La rassegna di oggi

RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 3 dicembre 2014
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati
dal sito internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
Indice articoli
REGIONE (pag. 2)
«Fondo antipovertà, platea di 34mila famiglie» (Piccolo)
Scontro in Regione sui “bonus” di Natale (M. Veneto)
Assunzioni, la Finanza a Roma (Gazzettino)
Debora affida a un trentenne la guida di Insiel (Piccolo)
Un'agenda per uscire dalla crisi (M. Veneto)
Coopca, a rischio paga di novembre e tredicesima (M. Veneto)
Sanità, tagliati 449 posti letto: «La riduzione sarà graduale» (M. Veneto)
Dai risparmi sui buoni mensa 2,5 milioni per le famiglie povere (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 8)
Ideal Standard rompe la trattativa al ministero (M. Veneto Pordenone)
Assemblea Nuova Infa, via libera alla newco (M. Veneto Pordenone)
Sciopero generale Cgil del 12 dicembre, aderisce il trasporto pubblico… (M. Veneto Pordenone)
In coda al pronto soccorso. Tutti i tempi di attesa in rete (Gazzettino Pordenone)
Sanità e anziani, la riforma in un convegno dello Spi Cgil (M. Veneto Pordenone)
Zillo, investimenti per ridurre l'inquinamento (Gazzettino Pordenone)
Missione lavoro, gli operai vanno in tour (M. Veneto Udine)
Sangalli lascia la Puglia, gli impianti a San Giorgio (M. Veneto Udine)
Cartiera, gli stop alla linea 2 dannosi per gli altri impianti (Piccolo Trieste)
«Porto Vecchio affossato» (Piccolo Trieste)
Sicurezza sui bus, i sindacati si danno battaglia (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
La centrale nel mirino della Procura (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
REGIONE
«Fondo antipovertà, platea di 34mila famiglie» (Piccolo)
TRIESTE La maggioranza inizia a delineare il perimetro dei 10 milioni di euro destinati in Finanziaria
al “sostegno al reddito” per le fasce della popolazione con maggior disagio. A tratteggiare i possibili
scenari, ieri durante il dibattito in prima commissione sulla legge di bilancio, sono stati Franco Rotelli
(Pd) e, a margine, l’assessore alla Salute Maria Sandra Telesca. Rotelli, presidente della terza
commissione Sanità, replicando ai consiglieri di opposizione Alessandro Colautti (Ncd) e Luca Ciriani
(FdI) ha abbozzato alcuni dati: «Dieci milioni di euro sono pochi, ma sono un invito. In regione - ha
spiegato - ci sono 34mila famiglie sotto la soglia di povertà, quindi con questi 10 milioni si darebbero
300 euro all’anno a famiglia, 25 euro al mese. Ben poca cosa. Ma se mettiamo insieme tutte le voci che
intervengono sul welfare raggiungiamo i 400-500 milioni in totale. Ora dobbiamo chiederci come
stiamo usando questi soldi. Dieci milioni - ha aggiunto - sono solo un gettone, un invito a ragionare
sulla spesa per il sociale. Molte persone infatti sono già beneficiarie di una serie di misure. Se noi le
mettiamo in fila arriviamo ai 400-500 milioni tra affitti, Ater, libri scolastici, asili nido, Fap, fondo
solidarietà e ammortizzatori sociali. Con quei 10 milioni di euro si comincia un’analisi sulla spesa e su
come reindirizzale, in modo che questo fondo faccia da pilota al resto». Un ragionamento condiviso
anche da Telesca: «Il dato numerico può essere attendibile, ma ci sono anche altre variabili da
considerare. Ecco perché stiamo elaborando la rendicontazione su ciò che si sta facendo finora».
Stando alla relazione politico-programmatica della Regione, lo studio dovrebbe essere pronto nei primi
mesi del 2015. «Le risposte saranno date in assestamento di bilancio - osserva Rotelli - perché entro
quella data sapremo qual è il fabbisogno». Ma il provvedimento potrebbe anche non essere di natura
monetaria diretta: «Non si escludono servizi mirati, come ad esempio l’aumento per il sostegno agli
affitti o le bollette». Mentre il capogruppo Pd Cristiano Shaurli ha difeso le «scelte concrete» operate in
Finanziaria, dall’opposizione sono continuate le critiche. «Vista la scelta di eliminare il bonus bebè - ha
rilevato Ciriani - in aula ripresenterò l’emendamento alla finanziaria per ristabilire la misura. Ed è
incredibile - ha insistito - come questa maggioranza abbia chiuso l’argomento Sincrotone in tre minuti:
sono previsti ben 23 milioni di euro a fronte di zero contributi da parte dello Stato». L'assessore
Francesco Peroni ha sottolineato che il Sincrotrone «è una società partecipata dalla Regione. Come tale,
ha fatto cambiare la composizione del cda e ha imposto che la Elettra-Sincrotrone torni a essere luogo
di ricerca scientifica applicata all’industria, e questa sarà la sua mission da sviluppare». (g.s.)
Scontro in Regione sui “bonus” di Natale (M. Veneto)
di Anna Buttazzoni UDINE Spariscono le parrocchie, non i Comuni e le associazioni. Alcuni trovano
soddisfazione nella Finanziaria 2015 anche se rispetto al bilancio di qualche anno fa le cosiddette poste
puntuali sono in discesa. Potere delle risorse in calo, ma anche delle intenzioni della presidente Debora
Serracchiani, che agli interventi ad hoc ha opposto resistenza. Nelle tabelle della Cultura vengono
confermati gli interventi di un anno fa e come un anno fa il centrodestra (Ncd e Piccin) lamenta
finanziamenti «agli amici degli amici». Sparsi invece tra i diversi capitoli del bilancio di previsione ci
sono molti interventi, piccoli e grandi, diverse conferme di soldi non ancora spesi dai Comuni e alcune
novità. Al friulano 230 mila euro Sono i soldi che vanno alle associazioni (riportate nella tabella) per
tutelare, valorizzare e promuovere la marilenghe. La cifra più alta se la aggiudicata la società
cooperativa Informazione friulana (50 mila euro), la più bassa (10 mila) la società scientifica e
tecnologica friulana. In mezzo ci sono le conferme, dal sodalizio “La Grame” ai Colonos alla Patrie dal
Friul. Carnevale e bande Nella Finanziaria 2015 trovano sostegno anche i gruppi bandistici e le
associazioni che si occupano di organizzare il carnevale. In entrambi i casi si tratta delle associazioni
più importanti in Fvg. E così per il carnevale vengono distribuiti 88 mila euro, tutti a Trieste, Muggia e
Monfalcone. Alle bande, ai cori e ai gruppi folcloristici, invece, vengono assegnati 810 mila euro che
vanno alle quattro associazioni regionali che radunano il maggior numero di compagini. I progetti
(lenti) dei Comuni Nella maggior parte dei casi si tratta di conferme di risorse garantite su più anni, da
dieci a venti, stanziate con leggi precedenti ma non ancora spese, un po’ perché la burocrazia uccide
anche gli enti pubblici, un po’ per i vincoli imposti dal Patto di stabilità. E così l’amministrazione di
Tricesimo potrà contare ancora su 200 mila euro per ristrutturare la casa di riposo “Nobili de Pilosio” e
su 113 mila 059 euro per 15 anni per coprire il mutuo aperto per ampliare il centro turistico e culturale.
A Chions, invece, nessuno toccherà i 600 mila euro (30 mila per vent’anni) per la riqualificazione del
centro urbano di Villotta. Stessa cosa a Marano amministrazione che ritrova gli oltre 568 mila euro per
la messa in sicurezza del ponte mobile sul canale del molino. Progetti lampo e l’ira di Ciriani Il
concessionario dell’ex aerocampo di Campoformido, invece, ottiene 100 mila euro per le manutenzioni
straordinarie, mentre il Consorzio dei servizi turistici di Forni di Sopra un po’ di più, 120 mila. Incassa
il sostegno regionale per 22,5 milioni Elettra Sincrotrone di Trieste – 1,5 milioni per 15 anni – per
l’ammortamento del mutuo ventennale contratto con Banca depositi e prestiti. «È incredibile. Il
centrosinistra ha chiuso l’argomento in tre minuti – sbotta Luca Ciriani (FdI) – senza motivare la scelta.
A Sincrotrone arrivano zero contributi dallo Stato, ma ci pensa la Regione mentre le scuole, le case di
riposo e gli ospedali non sono neanche in sicurezza».
Assunzioni, la Finanza a Roma (Gazzettino)
Maurizio Bait TRIESTE - Approda a Roma l’inchiesta avviata dal procuratore della Corte dei conti,
Maurizio Zappatori, per accertare l’assenza di danni erariali nelle procedure di assunzione di due
lavoratori interinali all’Ufficio di gabinetto della Presidenza della Regione e alla Direzione centrale
Infrastrutture. È infatti nella capitale che i finanzieri della Polizia tributaria di Trieste (Nucleo tutela
spesa pubblica) hanno ricevuto l’incarico di verificare carte alla mano le procedure seguite dall’agenzia
incaricata di reclutare le professionalità per conto della Regione. Per far questo, si va a Roma, in via
Valladier 53, in "casa" dell’agenzia per il lavoro Talea, quella che ha vinto a suo tempo la selezione
pubblica per rifornire di personale interinale Mamma Regione.
La vicenda ruota tutta attorno alla circostanza che i due giovani in questione sono impegnati in politica:
uno quale assessore al Comune di San Giorgio di Nogaro e l’altro in qualità di consigliere comunale di
Sel a Udine. Niente di male, naturalmente, a patto che si sia seguito il criterio dell’imparzialità nelle
selezioni. Al ritorno dalla trasferta romana, i finanzieri devono redigere una relazione per la Procura nel
più breve tempo possibile, in modo da consentire una rapida conclusione dell’indagine affermando la
piena legittimità di quanto avvenuto o, per converso, formalizzando contestazioni che allo stato non
sono alle viste. È anche il caso di ricordare che l’ordinamento italiano vieta assunzioni interinali nella
Pubblica amministrazione, ma non così quello del Friuli Venezia Giulia, Regione autonoma con
competenza esclusiva sull’organizzazione del proprio personale.
Non sarà breve, invece, l’inchiesta per accertare l’eventuale sussistenza di danni erariali collegabili alle
vecchie perdite di Mediocredito Fvg. La banca, ora controllata saldamente dalla Regione, ha appena
concluso la seconda e ultima fase di ricapitalizzazione e ha avviato un percorso di risanamento difficile
che, tuttavia, ha già cominciato a sortire risultati incoraggianti dopo passivi dell’ordine di 62 milioni in
un anno. La Procura della Corte attende un rapporto dalla Polizia tributaria di Udine, che verifichi se e
in quale misura i soldi regionali impegnati come capitale fresco in Mediocredito siano serviti per
ripianare le perdite. Le Fiamme gialle devono inoltre identificare le persone dell’Amministrazione
regionale che, quali azionisti della banca, possano aver indirizzato scelte rivelatesi poco felici. A quel
punto occorrerà valutare se tali condotte, ammesso siano considerabili colpevoli, siano state
caratterizzate da forme lievi o gravi di colpa, poiché nel primo caso non è possibile procedere. E
soprattutto: l’eventuale danno erariale alla Regione non può perfezionarsi se non con l’uscita effettiva
del denaro dalle casse pubbliche. Questo deve materialmente ancora avvenire nella sua totalità.
È dunque del tutto probabile che l’indagine venga conclusa non dal procuratore Zappatori, appena
nominato presidente della Sezione giurisdizionale di Trento della Corte, ma dal suo successore, che
ancora dev’essere prescelto. Anche qui, come per le assunzioni interinali, le indagini non hanno ancora
prefigurato alcuna forma di responsabilità erariale. E non è detto - occorre precisarlo - che tali
circostanze emergano nel prosieguo del lavoro degli inquirenti.
Debora affida a un trentenne la guida di Insiel (Piccolo)
di Gianpaolo Sarti TRIESTE Debora Serracchiani affida la presidenza di Insiel a un trentenne. È il
friulano Simone Puksic, a cui andrà uno stipendio di 30 mila euro lordi l’anno. Il giovane prende il
posto di Lorenzo Pozza, scomparso recentemente, che deteneva anche la carica di amministratore
delegato. Figura, questa, su cui la giunta si prende ancora tempo e che sarà individuata con un bando.
Trent'anni, “ambasciatore della cultura digitale in Italia”, come precisa una nota della Regione, Puksic
è project & marketing manager del Distretto delle tecnologie digitali (Ditedi) e coordinatore per il Fvg
del progetto “Go On Italia” per la diffusione della cultura digitale tra cittadini, imprese e pubblica
amministrazione. «Il nuovo presidente è un professionista giovane, con solida esperienza e di grandi e
riconosciute competenze, in Italia e all'estero, che saprà trasmettere adeguatamente l'impulso
innovativo che vogliamo imprimere a Insiel», ha commentato l'assessore regionale alla Funzione
pubblica Paolo Panontin, a fianco del quale Puksic ha già lavorato per il superamento del “digital
divide”. L'indicazione di Puksic passa ora al vaglio della giunta per le nomine del Consiglio regionale.
Toccherà poi all’assemblea degli azionisti, convocata dalla governatrice stessa visto che la Regione
detiene il 100% delle quote, ufficializzare la decisione. Pozza, il cui guadagno si aggirava attorno ai
150 mila euro lordi annui, era stato presidente e ad della società in house per soli sette mesi, dal
febbraio di quest'anno fino allo scorso 1 ottobre, giorno della morte improvvisa. «Con Lorenzo Pozza
la nostra società informatica si è incamminata lungo un percorso virtuoso di riqualificazione di ruolo e
funzioni, che ora deve riprendere. Il neo presidente, assieme all'amministratore delegato che
individueremo a breve con un bando - ha reso noto Panontin - opereranno sul sentiero tracciato da
Pozza, il quale aveva predisposto un Piano di riorganizzazione volto a modernizzare Insiel, rendendone
più efficienti i servizi offerti, specie in settori chiave quali sanità ed enti locali». Si tratta del Piano
industriale 2014-2017, annunciato a settembre, che ha rivisitato la mission della società. L’azienda,
destinata a diventare il centro tecnologico di riferimento per la regione, si limiterà a fornire servizi
informatici alla Pubblica amministrazione, relegando al minimo la produzione “in proprio”. Insiel, in
sostanza, potrà anche attingere i prodotti dal mercato. Tra gli obiettivi la riduzione del 30% dei costi
strutturali, investimenti per 10 milioni di euro e un incremento dei ricavi da attività del 50%
mantenendo il reddito operativo (2milioni di euro) del 2014. Nell’arco del prossimo triennio è prevista
l’uscita, con prepensionamenti, di un centinaio di dipendenti a fronte di 50 assunzioni. Le posizioni
organizzative, invece, passano da 84 a 42.
Un'agenda per uscire dalla crisi (M. Veneto)
di GIOVANNI FANIA, segretario regionale Cisl Per capire che le cose nel nostro Paese e in regione,
dal punto di vista dell’industria e dell’occupazione, stanno andando male non era certo necessario
aspettare i dati di questi giorni sulle ore di cassa integrazione autorizzate ad ottobre. Basterebbe
ascoltare le allarmanti dichiarazioni di Federmeccanica rispetto al settore metalmeccanico, che ha perso
oltre 31 punti percentuali sul periodo pre-recessivo, con una ricchezza prodotta scesa a meno 18 per
cento; oppure ricordare che, in Fvg, si contano più di 40 mila persone a oggi senza lavoro. O, ancora,
basterebbe riflettere sul fatto che il settore dell’edilizia - da sempre specchio dell’andamento
dell’economia - negli ultimi 5 anni, ha sacrificato circa 800 mila addetti a livello nazionale, di cui ben 5
mila 500 solo nella nostra regione. Credo che proprio su quest’ultimo punto, e pensando ai lavoratori
del settore scesi in piazza in queste ore, andrebbe fatto qualche ragionamento. Partendo dall’assist
principale: ovvero che l’urgenza attuale è, e deve rimanere, quella di creare nuovi posti di lavoro,
antidoto non solo a una economia in letargo, ma anche alla crescente povertà cui assistiamo pure in
Fvg. Le opportunità ci sono. Sette miliardi di euro possono arrivare dai fondi strutturali per l’efficienza
energetica, senza contare che le stesse direttive europee sulle prestazioni energetiche per la nuova
edilizia e la riqualificazione stabiliscono che dal 2021 (parliamo di soli sei anni) tutta la nuova edilizia
dovrà consentire bollette “nearly zero energy” con grandi benefici per l’ambiente, ma anche per i
cittadini. Alcuni territori si stanno già muovendo su questa strada. Basti pensare, ad esempio,
all’esperienza della Provincia di Trento, che ha incentivato la costruzione del “cappotto” degli
immobili per rilanciare l’edilizia, favorendo al contempo il risparmio energetico. Una delle strade
possibili, infatti, per tornare a crescere, è quella dell'edilizia sostenibile, che va perseguita ed agevolata.
Ma senza aspettare il traguardo del 2021, sarebbe sufficiente guardare all’Italia, in ginocchio dalle
alluvioni di queste settimane. I danni materiali provocati al territorio ammontano a circa 22 miliardi. La
prevenzione, con la messa in sicurezza del territorio, costerebbe allo Stato 8,4 miliardi. Una cifra, in
tempi di crisi, esorbitante se si considera che questa spesa, come quelle future, potrebbe essere arginata
da interventi di edilizia, in prima battuta risanatori, e in prospettiva sostenibili. Gli immobili vanno
riqualificati, le costruzioni ripensate: se la politica saprà capire tutto questo e agevolare scelte mirate, il
comparto riprenderà fiato e con esso tutta l’economia e l’occupazione. Certo, i segnali arrivati
dall’ultimo tavolo regionale di concertazione con l’assessore Panariti sono sicuramente positivi: così, la
convalida, tutt’altro che scontata, delle misure anticrisi; così il rinnovo con la Bcc, sebbene non ancora
ufficiale, del protocollo di anticipazione della cassa integrazione ordinaria e straordinaria; o, ancora,
l’ipotesi, suggerita dalla Cisl, di coinvolgere Mediocredito per quanto riguarda la cassa in deroga. Bene
anche le rassicurazioni sugli annunciati 10 milioni da dedicare al fondo povertà e l’impegno sulla
formazione professionale e la riforma dell’Agenzia regionale del lavoro. Tuttavia, sappiamo che tutto
ciò da solo non basterà a raggiungere la priorità di creare lavoro. Sappiamo che ci vuole altro: politiche
industriali concrete. Vale a dire cominciare a cantierare le piccole opere edili, a partire dalle
manutenzioni degli edifici pubblici e delle scuole; vale a dire ragionare seriamente di infrastrutture
perché è inutile parlare di super porto o di alta velocità quando alcuni tratti strategici della nostra rete
ferroviaria sono ancora a binario unico, facendo davvero sinergia con le altre regioni del Nordest e
rilanciando la concertazione. A questo proposito la Cisl chiederà a Confindustria e alla Regione di
riattivare il tavolo per discutere un’agenda di priorità da soddisfare entro il breve termine per ridare
competitività ai nostri territori. Non vogliamo rassegnarci a sentire la solita messa cantata: crediamo sia
possibile invertire la rotta, ma dobbiamo cambiare uno schema che fino adesso ha accompagnato le
crisi ma non ha risolto i problemi.
Coopca, a rischio paga di novembre e tredicesima (M. Veneto)
TOLMEZZO I sindacati sulla crisi di CoopCa segnalano problemi con stipendi, ma anche con le
tredicesime per i lavoratori. «Non viene garantito – spiegano le organizzazioni Cgil e Filcams, Cisl e
Fisascat e Uil e Uiltucs dopo le assemble con i lavoratori che si sono tenute l’altra sera ad Amaro e ieri
a Udine - il pagamento dell’intera tredicesima mensilità e dell’intera retribuzione di novembre ma solo
i ratei decorrenti dalla data della presentazione dell’istanza concordataria, ossia dal 17 novembre.
Considerando che molti lavoratori – osservano - non sono riusciti neppure a ricevere la mensilità di
ottobre, questo comporterebbe un ulteriore dramma per centinaia di lavoratrici e di lavoratori.
Chiediamo con fermezza alla Cooperativa di adoperarsi per risolvere almeno questa vicenda». Il
confronto con i dipendenti è stato denso di tensione e preoccupazione. Il sindacalista Fisascat, Paolo
Duriavig, spiega tra l’altro che i lavoratori che si facevano accreditare lo stipendio sul libretto CoopCa
e avevano in principio problemi per il blocco dei conti dal 17 novembre erano 27, ora scesi a 11 e per
cui si cerca ancora la soluzione. Ora la sfida, afferma, è salvare i posti di lavoro e serve un serio piano
di rilancio di CoopcCa. Tutte le sigle sindacali spiegano di aver «accolto positivamente l’impegno
assunto dalla Regione nel proporre la creazione di una task force di persone capaci e competenti per
affrontare la situazione e predisporre un serio e credibile piano industriale di rilancio chiedendo la
costituzione di un tavolo di crisi permanente. Le dimissioni di quattro componenti del cda – affermano
- sono un primo passo, anche se non esaustivo, verso una discontinuità con la passata gestione della
cooperativa». Si spera ora in soluzioni che evitino di fare di CoopCa uno “spezzatino”, perché ne
deriverebbe la fine di CoopCa e l’impoverimento di un territorio già fragile. Serve, aggiungono, fare
tutti sistema per assicurare la continuità dell’attività produttiva e occupazionale di CoopCa, nonché per
garantire il rimborso dei prestiti. E infine c’è l’invito ai consumatori a continuare a fare la spesa in
CoopCa, non solo «per dimostrare la solidarietà e la vicinanza alle lavoratrici ed ai lavoratori, unici a
pagare, sempre, le scelte miopi e sbagliate della dirigenza e del consiglio di amministrazione, ma anche
per garantire incassi utili e preziosi soprattutto in un momento grave e delicato come questo». Tanja
Ariis
Sanità, tagliati 449 posti letto: «La riduzione sarà graduale» (M. Veneto)
di Anna Buttazzoni UDINE Il prezzo più alto lo paga Trieste, tra Burlo, Cattinara e Maggiore. Ma non
sorridono nemmeno a Gemona, Cividale, Sacile e Maniago, tutti ospedali che vanno riconvertiti e che
quindi perderanno i posti letto per acuti. L’assessore Maria Snadra Telesca e il direttore Adriano
Marcolongo mettono nero su bianco il punto d’arrivo della riforma varata in Consiglio a inizio ottobre.
Un punto d’arrivo che prevede 449 posti letto in meno. Come mostra la tabella, la riforma è stata
applicata e sintetizzata attraverso i numeri ospedale per ospedale, anche secondo le nuove
aggregazioni. Dati che domani sarà Telesca a spiegare in Commissione consiliare. Il primo criterio cui
rispondere è la legge Balduzzi, il testo di riferimento nazionale. E le indicazioni prevedono la necessità
di portare l’ospedale per acuti da 3,8 a 3 posti letti ogni mille abitanti. Ecco uno dei motivi, oltre alle
esigenze dell’attuale domande di salute, per cui la riforma è stata pensata. Perché, nelle intenzioni,
elimina i doppioni – tra i reparti di Chirurgia o di Ortopedia, per fare un esempio – , tagli i letti per
acuti, ma punta a incrementare quelli per Rsa, per post-acuti, per la riabilitazione o per l’hospice. Ecco
allora che la riforma della Sanità in Fvg vuole arrivare a ridurre 286 posti letto ordinari e 163 per il day
hospital, un totale di 449 posti per arrivare al traguardo dei 3530 ordinari rispetto ai 3816 attuali e 350
in day hospital rispetto ai 513 di oggi. I tagli maggiori saranno nei reparti di Medicina e Chirurgia agli
ospedali Cattinara e Maggiore di Trieste che complessivamente dovranno riorganizzarsi per perdere
156 posti ordinari e 35 in day hospital. Gorizia e Monfalcone, invece, dovranno “guadagnare” 17 posti
ordinari e perdere 10 in day hospital. In Friuli, invece, Latisana e Palmanova avranno numeri pressoché
stabili, mentre nel “distretto” formato da San Daniele, Tolmezzo e Gemona sarà quest’ultimo ospedale
a perdere gli attuali posti per essere riqualificato. Così come accadrà a Cividale, aggregato a Udine; a
Sacile unito a Pordenone e a Maniago. «Questi sono i numeri dopo l’applicazione della riforma –
spiega Telesca –, obiettivo che potremo raggiungere in alcuni posti in pochi mesi e in altri in un paio
d’anni, perché prima di togliere posti letto va organizzata l’alternativa. Il percorso quindi – aggiunge
l’assessore –, come abbiamo sempre detto, graduale e terrà conto delle singole realtà. Ci saranno
ospedali, quindi, nei quali i nuovi criteri si potranno applicare prima e altri nei quali sarà necessario più
tempo. Va ripetuto, però, che nessuna struttura sarà chiusa. Ci saranno strutture che dovranno essere
riconvertite, come Cividale e Gemona, Maniago e Sacile, che perderanno qualcosa ma nelle quali
saranno potenziati altri aspetti, come l’hospice o l’Rsa». La riforma toccherà anche le strutture private,
che operano grazie a convenzioni con la Regione. Complessivamente i posti letto nelle cinque cliniche
private scenderanno di 35 unità per gli ordinari e di 20 per il day hospital. I tagli maggiori saranno
applicati al San Giorgio di Pordenone, mentre nell’equilibrio tra posti letto per acuti e quelli per il
ricovero diurno solo la “Città di Udine” “guadagnerà” un posto, nel day hospital.
Dai risparmi sui buoni mensa 2,5 milioni per le famiglie povere (M. Veneto)
UDINE Si riduce l’importo del buono pasto assegnato dalla Regione ai propri dipendenti (circa 2.700)
e i risparmi che ne derivano saranno destinati a un fondo per il contrasto delle situazioni di disagio tra
la popolazione. E’ uno degli elementi della preintesa di accordo che è stata siglata ieri a Triesta tra la
Regione, rappresentata dal direttore generale, Roberto Finardi, le organizzazioni sindacali e la
rappresentanza sindacale unitaria. L’accordo ha permesso di definire gli importi delle premialità,
finalizzate a valorizzare i dipendenti, in base al raggiungimento di obiettivi individuali, fissati all’inizio
di ogni anno. Per il 2011 le risorse complessive a disposizione ammontano a 2,635 milioni di euro, che
corrispondono a importi individuali massimi per il personale non dirigente che vanno da 649 euro lordi
per la qualifica più bassa (A) fino agli 873 per i funzionari (categoria D). Per il finanziamento del
premio riferito agli anni 2012 e 2013 sono state destinate risorse pari a 2,797 milioni per ciascun anno.
In questo caso per il 2012 le premialità individuali oscillano da un minimo di 710 a un massimo di 954
euro lordi, per chi abbia raggiunto la totalità degli obiettivi indicati. La quantificazione degli importi
per il 2013 sarà invece fatta appena conclusa la valutazione del personale da parte dei dirigenti.
Rimangono ancora da definire le risorse a disposizione della premialità per l’anno in corso. Per quanto
riguarda invece la mensa, l’indennità finora corrisposta a tutti i dipendenti (per un lordo di circa 11
euro per i dirigenti e 11,70 per i non dirigenti, che rappresentava però un costo aziendale di circa 15,50
euro, comprensivi di oneri riflessi) viene sostituita dal prossimo primo gennaio da un buono pasto
giornaliero, anche elettronico, del valore netto di 7 euro. Grazie a questa decisione, di fatto il costo per
la Regione di questa voce si dimezza, passando da oltre 5 a circa 2,6 milioni di euro. In accordo con le
rappresentanze sindacali, questa misura avrà una sperimentazione di tre anni. Le organizzazioni
sindacali hanno chiesto che il risparmio sia destinato a interventi di politica sociale miranti al contrasto
delle situazioni di maggior disagio. «L’amministrazione regionale - ha spiegato il direttore - ha
apprezzato il senso di solidarietà che ispira questa indicazione, assicurando il proprio impegno per dare
concretezza e massima efficacia alle azioni tese a perseguire questo obiettivo». Al termine, le parti
presenti al Tavolo hanno anche concordato di avviare un ragionamento volto ad operare, nel rispetto
del vigente sistema delle relazioni sindacali, una rivisitazione complessiva della contrattazione
collettiva decentrata integrativa, sia per adeguarla al rinnovato contesto normativo di riferimento che
per rafforzare l’obiettivo di innovare la funzione pubblica, accrescendone professionalità ed efficienza.
«La preintesa - ha commentato la presidente, Debora Serracchiani - è un primo e importante passo in
un percorso di riforma del pubblico impiego regionale, raggiunto attraverso un confronto corretto.
Positiva l’intesa sulla destinazione dei risparmi di spesa». Secondo la presidente «l’accordo porta ad
una oggettiva normalità la questione dell’indennità di mensa, definendo un buono pasto che si allinea
finalmente agli importi decisi dal Governo nazionale per tutti i dipendenti del pubblico impiego, ma
non ancora applicati tra i nostri dipendenti, a differenza di quanto avviene per quelli degli enti locali
regionali, di fatto dimezzando la spesa su questo capitolo». L’assessore alla Funzione pubblica, Paolo
Panontin, ha espresso il suo «riconoscimento per l’atteggiamento responsabile dei rappresentanti dei
lavoratori pubblici. Il confronto è stato condotto dalle parti nel rispetto dei ruoli ma con la volontà di
raggiungere il comune obiettivo di valorizzare il personale, farlo sentire parte di un progetto di ampio
respiro volto a rendere più efficiente e funzionale l’apparato pubblico, nell’interesse di cittadini e
imprese».
CRONACHE LOCALI
Ideal Standard rompe la trattativa al ministero (M. Veneto Pordenone)
Ideal Standard abbandona il tavolo al ministero dello Sviluppo economico, rompendo quindi la
trattativa con la coop Ceramiche Idealscala sul progetto di reindustrializzazione del sito di Orcenico.
Ieri l’ennesimo colpo di scena a Roma: la multinazionale ha interrotto il negoziato, dopo che nei giorni
scorsi si era detta disponibile a valutare la cessione a costo zero di impianti, marchio e sito a Idealscala,
«seppur per un breve periodo», a condizione che la coop trasmettesse il suo business plan. «La rottura è
diventata inevitabile dopo una decina di tentativi da parte nostra e altrettanti rifiuti addotti con
giustificazioni pretestuose da parte della coop per esaminare il business plan, così come concordato e
ribadito di fronte al Governo in più occasioni», ha dichiarato Ideal Standard. Ma sindacati, Regione,
Unindustria e Confocooperative hanno condannato, per l’ennesima volta, l’atteggiamento aziendale.
Intanto oggi la coop trasmetterà il piano. Nel frattempo è stato annunciato il rafforzamento del presidio
fuori del sito di Orcenico. I sindacati. «L’azienda ha rifiutato di sottoscrivere il verbale di riunione e
abbandonato il tavolo ministeriale: un comportamento inaccettabile nonostante la disponibilità del
sindacato a illustrare e poi consegnare il piano industriale che, indipendentemente dai fatti accaduti, la
coop invierà – commenta Franco Rizzo (Cisl) –. Ciò che non possiamo accettare è il fatto che il
management, dopo aver chiuso 3 stabilimenti in 5 anni, messo in strada centinaia di persone e sanato i
bilanci coi soldi pubblici, si permetta di giudicare anche il piano della coop e bocciarlo se non di
proprio gradimento. Comportamenti aziendali pretestuosi: il vero obiettivo è evitare in tutti i modi che
possa ripartire una nuova attività». Una posizione condivisa anche da Giuseppe Pascale (Cgil) e
Maurizio Sacilotto. «Un atteggiamento vergognoso e un disimpegno rispetto agli accordi sottoscritti: se
l’azienda resterà inadempiente – avvertono Cgil, Cisl e Uil – risponderà delle proprie responsabilità.
Nel frattempo rafforzeremo il presidio e gli impianti, in assenza di accordo, non usciranno da Orcenico.
Ai lavoratori di Trichiana diciamo che se sono interessati agli impianti, e se servono realmente, è tempo
di muoversi per contribuire a una soluzione positiva pure per loro». La Regione. «E’ inaccettabile e
scorretto che Ideal Standard abbia unilateralmente deciso di interrompere le trattative – dichiara il
vicegovernatore Sergio Bolzonello –. La proprietà ha abbandonato il tavolo, non accettando
minimamente quanto veniva proposto. In tutti questi mesi di discussione e analisi, per una chiara
volontà della proprietà, di fatto non si è furbescamente voluto fare un concreto passo avanti sulla strada
che prevedeva, a fronte della chiusura dell'attività Ideal Standard, una ripresa produttiva basata sul
piano industriale della coop Idealscala, con la messa a disposizione di aree e parte dei macchinari per
far riprendere fattivamente la produzione. Al Mise la multinazionale ha rappresentato nuove e diverse
esigenze dietro alle quali trincerarsi: questa proprietà è chiamata soltanto a offrire a condizioni di
favore per un possibile recupero di una produzione industriale che non può che svilupparsi su una
cessione a prezzi simbolici di impianti, macchinari e sito». E conclude: «Credo che Ideal Standard
abbia preso in giro tutti, ministero, Regione, enti territoriali, sindacati e lavoratori della coop: non ci
sono parole». Unindustria. «Un atteggiamento inqualificabile quello di Ideal Standard – osserva
Michelangelo Agrusti –. Ora la coop trasmetterà il piano per togliere l’ultimo inutile alibi all’inazione
aziendale, così che tutte le remore rappresentate trovino fine. Resta, comunque, la forte decisione di
tutte le parti per giungere a una conclusione positiva della trattativa con la coop». Confocooperative.
«L’azienda non rispetta lavoratori, che invece stanno reagendo con senso di responsabilità e dignità,
istituzioni, sindacati e organizzazioni di categoria – commenta Marco Bagnariol –. Una trattativa lunga,
che gli addetti stanno affrontando con impegno: ora questa nuova richiesta della proprietà quando
invece sembrava che l’incontro potesse essere risolutivo, anche grazie a quanto esposto e concordato
nel tavolo di confronto delle scorse settimane. Ma Ideal Scala, e noi di Confcooperative, non molla e
presenterà quanto richiesto, anche se non era nei patti sinora siglati, per arrivare presto a uno sblocco
della situazione. La coop ha risposto alla richiesta della proprietà: ora non ci sono più scuse».
L’azienda. Dal canto suo, la multinazionale, in una nota, ha dichiarato di prendere «atto con rammarico
della non volontà della coop di proseguire nel percorso delineato, dopo aver speso quasi 30 milioni di
euro e aver impiegato molti mesi per trovare una soluzione. Gli impegni prevedevano la cessione a
condizioni di favore degli asset per l’avvio della coop a fronte della messa a disposizione del business
plan. Oggi priorità di Ideal Standard è l’implementazione del piano industriale e commerciale 20152017». Giulia Sacchi
Assemblea Nuova Infa, via libera alla newco (M. Veneto Pordenone)
Via libera dai 95 lavoratori della Nuova Infa di Aviano (Gruppo Sassoli) all’accordo sindacale per la
costituzione della newco, che porterà avanti l’attività aziendale da gennaio e consentirà il
riassorbimento iniziale di 65 maestranze. Ieri in assemblea, gli addetti hanno dato mandato ai
rappresentati delle forze sociali di procedere con la sottoscrizione dell’intesa, in programma a metà
mese. Dal punto di vista occupazionale, la bozza di accordo prevede che entrino nella newco 65 unità a
partire dal primo gennaio, con scaglioni sino al 30 giugno. Quanto ai 30 esuberi, ci sono delle aperture:
dai 6 ai 9 addetti continueranno a lavorare sulla linea antimpronta, all'interno di Nuova Infa in
liquidazione: la prospettiva è di inglobare questa linea produttiva nella nuova società, a partire da metà
2015. Da luglio, quindi, è possibile che i riassunti siano più di 65. C’è inoltre l'impegno da parte
dell'azienda di attingere dal bacino delle unità in esubero, sino al 31 dicembre 2018, per eventuali
assunzioni a tempo determinato e indeterminato, in base alle esigenze produttive interne a newco e
Lavorazioni inox, altra realtà del Gruppo. Le unità che non saranno riassorbite potranno usufruire della
cassa integrazione ordinaria sino al 30 giugno: una volta terminata la fase della liquidazione, saranno
licenziate. Sul fronte degli ammortizzatori, dal prossimo anno, in base alla legge delega, dovrebbe
sparire l'utilizzo della cassa straordinaria per cessata attività, che oggi è prevista invece proprio in
queste circostanze: in caso di modifiche del Governo, l’azienda si è impegnata a presentare istanza per
tale misura. Impegno dei vertici anche ad aprire una procedura di mobilità per quanti volessero lasciare
l'azienda entro il 30 giugno. Sono previsti pure incentivi all’esodo: 15 mila euro, che saranno
corrisposti a rate. Il passaggio dei lavoratori nella newco non prevede modifiche dal punto di vista
contrattuale, salvo per il premio di risultato. C’è l'impegno delle parti, comunque, a discutere questa
partita nel corso del 2015, per costruire parametri adeguati alla nuova realtà. «Sino a qualche mese fa,
Nuova Infa stava attraversando una situazione difficile – ha dichiarato Gianni Piccinin (Cisl) –, mentre
ora vi è una prospettiva, che non consente subito il passaggio di tutti gli addetti, ma c’è comunque
un'apertura a un'implementazione futura dell’organico, in base alle esigenze produttive». «La newco
consente di mantenere in vita il progetto industriale – ha aggiunto Roberto Zaami (Uil) – e dare quindi
prospettive a una zona industriale, quella di Aviano, vittima come tante altre della crisi. Abbiamo fatto
il possibile per dare maggiori tutele a tutti i lavoratori». Quanto alla Lavorazioni Inox, ieri è stata
siglata a Unindustria la proroga di un anno dei contratti di solidarietà. (g.s.)
Sciopero generale Cgil del 12 dicembre, aderisce il trasporto pubblico (M. Veneto Pordenone)
Anche il settore del trasporto aderisce allo sciopero generale proclamato dalla Cgil per il 12 dicembre,
per tutte le categorie del pubblico e privato. Il personale del servizio urbano di Atap incrocerà le
braccia dalle 9 alle 12.30 e dalle 16.30 alle 20.30, mentre quello dell'extraurbano dalle 8.30 alle 12.30 e
dalle 16.30 alle 23. Logistica, trasporto merci e spedizioni sciopereranno per 8 ore. Questi i servizi
minimi garantiti: trasporto di carburante e combustibile da riscaldamento, raccolta e distribuzione del
latte, trasporto animali vivi, medicinali, forniture per ospedali e case di cura e prodotti alimentari di
prima necessità. Inoltre, per la funzionalità e la sicurezza degli impianti, saranno garantite le
prestazioni di custodia, funzionalità e controllo di centrali frigorifere, sala macchine, container
frigoriferi e impianti di riciclo, refrigerazione silos e controllo merci pericolose e deperibili. «Ogni
modifica, attraverso il Jobs Act, dell'articolo 18 della legge 300/1970, che tutela i lavoratori dal
licenziamento individuale senza una valida motivazione, è irricevibile - è il giudizio espresso dalla Filt
Cgil -. Altrettanto grave è la decadenza dell'articolo 4 della stessa legge, che vieta il controllo a
distanza dei lavoratori per mezzo di videocamere e geolocalizzazione. Inoltre, l'articolo 13 della legge
300/70, se abrogato, determinerà la legalizzazione di demansionamento e riduzione della retribuzione».
E aggiunge: «Le modifiche alla legge 300/70 (o statuto dei diritti dei lavoratori), demoliscono tutto
l'impianto dei diritti, rendendo difficile, se non impossibile, rinnovare contratti di lavoro se si rischia il
licenziamento. Le retribuzioni non cresceranno e di conseguenza si deprimeranno ancora di più i
consumi». (g.s.)
In coda al pronto soccorso. Tutti i tempi di attesa in rete (Gazzettino Pordenone)
Loris Del Frate Ore 16.30 di ieri pomeriggio. Se qualche paziente arrivava a quell’ora al pronto
soccorso dell’ospedale di Pordenone in codice bianco (è quello più basso nel livello di urgenza) doveva
attendere, prima di essere preso in carico da un medico, 5 ore e 11 minuti. Se invece la stessa persona
fosse andata, al pronto soccorso di San Vito, l’attesa sarebbe stata di un’ora e 15 minuti. Se invece
l’intervento fosse stato fatto a Sacile bastava aspettare 7 minuti, che salvano (sempre alla stessa ora e
sempre con lo stesso codice) a un’ora e 40 a Spilimbergo. Infine, per citarli tutti, nel punto di primo
soccorso di Maniago il codice bianco sarebbe stato soddisfatto in 35 minuti. Non è tutto. Sempre in
tempo reale era anche possibile sapere quanti pazienti erano in attesa nei vari pronto soccorso a
seconda del codice: rosso, quello più grave, giallo, verde e bianco. In tutti gli ospedali dell’area vasta
pordenonese.
Nessuno miracolo, ma un nuovo Servizio che l’Azienda Ospedali Riuniti ha voluto mettere in rete in
modo da favorire i cittadini. Non solo. Il direttore generale Paolo Bordon è stato il primo in regione a
dare il via libera a questo servizio che può aiutare parecchi i cittadini a scegliere in quale pronto
soccorso recarsi. Ovviamente se non sono in emergenza. Ci sono alcune avvertenze per l’uso. La prima
è che i tempi sono indicativi. Come dire che l’attesa che appare potrebbe non essere rispettata al
secondo, anche se le presenze vengono aggiornate in tempo reale. Basta, però, che un intervento duri
più a lungo o che arrivi un codice di emergenza più alto che i tempi possono allungarsi. La seconda
avvertenza è che i codici bianchi - di fatto sono almeno il 55 per cento di tutti gli ingressi - dovrebbero
essere trattati dal medico di medicina generale. Come dire, insomma, che mettere in rete i tempi di
attesa non significa certo incentivare l’arrivo al posto di emergenza dei codici bianchi. Per accedere alle
tabelle con i tempi di attesa basta entrare nel sito dell’ospedale Santa Maria degli Angeli
(www.aopn.sanita.fvg.it) e nella "home page" cliccare l’apposito link. A quel punto compare l’intera
situazione delle attese, ospedale per ospedale. Il primo è quello di Maniago, dove c’è un punto di primo
soccorso. I dati vengono aggiornati in tempo reale.
Sanità e anziani, la riforma in un convegno dello Spi Cgil (M. Veneto Pordenone)
MANIAGO La lega distrettuale del sindacato dei pensionati Spi Cgil di Maniago-Spilimbergo ha
organizzato per le 14.30 di domani, al Centro assistenza anziani della città del coltello, un convegno
pubblico sulle nuove leggi regionali relative alla riforma sanitaria e all’invecchiamento attivo,
recentemente approvate dal consiglio regionale. La presidenza del convegno è affidata a Claudio
Foresto, segretario generale della lega distrettuale dei pensionati, mentre la relazione introduttiva sarà
tenuta da Nazario Mazzotti, della segretaria provinciale Spi Cgil. Seguiranno gli interventi della
vicepresidente della terza commissione del consiglio regionale, Renata Bagatin, di Antonio Gabrielli,
direttore del distretto socio-sanitario Nord, di Andrea Gaspardo, assessore alla Sanità e alle Politiche
sociali del Comune di Maniago, e di Giorgio Simon, direttore sanitario dell’Azienda sanitaria 6. Le
conclusioni sono affidate a Giuliana Pigozzo, segretario generale della camera del lavoro Cgil di
Pordenone. Considerata l’importanza degli argomenti trattati, l’auspicio della lega distrettuale è che i
cittadini partecipino all’evento. (g.s.)
Zillo, investimenti per ridurre l'inquinamento (Gazzettino Pordenone)
MANIAGO - È attesa entro l’anno la sentenza del Tar del Friuli sul ricorso presentato dal Comune di
Maniago - col sostegno di quello di Cavasso e degli altri contermini - che era stato escluso dalla
Conferenza dei servizi per discutere sul progetto della Zillo di Fanna di co-combustione di rifiuti. Si
tratta di un passaggio chiave rispetto alla possibilità di procedere con le modifiche all'impianto che
alimenta gli altiforni della cementeria, che diminuirebbero la quantità bruciata di Pet-coke (15 mila
tonnellate l'anno) sostituendola con rifiuti adeguatamente trattati (30 mila tonnellate).
L'amministrazione aveva impugnato il verbale della Conferenza dello scorso 22 gennaio e il decreto di
rinnovo del successivo 20 febbraio con cui si concedeva l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia).
Qualora il Tar dovesse dare torto agli enti locali, esiste tuttavia la possibilità di appellarsi alla Corte di
giustizia europea. Nonostante le battaglie legali, nei giorni scorsi, grazie alla regia di Unindustria,
l'amministrazione maniaghese è stata ospite della Zillo, dove ha seguito le varie fasi della lavorazione e
ha anche appreso, direttamente dai vertici del gruppo che ha sede ad Este, della volontà di procedere a
sostanziosi investimenti, che da un lato garantiscano innovazione e stabilità nell'occupazione (al
momento non si registrano particolari sofferenze) e dall'altro assicurino un ulteriore salto di qualità
nella riduzione dell'impatto ambientale.
Missione lavoro, gli operai vanno in tour (M. Veneto Udine)
TARVISIO Un tour fra le amministrazioni della Valcanale per tenere alta l’attenzione sul fallimento
Weissenfels. Un tour che toccherà il culmine con un’assemblea pubblica a Tarvisio in cui saranno
invitati tutti, da Pewag a Kito, fino al curatore fallimentare, Paola Cella. Ecco il progetto che le
organizzazioni sindacali, con Cgil in testa, hanno presentato ieri ai lavoratori, riuniti in assemblea ed
esasperati dalla situazione. «Tra l’ignoto e il conosciuto, preferiamo Pewag», sintetizza il segretario
regionale della Fiom Cgil, Gianpaolo Roccasalva. Intanto però, proprio nella relazione di Cella
compilata a fine ottobre, si legge che la Procura è impegnata su più di un fronte a Fusine. Al momento
Weissenfels non ha cause in corso per il fallimento. Ma «non si esclude di doverne intraprendere per
recuperi crediti o azioni di responsabilità legate a fatti e comportamenti denunciati e attualmente al
vaglio della Procura». Cella entra anche nello specifico: «Tra questi c’è il possibile abuso dell’istituto
del concordato preventivo da parte del liquidatore sociale e da parte dei professionisti che l’hanno
assistito». Per tali azioni è già stato nominato l’avvocato Ciro Carano per tutelare l’azienda. Ma non è
tutto. Perché «dalla contabilità risulta anche un credito di 420 mila euro – prosegue Cella –, somma che
si ritiene sia stata distratta e già al vaglio della Procura». In questo clima, gli 84 dipendenti delle
Acciaierie Valcanale (ex Weissenfels) vedono da vicino la cassa integrazione. Una beffa alla luce del
piano di rilancio proposto da Pewag pochi mesi fa. Un piano che avrebbe portato a Fusine «una parte
della produzione che oggi è in Repubblica Ceca», spiega Roccasalva. Ma dopo lo stop alla vendita
deciso dal curatore fallimentare tutto è precipitato. Non solo Pewag ha bloccato il trasferimento di
macchinari, brevetti e know how a Fusine, oltre ovviamente al ridimensionamento a est, ma ha pure
chiesto e ottenuto l’accesso alla cassa integrazione: attivabile per 50 operai e 13 settimane. In questo
momento l’azienda sta programmando le produzioni, ma la cassa scatterà a giorni. «Non aiuta il fatto di
avere una situazione incerta – prosegue Roccasalva –, le persone sono arrabbiate. Lo stop alla vendita
sta comportando un grave danno perché non c’è certezza su chi potrà gestire nel prossimo futuro
l’azienda». Ecco perché il tour fra le amministrazioni punta a mettere fretta a Cella. «Pare che il
curatore stia attendendo il prossimo anno per fare scadere il diritto di prelazione della Pewag (l’affitto
d’azienda termina il 9 dicembre 2015, ndr) – aggiunge Roccasalva –. Siamo davanti al concreto rischio
di perdere tempo e forse anche l’impegno di Pewag e l’interesse di Kito. È impensabile vivacchiare per
un anno». Come detto, i «lavoratori sono esasperati – chiosa il segretario Fiom –. Abbiamo deciso di
tenere alta l’attenzione e partiremo con un tour di tutte le amministrazioni comunali della Valcanale per
spiegare la situazione». Michela Zanutto
Sangalli lascia la Puglia, gli impianti a San Giorgio (M. Veneto Udine)
SAN GIORGIO DI NOGARO Si fermano gli impianti della Sangalli Vetro di Manfredonia, in Puglia,
le cui lavorazioni verranno trasferite a San Giorgio di Nogaro. Il piano prevede la fermata dell’impianto
Float, iniziata già il 29 novembre, con un raffreddamento dello stesso che durerà una ventina di giorni,
per poi arrivare allo spegnimento prima delle festività natalizie. Nei mesi successivi l’azienda
intenderebbe spostare l’impianto del Magnetronico da Macchia a San Giorgio per produrre più vicino
ai mercati di sbocco del Nord Europa abbattendo così i costi di trasporto. L’operazione evidenzierebbe
anche una quarantina di esuberi tra le maestranze, alle quali, come ha ribadito Giacomo Sangalli, è
stata data l’opportunità di un trasferimento a San Giorgio. Una ventina potrebbero accettare la
dislocazione friulana, mentre a completamento dell’organico si potrebbe procedere con l’assunzione di
lavoratori locali. L’azienda ha motivato lo spostamento della lavorazione snocciolando i dati della crisi
e le pesanti perdite accumulate, anticipando le proiezioni del piano industriale che dovrà essere
approvato dalle banche per poter finanziare l’operazione. Ricordiamo che dal 2013 il Gruppo Sangalli,
presente da alcuni anni nella zona industriale Aussa Corno dove dà lavoro a 140 addetti, è socio al 50%
con il Gruppo russso Glasswall, una partership strategica per l’espansione del Gruppo verso l’Europa
dell’Est che consente anche al Gruppo russo di consolidarsi sul mercato europeo, essendo il Gruppo
Sangalli l’asset di vetro Float più moderno in Europa e il fulcro ideale per l’implementazione delle
tecnologie avanzate. Francesca Artico
Cartiera, gli stop alla linea 2 dannosi per gli altri impianti (Piccolo Trieste)
di Tiziana Carpinelli DUINO AURISINA Preoccupazione altissima per il susseguirsi di fermate
produttive della linea 2 alla Cartiera di Duino viene espressa dalla segreteria provinciale dell'Ugl,
settore chimici, carta e stampa. Il problema non è solo per i salari ridotti ma anche per l'operatività
della 3. Ad affermarlo è Adriano Valle, ex Rsu Burgo, oggi in quiescenza, e attuale segretario
provinciale della sigla: «Di fatto, nell'ultimo periodo, la linea 2 si sta fermando ogni mese – racconta –
e mi pare di rivivere il periodo precedente la chiusura della 1, che dopo una sempre più frequente serie
di interruzioni aveva definitivamente serrato i battenti». L'eventualità rappresenterebbe “una catastrofe”
per il territorio, posto che “al sito di San Giovanni di Duino risulta occupato un numero elevatissimo di
lavoratori”. «Io mi auguro che una dismissione non accada mai – prosegue Valle – ma i segnali sono
allarmanti. Oltretutto, queste fermate della linea 2 stanno creando problemi di natura operativa anche
sulla 3, con fuoriuscite di pasta nel piazzale, avvenuta le scorse settimane, pur se si è poi tentato di
ovviare al fenomeno con il posizionamento di paratie. Se il problema si verifica ad attività regolare
della 2, infatti, le fuoriuscite della pasta vengono riassorbite da quel ciclo – chiarisce il sindacalista -,
diversamente ciò non accade». Insomma, fermare la linea 2 “equivale a creare disagi anche alla 3, che
da sola non riesce a stare in piedi”. Ma l'Ugl ha preso posizione anche a livello nazionale. «La grande
partecipazione dei lavoratori di tutti gli stabilimenti del gruppo Burgo alla protesta nazionale di venerdì
dimostra che l’azienda non può continuare a mantenere un atteggiamento dispotico: il governo deve
intervenire subito». Lo ha dichiarato Enzo Valente, rappresentante della segreteria nazionale, che la
scorsa settimana ha guidato la delegazione del sindacato alla manifestazione a Vicenza, indetta insieme
allo sciopero nazionale unitariamente da tutte le organizzazioni di categoria. «Il primo produttore di
carta in Italia, e uno dei principali in Europa, con quasi 5 mila dipendenti e undici stabilimenti nel
nostro Paese – ha proseguito - non può permettersi di reagire alla riduzione del fatturato chiudendo uno
stabilimento all’anno, come accaduto prima a Chieti e come sta accadendo ad Avezzano, senza
spiegare quale strategia stia adottando e senza presentare un piano industriale. Pretendiamo che il Mise
convochi al più presto un tavolo per fare chiarezza sulla scellerata politica del Gruppo con la presenza
non solo dell’amministratore delegato ma anche della proprietà – ha concluso il sindacalista – e che il
governo si assuma l’impegno di salvaguardare il patrimonio produttivo di un settore, quello cartario,
che sta risentendo fortemente dei colpi della crisi”.
«Porto Vecchio affossato» (Piccolo Trieste)
di Silvio Maranzana «Diverse cose che stavamo realizzando non sono state portate a termine, ma di una
soprattutto mi dispiace enormemente perché sono convinto che noi alla fine ce l’avremmo fatta, ma
invece si è voluto affossarla: avrebbe portato finanziamenti e benefici inestimabili sia al porto che alla
città». Quella cosa è il Porto Vecchio e a rimpiangerla è Martino Conticelli, braccio destro di Claudio
Boniciolli e segretario generale dell’Autorità portuale di Trieste da gennaio 2007 a gennaio 2011. Da
allora Conticelli è tornato a fare il dirigente all’Authority di Venezia e l’”evoluzione” della situazione
triestina, al cui vertice c’è stato un autentico ribaltone, ha potuto seguirla solo da 150 chilometri, o
meglio da 58 miglia marine di distanza. Alcune cose obiettivamente non può saperle, altre non può
dirle, ma quanto afferma punge già abbastanza. «Porto Vecchio - afferma Conticelli - stava per
diventare una formidabile cerniera tra lo scalo e la città con attività di portualità allargata e anche no. Il
Punto franco forse ce l’avremmo fatta a spostarlo, anche se a questo punto dico che ancora meglio
sarebbe sdemanializzare. Poi si è remato contro, l’attuale presidente non si presentava nemmeno agli
incontri con Portocittà, la rinuncia è arrivata prima dello scandalo che ha coinvolto Maltauro, l’azione
di riconversione poteva partire comunque». C’è un altro argomento che infastidisce Conticelli: «Che
dopo di me non sia stato nominato un segretario generale di ruolo - afferma - è un’autentica assurdità,
un fatto che credo possa accadere soltanto a Trieste. Sarebbe dovuto intervenire qualcuno più in alto
per mettere le cose a posto, il ministero stesso avrebbe dovuto dare una solenne tirata d’orecchi». Ma
ora la situazione si rovescia ancora e la Torre del Lloyd attende un nuovo presidente anche se la
governatrice Debora Serracchiani ha fatto intendere che rimane in piedi anche l’ìpotesi del
commissario. «Per il bene di Trieste, mi auguro non sia così - afferma Conticelli - le gestioni
commissariali non mi sono mai piaciute. Se poi sono motivate per il fatto che presto ci sarà la nuova
legge sui porti, le trovo ancora meno convincenti. La nuova legge non può essere un alibi e soprattutto
non credo affatto che sia dietro l’angolo perché vi sono ancora troppi interessi contrapposti. Secondo
me - prosegue il dirigente dello scalo di Venezia - le Autorità portuali vanno certamente ridotte di
numero, ma la soluzione per un primo passaggio è estremamente semplice e dribbla tutte le dispute
ideologiche: basterebbe costituire le Autorità portuali regionali e si dimezzerebbero automaticamente.
Oggi siamo in una situazione assurda: la Sicilia ha 4 Authority, la Liguria e la Puglia 3». Impossibile
non arrivare alla questione clou oggi della contrapposizione tra i due scali: il porto off shore di
Venezia, cavallo di battaglia del presidente Paolo Costa, osteggiato da tutta Trieste, ma mai
apertamente dalla presidente Monassi. «É da quarant’anni che lavoro nei porti - risponde Conticelli - e
sempre più mi sto rendendo conto che il rapporto costi/benefici è una questione fondamentale. Di più
non posso dire». Impossibile sconfessare il proprio presidente, ma l’opinione su un progetto
onerosissimo sembra chiara così come quella sulla collaborazione tra i due scali: «Dinanzi alle stime su
un aumento dei flussi di merci in Adriatico e all’avvento del gigantismo navale giusta la collaborazione
a livello politico istituzionale tra i due scali e la fondazione del Napa, ma è logico che non potranno
mai esserci accordi a livello commerciale». Possibile un ritorno a Trieste da segretario generale con il
nuovo presidente? «Mah, conosco tutti e tre i candidati in particolare Marcucci. Ma no, fu
un’esperienza possibile solo per il rapporto di stima che mi lega a Boniciolli».
Sicurezza sui bus, i sindacati si danno battaglia (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Si svolgerà venerdì a Cormons la passeggiata notturna di Nordic Walking che, di fatto, sarà una serata
di solidarietà a favore della Caritas. Il ritrovo è per le 19.30 in piazza XXIV Maggio a Cormons mentre
il rientro è previsto per le 21. Il luogo del rientro sarà l’enoteca di Cormons con degustazione di vin
brulè e panettone. La quota di partecipazione è di cinque euro. L’accompagnamento sarà affidato agli
istruttori della Scuola italiana Nordic Walking. Si consiglia l’utilizzo della pila frontale. Disponibilità
bastoncini sino ad esaurimento.Quell’azione “in solitaria” dell’Usb non è piaciuta per niente alle altre
forze sindacali. Parliamo della questione delle aggressioni sui bus e sulle corriere dell’Apt cui sono
rimasti vittima, nell’ultimo mese, gli autisti. Ad intervenire, a nome di Cgil, Cisl e Uil, è Marco Sosol
della Filt Cgil. Ha letto con attenzione l’articolo di domenica scorsa con le parole di Willy Puglia e
Franco Zotti ed evidenzia che il problema della sicurezza si dibatte da ben prima dell’avvento del
delegato della Usb all’interno di Apt. «Come a dire che non è certamente quel sindacato ad aver
scoperto il problema perché i nostri sindacati ne parlano ormai da parecchi anni. Solo che c’è una
differenza fra le nostre sigle e l’Usb: noi, alla fine, firmiamo gli accordi e i verbali e loro no perché
preferiscono fare le sparate sui giornali». Sosol ricorda che è «in piedi» il progetto di ricorrere alla
guardie giurate: progetto di cui abbiamo parlato ampiamente ieri in un servizio con il presidente
dell’Azienda provinciale trasporti Paolo Polli. Insomma, si sta lavorando perché venga garantita la
sicurezza agli autisti. «L’uscita dell’Usb è stata inopportuna», conclude il segretario provinciale della
Filt-Cgil. A rinforzare il concetto interviene Andrea Colabucci di Uil Trasporti. «Sono perfettamente
d’accordo con quanto va dicendo Sosol. Mi permetto di sottolineare una volta di più che la questione
della sicurezza è stata intrapresa precedentemente all’arrivo di Zotti come delegato sindacale di Usb.
Come a dire: le questioni sono sul tavolo da parecchio tempo. Oggi, pare davvero che l’Azienda abbia
deciso di affrontare una volta per tutte il problema. Le corriere verranno dotate di telecamere e ci
saranno controlli che vanno nella direzione della tutela della sicurezza degli autisti». (fra.fa.)
La centrale nel mirino della Procura (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Giulio Garau C’è un’inchiesta della Procura della Repubblica di Gorizia sulla Centrale elettrica A2A
di Monfalcone, le indagini sono tuttora in corso e sulla questione delle centrali a carbone si è aperto un
fronte nazionale. La stessa Procura di Gorizia infatti, assieme a quella di Brindisi (anche lì c’è una
centrale a carbone), si è recata a Savona per confrontarsi con i magistrati che hanno lavorato sul caso di
Vado Ligure dove sono sotto accusa cinque dirigenti della Tirreno Power. La centrale ligure è stata
fermata, i dipendenti sono in cassintegrazione e soprattutto le autorità locali e regionali hanno bloccato
la nuova autorizzazione ambientale integrata (Aia). Lo stesso presidente della Liguria, Claudio
Burlando e i sindacati hanno lanciato un appello perchè la questione diventi un caso nazionale e delle
centrali a carbone si occupi direttamente il governo Renzi. A darne notizia nei giorni scorsi il giornale
Secolo XIX in un articolo di Giovanni Ciolina, che ha rivelato alcuni particolari della missione dei pm
di Brindisi e Gorizia che si sono recati a Savona oltre al fatto che le tre Procure stanno avvalendosi
degli stessi consulenti esperti in materia. La conferma dell’inchiesta, che in realtà è aperta già da mesi,
è arrivata anche dalla stessa Procura di Gorizia in particolare dalla Pm, Valentina Bossi. «Sì, c’è
un’inchiesta in corso e stiamo facendo delle indagini - spiega - ci siamo confrontati con la Procura di
Savona, anche se l’ipotesi di reato (nel caso di Vado Ligure si parla di disastro ambientale ndr) non è la
stessa». La Pm Bossi invita alla cautela, spiega che le indagini sono ovviamente coperte dal segreto
istruttorio e aggiunge soltanto che: «All’esame c’è una vasta gamma di ipotesi di reato, al momento
non posso dire altro. A Savona sono andati ad individuare alcuni reati gravi. Per Monfalcone è tutto da
capire, anche se le centrali a carbone funzionano tutte nella stessa maniera. Monfalcone però è una
centrale più piccolina». Confermata da Gorizia anche la scelta comune di alcuni consulenti esperti sui
quali si mantiene totale riservatezza. Questa indagine, come è avvenuto a Vado Ligure, potrebbe dare
una svolta alla spinosa querelle che coinvolge la centrale A2A di Monfalcone facendo “piazza pulita”
di indagini, esami e pareri portati ad esempio da chi sostiene che inquina e chi dice di no. A Savona
infatti, per la centrale di Vado la Procura ha scelto un percorso assolutamente originale e
indipendentemente dal fatto che i limiti delle emissioni erano nella norma e non ci sono stati
sforamenti. Secondo la Procura addirittura le stesse prescrizioni previste dalle Bat (le best advanced
technology) a cui si devono adeguare gli impianti per ridurre le emissioni, anche ben sotto i limiti di
legge, non sarebbero sufficienti a tutelare la popolazione e la produzione delle centrali a carbone
avrebbe avuto pesanti conseguenze sulla salute dei cittadini. Per convalidare queste ipotesi la Procura
ha eseguito serrate e approfondite analisi sui licheni delle zone circostanti la centrale di Vado che
avrebbero evidenziato la forte presenza di metalli pesanti alla base dei gravi danni alla salute degli
abitanti con patologie che hanno portato a ricoveri e anche alla morte in tutti gli anni di accumulo
durante l’attività della centrale. La stessa procura di Savona ha messo in discussione tutte le analisi a
cominciare da quelle dell’Osservatorio regionale salute e ambiente, istituito nel 2012 per monitorare la
centrale e ha fatto letteralmente le pulci all’Istituto tumori genovese (Ist) contestando i risultati delle
indagini tanto da far ammettere al dirigente Franco Merlo «superficialità e margini di errore». Sulla
vicenda delle indagini è intervenuta anche la stessa A2A. «La società, che è garante della gestione
dell’impianto - spiega l’azienda - ribadisce ancora una volta che la centrale ha sempre operato nel
rispetto delle prescrizioni e ben di sotto dei limiti di legge imposti dalle autorizzazioni. Come si evince
dai numerosi studi effettuati da enti pubblici e da soggetti specializzati, l’impianto risulta avere una
minima incidenza sulla qualità dell’aria del territorio monfalconese e sugli effetti al suolo ».