Introduzione alle Onde Elettromagnetiche

Onde Elettromagnetiche
Silvio Sciortino
March 17, 2014
Contents
0.1
Prerequisiti matematici . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
0.1.1 Premessa:notazioni dei prodotti tra vettori . . . . .
0.1.2 Operatori lineari applicati a funzioni a pi`
u variabili
0.1.3 Teoremi importanti . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1 Il concetto di onda
1.1 La corda vibrante . . . . . . .
1.2 Condizioni iniziali. Formula di
1.3 Condizioni al contorno . . . .
1.4 Analisi armonica . . . . . . .
1.5 Parentesi musicale . . . . . .
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D’Alembert
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2 Le Equazioni dell’Elettromagnetismo e l’Equazione delle Onde
Elettromagnetiche
22
2.1 Equazioni di Maxwell (nel vuoto) . . . . . . . . . . . . . . . . 23
2.2 Equazioni di Maxwell nella materia . . . . . . . . . . . . . . . 27
2.3 Relazioni costitutive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
2.4 Condizioni di continuit`a dei campi . . . . . . . . . . . . . . . . 34
2.5 Equazione d’onda di D’Alembert nel vuoto . . . . . . . . . . . 38
2.6 Soluzione di onda piana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
2.6.1 Le onde elettromagnetiche sono onde trasversali . . . . 39
2.6.2 Il campi di radiazione elettrico e magnetico sono ortogonali tra loro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
2.7 Analisi di Fourier e notazione complessa dei campi . . . . . . . 43
2.8 Onda piana nel vuoto. Componenti di Fourier . . . . . . . . . 44
3 Onde Elettromagnetiche nei mezzi materiali.
getico del Campo Elettromagnetico
3.1 Campi armonici nella materia . . . . . . . . .
3.2 Onde armoniche piane in un dielettrico . . . .
3.3 Vettore di Poynting . . . . . . . . . . . . . .
3.4 Onde sferiche . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2
Bilancio ener.
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3.5
3.6
3.7
3.8
Operazioni non-lineari in notazione complessa
Bilancio energetico in un dielettrico . . . . . .
Polarizzazione di un’onda piana . . . . . . . .
Velocit`a di gruppo . . . . . . . . . . . . . . .
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4 Propagazione nei mezzi materiali.Modello classico
4.1 Modello classico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.2 Allargamento omogeneo e inomogeneo di riga . . .
4.2.1 Allargamento omogeneo di riga . . . . . . .
4.2.2 Allargamento inomogeneo di riga . . . . . .
4.2.3 Spettri di righe e spettri continui . . . . . .
4.3 Modello classico. Vibrazioni forzate . . . . . . . . .
4.4 Dispersione nei materiali trasparenti . . . . . . . .
4.5 Propagazione del segnale . . . . . . . . . . . . . . .
4.6 Elettroni liberi in un conduttore solido . . . . . . .
4.6.1 Onde elettromagnetiche nei conduttori . . .
3
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0.1
Prerequisiti matematici
Senza pretendere di esaurire l’argomento della matematica dell’Elettromagnetismo, abbiamo stilato una specie di memorandum di alcuni risultati
matematici essenziali per l’inizio dello studio dei campi elettromagnetici.
0.1.1
Premessa:notazioni dei prodotti tra vettori
In tutta la nostra trattazione matematica delle leggi fisiche useremo la notazione anglosassone per il prodotto scalare (“dot product”) e per il prodotto
vettoriale (“cross product”). Pertanto, dati due vettori liberi
A = Ax i + Ay j + Az k
e
B = Bx i + By j + Bz k
individuati dalle loro componenti rispetto a una terna cartesiana destrorsa
Oxyz, avente versori i, j, k, il loro prodotto scalare verr`a indicato con:
A · B = Ax Bx + Ay By + Az Bz
Il prodotto vettoriale verr`a invece indicato come:
A×B
Espresso in componenti:
A × B = (Ay Bz − Az By ) i + (Az Bx − Ax Bz ) j + (Ax By − Ay Bx ) k
Un ausilio mnemonico utile `e considerare questo prodotto come il calcolo
formale di un determinante, in cui compaiono i versori degli assi nella prima
riga e le componenti dei vettori nella seconda e nella terza:
i
j
k A × B = Ax Ay Az Bx By Bz Supponiamo noto il significato geometrico di queste operazioni tra vettori.
4
0.1.2
Operatori lineari applicati a funzioni a pi`
u variabili
Indichiamo, con la notazione E(x, y, z, t), un campo vettoriale, individuato
dalle sue componenti rispetto a una terna cartesiana destrorsa (sistema di
coordinate: SC) Oxyz:
E = Ex (x, y, z, t)i + Ex (x, y, z, t)j + Ex (x, y, z, t)k
dove con Ei (x, y, z, t), per i = x, y, z, si intende una funzione a pi`
u variabili
dello spazio e del tempo con la regolarit`a richiesta per la validit`a di tutti i
teoremi matematici necessari alla descrizione fisica.1
Una funzione scalare V (x, y, z) si dice differenziabile se la sua variazione
nell’intorno di un punto `e esprimibile come:
∆V =
∂V
∂V
∂V
∆x +
∆y +
∆z + o (∆x, ∆y, ∆z)
∂x
∂y
∂z
Con ci`o si intende che la variazione della funzione nell’intorno di un punto
`e uguale a un espressione lineare negli incrementi (variazione prima) pi`
u un
termine o (∆x, ∆y, ∆z) tale che:
o (∆x, ∆y, ∆z)
p
=0
(∆x,∆y,∆z)→(0,0,0)
∆x2 + ∆y 2 + ∆z 2
lim
La variazione prima ∆V pu`o essere considerata il prodotto scalare del
vettore spostamento:
∆r = ∆xi + ∆yj + ∆zk
per il campo vettoriale gradiente della funzione V calcolato nel punto dato:
gradV =
∂V
∂V
∂V
i+
j+
k
∂x
∂y
∂z
Noi scriveremo sempre il gradiente usando la lettera dell’alfabeto ebraico
“nabla:”
gradV = ∇V
Risulta allora:
∆V = ∇V · ∆r =| ∇V || ∆r | cos θ
1
In generale tutte le funzioni saranno continue e differenziabili con derivate continue
fino all’ordine necessario. Le curve e superfici saranno regolari di classe C 1 . Quando
la schematizzazione fisica comporter`
a l’introduzione di discontinuit`a matematiche, queste
verranno discusse in dettaglio.
5
Segue che la variazione ∆V `e massima quando lo spostamento ∆r `e parallelo
al gradiente. Cio`e il gradiente `e diretto in ogni punto nella direzione di
massima variazione della funzione V .
Definiamo ora un operatore differenziale lineare, chiamato divergenza, calcolato in un generico punto (x, y, x) e in un istante t:
divE =
∂Ey
∂Ez
∂Ex
(x, y, z, t) +
(x, y, z, t) +
(x, y, z, t)
∂x
∂y
∂z
Indicheremo l’operatore divergenza come il prodotto scalare formale tra il
campo E e il vettore simbolico:
∇=
∂
∂
∂
i+
j+ k
∂x
∂y
∂z
Naturalmente non si tratta di prodotti tra numeri in questo caso, ma di
una derivazione di funzioni a pi`
u variabili in un determinato punto (x, y, z, t)
Quindi:
divE = ∇ · E
Allo stesso modo definiremo l’operatore rotore come un prodotto vettoriale formale:
i
j k ∂
∂
∂ rotE = ∇ × E = ∂x ∂y
∂z Ex Ey Ez Pertanto, le componenti del rotore sono definite da:
∇×E=
∂Ez ∂Ey
−
∂y
∂z
i+
∂Ex ∂Ez
−
∂z
∂x
j+
∂Ey ∂Ex
−
∂x
∂y
k
L’utilit`a di questa notazione sta nel fatto che molte operazioni con derivate
parziali seguono le stesse regole delle operazioni vettoriali algebriche. Ad
esempio:
∇ × (∇ × E) = −∇2 E + ∇ (∇ · E)
dove ∇2 `e l’operatore laplaciano, che agisce su ogni componente Ei del campo
nel modo seguente:
∂ 2 Ei ∂ 2 Ei ∂ 2 Ei
∇ Ei =
+
+
∂x2
∂y 2
∂z 2
2
6
i = x, y, z
0.1.3
Teoremi importanti
Alcuni teoremi stanno alla base della formulazione compatta dell’Elettromagnetismo nelle Equazioni di Maxwell. Didatticamente `e pi`
u conveniente
introdurre l’Elettromagnetismo in termini di flusso dei campi attraverso
una superficie arbitraria e di circuitazione lungo un cammino chiuso qualsiasi. L’arbitrariet`a di questi cammini o superfici di integrazione corrisponde
al fatto che le relazioni integrali possono essere tradotte in relazioni differenziali, che valgono nei singoli punti dello spazio e nei singoli istanti. La
formulazione differenziale dell’Elettromagnetsimo permette di seguire la variazione locale dei campi e quindi di studiare i fenomeni di propagazione delle
onde elettromagnetiche. Occorre dunque avere ben presente la relazione tra
formulazione differenziale e integrale di una stessa legge fisica. per questo ci
`e utile ricordare il Teorema di Gauss-Green e il Teorema di Stokes.
Teorema di Gauss-Green
Consideriamo la divergenza di un campo vettoriale E che potrebbe descrivere
matematicamente il campo elettrico o il campo magnetico, oppure anche una
densit`a di corrente. Sia V ∈ R3 un dominio nello spazio ordinario, sia ∂V il
bordo del dominio (cio`e la superficie che delimita la regione di spazio data.)
Allora:
ZZ
ZZ
ZZZ
∇ · EdV = E · n dΣ = E · dΣ
V
∂V
n `e la normale esterna alla superficie, dΣ = n dΣ `e un elemento di superficie
orientato, dV = dxdydz un elemento di volume. Il termine a secondo membro
prende il nome di flusso di E attraverso la superficie chiusa ∂V :
ZZ
Φ∂V (E) = E · ndΣ
∂V
Nel caso del campo elettrico il flusso attraverso la superficie `e sempre uguale
all’integrale di volume di una funzione ρ(x, y, z, t)/ε0 (rappresentante una
densit`a di carica):
ZZZ
ZZ
ZZZ
ρ
∇ · E dV = E · dΣ =
dV
V
∂V
V ε0
Per arbitrariet`a del dominio di integrazione, gli integrandi stessi devono essere uguali in ogni punto del dominio:
∇·E=
7
ρ
ε0
Teorema di Stokes
Consideriamo una superficie non chiusa Σ, come in Fig. 1 e il suo bordo ∂Σ,
che `e una curva chiusa. Si ha allora:
I
ZZ
(∇ × E) · dΣ =
E · dl
Σ
∂Σ
Il secondo termine `e la circuitazione del campo vettoriale lungo la linea
chiusa. Il verso della superficie orientata `e legato al verso di percorrenza del
bordo dalla “regola della vite,” come mostrato in Fig. 1: si percorre la curva
∂Σ nel senso in cui si avviterebbe una vite nello stesso verso della normale.
Figure 1: Teorema di Stokes. Orientazione relativa del verso della normale
di una supericie orientata e del verso di percorrenza del bordo.
Quando il rotore `e nullo in tutto lo spazio, allora si pu`o concludere
che la ciruitazione del campo vettoriale `e sempre nulla, cio`e che l’integrale di
linea lungo una curva γ tra due punti qualsiasi P1 e P2 `e indipendente dal
cammino, ma dipende solo dai due punti.
Z
Z P2
E · dl =
E · dl
γ
P1
Se E `e una forza meccanica l’integrale di linea ha il significato di un lavoro. Nel caso del campo elettrico si tratta di un lavoro per unit`a di carica.
Fissando arbitrariamente uno dei due punti ( O ) si ottiene una funzione
potenziale del secondo punto P :
Z P
V (P ) = −
E · dl
O
8
Nel caso di una forza V `e una energia potenziale, nel caso del campo elettrostatico `e il potenziale elettrico. Enunciare l’indipendenza dal cammino
dell’integrale di linea di E `e equivalente ad affermare l’esistenza di una funzione V tale che:
E = −∇V
Pi`
u in generale, la condizione sufficiente all’esistenza di una funzione
potenziale `e la seguente. Dato un campo vettoriale E, condizione necessaria
e sufficiente per l’esistenza di una funzione potenziale `e che ∇ × E = 0 in un
dominio semplicemente connesso. Se il dominio non `e semplicemente
connesso la condizione di annullamento del rotore `e necessaria, ma non sufficiente. Un dominio semplicemente connesso `e un dominio in cui ogni curva
chiusa pu`o essere ridotta con continuit`a a un punto restando all’interno del
dominio. Ad esempio, una sfera cava in tre dimensioni `e un dominio semplicemente connesso. Questo concetto matematico `e molto importante in
fisica, ad esempio, per quanto riguarda il campo magnetico. La circuitazione
del campo magnetico non `e nulla lungo una curva concatenata con una corrente. Infatti, il rotore del campo magnetico non `e nullo nei punti dove scorre
la corrente e quindi non `e nullo in un dominio semplicemente connesso. In
questo caso, un potenziale magnetico non `e univocamente definito: infatti
circolando intorno alla corrente si ottiene una circuitazione diversa da zero.
Secondo la Legge di Amp`ere infatti la circuitazione del campo magnetico
attorno a una corrente `e proporzionale alla corrente stessa.
9
Figure 2: Legge di Amp`ere. L’integrale di linea del campo magnetico `e
proporzionale alla corrente concatenata. Anche se il rotore del campo `e nullo
in un dominio non comprendente il filo percorso da corrente, la circuitazione
del campo non `e nulla perch´e tale dominio non `e semplicemente connesso.
10
Chapter 1
Il concetto di onda
Un’onda `e un fenomeno fisico in cui una oscillazione locale di una grandezza
fisica comporta una propagazione di energia e quantit`a di moto. La descrizione matematica di un’onda `e comune a diversi campi di indagine: meccanica, acustica, ottica, e si basa largamente sull’analisi armonica (analisi di
Fourier). Per introdurre in modo semplice dei concetti matematici e fisici di
portata generale, cominceremo, in questo capitolo, a studiare un caso semplice, unidimensionale, di propagazione. I concetti che troveremo saranno
validi in diverse altre situazioni: modi di vibrazione all’interno di una cavit`a
risonante, oscillazione della radiazione tra i due specchi di una cavit`a laser,
funzione d’onda di un elettrone in un cristallo.
1.1
La corda vibrante
Consideriamo il caso di una corda vibrante tra due estremi fissi. Supponiamo
che le vibrazioni siano trasversali alla corda stessa. Possiamo descrivere il
moto di ogni punto della corda con la funzione u = u(x, t), che rappresenta
lo spostamento trasversale della corda corrispondente alla coordinata x e
all’istante t. Perch´e questa ipotesi sia ragionevole dobbiamo supporre che la
deformazione della corda durante il moto sia piccola e che, di conseguenza,
ad ogni istante, la tensione lungo la corda non cambi apprezzabilmente dal
suo valore quando essa `e in quiete. Consideriamo un tratto di corda tra x e
x + ∆x. La lunghezza del tratto di corda `e:
s
2
∂u
∆x
∆s = 1 −
∂x
Possiamo approssimare, appunto per spostamenti piccoli, ∆s ≈ ∆x e assegnare al tratto di corda una massa ∆m = δ∆x, dove δ `e una densit`a per unit`a
11
di lunghezza. Nella Figura 1.1 `e rappresentato il caso di accelerazione nel
verso positivo. Le equazioni del moto per l’elemento di corda sono allora,
supponendo uno spostamento solo trasversale:
0 = T 0 cos θ0 − T cos θ
(1.1)
∂ u
(xCM , t) = T 0 sin θ0 − T sin θ
2
∂t
(1.2)
2
∆m
L’Eq. 1.1 ci dice che, per piccoli spostamenti, per cui la funzione coseno
pu`o essere approssimata all’unit`a, se possiamo considerare, ad ogni istante,
la tensione approssimativamente costante lungo la corda, la nostra ipotesi
iniziale di moto puramente trasversale `e consistente con le equazioni del moto.
Dalla Eq. 1.2, approssimando sin θ ≈ tan θ si ottiene al primo ordine:
∂u
∂u
∂ 2u
(x + ∆x, t) − T
(x, t)
∆m 2 (xCM , t) = T
∂t
∂x
∂x
(1.3)
xCM `e la posizione del centro di massa del tratto di corda. Dividendo ambo
Figure 1.1: Corda vibrante con estremi fissi. Equazione del moto.
i membri per l’incremento ∆x:
∂ 2u
1 ∂u
∂u
δ 2 (xCM , t) = T
(x + ∆x, t) −
(x, t)
∂t
∆x ∂x
∂x
(1.4)
Il termine tra parentesi quadre a secondo membro dell’Eq. 1.4 coincide, al
primo ordine in ∆x, con la derivata seconda rispetto a x. Dunque, per
∆x → 0, si ha:
∂ 2u
∂ 2u
δ 2 (x, t) = T
(x, t)
(1.5)
∂t
∂x2
12
Definiamo allora il “parametro” v come:
r
v=
T
δ
(1.6)
Otteniamo allora l’equazione d’onda di D’Alembert:
∂ 2u
1 ∂ 2u
(x,
t)
−
(x, t) = 0
∂t2
v 2 ∂x2
(1.7)
Osserviamo preliminarmente che il parametro v ha le dimensione di una
velocit`a. Discutiamo ora del perch´e l’Eq. 1.7 sia un’equazione che descrive
un’onda.
Soluzione generale dell’equazione di D’Alembert
La soluzione generale della Eq. di D’Alembert in una dimensione `e:
u(x, t) = f (x − vt) + g(x + vt)
(1.8)
`
dove f e g sono funzioni qualsiasi, purch´e derivabili con derivata continua. E
facile verificare che l’espressione 1.8 rappresenta una soluzione della Eq. 1.7.
Inoltre la 1.8 `e l’unica soluzione possibile. Infatti con la sostituzione:
ξ = x − vt
η = x − vt
l’Eq. 1.7 diventa:
∂ 2u
=0
∂ξ∂η
Integrando indefinitamente, prima rispetto alla variabile ξ, poi rispetto ad η,
si ottiene:
∂u
= c(η)
∂η
Z
u(ξ, η) =
c(η) dη + f (ξ)
c(η) rappresenta la costante di integrazione indefinita rispetto a ξ , viceversa, f (ξ) `e la costante di integrazione indefinita rispetto a η. Dunque,
ogni soluzione dell’Eq. 1.7 deve avere la forma di una generica funzione di
ξ = x − vt addizionata a una generica funzione di η = x + vt, come afferma
l’Eq. 1.8.
13
Onda progressiva e onda regressiva
Il primo termine della Eq. 1.8 rappresenta un’onda progressiva. Il secondo rappresenta un’onda regressiva. Consideriamo l’onda progressiva.
Prendiamo un punto di riferimento (x = x0 , f (x0 )) nel grafico della funzione
per t = 0. Il grafico della funzione viene replicato all’istante generico t nel
punto:
x0 = x − vt ⇒ f (x0 ) = f (x − vt)
Pertanto, il nostro punto di riferimento, si muove di moto rettilineo uniforme
con legge oraria:
x = x0 + vt
Diciamo allora che la perturbazione rappresentata matematicamente da f
si propaga con velocit`a v nel verso positivo delle x. Ci`o non corrisponde
al movimento reale di un corpo in direzione x perch`e la massa della corda
oscilla in direzione trasversale. Tuttavia energia viene trasportata lungo x a
` evidente che il
seguito di questa oscillazione e in ci`o consiste “un’onda.” E
termine g(x + vt) rappresenta una perturbazione che si muove con la stessa
velocit`a di propagazione in verso opposto.
Nel caso particolare, che tratteremo in seguito, in cui la corda abbia due
estremi fissi a x = 0 e x = L le onde non si possono propagare indefinitamente
nei versi opposti. Esse vengono riflesse agli estremi, analogamente a come
un’onda elettromagnetica viene riflessa dalle pareti di una cavit`a risonante.
Un esempio importante `e quello della riflessione della luce tra gli specchi di
una cavit`a risonante di un laser.
1.2
Condizioni iniziali. Formula di D’Alembert
Imponiamo alla soluzione 1.8 le condizioni iniziali. Consideriamo un profilo
(x, 0) = v0 (x) Sosiniziale u = u(x, 0) = s0 (x) e una velocit`a iniziale ∂u
∂t
tituendo, si ottiene:
f (x) + g(x) = s0 (x)
−vf (x) + vg 0 (x) = v0 (x)
(1.9)
(1.10)
0
Integrando l’ultima equazione si ottiene:
1
−f (x) + g(x) =
v
Z
x
v0 (ξ) dξ + c1
0
14
(1.11)
Risolvendo il sistema delle due equazioni, 1.9 e 1.11:
Z x
1
1
f (x) =
s0 (x) −
v0 (ξ) dξ + c1
2
v
0
Z x
1
1
s0 (x) +
v0 (ξ) dξ + c1
g(x) =
2
v
0
(1.12)
(1.13)
Infine, sostituendo le espressioni 1.12 e 1.13 nell’Eq. 1.8, si ottiene la Formula di D’Alembert:
u(x, t) =
1.3
s0 (x − vt) + s0 (x + vt)
2 Z
Z x+vt
x−vt
1
+
v0 (ξ) dξ +
v0 (ξ) dξ
−
2v
0
0
Z x+vt
s0 (x − vt) + s0 (x + vt)
1
=
v0 (ξ) dξ
+
2
2v x−vt
(1.14)
(1.15)
Condizioni al contorno
Discutiamo ora la forma delle possibili soluzioni, imponendo nelle condizioni al contorno che gli estremi della corda siano fissi. Allora :
u(0, t) = u(L, t) = 0
(1.16)
Sostituendo nella Eq. 1.8, si ottiene, per t = 0:
f (−vt) = −g(vt)
f (L − vt) = −g(L + vt)
(1.17)
Per arbitrariet`a di t, ponendo ξ = ±vt segue:
g(ξ) = −f (−ξ)
f (ξ + L) = f (ξ − L)
g(ξ + L) = g(ξ − L)
(1.18)
(1.19)
(1.20)
Cio`e le funzioni f e g, e dunque anche u, sono funzioni periodiche di periodo
λ = 2L. λ prende il nome di lunghezza d’onda. Anche se il problema
fisico `e ristretto alla lunghezza L della corda, non perdiamo in generalit`a
“estendendo” matematicamente il problema a tutto R, purch´e la soluzione
sia quella corretta nell’intervallo di interesse. Dunque possiamo esprimere la
soluzione generale della Eq. 1.8, nel caso di estremi fissi:
u(x, t) = f (x − vt) − f (−(x + vt))
15
(1.21)
con u periodica di periodo spaziale (lunghezza d’onda) λ = 2L. Osserviamo
anche che, fissato x la funzione si ripete dopo un periodo temporale T tale
che: λ = vT . Dunque u pu`o essere sviluppata in serie di Fourier sia
rispetto a x che rispetto a t. Inoltre si pu`o facilmente notare che u `e dispari
in x (per ogni istante t), dunque lo sviluppo in serie di Fourier rispetto a x
`e di soli seni, come vedremo in Sez. 1.4. Definiamo ora la frequenza:
ν=
v
1
=
T
λ
(1.22)
e la pulsazione corrispondente: ω = 2πν. Analogamente:
ν˜ =
1
λ
(1.23)
`e detto numero d’onda o frequenza spaziale. Poniamo infine:
k = 2π/λ
(1.24)
Corda pizzicata
Dobbiamo adesso fare una precisazione. La schematizzazione matematica
della realt`a fisica ci fa ammettere delle soluzioni continue ma non derivabili.
Ad esempio: nel caso di una corda pizzicata, in uno strumento ad arco, il
profilo iniziale ha una discontinuit`a nella derivata prima:
(
x
,
0 < x < a;
a
(1.25)
s0 (x) = u(x, 0) = L−x
0 ≤ x ≤ L;
L−a
Mentre: v0 (x) = 0 perch´e la corda viene deformata e lasciata libera di oscillare partendo dalla quiete. La soluzione 1.15 `e ancora valida:
u(x, t) =
s0 (x − vt) + s0 (x + vt)
2
(1.26)
La discontinuit`a nella derivata (cuspide) si propaga avanti e indietro tra gli
estremi della corda (vedi Fig. 1.2.)
Trattare questa discontinuit`a porterebbe a delle complicazioni matematiche inessenziali ai fini della comprensione della fisica delle onde, che `e
lo scopo di queste note. Si pu`o evitare questa complicazione considerando
un profilo iniziale pi`
u realistico in cui s0 (x) `e una funzione differenziabile.
L’oscillazione 1.26 della corda tende a quella rappresentata in Fig. 1.2 quando
s0 (x) tende all’espressione 1.25.
16
Figure 1.2: Corda pizzicata in un punto x = a. Evoluzione temporale: consideriamo una estensione periodica del profilo della corda, espresso dalla
funzione 1.25 e poi facciamola propagare sia avanti che indietro, con la stessa
velocit`a, prendendone in ogni istante il valor medio (Eq. 1.26). L’oscillazione
della corda, durante met`a del periodo di oscillazione, `e mostrato nel diagramma accanto a destra.
1.4
Analisi armonica
Tratteremo ora la soluzione di Bernoulli della Eq. 1.7, con le condizioni
al contorno di estremi fissi a x = 0 e x = L. Supponiamo che la soluzione sia
separabile nelle variabili:
u(x, t) = F (x)G(t)
Allora deve valere:
1 G00
F 00
= 2
(1.27)
F
c G
I due membri devono essere indipendenti dalle rispettive variabili perch´e
l’equazione sia soddifatta, cio`e devono essere identicamente uguali a una
costante. Detta −K 2 < 0, con K > 0, tale costante:1
F 00 + K 2 F = 0
G00 + K 2 v 2 G00 = 0
F = A cos Kx + B sin Kx
G = C cos Kvx + D sin Kvx
(1.28)
(1.29)
(1.30)
Imponendo le condizioni al contorno:
F (x) = 0 ⇒ A = 0 (1.31)
F (L) = 0 ⇒ KL = 0 ⇒ K = m
2π
π
=m
= mk
L
λ
1
m = 1, 2, 3, . . . (1.32)
La costante deve essere negativa perch´e una costante positiva darebbe soluzioni esponenziali, non adatte a descrivere oscillazioni.
17
Abbiamo utilizzato la definizione λ = 2L (periodo spaziale, o lunghezza
d’onda) e l’Eq. 1.24.
Allora, una soluzione valida per l’equazione d’onda `e:
u(x, t) = (Cm cos mωt + Dm sin mωt) sin mkx
(1.33)
La somma di soluzioni del tipo 1.33 `e un insieme completo, che esprime
qualunque soluzione:
u(x, t) =
∞
X
(Cm cos mωt + Dm sin mωt) sin mkx
(1.34)
m=1
L’Eq. 1.34 `e la soluzione di Bernoulli dell’equazione d’onda con la condizione
di estremi fissi.
Imponendo ora le condizioni iniziali, otteniamo:
∞
X
s0 (x) =
Cm sin mkx
(1.35)
mωDm sin mkx
(1.36)
m=1
v0 (x) =
∞
X
m=1
Le due Eq. 1.35 e 1.36 rappresentano le serie di Fourier di soli seni delle
funzioni (periodiche e dispari) s0 (x) e v0 (x). L’espressione dei coefficienti Cm
e Dm `e nota dalla Analisi di Fourier:
2
Cm =
λ
λ
Z
2
Dm =
mλω
s0 (x) sin mkx dx
(1.37)
0
Z
λ
v0 (x) sin mkx dx
(1.38)
0
Corda pizzicata: componenti di Fourier
La soluzione 1.26 (corda pizzicata) si pu`o dunque esprimere in termine dei
suoi armonici
u(x, t) =
∞
1X
Cm {sin [mk(x − vt)] + sin [mk(x + vt)]}
2 m=1
∞
1X
u(x, t) =
Cm {sin [m(kx − ωt)] + sin [m(kx + ωt)]}
2 m=1
18
(1.39)
Si possono sfruttare le formule trigonometriche di addizione2 per esprimere
il termine in parentesi graffa in un modo pi`
u facile da interpretare.
u(x, t) =
∞
X
Cm sin (mkx) cos (mωt)
(1.40)
m=1
Sostituendo l’espressione di s0 (x) per la corda pizzicata (Eq. 1.25) nell’Eq. 1.37,
si ottiene:
2L2
sin (mka)
(1.41)
Cm =
πm2 a(L − a)
Dunque il peso delle componenti di Fourier varia a seconda della lunghezza
L della corda e della posizione x = a in cui si pizzica la corda.
Risonanza
Le componenti di Fourier si dicono componenti armoniche o suoni armonici, se si considera la corda come parte di uno strumento musicale. Dalla
Eq. 1.6 le frequenze delle armoniche sono date dalla equazione:
r
m T
νm =
(1.42)
2L δ
L’Eq. 1.42 `e dovuta essenzialmente a Marin Mersenne (1588-1648) [1]. La
frequenza di vibrazione di una corda `e inversamente proporzionale alla radice
quadrata della densit`a lineare a alla lunghezza e direttamente proporzionale
alla radice quadrata della tensione applicata.
L’Eq. 1.34 rappresenta un’onda stazionaria che risuona tra i due estremi
fissi. Fissato un punto x della corda e una armonica di ordine m risulta
un’oscillazione sinusoidale Se la funzione seno si annulla, lo spostamento
della corda sar`a nullo in ogni istante e avremo un nodo. Se la funzione seno
`e unitaria avremo il massimo spostamento trasversale, corrispondente a un
ventre. Il numero dei nodi aumenta con l’ordine m delle armoniche. Detto
in altri termini, i periodi spaziali λm delle varie armoniche sono legati alla
lunghezza della corda L dalla relazione:
L=m
λm
2
(1.43)
` risonante : le vibrazioni permesse devono esCi`o vale per ogni cavita
sere tali che le dimensioni della cavit`a siano un multiplo intero della semilunghezza d’onda.
2
sin(a ± b) = sin a cos b ± sin b cos a
19
1.5
Parentesi musicale
La trattazione che abbiamo fatto ha applicazioni nel campo affascinante della
musica e degli strumenti musicali.
Per coloro interessati all’aspetto musicale della matematica e fisica finora
esposta consigliamo la lettura del testo di Dave Benson [1], acquistabile o
scaricabile via web in formato PDF. Ci limitiamo ad accennare alcuni fatti
salienti.
La divisione del segnale acustico in armoniche `e particolarmente vantaggioso perch´e anche l’orecchio umano si comporta come un oscillatore lineare,
in realt`a smorzato, fino a che l’intensit`a del segnale ricevuto non `e troppo
intensa. L’orecchio `e in grado quindi di discriminare lo spettro in frequenza
dei segnali acustici, per questo motivo l’analisi di Fourier `e estremamente
importante in acustica (come vedremo, anche in ottica.)
In uno strumento a corda o a fiato convenzionale i suoni hanno uno spettro
contenente multipli della frequenza fondamentale ν, analogamente a quanto
abbiamo visto nelle sezioni precedenti. Questo non accade per gli strumenti
a percussione, nei quali si pone in vibrazione non un mezzo unidimensionale
(corda tesa, colonna di aria), ma una superficie bidimensionale (membrana.)
La nostra scala musicale si basa su 12 note che dividono un’ottava. Non
c’`e nessun motivo se non storico-culturale per questa scelta. L’unico fatto
comune a tutte le culture `e che due suoni distanti un’ottava (cio`e a frequenza
doppia l’uno rispetto all’altro: ad esempio due la, uno a 440 Hz e uno a
220 Hz) sono consonanti, mentre due note distanti in frequenza leggermente
di pi`
u o leggermente di meno sono dissonanti. Consideriamo due suoni la
cui frequenza fondamentale sia v e 2v rispettivamente. La frequenza delle
armoniche per i due suoni sar`a:
ν, 2ν, 3ν, 4ν, 5ν, 6ν . . .
2ν,
4ν,
6ν . . .
Ogni armonica della seconda nota ha la stessa frequenza di un’armonica della
prima e i due suoni vengono percepiti come una stessa nota a due altezze
diverse: unisono.
Supponiamo di suonare due la, uno a 445 Hz e un’altro a 220 Hz. Per
questi suoni avremo, rispettivamente, armoniche a:
445 Hz
890 Hz
1335 Hz 1780 Hz
220 Hz 440 Hz 660 Hz 880 Hz 1100 Hz 1320 Hz
Questo discordanza del contenuto spettrale, in corrispondenza di armoniche
quasi coincidenti, viene percepito come una dissonanza, almeno fino a che le
20
frequenze fondamentali dei due suoni non si allontanano abbastanza. L’argomento
diventa molto complesso se ci si vuole spingere oltre alla discussione del salto
di ottava.
Limitiamoci a un cenno sull’intervallo di quinta perfetta (per esempio
do-sol): supponiamo di avere due suoni le cui frequenze fondamentali siano
nel rapporto 3:2. Allora questa volta avremo gli armonici:
ν,
3
ν,
2
2ν, 3ν, 4ν,
3ν,
9
ν,
2
5ν, 6ν . . .
6ν . . .
I due suoni hanno un buon numero di armoniche coincidenti. Questa `e una
giustificazione della particolare consonanza dell’intervallo tonica-dominante.
Altri rapporti interessanti sono: 4:3 (quarta perfetta), 5:4 (terza maggiore),
5:6 (sesta maggiore.) Il rapporto 4:5:6 dell’accordo maggiore (per esempio
do-mi-sol) `e fondamentale per la musica occidentale. In realt`a nelle scale
moderne questi rapporti non sono esattamente osservati, lasciando differenze
appena percettibili tra le varie scelte. La scala ben temperata, ad esempio,
divide l’intervallo di ottava in 12 semitoni che stanno nello stesso rapporto R,
cio`e in modo che R12 = 2. Dunque R = 1.059. Cos`ı le frequenze dell’accordo
di tonica maggiore stanno tra loro come 4:5.040:5.992 anzich´e 4:5:6. Per
ulteriori approfondimenti si rimanda ai testi in bibliografia[1, 2]
21
Chapter 2
Le Equazioni
dell’Elettromagnetismo e
l’Equazione delle Onde
Elettromagnetiche
Introduzione
Questo capitolo `e una breve introduzione (un breve ripasso) delle leggi che
governano le interazioni tra corpi carichi elettricamente, dal punto di vista
classico.1
Non possiamo qui soffermarci sulla teoria dell’Elettromagnetismo nella
materia. Per questo rimandiamo a testi ottimi come quello di Jackson[3],
di Panofsky-Phillips[4], di Bobbio-Gatti[5]. Il nostro fine in questa sezione `e
di riassumere i risultati principali, per poi derivare la Equazione d’onda di
D’Alembert per il campo elettromagnetico.
1
Ci sono due significati che vengono alternativamente usati quando si parla un approccio ”classico” in fisica. Il primo significato `e quello di “non-quantistico.” Questo `e
quello che intendiamo quando parliamo di Elettromagnetismo Classico. L’altro significato
di “classico” `e quello di “non-relativistico.” In questo senso, si parla, ad esempio, di Meccanica Quantistica Classica, quando si tratta la fisica atomica, considerando fenomeni in
cui le velocit`
a medie delle particelle sono piccole rispetto a quelle della luce. Nella nostra
trattazione il campo `e sempre definito dalle Equazioni di Maxwell, anche se introdurremo
talvolta il concetto di fotone: supporremo cio`e che l’energia del campo sia un multiplo
intero di un unit`
a fondamentale, l’energia del fotone. Questa ipotesi aggiuntiva `e molto
semplice, ben lontana a una trattazione quantistica dell’Elettrodinamica. Le Equazioni
di Maxwell sono non-quantistiche ma sono in accordo con la Teoria della Relativit`a. La
meccanica newtoniana viene invece modificata sia dalla Teoria della Relativit`a che dalla
Meccanica Quantistica: `e classica in ambedue i sensi.
22
Le applicazioni che ci interessano e per cui studiamo le basi fisiche riguardano
l’ottica e l’elettronica e prevalentemente dispositivi realizzati con materiali
nella fase solida. Per questo motivo, quando studiamo le onde elettromagnetiche nella materia, a meno che non sia specificato altrimenti, supponiamo
che si tratti di un solido (poli)cristallino, un isolante, un semiconduttore, un
semi-metallo o un metallo.
2.1
Equazioni di Maxwell (nel vuoto)
Scriviamo innanzitutto le equazioni dei campi elettrico E e magnetico B
(Equazioni di Maxwell):
%
ε0
∇·B=0
∂B
∇×E=−
∂t
∂E
∇ × B = µ 0 J + ε0
∂t
∇·E=
(2.1)
(2.2)
(2.3)
(2.4)
` di carica per unita
` di volume e J `e la densita
`
Dove % `e la densita
` di superficie. % e J si dicono sorgenti del
di corrente per unita
` elettrica del vuoto) e µ0
campo elettromagnetico. ε0 (permittivita
`
(permeabilita magnetica del vuoto) sono costanti che dipendono dal
sistema di unit`a di misura scelto. Dalle Eq. 2.3 e 2.4 si osserva che, nel caso
non stazionario, le variazioni dei campi costituiscono esse stesse delle sorgenti
e questo, come vedremo, `e l’origine della propagazione elettromagnetica.
Prendendo la divergenza ad ambo i membri della Eq. 2.4 e utilizzando
l’Eq. 2.1 (Legge di Gauss), si ottiene l’Equazione di Continuit`a:
∇·J=−
∂%
∂t
(2.5)
che esprime sostanzialmente la conservazione della carica elettrica.
Se J = 0 il campo `e detto statico, se sono presenti correnti, ma:
∇·J=0
(2.6)
si dice che il campo `e stazionario.
Naturalmente le correnti e le cariche sono presenti nella materia e, per usare le Eq. 2.1-2.4, dobbiamo utilizzare un modello per i materiali che vogliamo
studiare. Affronteremo questo problema in seguito.
23
Le Equazioni di Maxwell nel vuoto si ottengono ponendo % = 0 e J = 0
nelle Eq. 2.1-2.4:
∇·E=0
∇·B=0
∂B
∇×E=−
∂t
∂E
∇ × B = µ 0 ε0
∂t
(2.7)
(2.8)
(2.9)
(2.10)
Scriviamo, per completezza, anche la formulazione integrale corrispondente. Per passare da una formulazione all’altra si utilizzano i teoremi illustrati nella Sec. 0.1.
Q
ε0
ΦΣ (B) = 0
I
dΦΣ (B)
E · dl = −
dt
γ
I
dΦΣ (E)
E · dl = µ0 I + ε0
dt
γ
ΦΣ (E) =
(2.11)
(2.12)
(2.13)
(2.14)
Per Φ si intende il flusso attraverso la superficie Σ. Nelle prime due equazioni
(2.11, 2.12), Σ `e chiusa e orientata (con il verso della normale esterno alla
superfice stessa), Q `e la carica interna a Σ. Nelle Eq. 2.13,2.14, per γ si
intende il bordo di Σ; il verso di percorrenza di γ `e legato alla orientazione di
Σ dalla ”regola della vite” (vedi: Sec. 0.1). I `e la carica per unit`a di tempo
che attraversa Σ (corrente concatenata).
L’Eq. 2.5 `e facilmente interpretabile nella sua forma integrale:
ZZ
dQV
(2.15)
J · n dΣ = −
dt
∂V
QV rappresenta la carica contenuta in un volume arbitrario V . L’Eq. 2.15
esprime il fatto che la carica che abbandona il volume, per unit`a di tempo,
`e uguale al flusso di J attraverso la superficie ∂V che delimita V , cio`e alla
corrente che attraversa la superficie. Se in una rete elettrica la carica non si
accumula in alcun punto (come invece succede in presenza di condensatori),
si dice che le correnti sono stazionarie, e quindi vale sempre l’Eq. 2.6.
Una carica elettrica q (non appartenente al sistema di cariche e correnti
che genera il campo), che entra nella regione di spazio in cui `e presente il
24
campo elettromagnetico, subisce una forza:
F = qE + qv × B
(2.16)
dove v `e la velocit`a della carica q in ogni istante. Il primo termine della
Eq. 2.16 si dice Forza di Coulomb e il secondo Forza di Lorentz.
L’interazione elettrica `e cos`ı descritta, classicamente: in termini di campo
(elettromagnetico) generato da cariche elettriche e agente su altre cariche.
Le costanti ε0 ( permittivit`a elettrica, o costante dielettrica del vuoto) e
µ0 ( permeabilit`a magnetica del vuoto), nella Eq 2.4, dipendono dal sistema
di misura adottato e, in particolare, dall’unit`a fondamentale scelta per descrivere l’interazione elettrica. La costante dielettrica ε0 compare nella Legge
di Coulomb, valida in elettrostatica:
F =
1 q 1 q2
4πε0 r2
(2.17)
`e il modulo della forza che si esercita tra due cariche q1 e q2 , inversamente
proporzionale al quadrato della distanza. Consideriamo ora due fili rettilinei,
paralleli e infiniti, percorsi da corrente (l’approssimazione di filo infinito `e
tanto migliore quanto pi`
u la distanza d tra i fili `e minore della loro lunghezza.)
La forza per unit`a di lunghezza che si esercita tra i fili percorsi da due correnti
costanti, I1 e I2 , `e data, sperimentalmente, dalla relazione:
µ0 I1 I2
dF
=
dl
2πd
(2.18)
Qualsiasi sia il sistema di misura adottato per le quantit`a elettriche e magnetiche, nelle Eq. 2.17 ed Eq. 2.18, vale:
µ 0 ε0 =
1
c2
c = 299 792 458 m/s
(2.19)
La costante c (dal latino “celeritas”) indica la velocit`a della luce nel vuoto.
Vedremo in questo capitolo e nel successivo che, dalle 2.1-2.4, si pu`o derivare
l’esistenza di onde elettromagnetiche , la cui velocit`a di propagazione
nel vuoto `e c. Quindi, le Equazioni di Maxwell contengono una costante
assoluta, indipendente dal sistema di misura. Il particolare sistema
di misura che adotteremo in questa trattazione `e il Sistema Internazionale
(SI) le cui unit`a fondamentali sono: il metro (lunghezza), il chilogrammo
(massa), il secondo (tempo) e l’ampere (corrente.) L’ampere (A) `e dunque
l’unit`a di misura fondamentale dell’Elettromagnetismo e si definisce nel modo
seguente. Si stabilisce, che se i due fili, paralleli, (idealmente) infiniti, sono
distanti d = 1 m e percorsi da I1 = I2 = 1A allora essi si attirano o respingono
25
( a seconda che le correnti siano concordi o discordi, rispettivamente) con una
forza per unit`a di lunghezza dF/dl = 2π10−7 N/m, il che impone un valore
per la permeabilit`a magnetica del vuoto:
µ0 = 4π10−7 NA−2 = 4π × 10−7 Hm−1
(2.20)
(con H si indica l’unit`a derivata con cui si misura l’induttanza: Henry). Con
Con questa scelta la carica `e una grandezza derivata dalla corrente. L’unit`a
di carica, il Coulomb (C), `e definito da: 1 C = 1 A / 1 s, e, per l’Eq 2.19:
ε0 = 8.854 187 817 10−12 Fm−1
(2.21)
(con F si indica l’unit`a derivata di misura della capacit`a elettrica: Farad).
Nel Sistema di Gauss, altro sistema di misura spesso utilizzato (ad
esempio nel testo di Ottica di Born e Wolf [6]), si pone:
1
=1
4πε0
(2.22)
` elettrostatica o statvolt) `e derivata
per cui l’unit`a di carica (unita
dalle grandezze fondamentali della meccanica. La legge di Coulomb diventa:
q1 q2
(2.23)
F = 2
r
e la forza di interazione tra due fili rettilinei, indefiniti, percorsi da corrente,
cambia di conseguenza:
dF
2 I1 I2
= 2
(2.24)
dl
c d
Scriviamo, per completezza, (non torneremo sull’argomento in seguito) le
equazioni fondamentali dell’Elettromagnetismo nel Sistema di Gauss.
∇ · E = 4π%
(2.25)
∇·B=0
(2.26)
1 ∂B
(2.27)
∇×E=−
c ∂t
4π
1 ∂E
∇×B=
J+
(2.28)
c
c ∂t
q
F = qE + v × B
(2.29)
c
Il confronto tra l’Eq. 2.23 e l’Eq. 2.24 rende pi`
u chiara la differenza di ordine
di grandezza tra gli effetti elettrici e quelli magnetici. Infatti l’intensit`a di
corrente per unit`a di sezione A del filo conduttore `e data da:
J = I/A = nevd
26
(2.30)
dove e = 1.602 176 487 × 10−19 C `e la carica elettronica elementare, n `e il
numero di portatori di carica (elettroni) per unit`a di volume nel conduttore
` di deriva dei portatori. Il rapporto tra le
(metallico) e vd `e la velocita
intensit`a delle due forze (per una singola particella carica) `e dell’ordine di
vd2 /c2 . La velocit`a di deriva `e molto piccola: vd ∼ 1 mm/s. L’interazione
magnetica tra le correnti `e misurabile solo per via del fatto che il numero di
portatori di carica in un metallo `e enorme: n ∼ 1022 −1023 / cm3 . Il fatto che
l’“interazione magnetica” dipenda dal rapporto tra la velocit`a delle cariche
e la velocit`a della luce `e un indicazione chiara che il campo magnetico `e
un effetto relativistico della interazione elettrica. Supponiamo infatti che un
osservatore si muova con la stessa velocit`a di deriva vd delle cariche. Egli misurer`a comunque una forza di attrazione tra i due fili, anche se non osserver`a
alcuna corrente nel suo Sistema di Coordinate (SC). Dunque attribuir`a
l’attrazione ad un campo elettrico E. Questa conclusione `e in accordo con
il Principio di Relativit`a (ristretto al caso di osservatori inerziali, in moto
rettilineo uniforme uno rispetto all’altro): Nessun esperimento pu`o misurare
la velocit`a assoluta di un SC inerziale; qualsiasi esperimento eseguito in un
SC non dipende dalla sua velocit`a relativa ad altri SC inerziali non coinvolti
nell’esperimento stesso[8]. Dunque, campo elettrico e magnetico non sono
due grandezze separate ma un’unica grandezza (campo elettromagnetico).
In questo ultimo esempio particolare l’effetto della interazione elettrica si
manifesta come campo B in un SC ed `e sperimentato come campo E nel
SC solidale con i portatori di carica (per un approfondimento vedi il testo di
Feynman [7] cap. 13)
2.2
Equazioni di Maxwell nella materia
In gran parte delle applicazione tecnologiche, quello che interessa `e il comportamento della radiazione nei materiali, in generale, quello che viene spesso
indicato con il termine interazione radiazione-materia, termine che
indica i fenomeni di trasmissione, riflessione, propagazione della radiazione
nei materiali stessi. Per trattare le leggi dell’Elettromagnetismo nella materia occorre introdurre due campi aggiuntivi: il campo di spostamento
elettrico o di induzione elettrica D e il campo magnetico H.
27
∇ · D = %l
∇·B=0
∂B
∇×E=−
∂t
∂D
∇×H=J+
∂t
(2.31)
(2.32)
(2.33)
(2.34)
Esaminiamo ora il significato fisico delle Eq. 2.31-2.34. Consideriamo le quattro equazioni, una per una. %l `e la densit`a di carica libera per unit`a di
volume (C/m3 ). Le cariche libere sono elettroni di conduzione in un metallo,
elettroni in banda di conduzione e lacune in banda di valenza in un semiconduttore, ioni in un gas o in una soluzione elettrolitica, cio`e tutte le particelle
dotate di carica che si possono spostare indefinitamente all’interno di un materiale sotto l’azione del campo. Le cariche legate sono le (particelle)
cariche che non possono lasciare il loro atomo o la loro molecola di appartenenza. La carica di un atomo o di una molecola pu`o in ogni caso cambiare
la sua configurazione in presenza di un campo esterno. Questo fenomeno,
che si osserva nei dielettrici o isolanti elettrici, `e detto polarizzazione elettrica e pu`o dar luogo a una densit`a di carica legata o di
polarizzazione per unit`a di volume non nulla %p .
Osserviamo subito che nelle equazioni dell’Elettromagnetismo classico nei
mezzi materiali le densit`a di carica e i campi sono macroscopici nel senso
che la densit`a di carica (o il campo) in un punto del materiale `e calcolata in un
intorno del punto stesso, infinitesimo rispetto all’osservatore, ma contenente
un numero molto grande di atomi. Ci`o `e possibile perch´e anche nei mezzi
meno densi, come i gas ideali, la densit`a di particelle `e almeno dell’ordine di
1019 /cm3 . Questo argomento va tenuto ben presente.
Per esempio: nei testi di introduttivi di Fisica Generale si considera nullo
il campo elettrico di un metallo all’equilibrio. In quel caso ovviamente si
intende il campo macroscopico. A livello atomico, il campo elettrico, responsabile del legame chimico che tiene insieme la materia, `e estremamente
intenso ed estremamente variabile su distanze interatomiche. A queste scale
tuttavia anche l’Elettromagnetismo classico perde la sua validit`a e per descrivere la realt`a fisica occorre la Fisica Quantistica.
Detto P(x, y, z, t) il vettore polarizzazione, cio`e il campo vettoriale che
` di volume in ogni
descrive il momento di dipolo medio per unita
punto dello spazio e in ogni istante, si pu`o dimostrare che:
%p = −∇ · P
28
(2.35)
Poich´e il Teorema di Gauss stabilisce che il campo E ha come sorgenti le
cariche (sia quelle “legate” o “inaccessibili” a una misura diretta, che quelle
libere):
%l + %p
(2.36)
∇·E=
ε0
allora, definendo il campo D nel modo seguente:
D = ε0 E + P
(2.37)
dalle Eq. 2.36 e 2.35 si ottiene infine l’Eq. 2.31
P rappresenta la “risposta” di un dielettrico al campo esterno in termini
di assorbimento e di dispersione, come vedremo in seguito. E rappresenta il
campo macrosocopico totale nel materiale. Il campo D `e un campo ausiliario il cui flusso attraverso una superficie chiusa qualsiasi dipende solo dalle
cariche libere:
ΦΣ (D) = Ql
Σ superficie orientata chiusa
(2.38)
La forma integrale dell’Eq. 2.35 `e invece:
ΦΣ (P) = −QP
Σ superficie orientata chiusa
(2.39)
L’Eq. 2.32 e l’Eq. 2.33 non cambiano passando dal vuoto a un mezzo
materiale.
La prima delle due indica che il campo (di induzione magnetica ) B `e
solenoidale cio`e che il suo flusso attraverso qualsiasi superficie chiusa `e
sempre nullo. Considerando la rappresentazione delle linee di campo di B,
esse risultano chiuse. Al contrario, le linee di campo elettrico nascono dalle
cariche positive e terminano nelle cariche negative. Confrontando l’Eq. 2.32
con la Legge di Gauss 2.1 per il campo elettrico, l’informazione pi`
u evidente `e
che non esistono “masse magnetiche,” analoghe alle cariche elettriche. Esistono dipoli magnetici che creano, a grande distanza, linee di campo analoghe
a quello dei dipoli elettrici, ma che non sono separabili. Ricordiamo che un
dipolo elettrico `e una distribuzione di carica complessivamente nulla, ma tale
che il centro delle cariche positive `e spostato rispetto al centro delle cariche
negative. Un dipolo magnetico `e invece una corrente elementare, che crea un
campo magnetico nello spazio circostante, ma dalla quale non possono essere
isolati i “monopoli” magnetici.
L’Eq. 2.33 `e la Legge di Faraday-Neumann che regola il fenomeno dell’induzione
elettromagnetica. Assieme alla Legge di Amp`ere-Maxwell (Eq. 2.4 e
Eq. 2.34) stabilisce che un campo magnetico (elettrico) variabile nel tempo
pu`o essere sorgente di un campo elettrico (magnetico). In pratica, le due
29
leggi accoppiano matematicamente i campi E e B in modo che una variazione dell’uno induca una variazione dell’altro campo. L’oscillazione locale
dei campi provoca la propagazione di energia e di quantit`a di moto detta
onda elettromagnetica.
Consideriamo il primo termine della Legge di Amp`ere -Maxwell. Il campo
J `e la densit`a di carica per unit`a di superficie. Ovviamente J `e non nullo nei
mezzi conduttori.
Se i campi sono debolmente variabili nel tempo, allora il campo B `e
completamente determinato dalle correnti di conduzione e vale la Legge di
di Amp`ere:
∇ × B = µ0 J
(2.40)
In presenza di materiali isolanti, potrebbero esserci correnti dovute alla variazione nel tempo della carica legata, cio`e a correnti di polarizzazione:
∂P
∂t
∇ × B = µ0 (J + JP )
JP = −
(2.41)
(2.42)
Per completezza, consideriamo la presenza di materiali magnetici, cio`e materiali in cui le correnti atomiche elementari (cosiddette correnti amperiane) sono altamente orientate e quindi danno un effetto collettivo macroscopico. Tale materiale `e caratterizzato da una magnetizzazione M,
che rappresenta il momento di dipolo magnetico per unit`a di volume, che
si misura in A/m ed `e infatti legata alla corrente di magnetizzazione
risultante all’interno del materiale:
JM = ∇ × M
∇ × B = µ0 (J + JP + JM )
(2.43)
(2.44)
Definendo il campo magnetico H come:
B = µ0 (H + M)
(2.45)
∇ × H = J + JP
(2.46)
la legge di Amp`ere diventa:
Questa equazione non `e ancora corretta. Infatti calcolando la divergenza di
ambo i membri, si vede che, essendo la divergenza di un rotore sempre nulla,
dovrebbe risultare che le correnti sono sempre stazionarie:
∇ · (J + JP ) = 0
30
Come `e noto, Maxwell aggiunse alla densit`a di corrente di carica, una densit`a di corrente di spostamento, dipendente solo dalla variazione del campo
elettrico:
∂E
J + JP + ε 0
(2.47)
∂t
In questo modo si ottiene l’Equazione di Amp`ere-Maxwell:
∇×H=J+
∂E
∂P
+ ε0
∂t
∂t
(2.48)
Si pu`o verificare facilmente che ambo i membri di questa equazione hanno
divergenza nulla. Inoltre, dalla definizione del campo di spostamento elettrico 2.37 si riconosce immediatamente che la Eq. 2.48 e la Eq. 2.34 sono
identiche.
2.3
Relazioni costitutive
Le equazioni 2.31-2.34 non possono in realt`a essere risolte fino a che i campi
ausiliari D e H e la densit`a di corrente J non vengono espressi mediante E
e B. Le informazioni necessarie a questo scopo si dicono relazioni costitutive o equazioni materiali. Nelle sostanze non ferroelettriche e
non ferromagnetiche, per campi abbastanza deboli le relazioni costitutive dei
campi ausiliari sono lineari:
X
Di =
εij Ej
(2.49)
j
Bi =
X
µij Hj
(2.50)
j
Noi considereremo sempre una risposta lineare del mezzo come nelle Eq. 2.49
e 2.50. Inoltre, ci limiteremo quasi sempre a mezzi isotropi, cio`e mezzi per i
quali le matrici εij e µij sono diagonali e hanno tutti gli elementi uguali.
εij = εδij
µij = µδij
(2.51)
(2.52)
Infine, non considereremo effetti magnetici. Quindi varr`a sempre:
µ = µ0
⇒ B = µ0 H
(2.53)
Le relazioni costitutive per un mezzo dielettrico lineare, isotropo e omogeneo, cio`e tale che le sue propriet`a fisiche siano le stesse in ogni punto,
31
sono:
P = ε0 χE
con :
εr = 1 + χ
ε
con :
εr =
ε0
D = εE = ε0 εr E
(2.54)
(2.55)
` elettrica del mezzo), εr `e la (permittivita
`
χ `e la (suscettivita
elettrica relativa del mezzo.)
In realt`a queste relazioni sono valide in regime di bassa frequenza: non
possiamo cio`e ignorare il fatto che la polarizzazione elettrica varia anche
notevolmente con la frequenza di oscillazione dei campi. Le Eq. 2.54 e 2.55
saranno valide, nella maggior parte dei casi, solamente per le trasformate
di Fourier dei campi rispetto al tempo.
Discuteremo questo punto, in modo approfondito, nel prossimo capitolo.
Per ora, nello scrivere le Eq. 2.54 e 2.55, supponiamo implicitamente di essere
in un regime di bassa frequenza di oscillazione dei campi, in cui le
grandezze εr e χ non dipendono dalla frequenza stessa.
Sono valide analoghe considerazioni per la conduzione elettrica. In generale si potr`a scrivere una relazione lineare tra J ed E, che in un cristallo
solido avr`a la forma:
X
Ji =
σij Ej
(2.56)
j
σij `e la conducibilit`a elettrica del materiale. Se il mezzo `e isotropo, abbiamo
la Legge di Ohm, nella forma:
J = σE
(2.57)
La “forma integrale,” della Legge di Ohm, quella valida per un filo percorso
da corrente, si ricava facilmente dalla Eq. 2.57. Supponiamo che un cavo
conduttore sia percorso da una corrente stazionaria. A regime J sar`a diretta
lungo l’asse del cavo, visto come un cilindro di lunghezza L e area della
sezione trasversale A. Data la condizione di stazionariet`a 2.6, il flusso di J
attraverso la superficie del filo `e complessivamente nullo e quindi la corrente
entrante la sezione Σ1 sar`a la stessa uscente la sezione Σ2 . La differenza di
potenziale ai capi del filo sar`a data da:
Z P2
Z P2
Z P2
J
J
· dl =
dl
(2.58)
∆V =
E · dl =
P1 σ
P1
P1 σ
Per stazionariet`a della corrente JA = I: la sezione A del filo e la densit`a
di corrente J possono variare, ma non il loro prodotto I, che `e l’intensit`a di
corrente:
Z P2
dl
∆V = I
= IR
(2.59)
P1 σA
32
Figure 2.1: Calcolo della forma integrale della Legge di Ohm, per una geometria cilindrica del conduttore.
R `e la resistenza del conduttore e si misura in Volt/Amp`ere (Ohm). Essa
`e legata alla geometria del materiale e alle propriet`a fisiche dello stesso, che
sono determinate dalla conducibilit`a elettrica σ oppure, equivalentemente,
` % = 1/σ. Una prima classificazione dei solidi, in base alle
dalla resistivita
loro propriet`a di trasporto elettrico, si pu`o stabilire in base al parametro %[9].
Limitandoci a solidi, nella maggior parte dei casi monocristallini, possiamo
stilare la seguente lista.
Metalli La resistivit`a metallica `e tipicamente nell’intervallo 10−4 −10−6 Ωcm
Isolanti Hanno una resistivit`a maggiore di 1010 Ω cm. Materiali isolanti
come zaffiro, Teflon PTFE possono superare 1018 Ω cm
Semiconduttori e semimetalli Alcuni solidi di resistivit`a nell’intervallo
10−4 − 1010 Ω cm sono classificati come semiconduttori, altri come
semimetalli (ad esempio: la grafite). Senza addentrarci in particolari
che esamineremo in seguito possiamo anticipare che la differenza sta nel
fatto che i semiconduttori possiedono un bandgap (banda proibita)
e i semimetalli no.
Occorre anche osservare che la classificazione non `e veramente cos`ı netta.
Semiconduttori con un alto grado di impurezza presentano una conduzione
metallica, mentre semiconduttori puri a temperatura abbastanza bassa sono
di fatto isolanti. Inoltre alcuni materiali usati come sensori di radiazione
come il carburo di silicio (SiC), il diamante, pur avendo una conducibilit`a
estremamente bassa, sono a volte classificati come “semiconduttori ad alto
bandgap” perch´e il loro utilizzo tecnologico e i meccanismi fisici coinvolti
33
sono del tutto analoghi a quelli dei semiconduttori tradizionali, come Silicio
e Germanio.
La conducibilit`a (o resistivit`a) elettrica `e uno dei parametri in natura che
ha il maggior campo di variazione: 25 ordini di grandezza. Questo dipende
dalla grande variabilit`a dei tipi di legame chimico che si trovano in natura
e, in particolare, dall’enorme variabilit`a del numero dei portatori di carica
libera per unit`a di volume che possono costituirsi nella materia.
2.4
Condizioni di continuit`
a dei campi
Finora abbiamo considerato distribuzioni di carica continue. Questa `e la visione classica della materia: quella di un mezzo continuo. La nozione stessa
di carica puntiforme, priva di qualunque struttura interna, pone non pochi
problemi che noi non affronteremo. Tuttavia occorre considerare delle singolarit`a quando ci si trova alla superficie di separazione tra due mezzi. In
questo caso, nel passaggio da un materiale 1 a un materiale 2 si possono
avere variazioni su scala atomica della densit`a di carica e conseguentemente
dei campi. Classicamente, noi consideriamo sempre la regione di separazione
tra due regioni come una superficie bi-dimensionale e consideriamo chei cambiamenti su scala atomica avvengano entro una distanza praticamente nulla.
Ne conseguono condizioni di continuit`
a o discontinuit`
a dei campi stessi
nell’attraversamento della superficie. Discutiamo prima di tutto le condizioni
di continuit`a/discontinuit`a del campo elettrico macroscopico. Consideriamo
la legge di Faraday-Neumann 2.3, nella sua forma integrale:
I
dΦΣ (B)
(2.60)
E · dl = −
dt
∂Σ
Consideriamo ora una superficie nell’intorno di un punto P (vedi Fig. 2.2.)
Se l’intorno `e abbastanza piccolo possiamo considerare la superficie piana.
Poniamo che vi sia un cammino chiuso C rettangolare, trasversale alla superficie, in modo che i due lati (di lunghezza L), paralleli alla superficie,
giacciano in due semispazi diversi. Supponiamo che L sia abbastanza piccolo
da poter considerare il campo costante lungo i lati. Avremo:
E2 · dl − E1 · dl + C(h) = (E2t − E1t )L + C(h) = −
dΦ(B)
dt
E2t ed E1t sono componenti del campo lungo i lati del cammino di lunghezza
L, quindi tangenti alla superficie, nel mezzo 2 e nel mezzo 1, rispettivamente.
C(h) `e il contributo lungo i lati del cammino perpendicolari alla superficie.
34
Figure 2.2: Continuit`a della componente tangenziale del campo elettrico
Al limite per h → 0, tale contributo si annulla. Parimenti si annulla il flusso
del campo magnetico attraverso la superficie che appoggia su C, la cui area
tende a zero. In conclusione, per l’arbitrariet`a del cammino C, possiamo dire
che la componente tangenziale del campo elettrico macroscopico `e continua
attraverso qualsiasi superficie di separazione tra due regioni dello spazio.
Lasciamo al lettore la facile dimostrazione che la componente tangente del
campo B `e discontinua se sulla superficie di separazione esiste una densit`a
di corrente amperiana per unit`
a di lunghezza j:
B2t − B1t =
µ0 j
2
La continuit`a della componente tangenziale del campo E `e particolarmente importante in ottica, perch´e permette di determinare le leggi di riflessione e rifrazione attraverso una superficie di separazione tra due mezzi
Consideriamo ora la legge di Gauss 2.1, nella forma integrale:
ZZ
Ql + QP
E · dΣ =
(2.61)
ε0
Σ
Considerando ancora l’intorno di un punto P, di una superficie di separazione
tra un mezzo 1 e un mezzo 2, calcoliamo il flusso del campo attraverso un
cilindretto le cui basi Σ1 e Σ2 (di area A) giacciano in due semispazi differenti
(vedi Fig. 2.3.) Allora:
E2 · n A − E1 · n A + Φ(h) =
Ql + QP
ε0
dove questa volta E2 · n = E2n ed E1 · n = E1n sono le componenti normali
alla superficie nei due semispazi, nell’intorno del punto considerato. Al limite
35
Figure 2.3: Volume nell’intorno di un punto, considerato per determinare le
condizioni di discontinuit`a della componente normale del campo elettrico
per h → 0, il contributo al flusso della superficie laterale Φ(h) → 0. Quindi:
E2 · n − E1 · n = lim
h→0
Ql + QP
Aε0
Matematicamente, la carica contenuta nel cilindro dovrebbe tendere a zero
al tendere del volume a zero. Tuttavia, una distribuzione di carica non nulla
pu`o essere fisicamente presente in pochi strati atomici dalla superficie, cio`e
in uno spessore nullo dal punto di vista macroscopico. In questo caso, il
passaggio al limite perde di significato. Per risolvere questa questione occorre
introdurre una singolarit`a: una densit`a di carica per unit`a di superficie σ (da
non confondersi con la conducibilit`a elettrica). L’esistenza di σ implica una
densit`a di carica per unit`a di volume infinita e, dal punto di vista macroscopico, in effetti, uno spessore di pochi strati atomici pu`o essere considerato una
superficie bidimensionale. L’introduzione di questa singolarit`a matematica
comporta che il campo normale `e discontinuo nell’attraversare una superficie
di separazione elettricamente carica:
E2 · n − E1 · n = E2n − E1n =
σl + σP
ε0
(2.62)
L’Eq. 2.62 `e detta Teorema di Coulomb. Tenendo conto della Eq. 2.38, ci
rendiamo subito conto che il Teorema di Coulomb per il campo di D si
esprime:
D2 · n − D1 · n = D2n − D1n = σl
(2.63)
36
Cio`e la componente normale del campo D dipende solo dalla presenza di cariche libere sulla superficie di separazione. Consideriamo
infine il Teorema di Coulomb per la polarizzazione P.Tenendo conto della
Eq. 2.39, otteniamo:
P2 · n − P1 · n = P2n − P1n = −σP
(2.64)
Una applicazione banale, ma importante di queste relazioni `e quella di un
condensatore in cui si inserisce un dielettrico.
Consideriamo ad esempio il problema in Fig. 2.4: un condensatore a facce
piane e parallele di area A e distanza d tra le armature, in cui sono inseriti
due dielettrici di permettivit`a relativa εr = ε1 e εr = ε2 rispettivamente.
Trascurando gli effetti ai bordi supponiamo che i campi siano uniformi e
Figure 2.4: Applicazioni delle condizioni di discontinuit`a del campo elettrico:
un condensatore con due dielettrici inseriti tra le armature.
diretti normalmente alle armature, (lungo x in figura.) Dal momento che
il campo D `e normale alle superfici di separazione, esso dipende solo dalla
densit`a di carica libera σl che `e presente solo sulle armature. Di conseguenza,
il campo D `e continuo in tutta la zona tra le armature, e il suo valore `e:
D = σl =
Q
A
Si pu`o avere controllo sulle cariche libere, tramite un generatore che carica
ciascuna delle armature con una carica ±Q = ±σl A. Il campo elettrico `e
37
discontinuo attraverso la superficie di separazione tra i due dielettrici (x =
d − h), dove `e presente una densit`a di carica di polarizzazione:
ε1 E1 = ε2 E2
Dalla differenza di potenziale ∆V imposta dal generatore ai capi del condensatore, otteniamo:
∆V = E1 (d − h) + E2 h
Dalle ultime due relazioni possiamo determinare i campi:
ε2 ∆V
ε2 h + ε1 (d − h)
ε1 ∆V
E2 =
ε2 h + ε1 (d − h)
E1 =
La densit`a di carica di polarizzazione si trova considerando l’Eq. 2.64 e la
relazione costitutiva 2.54:
σp = P1 − P2 = ε0 χ1 E1 − ε0 χ2 E2 =
(ε1 − ε2 )∆V
ε2 h + ε1 (d − h)
La capacit`a C si determina dal rapporto tra la carica libera Q sulle armature
e la d.d.p. ∆V :
∆V
E1 (d − h) E2 h
d−h
E2 h
1
=
=
+
=
+
C
Q
DA
DA
ε0 ε1 A ε0 ε1 A
Cio`e la capacit`a del condensatore `e uguale a quella di due condensatori in
serie, con i dielettrici corrispondenti tra le armature. L’effetto della polarizzazione `e quello di diminuire il campo elettrico e la d.d.p. a parit`a di cariche
vere sulle armature e quindi di aumentare la capacit`a di un fattore εr .
Infine, osserviamo che,dato che il campo magnetico B `e solenoidale (cio`e
vale sempre l’Eq.2.2, allora la componente normale di B `e sempre continua
(non vale lo stesso per il campo H, in un mezzo materiale che presenta attivit`a
magnetica.)
2.5
Equazione d’onda di D’Alembert nel vuoto
Consideriamo le Equazioni di Maxwell nel vuoto: Eq. 2.7-2.10
Calcoliamo il rotore di ambo i membri della Eq. 2.9, utilizzando la Eq. 2.7
∂
∂B
2
= − (∇ × E)
∇ × (∇ × E) = −∇ E − ∇ (∇ · E) = ∇ × −
∂t
∂t
38
Sostituendo la Eq. 2.4:
∂
−∇ E = −
∂t
2
1 ∂E
c2 ∂t
Da cui, otteniamo l’Equazione d’onda di D’Alembert per il campo elettrico:
∇2 E −
1 ∂ 2E
=0
c2 ∂t2
(2.65)
` facile verificare che calcolando il rotore di ambo i membri della Eq. 2.10 e
E
utilizzando la Eq. 2.8 e la Eq. 2.9 si ottiene la stessa equazione d’onda per il
campo magnetico:
1 ∂ 2B
(2.66)
∇2 B − 2 2 = 0
c ∂t
2.6
Soluzione di onda piana
In pratica si fa spesso uso dell’approssimazione di onda piana, cio`e si
` una
suppone che i campi dipendono solo da una coordinata spaziale, ζ. E
approssimazione locale, non esistono campi che riempiono tutto lo spazio.
Possiamo per`o dire che un fronte d’onda qualsiasi pu`o essere spesso approssimato con un fronte d’onda piano (cos`ı come una superficie geometrica pu`o
essere confusa con il suo piano tangente nell’intorno di un punto.) Si pu`o
dire comunque che, pur trattandosi di una grossolana semplificazione della
realt`a fisica, serve molto bene a studiare concetti di ottica, senza perdere
` questo il caso della riflessione e rifrazione,
in generalit`a e profondit`a. E
dell’assorbimento della radiazione, dei fenomeni di interferenza e diffrazione,
della propagazione in guide d’onda, e perfino, entro certi limiti, di teorie pi`
u
complesse, come quella dei laser, in approssimazione semiclassica.
2.6.1
Le onde elettromagnetiche sono onde trasversali
Supponiamo allora che il campo vari spazialmente in funzione della sola coordinata ζ. La direzione e il verso di ζ, rispetto a un SC Oxyz, siano individuate
da un versore n = nx i + ny j + nz k. Allora un punto dello spazio, individuato
dal vettore posizione r = xi + yj + zk, corrisponder`a a:
ζ =n·r
39
Figure 2.5: Superficie equifase di un’onda piana, la cui direzione di
propagazione `e individuata dal versore n.
In tutti i punti dello spazio tali che n · r = costante i campi hanno, in
ogni istante, lo stesso valore. Questo ci dice che i fronti d’onda sono piani e
che il versore n individua la direzione di propagazione dell’onda piana.
Matematicamente, gli operatori sulle coordinate spaziali cambiano nel
40
modo seguente:
∂ ∂ζ
∂ ∂ζ
∂ ∂ζ
i+
j+
k
∂ζ ∂x
∂ζ ∂y
∂ζ ∂k
∂
∂
∂
⇒∇=
nx i + ny j + nz k
∂ζ
∂ζ
∂ζ
∂
⇒∇=n
∂ζ
∂2
∇2 = ∇ · ∇ = 2
∂ζ
∇=
(2.67)
L’operatore gradiente si trasforma in una semplice derivata parziale rispetto
a ζ.
Le prime due Equazioni di Maxwell nel vuoto (2.7,2.8) diventano allora:
∂E
(z, t) · n = 0
∂ζ
∂B
(z, t) · n = 0
∂ζ
(2.68)
(2.69)
Pertanto, la componente dei campi lungo la direzione di propagazione `e uniforme nello spazio. Le equazioni di Faraday e di Amp`ere-Maxell risultano
invece:
∂E
∂B
(z, t) = −
∂ζ
∂t
∂B
1 ∂E
n×
(z, t) = − 2
∂ζ
c ∂t
n×
(2.70)
(2.71)
Moltiplicando scalarmente le Eq. 2.70 e 2.71 per n si ottiene:
∂B
=0
∂t
∂E
n·
=0
∂t
n·
(2.72)
(2.73)
Quindi le componenti dei campi lungo n sono anche costanti nel tempo.
Dunque la componente dei campi lungo la direzione di propagazione pu`o essere solo statica. I campi che si propagano costituiscono un’onda trasversale.
Le equazioni d’onda di D’Alembert per un’onda piana diventano:
∂ 2E
1 ∂ 2E
−
=0
∂ζ 2
c2 ∂t2
41
(2.74)
∂ 2B
1 ∂ 2B
−
=0
(2.75)
∂ζ 2
c2 ∂t2
Sappiamo che queste equazioni sono soddisfatte da onde che si propagano
lungo ζ (progressivamente e/o regressivamente) con velocit`a c. Quindi, una
qualsiasi componente di E o B avr`a la forma:
E = f (ζ − ct) + g(ζ + ct)
2.6.2
(2.76)
Il campi di radiazione elettrico e magnetico sono
ortogonali tra loro
Consideriamo ora l’orientazione relativa di E e B. Per semplicit`a e senza
perdere in generalit`a scegliamo gli assi di riferimento in modo che la direzione
di propagazione ζ coincida con l’asse z. Allora i campi che si propagano
(campi di radiazione), avranno componenti solo nel piano xy.
Consideriamo un’onda progressiva:
E = Ex (z − ct)i + Ey (z − ct)j
B = Bx (z − ct)i + By (z − ct)j
(2.77)
(2.78)
Allora l’Eq. 2.3 diventa:
∂Bx
∂Ey
=
∂z
∂t
∂Ex
∂By
=−
∂z
∂t
E, con facili calcoli:
Ey0 = −cBx0
Ey
+ costante
c
Ex0 = cBy0
Ex
By =
+ costante
c
Bx = −
Poniamo le costanti uguali a zero perch´e le componenti statiche del campo
non intervengono nei fenomeni che vogliamo studiare:
Ey
c
Ex
By =
c
Bx = −
42
(2.79)
(2.80)
Dunque i campi di propagazione sono ortogonali e i loro moduli stanno nel
rapporto:
q
1
1q 2
Ex + Ey2
(2.81)
| B |= Bx2 + By2 = | E |=
c
c
2.7
Analisi di Fourier e notazione complessa
dei campi
Apriamo una parentesi matematica, per trattare una rappresentazione dei
segnali molto usata sia in ottica che nell’analisi circuitale: la rappresentazione
complessa. Essa si basa sul fatto che qualsiasi segnale V (t) (ad esempio una
componente del campo elettrico o magnetico), dipendente da un parametro
t (ad esempio il tempo), pu`o essere scomposto nelle sue armoniche, in modo
discreto se si tratta di un segnale periodico e continuo se si tratta di un
segnale non-periodico2 :
Z ∞
dω
(2.82)
V (t) =
a(ω) cos(φ(ω) − ωt)
2π
0
Supporremo sempre che V (t) sia reale. Immergiamoci comunque nel campo
complesso sfruttando l’identit`a:
cos δ =
exp(iδ) + exp(−iδ)
2
Z
dω
1 ∞
V (t) =
a(ω)ei[φ(ω)−ωt)] + a(ω)e−i([φ(ω)−iωt)]
2 0
2π
Z −∞
Z ∞
a(−ω) −i[φ(−ω)+ωt] dω
a(ω) i[φ(ω)−ωt] dω
e
−
e
=
2
2π
2
2π
0
0
Z 0 Z ∞
a(−ω) −iφ(−ω) −iωt dω
a(ω) iφ(ω) −iωt dω
e
+
e
=
e
e
2
2π
2
2π
0
−∞
Z +∞
dω
Ve (ω)e−iωt
=
2π
−∞
(2.83)
Ve (ω) `e una funzione definita dalla Eq. 2.83 e l’analisi armonica ci dice che `e
la trasformata di Forier della funzione V (t) secondo:
Z ∞
e
V (ω) =
V (t)e+iωt dt
(2.84)
−∞
2
La scelta del segno negativo davanti alla pulsazione dell’onda `e arbitraria. Si pu`o invertire il segno della fase dell’onda, scrivendo ωt−φ come argomento del coseno, ottenendo
uno sviluppo in serie equivalente. La convenzione varia da testo a testo.
43
` evidente che le frequenze negative che compaiono nelle espressioni matemaE
tiche 2.83 e 2.84 non hanno senso fisico. Tutte le informazioni sono contenute
nella somma (discreta o continua) 2.82. Ve (ω) `e in generale complesso, ma
dato che V (t) `e reale, allora dalla Eq. 2.83 segue facilmente che:
Z
∞
−iωt
V (t)e
Ve (−ω) =
Z
∞
dt =
V ∗ (t)e−iωt dt = Ve ∗ (ω)
(2.85)
−∞
−∞
Definiamo ora la funzione U (t), segnale analitico, nel modo seguente:
Z
U (t) =
∞
a(ω)ei(φ(ω)−ωt)
0
dω
2π
(2.86)
` chiaro che il segnale fisico V (t) `e la parte reale del segnale analitico V (t) =
E
<U (t).
Dalle Eq. 2.83 e 2.85, segue subito che:
Z ∞
dω
(2.87)
U (t) = 2
Ve (ω)e−iωt
2π
0
Riassumendo: si pu`o sempre esprimere il campo in termini di ognuna delle
−iωt
e
sue armoniche e in generale si pu`o usare la notazione complessa E(ω)e
, nei
calcoli, sapendo che il campo fisico E(t) `e la parte reale del campo complesso
secono le relazioni che abbiamo scritto.
Il motivo per cui ci`o `e conveniente, `e che in campo complesso i calcoli
sono pi`
u agevoli (ad esempio: le equazioni differenziali diventano equazioni
algebriche) e hanno una interpretazione geometrica che facilita l’intuizione
fisica. Dato che molte delle equazioni del campo sono lineari, la maggior parte
delle operazioni che svolgiamo agiscono indipendentemente sulla parti reale
e immaginaria dei campi. Dunque dopo aver eseguito i calcoli, la soluzione
fisica risulta comunque la parte reale della soluzione complessa. Nel caso
di operazioni non lineari (come vedremo successivamente) occorre invece
fare ulteriori considerazioni sulla relazione tra rappresentazione complessa
dei campi e significato fisico.
2.8
Onda piana nel vuoto.
Fourier
Componenti di
Consideriamo ora la trasformata di Fourier dell’Equazione di D’Alembert,
in approssimazione di onda piana (Eq 2.74,) per una componente del campo
44
E(z, t):
∂
→ −iω
∂t
∂2
→ −ω 2
2
∂t
e ω2
d2 E
e=0
+ 2E
dz 2
c
(2.88)
La Eq. 2.88 prende il nome di Equazione di Helmoltz, in questo caso,
unidimensionale. La soluzione generale `e data da:
ω
e z) = Aeik0 z + Be−ik0 z
(2.89)
E(ω,
k0 =
c
Dunque una componente di Fourier del campo (onda monocromatica) `e
data in generale dall’espressione:
e z, t) = Aei(k0 z−ωt) + Be−i(k0 z−ωt)
E(ω,
(2.90)
La relazione: k0 z −ωt = cost individua una superficie equifase dell’onda,
che `e ovviamente un piano parallelo al piano xy del SC.
Notare che in un’onda armonica le superfici equifase sono superfici in cui
il campo ha anche la stessa ampiezza soltanto nel caso di onda piana.
Il periodo temporale dell’onda `e
T =
2π
ω
la frequenza
1
ω
=
T
2π
e il periodo spaziale (o lunghezza d’onda)
ν=
λ=
2π
k0
Quindi dalla relazione di dispersione k0 = ω/c si ottiene la relazione:
ν=
c
λ
(2.91)
che lega la frequenza di oscillazione alla lunghezza d’onda nello Spettro
Elettromagnetico. Come regola mnemonica converr`a ricordare che λ =
1 µm corrisponde a ν = 3 1014 Hz:
ν[Hz] =
45
3 1014
λ[µm]
(2.92)
Possiamo allora rappresentare le varie suddivisioni dello spettro in lunghezza
d’onda, confrontate con gli intervalli di frequenza corrispondenti (Fig. 2.6.)
In conclusione, consideriamo un’onda piana monocromatica che si propaga
nel vuoto con una pulsazione ω, ad esempio nella direzione positiva della
coordinata ζ:
e
E(ω,
z, t) = Aei(kζ−ωt)
La direzione pu`o non coincidere con alcuno degli assi coordinati del nostro
SC. ζ indica allora la distanza tra una superficie equifase e l’origine degli assi.
Sappiamo gi`a che , detto n il versore che indica la direzione di propagazione
dell’onda, un punto generico della superficie equifase r `e legato alla distanza
ζ dalla relazione r · n = ζ. Definito allora il vettore d’onda k0 :3
ω
(2.93)
k0 = k0 n = n
c
Si ha un espressione per l’onda piana monocromatica indipendente dal SC
scelto:
e
E(ω,
z, t) = Aei(k0 ·r−ωt)
(2.94)
Osserviamo per completezza che nella rappresentazione corpuscolare della
radiazione, l’energia e la quantit`a di moto del campo elettromagnetico sono
trasportate da particelle chiamate fotoni. L’energia di un fotone `e il quanto
di energia fondamentale, ed `e proporzionale alla frequenza dell’onda elettromagnetica corrispondente, tramite una costante dellta costante di Planck:
E = hν
con: h = 6.626 068 96 10−34 J s
(2.95)
Segue una regola mnemonica molto utile per calcolare, dalla lunghezza d’onda
della radiazione, l’energia del fotone corrispondente:
E[eV] =
1.24
λ[µm]
(2.96)
L’elettron-volt (eV) corrisponde nel SI a: 1.602 10−19 J ed `e una unit`a di
misura molto importante dell’energia, perch´e rappresenta l’ordine di grandezza
dell’energia di legame chimico. Non a caso `e anche l’ordine di grandezza dei
fotoni della radiazione nel vicino infrarosso, nel visibile e nel vicino ultravioletto.
Quando l’energia del fotone diventa confrontabile con l’energia tipica del
sistema fisico con cui la radiazione interagisce, non si pu`o pi`
u ignorare la
natura quantistica della luce e l’Elettromagnetismo Classico non `e pi`
u sufficiente per spiegare i fenomeni fisici. In questi casi la relazione 2.96 `e fondamentale per la comprensione dei processi di interazione radiazionemateria.
3
Da non confondersi con il versore dell’asse z.
46
Figure 2.6: Spettro della radiazione elettromagnetica in funzione della
lunghezza d’onda e della frequenza.
http://en.wikipedia.org/wiki/File:Electromagnetic-Spectrum.png (licensed
under the Creative Commons Attribution-Share Alike 2.5 Generic license).
47
Chapter 3
Onde Elettromagnetiche nei
mezzi materiali. Bilancio
energetico del Campo
Elettromagnetico
3.1
Campi armonici nella materia
Riprendiamo in considerazione le Equazioni di Maxwell nella materia(Eq. 2.312.34):
∇ · D = %l
(3.1)
∇·B=0
(3.2)
∂B
(3.3)
∇×E=−
∂t
∂D
∇×H=J+
(3.4)
∂t
I campi elettrici E e D e quelli magnetici H e B sono legati dalle equazioni:
D = ε0 E + P
(3.5)
B = µ0 (H + M)
(3.6)
Non studiamo, in questo corso, il comportamento magnetico dei materiali.
Dunque supponiamo d’ora in poi, a meno che non sia indicato altrimenti1 :
B = µ0 H
1
(3.7)
Nella Sec. 3.3 tratteremo il caso di un materiale magnetico, come esempio di bilancio
energetico del campo elettromagnetico in presenza di effetti dissipativi legati alla magnetizzazione.
48
Per quanto riguarda l’Eq. 3.5, abbiamo gi`a scritto che le relazioni costitutive, che collegano i campi elettrici alla polarizzazione, dipendono dalla
frequenza. Dunque occorre discutere le equazioni di Maxwell nel dominio
delle frequenze.
Supponiamo di essere in una zona priva di carica spaziale2 (ρl = 0) e
consideriamo le trasformate di Fourier ad ambo i membri delle Eq. 3.1-3.4
nel dominio delle frequenze.
e =0
∇·D
e =0
∇·B
(3.8)
e = iω B
e
∇×E
e = µ0 J
e − iµ0 ω D
e
∇×B
(3.10)
(3.9)
(3.11)
Consideriamo le relazioni costitutive (in un mezzo lineare e isotropo):
e = σE
e
J
(3.12)
e = ε0 χE
e ⇒D
e = ε0 (1 + χ) E
e = ε0 εr E
e = εE
e
P
(3.13)
Dove la conducibilit`a σ e la suscettivit`a elettrica χ = χ0 −iχ00 sono dipendenti
dalla frequenza e in generale complesse Supponiamo che il mezzo sia omogeneo, cio`e che queste quantit`a non dipendano dalle coordinate spaziali.
Risulta allora:
e =0
∇·E
e =0
∇·B
(3.14)
e = iω B
e
∇×E
e = µ0 σ E
e − iµ0 ε0 εr ω E
e
∇×B
(3.16)
(3.15)
(3.17)
Calcolando il rotore di ambo i membri della Eq. 3.16 e sostituendo l’Eq. 3.17,
otteniamo, per un mezzo omogeneo:
e + iµ0 σω E
e + µ 0 ε0 ω 2 εr E
e =0
∇2 E
(3.18)
e L’Eq. 3.18
` facile verificare che la stessa equazione vale per il campo B.
E
prende il nome di Equazione dei Telegrafisti[4].
2
In pratica si suppone che il materiale sia in ogni punto elettricamente neutro. Non `e
una condizione troppo restrittiva in Ottica. In Elettronica, invece, si trattano spesso zone
di carica spaziale all’interno dei dispositivi a semiconduttore.
49
Studiamo per prima cosa i materiali isolanti (o dielettrici), per cui:
σ εω
Allora vale l’equazione di Helmoltz:
e + µ 0 ε0 ω 2 εr E
e =0
∇2 E
3.2
(3.19)
Onde armoniche piane in un dielettrico
Supponiamo di nuovo che i campi dipendano spazialmente da un’unica coordinata ζ. La direzione e il verso di ζ saranno specificate, nel SC scelto da
un versore n e un qualsiasi vettore posizione r sar`a legato a ζ da:
ζ =n·r
come discusso nel Cap. 2. Allora, matematicamente, gli operatori sulle coordinate spaziali cambiano nel modo seguente:
∂
∂ζ
∂2
∇2 = ∇ · ∇ = 2
∂ζ
∇=n
(3.20)
Quindi l’Eq. 3.19 diventa:
e
∂E
e =0
+ µ 0 ε0 ω 2 εr E
∂ζ 2
(3.21)
La soluzione generale dell’Eq. 3.21 `e del tipo:
e = Aeikζ + A0 e−ikζ
E
k=
√
ω√
εr = k0 εr
c
(3.22)
Consideriamo subito il caso in cui la permittivit`a elettrica εr sia un numero reale (e positivo). Allora, defineniamo l’indice di rifrazione:
n=
√
εr
εr ∈ R+
(3.23)
Vediamo allora che la velocit`a di propagazione dell’onda piana, armonica
` di fase), in un mezzo dielettrico, di permittivit`a elettrica relativa
(velocita
50
reale (cio`e un mezzo trasparente) `e data dal rapporto tra la velocit`a della
luce nel vuoto c e l’indice di rifrazione n:
v=
c
n
(3.24)
La velocit`a di propagazione dell’onda nel mezzo materiale `e dunque legata
alla polarizzazione del mezzo, che rappresenta, come abbiamo evidenziato in
precedenza, la risposta del materiale al campo incidente.
Consideriamo ora solo l’onda progressiva, cio`e quella che si propaga nel
verso di n:
e −iωt = Aei(kζ−iωt) = Aei(k·r−iωt)
Ee
k = kn
(3.25)
k prende il nome di vettore d’onda dell’onda piana monocromatica rappresentata dalla Eq. 3.25. Riprendiamo ora in esame le Equazioni
di Maxwell e sostituiamo questa soluzione. Dalla Eq. 3.8:
e
e = n · dE = n · ik E
e =0⇒n·E
e =0
∇·E
dζ
(3.26)
Analogamente, dalla Eq. 3.9, si ottiene:
e =0
n·B
(3.27)
Dato che n `e un versore reale, le relazioni che si scrivono per i campi complessi si traducono in relazioni geometriche per le parti reali. Possiamo quindi
affermare che i campi elettrico e magnetico, in un’onda piana monocromatica,
sono perpendicolari alla direzione di propagazione. Inoltre, dalla Eq. 3.10:
e
e = n × dE = n × ik E
e = iω B
e
∇×E
dζ
(3.28)
Pertanto:
k
e = k ×E
e =B
e
n×E
(3.29)
ω
ω
Da notare ancora il caso particolare in cui εr sia reale, e quindi anche k sia un
e −iωt , magnetico <Be
e −iωt e n, formano,
numero reale. I vettori elettrico, <Ee
nell’ordine, una terna destrorsa. Se invece k ha una parte immaginaria,
allora l’onda `e ancora trasversale, ma il campo elettrico e il campo magnetio
possono formare un angolo diverso da π/2.
Abbiamo inoltre, dalla Eq. 3.24:
k=
51
ω
v
(3.30)
Dall’Eq. 3.29, risulta che il rapporto tra i moduli del campo magnetico e il
campo elettrico `e:
|E|
| B |=
(3.31)
v
All’ oscillazione dei campi descritta, trasversale alla direzione di propagazione
corrisponde un trasporto di energia nella direzione di propagazione.
Questo argomento `e quello che ci proponiamo di studiare nelle sezioni seguenti.
3.3
Vettore di Poynting
Definiamo il nuovo campo vettoriale:
S=E×H
(3.32)
detto vettore di Poynting. Sfruttiamo una semplice identit`a matematica:
∇ · (E × H) = (∇ × E) · H − (∇ × H) · E
Inseriamo nella identit`a scritta la fisica dell’Elettromagnetismo, contenuta
nelle Eq. 3.1-3.4:
∂D
∂B
·H− J+
·E
(3.33)
∇ · (E × H) = −
∂t
∂t
Conviene qui esplicitare la polarizzazione e la magnetizzazione del mezzo
materiale:
∂P
∂H
∂M
∂E
· H − µ0
· H − J · E − ε0
·E−
·E
∇ · S = −µ0
∂t
∂t
∂t
∂t
∂ ε0
µ0
∂M
∂P
=−
| E |2 + | H |2 − E · J − E ·
− µ0 H ·
∂t 2
2
∂t
∂t
∂u
∂P
∂M
=−
−E·J−E·
− µ0 H ·
∂t
∂t
∂t
(3.34)
` di energia del campo eletViene definita nella Eq. 3.34 la densita
tromagnetico (per unit`a di volume):
u=
ε0
µ0
| E |2 + | H |2
2
2
Esaminiamo il significato di ogni termine a secondo membro. Nel vuoto,
innanzitutto, non ci sono correnti, non c’`e n´e polarizzazione, n´e magnetizzazione:
∂u
∇·S=−
∂t
52
Integrando in un volume arbitrario:
ZZZ
ZZ
ZZZ
d
dU
∇ · S dV = S · dΣ = −
u dV = −
dt
dt
V
∂V
V
(3.35)
L’Eq. 3.35 rappresenta il Teorema di Poynting nel vuoto. L’energia
U del campo elettromagnetico, che abbandona il volume V nell’unit`a di
tempo `e uguale al flusso del vettore di Poynting S. Dunque se interpretiamo
correttamente U come energia del campo elettromagnetico nel volume, allora
il vettore S , che ha la direzione di propagazione dell’onda elettromagnetica,
rappresenta l’energia che attraversa l’unit`a di superficie nell’unit`a di tempo,
cio`e la potenza per unit`a di superficie trasportata dal campo elettromagnetico. Di fatto U `e la somma dell’energia del campo elettrico e del campo
magnetico, come si studia in Elettrostatica e in Magnetostatica. Vediamo
ora che le espressioni dell’energia per il campo magnetostatico ed elettrostatico3 valgono anche nel caso di campi comunque variabili nel tempo. In
generale, nel caso di campi statici o lentamente variabili nel tempo il flusso
del vettore di Poynting si trascura: `e sufficiente considerare una superficie
abbastanza grande, in modo che l’integrale di superficie sia nullo. In caso
di cariche in moto e correnti fortemente variabili, invece, si verifica che i
campi di radiazione, elettrico e magnetico, presentano una dipendenza
proporzionale a 1/r dove r `e la distanza dalle sorgenti e quindi il flusso del
vettore di Poynting avr`a sempre un valore costante su una superficie arbitrariamente grande.4
Osserviamo che, nel caso di un’onda piana che si propaga nel vuoto, dalla
Eq. 2.81 del Cap. 2 risulta:
u=
=
| B |2
ε0
| E |2 +
2
2µ0
| E |2
ε0
| E |2 +
= ε0 | E |2
2
2µ0 c2
Inoltre:
B
1
=| E |2
n
µ0
µ0 c
Abbiamo infine, per un’onda piana che si propaga nel vuoto:
E×H=E×
S = ucn
3
(3.36)
Il lettore pu`
o trovare una trattazione di questo argomento nei libri segnalati in
bibliografia[3, 4, 5] o, comunque, in un qualsiasi libro di Elettromagnetismo
4
Dopo un tempo sufficiente al segnale, che si propaga a una velocit`a non superiore a c,
di raggiungere la superficie stessa.
53
Come `e intuitivo capire, la densit`a di energia del campo elettromagnetico si
trasmette nello spazio a velocit`a c in direzione n.
Consideriamo ora la presenza di correnti, supponiamo che valga la Legge
di Ohm (Eq. 3.37):
J = σE
(3.37)
e, per semplicit`a, che la conducibilit`a elettrica σ non dipenda dalla frequenza:
ZZ
ZZZ
J2
dU
= S · dΣ +
dV
(3.38)
−
dt
∂V
V σ
Questa equazione ci dice che la variazione di energia nell’unit`a di tempo `e
uguale alla somma della potenza in uscita dal volume V e quella dissipata per
Effetto Joule5 . L’Eq. 3.38 `e analoga al Primo Principio della Termodinamica. Il termine dU `e un differenziale esatto nel senso che, in qualsiasi
trasformazione la variazione di energia dipende solo dallo stato iniziale e dal
quello finale della trasformazione stessa. A secondo membro ci sono i termini
di energia elettromagnetica (per unit`a di tempo) acquistata o dissipata dal
sistema.
Consideriamo ora un semplice esempio pratico [4]. Dato un circuito alimentato da un generatore, consideriamo una superfcie cilindrica attorno a
una porzione del filo conduttore. In termini scalari il campo elettrico si scrive,
dalla legge di Ohm:
J
E=
σ
ed `e diretto lungo il filo In prossimit`a del filo, il campo magnetico si approssima a quello di un filo rettilineo e indefinito:
H=
I
Jπa2
Ja2
=
=
2πr
2πr
2r
ed `e parallelo alla superficie laterale del cilindro. Quindi il vettore di Poynting
`e diretto come in Fig. 3.1 e il suo modulo `e sulla superficie cilindrica `e:
S=
J 2a
2σ
Quindi il flusso `e:
J 2 πa2 h
I 2h
= − 2 = −I 2 R
σ
πa σ
Il segno meno `e dovuto al fatto che S `e entrante la superficie. Dato che
U `e ovviamente costante nel tempo, il risultato `e in accordo con l’Eq. 3.38
−
54
r
Figure 3.1: Esempio: teorema di Poynting nel caso di un ciruito in corrente
continua.
Abbiamo verificato che il teorema vale comunque, anche nel caso banale di
corrente continua. In questo caso il flusso del vettore di Poynting attraverso
la superficie fornice la potenza dissipata per effetto Joule6
Consideriamo ora il caso di un elettromagnete costituito da due nuclei
ferromagnetici e due bobine con un alto numero di avvolgimenti attorno ai
nuclei stessi, come in Fig. 3.2.
Non ci occuperemo di materiali magnetici durante questo corso di studio. Tuttavia anche questo esempio serve per la comprensione del bilancio
energetico del campo elettromagnetico.
In questo caso la corrente I nella bobina `e proporzionale al campo H = nI
che possiamo controllare dall’esterno con un alimentatore. Introduciamo il
campo elettromotore E0 dell’alimentatore:
J = σ (E + E0 ) ⇒ E =
J
− E0
σ
(3.39)
Il materiale risponde con una magnetizzazione che non `e semplicemente pro5
Lasciamo per esercizio il considerare la presenza di un generatore e di un campo
elettromotore ( J = σ(E + E0 )) , che comporterebbe la presnza di un termine che tende
ad aumentare l’energia del sistema.
6
Qui il flusso di S sostituisce, matematicamente, la potenza fornita dal generatore che `e
escluso dal dominio di integrazione. Ovviamente in questo caso si non c’`e nessun significato
di propagazione di onda elettromagnetica.
55
Figure 3.2: Elettromagnete. Il campo magnetico utile `e creato nel traferro,
tra i poli magnetici, la cui distanza `e solitamente regolabile. Il campo B
dipende dalla corrente, dalle caratteristiche magnetiche del materiale e dalla
geometria del sistema.
Figure 3.3: Curva di isteresi magnetica.
Ms rappresenta il valore
di saturazione della magnetizzazione.
Hc rappresenta il valore del
campo coercitivo necessario per portare a zero il valore della magnetizzazione, ottenuto invertendo il senso della corrente che genera H (modificato da: “http://commons.wikimedia.org/wiki/Image:Hysteresiscurve.svg’,’
GNU Free Documentation License.)
56
porzionale ad H come in un materiale lineare. Supponendo di prendere un
volume di integrazione abbastanza grande, in modo che i campi sulla superficie siano nulli (e quindi sia nullo il flusso del vettore di Poynting,) il bilancio
energetico assume la forma:
ZZZ
ZZZ
ZZZ
J2
∂M
∂U
0
+
E · JdV =
dV +
µ0 H ·
dV
(3.40)
−
∂t
∂t
V
V σ
V
La variazione di energia in un dato processo si ottiene integrando nel tempo
l’Eq. 3.40. Nel caso in cui il campo ritorni al suo valore iniziale ovviamente l’energia U rimane invariata, tuttavia questo non vale per gli altri
termini. In particolare, in un ciclo di isteresi magnetica, il generatore fornisce l’energia dissipata nei conduttori per effetto Joule e l’energia dissipata
nel mezzo ferromagnetico, rappresentata dall’ultimo termine a secondo membro della Eq. 3.40.
Prenderemo in considerazione pi`
u in dettaglio la polarizzazione elettrica.
Da essa dipendono i fenomeni di assorbimento e dispersione di un materiale dielettrico. Tali fenomeni dipendono strettamente dalla frequenza
dell’onda incidente. Prenderemo inoltre in considerazione la dipendenza dalla
frequenza del comportamento elettromagnetico dei metalli. Per esaminare
questi argomenti `e necessario considerare le componenti armoniche dei campi
e sar`a conveniente, matematicamente, ricorrere alla notazione complessa.
3.4
Onde sferiche
Consideriamo un’altra soluzione matematica dell’equazione d’onda 2.65, che
approssima localmente una situazione reale. Supponiamo ogni componente
del campo siap
della forma V (r, t), cio`e dipenda solo dalla distanza dall’origine
del SC, r = x2 + y 2 + z 2 . La derivata rispetto a una coordinata xα pu`o
essere scritta come:
∂ ∂r
∂ x
=
∂r ∂xα
∂r r
Dunque:
∇V =
∂V
ˆr
∂r
∇2 V =
ˆr versore radiale
1 ∂ 2 (rV )
r ∂r2
L’equazione d’onda si scrive allora:
1 ∂ 2 (rV )
1 ∂ 2 (rV )
− 2
=0
r ∂r2
c ∂t2
57
(3.41)
L’Eq. 3.41 ha una soluzione analoga alla 2.76:
rV = f (r − ct) + g(r + ct)
quindi:
f (r − ct) + g(r + ct)
(3.42)
r
L’onda progressiva rappresenta un’onda sferica uscente da una sorgente
idealmente puntiforme. L’onda regressiva rappresenta un’onda sferica convergente in un fuoco puntiforme. Naturalmente l’energia non pu`o convergere n´e divergere da un punto geometrico e non esistono sorgenti che
irraggiano isotropicamente in tutto lo spazio. Nonostante ci`o l’onda sferica
`e una approssimazione estremamente utile in Ottica. Ad esempio, un campo
irraggiato da una sorgente estesa reale pu`o essere descritto come somma di
onde sferiche elementari provenienti dai singoli punti della sorgente.
L’ampiezza del campo di radiazione `e proporzionale a 1r , come gi`a scritto.
Il motivo `e la conservazione dell’energia: il vettore di Poynting `e proporzionale
al quadrato della distanza dalle sorgenti, dunque il flusso del vettore di Poynting `e lo stesso attraverso qualsiasi superficie chiusa e contenente le sorgenti
che viene raggiunta dal campo.
V =
3.5
Operazioni non-lineari in notazione complessa
Apriamo un’altra parentesi matematica. Finora abbiamo considerato operazioni lineari. Un operatore lineare, come una derivata parziale, agisce separatamente sulla parte reale e sulla parte immaginaria di un campo complesso. Per questo si eseguono operazioni in campo complesso che non alterano
il significato fisico del campo, rappresentato dalla parte reale. Il calcolo
del vettore di Poynting o del prodotto scalare tra due campi `e invece una
operazione non lineare che mescola la parte reale e la parte immaginaria
dei campi complessi. Nonostante questo, possiamo assegnare un significato
fisico a questi prodotti tra campi complessi in termini di medie temporali.
Consideriamo, ad esempio, il prodotto scalare tra due campi armonici:
e −iωt
Ae
e −iωt
Be
Sfrutteremo propriet`a algebriche del prodotto scalare assolutamente analoghe
a quelle del prodotto vettoriale. Quindi il risultato sar`a utile anche per il
calcolo del vettore di Poynting. Supponiamo come sempre che ci`o che ha
58
veramente significato fisico sia la parte reale dei campi. Consideriamo allora
il prodotto scalare tra le parti reali (qualunque significato fisico esso abbia.)
e −iωt · < Be
e −iωt =
< Ae
1 e e −2iωt e ∗ e ∗ −2iωt 1 e e ∗ e ∗ e A · Be
+A ·B e
+
A·B +A ·B
4
4
1 e e −2iωt e ∗ e ∗ −2iωt 1 e e ∗ A · Be
+A ·B e
+ < A·B
=
4
2
Ora, se eseguiamo la media temporale su un periodo di questo prodotto
scalare, il primo termine, oscillante, d`a contributo nullo, mentre il secondo
termine, indipendente dal tempo, rimane invariato:
D 1 E 1 ∗
∗ e
−iωt
−iωt
e
e
e
e
e
< Ae
(3.43)
· < Be
= < A·B = < A ·B
2
2
Ora, se consideriamo un campo oscillante a frequenze ottiche, `e ovvio che
nessun sensore riuscir`a a seguirne le oscillazioni, di frequenza dell’ordine di
1015 Hz. Allora `e corretto affermare che osserviamo le medie temporali dei
campi. Secondo l’Eq. 3.43, la media temporale della densit`a di energia elettromagnetica `e:
E
Dε 0
e −iωt + µ0 < He
e −iωt
e −iωt · < Ee
e −iωt · < He
< Ee
hui =
2
2
1 n ε0 e ∗ e µ 0 e ∗ e o
= <
E · E + H · H (3.44)
2
2
2
Ma in realt`a il termine al secondo membro `e un numero reale, quindi:
ε0 e ∗ e µ 0 e ∗ e
h ui = E
·E+ H ·H=
4
4
ε0 e 2 µ 0 e 2
|E| + |H|
(3.45)
4
4
con ovvio significato dei simboli. Se, come supponiamo d’ora in poi, i materiali non presentano effetti magnetici, dalla Eq. 3.7:
1 ε0 e 2
1
2
e|
h ui =
|E| +
|B
(3.46)
2 2
2µ0
=
Si verifica anche, facilmente:
o
du
1 n e e ∗
e · iω H
e∗
= < ε0 E
· iω E + µ0 H
=0
dt
2
(3.47)
Consideriamo ora la media temporale del vettore di Poynting. Per quanto
abbiamo dimostrato, vale:
D E 1 n
o
e∗ × H
e
e −iωt × < He
e −iωt
< Ee
= < E
(3.48)
2
59
3.6
Bilancio energetico in un dielettrico
Consideriamo un’onda piana monocromatica che si propaga in un mezzo
dielettrico, lineare, omogeneo, isotropo (per cui vale l’Eq. 3.13), che presenta
una costante dielettrica complessa:
εr = ε0r + iε00r = 1 + χ0 + iχ00
√
εr = n + iβ/2
In generale il mezzo sar`a dispersivo. Cio`e l’indice di rifrazione n e il
parametro β, legato all’attenuazione dell’onda nel mezzo, dipenderanno dalla
frequenza.
Sappiamo dalla Sec. precedente che la media temporale del vettore di
Poynting `e:
k
1 ne∗ e o 1
∗
e
e
< E ×H = < E ×
×E
=
2
2
µ0 ω
r
r
√
√
1
1
ε
ε
0
0
∗
∗
e
e ·E
e n =
e ×
εr n × E
= <
εr E
< E
2
µ0
2
µ0
r
1 ε0 e ∗ e n E ·E n
(3.49)
2 µ0
dove abbiamo usato l’Eq. 3.29, l’Eq. 3.7 e l’Eq. 3.26. La propagazione
`e quindi legata alla parte reale del vettore d’onda k (il simbolo di indice
di rifrazione n non va naturalmente confuso con il versore della direzione
di propagazione n.) Si nota che il vettore di Poynting `e proporzionale al
modulo quadrato del vettore campo elettrico complesso, che subisce
una attenuazione esponenziale (Legge di Beer)
ω
e− c βζ
nella direzione di propagazione.
√
Nel caso in cui l’assorbimento sia trascurabile, β ≈ 0 e n ≈ εr , l’Eq 3.49
diventa
1 ne∗ e o 1
e∗ · E
e cn = ε | E
e |2 v n
< E × H = ε0 εr E
2
2
n
2
Torniamo al caso generale, il bilancio energetico totale si scrive:
1e e∗
du
iω e ∗ e
∇·<
E×H =−
−<
P ·E
2
dt
2
n ωε
o
iωε0 (χ0 − iχ00 ) e ∗ e
0
0
00 e ∗ e
= −<
E E = −<
(iχ + χ )E E
2
2
ωε0 χ00 e ∗ e
EE
=−
2
60
(3.50)
(3.51)
La media nel tempo della variazione di energia (per unit`a di volume) del
campo elettromagnetico `e nulla per un segnale periodico, come risulta anche
dall’Eq. 3.47.
Non c’`e dissipazione se la parte immaginaria della permittivit`a elettrica
relativa (della suscettivit`a elettrica) `e nulla. In questo caso la divergenza
del vettore di Poynting `e nulla, il che significa che la potenza per unit`a di
superficie del campo resta costante durante la propagazione dell’onda. In
caso contrario il flusso del vettore di Poynting diminuisce (nella direzione di
propagazione) a causa delle perdite nel mezzo.
3.7
Polarizzazione di un’onda piana
Consideriamo molto brevemente il problema della polarizzazione delle
onde elettromagnetiche[10]. Precisiamo subito che la polarizzazione
delle onde `e un fenomeno completamente diverso dalla polarizzazione dei
materiali, discusso in precedenza, e descrive la direzione di oscillazione dei
campi nel piano trasversale alla direzione di propagazione n.
Consideriamo il semplice caso di un’onda piana.
e in termini della parte reale
In particolare, scriviamo il campo elettrico E
e immaginaria:
e =E
e r + iE
ei
E
Il campo reale `e quindi:
−iωt
e
e r cos ωt + E
e i sin ωt
< Ee
=E
Il modulo quadrato del campo `e quindi:
−iωt
e
e r |2 cos2 ωt + 2E
er · E
e i sin ωt cos ωt+ | E
e i |2 sin2 ωt
| < Ee
|2 =| E
Si pu`o verificare facilmente che l’ultima espressione `e uguale a:
1 e 2
e i |2 + 1 | E
e r |2 − | E
e i |2 cos 2ωt + E
er · E
e i sin 2ωt
| Er | + | E
2
2
Pertanto il vettore campo elettrico reale descrive una curva periodica, nel
piano perpendicolare alla direzione di propagazione. La curva `e di secondo
grado rispetto alle componenti del campo.
Le ampiezze massima e minima del campo quadrato sono date da:
r1 2 2
1 e 2
2
2
ei | +
e r |2 − | E
e i |2 + E
er · E
ei
| Er | + | E
|E
(3.52)
a =
2
4
r1 2 2
1
2
2
2
2
2
e
e
e
e
e
e
b =
| Er | + | Ei | −
| Er | − | Ei |
+ Er · Ei
(3.53)
2
4
61
Dunque a e b devono coincidere coi semiassi maggiore e minore di
un’ellisse. Si dice allora che il campo, nel punto considerato, ha una polarizzazione ellittica. In termini del campo complesso essi si possono
Figure 3.4: Il campo reale di un’onda piana armonica descrive, nella sua oscillazione in un punto dello spazio, un’ellisse, che pu`o degenerare in una retta
(polarizzazione lineare) o in una circonferenza (polarizzazione circolare.)
scrivere anche:
"
r
#
1 e e∗
E·E +
2
"
#
r
1 e e∗
e ·E
e E
e∗ · E
e∗
b2 =
E·E −
E
2
a2 =
∗
∗
e
e
e
e
E·E E ·E
(3.54)
(3.55)
Sono molto importanti due casi particolari.
Polarizzazione lineare: quando l’ellisse degenera in una retta e b=0.
er e E
e i sono paralleli, cio`e quando `e
Dall’Eq. 3.53, ci`o si verifica quando E
verificata la condizione:
e ×E
e∗ = 0
E
(3.56)
Polarizzazione circolare: l’ellisse diventa una circonferenza. Allora
er e E
e i devono essere perpendicolari tra loro e
a = b. Dalle Eq. 3.52 e 3.53, E
uguali in modulo. Dalle Eq. 3.54 e 3.55, la condizione si scrive:
e ·E
e =0
E
3.8
(3.57)
Velocit`
a di gruppo
Consideriamo adesso la somma di tutte le componenti di Fourier che costituiscono un’onda piana che si propaga senza attenuazione nella direzione z.
62
`
Ognuna delle armoniche che compone il pacchetto d’onda ha la velocita
`
di fase v = c/n. Questa sar`a diversa per ogni componente, se il mezzo e
dispersivo, cio`e se l’indice di rifrazione n dipende dalla frequenza. Il campo
complesso totale sar`a dato da:
Z
i(kz−ω(k)t)
e
E = E(k)e
dk
(3.58)
e
L’integrale `e esteso ai valori di k per cui E(k)
`e diverso da zero.
e
Nell’ipotesi che E(k) sia non nullo in una banda stretta ∆k attorno a un
ˆ eseguiamo uno sviluppo in serie di ω(k):
valore medio k,
2
ˆ ∆k + 1 d ω (k)
ˆ ∆k 2
ˆ + dω (k)
ω(k) ≈ ω(k)
dk
2 dk 2
(3.59)
Quanto meno il mezzo `e dispersivo, tanto pi`
u valida `e l’approssimazione
al primo ordine. Sostituendo l’Eq. 3.59 nella Eq. 3.58 e fermandosi al primo
ordine si ottiene:
Z
dω
ˆ t − i (k)
ˆ ∆k t dk
e
exp ikˆ z + i∆k z − iω(k)
E = E(k)
dk
Z
dω
ˆ
ˆ
i(kz−ω(
k)t)
ˆ t
e
(k)
dk
=e
E(k)
exp i∆k z −
dk
dω ˆ
ˆ
ˆ
i(kz−ω(
k)t)
e
F z−
(k) t
(3.60)
dk
` di
Risulta quindi un onda progressiva che si propaga con una velocita
gruppo:
dω ˆ
(k)
(3.61)
vg =
dk
Tale onda `e moltiplicata nella Eq. 3.60 per un termine di fase, che non ha
alcun significato in termini di energia propagata dall’onda, che `e legata esclusivamente al modulo quadrato del campo. vg `e quindi la velocit`a di
propagazione del segnale per un pacchetto d’onde in un mezzo dispersivo,
nel caso in cui l’attenuazione sia trascurabile.
` chiaro che lo sviluppo in serie `e valido in un intervallo limitato di
E
tempo. Infatti, ogni componente di Fourier ha una velocit`a di fase differente
e ci`o distorce la forma dell’impulso iniziale. L’approssimazione fatta `e valida
per un impulso con una banda passante limitata o a un mezzo non troppo
dispersivo.
Precisiamo pi`
u quantitativamente l’allargamento spaziale del segnale in
funzione del tempo. Sappiamo dalla analisi di Fourier che la larghezza
63
Figure 3.5: Pacchetto d’onda (profilo gaussiano) che si propaga allargandosi
(vedi testo.)
di banda nello spazio k, ∆k, `e legata all’estensione spaziale del pacchetto
d’onda, ∆z 7 , dalla relazione[3]:
1
(3.62)
∆k∆z ≥
2
Dunque, quanto pi`
u il segnale `e limitato spazialmente,8 tanto pi`
u la sua
banda `e larga in k (e in ω.)
Data l’estensione spaziale iniziale dell’impulso: ∆z0 a essa deve corrispondere una banda ∆k ≈ 1/∆z0 . Dunque l’errore sulla approssimazione al primo
ordine nell’Eq. 3.60 `e9 :
d2 ω ˆ 1
d2 ω ˆ
(
k)∆k
≈
(k)
dk 2
dk 2
∆z0
che corrisponde a una incertezza ∆vg t sulla posizione raggiunta dal pacchetto d’onda all’istante t. Dunque, dopo un tempo t dall’istante iniziale,
l’estensione del pacchetto sar`a:
s
2
2
dω ˆ 1
2
t2
(k)
∆x (t) = (∆z0 ) +
dk 2
∆z0
∆vg ≈
Dunque, quanto pi`
u il segnale `e limitato spazialmente, tanto pi`
u rapidamente
si allarga, come abbiamo rappresentato schematicamente in Fig. 3.5, a causa
dell’ampio spettro di frequenze che contiene.
7
∆k e ∆z sono le deviazioni quadratiche medie rispetto a k e z rispettivamente.
Ricordiamoci che siamo in approssimazione di onda piana, in cui il problema `e unidimensionale dal punto di vista spaziale. Consideriamo l’estensione del segnale solo lungo la
coordinata z. Conclusioni analoghe si potrebbero trarre considerando la dipendenza dei
campi da x e da y.
9
Se la derivata seconda `e nulla si tratta di ripetere la discussione con la derivata successiva non nulla.
8
64
Chapter 4
Propagazione nei mezzi
materiali.Modello classico
Seguendo l’impostazione del testo di M. Fox[11], possiamo dividere i processi di interazione radiazione materia in tre gruppi principali: riflessione,
propagazione e trasmissione. La parte di energia che viene trasmessa
attraverso un mezzo materiale dipende dai fenomeni di riflessione alle superfici e a come essa si propaga all’interno del mezzo stesso. In questo capitolo ci
occupiamo prevalentemente della propagazione. I fenomeni di propagazione
possono a loro volta essere divisi in:
• dispersione Si tratta della gi`a citata dipendenza dell’indice di rifrazione
dalla frequenza della radiazione che si propaga nel materiale.
• assorbimento La parte di energia che non viene trasmessa all’esterno
viene ovviamente assorbita. L’assorbimento `e spiegato in termini classici con il fatto che la frequenza dei campi incidenti `e in risonanza
con una delle frequenze propria di oscillazione dei dipoli, atomici o
molecolari, che costituiscono la materia. Dal punto di vista quantistico,
l’energia del fotone incidente hν `e maggiore o uguale della differenza in
energia ∆E tra due stati quantizzati di energia del sistema materiale.
` un fenomeno dovuto all’emissione spontanea.
• luminescenza E
Dal punto di vista quantistico `e un processo a un fotone speculare all’assorbimento. Un fotone viene emesso quando un’atomo o
una molecola passa da uno stato eccitato a uno stato a energia pi`
u
bassa. Sia l’eccitazione che la diseccitazione possono avere dinamiche
complesse. Da notare che l’energia di uno stato eccitato pu`o essere
trasferita seguendo molti processi diversi oltre a quello radiativo.
65
Dal punto di vista classico noi esprimeremo l’emissione radiativa come
originata un’oscillazione smorzata di un dipolo elettrico atomico.
• scattering di radiazione. Non c’`e una traduzione italiana non ambigua del termine. Talvolta si usa il termine diffusione, quando non
c’`e possibilit`a di confusione con il fenomeno di diffusione statistica (diffusione del calore, corrente di diffusione in un diodo . . . ) Avviene
quando l’indice di rifrazione del mezzo varia su scala piccola (Scattering Rayleigh) o dello stesso ordine (Scattering Mie) rispetto
alla lunghezza d’onda della radiazione incidente. Dal punto di vista
quantistico si tratta di un processo a due fotoni in cui il fotone
incidente viene assorbito e ne viene emesso un secondo in direzione
diversa, con la stessa energia (scattering elastico) o con energia
differente (scattering anelastico.) Le diffusioni Rayleigh e Mie
sono esempi di scattering elastico. Esempi importanti di diffusione
anelastica sono lo scattering Raman, lo scattering Brillouin e
lo scattering Compton.
• fenomeni di ottica non-lineare Un esempio importante `e quello
di generazione di seconda armonica: un mezzo su cui incide una radiazione monocromatica ri-emette parte dell’energia incidente a frequenza
doppia. I fenomeni non-lineari sono stati scoperti prevalentemente grazie all’uso dei laser, poich´e avvengono in presenza di campi particolarmente intensi.
Una buona parte dell’informazione dei fenomeni di interazione radiazione-materia `e contenuta nel termine
√
εr
Questo parametro `e la permittivit`a dielettrica relativa, che abbiamo descritto
nei capitoli precedenti come un termine dipendente dalla frequenza dell’onda
incidente e propagantesi nel mezzo e, in generale, rappresntato da un numero
complesso. La costante dielettrica relativa complessa si pu`o scrivere:
εr = ε0r + iε00r = 1 + χ0 + iχ00
(4.1)
Si definisce indice di rifrazione complesso:
√
β
εr = n + i
2
(4.2)
dove n `e l’indice di rifrazione reale, legato all’ottica geometrica e il coefficiente β/2 `e il coefficiente di estinzione ed `e correlato all’assorbimento
66
del mezzo. Infatti se riprendiamo l’espressione di un’onda piana monocromatica:
ω√
e −iωt = Aei(kζ−iωt)
εr
(4.3)
Ee
k=
c
Sostituendo l’Eq. 4.2 nella 4.3:
−ωt) − βωζ
e −iωt = Aei( ωnζ
c
Ee
e 2c
(4.4)
Abbiamo gi`a discusso il fatto che l’intensit`a dell’onda elettromagnetica (mediata nel tempo) `e proporzionale al modulo quadrato del campo elettrico.
Dunque, l’intensit`a (nel senso di energia per unit`a di tempo e di superficie
normale alla direzione di propagazione) decade come:
I = I0 exp (−αζ)
con:
α=
βω
c
(4.5)
La relazione 4.5 si dice Legge di Beer. Le quantit`a n e β sono, evidentemente, legate alla costante dielettrica relativa dalle relazioni:
β2
n −
= ε0r = 1 + χ0
4
nβ = ε00r = χ00
2
(4.6)
(4.7)
Solo nel caso in cui l’assorbimento sia abbastanza piccolo (cio`e abbastanza
lontano da una frequenza di transizione) possiamo disaccoppiare le grandezze
nel modo seguente:
p
(4.8)
n ≈ ε0r
00
ε
(4.9)
β≈ r
n
Solo in questo caso possiamo affermare che la parte reale della costante dielettrica `e legata alla propagazione nel mezzo e la parte immaginaria all’assorbimento.
4.1
Modello classico
Il modello classico spiega in modo soddisfacente come gli atomi e le molecole
emettano e assorbano radiazione in uno spettro discreto di frequenze.
In questo modello l’atomo `e considerato un dipolo oscillante. Consideriamo prima di tutto un singolo elettrone legato al nucleo dell’atomo, e supponiamo che, se l’atomo `e imperturbato, il suo momento di dipolo elettrico
sia nullo.
67
Se l’atomo viene perturbato dal suo stato di equilibrio stabile si origina
un momento di dipolo:
p = −ex
(4.10)
L’atomo ritorna alla sua configurazione iniziale tramite un forza di richiamo
proporzionale allo spostamento:
F = −Kx
Questa approssimazione equivale, evidentemente, a considerare l’energia
potenziale di interazione nucleo-elettrone un energia potenziale armonica
(vale a dire quadratica nell’intorno della posizione di equilibrio del sistema
elettrone-nucleo).
Dato che la massa dell’elettrone `e molto minore della massa del nucleo, lo
spostamento della carica sar`a dovuto essenzialmente al moto dell’elettrone.
L’equazione del moto `e:
x
¨ + ω02 x = 0
e rappresenta un’oscillazione armonica semplice. ω02 = K/m rappresenta la
frequenza propria dell’oscillatore e dipende dai particolari della struttura
atomica.
A questa oscillazione dobbiamo aggiungere, empiricamente, uno smorzamento:
x
¨ + γ x˙ + ω02 x = 0
(4.11)
Lo spostamento x dalla posizione di equilibrio `e dato allora, nell’ipotesi di
smorzamento debole, cio`e se γ ω0 da:1
x = Ae−γ/2 t cos (ω0 t + φ)
(4.12)
Il campo avr`a, approssimativamente, la stessa dipendenza temporale del momento di dipolo 4.10.
1 iω0 t
e
+ e−iω0 t
(4.13)
2
Consideriamo lo spettro di Fourier di questo segnale, supponendo che l’oscillazione
inizi a t = 0:
Z ∞
Z ∞
1
E
0
iωt
e=
E
Ee dω =
e−γ/2 t ei(ω0 +ω)t + e−i(ω0 −ω)t dω =
2π 0
4π 0
E0
1
1
−
−
=
4π
−γ/2 + i(ω0 + ω) −γ/2 − i(ω0 − ω)
E0
γ − 2iω
E0
−2iω
≈
4π (γ/2 − i(ω0 + ω)) (γ/2 + i(ω0 − ω))
4π (ω02 − ω 2 ) − iωγ
E = E0 e−γ/2 t cos ω0 t = E0 e−γ/2 t
1
Pi`
u esattamente, la frequenza di oscillazione `e
68
p
ω02 − γ 2 /4 ≈ ω0
Sappiamo, dal capitolo precedente, che il modulo del vettore di Poynting,
cio`e l’energia emessa per unit`a di tempo e di superficie, `e proporzionale al
modulo quadrato del campo elettrico:
e |2 ∝
|E
4ω 2
(ω02 − ω 2 )2 + ω 2 γ 2
Se siamo vicini alla frequenza di risonanza (ω ≈ ω0 ) otteniamo una espressione approssimata:
e |2 ∝
|E
1
(ω0 − ω)2 + γ 2 /4
(4.14)
Il profilo descritto dall’Eq. 4.14 si dice curva Lorentziana. Una curva
di questo tipo `e rappresentata in Fig. 4.1. Notiamo che γ corrisponde alla
` altezza della curva. Cio`e, spostandoci di γ/2 da
larghezza a meta
ω0 in ambedue le direzioni il valore della curva si dimezza. Chiamiamo per
questo γ larghezza di riga. Spesso, per denotare questa grandezza, si
usa la sigla FWHM (Full Width at Half Maximum.)
Una curva di questo tipo potrebbe effettivamente rappresentare lo spettro
di emissione dovuto a un singolo atomo: una riga spettrale di una lampada
ad arco in un gas rarefatto, una riga di emissione di un laser tradizionale
(anche se in questi casi γ sarebbe decisamente minore del valore in figura.)
Figure 4.1: Simulazione di un curva di Lorentz, per una transizione nel visibile (ω0 = 4 × 1015 rad/s ) e una larghezza a met`a altezza ∆ν = γ/2π = 1012
Hz.
69
Abbiamo dovuto includere un termine di smorzamento perch´e sappiamo
che nessuna eccitazione dura indefinitamente a meno che non sia mantenuta
da una fonte di energia esterna. Sarebbe molto difficile derivare questo termine dall’Elettromagnetismo classico. Possiamo comunque, una volta accettata la sua necessaria esistenza, discuterne un aspetto estremamente importante.
Supponiamo che un certo numero di atomi, molto grande, venga eccitato simultaneamente in modo da emettere un segnale macroscopico del tipo
descritto dall’Eq. 4.13. Una sorgente di radiazione luminosa convenzionale
emette questo tipo di impulsi (detti treni d’onda) di brevissima durata,
dell’ordine di τ ∼ 1/γ. Ma γ `e anche una misura della larghezza della riga
spettrale corrispondente. Vale quindi la relazione:
∆ω τ ∼ 1
(4.15)
Abbiamo gi`a evidenziato il fatto che, tanto maggiore `e l’estensione in frequenza dei un segnale, tanto minore `e la sua durata e viceversa. Questo che,
classicamente, `e un risultato dell’analisi di Fourier dal punto di vista quantistico coincide con il Principio di indeterminazione di Heisenberg
che correla le osservabili tempo e energia.
Consideriamo infatti l’interpretazione quantistica dell’emissione di radiazione. Secondo la meccanica quantistica ogni atomo imperturbato pu`o accedere a un numero di stati discreti di energia con un valore ben preciso.
Quando un atomo viene eccitato da una qualsiasi fonte di energia pu`o passare
da uno stato fondamentale o comunque a pi`
u bassa energia a uno stato
eccitato a energia maggiore. Supponiamo di eccitare un grande numero di
atomi, ad esempio con un impulso laser molto breve, da uno stato a energia
E1 a uno stato di energia E2 > E1 . Ogni atomo eccitato ritorner`a nello stato
iniziale dopo un certo tempo ∆t dall’eccitazione iniziale. Se la diseccitazione
`e radiativa, ogni atomo emetter`a un fotone di energia hν = ~ω ≈ E2 − E1 ,
come rappresenta schematicamente la Fig. 4.2. Questo fenomeno si chiama
emissione spontanea.
Se misuriamo i ritardi ∆t, dall’istante di eccitazione t = 0, all’istante di
emissione di ogni singolo fotone, tramite un rivelatore di radiazione molto
sensibile (un fotomoltiplicatore), possiamo calcolare il valor medio h∆ti cio`e
il tempo di vita medio della eccitazione. Tale misura si realizza in
pratica con un’apparato come quello mostrato in Figura 4.3. Dati N0 atomi
eccitati, al tempo t = 0 la diseccitazione avviene, approssimativamente, con
la legge:
t
N = N0 exp −
τ
70
Figure 4.2: Emissione spontanea di fotoni, dovuta la passaggio di N0
atomi da uno stato eccitato E2 a uno stato a energia minore E1 . La differenza tra le energie dei livelli `e pari all’energia del fotone emesso a meno
dell’indeterminazione dovuta alla vita media τ del livello energetico E2 :
E2 − E1 ≈ hν.
che corrisponde a un tempo medio di emissione h∆ti = τ .
Se consideriamo ora l’Eq. 4.15, e moltiplichiamo ambo i membri per la
costante di Planck ~:
~∆ω τ = ∆E τ ∼ ~
(4.16)
che rappresenta il Principio di Indeterminazione di Heisenberg tempo-energia:
la conservazione dell’energia pu`o essere violata nell’intervallo di tempo in
cui il campo interagisce con il sistema atomico. C’`e una indeterminazione
nell’energia del fotone emesso che `e tanto maggiore quanto `e minore la vita
media della eccitazione. Questa indeterminazione in energia comporta che
nessuna emissione radiativa sia perfettamente monocromatica.
In pratica, la vita media associata agli stati quantici `e sempre finita.
Solo lo stato fondamentale ha una tempo di vita medio infinito. C’`e quindi
una larghezza naturale di riga dell’atomo isolato. Inoltre, qualunque
interazione dell’atomo con l’ambiente esterno, che riduce il tempo di vita
medio dell’eccitazione `e causa di allargamento di riga.
71
Figure 4.3: Misura sperimentale della statistica della emissione di radiazione.
A t = 0 (segnale di START) gli atomi vengono eccitati da un impulso laser
ultra-breve. Dopo un intervallo di tempo ∆t il fotomoltiplicatore rileva un
fotone emesso (segnale di STOP.) Il valor medio dei ∆t misurati con questa
tecnica `e il tempo di vita τ della eccitazione. Si suppone di trascurare la durata finita, ma molto pi`
u breve della vita media dell’eccitazione, dell’impulso
laser.
4.2
4.2.1
Allargamento omogeneo e inomogeneo di
riga
Allargamento omogeneo di riga
La larghezza in frequenza della funzione 4.14 `e caratteristica di ogni singolo
atomo del sistema fisico. La funzione descrive quindi l’emissione degli N0
atomi eccitati, considerati indipendenti tral loro.
Ogni processo di interazione tra atomi che avviene allo stesso modo per
ognuno di essi comporta un allargamento omogeneo di riga. Alcuni
meccanismi importanti di allargamento omogeneo sono i seguenti:
• Vita media spontanea dell’eccitazione, come abbiamo gi`a scritto. In
assenza di interazioni con l’ambiente esterno l’atomo ritorna nel suo
stato fondamentale dopo un tempo caratteristico τ = 1/γ e l’estensione
spettrale dell’emissione radiativa prende il nome di larghezza naturale
di riga.
• In un cristallo, un atomo pu`o interagire con gli atomi vicini trasmettendo energia sotto forma di energia vibrazionale. Si tratta di un
processo detto interazione elettrone-fonone. L’interazione pu`o
72
cambiare l’ampiezza (collisione anelastica) o solo la fase (collisione elastica) della oscillazione (possiamo pensare che la costante di fase φ della
Eq. 4.12 dipenda ora dal tempo φ = φ(t).) Ci`o avviene in un tempo
caratteristico τc (c indica una collisione) che `e l’intervallo medio che
intercorre tra le interazioni dell’atomo con il reticolo cristallino.
• In un gas ad alta pressione, e quindi a densit`a abbastanza elevata,
possono avvenire collisioni tra atomi (o molecole) con una frequenza
tale che questo processo domina largamente rispetto al decadimento
intrinseco dell’atomo isolato.
Ad esempio, nel caso di una transizione atomica in presenza di collisioni
elastiche, dovremo tener conto dell’effetto medio sullo spettro delle interazioni
dell’atomo con l’ambiente esterno. Il campo totale `e somma di contributi di
atomi identici, ma che sono scorrelati in fase:
X
E(t) = E0
cos (ω0 t + φm (t))
m
Il risultato finale[13] `e che l’allargamento di riga rimane lorenziano, ma con
una larghezza modificata come:
∆ω = γ +
4.2.2
2
τc
(4.17)
Allargamento inomogeneo di riga
Spesso invece accade che i singoli atomi di un sistema siano distinguibili,
in quanto ognuno di essi possiede una frequenza di emissione ν 0 leggermente
diversa dagli altri. Lo spettro di emissione spontanea corrispondente sar`a
quindi allargato attorno a una frequenza centrale ν0 , a causa della variazione
di frequenza di emissione da punto a punto del sistema, anzich´e alla vita
media finita degli stati eccitati. Questo tipo di allargamento `e chiamato
allargamento inomogeneo di riga.
Si possono fare due esempi molto importanti:
• In un cristallo, esistono inevitabili imperfezioni che rompono la simmetria di traslazione del reticolo cristallino. Deformazioni del legame
chimico tra gli atomi, assieme ad altri tipi di imperfezione, che variano da punto a punto del materiale, originano una distribuzione delle
frequenze di transizione all’interno del materiale stesso.
• In un gas, gli atomi o le molecole emettono a frequanze leggermente differenti, dipendentemente dalla loro velocit`a termica a causa dell’effetto
73
Doppler. Dunque, se un atomo la cui frequenza di transizione `e ν0 si
muove verso l’osservatore con velocit`a vx , questi misurer`a una frequenza
effettiva:
vx 0
ν = ν0 1 +
c
`
E abbastanza semplice dimostrare che, in questo caso, la forma di riga
non `e una Lorentziana, ma una Gaussiana. Questo risultato deriva direttamente dal fatto che la distribuzione delle velocit`a in un gas in equilibrio alla temperatura T `e data dalla distribuzione di Maxwell
32
M 2
M
2
2
exp −
(v + vy + vz )
f (vx , vy , vz ) =
2πkT
2kT x
Scriviamo il risultato finale, per il profilo di riga spettrale g(ν) omettendo i calcoli, che si possono trovare sul testo di Yariv[12]:
c
g(ν ) =
ν0
0
M
2πkT
12
M c2 (ν 0 − ν0 )2
exp −
2kT
ν02
La larghezza a met`a altezza corrispondente `e:
r
2kT
0
∆ν = 2ν0
log(2)
M c2
Ad esempio, nel caso della transizione a 6328 ˚
A del Neon, la pi`
u usata
del laser He-Ne, otteniamo, a temperatura ambiente, una larghezza
` chiaro che quanto maggiore `e la
di riga teorica ∆ν 0 = 1.5 GHz. E
temperatura, tanto maggiore `e l’allargamento osservato.
Pu`o accadere che una riga spettrale presenti sia un effetto di allargamento
omogeneo sia un effetto di allargamento inomogeneo, dello stesso ordine di
grandezza. In questo caso avremo una distribuzione di gruppi di atomi o
molecole che emetteno a diverse frequenze ν 0 distribuite in modo gaussiano
con una deviazione standard σ. Ognuna di queste frequenze di emissione
presenta un allargamento lorentziano Γ. Il profilo gaussiano normalizzato `e:
0
(ν − ν0 )2
1
0
exp
(4.18)
G(ν − ν0 , σ) = √
2σ 2
2πσ
√
larghezza di riga:
2 2 log(2)σ
(4.19)
Il profilo lorenziano, anch’esso normalizzato:
L(ν − ν 0 , Γ) =
1
Γ/2
0
π (ν − ν)2 + (Γ/2)2
74
(4.20)
Figure 4.4: Curva di Voigt, centrata a ν0 = 7.5 × 1014 Hz (400 nm) e una
larghezza di riga gaussiana uguale alla larghezza di riga lorenziana: ∆ν =
1.0 × 1012 Hz
Avremo in definitiva che la forma di riga g(ν) sar`a spesso meglio descritta
da una convoluzione tra un profilo gaussiano e un profilo lorenziano:
Z +∞
g(ν) =
G(ν 0 )L(ν − ν 0 ) dν 0
(4.21)
−∞
L’Eq. 4.21 prende il nome di curva di Voigt ed `e una curva simmetrica come
la Gaussiana e la Lorentziana (Fig. 4.4.)
4.2.3
Spettri di righe e spettri continui
Occorre notare che abbiamo semplificato molto il problema cosniderando
solo una transizione radiativa in un sistema a due livelli. In generale avremo
diverse transizioni, di cui alcune radiative, tra un generico livello Ek e i
livelli Ej , con j < k. Avremo dunque uno spettro di righe, a volte uno
spettro discreto. Ad esempio, in Fig. 4.2.3, sono mostrate tre righe
caratteristiche di una lampada a scarica al Neon. Dobbiamo osservare che
oltre alle cause di allargamento spettrale dell’emissione dovute alla struttura
del materiale esiste un allargamento strumentale dovuto alla maggiore
o minore risoluzione spettrale dello strumento (spesso si utilizza un
monocromatore a reticolo e una matrice di fotorivelatori CCD.)
Se le righe sono cos`ı vicine da sovrapporsi, perch´e gli effetti di allargamento sono alti (come nelle lampade a gas ad alta pressione e temperatura)
oppure perch´e il numero dei livelli energetici `e tanto alto da diventare una
75
Figure 4.5: Spettro di righe di una lampada al Neon, misurato con un
monocromatore a reticolo.
distribuzione quasi continua (come in un solido cristallino,) allora osserviamo
bande di luminescenza oppure addirittura uno spettro continuo. Ad
esempio, in Fig. 4.2.3, `e mostrato lo spettro di emissione spontanea degli ioni
Nd3+ in un reticolo di CaWO4 . Lo spettro consiste in un numero di righe che
si sovrappongono parzialmente. Il picco pi`
u alto corrisponde alla transizione
laser.
4.3
Modello classico. Vibrazioni forzate
Fino a d’ora abbiamo preso in considerazione la radiazione emessa da un elettrone legato al suo atomo, in seguito ad un impulso transitorio di eccitazione.
Abbiamo utilizzato un modello classico per spiegare l’emissione spettrale e lo
abbiamo paragonato (molto qualitativamente) alla descrizione quantistica.
Adesso consideriamo, sempre utilizzando il modello classico, il moto di un
elettrone legato da una forza armonica e sottoposto a una vibrazione forzata
da un campo elettromagnetico esterno. Da questa trattazione derivano le
teorie classiche della diffusione (scattering), dell’assorbimento e della dispersione della luce.
Supporremo sempre che la frequenza del campo eccitante non sia cos`ı alta
da imprimere agli elettroni una velocit`a vicina a quella della luce. In questo
modo potremo trascurare l’effetto del campo magnetico, rispetto a quello del
campo elettrico, sul moto degli elettroni[4].
76
Figure 4.6: Spettro di emissione spontanea del Nd3+ :CaWO4 . Modificato da
[12].
e −iωt . L’equazione del moto 4.11
Consideriamo un termine forzante: Ee
viene modificata nel modo seguente:
x
¨ + γ x˙ + ω02 x = −
e −iωt
eEe
m
(4.22)
Cerchiamo una soluzione del tipo: x = Xe−iωt , dove l’ampiezza X `e complessa. Sostituendo nell’Eq. 4.22, si ottiene:
X=
e
1
−eE
2
m ω0 − ω 2 − iωγ
(4.23)
Dalla Eq. 4.23 deriviamo la risposta del sistema atomico al termine forzante,
sia in ampiezza che in fase. Detto N il numero di atomi per unit`a di volume,
la polarizzazione corrispondente, che chiameremo polarizzazione risonante, `e:
2e
1
e ris = N e E
(4.24)
P
2
m ω0 − ω 2 − iωγ
La relazione costitutiva per il campo elettrico sar`a data da un termine di
polarizzazione risonante e un termine di polarizzazione dovuta al resto del
mezzo materiale, cio`e agli altri oscillatori che hanno frequenza propria molto
differente da quella del termine forzante:
e = ε0 E
e +P
e non−ris + P
e ris = ε0 E
e + ε0 χE
e +P
e ris
D
Dato che:
e = ε0 εr E
e
D
77
(4.25)
l’espressione della permittivit`a dielettrica relativa `e:
εr (ω) = 1 + χ +
N e2
1
2
ε0 m ω0 − ω 2 − iωγ
(4.26)
Separando la parte reale dalla parte immaginaria:
N e2
ω02 − ω 2
ε0 m (ω02 − ω 2 )2 + ω 2 γ 2
N e2
ωγ
ε00r (ω) =
2
ε0 m (ω0 − ω 2 )2 + ω 2 γ 2
ε0r (ω) = 1 + χ +
(4.27)
(4.28)
Per discutere questi due termini dobbiamo fare una ulteriore approssimazione, considerando frequenze vicine alla frequenza di transizione. Scriviamo ω ≈ ω0 γ. Quindi:
ω02 − ω 2 ≈ 2ω0 (ω0 − ω) = 2ω0 ∆ω
Il disaccordo tra la frequenza di transizione e quella della forzante, ω0 − ω =
∆ω, `e usualmente chiamato detuning in Ottica.
Definiamo anche la permittivit`a relativa statica:
εr (0) = 1 + χ +
N e2
ε0 mω02
(4.29)
e il limite ad altissima frequenza:
εr (∞) = 1 + χ
infine:
εr (0) − εr (∞) =
N e2
ε0 mω02
(4.30)
(4.31)
L’Eq. 4.28 diventa allora:
2ω0 ∆ω
4(∆ω)2 + γ 2
ω0 γ
ε00r (ω) = [εr (0) − εr (∞)]
4(∆ω)2 + γ 2
ε0r (∆ω) = εr (∞) + [εr (0) − εr (∞)]
(4.32)
(4.33)
In Fig. 4.6 sono rappresentate le espressioni delle Eq. 4.32 e 4.33, per un
oscillatore di frequenza propria ω0 = 1014 rad/s e γ = 1012 Hz, εr (0) = 12.1
e εr (∞) = 10. L’esempio `e preso dal testo di Fox[11]. Il profilo della parte
immaginaria `e una Lorentziana, mentre la parte reale presenta un andamento
crescente lontano dalla transizione e decrescente in prossimit`a della risonanza.
78
Figure 4.7: Permittivit`a elettrica relativa e indice di rifrazione. Sono rappresentate la parte reale e la parte immaginaria dei due parametri, vicino alla
frequenza di risonanza. Modificato da [11].
Lo stesso andamento qualitativo `e seguito dall’indice di rifrazione reale e
dal coefficiente di estinzione, definiti dall’Eq. 4.2, che sono poi le quantit`a che
possiamo misurare direttamente e a cui possiamo dare un significato fisico
non ambiguo. Il coefficiente β/2 `e proporzionale al coeffficiente di assorbimento α del materiale che compare nella Legge di Beer 4.5. L’assorbimento
`e ovviamente massimo alla frequenza propria di oscillazione.
L’indice di rifrazione reale n ha una zona in cui decresce con la frequenza, detta zona di dispersione anomala. L’estensione in frequenza di
questi effetti sono regolati dal parametro γ. Tuttavia l’aumento dell’indice
di rifrazione con la frequenza, cio`e la dispersione normale, interessa una zona
pi`
u estesa di γ.
Dobbiamo adesso considerare il fatto che le risonanze in un materiale
sono molteplici. In uno solido abbiamo le risonanze dovute alle vibrazioni
degli atomi attorno alle loro posizioni di equilibrio e le risonanze dovute
alle oscillazioni degli elettroni legati all’interno degli atomi. La parte non
risonante della polarizzazione nell’Eq. 4.25 `e in realta dovuta a tutte le altre
oscillazione a frequenze diverse da ω0 . Possiamo trattare trattare allo stesso
modo tutte le transizioni, nel nostro modello, considerando tutte le frequenze
proprie ωj :
1
N e2 X
(4.34)
εr (ω) = 1 +
2
2
ε0 m j ωj − ω − iωγj
La Fig. 4.3 illustra in modo semplificato l’andamento della Eq. 4.34.
Ad altissime frequenze gli elettroni non sono in grado di seguire le oscil79
Figure 4.8: Diagramma della dipendenza dalla frequenza dell’indice di
rifrazione (parte reale e immaginaria.) Modificato da [11].
lazioni del campo. Il contributo della polarizzazione `e quindi nullo e l’indice
di rifrazione n → 1. Scendendo in frequenza incontriamo le risonanze degli
elettroni pi`
u vicini e fortemente legati al nucleo atomico che assorbono nella
regione X dello spettro. Diminuendo ancora la frequenza, troviamo le transizioni degli elettroni pi`
u esterni, che corrispondono a frequenze visibili e UV.
Infine abbiamo le oscillazioni dovute alle vibrazioni atomiche che occupano
la regione IR. In corrispondenza di ogni transizione osserviamo l’andamento
anomalo dell’indice di rifrazione reale n. Negli intervalli tra le risonanze il
mezzo `e trasparente.
La dipendenza dalla frequenza dell’indice di rifrazione, anche lontano
dalle transizioni, `e alla base del fenomeno della dispersione.
La teoria classica non spiega il fatto sperimentale che le righe di assorbimento non hanno tutte la stessa intensit`a. Per rendere pi`
u aderente alla realt`a
il modello dobbiamo introdurre empiricamente la forza dell’oscillatore
fj :
εr (ω) = 1 +
fj
N e2 X
ε0 m j ωj2 − ω 2 − iωγj
80
(4.35)
Dalla meccanica quantistica risulta:
X
fm = 1
somma sulle transizioni di ogni singolo elettrone
m
(4.36)
` di
Dunque la forza dell’oscillatore ha il significato di una probabilita
transizione
4.4
Dispersione nei materiali trasparenti
Consideriamo la dispersione di un mezzo trasparente usato per eccellenza in
ottica: il vetro puro o silice, cio`e il SiO2 (quarzo non monocristallino). Tra
l’IR e l’UV l’assorbimento di questo materiale `e estremamente basso. Dunque
possiamo utilizzare le approssimazioni 4.8 e 4.9. Dunque, abbastanza lontano
dalla transizione:2
s
p
N e2
ω02 − ω 2
n ≈ ε0r (ω) = 1 + χ +
ε0 m (ω02 − ω 2 )2 + ω 2 γ 2
χ
N e2
ω02 − ω 2
+
2 2ε0 m (ω02 − ω 2 )2 + ω 2 γ 2
χ
N e2
1
≈1+ +
2
2 2ε0 m ω0 − ω 2
χ
N e2
1
≈1+ +
2
2 2ε0 mω0 1 − ωω22
0
2
2
χ
Ne
ω
≈1+ +
1+ 2
2
2 2ε0 mω0
ω0
≈1+
(4.37)
Dalla ormai ovvia relazione:
ω=
1
2πc
→ ω2 ∝ 2
λ
λ
Si ottiene:
B
(4.38)
λ2
L’Eq. 4.38 coincide approssimativamente con l’equazione di Cauchy, che `e un
legge empirica: Si ottiene:
n(λ) = A +
n(λ) = A +
B
C
+ 4 + ...
2
λ
λ
81
(4.39)
Figure 4.9:
Diagramma della dipendenza dalla lunghezza d’onda
dell’indice di rifrazione, nella zona di trasparenza di un vetro BK7
(http://en.wikipedia.org/wiki/Image:Cauchy-equation-1.svg)
In Fig. 4.4 `e mostrato un andamento sperimentale. Viene utilizzata per il
fit anche la Formula di Sellmeier, sempre determinata empiricamente:
n2 (λ) = 1 +
B1 λ2
B2 λ2
B3 λ2
+
+
λ2 − C 1 λ2 − C 2 λ2 − C 3
(4.40)
Riportiamo in Fig. 4.10 una curva curva di trasmittanza (frazione di radiazione trasmessa) SiO2 amorfo (fused silica) dall’UV all’infrarosso.
Le curve di trasmissioni sono ovviamente speculari a quelle di assorbimento.
I picchi di assorbimento nell’IR a 2.7 µm e a lunghezze d’onda pi`
u corte
sono attribuibili a legami O-H nel materiale. Le bande di assorbimento a pi`
u
alta lunghezza d’onda sono dovute a vibrazioni della molecola di SiO2 . Il limite della trasmissione nell’ultravioletto `e regolato dalla presenza di impurezze
metalliche, a livello di parti per miliardo.
4.5
Propagazione del segnale
Ri-consideriamo la velocit`a di gruppo, alla luce di quello che abbiamo imparato nelle sezioni precedenti. Sappiamo che la relazione di dispersione tra
2
L’approssimazione al primo ordine del termine sotto radice non `e sempre valida: `e si
curamente valida per un gas e tanto pi`
u valida quanto pi`
u la densit`a atomica N `e piccola
82
Figure 4.10: Frazione di radiazione trasmessa da SiO2 amorfo (fused
silica) dall’UV all’infrarosso.
I picchi di assorbimento nell’IR a 2.7
µm e a lunghezze d’onda pi`
u corte sono attribuibili a legami O-H
nel materiale. Le bande di assorbimento a pi`
u alta lunghezza d’onda
sono dovute a vibrazioni della molecola di SiO2 .
Modificato da:
“http://www.mellesgriot.com/products/optics/toc.htm”
k e ω(k) nell’Eq. 4.4 `e data da:
ck
ck
ω(k) = √ ≈
εr
n
Per la maggior parte delle frequenze ottiche n > 1. Derivando rispetto a
ω si ottiene:
c
dω
= vg =
dk
n(ω) + ω(dn/dω)
(4.41)
Per dispersione normale si ha oltre che n > 1 anche dn/dω > 0, dunque
sicuramente:
c
vg < v = < c
n
Cio`e, la velcoit`a di gruppo `e minore della velocit`a di fase che `e anche minore
di c. alla velocit`a di gruppo si pu`o assegnare il significato fisico di velocit`a
di propagazione dell’energia.
Nelle regioni di dispersione anomala, invece, dn/dω pu`o essere grande e
negativo. Allora la velocit`a di gruppo differisce molto dalla velocit`a di fase ed
entrambi possono essere maggiori di c. In questo caso, di forte assorbimento,
nessuna delle due velocit`a ha il significato fisico di propagazione di un segnale.
83
4.6
Elettroni liberi in un conduttore solido
Fino ad adesso abbiamo trascurato la conducibilit`a dei materiali e abbiamo
trattato le oscillazioni smorzate o forzate delle cariche legate ai propri atomi.
Consideriamo ora gli elettroni liberi in un conduttore.
Non dobbiamo pi`
u trascurare la densit`a di correnti vere nelle equazioni
di Maxwell. In pratica ritorniamo all’equazione dei telegrafisti 3.18:
e + iµ0 σω E
e + µ 0 ε0 ω 2 εr E
e =0
∇2 E
(4.42)
Una equazione formalmente identica vale per il campo magnetico. La soluzione
di onda piana `e ancora valida, posto che:
σ
ω2
2
2
(4.43)
k = µ0 ε0 ω εr + iωµ0 σ = 2 εr + i
c
ε0 ω
Anche in questo caso abbiamo il parametro k in generale complesso. Il termine immaginario iσ/ε0 ω `e legato alla attenuazione del campo nei conduttori
e dipende dai portatori di carica liberi. Non si pu`o escludere un termine di
polarizzazione εr , dovuto agli elettroni legati ai loro atomi (molecole.)
Tuttavia in un buon conduttore, come rame, argento, platino, la conducibilit`a statica `e dell’ordine di σ0 ∼ 108 Ω−1 m−1 . Quindi:
σ ≈ σ 0 ε0 ω
ω
per:
σ0
108
∼ 1019 rad/s
=
ε0
8.854 × 10−12
Abbiamo qui supposto che σ sia una quantit`a indipendente dalla frequenza,
il che non `e vero, in generale. Quindi questo calcolo non `e attendibile. Tuttavia si verifica che, per tutti i metalli puri, la corrente di spostamento `e
trascurabile rispetto alla corrente di conduzione fino a tutto il range delle
microonde.
Valutiamo ora il termine di corrente di conduzione, in base all’equazione
del moto di un elettrone libero:
x
¨ + γ x˙ = −
eE
m
(4.44)
Rispetto all’Eq. 4.22 manca la forza elastica di richiamo e la costante di
smorzamento γ `e ora legata alle collisioni degli elettroni di conduzione con
il reticolo cristallino, cio`e alla conducibilit`a elettrica. Lo spostamento della
carica elettronica `e dato da:
X=−
e
eE
1
2
m −ω − iωγ
84
(4.45)
Sappiamo che la densit`a di corrente di conduzione ha la forma:
J = −nev
(4.46)
dove n `e la densit`a dei portatori liberi per unit`a di volume. Supponiamo che
ogni atomo fornisca un elettrone alla conduzione elettrica, allora n = N :
J=
2
iω
1 e
N e2
e = Ne
E
E
2
m ω + iωγ
m γ − iω
(4.47)
N e2 1
m γ − iω
(4.48)
Dunque:
σ=
Il valore in continua (per ω = 0) `e:
σ0 =
N e2 1
N e2 τ
=
m γ
m
(4.49)
Dove τ `e il tempo di rilassamento, cio`e il tempo medio tra due interazioni
dell’elettrone di conduzione con il reticolo cristallino.3
Dunque, dalla conoscenza di σ0 possiamo calcolare γ e valutare la dipendenza della conducibilit`a dalla frequenza.
La resistivit`a del rame `e ρ ≈ 1.7 × 10−8 ω m, supponiamo che ogni atomo
fornisca un elettrone libero:
N=
8.96
densit`a
× Numero di Avogadro =
× 6.022 1023
peso atomico
63.546
= 8.49 × 1022 /cm3 = 8.49 × 1028 /m3
→γ=
N e2
8.5 1028 × (1.6 10−19 )2
=
σ0 m
6.0 107 × 9.11 10−31
= 4 × 1013 Hz
Dunque possiamo veramente trascurare, fino all’IR, il termine dipendente
dalla frequanza nella Eq. 4.48:
γ − iω ≈ γ
per frequenze minori di:
3
ω ∼ 1013 rad/s
Pi`
u correttamente nelle Eq. 4.48 e Eq. 4.49 dovremmo utilizzare, al posto della massa
m dell’elettrone, una massa efficacie m∗ , che dipende dall’interazione tra elettrone di
conduzione e ioni del reticolo, e quindi varia da mtateriale a materiale. Tuttavia come
ordine di grandezza m ∼ m∗ .
85
4.6.1
Onde elettromagnetiche nei conduttori
Radiofrequenze. Effetto pelle
Rimanendo a frequenze minori delle frequenze IR, consideriamo σ indipendente dalla frequenza stessa, e consideriamo un’onda monocromatica piana
che si propaga in un mezzo in cui vale:
2 2
ω
ω
σ
σ
2
≈ i
(4.50)
k = r + i
2
0 ω c
0 ω c2
Dobbiamo eseguire la radice quadrat di un numero cimmaginario. Basta
ricordare che:
π
π
i = cos + i sin = eiπ/2
2
2
Allora:
√
√ !
√
π
π
2
2
i = ±eiπ/4 = ± cos + i sin
=±
+i
4
4
2
2
Quindi abbiamo, per k, l’espressione:
√
√ !
r
r
ω
σ
2
2
ω
σ
k=±
+i
=±
(1 + i)
c ε0 ω
2
2
c 2ε0 ω
(4.51)
Scegliamo il segno positivo, corrispondente a un’onda progressiva, piana, che
si propaga nella direzione ζ:
r
r
σ
σ
ω
ω
e
ζ − ωt + φ exp −
ζ
E exp(−iωt) = E0 exp i
c 2ε0 ω
c 2ε0 ω
(4.52)
La costante di attenuazione dell’onda `e:
r
r
ω
σ
σω
=
(4.53)
c 2ε0 ω
2ε0 c2
L’Eq. 4.53 esprime matematicamente l’effetto pelle. L’onda elettromagnetica penetra come un campo evanescente all’interno di un buon
conduttore e la lunghezza di penetrazione l decresce con la frequenza.
consideriamo una frequenza relativamente bassa: ω1 = 106 rad/s, che
corrisponde a una frequenza ν1 = 160 kHz. La lunghezza di penetrazione `e:
s
2ε0 c2
= 0.16 mm
l=
σ0 ω1
Questo `e l’effetto di schermo elettromagnetico dei materiali metallici, dovuto
alla presenza nei metalli degli elettroni di conduzione.
86
Alte frequenze. Frequenza di plasma
Ad alte frequenze non possiamo trascurare il termine εr e la dipendenza di
σ dalla frequenza. Il calcolo `e leggermente pi`
u complicato.
ω2
σ
ω2
i N e2 1
2
k = 2 εr + i
= 2 εr +
c
ε0 ω
c
ε0 ω m γ − iω
2
2
2
2
i N e γ − iω
ω
Ne
γ
1
ω
N e2
= 2 εr + i
= 2 εr +
−
c
ε0 ω m γ 2 + ω 2
c
mε0 ω γ 2 + ω 2 mε0 γ 2 + ω 2
(4.54)
Definiamo ora la frequenza di plasma:
ωp2 =
N e2
mε0
(4.55)
Allora l’Eq. 4.54 diviene:
ω2
k = 2
c
2
ωp2 ω 2
ωp2 γω
−
εr + i 2 2
ω γ + ω2 ω2 γ 2 + ω2
(4.56)
Possiamo ora valutare la frequenza di plasma per il rame, dai valori dei
parametri che gi`a conosciamo:
s
N e2
= 1.64 × 1016 rad/s
(4.57)
ωp =
mε0
Dai calcoli precedenti risulta invece che γ = 4 × 1013 dunque per ω vicino
alla frequenza di plasma si pu`o trascurare γ 2 rispetto a ω 2 :
ωp2 γ
ωp2
ωp2 ω2
ω2
γ
2
k = 2 εr − 2 + i 2
= 2 εr − 2 1 − i
(4.58)
c
ω
ω ω
c
ω
ω
Infine, per ω ωp , γ/ω diventa trascurabile e abbiamo:
r
ωp2
ω
ω√
εr − 2 ≈
εr
k=
c
ω
c
(4.59)
Cio`e il conduttore diventa trasparente alla radiazione, eccettuato per le sue
frequenze di assorbimento, quindi si comporta esattamente come il dielettrico
che abbiamo descritto in precedenza. Ci`o avviene per frequenze molto maggiori di:
ωp
νp =
= 2.6 × 1015 Hz
2π
cio`e nel profondo UV.
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