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CAGLIARI
pagina 2
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Giovani e lavoro:
la lunga attesa
di risposte concrete
Don Alessio Secci,
la sua missione
tra gli emigrati
Una famiglia
unita dal dono
di tre vocazioni
nche la Chiesa locale riflette su come affrontare
l’emergenza disoccupazione,
che, nell’isola, sta assumendo
dimensioni sempre più preoccupanti. Il “Progetto Policoro”
è una delle iniziative di servizio promosse da alcuni anni
nella diocesi di Cagliari.
A
A cura dell'Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Cagliari
Domenica, 16 marzo 2014
Redazione: Via Monsignor G. Cogoni, 9 - 09121 Cagliari
Supplemento di Avvenire
Tel e fax: 070.52843234 - cell.: +39.3925029202
Responsabile: don Giulio Madeddu
E-mail: [email protected]
la proposta. La sfida della corresponsabilità ecclesiale
per prepararsi al Convegno nazionale di Firenze nel 2015
Il laicato protagonista
nell’evangelizzazione
Le parole del Santo Padre
«P
Un raduno dei movimenti laicali in piazza San Pietro
La Consulta dei laici e il Consiglio pastorale
diocesano, strumenti che favoriscono
la partecipazione nel segno del confronto
DI
MARIA LUISA SECCHI
N
ella lettera per l’anno
pastorale in corso,
l’arcivescovo ha invitato la
comunità diocesana a iniziare il
cammino di preparazione verso il
Convegno ecclesiale nazionale che si
terrà nel 2015 a Firenze. Si tratta,
dice monsignor Miglio, di
un’occasione per «potenziare la
dimensione della sinodalità
anzitutto nella vita diocesana». Un
cammino di comunione e di
corresponsabilità ecclesiale che
coinvolge tutti, non solo i pastori.
Scrive il vescovo nel piano pastorale
2013-2014: «Lo scorso anno è stato
rinnovato il Consiglio presbiterale e
in questo anno dobbiamo arrivare al
rinnovamento del Consiglio
pastorale diocesano. Questo è il
“luogo” dove in modo più completo
si possono incontrare tutte le
componenti di una Chiesa
particolare, specialmente i laici
provenienti dai diversi territori della
diocesi assieme a quelli che
provengono dalle diverse
aggregazioni ecclesiali, per esercitare
un discernimento comune sul
cammino pastorale da seguire come
diocesi e sul contributo da portare
nell’incontro con le altre chiese,
come avverrà nel convegno ecclesiale
nazionale».
La presenza e l’azione dei laici è
imprescindibile per la realizzazione
di questo cammino. «Per un anno,
la nostra diocesi, in seguito all’arrivo
di monsignor Arrigo Miglio – dice
er affrontare le sfide contemporanee
e le nuove urgenze pastorali – ha detto papa Francesco ai vescovi della Repubblica Ceca nel corso della visita ad limina del
14 febbraio – è necessaria una sinergia tra il
clero, i religiosi e i fedeli laici. Ognuno nel
proprio ruolo è chiamato a dare un generoso apporto affinché la Buona Novella sia annunciata in ogni ambiente, anche quello più
ostile o lontano dalla Chiesa; affinché l’annuncio possa raggiungere le periferie, le diverse categorie di persone, specialmente i
più deboli e i più poveri di speranza. Di cuore auspico che, fiduciosi nelle parole del Signore che ha promesso di rimanere sempre
presente tra noi continuiate a camminare
con la vostra gente sulla strada di una gioiosa adesione al Vangelo».
monsignor Franco
Puddu, vicario
episcopale per la
programmazione
pastorale diocesana
e per il
coordinamento
degli uffici pastorali diocesani – ha
lavorato in maniera informale,
riunendo le diverse associazioni
dove è forte l’impegno dei laici. Per
tre volte abbiamo riflettuto insieme
sui temi che caratterizzano la vita
pastorale della diocesi. All’inizio
dell’anno il vescovo ha approvato lo
statuto della Consulta diocesana dei
laici e a tutti i movimenti e
associazioni, che hanno formulato
inizialmente richiesta di iscrizione, è
stato chiesto di rinnovare l’adesione.
Inoltre la Consulta ha già eletto la
segretaria, nella persona di Andreina
Pintor, e alcuni componenti della
segreteria. In questo modo
l’organismo è in grado di agire in
modo formale, senza discostarsi
dall’impegno nell’affrontare i
problemi e i temi inerenti all’attività
della Consulta».
Sia la Consulta sia il Consiglio
pastorale, di prossima istituzione,
sono due realtà su cui si è
concentrata parecchia attenzione e
attesa da parte dei laici nella nostra
diocesi. «Negli anni addietro –
analizza monsignor Puddu – non c’è
stata una convocazione stabile della
Consulta ed era forte il desiderio di
costituzione del Consiglio pastorale,
per avere voce in capitolo, come
funzione consultiva, sui temi che il
vescovo può sottoporre ai suoi
componenti. Tra l’altro siamo
prossimi alla pubblicazione dello
statuto che consentirà il corretto
funzionamento del Consiglio
pastorale diocesano. È giusto
sottolineare che, al suo interno, i
laici rappresentano la maggioranza
rispetto ai componenti indicati dal
clero».
«La Consulta – sottolinea il vicario
episcopale – si rivolge ai laici che già
sono aggregati a movimenti e
associazioni. Ma la diocesi è attenta
anche a coloro non direttamente
coinvolti in queste organizzazioni.
Infatti nel prossimo Consiglio
pastorale diocesano siederanno 26
laici, di cui ben 22 saranno indicati
dalle parrocchie e dalle foranie.
Mentre saranno soltanto quattro
coloro che saranno eletti dalla
Consulta diocesana dei laici. Questo
aspetto rende molto variegato il
Consiglio pastorale diocesano,
all’interno del quale lavoreranno
laici rappresentanti di tutto il
territorio diocesano».
Oggi il vescovo può contare su
diverse realtà di discernimento
ecclesiale e di programmazione
pastorale. Una è il Consiglio
presbiterale diocesano, mentre l’altra
è proprio il Consiglio pastorale
diocesano. Lo statuto di
quest’ultimo è ormai approvato e
ora si raccolgono le nomine
provenienti dalle parrocchie e dalle
foranie, in proporzione al numero
degli abitanti. Don Franco precisa:
«Al suo interno, oltre ai laici, ci
saranno due religiosi e quattro
religiose. Saranno presenti i vicari
episcopali e il vescovo potrà
designare quattro persone».
Meic. La fede vissuta nell’impegno politico
Un convegno di studio su Vittorio Bachelet
ono diverse le aggregazioni laicali impegnate in diocesi. Una di queste è il
Movimento ecclesiale di impegno culturale. All’inizio del mese ha voluto ricordare Vittorio Bachelet, per nove anni
presidente nazionale dell’Azione cattolica, esponente della Democrazia Cristiana, ucciso dalle Brigate Rosse nel 1980.
«Ricordando la sua figura – spiega il presidente della sezione cagliaritana del
Meic Gianfranco Del Rio – abbiamo voluto soffermarci su un materia da lui a lungo coltivata, e cioè il diritto delle comunità locali, con un attenzione particolare
S
per le regioni. In questo campo Bachelet
ha dato molto alla giurisprudenza, coniugando il suo essere cristiano con l’esercizio della professione di docente universitario». Senza mai lasciare i suoi studi, ha ricoperto anche la carica di vicepresidente del Pontificio consiglio per la
famiglia. «Era un uomo buono – sottolinea Del Rio – ed era capace di farsi voler
bene anche da coloro che avevano un orientamento politico diverso dal suo».
Come presidente dell’Azione cattolica, ha
contribuito al profondo rinnovamento
dell’aggregazione laicale. (M.L.S.)
L’ora di religione tra Vangelo e cultura
DI
ROBERTO PIREDDA
U
n campo privilegiato per la
testimonianza dei fedeli laici è da
sempre quello dell’educazione. A tale
proposito un’opportunità importante è
data dall’insegnamento della religione
cattolica (Irc), che si inserisce «con una
proposta formativa specifica, offerta a
tutti coloro che intendano avvalersene.
Contribuisce alla formazione con
particolare riferimento agli aspetti
spirituali ed etici dell’esistenza»
(Indicazioni nazionali per il secondo
ciclo). Se si guarda al panorama dei
docenti di Irc troviamo, insieme alla
presenza significativa di presbiteri,
religiosi e religiose, un numero sempre
maggiore di laici che svolgono questa
disciplina.
Non va mai dimenticato che i docenti
di Irc sono dei “mandati”, grazie
all’idoneità hanno un legame
costitutivo con la diocesi, e sono
quindi chiamati a coltivare la loro vita
spirituale per essere nella scuola e
nella vita quotidiana dei testimoni
autentici del messaggio che
trasmettono ai ragazzi. In questo
modo gli insegnanti mettono dentro il
loro qualificato impegno scolastico, il
«valore aggiunto» ed essenziale della
fede cristiana che anima il loro servizio
che va visto come una vera e propria
«carità educativa» perché mette i
ragazzi nella condizioni di decifrare le
grandi domande di senso alla luce del
messaggio cristiano. La scuola è per i
docenti di Irc un’occasione per vivere
la propria vocazione cristiana,
santificandosi attraverso il lavoro,
svolto nell’ordinarietà della vita.
Questo cammino cristiano non
rappresenta soltanto un fatto
personale ma, proprio nella scuola, si
apre al servizio verso gli studenti, le
famiglie e l’intera società.
Tanti giovani se ne avvalgono
n Italia l’Insegnamento della religione cattolica (Irc) continua a suscitare un interesse significativo tra gli studenti e le loro famiglie. Nove
ragazzi su dieci, infatti, si avvalgono dell’Irc nei
diversi gradi scolastici (l’89,3 per cento secondo
l’ultima statistica del 2012). Nella diocesi di Cagliari i dati mettono in evidenza una partecipazione maggiore rispetto a quelli nazionali. La
media complessiva di studenti che si avvalgono
dell’ora di religione è del 94,1 per cento. (R.P.)
I
a due anni il sacerdote, originario di Nurri, svolge
la sua opera evangelizzatrice
nel contesto della comunità degli emigrati italiani in Belgio,
nazione del Nord Europa che,
nonostante la sua tradizione
cristiana, registra una diminuzione del numero dei cattolici.
D
el ricordo di Irene, suora
vincenziana, la storia dei
suoi due fratelli sacerdoti, Erasmo e Sergio Pintus. Nel loro
ministero hanno avuto l’opportunità di vivere l’entusiasmante esperienza della fondazione di due parrocchie, a
Cagliari e a Sinnai.
N
Quaresima, tempo di grazia
per un’autentica conversione
ell’omelia del mercoledì delle ceneri, pronunciata dal
vescovo Arrigo Miglio nel corso della celebrazione
tenutasi nella chiesa cattedrale lo scorso 5 marzo, è stata
evidenziata la dimensione comunitaria del cammino
quaresimale come «tempo di conversione, soprattutto per quanti
hanno avuto una chiamata speciale nella vita consacrata, nel
ministero, nella vita matrimoniale o nell’impegno laicale».
Come lo scorso anno, al rito di apertura della Quaresima sono
stati invitati a partecipare, in modo particolare, coloro che
appartengono alle aggregazioni laicali. Una proposta, dunque,
rivolta ai “laici per vocazione” perché siano segno e testimoni di
vera conversione e di intrapresa di autentici cammini di
preparazione alla Pasqua.
Monsignor Miglio ha ricordato che, come membri dell’unico
popolo di Dio, possiamo essere «efficaci evangelizzatori
unicamente se ci mettiamo ogni giorno in stato di conversione».
Ha poi aggiunto: «È importante che viviamo questo cammino di
conversione non soltanto come individui ma anche come
popolo di Dio. Popolo di peccatori che però ha un forte
desiderio di cambiamento e di rinnovamento di vita».
Si tratta, dunque, di un richiamo ad una conversione concreta, e
non un generico impegno a cambiare qualcosa di non ben
definito della nostra vita. Una
conversione che vada al cuore
delle nostre resistenze e del
nostro cristianesimo, talvolta
vissuto all’insegna della
tiepidezza. Pertanto, il pastore
della chiesa cagliaritana,
rilanciando alcuni passaggi
del messaggio per la
Quaresima di papa Francesco,
attraverso una lettera inviata a
tutti i fedeli in vista di questo
tempo di conversione in
preparazione alla Pasqua,
incoraggia i battezzati a dare
efficacia al cammino di
trasformazione della propria
esistenza a partire da tre
precisi ambiti di povertà a cui
l’uomo è esposto, cioè a una
triplice forma di miseria:
Il vescovo Miglio riceve le ceneri
materiale, morale e spirituale.
Per la prima miseria, quella
materiale, il vescovo invita a focalizzare l’attenzione e l’azione
verso la mancanza di cibo, di acqua, di lavoro, di dignità, di
istruzione adeguata, di giuste relazioni. Con un richiamo a vivere
in generosa solidarietà la Giornata della Caritas diocesana, che
ricorrerà la terza domenica di Quaresima, il 23 marzo prossimo.
Circa la miseria morale, Miglio propone di aprirsi ad una misura
alta dell’amore, riprendendo confidenza con la parola castità,
«che indica l’educazione ad un amore sempre più purificato da
ogni traccia di egoismo, di possesso, di violenza, di mancanza di
correttezza e di rispetto».
Vivere la Quaresima affrontando la miseria spirituale, significa
riprendere confidenza con il sacramento della riconciliazione,
«come occasione di rinnovata ricerca di Dio e di una sempre
maggiore vicinanza a Lui». In questa prospettiva la Quaresima
diventa tempo privilegiato per un cammino che ci prepari a
ricevere il sacramento della riconciliazione e del perdono.
Infine, è stato indicato da monsignor Miglio, per la Quaresima
2014, un altro impegno concreto: «Per chi riesce a trovare un po’
di tempo in più, magari digiunando da tv, da discorsi inutili e da
quanto ci fa perdere tempo, propongo l’itinerario feriale della
liturgia quaresimale, un vero e proprio corso sui fondamenti
della vita cristiana, che può essere seguito anche da casa, nella
preghiera personale, quando non è possibile andare in chiesa».
N
Essere giornalisti cattolici nell’isola
fra professionalità e testimonianza
Alcuni operatori
della comunicazione,
componenti dell’Unione
cattolica della stampa
italiana, parlano di come
coniugare la professione
con la propria esperienza
di fede. Un esempio
concreto di animazione
cristiana degli ambienti
DI
MARIO GIRAU
on sembra – forse perché priva di casse di
Nrisonanza
– ma la presenza della stampa cattolica
è capillare, anche se qualche volta «carsica». Nell’isola
funzionano una decina di radio dove circola ispirazione
cattolica, di cui 3 con buona audience e ascoltatori
«fidelizzati»: radio Kalaritana, radio Barbagia, radio
Bonaria. Sono 36 le testate giornalistiche cattoliche,
compresi i periodici diocesani. Giornalisti cattolici sono
presenti anche nei principali quotidiani isolani, nella
Rai e nell’emittenza privata, nei periodici laici. Lavorano
coniugando professionalità e autonomia di pensiero.
«Da cristiano – dice Alessandro Zorco, vicepresidente
Ucsi Sardegna – ho sempre cercato di mettere i miei
valori al servizio del giornalismo. Sia durante la mia
lunga gavetta (collaboratore dell’Unione Sarda, redattore
politico ed economico al Giornale di Sardegna-Epolis) sia
come addetto stampa di un’importante associazione
artigiana e di un partito politico. Anche quando scrivo
nel mio blog Blogosocial – Parole condivise. Questo
lavoro mi ha fatto conoscere il volto senza nome di
persone che si impegnano per costruire una società
migliore. La fede è stata, e continua ad essere, uno
strumento di lavoro eccezionale». «Il compito del
cristiano impegnato nella comunicazione – dice Alberto
Lecis, da quasi 20 anni fondatore-direttore prima della
rivista e ora del blog Chorus – è garantire la qualità delle
informazioni fornite e privilegiare la verità, anche se
scomoda, con particolare attenzione alle realtà più
nascoste, senza paura di andare controcorrente».
Antonio Mastinu – direttore di Il Centro, mensile di
informazione sociale, politica ed economica – si ispira a
un suo «segreto» professionale. «Vivo – dice – in
continuo confronto con la mia coscienza e con essa mi
rapporto nell’affrontare fatti e misfatti della vita
quotidiana, raccontandoli, senza travisarli, affinché il
lettore possa avere una visione non di parte sulle
tematiche del mondo».
1
in diocesi
2
Domenica
16 marzo 2014
Radio Kalaritana a servizio del Vangelo
n’attenzione particolare alla variegata realtà
diocesana e a quanto accade nelle parrocchie.
Radio Kalaritana produce infatti, a livello regionale,
l’unico notiziario di carattere ecclesiale, in onda dal
lunedì al sabato alle 9.30 e alle 16.30. All’interno sono
presenti interviste e commenti rilasciati ai microfoni
dell’emittente dai protagonisti della vita ecclesiale
della diocesi e non solo. All’interno del notiziario è
dato spazio anche agli appuntamenti promossi dalla
diocesi, dalle parrocchie, dalle aggregazioni laicali e
dagli ordini religiosi che operano sul territorio.
Ma l’emittente trasmette anche altri appuntamenti legati alla spiritualità. Nel palinsesto trova spazio quotidianamente la recita del rosario, delle lodi mattutine
e dei vespri, e il commento al vangelo con la rubrica
«Lampada ai miei passi». In collegamento con la Radio Vaticana, invece, sono proposte le principali celebrazioni liturgiche presiedute da papa Francesco e
l’Angelus. Per tutti i venerdì di Quaresima invece è
trasmessa anche la Via crucis. Ogni mercoledì inoltre
alle 21.30 è in onda anche il programma «L’ora di Nicodemo», che propone attualmente la lettura integrale dell’Evangelii gaudium, l’esortazione apostolica di
papa Francesco. (A.P.)
U
L’informazione
nell’emittente
della diocesi
nformazione, cultura, musica e
spiritualità. Sono questi i quattro
«ingredienti» che, mescolati con cura, sono ritrovabili all’interno del
palinsesto di Radio Kalaritana, l’emittente della diocesi di Cagliari. La
radio produce dal lunedì al venerdì
in diretta la rassegna stampa e tre
edizioni in diretta del radiogiornale. Da anche spazio agli eventi culturali, mandando in onda il sabato
alle 11.30 e alle 17.30, un’edizione
del giornale radio dedicata interamente agli spettacoli teatrali e non
solo. Sempre nel fine settimana, il
sabato alle 12.10 e alle 18.45 e la
domenica alle 17.30, l’emittente
propone Kalaritana Sette, il meglio
della produzione giornalistica dell’emittente. (A.P.)
I
n libro con disegni e lettere
dei bambini. È quello che la
parrocchia San Francesco d’Assisi
di Cagliari, ha pubblicato con il
titolo «Caro Papa Francesco».
L’idea è del parroco, padre Carlo
Atzei, che assieme ai più piccoli
tra i suoi parrocchiani, ha voluto
donare al Papa. L’immagine di
copertina, con il Santo Padre
sulla Papa mobile, mostra alle
sue spalle gli edifici di via
Piemonte a Cagliari: il convento
e la chiesa dedicata al patrono
d’Italia.
«L’idea – dice padre Carlo – è
nata quando, ai bambini presenti
alla messa al termine dell’Anno
catechistico, lo scorso giugno, ho
chiesto di realizzare un disegno,
una lettera e di coniare uno
slogan per Papa Francesco».
Dopo le vacanze estive diversi
bambini hanno consegnato
disegni, slogan e lettere a padre
Carlo.
«Da lì – conclude il parroco – è
nata l’idea di raccogliere il
materiale in una pubblicazione e poi farla arrivare al
Papa che sappiamo l’ha ricevuto e l’ha gradito».
Il libro contiene disegni e letterine scritte dai bambini
ma anche alcune immagini dello slogan che i bambini
hanno coniato: «Ajò Papa Francesco. Siamo con te», che
riprende un incoraggiamento «Ajò», che tutti in Sardegna
conoscono e usano nel parlare quotidiano. (R.C.)
U
I bambini scrivono
a papa Francesco
Le difficoltà
dei giovani
senza lavoro
Ecco l’impegno dell’arcidiocesi
per farsi prossima a quanti vivono
il grave disagio della disoccupazione
L’incontro di papa Francesco con i giovani a Cagliari
I numeri della crisi
I dati Istat sulla disoccupazione in Sardegna descrivono una situazione decisamente più grave rispetto al resto del
Paese: il tasso nazionale per il 2013 fa segnare il 12,2% (un punto e mezzo in più
rispetto al 2012) a fronte del 17,5% dell’isola, dove l’aumento percentuale è stato di due punti esatti. Un dato che conferma lo stato drammatico dell’occupazione in Sardegna, con la crescita di 5,3
punti in più rispetto al 12,2% del 2008.
Ancora peggiore il caso di Cagliari e hinterland: nel 2013 il tasso di disoccupazione è stato del 17,8%, sei punti e mezzo in più del 2008 (11,3%). Il contesto
più grave riguarda i giovani, dove nel
2013 il tasso di disoccupati nella fascia
d’età tra 15 e 29 anni è salito al 50,3%
(sei punti in più del dato regionale), cifra
raddoppiata in cinque anni (nel 2008 era
25,9%). Una crisi che sembra senza uscita, dove un giovane su due è senza lavoro: una situazione che, oggi più che mai,
esige una soluzione radicale.
DI
GIULIO MADEDDU
U
no degli aspetti che maggiormente
caratterizza e rende più acuta la crisi
globale che stiamo attraversando da
qualche anno è quello della disoccupazione
giovanile. Effettivamente il dramma della
mancanza di lavoro coinvolge tutte le fasce
di età, ma la carenza occupazionale investe
con particolare drammaticità il mondo delle
giovani generazioni.
Papa Francesco, nella sua visita a Cagliari,
incontrando proprio i lavoratori, ha detto
che la causa della crisi è da ricondurre a «un
sistema economico che ha al centro un
idolo, che si chiama denaro». E coloro che
subiscono le conseguenze più dure di questa
forma globalizzata di idolatria sono proprio
i giovani. Infatti, prosegue il Papa, «per
difendere questo idolo si ammucchiano tutti
al centro e cadono gli estremi, cadono gli
anziani perché in questo mondo non c’è
posto per loro! Alcuni parlano di questa
abitudine di “eutanasia nascosta”, di non
curarli, di non averli in conto… “Sì,
lasciamo perdere…”. E cadono i giovani che
non trovano il lavoro e la loro dignità. Ma
pensa, in un mondo dove i giovani – due
generazioni di giovani – non hanno lavoro.
Non ha futuro questo mondo. Perché?
Perché loro non hanno dignità!».
Di fronte a questo disagio anche la Chiesa si
interroga e cerca stabilire una vicinanza
concreta verso i giovani affinché siano
accompagnati in percorsi di formazione e di
azione in grado di porre in campo nuove vie
per un inserimento nel mondo del lavoro. Il
«Progetto Policoro», presente da tempo
anche nella diocesi di Cagliari, è un piccolo
ma significativo «segno-azione» di
emergenza. Il cibo è per tutti
Una scomessa sulla solidarietà
Gruppi caritativi,
aggregazioni laicali,
e aziende unite
nella promozione
di una nuova cultura
della condivisione
ell’Isola l’emergenza
alimentare è ormai
quotidiana. Nei centri
d’ascolto delle dieci Caritas
sarde il 47,7 per cento degli
interventi sono finalizzati a
garantire cibo. Nel 2012 esse
hanno distribuito 880 mila
pasti: 440 mila nelle mense
e altrettanti pacchi viveri. La
Mensa della Caritas
N
diocesana assicura, in
media, 600 pasti al giorno,
tra colazione, pranzo e
cena.
Un’emergenza alimentare
che trova piena conferma
nella campagna nazionale
«Una sola famiglia umana,
cibo per tutti: è compito
nostro», lanciata nei giorni
scorsi da Caritas italiana e
dalla Focsiv, Federazione
organismi cristiani servizio
internazionale volontario.
Intanto cresce la solidarietà
sarda. Il progetto «Tutti con
Caritas», ideato da
MediaTris, prevede
donazioni e convenzioni da
parte di aziende, che
permettono all’organismo
pastorale di acquistare a
prezzo di costo ciò che è
necessario: nei mesi scorsi,
l’Asdomar (Gruppo Conserve)
ha donato 66 mila scatolette
di tonno all’olio d’oliva e
Alb spa ha fatto lo stesso,
con 33 mila bottiglie
d’acqua Smeraldina da un
litro e mezzo. In
quest’ultimo caso è stata
attivata una convenzione
annuale per una fornitura
illimitata di acqua Altura,
prodotta a Bortigiadas, a 15
centesimi in luogo dei 27
previsti per il pubblico. Oltre
ad alimentare una “filiera
della solidarietà” isolana, si
sostiene così l’attività
industriale, rafforzando la
produzione e generando
occupazione. «Occorrono
equilibri virtuosi – spiega
don Marco Lai, direttore
della Caritas diocesana e
accompagnamento a ai giovani.
Il magistero sociale ha sempre concepito il
lavoro come un bene «di tutti», che deve
essere disponibile «per tutti». Da qui
l’insistenza circa la «piena occupazione»
lavorativa di quanti ne hanno capacità,
come un obiettivo doveroso per ogni
ordinamento economico orientato alla
giustizia e al bene comune. Una società in
cui il diritto al lavoro non sia assunto come
obiettivo primario e in cui le misure di
politica economica non consentano ai
cittadini di raggiungere livelli soddisfacenti
di occupazione, «non può conseguire –
dice Giovanni Paolo II – né la sua
legittimazione etica né la pace sociale»
(Centesimus annus, 43).
Ebbene, è innegabile che la grave crisi
occupazionale, soprattutto in ambito
giovanile, ponga sempre più a rischio la
«pace sociale», e quindi anche il sereno e
proficuo determinarsi della nostra comunità
isolana.
Il panorama politico regionale e nazionale
necessariamente si deve confrontare con tali
contingenze. E proprio nei giorni in cui la
Sardegna inaugura un nuovo governo locale,
cresce l’attesa per le urgenti ed efficaci
disposizioni che tutti si attendono.
L’attenzione è concentrata sul nuovo
governatore che, anche in sede della –
seppur breve – campagna elettorale, ha
posto in evidenza la sofferenza del mondo
giovanile causata proprio dalla
disoccupazione alle stelle. «Nell’attuale crisi
chi sta pagando il conto più salato – afferma
il professor Pigliaru – sono le nuove
generazioni che faticano a trovare le giuste
opportunità nella nostra regione e
rappresentano quindi un gruppo sociale
l’impegno
Il «Progetto Policoro»
iovani, Vangelo, lavoro. Sono le paGrole
chiave della «mission» del Progetto Policoro, lo strumento della Chiesa
italiana nato per combattere la disoccupazione giovanile attraverso una “rete di
soggetti cristianamente ispirati” per evangelizzare la vita e il lavoro. Un compito non facile, ma che la Chiesa vuole
assolvere promuovendo una nuova idea
di impresa, dove la parola chiave è “etica”, non “profitto”, formando e accompagnando i giovani imprenditori. Nella
diocesi di Cagliari il Progetto continua a
delegato regionale Caritas –
per promuovere una
“cultura altra”, che metta al
primo posto il bene
comune».
E poi c’è un’altra iniziativa,
«Abbattiamo la fame»,
promossa dall’Istituto
salesiano don Bosco e dalla
Caritas diocesana: grazie ai
31 mila euro raccolti con
iniziative di beneficenza,
sono stati acquistati per la
Mensa un abbattitore
termico, due celle frigorifero
e una macchina da vuoto,
tutti strumenti che
permettono il recupero dei
cibi cotti che altrimenti
verrebbero sprecati. Inoltre,
grazie alla convenzione con
un ospedale, si stanno
recuperando circa 40 pasti
quotidiani. In futuro si mira
a recuperarne almeno 300.
Maria Chiara Cugusi
farsi conoscere sempre di più, con percorsi di animazione territoriale (oltre
300 giovani incontrati) e l’attività del
centro servizi (altri 150 ragazzi). Tra loro
ben 21 hanno condiviso con l’equipe
diocesana – formata dai direttori delle
tre pastorali promotrici, dai professionisti volontari del progetto, dagli animatori di comunità e dai referenti delle filiere
– la propria idea imprenditoriale chiedendo di essere accompagnati nello
startup d’impresa: per 3 progetti, possibili futuri “gesti concreti”, è stata inoltrata richiesta di finanziamento. (F.A.)
vulnerabile. I giovani, nonostante livelli di
istruzione più alti di quelli della generazione
precedente e un più ampio spettro di
possibilità di formazione e mobilità,
soffrono comunque un deficit di
opportunità di realizzazione se confrontati
con la generazione precedente. Questo
deficit si traduce spesso nella difficoltà ad
acquisire i ruoli tipici della vita adulta (farsi
una famiglia, raggiungere una
indipendenza) e forse ancora più
gravemente, a livello più ampio si può
trasformare in una radicato senso di
emarginazione, frustrazione, distanza dalle
istituzioni, scarsa fiducia e in generale
distacco dalla vita pubblica».
Queste sono le considerazioni di analisi del
neopresidente della regione sarda. Ma nelle
sue prospettive di azione vengono dichiarati
almeno due impegni concreti a riguardo. Il
primo riguarda gli «incentivi fiscali e altri
servizi reali per le imprese innovative, specie
quelle costituite da giovani». Il secondo
impegno è relativo alla promozione di una
nuova imprenditorialità «attraverso un
percorso integrato di istruzione scolastica ed
universitaria e imprese per stimolare le
capacità imprenditoriali dei giovani e la loro
capacità di fare impresa».
Effettivamente queste possono costituire
alcune strade concrete e possibili da
percorrere che, però, devono essere
intraprese senza lentezze ed evitando i soliti
stalli di cordate e di interessi. Senza
dimenticare che la giovinezza passa, ma con
essa rischiano di non dissolversi le speranza
per una piena realizzazione di vita degli
individui. Non si può perdere tempo. È un
problema di «dignità umana». È una
questione di «pace sociale».
eventi. Il convegno nazionale Caritas
fa tappa in diocesi fra due settimane
agliari ospiterà il trentasettesimo
Convegno nazionale delle Caritas
diocesane «Con il Vangelo nelle
periferie esistenziali», dal 31 marzo al
3 aprile prossimo. «Si tratta di
un’occasione di crescita per la Chiesa
sarda e di un’opportunità per sentirsi
parte attiva della Chiesa italiana –
spiega don Marco Lai, direttore della
Caritas diocesana e delegato
regionale Caritas – a iniziare dalla
possibilità di rafforzare una
“pastorale integrata”, grazie alla rete
tra i vari uffici, e di recuperare il
senso più profondo della “carità”,
intesa come “intima essenza della
Chiesa”, da cui la pastorale ordinaria
non può prescindere».
Riflessioni che vanno inoltre
inquadrate, per il delegato Caritas,
«nella specificità del contesto sardo:
C
Uno dei centri di raccolta
della Caritas operativo
nel periodo dell’alluvione
che ha colpito la Sardegna
nello scorso mese
di novembre.
una “periferia esistenziale” – in linea
con il titolo scelto quest’anno – con
le sue molteplici problematiche: in
questo senso, ci si presenta
l’occasione per uscire da una
“marginalità” geopolitica e assumere
un ruolo centrale nel Mediterraneo,
proprio a partire dalle Caritas sarde,
che hanno mostrato, negli anni, una
presenza costante accanto agli
“ultimi”, attraverso un ruolo di
animazione pastorale e una funzione
pedagogica». Una presenza
confermata durante la recente
alluvione, «con la piena fiducia
accordataci da parte della società
civile, per la nostra capacità di
collaborazione, sussidiarietà, e per il
contributo nell’analisi dei bisogni
concreti», precisa don Marco Lai.
Uno dei momenti più significativi del
convegno sarà l’accoglienza dei partecipanti nel Santuario di Nostra Signora di Bonaria, con la Messa presieduta dall’Arcivescovo di Cagliari monsignor Arrigo Miglio. (M.C.C.)
nel mondo
Domenica
16 marzo 2014
«Io prete, dal Congo alla Sardegna»
riginario della Repubblica
Democratica del Congo don
Simon Bolomba dal 1996 vive il suo
ministero sacerdotale nella diocesi di
Cagliari. Oggi amministratore
parrocchiale a Ortacesus, centro della
Trexenta, una quarantina di chilometri
da Cagliari, racconta della sua vita
presbiterale in Sardegna. «La mia
permanenza in Italia – dice – ha inizio
all’indomani di un intervento subito in
un ospedale romano, dopo il quale
avrei dovuto fare il controllo a distanza
di due mesi. Per evitare il rientro in
quello che si chiamava Zaire, oggi
Repubblica Democratica del Congo, ho
chiesto ed ottenuto la possibilità di
trascorre questo periodo prima a
Verona e poi a Cagliari. Qui, grazie
all’accoglienza di monsignor Ottorino
Pietro Alberti e dell’allora vescovo
ausiliare monsignor Tarcisio Pillolla,
venni mandato per un mese nella
O
parrocchia del Santissimo Redentore a
Monserrato, con parroco don Elvio
Madeddu. Trascorso quel periodo don
Elvio mi chiese di rimanere ma per
decidere avevo necessità di avere
l’autorizzazione al mio vescovo che me
l’ha concesse, permettendomi anche di
completare gli studi fino al dottorato,
ottenuto nel 2005, ed oggi insegno
all’Istituto di Scienze Religiose».
Dopo tre anni don Elvio, il parroco,
venne trasferito in città a San Lucifero,
ma don Simon venne assegnato alla
parrocchia di Sant’Anna. Don Elvio
fece richiesta specifica di avere con lui
don Simon. Per poter rimanere però il
sacerdote congolese chiese
nuovamente il parere al suo vescovo,
che gliela concesse, arrivando così
stipulare una convenzione tra le due
diocesi ed oggi don Simon è sacerdote
fidei donum a Cagliari. Dopo gli anni
come vicario parrocchiale nel centro
Nel cuore dell’Europa un
sacerdote di Cagliari ha deciso
di mettersi a disposizione
della Fondazione Migrantes
città nel 2008 don Bolomba viene
destinato a due parrocchie piccole,
lontane dalla città, Serri e Escolca, lì
per 5 anni ha guidato le rispettive
comunità. Una realtà diversa rispetto
alla città caratterizzata dal rispetto e
dall’affetto della gente.
Dallo scorso anno è amministratore
parrocchiale a Ortacesus. «Il 16 agosto
festeggerò 33 anni di sacerdozio –
conclude il sacerdote – oltre la metà li
ho trascorsi qui. Dovunque sono stato
ho intessuto rapporti profondi e la
gente mi ha sempre dimostrato affetto,
e fino ad oggi il mio essere sacerdote
in una terra lontana mi ha confermato
come la Chiesa sia unica. A conferma
di questo, ricordo che un giorno ho
battezzato un bimbo sardo, un altro
filippino ed io ero africano: diversa
provenienza ma tutti figli di una sola
Chiesa, un dono grande».
Roberto Comparetti
L’impegno in Guatemala
dei domenicani sardi
Don Simon durante il suo ministero a Serri
U
della volontà, della coscienza
e della fraternità, per la costruzione di un mondo più umano e cristiano. Per poter
sostenere materialmente la
missione vengono periodicamente organizzati appuntamenti ed eventi, come le oramai famose cene di solidarietà, molto apprezzate, senza
dimenticare le raccolti generi
e materiali di diverso tipo
che, caricati su un container,
lasciano la Sardegna alla volta di Dolores. Negli anni si sono poi moltiplicati anche i
viaggi di diversi giovani sardi
alla volta del Guatemala,
spesso per trascorrere alcune
settimane e dedicarsi al lavoro in questa missione dell’America Centrale. (R.C.)
per l’assistenza religiosa
di coloro che hanno lasciato
la nostra nazione per motivi
di studio o per trovare lavoro
devozione
in Belgio. Da circa due anni don Alessio Secci
esercita il ministero di cappellano per gli italiani
ANDREA PALA
n legame forte che
continua ad essere
mantenuto. È quello
tra la Sardegna ed il
Guatemala, grazie ai padri
Domenicani di Cagliari che
hanno una missione nel
Paese del Centro America.
Il progetto di sostegno alla
missione di Dolores, comune
del dipartimento di Peten,
dove è stata realizzata una casa di accoglienza, rientra
nell’attività di una onlus, denominata «P.A.S.S.I per Il
Mondo», con l’acronimo
P.A.S.S.I che diventa «Progetto
Assistenza Solidale Insieme».
Lo scopo è sostenere la persona umana nella sua dimensione integrale, nel rispetto
dei valori dell’intelligenza,
U
Accanto agli emigrati
DI
3
di cappellano per gli
emigrati italiani in
Belgio. E così ho
accettato questo
incarico. A Liegi,
ovviamente, non lavoro
solo con e per i nostri
connazionali, perché
sono inserito nella più
vasta diocesi Liegi, dove
lavoro all’interno di una
unità pastorale. Per
metà tempo presto la
mia opera con le
comunità belghe,
mentre per la restante
metà svolgo opera
pastorale con gli
n punto di riferimento per
gli italiani, ma non solo.
Don Alessio Secci, sacerdote
della nostra diocesi, da due anni
ricopre l’incarico di cappellano
per i nostri emigrati in Belgio. Un
ruolo importante e anche delicato
perché svolge il suo ministero
sacerdotale stando vicino a chi,
per lavoro, per studio o per altri
motivi, ha deciso di lasciare il
territorio nazionale per stabilirsi a
migliaia di chilometri di distanza
dalla propria famiglia.
«Sono qui – racconta don Alessio
diventato sacerdote nel 1999 –
dall’estate del 2012
quando l’arcivescovo di
Cagliari monsignor
«La missione – dice
Arrigo Miglio mi ha
il prete – è strutturata come
concesso la possibilità
di trasferirmi qui a Liegi, una parrocchia. Gli italiani
dove ora mi trovo.
all’estero trovano qui
Appena diventato
sacerdote, ho avuto la
un angolo del Belpaese nel
possibilità di leggere
quale si tutelano l’identità,
quanto la fondazione
Migrantes scriveva ai
le tradizioni e la fede»
sacerdoti italiani,
chiedendo loro
emigrati italiani».
disponibilità per lavorare in terra
Ma in cosa consiste il
di missione. Sono tante infatti nel
ruolo di cappellano? Ce
mondo le strutture dedicate agli
lo spiega don Alessio.
emigrati italiani in diverse
«Il servizio che viene
nazioni. E una di queste si trova in
richiesto – puntualizza
Belgio. Personalmente ho sempre
don Alessio – può essere
avuto una certa sensibilità verso il
equiparato a quello di
tema della missione, complice
un parroco. Le missioni
anche la mia esperienza di parroco
infatti sono strutturate
in alcuni paesi della diocesi ad
come una parrocchia,
alto tasso di emigrazione. Nel
Don Alessio durante la sua esperienza in Kenya
con tutti i servizi ad essa
2010 ho raggiunto questo
connessi. Qui a Liegi
obiettivo trasferendomi nella
esiste uno spazio molto
missione di Nanyuki, in Kenya,
frequentato anche dai belgi, con
infatti cerchiamo di salvaguardare
con don Franco Crabu, con il
circa 700 famiglie iscritte. E
la nostra identità nazionale, ma
consenso dell’allora arcivescovo
durante l’anno svolgiamo
anche le tradizioni e il nostro
monsignor Giuseppe Mani».
parecchie attività che spaziano dai
modo di vivere la fede».
Dal Kenya al Belgio il passo è stato
temi culturali a quelli strettamente
L’obiettivo, quindi, è quello di far
breve. Perché, di ritorno
religiosi. Si cerca infatti di offrire
sentire gli italiani come se fossero
dall’Africa, don Alessio ha avuto il
uno spazio agli italiani e non solo,
a casa propria, nonostante i
consenso per recarsi questa volta
cercando di instaurare un legame
migliaia di chilometri di distanza.
nel nord Europa. «La fondazione
di amicizia e fraternità. Vogliamo
E in Belgio, al momento, i nostri
Migrantes – ricorda il sacerdote –
che gli emigrati trovino all’interno
connazionali non sono pochi. «Al
aveva la necessità di individuare
della missione un angolo d’Italia e
momento sono presenti circa
un sacerdote da destinare al ruolo
Il simulacro e la sorgente della Vergine dei poveri
Nella diocesi di Liegi
il santuario di Banneux
el piccolo borgo di Banneux,
situato nella catena montuosa delle Ardenne, a venti chilometri dalla città di Liegi, si trova
il santuario della Vergine dei poveri.
L’edificio sacro sorge nel luogo in
cui alla piccola Mariette Beco,
scomparsa tre anni fa all’età di 90
anni, è apparsa per otto volte, tra il
15 gennaio e il 2 marzo del 1933,
la Madonna con l’appellativo di
“Vergine dei poveri”. Fu la stessa
Mariette Beco a raccontare quanto
accaduto oltre 80 anni fa. La giovane, allora dodicenne, aveva infatti
riferito che una domenica, era il 15
gennaio 1933, mentre è in casa ad
attendere il fratellino Julien, ha visto dalla finestra, nel giardino, una
figura femminile luminosa, vestita
di bianco, con le mani giunte. Mariette non ha esitato a prendere il
rosario e ha cominciato a recitarlo.
Le apparizioni sono continuate per
un mese e mezzo. Pochi giorni dopo, nel corso della terza apparizione, la “Signora”, modo in cui Ma-
N
riette Beco ha definito la figura
femminile a lei apparsa, si è presentata come la “Vergine dei Poveri”
indicando che la sorgente alla quale
ha condotto la bambina durante la
seconda apparizione avvenuta pochi giorni prima, è «per tutte le nazioni e per i malati». L’ultima apparizione si è verificata il 2 marzo del
1933. Quel giorno era stato caratterizzato da una forte pioggia, ma
all’improvviso il cielo si era rasserenato e la Madonna era apparsa, con
un volto serio, velato di tristezza e
aveva detto a Mariette: “Io sono la
Madre del Salvatore, la Madre di
Dio”, prima di scomparire dopo aver benedetto la dodicenne con un
segno di croce. Due anni dopo, nel
1935, Pio XI ha incaricato una
commissione per accertare la veridicità dell’apparizione e nel 1942 il
vescovo di Liegi ne ha approvato il
culto. Si è dovuto attendere però
nel 1949 quando l’apparizione era
stata approvata definitivamente dalla Chiesa cattolica. (A.P.)
la Chiesa belga
In calo il numero dei fedeli
empre meno. Sono infatti in calo coloro che si dichiarano cattolici in Belgio. Se più di trent’anni fa, nel 1980, il 72 per cento della popolazione di
questo stato del nord Europa, gli ultimi dati disponibili, relativi al 2010, evidenziano che solo il 60 per cento definisce se stesso come cattolico. Questo
nonostante le famiglie cattoliche rappresentino ancora la stragrande maggioranza della popolazione (circa l’87 per cento). La nazione è suddivisa in 8
diocesi, di cui una sola è metropolitana, quella di Bruxelles, mentre le altre
sono suffraganee. Le parrocchie attive sono meno di 4000. Complice la mancanza di sacerdoti, queste sono sempre più raggruppate in unità pastorali.
Per quanto riguarda invece gli italiani presenti in Belgio, secondo gli ultimi
dati resi disponibili dal ministero dall’Interno sono 254.471. Oltre la metà è
stanziata nei dintorni di Charleroi, nella parte francofona, ma è significativa
anche la presenza degli italiani a Bruxelles, con circa 87.000 residenti, mentre un altro gruppo consistente di italiani si trova a Mons, sempre nella regione francofona del Belgio. Ma la gran parte degli italiani residenti in Belgio proviene dal Meridione, più precisamente dalla Sicilia. Mentre i sardi sono circa 13.000. (A.P.)
S
250.000 emigrati italiani, ma qui
a Liegi ce ne sono tra i 25.000 e i
30.000. Alcuni di essi sono di
origini sarde, ma in prevalenza,
almeno all’80 per cento,
provengono dalla Sicilia. Molti
nostri conterranei si trovano nelle
Fiandre, a Limburgo, dove sono
presenti in numero più
consistente rispetto alla zona in
cui mi trovo».
Il popolo ucraino, esempio di unione e laboriosità
na comunità variegata al suo
interno, aperta, ben integrata nel
territorio sardo. Circa una sessantina i
fedeli ucraini ortodossi guidati da padre
Mikhail Povaliaiev, 32 anni, da tre anni
nell’isola, parroco della Chiesa ortodossa
russa del Patriarcato di Mosca a Cagliari.
Dal 2011, si riuniscono nella Chiesa della
Speranza, grazie all’ospitalità offerta dal
Parroco della Cattedrale, monsignor
Alberto Pala. Tre i momenti di preghiera:
la domenica mattina, per la liturgia, il
sabato pomeriggio per i vespri e il
giovedì pomeriggio per il moleben (inno).
«Abbiamo la possibilità di crescere come
comunità, attraverso un servizio liturgico
continuativo», spiega padre Mikhail.
Oggi la Chiesa è utilizzata per culto il
ortodosso, a eccezione del 18 dicembre,
in cui si celebra Messa cattolica in
ricordo della Madonna della Speranza.
U
Fedeli ucraini nella chiesa della Speranza
Diverse le provenienze: ucraini, russi,
moldavi, georgiani; la maggior parte
donne che lavorano come badanti, colf e
baby sitter, alcuni ucraini impegnati nel
commercio, diverse coppie miste; e, nei
mesi estivi, ci sono i turisti ai quali la
Chiesa offre un servizio di liturgia e
orientamento.
Una comunità aperta e allo stesso tempo
legata alle proprie tradizioni: «Si
impegnano a costruire relazioni con i
sardi – continua padre Mikhail – perché
vogliono inculturarsi nella comunità
isolana».
Compito della Chiesa è creare unità:
«Organizziamo momenti di incontro:
dopo la messa offriamo un rinfresco ai
nostri parrocchiani. Hanno bisogno di
assistenza spirituale, di amicizia e calore
umano». E poi ci sono le difficoltà
lavorative: «Il lavoro di badante, accanto
a persone malate e anziane, è difficile
dal punto di vista psicologico– spiega
Natalka Bandylyuk, dello sportello
mondo colf del patronato Acli e
presidente dell’associazione Barvinok –;
inoltre, le badanti risentono della crisi
economica e soffrono la lontananza dalla
propria famiglia»
Secondo i dati dell’ultimo Rapporto Caritas e Migrantes è, nell’ordine, la quinta nazionalità presente nell’isola (2054 unità).
«Non tutti frequentano la Chiesa – continua il sacerdote – : arrivano da paesi segnati dall’ateismo; alcuni preferiscono
occuparsi delle questioni di lavoro più
che dell’aspetto spirituale». Inoltre, c’è una forte preoccupazione per la situazione
in Ucraina: «Evitiamo di parlare di politica: oggi più che mai la Chiesa deve parlare di pace e aiutare a superare le divisioni». (M.C.C.)
A sostegno dei connazionali
Due le associazioni fondate da
ucraini e attive a Cagliari. La
prima, Barvinok, è nata nel
2008 per aiutare le donne
ucraine presenti nell’isola,
attraverso servizi di
mediazione e assistenza. La
seconda, Oci (organizzazione
cittadini immigrati), nata nel
2012, assicura uno sportello
itinerante nei punti di
aggregazione della comunità,
per un sostegno nelle pratiche
burocratiche, rimpatri assistiti,
servizi consolari, mediazione e
orientamento. Le associazioni
sono aperte a nazionalità e
confessioni diverse.
nella storia
4
Domenica
16 marzo 2014
La chiesa di Sant’Elena a Quartu:
nove secoli di storia e architettura
DI TERENZIO PUDDU
L
a più antica chiesa dedicata a Sant’Elena,
madre dell’imperatore romano Costantino,
fu costruita alla fine della prima metà del XII
secolo in stile romanico. La pianta dell’edificio
a tre navate è emersa sotto la pavimentazione
in occasione degli ultimi restauri, eseguiti tra
il 1996 e il 1999. Questa chiesa non era
grande ma sufficiente alle esigenze di Quarto
domino, uno dei villaggi medievali che in
futuro formeranno l’attuale città.
Tra il Quattrocento e il Cinquecento l’edificio
romanico fu demolito per essere sostituito da
nuova struttura, più grande in stile
tardogotico catalano, con una sola navata
voltata a crociera. La cappella maggiore era
quadrata e più bassa rispetto al resto della
chiesa.
Tra il Seicento e il Sete Raimondo Ignazio
Cochis eseguì un sopralluogo insieme al
direttore di fabbriche luganese Carlo Maino e
al muratore Giuseppe Boi. Il Cochis propose
un grande intervento che comprendeva
l’aggiunta a est di un transetto cupolato, la
costruzione di una nuova sacrestia e di un
ampio presbiterio. Dopo alterne vicende solo
nel 1804 si ricominciò a parlare della
costruzione della nuova chiesa parrocchiale.
Fu incaricato l’architetto Gerolamo Melis il
quale aggiornò il precedente progetto e i
lavori iniziarono nel 1809. L’interno fu
completato nel 1818 e nel 1825 si pose mano
al rifacimento della facciata. La chiesa fu
benedetta nel 1828. A lavori ultimati della
precedente struttura rimasero solo l’oratorio
del Rosario, che sorgeva dietro l’omonima
cappella ed in cui oggi troviamo la Cappella
del Santissimo Sacramento, il campanile e la
torre dell’orologio, modificati rispettivamente
nel 1875 e nel 1900, parte dei contrafforti del
primo tratto delle pareti della navata e le
prime due cappelle. La nuova facciata, in stile
neoclassico, è conclusa da un timpano
triangolare ed è affiancata, sulla sinistra, dallo
snello campanile con il terminale a cupolino.
Uniti negli ultimi anni di vita
da gravi problemi di salute,
sono stati due veri pastori
d’anime che hanno vissuto
Eredità artistica di diverse epoche
Da sede canonicale a basilica
a parrocchia di Quartu appartiene fin dalle sue origini alla diocesi di Cagliari. È documentata con titolo canonicale del Capitolo metropolitano della cattedrale di Cagliari
già dal 1524. Assieme alle prebende di Stampace, Sanluri,
Selargius e Maracalagonis il canonicato aveva l’onere della
messa conventuale; questo fu
soppresso con la legge del 15 aprile 1867. Tra i
suoi canonici e parroci, diversi diventarono vescovi o ricoprirono ruoli importanti, fra questi si
ricordano Salvatore Ruiu (1727) e Michele Aymerich (1788) vescovi di Ales, Salvatore Mameli
vescovo di Alghero (1800), e Giovanni Francesco
Pala vescovo di Cassano allo Jonio (1984). La
chiesa parrocchiale di sant’Elena fu consacrata
dall’arcivescovo Piovella il 26 febbraio 1932. Nel
2007 è stata elevata al rango di basilica minore.
Fino all’immediato dopoguerra era la chiesa extraurbana più grande della diocesi. Nel 1924 ospitò il congresso eucaristico diocesano. (T.P.)
con intensità il ministero.
La sorella minore suor Irene
descrive il contesto familiare
nel quale sono cresciuti
a basilica di sant’Elena nel corso dei secoli si è arricchita di numerose opere d’arte. Nel suo interno si possono ammirare gli arredi barocchi in
legno intagliato o in pregevoli marmi intarsiati tra i quali spicca il pulpito
scolpito da Pietro Pozzo nel 1741, il fonte battesimale del 1735, opera di Antonio Sagino, e il grande altare maggiore, realizzato tra il 1815 e il 1818, per
essere poi ampliato nel 1907 con due angeli in stucco posati su un cumulo
di nuvole, a contorno della nicchia che ospita la statua lignea della Santa
patrona. Nella cappella del Sacramento sono esposte le tavole superstiti del
retablo di s. Elia, attribuito ad Antioco Mainas, pittore sardo cinquecentesco
della scuola di Stampace. La chiesa fu interamente decorata dai pittori Scano e Puddu tra il 1924 e 1940. (T.P.)
L
L
L’attuale facciata neoclassica
della Basilica di Sant’Elena
risalente al XIX secolo
La famiglia, sorgente di vocazioni
Erasmo, Sergio e Irene Pintus, tre fratelli, sono oggi due sacerdoti e una suora
Dai genitori il dono della fede. Poi il loro «sì» al Signore per servire i fratelli
DI
WALTER ONANO
Q
uando in una
famiglia si vivono i
valori del Vangelo, il
Signore non manca
di elargire le sue
benedizioni, anche
attraverso il dono delle
vocazioni di speciale
consacrazione. Forse oggi
non è così frequente che in
un unico nucleo familiare
sorga nel cuore di due
fratelli e una sorella il
desiderio di donarsi a Cristo
nel servizio alla Chiesa. E
questa è la storia di Sergio,
Erasmo e Irene Pintus, nati
in una famiglia edificata
sulla solida fede di due
sposi, Cristina e Alfonso.
Don Sergio e don Erasmo
hanno vissuto con intensità
la loro missione di parroci,
sempre in cerca di
coinvolgere nel cammino di
fede e nell’edificazione della
comunità ecclesiale i fedeli
affidati alle loro cure. Sono
sempre stati animati dalla
forza coinvolgente della fede,
dall’amore per Cristo, per la
Chiesa e per quanti hanno
riconosciuto in loro dei veri
uomini di Dio. Giorno dopo
giorno, il loro unico fine è
stato quello di edificare la
Chiesa di pietre vive.
Ordinati nella Basilica di
Bonaria il 1 luglio 1962,
dopo essere stati insieme nel
seminario diocesano di
Dolianova e poi a Cuglieri,
le loro strade si sono divise
per i differenti servizi
pastorali.
Entrambi sono stati
fondatori di parrocchie.
Don Erasmo, dopo
l’esperienza come
viceparroco a Capoterra e
Sant’Elia, fu incaricato di
istituire la parrocchia di
Sant’Isidoro a Sinnai nella
quale svolse il suo ministero
per ben 42 anni. Don Sergio
fu incaricato di erigere la
parrocchia della Madonna
della Strada, nel popoloso
quartiere cagliaritano di
Mulinu Becciu. Fu una breve
esperienza preceduta da
diversi servizi in seminario,
nell’azione cattolica e come
vicario parrocchiale. È
ricordato in modo
particolare per il suo
ministero a Monastir, a
Sanluri e nell’ospedale
Brotzu.
La loro vita sacerdotale si
concluse nello stesso anno,
il 2010, proprio nell’anno
sacerdotale, a breve distanza
l’uno dall’altro. Don Sergio
nel mese di aprile, dopo due
anni di sofferenze a causa
della Sla, e don Erasmo a
ottobre, anch’egli colpito da
una malattia degenerativa.
Entrambi hanno percorso la
strada della sofferenza con
la serenità e la pazienza di
chi non solo ha predicato
per un’intera vita il vangelo
della speranza, ma lo ha
incarnato fino all’ultimo
respiro.
La Settimana Santa in Cattedrale
l ricco programma di celebrazioni inizia il 13
aprile alle 10, presso la chiesa della Purissima (Via
La Marmora), con la benedizione delle palme e la
processione verso la Cattedrale, dove alle 10.30 si
celebrerà la Messa nella Passione del Signore.
Giovedì Santo, il 17 aprile, alle 9.30 i sacerdoti
celebreranno l’Ora Terza nella chiesa della Purissima.
Seguirà la Messa crismale in Cattedrale alle 10. Alle
19 la celebrazione della Messa «in coena Domini», e
alle 22 l’Ora santa di adorazione. Venerdì Santo, 18
aprile, alle 9 l’Ufficio delle letture e le Lodi mattutine.
Alle 14 l’Ora Nona e l’accoglienza del Crocifisso. Alle
19 si terrà la solenne azione liturgica della Passione
Il rito de «Su scravamentu» del Signore. Sabato 19 aprile alle 9 l’Ufficio delle letture e le
nella cattedrale di Cagliari Lodi mattutine. Seguirà il rito de «Su scravamentu». Alle 22
Miglio presiederà la Veglia pasquale.
I
Il calendario pastorale del mese
Ecco i principali appuntamenti in diocesi per i
mesi di marzo e aprile.
Oggi dalle 9 alle 14.30 presso il seminario
arcivescovile, si terrà il quarto incontro del
«pre–seminario».
Dalle 17.30 alle 20, presso la parrocchia di
San Pietro in Assemini, si terrà il ritiro
spirituale per la famiglia dal tema
«Quaresima: dal dono del battesimo alla
grazia dell’amore sponsale».
il ricordo di suor Irene
«Ogni giorno il Rosario in casa»
a storia di suor Irene è legata
a quella dei suoi
Lindissolubilmente
due fratelli. «La nostra vocazione – ricorda
la religiosa – è nata nel focolare
domestico, dedito alla preghiera
quotidiana del Rosario e alla
partecipazione alla Messa domenicale. Un’educazione
religiosa semplice e umile arricchita dall’amore dei nostri
genitori».
Quando la giovane Irene parlò della propria vocazione in famiglia trovò una certa resistenza, soprattutto da parte della
madre, che già aveva visto partire i due figli seminaristi. Solo
dopo l’ordinazione sacerdotale di Sergio ed Erasmo venne il
tempo di dare concretezza al suo cammino vocazionale come
suora vincenziana della carità. «Ricordo – dice suor Irene –
sul tavolo della cucina i due calici che i miei fratelli ebbero in
dono dai miei genitori. Nel vederli desiderai che potessero essere colmi anche della donazione di me stessa». (W.O.)
Mercoledì 19 marzo si celebra la «Giornata
diocesana della solidarietà e del lavoro». Alle
16.30, presso il Lazzaretto, si terrà una tavola
rotonda dal tema: «Giovani Chiesa Lavoro».
Alle 19 monsignor Miglio presiederà la santa
messa nella parrocchiale di Sant’Elia.
Domenica 23 marzo si celebra in tutte le
comunità parrocchiali la giornata della
Caritas diocesana.
Dalle 15.30 alle 20.00, a San Vito, si terrà il
secondo incontro diocesano di pastorale
giovanile. Destinatari dell’iniziativa sono i
ragazzi di terza media e prima superiore, i
loro educatori, nonché i gruppi dei ragazzi
delle scuole superiori che nelle parrocchie o
negli oratori svolgono un servizio di
animazione.
Sabato 29 e domenica 30 marzo, presso il
Centro diocesano di pastorale P. G. Frassati
di Alghero (Località Montagnese), si terrà il
secondo convegno regionale di pastorale
giovanile.
Domenica 30 marzo dalle 9.30 alle 18,
presso il seminario diocesano di Cagliari, si
terrà la festa delle famiglie che avrà come
tema «La famiglia educa all’amore». L’invito
alla partecipazione è rivolto a tutte le
famiglie delle comunità parrocchiali, dei
movimenti e delle associazioni della diocesi.
Alle 15.30, presso la Fiera campionaria di
Cagliari, si terrà l’incontro diocesano dei
ragazzi missionari.
Dal 31 marzo al 4 aprile si terrà a Quartu
Sant’Elena, presso il complesso turistico
alberghiero Setar, il convegno nazionale
delle Caritas diocesane che avrà come tema
«Con il Vangelo nelle periferie esistenziali».
Domenica 6 aprile alle 17 presso il
monastero delle Clarisse Cappuccine in
Cagliari si terrà l’adorazione eucaristica
vocazionale, curata dal Centro Diocesano
Vocazioni.
Venerdì 11 aprile alle 20, a partire dalla
chiesa parrocchiale dei Santi Giorgio e
Caterina, si terrà la tradizionale Via Crucis
sul colle di «Monte Urpinu».
Le campane, «voce» di Dio e delle comunità
DI FRANCESCO VIRDIS
A
La chiesa di San Lorenzo a Sanluri
Il loro suono, ormai, spesso tace o è sostituito
da mediocri mezzi di diffusione elettronica,
ma la ricchezza delle loro originali vibrazioni
sarà sempre unica e insostituibile
parlare di campane si rischia di essere
considerati un po’ “antichi o vecchi”.
Oggi sono profondamente cambiati i valori
e i ritmi della vita sociale e religiosa
rispetto a poco più di cinquant’anni fa.
Ora a scandire i ritmi di lavoro, il senso del
tempo e le funzioni liturgiche sono altri
sistemi. Nei secoli scorsi gli aspetti civili,
religiosi e sociali di una comunità, erano
ritmati dai suoni delle campane che, con
segni diversi, ricordavano i momenti della
vita. Nei paesi si era legati profondamente
al primo e all’ultimo tocco che scandivano
l’inizio e la fine della giornata lavorativa;
le campane “cittadine” l’annunciavano con
l’apertura e la chiusura delle porte della
città.
Tra i manufatti sacri, le campane sono le
meno conosciute dalla comunità. La loro
sacralità derivava dal fatto che la Chiesa
imponeva che prima di issarle sui
campanili fossero battezzate.
Stanno tra cielo e terra, invocavano il
Signore e i santi, chiamavano i fedeli a
raccolta. Si riteneva che i rintocchi avessero
del magico e tenessero lontano dal paese
gli spiriti maligni. Suonavano alla morte di
un fedele per impedire a quelli di
avvicinarsi e afferrare l’anima durante il
viaggio verso l’aldilà.
Sono arrivate fino a noi le consuetudini
medievali del significato dei loro suoni. Il
suo uso era codificato dai sinodi diocesani,
nessuno poteva farne un utilizzo diverso. Si
“toccavano” per le funzioni religiose,
quando c’era un pericolo per la
popolazione, magari per l’arrivo di banditi
o dei mori sulle coste, per gli incendi o
durante una rivolta popolare. La campana
“cittadina” annunciava anche l’esecuzione
di una condanna a morte.
Solo tre giorni l’anno queste restavano
“legate”, non si suonavano nei giorni della
passione di Cristo ed erano sostituite dalle
matracas e da altri strumenti di legno che
facevano strepito. Quei rumori riempivano
le strade e indicavano ai fedeli l’inizio delle
funzioni liturgiche e al pari delle campane
tenevano lontani gli spiriti del male.
Venivano “slegate” al Gloria della messa
pasquale di Resurrezione.
Le iscrizioni delle campane sarde sono, per
la maggior parte, di natura dedicatoria e
invocativa. La lingua maggiormente
utilizzata è il latino. Sono arrivati fino a noi
suoni di consuetudini medievali che
riportano un solo messaggio o più di uno
con ritmi diversi.
La campana è una realtà che ha indicato, ai
fedeli un percorso dettato dalla Chiesa per
quasi 1500 anni, oggi forse non più.
Il “bronzo sacro” più antico
Al pari di altri documenti, le
campane offrono, con le loro
iscrizioni, preziose notizie. Il
più antico bronzo sacro
documentato in Sardegna è
trecentesco, si trova nel
fornice destro del campanile
a vela della chiesa medievale
di san Lorenzo a Sanluri.
Questa la scritta in caratteri
gotici: + MAESTRO DINUS
DA S(AN)C(T)O MINIATO
ME F(ECIT) / MCCCXX e ci
rivela, la data 1320 e il nome
dell’autore, il toscano Dino
da San Miniato. Sul bordo,
invece, sono riportati due
stemmi araldici. (SIGLA)