scarica il quaderno dei grant 2014

GRANT
2014
Il nostro
sostegno
alla ricerca
scientifica
grant 2014
Lettera di Umberto Veronesi
Lettera di Paolo Veronesi
Lettera del Comitato Etico
Lettera di Chiara Tonelli
In cosa crediamo
I numeri del 2014
Borse di ricerca 2014
Borse oncologia
Tumore al seno
Tumori alle ovaie
Linfomi e leucemie
Tumori al polmone
Tumori all’intestino
Tumori gastrici
Tumore al fegato
Tumori al sistema nervoso
Tumore di testa e collo
Melanomi e tumori della pelle
Sarcomi e tumori dei tessuti molli
Tumore alla vescica
Tumore alle ossa
Borse cardiologia e malattie croniche
Borse neuroscienze
Borse nutrigenomica e prevenzione delle malattie
Scuola Europea Medicina Molecolare
progetti di ricerca 2014
PROGETTI DI RICERCA BIENNALI 2013
progetto together for peace
I ricercatori sostenuti negli anni
Istituti finanziati negli anni
Sostieni la Fondazione Umberto Veronesi
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226
230
231
3
Da undici anni, ogni volta che scrivo la prefazione al quaderno che
rende noti i vincitori delle borse di
studio della Fondazione Veronesi,
sostenute anche con il generoso
contributo di donatori spesso anonimi, mi ritrovo a pensare che cosa
sarebbe questo Paese senza lo
slancio altruista di persone che
pure in un momento di ristrettezze
sentono l’impegno di aiutare la ricerca.
E mi conforta sapere che nonostante la miopia di chi non crede
nella ricerca scientifica, vi siano coloro che sanno che la ricerca non è
una spesa, ma un investimento. In
campo medico, consente di incrementare le risorse a disposizione e
di passare dalla semplice tutela sanitaria alla promozione della salute.
E consente di migliorare costantemente la qualità delle cure. In cinquant’anni di professione, io non ho
mai smesso di fare ricerca, e penso
che essa sia il lievito della buona
Medicina. Il progresso scientifico
non si alimenta senza ricerca.
Per questo la Fondazione Veronesi
investe energie e fondi e condivide
con studiosi autorevoli importanti
iniziative che possano aprire le porte al futuro.
Lo fa sostenendo i progetti più all’avanguardia e offrendo borse di ricerca a giovani medici e scienziati.
Si dice spesso “investiamo nei giovani perché sono il nostro futuro”,
ma troppo spesso sono solo parole. Io penso che bisogna investire
nei giovani anche perché i giovani
di questa generazione sono bravi,
anzi eccellenti. Indipendentemente
dalla nazionalità e dalla cultura,
sono preparati, ricchi di entusiasmo
e di valori, e soprattutto motivati al
progresso della civiltà nel suo insieme. Ciò che manca loro, e di cui
hanno veramente bisogno, è la fi-
ducia: qualcuno che creda nelle
loro capacità e li incoraggi a investirle oggi in un domani che appare
incerto.
Io e la mia Fondazione ci crediamo
e, grazie al sostegno costante di
chi la pensa come noi, continueremo a farlo, nella certezza di contribuire così al futuro benessere di
tutti.
UMBERTO VERONESI
Fondatore
5
La medicina ha vissuto negli ultimi
anni una trasformazione straordinaria: se prima si trattava il paziente
quando la malattia mostrava i suoi
sintomi, ora si vanno a cercare nella
persona sana i segnali precursori,
per impedire che la malattia si manifesti.
L’ambizioso obiettivo non è più solo
quello di curare il malato di oggi, ma
anche e soprattutto di evitare il malato di domani. È un traguardo reso
possibile dallo sviluppo delle nuove
tecnologie e dalle nuove conoscenze del DNA, che hanno portato la
medicina nella dimensione delle molecole, permettendole di risalire all’o-
6
rigine dei processi e dei meccanismi
di trasformazione delle cellule da
sane a malate. Dalla sua nascita la
Fondazione che presiedo si è concentrata nel finanziamento della ricerca in campo di prevenzione e di
diagnosi precoce.
Proprio in quest’ultimo campo si
sono fatti passi da gigante: un tumore della mammella diagnosticato in
fase preclinica grazie alla mammografia e/o all’ecografia mammaria ed
operato ha una sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi intorno al
98%; un tumore del polmone in un
fumatore, diagnosticato precocemente grazie alla TC spirale annuale
e tra poco ancora prima grazie ai microRNA, può essere operato con
successo nella maggior parte dei
casi. Fino a qualche tempo fa, 8
casi su 10 diagnosticati non erano
operabili.
Sono solo due esempi di come la ricerca e le innovazioni tecnologiche
possono modificare le aspettative di
vita di tantissime persone, ma ve ne
sono molti altri. Tutto ciò è possibile
grazie al lavoro silenzioso di tanti ricercatori che, in mezzo a mille difficoltà, sono riusciti a raggiungere
risultati inimmaginabili sino a pochi
decenni fa.
Giovani brillanti che spesso, a causa
degli scarsi investimenti, si vedono
costretti ad abbandonare il nostro
paese per continuare a coltivare la
loro passione. Fondazione Veronesi,
dopo 11 anni, è ancora qui a volerli
sostenere. Il futuro della ricerca passa da loro ed è nostro dovere morale aiutarli con tutti i mezzi disponibili.
PAOLO VERONESI
Presidente
La scienza è un’attività umana inclusiva, presuppone un percorso
cooperativo verso una meta comune ed è nella scienza che gli ideali
di libertà e pari dignità di tutti gli individui hanno sempre trovato la loro
costante realizzazione.
La ricerca scientifica è ricerca della
verità, perseguimento di una descrizione imparziale dei fatti e luogo
di dialogo con l’altro attraverso critiche e confutazioni.
Ha dunque una valenza etica intrinseca e un evidente valore sociale, è
un bene umano fondamentale e
produce costantemente altri beni
umani. In particolare, la ricerca biomedica promuove beni umani irrinunciabili quali la salute e la vita
stessa, e ha un’ispirazione propriamente umana poiché mira alla tutela dei più deboli - le persone ammalate - contrastando talora la
natura con la cultura e con la ragione diretta alla piena realizzazione
dell’uomo. L’etica ha un ruolo cruciale nella scienza e deve sempre
accompagnare il percorso di ricerca piuttosto che precederlo o seguirlo.
È uno strumento che un buon ricercatore usa quotidianamente.
La morale è anche l’unico raccordo
tra scienziati e persone comuni, è il
solo linguaggio condiviso possibile.
Ci avvicina: quando si discute di
valori, i ricercatori non sono più
esperti di noi. Semmai, sono le nostre prime sentinelle per i problemi
etici emergenti e, storicamente, è
proprio all’interno della comunità
scientifica che si forma la consapevolezza delle implicazioni morali delle moderne tecnologie biomediche.
Promuovere la scienza, come fa
mirabilmente la Fondazione Umberto Veronesi, significa proteggere
l’esercizio di un diritto umano fondamentale, la libertà di perseguire
la conoscenza e il progresso, ma
anche, più profondamente, significa favorire lo sviluppo di condizioni
di vita migliori per tutti. Compiti del
Comitato Etico saranno quello di
dialogare con la Fondazione e con i
ricercatori, favorendo la crescita di
una coscienza critica, e insieme
quello di porsi responsabilmente
quali garanti terzi dei cittadini rispetto alle pratiche scientifiche, guidati
dai principi fondamentali condivisi a
livello internazionale e tenendo nella
massima considerazione le differenze culturali.
COMITATO ETICO
MEMBRI COMITATO ETICO
Cinzia Caporale (Presidente)
Elisabetta Belloni
Carla Collicelli
Domenico De Masi
Giuseppe Ferraro
Armando Massarenti
Lucio Militerni
Telmo Pievani
Mario Pirani
Carlo Alberto Redi
Alfonso M. Rossi Brigante
S. E. Marcelo Sanchez Sorondo
Paola Severino
Elena Tremoli
7
“Per il progresso delle scienze”:
questo è il motto ispiratore della
ricerca per Fondazione Umberto
Veronesi.
E la Fondazione da oltre 10 anni si
impegna in questa direzione: sostenendo la formazione di giovani ricercatori e attraverso la divulgazione dei
risultati della ricerca.
Il mondo della ricerca e della medicina sta attraversando una vera e propria rivoluzione.
Noi intendiamo sostenere una nuova
mentalità, quella che vede la ricerca
di laboratorio affiancata e proiettata
alla prevenzione e alla cura.
Per questa ragione Fondazione Ve-
8
ronesi crede e sostiene la crescita e
la formazione di una nuova generazione di scienziati capaci di pensare
e agire contemporaneamente da clinici e da ricercatori.
La grande sfida per gli scienziati di
domani è parlare la lingua della medicina del futuro, una medicina molecolare, preventiva e personalizzata.
La Fondazione Umberto Veronesi ha
recentemente pubblicato i nomi dei
vincitori dei bandi per la ricerca: 130
borse di studio a singoli ricercatori,
23 dottorandi alla Scuola Europea di
Medicina Molecolare (SEMM) e 18
progetti di ricerca all’avanguardia. Il
Comitato Scientifico, di cui sono
onorata di far parte in qualità di Presidente, da sempre opera perché
venga privilegiato il merito.
Come?
Premiando giovani ricercatori meritevoli, valutati in base al curriculum
scientifico e alla qualità delle pubblicazioni, e progetti di alta innovazione
che portino a un rapido trasferimento dei risultati dai laboratori di ricerca
alla pratica clinica e alla prevenzione
delle malattie croniche.
Chiara Tonelli
Presidente Comitato Scientifico
“La Fondazione investe su giovani ricercatori e lo fa promuovendo il merito sia
selezionando con strumenti e logiche meritocratiche l’assegnazione dei fondi
sia monitorando nel tempo i ricercatori beneficiari. Questo metodo di lavoro,
oltre a contribuire ad una allocazione delle risorse verso i ricercatori più promettenti, è anche un segnale importante per il resto della comunità scientifica: la
valorizzazione in base al merito è possibile anche in Italia.”
Tratto da “Il valore economico-sociale degli investimenti nella ricerca bio-medica”
di Giovanni Fattore
Professore Ordinario Dipartimento di Analisi delle Politiche e Management
Pubblico, Università Bocconi, Milano
9
La Fondazione Umberto Veronesi si è dotata di una Carta dei Principi e dei Valori che definisce la missione, i principi e gli scopi della
Fondazione.
Principi
 L’universalità della scienza
 La libertà e la responsabilità
10
In cosa
crediamo
nella scienza
 L’integrità nella ricerca
scientifica
 La tutela della dignità
umana
 L’autonomia individuale
e il consenso informato
 L’equità e la giustizia
nelle politiche pubbliche
per la salute
 La qualità e la sicurezza
nella ricerca e nelle cure
 La promozione della
prevenzione nella gestione
della salute
 La professionalità dei ricercatori, dei medici
e degli operatori della sanità
 Il dovere di informare
e il ruolo sociale dei
Comitati Etici
 La tutela dell’habitat
e della biosfera
Missione e Scopi
della Fondazione
 Favorire il progresso delle
scienze
 Favorire lo sviluppo di con-
dizioni di vita migliori per tutti
 Promuovere la pace e il
dialogo tra i popoli
 Contribuire a creare una
nuova generazione di ricercatori
 Rafforzare la cooperazione
scientifica internazionale e
promuovere l’innovazione
tecnologica
 Migliorare la comunicazione
tra la comunità scientifica
e la società e diffondere la
consapevolezza
dell’importanza della scienza
per l’uomo
Il documento è pubblicato
integralmente su
www.fondazioneveronesi.it
11
I NUMERI
DEL PASSATO
I NUMERI
DEL 2014
BORSE 2014
130
23
BORSE
DI RICERCA
BORSE DI RICERCA
SCUOLA
EUROPEA
MEDICINA
MOLECOLARE
PROGETTI 2013-2014
18
12
PROGETTI
DI RICERCA
2003

4 Borse di Ricerca
2004

4 Borse di Ricerca
2005

13 Borse di Ricerca
2006

15 Borse di Ricerca
2007

44 Borse di Ricerca
2008

42 Borse di Ricerca
2009

43 Borse di Ricerca
5 Progetti di Ricerca
2010
54 Borse di Ricerca
7 Progetti di Ricerca
2011

59 Borse di Ricerca
13 Progetti di Ricerca
PROGETTI
DI RICERCA
INIZIATI NEL 2013
2012

94 Borse di Ricerca
26 Progetti di Ricerca
2013
12


125 Borse di Ricerca
14 Progetti di Ricerca
13
borse
di
ricerca
2014
14
Le scienze progrediscono ovunque ci sia
vero scambio.
Scambio di esperienze, di conoscenze, di
procedure, di risultati, di modi di arrivare
alla soluzione di un problema. Per questo,
la Fondazione Umberto Veronesi promuove una cultura delle scienze che non abbia
confini, favorendo la formazione professionale degli scienziati più meritevoli provenienti dall’Italia e dai diversi Paesi del mondo.
La Fondazione Umberto Veronesi presenta
annualmente il bando pubblico BORSE DI
RICERCA per sostenere medici e ricercatori offrendo loro diversi mesi di perfezionamento perché possano acquisire nuove
competenze durante lo studio e l’attività
clinica. Il progetto si propone di preparare
nuovi scienziati presso le migliori istituzioni
italiane e straniere e di offrire opportunità di
crescita a giovani studiosi consentendo
loro di specializzarsi in particolari ambiti
della medicina. Nello specifico, le borse di
ricerca che la Fondazione bandisce si rivolgono a:
 MEDICI E RICERCATORI ITALIANI
I candidati prescelti svolgeranno il periodo
di studio e lavoro presso centri di eccellenza in ambito nazionale e internazionale:
una concreta opportunità per crescere
professionalmente, approfondire, confrontarsi con metodi di lavoro differenti.
 MEDICI E RICERCATORI STRANIERI
I candidati prescelti svolgeranno il periodo
di studio e lavoro presso centri di eccellenza in Italia.
Anticipare il futuro. Questo è l’ambizioso obiettivo che ci poniamo anche quest’anno selezionando i giovani ricercatori più capaci e
finanziando i progetti di ricerca più
lungimiranti nell’ambito dell’Oncologia. La Ricerca guarda continuamente avanti e invita gli oncologi e
gli scienziati che operano in questo
campo a impegnarsi ancora di più
per curare i tumori scoprendoli prematuramente e per guarirli con terapie efficaci e mirate, perché realmente personalizzate sul paziente. I
nostri studiosi quest’anno lavoreranno ancora nella Medicina Molecolare, per la creazione di farmaci intelli-
genti, specifici per le cellule tumorali.
Questa rivoluzione è già in atto, ma
la sfida della Ricerca è che diventi
routine non solo sequenziare il genoma del paziente ma anche quello
del tumore che l’ha colpito che, purtroppo, si evolve continuamente nel
tempo. I nuovi farmaci saranno in
grado di agire nella specifica fase
della malattia, colpendo solo le cellule malate e impedendo che sia sviluppata resistenza ai farmaci stessi.
La Ricerca più recente ci ha aperto
gli occhi su un’altra importante scoperta, che cambierà le prospettive di
cura, e quindi di vita, di moltissime
persone. Grazie alla Ricerca stiamo
imparando che la massa tumorale
maligna non è uniforme: sono le cellule staminali tumorali le sole responsabili del proliferare del tumore e della formazione di metastasi. Queste
devono essere colpite e curate per
eradicare il tumore ed evitare ricadute. Diagnosi ancora più precoce, terapie innovative, studi scientifici all’avanguardia: ho ricordato brevemente
le linee innovative della Ricerca che
la Fondazione ha scelto di sostenere
finanziando borse e progetti di ricerca nell’area dell’Oncologia. Non dimentichiamo però che, per sconfiggere il cancro, la prevenzione resta
la nostra prima, indispensabile alleata. Possiamo fare molto come ricercatori in ambito oncologico, ma possiamo fare molto tutti insieme, in
qualità di persone più consapevoli e
responsabili della nostra salute.
PAOLO VERONESI
16
Professore Associato in Chirurgia
Generale presso l’Università degli
Studi di Milano
Direttore Unità Chirurgia Senologica
Integrata, Ieo
BORSE ONCOLOGIA
I tumori sono un insieme di malattie molto complesse caratterizzate da proliferazione
anomala di alcune cellule. Questa è causata da mutazioni a livello del DNA, che rendono le cellule tumorali insensibili al controllo. Col tempo, le cellule acquisiscono la
capacità di sfuggire al sistema immunitario, iniziano a migrare in altri tessuti del corpo,
causando metastasi, e diventano resistenti ai farmaci. Comprendere i meccanismi
molecolari dei tumori è essenziale per sviluppare nuove terapie più efficaci.
Cancro
oltre
200 malattie
diverse
55 ANNI
età media
di sviluppo
di un tumore
366.000
nuovi casi
di tumore
diagnosticati
in Italia nel 2013
33-58%
percentuale
di tumori attribuibili
a fattori di rischio:
tabacco, dieta
scorretta e obesità
OLTRE IL
56%
dei pazienti è vivo
a cinque anni
dalla diagnosi
di tumore
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
17
Marina Maria
Bellet
La cronoterapia del cancro: i benefici di una somministrazione circadiana
di farmaci antitumorali.
Gli orologi circadiani sono un
complesso sistema biologico che
permette agli esseri viventi di
adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente modificando il comportamento, la fisiologia e il metabolismo in
funzione del momento del giorno.
Operano sia a livello centrale nel
cervello, regolando i cicli sonno-veglia, sia a livello di ogni singola cellula. Alterare o danneggiare questi cicli
ha profonde conseguenze sulla salute umana e può favorire l’insorgere
di molte malattie, dalla depressione
ai disturbi metabolici e al cancro.
La proliferazione delle cellule
sane è diversa da quella delle
cellule tumorali sotto molti aspetti,
anche in termini di ora del giorno
in cui la maggioranza delle cellule si
divide.
Questo fa sì che l’efficacia e la tollerabilità di un farmaco antitumorale
possa dipendere anche dall’ora in
cui viene somministrato.
Il progetto valuterà l’efficacia di
diversi farmaci antitumorali somministrati a specifiche ore del
giorno, e seguirà le risposte molecolari delle cellule sane e tumorali alla
somministrazione di questi farmaci in
orari diversi.
Lo scopo della ricerca è identificare i
meccanismi molecolari responsabili
degli effetti benefici della somministrazione circadiana di alcuni farmaci
antitumorali, con l’obiettivo di stabilire
gli orari ottimali di trattamento per
ciascun farmaco e rendere massima
l’efficacia della terapia con minimi
effetti collaterali.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Perugia
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1976
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi di Perugia
18
 Specializzata in Patologia Clinica
all’Università degli Studi di Perugia
Maria Antonietta
Calvaruso
Rimodellamento metabolico in cellule con diversi
gradi di disfunzioni energetiche.
I mitocondri, piccoli organelli cellulari, sono le centrali energetiche
delle cellule, dove si svolgono le
reazioni biochimiche che generano,
da glucosio e ossigeno, l’energia
per tutti i processi vitali dell’organismo.
Nei mitocondri vengono prodotte
anche molecole, dette intermedi
metabolici, utilizzate per la crescita
e la “costruzione” di nuove cellule.
Un tumore è un tessuto che cresce
molto rapidamente e quindi richiede
una quantità maggiore di energia e
intermedi metabolici per sostenere la
sua crescita: lo sviluppo di un tumore è infatti spesso associato a un riadattamento delle funzioni dei mitocondri.
Piccole alterazioni dei mitocondri
possono favorire la crescita delle
cellule maligne; di contro, disfunzioni molto gravi che distruggono del
tutto la funzione dei mitocondri bloccano la crescita del tumore, ma ancora non si sa attraverso quale meccanismo.
Scopo della ricerca è confrontare
diversi tipi di cellule tumorali con
diversi gradi di malfunzionamento
dei mitocondri per analizzarne l’adattamento metabolico, la crescita
cellulare e il potenziale cancerogeno. Comprendere quali sono gli
adattamenti metabolici e i meccanismi mitocondriali che bloccano la
crescita del tumore è molto interessante dal punto di vista terapeutico,
per sviluppare farmaci che sfruttino
questo principio, ed evitare di accendere le vie che invece ne favoriscono la crescita.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Bologna
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Palermo nel 1981
 Laureata in Biologia
all’Università degli Studi di Bologna
 PhD in Medical Science all’University
Medical Center Radboud di Nijmegen
(Olanda)
19
Marco
Cirò
Metformina come farmaco
antitumorale: identificazione di nuove vie biochimiche e geni bersaglio.
È ben noto che patologie e scompensi metabolici come obesità e
diabete aumentano anche le probabilità di sviluppare tumori.
È di grande interesse clinico dunque
l’osservazione che la metformina, il
farmaco anti-glicemico per il diabete di tipo 2 più utilizzato al mondo, è anche in grado di ridurre il
rischio di insorgenza di tumore in
pazienti diabetici. La metformina agisce bloccando la via del recettore
mTOR, uno dei principali regolatori
della risposta ai nutrienti della cellula:
la metformina “mima” una condi-
Claudia
Cosentino
zione di assenza di nutrimento ed
energia, diminuendo quindi lo stimolo delle cellule a crescere e dividersi, come se fossero in condizioni
di “carestia”. Tuttavia, la comprensione dei meccanismi molecolari dettagliati attraverso cui agisce la metformina è ancora molto lacunosa:
scopo della ricerca è proprio comprenderli meglio e identificare geni e
proteine rilevanti per la funzione della
metformina come nuovo farmaco
antitumorale. In particolare, la ricerca si focalizzerà su alcuni geni
candidati identificati in uno studio
preliminare condotto su cellule di
lievito.
Tra i geni identificati a livello preliminare ce ne sono molti coinvolti nel
riparo del danno al DNA e il complesso della proteina PP2A, noto
soppressore tumorale nell’uomo.
I risultati forniranno utili indicazioni
sull’utilizzo della metformina come
antidiabetico ma anche come possibile antitumorale.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Milano nel 1970
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Milano
20
 PhD in Scienze Genetiche
all’Università degli Studi di Milano
L’interazione tra SIRT6 e le
proteine dell’Anemia di
Fanconi nel mantenimento
della stabilità del genoma.
L’instabilità genomica caratterizza
pressoché tutti i tipi di cancro e ne
è una delle cause principali. Comporta perdita o alterazione di tratti del
DNA, interferendo così con le normali funzioni cellulari. Le cellule
hanno sviluppato meccanismi di
sorveglianza e riparo del DNA per
contrastare l’instabilità genomica e
mantenersi sane. Quando questi
processi non funzionano correttamente, si ha con molta facilità l’insorgenza di tumori.
Il progetto di ricerca vuole studiare meglio la funzione di alcune
proteine coinvolte nel metabolismo e nel riparo al DNA, in particolare l’enzima SIRT6, un noto soppressore dei tumori.
SIRT6 interagisce con le proteine
FANC, o proteine dell’Anemia di Fan-
coni: esse sono attivate in condizioni
di danno e stress sul DNA, e contribuiscono a riparare i danni.
È probabile che anche SIRT6 abbia
un ruolo nel proteggere il DNA dai
danni, e infatti cellule che non possiedono SIRT6 hanno un maggior
grado di instabilità genomica e
cromosomi aberranti, anticamera
della trasformazione maligna.
La comprensione di meccanismi
così complessi darà un grosso contributo a capire le cause della nascita e del mantenimento dei tumori:
conoscere permette di sviluppare
terapie sempre più efficienti e mirate,
e di minimizzare effetti non specifici
alla base degli effetti collaterali di
molte chemioterapie.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Massachussetts General Hospital
di Boston (USA)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Napoli nel 1979
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi Federico II
di Napoli
 PhD in Oncologia Molecolare
e Endocrinologia all’Università
degli Studi Federico II di Napoli
21
Amit
Kumar
Emanuela
Di Salle
Identificazione di peptidi
correlati a PTX3 tramite
biologia computazionale.
I fattori di crescita dei fibroblasti
(FGF) sono una famiglia di molecole
che hanno un ruolo chiave nella
vascolarizzazione, nella crescita e
nella formazione di metastasi tumorali.
Gli FGF si legano a specifici recettori
sulla superficie delle cellule e danno
il via a segnali che controllano lo sviluppo embrionale e, nell’adulto, la
formazione di nuovi vasi, ad esempio per guarire una ferita.
Un’eccessiva attivazione della via
di FGF però è associata allo sviluppo di molti tipi di cancro.
La proteina PTX3 è naturalmente in
grado di legare diversi tipi di FGF,
impedendo la loro funzione di segnalazione e bloccando la crescita
di tumori in modelli sperimentali.
Sono state identificate tramite metodologie computazionali e modelli di
struttura molecolare una serie di
piccole molecole che, mimando
l’azione di PTX3, potrebbero agire
da trappole per sequestrare gli
FGF.
Scopo del presente progetto è valutare queste molecole per la loro efficacia nell’inibire la crescita e la formazione di nuovi vasi intorno al
tumore in diversi modelli sperimentali di melanoma e carcinoma polmonare e prostatico.
In seguito, mediante ulteriori analisi e
modelli computazionali, le molecole
risultate efficaci potranno essere
perfezionate come farmaci utili
per inibire la vascolarizzazione, la
crescita e la disseminazione dei
tumori umani dipendenti dall’azione
di fattori FGF.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Brescia
22
Meccanismi di attivazione
di ATR alla membrana nucleare.
L’instabilità cromosomica è una delle
caratteristiche principali delle cellule
tumorali. ATR è una proteina che
controlla l’integrità del genoma; si
attiva in caso di danno al DNA e dà il
via a una cascata di segnalazione
che porta a riparare il danno o,
quando questo non sia possibile,
alla morte cellulare programmata,
per evitare che cellule con DNA mutato si duplichino dando vita a una
progenie potenzialmente cancerogena. La struttura stessa dell’involucro del nucleo cellulare e la sua
modificazione può causare instabilità cromosomica. L’ipotesi da cui
parte la ricerca è che la tensione topologica causata dall’attività dei cromosomi possa indurre stress meccanico a livello della membrana
nucleare attraverso quelle regioni di
DNA che sono fisicamente connesse con la membrana stessa.
L’obiettivo della ricerca è comprendere se e come ATR sia attivata dallo stress meccanico che
deriva dalle interazioni tra cromosomi e membrana nucleare.
Inoltre si vuole comprendere il ruolo
di ATR nel mantenimento e nella differenziazione delle cellule staminali,
confrontando cellule sane con cellule in cui si trovano mutazioni di ATR.
Le mutazioni di ATR causano instabilità genomica e sono frequenti in
diversi tipi di tumori e nella sindrome
di Seckel, una grave malattia rara.
Comprendere i meccanismi molecolari alla base è il primo passo per
elaborare strategie terapeutiche.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto FIRC di Oncologia Molecolare
di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Napoli nel 1980
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato nel 1980 a Jhunjhunu
(Rajasthan, India)
 Laureata in Biotecnologie
Farmaceutiche all’Università
degli Studi Federico II di Napoli
 Laureato in Biotecnologie alla Bundel
Khand University di Jhansi
(Uttar Pradesh, India)
 PhD in Biochimica, Biologia Cellulare
e Molecolare all’Università
degli Studi Federico II di Napoli
 PhD in Molecular Biology
all’Universidad Autonoma de Madrid
(Spagna)
23
Federica
Maione
Audrey
Laurent
Studio di Prep1 nello sviluppo embrionale e nelle
cellule staminali embrionali murine.
La proteina Prep1 appartiene alla
classe degli oncosoppressori,
cioè proteine che grazie alla loro funzione rallentano, controllano o bloccano un’eccessiva proliferazione
cellulare e quindi proteggono dal rischio di sviluppare tumori.
In particolare Prep1 impedisce che
si accumulino mutazioni nel DNA;
esse sono potenzialmente pericolose sia per un corretto sviluppo embrionale sia per la sopravvivenza a
lungo termine degli adulti.
Lo scopo della ricerca è comprendere meglio i meccanismi di
azione di Prep1 attraverso il modello delle cellule staminali embrionali di topo; sono un ottimo
modello poiché sono molto sensibili
ai danni al DNA e smettono di dividersi non appena ne riconoscono
uno. Questa proprietà ha un gran
potenziale terapeutico; una volta
compresi i meccanismi nelle cellule staminali embrionali si potrebbe cercare di sfruttarli anche
nelle cellule adulte e in particolare
in quelle tumorali, per bloccare la divisione delle cellule maligne inducendo farmacologicamente danni al
DNA
La presente ricerca quindi è volta a
caratterizzare i meccanismi molecolari attraverso cui Prep1 regola
l’arresto delle cellule in risposta al
danno al DNA in una situazione fisiologica come lo sviluppo embrionale,
per comprendere quindi cosa va
storto in situazioni patologiche come
i tumori.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto FIRC di Oncologia Molecolare
di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Rennes (Francia) 1982
24
Colpire l’enzima ossidosqualene ciclasi: un nuovo bersaglio per bloccare
l’angiogenesi tumorale e
le metastasi.
La formazione di nuovi vasi sanguigni, o “angiogenesi”, è una fase
essenziale per la crescita di un tumore; lo rifornisce di nutrienti e gli
permette di entrare nel circolo sanguigno e formare metastasi anche in
organi molto distanti.
Pertanto, uno dei possibili approcci
per contrastare la crescita neoplastica è quello di colpire i vasi tumorali. Questa strategia è detta terapia
anti-angiogenica e ha il vantaggio
di essere meno tossica e più selettiva rispetto ai convenzionali farmaci
chemioterapici. I vasi sanguigni sono
formati da cellule specializzate, dette
endoteliali: in queste cellule il colesterolo ha un ruolo chiave nello stimolarle a produrre nuovi vasi.
Bloccare quindi la sintesi del colesterolo può contribuire a rallenta-
re l’angiogenesi di tumori in crescita. Lo scopo della ricerca è
proprio quello di valutare nelle cellule
endoteliali l’efficacia anti-angiogenica di un farmaco che blocca l’enzima ossidosqualene ciclasi, essenziale per la sintesi del colesterolo. Il
suo potenziale anti-tumorale e anti-metastatico verrà valutato in modelli sperimentali che riproducono le
caratteristiche cliniche e patologiche
di diversi tumori umani.
Inoltre verranno anche eseguite analisi genetiche e molecolari in seguito
a trattamenti con l’inibitore dell’ossidosqualene ciclasi, per comprendere meglio i meccanismi patologici
che si innescano nell’angiogenesi
tumorale.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto per la Cura e la Ricerca
sul Cancro di Candiolo (TO)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata ad Alessandria nel 1978
 Laureata in Biologia e Agronomia
all’Università di Rennes (Francia)
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi del Piemonte Orientale
“Amedeo Avogadro”
 PhD in Biochimica e Biologia
Molecolare e Cellulare all’Università
di Rennes (Francia)
 PhD in Sistemi Complessi nella
Biologia Post-genomica all’Università
degli Studi di Torino
25
Giulia
Nacci
Paul
Massa
Anticorpi contro il tumore
per contrastare le recidive e la farmaco-resistenza:
un nuovo approccio terapeutico.
Il problema più urgente nel trattamento dei tumori è la loro capacità
di diventare resistenti alle terapie.
Tutti i tumori possono sviluppare
resistenza e metastasi e spesso
questo causa la morte del paziente. Molti tumori primari vengono efficacemente combattuti con anticorpi
monoclonali che si legano in maniera specifica a proteine peculiari del
tumore. Tuttavia questi anticorpi non
sono altrettanto efficaci nel trattare
eventuali ricadute o su metastasi.
L’obiettivo di questo progetto è di
generare nuove terapie basate
sull’utilizzo di anticorpi selezionati
per la loro capacità di legare e
uccidere tumori resistenti e metastatici. Verranno analizzati campioni
di tumori al seno, al polmone e melanomi; una prima scrematura con
molti anticorpi permetterà di selezionare, con moderne tecnologie
di sequenziamento, quelli più
promettenti e specifici per le diverse neoplasie.
Gli anticorpi candidati saranno poi
validati con saggi in vitro su colture
cellulari derivate da tumori e in vivo
su modelli sperimentali di tumori recidivi e metastatici.
L’ultimo traguardo di questo progetto
è di creare anticorpi ricombinanti
che mostrino una specificità o un legame preferenziale per cellule derivate da biopsie di recidive e metastasi del cancro alla mammella e
melanoma.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Valley Stream, New York (USA)
nel 1976
 Laureato in Biological Sciences alla
Colorado State University di Fort Collins
(USA)
26
 PhD in Genetica alla State University
di New York (USA)
Sclerosi sistemica e malattia da trapianto contro
l’ospite: applicazione di
nuovi saggi predittivi.
La sclerosi sistemica e la reazione
contro l’ospite conseguente a trapianto sono patologie croniche
accomunate dallo sviluppo di
estesa fibrosi cutanea e degli organi interni. Colpisce soprattutto
donne giovani o di mezza età: i sintomi sono molto debilitanti e il tasso
di mortalità è elevato. Escluse le ricadute, sono infatti la causa principale di morte in pazienti affetti da tumori del sangue che hanno ricevuto
trapianti.
A livello molecolare, la caratteristica
comune è la presenza di autoanticorpi specifici per il recettore del
PDGF (PDGFR), che contribuiscono
a generare infiammazione cronica
nei pazienti.
Il progetto si propone di perfezionare e ampliare, reclutando un numero maggiore di pazienti, un nuovo saggio diagnostico sviluppato
di recente dal gruppo di ricerca per
l’identificazione di autoanticorpi
anti-PDGFR nei soggetti a rischio,
al fine di stabilire una diagnosi precoce utile a indirizzare la terapia.
Nel saggio verranno misurati i livelli
nel sangue di autoanticorpi specifici
per il PDGFR e analizzata la correlazione tra la prevalenza degli autoanticorpi e l’andamento della malattia.
In questo modo gli autoanticorpi
possono essere usati come marcatori diagnostici e prognostici. Inoltre
la ricerca si prefigge di studiare l’attività biologica degli autoanticorpi per
comprenderne la funzione patologica, le molecole chiave coinvolte
nella fibrosi e il potenziale impiego
come bersagli terapeutici.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Torino
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Cirié (TO) nel 1982
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Torino
 PhD in Sistemi Complessi
per le Scienze Biologiche
all’Università degli Studi di Torino
27
Rani
Pallavi
Giovanni
Pacchiana
Ruolo della fusione cellula-cellula nella trasformazione e nella progressione tumorale.
La fusione tra cellule è un fenomeno
fisiologicamente molto importante
ma raro e che avviene solo in particolari occasioni come la fertilizzazione dell’oocita, la formazione della
placenta e lo sviluppo delle fibre muscolari e degli osteoclasti nello scheletro.
Una teoria proposta agli inizi del
‘900 e ripresa recentemente afferma
che la formazione di metastasi,
principale causa di mortalità nelle
patologie oncologiche, possa originarsi dalla fusione anomala tra
una cellula tumorale e un macro-
28
fago. I macrofagi sono cellule del sistema immunitario che, per loro natura, sono molto mobili e in grado di
migrare tra i tessuti e nel sangue.
I macrofagi intervengono anche nella
risposta antitumorale ed entrano in
contatto con le cellule maligne.
Se una cellula tumorale è in grado
di fondersi con un macrofago, si
avvantaggerebbe della sua naturale capacità migratoria e sarebbe così in grado di abbandonare
il tumore primario e originare metastasi.
Lo scopo di questo progetto è di individuare, isolare e caratterizzare a livello molecolare e genetico eventuali
ibridi originati da fusione tra cellule
tumorali e macrofagi in un modello
murino di tumore alla mammella.
La miglior comprensione del complesso fenomeno delle metastasi
potrà aiutare lo sviluppo di terapie
più efficaci e migliorare la qualità della vita dei pazienti con tumori metastatici.
Azione anti-tumorale della restrizione calorica attraverso la regolazione
delle cellule staminali.
La restrizione calorica, cioè l’introduzione di un numero ridotto di calorie con il cibo, è uno strumento efficace nel prevenire diverse malattie
associate
all’invecchiamento,
compreso il cancro.
Queste malattie sono dette multifattoriali, e fattori ambientali o legati agli
stili di vita possono notevolmente influenzare la comparsa o la progressione di queste patologie. Diversi
studi suggeriscono che l’accumulo
durante l’invecchiamento di danni
molecolari nelle cellule, e in particolare nelle cellule staminali sane,
porti alla degenerazione dei tessuti e alla loro trasformazione.
Diete eccessivamente ricche possono causare stress al metabolismo
influenzando i processi cellulari, anche in senso maligno; di contro, la
restrizione calorica potrebbe esercitare un’attività protettiva e antitumorale.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI)
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Milano nel 1981
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Muzaffarpur (India) nel 1979
 Laureato in Biotecnologie
Farmaco-genomiche all’Università
degli Studi di Milano-Bicocca
 Laureato in Biotecnologie alla
Maharaja Sayajirao University di Baroda
(India)
 PhD in Molecular Medicine
all’Università degli Studi di Torino
 PhD in Biochimica all’Indian Institute
of Science di Bangalore (India)
Il fine del progetto è proprio quello di
capire meglio i meccanismi molecolari della restrizione calorica
nella prevenzione del cancro analizzando il suo effetto soprattutto sulle funzioni delle cellule staminali. Si
studierà come le cellule staminali
avvertano la disponibilità di cibo e lo
stress ossidativo; come convertano i
segnali alimentari in un comportamento metabolico e funzionale e
come questi circuiti incidano sulla
soppressione tumorale o sulla stabilità del DNA. Scopo ultimo è identificare marcatori del rischio di cancro
e studiare l’eventuale applicazione di
una dieta a basso contenuto calorico al fine di garantire un invecchiamento libero dal cancro.
29
Laura
Raccosta
Alessandro
Pratesi
Nuovi bioconiugati di biotina e octreotide per trattamenti oncologici mirati.
Nonostante gli enormi progressi della medicina nella cura e nella prevenzione del cancro, esso rappresenta ancora una delle prime cause
di morte nei paesi industrializzati ed
è spesso difficilmente curabile. Il limite principale della chemioterapia tradizionale è l’incapacità di
distinguere tra cellule tumorali e
cellule normali, causando danni
anche in tessuti sani e provocando
effetti collaterali consistenti.
È quindi di primaria importanza individuare molecole sintetiche capaci
di svolgere la loro azione antitumorale in modo selettivo solo sulle cellule
cancerose. Il progetto si pone lo
scopo di individuare e sperimentare potenziali farmaci per la cura
mirata dei tumori, in particolare del
cancro al seno. La strategia è quella
di costruire molecole che hanno
come bersaglio proteine espresse
dalle cellule tumorali ma non dalle
cellule sane, e agiscano come “cavalli di Troia” per trasportare farmaci e chemioterapici. Uno degli
approcci della ricerca è sviluppare
derivati della biotina per il trasporto
di metalli radioattivi direttamente nel
tumore; una seconda strada è invece sviluppare analoghi dell’octreotide da impiegare come trasportatori
di chemioterapici a base di oro e
platino.
L’utilizzo di farmaci più selettivi permetterebbe la messa in atto di radioterapie interne e chemioterapie mirate. Ciò comporterebbe un
aumento dell’efficacia del trattamento e conseguente diminuzione dei
dosaggi del farmaco e riduzione degli effetti collaterali.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Firenze
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Prato nel 1978
 Laureato in Chimica all’Università
degli Studi di Firenze
30
 PhD in Chimica all’Università
degli Studi di Firenze
Analisi della chemio resistenza indotta dagli ossisteroli prodotti dal tumore.
Una delle strategie che i tumori utilizzano per sopravvivere ed espandersi nell’organismo è impedire una risposta del sistema immunitario
contro di essi; lo fanno ad esempio
producendo molecole che impediscono alle cellule immunitarie di
combattere le cellule maligne. Tra le
varie molecole che il tumore produce, alcuni derivati del colesterolo,
chiamati ossisteroli, ostacolano le
cellule dendritiche, tra le prime a
riconoscere una cellula anomala, e
richiamano nel microambiente intorno al tumore cellule neutrofile, che
invece stimolano la crescita tumorale. Ancora però non è chiaro con
quali meccanismi il tumore produca
ossisteroli e quale sia il ruolo del microambiente col quale il tumore e le
altre cellule interagiscono.
La ricerca vuole approfondire questa
conoscenza, con un’attenzione particolare a ciò che avviene a seguito
di trattamento con chemioterapia,
durante cioè lo sviluppo di resistenza e di ricaduta.
Verranno analizzati, in modelli sperimentali di tumori trattati con chemioterapia, l’espressione dei geni
coinvolti nella produzione degli
ossisteroli, quantificare il numero
di neutrofili pro-tumorali che si
sono infiltrati nella massa e in che
modo causano eventuali recidive
del tumore.
In prospettiva, questa ricerca potrà
fornire nuova conoscenza dell’interazione tra tumore, sistema immunitario e microambiente e suggerire approcci terapeutici innovativi.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto San Raffaele di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1979
 Laureata in Biologia
all’Università degli Studi di Milano
 PhD in Medicina Molecolare
e Traslazionale all’Università
degli Studi di Milano-Bicocca
31
Antonio
Vendramin
Erica
Salvati
Le strutture a quadrupla
elica nel gene del recettore di VEGF-2: implicazioni
per la terapia.
La struttura del DNA consiste solitamente in due filamenti avvolti uno
sull’altro, nella classica struttura
doppia elica: tuttavia, recentemente
si è scoperto che il DNA può assumere anche strutture a quadrupla elica, dette G-quadruplex.
Queste quadruple eliche sono importanti per la regolazione di
geni, anche quelli coinvolti nell’oncogenesi e nella progressione tumorale. Nelle cellule endoteliali che
costituiscono i vasi sanguigni, uno
dei geni la cui espressione è regolata da una sequenza di DNA quadru-
32
plex è VEGRF-2; esso codifica per
una proteina recettore importante
nella formazione di nuovi vasi intorno al tumore.
Questo fenomeno, detto angiogenesi, permette al tumore di approvvigionarsi di nutrienti, sostenere la
sua crescita e invadere il circolo
sanguigno per formare metastasi.
Bloccare l’angiogenesi è una delle
armi nella guerra contro i tumori.
Lo studio si propone di stabilire se
la regione a quadrupla elica di
DNA, nel gene VEGRF-2, sia importante per regolare la sua
espressione. In particolare, la sua
presenza bloccherebbe l’espressione del gene VEGRF-2, facendo diminuire anche la corrispondente
proteina-recettore, col risultato finale di ostacolare la formazione
di nuovi vasi tumorali. Molecole
chimiche in grado di stabilizzare le
strutture a quadrupla elica nelle cellule potrebbero quindi essere utilizzate per sviluppare farmaci anti-angiogenici in terapie antitumorali.
Modulazione immunitaria
per separare la malattia
da trapianto contro l’ospite dalla reazione al tumore.
Il trapianto allogenico da donatore
sano di cellule staminali ematopoietiche è una delle principali opzioni di
cura per pazienti con tumori ematologici. Le cellule trapiantate scatenano una reazione immunitaria
contro le cellule maligne, combattendo la malattia.
Tuttavia tale fenomeno è associato
spesso a una reazione generale
delle cellule trapiantate contro
l’organismo ricevente e questo
rappresenta un’importante causa di
mortalità nei pazienti sottoposti a
trapianto. È fondamentale quindi
comprendere quali sono le vie coinvolte nei due effetti in modo da colpire e bloccare, con farmaci mirati,
solo la reazione da trapianto e
non quella contro il tumore. Questa ricerca vuole capire quali sono
le vie di segnalazione coinvolte nei
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori Regina
Elena di Roma
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Roma nel 1975
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Nizza (Francia) nel 1983
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università “La Sapienza” di Roma
 Laureato in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Milano
 PhD in Biologia Molecolare e Cellulare
all’Università “Tor Vergata” di Roma
 PhD in Ematologia Sperimentale
all’Università degli Studi di Milano
due fenomeni. La via di segnalazione mediata dalle proteine Janus e
JAK/STAT è uno dei principali meccanismi coinvolti nella patogenesi
della reazione contro l’ospite. Si
vuole valutare se l’inibizione specifica di JAK/STAT possa essere una
strategia nel prevenire la reazione
contro l’ospite conservando l’effetto
antitumorale.
I risultati avrebbero un grande risvolto clinico: sono già disponibili farmaci approvati sull’uomo che agiscono
bloccando JAK/ STAT e che quindi
potrebbero essere facilmente utilizzati nei pazienti trapiantati per prevenire una grave e pericolosa reazione avversa al trapianto senza
intaccare il potenziale antitumorale.
33
TUMORE AL SENO
Il tumore al seno è il più diffuso nel sesso femminile; nonostante le alte probabilità di
sopravvivenza se diagnosticato in tempo, data la sua diffusione è responsabile ancora
del 16% di tutte le morti per cause oncologiche. La diagnosi precoce è resa possibile
grazie a screening come la mammografia: inoltre, è possibile prevenirlo con una dieta
sana ed evitando sovrappeso e fumo. Tuttavia esistono ancora dei sottotipi di tumore
al seno particolarmente aggressivi e che sviluppano metastasi e resistenza alle terapie.
98%
OLTRE IL
34
dei pazienti
sono donne
75%
10%
87%
delle pazienti
ha più di 50 anni
OLTRE
donne in Italia
vivono con
una diagnosi
di tumore al seno
500.000
dei tumori
al seno
è di origine
ereditaria
pazienti
sopravvivono
a cinque anni
dalla diagnosi
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
Alaa Moustafa Ahmed
Hamza
Le opzioni chirurgiche del
cancro al seno “triplo negativo”.
Il cancro al seno “triplo negativo”
rappresenta il 15-20% di tutti i tumori al seno, ma è quello più aggressivo. È chiamato “triplo negativo” poiché le cellule tumorali non
esprimono sulla loro superficie
nessuno dei tre recettori normalmente presenti in altri sottotipi di
cancro al seno: recettori per gli
estrogeni, recettori per il progesterone e recettore HER2, e che rappresentano i bersagli farmacologici per molti dei chemioterapici
usati per la cura.
La chirurgia è dunque quasi sempre
l’unica opzione terapeutica percorribile per questo tipo di cancro. Due
sono gli approcci nella chirurgia del
cancro al seno: la mastectomia, in
cui viene rimossa tutta o buona
parte della mammella, e la chirurgia conservativa.
La seconda ha sicuramente un migliore impatto sul benessere psicologico delle pazienti, già provate da
una diagnosi di un cancro particolarmente aggressivo.
La presente ricerca vuole analizzare retrospettivamente gli esiti delle due tipologie di intervento chirurgico su un gruppo di pazienti
operate per tumore al seno “triplo negativo” in modo da ottenere
una valutazione oggettiva delle differenze, se presenti, tra le due modalità di intervento sulla sopravvivenza post-operatoria.
L’obiettivo è identificare l’opzione
chirurgica migliore da offrire a pazienti con cancro al seno “triplo negativo”.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato ad Alessandira d’Egitto (Egitto)
nel 1980
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Università di Alessandria d’Egitto
(Egitto)
35
Giorgia
Beffagna
Veronica
Barrero Blanco
Ablazione del tumore al
seno in fase precoce con
ultrasuoni ad alta energia.
Il cancro al seno è un tumore molto
frequente nelle donne e spesso la
chirurgia è necessaria per rimuovere la massa tumorale. Ove è
possibile, viene praticata di preferenza la chirurgia conservativa, per
consentire alle pazienti di conservare quanto più possibile il seno integro. Dopo l’intervento, però possono insorgere effetti collaterali come
dolore, sanguinamento, infezioni e
cicatrici e in alcuni casi le pazienti
devono sottoporsi anche a radioterapia. La comunità medica sta
quindi sviluppando tecnologie per
la rimozione dei tumori sempre
meno traumatiche e invasive,
come la tecnica HIFU (High-Intensity Focused Ultrasound).
È una terapia di ablazione locale
non invasiva: un fascio di ultrasuoni ad alta energia viene indirizzato
con precisione su tumori solidi
causandone la necrosi.
La HIFU è risultata molto efficace nel
rimuovere i tumori e può essere di
grande utilità per le pazienti in cui
l’intervento chirurgico presenta dei
rischi. Inoltre rispetto alle altre tecniche conservative non lascia cicatrici e provoca i minori cambiamenti nella forma del seno.
Il progetto sta valutando attraverso
uno studio clinico l’efficacia della
HIFU nella rimozione completa di
masse tumorali senza effetti collaterali, così da integrare questa tecnica
nella comune pratica terapeutica per
il cancro al seno.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Santa Cruz de La Sierra (Bolivia)
nel 1977
 Laureata in Medicina e Chirurgia alla
Pontificia Università Cattolica Boliviana di
Santa Cruz (Bolivia)
36
 Specializzata in Chirurgia Generale
all’ Ospital Santa Casa da Misericordia
di Rio de Janeiro (Brasile)
Le cellule staminali indifferenziate nel cancro al
seno: ruolo della via di segnalazione di Hippo e Wnt/ß catenina.
Il tumore al seno è il più diffuso nella
donna: chirurgia, chemioterapia e
radioterapia possono controllare le
forme localizzate, ma non le forme
metastatiche. Esiste una sottopopolazione di cellule tumorali, le
cellule staminali del cancro, capace di causare metastasi.
La ricerca vuole caratterizzare questa sottopopolazione utilizzando
colture cellulari ottenute da tumori
mammari “tripli negativi” della donna
e del gatto. Le cellule del tumore
al seno felino sono considerate
un buon modello spontaneo del
tumore della donna. Conoscere
più a fondo le caratteristiche delle
cellule staminali del cancro potrà
aiutare a capire il potenziale metastatico dei tumori mammari e aiutare a sviluppare terapie mirate. In
particolare, la ricerca vuole indagare nelle cellule staminali del cancro una via biochimica di segnalazione denominata Hippo.
Un suo malfunzionamento determi-
na eccessiva crescita delle cellule.
Le staminali del cancro, inoltre, hanno alti livelli di attività anche della via
di Wnt/β catenina, che stimola la
proliferazione.
La ricerca vuole capire la relazione
tra Hippo e Wnt nelle cellule staminali del tumore al seno umane e feline. Con un bagaglio di conoscenze
maggiori sulle cellule staminali del
cancro nel gatto e nella donna, gatte portatrici di tumore mammario
sviluppati spontaneamente diventerebbero, durante le terapie
veterinarie, un modello naturale
per lo studio di terapie avanzate
per l’uomo, riducendo la necessità
e i costi di uno studio su topi in laboratorio.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Padova
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Venezia nel 1976
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università degli Studi di Padova
37
Cinzia
Calzarossa
Amelia
Buffone
Genetica del tumore ereditario al seno e all’ovaio:
vecchi e nuovi approcci
nell’era del “next generation sequencing”.
Il 10% dei tumori ereditari al seno
e all’ovaio sono associati a mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2;
donne che possiedono le varianti
mutate hanno un alto rischio di sviluppare questi tumori nel corso della
vita. Lo studio di questi tumori ha
permesso di individuare strategie
di prevenzione per soggetti portatori di mutazioni nei geni
BRCA1 e BRCA2. Tuttavia molti altri casi di tumore, apparentemente
ereditari, non ottengono risultati informativi dal test genetico poiché
non rilevano tutte le alterazioni, o
per la presenza di altre mutazioni
predisponenti a funzione ancora
ignota (mutazioni VUS). Lo scopo
del progetto è ricercare nuovi tipi
di mutazioni nei geni BRCA1 e
BRCA2, non rilevabili con le tecniche di screening standard, e di
nuovi geni potenzialmente coinvolti nella predisposizione genetica al tumore della mammella e all’ovaio mediante la tecnologia del
sequenziamento di nuova generazione. Si tratta di una metodologia
all’avanguardia per sequenziare il
DNA rapidamente e con un grado
di precisione molto alto. Ad esempio, si vogliono indagare eventuali
mutazioni nel gene ATM in famiglie
predisposte al tumore al seno. L’utilizzo clinico che può derivare da
questa ricerca è significativo: si potrà incrementare il numero delle
famiglie con ereditarietà per tumori al seno a cui associare l’alterazione genetica che ne è causa,
per indirizzarle verso più mirate e
accurate misure di prevenzione o
terapia.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università “La Sapienza” di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Baruta Caracas (Venezuela)
nel 1976
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università “La Sapienza” di Roma
38
 PhD in Epidemiologia e Patologia
Molecolare all’Università “La Sapienza”
di Roma
Ruolo oncogenico e modulazione dei recettori P2
delle cellule staminali del
cancro al seno.
La crescita di un tumore è molto influenzata dalle interazioni delle cellule tumorali con le cellule sane che
compongono lo stroma, cioè il tessuto in cui si trova il tumore.
La ricerca ha ormai compreso che
per trovare efficaci strategie terapeutiche contro i tumori, diminuendo anche la probabilità di ricadute e metastasi, è essenziale
comprendere i meccanismi molecolari che regolano le interazioni
tra cellule maligne e microambiente. Tra le cellule dello stroma,
molto interessanti dal punto di vista
terapeutico sono le staminali mesenchimali; esse modificano il loro
metabolismo in presenza di un tumore, e interagiscono con esso stimolandone la crescita. Nell’ambiente esterno viene inoltre rilasciata, a
causa dell’infiammazione prodotta
dal tumore, una grande quantità di
ATP, la molecola che trasporta energia per i processi cellulari. Le cellule
tumorali possiedono sulla superficie dei recettori specifici per l’ATP, chiamati P2. Il livello di questi
recettori sulle cellule tumorali e la
loro modulazione da parte delle cellule mesenchimali potrebbe influenzare, in senso positivo o negativo, la
continua crescita del tumore. Lo
scopo della ricerca è caratterizzare questo meccanismo e i suoi effetti, in particolare sulle cellule
staminali di cancro al seno, responsabili di sostenere la proliferazione del tumore e le sue ricadute. I
risultati potranno fornire nuovi bersagli molecolari contro cui indirizzare
farmaci mirati per bloccare i meccanismi di sostentamento delle cellule
maligne.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Saronno (VA) nel 1976
 Laureata in Biologia
all’Università degli Studi di Milano
 PhD in Scienze Neurologiche e del
Dolore all’Università degli Studi di Milano
39
Simona
Citro
Luis Campos
Martinez
Studio clinico della matrice di collagene SurgiMend® nella ricostruzione
del seno dopo mastectomia.
La ricostruzione del seno dopo mastectomia (parziale o totale) in seguito a un tumore è ormai pratica consolidata in oncologia per garantire
alle pazienti un benessere anche
psicologico. Tuttavia questa pratica
non è esente da problemi di equilibrio tra necessità di inserire l’impianto correttamente rispetto al
muscolo e risultato esteticamente
soddisfacente.
Negli ultimi anni sono stati sviluppati
prodotti di origine biologica di supporto alla chirurgia. La possibilità di
utilizzare innesti biologici consentirebbe la ricostruzione anche nei
casi in cui siano danneggiati i tessuti che dovrebbero sostenere la protesi, ad esempio per radioterapia
precedente, fornendo un’impalcatura per il ripopolamento cellulare e la
rivascolarizzazione.
Il presente studio clinico si propone
di valutare l’efficacia, l’affidabilità,
le eventuali complicanze e il risultato estetico finale della matrice
di collagene SurgiMend® nella
ricostruzione del seno con protesi.
Quaranta pazienti saranno sottoposte a ricostruzione immediata dopo
mastectomia del seno con SurgiMend® e saranno poi seguite per
un minimo di dodici mesi dopo l’intrevento. Lo studio vuole escludere
eventuali complicanze a breve e
lungo termine, come ad esempio
ematomi, infezioni, malposizionamenti e rotture dell’impianto, e valutare nel complesso la soddisfazione
per il seno ricostruito.
La deacetilasi 1 e la via
biochimica PI3K/mTOR nelle
cellule di cancro al seno.
Le deacetilasi sono enzimi che regolano l’espressione dei geni nelle cellule, tra cui quelli coinvolti nella divisione. Livelli alterati delle deacetilasi
o un loro funzionamento anomalo
sono coinvolti nello sviluppo e nella
progressione di diversi tumori. Infatti,
alcuni inibitori delle deacetilasi
sono, in combinazione con altri
farmaci, in sperimentazione clinica per il trattamento del cancro al
seno, mentre sono in corso studi
preclinici per valutare la loro azione
sul tumore “triplo-negativo”, particolarmente refrattario a diverse chemioterapie.
Purtroppo questi farmaci hanno
effetti collaterali; conoscere le vie
biochimiche in cui sono coinvolte le
deacetilasi è fondamentale per acquisire nuova conoscenza e sviluppare farmaci più mirati e meno tossici. La ricerca vuole studiare la
relazione tra la deacetilasi 1 e la via
biochimica di mTOR. mTOR è un en-
zima presente nelle cellule e ne promuove la crescita.
Quando mTOR è stimolato da fattori
di crescita, la deacetilasi 1 è modificata, ma solo in cellule di cancro al
seno e non quelle sane. Si vuole capire se e come questa differenza
possa favorire la crescita del tumore.
Inoltre, mTOR è coinvolto nell’autofagia; un fenomeno in cui una
cellula, se danneggiata, “mangia
se stessa”; favorire l’autofagia nei
tumori è una delle strategie terapeutiche. Comprendere le relazioni
tra deacetilasi 1 e la via di mTOR potrebbe aprire nuovi orizzonti terapeutici per il tumore al seno, ad esempio
combinando farmaci inibitori delle
deacetilasi e di mTOR.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
40
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1977
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Albacete (Spagna) nel 1978
 Laureata in Chimica e Tecnologie
Farmaceutiche all’Università
degli Studi di Milano
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Universidad Miguel Hernandez
di Alicante (Spagna)
 PhD in Farmacologia, Tossicologia
e Biotecnologie Farmaceutiche
all’Università degli Studi di Milano
41
Salvatore
Cortellino
Laura
Conti
Onco-antigeni delle cellule staminali del cancro
per una terapia immunologica del tumore mammario
triplo negativo.
I progressi nella diagnosi e nelle terapie hanno migliorato la sopravvivenza delle pazienti con tumore al
seno. Tuttavia, per alcuni tumori,
detti “tripli negativi”, che non esprimono i recettori per estrogeni e progestinici né la proteina HER2, le
possibilità di trattamento sono limitate. Si devono dunque identificare
nuove molecole da utilizzare
come bersaglio per terapie mirate. Queste molecole devono avere
un ruolo nella progressione dei tumori tripli negativi ed essere espres-
42
se dal “sottogruppo” delle cellule
staminali del cancro, il nocciolo
duro del tumore, responsabili della
progressione tumorale, della formazione di metastasi e dei fenomeni di
resistenza ai farmaci.
Il progetto vuole caratterizzare le cellule staminali dei tumori al seno tripli
negativi e identificare le molecole
coinvolte nel loro auto-rinnovamento
e nelle loro proprietà. Una volta identificate molecole e proteine importanti per il mantenimento delle cellule
staminali del tumore, sarà possibile
generare anticorpi monoclonali
specifici contro di esse, in modo
da colpire solo le cellule staminali
del cancro, per bloccarne l’autorinnovamento e privare il tumore
del suo serbatoio di nuove cellule.
Le terapie immunologiche con anticorpi monoclonali sono più specifiche, dunque in generale più efficaci
e meno tossiche, della classica chemioterapia e possono fornire nuovi
strumenti per il trattamento del tumore mammario triplo negativo, molto aggressivo, e fornire alle pazienti
prognosi e terapie migliori.
RAB5A promuove la disseminazione del tumore al seno
attraverso un programma
trascrizionale atipico.
La principale causa di morte nei pazienti oncologici non è il tumore primario, ma le metastasi, cioè tumori
che derivano dalla disseminazione
del tumore primario in altri organi e
tessuti. Comprendere i meccanismi del processo di migrazione
del tumore è fondamentale per
sviluppare nuovi farmaci specifici
per combattere il fenomeno della
metastatizzazione.
Rab5 è una proteina che controlla
la morfologia e il movimento delle
cellule, e lo fa regolando nel tempo
e nello spazio l’accensione e lo spegnimento di geni specifici della migrazione. Rab5 regola i geni a livello della loro trascrizione, cioè
quando le informazioni vengono copiate dal DNA all’RNA messaggero.
In particolare, Rab5 è un “master regulator”, cioè uno dei principali regolatori dei geni della “transizione epiteliale-mesenchimale”: un processo
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Torino
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto FIRC di Oncologia Molecolare
di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Torino nel 1979
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Canosa di Puglia (BAT) nel 1975
 Laureata in Biotecnologie Mediche
presso l’Università degli Studi di Torino
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Bari Aldo Moro
 PhD in Immunologia e Biologia Cellulare
all’Università degli Studi di Torino
 PhD in Patologia all’Università
degli Studi di Siena
biologico che le cellule mettono in
atto quando hanno bisogno di una
maggior mobilità nei tessuti. Non è
ancora chiaro però quali siano tutti i
geni regolati da Rab5 e in che modo
siano alterati nelle cellule tumorali.
Lo scopo del progetto è proprio
identificare quali geni regolati da
Rab5 sono coinvolti nella trasformazione delle cellule tumorali benigne in cellule con alto grado di
malignità e alto potenziale di migrazione e disseminazione, utilizzando il
modello del cancro al seno.
I geni identificati potranno essere in
futuro utilizzati come marcatori diagnostici in studi epidemiologici e
come bersagli di nuovi farmaci e
chemioterapici.
43
Patrizia
Dadda
Susan Jaqueline
Cuevas Novoa
Effetti dalla radioterapia
in pazienti sottoposte a
mastectomia nipple sparing e ricostruzione immediata.
La mastectomia nipple sparing è
una tecnologia chirurgica che permette di mantenere intatto il capezzolo e l’areola durante un intervento di mastectomia in pazienti
affette da cancro al seno.
Può essere accompagnata anche
da un intervento di ricostruzione
immediata, per ricostituire la forma
e l’aspetto originale del seno nonostante l’asportazione del tessuto tumorale, con vantaggi notevoli sul
benessere psicologico delle pazienti
dopo l’intervento. Spesso la ma-
stectomia necessita di una radioterapia adiuvante per minimizzare il
rischio di ricadute del tumore.
Lo scopo del progetto è di analizzare gli effetti della combinazione della
radioterapia prima, durante e dopo
gli interventi di mastectomia nipple
sparing con ricostruzione immediata. L’obiettivo finale è quello di valutare eventuali differenze tra i tre
trattamenti di radioterapia e individuare quello più idoneo e sicuro
per quanto riguarda la sicurezza oncologica.
In particolare si valuterà se la radioterapia intraoperatoria del complesso areola-capezzolo possa migliorare la prognosi e gli esiti dell’intervento
per le pazienti affette da cancro al
seno senza comportare complicazioni ed effetti collaterali.
Limitazioni funzionali nelle pazienti affette da carcinoma mammario dopo
chirurgia ascellare.
La rimozione chirurgica dei linfonodi ascellari è una pratica abbastanza comune nelle pazienti affette
da carcinoma mammario, al fine di
rimuovere eventuali cellule del tumore già penetrate nei vasi linfatici
prima che si diffondano e generino
metastasi in altri tessuti dell’organismo. Negli ultimi anni si è affermata
anche una metodologia complementare, la biopsia del linfonodo
sentinella, cioè il linfonodo più vicino
alla massa tumorale: è un intervento
meno invasivo che permette di valutare se è opportuno o meno procedere con la rimozione di tutti i linfonodi ascellari.
La chirurgia ascellare, benché preziosa per l’eradicazione del tumore,
non è quasi mai priva di complicanze post chirurgiche; edema ai
linfonodi compaiono nel 75% delle
pazienti che subiscono la chirurgia
ascellare e nel 40-50% di quelle che
hanno effettuato la biopsia del linfo-
nodo sentinella.
Questo causa perdita di funzionalità dell’arto superiore, dolore e
stress anche a livello psicologico.
Lo scopo della ricerca è valutare
quantitativamente in un gruppo di
pazienti affette da carcinoma mammario l’esito post-chirurgico della
funzionalità dell’arto in termini di dolore, forza e particolarità, nonché il
grado di preoccupazione per le
conseguenze prima e dopo l’intervento. Lo scopo è confermare la
convenienza di non intervenire
sui linfonodi ascellari in casi di
carcinoma mammario con l’ascella negativa alle analisi cliniche
ed ecografiche, onde evitare complicazioni alla funzionalità dell’arto.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Caracas (Venezuela) nel 1980
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’ Universidad Central de Venezuela
di Caracas (Venezuela)
44
 Specializzata in Ginecologia
all’Universidad Central de Venezuela
di Caracas (Venezuela)
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Codogno (Lodi) nel 1983
 Laureata in Fisioterapia all’Università
degli Studi di Milano
45
Yenia Ivet
Diaz Prado
Simona
D’Aguanno
Ricerca degli interattori
di Bcl-2 in cellule di cancro al seno mediante spettrometria di massa.
La proteina Bcl-2 si trova ad alti livelli nelle cellule di tumore della mammella. Bcl-2 ha diverse funzioni nelle
cellule: è coinvolta nella crescita dei
tumori, nella resistenza alla “morte
cellulare programmata”, nella formazione delle metastasi e nella risposta
ai trattamenti chemioterapici.
Nelle cellule di melanoma e nel carcinoma mammario, Bcl-2 coopera
con altri fattori cellulari nel favorire la formazione di nuovi vasi sanguigni nelle regioni del tumore povere di ossigeno. In questo modo il
tumore si approvvigiona di ossigeno
e sostiene la sua crescita.
Il meccanismo con cui Bcl-2 promuove questi fenomeni è ancora in
parte oscuro: lo scopo del progetto
di ricerca è l’identificazione di altre
proteine “partner” che interagiscono con Bcl-2 in cellule di tumore alla mammella per comprendere meglio il ruolo di questa proteina
nello sviluppo e nel mantenimento
del tumore. Per realizzare la ricerca
verranno utilizzate tecniche di spettrometria di massa di ultima generazione e software di bioinformatica per lo studio in silico delle
proteine identificate.
La spettrometria di massa è una tecnica che permette di identificare la
composizione chimica di una qualunque sostanza immessa nello strumento, quindi anche gli amminoacidi
che compongono le proteine: analizzandone la sequenza degli amminoacidi con dei software appositi, si
può risalire a quale proteina interagisce con Bcl-2.
Introduzione alla tecnica
chirurgica del linfonodo
sentinella in pazienti con
tumore al seno.
Il cancro al seno è uno dei tumori più
frequenti nelle donne nei paesi industrializzati, ma la sua incidenza sta
aumentando anche nelle nazioni
in via di sviluppo, tra cui il Centro e
Sud America.
Il cancro al seno è curabile nell’85%
dei casi, se diagnosticato e rimosso
in tempo, soprattutto prima che dia
origine a metastasi. Le metastasi
sono masse tumorali che si formano
in tessuti lontani dall’origine del tumore primario, prodotto da cellule
che migrano attraverso i vasi sanguigni e linfatici. Il linfonodo sentinella
è il linfonodo più vicino al sito del
tumore primario, e il primo che viene raggiunto da cellule tumorali in
movimento. Viene identificato tramite
liquido di contrasto, ed effettuata
una biopsia per analizzare l’eventuale presenza di cellule tumorali, per
decidere la migliore strategia tera-
peutica da adottare.
L’obiettivo della ricerca è permettere
alla borsista di acquisire e perfezionare le competenze tecniche e
teoriche della chirurgia del linfonodo sentinella presso l’Istituto Europeo di Oncologia. La Dottoressa
potrà usufruire di attrezzature e strumentazioni diagnostiche all’avanguardia per la diagnosi e la chirurgia
del tumore al seno, analizzare un
gran numero di casi clinici e beneficiare dell’expertise di medici e personale sanitario in un centro di eccellenza nel trattamento del cancro
al seno. Il know-how acquisito al termine del progetto permetterà alla
Dottoressa di trasferirlo nei centri sanitari del proprio paese di origine.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori Regina
Elena di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Cassino (FR) nel 1976
46
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università “La Sapienza” di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Santa Clara (Cuba) nel 1976
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Instituto Superior De Ciencias
Médicas de Villa Clara (Cuba )
 Specializzata in Oncologia all’Instituto
Superior De Ciencias Médicas de Villa
Clara (Cuba )
47
Daniela
Di Giacomo
Una nuova piattaforma biotecnologica per la diagnosi di predisposizione al
cancro al seno.
Il 10% circa dei tumori al seno ha
un’origine genetica; in particolare,
mutazioni nei geni per le proteine
BRCA1 e BRCA2 aumentano di
oltre l’80% il rischio di sviluppare
carcinoma al seno e all’ovaio. Il
progetto si propone di utilizzare
una piattaforma clinica per l’identificazione e la selezione di famiglie abruzzesi con predisposizione al cancro al seno e all’ovaio. La
piattaforma è stata messa a punto
negli ultimi 15 anni dall’Università
degli Studi dell’Aquila in collaborazione con l’Ospedale San Salvatore e
l’Università di Rouen (Francia).
Lo scopo è quello di identificare
nuove mutazioni, varianti genetiche
e riarrangiamenti cromosomici che
alterano la produzione delle proteine
BRCA1 e BRCA2 e valutare in che
misura aumentino il rischio di contrarre carcinoma mammario e ovarico. Nelle pazienti senza predisposizione genetica identificata, infatti,
sono presenti mutazioni genetiche
di significato funzionale sconosciuto (VUS) ma che, con meccanismi
ancora ignoti, sono associate al tumore. Sarà molto importante quindi
identificare quali sono, come sono
associate allo sviluppo della malattia
e come esercitano la loro azione
predisponente allo sviluppo del cancro.
In particolare, si vuole indagare se e
come le mutazioni VUS influenzino
l’espressione e l’azione delle proteine BRCA1 e BRCA2, il cui malfunzionamento aumenta notevolmente il
rischio di sviluppare cancro al seno
e all’ovaio.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi dell’Aquila
48
Ana Paula
Gomes
Borsa di ricerca sostenuta grazie
alla Delegazione di Teramo
Monitoraggio della tecnica del linfonodo sentinella all’University Hospital
nel sud del Brasile.
Il sistema linfatico è un insieme di
vasi complementare a quello sanguigno, drena i liquidi in eccesso dai
tessuti e trasporta le cellule immunitarie. I linfonodi sono piccoli organi
disseminati in diversi punti come
collo, inguine e ascelle.
Nei linfonodi arrivano i liquidi provenienti dal tessuto circostante,
contenenti anche sostanze indesiderate o cellule tumorali. Il sistema linfatico infatti è tra i primi organi
che le cellule tumorali raggiungono
quando acquistano la capacità di
disseminarsi lontano dal sito primario, causando metastasi. Il linfonodo sentinella è il più vicino al sito
primario di un tumore, ed è il primo che viene raggiunto dalle cellule tumorali. Quando si asporta
una massa tumorale, si può decidere di rimuovere i linfonodi dell’area
coinvolta per diminuire il rischio di
metastasi. Per valutare come procedere, si individua il linfonodo senti-
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Teramo nel 1976
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Centro Mama-Hospital Sao Lucas
da PUCRS (Brasile)
 Laureata in Biologia
all’Università degli Studi dell’Aquila
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Porto Alegre (Brasile) nel 1982
 PhD in Oncologia e Patologia Molecolare
e Genetica all’Università di Chieti-Pescara
e Università di Rouen (Francia)
 Laureata in Medicina e Chirurgia
alla Pontifica Universidade Catolica do
Rio Grande do Sul (Brasile)
nella, iniettando una piccolissima
quantità di una sostanza radioattiva
vicino al tumore; il linfonodo raggiunto per primo viene asportato ed
esaminato in laboratorio per accertare o escludere la presenza di cellule tumorali e decidere la strategia
chirurgica.
Questo progetto consiste nel monitorare il follow-up post-operatorio
di pazienti con carcinoma mammario operati presso l’Ospedale di San
Lucas, in Brasile, con la tecnica del
linfonodo sentinella.
Si vuole analizzare l’applicazione di
questa tecnica chirurgica valutando
la mortalità delle pazienti per migliorare le prestazioni della procedura in
ospedale.
49
Giulia
Massari
Olga
Ivanova
Analisi di strategie chirurgiche per il trattamento del tumore al seno.
La chirurgia è la strategia terapeutica di elezione per trattare il tumore
al seno. In Italia, i moderni approcci chirurgici sono volti a mantenere quanto più possibile integro
il seno, e a intervenire con la modalità meno invasiva possibile, per
causare alle pazienti il minor disagio
psico-fisico possibile.
Ad esempio, l’analisi del linfonodo
sentinella, il più vicino alla sede del
tumore, permette di valutare in fase
pre-operatoria la necessità o meno
di procedere con interventi chirurgici più invasivi, come la rimozione di
tutti i linfonodi ascellari (linfoadenec-
tomia radicale). Durante la sua permanenza la Dottoressa Ivanova migliorerà le proprie competenze
teoriche e tecniche, eseguendo la
biopsia del linfonodo sentinella e
chirurgia ricostruttiva nelle pazienti
con cancro al seno.
Migliorerà le proprie competenze di
valutazione di efficacia e fattibilità
della biopsia del linfonodo sentinella
in pazienti giovani, seguendo l’impatto sulla sopravvivenza e sulla
qualità di vita del paziente.
Imparerà anche le tecniche di
mastoplastica e chirurgia conservativa del seno accoppiata a radioterapia, chemioterapia e terapia ormonale di supoporto.
L’obiettivo è quello di portare un
bagaglio di conoscenze medico-chirurgiche di alto livello in
Russia, dove le metodologie di
cura del tumore al seno sono ancora drastiche e prevedono sempre la
linfoadenectomia radicale, per offrire
anche in quel paese una migliore
qualità della vita e di sopravvivenza
alle pazienti con cancro al seno.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Kishinev (URSS) nel 1979
50
 Laureata in Medicina e Chirurgia
alla Moscow Medical Academy di Mosca
(Russia)
Tumore al seno, dalla neoplasia duttale intraepiteliale al carcinoma infiltrante:
considerazioni
cliniche.
Il Mammotome® è una strumentazione all’avanguardia per la cura del
tumore al seno, perché permette di
fare diagnosi affidabili anche su calcificazioni microscopiche, senza dover ricorrere all’intervento chirurgico.
Lo strumento consente, tramite una
sottilissima sonda introdotta nel
seno, di rimuovere l’intera lesione
per una successiva biopsia senza
un vero e proprio intervento chirurgico. In alcuni casi però, una diagnosi, effettuata al Mammotome®,
di neoplasia duttale intraepiteliale diventa, una volta effettuata una valutazione anatomopatologica approfondita, una diagnosi di carcinoma
infiltrante, cioè una stadio conclama-
to e più avanzato di tumore.
La ricerca quindi vuole identificare
fattori di rischio e i parametri clinici e biologici che possano suggerire la presenza di un carcinoma
invasivo nelle biopsie preoperatorie
da Mammotome®, per valutare la
necessità di effettuare contestualmente anche la biopsia del linfonodo sentinella.
La ricerca valuterà inoltre l’entità precisa della discordanza tra la diagnosi
al Mammotome® e quella anatomopatologica definitiva, che secondo la
letteratura internazionale è intorno al
15-25%. I risultati permetteranno di
perfezionare l’efficacia della diagnosi
per ogni paziente migliorando la performance clinica.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Ortona (CH) nel 1987
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi di Milano
51
Alessio
Molfino
Claude
Minani
Epidemiologia, tecniche di
screening e terapia dei tumori al seno e alla cervice
in Burundi.
I tumori al seno e all’apparato genitale sono tra i più diffusi nelle donne
dei paesi industrializzati ma la loro
incidenza sta aumentando anche
nei paesi in via di sviluppo, dove
provocano numerosi morti soprattutto a causa dell’inadeguatezza delle
strutture sanitarie. In Burundi, due
sono le cause principali di morte
nelle donne: complicazioni durante la gravidanza e il parto e i tumori dell’apparato riproduttivo femminile. Mentre per ridurre la mortalità
legata alle gravidanze esiste una politica sanitaria internazionale all’inter-
no dei Millenium Development Goals
delle Nazioni Unite, non vi sono strategie strutturate per affrontare l’emergenza legata alla diffusione dei
tumori all’apparato riproduttore femminile. Vi è scarsità di conoscenza
su come riconoscere le patologie
non solo nella popolazione ma anche tra gli operatori sanitari, assenza di programmi di screening efficaci per una diagnosi precoce e
limitato accesso alle cure da parte delle donne.
Durante la sua permanenza, il Dottor
Minami potrà acquisire e perfezionare le conoscenza diagnostiche
e interventistiche sul tumore al
seno e alla cervice, apprendendo
le metodiche strumentali e di laboratorio per la diagnosi.
Inoltre, verrà approfondito l’aspetto
epidemiologico, in particolare la relazione tra virus del papilloma umano
(HPV) e tumore alla cervice. L’obiettivo finale è quello di acquisire un
know-how da poter utilizzare nel
proprio paese per diminuire la mortalità tra le donne per tumori dell’apparato riproduttore e implementare
efficaci programmi di prevenzione.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Murago-Bururi (Burundi) nel
1983
52
 Laureato in Medicina e Chirurgia
al Teaching Regional Hospital of Ngozi
(Burundi)
Effetto dell’acido docosaesaenoico (DHA) sull’indice di omega-3 in pazienti
con cancro al seno.
Il carcinoma mammario è uno dei tumori più frequenti; colpisce ogni
anno più di un milione di donne al
mondo e oltre 40.000 in Italia. È da
tempo nota la relazione tra dieta, sovrappeso e rischio di neoplasia
mammaria e sua recidiva.
In particolare, diete a elevato contenuto di acidi grassi della serie
omega-6 e carenti in acidi grassi
della serie omega-3 favoriscono
un aumento del rischio di sviluppare carcinoma mammario.
Gli acidi grassi polinsaturi della serie
omega-3, in particolare l’acido docosaesaenoico (DHA), sono in grado di migliorare l’efficacia della chemio- e radio-terapia in pazienti con
carcinoma mammario, sensibilizzando solo le cellule tumorali, e non i
tessuti sani, all’azione delle terapie,
riducendo così gli effetti collaterali.
Lo scopo della ricerca è valutare la
capacità delle cellule di pazienti
con carcinoma mammario a incorporare l’acido docosaesaenoico, valutare se ci sono differenze tra
pazienti oncologiche e donne sane
e se l’incorporazione di acido docosaesaenoico è ridotto in pazienti con
famiglie ad alto rischio di carcinoma
mammario rispetto, ad esempio, a
pazienti che non hanno una storia
familiare di tumori al seno.
I risultati della ricerca saranno preziosi per stabilire come cambiano i valori di omega-3 nelle pazienti con
carcinoma mammario, quali sono i
valori ottimali da mantenere e come
integrare grassi omega -3 nelle diete
delle pazienti con un basso indice
per migliorare la diagnosi e il risultato
clinico delle terapie.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università “La Sapienza” di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Roma nel 1978
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Università “La Sapienza” di Roma
 PhD in Nutrizione Clinica e Preventiva
all’Università “Tor Vergata” di Roma
53
Andrea
Prodosmo
Sergio
Occhipinti
Varianti mutate di HER2
come bersaglio di immunoterapia nel cancro al
seno.
La proteina HER2 è un recettore
presente sulla membrana delle cellule, rivolto verso l’esterno
Riceve i segnali degli ormoni e dei
fattori di crescita e li trasmette all’interno della cellula, che risponde stimolando la sua crescita. Il suo ruolo
nello sviluppo del tumore mammario
è ben noto; livelli elevati o mutazioni di HER2 la rendono oncogenica, cioè in grado di favorire la formazione del tumore. Le mutazioni
delle proteine vengono solitamente
studiate dal punto di vista funzionale,
valutando l’impatto che hanno sul
54
funzionamento delle proteine e l’effetto sulla vita e sulla velocità di divisione delle cellule.
Le proteine di membrana, come
HER2, sono però anche esposte
al riconoscimento da parte di cellule immunitarie, come i linfociti,
che circolano nei tessuti. I linfociti
possono riconoscere proteine anomale come quelle tumorali ed eliminare le cellule che le espongono.
Lo scopo dello studio è quello di valutare in vitro e poi in un modello in
vivo la capacità di una forma mutata
di HER2 di stimolare il sistema immunitario di pazienti con tumori
mammari positivi per HER2.
Una volta individuati linfociti specifici per la proteina tumorale
HER2 ancora potenzialmente attivi,
questi potrebbero essere ristimolati da un vaccino, veicolato tramite nanoparticelle, e reagire contro il tumore.
L’obiettivo finale è quello di sviluppare un efficace vaccino antitumorale e
progettare protocolli immunoterapici
a basso costo e accessibili a un vasto numero di pazienti.
Un nuovo test diagnostico
per valutare le mutazioni
di ATM nel rischio di cancro al seno.
Il 10% circa dei tumori al seno ha
una predisposizione familiare ed è
causato da mutazioni specifiche in
alcuni geni, come BRCA1 e BRCA2.
Negli ultimi anni sono stati individuati
diversi altri geni le cui mutazioni portano allo sviluppo del tumore al
seno, tra cui ATM. ATM codifica
per una proteina che segnala i
danni nel DNA affinché siano riparati. Quando non funziona, i danni
nel DNA si accumulano e questo facilita lo sviluppo del cancro. Individui
con mutazioni in entrambe le copie
del gene ATM (omozigosi), sviluppano in età pediatrica la sindrome
Atassia-Telangectasia, mentre quelli
con mutazioni in singola copia
(eterozigosi) non manifestano sintomi ma hanno una predisposizione
maggiore allo sviluppo dei tumori
al seno.
L’obiettivo del progetto è analizzare
quante e quali mutazioni di ATM
sono presenti in un gruppo di 150
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
CeRMS, Ospedale Città della Salute e
della Scienza di Torino
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori Regina
Elena di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Savona nel 1981
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Roma nel 1977
 Laureato in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Torino
 Laureato in Scienze Biologiche
all’Univesità “La Sapienza” di Roma
pazienti con tumore al seno utilizzando un nuovo test diagnostico
tramite prelievo di sangue, rapido
e non invasivo. I risultati permetteranno di comprendere quali sono i
cambiamenti nella sequenza del
gene ATM che più probabilmente
aumentano il rischio cancro al seno.
L’analisi delle pazienti con il tumore
al seno utilizzando questo nuovo
test consentirà in futuro di avviare
programmi di prevenzione per
tutte le portatrici sane delle mutazioni di ATM in eterozigosi che ancora non hanno sviluppato la malattia e migliorare i criteri di valutazione
del rischio di tumore per suggerire
programmi di prevenzione personalizzati.
55
Sabrina Kahler
Ribeiro Fontana
Utilizzo della biopsia ai
linfonodi sentinella dopo
chemioterapia neoadiuvante nel cancro al seno.
Una delle strategie terapeutiche più
utilizzate per trattare i tumori umani,
ad esempio i tumori al seno, è la rimozione chirurgica.
L’intervento viene spesso accompagnato da chemioterapia di supporto,
per aumentare le probabilità di guarigione senza ricadute. La chemioterapia neoadiuvante consiste nella
somministrazione di farmaci chemioterapici a pazienti prima di sottoporli a un eventuale intervento
chirurgico, allo scopo di ridurre la
massa del tumore e combattere
eventuali micrometastasi in presen-
za di una malattia apparentemente
localizzata.
La somministrazione precoce di farmaci ha il vantaggio di diminuire la
probabilità di resistenza e di fare
regredire il tumore per effettuare
una chirurgia meno invasiva.
La tecnologia del linfonodo sentinella consiste nel valutare l’eventuale
presenza di cellule tumorali che
stanno migrando dal sito primario
per originare metastasi.
Il progetto vuole valutare quantitativamente e qualitativamente l’esito in
pazienti affette da tumore al seno e
sottoposte a chemioterapia neoadiuvante, analizzando oltre 400 pazienti trattate a partire dal 2000 presso l’Istituto Europeo di Oncologia di
Milano.
Si vuole inoltre valutare l’efficacia
della tecnica del linfonodo sentinella
nella valutazione clinica di pazienti
dopo trattamento con chemioterapia
neoadiuvante e la presenza di eventuali ricadute a livello dei linfonodi
ascellari.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
56
Florence Yolande
Randriamamonjy
Master in Citopatologia
cervico-vaginale e Citologia mammaria.
Il Master ha l’obiettivo di formare la
figura professionale del citologo,
fornendogli le necessarie competenze teoriche e pratiche: conoscenza
delle tecniche di citologia dei tessuti
del seno e dell’apparato riproduttore
femminile, autonomia nell’interpretazione del campione biologico e della
compilazione del referto secondo i
criteri standard internazionali, conoscenza delle metodiche immunoistochimiche e diagnostiche, gestione e
organizzazione di un laboratorio citologico e procedure per il controllo di
qualità.
Al termine del percorso formativo la
borsista avrà acquisito conoscenze
teoriche e tecniche per effettuare in
modo accurato e in autonomia la lettura dei preparati biologici dei pazienti e la compilazione del referto
secondo i modelli internazionali.
In questo modo la Dottoressa avrà
gli strumenti per poter organizzare un laboratorio di citologia all’Ospedale di Sakalanina in Madagascar, un centro sanitario che fa
parte della rete che opera per la prevenzione, la diagnosi e la cura dei
tumori femminili in Madagascar.
Questa rete sanitaria è stata creata
nel 2011 e da allora partecipa al
progetto di lotta contro i tumori
femminili 4 A WOMAN, promosso
dalla Fondazione Akbaraly.
Rendendo autonome le regioni e i
paesi più isolati nelle attività di prevenzione dei tumori si mira a ridurre
l’incidenza degli stessi nonché il
tempo di intercorrenza tra diagnosi e
terapia, aumentando le probabilità di
successo della cura.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università di Modena e Associazione
ONLUS “Alfeo Corassori LA VITA PER TE”
di Modena
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Caxias do Sul (Brasile) nel 1978
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata ad Antanarivo (Madagascar)
nel 1962
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Universidade de Caxias do Sul (Brasile)
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università di Antanarivo (Madagascar)
57
Francesco
Sabbatino
Ndremisa Seheno
Ramaherison
Master in Citopatologia
cervico-vaginale e Citologia mammaria.
Il Master si propone di formare la figura professionale del citologo, con
un focus particolare sul seno e
sull’apparato riproduttore femminile
Il corso fornisce le necessarie conoscenze teoriche e pratiche delle
tecniche di citologia dei tessuti,
come le metodiche immunoistochimiche e diagnostiche, nozioni per la
corretta interpretazione del campione
biologico e della compilazione del referto secondo i criteri internazionali,
modalità operative di gestione e organizzazione di un laboratorio di analisi citologiche e protocolli di controllo
qualità.
L’obiettivo del master è quello di fornire alla borsista le conoscenze teoriche e tecniche per effettuare correttamente e in autonomia le diagnosi
dai campioni biologici delle pazienti e
stilare il referto secondo i modelli
standard della comunità medica internazionale. In questo modo la Dottoressa sarà in grado di organizzare
presso l’Ospedale di Sakalanina
in Madagascar un laboratorio di
citologia attrezzato e operativo.
L’ospedale fa parte infatti di una rete
che opera per la prevenzione, la diagnosi e la cura dei tumori femminili in
Madagascar.
Dal 2011 infatti fa parte del progetto
di lotta contro i tumori femminili 4
A WOMAN, promosso dalla Fondazione Akbaraly. Permettere ai paesi più poveri e disagiati di svolgere
in autonomia e con competenza programmi di prevenzione dei tumori
contribuisce notevolmente a diminuirne l’incidenza, il tempo che trascorre tra diagnosi e intervento, offrendo
a quelle popolazioni maggiori probabilità di successo della cura oncologica.
Nuove terapie combinatoriali per il tumore al seno
“triplo negativo”.
Le neoplasie mammarie denominate
“triple negative” sono un sottogruppo di tumori al seno le cui cellule
non hanno recettori per gli estrogeni,
per il progesterone o per il recettore
HER2.
Sono tra i tumori al seno più difficili
da trattare farmacologicamente,
proprio perché non presentano i
recettori “bersaglio” di molti farmaci attualmente a disposizione.
Il progetto di ricerca consiste nel valutare, in modelli animali che simulano il quadro clinico dei pazienti, una
nuova combinazione terapeutica
per questo tipo specifico di tumore,
utilizzando un farmaco e un anticorpo diretti contro proteine importanti
nella biologia delle cellule tumorali
triple negative.
Tale combinazione mira all’eliminazione selettiva delle cellule mamma-
rie tumorali, incluse le cosidette
cellule “iniziatrici”, o staminali, del
cancro (CIC), responsabili dell’origine e della rigenerazione del tumore. Poiché la mancata eliminazione di tutte le cellule staminali del
cancro è alla base della disseminazione e delle metastasi, in questo
modo si dovrebbe anche diminuire
la probabilità di ricaduta che è causa
primaria di morte nelle pazienti affette da tumori mammari tripli negativi.
I risultati ottenuti in vitro e in vivo
sull’efficacia e sulla tossicità del trattamento forniranno una base di partenza per disegnare e attuare un
nuovo studio clinico sperimentale
per il trattamento dei tumori mammari “tripli negativi” nelle pazienti.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Harvard Medical School di Boston (USA)
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università di Modena e Associazione
ONLUS “Alfeo Corassori LA VITA PER TE”
di Modena
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Andriba (Madagascar) nel 1975
58
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università di Antanarivo (Madagascar)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Napoli nel 1979
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi Federico II
di Napoli
 PhD in Oncologia Molecolare ed
Endocrinologia all’Università degli Studi
Federico II di Napoli
59
Maria Virginia
Thomazini
Ricorrenza e sopravvivenza globale in pazienti con
cancro al seno triplo negativo dopo mastectomia
nipple sparing senza radioterapia.
Tra i diversi tipi di tumore al seno,
quello triplo negativo è il più difficile
da trattare farmacologicamente, e la
chirurgia è la terapia di elezione per
questo tumore.
La mastectomia “nipple sparing”
è una moderna tecnica chirurgica
che permette di eliminare completamente il tessuto tumorale mantenendo intatti il capezzolo e l’areola, con notevoli benefici psicologici
per le pazienti. A seguito di mastectomia nipple sparing può o meno
essere effettuata anche radioterapia
adiuvante alla mammella per diminuire le probabilità di ricadute del
tumore.
Lo scopo della ricerca è valutare la
sopravvivenza globale e i fattori
associati alle ricorrenze locali del
carcinoma mammario triplo negativo in pazienti sottoposte a mastectomia nipple sparing senza
radioterapia di tutta la mammella o
che hanno irradiato solo la zona dell’
areola e del capezzolo.
L’identificazione dei fattori associati
alla recidiva permetterà di selezionare, tra tutte le pazienti che hanno
effettuato una mastectomia nipple
sparing, quelle con un maggior rischio di sviluppare ricadute della
malattia e che quindi vanno indirizzate a una radioterapia adiuvante
post-intervento per aumentare le
probabilità di una remissione completa.
Veronica
Toledo Martinez
Sicurezza del lipofilling
nelle pazienti con cancro
al seno.
Il lipofilling è una tecnica di chirurgia estetica che consiste nell’utilizzare il tessuto adiposo da altre
parti del corpo per correggere
squilibri o difetti e, in oncologia,
viene utilizzata per ricostruire il seno
in seguito a mastectomia in pazienti
operate per cancro al seno.
Ha il vantaggio di utilizzare materiale
naturale e autologo, cioè di provenienza del paziente stesso, facilitando l’attecchimento. Tuttavia è fondamentale accertarsi dell’assenza di
effetti collaterali e possibili conseguenze.
Alcuni studi sperimentali hanno evidenziato infatti che gli adipociti, le
cellule che immagazzinano il grasso
corporeo, sono capaci di produrre
fattori di crescita che possono
stimolare le cellule tumorali a crescere e favorire l’angiogenesi, cioè
la formazione di nuovi vasi sanguigni intorno al tumore, nutrendolo.
Lo scopo della ricerca è dimostrare
la sicurezza di utilizzare lipofilling
nelle pazienti trattate per cancro
al seno, e verificare che non vi sia
un aumento di rischio per sviluppare
nuovi tumori.
La chirurgia estetica al seno è molto
importante dal punto di vista del benessere psicologico delle pazienti
operate, soprattutto se donne giovani, ma è altrettanto importante valutare che l’intervento estetico non
comprometta il risultato clinico e
non esponga le pazienti a rischi di
sviluppare ricadute.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Pires do Rio-Goiás (Brasile)
nel 1985
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’ Universidade Estadual de Campinas
di Campinas (Brasile)
60
 PhD in Ginecologia e Senologia
all’ Universidade Estadual de Campinas
di Campinas (Brasile)
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Cañete (Cile) nel 1979
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Universidad de Chile (Cile)
61
grant 2014
Jose
Vila
Trattamento
chirurgico
del carcinoma mammario
nelle pazienti giovani: chirurgia conservativa contro mastectomia.
Le pazienti giovani, al di sotto dei 40
anni, hanno tumori al seno più aggressivi rispetto alle pazienti sopra i
50 anni. La chirurgia, volta a eliminare la massa tumorale, è una delle
strategie terapeutiche principali: può
eliminare interamente il seno (mastectomia) o il minimo indispensabile a rimuovere il tumore (chirurgia conservativa).
Lo studio valuterà le opzioni chirurgiche nelle pazienti giovani con diagnosi di carcinoma mammario.
Il progetto prevede un studio retro-
spettivo di tutte le pazienti con
diagnosi di carcinoma mammario
di età inferiore a 40 anni trattate
chirurgicamente all’Istituto Europeo
di Oncologia; verranno confrontate
la sopravvivenza totale, la sopravvivenze libera da malattia e il tasso di
recidiva a 5 e 10 anni tra pazienti
sottoposte a chirurgia conservativa e
quelle sottoposte a mastectomia.
L’obiettivo è verificare che l’esito della malattia, il rischio di contrarre ricadute e la sopravvivenza non sono
influenzate dal tipo di intervento chirurgico e che la chirurgia conservativa garantisce le stesse possibilità di
guarigione della mastectomia.
In questo modo, si potrebbe offrire
alle pazienti in giovane età un intervento efficace ma meno invasivo che consenta di preservare quanto più possibile l’integrità del seno,
con notevoli benefici psicologici e
migliore qualità della vita post-operatoria.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Valencia (Spagna) nel 1982
62
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Universidad Rovira e Virgili
di Tarragona (Spagna)
il nostro
sostegno
alla ricerca
scientifica
63
Domenica
Giuffrida
TUMORI ALLE OVAIE
Il tumore alle ovaie è meno frequente del tumore al seno, ma è più difficilmente curabile; non dà sintomi evidenti fino a stadi avanzati della malattia, e questo influisce
sull’esito delle cure. I sintomi sono addome gonfio, aerofagia e necessità di urinare
spesso. La terapia di elezione per il trattamento del tumore alle ovaie è la chirurgia, con
chemioterapia adiuvante per eliminare eventuali micrometastasi. Numerosi però sono
i casi di ricadute e di sviluppo di resistenza ai farmaci.
Rappresenta il
3,7%
30%
4800
64
di tutti i tumori
diagnosticati
nelle donne
al mondo
di tutti
i tumori
ginecologici
nuovi casi
in Italia
nel 2013
quinta
causa di morte per
tumori nelle donne
tra i 59 e i 65 anni
30-50%
probabilità di
sopravvivenza
se diagnosticato
in fasi avanzate
Attività antitumorale della membrana amniotica e
delle cellule staminali mesenchimali della placenta
sul cancro alle ovaie.
Il tumore ovarico ha il più alto tasso
di mortalità tra tutti i tumori ginecologici anche a causa del fatto che viene spesso diagnosticato in stadi
avanzati. La placenta umana contiene cellule staminali mesenchimali che possono essere isolate facilmente e senza grossi problemi di
natura etica. Alcuni studi sembrano
indicare che queste cellule producano dei fattori che stimolano le
cellule del tumore ovarico alla
“morte programmata”, diminuendo così la crescita della massa maligna.
Gli obiettivi del progetto sono proprio
quelli di determinare l’effettiva abilità
delle cellule staminali mesenchimali
derivate della placenta di controllare
la crescita del tumore ovarico e di
caratterizzare le vie biochimiche
coinvolte in questa regolazione.
Se i risultati saranno positivi, si apriranno nuove prospettive sull’uso
delle cellule staminali nelle terapie
antitumorali.
L’utilizzo delle molecole prodotte dalle staminali della placenta potrebbe
risolvere i problemi etici e di tollerabilità correlati alle attuali terapie
cellulari. Inoltre, le informazioni biochimiche sui fattori coinvolti nell’effetto protettivo delle staminali della
placenta potrebbero fornire una
base razionale per la sintesi di molecole capaci di mimare gli effetti dei
fattori originali per sviluppare dei farmaci innovativi nella terapia del carcinoma ovarico.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Ospedale Sant’Anna di Torino
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Catania nel 1972
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi di Catania
 PhD in Andrologia e Scienze della
Riproduzione Umana all’Università
degli Studi di Catania
65
Francesca
Ricci
Flora
Guerra
I mitocondri nella progressione del tumore epiteliale dell’ovaio.
Il carcinoma ovarico è la più comune
causa di morte per i tumori ginecologici, in gran parte dovuta alla tardività
nelle diagnosi e all’elevata percentuale di recidive. La possibilità di
predire la risposta al trattamento
chemioterapico è quindi di vitale importanza per offrire alle pazienti migliori aspettative di vita. I mitocondri
sono le centrali energetiche della
cellula e possiedono del proprio
DNA con alcuni geni, essenziali per
la loro corretta funzione. L’ipotesi
principale di questo progetto è che il
trattamento con alcuni chemioterapici
possa causare mutazioni nel DNA
mitocondriale, alterando la funzionalità e l’assemblaggio dei mitocondri ed
in conseguenza causare disfunzioni
energetiche nelle cellule. Queste disfunzioni provocherebbero una riduzione dell’indice di proliferazione e del potenziale cancerogeno.
É infatti stato dimostrato che una
mutazione nel gene mitocondriale
MTND4, identificata solo nelle cellule
di cancro all’ovaio residue dopo la
chemioterapia, e probabilmente indotta dal farmaco, causa un deficit
energetico portando a un arresto del
ciclo cellulare. L’obiettivo della ricerca
è valutare, attraverso l’analisi genetica e funzionale dei mitocondri prima
e dopo il trattamento chemioterapico,
come la presenza di mutazioni provochi una minor capacità del tumore
di adattarsi all’ambiente, agendo
come nuovo fattore prognostico di
buona risposta alla chemioterapia.
A livello clinico, i risultati potranno
definire un nuovo concetto di chemio-resistenza nel quale il deficit
energetico, dovuto alle mutazioni
mitocondriali, supporta il trattamento chemioterapico.
Resistenza alla chemioterapia nel carcinoma ovarico: la transizione epiteliale-mesenchimale
e
le
cellule staminali.
Il carcinoma all’ovaio è il più letale tumore ginecologico, e tra le cause
dell’elevata mortalità vi è lo sviluppo
di resistenza ai trattamenti di prima
linea. Identificare i principali meccanismi di resistenza alla chemioterapia è un prerequisito per sviluppare
marcatori predittivi di risposta al
trattamento e migliori strategie terapeutiche.
Due sono i meccanismi molecolari
che favoriscono la resistenza nel tumore ovarico: la presenza di un sottoinsieme di cellule del tumore
che si comportano come cellule
staminali, e che se non rimosse
dalla prima chemioterapia danno origine a un nuovo tumore resistente.
Il secondo è la capacità delle cellule
tumorali di mettere in atto la cosidetta “transizione epiteliale-mesen-
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università del Salento
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario
Negri di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Barletta nel 1982
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Bari Aldo
Moro
66
 PhD in Biochimica, Biologia Molecolare
e Bioinformatica all’Università degli Studi
di Bari Aldo Moro
chimale” (EMT): le cellule, cambiando l’espressione di certi geni,
acquistano delle caratteristiche che
favoriscono il movimento nei tessuti e la resistenza ai farmaci.
Questo progetto intende studiare
entrambi i meccanismi e i geni coinvolti nel processo di EMT e nelle caratteristiche staminali.
La possibilità di applicare nella pratica in clinica i risultati della ricerca
consentirebbe la stratificazione
delle pazienti affette da carcinoma ovarico in responsive o no alla
chemioterapia prima del trattamento,
evitando quindi di trattare coloro che
hanno poche possibilità di risposta e
indirizzandole subito verso terapie alternative.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Rovereto (TN) nel 1983
 Laureata in Biotecnologie
Farmaceutiche all’Università degli Studi
di Bologna
 PhD in Life and Biomolecular Sciences
all’Open University di Londra (UK)
67
Aleco
D’Andrea
LINFOMI E LEUCEMIE
I linfomi e le leucemie sono tumori a carico delle cellule del sangue; le cellule staminali nel midollo osseo si dividono senza controllo, causando alterazioni nel corretto numero di globuli bianchi. Sono tipici dell’età infantile e sono causati da mutazioni e alterazioni nel DNA, sia a livello di singoli geni che di cromosomi. Le cause delle
mutazioni possono essere ereditarie o ambientali: ad esempio è nota la correlazione
tra aumento di leucemia ed esposizione a grandi dosi di radiazioni.
39%
OLTRE
28.000
80%
30%
68
di tutti i tumori
infantili sono
leucemie e linfomi
i nuovi casi
in Italia
nel 2013
dei linfomi e
delle leucemie
è guaribile
aumento di sopravvivenza
nei pazienti affetti da linfoma
dal 1970 al 2009 grazie alla
ricerca biomedica
Il ruolo di Dyrk3 nella genesi dei linfomi dipendenti
da Myc.
Una delle sfide principali della moderna ricerca biomedica è quella di
comprendere il ruolo biologico di
tutte le informazioni che provengono dai sequenziamenti massicci dei genomi delle cellule tumorali
e decodificare la complessità del
cancro. La decodifica di queste informazioni permetterebbe un grosso
passo avanti nella comprensione
della tumorigenesi, gettando le fondamenta per lo sviluppo di strategie
terapeutiche innovative in campo clinico.
Questa ricerca ha come obiettivo l’identificazione di nuovi meccanismi
di progressione tumorale nei linfomi di Burkitt, utilizzando un modello
di linfoma stimolato dalla presenza
dell’oncogene c-myc.
Lo studio utilizzerà le più avanzate
metodiche di biologia molecolare,
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Palermo nel 1983
 Laureato in Biologia Molecolare e
Cellulare all’Università degli Studi di
Palermo
 PhD in Oncologia Molecolare e
Cellulare all’Università degli Studi di
Palermo
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
genomica funzionale e sequenziamento del DNA di nuova generazione. In particolare, la ricerca
studierà Dyrk3, una nuova proteina
coinvolta nella proliferazione cellulare
nei linfomi di Burkitt. Dyrk3 ha un
ruolo da soppressore tumorale,
cioè frena i meccanismi preposti alla
moltiplicazione cellulare. Sembra essere stimolata proprio dall’oncogene
myc, quindi potrebbe rappresentare
un interessante meccanismo di
controllo negativo “a retroazione”
che le cellule mettono in atto per
contrastare l’eccessiva proliferazione. L’applicazione clinica futura potrebbe essere quella di sviluppare
farmaci che stimolino Dyrk3 per
bloccare l’espansione dei linfomi.
69
Matteo
Lulli
Alicja
Gruszka
Il ruolo di NPMc+ nella via
di segnalazione di Wnt e
nella
sensibilizzazione
all’acido retinoico.
La leucemia mieloide acuta rappresenta circa il 30% di tutte le forme di
leucemia. Si tratta di un insieme di
disturbi ematologici tutti caratterizzati
dall’accumulo di blasti, cioè cellule
del sangue che non riescono a differenziarsi del tutto in cellule adulte e
che proliferano eccessivamente.
Le più comuni alterazioni, che si
trovano in un terzo di tutti i casi di
leucemia acuta mieloide, sono mutazioni del gene della nucleofosmina (NPM1). Nonostante esista
un interesse diffuso per il loro ruolo
nella patogenesi della malattia, il
70
meccanismo di azione del mutante
NPMc+ rimane largamente sconosciuto. La ricerca si propone quindi
di studiare il ruolo funzionale delle
proteine mutanti NPMc+ utilizzando modelli animali e linee cellulari; risultati preliminari mostrano che
NPMc+ è coinvolta nell’attivazione
della via di segnalazione Wnt, che a
sua volta stimola la proliferazione.
Questo ha grandi implicazioni terapeutiche poiché esistono già a disposizione alcuni inibitori specifici
per Wnt che potrebbero essere
quindi impiegati come farmaci antileucemici. Il progetto inoltre valuterà
anche il ruolo delle mutazioni
NPMc+ nella sensibilità delle cellule leucemiche a un’altra molecola che blocca la proliferazione
dei blasti: l’acido retinoico.
I risultati potrebbero aprire promettenti vie terapeutiche combinatoriali
con acido retinoico e inibitori di Wnt
nelle leucemie mieloidi acute con
mutazioni nel gene NPM1.
Alterazioni del controllo
di Bcl-2 nella leucemia linfocitica cronica.
La leucemia linfocitica cronica a cellule B è la più frequente tra le leucemie, con un decorso clinico assai
eterogeneo e possibilità terapeutiche molto limitate per i pazienti in
fase avanzata della patologia.
In questo tipo di leucemia si trovano
spesso alti livelli della proteina
Bcl-2. Bcl-2 agisce per impedire la
morte cellulare programmata, o
apoptosi, e quando non è controllata può causare l’espansione anomala delle cellule, provocando tumori.
Su tali basi, il principale obiettivo di
questo progetto è caratterizzare i
meccanismi di regolazione di Bcl-2
nella leucemia linfocitica cronica.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Firenze
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Cracovia (Polonia) nel 1971
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Firenze nel 1978
 Laureata in Medicina e Chirurgia al
Collegium Medicum di Cracovia (Polonia)
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Firenze
 PhD in Patologia all’University
of London di Londra (UK)
 PhD in Oncologia Clinica e Sperimentale
all’Università degli Studi di Firenze
Tra i regolatori dell’espressione di
Bcl-2 vi è la proteina CryZ; verrà
caratterizzato il suo ruolo nella regolazione dell’espressione di Bcl-2,
studiando inoltre il suo impatto nello
sviluppo della leucemia e l’effetto
della sua modulazione sulla resistenza delle cellule leucemiche al trattamento con alcuni chemioterapici.
CryZ potrebbe quindi rivelarsi un
nuovo potenziale strumento diagnostico e terapeutico; per questo verranno anche valutati gli effetti
sinergici di modulare dall’esterno
CryZ insieme alla somministrazione
di chemioterapici convenzionali, allo
scopo di individuare un trattamento
terapeutico ad alta efficacia e con
ridotti effetti collaterali.
71
Massimiliano
Mazza
Manuela
Mancini
Il ruolo di FOXM1 nella
proliferazione e nella sopravvivenza delle cellule
staminali nella leucemia
mieloide cronica.
Come in molti altri tipi di tumori, anche nella leucemia mieloide cronica
la comparsa di resistenza alla chemioterapia pone grossi problemi nella cura a lungo termine dei pazienti.
Diversi sono i meccanismi coinvolti nella farmaco-resistenza, ma attualmente il più studiato è quello che
vede nella cellula staminale leucemica la sorgente della malattia e
la fonte di origine della resistenza.
Il progetto si propone di identificare
nuovi bersagli terapeutici, allo scopo
di sradicare i fenomeni emergenti di
72
resistenza e offrire ai pazienti una
vita libera dalla leucemia. Da qui
emerge l’importanza dello studio
dei meccanismi biologici di sopravvivenza delle cellule staminali
leucemiche. Una via di segnalazione importante a questo scopo è
quella della ßcatenina, che coinvolge una serie di proteine tra cui l’enzima Plk1 e il fattore di trascrizione FOXM1; quest’ultimo regola geni
importanti per sostenere la divisione
e il rinnovamento delle cellule staminali leucemiche. La finalità del progetto è di identificare se Plk1 e
FOXM1 possano essere promettenti
bersagli terapeutici e se la loro inibizione possa bloccare la proliferazione della cellula staminale
leucemica e la sua capacità di automantenimento in modo selettivo,
mantenendo intatte queste capacità
nelle cellule staminali normali e minimizzando l’insorgenza di resistenza.
Essi rappresenterebbero una buona
base di partenza per terapie mirate
che offrono migliore prospettiva di
cura ai pazienti affetti da leucemia
mieloide cronica.
Nuove terapie basate su
anticorpi per la cura della leucemia linfoblastica
acuta di tipo T
La leucemia linfoblastica acuta da
cellule T è una forma di tumore tipica dell’età giovanile che deve
essere trattata da subito con una
chemioterapia aggressiva.
Questo fa si che in caso di ricadute
non siano più disponibili ulteriori trattamenti efficaci e i pazienti vadano
incontro a morte.
Scopo della ricerca è applicare l’approccio della terapia con anticorpi
monoclonali altamente specifici
per identificarne nuovi strumenti
terapeutici efficaci contro la leucemia linfoblastica acuta anche recidiva e resistente alla chemioterapia
standard.
Verranno analizzati un set di anticorpi
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Ematologia Seràgnoli
di Bologna
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Messina nel 1978
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Rimini nel 1977
 Laureata in Biotecnologie all’Università
degli Studi di Bologna
 Laureato in Biotecnologie all’Università
degli Studi di Bologna
 PhD in Biotecnologie Cellulari e
Molecolari all’Università degli Studi di
Bologna
 PhD in Genetics and Molecular Biology
all’European Molecular Biology
Laboratory di Heidelberg (Germania)
isolati da screening preliminari per
caratterizzare l’attività anti-tumorale
contro leucemie umane di tipo T; i
primi risultati con xenografi, cioè con
tumori umani trapiantati in modelli
animali, confermano che questi anticorpi determinano una sopravvivenza e una remissione della malattia nel 50% dei casi.
La ricerca però vuole anche identificare quali siano i recettori sulla superficie cellulare riconosciuti dagli
anticorpi, per comprendere meglio
anche il loro meccanismo biologico
di azione e infine testare se l’attività
anti-tumorale di questi anticorpi possa essere estesa anche ad altri tipi
di tumore, per aumentare lo spettro
di utilità terapeutica.
73
Clara
Ricci
Maria Cristina
Picchio
La via di segnalazione PI3K/
AKT nella sindrome di Sezary.
La sindrome di Sezary è una variante aggressiva del linfoma cutaneo a
cellule T, con una bassa aspettativa
di vita. È caratterizzata dalla presenza di linfociti maligni nella pelle, nei linfonodi e nel sangue.
I determinanti genetici che causano
questa particolare forma di linfoma
cutaneo sono ancora in gran parte
sconosciuti, e la ricerca vuole contribuire a caratterizzarli, focalizzandosi in particolare sulla proteina
PTEN e la via biochimica PI3K/
AKT.
Il gene della proteina PTEN, che si
trova sul cromosoma 10, è deleto,
74
cioè assente, nel 36% dei casi e in
quasi tutti i livelli di RNA e di proteina PTEN è molto inferiore del normale. Questo suggerisce che l’assenza di PTEN sia importante per
permettere al tumore di proliferare e diventare aggressivo.
PTEN si trova alla fine di una via biochimica di segnalazione che regola
la sopravvivenza e la proliferazione
cellulare, chiamata PI3K/AKT.
È molto importante nei linfociti maligni localizzati nella pelle, meno in
quelli circolanti nel sangue.
Il progetto si propone quindi di stabilire se i linfociti della pelle e quelli
circolanti esprimono un set di geni
diversi che possono giustificare
una diversa attivazione della via
PI3K/AKT; è promettente dal punto
di vista terapeutico poiché esistono
già disponibili farmaci che agiscono
contro questa via e che potrebbero
essere utilizzate anche nelle terapie
della sindrome di Sezary.
Meccanismi
molecolari
nell’origine e nella progressione della leucemia
mielomonocitica cronica.
La leucemia mielomonocitica cronica è una malattia complessa ed
eterogenea: è frequente negli anziani e ha un decorso clinico molto
variabile. In genere, dopo un periodo
di stabilità può evolvere verso una
forma più aggressiva, con incremento graduale e difficilmente controllabile dei globuli bianchi. Le possibilità di cura sono limitate, anche a
causa della scarsità di comprensione dei meccanismi molecolari che
guidano la nascita e il peggioramento della malattia. La ricerca ha quindi
lo scopo di identificare eventuali mutazioni presenti nelle cellule leucemiche e distinguere le mutazioni
acquisite precocemente, da cui
origina la malattia, da quelle secondarie, potenzialmente responsabili
della sua progressione.
Le analisi verranno effettuate con la
tecnologia del sequenziamento
“di nuova generazione”, che per-
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Dermopatico dell’Immacolata
di Roma
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Perugia nel 1971
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1976
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Perugia
 Laureata in Biotecnologie
Mediche all’Università degli Studi
di Milano
 PhD in Scienze delle Malattie Infettive
e Terapie Immunologiche all’Università
“La Sapienza” di Roma
 PhD in Medicina Molecolare
all’Università degli Studi di Milano
mette di ottenere con grande precisione la sequenza del DNA di cellule
leucemiche. L’analisi molecolare dei
campioni “seriali”, cioè ottenuti
dallo stesso paziente in momenti
diversi della malattia, consentirà di
stabilire l’ordine di insorgenza delle
mutazioni. L’identificazione delle mutazioni nella leucemia mielomonocitica cronica è cruciale per la diagnosi,
il monitoraggio e la prognosi.
In particolare, data la mancanza di
trattamenti efficaci nelle fasi più
avanzate, è essenziale individuare i
pazienti a rischio di progressione,
che possono avere bisogno di controlli medici più frequenti e che potrebbero avere gran beneficio da un
tempestivo intervento terapeutico.
75
Caterina
Vitali
Giovanni
Roti
Il ruolo della ATPasi di tipo
P nella leucemia acuta.
Le ATPasi di tipo P sono un gruppo
di proteine, presenti in tutti gli organismi, che controllano il trasporto di
ioni attraverso le membrane cellulari.
Mantenere le corrette concentrazioni dei vari tipi di ioni dentro e
fuori dalle cellule è cruciale per il
l’omeostasi, cioè l’equilibrio fisiologico in cellule e tessuti.
Non sorprende, quindi, che in molti
tipi di tumori umani siano presenti
mutazioni nelle ATPasi che ne alterano il normale funzionamento.
La ricerca vuole comprendere più a
fondo il ruolo delle ATPasi di tipo P
nello sviluppo e nella progressione
delle leucemie acute, nonché nell’in-
sorgere della resistenza ai farmaci
che spesso caratterizza questa forma di leucemia.
Verrà studiata in particolare l’ATPasi
chiamata SERCA nelle leucemia
linfoblastica a cellule T. Essa contribuisce, con la sua azione di canale per gli ioni, a regolare un’importante via biochimica, la via di
NOTCH, che a sua volta regola la
divisione cellulare.
Scompensi nella via di NOTCH si
trovano nel 50% delle leucemie
linfoblastiche a cellule T e in altri
tumori ematologici: agire su questa
via o sui suoi regolatori, come la
ATPasi SERCA, offre nuove prospettive terapeutiche per il trattamento
della leucemia acuta. Esistono infatti
molecole in grado di inibire SERCA,
come la tapsigargina, che sia in vitro
sia in modelli animali ha mostrato un
effetto anti-tumorale ed è quindi un
farmaco promettente contro la leucemia linfoblastica acuta.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Harvard Medical School di Boston (USA)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Reggio Emilia nel 1977
76
Regolazione
dell’osteopontina nei linfomi a cellule B indotti da malattie
autoimmuni.
Le malattie autoimmuni sono uno
dei fattori di rischio per lo sviluppo
del linfoma non Hodgkin.
Soggetti affetti da lupus eritematoso
sistemico hanno una maggiore predisposizione a sviluppare linfoma
delle cellule B della zona marginale o
linfoma diffuso a grandi cellule, ma il
meccanismo che lega i due eventi è
ignoto.
La proteina osteopontina è una
citochina, cioè una molecola segnale che regola l’attivazione di molte cellule immunitarie, tra cui i linfociti
T e B, e ha probabilmente un ruolo
in questo processo. L’assenza di
osteopontina in modelli animali di
lupus è associata allo sviluppo di
un linfoma ad alta aggressività,
suggerendo che abbia un ruolo protettivo contro la trasformazione tumorale dei linfociti B.
Si trova infatti molto abbondante nei
tessuti affetti da lupus: una sorta di
meccanismo di protezione che le
cellule colpite dalla malattia autoimmune mettono in atto per limitare il
rischio di degenerazione verso il linfoma conclamato. Questo progetto
vuole capire a quale livello agisca
l’osteopontina e come riesca a tenere sotto controllo la proliferazione
incontrollata delle cellule B.
Dal punto di vista clinico, la caratterizzazione precisa del ruolo dell’osteopontina potrà essere utilizzato
come marcatore di prognosi favorevole, o stimolato farmacologicamente per prevenire l’insorgenza
di linfomi in pazienti affetti da lupus o
da altre malattie autoimmuni.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Treviglio (BG) nel 1982
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi di Parma
 Laureata in Biotecnologie Industriali
all’Università degli Studi di
Milano-Bicocca
 PhD in Biotecnologie nel Trapianto di
Midollo Osseo Umano all’Università
degli Studi di Perugia
 PhD in Medicina Molecolare
e Traslazionale all’Università degli
Studi di Milano-Bicocca
77
iros Giacomo
Barozzi
TUMORI AL POLMONE
Il tumore al polmone è la prima causa di morte per malattia oncologica. Questo è
principalmente dovuto alla tardività nella diagnosi, quando il tumore è già in metastasi. Il principale fattore di rischio è il fumo, per il quale è chiara la relazione dose-effetto. L’incidenza del tumore al polmone è in diminuzione graduale tra gli uomini ma in crescita fra le donne, a causa proprio dell’aumento nel numero di
fumatrici. L’identificazione di marcatori precoci è una delle linee di ricerca più promettenti per migliorare la cura del tumore al polmone.
primo
QUASI
2 milioni
20%
78
16%
85%
tumore
più frequente
al mondo
di nuovi
casi all’anno
nel mondo
delle morti
oncologiche
sono causate
dal tumore
al polmone
di probabilità
di sopravvivenza
a cinque anni
dalla diagnosi
dei tumori
al polmone
è causato
dal fumo
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
Ruolo di mutazioni in regioni genomiche regolatrici nell’insorgenza e
nella progressione del
carcinoma polmonare a
piccole cellule.
I tumori sono causati da mutazioni
nel DNA che alterano i normali processi di regolazione delle cellule, le
quali proliferano in modo incontrollato e invadano i tessuti sani. Più una
cellula tumorale si divide velocemente e più accumula mutazioni:
una delle sfide della biologia del
cancro è proprio quella di distinguere, tra tutte le mutazioni,
quelle che sono la vera causa
della malattia, chiamate “mutazioni guida”, da quelle casuali che
non hanno nessun effetto, chiamate “mutazioni passeggere”.
Le mutazioni guida, a differenza di
quelle passeggere, sono quelle che
hanno un ruolo chiave nello sviluppo e nel decorso della malattia, e
sono quelle che si ritrovano con alta
probabilità in tumori indipendenti e
in diversi pazienti. Le mutazioni, inol-
tre, non avvengono solo nei geni,
cioè nei frammenti di DNA che codificano per proteine, ma anche in
porzioni di DNA che regolano
l’accensione e lo spegnimento
dei geni stessi, e che sono chiamate “regioni regolatrici”.
Il progetto di ricerca utilizzerà approcci di biologia molecolare e
analisi bioinformatiche per individuare e riconoscere le mutazioni
guida da quelle passeggere nel carcinoma polmonare a piccole cellule,
che rappresenta il 15% di tutti i tumori polmonari diagnosticati. Una
volta perfezionata la strategia sperimentale, potrebbe essere in futuro
estesa anche all’analisi delle mutazioni di tumori di origine diversa.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Luino (VA) nel 1984
 Laureato in Bioinformatica
all’Università degli Studi di Bologna
 PhD in Molecular Medicine alla
Scuola Europea di Medicina Molecolare
di Milano
79
Laura
Brunelli
Roberto
Bellini
La chirurgia robotica mini
invasiva nel tumore al
polmone: impatto sulla
qualità della vita.
Il tumore al polmone è uno dei tumori più difficili da trattare farmacologicamente e la chirurgia, ove possibile, rimane la strategia preferenziale
per la cura di questa neoplasia.
L’obiettivo di questa ricerca è confrontare, in pazienti affetti da tumore polmonare candidati a resezione
anatomica, la chirurgia standard e
la chirurgia robotica con sistema
Da Vinci.
Quest’ultima è una tecnica chirurgica mini invasiva, realizzata con
strumentazione altamente tecnologica; lasciando pressoché intatti i
tessuti sani, presenta molteplici vantaggi rispetto alla classica chirurgia,
tra cui minor dolore post operatorio, minor risposta infiammatoria
e immunitaria con conseguente diminuzione delle possibili complicanze e più rapida riabilitazione e
riacquisto della funzionalità dell’organo.
La ricerca vuole analizzare l’efficacia di questo approccio chirurgico
rispetto all’approccio standard nel
decorso post-operatorio, il periodo più critico per il paziente sottoposto a chirurgia polmonare, in
termini di qualità della vita e di risposta immunitaria.
L’obiettivo finale è comprendere
quale fra la chirurgia standard e la
chirurgia robotica mininvasiva, nello
stesso tipo di intervento e con lo
stesso tipo di gravità del tumore,
consente al paziente una maggiore
aspettativa e qualità di vita.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Romano di Lombardia (BG)
nel 1979
 Laureato in Medicina e Chirurgia
ll’Università degli Studi di Pavia
80
 Specializzato in Chirurgia Toracica
all’Università degli Studi di Pavia
Le mutazioni di K-RAS nel
metabolismo di cellule di
tumore al polmone: implicazioni per la risposta a
terapie antitumorali.
Il tumore del polmone non a piccole
cellule rappresenta l’85% dei tumori
polmonari e ha una prognosi estremamente negativa: la sopravvivenza a cinque anni è inferiore al 5%.
La prognosi infausta è data sia dalla
difficoltà di una diagnosi precoce sia
dalla scarsità di terapie davvero efficaci nel tumore conclamato.
È necessario quindi sviluppare terapie più mirate, che agiscano sui
meccanismi chiave di sopravvivenza
del tumore.
Il gene K-RAS codifica per una proteina che è coinvolta nel passaggio
di segnali dall’esterno della cellula
verso l’interno, per regolarne i processi vitali, tra cui il metabolismo.
Alcune mutazioni di K-RAS danno
un vantaggio metabolico, ma non si
sa ancore se provochino effetti di-
versi tra cellule sane e tumorali.
Si sa invece che diverse mutazioni
di K-RAS influenzano la sensibilità e la resistenza ai chemioterapici in pazienti affetti da tumore del
polmone non a piccole cellule.
Lo scopo della ricerca è proprio
quello di capire se esistono differenze metaboliche in cellule sane rispetto a cellule con mutazioni in
K-RAS tipiche del tumore polmonare
a piccole cellule e valutare se queste eventuali differenze nel metabolismo possano influenzare la risposta
ai farmaci e i meccanismi di resistenza alle chemioterapie. Eventuali
differenze metaboliche potrebbero
essere sfruttate per costituire nuove
terapie più efficaci.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario
Negri di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Copparo (FE) nel 1983
 Laureata in Scienze Biomolecolari
e Cellulari all’Università degli Studi di
Ferrara
 PhD in Scienze Farmacologiche
all’Istituto di Ricerche Farmacologiche
Mario Negri di Milano
81
Ester
Del Signore
Francesco
Carleo
Diagnosi precoce del tumore al polmone: uno studio italiano per un modello
di rischio personalizzato.
Il tumore al polmone è tra i tumori più
letali ed è una delle principali cause
di morte nei paesi sviluppati, con
un’incidenza in aumento nei paesi in
via di sviluppo.
Il principale fattore di letalità è la
diagnosi tardiva, quando il tumore
è in fasi molto avanzate.
La tomografia computerizzata a
basso dosaggio si è rivelato un ottimo strumento per la diagnosi precoce del tumore del polmone.
È raccomandata annualmente per
soggetti ad alto rischio, fumatori e di
età superiore a 55 anni. Per migliora-
re ulteriormente la strategia di diagnosi precoce, in particolare del tumore al polmone “non a piccole
cellule”, particolarmente aggressivo,
la presente ricerca, che fa parte del
progetto COSMOS II, vuole identificare nel sangue dei pazienti marcatori della presenza del tumore.
In particolare, si concentrerà sull’analisi di 34 microRNA, piccole
molecole rilasciate nel sangue in
presenza di tumore, e che ne rappresentano la “firma molecolare”
da utilizzare come strumento diagnostico.
L’obiettivo finale è quello di integrare i
dati dei marcatori molecolari con le
informazioni cliniche e gli esami radiologici per elaborare un modello
di rischio personalizzato per ogni
paziente e determinare l’intervallo di
tempo per sottoporsi a esami di
controllo. Inoltre, la ricerca permetterà di perfezionare i protocolli di diagnosi precoce per identificare il tumore al polmone quando ancora
non dà sintomi, la strategia vincente
per renderlo più curabile e diminuire
la mortalità.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Ospedale San Camillo Forlanini di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Roma nel 1977
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Università Cattolica del Sacro Cuore
di Roma
82
 Specializzato in Chirurgia Toracica
all’Università “La Sapienza” di Roma
Individuazione precoce e
trattamento delle metastasi ossee in pazienti affetti da carcinoma polmonare.
Le metastasi, cioè la disseminazione
di un tumore in organi diversi dalla
sede di sviluppo, sono la principale
causa di morte nei pazienti oncologici. In particolare, le metastasi
dell’apparato scheletrico sono tra
le più dolorose e debilitanti. Si sviluppano nel 30-40% dei pazienti
con carcinoma polmonare, tumore
che già di per sé ha una prognosi
infausta ed espone il paziente a un
rapido decadimento delle condizioni
cliniche generali: maggior rischio di
frattura alle ossa, ipercalcemia e dolore difficilmente controllabile con
analgesici, con un peggioramento
ulteriore della qualità di vita. La ricerca è orientata a perfezionare le metodologie diagnostiche e terapeutiche in pazienti affetti da carcinoma
polmonare.
Nel 20% dei casi, infatti, la metastasi ossea è diagnosticata solo
alla comparsa dei sintomi, a meta-
stasi già avanzate. È necessario
quindi identificare marcatori precoci specifici e sensibili, ad esempio
nel sangue e nelle urine, per diagnosticare la presenza delle metastasi
nelle fasi iniziali. Alcuni metaboliti utili
sono già disponibili, ma la loro specificità è ancora oggetto di controversia.
La ricerca studierà soprattutto i microRNA, che stanno emergendo
come una classe di molecole specifiche di ogni tumore. L’obiettivo è
migliorare le attuali strategie di diagnosi e cura delle metastasi ossee
in pazienti con cancro al polmone,
per garantire loro una qualità di vita
accettabile nonostante la prognosi
negativa.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Giulianova (TE) nel 1982
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università “La Sapienza” di Roma
 Specializzata in Oncologia Medica
all’Università “La Sapienza” di Roma
83
Chiara
Renzi
Filippo
Lococo
Diagnosi precoce del tumore al polmone: uno studio italiano per un modello
di rischio personalizzato.
La principale causa di letalità del tumore al polmone, una delle neoplasie più aggressive e meno curabili e
in aumento tra le donne e nei paesi
in via di sviluppo, è la diagnosi tardiva in fase avanzata. Una buona diagnosi precoce si può effettuare con
la tomografia computerizzata a
basso dosaggio, rivolta in particolare a individui ad altro rischio, come i
forti fumatori con più di 55 anni di
età.
Tuttavia è necessario ottenere degli
strumenti diagnostici ancora più
sensibili dell’esame strumentale, in
particolare per i tumori al polmone
“non a piccole cellule”, particolarmente aggressivi.
La ricerca, inserito nello studio COSMOS II, si propone di individuare
marcatori del tumore, soprattutto circolanti nel sangue.
In particolare, si concentrerà sul potenziale diagnostico di 34 microRNA, piccole molecole rilasciate
dalle cellule tumorali, e che ne rappresentano la “firma molecolare”.
Lo scopo finale è quello di costruire
un modello di rischio del cancro al
polmone personalizzato per ogni paziente, includendo i dati dei marcatori
biologici, le informazioni cliniche e
l’esito degli esami radiologici. Questo
permetterà di determinare con più
precisione l’intervallo di tempo in
cui ogni paziente dovrebbe sottoporsi a controllo medico e di perfezionare i protocolli di diagnosi precoce per identificare il tumore al
polmone nelle fasi precoci e asintomatiche per renderlo più curabile e
offrire ai pazienti migliori prospettive
di vita.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Azienda Ospedaliera San Camillo
Forlanini di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Teramo nel 1983
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Università Cattolica del Sacro Cuore
di Roma
84
 Specializzato in Chirurgia Toracica
all’Università Cattolica del Sacro Cuore
di Roma
Effetti della realtà virtuale sul sistema immunitario per stimolarne la risposta nel tumore al
polmone.
Le risposte del sistema immunitario
sono influenzate in maniera importante dai livelli di stress. Le abilità dei
pazienti di far fronte a tali eventi (coping), ad esempio una diagnosi di
tumore, ne influenzano la predisposizione, il recupero dopo l’intervento
chirurgico e il grado di rischio di recidive. In un modello bio-immuno-psico-sociale di approccio al
paziente, con l’utilizzo di moderne
metodologie di realtà virtuale, ci si
propone di sviluppare tecniche d’intervento psico-cognitive che, attraverso la moderazione di reazioni
psicologiche negative e l’educazione del paziente a efficaci strategie di
coping, migliorano le funzioni del
sistema immunitario e quindi la velocità di recupero post-operatorio
diminuendo le recidive nel lungo termine in pazienti con diagnosi di tumore al polmone.
Lo scopo della ricerca è valutare l’ef-
ficacia delle tecniche di realtà virtuale sulla funzionalità del sistema immunitario attraverso due parametri:
la riduzione dell’ansia pre-operatoria nei pazienti con conseguente
miglior decorso post-operatorio, e
l’apprendimento di strategie psicologico-cognitive personalizzate
per la gestione di eventi stressanti, che stimolando il sistema immunitario riducono il rischio di recidive nel
lungo termine.
Lo sviluppo di interventi personalizzati attraverso sistemi di realtà virtuale permetterà di aumentare le capacità del paziente di far fronte a eventi
stressanti collegati alla malattia migliorando notevolmente la sua qualità di vita.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1985
 Laureata in Psicologia all’Università
degli Studi di Pavia
 PhD in Psicologia Sperimentale
e Psicobiologia all’Università
degli Studi di Pavia
85
Elena
Tassi
Claudia
Sticozzi
Il fumo passivo impedisce
l’assunzione di lipidi antiossidanti: un legame con
le patologie polmonari.
È ormai noto e assodato che il fumo
di sigaretta sia dannoso per la salute e un grande fattore di rischio per
numerosissime patologie, prima fra
tutte quelle a carico dei polmoni e
del tratto respiratorio. Il fumo passivo è riconosciuto come un “noto
agente cancerogeno” per l’uomo
dalle principali agenzie internazionali
della salute e sembra essere ancora
più tossico del fumo attivo, perché
stimola la produzione di radicali
liberi e ossidanti.
Inoltre, in molti casi l’assunzione
preventiva di antiossidanti non è
86
così efficiente nel prevenire i danni
da fumo passivo e le patologie respiratorie, come enfisemi e tumori;
una spiegazione può risiedere nel
fatto che il fumo passivo interferisca con i meccanismi di assimilazione di antiossidanti e che ci
sia variabilità genetica tra diversi individui.
La ricerca vuole indagare meglio
questi meccanismi, con particolare
riferimento al ruolo della proteina
SRB1; è un recettore di membrana
che sembra coinvolto nell’assimilazione da parte delle cellule del
polmone di vitamina E.
La vitamina E è un piccolo lipide solubile dal grande potere antiossidante.
Si valuterà se i livelli di SRB1 sono
più bassi in pazienti con patologie
respiratorie e se questo può predisporre a una maggior probabilità di
sviluppare tumore al polmone rispetto a soggetti sani.
Profilo immunologico del
carcinoma polmonare e
associazione con la bronco-pneumopatia
cronica
ostruttiva.
La bronco-pneumopatia ostruttiva è un’infiammazione cronica delle
vie respiratorie; può causare la morte
ed è associata a un alto rischio di
sviluppare carcinoma al polmone
che, a sua volta, è uno dei tumori
meno curabili ad oggi.
La patologia è caratterizzata da progressiva ostruzione delle vie aeree
per accumulo di muco, ispessimento delle pareti dei bronchi con
tessuto fibroso e infiammazione
causata dall’infiltrazione di cellule del
sistema immunitario.
Lo scopo della ricerca è caratterizzare le cellule immunitarie nel tumore al
polmone e le differenze con il tessuto polmonare sano. Inoltre si vuole
chiarire se la presenza di bronco-pneumopatia ostruttiva prima
dell’insorgenza del tumore possa
essere un fattore di predisposizione,
modificando l’immunità anti-tumorale
o interferendo con la risposta a trat-
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Ferrara
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Bari nel 1982
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Bergamo nel 1979
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Siena
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Milano
 PhD in Fisiologia Molecolare e
Cellulare, Farmacologia e Tossicologia
all’Università degli Studi di Siena
 PhD in Medicina Molecolare
e Traslazionale all’Università
degli Studi di Milano-Bicocca
tamenti stimolanti del sistema immunitario. Verrà valutata la presenza di
diversi tipi di cellule immunitarie nel
tessuto tumorale e nel tessuto sano
prelevati da pazienti.
Sarà anche determinata la funzionalità delle cellule immunitarie, in particolare dei linfociti T, e la loro capacità di reagire contro il tumore.
Lo scopo atteso è quello di definire
meglio le caratteristiche delle cellule immunitarie che si infiltrano
nel tessuto polmonare maligno;
identificare le differenze tra tumore e
tessuto sano e tra presenza e assenza di bronco-pneumopatia cronica ostruttiva e infine determinare
quali cellule o molecole siano coinvolte in questi meccanismi.
87
Andrea
CasazzA
TUMORI ALL’INTESTINO
I tumori all’intestino sono causati dalla progressiva mutazione di determinati geni che
normalmente bloccano l’eccessiva proliferazione. Vi sono poi alcuni fattori di rischio
“ambientali”, come una dieta troppo ricca di carni rosse; essa provoca uno stato di infiammazione cronica che col tempo può favorire la trasformazione neoplastica. L’intestino è inoltre sede della più numerosa comunità di microorganismi, che contribuiscono
a mantenere lo stato di salute e a prevenire i tumori.
Terzo
OLTRE
1 milione
ALL’ANNO
2 milioni
SECONDA
63%
88
tumore
più diffuso
al mondo
di diagnosi
all’anno
al mondo
le diagnosi
stimate
nel 2030
causa di morte
per tumore
nei paesi
industrializzati
la probabilità
di sopravvivenza
a cinque anni
dalla diagnosi
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
I monociti circolanti come
marcatori di diagnosi e
progressione del carcinoma del colon-retto.
Il carcinoma del colon-retto è una
delle principali cause di mortalità per
tumore nei paesi occidentali: ogni
anno sono diagnosticati più di un
milione di nuovi casi e oltre mezzo
milione di morti. Questo a causa del
suo alto tasso di incidenza e delle
difficoltà nella diagnosi precoce. Definire quindi dei marcatori affidabili e facilmente ottenibili per il
cancro al colon è una priorità nella
cura di questo tumore. Il sangue è il
tessuto di elezione in cui cercare
marcatori per una patologia, per via
della semplicità e non invasività del
suo prelievo. Nel sangue si trovano
molti tipi cellulari diversi, tra cui i
monociti circolanti. I monociti sono
cellule del sistema immunitario: vengono richiamate al sito di un tumore,
attratte dalle molecole prodotte dal
tumore stesso, e vengono “sfruttate”
per favorire la crescita, la formazione
di vasi sanguigni e la migrazione delle cellule cancerogene.
I monociti, dopo essere entrati in
contatto con cellule di un tumore al
colon-retto, modificano il loro “set”
di geni spenti e accesi rispetto a
monociti che non hanno mai visto
un tumore. Hanno quindi una “firma
genetica” particolare e possono
essere utilizzati come “spie” che
rivelano la presenza di un tumore al
colon-retto nel paziente.
I risultati di questa ricerca hanno una
duplice applicazione: da una parte,
utilizzare i monociti del sangue come
marcatori del tumore, anche nelle
sue fasi iniziali, per una diagnosi precoce. Dall’altra identificare bersagli
farmacologici per manipolare i monociti contro le cellule del tumore a
scopo terapeutico.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
University of Leuven (Belgio)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Torino nel 1975
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Torino
 PhD in Scienze e Tecnologie Cellulari
all’Università degli Studi di Torino
89
Giuseppe
Di caro
Fulvio
Chiacchiera
Ruolo della metiltransferasi EZH2 nella tumorigenesi intestinale.
Il carcinoma del colon-retto è uno
dei tumori più diffusi e la seconda
causa di morte per tumore nei paesi
occidentali.
Le terapie attualmente esistenti non
sempre sono in grado di curare la
malattia; c’è dunque la necessità di
identificare nuove vie biochimiche
nel tumore intestinale da sfruttare
come bersagli farmacologici. Come
molti tessuti adulti, anche nell’intestino esistono le cellule staminali intestinali, coinvolte nella rigenerazione del tessuto.
Mutazioni genetiche in queste cellule staminali che ne scombinano la
biologia le trasformano in cellule
staminali tumorali. Sono le cellule
staminali tumorali, infatti, che promuovono la nascita del tumore, ne
sostengono la crescita e sono responsabili delle ricadute dopo le terapie.
In particolare, la ricerca si focalizzerà sul ruolo della proteina EZH2,
un enzima che modifica chimicamente il DNA aggiungendo il gruppo chimico metile per regolare l’accensione e lo spegnimento dei geni
in una cellula.
EZH2 si trova in alti livelli in molti
tumori, inclusi quelli del colon-retto. La sua azione regola geni
coinvolti nella divisione e nella proliferazione cellulare; la ricerca vuole
indagare se e come, all’interno delle
cellule staminali intestinali, EZH2 influenzi la nascita e lo sviluppo dei
tumori del colon-retto e come,
agendo su di essa con dei farmaci
specifici, sia possibile bloccare o
rallentare l’espansione del tumore.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Roma nel 1979
 Laureato in Scienze Biologiche
all’Università della Tuscia
90
 PhD in Medicina Molecolare
all’Università degli Studi di Trieste
I macrofagi mediano la risposta del cancro del colon-retto alla
chemioterapia.
Il sistema immunitario ha un ruolo
ambivalente nella genesi dei tumori.
Alcune cellule immunitarie che stimolano la risposta infiammatoria favoriscono la nascita del tumore,
mentre le cellule dell’immunità
adattativa aiutano a combatterne
la crescita e la disseminazione.
È quindi molto importante comprendere la relazione tra tumore e sistema immunitario nell’ottica di sviluppare terapie più efficaci.
I macrofagi sono cellule immunitarie
che rimuovono, fagocitandoli, organismi estranei ma anche detriti cellulari e si infiltrano anche nelle masse
tumorali.
Sembra che i macrofagi infiltranti
agiscano in sinergia con alcuni
trattamenti chemioterapici per fa-
vorire la regressione del tumore in
pazienti col cancro del colon-retto.
La ricerca si prefigge di verificare
queste osservazioni preliminari su
due casistiche indipendenti di pazienti e in un modello sperimentale
di tumore colorettale.
La dimostrazione che i macrofagi
sono un “biomarcatore” cellulare
capace di predire la risposta clinica
alla chemioterapia permetterà una
terapia personalizzata e quindi evitare trattamenti potenzialmente tossici.
La comprensione dei meccanismi
molecolari alla base di questo effetto
potrebbe portare allo sviluppo di
nuovi farmaci per pazienti con cancro colorettale che non rispondono
bene alle chemioterapie standard.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Milano nel 1981
 Laureato in Biotecnologie del Farmaco
all’Università degli Studi di Milano
 PhD in Patologia e Neuropatologia
Sperimentale all’Università
degli Studi di Milano
91
Paola Simona
Ravenda
Paolo
Luraghi
Cellule iniziatrici del cancro colorettale come modello per identificare i segnali di resistenza alle
terapie.
Il cancro al colon-retto è un tumore
ormai ben caratterizzato in tutte le
fasi del suo sviluppo come tumore
primario; di contro, poco ancora si
sa dei meccanismi che regolano
la formazione e lo sviluppo di metastasi derivate dalla sede primaria,
in particolare in caso di ricadute.
Attualmente per curare le metastasi
di cancro colo-rettale viene utilizzata
una terapia molecolare che colpisce una proteina sulla membrana
delle cellule, il recettore del fattore
di crescita EGF (EGFR), bloccan-
do in questo modo la proliferazione
del tumore. Tuttavia spesso compaiono metastasi secondarie resistenti alla terapia anti EGFR, che
si verificano probabilmente in una
piccola frazione del tumore, le
cellule iniziatrici o staminali, ma
che sostengono la crescita e la ricaduta della malattia.
Il progetto si propone di studiare, nei
tumori colo-rettali metastatici, i diversi meccanismi di resistenza indotti
dal microambiente tumorale.
Lo studio avverrà attraverso un modello traslazionale di cellule staminali del cancro derivate da metastasi epatiche di tumori colo-rettali,
impiantate poi in modelli animali (xenopazienti).
L’obiettivo è quello di individuare le
molecole e le altre proteine delle via
di segnalazione coinvolte nella resistenza, così da elaborare terapie
combinate con inibitori di EGRFR e
farmaci che bloccano sul nascere i
meccanismi di resistenza.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto per la Cura e la Ricerca sul Cancro
di Candiolo (TO)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Milano nel 1981
 Laureato in Biotecnologie Industriali
all’Università degli Studi
di Milano-Bicocca
92
 PhD in Medicina Molecolare
all’Università degli Studi di Torino
La biopsia liquida per identificare mutazioni prognostiche e diagnostiche del
cancro al colon-retto.
Una delle armi più efficaci nella lotta
contro le malattie oncologiche è la
possibilità di effettuare una diagnosi
precoce del tumore, quando è ancora nelle fasi iniziali, è localizzato e
vi sono meno probabilità che sviluppi metastasi e resistenza alle terapie.
Per effettuare una diagnosi precoce
è necessario però avere a disposizione dei marcatori biologici specifici e sensibili, possibilmente ottenibili in modo rapido, economico
e non invasivo, ad esempio attraverso un prelievo di sangue.
I tumori sono cellule anormali che
contengono DNA alterato e mutato: riuscire a indentificare questo
DNA permetterebbe di avere in
tempo reale l’identikit biomolecolare dello specifico tumore e seguire le sue variazioni al progredire
della malattia e durante i trattamenti
chemioterapici.
Il DNA tumorale rappresenta un potenziale marcatore tumorale molto
prezioso per la diagnosi e l’impostazione della terapia personalizzata
più adeguata, fatta “su misura”
per le specifiche costituzioni genetiche di ogni tumore.
Inoltre permetterebbe di anticipare
l’evoluzione del tumore prevenendo
o riducendo la comparsa di farmaco-resistenza, ottimizzando l’approccio terapeutico.
La ricerca si propone quindi di isolare e caratterizzare, da un prelievo di
sangue, il DNA circolante dell’ adenocarcinoma del colon-retto, e svilupparlo come potenziale marcatore
prognostico e diagnostico per questa malattia.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Reggio Calabria nel 1980
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi di Pavia
 PhD in Oncologia Medica all’Università
degli Studi di Pavia
93
Pietro
Vella
Fabiana
Saccheri
Il ruolo del microbiota nel
carcinoma del colon-retto.
Il microbiota è l’insieme dei microorganismi presenti naturalmente nell’organismo e delle loro interazioni con
esso. Contribuiscono a mantenere
in salute l’organismo; la modulazione delle popolazioni microbiche
può avere dunque un grande impatto sul decorso di molte patologie, ed
essere “sfruttate” come arma per
combatterle. Un esempio è la microflora batterica intestinale e il
suo possibile ruolo nel combattere
il cancro del colon-retto. Il carcinoma del colon-retto è uno dei tumori
più comuni e una delle cause di
morte più frequenti. È una patologia
multifattoriale, dovuta a cause sia
genetiche che ambientali. Poiché il
carcinoma del colon-retto si genera
da alterazioni delle cellule della mucosa intestinale, anche il muco potrebbe ricoprire un ruolo essenziale
nella genesi tumorale: e proprio nel
muco risiedono molti dei microrganismi della flora intestinale.
Questo progetto si propone di identificare nelle feci e nel muco dei pazienti possibili marcatori microbici che
possano correlare con la presenza o
la progressione del tumore e analizzare se nei pazienti affetti da carcinoma colo-rettale vi siano delle differenze nella composizione della
flora batterica rispetto a individui
sani.
La ricerca ha delle grandi potenzialità: si sta iniziando a comprendere
solo ora le complesse relazioni tra
microbiota, salute e malattie progressive, come i tumori, e le scoperte in questo campo potrebbero aprire la strada a terapie innovative in
futuro.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1980
94
Modificazioni del DNA nella predisposizione al cancro del colon-retto.
L’infiammazione cronica dell’intestino è un fattore di rischio per il cancro del colon-retto, ma quali siano i
segnali molecolari che predispongono le cellule dell’epitelio intestinale alla trasformazione tumorale ancora non è chiaro. Una possibilità è
che uno stato infiammatorio persistente alteri le modificazioni a
carico del DNA nelle cellule staminali dell’epitelio intestinale (dette ISC), cambiando la regolazione
dei geni e predisponendole a diventare maligne.
Esistono infatti delle modificazioni
del DNA reversibili che non alterano
la sequenza delle basi ma che servono ad accendere e spegnere i
geni quando è necessario; l’insieme
di questi meccanismi è chiamata
epigenetica. Il suo ruolo nell’infiammazione delle cellule staminali intestinali è ciò che la ricerca si propo-
ne di studiare.
Verranno confrontate le modificazioni epigenetiche di cellule isolate da intestino normale, da intestino cronicamente infiammato e
da intestino con cancro del colon-retto.
Gli obiettivi sono da un lato comprendere come diversi livelli di infiammazione alterino le modificazioni epigenetiche del DNA, e dall’altro
stabilire come si modifichi l’identità
delle staminali intestinali al punto di
farle diventare staminali tumorali.
Comprendere il legame tra infiammazione e cancro colo-rettale è di
grande importanza per attuare strategie di prevenzione e di terapia efficaci.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Milano nel 1983
 Laureata in Biologia Molecolare
all’Università degli Studi di Milano
 Laureato in Biologia molecolare
della cellula all’Università degli Studi di
Milano
 PhD in Molecular Medicine alla
Scuola Europea di Medicina Molecolare
di Milano
 PhD in Molecular Medicine alla
Scuola Europea di Medicina Molecolare
di Milano
95
Laura
Lorenzon
TUMORI GASTRICI
I tumori allo stomaco sono in genere accompagnati da una prognosi negativa,
principalmente a causa del ritardo nella diagnosi. I sintomi infatti vengono spesso
scambiati per gastrite o ulcera e la diagnosi di tumore, che si effettua tramite una
gastroscopia, avviene di solito in fase avanzata. Un fattore di rischio è la presenza
dell’Helicobacter pylori, un batterio che vive a livello dello stomaco e che può modificare gli equilibri fisiologici dell’organo, favorendo la trasformazione tumorale.
QUARTO
tumore
più comune
al mondo
119.000
nuovi casi
ogni anno in
Europa
DAI
45 ANNI
35%
Profilo prognostico del
tumore dello stomaco.
Il tumore allo stomaco è il quarto tumore più diffuso al mondo ed è ad
alto rischio di recidive.
Data quindi la sua rilevanza clinica,
molti sforzi vengono impiegati per
identificare marcatori prognostici
dell’aspettativa di vita e della sopravvivenza nei pazienti.
Lo studio si propone di valutare, in
250 pazienti sottoposti a gastrectomia totale o parziale per tumore dello stomaco, la capacità prognostica
di alcuni marcatori clinici, patologici
e molecolari.
In particolare la ricerca analizzerà in
dettaglio l’espressione di proteine
HER2/Neu, di specifici microRNA
e il numero di linfonodi positivi
alle cellule tumorali. Saranno inoltre
valutate la sopravvivenza globale e
la sopravvivenza libera da tumore
gastrico, mettendo in relazione queste informazioni cliniche con i dati
molecolari e istologici.
Lo studio permetterà di valutare
l’utilità di questi marcatori nella
comune pratica clinica al fine di
selezionare quelli con migliore performance e attendibilità. Permetterà
inoltre di selezionare pazienti a maggior rischio di recidiva da sottoporre
quindi a un follow-up postoperatorio
intensivo e frequente nel tempo e a
terapie molecolari mirate.
in su età media
di insorgenza
del tumore
allo stomaco
probabilità di
sopravvivenza
a cinque anni
dalla diagnosi
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università “La Sapienza” di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Roma nel 1978
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università “La Sapienza” di Roma
96
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
EUCAN- IARC (International Agency for Research on Cancer) http://eco.iarc.fr/eucan/Default.aspx
 PhD Metodologie di Ricerca
Sperimentale e Clinica in Oncologia
all’Università “La Sapienza” di Roma
97
grant 2014
Gloria
Ravegnini
Tumori mesenchimali gastrointestinali: analisi dei
micro-RNA e di un nuovo
potenziale farmaco.
I tumori gastrointestinali sono tumori
di origine mesenchimale piuttosto
comuni. Sono caratterizzati da mutazioni in alcuni recettori presenti
sulla superficie delle cellule: recettori delle proteine tirosina chinasi,
KIT e PDGRFA, che controllano
vie biochimiche di proliferazione
cellulare. Le mutazioni provocano
un mancato controllo e scarso mantenimento della stabilità cellulare.
Identificare tutte le molecole coinvolte nella mancata regolazione di
queste vie di segnalazione, possibilmente specifiche e caratteristiche
dei tumori gastrointestinali, è di
grande importanza per effettuare
diagnosi e prognosi più precise,
somministrare il farmaco corretto
e anticipare l’insorgere di resistenza.
Questo è lo scopo del progetto,
con particolare riferimento ai microRNA coinvolti nei tumori gastrointestinali. I microRNA sono una
famiglia di piccole molecole che
controllano l’espressione genica e
sono spesso sregolate in molte tipologie di cancro.
Nella ricerca verrà valutato il comportamento dei microRNA in linee
cellulari e modelli animali di tumore gastrointestinale trattati
con una nuova molecola, BYL719, da solo o in combinazione con
un altro farmaco, l’imatinib.
L’ambizione di questo progetto è
quella di identificare i cambiamenti
nei microRNA indotti dal trattamento
col farmaco. Questi potrebbero rappresentare nuovi marcatori biologici
per la malattia e svelare i meccanismi di resistenza ai farmaci.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Bologna
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Rimini nel 1984
 Laureata in Biotecnologie Farmaceutiche all’Università degli Studi di Bologna
98
 PhD in Farmacologia e Tossicologia
all’Università degli Studi di Bologna
il nostro
sostegno
alla ricerca
scientifica
99
Laura
Gragnani
TUMORE AL FEGATO
Il tumore al fegato primario è relativamente poco comune, mentre estremamente diffusi sono i tumori al fegato secondari, cioè metastasi che provengono da tumori in altri
organi. Esistono fattori di rischio che predispongono a tumori al fegato primari, prima
fra tutti l’infezione da parte del virus dell’epatite C, ma anche stati di infiammazione
cronica come la cirrosi. La funzionalità del fegato non è compromessa anche in presenza di grosse masse tumorali, il che rende la sua diagnosi spesso tardiva.
sesto
85%
oltre
75%
più di
60 anni
tumore
più comune
al mondo
dei tumori primari
al fegato è
diagnosticato nei
paesi in via
di sviluppo
dei tumori
al fegato primari
sono causati dal
virus dell’Epatite C
età media
di insorgenza
Analisi dei mircro-RNA nei
carcinomi epatici e nei linfomi causati dal virus
dell’epatite C.
Diversi virus umani sono associati a
un rischio maggiore di sviluppare alcuni tipi di tumore. Tuttavia, il virus
dell’epatite C (HCV) è l’unico conosciuto capace di indurre nell’uomo due tipi di tumori molto diversi:
il carcinoma epatico e il linfoma.
Considerata la diffusione delle infezioni croniche da virus dell’epatite C,
si tratta di un problema di salute
pubblica non indifferente.
È essenziale quindi capire i meccanismi con i quali il virus HCV provoca il carcinoma al fegato o il linfoma
nel sangue. L’attenzione della ricerca è rivolta verso i microRNA: si
tratta di piccole molecole coinvolte nella regolazione fine dell’espressione genica. Essi controllano quali geni sono accesi o spenti,
in modo reversibile, in una cellula.
Questi contribuiscono a far svolgere
a tipi cellulari diversi funzioni diverse,
e potrebbero essere coinvolti nella
carcinogenesi o nella linfomagenesi
in cellule infettate dal virus HCV.
In questo studio si eseguirà infatti
per la prima volta un’analisi comparativa dei microRNA nei due
tipi di tumore legati all’infezione
da HCV.
Le informazioni che si otterranno
potrebbero consentire di attribuire
ad alcuni microRNA il ruolo di
marcatori tumorali da impiegare
per facilitare la diagnosi e definire
meglio la prognosi aiutando nel
monitoraggio e nella previsione di risposta a una certa terapia.
Infine, potranno essere usati come
potenziali bersagli per lo sviluppo
di nuove terapie specifiche e non invasive.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Firenze
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Prato nel 1975
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Firenze
100
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
 PhD in Medicina Clinica e Sperimentale
all’Università degli Studi di Firenze
101
Laura
Santangelo
Kelly
Hudspeth
Il ruolo delle cellule natural killer nella risposta immunologica contro
il carcinoma epato-colon-rettale.
Comprendere come il sistema immunitario combatte i tumori è una
delle frontiere nello sviluppo di terapie anti-tumorali, in particolare in
stadi avanzati, come nel caso di
metastasi del fegato causate da un
tumore del colon-retto. Le cellule
“natural killer” (NK) sono un tipo di
linfociti particolari: hanno la peculiare capacità di riconoscere e uccidere cellule tumorali anche senza
averle mai viste prima, a differenza
dei linfociti e di altre cellule immunitarie che devono essere prima
“istruite” a riconoscere un tumore.
L’ipotesi da cui prende avvio il progetto è che vi sia una correlazione
positiva tra il numero delle cellule
NK presenti nelle metastasi epatiche da cancro del colon-retto e l’aspettativa di vita del paziente.
In particolare, attraverso tecnologie
di immunoistochimica, si vuole valutare se il numero delle cellule NK
presenti nelle metastasi epatiche da
cancro del colon sia influenzato dalla somministrazione della chemioterapia. Successivamente si valuterà
come questo influenzi la risposta
più o meno favorevole del paziente
alla chemioterapia, e se possa essere un indicatore predittivo del
decorso della malattia. Ci aspettiamo che i risultati ottenuti contribuiscano a una migliore comprensione
della patogenesi delle metastasi
epatiche da cancro del colon-retto e
che permettano lo sviluppo di nuovi
strumenti diagnostici.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Lexington, South Carolina (USA)
nel 1978
 Laureata in Biological Science
all’Auburn University di Auburn (USA)
102
 PhD in Patologia Sperimentale
e Neuropatologia all’Università degli
Studi di Milano
Le interazioni tumore-stroma nel fegato: bersaglio di
micro-RNA terapeutici veicolati con esosomi.
Un tumore non è un tessuto isolato,
ma interagisce continuamente con
l’ambiente esterno, lo stroma: esso
è costituito da altre cellule di supporto, dette fibroblasti, e dalle cellule del sistema immunitario e della
rete vascolare. Lo stroma a sua
volta non è inerte, ma “comunica
col tumore” e può anche favorirne la nascita e la proliferazione,
rilasciando molecole infiammatorie
e rimodellando la matrice extracellulare. In questo progetto viene proposta una strategia terapeutica finalizzata a sopprimere alcune
funzioni alterate in cellule stromali del fegato, coinvolte nei processi di fibrosi e sviluppo di tumori
epatici, sfruttando piccole molecole
di RNA, i microRNA. Essi sono dei
fini regolatori dell’espressione genica, e vengono usati per “ristabilire”
l’ordine nelle cellule tumorali fuori
controllo. Il limite nel loro utilizzo
come molecole terapeutiche è che
sono molto fragili, ed entrano a fati-
ca nelle cellule attraverso le membrane cellulari. La ricerca vuole valutare specificità ed efficacia di
introdurre i microRNA in speciali
“trasportatori”, gli esosomi, prodotti da epatociti in coltura.Tale strategia protegge le molecole di RNA
terapeutico dalla degradazione, e
permette un più facile passaggio attraverso le membrane dei fibroblasti
dello stroma, dove gli RNA agiscono per alterare il microambiente
epatico e sfavorire la crescita del
tumore. I risultati non solo valuteranno il potere anti-tumorale nello stroma di microRNA ma perfezioneranno una strategia per trasportare
efficacemente nelle cellule queste
piccole molecole terapeutiche.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Policlinico Umberto I di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Roma nel 1969
 Laureata in Biologia all’Università
“La Sapienza” di Roma
 PhD in Genetica e Biologia
all’Università “La Sapienza” di Roma
103
grant 2014
Mauro
Scotti
Estensione dei criteri convenzionali per il trapianto
di fegato nel carcinoma
epato-cellulare.
Il carcinoma epato-cellulare è tra i
tumori più comuni al mondo. Il trattamento più adeguato è il trapianto
di fegato, poiché consente di rimuovere sia il tumore sia la cirrosi, cioè il
tessuto sofferente circostante. I parametri per valutare l’idoneità al
trapianto, tra cui il numero e la dimensione dei tumori e il livello di
vasi sanguigni infiltranti, sono elencati nei Criteri Convenzionali di
Milano. Questo progetto si prefigge
di estendere l’idoneità al trapianto
anche per pazienti affetti da carcinoma epato-cellulare esclusi dalla
lista di attesa del trapianto perché
non rientrano nei criteri convenzionali, e che attualmente possono accedere solo a terapie palliative ma
non curative. Nello studio verrà analizzato il più alto numero di carcinomi epato-cellulari al mondo;
saranno arruolati pazienti con diagnosi di epatocarcinoma al di fuori
degli attuali criteri di trapiantabilità,
ma con una prognosi di sopravvivenza in caso di trapianto superiore
al 50%. Questi pazienti saranno sottoposti a trattamenti chemioterapici e/o chirurgici per retrostadiare il tumore, cioè riportarlo in una
fase meno avanzata rendendo i pazienti idonei per un successivo trapianto di fegato.
I vantaggi attesi consistono nel poter offrire l’opzione del trapianto a
pazienti che non ne potrebbero
usufruire sulla base dello stadio clinico iniziale della malattia, valutando
anche i reali benefici del trapianto in
termini di sopravvivenza a lungo termine.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Monza nel 1981
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi
di Milano-Bicocca
104
 Specializzato in Chirurgia Generale
all’Università degli Studi
di Milano-Bicocca
il nostro
sostegno
alla ricerca
scientifica
105
Sara
Cattelani
TUMORI DEL SISTEMA NERVOSO
Esistono numerose tipologie di tumori del sistema nervoso, a carico delle diverse cellule specializzate che lo compongono. I più comuni sono i gliomi, come i glioblastomi
e gli astrocitomi, mentre il neuroblastoma è molto comune nei bambini. I tumori primari del sistema nervoso sono abbastanza rari, mentre più frequenti sono le metastasi da
parte di altri tumori, come seno e polmone. Tuttavia sono molto aggressivi e causano
sintomi debilitanti, tra cui aumento della pressione intracranica con forti mal di testa e
disturbi fisici e cognitivi.
21
persone
seconda
15%
90%
106
FONTI: Orphanet (www.orpha.net), www.cbtrus.org
Epicentro (www.epicentro.iss.it)
ogni 100.000:
incidenza di
tumori cerebrali
nei paesi
industrializzati
causa di morte
per malattie
oncologiche
negli uomini
tra 0 e 49 anni
percentuale
di glioblastomi,
i tumori cerebrali
più aggressivi
percentuale di
neuroblastomi
diagnosticati
al di sotto dei
5 anni di età
Il polimorfismo di p53 nella nascita e nella risposta
alla chemioterapia nel
neuroblastoma.
p53 è una proteina estremamente
importante e presente in tutte le cellule dell’organismo: è chiamata il
“guardiano del genoma” perché
protegge il DNA da danni e mutazioni. Mutazioni che aboliscono la
funzione di p53 infatti si ritrovano in
moltissimi tumori umani di diversa
origine. Curiosamente, p53 non è
mai mutato nel neuroblastoma, un
tumore solido cerebrale diffuso in
età pediatrica.
Tuttavia, variazioni genetiche in
p53 normalmente presenti nella popolazione (polimorfismi) che non
causano malfunzionamenti di p53,
possono regolarne la sua attività e
influenzare lo sviluppo del neuroblastoma. Ad esempio, alcuni pazienti hanno alcune mutazioni in
punti specifici del gene p53, che
fanno sì che la proteina corrispondente abbia un amminoacido prolina al posto di un amminoacido arginina; questi pazienti hanno una
sopravvivenza al neuroblastoma minore a cinque anni. Come mai?
Scopo della ricerca è capire come
piccole variazioni in p53, apparentemente senza grandi effetti,
possano influenzare l’insorgenza
e l’aggressività del neuroblastoma e la risposta ai chemioterapici.
Queste conoscenze potrebbero
gettare le basi per una terapia del
neuroblastoma personalizzata basata sulle caratteristiche genetiche
del gene p53 di ogni singolo paziente.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Modena e
Reggio Emilia
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Modena nel 1980
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Modena e
Reggio Emilia
 PhD in Medicina Clinica e Sperimentale
all’Università degli Studi di Modena e
Reggio Emilia
107
Annalisa
Morgano
Silvia
Cristofanon
Il ruolo della via biochimica di Hippo nelle recidive
del glioblastoma: verso
un nuovo bersaglio terapeutico.
Il glioblastoma è il tumore cerebrale
più diffuso nell’adulto e molto difficilmente curabile, anche a causa delle
sue frequenti ricadute.
Lo scopo della ricerca è quello di
caratterizzare una via biochimica
che sembra essere particolarmente
importante nelle recidive del glioblastoma, e che quindi rappresenta un importante potenziale bersaglio da colpire con farmaci mirati per
ridurre la frequenza di ricadute.
Tramite sequenziamento dell’RNA
da campioni di tessuto di glioblasto-
108
mi prelevati da pazienti, è stata
identificata la proteina TEAD2
appartenente alla via biochimica
di Hippo come possibile responsabile dei cambiamenti di espressione
dei geni nelle recidive di glioblastoma. TEAD2 si trova infatti a livelli più
alti nei glioblastomi recidivi e influenza circa il 20% dei geni responsabili
dell’aumento di migrazione e aggressività della recidiva.
Il progetto vuole dunque approfondire questa linea di ricerca: di particolare interesse, infine, sarà valutare l’effetto del Verteporfin, un
inibitore della via di Hippo sulla
crescita di cellule di glioblastoma
ottenuti da campioni di pazienti.
In caso di risultati positivi, il Verteporfin potrebbe in futuro essere utilizzato come nuovo farmaco per
prevenire o curare le ricadute in pazienti affetti da glioblastoma.
La via di segnalazione di
NOTCH nei paragangliomi
del collo e della testa:
crescita e differenziamento delle cellule.
I paragangliomi della testa e del collo
sono rari tumori del sistema nervoso
che spesso danno origine a metastasi e per i quali la chirurgia è l’unica cura. Quando l’intervento non è
realizzabile, le opzioni terapeutiche sono limitate e ad oggi non
esistono terapie mirate per questo
tipo di tumore, con conseguente
prognosi infausta per i pazienti.
Lo scopo del progetto è comprendere i meccanismi molecolari alla
base dell’insorgenza dei paragangliomi; la conoscenza più approfondita dei meccanismi è un pre-requisito per sviluppare terapie mirate
più efficaci e marcatori biologici
per il follow-up dei pazienti, i quali, anche se operati con successo,
devono essere seguiti tutta la vita
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Chieti-Pescara
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Roma nel 1978
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata ad Atessa (CH) nel 1977
 Laureata in Biologia all’Università
“Tor Vergata” di Roma
 Laureata in Scienze Ambientali
all’Università degli Studi del Molise
 PhD in Biologia Molecolare e Cellulare
all’Università “Tor Vergata” di Roma
 PhD in Oncologia e Patologia Molecolare
all’Università degli Studi di Chieti-Pescara
perché non è possibile monitorare
potenziali recidive attraverso marcatori. La ricerca si focalizza sul ruolo
della proteina NOTCH in linee
cellulari di paragangliomi isolate
da pazienti operati.
La proteina NOTCH è coinvolta in
una via di segnalazione che regola
l’equilibrio tra proliferazione e differenziamento delle cellule.
Nei paragangliomi, essa è sregolata
a causa di un alterato numero di copie del gene NOTCH e dalla perdita
di meccanismi di controllo. La caratterizzazione di come l’alterazione di
NOTCH può influenzare la tumorigenesi nel paraganglioma sarà anche molto utile per identificare nuovi
bersagli farmacologici.
109
Cristina
Richichi
Barbara
Ortensi
Identificazione di micro-RNA coinvolti nell’invasione
del glioblastoma.
Il glioblastoma multiforme è il tumore
cerebrale più aggressivo e incurabile. Una delle cause è l’elevata capacità di invasione delle cellule
staminali tumorali, che disseminandosi lontano dalla sede di sviluppo primario fanno sì che sia molto difficile rimuovere chirurgicamente
l’intera massa tumorale.
I pazienti quindi hanno generalmente una prognosi infausta.
Lo scopo del progetto è identificare le molecole responsabili del
processo di disseminazione del
glioblastoma; ideare una strategia
per bloccare la loro azione e di con-
seguenza impedire l’infiltrazione delle cellule tumorali nel tessuto cerebrale sano, permettendo così una
rimozione efficace del tumore tramite chirurgia.
L’attenzione sarà rivolta soprattutto a
una classe di piccole molecole: i
microRNA. Essi hanno funzione di
regolare in maniera fine l’espressione dei geni in una cellula.
Quando gli stessi microRNA sono
deregolati, la cellula può andare incontro a trasformazione maligna,
come accade nelle cellule staminali
tumorali.
Alcuni microRNA potrebbero essere coinvolti nella regolazione
della proteina RAI, la quale a sua
volta stimola la migrazione di cellule
del glioblastoma attraverso l’ambiente extra-cellulare.
Lo scopo è quello di analizzare un
set di microRNA deregolati nel glioblastoma prelevati da un ampio numero di pazienti, in modo da identificare, nonostante la variabilità
genetica tra individui, una firma molecolare comune da usare per sviluppare nuove terapie.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1975
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Milano
110
 PhD in Molecular Medicine all’Open
University di Londra (UK)
Il canale del cloro intracellulare come nuovo biomarcatore del glioblastoma umano.
Il glioblastoma è il tumore cerebrale
più aggressivo e letale. Le difficoltà
di trattamento clinico di questo tumore sono dovute alla complessità
dei meccanismi che ne guidano l’insorgenza e la progressione. La conoscenza di questi meccanismi è
fondamentale per identificare molecole che siano da un lato biomarcatori utili per una diagnosi precoce e
per la scelta della terapia più adeguata, e dall’altra possibili bersagli
farmacologici.
CLIC1 è una proteina che regola i
flussi dello ione cloro nelle cellule:
i livelli di CLIC1 sono più alti in cellule
di glioblastoma rispetto a cellule
sane, e sono tanto più alti tanto peggiore è la prognosi per il paziente.
Inoltre, se i livelli di CLIC1 vengono
“spenti” in alcune cellule particolari,
dette staminali del cancro, queste
hanno una diminuita capacità di rigenerarsi e di stimolare la propaga-
zione del tumore. CLIC1 sembra
quindi una proteina importante
nella genesi e nell’evoluzione del
glioblastoma, e scopo del progetto
è quello di comprenderne i meccanismi di azione.
La ricerca si prefigge inoltre di valutare se le cellule di glioblastoma rilasciano CLIC1 nel sangue e se questi livelli possono essere utilizzati
come indicatori diagnostici e prognostici della presenza e dello
stadio della malattia.
Infine, si intende chiarire se CLIC1
possa essere utilizzato come marcatore dell’aggressività del tumore e
della prognosi del paziente ed essere sfruttato come bersaglio molecolare per terapie farmacologiche.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1974
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università degli Studi di Milano
 PhD in Neurofarmacologia all’Istituto di
Ricerche Farmacologiche Mario Negri di
Milano
111
TUMORE DI TESTA E COLLO
I tumori della testa e del collo comprendono tutti i tumori del cavo orale, di laringe, faringe, cavità nasali, collo, orecchio e ghiandole salivari. La probabilità di sopravvivenza
è più alta rispetto ad altre tipologie di tumore, a patto di diagnosticarli tempestivamente.
I fattori di rischio sono eccessivo consumo di alcol e fumo ma anche infezioni dai virus
dell’Epstein Barr (EBV) e del Papilloma umano (HPV) e una cattiva igiene orale.
112
quinto
tumore
più diffuso
al mondo
13.000
i nuovi casi
in Italia
ogni anno
75%
dei tumori testa
e collo oltre i
50 anni è causato
da fumo e alcool
10-20%
casi di cancro
della cavità orale
e della laringe
positivi all’HPV
50-60%
probabilità
di guarigione
a cinque anni
dalla diagnosi
FONTI: Linee Guida AIOM 2013 (www.aiom.it)
Borsa di ricerca sostenuta grazie
alla Delegazione di Roma
Instabilità genomica nel
carcinoma di testa e collo:
il ruolo delle mutazioni
positive di p53.
Il corretto funzionamento delle cellule
è garantito da un DNA integro. Mutazioni e cambiamenti rispetto alla sequenza originale sono coinvolti nello
sviluppo di malattie, prima fra tutte il
cancro. Il 50% dei tumori umani
presenta mutazioni nell’oncosoppressore p53, detto “guardiano
del genoma”, che ha un ruolo di primo piano nel mantenimento della
stabilità genetica. Il carcinoma squamoso della testa e del collo è caratterizzato da un’alta instabilità genomica, e ha frequentemente mutazioni in
p53. La maggior parte delle mutazioni di solito distrugge il funzionamento
di una proteina: in certi casi, invece,
le mutazioni sono positive e fanno
acquisire alle proteine una nuova
funzione che però sfugge al controllo
cellulare, come accade a p53 nel
carcinoma squamoso della testa e
del collo. In questo progetto verrà
Silvia
Di Agostino
studiato il ruolo delle mutazioni positive di p53 nel mantenimento delle
caratteristiche tumorali e nell’instabilità genomica di cellule di carcinoma della testa e del collo.
Particolare attenzione sarà rivolta a
mutazioni di p53 che controllano microRNA e RNA messaggeri di geni
della risposta al danno al DNA.
Questi dati saranno poi incrociati con
i dati clinici dei pazienti come lo stadio, la grandezza del tumore e lo stato dei linfonodi.
Questa analisi ci permetterà di ottenere uno strumento predittivo-prognostico della probabilità di guarigione, di recidiva e di risposta a
terapie farmacologiche per il carcinoma squamoso di testa e collo.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena
di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Roma nel 1974
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università di Roma Tre
 PhD in Embriologia Medica all’Università
“Tor Vergata” di Roma
113
Archana
Varadaraj
Martino
Monteverde
Citotossicità
dipendente
da anticorpi in pazienti con
carcinoma a cellule squamose di testa e collo.
Negli ultimi anni le terapie basate su
anticorpi monoclonali hanno avuto
sempre più diffusione in oncologia:
sono specifici per proteine espresse dalle cellule tumorali e possono
stimolare il sistema immunitario del
paziente contro il tumore.
La citotossicità mediata da cellule
dipendenti da anticorpi è un meccanismo immunitario nel quale alcune cellule immunitarie, come
monociti, macrofagi e cellule natural killer, riconoscono, grazie a
recettori chiamati FcR, porzioni di
anticorpi legati a una cellula tu-
morale, e vi rilasciano all’interno
molecole tossiche, uccidendole.
Alcuni anticorpi sintetici usati in terapie oncologiche, tra cui il rituximab
o il cetuximab, usato nel trattamento
del cancro al seno positivo a HER2,
potrebbero almeno in parte agire
tramite questo meccanismo.
Questa ricerca si propone di studiare il meccanismo della citotossicità mediata da anticorpi in pazienti trattati con cetuximab per
tumori avanzati di testa e collo o tumori metastatici del colon-retto.
Verranno studiate le cellule immunitarie natural killer estratte dal
sangue di pazienti trattati con cetuximab e valutate le eventuali differenze nei recettori FcR.
Lo scopo ultimo è mettere in relazione differenze nella risposta e nella varietà dei recettori con l’esito della terapia e la sopravvivenza del
paziente in assenza di recidive del
tumore.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Ospedale S. Croce e Carle di Cuneo
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Novi Ligure (AL) nel 1973
 Laureato in Biologia all’Università degli
Studi di Genova
114
 PhD in Biologia Evoluzionistica
e Conservazione della Biodiversità
all’Università degli Studi di Torino
La regolazione di Ubc9 nel
carcinoma a cellule squamose di testa e collo.
Ubc9 è una proteina espressa in
tutte le cellule dell’organismo: è un
enzima che si trova al centro di una
via biochimica chiamata SUMOrilazione che regola la funzione di molti
processi cellulari, come la crescita e
la divisione. Proprio in virtù del suo
ruolo chiave nella vita delle cellule,
un’alterata SUMOrilazione può
causare squilibri tra proteine che
facilitano la progressione tumorale
(oncoproteine) e di proteine che la
sopprimono (oncosoppressori) a favore delle prime.
Alti livelli di Ubc9 sono stati già
correlati allo sviluppo di tumori
della pelle, del polmone, della prostata e del seno e sono associati a
sviluppo di resistenza alle chemioterapie. Il papilloma virus umano
(HPV) è tra le cause scatenanti di
diversi tumori, primo fra tutti quello
alla cervice ma anche il carcinoma
a cellule squamose di testa e collo.
I livelli della proteina Ubc9 cambiano
in cellule tumorali infettate dal ceppo
16 di HPV: l’obiettivo della ricerca è
quello di esplorare la regolazione
biochimica di Ubc9, la sua stabilità
e le modificazioni a cui Ubc9 va incontro in cellule di carcinoma della
testa e del collo infettate o meno da
HPV. I risultati potranno svelare da
una parte la relazione tra regolazione di Ubc9 e progressione tumorale
e dall’altra comprendere l’effetto del
virus del papilloma sui livelli di Ubc9
e sull’evoluzione del carcinoma a
cellule squamose di testa e collo.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Chennai (India) nel 1979
 Laureata in Biochimica all’University
of Madras (India)
 PhD in Pathology all’University
of Cambridge (IK)
115
grant 2014
Daniela
Vivenza
Presenza del virus del papilloma e correlazione
con p16 e con la sopravvivenza nei tumori della testa e del collo.
I tumori della testa e del collo rappresentano la sesta causa di morte
per cancro al mondo. Sono un insieme di tumori che originano nelle
vie aero-digestive come il cavo orale, la faringe, la laringe, i seni paranasali e le ghiandole salivari. Fino ad
alcuni anni fa il fumo e l’abuso di alcool erano considerati i maggiori
fattori di rischio, ma di recente è
emerso che l’infezione da parte
del virus del papilloma umano
(HPV), causa anche della maggior
parte dei tumori della cervice uteri-
na, sia un’importante condizione
predisponente ai tumori di testa e
collo. L’obiettivo del progetto è di
identificare un marcatore sensibile e
specifico della presenza di infezione
da HPV nel tessuto tumorale dei pazienti con cancro oro-faringeo.
La presenza di HPV ha come conseguenza la diminuzione nelle
cellule infettate della proteina
p16, che serve a “mettere a freno” la
divisione cellulare. Bassi livelli di p16
sono una delle cause del potere
pro-tumorale del virus HPV.
La ricerca vuole mettere a punto un
sistema per identificare il genoma del virus HPV nei tessuti dei
pazienti e correlare i livelli del virus con i livelli di p16 e con lo stadio del tumore. Infine, si vuole verificare se cambiamenti dei marcatori
di HPV nel sangue correlino con il
tumore e con la risposta clinica, in
modo da utilizzarlo come marcatore
nella gestione dei pazienti; fornirebbe al medico un indicatore oggettivo di risposta alla terapia per prescrivere al paziente un trattamento
personalizzato.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Ospedale S.Croce e Carle di Cuneo
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Torino nel 1968
 Laureata in Biologia all’Università degli
Studi di Torino
116
 PhD in Medicina Molecolare
all’Università del Piemonte Orientale
il nostro
sostegno
alla ricerca
scientifica
117
Angelo
Cicalese
MELANOMI E TUMORI DELLA PELLE
La pelle è il tessuto dell’organismo esposto verso l’ambiente esterno e quindi sottoposto a maggiore stress ambientale. Uno dei maggiori fattori di rischio per i tumori alla
pelle è l’esposizione ai raggi ultravioletti del sole. La loro energia penetra nei melanociti e può causare danni e mutazioni nel DNA, anticamera della trasformazione tumorale. Il melanoma è curabile, tramite asportazione chirurgica, senza conseguenze se
diagnosticato in tempo mentre la sua forma metastatica è molto aggressiva.
terzo
1%
85%
40-50%
tumore
più frequente in
Italia al di sotto
dei 50 anni di età
di tutte le morti
per tumore
la probabilità
di sopravvivenza
a 5 anni
se diagnosticato
in tempo
dei melanomi
cutanei ha una
mutazione nel
gene BRAF
Identificazione
di
geni
“bersaglio” di farmaci nel
melanoma attraverso uno
screening ad alta risoluzione.
Il melanoma metastatico è un tumore della pelle aggressivo e devastante con poche terapie da proporre ai pazienti. In realtà, esistono
molti tipi di melanoma, in cui
sono mutati diversi geni e diverse
vie biochimiche, e per i quali terapie
su misura sarebbero la scelta ideale. Il progetto di ricerca persegue
due scopi: il primo è quello di analizzare a livello molecolare diversi
casi clinici in modo da dividere il
melanoma in specifici sottotipi, per
creare una mappa genetica e molecolare che possa avere un valore
prognostico.
In parallelo, con uno screening mediante la tecnica dell’interferenza
da piccoli RNA, si identificheranno i geni essenziali per la crescita
tumorale, in modo da poter studiare nuovi farmaci gene-specifici in
ogni sottotipo di melanoma. L’interferenza da piccoli RNA consiste
nell’introdurre nelle cellule piccole
molecole di RNA, specifiche per
spegnere di volta in volta un particolare gene. Dall’analisi di come
cambia la proliferazione e la vita delle cellule in assenza di un dato
gene, si può risalire alla sua funzione biologica e patologica. I primi risultati hanno rivelato che i melanomi metastatici hanno un diverso
contenuto di cellule staminali iniziatrici del tumore, nei quali si è
trovato un gruppo di geni specifici
che potrebbero essere coinvolti nelle caratteristiche tumorali.
Grazie a questo doppio approccio
si spera di arrivare a caratterizzare la
malattia nei singoli pazienti così da
proporre terapie personalizzate.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Milano nel 1975
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Milano
118
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
 PhD in Life Sciences alla Open University
di Londra (UK)
119
Katiuscia
Dallaglio
Cellule staminali del melanoma umano: ruolo del
microambiente.
Il melanoma è la forma più letale di
cancro della pelle, caratterizzata da
elevata resistenza alle terapie.
Molti studi indicano che le cellule
staminali del tumore siano responsabili di questa resistenza:
causano recidiva della malattia e, in
alcuni casi, la formazione d metastasi. Queste cellule comunicano in
modo specifico con il microambiente tumorale, costituito dalle
cellule sane e dai fattori che circondano il tumore. Il microambiente influenza molto lo sviluppo e le caratteristiche di un tumore, e comprendere
questa complessa relazione è es-
120
Borsa di ricerca sostenuta grazie
alla Delegazione di Roma
senziale per trovare potenziali nuovi
bersagli terapeutici.
L’obiettivo principale della ricerca è
identificare quali sono di preciso i
fattori che mediano la comunicazione tra cellule staminali di melanoma
e microambiente tumorale, e quali
effetti si osservano quando questi
fattori vengono inibiti. Di particolare
interesse è l’identificazione dei fattori
prodotti dalle cellule staminali di melanoma, ma non dalle cellule tumorali non-staminali, quando si trovano
a contatto col microambiente esterno. Terapie che rimuovono anche
il 99% della massa tumorale ma
non il sottogruppo di staminali del
cancro sono di solito inefficienti
per curare definitivamente il paziente. Comprendere le sottili differenze
tra cellule tumorali e cellule tumorali
staminali è la chiave per elaborare
terapie farmacologiche mirate verso
quest’ultime e offrire migliori prospettive di cura a lungo termine ai
pazienti affetti da melanoma.
Dalle cellule alla proteomica: analisi di linee cellulari di melanoma a inibitori di BRAF.
Il melanoma metastatico è una devastante forma di cancro caratterizzato da una prognosi infausta e la
sua incidenza nella popolazione è in
aumento. Negli ultimi anni una speranza di cura era arrivata dall’utilizzo
di farmaci come il dabrafenib o il vemurafenib, che agiscono bloccando
la proteina BRAF; essa si trova al
centro di una via biochimica che
promuove la crescita delle cellule,
ed è mutata nel 40-60% dei melanomi; rappresenta quindi un ottimo bersaglio farmacologico da colpire per bloccare la crescita del
melanoma.
Sfortunatamente, molti melanomi
in fase avanzata e metastatica
sviluppano resistenza agli inibitori di BRAF, con conseguente recidiva del tumore. Il progetto è focalizzato sullo studio dei meccanismi
alla base dell’acquisizione di questa
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Arcispedale Santa Maria Nuova
di Reggio Emilia
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Superiore di Sanità di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Montecchio Emilia (RE) nel 1981
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Tivoli (RM) nel 1982
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università di Modena e Reggio Emilia
 Laureato in Biologia ed Evoluzione
Umana all’Università “Tor Vergata” di Roma
 PhD in Medicina Molecolare
e Rigernerativa all’Università di Modena
e Reggio Emilia
 PhD in Immunologia e Biotecnologie
applicate all’Università “Tor Vergata” di
Roma
Claudio
Tabolacci
resistenza, per identificare i processi
metabolici che la causano. Una volta identificati i bersagli più promettenti sarà possibile individuare nuove terapie con farmaci adiuvanti, per
ridurre la resistenza e debellare il
melanoma, offrendo ai pazienti un
aumento della speranza di vita.
A questo scopo, verranno utilizzate
delle linee cellulari di melanoma resistenti al dabrafenib e vemurafenib,
sulle quali effettuare uno screening con diverse molecole e analizzare gli effetti sulla crescita e sulla
vitalità delle cellule al fine di individuare quelle che sono in grado di
ridurla o bloccarla, da utilizzare poi
per svilupparle in nuovi farmaci contro il melanoma.
121
Amalia
Conti
SARCOMI E TUMORI DEI TESSUTI MOLLI
I sarcomi e i tumori dei tessuti molli comprendono tutti i tumori a carico del muscolo,
del tessuto adiposo e connettivo, dei legamenti e dei vasi sanguigni e linfatici.
Sono tumori piuttosto rari ma che se non diagnosticati in tempo offrono ben poche
possibilità di cura ai pazienti. Spesso i tumori dei tessuti molli causano sintomi molto
vaghi e non immediatamente riconoscibili: per questo è importante individuare marcatori specifici e precoci per questa tipologia di tumori.
3
persone
più di 50
ogni 100.000:
incidenza globale
di questi tumori
all’anno
i tipi di sarcoma,
diversi dal punto
di vista istopatologico
e clinico
90%
sopravvivenza
a 5 anni
se diagnosticato
in tempo
15%
sopravvivenza
a 5 anni se
sono già presenti
metastasi
Studio di marcatori ematici del sarcoma delle parti
molli attraverso le nanoparticelle.
I sarcomi delle parti molli sono un
gruppo di tumori maligni dell’apparato muscolo-scheletrico con diagnosi e prognosi complesse, soprattutto in casi di ricadute. Come
per tutti i tumori, una diagnosi precoce migliora l’esito del trattamento,
la qualità e l’aspettativa di vita dei
pazienti. La scoperta nel sangue
di biomarcatori tumorali, come
certe proteine, indicativi di un certo
rischio di tumore o dello stadio della
malattia, permette sia di diagnosticarla precocemente, sia di monitorare la progressione e il trattamento in modo semplice e non
invasivo per il paziente. Gli attuali
metodi di rilevamento dei marcatori
però non sono particolarmente sensibili, e spesso non riescono ad evi-
denziare molecole presenti in piccole quantità, ad esempio negli stadi
precoci della malattia, quando invece la diagnosi precoce sarebbe
molto utile. Scopo della ricerca è
quello di identificare nuovi marcatori circolanti per il sarcoma nei
fluidi biologici dei pazienti utilizzando una tecnologia innovativa: le
nano-particelle. Esse sono in grado di “imprigionare” efficacemente
proteine presenti anche in piccole
quantità prima che vengano distrutte dagli enzimi del plasma.
L’analisi dei tipi e delle quantità di
questi marcatori permetterà di stratificare i vari tipi e stadi di sarcomi anche in fasi iniziali, offrendo nuove
prospettive di cura.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Campobasso nel 1979
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Bologna
122
FONTI: Linee Guida AIOM 2013 (www.aiom.it)
 Specializzazione in Patologia Clinica
all’Università Cattolica del Sacro Cuore
di Roma
123
grant 2014
Valeria
Leuci
Immunoterapia con cellule killer indotte da citochine contro le cellule
staminali del cancro nei
tumori mesenchimali.
L’immunoterapia, cioè lo sfruttamento delle proprietà del sistema immunitario, è una delle più promettenti
armi contro i tumori, ma occorre ancora comprendere meglio i meccanismi della relazione tra tumore e
cellule immunitarie. Questo progetto
mira a studiare la possibilità di utilizzare cellule del sistema immunitario per colpire tumori mesenchimali come i sarcomi.
In particolare, la strategia è quella di
colpire un sottotipo di cellule tumorali, definite staminali del cancro,
che sostengono la crescita del tumore, sono responsabili delle recidive e della resistenza alle chemioterapie e sono le più difficili da
individuare e colpire con i farmaci.
L’immunoterapia si basa sull’uso
di un tipo di globuli bianchi, i linfociti T, raccolti con prelievi di sangue ed espansi in laboratorio,
rendendoli capaci di riconoscere
e uccidere i tumori: queste cellule
vengono chiamate cellule Killer indotte da citochine, molecole naturalmente prodotte dalle cellule immunitarie.
Lo scopo ultimo è quello di esplorare e definire le basi biologiche di un
nuovo trattamento immunoterapico
capace di sradicare le cellule che
alimentano lo sviluppo tumorale.
Verranno utilizzati campioni di tumori
e linfociti prelevati dagli stessi pazienti in modo da elaborare un trattamento personalizzato e fornire
dati quanto più affidabili per future
applicazioni cliniche nel trattamento
di tumori di origine mesenchimale
come sarcomi dell’osso e dei tessuti
molli.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Ricerca e Cura sul Cancro
di Candiolo (TO)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Terlizzi (BA) nel 1980
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università di Modena e Reggio Emilia
124
 PhD in Oncologia Umana all’Università
degli Studi di Torino
il nostro
sostegno
alla ricerca
scientifica
125
Barbara
Pardini
TUMORE ALLA VESCICA
Il tumore alla vescica si manifesta principalmente tra i 60 e i 70 anni. I sintomi principali sono presenza di sangue nelle urine e dolore e difficoltà a urinare. La sopravvivenza
è piuttosto alta anche se non è sempre prevedibile l’evoluzione e la risposta alla terapia, che è generalmente chirurgica con chemioterapia adiuvante.
Vi sono diversi fattori predisponenti tra cui il fumo, una dieta ricca di grassi e l’esposizione prolungata a sostanze come le nitrosamine e le ammine aromatiche, comuni in
certi processi industriali.
3%
secondo
3
70%
di tutti i tumori
fra i tumori
urologici maschili
dopo il tumore
alla prostata
volte più frequente
negli uomini
che nelle donne
probabilità di
sopravvivenza a
cinque anni dalla
diagnosi in Italia
Il sequenziamento di nuova
generazione per identificare micro-RNA plasmatici
nel cancro alla vescica.
I microRNA sono piccole molecole
di RNA presenti naturalmente nelle
cellule con un ruolo fondamentale
nella regolazione dell’espressione
genica. Negli ultimi anni è stato delineato il loro coinvolgimento nello
sviluppo di molte malattie tra cui i
tumori, incluso quello alla vescica.
Il tumore alla vescica è una delle neoplasie più spesso diagnosticate in
Europa; identificare quindi nuove
molecole da poter utilizzare come
marcatori diagnostici e prognostici è
di grande interesse clinico. Di grande rilevanza sono soprattutto i marcatori che sono rilasciati nel sangue, poiché sono analizzabili a
basso costo e senza metodiche
invasive per il paziente.
Scopo del progetto è proprio l’identificazione di variazioni nei livelli e
nelle tipologie di microRNA, collegati con la formazione e lo sviluppo del tumore alla vescica, nel
sangue di pazienti rispetto a individui sani. Per identificarli con precisione verranno utilizzate le tecnologie di sequenziamento di nuova
generazione, che permettono di
identificare anche RNA presenti in
numero ridotto ma significativi della
presenza della malattia.
Lo scopo finale è quello di individuare i microRNA coinvolti nel
processo di formazione e sviluppo del tumore alla vescica per
utilizzarli come biomarcatori. La
specificità dei microRNA dovrebbe
inoltre permettere la caratterizzazione puntuale dei vari stadi del tumore
alla vescica e quindi di sviluppare
nuove strategie di cura personalizzata.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Human Genetics Foundation di Torino
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Lucca nel 1978
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Pisa
126
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
 PhD in Microbiologia e Genetica
all’Università degli Studi di Pisa
127
Rubina Serena
Baglio
TUMORE ALLE OSSA
I tumori primari alle ossa sono relativamente rari, a differenza dei tumori metastatici che
invece sono molto frequenti. I più frequenti sono l’osteosarcoma, a carico del tessuto
osseo, il condrosarcoma, a carico della cartilagine, e il sarcoma di Ewing, una forma
particolarmente aggressiva. I tumori ossei primari sono frequenti in bambini e adolescenti, con una età media di diagnosi introno ai 20 anni. La terapia è di solito una
combinazione di chemio e radioterapia, talvolta accompagnata da chirurgia.
350
20-25%
nuovi casi all’anno
di tumore primario
alle ossa in Italia
percentuali di
osteosarcomi tra tutti
i tumori dell’apparato
scheletrico
60%
probabilità
di sopravvivenza
40%
aumento della probabilità di sopravvivenza
negli ultimi 20 anni
grazie ai progressi
della medicina
Gli esosomi nella comunicazione tra stroma e tumore nella progressione
dell’osteosarcoma.
L’osteosarcoma è un tumore delle
ossa estremamente aggressivo che
colpisce soprattutto bambini e adolescenti durante la crescita. Spesso
i pazienti non rispondono alle terapie, di conseguenza la percentuale
di sopravvivenza in presenza di
metastasi non supera tutt’oggi il
30%. È quanto mai urgente aumentare la comprensione dei meccanismi alla base della formazione delle
metastasi per lo sviluppo di terapie
innovative che offrano ai pazienti affetti da osteosarcoma una migliore
possibilità di cura. Il progetto di ricerca in particolare si focalizza sul
ruolo nella progressione dell’osteosarcoma di alcune piccole
vescicole rilasciate dalle cellule
tumorali. Queste vescicole, chiamate esosomi, contengono proteine e altre molecole che le cellule rilasciano per comunicare con altre
cellule e con l’ambiente esterno del
tessuto, il microambiente. Tra le cel-
lule presenti nel microambiente ve
ne sono alcune, dette stromali:
sono cellule che forniscono sostegno al resto del tessuto, sia sano sia
tumorale.
Le cellule tumorali dell’osteosarcoma “alterano la comunicazione” manipolando gli esosomi affinché le cellule stromali favoriscano
la crescita del tumore e la formazione di metastasi.
La ricerca vuole comprendere meglio questo complesso meccanismo di comunicazione tra cellule
tumorali e cellule ‘normali’ presenti
nel microambiente del tumore e studiare il contenuto degli esosomi per
identificare nuovi marcatori diagnostici e terapeutici.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
VU University Medical Center
di Amsterdam (Olanda)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Caltanissetta nel 1982
 Laureata in Biotecnologie farmaceutiche
all’Università degli Studi di Bologna
128
FONTI: Epicentro (www.epicentro.iss.it)
National Cancer Institute (www.cancer.gov)
 PhD in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Bologna
129
CONOSCERE LA SCIENZA PER UNA PREVENZIONE CONSAPEVOLE
La salute è un diritto inalienabile dell’essere umano, sancito anche dalla Costituzione
Italiana. La scienza e la medicina hanno scoperto molte della cause genetiche e soprattutto ambientali e comportamentali che aumentano le probabilità di ammalarsi, ad
esempio di tumore. La conoscenza dei risultati della scienza porta consapevolezza e
la consapevolezza conferisce la libertà di scelta e di azione, mettendo nelle condizioni
i cittadini di metterne in pratica le raccomandazioni per preservare la propria salute e
migliorare la qualità della vita.
Costruire il dialogo tra
scienza e società per una
cittadinanza consapevole.
Nei paesi industrializzati l’aspettativa
di vita nell’ultimo secolo si è allungata enormemente, grazie ai progressi
compiuti dalla medicina. La scienza
ha fornito molta conoscenza su
come curarci e soprattutto su come
prevenire le malattie e migliorare la
nostra salute. Per essere davvero al
servizio della collettività la scienza
deve però anche essere in grado
di dialogare con essa, trovare un
linguaggio condiviso per comunicare i propri risultati. Il progetto si
propone di implementare, all’interno
di una Fondazione fortemente attiva
nel sostegno alla scienza e alla ricerca, nuove strategie di diffusione della cultura scientifica tramite diversi
canali. Sul web, con un blog, verrà
presentato il mondo della ricerca
italiana e la scienza prodotta nei laboratori del paese, in particolare
Chiara
Segré
quella volta a migliorare la prevenzione e la cura delle malattie croniche,
e fra cui tumori. Verranno inoltre
organizzate conferenze, incontri,
dibattiti e corsi di aggiornamento
sui temi più attuali della scienza e
della salute; medicina personalizzata, prevenzione, alimentazione.
Lo scopo è da una parte divulgare
nuove conoscenze scientifiche
utili per mantenersi in salute ma soprattutto fornire strumenti di riflessione sul metodo che guida un
buon progresso scientifico.
L’obiettivo finale è costruire un linguaggio condiviso tra scienza e società, per una scienza al servizio della collettività e per una cittadinanza
consapevole e partecipativa.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Fondazione Umberto Veronesi,
sede di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1982
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Milano-Bicocca
 PhD in Molecular Medicine alla Scuola
Europea di Medicina Molecolare di Milano
130
 Master in Giornalismo e Comunicazione
Istituzionale della Scienza all’Università
degli Studi di Ferrara
131
Le malattie cardio-cerebrovascolari,
come infarto del miocardio e ictus,
rappresentano nel loro insieme il primo “killer” e la prima causa di malattia nel mondo occidentale; esse
condividono meccanismi di base e
fattori di rischio comuni con tumori a
vasta prevalenza, quali quelli ormono-dipendenti nell’uomo e nella donna. Almeno uno su quattro casi di
malattie cardio-cerebrovascolari si
potrebbe prevenire grazie a sane
abitudini di vita, alimentazione di tipo
mediterraneo, esercizio fisico, astensione dal fumo. Queste malattie rientrano pertanto pienamente negli
interessi della Fondazione Umberto
Veronesi in quanto largo spazio viene oggi assegnato alle strategie di
prevenzione nella lotta per ridurre la
loro prevalenza (“non solo curare il
malato di oggi, ma evitare il malato di
domani”). La ricerca in questo settore si concentra oggi da una parte
sulla definizione di nuovi marcatori
molecolari o biochimici di disfunzioni
cardiache allo scopo di ottenere
nuovi strumenti diagnostici e di identificare bersagli finora sconosciuti
per lo sviluppo di farmaci innovativi;
dall’altra,si studiano fattori di rischio
convenzionali (ipertensione, diabete,
ipercolesterolemia etc) e non (aspetti
psicologici o socio-economici) per
migliorare la predizione clinica di tali
malattie e si attua una prevenzione
dietetica prima che farmacologica.
In questo contesto si situano i progetti proposti con le domande di
Borse di Ricerca e Progetti di Ricerca che sono risultati vincitori per il
2014: marcatori molecolari della funzione di cellule cardiache e vascolari, ruolo di processi infiammatori di
base nello scompenso cardiaco e
nelle sindromi di ischemia cerebrale,
cardioprotezione con antiossidanti
naturali, basi genetiche e biochimiche di disfunzioni cardiache familiari,
nuovi parametri di diagnosi precoce
di disturbi cardiaci valvolari.
Alla salvaguardia della salute del nostro cuore potranno così lavorare
quest’anno, nell’ ambito delle iniziative della Fondazione, otto giovani
post-doc e tre ricercatori indipendenti, accuratamente selezionati per
la loro qualità scientifica, la loro
esperienza internazionale e l’originalità del loro progetto di ricerca.
Maria Benedetta Donati
132
Head, Laboratory of Translational
Medicine - Department of Epidemiology and Prevention - IRCCS Istituto
Neurologico Mediterraneo Neuromed
BORSE CARDIOLOGIA E MALATTIE CRONICHE
Le patologie cardiovascolari sono malattie a carico del cuore e dei vasi sanguigni. Tra
le cause principali, vi è l’aterosclerosi, cioè il restringimento dei vasi sanguigni per
un’occlusione causata da accumulo di colesterolo, infiammazione e ispessimento delle pareti. Le conseguenze possono essere infarto, ictus e sindromi vascolari. Rientrano nelle malattie cardiovascolari anche difetti congeniti del cuore, patologie reumatiche e croniche, scompenso e insufficienza cardiaca. Sono molto diffuse nei paesi
occidentali, soprattutto a causa di errati stili di vita e mancata prevenzione.
prima
OLTRE
4 milioni
4 VOLTE
223
80%
causa di morte
al mondo
nei paesi industrializzati
di decessi all’anno
in Europa
aumento di frequenza
di infarto negli uomini
rispetto alle donne fino
ai 60 anni
costo pro capite
in euro all’anno
delle spese sanitarie
a causa delle malattie
cardiovascolari
riduzione delle morti per
malattie cardiovascolari
migliorando gli stili
di vita e la prevenzione
FONTI: Organizzazione mondiale della sanità (WHO) http://www.who.int
Epicentro www.epicentro.iss.it
133
Stefania
Croci
Ersilia
Cipolletta
La proteina CaMKII nell’ipertrofia cardiaca: un
nuovo bersaglio terapeutico.
La proteina “chinasi” Calcio/Calmodulina dipendente di tipo II (CaMKII)
è una chinasi, cioè un enzima che
modifica altre proteine aggiungendo
un gruppo chimico, detto fosfato.
La sua azione, regolata dai livelli di
calcio, ha un importante ruolo nella
segnalazione cellulare in molte vie fisiologiche e in molti tessuti. È molto
importante nel rimodellare il tessuto
del cuore, ed è coinvolta nell’ipertrofia cardiaca. L’ipertrofia è un aumento di dimensioni del cuore, in
particolare dei ventricoli. È normale che avvenga in risposta a un
esercizio fisico sostenuto o in gravidanza, ma se è eccessiva può diventare patologica e causare malattie cardiovascolari.
Conoscere le vie biochimiche che
controllano l’ipertrofia è importante
per sviluppare nuovi farmaci efficaci.
Questo progetto vuole studiare l’efficacia di AntCantide, un inibitore
di CaMKII; si tratta di un peptide,
cioè una corta sequenza di amminoacidici, che in vitro si lega alla proteina CaMKII e la blocca: occorre
ora valutare in un modello in vivo la
capacità di AntCantide di ridurre l’ipertrofia ventricolare sinistra.
CaMKII interagisce nelle cellule
con ERK, una proteina che accende o spegni alcuni gruppi di
geni: la ricerca vuole indagare anche se CaMKII provoca ipertrofia
cardiaca attraverso l’azione di ERK.
I risultati della ricerca diranno se
CaMKII può essere efficacemente
usata come bersaglio di farmaci per
contrastare l’ipertrofia ventricolare sinistra.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Salerno
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Napoli nel 1976
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi Federico II di
Napoli
134
 PhD in Fisiopatologia Clinica e Medicina Sperimentale all’Università degli Studi
Federico II di Napoli
L’infiammazione nelle patologie croniche vascolari
al crocevia tra reumatologia e cardiologia.
Le vasculiti dei grandi vasi sono malattie autoimmuni croniche che coinvolgono l’aorta e le sue diramazioni
principali.
Sono caratterizzate da infiltrazioni di
cellule immunitarie, come granulociti, che causano infiammazioni e
ispessimento anomalo del tessuto
intorno. Le conseguenze possono
essere molto gravi: perdita della
visione, aneurismi all’aorta, ischemie e infarti.
Le terapie attuali si basano sulla
somministrazione di glucocorticoidi, ma la durata della terapia non
può essere prevista a priori e in più
dell’80% dei pazienti insorgono
gravi effetti collaterali. Occorrono
quindi nuove terapie per affiancare o
sostituire quelle esistenti per migliorare la cura e prevenire più efficacemente le recidive e gli eventi cardiovascolari.
Questo progetto ha l’obiettivo di
comprendere nuovi meccanismi
molecolari e immunologici coinvolti nello sviluppo delle vasculiti
dei grandi vasi per identificare nuovi
potenziali bersagli farmacologici e
biomarcatori correlati alla severità
della malattia.
In particolare, la ricerca deve verificare il coinvolgimento di tre componenti che da studi preliminari
sembrano essere importanti nelle
infiammazioni da vasculiti: alcuni
microRNA, l’interleuchina-22 e la
via di segnalazione di mTOR.
Queste tre vie molecolari sembrano
essere correlate alla percentuale di
alcune cellule immunitarie infiltrate e
alla severità della malattia.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Arcispedale Santa Maria Nuova
di Reggio Emilia
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Reggio Emilia nel 1976
 Laureata in Biotecnologie all’Università
degli Studi di Bologna
 PhD in Oncologia all’Università
degli Studi di Bologna
135
Silvia
Dragoni
Carmine
Del Giudice
Valutazione del composto
SM13 nella proliferazione
del muscolo liscio vascolare.
L’aterosclerosi è la formazione di
placche ispessite sulle pareti dei
vasi sanguigni: sono la causa principale di ostruzione dei vasi e di molti
scompensi cardiovascolari.
Le cellule che si trovano dentro e
intorno alle placche, come quelle
della muscolatura liscia dei vasi,
sono sottoposte a stress e a danno al DNA: esse attivano la proteina
p53, un soppressore tumorale che
in presenza di danni estesi al DNA
scatena la morte programmata nelle
cellule. In questo modo, si contrasta
l’espansione della placca ateroscle-
rotica.
Stimolare i livelli e le azioni di p53
farmacologicamente potrebbe quindi aiutare i medici a trattare con più
efficacia questa patologia, e a prevenire le complicazioni circolatorie.
Come fare ad alzare i livelli di p53
nella muscolatura liscia dei vasi?
Ad esempio, bloccando i meccanismi che distruggono p53 nelle
cellule. La proteina MDM2 si lega a
p53 e ne promuove la sua degradazione, come meccanismo di controllo a livello fisiologico.
La ricerca si propone di testare gli
effetti di SM13; è una molecola
che impedisce a MDM2 di degradare p53, e che dovrebbe quindi
causare un aumento di p53 con
conseguente morte delle cellule
muscolari lisce dei vasi e diminuzione delle placche aterosclerotiche. SM13 potrebbe quindi essere
utilizzato per costruire farmaci per il
trattamento di patologie vascolari
molto comuni, come l’aterosclerosi.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi Federico II di
Napoli
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato ad Aversa (CE) nel 1983
 Laureato in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi Federico II di
Napoli
136
 PhD in Fisiopatologia Clinica e Medicina Sperimentale all’Università degli Studi
Federico II di Napoli
Un’arma contro le malattie cardiovascolari e il
cancro: il differenziamento delle cellule che formano colonie endoteliali.
Le cellule endoteliali costituiscono le
pareti dei vasi sanguigni. Derivano
da progenitori che si trovano nel midollo osseo, da cui vengono mobilitate in caso di ischemia o verso i
tumori, per sostenerne la crescita.
Tra i progenitori, solo un tipo particolare, dette cellule formanti colonie endoteliali (ECFC) sono in
grado di generare nuovi vasi sanguigni. Come avviene la maturazione delle cellule ECFC in cellule endoteliali mature?
Un importante ruolo in questo processo è giocato da un fattore di
crescita, detto endoteliale vascolare (VEGF), che promuove la proliferazione e la migrazione delle
ECFC e il loro differenziamento, interagendo con componenti del microambiente del tessuto.
La ricerca vuole studiare meglio
questa complessa relazione tra cel-
lule endoteliali immature (ECFC), fattore di crescita VEGF e microambiente per comprendere come le
cellule ECFC maturano e danno origine a nuovi vasi sanguigni. Verranno usati come modelli cellule isolate da pazienti sani o affetti da
cancro alla mammella, per evidenziare differenze tra stato normale
e stato patologico. Le applicazioni
terapeutiche del progetto sono duplici: da un lato, capire come controllare il differenziamento delle
ECFC è utile per stimolare la riparazione dei tessuti e dei vasi nelle
malattie cardiovascolari, dall’altro
identificare molecole che stimolano
nuovi vasi nei tumori getta le basi
per nuove terapie antitumorali.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
University of Massachusetts di Lowell
(USA)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Codogno (LO) nel 1986
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università degli Studi di Pavia
 PhD in Fisiologia e Neuroscienze
all’Università degli Studi di Pavia
137
Francesco
Rotella
Paolo
Poggio
Stenosi della valvola aortica: identificazione precoce e possibili trattamenti.
La stenosi della valvola aortica è la
più comune patologia alle valvole
cardiache nei paesi industrializzati,
con un’incidenza del 2-3% nella popolazione con più di 65 anni: questa
percentuale è destinata ad aumentare in futuro, col progressivo
incremento della longevità.
Diversi studi clinici sono stati sviluppati con lo scopo di fermare la progressione della patologia ma purtroppo i risultati non sono stati
risolutivi.
La comunità scientifica ha ipotizzato
che i trattamenti siano iniziati troppo
tardi, quando la patologia è già in
uno stadio irreversibile. Lo scopo
principale di questo progetto è l’analisi della progressione della stenosi a
partire dalle fasi iniziali, in concomitanza con l’inizio delle terapia a base
di statine.
Lo stadio iniziale della stenosi
aortica è la sclerosi aortica: in questa fase la funzionalità della valvola è
ancora nei parametri di normalità ma
è a questo punto che sarebbe utile
identificare dei biomarcatori che
indichino un inizio della degenerazione della valvola.
Il progetto si pone questo obiettivo,
accanto alla valutazione dell’effetto
delle statine sulla progressione della
stenosi. I dati ottenuti da questi due
approcci paralleli permetteranno di
implementare un nuovo screening
veloce e affidabile per la stenosi della
valvola aortica, con prospettive concrete di avanzamento nel suo trattamento clinico.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Centro Cardiologico Monzino di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Biella nel 1985
 Laureato in Biotecnologie Mediche
e Farmaceutiche all’Università
del Piemonte Orientale
138
 PhD in Scienze Farmacologiche
all’Università degli Studi di Milano
Predittori psicologici e
psichiatrici nelle terapie
cardiovascolari.
La sindrome coronarica acuta è una
delle più comuni patologie cardiovascolari; la terapia volta a riconsentire
la rivascolarizzazione dell’area colpita è sia farmacologica che interventistica. I pazienti vengono seguiti
dopo l’intervento; tuttavia esistono
pochi studi che valutano l’impatto
della sindrome cardiaca e della
vita post-intervento sullo stato
psicologico, cognitivo e psichiatrico dei pazienti.
La ricerca vuole proprio analizzare i
predittori psicologici e psichiatrici in
soggetti con sindrome coronarica
acuta che hanno subito un intervento di rivascolarizzazione. I pazienti
verranno seguiti tramite un follow-up
di 36 mesi. Per ognuno verrà raccolta una storia clinica completa di parametri clinici, emato-chimici, strumentali e funzionali, con particolare
attenzione a eventuali precedenti
psichiatrici.
Sarà inoltre eseguita una valutazione dello stato cognitivo e della
qualità della vita, somministrando
alcuni test psicologici.
I dati ottenuti serviranno ad arricchire
la valutazione dei pazienti con sindrome coronarica acuta e a renderla
più completa e utile da un punto di
vista clinico.
In particolare, si vuole confermare la
teoria, già supportata da alcuni studi, che sintomi depressivi abbiano
un impatto negativo sull’esito cardiologico.
Verrà anche valutato l’impatto sul
decorso della patologia di altre variabili come la qualità della vita e lo stato cognitivo.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Firenze
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Firenze nel 1979
 Laureato in Medicina e Chirurgia
Università degli Studi di Firenze
 PhD in Translational Medicine
all’Università degli Studi dell’Aquila
139
Elena
Sommariva
Maria Elena
Sana
Dai geni alle basi molecolari della sindrome del
cuore sinistro ipoplasico.
La sindrome del cuore sinistro ipoplasico è una cardiopatia congenita
che rappresenta la più comune causa di morte per anomalie cardiache
nel primo mese di vita.
È caratterizzata da una grave ipoplasia, cioè uno sviluppo ridotto,
del lato sinistro del cuore e causa
grossi scompensi nel suo funzionamento. Pur essendo una patologia
complessa e multifattoriale, ha anche una forte componente di predisposizione genetica.
Lo scopo della ricerca è quello di individuare varianti e mutazioni in
geni coinvolti nel meccanismo mo-
140
lecolare che scatena la patologia.
Attraverso le tecnologie del sequenziamento del DNA di nuova generazione e l’utilizzo di modelli cellulari
verranno analizzati 200 pazienti e le
rispettive famiglie: si tratta del più
grande gruppo di pazienti mai
analizzato, data la rarità della patologia.
Le informazioni genetiche verranno
poi incrociate con i dati clinici e la
storia familiare; l’obiettivo finale è
quello di caratterizzare non solo le
varianti genetiche ma anche i meccanismi molecolari alla base dell’insorgenza della sindrome del cuore
sinistro ipoplasico.
Un’approfondita conoscenza della
malattia rappresenta la base per ottimizzare la consulenza prenatale
alle famiglie, sviluppare migliori
strategie terapeutiche per i bambini affetti e guidare i clinici verso una
più efficace stratificazione del rischio.
Le proteine LDL, adipociti e
cellule dello stroma cardiaco nella displasia aritmogenica del ventricolo
destro.
La displasia aritmogenica del ventricolo destro (ARDV) è una patologia
del cuore caratterizzata da una sostituzione di cellule muscolari cardiache con cellule adipose, che porta
ad aritmie e morte improvvisa, soprattutto in giovani atleti.
È una malattia genetica ma spesso
pazienti portatori della stessa mutazione mostrano gravità diverse. È
importante indagare i meccanismi
molecolari per comprendere quali
altri fattori, oltre alla genetica, intervengano nel determinare diversi gradi di gravità della patologia.
I pazienti affetti da ARVD presentano
valori moderatamente elevati di LDL,
lipoproteine coinvolte nel trasporto
del colesterolo.
Una forma ossidata di LDL è responsabile di stimolare le cellule cardiache ad accumulare grasso nei
pazienti ARDV ed è quindi probabile
che alterati livelli di lipidi plasmati-
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Centro Cardiologico Monzino di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Bergamo nel 1982
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1976
 Laureata in Bioinformatica
all’Università degli Studi di Milano-Bicocca
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Milano
 PhD in Oncologia molecolare e Farmacologia all’Università degli Studi di Ferrara
 PhD in Molecular Biology al St.Georges
Hospital Medical School di Londra (UK)
ci LDL possano agire come cofattore per favorire l’accumulo di grasso nel cuore.
Il progetto vuole proprio comprendere meglio questo meccanismo valutando il rapporto tra livelli di LDL normali e LDL ossidati nel plasma,
eventuali correlazioni con varianti
genetiche e il meccanismo molecolare attraverso cui le LDL ossidate
stimolano l’incorporazione di tessuto
adiposo nel cuore. L’obiettivo finale
è chiarire parte dei meccanismi clinici e molecolari della variabilità di gravità della displasia aritmogenica del
ventricolo destro, contribuendo così
a migliorare le conoscenze sulla patologia e a identificare un nuovo potenziale approccio terapeutico.
141
Valentina
Vacca
cellule T ed estradiolo:
differenze sessuali e nuove prospettive terapeutiche per il trattamento del
dolore cronico.
Il dolore neuropatico è un dolore cronico provocato dalle fibre nervose
che trasmettono segnali errati ai centri del dolore nel cervello, anche in
assenza di un danno reale.
É causato da lesioni e disfunzioni
del sistema nervoso ed è associato
a diverse patologie, e colpisce soprattutto il genere femminile.
Negli ultimi anni è stato sempre più
evidenziato il ruolo del sistema immunitario, in particolare dei linfociti
T, nello sviluppo e nell’andamento
di tale sindrome.
Nelle donne, inoltre, l’attività dei linfociti è maggiore e le ferite guariscono più rapidamente rispetto agli uomini. La ricerca vuole quindi indagare
se questa maggiore “aggressività”
immunitaria nel sesso femminile possa interferire con l’origine del dolore
neuropatico e attraverso quali meccanismi.
In particolare, i linfociti T sono regolati da un altro gruppo di linfociti, detti
linfociti T regolatori (Treg) e dall’
estradiolo, un ormone sessuale
femminile che potrebbe spiegare la
diversa suscettibilità al dolore neuropatico fra i sessi.
L’obiettivo della ricerca è quello di
capire come modulare i linfociti Treg
e l’estradiolo in modo da ridurre l’eccessiva infiltrazione dei linfociti T
nell’area di lesione garantendo una
corretta risposta immunitaria in grado
di prevenire lo sviluppo del dolore.
L’individuazione dei meccanismi
coinvolti potrebbe suggerire nuove
strategie d’intervento terapeutico per
il trattamento del dolore cronico utilizzabile anche in clinica medica.
Regolazione epigenetica di
RUNX3 nella spondilite anchilosante.
La spondilite anchilosante è una malattia infiammatoria che colpisce la
colonna vertebrale e le articolazioni
del bacino. Considerata un’artrite
reumatica cronica e autoimmune,
nella sua forma più grave porta a rigidità, deformità della colonna vertebrale, dolore e disabilità.
Le cause della patologia sono ancora ignote, anche se sono stati identificati alcuni geni probabilmente
responsabili della malattia, tra i
quali il gene RUNX3.
Lo scopo del progetto è identificare
la funzione e il ruolo di RUNX-3 e
delle sue varianti nella spondilite anchilosante per identificare nuovi bersagli terapeutici. RUNX3 regola la
maturazione di un tipo di cellule immunitarie, i linfociti CD8, coinvolti
nella risposta autoimmune tipica dalla spondilite anchilosante. Molte delle mutazioni identificate di RUNX3 si
trovano nelle regioni regolatrici del
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Biologia Cellulare
e Neurobiologia del CNR di Roma
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
University of Oxford (UK)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Cassino (FR) nel 1984
 Laureata in Neurobiologia presso
Università “La Sapienza” di Roma
142
Matteo Luca
Vecellio
Borsa di ricerca sostenuta grazie
alla Delegazione di Roma
 PhD in Farmacologia all’Università
“La Sapienza” di Roma
gene, che influenzano i livelli e le
tempistiche con cui è espresso nei
linfociti.
La ricerca si focalizza anche sui
meccanismi che modificano i
geni per regolarne l’espressione;
questi fenomeni vanno sotto il nome
di epigenetica.
Una volta identificata la regolazione
epigenetica di RUNX3 verranno studiati gli effetti sulla maturazione dei
linfociti CD8 nel promuovere o rafforzare la risposta autoimmune.
Ad oggi non esiste una cura efficace
per la spondilite anchilosante; comprendere nuovi meccanismi patologici può offrire concrete possibilità di
sviluppare terapie farmacologiche
efficaci.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Milano nel 1981
 Laureato in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Milano-Bicocca
 PhD in Medicina Molecolare
e Traslazionale all’Università
degli Studi di Milano-Bicocca
143
Il cervello è l’organo più complesso
del nostro organismo. L’attività delle
cellule del cervello è alla base di tutte
le nostre funzioni, dalle più semplici,
come camminare o respirare, alle più
complesse, tra cui l’apprendimento e
la memoria. Nonostante gli enormi
progressi degli ultimi anni, le Neuroscienze rappresentano ancora un
campo in gran parte sconosciuto che
richiede, per essere esplorato, metodi sempre più multidisciplinari e integrati, nonché l’impiego e lo sviluppo
di tecnologie avanzate. Se da una
parte l’approccio molecolare consente una sempre maggiore comprensione dei meccanismi alla base del
funzionamento del cervello, l’imaging
cerebrale ha permesso di ottenere
una mappa anatomica della mente.
Nel loro insieme questi approcci sperimentali hanno dimostrato in maniera
sempre più diretta la stretta correlazione fra le molecole e i processi
mentali. Nel nostro cervello i neuroni
sono connessi tra loro da contatti
specializzati chiamati sinapsi. Quando i neuroni e le sinapsi vanno incontro a disfunzioni, abbiamo malattie
psichiatriche o patologie neurodegenerative. Con l’invecchiamento della
popolazione, solo in Italia si contano
oltre un milione di persone che soffrono di malattie neurodegenerative.
Purtroppo, le terapie che abbiamo in
uso consentono nella maggior parte
dei casi soltanto di trattare i sintomi
della malattia, senza rimuoverne le
cause o rallentarne significativamente
l’evoluzione. Abbiamo bisogno di metodi di diagnosi precoce, marcatori
diagnostici affidabili, studi molecolari
che permettano lo sviluppo di farmaci
sempre più specifici e abbiamo bisogno di identificare e attuare efficaci
strategie di prevenzione. L’European
Brain Council si è impegnato a rendere il 2014 l’Anno del Cervello.
Capire come funziona il cervello è infatti la sfida più grande rimasta alla
scienza e le malattie del cervello sono
la sfida più grande per la società del
XXI secolo. La Fondazione ha raccolto questa sfida e ha premiato, attraverso il conferimento di finanziamenti
per Borse e Progetti di Ricerca, giovani ricercatori che svolgono progetti
di alta innovazione scientifica, mirati
all’identificazione dei processi molecolari alterati nel corso di patologie
neurodegenerative e al trasferimento
dei risultati dai laboratori alla clinica.
Michela Matteoli
144
CNR and Università degli Studi di
Milano
Director of Neuroscience Program
Humanitas Research Hospital
BORSE NEUROSCIENZE
Le malattie neurologiche comprendono le malattie del sistema nervoso centrale (sclerosi multipla, malattie cerebrovascolari, Alzheimer, Parkinson, epilessia, malattie autoimmuni e degenerative) e il sistema nervoso periferico (polineuropatie). Sono collegate
con l’invecchiamento dei neuroni e in aumento a causa dell’allungamento della vita
media. Sono patologie altamente invalidanti dal punto di vista fisico e cognitivo.
10-12%
80.000
220.000
15-50
ANNI
40-70
CASI
di tutti i decessi
in Europa sono
causati da ictus
cerebrali
all’anno in Italia
le nuove diagnosi
di morbo
di Alzheimer
italiani affetti dalla
malattia di
Parkinson
età di
insorgenza della
sclerosi multipla
ogni 100.000
persone colpite da
epilessia nei paesi
industrializzati
FONTI: Epicentro www.epicentro.iss.it
145
Enrica
BodA
Susanna
Bacigaluppi
i progenitori delle cellule
endoteliali nel sangue dei
pazienti con emorragia subaracnoidea acuta.
L’emorragia subaracnoidea è una
fuoriuscita di sangue nel cervello e
può insorgere spontaneamente, ad
esempio per rottura di un aneurisma.
Le principali complicazioni che
possono insorgere e causare gravi
disabilità o addirittura la morte, sono
contrazione dei vasi sanguigni circostanti (vasospasmo) e ischemia
cerebrale ritardata.
L’emorragia infatti causa un grosso
danno ai capillari della zona interessata con infiammazione dell’area circostante. Le cellule endoteliali
sono cellule specializzate nel for-
mare le pareti dei vasi sanguigni;
nel sangue circolano anche dei progenitori endoteliali, un tipo particolare
di cellula staminale adulta che genera nuove cellule endoteliali, ad esempio per rimarginare le ferite.
I progenitori endoteliali interagiscono
con le cellule del sistema immunitario
diminuendo la fase acuta dell’infiammazione ed è già stato dimostrato
che hanno un effetto protettivo
negli infarti e nelle ischemie cardiovascolari.
Possono avere un ruolo analogo anche nel caso di ischemie cerebrali da
emorragia?
Scopo della ricerca è rispondere a
questa domanda. Se la risposta sarà
affermativa, si potranno progettare
sperimentazioni cliniche con farmaci,
come le statine, che stimolano la
mobilitazione dei progenitori endoteliali dal midollo osseo al sangue, per
raggiungere il sito di danno e migliorare il decorso del paziente.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Azienda Ospedaliero-Universitaria
San Martino di Genova
146
Ringiovanire il cervello: le
cellule staminali progenitrici per migliorare le
funzioni cognitive e le capacità di rigenerazione.
Non solo il corpo, ma anche il cervello invecchia! Col passare del
tempo i progenitori delle cellule
nervose, chiamate staminali neurali, presenti anche nel cervello
adulto, perdono progressivamente
la capacità di dividersi e generare
nuove cellule del sistema nervoso
centrale, come neuroni e oligodendrociti.
Questo contribuisce all’instaurarsi di
difetti cognitivi, tra cui perdita di memoria, e compromette le capacità riparative e rigenerative del cervello.
Con l’allungarsi dell’aspettativa di
vita, le patologie legate all’invecchiamento cerebrale diventeranno sempre più urgenti, con un impatto non trascurabile sulla gestione
della salute pubblica.
La ricerca vuole indagare quali sono
i meccanismi molecolari che causano, nelle cellule staminali neurali, la
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1976
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Neuroscienze Cavalieri
Ottolenghi di Torino
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Torino nel 1981
 Specializzata in Neurochirurgia
all’Università degli Studi di Milano
 Laureata in Neurobiologia all’Università
degli Studi di Torino
 PhD in Neuroscienze all’Università degli
Studi di Milano-Bicocca
 PhD in Neuroscienze all’Università degli
Studi di Torino
perdita nel tempo della capacità di
dividersi, per identificare molecole-bersaglio su cui agire con farmaci
e terapie allo scopo di ripristinare le
funzioni cognitive e le potenzialità di
riparazione del cervello anziano.
Gli oligodendrociti, inoltre, sono
anche responsabili di depositare
la “mielina” sui neuroni.
La mielina facilita le trasmissioni nervose e quando è insufficiente o non
riparata causa gravi patologie, come
la sclerosi multipla.
I risultati della ricerca potranno quindi
anche fornire preziose informazioni
sulla biologia dei processi di riparo
della mielina e della regolazione di
questo importante processo nel cervello adulto.
147
Luigi
Carlessi
Erica
Butti
I precursori neurali endogeni nei processi di demielinizzazione e rimielinizzazione
nella
sclerosi
multipla.
La sclerosi multipla è una patologia
del sistema nervoso centrale causata da perdita di mielina intorno ai
neuroni del cervello e del midollo
spinale. La mielina facilita la trasmissione nervosa ed è depositata intorno ai neuroni da un altro tipo di cellule, gli oligodendrociti.
Nella sclerosi multipla, gli oligodendrociti diminuiscono molto di
numero, e questo causa demielinizzazione patologica. Gli oligodendrociti derivano da un tipo particolare di cellule staminali neurali,
detti precursori, presenti in una zona
del cervello adulto.
Studi in altre malattie neurodegenerative hanno dimostrato che questi
precursori possono favorire il processo di rimielinizzazione, migliorando i sintomi della malattia. Questo
progetto di ricerca ha lo scopo di
capire se lo stesso effetto protettivo
può avvenire anche in pazienti affetti
da sclerosi multipla; utilizzando un
modello animale della malattia in cui
si possono eliminare i precursori degli oligondendrociti, è possibile valutare il loro effetto sulla rimielinizzazione dei neuroni.
I precursori possono funzionare in
maniera diretta generando nuovi
oligodendrociti non danneggiati, o
in maniera indiretta rilasciando “nutrienti” che rendono l’ambiente
del tessuto cerebrale più adatto a
un possibile recupero degli oligodendrociti già presenti.
Le informazioni ottenute dalla ricerca
serviranno a progettare nuovi protocolli terapeutici per stimolare la riparazione della mielina attraverso l’azione delle cellule staminali neurali nei
pazienti affetti da sclerosi multipla.
ATM e il danno al DNA in
neuroni derivati da cellule
staminali indotte: capire
i meccanismi della neurodegenerazione.
Il danno al DNA, ad esempio rotture
nella doppia elica, è molto pericoloso
per la cellula perché, se non identificato e riparato, può causare mutazioni e rimescolamenti genetici, che a
loro volta scombinano la vita delle
cellule e sono alla base di molte patologie, come i tumori o le malattie
neurodegenerative. ATM è una proteina molto importante che riconosce e avvia il riparo di danni al
DNA; la sua assenza provoca una
grave sindrome, l’Atassia Telangiectasia. Questa malattia è caratterizzata,
tra gli altri sintomi, da una prematura
neurodegenerazione, le cui cause
sono ancora sconosciute.
Lo scopo della ricerca è comprendere il ruolo della proteina ATM nei
neuroni maturi, e come la sua assenza ne provochi la morte, come
nei pazienti affetti da Atassia telangectasia.
Verranno utilizzate le cellule stami-
nali pluripotenti indotte; sono cellule che derivano da cellule adulte, ottenute dalla pelle dei pazienti e
che possono essere riprogrammate in laboratorio a uno stadio di cellula staminale, e successivamente
spinta a diventare un neurone.
Rappresenta un ottimo modello
sperimentale per studiare in vitro il
comportamento di neuroni normali e neuroni derivati da pazienti con
la proteina ATM mutata o assente.
Una volta identificati gli stimoli biochimici che causano la morte prematura in neuroni di pazienti telangiectasici si potrà meglio comprendere la
neurodegenerazione nell’atassia e
sviluppare approcci terapeutici adeguati.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto San Raffaele di Milano
148
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Erba (CO) nel 1976
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università degli Studi di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Treviglio (BG) nel 1979
 PhD in Scienze Genetiche e Biomolecolari
all’Università degli Studi di Milano
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Milano
149
Gaia
Colasante
Maria Teresa
Cencioni
Cellule T di tipo CD8+CD57+
nella risposta al virus
Epstein-Barr nella sclerosi multipla.
La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria autoimmune del sistema
nervoso centrale, caratterizzata dalla
perdita di mielina intorno ai neuroni e
da cellule del sistema immunitario
che si infiltrano nel cervello. È una
patologia multifattoriale molto
complessa, le cui cause sono ancora in buona parte sconosciute; è
noto però che le infezioni dal virus
di Epstein-Barr possono favorire
la nascita e lo sviluppo della malattia.
La presenza del virus, infatti, stimola
ancora di più la reazione del sistema
150
immunitario, e così facendo peggiora gli effetti autoimmuni e il decorso
della malattia. Ci sono però alcune
cellule immunitarie, dette cellule T
di tipo CD8+CD57+, che hanno
un ruolo protettivo nei confronti
della sclerosi multipla.
La ricerca vuole caratterizzare queste cellule T e specialmente la loro
capacità di tenere sotto controllo le
infezioni virali; è probabile che queste cellule T abbiano un effetto di
regolazione del sistema immunitario
e siano in grado di riconoscere e
uccidere le cellule infettate dal virus dell’Epstein-Barr, abbattendo
quindi uno dei fattori di rischio
della sclerosi multipla.
Verranno anche studiati i meccanismi molecolari e cellulari che regolano la risposta delle cellule T
CD8+CD57+, nella speranza che le
conoscenze acquisite aiutino a elaborare nuove terapie per una malattia grave e invalidante come la sclerosi multipla.
Riprogrammazione genetica dei fibroblasti della
pelle in interneuroni GABAergici per una innovativa
terapia dell’epilessia.
L’epilessia è un grave disordine neurologico caratterizzato da crisi ricorrenti; sono causate da uno squilibrio tra eccitazione e inibizione di
circuiti nervosi in determinate regioni del cervello, tra cui l’ippocampo e la corteccia cerebrale.
Gli interneuroni GABAergici, così
chiamati poiché producono un neurotrasmettitore specifico, l’acido
gamma-ammino butirrico (GABA),
sono tra i principali neuroni inibitori che tengono sotto controllo l’impulso nervoso, spegnendolo. In modelli animali, il trapianto di
interneuroni GABAergici embrionali in animali epilettici adulti ha
permesso il recupero della corretta funzionalità del cervello, migliorando le crisi. Per trasferire questo
approccio all’uomo, occorre trovare
una fonte alternativa di interneuroni
funzionali che non sia l’embrione.
La presente ricerca ha lo scopo di
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Fondazione Santa Lucia di Roma
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto San Raffaele di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Frascati (RM) nel 1972
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Foggia nel 1981
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università “Tor Vergata” di Roma
 Laureato in Biotecnologie all’Università
di Milano-Bicocca
 PhD in Neuroscienze all’Università
“Tor Vergata” di Roma
 PhD in Molecular Medicine all’Università
Vita-Salute del San Raffaele, Milano
mettere a punto la riprogrammazione genetica di cellule adulte
della pelle, i fibroblasti, in interneuroni che producono GABA,
chiamati neuroni GABAergici indotti
(iGABA). Successivamente andrà
verificato se questi neuroni iGABA
sono in grado di integrarsi nei circuiti
neurali pre-esistenti ed esercitare
correttamente l’azione inibitoria sui
neuroni circostanti, diminuendo le
crisi epilettiche e le manifestazioni
della malattia negli animali modello.
Lo scopo ultimo è perfezionare una
terapia cellulare efficace che in futuro possa essere applicata all’uomo,
per ricostituire una rete funzionante
di interneuroni GABAergici nei pazienti affetti da epilessia.
151
Alessio
Masi
Davide
Lecca
Ripristinare
l’integrità
della mielina nelle malattie neurodegenerative: un
nuovo approccio tramite
la proteina GPR17.
La mielina prodotta dagli oligodendrociti, cellule specializzate del sistema nervoso, riveste i neuroni
come una guaina ed è essenziale
per la corretta trasmissione dell’impulso nervoso. In molte malattie
neurodegenerative come l’ischemia acuta, l’Alzheimer e la sclerosi
multipla, la mielina è parzialmente
distrutta, causando disfunzioni
neurologiche. Ad oggi non esistono
cure in grado di riparare efficacemente la mielina e i pazienti vanno
incontro a gravi disabilità e infine
152
alla morte. Recentemente, è stato
identificato un interruttore molecolare (GPR17) che svolge un ruolo cruciale nella maturazione degli
oligodendrociti produttori di mielina. Il progetto si propone quindi di
individuare farmaci che stimolino la
ri-mielinizzazione e la riparazione
spontanea dei circuiti nervosi danneggiati, ripristinando la conduzione nervosa attraverso un’azione
specifica su GPR17.
In particolare, GPR17 deve accendersi nei precursori degli oligodendrociti per iniziare la sviluppo ma
poi deve spegnersi per permettere
la maturazione a oligodendrocita
maturo. GPR17 è alterato nelle
malattie demielinizzanti: la ricerca
valuterà se la sua modulazione
farmacologica può guidare la riparazione spontanea della mielina in modelli animali di malattie
neurodegenerative.
Le implicazioni terapeutiche sono
potenzialmente molto importanti: si
aprono infatti nuove prospettive di
cura per malattie che allo stato attuale sono altamente debilitanti e
invalidanti.
Iperpolarizzazione e vulnerabilità selettiva nei
neuroni dopaminergici del
Parkinson.
Il morbo di Parkinson è una grave e
progressiva malattia del cervello caratterizzata da devastanti disturbi
motori. È causata dalla degenerazione della via nigro-striatale, una
rete di neuroni che producono il
neurotrasmettitore
dopamina,
chiamati appunto neuroni dopaminergici. Esistono altri neuroni dopaminergici, come quelli della via meso-limbica, i quali, pur essendo
molto simili a quelli nirgro-striatali,
sono inspiegabilmente meno vulnerabili, sia nel Parkinson spontaneo sia nei modelli sperimentali.
Le basi di questa diversa vulnerabilità sono ancora poco chiare ed è
evidente che la loro comprensione
porterebbe a un significativo avanzamento nella conoscenza della malattia. L’obiettivo della ricerca è testare
il ruolo dell’impulso iperpolarizzante nella sensibilità dei neuroni nigro-striatali: si tratta di una corrente
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Neurofarba,
Università degli Studi di Firenze
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Milano nel 1977
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Prato nel 1975
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Milano
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Firenze
 PhD in Farmacologia all’Università
degli Studi di Milano
 PhD in Oncologia Clinica e Sperimentale
all’Università degli Studi di Firenze
elettrica molto abbondante nei
neuroni, il cui ruolo biologico è ancora oscuro.
È probabile però che quando è mal
funzionante, contribuisca a compromettere la vitalità di questi neuroni,
con conseguente diminuzione di
produzione di dopamina e comparsa dei sintomi tipici del Parkinson. Dai risultati di questa ricerca
potranno scaturire informazioni sui
meccanismi patologici del morbo di
Parkinson e nuovi bersagli cellulari
verso i quali sviluppare farmaci di
nuova generazione; l’obiettivo ultimo
non è solo alleviare i sintomi della
malattia, ma rallentarne o arrestarne
la progressione.
153
Alessia
Melani
Sonia
Mazzitelli
L’infiammazione come fattore di rischio nel morbo
di Alzheimer: una nuova
prospettiva meccanicistica.
Il morbo di Alzheimer è la più comune forma di demenza associata
all’invecchiamento, ed è causata
dalla perdita selettiva di neuroni nel
cervello. Si stima che nel 2050 la
malattia colpirà 107 milioni di persone. Il morbo di Alzheimer è causato dall’accumulo nei neuroni di
una forma anormale della proteina beta-amiloide, che si deposita
in placche e aggregati.
Questo accumulo anomalo causa
anche attivazione delle cellule immunitarie cerebrali della microglia
154
con conseguente infiammazione
e produzione di citochine, cioè molecole che stimolano una risposta
infiammatoria; esse contribuiscono
probabilmente alla disfunzione e alla
morte dei neuroni nel cervello dei
pazienti.
La ricerca ha lo scopo di approfondire i meccanismi patologici che derivano dall’attivazione della microglia
nella progressione del morbo di Alzheimer. In particolare la microglia
rilascia all’esterno il fattore TNFα,
che può stimolare l’attività dei neuroni vicini favorendo la produzione
della forma tossica di proteina
beta-amiloide. I risultati degli esperimenti potranno fornire la prova definitiva del coinvolgimento dei processi di infiammazione nella genesi e
nello sviluppo della malattia e dei
correlati problemi cognitivi.
Interrompere il processo di attivazione della microglia con farmaci antiinfiammatori o antiepilettici potrebbe
aiutare a ridurre la produzione della
beta amiloide tossica e migliorare il
decorso del morbo di Alzheimer.
I recettori purinergici come
potenziali bersagli farmacologici nell’ischemia cerebrale.
L’ischemia cerebrale è una delle
principali cause di morte nel mondo.
L’unica terapia disponibile è la somministrazione di trombolitici, e a oggi
non esiste un trattamento farmacologico protettivo soddisfacente.
L’ideale sarebbe bloccare il diffondersi dell’infiammazione dalla
zona colpita ai tessuti circostanti,
anche se l’applicazione in clinica è
ancora lontana, a causa della complessità dei meccanismi in gioco in
gran parte sconosciuti.
L’obiettivo del progetto è gettare
luce su alcuni dei meccanismi coinvolti, in particolare sul ruolo dei recettori purinergici A2A di adenosina.
Questi recettori sono localizzati sia a
livello centrale che periferico sulle
cellule bianche del sangue, come
i linfociti, ed esercitano effetti antiinfiammatori in grado di proteggere dal danno ischemico cerebrale. Modificazione dell’espressione
dei recettori A2A su tali cellule po-
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI)
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Firenze
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Roma nel 1981
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Prato nel 1970
 Laureata in Biologia all’Università
Tor Vergata di Roma
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Firenze
 PhD in Neuroscience all’University
of Manchester (UK)
 PhD in Neuroscienze all’Università
degli Studi di Firenze
trebbe essere indicativa dello stato
di progressione della patologia.
Lo scopo è studiare gli effetti protettivi di agonisti, cioè di molecole
che stimolano i recettori A2A di
adenosina, in un modello di
ischemia cerebrale nel ratto.
L’espressione dei recettori A2A sui
linfociti del sangue periferico sarà
messa in relazione con i livelli dei fattori infiammatori presenti nel plasma,
con il grado di danno dei tessuti e
col deficit neurologico che si sviluppa nei giorni successivi all’ischemia.
Il fine ultimo è identificare degli agonisti selettivi che possano essere
usati in terapia per stimolare una risposta protettiva naturale e migliorare il decorso dell’ischemia.
155
Raffaella
Morini
Paolo
Mele
Le cure materne migliorano la plasticità del cervello: il ruolo del gene
Npy1r nelle reti perineurali.
La plasticità è la caratteristica principale che permette al cervello di
adattarsi agli stimoli dell’ambiente
esterno, modulando i suoi circuiti
neurali. Le cure materne, come
l’ambiente che ci circonda, sono un
importante strumento capace di
influenzare lo sviluppo e la plasticità del cervello e possono avere
degli effetti a lungo termine sulla memoria, sull’apprendimento e sulla
capacità di gestire l’ansia e lo stress
anche nella vita adulta.
Una funzione importante in questi
processi è svolta dalle reti peri-neurali, strutture che circondano e stabilizzano alcuni neuroni in regioni
collegate al comportamento emotivo.
Il progetto vuole studiare il recettore
Npy1r, una proteina la cui produzione nel cervello va di pari passo con
la qualità e quantità di cure materne
ricevute nei primi giorni di vita; essa
ha un ruolo nella formazione delle
strutture neurali alla base dell’apprendimento, dell’ansia e della paura. Cure materne intense nelle prime due settimane di vita fanno
aumentare i livelli di Npy1r nei
neuroni del sistema limbico, importante nel regolare le risposte
emotive, e contribuiscono alla sua
plasticità. Questa proprietà dei circuiti cerebrali ha un enorme potenziale terapeutico per diversi disturbi
comportamentali del sistema nervoso centrale dell’adulto come la suscettibilità ad ansia e stress e i disturbi di memoria.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Neuroscienze Cavalieri
Ottolenghi di Torino
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Torino nel 1973
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Torino
156
 PhD in Farmacologia e Terapia Clinica
e Sperimentale all’Università degli Studi
di Torino
Proteina prionica mutante:
meccanismi di neurotossicità e possibili strategie
terapeutiche.
La proteina prionica è una molecola
presente a livello cerebrale in tutti i
mammiferi. In determinate circostanze, si genera una forma mutata mal
funzionante che si accumula nel
cervello e la cui presenza è alla
base della malattia neurodegenerativa da prioni. Le cause possono essere svariate, di natura genetica o
scatenate da infezioni. I sintomi neurologici sono dovuti all’interferenza
della proteina mutata sulle sinapsi tra
neuroni: questo causa una disfunzione della trasmissione nervosa
che a sua volta, in ultima istanza,
causa la morte neuronale.
Lo scopo del progetto è chiarire i
passaggi molecolari che sottendono
a tale processo patologico: in particolare si vuole verificare l’ipotesi che
la proteina prionica mutata alteri
le funzioni cognitive interagendo e
danneggiando alcune molecole
che governano la neurotrasmissione: i recettori del glutammato.
La proteina prionica impedirebbe la
loro normale funzione fisiologica interferendo col corretto posizionamento dei recettori sulla membrana
dei neuroni e cambiandone le proprietà biofisiche. Questo a sua volta
danneggia la neurotrasmissione e la
maturazione del neurone causandone la morte.
Chiarire il meccanismo attraverso il
quale la proteina prionica mutata sia
in grado di generare danni a livello
cerebrale può aprire la strada a possibili strategie terapeutiche.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Prato nel 1977
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Firenze
 PhD in Neuroscienze all’Università
degli Studi di Firenze
157
Cristina
Scapin
Ida Luisa
Rotundo
Ruolo del ferro e dei mitocondri nei disturbi neurodegenerativi.
Un gran numero di malattie neurodegenerative sono causate da accumulo di ferro, stress ossidativo
e disfunzioni dei mitocondri, le
centrali energetiche della cellula, in
alcune aree del cervello.
Queste malattie provocano gravi sintomi motori e cognitivi e spesso non
sono disponibili terapie efficaci. Le
complesse relazioni tra i vari fattori
nel contesto della malattia sono ancora in gran parte ignote. La ricerca
vuole gettare luce su alcuni di questi
meccanismi: per fare ciò, verrà utilizzata la tecnologia delle cellule staminali pluripotenti indotte.
158
Fibroblasti della pelle di individui
sani e di pazienti con malattie neurodegenerative da accumulo di ferro
verranno riprogrammati in vitro in
due tipi di neuroni: dopaminergici
e striatali.
Questo permetterà di ottenere un
buon modello di ciò che effettivamente accade nel cervello umano e
di studiare i meccanismi molecolari
che portano all’accumulo di ferro.
Verrà approfondito inoltre il ruolo dei
mitocondri analizzando eventuali alterazioni morfologiche, difetti funzionali nella gestione del ferro e delle proteine che controllano il ferro,
come la ferritina, e alterata produzione di radicali liberi.
La delucidazione dei meccanismi
del controllo del metabolismo del
ferro nei neuroni potrà contribuire a
conoscere la progressione di queste
forme di neurodegenerazione e in
futuro sviluppare farmaci più efficaci
per contrastare i sintomi delle malattie.
Le relazioni tra neuregulina e UPR nella formazione
e nel mantenimento della
mielina.
La mielina è una membrana a multistrato che riveste e isola i neuroni,
permettendo un rapido passaggio
dell’impulso nervoso. Nel sistema
nervoso periferico la mielina è depositata da un tipo particolare di
cellule, dette di Schawnn.
L’interazione tra neurone e cellule di
Schawnn è regolata da una proteina, la neuregulina.
Essa lega un recettore sulle cellule
di Schawnn, e stimola la produzione e lo spessore della mielina intorno ai nervi periferici. Il progetto
si propone di spiegare un nuovo
meccanismo molecolare per la regolazione del processo di mielinizzazione nel sistema nervoso periferico
e come eventualmente sfruttarlo con
molecole terapeutiche. Aumentare i
livelli di neuregulina migliora i sintomi
in malattie demielinizzanti in modelli
animali. In questi modelli, la produzione di proteine è difettosa, una
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto San Raffaele di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto San Raffaele di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Catanzaro nel 1983
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Padova nel 1979
 Laureata in Biologia all’Università
Federico II di Napoli
 Laureata in Biotecnologie Farmaceutiche
all’Università degli Studi di Padova
 PhD in Genetica Medica alla Seconda
Università Federico II di Napoli
 PhD in Neurobiologia all’Università degli
Studi di Padova
condizione nota come Risposta da
Proteine non Assemblate (UPR in inglese). L’ipotesi sperimentale è che
l’aumento nell’espressione di
neuregulina possa regolare a sua
volta il fattore eIF2α, importante
per rispondere alla UPR.
Una miglior produzione di proteine
funzionanti dovrebbe migliorare anche la deposizione della mielina
sui neuroni e migliorare i sintomi. Le
implicazioni cliniche sono potenzialmente molto importanti, perché fornirebbero un razionale per sviluppare
nuove molecole terapeutiche nelle
patologie demielinizzanti che causano deterioramento nervoso con l’aumentare dell’età o in gravi malattie
come la sclerosi multipla.
159
Ridurre l’impatto delle malattie croniche, quali malattie cardiovascolari,
cancro, diabete, obesità e malattie
neurodegenerative, rappresenta una
sfida primaria del nostro prossimo
futuro. L’insorgenza delle malattie croniche è fortemente associata a tre fattori di rischio socio-comportamentali: il
fumo, la scarsa attività fisica e un’alimentazione scorretta. Nonostante siano stati fatti molti sforzi nelle campagne informative sui rischi del fumo con
importanti iniziative promosse anche
dalla Fondazione Umberto Veronesi,
il fumo resta la causa principale del
cancro al polmone, nonché di patologie polmonari ostruttive. Ancora molta
è la strada da fare per passare dalla
conoscenza del rischio all’assunzione
di stili di vita più salutari. La prossima
generazione sarà probabilmente la
prima generazione ad avere un’aspettativa di vita minore dei propri genitori e
la causa principale risiede nella scorretta alimentazione. Obesità e sovrappeso stanno diventando un problema
epidemico in tutti i paesi europei e del
mondo occidentale in genere. Quando si parla di alimentazione scorretta
ci si riferisce alla cosiddetta “dieta
occidentale” , caratterizzata dal largo
consumo di alimenti ricchi di grassi
animali, di zuccheri e da un consumo molto limitato di frutta e verdura,
alimenti ricchi di fibra e di fitonutrienti
importanti per la nostra salute. La nutrigenomica ha come duplice scopo
quello di comprendere i meccanismi
molecolari attraverso cui i nutrienti influenzano l’espressione genica ed il
metabolismo, ma anche di identificare
nuovi biomarcatori, che consentano la
diagnosi precoce delle malattie croniche legate all’alimentazione, al fine di
formulare e raccomandare un regime
di alimentazione che sia in grado di revertirne la progressione. In questo ambito, la Fondazione Umberto Veronesi
si è impegnata a sostenere la ricerca
di 11 giovani ricercatori che si occuperanno di comprendere quali siano
le dinamiche psico-comportamentali
che possano favorire l’abbandono del
fumo, quali siano i processi infiammatori e autoimmuni causati dalla “dieta
occidentale”, di valutare la relazione
tra consumo di alcool e cancro, per
finire con lo studio del ruolo di una
dieta preventiva ricca di fitonutrienti e
l’importanza dell’acqua nella salute renale.
Chiara Tonelli
160
BORSE NUTRIGENOMICA E
PREVENZIONE DELLE MALATTIE
La nutrigenomica è la scienza che studia le relazioni tra patrimonio genetico e cibo;
come le molecole che introduciamo con la dieta influenzano i nostri geni e quindi la
nostra salute, sia positivamente che negativamente. La nutrigenomica va di pari passo
con la prevenzione, soprattutto delle malattie croniche cardiovascolari, cerebrovascolari e dei tumori, responsabili della stragrande maggioranza delle morti al mondo. Un
corretto stile di vita è la prima arma a disposizione per combattere la maggior parte
delle malattie.
oltre
1 miliardo
36 milioni
1 ogni
9
secondi
80%
le persone obese
nel mondo
persone che entro
il 2015 si potrebbero
salvare da morte per
malattie croniche con
una corretta prevenzione
decessi nel mondo
attribuibili al fumo
casi di ictus, cardiopatie
e diabete evitabili con un
corretto stile di vita
Prorettore alla Ricerca
Professore Ordinario di Genetica presso
l’Università degli Studi di Milano
161
FONTI: Organizzazione mondiale della sanità (WHO) http://www.who.int
Elena
Dogliotti
Valentina
Calvenzani
Ruolo delle antocianine
nella prevenzione della
tossicità cardiaca.
Uno dei principali problemi dei farmaci chemioterapici risiede negli
effetti collaterali, causati da una
mancanza di specificità: i farmaci infatti non danneggiano solo le cellule tumorali ma anche quelle
sane. La doxorubicina è un antibiotico della classe delle antracicline; è molto usato in oncologia
poiché agisce su diversi tipi di tumori ma presenta anche un elevato rischio di tossicità per il cuore.
Le antocianine sono una famiglia di
molecole abbondanti in frutta e verdura, che conferiscono il colore rosso o blu/violaceo ai vegetali. È stato
162
osservato che le antocianine introdotte con la dieta possono avere
sul cuore un effetto protettivo dai
danni della doxorubicina.
Questa ricerca vuole indagare meglio il fenomeno di cardioprotezione
indotto dalle antocianine: verificare
quali sono le concentrazioni ottimali
di antocianine da introdurre affinché
loro stesse non siano tossiche, trovare il meccanismo molecolare attraverso cui si attua tale protezione
e verificare che non diminuiscano
l’effetto terapeutico antitumorale
della doxorubicina, ma solo l’effetto collaterale sulle cellule del
cuore.
I risultati offriranno un grosso contributo agli oncologi, che potranno
prescrivere ai pazienti in cura con
doxorubicina una dieta ricca in cibi
contenenti antocianine per diminuire
e contenere gli effetti collaterali pur
mantenendo l’efficacia della terapia
antitumorale.
Ruolo delle antocianine
bioattive e dei polifenoli
nel favorire una buona salute.
Le antocianine sono una classe di
polifenoli contenuti in frutta e ortaggi,
come i frutti di bosco o il cavolo rosso. È ormai noto che queste molecole hanno una funzione antiossidante importante per prevenire
malattie cardiovascolari, obesità
e tumori. Queste patologie però,
sono determinate da molti fattori, tra
cui il patrimonio genetico individuale,
che influenza ad esempio i livelli del
colesterolo “buono” HDL.
Qual è dunque il ruolo protettivo
delle antocianine in relazione al
patrimonio genetico individuale?
Questa ricerca vuole chiarire proprio
questo. 500 volontari verranno analizzati in termini di parametri medici, abitudini alimentari e stili di vita.
Il consumo di macro nutrienti, micronutrienti e antocianine verrà calcolato singolarmente utilizzando software
ad hoc. Verranno poi analizzati i pa-
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Ospedale San Paolo di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1976
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Vercelli nel 1976
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università degli Studi di Milano
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Milano
 PhD in Scienze Genetiche e Biomolecolari
all’Università degli Studi di Milano
 PhD in Scienze Alimentari all’Università
degli Studi di Milano
trimoni genetici dei singoli e i dati ottenuti saranno incrociati con le informazioni epidemiologiche. L’obiettivo
è sviluppare un software per aiutare medici e nutrizionisti ad analizzare le abitudini alimentari dei
pazienti e i loro marcatori biologici valutando il rischio di sviluppare
patologie comuni ma multifattoriali,
come quelle cardio- e cerebro- vascolari e il diabete di tipo 2.
Da questo studio ci si aspetta di
confermare non solo l’importanza di
una sana alimentazione per uno stato di salute ottimale ma che un particolare stile alimentare possa contrastare lo sviluppo di certe malattie,
anche in presenza di un patrimonio
genetico che predispone al rischio.
163
Maria Victoria
Intra
Carlotta
Galeone
Consumo di alcool e rischio di malattie associate
all’invecchiamento: studi
italiani e internazionali.
Mai come in questo secolo l’aspettativa di vita, almeno nei paesi industrializzati, è stata così elevata; una
delle conseguenze è che stanno
aumentando le malattie legate
all’invecchiamento, in particolare i
tumori.
La prevenzione di queste malattie e
l’identificazione dei fattori di rischio
rivestiranno un’importanza clinica
sempre più importante.
Questo progetto vuole studiare l’impatto del consumo di bevande alcoliche nello sviluppo di malattie
legate all’invecchiamento, tra cui
varie tipologie di tumori, cataratta e
infarto acuto.
Saranno utilizzati i dati provenienti da
una rete di studi epidemiologici italiani su 6000 pazienti con varie patologie e 9000 individui sani, principalmente oltre i 60 anni, che hanno
consumato bevande alcoliche per
alcuni decenni. In un secondo tempo verranno utilizzati anche i dati
provenienti da un consorzio internazionale che include 7000 pazienti con tumore alla testa e al
collo e 9500 pazienti sani. Verranno valutati il rapporto dose-rischio,
con particolare attenzione alle basse
dosi di consumo e ai cambiamenti
nel consumo di alcool nel corso della vita.
I risultati permetteranno di quantificare gli effetti sulla salute in età
anziana del consumo di bevande
alcoliche lungo tutta la vita, e delle
caratteristiche d’uso, ad esempio il
tipo di bevanda alcolica, le quantità
e i tempi, per facilitare la pianificazione di politiche per la prevenzione.
Aspetti emotivi e cognitivi
della percezione del rischio: uno studio sul tabagismo e lo stile di vita
nella prevenzione primaria e secondaria.
La consapevolezza che un comportamento provoca danni alla
salute non è condizione sufficiente a ridurlo o eliminarlo. Ciò è spesso conseguenza di bisogni viscerali
o di vere e proprie distorsioni cognitive. In entrambi i casi, la capacità di
valutare i rischi diminuisce. Il tema è
particolarmente importante negli
ambiti di prevenzione, la cui efficacia è spesso minata non dall’ignoranza delle possibili conseguenze negative ma proprio da fattori di
natura psicologica, spesso poco
noti o sottovalutati.
Il progetto si inquadra in un’ampia
attività di ricerca in relazione al tabagismo e a tutti quei comportamenti
rischiosi, tra cui perseguire stili di
vita poco salutari anche a fronte di
ben note evidenze, come nel caso
del fumo. Il progetto mira ad appro-
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario
Negri di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1975
 Laureata in Scienze Statistiche
all’Università degli Studi Milano-Bicocca
164
 PhD in Statistica all’Università
degli Studi Milano-Bicocca
fondire la conoscenza scientifica
relativamente al rapporto fra percezione del rischio, benessere
psicologico e stile di vita, con
particolare riferimento al tabagismo
e alla motivazione a smettere di fumare, per individuare i profili psicologici e i modelli cognitivi che
sostengono i comportamenti rischiosi.
Attraverso una metodologia quantitativa e qualitativa, verranno raccolti
dati su un campione eterogeneo,
sia per età che per condizioni psico-fisiche, per identificare le configurazioni psicologiche pro-rischio e
sviluppare percorsi di supporto personalizzati e potenzialmente più efficaci
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Corrientes (Argentina) nel 1985
 Laureata in Psicologia all’Università del
Salvador di Buenos Aires (Argentina)
 Master in Analisi Funzionale nel Contesto
Clinico e della Salute all’Universidad de
Almeria (Spagna)
165
Alessandra
Marinelli
Roberta
Maggio
Una dieta normocalorica a
basso contenuto di colesterolo regola l’equilibrio Th17/Treg in pazienti
con infezione cronica da
virus dell’epatite C.
L’infezione da virus dell’epatite C
(HCV) è associata spesso allo sviluppo di malattie autoimmuni.
Sia l’epatite C cronica che diverse
patologie autoimmuni sono caratterizzate da un’elevata frequenza di un
tipo particolare di cellule immunitarie, i linfociti T helper 17 (Th17).
La progressione delle patologie autoimmuni è correlata a uno squilibrio tra i linfociti Th17 e altre cellule immunitarie, le cellule T
regolatorie (Treg).
166
Ristabilire quindi un corretto equilibrio tra cellule T helper 17 e T regolatorie può contribuire a offrire una
cura migliore per il trattamento delle
complicazioni di natura autoimmune
in diverse patologie.
È noto che i recettori cellulari per il
colesterolo sono in grado di regolare la maturazione dei linfociti T helper 17 e l’autoimmunità; è probabile
che regolando il metabolismo
del colesterolo si possano regolare anche gli squilibri delle cellule T alla base dei processi autoimmuni favoriti da infezione da virus
dell’epatite C.
A questo scopo, a pazienti pediatrici
e adulti affetti da infiammazione cronica da virus HCV verrà somministrata una dieta normocalorica
ma a basso contenuto di colesterolo per almeno 30 giorni e verrà
studiata la modulazione dei processi molecolari del metabolismo del
colesterolo, nonché il loro impatto
sulle cellule Th17 e Treg nel migliorare le manifestazioni autoimmuni.
Ruolo di una dieta ricca di
antocianine nella cardioprotezione.
Le antocianine appartengono alla
classe di molecole dei flavonoidi, e
hanno diversi effetti benefici sulla
salute. Ad esempio, il regolare consumo di cibi ricchi di antocianine
aiuta a ridurre la zona infartuata a
seguito di ischemia cardiaca e
successiva riperfusione.
Questo è dovuto, almeno in parte,
ad un miglioramento delle difese
antiossidanti del cuore.
Con questo progetto si vogliono
comprendere meglio i meccanismi
molecolari alla base dell’effetto cardioprotettivo delle antocianine.
Lo studio sarà svolto attraverso l’impiego di modelli animali alimentati
con diverse diete: standard, ad alto
contenuto di grassi, in restrizione
calorica, e arricchite in antocianine.
Verranno valutati diversi paratmetri
nutrizionali come la quantità di antocianine e di altre molecole utili come
gli omega-3 nei diversi modelli spe-
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Patologia e Biologia Molecolare
del CNR di Roma
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Roma nel 1977
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1975
 Laureato in Biologia all’Università di
Roma Tre
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Milano
 PhD in Scienze Ematologiche alla
Università “La Sapienza” di Roma
 PhD in Biologia Cellulare e Molecolare
all’Università degli Studi di Milano
rimentali, verranno anche effettuate
analisi genetiche ed epigenetiche
in diversi organi e tessuti, per identificare le vie biochimiche attivate
dalle antocianine.
Verrà infine analizzato l’impatto della
dieta ricca in antocianine sul miocardio e il suo ruolo nella prevenzione della cardiotossicità indotta da farmaci, in particolare della
doxorubicina, un chemioterapico
molto usato ma che causa seri effetti collaterali al cuore. I risultati saranno molto utili per stilare diete efficaci da suggerire ai pazienti in cura
con chemioterapici cardiotossici e
in generale in programmi di prevenzione delle malattie a carico del
cuore.
167
Matteo
Rota
Marianna Agnese
Masiero
Smoking free cigarette: le
sigarette
elettroniche
come strumento di disassuefazione.
Negli ultimi decenni il fumo è diventato un serio problema di salute
pubblica: il numero di morti per patologie correlate al fumo, come cancro al polmone e malattie cardiovascolari, è aumentato enormemente.
Nonostante la consapevolezza dei
danni che il fumo provoca sulla salute umana, il numero di fumatori è
ancora consistente poiché nel processo di assuefazione e dipendenza dalla sigaretta entrano in
gioco complessi meccanismi psicologici, cognitivi, comportamentali e fisiologici.
La ricerca vuole analizzare queste
relazioni per individuare i fattori che
possono influenzare l’efficacia delle
strategie di trattamento antifumo.
In particolare, verrà valutata l’utilità
della sigaretta elettronica come
strumento di supporto nella pratica
clinica per l’interruzione del vizio.
Inoltre, verrà testata l’importanza di
un programma antifumo personalizzato, basato non solo sull’utilizzo dei
dispositivi antifumo come le sigarette elettroniche, ma anche su un
percorso di supporto psico-comportamentale costruito sulle caratteristiche individuali del paziente.
Lo sviluppo di trattamenti personalizzati permetterà di aumentare la
probabilità di abbandono definitivo
del fumo di sigaretta.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata ad Arona (NO) nel 1981
168
Consumo di alcool e rischio di cancro: una meta-analisi globale.
Nel mondo, oltre 400.000 casi di
cancro (oltre il 3,5% del totale) sono
attribuibili al consumo di alcool.
L’ alcool è un fattore di rischio stabilito per i tumori del cavo orale e
della faringe, dell’esofago, della
laringe, del fegato, del colon-retto
e della mammella.
L’impatto dell’alcool sul rischio di sviluppare cancro è molto importante
in prospettiva di politiche di sanità
pubblica, e necessita di una opportuna quantificazione nella popolazione. La quantificazione della relazione
dose-rischio è però ancora oggetto
di discussione, così come l’effetto
nelle diverse popolazioni.
Il progetto di ricerca ha l’obiettivo di
quantificare la relazione dose-rischio relativa al consumo di alcol
per 25 diversi tipi di cancro; verranno utilizzate tecniche meta-analitiche
sulla base di 600 studi epidemiologici pubblicati tra il 1966 e il 2013.
Inoltre, particolare attenzione verrà
data al ruolo della dieta e del consumo di alcool sul rischio di sviluppare il tumore dello stomaco, analizzando dati originali provenienti da
20 studi internazionali.
Gli obiettivi della ricerca sono triplici:
quantificare con l’utilizzo di tecniche
statistiche avanzate la relazione dose-rischio tra il consumo di alcool e il
rischio di cancro, divulgare i risultati
al grande pubblico per promuovere
un corretto stile di vita e istituire un
consorzio di studi internazionali sul
tumore dello stomaco.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario
Negri di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Ponte San Pietro (BG) nel 1985
 Laureata in Scienze Sociali all’Università
degli Studi di Milano
 Laureato in Biostatistica e Statistica
Sperimentale all’Università degli Studi
di Milano-Bicocca
 PhD in Interazioni Umane all’ Università
IULM di Milano
 PhD in Epidemiologia e Biostatistica
all’Università degli Studi di Milano-Bicocca
169
Michele
Vacca
Annalisa
Terranegra
Qualità e quantità dell’apporto di acqua nella terapia della calcolosi renale.
La calcolosi renale è una patologia
molto comune; coinvolge i reni, nei
quali si formano delle calcificazioni
(calcoli) che ostruiscono i dotti, causando dolore, e ne compromettono
la funzionalità. Una delle terapie più
efficaci e consolidate è aumentare
l’apporto di acqua nell’organismo; si raccomandano più di due
litri e mezzo al giorno.
Tuttavia, spesso i pazienti non si attengono alle quantità prescritte. Inoltre, l’effetto di acque minerali a diverso contenuto di sali sul metabolismo
del calcio e del sodio è ancora in
gran parte sconosciuto.
Infine, il rischio di recidiva, cioè di
formazione di nuove calcificazioni, è
molto alto in questa patologia, e influenzato da fattori genetici e ambientali, come la dieta, la quantità e
la qualità dell’acqua bevuta.
Lo scopo del progetto è duplice; da
una parte, valutare meglio il ruolo
terapeutico e di prevenzione di un
corretto apporto idrico e dall’altro
l’effetto di acque a diverso contenuto di sali, non solo sulla formazione di calcoli ma anche sul cambiamento delle abitudini alimentari dei
pazienti. Pazienti con alto rischio di
recidive dovranno bere per 6 mesi
un’acqua poco mineralizzata e per
altri 6 mesi una mediamente mineralizzata.
L’effetto del trattamento sarà valutato
mediante l’analisi del sangue e delle
urine. Infine, si vuole valutare se
un’acqua minimamente mineralizzata possa essere più appetibile
per i pazienti e facilitare quindi il raggiungimento della quantità minima di
due litri e mezzo di acqua da assumere ogni giorno.
Come e quando una dieta di
tipo occidentale induce infiammazione del tessuto
adiposo nell’uomo?
L’obesità è un problema sociale di dimensioni epidemiche, e aumenta il
rischio per molte patologie croniche,
come diabete, infarto del miocardio e
tumori. I fattori che ne determinano
l’insorgenza sono l’inattività fisica e
l’adozione di regimi alimentari errati.
Questo progetto intende studiare le
risposte dell’organismo a un’alimentazione errata, con particolare
attenzione alle alterazioni infiammatorie e metaboliche non ancora patologiche ma che possono favorire
malattie più gravi, tra cui complicanze cardio-metaboliche. L’obesità
è associata a un basso ma persistente livello di infiammazione cronica del tessuto adiposo.
Man mano che il tessuto adiposo si
ingrossa aumenta il numero di cellule
pro-infiammatorie. Nei paesi occidentali è frequente il consumo di
pasti “supercalorici”: scopo del
progetto è valutare se queste abitudini alimentari promuovano disfunzioni
metaboliche stimolando un’infiamma-
zione del tessuto adiposo. Alcuni recettori presenti sulle cellule immunitarie, sensibili al livello dei lipidi, hanno
livelli alterati nei pazienti con disordini
metabolici. Analizzando pazienti
obesi con e senza diabete verrà
studiato se la presenza di scompensi metabolici contribuisce a
rafforzare lo stato infiammatorio.
Lo scopo è quello di esaminare tutti
gli aspetti molecolari del fenomeno
onde avere a disposizione il quadro
più completo possibile per elaborare
un modello dell’infiammazione del
tessuto adiposo. L’obiettivo finale è
individuare marcatori biologici precoci
di rischio metabolico e strategie nutrizionali orientate alla prevenzione
dell’obesità e delle sue complicanze.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
University of Cambridge (UK)
170
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Ospedale San Paolo di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Terlizzi (BA) nel 1979
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Melfi (PZ) nel 1975
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi di Bari Aldo Moro
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Siena
 PhD in Oncologia e Patologia Clinica e
Molecolare all’Università di Chieti-Pescara
171
Oriella
Venezia
Cibo e salute: un progetto
di educazione alimentare
nelle scuolE secondarie di
primo grado in Sicilia.
Alimentazione e stile di vita sono universalmente riconosciuti come cardini della prevenzione di malattie
croniche tra cui obesità, diabete,
malattie cardiovascolari e cancro,
che rappresentano la maggior parte
delle morti disabilità nei paesi occidentali e sono in crescita nelle nazioni in via di sviluppo.
La divulgazione della ricerca in
ambito nutrizionale è dunque fondamentale per attuare politiche di
prevenzione efficaci a livello globale. Il progetto si propone di realizzare un programma di educazione
Borsa di ricerca sostenuta grazie
alla Delegazione di Palermo
alimentare in scuole secondarie di
primo grado della regione Sicilia.
Dall’indagine Health Behaviour in
School-aged Children è emerso infatti che in Sicilia che il 23% dei
ragazzi di 13 anni e il 26% dei ragazzi di 11 anni sono in sovrappeso. La scuola è il luogo ideale per
interventi di educazione alla salute
soprattutto in una fase critica della
crescita come la pre-adolescenza.
Promuovere la conoscenza e la
consapevolezza sui benefici di
una corretta alimentazione significa, di conseguenza, migliorare
le proprie abitudini alimentari. Il
progetto si articolerà in diverse fasi:
distribuzione di opuscoli e materiale
informativo, lezioni frontali sulla corretta alimentazione e sulle patologie
da stili di vita sbagliati e somministrazione di questionari per valutare le
competenze acquisite. Verranno anche valutati parametri medici come il
peso corporeo prima e dopo, per
verificare l’efficacia di una corretta
divulgazione nel cambiare le abitudini alimentari dei ragazzi.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Scuole del territorio siciliano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Palermo nel 1983
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Milano-Bicocca
172
 Master in Nutrizione Umana
all’Università degli Studi di Pavia
grant 2014
PERCHè
LA RICERCA
SCIENTIFICA
FA BENE
A TUTTI.
ANCHE A TE. 173
SCUOLA
EUROPEA
MEDICINA
MOLECOLARE
174
La Fondazione Veronesi da sempre sostiene l’attività di numerosi giovani ricercatori
che desiderano proseguire il corso di studi
e specializzarsi presso la Scuola Europea
di Medicina Molecolare (SEMM), un’istituzione che promuove la formazione e la
ricerca nei settori emergenti della biomedicina come genomica, medicina molecolare e nanotecnologie, e della bioetica.
La SEMM opera all’interno di centri di
eccellenza e favorisce l’integrazione della ricerca di base con la pratica clinica;
gestisce dottorati di ricerca internazionali
e organizza numerosi eventi e seminari
scientifici; offre ai ricercatori post-doc un
programma strutturato e professionalizzante per intraprendere la carriera del diretto-
re di ricerca; è infatti l’unica scuola di alta
specializzazione in Italia ad occuparsi di
tutte le possibili applicazioni in ambito medico e scientifico conseguenti al sequenziamento del genoma umano.
I corsi di studio attivi presso la scuola sono
6:
1. Ph.D in Molecular Oncology
2. Ph.D in Medical Nanotechnology
3. Ph.D in Human Genetics
4. Ph.D in Computational Biology
5. Ph.D in Foundations Of The Life
Sciences And Their Ethical Consequences (FOLSATEC)
6. Structured International Post Doc
Program (SIPOD)
175
Marco Annoni
Se ti dico Ricerca,
cosa ti viene in mente?
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureato in Filosofia
all’Università di Milano
PROGETTO Etica della Medicina
basata su evidenze
Fallibilismo, apertura e quindi umiltà. “Fare ricerca” significa prima di
tutto ammettere che ci sono molte
cose che ancora non sappiamo,
ma che vale però la pena di indagare. D’altra parte, “fare ricerca”
significa anche essere pronti a rimettere in discussione le proprie
certezze, rimanendo aperti alla
possibilità che ciò che ora consideriamo vero e certo può alla fine dimostrarsi errato o incompleto. Fare
ricerca, quindi, è per me essenzialmente un sinonimo di umiltà.
Matteo Biancospino
Perché hai scelto
di diventare
un ricercatore?
Perché sono convinto che il lavoro e la dedizione di molti possano
contribuire a migliorare la vita, ed io
volevo essere uno di questi.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureato in Biologia Molecolare
all’Università degli Studi di Padova
PROGETTO Ruolo della Miosina
VI tra endocitosi e vie di segnalazione ubiquitina-dipendenti
Sina Atashpaz
Se ti dico Ricerca,
cosa ti viene in mente?
Migliorare la vita del genere umano.
176
Sara Bisi
Perché, secondo te,
è importante
investire nella ricerca?
Perchè conoscere e capire sono
passi imprescindibili per lo sviluppo
futuro.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: iraniana
 Laureato in Farmacia all’Università
di Tabriz (Iran)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Biotecnologie industriali
all’Università degli Studi di Pavia
PROGETTO Definizione di un
modello per la sindrome di
Williams-Beuren
PROGETTO Citoscheletro
e migrazione cellulare
177
giulia ferretti
paolo bonaiuti
perchè, secondo te,
È importante investire
nella ricerca?
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionlità: italiana
 Laureato in Matematica
per le applicazioni, Università degli Studi
di Milano
Perchè le innovazioni, se ci saranno, arriveranno da lì.
Per questo stesso motivo sarebbe
bene investire anche nell’educazione dei ricercatori, che anche a loro
siano chiare le responsabilità che
hanno e le conseguenze che le
loro ricerche potrebbero avere nel
mondo reale.
se ti dico ricerca,
cosa ti viene in mente?
Innovazione, approfondimento, futuro, possibilità di sviluppare teorie e prassi capaci di intervenire in
modo decisivo sulla vita delle persone.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Scienze filosofiche,
Università Vita e Salute S. Raffaele,
Milano
progetto Questioni etiche nella
ricerca oncologica pre clinica.
progetto Analisi delle
dinamiche di attivazione e
inattivazione del checkpoint
giuseppe d’agostino
Se ti dico Ricerca,
cosa ti viene in mente?
Il potere di cambiare in meglio il
mondo che ci circonda.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureato in Biotecnologie Molecolari
e Industriali all’Università degli Studi di
Bologna
178
PROGETTO Le alterazioni della
traduzione nelle malattie dello sviluppo neurale causate
da difetti di dosaggio genico
Alma Linkeviciute
Perché hai scelto
di diventare una
ricercatrice?
Ho scelto di intraprendere il percorso delle Scienze Umane Biomediche perché ritengo che sia importante non solo fare nuove scoperte
ma anche, pensare, riflettere, analizzare il loro significato oggi e come
potrebbero influenzare il nostro futuro.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: lituana
 Laureata in Neurobiologia alla Vilnius
University di Vilnius (Lituania)
PROGETTO Etica e riabilitazione
oncologica
179
Pietro Lo Riso
Perché, secondo te,
è importante investire
nella ricerca?
Per garantire un maggior benessere alle generazioni a venire.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureato in Biotecnologie mediche,
cellulari e molecolari all’Università Vita
e Salute S. Raffaele di Milano
PROGETTO Caratterizzazione
della patogenesi del carcinoma ovarico attraverso la
riprogrammazione epigenetica
Chiara Malinverno
Perché, secondo te,
è importante investire
nella ricerca?
Investire nella ricerca non è solo
importante ma fondamentale, perché ci permette di fare ogni giorno
piccoli passi verso una migliore
qualità della vita
La ricerca è una opportunità che ci
viene data per poter assicurare a
noi e alle generazioni future una vita
più lunga e più sana. Conoscere
significa capire e poter individuare
strategie vincenti per prevenire e
combattere le malattie che ci affliggono.
Eleonora Lusito
Se ti dico Ricerca,
cosa ti viene in mente?
Ricerca per me significa conoscenza, osservazione e deduzione.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Bioinformatica
all’Università degli Studi di Milano-Bicocca
180
PROGETTO Analisi computazionale
di dati di espressione genica in
tumori della mammella
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Parma
PROGETTO L’endocitosi nella
migrazione delle cellule
tumorali
Luca Marelli
Se ti dico Ricerca,
cosa ti viene in mente?
Ricerca è il costante rifiuto del pensiero comune, del dato di fatto,
dell’opinione generalizzata. Ricerca
è il tentativo di interrogare i fondamenti del nostro credere e sottoporli al vaglio critico. Ricerca è aprirsi a nuovi punti di vista. Ricerca “è
propriamente nostalgia, un impulso
ad essere a casa propria ovunque”
(Novalis).
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureato in Filosofia all’Università
degli Studi di Milano
PROGETTO Prospettive etiche
nella medicina basata su
evidenze
181
lucia massari
perchè hai scelti di
diventare ricercatrice?
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Biologia Molecolare della
Cellula Università degli Studi di Milano
Ho scelto di diventare ricercatrice
perchè sono una persona curiosa,
trovo stimolante affrontare le sfide
e le domande che la ricerca pone.
E perchè mi affascina il mio ambito
di ricerca, la biologia molecolare, e
voglio dedicare le mie capacità al
suo studio.
Valentina Melocchi
Perché hai scelto
di diventare un
ricercatore?
Perché mi sono appassionata a
questo mondo fin dai tempi dell’università.
La curiosità di scoprire cose nuove
e la possibilità di capire come funzioni il nostro organismo mi hanno
spinto a seguire questa strada.
progetto Regolazione del passaggio da metafase a anafase
valeria mastrodonato
perchè, secondo te,
È importante investire
nella ricerca?
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Biologia Applicata alla
Ricerca Biomedica, Università degli
Studi di Milano
182
progetto Ruolo delle proteine
di membrana durante la divisione cellulare
È importante investire nella ricerca
perché penso che l’enorme progresso in ambito medico-scientifico
sia essenzialmente dovuto ad essa.
Se oggi sono disponibili cure sempre più efficaci è stato grazie alla
ricerca, che ha permesso di comprendere sempre più nel dettaglio i
meccanismi molecolari alla base di
patologie complesse come i tumori e di sviluppare farmaci specifici e
terapie sempre più personalizzate
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Bioinformatica
all’Università degli Studi di Milano-Bicocca
PROGETTO Il sequenziamento
di nuova generazione per
l’identificazione di mutazioni
coinvolte nella progressione
del carcinoma mammario
Simona Monterisi
Se ti dico Ricerca,
cosa ti viene in mente?
Mi vengono in mente le parole del
mio capo: “Ricerca vuol dire cercare, cercare ancora e ri-cercare…
Se conoscessimo già le risposte
non si chiamerebbe ricerca!”
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Biotecnologie Industriali
all’Universitaà di Milano-Bicocca
progetto Ruolo di HOXB7
in tumori metastatici al
polmone
183
Silvia Restelli
Szusza Pavelka
Perché, secondo te,
è importante investire
nella ricerca?
In generale è un obiettivo che vale
la pensa di perseguire e che ci permette di comprendere e di gestire il
mondo esterno.
Perché anche se molti passi in
avanti sono stati fatti, la ricerca ha
sempre bisogno di progredire e trovare nuove soluzioni. La ricerca è il
futuro di tutti noi.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: tedesca
 Laureata in Biologia alla Georg August
University di Goettingen (Germania)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Genomica funzionale
all’Università degli Studi di Trieste
PROGETTO Il significato evoluzionistico dell’uso di modelli
animali non umani
PROGETTO Il ruolo di RACGAP1
nelle cellule staminali del
cancro
Francesca Reggiani
Se ti dico Ricerca,
cosa ti viene in mente?
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Biotecnologie Animali
all’Università degli Studi di Bologna
184
Perché, secondo te,
è importante investire
nella ricerca?
PROGETTO Cellule progenitrici
nel tessuto adiposo e tumorigenesi
Per me ricerca significa andare oltre ai
limiti che conosciamo, porsi domande
e interrogarsi sul perché ogni cosa accade. In realtà è un lavoro senza una
fine perché per ogni risposta ottenuta si
generano almeno altre mille domande
con conseguente apertura di altrettante
nuove strade e possibilità che sono lì,
pronte per essere esplorate. Ma lo scopo di ogni passo del nostro lavoro è ben
chiaro: cercare di capire come funzionano i processi biologici e le patologie e
come sfruttare queste conoscenze per
sviluppare nuove tecnologie e terapie
che possano migliorare la qualità di vita
delle persone.
Virginia Sanchini
Perché hai scelto
di diventare una
ricercatrice?
Credo che quella del ricercatore
non sia una professione tra le altre
ma una vera e propria vocazione,
che ti spinge a non essere mai soddisfatto di quello che sai ma a cercare sempre di più risposte alle tue
domande.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Filosofia all’Università Vita
e Salute S. Raffaele di Milano
PROGETTO Al crocevia tra etica
teorica e teoria politica: verso
il ristabilimento di un expertise in campo etico e bioetico
185
Angela Santoro
Perché, secondo te,
è importante investire
nella ricerca?
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Biotecnologie
Farmaceutiche all’Università degli Studi
di Bologna
Perchè è la molla da cui parte innovazione e prestigio per il nostro
paese, perchè significa investire in
un bacino di giovani volenterosi, affamati e folli al punto giusto.
Perchè non si può pensare di
guardare al futuro senza valorizzare le nostre risorse intellettuali, costrette troppo spesso ad emigrare
per vedere riconosciuto il loro valore.
PROGETTO Ruolo della
quiescenza nella crescita
tumorale
francesca tettamanzi
Se ti dico Ricerca,
cosa ti viene in mente?
L’idea di ricerca come attività dinamica e creativa, volta a generare
conoscenza e, con essa, opportunità. La ricerca è inoltre per me un
impegno che richiede dedizione e
passione.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata Biotecnologie industriali
Università degli Studi di Milano Bicocca
progetto Studio dei meccanismi molecolari alla base dello sviluppo del tumore della
mammella
Giuseppe Schiavone
Perché, secondo te,
è importante investire
nella ricerca?
Perché i soldi spesi in ricerca sono
un investimento sulla società del futuro.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureato in Scienze Cognitive
all’Università degli Studi di Milano
186
PROGETTO Rendere democratica
la bioetica: un approccio partecipativo alla bioetica deliberativa
187
progetti
di
ricerca
2014
188
La ricerca promossa dalla Fondazione ha
come obiettivo il miglioramento della qualità della vita.
A ogni risultato raggiunto corrisponde non
solo la soluzione più utile e innovativa a
un interrogativo scientifico, ma anche una
nuova speranza per chi soffre, nuove prospettive di una vita migliore che incidono
sulla famiglia, sul mondo del lavoro, sulla
società intera. Il progresso scientifico non
si alimenta senza ricerca.
Per questo la Fondazione Umberto Vero-
nesi investe energie e fondi, e condivide
con studiosi autorevoli importanti iniziative
che possano aprire le porte al futuro.
Per raggiungere questi obiettivi, la Fondazione bandisce annualmente un pubblico
concorso per l’assegnazione di finanziamenti per progetti di ricerca di elevato
profilo scientifico e ampia ricaduta sulla
salute pubblica, nel campo dell’oncologia
clinica, della cardiologia e delle neuroscienze.
189
Comitato Etico
ETHICAL
CLEARANCE
DEI PROGETTI
DI RICERCA
La Fondazione Umberto Veronesi ha sottoposto al Comitato Etico dodici progetti di
ricerca finanziati tramite il bando “Young Investigator Research Programme 2013”, al
fine di valutare l’eventuale presenza di criticità etiche maggiori e di rilasciare un parere
di ethical clearance.
Il Comitato ha esaminato i progetti e formula le seguenti osservazioni:
• gli studi sono estremamente rilevanti sia sul piano scientifico sia relativamente
all’impatto potenziale sulla qualità di vita delle persone e per la società nel suo
insieme;
• le problematiche etiche implicate sono complesse: le ricerche coinvolgono soggetti umani e molto spesso anche sperimentazione animale (compresi animali
transgenici); sono inoltre previste la raccolta, la conservazione e l’utilizzo di campioni biologici umani, e l’analisi di dati genetici;
• nella maggior parte dei casi è prevista l’approvazione degli studi da parte di Comitati Etici locali;
• il questionario sulle ethical issues è compilato correttamente e la nota prevista
circa la valenza etica del progetto dimostra consapevolezza e attenzione sia riguardo ai risultati attesi, sempre ben descritti, sia riguardo alla necessità di operare tenendo conto delle criticità potenziali.
Il Comitato, dopo attento esame, non ha rilevato nelle finalità, nella metodologia, nella
modalità di conduzione delle ricerche e negli obiettivi perseguiti alcun aspetto che
possa richiedere un ulteriore approfondimento o che generi possibili perplessità o
critiche sul piano etico.
Il Comitato rilascia pertanto un parere di ethical clearance e raccomanda che nella
conduzione delle ricerche siano rispettati i principi di etica della ricerca (Research Integrity) enunciati nelle dichiarazioni e nei codici di condotta internazionali quali il Code of
Conduct della European Science Foundation (ESF) e la Dichiarazione di Singapore
sull’integrità della ricerca. Raccomanda inoltre alla Fondazione di monitorare l’eventuale emergere di problematiche etiche maggiori nel corso dello svolgimento degli
studi.
Per il Comitato Etico
Cinzia Caporale, Presidente
190
191
Marco
Arese
Le fibre nervose come autostrade per la diffusione del tumore alla prostata.
Le cellule tumorali mettono in atto
molteplici strategie per progredire
nella crescita. In particolare, “manipolano” l’ambiente che le circonda,
costituito da tessuto normale, per
migrare in altri organi. Il cancro della prostata utilizza le fibre nervose circostanti come “autostrade”
per la sua crescita e diffusione.
Questo fenomeno, chiamato invasione perineurale, è comune anche in altri tipi di cancro ed è associato a una prognosi peggiore.
Inoltre molti tumori producono delle
molecole che favoriscono la propria
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
innervazione, a suggerire che la
manipolazione del sistema nervoso favorisca la crescita delle
cellule maligne. Nel laboratorio
sono state identificate recentemente due proteine che regolano sia
l’attività delle cellule tumorali che dei
nervi: la neurexina e la neuroligina. Sono proteine della membrana, che nel sistema nervoso regolano le sinapsi e la comunicazione
tra neuroni. Neurexina e neuroligina,
se prodotte dalle cellule del cancro
alla prostata, potrebbero essere alla
base delle interazioni tra neuroni
e cellule cancerogene, facilitando
la migrazione di quest’ultime lungo
le fibre nervose. Scopo del progetto
di ricerca è caratterizzare la relazione tra aggressività del tumore alla
prostata, abilità di sfruttare l’invasione perineurale e il ruolo in questi
fenomeni di neurexina e neuroligina.
I risultati forniranno una solida base
per un nuovo approccio terapeutico
del cancro alla prostata, il tumore
più comunemente diagnosticato
negli uomini sopra i 65 anni.
Stili di vita e micro-RNA
nel rischio e nel decorso
dei tumori della testa e
del collo.
I tumori del collo e della testa, il
quinto tipo più frequente al mondo,
comprendono tutti i tumori del cavo
orale e del tratto oro-faringeo: lingua, palato, laringe, faringe.
Sono causati da fattori come
fumo di sigaretta, consumo di
alcool, infezioni da virus del papilloma umano (HPV) e aumento
dell’età, anche se sta aumentando l’incidenza fra i giovani, dovuto
all’aumentare delle infezioni da HPV.
Sono tumori molto difficili da curare
se diagnosticati in fase avanzata,
a causa delle frequenti ricadute e
metastasi.
È necessario quindi identificare
dei marcatori biologici affidabili
sia per uso diagnostico che prognostico, ed è ciò che si propone
il progetto di ricerca. Per stratificare
meglio il rischio di contrarre un tumore di testa e collo e le sue modalità di evoluzione, occorre mettere in relazione i marcatori biologici
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo (TO)
PARTECIPANTI
192
Laura Bizzozero
Elena Riccitelli
Margherita Pergolizzi
Grazia Vitagliano
Stefania
Boccia
con gli altri fattori di rischio.
La ricerca dei marcatori si concentrerà soprattutto sui microRNA circolanti nel sangue, cioè piccole
molecole di RNA specifiche per i
tumori della testa e del collo. I dati
sugli stili di vita e l’incidenza dei vari
tumori per gli studi di correlazione
sarrano estrapolati dall’International Head And Neck Cancer Epidemiology (INHANCE), un grosso
studio epidemiologico internazionale sui tumori di testa e collo.
I dati epidemiologici e molecolari,
una volta integrati in un modello,
permetteranno di costruire algoritmi
diagnostici e predittivi da applicare
nella pratica clinica, e di identificare
nuovi bersagli terapeutici.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università Cattolica del Sacro Cuore di
Roma
PARTECIPANTI
Sara Vincenti
Dario Arzani
Rosarita Amore
Paolo Boffetta
Mia Hashibe
193
Giovanni
Boniolo
L’etica nella cura del
cancro: counselling per
la responsabilizzazione
dei pazienti.
I recenti progressi della scienza
hanno aperto una nuova era nella
medicina e nell’oncologia; questo
implica una rivoluzione nel rapporto medico-paziente, con la
nascita di nuove figure professionali che potrebbero affiancarsi
ai clinici, ad esempio gli esperti in
counselling etico.
La cura dei pazienti oncologici infatti implica al giorno d’oggi ben
più di una corretta diagnosi e trattamento: significa anche guidare i
pazienti e i loro familiari nell’affrontare lo shock di una diagnosi
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
di tumore, le difficoltà del percorso di terapia e le eventuali
conseguenze e fornire supporto
etico-legale.
In questo modo, i pazienti possono
essere maggiormente responsabilizzati e di conseguenza coinvolti
nel dialogo con i clinici, il che a sua
volta consente loro di essere parte
attiva nel processo decisionale in
accordo con i propri valori morali,
credi religiosi e desideri.
Si tratta di una prospettiva innovativa dell’approccio clinico alla
cura del cancro, con l’obiettivo di
equilibrare il dialogo medico-paziente e considerare quest’ultimo
come un individuo indipendente e
autonomo.
L’obiettivo del progetto è quello di
formare professionisti esperti in
grado di fornire un counselling etico ai pazienti oncologici nell’era
della medicina molecolare.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Scuola Europea di Medicina Molecolare
di Milano
PARTECIPANTI
194
Dottorandi del programma
FOLSATEC (Foundations of
the Life Sciences and Their
Ethical Consequences)
Michelangelo
Campanella
I meccanismi molecolari
che fanno invecchiare i
neuroni.
Col passare degli anni anche le
cellule invecchiano, e questo fenomeno è particolarmente critico per i
neuroni del cervello, dove la divisione e la produzione di nuove cellule
nel corso della vita è estremamente
limitata. Una della caratteristiche
principali di una cellula che invecchia è l’accumulo di mitocondri mal funzionanti. I mitocondri
sono organelli essenziali per molte
funzioni vitali, tra cui la capacità di
produrre energia sfruttando l’ossigeno. Mitocondri mal funzionanti
perdono la capacità di generare
energia e provocano un aumento
dei radicali liberi e di molecole
ossidanti, causando gravi danni
alle cellule, soprattutto i neuroni.
Per evitare l’accumulo di mitocondri
difettosi, la cellula normalmente li
elimina “mangiandoseli”, attraverso
un processo chiamato mitofagia.
Due sono le proteine che regolano la mitofagia: Atpif1, che la
favorisce, e Tspo, che la blocca.
L’equilibrio nelle loro attività, espresso dal rapporto Atpif1/Tspo, determina l’efficienza della mitofagia,
ma i meccanismi dettagliati di funzionamento e di come sono alterati durante l’invecchiamento sono
ancora sconosciuti. Il presente
progetto vuole esplorare proprio la
relazione tra alterata mitofagia e invecchiamento cerebrale. Il rapporto Atpif1/Tspo potrebbe essere
usato come indicatore dell’invecchiamento cellulare, utile per mettere in atto strategie di prevenzione
e terapie contro l’invecchiamento
neuronale che segna la debilitazione cognitiva nelle fasi avanzate
della vita.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
European Centre for Brain Research di
Roma
PARTECIPANTI
Ramona Lupi
Stefania Cocco
Valerio DeBiase
Lara Rossi
Federico La Regina
195
Enrico
Cassano
La risonanza magnetica mammaria nella diagnosi di lesioni borderline.
Le lesioni borderline, o a incerto potenziale di malignità, sono un insieme eterogeneo di alterazioni mammarie non maligne.
La frequenza di queste lesioni nelle
biopsie percutanee delle pazienti è
tra il 3% e il 9%; esse rappresentano un problema dal punto di vista
clinico, poiché vi è il rischio di sottostimare la loro reale malignità.
Infatti, dal 20 al 30% delle lesioni
borderline, quando sottoposte a
una più approfondita biopsia chirurgica, contengono anche lesioni
maligne.
Gli approcci medici sono spesso
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
o troppo “aggressivi”, sottoponendo tutte le pazienti a esami invasivi come la biopsia chirurgica, o
troppo “conservativi”, limitandosi a
controllare le pazienti ma rischiando
di sottostimare la pericolosità della
lesione.
Il progetto di ricerca vuole quindi
valutare l’utilizzo della risonanza
magnetica mammaria con mezzo di contrasto come strumento
per la diagnosi affidabile delle
pazienti con lesioni mammarie
borderline, in particolare all’affidabilità di identificare o escludere la
presenza di focolai tumorali.
In questo modo, da un lato si eviterebbero a molte pazienti invasivi
interventi di chirurgia non necessari,
indirizzandole invece con tranquillità
verso strategie di follow-up; dall’altro lato si identificherebbero tempestivamente le pazienti con alterazioni maligne, guadagnando tempo
prezioso per un corretto intervento
terapeutico.
Matteo Giovanni
Della Porta
Le sindromi mielodisplastiche:
quando le cellule staminali
ematopoietiche invecchiano.
Le sindromi mielodisplastiche sono
tumori dell’età avanzata caratterizzate da proliferazione alterata e
differenziamento inefficiente delle
cellule staminali ematopoietiche,
con un alto rischio di evoluzione verso una leucemia conclamata.
Il processo di trasformazione delle
cellule staminali ematopoietiche è
causato da mutazioni in uno o più
geni che si accumulano col passare del tempo durante l’invecchiamento. Lo scopo del progetto
è identificare quali geni o gruppi di
geni sono responsabili nel tempo
del processo di trasformazione prima in cellula mielodisplastica e poi
eventualmente leucemica. Le mutazioni possono essere spontanee,
dovute a errori casuali durante la replicazione del DNA, o anche indotte
da fattori ambientali, come radiazioni
o molecole chimiche; il progetto si
focalizzerà anche nel distinguere
questi due tipi di eventi mutageni.
Una volta identificate le mutazioni “guida”, cioè le mutazioni che
avvengono nelle prime fasi e
sembrano responsabili di “predestinare” la cellula mutata verso
l’evoluzione patologica, verranno
anche caratterizzati i meccanismi
molecolari di trasformazione tumorale. Il progetto fornirà informazioni
sulle modificazioni del genoma nelle
cellule staminali ematopoietiche correlate all’età, utili per la pianificazione
di strategie preventive. Permetterà
inoltre di migliorare la diagnosi e la
stratificazione del rischio di malattia
e di ottimizzare tempi e modalità di
interventi terapeutici.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Fondazione IRCCS Policlinico
San Matteo di Pavia
PARTECIPANTI
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Radiologia dell’Università
degli Studi di Udine
PARTECIPANTI
196
Valeria Bertani
Clauser Paola
De Nicolo’ Arianna
Gallì Anna
Catricalà Silvia
Zibellini Silvia
Ambaglio Ilaria
Elena Chiara
Pietra Daniela
Travaglino Erica
Pascutto Cristiana
Ferretti Virginia
Rizzo Ettore
197
Lawrence
Faulkner
Diagnosticare e curare il
neuroblastoma nei paesi in
via di sviluppo.
Nei paesi in via di sviluppo i tumori stanno emergendo, accanto
alle malattie infettive, come fattore
importante di mortalità infantile, anche a causa della scarsità di risorse sanitarie per affrontare queste
malattie. Nei paesi industrializzati, il neuroblastoma è il tumore
solido extracranico più comune nei bambini. La sua incidenza
nelle nazioni in via di sviluppo non
è invece chiara. Tuttavia, i tumori
pediatrici possono essere efficacemente diagnosticati e curati anche
in contesti di risorse limitate.
Questo progetto vuole mettere
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
a punto strategie efficaci per la
diagnosi e la cura del neuroblastoma in paesi in via di sviluppo.
Il progetto si articola su tre centri
sanitari: al Cairo (Egitto), a Rabat
(Marocco) e a Yangon (Myanmar). Il primo centro dispone di un
completo equipaggiamento diagnostico e della possibilità di somministrare chemioterapia; il centro
marocchino si sta attrezzando con
strumentazione avanzata mentre il
centro in Myanmar possiedo solo
risorse di base. Il progetto nasce
da un consorzio internazionale, il
Global Neuroblastoma Network,
che raccoglie un database mondiale sulla malattia e riunisce i
massimi esperti mondiali.
Verranno forniti ai centri supporto
nella gestione dei dati, discussone su casi clinici, visite ai centri per
percorsi di formazione e condivisione dell’expertise nel trattamento del neuroblastoma, aiutando i
centri sanitari in nazioni in via di
sviluppo a curare più efficacemente
e con le risorse disponibili questo
grave tumore infantile.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Fondazione Cure2Children ONLUS
di Firenze
PARTECIPANTI
198
Katherine Matthay
Scott Howard
Nehal Parikh
Catherine Lam
Microbiota, vitamina e cancro
del colon-retto: verso nuove
strategie di prevenzione.
L’intestino umano è un ambiente
diffusamente popolato di microorganismi simbionti che svolgono importanti funzioni digestive e protettive; l’insieme di queste relazioni è
chiamato microbiota.
Tuttavia si sa ancora molto poco del
ruolo del microbiota nello sviluppo e nell’evoluzione di patologie
intestinali, soprattutto il cancro
del colon-retto, molto diffuso nella
popolazione anziana. Anche la vitamina D ha un ruolo importante
nell’equilibrio gastrointestinale e
agisce come agente protettivo dal
cancro. La carenza di vitamina D è
una condizione estremamente diffusa negli anziani ed è associata a
molte malattie legate all’invecchiamento, tra cui anche il cancro del
colon-retto. Il progetto vuole indagare la relazione tra vitamina D
e microbiota e il ruolo congiunto
Sara
Gandini
nello sviluppo e nella prognosi del
cancro del colon-retto, attraverso
un dettagliato studio caso-controllo
per valutare le differenze di composizione batterica e di vitamina D tra
pazienti con cancro al colon-retto e
soggetti sani. In particolare verranno
studiate la composizione batterica
della microflora intestinale e i loro genomi, e la variabilità dei recettori che
legano la vitamina D.
Le informazioni raccolte aiuteranno
a caratterizzare le differenze tra
soggetti sani e malati, individuando come la vitamina D interagisca
con la microflora intestinale. Dal
punto di vista clinico, i risultati daranno preziose indicazioni su nuove
strategie di prevenzione e cura del
cancro al colon-retto, con importanti
risvolti per la salute pubblica.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
PARTECIPANTI
Maria Rescigno
Davide Serrano
Bernardo Bonanni
Giulia Maria Zampino
Angelica Sonzogni
Cristina Trovato
Roberto Biffi
Harriet Johansson
199
Francesco
Gianfagna
Alla scoperta dei meccanismi
di controllo dell’obesità e
delle patologie metaboliche
dell’ipotalamo.
Obesità, diabete, ipertensione e
osteoporosi stanno diventando
sempre più diffuse, soprattutto nei
paesi industrializzati dove la popolazione è sempre più sedentaria e
vecchia.
Comprendere le vie metaboliche
alterate che le causano sta diventando una priorità per la ricerca
biomedica. La neuromedina U è
una proteina che regola il metabolismo corporeo, presente soprattutto nell’ipotalamo. Gli individui con alterazioni nel gene della
neuromedina hanno una maggiore
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
predisposizione a sviluppare patologie metaboliche, tra cui obesità e
ossa fragili. L’obiettivo del progetto
è verificare il coinvolgimento della
neuromedina e di altre proteine, potenzialmente implicate negli stessi
meccanismi molecolari, nella patogenesi di obesità, diabete, ipertensione e osteoporosi.
Verranno effettuate analisi su campioni di DNA dei partecipanti al
progetto Moli-sani, uno studio
epidemiologico effettuato su oltre
24.000 individui in Molise. Verranno poi confrontate le alterazioni
genetiche tra malati e sani per identificare i geni, con particolare interesse per la neuromedina, coinvolti
nel meccanismo patogenetico ma
anche eventuali differenze epigenetiche.
L’epigenetica è l’insieme di modificazioni chimiche transitorie
del DNA che regolano l’espressione dei geni; un campo innovativo
che sta dando risultati interessanti.
L’obiettivo finale è identificare nuovi
marcatori per migliorare la diagnosi
del rischio e nuovi bersagli terapeutici per la cura di obesità e altre malattie metaboliche.
Nuove possibilità di cura con
i linfociti T nello scompenso
cardiaco dell’anziano.
Lo scompenso cardiaco è la più
comune causa di ospedalizzazione
tra gli anziani e, nonostante i notevoli miglioramenti della terapia, è
associato a una prognosi infausta
a cinque anni in un’alta percentuale di casi, soprattutto in pazienti di età superiore ai 70 anni.
Nel cuore dell’anziano la formazione
di un tessuto fibroso determina una
riduzione della funzione cardiaca.
Inoltre, la fibrosi è accompagnata
da infiammazione, con aggravamento dei sintomi. I linfociti T, cellule del sistema immunitario, sono
coinvolti nell’infiammazione cronica
della fibrosi cardiaca.
L’infiammazione è già stata bersaglio di terapie per lo scompenso
cardiaco ma senza successo, probabilmente per una scarsa comprensione del ruolo dei vari componenti del sistema immunitario.
Il progetto si prefigge quindi di comprendere, a livello molecolare, la
relazione tra infiammazione, invec-
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
IRCCS Istituto Neurologico Mediterraneo
NEUROM di Pozzilli (IS)
PARTECIPANTI
200
Licia Iacoviello
Marinos
Kallikourdis
chiamento e fibrosi, per sviluppare
nuove strategie terapeutiche che,
attraverso la manipolazione del sistema immunitario, interferiscano
con la progressione della fibrosi
cardiaca.
L’obiettivo è mettere a punto una
terapia cellulare: prelevare linfociti T dal sangue del paziente,
modificarli in coltura per potenziare il ruolo anti-infiammatorio e
ri-somministrarli affinché agiscano contro l’infiammazione nel cuore
scompensato. Si tratta di un approccio terapeutico innovativo che
potrebbe aprire nuove strade efficaci nella prevenzione e nella cura
di una delle patologie cardiache più
comuni nella popolazione anziana.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Clinico Humanitas di Rozzano
(MI)
PARTECIPANTI
Daniele Catalucci
Roberto Papait
201
Claudio
Lucchiari
I benefici delle sigarette
elettroniche nei forti fumatori per combattere il vizio
del fumo.
Il fumo è ormai un’epidemia globale
che pone diversi problemi di gestione della salute pubblica. Negli
ultimi tre anni, i dispositivi elettronici senza tabacco, comunemente chiamate sigarette elettroniche,
hanno avuto una grande diffusione
in molti paesi del mondo.
Sono state sviluppate con l’obiettivo di aiutare i forti fumatori a
ridurre il consumo di sigarette; tuttavia, gli studi disponibili per
verificarne l’efficacia, soprattutto a
lungo termine, come ausili per la
disassuefazione non possono es-
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
sere ancora ritenuti conclusivi. Il
progetto è dunque un tentativo di
analizzare l’efficacia e la sicurezza per la salute delle sigarette
elettroniche e gli effetti psico-fisici sugli utilizzatori.
Lo studio valuterà gli effetti comportamentali (numero giornaliero di sigarette), clinici (parametri
fisiologici) e psicologici (qualità
della vita, benessere emotivo,
stile di vita) a breve e lungo termine di un programma di disassuefazione di tre mesi basato sull’uso di
sigarette elettroniche.
Lo studio permetterà di raccogliere
dati oggettivi e soggettivi rispetto
all’uso delle sigarette elettroniche.
Interessante in particolare sarà
identificare i fattori psicologici che
ostacolano o facilitano la disassuefazione. I risultati ottenuti saranno
molto importanti per comprendere
se le sigarette elettroniche potranno diventare uno strumento davvero efficace per la promozione della
salute e ridurre il vizio del fumo.
Strategie innovative per la
cura del morbo di Alzheimer.
Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa del sistema nervoso centrale tipica dell’età
avanzata; è la causa più comune di
demenza ed è attualmente ancora
incurabile. Una delle cause molecolari è l’eccessiva produzione di
una forma alterata della proteina
beta-amiloide, che forma grossi
aggregati e placche nei neuroni,
causando i sintomi della malattia.
ADAM10 è un enzima, presente nei neuroni, che previene la
formazione della beta-amiloide;
è quindi plausibile che la stimolazione della sua attività rappresenti
un valido approccio terapeutico e
protegga i neuroni dall’accumulo
patologico di beta-amiloide neurotossica.
Questo progetto ha proprio lo
scopo di mettere a punto una te-
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Milano
PARTECIPANTI
202
Gabriella Pravettoni
Giulia Veronesi
Patrick Maisonneuve
Stefania Pinna
Elena
Marcello
rapia volta alla modulazione di
ADAM10. Sono stati identificati
dei peptidi, cioè piccole proteine
in grado di penetrare nei neuroni,
che interferiscono con i meccanismi cellulari di blocco di ADAM10,
stimolandone quindi l’attività.
La terapia deve essere ora testata
in modelli animali della malattia
per verificarne l’efficacia nel contesto di un organismo e l’assenza
di effetti tossici.
Se i risultati saranno positivi, rappresenteranno un grosso passo
avanti nella comprensione della patogenesi del morbo di Alzheimer e
offriranno nuove possibilità di intervento sul decorso di questa grave
e invalidante malattia del cervello.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Milano
PARTECIPANTI
Stefano Musardo
Silvia Pelucchi
Annalisa Longhi
Paolo Calabresi
Alessandro Tozzi
Daniele Di Marino
203
EUGENIO
MARTINELLI
Dal moscerino della frutta, lo
sviluppo di un “naso” per identificare le molecole volatili
emesse dalle cellule tumorali
Le cellule tumorali hanno un metabolismo alterato rispetto alle cellule
sane: di conseguenza, anche la
quantità e la qualità delle molecole
prodotte è differente, in particolare i
composti organici volatili. Ciò implica che riuscire a identificare i profili
delle molecole volatili emesse differentemente dalle cellule tumorali
rappresenterebbe un valido strumento, non invasivo ed economico,
per identificare la presenza di un tumore. Il gruppo di ricerca ha recentemente sviluppato un sistema biologico per discriminare linee cellulari
Riccardo
Masetti
di tumore al seno da linee cellulari
normali utilizzando i neuroni olfattivi
del moscerino della frutta opportunamente ingegnerizzati.
Questi neuroni contengono oltre
50 tipi di recettori per gli odori a
cui sono in grado di rispondere, e
l’elaborazione dei profili di risposta
tramite analisi informatiche e strumentali “fotografano” la varietà di
molecole emesse dai diversi campioni, sani e tumorali, discriminandoli.
Gli obiettivi principali della ricerca
sono quelli di ampliare la sensibilità
del sistema biologico, sviluppare un
software di analisi più raffinato e l’interfaccia elettronica del dispositivo.
Lo sviluppo di “nasi biologici elettronici” rappresentano una nuova e
promettente strategia per la diagnosi precoce; ad esempio potrebbero
essere di grande aiuto al medico di
famiglia in uno screening di base
economico e non invasivo che, in
caso di risposta positiva, possa indirizzare tempestivamente il paziente verso gli esami di accertamento
tradizionali.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi “Tor Vergata”
di Roma
PARTECIPANTI
204
Luca Rava
Alessandra Ulivieri
Identificare nuovi bersagli terapeutici per le leucemie mieloidi acute in età pediatrica.
La leucemia mieloide acuta rappresenta il 10-20% delle leucemie
in età pediatrica, con un’incidenza
di circa 65-70 nuovi casi all’anno
nell’età compresa tra 0 e 15 anni.
Si tratta in realtà di un gruppo di
disordini molto eterogenei per caratteristiche cliniche e genetiche
e, nonostante i notevoli progressi
ottenuti in ambito terapeutico negli
ultimi anni, hanno ancora oggi una
prognosi sfavorevole.
La sopravvivenza libera da malattia a cinque anni dalla diagnosi
è intorno al 50%. Circa un 20%
delle leucemie mieloidi acute, inoltre, non mostra nessuna evidente
alterazione genetica o molecolare
nota; tale sottogruppo è definito a
cariotipo normale. In questo sottogruppo, è stato però identificato
un ricorrente trascritto di fusione; esso è il risultato della fusione
anormale di due geni diversi.
I bambini portatori di questa altera-
zione hanno un rischio di recidiva
maggiore e una sopravvivenza inferiore. Questo gene di fusione stimola l’attivazione anomala della
via biochimica di Hedgehog che
è implicata nel controllo della crescita e del differenziamento, e se
non regolata potrebbe causare sviluppo di leucemia.
Lo scopo del progetto è quello
di chiarire il ruolo della via di Hedgehog nelle leucemie mieloidi
a cariotipo normale e dimostrare
sperimentalmente se farmaci inibitori di questa via possano essere
utilizzati con successo come terapia mirata per i bambini affetti da
questo particolare sottogruppo aggressivo di leucemia mieloide.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Policlinico S.Orsola-Malpighi di Bologna
PARTECIPANTI
Valentina Indio
Agnese Po
Marianna Silvano
205
Luca
Muzio
Ruolo dell’acidosi nell’ischemia cerebrale durante l’invecchiamento.
L’invecchiamento è un processo
complesso che avviene in ogni
organismo vivente, e porta a una
progressiva perdita di funzionalità
cerebrale, spesso associata a veri
e propri disturbi neurologici.
Tra questi, l’ischemia cerebrale
è una delle principali cause di
disabilità al mondo tra la popolazione anziana. Nella zona del
cervello colpita da ischemia si attiva
una risposta infiammatoria che contribuisce alla neurodegenerazione e
impedisce una guarigione completa
dalla fase acuta. Durante l’ischemia cerebrale il pH delle cellule
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
scende drammaticamente; una
condizione chiamata acidosi.
Questa a sua volta causa la massiccia apertura di speciali proteine-canale sulla membrana dei neuroni, deputate al controllo del flusso
di ioni, peggiorando ulteriormente lo
stress sui neuroni e causandone la
morte.
Il progetto si propone di comprendere meglio questo meccanismo
patologico che lega infiammazione, acidosi e tossicità neuronale dopo ischemia, e valutare se
esiste una correlazione con l’invecchiamento cellulare.
Gli studi verranno effettuati su modelli sperimentali dell’ischemia giovani e anziani, valutando diversi
parametri tra cui i livelli di acidosi
tramite risonanza magnetica e gli
effetti dopo somministrazione di
molecole che bloccano le proteine-canale e quindi i flussi ionici nei
neuroni. Queste molecole, in caso
di risultati positivi, potranno essere
molto importanti per sviluppare terapie in grado di ridurre i processi neurodegenerativi in seguito a
ischemia.
L’epigenetica
dell’infiammazione nello sviluppo dei tumori intestinali.
I tumori sono malattie molto complesse, causate sia da fattori genetici che ambientali: quest’ultimi, tra
cui l’infiammazione cronica, possono avere un ruolo determinante
nella nascita e nel decorso della
malattia.
Il carcinoma del colon-retto è
molto influenzato dello stato infiammatorio della mucosa intestinale. Tutti i fattori che sono associati con l’infiammazione, come
l’autoimmunità, una dieta scorretta
o alterazioni nella flora intestinale
sono anche fattori di rischio per i
tumori all’intestino.
Ciononostante, i meccanismi con
cui lo stimolo infiammatorio favorisce l’insorgenza di tumori sono
ancora poco compresi. L’epitelio
intestinale è il tessuto col più alto
ricambio di cellule: le cellule staminali intestinali si dividono a un
ritmo elevato e questo, unito allo
stress infiammatorio, aumenta il rischio di sviluppare mutazioni, sia
genetiche che epigenetiche, dando
Diego
Pasini
origine a crescita maligna.
Il progetto vuole proprio comprendere come uno stimolo infiammatorio prolungato alteri l’epigenoma
delle cellule staminali intestinali.
L’epigenoma è l’insieme di modificazioni chimiche sul DNA senza
modificarne la sequenza, ma regolando la sua espressione e la
sua stabilità.
Scompensi epigenetici possono
quindi causare gravi danni al DNA e
al controllo della divisione nelle cellule staminali intestinali.
risultati del progetto permetteranno
di delineare i principali meccanismi
molecolari dell’infiammazione che
favoriscono la trasformazione maligna nelle cellule dell’intestino.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto San Raffaele di Milano
PARTECIPANTI
206
Marco Bacigaluppi
Linda Chaabane
Andrea Bergamaschi
Andrea Falini
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
PARTECIPANTI
Jammula Sri Ganesh
207
Katia
Petroni
Dalle antocianine della dieta
un’arma per rigenerare il cuore durante l’invecchiamento.
Una delle sfide più urgenti per la
medicina nei prossimi cinquant’anni
sarà ridurre l’impatto delle malattie
croniche, tra cui le patologie cardiovascolari.
Il rischio di malattie croniche cardiovascolari è fortemente influenzato
da tre fattori socio-comportamentali: fumo, sedentarietà e alimentazione non salutare.
Di contro, altri comportamenti possono agire come prevenzione, primi fra tutti una sana alimentazione; ad esempio il consumo di cibi
ricchi di antocianine, come mirtillo
e ribes, riducono il rischio di infar-
Benedetta
Raspini
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
to del miocardio.
Sebbene l’effetto protettivo delle
antocianine sia ormai un fatto assodato, non sono ancora chiari i
meccanismi molecolari che lo determinano.
Di recente, sono stati identificati
piccole sequenze di RNA, chiamati microRNA, associati con l’invecchiamento del cuore e altri in
grado di stimolare la rigenerazione
cardiaca e promuoverne il recupero dopo un infarto. Lo scopo del
progetto è stabilire i meccanismi
molecolari alla base delle proprietà
cardioprotettive delle antocianine,
attraverso lo studio degli effetti di
una dieta ricca di antocianine del
mais rosso sull’espressione dei
microRNA coinvolti nella rigenerazione cardiaca o nell’invecchiamento del cuore. Questi microRNA
potranno essere utilizzati in futuro
come biomarcatori dell’efficacia di
regimi dietetici sulla salute del cuore e sulla prevenzione delle malattie
cardiovascolari.
Efficacia di un nuovo integratore nel garantire un corretto apporto nutrizionale.
Secondo le principali organizzazioni
internazionali di nutrizione, un consumo adeguato di frutta e verdura
cambierebbe la mappa mondiale
delle principali malattie cronico-degenerative come infarti, ictus, tumori, osteoporosi, diabete. Si stima
che con 600 grammi di frutta e
verdura al giorno si eviterebbero
oltre 135 mila decessi all’anno,
un terzo delle malattie coronariche e l’11% degli ictus. Un’ampia
gamma di fattori influenza, però, il
consumo di frutta e verdura: l’ambiente fisico, sociale e culturale, gusti personali, livello di indipendenza
e consapevolezza della salute. In
Italia, solo uno su dieci consuma
la quantità raccomandata di cinque porzioni al giorno. L’utilizzo
di integratori nutrizionali di frutta e
verdura possono essere un valido
aiuto per coloro che non riescono
ad assumerne la corretta quantità
consigliata giornalmente. Il progetto
intende verificare se l’utilizzo di un
integratore nutrizionale sia effettivamente un valido sostituto di frutta e
verdura. A questo scopo si valuterà
la sua azione nell’aumentare le
concentrazioni circolanti di vitamine e acido folico su un campione di 30 soggetti adulti sani di ambo
i sessi. I dati clinici verranno messi
in relazione con le informazioni sullo stile di vita, abitudini alimentari e
su parametri clinici come l’ indice
di massa corporea. I risultati confermeranno se l’utilizzo di integratori
possano fornire gli stessi effetti benefici sulla salute di frutta e verdura.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Ospedale San Paolo di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Milano
PARTECIPANTI
208
Alessandra Marinelli
PARTECIPANTI
Laura Soldati
Francesca Pivari
Laura Scaroni
Amina Remli
209
progetti
di
ricerca
biennali
2013-2014
Francesco
Bertolini
Speranze per la leucemia
mieloide acuta.
La leucemia mieloide acuta è un
tumore a carico dei precursori delle
cellule del sangue nel midollo osseo e colpisce principalmente gli
adulti sopra i 60 anni di età.
La chemioterapia oggi è in grado
di ridurre la malattia in un buon
numero di pazienti, ma non è
ancora risolutiva: circa il 70% dei
pazienti ha una ricaduta entro cinque anni e oltre il 90% è purtroppo
destinato a non guarire, poiché le
cellule leucemiche sviluppano resistenza alla chemioterapia.
I meccanismi molecolari di questa chemio-resistenza sono però
ancora sconosciuti e non esistono marcatori biologici in grado di
prevedere il risultato della terapia
prima di somministrarla.
Alcuni studi recenti suggeriscono
che le ricadute della leucemia
siano dovute alle poche cellule
staminali leucemiche, che sfuggono ancora alle più attente analisi
molecolari: esse possiedono specifiche mutazioni del DNA che le
rendono resistenti alla chemioterapia.
Questo progetto vuole confermare
questa ipotesi e identificare queste rare cellule staminali leucemiche attraverso il sequenziamento massiccio del DNA combinato
con screening effettuati in vivo.
Il fine ultimo è l’identificazione di
marcatori molecolari predittivi della
cura e sviluppare nuove alternative
terapeutiche per la leucemia mieloide acuta.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
PARTECIPANTI
210
Myriam Alcalay
Saverio Minucci
Lucilla Luzi
Mauro Romanenghi
211
Marcello
Ceppi
Valutare i micronuclei per
predire l’invecchiamento cellulare.
I nuclei delle cellule sono gli organelli che contengono il DNA: ogni
volta che una cellula si divide, il nucleo si frammenta per consentire la
divisione equa dei cromosomi nelle cellule figlie, che formano poi un
nuovo nucleo. Quando il DNA è
danneggiato, ad esempio a causa
dell’esposizione ad agenti genotossici, diventa instabile e può accadere che i cromosomi perdano
alcuni frammenti che dal nucleo
principale finiscono nel citoplasma,
a formare micronuclei. Il dosaggio dei micronuclei nel citoplasma è uno dei più utilizzati mar-
Alessia
Ciarrocchi
catori di instabilità genetica, che
dà un’indicazione dell’esposizione
di un individuo ad agenti genotossici e del livello di “invecchiamento
cellulare”, indipendentemente dalla sua età anagrafica. Alcuni studi
indicano che il dosaggio dei micronuclei possa essere anche un
buon predittore precoce di rischio
per alcune malattie come i tumori e
le cardiopatie. Gli obiettivi del progetto sono quelli di determinare se
la conta dei micronuclei in cellule
esfoliate della bocca possa essere un valido indicatore dell’età
del DNA e del rischio di sviluppare malattie cronico-degenerative
in un soggetto. I dati necessari allo
studio verranno estratti dall’archivio
internazionale HUMNxl, che raccoglie i dati sui micronuclei sia di
soggetti sani che di soggetti affetti
da varie patologie, provenienti da
più di 30 laboratori in tutto il mondo.
La relazione tra micronuclei, età e
insorgenza di alcune patologie, tra
cui il cancro, sarà valutata tramite
sofisticate analisi statistiche.
La genetica del melanoma.
Il progressivo invecchiamento della
popolazione e il costante incremento del numero di melanomi diagnosticato ogni anno implicano che un
numero sempre crescente di anziani necessiti di cure specifiche per
questa patologia.
Questo comporta nuove sfide cliniche e l’urgenza di sviluppare
strumenti diagnostici più appropriati per predire la progressione
dei melanomi e per disegnare il
miglior approccio terapeutico
per ciascun paziente. I melanomi
sono una famiglia di tumori molto
varia che comprendono sia forme
poco aggressive a lenta crescita
sia tumori con un elevato potenziale
metastatico e prognosi infausta; la
tendenza all’aggressività dei melanomi aumenta sensibilmente con
l’invecchiamento. Oggi sappiamo
che comportamenti clinici così diversi si associano a caratteristiche
biologiche molto precise.
Lo scopo del progetto è quello di
determinare se alla base della diversa aggressività dei melanomi
ci sia una diversa organizzazione
del genoma e di identificare quelle
alterazioni geniche che più direttamente possono determinarla.
Inoltre, il progetto si propone di capire se melanomi con un diverso
grado di aggressività possano
avere una diversa abilità di condizionare a proprio favore il microambiente nel quale si sviluppano,
favorendo la progressione tumorale. I risultati che potenzialmente verranno generati forniranno ai medici
nuovi strumenti per la diagnosi e la
cura tempestiva dei melanomi.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Arcispedale S. Maria Nuova
IRCCS di Reggio Emilia
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
IRCCS San Martino - Istituto Nazionale
per la Ricerca sul Cancro di Genova
PARTECIPANTI
212
Stefano Bonassi
Cecilia Lando
PARTECIPANTI
Greta Gandolfi
Valentina Sancisi
Simonetta Piana
Giuseppe Argenziano
Iris Zalaudech
213
Giuseppe
Corona
Biomarker per monitorare il
linfoma non-Hodgkin.
Negli ultimi anni vi è stato un indubbio successo della terapia farmacologica nei pazienti affetti da linfoma
non-Hodgkin. Tuttavia il beneficio
della chemioterapia è spesso limitato a causa dalla tossicità, soprattutto nei pazienti anziani.
Il quadro terapeutico è ulteriormente
complicato dal fatto che spesso è
difficile da prevedere l’esito della
chemioterapia prima di somministrarla.
L’obiettivo della ricerca è quindi
quello di trovare specifici biomarcatori nel sangue predittivi della
vulnerabilità e della risposta del
paziente alla chemioterapia.
Emma
Di Carlo
In particolare, la ricerca ha effettuato delle analisi del metabolismo in
pazienti affetti da linfoma: sono state identificate delle perturbazioni
del metabolismo degli amminoacidi e dei fosfolipidi nei pazienti
rispetto a soggetti sani.
Questi risultati potranno essere utili
per la personalizzazione e l’ottimizzazione della terapia del linfoma
non-Hodgkin nei pazienti anziani e
potranno contribuire ad ottenere un
quadro più chiaro della patogenesi
molecolare della malattia.
Prevedere lo sviluppo del cancro alla prostata.
Il cancro della prostata è la seconda causa di morte per tumore nella popolazione maschile, e la sua
frequenza aumenta all’aumentare
dell’età. Si tratta di un tumore eterogeneo che può dar luogo a una
malattia a decorso lento o rapido, a
seconda delle caratteristiche istopatologiche e cliniche.
La prostatectomia radicale come
generico approccio terapeutico è
un trattamento eccessivo per molti
pazienti ed insufficiente per altri: sta
quindi emergendo la necessità
di distinguere le forme aggressive da quelle più lente attraverso
marcatori molecolari.
Il progetto si pone come obiettivo
quello di discriminare l’evoluzione
biologica e clinica delle lesioni
pre-neoplastiche e neoplastiche
della prostata attraverso analisi
di alcuni geni e determinare se
la terapia ormonale, spesso utilizzata per contrastare la crescita
tumorale, possa influenzarne l’espressione e favorire, in tal modo,
la progressione tumorale.
Lo scopo finale è quello di riuscire a
identificare soggetti sani ma ad alto
rischio di sviluppare cancro alla prostata e pazienti affetti da un tumore
ad alto rischio di metastatizzazione.
Specifiche alterazioni molecolari potrebbero, quindi, avere valore prognostico e fornire nuovi “bersagli”
per costruire moderne terapie personalizzate.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università di Chieti-Pescara
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Centro di Riferimento Oncologico
IRCCS di Aviano (PN)
PARTECIPANTI
214
Michele Spina
Lucia Fratino
Agostino Steffan
Silvia Cervo
PARTECIPANTI
Carlo Sorrentino
Maria Grazia Tupone
Giuseppe Lattanzio
Serena Di Meo
Pietro Del Fine
Enrico Penitente
Alessia Di Lorito
215
Marco
Giorgio
Dal metabolismo cellulare la
strategia per combattere i tumori.
La ragione per la quale invecchiamo e andiamo incontro a malattie
degenerative, compreso il cancro,
sembra ovvia: l’entropia aumenta.
I fattori che giustificano perché
differenti specie o individui sono
affetti in maniera variabile dal
trascorrere del tempo sembrano
anche essi conosciuti: variabilità
genetica, epigenetica e ambientale. In sostanza, l’adattamento alle
variazioni ambientali determina l’accelerazione dell’entropia.
Il bilancio energetico cellulare ha un
ruolo centrale nel sentire le variazioni ambientali e tradurle in adatta-
Fabio
Marra
menti specifici. Durante lo sviluppo di un tumore, il metabolismo
energetico cambia contribuendo
alla manifestazione di forme più
maligne.
Le specie reattive dell’ossigeno
prodotte dai mitocondri, come i radicali liberi, contribuiscono a questi processi, attraverso la specifica
modificazione di proteine chiave
che controllano la proliferazione o la
morte cellulare, e che quindi possono favorire i tumori o accelerare
l’invecchiamento.
Lo scopo del progetto è determinare il ruolo dello stress ossidativo
mitocondriale
nella
funzionalità della proteina p53
indispensabile per tenere sotto
controllo la progressione tumorale. Verranno studiati gli effetti di
diversi enzimi su p53 e sul controllo
della proliferazione cellulare. Infine,
verranno testati degli inibitori di questi enzimi per verificarne gli effetti
sull’invecchiamento delle cellule.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
PARTECIPANTI
216
Alessandra Bigi
Fabio di Lisa
Nuove terapie per le malattie
del fegato.
Lo sviluppo di cirrosi è un evento
chiave nelle patologie croniche del
fegato, e conduce a complicanze
come il carcinoma epatocellulare.
Tuttavia, non sono ancora state sviluppate terapie dirette al trattamento della fibrosi associata alla cirrosi
che abbiano un possibile impatto
sul carcinoma epatico.
Alcuni studi suggeriscono che la
proteina erK5, un enzima coinvolto
nella cascate di segnali delle cellule del fegato, abbia un ruolo nella
patogenesi della fibrosi epatica e
del conseguente carcinoma ma i
meccanismi sono ancora sconosciuti.
Il progetto vuole proprio gettare luci
su questo meccanismo molecolare
al fine di sviluppare possibili nuove
terapie mirate.
Poiché le patologie croniche del
fegato rappresentano una causa
di mortalità altamente rilevante e la loro prevalenza aumenta
con l’età, l’identificazione di terapie
specifiche per questa condizione
potranno avere un largo impatto sul
benessere della popolazione anziana, in costante aumento grazie
all’allungamento dell’aspettativa di
vita.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Firenze
PARTECIPANTI
Elisabetta Rovida
Elisa Vivoli
Nadia Navari
Stefania Madia
217
Giuseppe
Matullo
Gli stili di vita nell’insorgenza
del cancro alla vescica.
La capacità della cellula di riparare i
danni del DNA diminuisce con l’età
ed è fortemente associata allo sviluppo del cancro.
Sempre più numerosi studi indicano che fumo di sigaretta, fattori alimentari e tinture per capelli siano,
nel tumore alla vescica, dei fattori
in grado di danneggiare il DNA e
contribuire quindi allo sviluppo tumorale.
Uno degli obiettivi principali del progetto è quello di indagare in che
misura il rischio di tumore alla
vescica possa essere influenzato dall’effetto combinato di diversi
fattori quali la capacità di ripara-
Eva
Negri
zione del DNA, i cambiamenti
epigenetici indotti dalle abitudini
alimentari, gli stili di vita e l’età
biologica effettiva.
I risultati dello studio consentiranno
quindi di adottare specifiche misure
di prevenzione in soggetti con bassa capacità di riparazione del DNA
e quindi aumentato rischio di cancro alla vescica.
Monitorare per rendere più
efFIcienti le cure oncologiche.
Scopo del progetto è monitorare
l’utilizzo di particolari e costosi
farmaci antitumorali, come il trastuzumab utilizzato nella terapia di
alcuni tumori al seno, nelle persone
anziane.
L’analisi verrà effettuata attingendo
le informazioni provenienti da diversi
database contenenti i dati di prescrizione in Lombardia dal 2004 al
2010.
In particolare verrà valutata l’incidenza degli effetti collaterali, ad
esempio la cardiotossicità, in relazione ad alcune delle più diffuse patologie croniche.
Attraverso lo sviluppo di diversi algoritmi statistici il progetto mira ad
individuare ed ottimizzare le cure da
fornire ai pazienti oncologici anziani.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Human Genetics Foundation di Torino
PARTECIPANTI
218
Barbara Matullo
Alessandra Allione
Cornelia di Gaetano
Fabio Rosa
Alessia Russo
Simonetta Guerrera
Giovanni Fiorito
Claudia Giachino
Valentina Minieri
Valentina Turinetto
Andrea Zjino
Francesca Marcon
Lorenza Nisticò
Ester Siniscalchi
Paola Leopardi
Cristina Andreoli
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Ricerche Farmacologiche
“Mario Negri” di Milano
PARTECIPANTI
Martina Bonifazi
Matteo Franchi
Stefano Malerba
Marta Rossi
219
Alessio
Nencioni
Chemioterapia con meno effetti collaterali.
Gli effetti collaterali della chemioterapia spesso incidono notevolmente sulla qualità della vita dei pazienti
e rappresentano un grosso carico
economico per i sistemi sanitari; in
particolare, i pazienti anziani sono
particolarmente sensibili alla tossicità dei farmaci.
La ricerca medica si sta quindi focalizzando sulla ricerca di fattori,
come gli stili di vita, che possano contribuire a ridurre gli effetti
collaterali della chemioterapia.
Diversi studi indicano che brevi periodi di digiuno hanno la capacità
di proteggere dalla chemioterapia le cellule sane. Altri dati spe-
Giulio
Pompilio
rimentali sembrerebbero indicare
chiaramente che il digiuno sia in
grado di prevenire anche la cardiotossicità e la neurotossicità delle
antracicline al platino, una chemioterapia utilizzata nel trattamento di
alcuni tumori. Sperimentalmente i
benefici del digiuno possono essere ricreati attraverso una dieta ipocalorica: attraverso questa modalità
lo studio si pone l’obiettivo di valutare la fattibilità e la sicurezza
in pazienti anziani (65-80 anni)
sottoposti a chemioterapia per
la cura del carcinoma mammario
metastatico.
Mostrando la fattibilità e la sicurezza della somministrazione della
chemioterapia questo progetto potrebbe contribuire, affiancandolo a
una dieta ipocalorica, a migliorare la
tollerabilità e l’attività delle cure oncologiche.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università di Genova
PARTECIPANTI
220
Alberto Ballestrero
Patrizio Odetti
Fiammetta Monacelli
Vito Pistoia
Lizzia Raffaghello
Valter Longo
microRNA nella cura delle malattie cardiovascolari.
La calcificazione vascolare è una
conseguenza, normalmente associata all’età, di malattie come l’aterosclerosi, il diabete mellito di tipo
2 e la malattia renale cronica ed è
uno dei principali fattori di rischio
per malattie cardiovascolari.
Recenti pubblicazioni hanno messo in luce come l’invecchiamento
cellulare contribuisca ad iniziare
il processo di calcificazione dei
vasi sanguigni.
I microRNA sono piccole molecole di RNA non codificante la cui
funzione è quella di spegnere l’espressione dei loro geni bersaglio.
A tutt’oggi, esistono pochissime
informazioni sul ruolo dei microR-
NA nell’invecchiamento del sistema
vascolare e della sua conseguente calcificazione. Risultati preliminari ottenuti nel nostro laboratorio
indicano che il miR-34a possa
influenzare i processi cellulari
che portano alla calcificazione
dei vasi, spegnendo l’azione di
alcuni geni che rallentano l’invecchiamento cellulare.
Quindi, ci proponiamo di condurre
uno studio dettagliato di questo microRNA in vitro, in vivo e in campioni di tessuti di pazienti allo scopo di
comprendere i meccanismi molecolari e sviluppare cure efficaci per
questa complicazione associata
all’invecchiamento.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Centro Cardiologico Monzino di Milano
PARTECIPANTI
Badi Ileana
Angela Raucci
Maurizio Capogrossi
Rita Spirito
Matteo Bertolotti
221
Claudia
Verderio
Nuovi meccanismi per la cura
delle malattie da prioni.
Il rilascio di microvescicole extracellulari è un nuovo meccanismo di
segnalazione intercellulare tramite
cui le cellule della microglia del sistema nervoso comunicano con il
microambiente.
Recenti dati del nostro laboratorio
indicano che la produzione di microvescicole aumenta in condizioni
di infiammazione, riflettendo il grado
di attivazione della microglia.
Dato che l’attivazione della microglia aumenta in modo lineare nel corso della demenza di
Alzheimer, scopo del progetto
è chiarire se le microvescicole
grant 2014
rappresentano un meccanismo
tramite cui la microglia reattiva
contribuisce alla degenerazione
dei neuroni. Questa ipotesi è stata suggerita da dati preliminari che
mostrano una elevata produzione di
microvescicole in pazienti con demenza di Alzheimer; inoltre cellule
della microglia attivata in vitro dalla
proteina amiloide (la stessa che si
accumula nei pazienti affetti da Alzheimer) rilasciano microvescicole
che causano tossicità neuronale.
I risultati dello studio potranno gettare luce su alcuni dei meccanismi fisio-patologici che determinano la malattia di Alzheimer per
mettere a punto nuove strategie
di cura per questa invalidante patologia.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Neuroscienze CNR di Pisa
PARTECIPANTI
222
Elisabetta Menna
Loredana Riganti
Pooja Joshi
Roberto Furlan
Dacia Dalla Libera
Benedetta Arnò
Alessandra Bergami
Michela Matteoli
Mariaelvina Sala
Giuliana Fossati
Ana Ruiz
il nostro
sostegno
alla ricerca
scientifica
223
PROGETTO
TOGETHER FOR PEACE
La scienza al servizio della pace nelle aree di crisi
Nell’ambito del progetto di Science for Peace di Fondazione Umberto Veronesi, nel 2009 nasce la
task force medica itinerante Together for Peace, con l’obiettivo di realizzare progetti di prevenzione in
ambito oncologico in regioni colpite da conflitti o in stato di grave necessità.
Il progetto si focalizza in particolare sulla prevenzione e sulla diagnosi del tumore al seno, che colpisce numerose donne, spesso prigioniere di condizioni sociali e ostacolate da culture locali che negano loro ogni diritto, tra cui quello di curarsi.
Il progetto prevede l’apertura di ambulatori per la diagnosi del tumore al seno dotati di adeguate
attrezzature mediche, programmi di formazione del personale medico in loco e in Italia e l’erogazione
di borse di studio per sostenere i medici nelle loro attività.
 2004 Egitto-Cairo
Campagne di diagnosi precoce del tumore al seno
 2006 Israele-Nazareth
Campagne di diagnosi precoce del tumore al seno
 2009 Gerusalemme Est
Donazione di un mammografo al centro medico Al Ram
 2010 Territori Palestinesi
Formazione professionale di oncologi, radioterapisti e medici palestinesi
 2011 Afghanistan
Formazione professionale di 10 medici oncologi afgani
 2011-2012 Afghanistan-Herat
Allestimento del primo ambulatorio per la diagnosi precoce del tumore al seno
Maurice
Sandouno
Training di perfezionamento
per l’utilizzo di strumenti diagnostici del tumore al seno.
Il tumore al seno è molto comune tra
le donne in tutto il mondo e una delle
prime cause di morte; la situazione è
ancora più grave nei paesi più disagiati, come molti stati africani, dove
è diffusa anche un’altra piaga sanitaria; l’AIDS. Le donne sieropositive,
infatti, hanno una maggiore probabilità di sviluppare tumori al seno
e all’utero e l’assenza di adeguata
assistenza medica contribuisce ad
aumentare la mortalità per una patologia che, se diagnosticata in tempo, è curabile. Fondazione Veronesi
sta realizzando un ambulatorio per
la diagnosi del tumore al seno,
presso il centro medico DREAM
della Comunità di Sant’Egidio a
Conakry, capitale della Repubblica di Guinea, fornendo attrezzature
mediche e formando del personale
medico al suo utilizzo. Il dottor Sandouno ha già trascorso, tra novembre e dicembre del 2013, 40 giorni
presso la divisione di radiologia
senologica dell’Istituto Europeo
di Oncologia. Ha svolto un training
intensivo per imparare a utilizzare
l’ecografo mammario che Fondazione Veronesi ha donato al centro DREAM. Nel 2014 tornerà per
due mesi in Istituto per completare
e perfezionare le sue competenze,
in particolare l’utilizzo di un secondo
essenziale strumento per la diagnosi del tumore al seno: un mammografo, che verrà donato al centro DREAM nel corso del 2014. Il
know-how di competenze acquisite
in Italia permetteranno al Dottor Sandouno di rendere operativo l’ambulatorio oncologico di Cornaky, a disposizione gratuita di tutte le donne
della regione.
 2013-2014 Repubblica di Guinea-Conakry
Allestimento del primo ambulatorio per la diagnosi precoce del tumore al seno
e formazione professionale di un medico oncologo
DOVE SVILUPPERÀ IL TIROCINIO
Centro Medico DREAM di Conakry
(Repubblica di Guinea)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Matoto (Guinea) nel 1972
224
 Laureato in Medicina e Chirurgia
225
i ricercatori
sostenuti negli annI
BORSE DI RICERCA
2013
226
 Alaa Hamza
 Alconchel Ara Pilar
 Anania Maria Chiara
 Arruga Francesca
 Bachetti Tiziana
 Bacigaluppi Susanna
 Bagislar Sevgi
 Barault Ludovic
 Barrero Blanco Veronica
 Batti Laura
 Biasiotta Antonella
 Borba De Souza
Alessandra
 Borgatti Monica
 Bossi Daniela
 Bottillo Irene
 Bravi Francesca
 Calvenzani Valentina
 Campos Martinez Luis
 Cantelmo Rita
 Carleo Francesco
 Carrega Paolo
 Carturan Sonia
 Cereda Matteo
 Chiroli Elena
 Cianfrocca Roberta
 Ciarlo Monica
 Cicalese Angelo
 Cimmino Flora
 Cristofanon Silvia
 Crupi Rosalia
 Cuevas Novoa Susan
 Cutrone Antonella
 D’Alessandra Yuri
 D’Andrea Aleco
 De Marco Rossella
 De Massimi Alessia
Raffaella
 Del Signore Ester
 Della Rosa Francesco
 Di Paolo Daniela
 Di Stefano Paola
 Diaz Federico
 Dogliotti Elena
 Erreni Marco
 Ferrari Amorotti Giovanna
 Ferretti Elisa
 Ferrini Krizia
 Fontana Francesca
 Fontana Ribeiro Sabrina
 Frullanti Elisa
 Funel Niccola
 Gabellini Chiara
 Galeone Carlotta
 Garcia Rodas Lisbeidi
 Giuffrida Domenica
 Griseri Paola
 Hübner Arana Gabriel
 Iommarini Luisa
 Jinoro Jeromine
 Kapanadze Nina
 Laurent Audrey
 Leoncini Emanuele
 Levati Giorgia Virginia
 Lo Buono Nicola
 Lorenzoni Alice
 Luraghi Paolo
 Mancini Manuela
 Marighetti Paola
 Marinelli Alessandra
 Masetti Riccardo
 Masiero Marianna
 Massa Paul
 Mihailovic Maija
 Molfino Alessio
 Mora Reyes Fabian
 Morini Raffaella
 Nevola Teixeira Luiz
Felipe
 Ortensi Barbara
 Paterniti Irene
 Pedace Lucia
 Pellicori Pierpaolo
 Pelosi Andrea
 Peradze Sopio
 Pereira Gomes Raposo
Andre
 Radesi Serghi Sinziana
Razafimahaleo
 Mahasoa Petera
 Rizzo Angela
 Rizzo Francesca
 Romano Alessandra
 Roti Giovanni
 Santarpia Mariacarmela
 Sassi Francesco
 Sestito Rosanna
 Skirycs Aleksandra
 Sommariva Elena
 Storini Claudio
 Strigaro Gionata
 Tarsitano Achille
 Tassi Elena
 Varano Gabriele
 Vendramin Antonio
 Vila Josè
 Zecchin Davide
 Zoccarato Anna
progetti DI RICERCA
2013
 Bertolini Francesco
 Ceppi Marcello
 Ciarrocchi Alessia
 Corona Giuseppe
 Di Carlo Emma
 Giorgio Marco
 Marra Fabio
 Matullo Giuseppe
 Negri Eva
 Nencioni Alessio
 Verderio Claudia
 Bianchi Paolo Pietro
 Bonanni Bernardo
 Pompilio Giulio
BORSE DI RICERCA
2012
 Aladowicz Ewa
 Alba Posse Sebastian
 Alfonso Coto Juan Carlos
 Amendola Pier Giorgio
 Amendola Donatella
 Artuso Simona
 Barrero Blanco Veronica
 Battista Andrea
 Berrone Elena
 Bezerra Phelipe
 Calvenzani Valentina
 Cancado Rezende
Guilherme
 Casali Lorenzo
 Casolla Barbara
 Cesana Francesca
 Chahuan Badir
 Cionfoli Nicola
 Cocco Claudia
 Codecà Claudia
 Cosentino Claudia
 Dekic Natasa
 Del Re Marzia
 Di Paolo Daniela
 Dogliotti Elena
 Dorivam Celso
 Esposito Emanuela
 Falato Claudette
 Ferrario Anna
 Ferro Leda
 Fornasa Giulia
 Fortunato Orazio
 Fransen Gerhard
 Galeone Carlotta
 Galuppo Valentina
 Gandini Chiara
 Gatti Elena
 Greco Andrea
 Guccini Ilaria
 Guerriero Francesco
 Hamza Mostafa Amed
 Lohsiriwat Visnu
 Macedo Camila
 Magi Fiorenza
 Mancini Manuela
 Mariani Francesco
 Masetti Riccardo
 Mazzoni Elisa
 Messa Francesca
 Molfino Alessio
 Monsellato Igor
 Mora Reyes Fabian
 Myasoedova Veronika
 Nicolis Di Robilant
Benedetta
 Pardolesi Alessandro
 Passaretti Rosa Anna
 Passoni Lorena
 Peralta Lorca Juan Ignacio
 Peruzzi Daniela
 Pezzoli Laura
 Pinto Ivan
 Quiroa Luis
 Ramundo Valeria
 Reussmann Veronica
 Romero Ivana
 Rossi Marta
 Rubino Mara
 Rusconi Francesca
 Rusmini Marta
 Santarpia Mariacarmela
 Sarno Maria Anna
 Serpi Francesco
 Sommario Maria
 Sposato Italia
 Stagnaro Nicola
 Sticozzi Claudia
 Sukowati Caecilia
 Vadilonga Valeria
 Vecchio Donatella
 Vidal Urbinati Aylin
Mariela
PROGETTI DI RICERCA
2012
 Bianchi Paolo
 Bregni Marco
 Brignole Chiara
 Ciceri Fabio
 Cirulli Francesca
 Curigliano Giuseppe
 De Censi Andrea
 Di Fiore Pier Paolo
 Gasparre Giuseppe
 Gentilini Oreste
 Gentilucci Luca
 Golino Paolo
 Invernizzi Pietro
 Martinelli Eugenio
 Mazzarella Luca
 Nastrucci Candida
 Nicassio Francesco
 Pastorino Fabio
 Pelicci Giuliana
 Petroni Katia
 Polesel Jerry
 Rescigno Maria
 Spaggiari Lorenzo
 Testori Alessandro
 Varesio Luigi
 Zucchetto Antonella
BORSE DI RICERCA
2011
 Berrone Elena
 Brollo Janaina
 Calvenzani Valentina
 Candeloro Bianca
 Casali Lorenzo
 Casolla Barbara
 Cassilha Maximiliano
 Colombo Beatrice
 Del Castillo Andres
 De Francesco Gian Paolo
 Di Dia Giuseppina Amalia
 Fando Couso Edeny
 Fara-Tanyona Harizay
 Fernander Filho Rivaldo
 Khajeh Reza
 Lohsuriwat Visnu
 Mariani Francesco
 Mazzoleni Federica
 Montero Maybell
 Parodi Matias
 Pardolesi Alessandro
 Passoni Lorena
 Pellegrini Osmar
 Pereira Lima Samuel
 Quattrone Giuseppe
 Salazar Lucila
 Santulli Gaetano
 Sommario Maria
 Storino Francesco
 Tiberio Paolo
 Titta Lucilla
 Vadilonga Valeria
PROGETTI DI RICERCA
2011
 Bonanni Bernardo
 Colombo Gualtiero
 De Pas Tommaso Martino
 Faulkner Laurence
227
 Galbiati Massimo
 Giorgio Marco
 Mazza Manuelita
 Novelli Giuseppe
 Orecchia Roberto
 Paganelli Giovanni
 Priori Silvia
 Roti Giovanni
 Schoeftner Stefan
BORSE DI RICERCA
2010
 Camarotti Daniela
 Del Castillo Andres Pedro
 Bonello Luke
 Ribeiro Martini Rafael
 Rodriguez Peres Suanly
 Santhiago De Carvahlo
Emannuela
 Seco Vasques Maria
Javiera
 Semenkiw Maria Eugenia
 Calvenzani Valentina
 Yodeiri Meydi
 Chulam Thiago Celestino
 Di Dia Giuseppina Amalia
 Durli Iara
 Ghezzi Leal Thiago
 Kuenzer Ruy Fernando
 Liotta Marco
 Nevola Texeira Luiz Felipe
 Passaretti Rosa Anna
PROGETTI DI RICERCA
2010
 Bertolini Francesco
 Blandino Giovanni
 Bonizzi Giuseppina
 Contino Gianmarco
 Gandini Sara
 Tarone Guido
 Vismara Elena
BORSE DI RICERCA
2009
228
 Arnaboldi Paola
 Canseco Fernandez
Rosario
 Chanquetti Milene
 Coelho Duarte Luciano
 Colombo Beatrice
 Comi Stefania
 Conceicao Fraga Guedes
Maria
 Di Dia Amalia
 Ghezzi Leal Tiago
 Golin De Vasconcellos
Paula
 Grigol Martinez Gabriela
Cristina
 Liotta Marco
 Lorenzon Silveira Paula
Angelica
 Massaro Mariangela
 Meirelles Barbalho Daniel
 Monteiro Nogueira
Alfredo Savio
 Nevola Teixeira Luiz
Felipe
 Perin Fabiola Adelia
 Ponzi Paola Andrea
progetti DI RICERCA
2009
 Ferrucci Pier Francesco
 Basilico Claudio
 Sullivan Richard
 Sandri Maria Teresa
 Genival Gioacchino Natoli
BORSE DI RICERCA
2008
 Barbosa De Carvalho
Genival
 Braga Carvalho Felipe
 Chanquetti Quiterio
Milene
 Comi Stefania
 De Oliveira Filho Helio
 Di Dia Giuseppina Amalia
 Garcia-Etienne
 Carlos Alberto
 Grigol Martinez
 Gabriela Cristina
 Ponzi Paola Andrea
 Ventura De Freitas
Alejandra
 Vidallè Dalila
 Vilela Fusco Eduardo
BORSE DI RICERCA
2007
BORSE DI RICERCA
2004
 Spuri Paola
 Cintra Baccaro
 Luiz Francisco
 Alves Dos Santos Nelson
 Iwata Andrè
 Garcia Fleury Isabel
 Brenelli Palermo Fabricio
 Uez Maria Luisa
 Jimenez Libia
 Cabral Calvano
 Carlos Marino
 Mattar Fanianos Denise
 Gugiatti Marina
 Galluccio Lara
 Schuh Fernando
 De Almeida Couto Andrè
 Letzkus Berrios Jaine
Mauricio
 Arce Quesada Josè
Mauricio
 Lazzarini Silvia
BORSE DI RICERCA
2006
 Bassani Luis Guillermo
 Torres Fabio Franco
 Vidal Urbinati Aylin
Mariela
 Ramirez Cuellar
 Adonis Tupac
 Javan Soheil
 Chambo Danielle
 Arnaboldi Paola
 Comi Stefania
BORSE DI RICERCA
2005
 Novita Garcia Guilherme
 Berrettini Anastasio
 Sahium Rafaela
 Barbosa Fabiane Silva
 Scirea Tesseroli Marco
Antonio
 Civril Filiz
 Benitez Gil Lisandro Luis
 Alaite Zambelli Fernanda
 Barbosa Fabiane Silva
 Rotundo Silvana
 Rodriguez Albanese
Gustavo
 Di Nuzzo Daniela
 De Almeida Couto Viana
Andrè
 Novita Garcia Guilherme
 Sahium Rafaela Cecilio
 Pesce Karina Alejandra
BORSE DI RICERCA
2003
grant 2014
PERCHè
LA RICERCA
SCIENTIFICA
FA BENE
A TUTTI.
ANCHE A TE. 229
istituti finanziati
negli anni
 Arcispedale S. Maria Nuova,
Reggio Emilia
 Aso S. Croce E Carle, Cuneo
 Azienda Ospedaliera
“Maggiore Della Carità”, Novara
 Azienda Ospedaliera Città Della Salute e
Della Scienza, Torino
 Azienda Ospedaliera Ospedale di Circolo
di Busto Arsizio, Busto Arsizio
 Azienda Ospedaliera San Camillo
Forlanini, Roma
 Ceinge, Napoli
 Centro Cardiologico Monzino, Milano
 Centro di Riferimento Oncologico, Aviano
 Dana-Farbar Cancer Institute/Università
degli Studi di Perugia
 Dipartimento di Medicina Interna
e Specialità Medicina Interna e Specialità
Mediche, Università di Genova
 Dipartimento di Medicina Interna,
Università Degli Studi di Firenze
 Embl - European Molecular Biology
Laboratory, Hinxton
 Ente Ospedaliero Ospedali Galliera,
Genova
 Fondazione Cure2children Onlus, Firenze
 Fondazione del Piemonte per l’Oncologia,
Candiolo
 Fondazione di ricerca e cura Giovanni
Paolo II, Campobasso
230
 Fondazione Ebri - European Brain Research Institute Rita Levi-Montalcini, Roma
 Fondazione Filarete per le Bioscienze e
l’Innovazione, Milano
 Fondazione Italiana Fegato, Trieste
 Fondazione Salvatore Maugeri, Pavia
 Fondazione Santa Lucia, Roma
 Gruppo Multimedica, Milano
 Hugef - Human Genetics Foundation,
Torino
 Ifom - Firc
Institute Of Molecular Oncology, Milano
 Imi, Intergruppo Melanoma Italiano,
Milano
 Ior - Institute Of Oncology Research,
Bellinzona, Svizzera
 Irb - Istituto di Ricerca Biomedica,
Barcellona, Spagna
 Irccs Istituto Neurologico Mediterraneo
Neuromed, Pozzilli Isernia
 Irccs Multimedica,
Sesto San Giovanni
 rccs San Martino, Genova
 Irccs San Raffaele Del Monte Tabor,
Milano
 Irccs San Raffaele Pisana, Roma
 Istituto Auxologico Italiano, Milano
 Istituto Clinico Humanitas, Rozzano
 Istituto Dermopatico Dell’immacolata
Idi-Irccs, Roma
 Istituto di Ematologia e Scienze
Oncologiche “L. E A. Seràgnoli”, Bologna
 Istituto Di Ematologia ed Immunologia Clinica,
Università Degli Studi di Perugia
 Istituto di Neuroscienze Cnr, Pisa
 Istituto di Neuroscienze Cnr, Milano
 Istituto Europeo di Oncologia, MIlano
 Istituto Giannina Gaslini, Genova
 Istituto Mario Negri, Milano
 Istituto Nazionale dei Tumori, MIlano
 Istituto Nazionale per lo Studio
e la Cura dei Tumori, Milano
 Istituto Regina Elena, Roma
 Istituto Superiore di Sanità, Roma
 Italian National Cancer Institute (IFO),
Regina Elena, Roma
 Karolinska Institute, Svezia
 London Research Institute, London
 Massachusetts General Hospital,
Massachussetts, USA
 Nico Neuroscience Institute Cavalieri
Ottolenghi, Orbassano
 Ospedale Galliera e San Martino, Genova
 Ospedale S. Gerardo, Monza
 Policlinico S.orsola-Malpighi, Bologna
 Policlinico San Matteo, Pavia
 Polo Ocologico di Cuneo
 Seconda Università degli Studi di Napoli
 Seton Hall Univiversity, New Jersey, USA
 The Sidney Kimmel Comprehensive Cancer
Center, Baltimore, USA
 Università Cattolica Roma
 Università degli Studi dell’Aquila
 Università degli Studi di Bologna
 Università degli Studi di Milano
 Università degli Studi di Roma
“Tor Vergata”
 Università degli Studi di Siena
 Università degli Studi Gabriele D’annunzio, Chieti
 Università del Salento, Lecce
 Università di Chieti-Pescara
 Università di Ferrara
 Università di Modena e Reggio Emilia
 Università di Novara
 Università di Padova
 Università di Pavia
 Università di Salerno
 Università degli Studi di Torino
 Università La Sapienza, Roma
 University Of Bristol, Uk
 University Of Cambridge, Uk
 University Of Copenhagen, Danimarca
 University Of Hull, Uk
 University Of Leuven, Belgio
 University Of Oxford, Uk
 University Of Southern California,
Los Angeles USA
 Vu University Medical Center
Of Amsterdam, Olanda
 Washington University in St. Louis, USA
231
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