, quel 22 luglio 1998 poco dopo le 19, quando il tempo sembra dilatarsi e quasi arrestarsi: mentre è in sella al suo scooter, l’ex campione di atletica leggera viene travolto da un’auto che non rispetta lo stop e lo catapulta nella carreggiata opposta, dove un altro veicolo lo falcia. Esito: lesione permanente alla colonna vertebrale. «Sogno spesso che qualcuno mi voglia far del male, ma riesco sempre a scappare. Questo è un lato del mio carattere: mi trovo con frequenza in situazioni difficili, ma in qualche modo riesco sempre a uscirne», annota Nicola nel volume, che ha la prefazione del calciatore Gianluigi Buffon. Lo testimoniano le pagine scritte, dallo stampo diaristico, in cui i fatti si mescolano a riflessioni e sentimenti. Gli affetti risultano fondamentali per il lungo percorso di accettazione della paraplegia: Nicola sceglie di «vivere, non di sopravvivere», nonostante i ricoveri e le piaghe da decubito. Laureato in economia aziendale, lavora presso Carrafiere, fa parte dell’associazione Handysuperabile, pratica tre sport (vela, sci e tennis) e da qualche tempo si cimenta nel teatro classico e improvvisato. [L.B.] SICARADIOLIBRI RAGAZZIM R NAGGILIB O S R E OSTRECIN ONEP EMAFESTIVAL I S I V E L E T I FICTIONFUMETT Libri In bilico, alla ricerca di stabilità nna Conte racconta alla fi- A glia i fatti che hanno segnato la sua vita. In un percorso che è allo stesso tempo introspettivo e concretamente lucido, si staglia in primo piano una personalità forte ma comunque ferita. Che innesca un meccanismo autolesionista: pur controllato, sfocia in anoressia e bulimia, poi nella sclerodermia. Oggi Anna è in ossigeno-terapia e in lista di attesa per il trapianto di entrambi i polmoni. Malgrado tutto, non si arrende e si aggrappa con determinazione alla vita. Lo scopo del romanzo Tacco 12. In bilico sulla vita, scritto con ironia ed edito da Progedit, è dunque terapeutico. Al volume è stato assegnato il premio Il Tassello 2014. [L.B.] Anna Conte Tacco 12. In bilico sulla vita Progedit 2014 pagine 104, euro 16 Ragazzi Le parole nonallasono tutto solitudine di una nonna D malata di Alzheimer e di un bambino dislessico nasce un incontro che ha il sapore della salvezza. E della sconfitta di un male che lancina e ha il potere di isolare chi ne viene colpito dal resto dei suoi simili. Dopo la selezione da parte di Ibby International, l’organizzazione internazionale nata nel 1953 per promuovere la letteratura per l’infanzia, come miglior libro 2013 per i ragazzi con disabilità, Coccole books ha deciso di dare alle stampe una nuova Arianna Papini Le parole scappate Coccole books 2014 pagine 52, euro 12 età: da 7 anni edizione di Le parole scappate: un piccolo e prezioso volume scritto e illustrato da Arianna Papini, autrice molto apprezzata da chi ama pensare ai libri per bambini come un formidabile strumento per esplorare la realtà, anche quella più difficile, con gli occhi limpidi dell’infanzia. In questo caso si tratta di un libro a due voci, nel quale il pensiero della nonna si alterna a quello del bambino. È la donna a iniziare, in un incipit incantevole: «Non so chi sono. Ma sono viva. Ho molti anni, credo. Le persone di questa famiglia mi pare di conoscerle a volte. Ci sono una donna e un uomo, lui tanto bello non è. Lei invece mi è più familare, mi ricorda qualcosa». Come lei, suo nipote non riesce a trattenere le parole, nemiche cattive e misteriose, che si stagliano su un foglio di carta fredde e sconosciute: «Da quando è iniziata la scuola, tre anni fa, la mia vita è parecchio difficile. Sono diverso dagli altri bambini, forse. Sto sempre fuori dal gruppo. Le maestre all’inizio mi sgridavano perché le cose fatte un momento prima se ne andavano dalla testa, come se non fossero esistite mai. Poi è stato peggio. Pensano che non posso capire, che non ce la faccio». Proprio da questa sensazione di inadeguatezza nasce un punto di contatto tra i due. Che si sentono reciprocamente accolti e mai condannati. E che riescono infine non solo a trovare un punto di contatto nella magia del disegnare insieme, ma anche a riallacciare il filo con il proprio pensiero. Riconquistando fiducia e identità nei due estremi dell’esistenza. [A.P.] SuperAbile INAIL 33 Ottobre 2014 Ability Channel ha vinto il Festival “Malati di cinema” Il riconoscimento come migliore web tv del Festival “Malati di cinema” di Rutigliano, vicino Bari, è andato ad Ability Channel (Abilitychannel.tv). Il portale dedicato a sport e disabilità ideato da Michelangelo Gratton ha presentato i video La favola di Francesco, il sogno di un ragazzo con una gamba sola di creare la prima squadra di calcio formata da persone amputate (realizzato in collaborazione con As Roma Calcio), Illusione e disperazione di un ragazzo disabile, monologo fantastico ma basato su una storia vera e, infine, Quando il rock batte la paralisi, ovvero Vincenzo e il suo talento per la batteria nonostante la disabilità. Al secondo posto Nps Italia onlus, con la mini serie web sulla sieropositività Virus 4, mentre il premio per il miglior cortometraggio è andato a Gabriele Villa per Le verità di mezzo. [M.T.] GRAFIAVIDEOMUSICARADIOLIBRIRAGAZZ O T O F IMOSTRE NZA CINEM A D O R EPERSONAGGILIBRITEAT TEATRO Fuori Posto, dal palco alla piazza iventerà una mostra foto- D grafica itinerante, che girerà l’Italia nei prossimi mesi, “Fuori Posto - Festival dei teatri al limite”, andato in scena a settembre in uno dei luoghi più impensati: i parchi pubblici della Capitale, esposti al passaggio casuale di famiglie e gruppi di ragazzi. Che hanno saputo raccogliere la sfida e fermarsi a guardare spettacoli e performance dove l’arte incontra la disabilità, e si lascia contaminare. Sul palco (si fa per dire) si sono avvicendate alcune tra le compagnie di artisti disabili e non più famose del Paese. Che per l’occasione hanno lasciato i teatri, facendosi a loro volta contagiare dagli umori dei passanti. Tra gli artisti che si sono esibiti, la compagnia DreamTime di Milano, l’Accademia della follia di Trieste, il Laboratorio teatrale integrato Piero Gabrielli, Fuori contesto, Pezzi di ricambio e Teatro Buffo di Roma. Ma anche Simona Atzori e la sua Simon Art Dance Company, molto apprezzata dagli spettatori e soprattutto dai tanti bambini presenti. «Siamo riusciti a raggiungere il nostro obiettivo – commenta Emilia Martinelli, attrice, insegnante di dance ability e direttrice artistica del Festival –. La nostra idea è stata quella di irrompere nei luoghi pubblici, attirando l’attenzione dei passanti per proporre loro un altro punto SuperAbile INAIL La seconda edizione di “Fuori Posto Festival dei teatri al limite”, che ha avuto luogo a Roma dal 6 al 25 settembre, è stata organizzata dalla cooperativa sociale Eureka Primo e dall’associazione culturale Fuori Contesto, con il sostegno di Roma Capitale 34 Ottobre 2014 di vista sulla disabilità. Ci siamo rivolti a degli spettatori casuali, che non conoscevano gli attori e le compagnie e non avevano idea di quello che li aspettava. E la loro risposta è stata più che positiva». Tra le performance più applaudite, uno dei monologhi tratti dal progetto “Affari di famiglia”. Scritto e diretto dalla stessa Emilia Martinelli, porta in scena il rapporto tra una madre e il proprio figlio disabile: un cordone ombelicale impossibile da recidere fatto di amore, rabbia, provocazione, tenerezza e complicità. «Il monologo fa parte di un lavoro più vasto che vuole raccontare ciò che avviene tra le mura domestiche – spiega l’autrice –. Le protagoniste sono tutte donne colte in un momento di svolta della loro vita». [A.P.] RITEATRODANZAFOTOGRA NAGGILIB FIAVIDEO O S R E MU P E N O I MAFESTIVALFIC S I V E L E T I TIONFUMETT cinema La danza inclusiva di Maria ra l’unico film italiano in E concorso alla 29a Settimana internazionale della critica, nell’ambito della 71a Mostra del cinema di Venezia. Dancing with Maria di Ivan Gergolet è un documentario – il primo lungometraggio diretto dal regista friulano – sul Maria Fux, coreografa e danzaterapeuta argentina che svolge da oltre 40 anni il lavoro di formazione alla danzaterapia in vari paesi dell’America e dell’Europa, nei quali è ampiamente praticato il suo metodo per il recupero psicofisico attraverso il movimento creativo in diverse situazioni di disabilità. «Nei suoi corsi danzano insieme ballerini di qualsiasi condizione ed estrazione sociale, uomini e donne con malattie fisiche e mentali, alla scoperta di se stessi e degli altri. L’incontro con l’energia e la danza di Maria cambiano la vita di chi l’incontra – riferisce Gergolet, classe 1977 –. Dopo aver sperimentato e trasmesso agli altri per tutta una vita il suo metodo basato sulla percezione dei ritmi interni e sulla simbiosi con la musica, Maria Fux ha preso in consegna un’ultima allieva, forse la più difficile: se stessa». Ultranovantenne, «non ha perso la verve e la grazia che ne hanno fatto una delle grandi della danza», afferma il regista, che ha girato nella scuola della Fux dove «la missione è trasformare con la danza e la simbiosi con la musica i limiti di ognuno in risorse». Perché – sostiene l’anziana insegnante – «la danza è l’incontro di un essere con gli altri». Tra il 1954 e il ’60 è una delle prime ballerine del Teatro Colon di Buenos Aires e gira il mondo. Nei cinque anni successivi dirige il “Seminario di danza” all’Università nazionale della capitale argentina. Nel ’68 presenta al Congresso internazionale di musicoterapia una relazione su “La danza come terapia”: per la prima volta si parla del ballo come mezzo educativo ed espressivo per gli audiolesi. Da allora Maria diventa un punto di riferimento; nel 1980 inizia la sinergia con Lilia Bertelli, con cui fonderà a Firenze nel 1989 il Centro toscano di formazione in danzaterapia “Maria Fux”. Oggi molti operatori, medici e psicologi hanno sperimentato la validità del metodo-Fux e lo adottano a scopo riabilitativo e terapeutico nella cura di persone di varie età con disabilità sensoriali (cieche e sorde), con sindrome di Down o disagi psicologici. [L.B.] Braccialetti rossi fa il bis. E sbarca negli States La seconda serie della fiction Braccialetti rossi, realizzata da Palomar e Rai Fiction, andrà in onda su Rai Uno nel primo semestre del 2015. Previste quattro puntate; altrettante costituiranno la terza serie. Braccialetti rossi è la riproposizione del format catalano Polseres vermelles, creato da Albert Espinosa e Pau Freixas. I diritti di remake per gli Stati Uniti – dove la serie s’intitola Red band society, in onda su Fox dal 17 settembre – sono stati acquistati da Steven Spielberg, che ha prodotto 22 episodi da 45 minuti ciascuno. La serie, narrata da Charlie, ragazzo dodicenne in coma, segue le vite quotidiane di sei ragazzi nell’Ocean Park Hospital di Los Angeles. Tra loro anche Jordi, illegalmente arrivato dal Messico. [L.B.] SuperAbile INAIL 35 Ottobre 2014 RUBRICHE Inail... per saperne di più Monica Livella* Dopo l’auto-mutuo aiuto, nasce l’associazione Fly Handbike Nella Sede Inail di Cremona un gruppo di infortunati, condotto da una psicologa e psicoterapeuta, ha finalizzato positivamente l’interesse condiviso per lo sport. “Complice” un regalo del Centro protesi di Vigorso di Budrio T I disegni di questa sezione del Magazine sono di Saul Steinberg ra la fine del 2012 e i primi mesi del 2013 si è costituito presso la Sede Inail di Cremona un gruppo di auto-mutuo aiuto di infortunati con la particolarità di non essere un gruppo alla pari, ma di essere condotto da una professionista, psicologapsicoterapeuta, esperta di conduzione di gruppi. È stata proprio la formazione specifica del conduttore che ha permesso al gruppo di vedersi, conoscersi, ri-conoscersi, trovare forza in sé e, partendo da requisiti e interessi personali, darsi fiducia e forza per sperimentarsi in un proprio progetto condiviso e ampliabile ad altri. Il lavoro svolto all’interno del gruppo si è posto l’obiettivo di affrontare l’elaborazione del passaggio dal “non sono più come prima=non sono più” al “posso essere in un altro modo, non sono riducibile alle mie gambe o alla mia parte di corpo interrotta”. Così il gruppo in quanto tale è diventato luogo di scambio affettivo, di condivisione dell’esperienza emotiva, di universalizzazione della sofferenza. La crescita di un sentimento di forte aggregazione nel gruppo ha portato al consolidamento dell’interesse comune a molti nel praticare un’attività sportiva e la Sede Inail ha contribuito fornendo agli interessati, attraverso il Centro protesi di Vigorso di Budrio (Bologna), una handbike anche per l’uso agonistico. Una prima esperienza per il gruppo è stata la gara organizzata con Anmil Cremona a Sergnano nell’aprile del 2013, in collaborazione con l’Associazione sclerosi multipla. Da quel momento in poi, l’impegno e la voglia di aggregarsi attorno a una passione comune, facendo tesoro della rete di relazioni che l’esperienza di auto-mutuo aiuto aveva generato, sono stati sempre maggiori, tanto da arrivare alla nascita dell’associazione sportiva Fly Handbike Cremona. Il gruppo ha dato la possibilità a ogni partecipante di condividere esperienze analoghe con altre persone, creando uno “spazio di pensiero” aperto, indispensabile per ri-cucire e re-integrare la propria immagine e aprirsi al cambiamento che, nell’esperienza di Cremona, è stato veicolato dallo sport. Le relazioni, quelle che concretamente portano al cambiamento, sono il motore di Fly Handbike, che offre a chi ha una disabilità nuove opportunità di scambio, di incontro. Testimoniando un’esperienza di socialità allargata anche ai familiari: il sito internet dell’associazione, infatti, è gestito da alcuni di loro che con dedizione riportano i traguardi, le storie e gli obiettivi degli atleti. La Sede Inail di Cremona ha visto nascere tutto questo: il funzionario socioeducativo, Maria Teresa Rondina, che ha seguito con passione il progetto, i membri della équipe multidisciplinare e tutti i colleghi vivono con interesse, e con un po’ di orgoglio campanilistico, gli ottimi risultati agonistici che vengono raggiunti e riportati su Flyhandbikecr.com. * Responsabile della Sede Inail di Cremona SuperAbile INAIL 36 Ottobre 2014 RUBRICHE Previdenza Gabriela Maucci Reversibilità e università: nessun diritto negato La pensione di reversibilità spetta ai figli orfani che intraprendano un percorso accademico, purché non siano fuori corso. E comunque la prestazione può essere erogata agli studenti dalla data d’iscrizione all’ateneo fino ai 26 anni N essun diritto negato per quei figli che ricevono la pensione di reversibilità dei propri genitori e intendano frequentare corsi universitari. La pensione di reversibilità spetta infatti ai figli minori di 18 anni, ai figli inabili di qualunque età e a carico del genitore, ai figli studenti di scuola media o professionale di età compresa tra i 18 e i 21 anni a carico del genitore e che non svolgano attività lavorativa, e ai figli studenti universitari per tutta la durata del corso legale di laurea e comunque non oltre i 26 anni di età purché siano a carico del genitore e, anche in questo caso, non svolgano attività lavorativa. La pensione di reversibilità spetta poi anche al figlio superstite, studente universitario, che dopo il conseguimento della laurea si iscriva a un corso di specializzazione o di perfezionamento presso facoltà universitarie. La prestazione sarà erogata dalla data di iscrizione al corso fino al compimento del 26esimo anno di età. Quando un genitore viene a mancare, i figli – anche adottivi, naturali o solo dell’altro coniuge – possono conSuperAbile INAIL 37 Ottobre 2014 tare sulla pensione di reversibilità, pure in mancanza del coniuge superstite. L’assegno continua a essere pagato, anche dopo il compimento della maggiore età, se i figli stessi frequentano un corso di studi o se sono completamente inabili. Il riconoscimento non è tuttavia automatico, come avviene per i figli minori, in quanto per studenti e persone inabili sono fissate precise condizioni, anche di reddito, dalle quali non si può prescindere. Dopo il 18esimo anno di età, i figli hanno diritto alla pensione di reversibilità se sono ancora studenti. Occorre distinguere, però, due situazioni: la pensione spetta fino al completamento del corso di studi, ma non oltre il 21esimo anno di età; la pensione spetta anche per la durata del corso legale di laurea, ma non oltre il 26° anno di età. I periodi fuori corso sono in ogni caso “fuori pensione”, anche se lo studente ha meno di 26 anni. In altre parole, quando si è fuori corso, non si ha diritto alla pensione di reversibilità, anche se non si è compiuta l’età stabilita per legge (26 anni). In genere, ogni università ha un regolamento proprio per determinare quando lo studente è fuori corso. Se un figlio studente, ottiene la licenza liceale a 21 anni e si iscrive a una Università che preveda un corso di sei anni, la pensione viene pagata fino al 26° anno di età, anche se il corso legale non è ancora terminato. La normativa favorisce anche chi, una volta conseguita la prima laurea, decide di iscriversi a un’altra facoltà o a un corso di specializzazione. In questo caso, infatti, il pagamento della pensione continua anche dopo il conseguimento del primo titolo, comunque non oltre il compimento del 26° anno di età. RUBRICHE Mobilità Antonello Giovarruscio Decreto semplificazione. Ecco cosa cambia Abolito dallo scorso giugno il ricorso alle Commissioni mediche locali per il rinnovo delle patenti speciali B da parte dei guidatori con patologie stabilizzate. Una svolta storica per le associazioni delle persone con disabilità C ambia la mobilità per i cittadini con disabilità. A decretare il cambiamento il decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari” che, all’art.25 “Semplificazione per i soggetti con invalidità”, mette il governo nelle condizioni di intervenire con una serie di misure importanti. Misure definite “storiche” dalle stesse associazioni a difesa dei diritti delle persone con disabilità sui temi della mobilità, del lavoro, dell’indennità per i minori, della rivedibilità degli accertamenti. Il decreto, entrato in vigore il 25 giugno scorso, è in attesa di conversione in legge, ma sono già in molti a tirare finalmente un sospiro di sollievo. A esprimersi in questo senso è la Federazione delle associazioni nazionali disabili (Fand) che, in una nota ufficiale, parla espressamente di “svolta storica” per i possessori di pa- tenti speciali B con patologie stabilizzate, i quali, nelle fasi di rinnovo, non dovranno più ricorrere alle Commissioni mediche locali (Cml), ma seguire l’iter come tutti gli altri patentati. Un risparmio di tempo per i cittadini, un risparmio di denaro per la Pubblica amministrazione. Centrali poi, a parere dell’Anglat (Associazione nazionale guida legislazioni andicappati trasporti), i primi tre commi dell’articolo in questione: il primo comma su patente e guida prevede che nelle Cml deputate al riconoscimento dell’idoneità alla guida nel caso di “minorazioni o infermità” sia presente un rappresentante designato dalle associazioni a tutela dei diritti delle persone con disabilità; il secondo comma stabilisce che i soggetti con patologie stabilizzate, che non necessitano di SuperAbile INAIL 38 Ottobre 2014 modifiche delle prescrizioni o delle limitazioni in atto certificate dalle Cml, non devono più passare per la Commissione per i successivi rinnovi e che, soprattutto, come tutti gli altri patentati devono essere rispettati gli stessi limiti temporali; il terzo comma tratta di parcheggi riservati e interviene sulla gratuità dei parcheggi, attraverso la modifica dell’articolo 381 del Regolamento del codice della strada e successive modificazioni, e impone ai Comuni di “stabilire”, nelle aree destinate a parcheggio a pagamento gestite in concessione, un numero di posti destinati alla sosta gratuita ai possessori di contrassegno disabili europeo, superiore al limite minimo previsto dalla normativa vigente (un posto ogni 50 o frazione di 50 posti disponibili). Questa disposizione, in precedenza facoltativa, interviene ora in maniera impositiva, obbligando i gestori ad adeguare gli spazi comunali avuti in concessione, tenendo finalmente in considerazione i diritti dei cittadini con disabilità. Ad accogliere positivamente la sinergia, che ha portato al provvedimento, anche la Federazione italiana superamento dell’handicap (Fish). l’ESPERTO RISPONDE a cura del Consorzio sociale Coin Patente A mio padre, in fase di rinnovo patente speciale AS/BS, la Commissione medica ha prescritto degli adattamenti alla guida. Nello specifico i codici riportati sono i seguenti: 42-20-40-10. Vi chiedo cortesemente se potete fornirmi delucidazioni in merito, anche relative al contributo regionale sulle modifiche del veicolo e/o a chi rivolgermi. Occhiello a circolare ministero dei Trasporti del 30 luglio 2003 individua e indica i codici di prescrizione degli adattamenti di guida, per patente A/B e C speciale, relativamente alle singole minorazioni presentate dalla persona con disabilità. Nello specifico, i codici riportati nella patente di suo padre corrispondono a: codice 42 (specchietto retrovisore, panoramico o supplementare); codice 20 (freno adattato); codice 40 (servosterzo); codice 10 (cambio automatico). Ovviamente, con i sub-codici vengono poi espressi gli adattamenti più idonei. Per quanto riguarda il contributo sull’adattamento del veicolo previsto dall’art. 27 della legge 104/1992 a favore dei titolari di patente di guida delle categorie A, B, e C speciale, segnaliamo che hanno diritto a richiederlo le persone con ridotte o impedite capacità motorie permanenti. È possibile – come lei suggerisce – che alcune regioni preve- L dano la concessione del contributo anche verso chi adatta il veicolo al trasporto di una persona con ridotte o impedite capacità motorie. Inoltre in alcune Regioni il contributo è concesso anche a chi non ha la gravità dell’handicap, presentando solo il certificato di invalidità. Si consiglia di informarsi su quanto previsto nella propria Regione di residenza rivolgendosi alla Asl. Il contributo è relativo alla spesa per la modifica degli strumenti di guida, quale strumento protesico extratariffario. Il contributo è concesso dalla Regione di competenza tramite le Asl nella misura del 20%. Per approfondimenti, occorre rivolgersi alla Asl di proprio riferimento, di solito all’ufficio ausili e protesi. In materia di agevolazioni fiscali, la rimandiamo al sito internet dell’Agenzia dell’entrate e in particolare alla guida Agevolazioni fiscali per le persone con disabilità, aggiornata al dicembre 2013. Scuola Sono la mamma di un bambino di undici anni affetto da epidermolisi bollosa distrofica, impossibilitato a frequentare la scuola. Sono previste forme di scolarizzazione a domicilio? Occhiello ei casi in cui il minore sia impossibilitato alla frequenza scolastica per almeno 30 giorni a causa di malattia e sottoposto a cicli di cura periodici, è possibile che venga seguito a casa da uno o più docenti, a seguito di approvazione di uno specifico progetto, in modo da proseguire il percorso di apprendimento e facilitare il suo successivo reinserimento in classe. La procedura da osservare per l’attivazione dell’istruzione domiciliare è la seguente: la scuola interessata elabora un progetto di offerta formativa nei confronti dell’alunno impedito alla frequenza scolastica, con l’indicazione della sua durata, del numero dei docenti coinvolti e dichiaratisi disponibili e delle ore di lezione previste. Il progetto viene approvato dal Collegio dei docenti N SuperAbile INAIL 39 Ottobre 2014 e dal Consiglio d’istituto e inserito nel Pof (Piano offerta formativa). La richiesta, con allegata certificazione sanitaria, e il progetto elaborato vanno poi inoltrati al competente Ufficio scolastico regionale, che procede alla valutazione della documentazione presentata, ai fini dell’approvazione e della successiva assegnazione delle risorse finanziarie. L’assegnazione di risorse (ex legge n. 440/1997) garantisce il funzionamento delle sezioni ospedaliere, l’attivazione di progetti di istruzione domiciliare e la formazione del personale coinvolto, per garantire sempre il diritto allo studio e alla formazione della persona, anche in situazione di difficoltà, improntati al massimo della personalizzazione. pinzillacchere Mattanze “inevitabili” N on sopporta la sofferenza del figlio. O della figlia. O della moglie. O del papà. O della mamma. La loro vita è diventata un inferno, con quella persona disabile in casa. Uccide il figlio disabile e poi si toglie la vita. Ammazza tutti e poi si spara. Oppure ammazza e non riesce a suicidarsi. Ecco, in fila casuale, una possibile serie di titoli di giornale, di telegiornale, di sito web. Ogni volta che si verifica una tragedia familiare nella testa dei giornalisti scattano i luoghi comuni, c’è la necessità assoluta di trovare subito la spiegazione più facile, convincente, plausibile, direi persino accettabile e giustificabile. Ecco il punto: giustificabile. Ammazzare una persona con disabilità (quasi sempre di tipo mentale, ma anche spesso solo fisica, di gravità variabile) è una notizia di cronaca da trattare rovistando con pigrizia nel cassetto delle frasi fatte. È un richiamo irresistibile, forse per togliersi il peso di un possibile approfondimento, forse perché in questo modo è possibile giocare sulla pietà, sulla sofferenza, sull’idea che disabilità e sofferenza, disabilità e peso insopportabile, disabilità e tragedia, vadano di pari passo. Io non ce la faccio più. Vorrei almeno una moratoria. Ma quando mi permetto di protestare, di sostenere che una vita – per quanto complicata e bisognosa di servizi e di supporti, di affetto e di cura – è in ogni caso preziosa e degna di essere vissuta, vengo accusato di non capire, di non conoscere davvero l’inferno nel quale vivono le famiglie. Ma in questo modo i morti ammazzati ci saranno sempre, e l’opinione pubblica accetterà queste mattanze come inevitabili e, in qualche misura, giuste. Il buon giornalismo, forse, può fare la differenza. Cominciamo a raccontare le storie dal punto di vista delle vittime, delle persone uccise. Facciamo i giornalisti. moda utile Thando Hopa, una modella albina contro la superstizione V olti femminili per combattere i pregiudizi che in Africa ruotano intorno all’albinismo. Uno di questi è quello di Thando Hopa, una ragazza albina sudafricana che ha messo da parte la carriera da avvocato per fare la fotomodella. Una scelta fatta per lottare contro la discriminazione che aleggia verso questa malattia genetica, partendo dalle riviste patinate. Un modo diverso per continuare a difendere i diritti civili e denunciare l’emarginazione a cui sono condannati gli albini. In tutto il continente africano, infatti, le persone colpite da questa malattia vengono discriminate e perfino uccise per superstizione: secondo false credenze, i loro organi servirebbero a realizzare talismani miracolosi. La scelta di Thando Hopa segue la strada di un’altra modella albina, Refilwe Modiselle, che lo scorso anno aveva fatto scandalo e suscitato clamore mediatico prestando la propria immagine per alcuni manifesti affissi sempre in Sudafrica. [M.T.] che impresa La Bottega informatica A lle origini era una bottega di falegnameria e restauro mobili: oggi è La Bottega informatica. Ne ha fatta di strada questa cooperativa sociale di Brescia in 28 anni di integrazione e 23 di servizi. Nata nel 1986, nel ‘91 ha cambiato vocazione, indirizzo: Via Buffalora 3/h continuando però a occuparsi di 25135 Brescia inserimento lavorativo soprattel.: 030/2357712 tutto delle persone con disabilità e-mail: form sul sito sito web: Labottegainformatica.it fisica, ma anche psichica, intipo: società cooperativa sociale tellettiva o con problemi di dipendenza. Tra le attività prinonlus cipali, la gestione di call center anno di nascita: 1986 fatturato: 5,5 milioni di euro (2013) e sportelli ospedalieri-sanitari o per la riscossioni di tributi locali, soci: 132, di cui 37 disabili l’inserimento dati e – novità – la lavoratori: 112, di cui 62 disabili digitalizzazione dei documenti. tipologia di contratti: lavoro Una realtà solida, che l’anno dipendente scorso ha chiuso con un utile di stipendio medio: 1.200 euro (netto 40mila euro e un incremento di medio per full time) SuperAbile INAIL 40 Ottobre 2014 scavi Ha oltre 1.500 anni il più antico caso di sindrome di Down tendenze Carolina, insegnante brasiliana senza braccia, spopola sul web I l più antico caso documentato di sindrome di Down è datato tra il quinto e il sesto secolo. La scoperta, pubblicata sull’International Journal of Paleopathology e ripresa in Italia dal magazine Galileo, è avvenuta grazie al ritrovamento dello scheletro di un bambino nella necropoli di SaintJean-des-Vignes, in Francia. Gli scavi hanno portato alla luce anche i resti di altre 93 persone. Ma il cranio del bambino, di circa sei anni, presenta alcune anomalie: forma tondeggiante, lobo occipitale appiattito, ossa sottili e assenza di alcuni denti: tutte malformazioni frequenti nelle persone con Trisomia 21. Gli archeologi hanno osservato che il piccolo è stato seppellito esattamente come gli altri scheletri, ipotizzando quindi che non fosse stato discriminato. [M.T.] fatturato dell’1,4%. «Quest’anno però le nostre commesse si sono ridimensionate e, di conseguenza, anche il numero dei dipendenti: da 250 sono passati a un centinaio – spiega Paola Rossi, dell’ufficio personale –. Abbiamo perso gli appalti degli Spedali civili di Brescia e dell’Azienda ospedaliera di Desenzano del Garda. Fortunatamente, i lavoratori sono stati assorbiti dalle cooperative che hanno vinto i due bandi e ci restano grandi clienti come l’Istituto ortopedico Galeazzi di Milano, l’Ausl di Ravenna, Engineering Tributi e Mondadori». Proprio il settore privato sembra rappresentare la nuova sfida per il futuro, insieme all’archiviazione ottica dei documenti. [M.T.] Il giorno delle nozze la brasiliana Carolina Tanaka Meneghel, nata senza braccia, ha usato i piedi per mettere l’anello al dito dello sposo. La ragazza è diventata famosa grazie a un servizio sul canale televisivo G1 (in alto, foto di Fernanda Zanetti, G1; a sinistra, uno scatto di Ivan Delabio) È la “Simona Atzori” brasiliana. Perché, proprio come la quarantenne ballerina e pittrice milanese, Carolina Tanaka Meneghel è nata 29 anni fa senza braccia ma fa tutto con i piedi e con assoluta normalità: guida una vettura adattata, si trucca, scrive a penna e al computer, sbriga le faccende domestiche. Si è laureata in educazione fisica nel 2007 e ha da poco superato un concorso pubblico per docenti del comune di Piracicaba, nello Stato di San Paolo. Carolina spopola su Youtube grazie a un servizio realizzato a maggio dal canale televisivo brasiliano G1. Che ha raccontato come, fin da piccola, la ragazza è stata incoraggiata dai genitori: «Mi hanno detto di inseguire i miei sogni. È quello che ho fatto», dice alle telecamere. Un’altra analogia con la storia di Simona Atzori, perché i suoi l’hanno sempre spronata a praticare la danza, la pittura e a socializzare con tutti. I genitori di Carolina non sapevano che sarebbe nata senza braccia, proprio come quelli di Simona: «L’inizio è stato molto complicato, ma a dare la risposta è stata Carolina, che fin da piccola ha cominciato a usare i piedi per fare tutto», ricorda la madre Dina de Paula Tanaka. Il periodo più duro è stato quello dell’adolescenza: «È stato molto difficile, ma non mi sono mai bloccata interiormente». Il 29 novembre 2011 la ragazza ha sposato Jonas Meneghel, 30 anni: «Abbiamo parlato molto della mia disabilità, ma lui mi ha sempre sostenuta. Il prossimo sogno? Diventare mamma. Un’altra sfida, ma per Carolina «tutto è superabile e sono certa che andrà bene». [L.B.] SuperAbile INAIL 41 Ottobre 2014 pinzillacchere fai da te Lo Hobbit in simboli: la sfida di un papà S ta trasformando uno dei bestseller di Tolkien in un In-book, ovvero un libro fatto di simboli, concetti e poche semplici parole. Ora è al quarto capitolo. A “tradurre” Lo Hobbit nei caratteri della comunicazione aumentativa alternativa (Caa) è Luca Errani, un papà che abita a Bentivoglio, in provincia di Bologna. E lo sta facendo non solo per sua figlia Chiara, ventenne che da sempre si esprime e apprende attraverso questa forma di linguaggio, ma «per tutti i ragazzi che hanno bisogno di letteratura adatta alla loro età e disabilità». Infatti il romanzo viene pian piano pubblicato sul blog di Chiara (Kueta. blogspot.it), dove anche i suoi post sono scritti in simboli, e poi condiviso su Facebook. L’obiettivo è quello di riscrivere il corposo volume, riducendo e “riadattando” i contenuti di questo classico del fantasy senza però perdere d’intensità. Un lavoro lento e complesso, ora semplificato grazie all’aiuto di Symhelper: un software nato dalla collaborazione tra Luca Errani e Paolo Mantovani, esperto di open source. Il programma, che si scarica gratis dalla rete, “riquadra” automaticamente i simboli e le parole utilizzati nella Caa (Comunicazione aumentativa e alternativa). «Prima disegnavo i quadratini manualmente, ma questo significava notti insonni e pochi libri. Adesso è tutto più veloce», racconta Errani. Symhelper coinvolge anche il Centro sovranazionale di comunicazione aumentativa, l’associazione Il volo (nel Ferrarese) e l’Ausilioteca di Bologna. E per sopperire la mancanza di figure che di solito si riscontra negli in-book, Fausto Lobrano sta arricchendo la storia con le illustrazioni delle avventure di Bilbo, Gandalf, Thorin e tutti gli altri personaggi. Ma il sogno del papà di Chiara sono «biblioteche e case editrici attente a questo tipo di libri», e magari la pubblicazione del suo Lo Hobbit in simboli. [M.T.] SuperAbile INAIL 42 Ottobre 2014 Gli In-book sono libri per l’inclusione dei bambini con disturbi complessi della comunicazione, con il testo completamente tradotto in simboli. Rappresentano il modo principale per avvicinare alla Caa sia i più piccoli sia le loro famiglie, e spesso vengono fatti su misura. Sviluppati negli ultimi 15 anni dal Centro sovrazionale di comunicazione aumentativa di Milano (Csca), gli In-book si sono piano piano diffusi nelle scuole e nelle biblioteche – tra cui la storica a Brugherio, ma anche a Mesola, Foligno e in altre città italiane –, diventando uno strumento di condivisione. Tipolitografia INAIL - Milano
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