Teorie del popolamento e costruzione identtaria: il

Fedra Alessandra Pizzato
Università Ca’ Foscari (Venezia)
Universitat de Barcelona (Barcelona)
Teorie del popolamento e costruzione identtaria: il contributo di antropologia, paletnologia e archeologia al discorso nazionale italiano tra Oto e
Novecento.
Introduzione.
La ricerca si propone di analizzare la formazione della identtà nazionale italiana e la costruzione di un
immaginario nazionale concernente il passato preromano atraverso lo studio dei rapport reciproci tra il
nazionalismo e le discipline connesse alle scoperte archeologiche. L’arco cronologico di riferimento si situa
tra il 1871 e il 1920, periodo di consolidamento dello stato unitario e di crescente competzione nazionalista
tra le potenze europee in ambito politco, sociale e culturale, competzione sfociata come è noto nel primo
confito mondiale. Il 1871, in partcolare, è stato scelto come estremo temporale inferiore per la ricerca
perché coincide con la data del Congresso di antropologia e archeologia preistorica di Bologna, un evento
fondamentale per l’isttuzionalizzazione degli studi di preistoria e protostoria in Italia, a seguito del quale
venne fondata a Firenze la prima società di antropologia italiana, la prima rivista dedicata a quest studi e
una catedra universitaria ricoperta da Paolo Mantegazza, tre event che vengono considerat dalla storia
della scienza come indicatori di un avvenuto disciplin building1. Si è scelto come possibile termine temporale
della ricerca il 1920, intendendo con questa data sotolineare tanto la non possibilità, almeno nel contesto
di questa ricerca, di tratare i medesimi temi così come si svilupparono nel periodo fascista quanto il valore
di spartacque rivestto dal primo confito mondiale nella elaborazione di teorie politco-culturali sulle
origini della nazione. Nonostante la ricerca si arrest agli anni immediatamente successivi alla fne della
prima guerra mondiale, essa è stata comunque intesa come un possibile “trampolino” per una
riletura/approfondimento del mito della romanità propagandato negli anni del fascismo, un mito costruito
riadatando e riproponendo alcune delle narrazioni tardo otocentesche e primonovecentesche sui popoli
italici2.L’arco temporale considerato coincide, inoltre, con quello in cui si struturarono, si svilupparono e si
1
A questo proposito si è scelto di seguire per la periodizzazione quanto suggerito dalla storia della scienza, in
partcolare da Stchweh, circa la diferenza tra la professionalizzazione di una scienza e invece quelli che sono i primi
studi individuali che possono essere inserit nello stesso ambito disciplinare. Cfr. STICHWEH R., The sociology of scientfc
disciplines: On the genesis and stability of the disciplinary structure of modern science, in «Science in context», 1992, 5
p. 3-15. Si è comunque consapevoli del fato che gli anni del primo sviluppo degli studi sulla preistoria italiana furono
gli anni 60 dell’Otocento; sebbene essi rappresentno un periodo fondamentale per capire il successivo evolversi degli
studi, la tratazione di questa prima fase degli studi non verrà approfondita in questa ricerca anche poiché si dispone
già di un otmo studio a riguardo che rappresenta comunque un costante punto di riferimento: TARANTINI Massimo, La
nascita della paletnologia in Italia (1860-1877), Insegna del Giglio, Firenze, 2012.
2
Si vedrà in seguito come la ricerca sia stata costruita non secondo una metodologia cronologico-lineare, ma
su casi di studio scelt sulla base della capacità di esemplifcare le diverse modalità di interazione tra produzione del
sapere scientfco e contesto socio-politco nazionale e internazionale. Pertanto è utle sotolineare fn d’ora che
ciascun case study presenterà una sua diversa artcolazione temporale interna e il periodo 1871-1920 rappresenta la
cornice temporale più ampia entro la quale i vari casi di studio trovano la propria collocazione. Non si mancherà
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consolidarono le discipline tecniche che si occupano di analizzare i repert emergent dalle escavazioni
archeologiche, tanto quelli inerent la cultura materiale (archeologia e paletnologia) quanto quelli relatvi ai
rest umani (antropologia fsica). Lo sviluppo di queste discipline e l’opera di divulgazione e propaganda
conseguente alla contnua ricerca di legitmazione all’interno della società dei principali interpret delle
discipline stesse mise a disposizione in Italia, come negli altri paesi europei, nuovi materiali sui quali fondare
il sentmento nazionalista. Tipica di ogni nazionalismo è, infat, l’idea che il futuro di una nazione sia
collegato al suo passato: per i nazionalist l’esistenza di un comune passato glorioso è garanzia per la
nazione di un futuro altretanto glorioso.
L’arco temporale considerato coincide, dunque, con quello in cui si struturarono, si svilupparono e si
consolidarono le discipline tecniche che si occupano di analizzare i repert emergent dalle escavazioni
archeologiche, tanto quelli inerent la cultura materiale (archeologia e paletnologia) quanto quelli relatvi ai
rest umani (antropologia fsica). Lo sviluppo di queste discipline e l’opera di divulgazione e propaganda
conseguente alla contnua ricerca di legitmazione all’interno della società dei principali interpret delle
discipline stesse mise a disposizione in Italia, come negli altri paesi europei, nuovi materiali sui quali fondare
il sentmento nazionalista. Tipica di ogni nazionalismo è, infat, l’idea che il futuro di una nazione sia
collegato al suo passato: per i nazionalist l’esistenza di un comune passato glorioso è garanzia per la
nazione di un futuro altretanto glorioso.
Fino al periodo post-unitario il discorso sull’identtà e la grandezza nazionale italiana si era artcolato
essenzialmente su un immaginario medievale e l’idea della Romanità era legata al problema della sua
contnuità atraverso i secoli3. In questo senso l’orizzonte storico per la nazione italiana veniva compreso tra
il sorgere della potenza di Roma antca e l’età contemporanea. Tutavia, dalla metà del XIX sec., gli
archeologi di tuta Europa andarono scoprendo un passato molto più remoto di quello romano, un passato
tanto remoto da rendere non più sufciente il riferimento all’età romana per ribadire la grandezza nazionale
e la “lunga durata” della nazione. In molt paesi, infat, si cominciò a vantare l’esistenza di una civilizzazione
etnico-nazionale ben anteriore a quella romana e questo non poteva restare senza esito sul discorso
nazionale italiano. Per restare alla pari con le altre nazioni (o per ribadire il proprio primato nazionale),
anche l’identtà italiana doveva afondare le proprie radici nei secoli e nei millenni precedent l’avvento di
Roma caput mundi. A questa ulteriore “domanda di passato” cercarono di dare risposta l’antropologia fsica,
tutavia, in partcolare nel contesto dei capitoli 1 e 2, di evidenziare l’importanza della cronologia in partcolare
facendo riferimento alle varie fasi del nazionalismo italiano (in partcolare i passaggi caraterizzat da: i decenni postunitari, la fne del XIX sec., la svolta del 1911) e come all’interno di ciascuna fase esso abbia infuenzato e sia in parte
stato infuenzato dalle discipline tecnico-storiche nella propaganda di diverse possibili costruzioni identtarie per gli
italiani.
3
BANTI Alberto Mario, BIZZOCCHI Roberto a cura di, Immagini della nazione nell’Italia del Risorgimento, Carocci,
Roma, 2002; BANTI Alberto Mario, Sublime madre nostra, Laterza, Roma-Bari, 2011
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l’archeologia e la paletnologia, discipline tecnico-storiche fglie del positvismo, che proprio sulla propria
presunta scientfcità, unita alla capacità di fare luce sul passato, fondarono la propria autorità.
L’obbietvo che ci si è post è, dunque, incominciare a indagare il tema delle narrazioni sulle “più antche
civiltà dell’Italia”4 e le modalità con cui esse hanno infuito sul processo di costruzione della identtà italiana.
Parallelamente si vuole anche metere in luce come l’elaborazione delle stesse teorie sulle civiltà antche sia
stata fortemente infuenzate dal contesto socio-politco-culturale nazionale e internazionale. Dal punto di
vista della storiografa, infat, le narrazioni sull’Italia preromana, elaborate a partre dalla struturazione
delle discipline archeologico-antropologiche avvenuta negli ultmi decenni dell’Otocento, costtuiscono un
aspeto ancora scarsamente investgato in Italia. Se, infat, abbondano tra gli storici italiani le rifessioni
relatve alla letura in chiave nazionale del passato medievale, molto meno si è afrontato il nodo del
passato preromano, della sua re-invenzione e del contributo che le speculazioni scientfche su di esso
hanno fornito in merito alla struturazione di una immagine nazionale.
Verso la fne del XIX sec. e nei primi decenni del XX sec., l’immaginario nazionale subì un cambiamento se
non formale almeno nei contenut. Nei decenni in questone, si passò, infat, dall’immaginario romantco
incentrato sul medioevo a un immaginario più propriamente romano 5. Il riferimento alla romanità fu una
costante della cultura italiana, tutavia negli ultmi anni del XIX sec. si passò da un discorso sulla
sopravvivenza di Roma a un discorso su Roma. Questa ricerca vuole metere in luce come lo sviluppo di
alcune discipline (archeologia, paletnologia e antropologia fsica) abbia contribuito in maniera considerevole
a questo cambio di prospetva e come tale cambio di prospetva sia passato atraverso un ripensamento
generale della cronologia della nazione.
Accetando la prospetva di un “tempo profondo”- che
abbracciava non solo due millenni, ma molt millenni- entro cui collocare le origini della nazione italiana si
accetava, infat, come nuovo problema da portare all’atenzione la stessa origine di Roma. Tale origine fno
ad allora considerata in una prospetva fondamentalmente astorica -che non prendeva in considerazione i
precedent della civiltà latna- venne ricollocata entro una prospetva storica di evoluzione e difusione della
civiltà italica prima ancora che a essa si potessero atribuire gli aggetvi “latna” e “romana”. In quest’otca
rinnovata assumeva una rilevanza senza precedent l’indagine sul passato preromano poiché, tramite lo
studio delle civiltà più antche di quella romana, si sarebbe potuto giungere a un disvelamento della reale
storia della nazione latna e delle sue parentele (culturali e biologiche) con le altre nazioni. In questo senso
le narrazioni sulle popolazioni preromane dell’Italia si rivelano in realtà narrazioni su Roma stessa e
sull’”Italia romana” del XIX e XX sec. Da ciò emerge chiaramente il motvo che ha portato alla scelta di
analizzare la costruzione tardo-otocentesca e primo-novecentesca del passato preromano: tale passato non
4
L’espressione è trata dal ttolo di un discorso pronunciato dal paletnologo Luigi Pigorini (1842-1925)
all’Accademia dei Lincei. PIGORINI Luigi, Le più antche civiltà dell’Italia. Discorso leto nella seduta solenne della Regia
Accademia dei Lincei del 7 giugno 1903, Tipografa della R. Accademia dei Lincei, Roma, 1903
5
BANTI Alberto Mario, Sublime madre nostra, Laterza, Roma, 2011
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costtuiva un problema a sé stante ma, al contrario, era diventato, a partre dalla scoperta delle “più antche
civiltà d’Europa”, il nodo delle discussioni sull’identtà delle nazioni europee e, nel caso italiano, sulla
identtà che si voleva immaginare e costruire per la “rinata nazione latna”.
La prospetva della ricerca.
La prospetva che viene assunta è, dunque, quella delle discipline a lungo considerate “ausiliarie della
storia” che si occupavano di analizzare atraverso una prassi ritenuta tecnico-scientfca i repert emergent
dalle escavazioni di sit archeologici, in partcolare quella dell’antropologia fsica, della paletnologia e
dell’archeologia stessa. È questa un’otca che permete di superare la prospetva della storia della
storiografa e confrontarsi maggiormente con studi di storia culturale e di storia e sociologia della scienza
così come si sono artcolate a partre sopratuto dalla metà degli anni ’90 soto la spinta degli studi di
Michel Foucault sul rapporto tra costruzione del sapere scientfco e potere 6 e del lavoro di Pierre Bourdieu
sulle partche e sulla costruzione del sapere in relazione al contesto più ampio in cui avviene la sua
elaborazione7.
Solo in anni recent si è cominciato, infat, a guardare con un nuovo interesse allo studio della storia delle
discipline “tecniche”. Fino alla fne degli anni ’90 prevaleva nello studio dello sviluppo delle discipline
connesse con l’investgazione scientfca dei rest archeologici (umani o di cultura materiale) una prospetva
fortemente “internalista” che limitava l’indagine al contesto nazionale di sviluppo delle discipline e
difcilmente si dedicava a indagare i meccanismi internazionali che ne infuenzarono l’evoluzione. Questa
prospetva cominciò lentamente a mutare a partre dalla fne degli anni ‘80, quando vennero compilate
delle opere di storia delle singole discipline che, pur mantenendo una prospetva essenzialmente
nazionale, risultano tutavia più atente al contesto politco ampio in cui esse si svilupparono. Per gli studi di
storia dell’archeologia sono esempi di questo primo mutamento di prospetva le opere di Alessandro Guidi 8
e Marcello Barbanera9 in Italia, di Luis Vazques Leon 10 in Mexico, di Chakrabart11 in India. Tutavia, anche le
opere appena citate presentano un caratere problematco di fondo: spesso esse si limitano a ripercorrere
biografe di personaggi eminent, ricostruendone le teorie per comprovarne la validità e l’utlità da esse
6
Si citano almeno: FOUCAULT Michel, Archeologia del sapere, Rizzoli, Milano, 1971; idem, Sorvegliare e punire:
nascita della prigione, Einaudi, Torino 1976; idem, Microfsica del potere: intervent politci, a cura di Alessandro
Fontana e Pasquale Pasquino, Einaudi, Torino, 1977.
7
Vanno ricordat almeno: BOURDIEU Pierre, Gli usi sociali della scienza. Per una sociologia clinica del campo
scientfco, Seam, 1999; idem, La distnzione. Critca sociale del gusto, Il Mulino, Bologna, 2001.
8
GUIDI Alessandro, Storia della paletnologia, Laterza, Roma, 1988.
9
BARBANERA Marcello, Framment di memoria per un discorso storico: sui rapport tra Corrado Maltese e
Ranuccio Bianchi Bandinelli, in Studi in onore di Corrado Maltese, Roma, 1996 pp. 97 seg.
10
VASQUEZ LEON Luis, El leviatan arqueologico. Antropologia de una tradicion cientfca en mexico, Leiden, 1996
11
CHAKRABARTI D. K., An history of Indian Archaeology from the beginning to 1947, New Delhi, 1988.
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rivestte per lo sviluppo successivo della disciplina. Nel momento in cui quest test si sofermano sui
rapport tra archeologia e politca, essi ne discutono come di una mera relazione congiunturale e non
struturale12. A partre dalla metà degli anni ‘90 si assistete invece a un cambio di prospetva. Da quel
momento in poi i maggiori storici dell’archeologia (o che si occuparono di archeologia come oggeto
privilegiato di indagine) iniziarono ad assumere un’otca più vasta e a confrontarsi con categorie storiche
più ampie e problematche quali quelle del colonialismo, dell’imperialismo e del nazionalismo. Il fruto più
maturo di queste rifessioni è rappresentato probabilmente dal lavoro di Margarita Diaz Andreu A World
History of Nineteenth Century Archaeology. Natonalism, Colonialism and the Past uscito nel 200713.
In quest ultmi anni, la prospetva della ricerca appare ulteriormente mutata. Il dibatto scientfco atuale
si sta concentrando, infat, sul tentatvo di superare la contrapposizione tra le due modalità di analisi della
storia delle discipline citate: rifutando la contrapposizione neta tra storiografa “internalista” e
“esternalista” (o “globalista”) ora si tende a sotolineare, in una prospetva molto più multdisciplinare, le
connessioni tra i vari livelli di produzione del sapere scientfco, dal locale al nazionale fno a confrontarsi
con una prospetva globale nello studio del medesimo “prodoto culturale” 14. Per quel che riguarda lo stato
dell’arte in Italia, questo approccio multdisciplinare capace di coniugare contemporaneamente analisi
locale, nazionale e internazionale non ha avuto molto seguito, sebbene i recent lavori di Massimo Tarantni
sulla nascita della paletnologia in Italia e sulla teoria pigoriniana si collochino decisamente in questa
prospetva15.
Anche per quel che riguarda lo stato dell’arte relatvo allo studio dell’antropologia italiana si può afermare
che si è registrato un risveglio di interesse per l’argomento a partre dalla fne degli anni ’80.
Partcolarmente signifcatvi sono gli studi di Sandra Puccini che ha ricostruito in partcolare i primi anni di
sviluppo dell’antropologia fsica italiana e ha incominciato a indagare la costruzione delle prime collezioni
etno-antropologiche nazionali16. In anni più recent la storia dell’antropologia è stata oggeto di studio anche
da parte di storici dell’età contemporanea interessat a indagare in partcolare il complesso fenomeno del
razzismo italiano, bast pensare ai lavori di Francesco Cassata dedicat al razzismo fascista e alla nascita del
12
DIAZ-ANDREU Margarita, Nacionalismo y Arqueologia. El contexto politco de nuestra disciplina, «ERES
Arqueologia-Bioantropologia» 12, pp. 143-168, 2004.
13
DIAZ-ANDREU Margarita, A World History of Nineteenth Century Archaeology. Natonalism, Colonialism and the
Past, Oxford University Press, New York, 2007.
14
DIAZ-ANDREU Margarita, Archaeological Encounters: Building Networks of Spanish and Britsh Archaeologists
in the 20th Century, Cambridge Scholars Publishing, 2013.
15
TARANTINI Massimo, Tra teoria pigoriniana e mediterraneismo. Orientament della ricerca preistorica e
protostorica in Italia (1886 - 1913), in La nascita della Paleontologia in Liguria. At del convegno, Bordighera, 2008 pp.
53 – 61; idem, La nascita della paletnologia in Italia (1860-1877), Insegna del Giglio, Firenze, 2012.
16
PUCCINI Sandra, L’uomo e gli uomini, Centro d’informazione per la stampa universitaria CISU, Roma 1991;
ead, L’antropologia a Roma tra Giuseppe e Sergio Sergi, in «Rivista di antropologia» 71, 1993; Eadm, L’Itala gente
dalle molte vite, Metelmi editore, Roma, 2005; ead., Il corpo, la mente e le passioni, CISU, Roma, 2006.
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movimento eugenetco italiano 17 e a quelli di Guido Abbatsta sulla percezione dell’Africa italiana 18 oltre che
agli studi di Antonino de Francesco, il più recente dei quali è dedicato proprio a indagare i rapport tra
costruzione nazionale e studi sulla antchità della nazione 19. Tutavia il complesso problema del contributo
degli antropologi fsici alla costruzione della nazione è stato fno a ora indagato sopratuto dal punto di
vista del problema della “devianza” o di quello del rapporto tra antropologia e ideologia razziale, mentre è
stato grandemente trascurato un altro punto centrale del rapporto tra teoria antropologica e costruzione
della identtà nazionale, quello della interpretazione e re-invenzione del passato mitco della nazione che
pure costtuisce uno degli aspet principali della ricerca degli antropologi degli anni antecedent all’avvento
del fascismo. Proprio quest’ultmo aspeto della produzione degli antropologi fsici italiani degli anni a
cavallo tra XIX e XX sec., assieme ai contribut del medesimo tpo elaborat da archeologi e paletnologi,
rappresenta l’oggeto di questa ricerca.
Come è evidente, dunque, questa ricerca si inserisce naturalmente nel solco della tradizione storiografca
inaugurata da Hobsbawm20 e Anderson21 che ha come oggeto di studio il tema della costruzione delle
identtà nazionali. In Italia questo problema, come è noto, è stato afrontato in partcolare negli studi di
Alberto Mario Bant sul naton buiding. Per quel che riguarda la tematca della romanità non si può però
neppure prescindere dal citare un recente studio di Giardina e Vauchez, dedicato a indagare le persistenze e
la lunga durata dell’idea di romanità dall’età medievale fno all’età contemporanea 22.
Metodologia e Font.
La scelta di lavorare sulla produzione del sapere scientfco-archeologico (e antropologico) e sui suoi
rapport col nazionalismo ha avuto necessariamente una ripercussione anche sulla selezione delle font
privilegiate per questa ricerca. Scegliendo di tratare il tema della costruzione dell’immaginario preromano
così come si andò struturando a partre dall’ultmo terzo dell’Otocento dal punto di vista delle discipline
“tecnico-storico-archeologiche” si è deciso di privilegiare, innanzi tuto, le font prodote diretamente da
archeologi, paletnologi e antropologi. Primo scopo della ricerca è stato, infat, quello di evidenziare come i
test scientfci prodot dai maggiori studiosi dell’Italia preromana rappresentassero davvero delle
17
CASSATA Francesco, Molt, sani e fort. L’eugenetca in Italia, Bollat Boringhieri, 2006; idem, La difesa della
razza. Politca, ideologia e immagine del razzismo fascista, Einaudi, 2008. Va ricordato, inoltre, il recente volume
Einaudi curato da Claudio Pogliano e Francesco Cassata e dedicato ai rapporti tra scienza e nazione: POGLIANO
Claudio, CASSATA Francesco (a cura di), Storia d’Italia. Annali 26. Scienze e cultura dell’Italia unita, Einaudi, Torino,
2011.
18
ABBATTISTA Giudo, Torino 1884: Africani in mostra, in «Contemporanea» VII, 3, 2004, pp. 369-409; idem.,
Umanità in mostra. Esposizioni etniche e invenzioni esotiche in Italia (1880-1940), EUT, Trieste, 2014.
19
DE FRANCESCO Antonino, The antiquity of the Italian nation : the cultural origins of a political myth in
modern Italy, 1796-1943, Oxford University Press, Oxford,2013.
20
HOBSBAWM Eric J. e BERGER Terence, L'Invenzione della tradizione, Piccola Biblioteca, Einaudi, Torino, 1983
21
ANDERSON Benedict, Comunità immaginate, Manifestolibri, 2000.
22
GIARDINA Andrea e VAUCHEZ André, Il mito di Roma. Da Carlo Magno a Mussolini, Laterza, Roma, 2008.
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narrazioni nazionali risultando delle vere e proprie “storie del sangue e del suolo, della discendenza e della
terra”23. A questo scopo sono state prese in considerazione come font primarie le riviste di paletnologia,
archeologia e antropologia fsica italiane, font già note nel campo della storia delle discipline 24, ma utlizzate
in Italia fno a ora per ricostruire diacronicamente lo sviluppo delle teorie scientfche piutosto che per
analizzare le teorie stesse in quanto formazioni discorsive. Accanto alle riviste, si sono rintracciat, let e
studiat i test scientfci (edit e inedit), le monografe e gli opuscoli che hanno caraterizzato la produzione
dei principali protagonist del dibatto tecnico sulla preistoria, protostoria e storia preromana nel periodo
considerato. Il materiale così raccolto e organizzato è servito in gran parte per la redazione dei primi capitoli
che rispondono allo scopo iniziale della tesi: riscoprire e analizzare le teorie del popolamento preromano
nella loro veste di narrazioni identtarie nazionali.
In una seconda fase della ricerca è emerso come, per dimostrare la validità della letura delle teorie sulle
antche popolazioni dell’Italia preromana nella veste di narrazioni nazionali, si rendesse necessario
approfondire il tema dei rapport tra il nazionalismo italiano e le discipline oggeto di studio. Secondo
quanto sostenuto da Margarita Diaz-Andreu e Timothy Champion in Natonalism and Archaeology in
Europe25 sono tre le modalità in cui si strutura il rapporto tra nazionalismo e archeologia che vanno
indagate per capire appieno le dinamiche di tale relazione. Secondo questo schema risulta, infat,
necessario prendere in considerazione: il ruolo dell’archeologia nella costruzione storica di un’identtà
nazionale; la relazione tra costruzione dello stato nazionale e isttuzionalizzazione dell’archeologia, in
partcolare considerando la nascita di una immagine pubblica dell’archeologia e la volontà di difondere una
specifca educazione sul passato; infne, è necessario indagare il ruolo dell’archeologia nel supportare
element linguistci, razziali ed etnici nel processo di costruzione nazionale. Diaz-Andreu e Champion
sotolineano inoltre come, nella fase storica di afermazione dello stato-nazione, i repert archeologici
vennero mutat in simboli e caricat di un potere connotatvo. In altre parole essi divennero degli emblemi
dell’appartenenza a una civiltà, a una razza e a una cultura la cui storia millenaria garantva il futuro stesso
della nazione.
Si è dunque cercato di seguire la metodologia di analisi suggerita da Diaz-Andreu e Champion allargando
notevolmente la tpologia delle font prese in esame. Già dall’analisi delle riviste scientfche dell’epoca e
dall’approfondimento della storiografa sulla storia dell’archeologia è emerso infat come, per ricostruire il
ruolo di “costrutori di nazioni” svolto da archeologi, paletnologi e antropologi fsici, fosse indispensabile
23
BANTI Alberto Mario, BIZZOCCHI Roberto a cura di, Immagini della nazione, Carocci, Roma, 2002.
24
In questo senso l’indagine ha preso le mosse dallo studio delle riviste nate contestualmente alla fondazione
(o rifondazione nel caso dell’archeologia classica) delle discipline stesse. Si sono studiat pertanto interamente
l’«Archivio per l’Antropologia e l’Etnografa» (1871 - 1936), gli «At della Società Romana di Antropologia», dal 1911
divenuto «Rivista di Antropologia» (1893 - 1937) e il «Bulletno di Paletnologia» (1875-1920).
25
DIAZ-ANDREU Margarita, CHAMPION Timothy a cura di, Natonalism and Archaeology in Europe, Westview Press,
San Francisco, 1996.
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analizzare altri aspet della loro produzione. Queste considerazioni hanno condoto a analizzare tanto la
carta stampata come quotdiani e periodici, quanto i musei e le esposizioni nazionali come font per
comprendere la difusione delle teorie relatve alle popolazioni dell’Italia preromana e delle tematche a
esse legate nella società di massa. A questo scopo sono state studiate alcune testate considerate
partcolarmente rappresentatve sulla base della loro difusione (è il caso de La Domenica del Corriere e de
La Stampa) o selezionate sulla base del partcolare pubblico cui si rivolgevano (è il caso del giornale
femminista Il giornale per la donna e dell’annuario per maestri elementari L’isttutore). Allo scopo di
investgare il livello del dibatto colto, ma non stretamente specialistco, su quest temi si sono analizzate
anche alcune riviste culturali di ampia difusione e rappresentatve di diferent gruppi sociali (è il caso della
rivista positvista Rivista di Filosofa Scientfca, della Rivista Italiana di Sociologia, de la Nuova Antologia, e
della rivista di cultura catolica La Civiltà Catolica). Accanto a queste pubblicazioni difuse su tuto il
territorio nazionale si sono considerate anche testate di caratere locale ogni qual volta fosse necessario
ricostruire una vicenda partcolare legata a uno specifco sito archeologico o a una comunità ristreta. Ne
sono esempi Il Giornale di Vicenza e il Giornale di Bassano per quel che riguarda gli scavi della necropoli
dell’età del ferro del quartere di Angarano (Bassano del Grappa – Vicenza) la cui pubblicazione fu edita da
Paolo Orsi negli «At dell’Accademia dei Lincei».
Un tpo di fonte ancora diversa di cui si è fato ampio uso nel presente studio è rappresentato dalle notzie e
dalle note dei diretori dei musei e dei diretori degli scavi nonché dalle comunicazioni relatve alle gestoni
dei musei che si trovano conservate tanto in archivi nazionali (Archivio Centrale dello Stato, Archivio della
Camera) e locali (archivi dei vari musei) quanto pubblicat in riviste e periodici. La letura di queste font ha
permesso di ricavare notzie important relatve all’elevato grado di consapevolezza dell’importanza dei
musei e dei sit archeologici per la loro potenziale valenza identtaria. In aggiunta a ciò, questa tpologia di
font risulta indicatva delle problematche riscontrate nella gestone del patrimonio culturale archeologico
già all’indomani dell’Unità, problematche che derivavano spesso dalla complessità delle relazioni che si
instauravano tra patrimonio e comunità locali e dalle esigenze di nazionalizzare il patrimonio più volte
espresse a livello politco centrale e di élite culturali. Non bisogna infat dimentcare che tuto il complesso
tema della gestone del patrimonio, già molto ben studiato da Salvatore Sets 26 e Simona Troilo27,
infuenzava diretamente la ricerca archeologica e, a sua volta, fu fortemente infuenzato tra Oto e
Novecento dalla contnua ricerca da parte degli specialist di conferme alle proprie teorie. In questo studio
le font relatve alla musealizzazione sono state utlizzate principalmente per dare conto di questo secondo,
26
SETTIS Salvatore, Futuro del "classico", Torino, Einaudi 2004; id. Bataglie senza eroi. I beni culturali tra
isttuzioni e profto, Electa, Milano 2005.
27
TROILO Simona, Sul patrimonio storico-artstco e la nazione nel XIX secolo, in «Storica» VIII, 23, 2002, pp. 147
– 178; ead., La patria e la memoria. Tutela e patrimonio culturale nell’Italia unita, Mondadori, Milano, 2005.
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in Italia meno indagato, modo di interazione tra teorie del popolamento (cioè teorie sulle origine delle varie
popolazioni preistoriche, antche e moderne), prassi tecnico-isttuzionale e gestone del patrimonio 28.
Nel corso di questa ricerca si è ho avuto (e si avrà) anche modo di studiare numerosi fondi archivistci italiani
principalmente divisibili in archivi personali di archeologi, antropologi e paletnologi (il fondo Pigorini
dell’università degli studi di Padova; il fondo Halbherr dell’Accademia Roveretana degli Agiat; il fondo
Mantegazza del Museo di Storia Naturale di Firenze; il fondo Orsi della Soprintendenza ai Beni Archeologici
di Siracusa; il Fondo Chierici della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia; il fondo Carlo Cipolla della Biblioteca
Civica di Verona) e archivi di Musei (Museo di Antropologia di Firenze; Museo Giuseppe Sergi dell’Università
La Sapienza; Museo Archeologico Nazionale di Parma; Museo Archeologico Nazionale di Adria; Museo
Civico di Bassano del Grappa; Museo Luigi Pigorini di Roma). La tpologia di documentazione presa in esame
spazia dalla corrispondenza personale degli studiosi agli elenchi dei visitatori dei musei; dalle font
iconografche e fotografche ai diari di scavo.
Come si è già avuto modo di afermare, la grande varietà di font studiate risponde evidentemente alla
necessità di porre in evidenza una problematca molto complessa: il rapporto tra nazionalismo e archeologia
preromana italiana nel periodo antecedente alla prima guerra mondiale e l’apporto efetvo delle discipline
tecnico-storiche al processo di naton building italiano con partcolare riferimento alla costruzione del
passato preromano e del mito della romanità che sarebbe in seguito stato il motvo di volta della
propaganda fascista.
Gli studi sui popoli preromani e il contesto nazionale italiano.
Introduzione: strutura della tesi in relazione agli obietvi.
Il complesso lavoro sulle font ha portato ad artcolare la tesi in quatro part principali, a ciascuna delle quali
è stato afdato il compito di metere in luce un diverso aspeto del contributo delle discipline tecnicostoriche al discorso nazionale. Si vorrebbe così sotolineare alcuni aspet della complessa relazione che
archeologia, antropologia fsica e paletnologia intratennero con il nazionalismo italiano nel periodo postunitario e primo-novecentesco. È, tutavia, necessario precisare che questa tesi si va artcolando
essenzialmente atorno a dei casi di studio. Nel suo complesso l’artcolazione per case-studies di questo
lavoro è del tuto coerente con la volontà di trateggiare un quadro capace di resttuire il ruolo
dell’archeologia nel contribuire a superare il discorso manzoniano sul medioevo e nel difondere una
28
A questo proposito si segnala l’atvità che ha svolto in quest ultmi anni il comitato internazionale per lo
studio della storia dei musei riunito nel progeto europeo EuNuMas (European natonal museums: Identty politcs, the
uses of the past and the European citzen).
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simbologia legata al mondo antco e al culto di Roma. Tale artcolazione è parsa, inoltre, funzionale a
portare all’atenzione la varietà e la complessità delle pratche che derivavano e infuenzarono una
determinata prassi di elaborazione del passato. Tale prassi si costruì a partre dai decenni post-unitari e
raggiunse il massimo della sua infuenza nelle modalità di costruzione dell’immaginario nazionale nei primi
decenni del XX sec. Ciò avvenne a partre dalle scuole di antropologia fsica, paletnologia e archeologia
(tanto classica quanto medievale) per poi difondersi capillarmente nella società atraverso i mezzi di
comunicazione di massa. Pertanto, nell’economia del presente lavoro, a ciascun caso di studio è stato
afdato un compito partcolare. Coerentemente con gli obietviobetvi che si sono volut conseguire
atraverso tale artcolazione del lavoro, si è voluto primariamente mostrare la volontà nazionalizzante insita
nelle teorie relatve alle origini e alla identtà delle popolazioni dell’Italia preromana proposte da archeologi,
antropologi fsici e paletnologi e il loro caratere di narrazioni identtarie. Secondariamente si è proceduto a
evidenziare la complessità delle interazioni tra società e prassi scientfca. Si è passat dunque a valutare le
modalità e il grado di difusione delle teorie scientfche al di fuori dell’ambito stretamente professionale.
Infne, secondo le linee di ricerca della “nuova storia della scienza”, si vorrebbe sotolineare la capacità
dimostrata da queste discipline di fornire materiale identtario non solo alla comunità nazionale più vasta,
ma anche la loro attudine a immaginare un ruolo per le identtà locali all’interno della comunità nazionale
più ampia.
Parte I: le narrazioni sull’Italia preromana come proposte identtarie
Fin dalla loro isttuzionalizzazione le discipline tecniche videro nella loro capacità di raccontare il passato
della nazione la via privilegiata alla proprio autolegitmazione. Indagando e interpretando il passato
preromano esse tentarono di rispondere sostanzialmente alla questone dell’origine remota della nazione
italiana, cercando di ricostruire le varie migrazioni che nelle età più antche avrebbero interessato la
Penisola. Ciò fu fato allo scopo di disvelare l’identtà etnico-biologica delle diverse popolazioni preromane e
metere in luce i loro rapport di parentela/discendenza con i moderni popoli europei. In questo senso il loro
caratere di narrazioni identtarie risulta ampiamente confermato. Se si analizzano diacronicamente i vari
discorsi propost dai principali archeologi, antropologi e paletnologi si nota inoltre come, nel corso del
periodo studiato, si sia passat da una visione ideologicamente volta a ricercare una “unità nella
molteplicità” delle popolazioni italiche che si sofermava a valorizzare le peculiarità di ciascun gruppo etnico
e regionale29 a una visione progressivamente sempre più unitarista. A partre dagli anni ’90 dell’Otocento,
infat, emerge chiaramente la volontà di sotolineare i carateri comuni alle antche popolazioni e,
parallelamente a questa tendenza, si assiste a una progressiva valorizzazione del ruolo unifcante di Roma
29
È il caso dei primi studi della Società Italiana di Antropologia a proposito dei quali si veda PUCCINI Sandra, Il
corpo, la mente e le passioni, cit.; nello studio del lavoro della Società Italiana di Paletnologia si è riscontrato una
attudine simile almeno nei primi decenni di vita della società (1875-1895 circa).
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facendone un punto di riferimento identtario sempre più forte. Questo fato risulta verifcato anche nel
caso delle due principali e più infuent teorie sulle popolazioni preromane dell’Italia, quella di Luigi Pigorini
e quella di Giuseppe Sergi. Queste due teorie rispondevano a due diversi e per molt versi contrappost modi
di intendere la nazione italiana, ciascuno dei quali risultava funzionale a legitmare le aspirazioni di uno dei
due floni principali del nazionalismo italiano 30. Il paletnologo emiliano Pigorini, vicino alla famiglia reale e
fortemente infuenzato dagli ambient archeologici nordici, dedicò la sua opera a ricercare le connessioni tra
le civiltà protostoriche dell’Italia e quelle centroeuropee cercando di sostenere la comune appartenenza di
esse alla famiglia ariana. In riferimento al quadro politco generale un tale discorso risultava, inoltre,
essenzialmente funzionale a ribadire la “naturalità” del legame tra Italia, Austria e Confederazione
Germanica e a sostenere la Triplice Alleanza.
Sul fronte opposto, l’antropologo siciliano Giuseppe Sergi si baté per ascrivere alla famiglia della razza
mediterranea (da lui stesso inventata) la maggioranza delle popolazioni italiche, dai liguri agli antchi siculi.
Mazziniano, garibaldino e membro della massoneria, vicino prima al partto socialista, poi alla sinistra
radicale, Sergi si opponeva al tratato frmato con gli imperi centrali, propugnando invece la necessità di una
alleanza con Francia e Inghilterra, due nazioni che egli voleva di origine mediterranea.
Tutavia, sebbene queste due teorie rappresentassero due modi contrappost di intendere l’identtà della
nazione italiana e i suoi rapport di “parentela” e alleanza con le altre nazioni, dopo una lunghissima fase di
aggiustament e rielaborazioni, nella loro versione primo-novecentesca esse fnirono per concordare su un
punto centrale: entrambe identfcarono in Roma il grado più alto della più autentca civiltà italica sia che
essa fosse considerata di matrice centreuropea e ariana (teoria pigoriniana) sia che essa fosse considerata di
origine africana e di caratere mediterraneo (teoria sergiana). Da ciò risulta sostanzialmente confermata la
progressiva importanza che l’idea di Roma andava assumendo per la creazione di una identtà italiana e,
contemporaneamente, il contributo niente afato marginale delle discipline studiate nel costruire e
difondere il mito della romanità della nazione italiana.
Parte II: Il contesto socio-politco-culturale e l’invenzione del passato preromano
Nella costruzione di una teoria scientfca la rilevanza assegnata a un qualunque “fato scientfco” è
determinata dall’importanza che quel “fato” assume nell’ambito di un più vasto sistema di pensiero il quale
è, a sua volta, condizionato dal contesto sociale, culturale e politco in cui lo scienziato si trova a operare. Si
può, dunque, afermare che anche i fat scientfci siano in qualche modo fruto di una invenzione (o di una
costruzione) dello scienziato stesso. Nel caso della ricerca archeologica studiare questo processo della
Sui due “fiumi carsici” del nazionalismo italiano si veda RASPANTI M., Il mito ariano nella cultura italiana
tra Otto e Novecento, in BURGIO Alberto, Nel nome della razza. Il razzismo nella storia d’Italia 1870 - 1945, Il
Mulino, Bologna, 1999 p. 77.
30
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produzione della cultura permete di portare all’atenzione i diversi fatori di produzione della scienza, ma
permete anche (e sopratuto) di porre soto la lente le “condizioni al contorno” che hanno portato alla
selezione e alla creazione di simboli identtari dotat di potere connotatvo. Un primo case-study che ben si
presta a sotolineare le interazioni tra contesto sociale locale, ambiente scientfco internazionale,
nazionalismo e produzione culturale è il caso delle Selci false di Breonio Veronese 31.
A partre dagli anni ’80 del XIX sec. dagli scavi efetuat a Breonio Veronese, in Valpolicella, cominciarono a
emergere, infat, dei manufat di selce che, per forma e tpologia, non avevano uguali in tuta Europa. La
pubblicazione di un artcolo frmato da Gaetano Chierici sul «Bulletno di Paletnologia» avvenuta ne 1885 32
che presentava la scoperta al mondo scientfco fnì per scatenare una lunga querelle internazionale che
coinvolse tra gli altri il francese De Mortllet e l’inglese Seton Karr, entrambi impegnat a dimostrare la falsità
dei ritrovament e, contemporaneamente, la mancanza di preparazione dei paletnologi italiani. Sul fronte
opposto intervenne tra gli altri lo stesso Pigorini che si impegnò a riafermare l’autentcità delle “selci
strane”. Al di là dei molt aspet interessant della vicenda, è necessario chiedersi come mai uno studioso
generalmente rigoroso come il Pigorini si sia lasciato coinvolgere in prima persona in una vicenda apparsa
fn dall’inizio piutosto dubbia, un coinvolgimento che lo spinse anche a prendere contato direto con
personalità eminent come Carlo Cipolla 33, tanto più che tale contato non aveva solo lo scopo di difendersi
dagli atacchi, ma quello di per sostenere ancora una volta la possibilità che almeno alcune delle selci strane
fossero autentche. Chiaramente si tratò di difendere il proprio prestgio personale. Tutavia,
l’interessamento di Pigorini era motvato sopratuto dal fato che egli aveva cominciato a considerare
l’esistenza (e l’autentcità) delle selci strane come uno degli element su cui costruire un’idea della preistoria
italiana che ne suggerisse i legami con il centro Europa e riafermasse l’originalità e l’elevato grado della
civilizzazione dell’Italia nel periodo neolitco. Agli occhi dello studioso, le selci strane si erano
immediatamente presentate come un possibile simbolo della preistoria nazionale, della sua civiltà
partcolare e della sua alta cultura. Ammeterne la falsità avrebbe, inoltre, danneggiato il prestgio otenuto
a fatca della scuola paletnologicapletnologica italiana di cui Pigorini era divenuto il dominus34.
Non tenendo conto del complesso sistema di relazioni anche personali che legavano i protagonist della
vicenda, del contesto nazionale e internazionale, del contesto scientfco-disciplinare oltre che sociale non si
31
La vicenda è già stata tratata molte volte in partcolare nell’ambito della storia dell’archeologia in Valpolicella.
Si segnala il contributo più completo che ripercorre la vicenda: BUONOPANE Alfredo, Un falso storico: le “selci strane” di
Breonio, in «Annuario della Valpolicella», 3 dicembre 1994, pp. 5-16.
32
CHIERICI Gaetano, L’ascia lunata di pietra in Italia, in «Bulletno di Paletnologia Italiana», 1885 pp.129 seg.
33
Biblioteca Civica di Verona, Carteggio Cipolla Carlo – Pigorini Luigi, busta 1132, carta n°4 (datata Roma 26
maggio 1905).
34
La vicenda e le sue ripercussioni sulla teoria pigoriniana sono state in aprte afrontate in BOARO Stefano,
L’epistolario De Stefani nel fondo Pigorini di Padova. Il caso Breonio e la paletnologia veronese nell’elaborazione delle
teorie pigoriniane, in «Annuario della Valpolicella», 2002, pp. 39-86.
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può comprendere a fondo la rilevanza del problema che rappresentavano le selci false. Fino agli anni ’70
dell’Otocento, infat, la stessa esistenza di una preistoria italiana veniva messa in dubbio dalle scuole
archeologiche degli altri paesi, un dubbio che per primi contribuirono a fugare gli scavi condot in Emilia da
Pellegrini Strobel, Gaetano Chierici e lo stesso Luigi Pigorini, allora un giovane numismatco alle prime armi.
Da quanto si è deto in precedenza risulta chiaramente l’implicazione che un simile discorso sull’esistenza di
un “passato profondo”, di una “lunga durata” della civiltà italica aveva in un contesto fortemente infuenzato
dal nazionalismo. La vicenda delle selci false di Breonio riaprì in parte questa antca querelle: che, ancora
una volta, l’autentcità del passato nazionale venisse messa in dubbio era, infat, un fato che la scuola
paletnologica italiana non poteva facilmente permetere, sopratuto dopo che personaggi di spicco come
Pigorini si erano dichiarat convint dell’autentcità dei materiali discussi.
La vicenda delle Selci strane può essere presa in esame però anche da un altro punto di vista. Quando si è in
presenza di un falso documentale, anche di un falso archeologico, è infat sempre necessario interrogarsi
sulla sua provenienza poiché un falso è di per sé un partcolare tpo di documento. La provenienza dei falsi
di Breonio è già stata discussa e messa in relazione con il contesto sociale della Valpolicella e motvata con
l’interesse degli operai impiegat negli scavi a far sì che le escavazioni di Breonio contnuassero a dare lavoro
alla manodopera locale35. Non si è però ancora considerato se quei falsi possano rivelare una certa
partcolare idea di preistoria che avevano le fasce sociali meno colte (i falsi di Breonio sono, infat,
incredibilmente infuenzat da un immaginario “quotdiano” e, forse, da una simbologia legata alla pratca
religiosa cristana). Inoltre, se messo in relazione con il più vasto panorama nazionale, il comportamento
degli operai impiegat negli scavi in Valpolicella rivela l’attudine delle fasce popolari verso la ricerca
archeologica e il modo in cui la loro azione fnisse per infuenzare anche pesantemente la costruzione del
sapere scientfco. Se a Breonio Veronese si può dire di essere in presenza di una sorta di “invenzione della
tradizione dal basso”, nelle regioni meridionali della Penisola il comportamento degli operai era per cert
versi altretanto fraudolento. L’analisi delle font però fa emergere una diferente immagine dell’archeologia
difusa tra gli operai meridionali. Leggendo le memorie dell’archeologo e sovrintendente in Magna Grecia
Paolo Orsi si ricava, infat, l’idea che la pratca archeologica non venisse considerata dalla popolazione
locale come fonte di reddito in sé, ma che l’interesse per le escavazioni fosse motvato sopratuto dalla
possibilità di rivendere quanto eventualmente si fosse riuscit a sotrarre su quello che era un forente
mercato clandestno delle antchità. In Valpolicella la presenza di uno scavo archeologico era vista come
elemento di sviluppo e l’atenzione degli archeologi era volutamente richiamata; al contrario, nel sud della
penisola, si cercava di evitare che gli scavi andassero avant o che i materiali migliori venissero estrat “alla
luce del sole” e fnissero nei costtuendi musei nazionali. È evidente come anche la pratca degli archeologi
35
LONGO L au ra, CHELIDONIO Giorgio, Le “selci strane”: un caso tra etnoarcheologia e implicazioni
socioeconomiche, «Annuario storico della Valpolicella», 2002 pp. 125-146.
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fosse infuenzata da ciò. Non fu un caso se Paolo Orsi, assieme a Zanot Bianco, fu tra i fondatori della
società “Magna Grecia”, società che aveva lo scopo di promuovere lo sviluppo del sud rurale atraverso una
atenta opera di valorizzazione del patrimonio archeologico-culturale.
Ma l’analisi del “caso Breonio” assume partcolare rilevanza se analizzato all’interno di un quadro
comparatvo. A questo scopo esso verrà analizzato anche sulla base di quanto emerso dalle font relatve agli
scavi di altre aree della penisola. Se a Breonio Veronese si può dire di essere in presenza di una sorta di
“invenzione della tradizione dal basso”, nelle regioni meridionali della Penisola il comportamento degli
operai era per cert versi altretanto fraudolento. L’analisi delle font però fa emergere una diferente
immagine dell’archeologia difusa tra gli operai meridionali. Leggendo le memorie dell’archeologo e
sovrintendente in Magna Grecia Paolo Orsi si ricava, infat, l’idea che la pratca archeologica non venisse
considerata dalla popolazione locale come fonte di reddito in sé, ma che l’interesse per le escavazioni fosse
motvato sopratuto dalla possibilità di rivendere quanto eventualmente si fosse riuscit a sotrarre su
quello che era un forente mercato clandestno delle antchità. In Valpolicella la presenza di uno scavo
archeologico era vista come elemento di sviluppo e l’atenzione degli archeologi era volutamente
richiamata; al contrario, nel sud della penisola, si cercava di evitare che gli scavi andassero avant o che i
materiali migliori venissero estrat “alla luce del sole” e fnissero nei costtuendi musei nazionali. È evidente
come anche la pratca degli archeologi fosse infuenzata da ciò. Non fu un caso se Paolo Orsi, assieme a
Zanot Bianco, fu tra i fondatori della società “Magna Grecia”, società che aveva lo scopo di promuovere lo
sviluppo del sud rurale atraverso una atenta opera di valorizzazione del patrimonio archeologico-culturale.
Parte III. La difusione delle idee.
Seguendo la linea metodologica proposta da Diaz Andreu e Champion non si può, inoltre, non metere
anche l’accento sulle strategie impiegate dagli studiosi per difondere, atraverso quella che fu vera e
propria propaganda, le proprie teorie sull’Italia preromana al fne di proporre una “nuova” identtà per gli
italiani. Oltre allo studio dell’azione divulgatrice degli scienziat atuata atraverso l’analisi di font oramai
considerate tradizionali dalla storiografa dell’età contemporanea, quali i giornali e le riviste di cultura “alta”
(ma non di stampo propriamente tecnico-specialistco) risulta partcolarmente interessante considerare
come le teorie sull’Italia preromana siano state propagandate atraverso l’azione performatva svolta dai
musei civici e nazionali e in moment fortemente mobilitant come le esposizioni universali e nazionali del
1884 e del 1911. Essi, infat, permetono di analizzare il tentatvo di autolegitmazione e autopromozione
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di antropologi, archeologi e paletnologi e rappresentano una tpologia di font tut’oggi meno indagate
nell’ambito della storia dell’Italia contemporanea sebbene la loro rilevanza sia stata più volte sotolineata 36.
Come emerge dalla letura delle font, alcuni important musei archeologici e antropologici vennero
costtuit, infat, su iniziatva di singoli studiosi allo scopo di divulgare le proprie convinzioni sul passato e il
presente della nazione (non è casuale che Pigorini e l’antropologo Paolo Mantegazza si riferissero nella
corrispondenza privata rispetvamente al Museo Archeologico di Roma –ora museo Pigorini- e al Museo di
Antropologia di Firenze come al “mio museo”). A quest studiosi interessava fortemente sfrutare la capacità
educatva dei musei, delle cui potenzialità mostravano di essere pienamente consapevoli. Inoltre la
valorizzazione dei musei aveva anche il vantaggio di contribuire alla monumentalizzazione della nazione e
alla lota per il primato nella competzione europea. Atraverso lo studio delle politche culturali dell’Italia
postunitaria questo secondo aspeto pare emergere con forza già nella distribuzione dei fondi: il denaro
necessario al mantenimento delle esposizioni veniva più facilmente concesso rispeto a quello per la tutela
di sit archeologici anche di grande rilievo. Di ciò seppero avvantaggiarsi alcuni component delle scuole
archeologiche e antropologiche italiane che della costruzione di un museo “personale” fecero un elemento
di autolegitmazione molto forte.
Parte IV. Gli antchi abitant delle valli trentne.
L’ultma parte della ricerca è dedicata a un case-study non più tematco, ma regionale. Non si è voluto,
infat, tralasciare di approfondire lo studio della relazione tra identtà regionali e locali così come si
andavano immaginando nell’ambito delle discipline tecnico-storiche oggeto di questo studio. Si è scelto un
caso-limite, quello del Trentno, perché permete di porre soto la lente dello studioso di storia la
costruzione di una identtà italiana in un contesto dominato politcamente da potenze straniere. In aggiunta
a ciò esso consente di porre in rilievo il ruolo, del tuto sotovalutato in Italia, dell’archeologia nel
determinare le frontere nazionali 37.
In Trentno la questone dell’identtà della popolazione italianofona si incentrò, dal punto di vista delle
ricerche archeologiche, su due temi principali: l’identtà dei Ret, popolazione che si voleva insediata nelle
valli trentne prima della conquista romana, e il discorso sull’enttà della penetrazione germanica durante
l’alto medioevo. Di fato entrambe le questoni furono fortemente legate alla questone della germanicità
36
PORCIANI Ilaria, La nazione in mostra. Musei storici europei, in «Passato e Presente», 79, 2010 pp. 109-132; per
l’importanza della musealizzazione e la sua relazione col nazionalismo si vedano almeno: DIAZ-ANDREU Margarita, A
World History of Nineteenth Century Archaeology. Natonalism, Colonialism and the Past , Oxford University Press, New
York, 2007; KOHL Philip L., Natonalism and Archaeology cit.; MOSSE Gorge L., La nazionalizzazione delle masse, il
Mulino, Bologna, 1975; PORCIANI Ilaria, La festa della nazione, il Mulino, Bologna, 1997.
37
GEARY Patrick J., Il mito delle nazioni. Le origini medievali dell’Europa, Carocci, Roma, 2009.
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del territorio trentno e della sua popolazione, una letura evidentemente infuenzata dalla contngenza
politca. Nell’ambito dell’antropologia, a esempio, la teoria di Giuseppe Sergi sulla composizione raziale
dell’Italia, non potendo afermare la mediterraneità della regione (a causa della brachicefalia prevalente dei
suoi abitant; il caratere principale della razza mediterranea veniva considerato da Sergi la dolicocefalia), si
dilungava a dimostrare il caratere celtco della popolazione trentna avvicinandolo così alle altre regioni del
nord Italia e sotolineandone la diferenza rispeto all’Austria e alla Germania. Una letura molto simile la
diede a livello di studi locali il trentno Lamberto Moschen che si assunse il compito di confutare la teoria
antropologica del medico meranese Franz Tapeiner il quale tentò atraverso lo studio di una quanttà
elevatssima di crani trentni (antchi e moderni) di dimostrare la naturale appartenenza degli abitant della
regione alla famiglia germanica. È evidente come approfondire le dinamiche di riuso delle maggiori teorie
elaborate a livello centrale/isttuzionale (e le pratche ad esse connesse) che si instaurarono a livello locale
permete di evidenziare ancora una volta le connessioni tra nazionalismo e costruzione del sapere
scientfco Ciò consente inoltre di evidenziare la peculiare adatabilità di queste teorie nel quadro di un
contesto locale in cui la costruzione di una identtà regionale e nazionale si svilupparono in un clima di forte
contrasto. In un quadro simile l’archeologia, la paletnologia e l’antropologia fsica fornivano materiale e
assieme facevano da cassa di risonanza alle istanze espresse da gruppi di interesse partcolari. Questa sorta
di “microstoria dell’archeologia italiana” permete, in tal modo, di ricostruire anche un altro aspeto che
sarebbe altriment risultato marginale in questo lavoro: quello del legame tra associazionismo e
archeologia. In un contesto come quello considerato, fu l’esistenza di speciali network (nazionali e
internazionali) che costtuì uno dei principali veicoli di difusione di un sentmento nazionale fortemente
legato al culto dell’antco e che permise alle discipline citate di assumere un ruolo essenziale nella
propaganda del sentmento nazionalista. Tali ret, costtuite da CAI, Società degli Alpinist Tridentni, Società
Veneto-trentna di scienze naturaliTrentna di Scienze Naturali ecc., sono già note agli studiosi della storia
trentna del XIX e XX sec.; quello che ci si propone ancora di studiare è metere in risalto come esse
contribuirono a elaborare delle narrazioni sulla identtà nazionale e locale anche atraverso la promozione
della ricerca scientfco-archeologica e come queste elaborazioni si relazionavano con quelle proposte tanto
in Italia quanto in Austria e Germania.
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Indice Provvisorio della Tesi:
Introduzione
Parte I: Le teorie sulle popolazioni preromane dell’Italia come narrazioni identtarie.
Capitolo 1: Una Italia ariana. Luigi Pigorini e le sue ricerche paletnologiche.
Capitolo 2: Una civiltà che arriva dall’Africa. L’Italia mediterranea di Giuseppe Sergi.
Parte II: La scoperta degli Italici, il nazionalismo e il dibatto internazionale sull’Italia preromana.
Capitolo 3: Paolo Orsi e la civilizzazione della Sicilia.
Capitolo 4: Ambra italica o ambra baltca? Scienze naturali, archeologia e nazionalismo.
Capitolo 5: Una tradizione inventata: Le selci false di Breonio.
Parte III: Teorie scientfche e senso comune.
Capitolo 6: L’Italia antca degli scienziat e quella dei media. Stampa, scuola, musei e esposizioni.
Parte IV: Identtà nazionale e contesto locale: il caso del Trentno.
Capitolo 7: I più antchi abitant delle valli trentne: la lota per l’autonomia dell’archeologia e
dell’antropologia trentna.
Conclusione.
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