www.chiesadicagliari.it CAGLIARI pagina 2 pagina 3 pagina 4 Giovani e lavoro: la lunga attesa di risposte concrete Don Alessio Secci, la sua missione tra gli emigrati Una famiglia unita dal dono di tre vocazioni nche la Chiesa locale riflette su come affrontare l’emergenza disoccupazione, che, nell’isola, sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti. Il “Progetto Policoro” è una delle iniziative di servizio promosse da alcuni anni nella diocesi di Cagliari. A A cura dell'Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Cagliari Domenica, 16 marzo 2014 Redazione: Via Monsignor G. Cogoni, 9 - 09121 Cagliari Supplemento di Avvenire Tel e fax: 070.52843234 - cell.: +39.3925029202 Responsabile: don Giulio Madeddu E-mail: [email protected] la proposta. La sfida della corresponsabilità ecclesiale per prepararsi al Convegno nazionale di Firenze nel 2015 Il laicato protagonista nell’evangelizzazione Le parole del Santo Padre «P Un raduno dei movimenti laicali in piazza San Pietro La Consulta dei laici e il Consiglio pastorale diocesano, strumenti che favoriscono la partecipazione nel segno del confronto DI MARIA LUISA SECCHI N ella lettera per l’anno pastorale in corso, l’arcivescovo ha invitato la comunità diocesana a iniziare il cammino di preparazione verso il Convegno ecclesiale nazionale che si terrà nel 2015 a Firenze. Si tratta, dice monsignor Miglio, di un’occasione per «potenziare la dimensione della sinodalità anzitutto nella vita diocesana». Un cammino di comunione e di corresponsabilità ecclesiale che coinvolge tutti, non solo i pastori. Scrive il vescovo nel piano pastorale 2013-2014: «Lo scorso anno è stato rinnovato il Consiglio presbiterale e in questo anno dobbiamo arrivare al rinnovamento del Consiglio pastorale diocesano. Questo è il “luogo” dove in modo più completo si possono incontrare tutte le componenti di una Chiesa particolare, specialmente i laici provenienti dai diversi territori della diocesi assieme a quelli che provengono dalle diverse aggregazioni ecclesiali, per esercitare un discernimento comune sul cammino pastorale da seguire come diocesi e sul contributo da portare nell’incontro con le altre chiese, come avverrà nel convegno ecclesiale nazionale». La presenza e l’azione dei laici è imprescindibile per la realizzazione di questo cammino. «Per un anno, la nostra diocesi, in seguito all’arrivo di monsignor Arrigo Miglio – dice er affrontare le sfide contemporanee e le nuove urgenze pastorali – ha detto papa Francesco ai vescovi della Repubblica Ceca nel corso della visita ad limina del 14 febbraio – è necessaria una sinergia tra il clero, i religiosi e i fedeli laici. Ognuno nel proprio ruolo è chiamato a dare un generoso apporto affinché la Buona Novella sia annunciata in ogni ambiente, anche quello più ostile o lontano dalla Chiesa; affinché l’annuncio possa raggiungere le periferie, le diverse categorie di persone, specialmente i più deboli e i più poveri di speranza. Di cuore auspico che, fiduciosi nelle parole del Signore che ha promesso di rimanere sempre presente tra noi continuiate a camminare con la vostra gente sulla strada di una gioiosa adesione al Vangelo». monsignor Franco Puddu, vicario episcopale per la programmazione pastorale diocesana e per il coordinamento degli uffici pastorali diocesani – ha lavorato in maniera informale, riunendo le diverse associazioni dove è forte l’impegno dei laici. Per tre volte abbiamo riflettuto insieme sui temi che caratterizzano la vita pastorale della diocesi. All’inizio dell’anno il vescovo ha approvato lo statuto della Consulta diocesana dei laici e a tutti i movimenti e associazioni, che hanno formulato inizialmente richiesta di iscrizione, è stato chiesto di rinnovare l’adesione. Inoltre la Consulta ha già eletto la segretaria, nella persona di Andreina Pintor, e alcuni componenti della segreteria. In questo modo l’organismo è in grado di agire in modo formale, senza discostarsi dall’impegno nell’affrontare i problemi e i temi inerenti all’attività della Consulta». Sia la Consulta sia il Consiglio pastorale, di prossima istituzione, sono due realtà su cui si è concentrata parecchia attenzione e attesa da parte dei laici nella nostra diocesi. «Negli anni addietro – analizza monsignor Puddu – non c’è stata una convocazione stabile della Consulta ed era forte il desiderio di costituzione del Consiglio pastorale, per avere voce in capitolo, come funzione consultiva, sui temi che il vescovo può sottoporre ai suoi componenti. Tra l’altro siamo prossimi alla pubblicazione dello statuto che consentirà il corretto funzionamento del Consiglio pastorale diocesano. È giusto sottolineare che, al suo interno, i laici rappresentano la maggioranza rispetto ai componenti indicati dal clero». «La Consulta – sottolinea il vicario episcopale – si rivolge ai laici che già sono aggregati a movimenti e associazioni. Ma la diocesi è attenta anche a coloro non direttamente coinvolti in queste organizzazioni. Infatti nel prossimo Consiglio pastorale diocesano siederanno 26 laici, di cui ben 22 saranno indicati dalle parrocchie e dalle foranie. Mentre saranno soltanto quattro coloro che saranno eletti dalla Consulta diocesana dei laici. Questo aspetto rende molto variegato il Consiglio pastorale diocesano, all’interno del quale lavoreranno laici rappresentanti di tutto il territorio diocesano». Oggi il vescovo può contare su diverse realtà di discernimento ecclesiale e di programmazione pastorale. Una è il Consiglio presbiterale diocesano, mentre l’altra è proprio il Consiglio pastorale diocesano. Lo statuto di quest’ultimo è ormai approvato e ora si raccolgono le nomine provenienti dalle parrocchie e dalle foranie, in proporzione al numero degli abitanti. Don Franco precisa: «Al suo interno, oltre ai laici, ci saranno due religiosi e quattro religiose. Saranno presenti i vicari episcopali e il vescovo potrà designare quattro persone». Meic. La fede vissuta nell’impegno politico Un convegno di studio su Vittorio Bachelet ono diverse le aggregazioni laicali impegnate in diocesi. Una di queste è il Movimento ecclesiale di impegno culturale. All’inizio del mese ha voluto ricordare Vittorio Bachelet, per nove anni presidente nazionale dell’Azione cattolica, esponente della Democrazia Cristiana, ucciso dalle Brigate Rosse nel 1980. «Ricordando la sua figura – spiega il presidente della sezione cagliaritana del Meic Gianfranco Del Rio – abbiamo voluto soffermarci su un materia da lui a lungo coltivata, e cioè il diritto delle comunità locali, con un attenzione particolare S per le regioni. In questo campo Bachelet ha dato molto alla giurisprudenza, coniugando il suo essere cristiano con l’esercizio della professione di docente universitario». Senza mai lasciare i suoi studi, ha ricoperto anche la carica di vicepresidente del Pontificio consiglio per la famiglia. «Era un uomo buono – sottolinea Del Rio – ed era capace di farsi voler bene anche da coloro che avevano un orientamento politico diverso dal suo». Come presidente dell’Azione cattolica, ha contribuito al profondo rinnovamento dell’aggregazione laicale. (M.L.S.) L’ora di religione tra Vangelo e cultura DI ROBERTO PIREDDA U n campo privilegiato per la testimonianza dei fedeli laici è da sempre quello dell’educazione. A tale proposito un’opportunità importante è data dall’insegnamento della religione cattolica (Irc), che si inserisce «con una proposta formativa specifica, offerta a tutti coloro che intendano avvalersene. Contribuisce alla formazione con particolare riferimento agli aspetti spirituali ed etici dell’esistenza» (Indicazioni nazionali per il secondo ciclo). Se si guarda al panorama dei docenti di Irc troviamo, insieme alla presenza significativa di presbiteri, religiosi e religiose, un numero sempre maggiore di laici che svolgono questa disciplina. Non va mai dimenticato che i docenti di Irc sono dei “mandati”, grazie all’idoneità hanno un legame costitutivo con la diocesi, e sono quindi chiamati a coltivare la loro vita spirituale per essere nella scuola e nella vita quotidiana dei testimoni autentici del messaggio che trasmettono ai ragazzi. In questo modo gli insegnanti mettono dentro il loro qualificato impegno scolastico, il «valore aggiunto» ed essenziale della fede cristiana che anima il loro servizio che va visto come una vera e propria «carità educativa» perché mette i ragazzi nella condizioni di decifrare le grandi domande di senso alla luce del messaggio cristiano. La scuola è per i docenti di Irc un’occasione per vivere la propria vocazione cristiana, santificandosi attraverso il lavoro, svolto nell’ordinarietà della vita. Questo cammino cristiano non rappresenta soltanto un fatto personale ma, proprio nella scuola, si apre al servizio verso gli studenti, le famiglie e l’intera società. Tanti giovani se ne avvalgono n Italia l’Insegnamento della religione cattolica (Irc) continua a suscitare un interesse significativo tra gli studenti e le loro famiglie. Nove ragazzi su dieci, infatti, si avvalgono dell’Irc nei diversi gradi scolastici (l’89,3 per cento secondo l’ultima statistica del 2012). Nella diocesi di Cagliari i dati mettono in evidenza una partecipazione maggiore rispetto a quelli nazionali. La media complessiva di studenti che si avvalgono dell’ora di religione è del 94,1 per cento. (R.P.) I a due anni il sacerdote, originario di Nurri, svolge la sua opera evangelizzatrice nel contesto della comunità degli emigrati italiani in Belgio, nazione del Nord Europa che, nonostante la sua tradizione cristiana, registra una diminuzione del numero dei cattolici. D el ricordo di Irene, suora vincenziana, la storia dei suoi due fratelli sacerdoti, Erasmo e Sergio Pintus. Nel loro ministero hanno avuto l’opportunità di vivere l’entusiasmante esperienza della fondazione di due parrocchie, a Cagliari e a Sinnai. N Quaresima, tempo di grazia per un’autentica conversione ell’omelia del mercoledì delle ceneri, pronunciata dal vescovo Arrigo Miglio nel corso della celebrazione tenutasi nella chiesa cattedrale lo scorso 5 marzo, è stata evidenziata la dimensione comunitaria del cammino quaresimale come «tempo di conversione, soprattutto per quanti hanno avuto una chiamata speciale nella vita consacrata, nel ministero, nella vita matrimoniale o nell’impegno laicale». Come lo scorso anno, al rito di apertura della Quaresima sono stati invitati a partecipare, in modo particolare, coloro che appartengono alle aggregazioni laicali. Una proposta, dunque, rivolta ai “laici per vocazione” perché siano segno e testimoni di vera conversione e di intrapresa di autentici cammini di preparazione alla Pasqua. Monsignor Miglio ha ricordato che, come membri dell’unico popolo di Dio, possiamo essere «efficaci evangelizzatori unicamente se ci mettiamo ogni giorno in stato di conversione». Ha poi aggiunto: «È importante che viviamo questo cammino di conversione non soltanto come individui ma anche come popolo di Dio. Popolo di peccatori che però ha un forte desiderio di cambiamento e di rinnovamento di vita». Si tratta, dunque, di un richiamo ad una conversione concreta, e non un generico impegno a cambiare qualcosa di non ben definito della nostra vita. Una conversione che vada al cuore delle nostre resistenze e del nostro cristianesimo, talvolta vissuto all’insegna della tiepidezza. Pertanto, il pastore della chiesa cagliaritana, rilanciando alcuni passaggi del messaggio per la Quaresima di papa Francesco, attraverso una lettera inviata a tutti i fedeli in vista di questo tempo di conversione in preparazione alla Pasqua, incoraggia i battezzati a dare efficacia al cammino di trasformazione della propria esistenza a partire da tre precisi ambiti di povertà a cui l’uomo è esposto, cioè a una triplice forma di miseria: Il vescovo Miglio riceve le ceneri materiale, morale e spirituale. Per la prima miseria, quella materiale, il vescovo invita a focalizzare l’attenzione e l’azione verso la mancanza di cibo, di acqua, di lavoro, di dignità, di istruzione adeguata, di giuste relazioni. Con un richiamo a vivere in generosa solidarietà la Giornata della Caritas diocesana, che ricorrerà la terza domenica di Quaresima, il 23 marzo prossimo. Circa la miseria morale, Miglio propone di aprirsi ad una misura alta dell’amore, riprendendo confidenza con la parola castità, «che indica l’educazione ad un amore sempre più purificato da ogni traccia di egoismo, di possesso, di violenza, di mancanza di correttezza e di rispetto». Vivere la Quaresima affrontando la miseria spirituale, significa riprendere confidenza con il sacramento della riconciliazione, «come occasione di rinnovata ricerca di Dio e di una sempre maggiore vicinanza a Lui». In questa prospettiva la Quaresima diventa tempo privilegiato per un cammino che ci prepari a ricevere il sacramento della riconciliazione e del perdono. Infine, è stato indicato da monsignor Miglio, per la Quaresima 2014, un altro impegno concreto: «Per chi riesce a trovare un po’ di tempo in più, magari digiunando da tv, da discorsi inutili e da quanto ci fa perdere tempo, propongo l’itinerario feriale della liturgia quaresimale, un vero e proprio corso sui fondamenti della vita cristiana, che può essere seguito anche da casa, nella preghiera personale, quando non è possibile andare in chiesa». N Essere giornalisti cattolici nell’isola fra professionalità e testimonianza Alcuni operatori della comunicazione, componenti dell’Unione cattolica della stampa italiana, parlano di come coniugare la professione con la propria esperienza di fede. Un esempio concreto di animazione cristiana degli ambienti DI MARIO GIRAU on sembra – forse perché priva di casse di Nrisonanza – ma la presenza della stampa cattolica è capillare, anche se qualche volta «carsica». Nell’isola funzionano una decina di radio dove circola ispirazione cattolica, di cui 3 con buona audience e ascoltatori «fidelizzati»: radio Kalaritana, radio Barbagia, radio Bonaria. Sono 36 le testate giornalistiche cattoliche, compresi i periodici diocesani. Giornalisti cattolici sono presenti anche nei principali quotidiani isolani, nella Rai e nell’emittenza privata, nei periodici laici. Lavorano coniugando professionalità e autonomia di pensiero. «Da cristiano – dice Alessandro Zorco, vicepresidente Ucsi Sardegna – ho sempre cercato di mettere i miei valori al servizio del giornalismo. Sia durante la mia lunga gavetta (collaboratore dell’Unione Sarda, redattore politico ed economico al Giornale di Sardegna-Epolis) sia come addetto stampa di un’importante associazione artigiana e di un partito politico. Anche quando scrivo nel mio blog Blogosocial – Parole condivise. Questo lavoro mi ha fatto conoscere il volto senza nome di persone che si impegnano per costruire una società migliore. La fede è stata, e continua ad essere, uno strumento di lavoro eccezionale». «Il compito del cristiano impegnato nella comunicazione – dice Alberto Lecis, da quasi 20 anni fondatore-direttore prima della rivista e ora del blog Chorus – è garantire la qualità delle informazioni fornite e privilegiare la verità, anche se scomoda, con particolare attenzione alle realtà più nascoste, senza paura di andare controcorrente». Antonio Mastinu – direttore di Il Centro, mensile di informazione sociale, politica ed economica – si ispira a un suo «segreto» professionale. «Vivo – dice – in continuo confronto con la mia coscienza e con essa mi rapporto nell’affrontare fatti e misfatti della vita quotidiana, raccontandoli, senza travisarli, affinché il lettore possa avere una visione non di parte sulle tematiche del mondo». 1 in diocesi 2 Domenica 16 marzo 2014 Radio Kalaritana a servizio del Vangelo n’attenzione particolare alla variegata realtà diocesana e a quanto accade nelle parrocchie. Radio Kalaritana produce infatti, a livello regionale, l’unico notiziario di carattere ecclesiale, in onda dal lunedì al sabato alle 9.30 e alle 16.30. All’interno sono presenti interviste e commenti rilasciati ai microfoni dell’emittente dai protagonisti della vita ecclesiale della diocesi e non solo. All’interno del notiziario è dato spazio anche agli appuntamenti promossi dalla diocesi, dalle parrocchie, dalle aggregazioni laicali e dagli ordini religiosi che operano sul territorio. Ma l’emittente trasmette anche altri appuntamenti legati alla spiritualità. Nel palinsesto trova spazio quotidianamente la recita del rosario, delle lodi mattutine e dei vespri, e il commento al vangelo con la rubrica «Lampada ai miei passi». In collegamento con la Radio Vaticana, invece, sono proposte le principali celebrazioni liturgiche presiedute da papa Francesco e l’Angelus. Per tutti i venerdì di Quaresima invece è trasmessa anche la Via crucis. Ogni mercoledì inoltre alle 21.30 è in onda anche il programma «L’ora di Nicodemo», che propone attualmente la lettura integrale dell’Evangelii gaudium, l’esortazione apostolica di papa Francesco. (A.P.) U L’informazione nell’emittente della diocesi nformazione, cultura, musica e spiritualità. Sono questi i quattro «ingredienti» che, mescolati con cura, sono ritrovabili all’interno del palinsesto di Radio Kalaritana, l’emittente della diocesi di Cagliari. La radio produce dal lunedì al venerdì in diretta la rassegna stampa e tre edizioni in diretta del radiogiornale. Da anche spazio agli eventi culturali, mandando in onda il sabato alle 11.30 e alle 17.30, un’edizione del giornale radio dedicata interamente agli spettacoli teatrali e non solo. Sempre nel fine settimana, il sabato alle 12.10 e alle 18.45 e la domenica alle 17.30, l’emittente propone Kalaritana Sette, il meglio della produzione giornalistica dell’emittente. (A.P.) I n libro con disegni e lettere dei bambini. È quello che la parrocchia San Francesco d’Assisi di Cagliari, ha pubblicato con il titolo «Caro Papa Francesco». L’idea è del parroco, padre Carlo Atzei, che assieme ai più piccoli tra i suoi parrocchiani, ha voluto donare al Papa. L’immagine di copertina, con il Santo Padre sulla Papa mobile, mostra alle sue spalle gli edifici di via Piemonte a Cagliari: il convento e la chiesa dedicata al patrono d’Italia. «L’idea – dice padre Carlo – è nata quando, ai bambini presenti alla messa al termine dell’Anno catechistico, lo scorso giugno, ho chiesto di realizzare un disegno, una lettera e di coniare uno slogan per Papa Francesco». Dopo le vacanze estive diversi bambini hanno consegnato disegni, slogan e lettere a padre Carlo. «Da lì – conclude il parroco – è nata l’idea di raccogliere il materiale in una pubblicazione e poi farla arrivare al Papa che sappiamo l’ha ricevuto e l’ha gradito». Il libro contiene disegni e letterine scritte dai bambini ma anche alcune immagini dello slogan che i bambini hanno coniato: «Ajò Papa Francesco. Siamo con te», che riprende un incoraggiamento «Ajò», che tutti in Sardegna conoscono e usano nel parlare quotidiano. (R.C.) U I bambini scrivono a papa Francesco Le difficoltà dei giovani senza lavoro Ecco l’impegno dell’arcidiocesi per farsi prossima a quanti vivono il grave disagio della disoccupazione L’incontro di papa Francesco con i giovani a Cagliari I numeri della crisi I dati Istat sulla disoccupazione in Sardegna descrivono una situazione decisamente più grave rispetto al resto del Paese: il tasso nazionale per il 2013 fa segnare il 12,2% (un punto e mezzo in più rispetto al 2012) a fronte del 17,5% dell’isola, dove l’aumento percentuale è stato di due punti esatti. Un dato che conferma lo stato drammatico dell’occupazione in Sardegna, con la crescita di 5,3 punti in più rispetto al 12,2% del 2008. Ancora peggiore il caso di Cagliari e hinterland: nel 2013 il tasso di disoccupazione è stato del 17,8%, sei punti e mezzo in più del 2008 (11,3%). Il contesto più grave riguarda i giovani, dove nel 2013 il tasso di disoccupati nella fascia d’età tra 15 e 29 anni è salito al 50,3% (sei punti in più del dato regionale), cifra raddoppiata in cinque anni (nel 2008 era 25,9%). Una crisi che sembra senza uscita, dove un giovane su due è senza lavoro: una situazione che, oggi più che mai, esige una soluzione radicale. DI GIULIO MADEDDU U no degli aspetti che maggiormente caratterizza e rende più acuta la crisi globale che stiamo attraversando da qualche anno è quello della disoccupazione giovanile. Effettivamente il dramma della mancanza di lavoro coinvolge tutte le fasce di età, ma la carenza occupazionale investe con particolare drammaticità il mondo delle giovani generazioni. Papa Francesco, nella sua visita a Cagliari, incontrando proprio i lavoratori, ha detto che la causa della crisi è da ricondurre a «un sistema economico che ha al centro un idolo, che si chiama denaro». E coloro che subiscono le conseguenze più dure di questa forma globalizzata di idolatria sono proprio i giovani. Infatti, prosegue il Papa, «per difendere questo idolo si ammucchiano tutti al centro e cadono gli estremi, cadono gli anziani perché in questo mondo non c’è posto per loro! Alcuni parlano di questa abitudine di “eutanasia nascosta”, di non curarli, di non averli in conto… “Sì, lasciamo perdere…”. E cadono i giovani che non trovano il lavoro e la loro dignità. Ma pensa, in un mondo dove i giovani – due generazioni di giovani – non hanno lavoro. Non ha futuro questo mondo. Perché? Perché loro non hanno dignità!». Di fronte a questo disagio anche la Chiesa si interroga e cerca stabilire una vicinanza concreta verso i giovani affinché siano accompagnati in percorsi di formazione e di azione in grado di porre in campo nuove vie per un inserimento nel mondo del lavoro. Il «Progetto Policoro», presente da tempo anche nella diocesi di Cagliari, è un piccolo ma significativo «segno-azione» di emergenza. Il cibo è per tutti Una scomessa sulla solidarietà Gruppi caritativi, aggregazioni laicali, e aziende unite nella promozione di una nuova cultura della condivisione ell’Isola l’emergenza alimentare è ormai quotidiana. Nei centri d’ascolto delle dieci Caritas sarde il 47,7 per cento degli interventi sono finalizzati a garantire cibo. Nel 2012 esse hanno distribuito 880 mila pasti: 440 mila nelle mense e altrettanti pacchi viveri. La Mensa della Caritas N diocesana assicura, in media, 600 pasti al giorno, tra colazione, pranzo e cena. Un’emergenza alimentare che trova piena conferma nella campagna nazionale «Una sola famiglia umana, cibo per tutti: è compito nostro», lanciata nei giorni scorsi da Caritas italiana e dalla Focsiv, Federazione organismi cristiani servizio internazionale volontario. Intanto cresce la solidarietà sarda. Il progetto «Tutti con Caritas», ideato da MediaTris, prevede donazioni e convenzioni da parte di aziende, che permettono all’organismo pastorale di acquistare a prezzo di costo ciò che è necessario: nei mesi scorsi, l’Asdomar (Gruppo Conserve) ha donato 66 mila scatolette di tonno all’olio d’oliva e Alb spa ha fatto lo stesso, con 33 mila bottiglie d’acqua Smeraldina da un litro e mezzo. In quest’ultimo caso è stata attivata una convenzione annuale per una fornitura illimitata di acqua Altura, prodotta a Bortigiadas, a 15 centesimi in luogo dei 27 previsti per il pubblico. Oltre ad alimentare una “filiera della solidarietà” isolana, si sostiene così l’attività industriale, rafforzando la produzione e generando occupazione. «Occorrono equilibri virtuosi – spiega don Marco Lai, direttore della Caritas diocesana e accompagnamento a ai giovani. Il magistero sociale ha sempre concepito il lavoro come un bene «di tutti», che deve essere disponibile «per tutti». Da qui l’insistenza circa la «piena occupazione» lavorativa di quanti ne hanno capacità, come un obiettivo doveroso per ogni ordinamento economico orientato alla giustizia e al bene comune. Una società in cui il diritto al lavoro non sia assunto come obiettivo primario e in cui le misure di politica economica non consentano ai cittadini di raggiungere livelli soddisfacenti di occupazione, «non può conseguire – dice Giovanni Paolo II – né la sua legittimazione etica né la pace sociale» (Centesimus annus, 43). Ebbene, è innegabile che la grave crisi occupazionale, soprattutto in ambito giovanile, ponga sempre più a rischio la «pace sociale», e quindi anche il sereno e proficuo determinarsi della nostra comunità isolana. Il panorama politico regionale e nazionale necessariamente si deve confrontare con tali contingenze. E proprio nei giorni in cui la Sardegna inaugura un nuovo governo locale, cresce l’attesa per le urgenti ed efficaci disposizioni che tutti si attendono. L’attenzione è concentrata sul nuovo governatore che, anche in sede della – seppur breve – campagna elettorale, ha posto in evidenza la sofferenza del mondo giovanile causata proprio dalla disoccupazione alle stelle. «Nell’attuale crisi chi sta pagando il conto più salato – afferma il professor Pigliaru – sono le nuove generazioni che faticano a trovare le giuste opportunità nella nostra regione e rappresentano quindi un gruppo sociale l’impegno Il «Progetto Policoro» iovani, Vangelo, lavoro. Sono le paGrole chiave della «mission» del Progetto Policoro, lo strumento della Chiesa italiana nato per combattere la disoccupazione giovanile attraverso una “rete di soggetti cristianamente ispirati” per evangelizzare la vita e il lavoro. Un compito non facile, ma che la Chiesa vuole assolvere promuovendo una nuova idea di impresa, dove la parola chiave è “etica”, non “profitto”, formando e accompagnando i giovani imprenditori. Nella diocesi di Cagliari il Progetto continua a delegato regionale Caritas – per promuovere una “cultura altra”, che metta al primo posto il bene comune». E poi c’è un’altra iniziativa, «Abbattiamo la fame», promossa dall’Istituto salesiano don Bosco e dalla Caritas diocesana: grazie ai 31 mila euro raccolti con iniziative di beneficenza, sono stati acquistati per la Mensa un abbattitore termico, due celle frigorifero e una macchina da vuoto, tutti strumenti che permettono il recupero dei cibi cotti che altrimenti verrebbero sprecati. Inoltre, grazie alla convenzione con un ospedale, si stanno recuperando circa 40 pasti quotidiani. In futuro si mira a recuperarne almeno 300. Maria Chiara Cugusi farsi conoscere sempre di più, con percorsi di animazione territoriale (oltre 300 giovani incontrati) e l’attività del centro servizi (altri 150 ragazzi). Tra loro ben 21 hanno condiviso con l’equipe diocesana – formata dai direttori delle tre pastorali promotrici, dai professionisti volontari del progetto, dagli animatori di comunità e dai referenti delle filiere – la propria idea imprenditoriale chiedendo di essere accompagnati nello startup d’impresa: per 3 progetti, possibili futuri “gesti concreti”, è stata inoltrata richiesta di finanziamento. (F.A.) vulnerabile. I giovani, nonostante livelli di istruzione più alti di quelli della generazione precedente e un più ampio spettro di possibilità di formazione e mobilità, soffrono comunque un deficit di opportunità di realizzazione se confrontati con la generazione precedente. Questo deficit si traduce spesso nella difficoltà ad acquisire i ruoli tipici della vita adulta (farsi una famiglia, raggiungere una indipendenza) e forse ancora più gravemente, a livello più ampio si può trasformare in una radicato senso di emarginazione, frustrazione, distanza dalle istituzioni, scarsa fiducia e in generale distacco dalla vita pubblica». Queste sono le considerazioni di analisi del neopresidente della regione sarda. Ma nelle sue prospettive di azione vengono dichiarati almeno due impegni concreti a riguardo. Il primo riguarda gli «incentivi fiscali e altri servizi reali per le imprese innovative, specie quelle costituite da giovani». Il secondo impegno è relativo alla promozione di una nuova imprenditorialità «attraverso un percorso integrato di istruzione scolastica ed universitaria e imprese per stimolare le capacità imprenditoriali dei giovani e la loro capacità di fare impresa». Effettivamente queste possono costituire alcune strade concrete e possibili da percorrere che, però, devono essere intraprese senza lentezze ed evitando i soliti stalli di cordate e di interessi. Senza dimenticare che la giovinezza passa, ma con essa rischiano di non dissolversi le speranza per una piena realizzazione di vita degli individui. Non si può perdere tempo. È un problema di «dignità umana». È una questione di «pace sociale». eventi. Il convegno nazionale Caritas fa tappa in diocesi fra due settimane agliari ospiterà il trentasettesimo Convegno nazionale delle Caritas diocesane «Con il Vangelo nelle periferie esistenziali», dal 31 marzo al 3 aprile prossimo. «Si tratta di un’occasione di crescita per la Chiesa sarda e di un’opportunità per sentirsi parte attiva della Chiesa italiana – spiega don Marco Lai, direttore della Caritas diocesana e delegato regionale Caritas – a iniziare dalla possibilità di rafforzare una “pastorale integrata”, grazie alla rete tra i vari uffici, e di recuperare il senso più profondo della “carità”, intesa come “intima essenza della Chiesa”, da cui la pastorale ordinaria non può prescindere». Riflessioni che vanno inoltre inquadrate, per il delegato Caritas, «nella specificità del contesto sardo: C Uno dei centri di raccolta della Caritas operativo nel periodo dell’alluvione che ha colpito la Sardegna nello scorso mese di novembre. una “periferia esistenziale” – in linea con il titolo scelto quest’anno – con le sue molteplici problematiche: in questo senso, ci si presenta l’occasione per uscire da una “marginalità” geopolitica e assumere un ruolo centrale nel Mediterraneo, proprio a partire dalle Caritas sarde, che hanno mostrato, negli anni, una presenza costante accanto agli “ultimi”, attraverso un ruolo di animazione pastorale e una funzione pedagogica». Una presenza confermata durante la recente alluvione, «con la piena fiducia accordataci da parte della società civile, per la nostra capacità di collaborazione, sussidiarietà, e per il contributo nell’analisi dei bisogni concreti», precisa don Marco Lai. Uno dei momenti più significativi del convegno sarà l’accoglienza dei partecipanti nel Santuario di Nostra Signora di Bonaria, con la Messa presieduta dall’Arcivescovo di Cagliari monsignor Arrigo Miglio. (M.C.C.) nel mondo Domenica 16 marzo 2014 «Io prete, dal Congo alla Sardegna» riginario della Repubblica Democratica del Congo don Simon Bolomba dal 1996 vive il suo ministero sacerdotale nella diocesi di Cagliari. Oggi amministratore parrocchiale a Ortacesus, centro della Trexenta, una quarantina di chilometri da Cagliari, racconta della sua vita presbiterale in Sardegna. «La mia permanenza in Italia – dice – ha inizio all’indomani di un intervento subito in un ospedale romano, dopo il quale avrei dovuto fare il controllo a distanza di due mesi. Per evitare il rientro in quello che si chiamava Zaire, oggi Repubblica Democratica del Congo, ho chiesto ed ottenuto la possibilità di trascorre questo periodo prima a Verona e poi a Cagliari. Qui, grazie all’accoglienza di monsignor Ottorino Pietro Alberti e dell’allora vescovo ausiliare monsignor Tarcisio Pillolla, venni mandato per un mese nella O parrocchia del Santissimo Redentore a Monserrato, con parroco don Elvio Madeddu. Trascorso quel periodo don Elvio mi chiese di rimanere ma per decidere avevo necessità di avere l’autorizzazione al mio vescovo che me l’ha concesse, permettendomi anche di completare gli studi fino al dottorato, ottenuto nel 2005, ed oggi insegno all’Istituto di Scienze Religiose». Dopo tre anni don Elvio, il parroco, venne trasferito in città a San Lucifero, ma don Simon venne assegnato alla parrocchia di Sant’Anna. Don Elvio fece richiesta specifica di avere con lui don Simon. Per poter rimanere però il sacerdote congolese chiese nuovamente il parere al suo vescovo, che gliela concesse, arrivando così stipulare una convenzione tra le due diocesi ed oggi don Simon è sacerdote fidei donum a Cagliari. Dopo gli anni come vicario parrocchiale nel centro Nel cuore dell’Europa un sacerdote di Cagliari ha deciso di mettersi a disposizione della Fondazione Migrantes città nel 2008 don Bolomba viene destinato a due parrocchie piccole, lontane dalla città, Serri e Escolca, lì per 5 anni ha guidato le rispettive comunità. Una realtà diversa rispetto alla città caratterizzata dal rispetto e dall’affetto della gente. Dallo scorso anno è amministratore parrocchiale a Ortacesus. «Il 16 agosto festeggerò 33 anni di sacerdozio – conclude il sacerdote – oltre la metà li ho trascorsi qui. Dovunque sono stato ho intessuto rapporti profondi e la gente mi ha sempre dimostrato affetto, e fino ad oggi il mio essere sacerdote in una terra lontana mi ha confermato come la Chiesa sia unica. A conferma di questo, ricordo che un giorno ho battezzato un bimbo sardo, un altro filippino ed io ero africano: diversa provenienza ma tutti figli di una sola Chiesa, un dono grande». Roberto Comparetti L’impegno in Guatemala dei domenicani sardi Don Simon durante il suo ministero a Serri U della volontà, della coscienza e della fraternità, per la costruzione di un mondo più umano e cristiano. Per poter sostenere materialmente la missione vengono periodicamente organizzati appuntamenti ed eventi, come le oramai famose cene di solidarietà, molto apprezzate, senza dimenticare le raccolti generi e materiali di diverso tipo che, caricati su un container, lasciano la Sardegna alla volta di Dolores. Negli anni si sono poi moltiplicati anche i viaggi di diversi giovani sardi alla volta del Guatemala, spesso per trascorrere alcune settimane e dedicarsi al lavoro in questa missione dell’America Centrale. (R.C.) per l’assistenza religiosa di coloro che hanno lasciato la nostra nazione per motivi di studio o per trovare lavoro devozione in Belgio. Da circa due anni don Alessio Secci esercita il ministero di cappellano per gli italiani ANDREA PALA n legame forte che continua ad essere mantenuto. È quello tra la Sardegna ed il Guatemala, grazie ai padri Domenicani di Cagliari che hanno una missione nel Paese del Centro America. Il progetto di sostegno alla missione di Dolores, comune del dipartimento di Peten, dove è stata realizzata una casa di accoglienza, rientra nell’attività di una onlus, denominata «P.A.S.S.I per Il Mondo», con l’acronimo P.A.S.S.I che diventa «Progetto Assistenza Solidale Insieme». Lo scopo è sostenere la persona umana nella sua dimensione integrale, nel rispetto dei valori dell’intelligenza, U Accanto agli emigrati DI 3 di cappellano per gli emigrati italiani in Belgio. E così ho accettato questo incarico. A Liegi, ovviamente, non lavoro solo con e per i nostri connazionali, perché sono inserito nella più vasta diocesi Liegi, dove lavoro all’interno di una unità pastorale. Per metà tempo presto la mia opera con le comunità belghe, mentre per la restante metà svolgo opera pastorale con gli n punto di riferimento per gli italiani, ma non solo. Don Alessio Secci, sacerdote della nostra diocesi, da due anni ricopre l’incarico di cappellano per i nostri emigrati in Belgio. Un ruolo importante e anche delicato perché svolge il suo ministero sacerdotale stando vicino a chi, per lavoro, per studio o per altri motivi, ha deciso di lasciare il territorio nazionale per stabilirsi a migliaia di chilometri di distanza dalla propria famiglia. «Sono qui – racconta don Alessio diventato sacerdote nel 1999 – dall’estate del 2012 quando l’arcivescovo di Cagliari monsignor «La missione – dice Arrigo Miglio mi ha il prete – è strutturata come concesso la possibilità di trasferirmi qui a Liegi, una parrocchia. Gli italiani dove ora mi trovo. all’estero trovano qui Appena diventato sacerdote, ho avuto la un angolo del Belpaese nel possibilità di leggere quale si tutelano l’identità, quanto la fondazione Migrantes scriveva ai le tradizioni e la fede» sacerdoti italiani, chiedendo loro emigrati italiani». disponibilità per lavorare in terra Ma in cosa consiste il di missione. Sono tante infatti nel ruolo di cappellano? Ce mondo le strutture dedicate agli lo spiega don Alessio. emigrati italiani in diverse «Il servizio che viene nazioni. E una di queste si trova in richiesto – puntualizza Belgio. Personalmente ho sempre don Alessio – può essere avuto una certa sensibilità verso il equiparato a quello di tema della missione, complice un parroco. Le missioni anche la mia esperienza di parroco infatti sono strutturate in alcuni paesi della diocesi ad come una parrocchia, alto tasso di emigrazione. Nel Don Alessio durante la sua esperienza in Kenya con tutti i servizi ad essa 2010 ho raggiunto questo connessi. Qui a Liegi obiettivo trasferendomi nella esiste uno spazio molto missione di Nanyuki, in Kenya, frequentato anche dai belgi, con infatti cerchiamo di salvaguardare con don Franco Crabu, con il circa 700 famiglie iscritte. E la nostra identità nazionale, ma consenso dell’allora arcivescovo durante l’anno svolgiamo anche le tradizioni e il nostro monsignor Giuseppe Mani». parecchie attività che spaziano dai modo di vivere la fede». Dal Kenya al Belgio il passo è stato temi culturali a quelli strettamente L’obiettivo, quindi, è quello di far breve. Perché, di ritorno religiosi. Si cerca infatti di offrire sentire gli italiani come se fossero dall’Africa, don Alessio ha avuto il uno spazio agli italiani e non solo, a casa propria, nonostante i consenso per recarsi questa volta cercando di instaurare un legame migliaia di chilometri di distanza. nel nord Europa. «La fondazione di amicizia e fraternità. Vogliamo E in Belgio, al momento, i nostri Migrantes – ricorda il sacerdote – che gli emigrati trovino all’interno connazionali non sono pochi. «Al aveva la necessità di individuare della missione un angolo d’Italia e momento sono presenti circa un sacerdote da destinare al ruolo Il simulacro e la sorgente della Vergine dei poveri Nella diocesi di Liegi il santuario di Banneux el piccolo borgo di Banneux, situato nella catena montuosa delle Ardenne, a venti chilometri dalla città di Liegi, si trova il santuario della Vergine dei poveri. L’edificio sacro sorge nel luogo in cui alla piccola Mariette Beco, scomparsa tre anni fa all’età di 90 anni, è apparsa per otto volte, tra il 15 gennaio e il 2 marzo del 1933, la Madonna con l’appellativo di “Vergine dei poveri”. Fu la stessa Mariette Beco a raccontare quanto accaduto oltre 80 anni fa. La giovane, allora dodicenne, aveva infatti riferito che una domenica, era il 15 gennaio 1933, mentre è in casa ad attendere il fratellino Julien, ha visto dalla finestra, nel giardino, una figura femminile luminosa, vestita di bianco, con le mani giunte. Mariette non ha esitato a prendere il rosario e ha cominciato a recitarlo. Le apparizioni sono continuate per un mese e mezzo. Pochi giorni dopo, nel corso della terza apparizione, la “Signora”, modo in cui Ma- N riette Beco ha definito la figura femminile a lei apparsa, si è presentata come la “Vergine dei Poveri” indicando che la sorgente alla quale ha condotto la bambina durante la seconda apparizione avvenuta pochi giorni prima, è «per tutte le nazioni e per i malati». L’ultima apparizione si è verificata il 2 marzo del 1933. Quel giorno era stato caratterizzato da una forte pioggia, ma all’improvviso il cielo si era rasserenato e la Madonna era apparsa, con un volto serio, velato di tristezza e aveva detto a Mariette: “Io sono la Madre del Salvatore, la Madre di Dio”, prima di scomparire dopo aver benedetto la dodicenne con un segno di croce. Due anni dopo, nel 1935, Pio XI ha incaricato una commissione per accertare la veridicità dell’apparizione e nel 1942 il vescovo di Liegi ne ha approvato il culto. Si è dovuto attendere però nel 1949 quando l’apparizione era stata approvata definitivamente dalla Chiesa cattolica. (A.P.) la Chiesa belga In calo il numero dei fedeli empre meno. Sono infatti in calo coloro che si dichiarano cattolici in Belgio. Se più di trent’anni fa, nel 1980, il 72 per cento della popolazione di questo stato del nord Europa, gli ultimi dati disponibili, relativi al 2010, evidenziano che solo il 60 per cento definisce se stesso come cattolico. Questo nonostante le famiglie cattoliche rappresentino ancora la stragrande maggioranza della popolazione (circa l’87 per cento). La nazione è suddivisa in 8 diocesi, di cui una sola è metropolitana, quella di Bruxelles, mentre le altre sono suffraganee. Le parrocchie attive sono meno di 4000. Complice la mancanza di sacerdoti, queste sono sempre più raggruppate in unità pastorali. Per quanto riguarda invece gli italiani presenti in Belgio, secondo gli ultimi dati resi disponibili dal ministero dall’Interno sono 254.471. Oltre la metà è stanziata nei dintorni di Charleroi, nella parte francofona, ma è significativa anche la presenza degli italiani a Bruxelles, con circa 87.000 residenti, mentre un altro gruppo consistente di italiani si trova a Mons, sempre nella regione francofona del Belgio. Ma la gran parte degli italiani residenti in Belgio proviene dal Meridione, più precisamente dalla Sicilia. Mentre i sardi sono circa 13.000. (A.P.) S 250.000 emigrati italiani, ma qui a Liegi ce ne sono tra i 25.000 e i 30.000. Alcuni di essi sono di origini sarde, ma in prevalenza, almeno all’80 per cento, provengono dalla Sicilia. Molti nostri conterranei si trovano nelle Fiandre, a Limburgo, dove sono presenti in numero più consistente rispetto alla zona in cui mi trovo». Il popolo ucraino, esempio di unione e laboriosità na comunità variegata al suo interno, aperta, ben integrata nel territorio sardo. Circa una sessantina i fedeli ucraini ortodossi guidati da padre Mikhail Povaliaiev, 32 anni, da tre anni nell’isola, parroco della Chiesa ortodossa russa del Patriarcato di Mosca a Cagliari. Dal 2011, si riuniscono nella Chiesa della Speranza, grazie all’ospitalità offerta dal Parroco della Cattedrale, monsignor Alberto Pala. Tre i momenti di preghiera: la domenica mattina, per la liturgia, il sabato pomeriggio per i vespri e il giovedì pomeriggio per il moleben (inno). «Abbiamo la possibilità di crescere come comunità, attraverso un servizio liturgico continuativo», spiega padre Mikhail. Oggi la Chiesa è utilizzata per culto il ortodosso, a eccezione del 18 dicembre, in cui si celebra Messa cattolica in ricordo della Madonna della Speranza. U Fedeli ucraini nella chiesa della Speranza Diverse le provenienze: ucraini, russi, moldavi, georgiani; la maggior parte donne che lavorano come badanti, colf e baby sitter, alcuni ucraini impegnati nel commercio, diverse coppie miste; e, nei mesi estivi, ci sono i turisti ai quali la Chiesa offre un servizio di liturgia e orientamento. Una comunità aperta e allo stesso tempo legata alle proprie tradizioni: «Si impegnano a costruire relazioni con i sardi – continua padre Mikhail – perché vogliono inculturarsi nella comunità isolana». Compito della Chiesa è creare unità: «Organizziamo momenti di incontro: dopo la messa offriamo un rinfresco ai nostri parrocchiani. Hanno bisogno di assistenza spirituale, di amicizia e calore umano». E poi ci sono le difficoltà lavorative: «Il lavoro di badante, accanto a persone malate e anziane, è difficile dal punto di vista psicologico– spiega Natalka Bandylyuk, dello sportello mondo colf del patronato Acli e presidente dell’associazione Barvinok –; inoltre, le badanti risentono della crisi economica e soffrono la lontananza dalla propria famiglia» Secondo i dati dell’ultimo Rapporto Caritas e Migrantes è, nell’ordine, la quinta nazionalità presente nell’isola (2054 unità). «Non tutti frequentano la Chiesa – continua il sacerdote – : arrivano da paesi segnati dall’ateismo; alcuni preferiscono occuparsi delle questioni di lavoro più che dell’aspetto spirituale». Inoltre, c’è una forte preoccupazione per la situazione in Ucraina: «Evitiamo di parlare di politica: oggi più che mai la Chiesa deve parlare di pace e aiutare a superare le divisioni». (M.C.C.) A sostegno dei connazionali Due le associazioni fondate da ucraini e attive a Cagliari. La prima, Barvinok, è nata nel 2008 per aiutare le donne ucraine presenti nell’isola, attraverso servizi di mediazione e assistenza. La seconda, Oci (organizzazione cittadini immigrati), nata nel 2012, assicura uno sportello itinerante nei punti di aggregazione della comunità, per un sostegno nelle pratiche burocratiche, rimpatri assistiti, servizi consolari, mediazione e orientamento. Le associazioni sono aperte a nazionalità e confessioni diverse. nella storia 4 Domenica 16 marzo 2014 La chiesa di Sant’Elena a Quartu: nove secoli di storia e architettura DI TERENZIO PUDDU L a più antica chiesa dedicata a Sant’Elena, madre dell’imperatore romano Costantino, fu costruita alla fine della prima metà del XII secolo in stile romanico. La pianta dell’edificio a tre navate è emersa sotto la pavimentazione in occasione degli ultimi restauri, eseguiti tra il 1996 e il 1999. Questa chiesa non era grande ma sufficiente alle esigenze di Quarto domino, uno dei villaggi medievali che in futuro formeranno l’attuale città. Tra il Quattrocento e il Cinquecento l’edificio romanico fu demolito per essere sostituito da nuova struttura, più grande in stile tardogotico catalano, con una sola navata voltata a crociera. La cappella maggiore era quadrata e più bassa rispetto al resto della chiesa. Tra il Seicento e il Sete Raimondo Ignazio Cochis eseguì un sopralluogo insieme al direttore di fabbriche luganese Carlo Maino e al muratore Giuseppe Boi. Il Cochis propose un grande intervento che comprendeva l’aggiunta a est di un transetto cupolato, la costruzione di una nuova sacrestia e di un ampio presbiterio. Dopo alterne vicende solo nel 1804 si ricominciò a parlare della costruzione della nuova chiesa parrocchiale. Fu incaricato l’architetto Gerolamo Melis il quale aggiornò il precedente progetto e i lavori iniziarono nel 1809. L’interno fu completato nel 1818 e nel 1825 si pose mano al rifacimento della facciata. La chiesa fu benedetta nel 1828. A lavori ultimati della precedente struttura rimasero solo l’oratorio del Rosario, che sorgeva dietro l’omonima cappella ed in cui oggi troviamo la Cappella del Santissimo Sacramento, il campanile e la torre dell’orologio, modificati rispettivamente nel 1875 e nel 1900, parte dei contrafforti del primo tratto delle pareti della navata e le prime due cappelle. La nuova facciata, in stile neoclassico, è conclusa da un timpano triangolare ed è affiancata, sulla sinistra, dallo snello campanile con il terminale a cupolino. Uniti negli ultimi anni di vita da gravi problemi di salute, sono stati due veri pastori d’anime che hanno vissuto Eredità artistica di diverse epoche Da sede canonicale a basilica a parrocchia di Quartu appartiene fin dalle sue origini alla diocesi di Cagliari. È documentata con titolo canonicale del Capitolo metropolitano della cattedrale di Cagliari già dal 1524. Assieme alle prebende di Stampace, Sanluri, Selargius e Maracalagonis il canonicato aveva l’onere della messa conventuale; questo fu soppresso con la legge del 15 aprile 1867. Tra i suoi canonici e parroci, diversi diventarono vescovi o ricoprirono ruoli importanti, fra questi si ricordano Salvatore Ruiu (1727) e Michele Aymerich (1788) vescovi di Ales, Salvatore Mameli vescovo di Alghero (1800), e Giovanni Francesco Pala vescovo di Cassano allo Jonio (1984). La chiesa parrocchiale di sant’Elena fu consacrata dall’arcivescovo Piovella il 26 febbraio 1932. Nel 2007 è stata elevata al rango di basilica minore. Fino all’immediato dopoguerra era la chiesa extraurbana più grande della diocesi. Nel 1924 ospitò il congresso eucaristico diocesano. (T.P.) con intensità il ministero. La sorella minore suor Irene descrive il contesto familiare nel quale sono cresciuti a basilica di sant’Elena nel corso dei secoli si è arricchita di numerose opere d’arte. Nel suo interno si possono ammirare gli arredi barocchi in legno intagliato o in pregevoli marmi intarsiati tra i quali spicca il pulpito scolpito da Pietro Pozzo nel 1741, il fonte battesimale del 1735, opera di Antonio Sagino, e il grande altare maggiore, realizzato tra il 1815 e il 1818, per essere poi ampliato nel 1907 con due angeli in stucco posati su un cumulo di nuvole, a contorno della nicchia che ospita la statua lignea della Santa patrona. Nella cappella del Sacramento sono esposte le tavole superstiti del retablo di s. Elia, attribuito ad Antioco Mainas, pittore sardo cinquecentesco della scuola di Stampace. La chiesa fu interamente decorata dai pittori Scano e Puddu tra il 1924 e 1940. (T.P.) L L L’attuale facciata neoclassica della Basilica di Sant’Elena risalente al XIX secolo La famiglia, sorgente di vocazioni Erasmo, Sergio e Irene Pintus, tre fratelli, sono oggi due sacerdoti e una suora Dai genitori il dono della fede. Poi il loro «sì» al Signore per servire i fratelli DI WALTER ONANO Q uando in una famiglia si vivono i valori del Vangelo, il Signore non manca di elargire le sue benedizioni, anche attraverso il dono delle vocazioni di speciale consacrazione. Forse oggi non è così frequente che in un unico nucleo familiare sorga nel cuore di due fratelli e una sorella il desiderio di donarsi a Cristo nel servizio alla Chiesa. E questa è la storia di Sergio, Erasmo e Irene Pintus, nati in una famiglia edificata sulla solida fede di due sposi, Cristina e Alfonso. Don Sergio e don Erasmo hanno vissuto con intensità la loro missione di parroci, sempre in cerca di coinvolgere nel cammino di fede e nell’edificazione della comunità ecclesiale i fedeli affidati alle loro cure. Sono sempre stati animati dalla forza coinvolgente della fede, dall’amore per Cristo, per la Chiesa e per quanti hanno riconosciuto in loro dei veri uomini di Dio. Giorno dopo giorno, il loro unico fine è stato quello di edificare la Chiesa di pietre vive. Ordinati nella Basilica di Bonaria il 1 luglio 1962, dopo essere stati insieme nel seminario diocesano di Dolianova e poi a Cuglieri, le loro strade si sono divise per i differenti servizi pastorali. Entrambi sono stati fondatori di parrocchie. Don Erasmo, dopo l’esperienza come viceparroco a Capoterra e Sant’Elia, fu incaricato di istituire la parrocchia di Sant’Isidoro a Sinnai nella quale svolse il suo ministero per ben 42 anni. Don Sergio fu incaricato di erigere la parrocchia della Madonna della Strada, nel popoloso quartiere cagliaritano di Mulinu Becciu. Fu una breve esperienza preceduta da diversi servizi in seminario, nell’azione cattolica e come vicario parrocchiale. È ricordato in modo particolare per il suo ministero a Monastir, a Sanluri e nell’ospedale Brotzu. La loro vita sacerdotale si concluse nello stesso anno, il 2010, proprio nell’anno sacerdotale, a breve distanza l’uno dall’altro. Don Sergio nel mese di aprile, dopo due anni di sofferenze a causa della Sla, e don Erasmo a ottobre, anch’egli colpito da una malattia degenerativa. Entrambi hanno percorso la strada della sofferenza con la serenità e la pazienza di chi non solo ha predicato per un’intera vita il vangelo della speranza, ma lo ha incarnato fino all’ultimo respiro. La Settimana Santa in Cattedrale l ricco programma di celebrazioni inizia il 13 aprile alle 10, presso la chiesa della Purissima (Via La Marmora), con la benedizione delle palme e la processione verso la Cattedrale, dove alle 10.30 si celebrerà la Messa nella Passione del Signore. Giovedì Santo, il 17 aprile, alle 9.30 i sacerdoti celebreranno l’Ora Terza nella chiesa della Purissima. Seguirà la Messa crismale in Cattedrale alle 10. Alle 19 la celebrazione della Messa «in coena Domini», e alle 22 l’Ora santa di adorazione. Venerdì Santo, 18 aprile, alle 9 l’Ufficio delle letture e le Lodi mattutine. Alle 14 l’Ora Nona e l’accoglienza del Crocifisso. Alle 19 si terrà la solenne azione liturgica della Passione Il rito de «Su scravamentu» del Signore. Sabato 19 aprile alle 9 l’Ufficio delle letture e le nella cattedrale di Cagliari Lodi mattutine. Seguirà il rito de «Su scravamentu». Alle 22 Miglio presiederà la Veglia pasquale. I Il calendario pastorale del mese Ecco i principali appuntamenti in diocesi per i mesi di marzo e aprile. Oggi dalle 9 alle 14.30 presso il seminario arcivescovile, si terrà il quarto incontro del «pre–seminario». Dalle 17.30 alle 20, presso la parrocchia di San Pietro in Assemini, si terrà il ritiro spirituale per la famiglia dal tema «Quaresima: dal dono del battesimo alla grazia dell’amore sponsale». il ricordo di suor Irene «Ogni giorno il Rosario in casa» a storia di suor Irene è legata a quella dei suoi Lindissolubilmente due fratelli. «La nostra vocazione – ricorda la religiosa – è nata nel focolare domestico, dedito alla preghiera quotidiana del Rosario e alla partecipazione alla Messa domenicale. Un’educazione religiosa semplice e umile arricchita dall’amore dei nostri genitori». Quando la giovane Irene parlò della propria vocazione in famiglia trovò una certa resistenza, soprattutto da parte della madre, che già aveva visto partire i due figli seminaristi. Solo dopo l’ordinazione sacerdotale di Sergio ed Erasmo venne il tempo di dare concretezza al suo cammino vocazionale come suora vincenziana della carità. «Ricordo – dice suor Irene – sul tavolo della cucina i due calici che i miei fratelli ebbero in dono dai miei genitori. Nel vederli desiderai che potessero essere colmi anche della donazione di me stessa». (W.O.) Mercoledì 19 marzo si celebra la «Giornata diocesana della solidarietà e del lavoro». Alle 16.30, presso il Lazzaretto, si terrà una tavola rotonda dal tema: «Giovani Chiesa Lavoro». Alle 19 monsignor Miglio presiederà la santa messa nella parrocchiale di Sant’Elia. Domenica 23 marzo si celebra in tutte le comunità parrocchiali la giornata della Caritas diocesana. Dalle 15.30 alle 20.00, a San Vito, si terrà il secondo incontro diocesano di pastorale giovanile. Destinatari dell’iniziativa sono i ragazzi di terza media e prima superiore, i loro educatori, nonché i gruppi dei ragazzi delle scuole superiori che nelle parrocchie o negli oratori svolgono un servizio di animazione. Sabato 29 e domenica 30 marzo, presso il Centro diocesano di pastorale P. G. Frassati di Alghero (Località Montagnese), si terrà il secondo convegno regionale di pastorale giovanile. Domenica 30 marzo dalle 9.30 alle 18, presso il seminario diocesano di Cagliari, si terrà la festa delle famiglie che avrà come tema «La famiglia educa all’amore». L’invito alla partecipazione è rivolto a tutte le famiglie delle comunità parrocchiali, dei movimenti e delle associazioni della diocesi. Alle 15.30, presso la Fiera campionaria di Cagliari, si terrà l’incontro diocesano dei ragazzi missionari. Dal 31 marzo al 4 aprile si terrà a Quartu Sant’Elena, presso il complesso turistico alberghiero Setar, il convegno nazionale delle Caritas diocesane che avrà come tema «Con il Vangelo nelle periferie esistenziali». Domenica 6 aprile alle 17 presso il monastero delle Clarisse Cappuccine in Cagliari si terrà l’adorazione eucaristica vocazionale, curata dal Centro Diocesano Vocazioni. Venerdì 11 aprile alle 20, a partire dalla chiesa parrocchiale dei Santi Giorgio e Caterina, si terrà la tradizionale Via Crucis sul colle di «Monte Urpinu». Le campane, «voce» di Dio e delle comunità DI FRANCESCO VIRDIS A La chiesa di San Lorenzo a Sanluri Il loro suono, ormai, spesso tace o è sostituito da mediocri mezzi di diffusione elettronica, ma la ricchezza delle loro originali vibrazioni sarà sempre unica e insostituibile parlare di campane si rischia di essere considerati un po’ “antichi o vecchi”. Oggi sono profondamente cambiati i valori e i ritmi della vita sociale e religiosa rispetto a poco più di cinquant’anni fa. Ora a scandire i ritmi di lavoro, il senso del tempo e le funzioni liturgiche sono altri sistemi. Nei secoli scorsi gli aspetti civili, religiosi e sociali di una comunità, erano ritmati dai suoni delle campane che, con segni diversi, ricordavano i momenti della vita. Nei paesi si era legati profondamente al primo e all’ultimo tocco che scandivano l’inizio e la fine della giornata lavorativa; le campane “cittadine” l’annunciavano con l’apertura e la chiusura delle porte della città. Tra i manufatti sacri, le campane sono le meno conosciute dalla comunità. La loro sacralità derivava dal fatto che la Chiesa imponeva che prima di issarle sui campanili fossero battezzate. Stanno tra cielo e terra, invocavano il Signore e i santi, chiamavano i fedeli a raccolta. Si riteneva che i rintocchi avessero del magico e tenessero lontano dal paese gli spiriti maligni. Suonavano alla morte di un fedele per impedire a quelli di avvicinarsi e afferrare l’anima durante il viaggio verso l’aldilà. Sono arrivate fino a noi le consuetudini medievali del significato dei loro suoni. Il suo uso era codificato dai sinodi diocesani, nessuno poteva farne un utilizzo diverso. Si “toccavano” per le funzioni religiose, quando c’era un pericolo per la popolazione, magari per l’arrivo di banditi o dei mori sulle coste, per gli incendi o durante una rivolta popolare. La campana “cittadina” annunciava anche l’esecuzione di una condanna a morte. Solo tre giorni l’anno queste restavano “legate”, non si suonavano nei giorni della passione di Cristo ed erano sostituite dalle matracas e da altri strumenti di legno che facevano strepito. Quei rumori riempivano le strade e indicavano ai fedeli l’inizio delle funzioni liturgiche e al pari delle campane tenevano lontani gli spiriti del male. Venivano “slegate” al Gloria della messa pasquale di Resurrezione. Le iscrizioni delle campane sarde sono, per la maggior parte, di natura dedicatoria e invocativa. La lingua maggiormente utilizzata è il latino. Sono arrivati fino a noi suoni di consuetudini medievali che riportano un solo messaggio o più di uno con ritmi diversi. La campana è una realtà che ha indicato, ai fedeli un percorso dettato dalla Chiesa per quasi 1500 anni, oggi forse non più. Il “bronzo sacro” più antico Al pari di altri documenti, le campane offrono, con le loro iscrizioni, preziose notizie. Il più antico bronzo sacro documentato in Sardegna è trecentesco, si trova nel fornice destro del campanile a vela della chiesa medievale di san Lorenzo a Sanluri. Questa la scritta in caratteri gotici: + MAESTRO DINUS DA S(AN)C(T)O MINIATO ME F(ECIT) / MCCCXX e ci rivela, la data 1320 e il nome dell’autore, il toscano Dino da San Miniato. Sul bordo, invece, sono riportati due stemmi araldici. (SIGLA)
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