Corte di Cassazione Sezione Lavoro civile Sentenza 23 settembre 2014 n. 19996 Integrale Rapporto di lavoro interinale - Contratto intercorrente tra l'impresa fornitrice ed il singolo lavoratore - Casi in cui è possibile ricorrere a prestazioni di lavoro temporaneo - Mancata individuazione - Presunzione di legittimita’ del contratto interinale - Esclusione - Apposizione del termine – Nullita’ - Conseguenze: rapporto considerato sin dalla sua stipula in favore dell'utilizzatore - Legge n. 1369 del 1960 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSELLI Federico - Presidente Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere Dott. BRONZINI Giuseppe - rel. Consigliere Dott. D'ANTONIO Enrica - Consigliere Dott. TRIA Lucia - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA 1 sul ricorso 573/2012 proposto da: (OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende, giusta delega in atti; - ricorrente contro (OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti; - controricorrente e contro (OMISSIS) S.P.A.; - intimata avverso la sentenza n. 1050/2010 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 22/12/2010 R.G.N. 1687/2008; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/07/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE BRONZINI; udito l'Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS); udito l'Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS); udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per inammissibilita' o in subordine rigetto dei motivi uno e sei, accoglimento parziale del settimo, assorbimento dell'ottavo. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO (OMISSIS) esponeva al Tribunale del lavoro di Milano di essere stato assunto da (OMISSIS) spa con un contratto di lavoro temporaneo con decorrenza dal 13.2.2003 al 15.3.2003 stipulato per "casi previsti dai contratti collettivi nazionali della categoria di appartenenza dell'impresa utilizzatrice" come impiegato presso le (OMISSIS) con 2 mansioni di operatore addetto ai CMP presso il CMP di (OMISSIS). Chiedeva dichiararsi l'illegittimita' del termine, la trasformazione del rapporto in contratto a tempo indeterminato nei confronti della societa' (OMISSIS) dalla data di assunzione, con il pagamento delle retribuzioni non percepite. Si costituivano le (OMISSIS) contestando la fondatezza del ricorso. Il Tribunale di Milano con sentenza del 25.10.2007 accertava la nullita' del termine e disponeva la chiesta trasformazione del contratto. La Corte di appello di Milano con sentenza del 21.10.2010 accoglieva solo parzialmente l'appello delle (OMISSIS) (in punto liquidazione del danno). La Corte territoriale rilevava che nel contratto di lavoro non erano state indicate in modo chiaro ed univoco le ragioni dell'assunzione con contratto di lavoro temporaneo posto che il contratto si riferiva genericamente alle ipotesi di cui ai contratti collettivi". Anche la prova articolata e la documentazione prodotta non era in grado di dimostrare l'effettivita' della sostituzione con personale con diritto alla conservazione del posto di lavoro (come dedotto in giudizio dalle (OMISSIS)). Stante queste carenze non poteva operare la deroga di carattere eccezionale al principio dell'assunzione da parte del soggetto per il quale si lavora e il rapporto andava accertato con riferimento all'effettivo datore di lavoro. La necessaria conseguenza, anche alla luce della giurisprudenza di legittimita', era l'accertamento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con il soggetto per cui si era in concreto lavorato e cioe' le (OMISSIS), con il risarcimento del danno detratto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, l'aliunde perceptum. Per la cassazione di tale decisione propongono ricorso le (OMISSIS) con 7 motivi; resiste parte intimata con controricorso. Le parti hanno depositato memoria illustrativa ex articolo 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo si allega l'omessa motivazione della sentenza impugnata. Non erano state indicate le ragioni di nullita' dell'apposizione del termine, posto che la Corte non aveva ritenuto l'applicabilita' della Legge n. 1369 del 1960 e non aveva spiegato perche' il rapporto era stato costituito con l'utilizzatrice. Il motivo appare infondato. La Corte territoriale ha infatti ritenuto che l'apposizione del termine fosse nulla per una duplice ragione; da un lato nel contratto di lavoro erano state richiamate "solo le ipotesi di cui ai contratti collettivi" e pertanto del tutto genericamente; dall'altro lato la prova e la documentazione offerta dalle (OMISSIS) in ordine alla sussistenza effettiva delle ipotesi di ricorso legittimo alle prestazioni di lavoro interinale era del tutto carente. Va ricordata sul punto la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte secondo cui "in materia di rapporto di lavoro interinale, la mancanza o la generica previsione, nel contratto intercorrente tra l'impresa fornitrice ed il singolo lavoratore, dei casi in cui e' possibile ricorrere a prestazioni di lavoro temporaneo, in base ai contratti collettivi dell'impresa utilizzatrice (nella specie la (OMISSIS) s.p.a.), spezza l'unitarieta' della fattispecie complessa voluta dal legislatore per favorire la flessibilita' dell'offerta di lavoro nella salvaguardia dei diritti fondamentali del lavoratore e far venir meno quella presunzione di legittimita' del contratto interinale, che il legislatore fa discendere dall'indicazione nel contratto di fornitura delle ipotesi in cui il contratto interinale puo' essere concluso. Pertanto, trova applicazione il disposto di cui alla Legge 24 giugno 1997, n. 196, articolo 10 e dunque quanto previsto dalla Legge 23 ottobre 1960, n. 1369, articolo 1, per cui il contratto di lavoro col fornitore "interposto" si considera a 3 tutti gli effetti instaurato con l'utilizzatore "interponente" (Cass. n. 13960/2011; cfr. Cass. n. 21837/2012). Pertanto la motivazione offerta dal Giudice di appello appare congrua e logicamente coerente, anche se va corretto il passaggio nel quale si riferisce non alla Legge n. 1369 del 1960, ma al principio del datore di lavoro effettivo alla luce della citata giurisprudenza di legittimita'. In ogni caso non si tratterebbe di una carenza motivazionale ma semmai della violazione dell'articolo 112 c.p.c. e quindi, sotto tale profilo, il motivo appare inammissibile. Con il secondo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., della Legge n. 167 del 1997, articolo 10 e della Legge n. 1369 del 1960, articolo 1. Il motivo appare inammissibile in quanto non si ricostruisce come la questione sia stata eventualmente posta in appello (la statuizione di primo grado era gia' nel senso della trasformazione del rapporto in capo alle (OMISSIS)); in ogni caso alla luce della giurisprudenza di questa Corte sopra citata l'apposizione al contratto del termine appare senz'altro nulla ed il rapporto deve essere considerato sin dalla sua stipula in favore dell'utilizzatore ex Legge n. 1369 del 1960. Posto che spetta al Giudice stabilire quale sia la legge applicabile al caso concreto, dalla fondatezza del motivo conseguirebbe solo l'onere di rettificare la motivazione della sentenza impugnata, ma non la sua cassazione. Con il terzo motivo si allega la violazione e falsa applicazione della Legge n. 196 del 1997, articoli 1, 3 e 10. Le eventuali violazioni commesse dalle (OMISSIS) della normativa del 97 non comportavano le conseguenze stabilite dai Giudici di merito. Con il quarto motivo si allega la violazione e falsa applicazione della Legge n. 196 del 1997, articolo 1 e articolo 3, nn. 1 e 3 e articolo 10. Le conseguenze della violazioni di cui parla la sentenza impugnata dovevano condurre solo ad una trasformazione del rapporto di lavoro in capo alla impresa fornitrice. I motivi che possono essere trattati congiuntamente vertendo sullo stesso tema appaiono infondati alla luce della gia' richiamata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale l'omessa indicazione nel contratto di lavoro dei motivi di ricorso alla fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo (e nel caso in esame anche l'accertata, mancata, offerta di una idonea prova della sussistenza dei motivi specificati in giudizio) comporta te conseguenze stabilite dai Giudici di merito. Con il quinto motivo si allega la violazione e falsa applicazione della Legge n. 56 del 1987, articolo 23. Il quinto motivo appare inammissibile in quanto non e' spiegata la decisivita' del motivo posto che si impugna un passaggio motivazionale della sentenza impugnata privo di rilevanza (si rileva in sentenza che non sarebbe applicabile la Legge n. 56 del 1987, articolo 23) posto che lo stesso ricorrente afferma che cio' che conta e' solo stabilire se si sia violata la Legge n. 196 del 1997. Con il sesto motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c., degli articoli 115 e 116 c.p.c. e 4 dell'articolo 41 Cost.. La Corte di appello non aveva ammesso la prova richiesta da (OMISSIS) che avrebbe dimostrato la sussistenza delle esigenze dedotte di ricorso al lavoro temporaneo. Il motivo appare inammissibile in quanto, comunque, la prova era a sua volta inammissibile in quanto a monte non vi era stata alcuna specificazione delle ragioni del ricorso a contratti di fornitura di lavoro temporaneo avendo il contratto di lavoro fatto riferimento alla generica indicazione dei casi previsti dalla contrattazione collettiva. Pertanto, essendo l'indicazione a monte generica, la stessa non poteva essere comprovata successivamente dopo le specificazioni offerte solo in giudizio. In ogni caso la Corte territoriale ha dato una congrua e logica motivazione della mancata ammissione della prova evidenziando come i capitoli di prova si riferissero ad un luogo di lavoro diverso da quello ove ha operato il lavoratore intimato e come i detti capitoli non consentissero di ricostruire in alcun modo il processo produttivo nell'ufficio ove il lavoratore ha lavorato e come quindi fossero inidonei a comprovare le dedotte (tardivamente) esigenze di ricorso al lavoro temporaneo. Con l'ottavo motivo (che appare preliminare rispetto a settimo) si allega la violazione e falsa applicazione degli articoli 1206, 1207, 1217, 1219, 2094, 2099 e 2697 c.c.. L'atto di messa in mora e cioe' la richiesta di tentativo di conciliazione non conteneva alcuna offerta della prestazione lavorativa, cosi' come il ricorso introduttivo. Il motivo appare inammissibile in quanto si contesta il valore di atto di messa in mora del documento che il Giudice di prime cure e quello di appello hanno individuato come una offerta di prestazione lavorativa, ma senza produrre il documento e senza nemmeno riprodurlo in radicale violazione, quindi, del principio di autosufficienza del ricorso in cassazione. Con il settimo motivo si allega la violazione e falsa applicazione della Legge n. 183 del 2010, articolo 32. Anche tale motivo appare inammissibile. Alla luce del costante orientamento di questa Corte, in via di principio, che costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimita' lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest'ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimita', il cui perimetro e' limitato dagli specifici motivi di ricorso cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27-2-2004 n. 4070). Tale condizione non sussiste nella fattispecie, benche', con sentenza della Corte Costituzionale n. 303/2011 siano state dichiarate non fondate le questioni di legittimita' costituzionale della Legge 4 novembre 2010, n. 183, articolo 32, commi 5, 6 e 7, sollevate, con riferimento agli articoli 3, 4, 11, 24, 101, 102 e 111 Cost. e articolo 117 Cost., comma 1, in quanto l'unico motivo concernente l'entita' del risarcimento (l'ottavo motivo) e' inammissibile. Si deve quindi rigettare il proposto ricorso, le spese del giudizio di legittimita', liquidate come al dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. 5 La Corte: rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita' che si liquidano in euro 100,00 per spese, nonche' in euro 4.000,00 per compensi, oltre accessori. 6
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