RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 3 dicembre 2014 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) Indice articoli REGIONE (pag. 2) «Fondo antipovertà, platea di 34mila famiglie» (Piccolo) Scontro in Regione sui “bonus” di Natale (M. Veneto) Assunzioni, la Finanza a Roma (Gazzettino) Debora affida a un trentenne la guida di Insiel (Piccolo) Un'agenda per uscire dalla crisi (M. Veneto) Coopca, a rischio paga di novembre e tredicesima (M. Veneto) Sanità, tagliati 449 posti letto: «La riduzione sarà graduale» (M. Veneto) Dai risparmi sui buoni mensa 2,5 milioni per le famiglie povere (M. Veneto) CRONACHE LOCALI (pag. 8) Ideal Standard rompe la trattativa al ministero (M. Veneto Pordenone) Assemblea Nuova Infa, via libera alla newco (M. Veneto Pordenone) Sciopero generale Cgil del 12 dicembre, aderisce il trasporto pubblico… (M. Veneto Pordenone) In coda al pronto soccorso. Tutti i tempi di attesa in rete (Gazzettino Pordenone) Sanità e anziani, la riforma in un convegno dello Spi Cgil (M. Veneto Pordenone) Zillo, investimenti per ridurre l'inquinamento (Gazzettino Pordenone) Missione lavoro, gli operai vanno in tour (M. Veneto Udine) Sangalli lascia la Puglia, gli impianti a San Giorgio (M. Veneto Udine) Cartiera, gli stop alla linea 2 dannosi per gli altri impianti (Piccolo Trieste) «Porto Vecchio affossato» (Piccolo Trieste) Sicurezza sui bus, i sindacati si danno battaglia (Piccolo Gorizia-Monfalcone) La centrale nel mirino della Procura (Piccolo Gorizia-Monfalcone) REGIONE «Fondo antipovertà, platea di 34mila famiglie» (Piccolo) TRIESTE La maggioranza inizia a delineare il perimetro dei 10 milioni di euro destinati in Finanziaria al “sostegno al reddito” per le fasce della popolazione con maggior disagio. A tratteggiare i possibili scenari, ieri durante il dibattito in prima commissione sulla legge di bilancio, sono stati Franco Rotelli (Pd) e, a margine, l’assessore alla Salute Maria Sandra Telesca. Rotelli, presidente della terza commissione Sanità, replicando ai consiglieri di opposizione Alessandro Colautti (Ncd) e Luca Ciriani (FdI) ha abbozzato alcuni dati: «Dieci milioni di euro sono pochi, ma sono un invito. In regione - ha spiegato - ci sono 34mila famiglie sotto la soglia di povertà, quindi con questi 10 milioni si darebbero 300 euro all’anno a famiglia, 25 euro al mese. Ben poca cosa. Ma se mettiamo insieme tutte le voci che intervengono sul welfare raggiungiamo i 400-500 milioni in totale. Ora dobbiamo chiederci come stiamo usando questi soldi. Dieci milioni - ha aggiunto - sono solo un gettone, un invito a ragionare sulla spesa per il sociale. Molte persone infatti sono già beneficiarie di una serie di misure. Se noi le mettiamo in fila arriviamo ai 400-500 milioni tra affitti, Ater, libri scolastici, asili nido, Fap, fondo solidarietà e ammortizzatori sociali. Con quei 10 milioni di euro si comincia un’analisi sulla spesa e su come reindirizzale, in modo che questo fondo faccia da pilota al resto». Un ragionamento condiviso anche da Telesca: «Il dato numerico può essere attendibile, ma ci sono anche altre variabili da considerare. Ecco perché stiamo elaborando la rendicontazione su ciò che si sta facendo finora». Stando alla relazione politico-programmatica della Regione, lo studio dovrebbe essere pronto nei primi mesi del 2015. «Le risposte saranno date in assestamento di bilancio - osserva Rotelli - perché entro quella data sapremo qual è il fabbisogno». Ma il provvedimento potrebbe anche non essere di natura monetaria diretta: «Non si escludono servizi mirati, come ad esempio l’aumento per il sostegno agli affitti o le bollette». Mentre il capogruppo Pd Cristiano Shaurli ha difeso le «scelte concrete» operate in Finanziaria, dall’opposizione sono continuate le critiche. «Vista la scelta di eliminare il bonus bebè - ha rilevato Ciriani - in aula ripresenterò l’emendamento alla finanziaria per ristabilire la misura. Ed è incredibile - ha insistito - come questa maggioranza abbia chiuso l’argomento Sincrotone in tre minuti: sono previsti ben 23 milioni di euro a fronte di zero contributi da parte dello Stato». L'assessore Francesco Peroni ha sottolineato che il Sincrotrone «è una società partecipata dalla Regione. Come tale, ha fatto cambiare la composizione del cda e ha imposto che la Elettra-Sincrotrone torni a essere luogo di ricerca scientifica applicata all’industria, e questa sarà la sua mission da sviluppare». (g.s.) Scontro in Regione sui “bonus” di Natale (M. Veneto) di Anna Buttazzoni UDINE Spariscono le parrocchie, non i Comuni e le associazioni. Alcuni trovano soddisfazione nella Finanziaria 2015 anche se rispetto al bilancio di qualche anno fa le cosiddette poste puntuali sono in discesa. Potere delle risorse in calo, ma anche delle intenzioni della presidente Debora Serracchiani, che agli interventi ad hoc ha opposto resistenza. Nelle tabelle della Cultura vengono confermati gli interventi di un anno fa e come un anno fa il centrodestra (Ncd e Piccin) lamenta finanziamenti «agli amici degli amici». Sparsi invece tra i diversi capitoli del bilancio di previsione ci sono molti interventi, piccoli e grandi, diverse conferme di soldi non ancora spesi dai Comuni e alcune novità. Al friulano 230 mila euro Sono i soldi che vanno alle associazioni (riportate nella tabella) per tutelare, valorizzare e promuovere la marilenghe. La cifra più alta se la aggiudicata la società cooperativa Informazione friulana (50 mila euro), la più bassa (10 mila) la società scientifica e tecnologica friulana. In mezzo ci sono le conferme, dal sodalizio “La Grame” ai Colonos alla Patrie dal Friul. Carnevale e bande Nella Finanziaria 2015 trovano sostegno anche i gruppi bandistici e le associazioni che si occupano di organizzare il carnevale. In entrambi i casi si tratta delle associazioni più importanti in Fvg. E così per il carnevale vengono distribuiti 88 mila euro, tutti a Trieste, Muggia e Monfalcone. Alle bande, ai cori e ai gruppi folcloristici, invece, vengono assegnati 810 mila euro che vanno alle quattro associazioni regionali che radunano il maggior numero di compagini. I progetti (lenti) dei Comuni Nella maggior parte dei casi si tratta di conferme di risorse garantite su più anni, da dieci a venti, stanziate con leggi precedenti ma non ancora spese, un po’ perché la burocrazia uccide anche gli enti pubblici, un po’ per i vincoli imposti dal Patto di stabilità. E così l’amministrazione di Tricesimo potrà contare ancora su 200 mila euro per ristrutturare la casa di riposo “Nobili de Pilosio” e su 113 mila 059 euro per 15 anni per coprire il mutuo aperto per ampliare il centro turistico e culturale. A Chions, invece, nessuno toccherà i 600 mila euro (30 mila per vent’anni) per la riqualificazione del centro urbano di Villotta. Stessa cosa a Marano amministrazione che ritrova gli oltre 568 mila euro per la messa in sicurezza del ponte mobile sul canale del molino. Progetti lampo e l’ira di Ciriani Il concessionario dell’ex aerocampo di Campoformido, invece, ottiene 100 mila euro per le manutenzioni straordinarie, mentre il Consorzio dei servizi turistici di Forni di Sopra un po’ di più, 120 mila. Incassa il sostegno regionale per 22,5 milioni Elettra Sincrotrone di Trieste – 1,5 milioni per 15 anni – per l’ammortamento del mutuo ventennale contratto con Banca depositi e prestiti. «È incredibile. Il centrosinistra ha chiuso l’argomento in tre minuti – sbotta Luca Ciriani (FdI) – senza motivare la scelta. A Sincrotrone arrivano zero contributi dallo Stato, ma ci pensa la Regione mentre le scuole, le case di riposo e gli ospedali non sono neanche in sicurezza». Assunzioni, la Finanza a Roma (Gazzettino) Maurizio Bait TRIESTE - Approda a Roma l’inchiesta avviata dal procuratore della Corte dei conti, Maurizio Zappatori, per accertare l’assenza di danni erariali nelle procedure di assunzione di due lavoratori interinali all’Ufficio di gabinetto della Presidenza della Regione e alla Direzione centrale Infrastrutture. È infatti nella capitale che i finanzieri della Polizia tributaria di Trieste (Nucleo tutela spesa pubblica) hanno ricevuto l’incarico di verificare carte alla mano le procedure seguite dall’agenzia incaricata di reclutare le professionalità per conto della Regione. Per far questo, si va a Roma, in via Valladier 53, in "casa" dell’agenzia per il lavoro Talea, quella che ha vinto a suo tempo la selezione pubblica per rifornire di personale interinale Mamma Regione. La vicenda ruota tutta attorno alla circostanza che i due giovani in questione sono impegnati in politica: uno quale assessore al Comune di San Giorgio di Nogaro e l’altro in qualità di consigliere comunale di Sel a Udine. Niente di male, naturalmente, a patto che si sia seguito il criterio dell’imparzialità nelle selezioni. Al ritorno dalla trasferta romana, i finanzieri devono redigere una relazione per la Procura nel più breve tempo possibile, in modo da consentire una rapida conclusione dell’indagine affermando la piena legittimità di quanto avvenuto o, per converso, formalizzando contestazioni che allo stato non sono alle viste. È anche il caso di ricordare che l’ordinamento italiano vieta assunzioni interinali nella Pubblica amministrazione, ma non così quello del Friuli Venezia Giulia, Regione autonoma con competenza esclusiva sull’organizzazione del proprio personale. Non sarà breve, invece, l’inchiesta per accertare l’eventuale sussistenza di danni erariali collegabili alle vecchie perdite di Mediocredito Fvg. La banca, ora controllata saldamente dalla Regione, ha appena concluso la seconda e ultima fase di ricapitalizzazione e ha avviato un percorso di risanamento difficile che, tuttavia, ha già cominciato a sortire risultati incoraggianti dopo passivi dell’ordine di 62 milioni in un anno. La Procura della Corte attende un rapporto dalla Polizia tributaria di Udine, che verifichi se e in quale misura i soldi regionali impegnati come capitale fresco in Mediocredito siano serviti per ripianare le perdite. Le Fiamme gialle devono inoltre identificare le persone dell’Amministrazione regionale che, quali azionisti della banca, possano aver indirizzato scelte rivelatesi poco felici. A quel punto occorrerà valutare se tali condotte, ammesso siano considerabili colpevoli, siano state caratterizzate da forme lievi o gravi di colpa, poiché nel primo caso non è possibile procedere. E soprattutto: l’eventuale danno erariale alla Regione non può perfezionarsi se non con l’uscita effettiva del denaro dalle casse pubbliche. Questo deve materialmente ancora avvenire nella sua totalità. È dunque del tutto probabile che l’indagine venga conclusa non dal procuratore Zappatori, appena nominato presidente della Sezione giurisdizionale di Trento della Corte, ma dal suo successore, che ancora dev’essere prescelto. Anche qui, come per le assunzioni interinali, le indagini non hanno ancora prefigurato alcuna forma di responsabilità erariale. E non è detto - occorre precisarlo - che tali circostanze emergano nel prosieguo del lavoro degli inquirenti. Debora affida a un trentenne la guida di Insiel (Piccolo) di Gianpaolo Sarti TRIESTE Debora Serracchiani affida la presidenza di Insiel a un trentenne. È il friulano Simone Puksic, a cui andrà uno stipendio di 30 mila euro lordi l’anno. Il giovane prende il posto di Lorenzo Pozza, scomparso recentemente, che deteneva anche la carica di amministratore delegato. Figura, questa, su cui la giunta si prende ancora tempo e che sarà individuata con un bando. Trent'anni, “ambasciatore della cultura digitale in Italia”, come precisa una nota della Regione, Puksic è project & marketing manager del Distretto delle tecnologie digitali (Ditedi) e coordinatore per il Fvg del progetto “Go On Italia” per la diffusione della cultura digitale tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione. «Il nuovo presidente è un professionista giovane, con solida esperienza e di grandi e riconosciute competenze, in Italia e all'estero, che saprà trasmettere adeguatamente l'impulso innovativo che vogliamo imprimere a Insiel», ha commentato l'assessore regionale alla Funzione pubblica Paolo Panontin, a fianco del quale Puksic ha già lavorato per il superamento del “digital divide”. L'indicazione di Puksic passa ora al vaglio della giunta per le nomine del Consiglio regionale. Toccherà poi all’assemblea degli azionisti, convocata dalla governatrice stessa visto che la Regione detiene il 100% delle quote, ufficializzare la decisione. Pozza, il cui guadagno si aggirava attorno ai 150 mila euro lordi annui, era stato presidente e ad della società in house per soli sette mesi, dal febbraio di quest'anno fino allo scorso 1 ottobre, giorno della morte improvvisa. «Con Lorenzo Pozza la nostra società informatica si è incamminata lungo un percorso virtuoso di riqualificazione di ruolo e funzioni, che ora deve riprendere. Il neo presidente, assieme all'amministratore delegato che individueremo a breve con un bando - ha reso noto Panontin - opereranno sul sentiero tracciato da Pozza, il quale aveva predisposto un Piano di riorganizzazione volto a modernizzare Insiel, rendendone più efficienti i servizi offerti, specie in settori chiave quali sanità ed enti locali». Si tratta del Piano industriale 2014-2017, annunciato a settembre, che ha rivisitato la mission della società. L’azienda, destinata a diventare il centro tecnologico di riferimento per la regione, si limiterà a fornire servizi informatici alla Pubblica amministrazione, relegando al minimo la produzione “in proprio”. Insiel, in sostanza, potrà anche attingere i prodotti dal mercato. Tra gli obiettivi la riduzione del 30% dei costi strutturali, investimenti per 10 milioni di euro e un incremento dei ricavi da attività del 50% mantenendo il reddito operativo (2milioni di euro) del 2014. Nell’arco del prossimo triennio è prevista l’uscita, con prepensionamenti, di un centinaio di dipendenti a fronte di 50 assunzioni. Le posizioni organizzative, invece, passano da 84 a 42. Un'agenda per uscire dalla crisi (M. Veneto) di GIOVANNI FANIA, segretario regionale Cisl Per capire che le cose nel nostro Paese e in regione, dal punto di vista dell’industria e dell’occupazione, stanno andando male non era certo necessario aspettare i dati di questi giorni sulle ore di cassa integrazione autorizzate ad ottobre. Basterebbe ascoltare le allarmanti dichiarazioni di Federmeccanica rispetto al settore metalmeccanico, che ha perso oltre 31 punti percentuali sul periodo pre-recessivo, con una ricchezza prodotta scesa a meno 18 per cento; oppure ricordare che, in Fvg, si contano più di 40 mila persone a oggi senza lavoro. O, ancora, basterebbe riflettere sul fatto che il settore dell’edilizia - da sempre specchio dell’andamento dell’economia - negli ultimi 5 anni, ha sacrificato circa 800 mila addetti a livello nazionale, di cui ben 5 mila 500 solo nella nostra regione. Credo che proprio su quest’ultimo punto, e pensando ai lavoratori del settore scesi in piazza in queste ore, andrebbe fatto qualche ragionamento. Partendo dall’assist principale: ovvero che l’urgenza attuale è, e deve rimanere, quella di creare nuovi posti di lavoro, antidoto non solo a una economia in letargo, ma anche alla crescente povertà cui assistiamo pure in Fvg. Le opportunità ci sono. Sette miliardi di euro possono arrivare dai fondi strutturali per l’efficienza energetica, senza contare che le stesse direttive europee sulle prestazioni energetiche per la nuova edilizia e la riqualificazione stabiliscono che dal 2021 (parliamo di soli sei anni) tutta la nuova edilizia dovrà consentire bollette “nearly zero energy” con grandi benefici per l’ambiente, ma anche per i cittadini. Alcuni territori si stanno già muovendo su questa strada. Basti pensare, ad esempio, all’esperienza della Provincia di Trento, che ha incentivato la costruzione del “cappotto” degli immobili per rilanciare l’edilizia, favorendo al contempo il risparmio energetico. Una delle strade possibili, infatti, per tornare a crescere, è quella dell'edilizia sostenibile, che va perseguita ed agevolata. Ma senza aspettare il traguardo del 2021, sarebbe sufficiente guardare all’Italia, in ginocchio dalle alluvioni di queste settimane. I danni materiali provocati al territorio ammontano a circa 22 miliardi. La prevenzione, con la messa in sicurezza del territorio, costerebbe allo Stato 8,4 miliardi. Una cifra, in tempi di crisi, esorbitante se si considera che questa spesa, come quelle future, potrebbe essere arginata da interventi di edilizia, in prima battuta risanatori, e in prospettiva sostenibili. Gli immobili vanno riqualificati, le costruzioni ripensate: se la politica saprà capire tutto questo e agevolare scelte mirate, il comparto riprenderà fiato e con esso tutta l’economia e l’occupazione. Certo, i segnali arrivati dall’ultimo tavolo regionale di concertazione con l’assessore Panariti sono sicuramente positivi: così, la convalida, tutt’altro che scontata, delle misure anticrisi; così il rinnovo con la Bcc, sebbene non ancora ufficiale, del protocollo di anticipazione della cassa integrazione ordinaria e straordinaria; o, ancora, l’ipotesi, suggerita dalla Cisl, di coinvolgere Mediocredito per quanto riguarda la cassa in deroga. Bene anche le rassicurazioni sugli annunciati 10 milioni da dedicare al fondo povertà e l’impegno sulla formazione professionale e la riforma dell’Agenzia regionale del lavoro. Tuttavia, sappiamo che tutto ciò da solo non basterà a raggiungere la priorità di creare lavoro. Sappiamo che ci vuole altro: politiche industriali concrete. Vale a dire cominciare a cantierare le piccole opere edili, a partire dalle manutenzioni degli edifici pubblici e delle scuole; vale a dire ragionare seriamente di infrastrutture perché è inutile parlare di super porto o di alta velocità quando alcuni tratti strategici della nostra rete ferroviaria sono ancora a binario unico, facendo davvero sinergia con le altre regioni del Nordest e rilanciando la concertazione. A questo proposito la Cisl chiederà a Confindustria e alla Regione di riattivare il tavolo per discutere un’agenda di priorità da soddisfare entro il breve termine per ridare competitività ai nostri territori. Non vogliamo rassegnarci a sentire la solita messa cantata: crediamo sia possibile invertire la rotta, ma dobbiamo cambiare uno schema che fino adesso ha accompagnato le crisi ma non ha risolto i problemi. Coopca, a rischio paga di novembre e tredicesima (M. Veneto) TOLMEZZO I sindacati sulla crisi di CoopCa segnalano problemi con stipendi, ma anche con le tredicesime per i lavoratori. «Non viene garantito – spiegano le organizzazioni Cgil e Filcams, Cisl e Fisascat e Uil e Uiltucs dopo le assemble con i lavoratori che si sono tenute l’altra sera ad Amaro e ieri a Udine - il pagamento dell’intera tredicesima mensilità e dell’intera retribuzione di novembre ma solo i ratei decorrenti dalla data della presentazione dell’istanza concordataria, ossia dal 17 novembre. Considerando che molti lavoratori – osservano - non sono riusciti neppure a ricevere la mensilità di ottobre, questo comporterebbe un ulteriore dramma per centinaia di lavoratrici e di lavoratori. Chiediamo con fermezza alla Cooperativa di adoperarsi per risolvere almeno questa vicenda». Il confronto con i dipendenti è stato denso di tensione e preoccupazione. Il sindacalista Fisascat, Paolo Duriavig, spiega tra l’altro che i lavoratori che si facevano accreditare lo stipendio sul libretto CoopCa e avevano in principio problemi per il blocco dei conti dal 17 novembre erano 27, ora scesi a 11 e per cui si cerca ancora la soluzione. Ora la sfida, afferma, è salvare i posti di lavoro e serve un serio piano di rilancio di CoopcCa. Tutte le sigle sindacali spiegano di aver «accolto positivamente l’impegno assunto dalla Regione nel proporre la creazione di una task force di persone capaci e competenti per affrontare la situazione e predisporre un serio e credibile piano industriale di rilancio chiedendo la costituzione di un tavolo di crisi permanente. Le dimissioni di quattro componenti del cda – affermano - sono un primo passo, anche se non esaustivo, verso una discontinuità con la passata gestione della cooperativa». Si spera ora in soluzioni che evitino di fare di CoopCa uno “spezzatino”, perché ne deriverebbe la fine di CoopCa e l’impoverimento di un territorio già fragile. Serve, aggiungono, fare tutti sistema per assicurare la continuità dell’attività produttiva e occupazionale di CoopCa, nonché per garantire il rimborso dei prestiti. E infine c’è l’invito ai consumatori a continuare a fare la spesa in CoopCa, non solo «per dimostrare la solidarietà e la vicinanza alle lavoratrici ed ai lavoratori, unici a pagare, sempre, le scelte miopi e sbagliate della dirigenza e del consiglio di amministrazione, ma anche per garantire incassi utili e preziosi soprattutto in un momento grave e delicato come questo». Tanja Ariis Sanità, tagliati 449 posti letto: «La riduzione sarà graduale» (M. Veneto) di Anna Buttazzoni UDINE Il prezzo più alto lo paga Trieste, tra Burlo, Cattinara e Maggiore. Ma non sorridono nemmeno a Gemona, Cividale, Sacile e Maniago, tutti ospedali che vanno riconvertiti e che quindi perderanno i posti letto per acuti. L’assessore Maria Snadra Telesca e il direttore Adriano Marcolongo mettono nero su bianco il punto d’arrivo della riforma varata in Consiglio a inizio ottobre. Un punto d’arrivo che prevede 449 posti letto in meno. Come mostra la tabella, la riforma è stata applicata e sintetizzata attraverso i numeri ospedale per ospedale, anche secondo le nuove aggregazioni. Dati che domani sarà Telesca a spiegare in Commissione consiliare. Il primo criterio cui rispondere è la legge Balduzzi, il testo di riferimento nazionale. E le indicazioni prevedono la necessità di portare l’ospedale per acuti da 3,8 a 3 posti letti ogni mille abitanti. Ecco uno dei motivi, oltre alle esigenze dell’attuale domande di salute, per cui la riforma è stata pensata. Perché, nelle intenzioni, elimina i doppioni – tra i reparti di Chirurgia o di Ortopedia, per fare un esempio – , tagli i letti per acuti, ma punta a incrementare quelli per Rsa, per post-acuti, per la riabilitazione o per l’hospice. Ecco allora che la riforma della Sanità in Fvg vuole arrivare a ridurre 286 posti letto ordinari e 163 per il day hospital, un totale di 449 posti per arrivare al traguardo dei 3530 ordinari rispetto ai 3816 attuali e 350 in day hospital rispetto ai 513 di oggi. I tagli maggiori saranno nei reparti di Medicina e Chirurgia agli ospedali Cattinara e Maggiore di Trieste che complessivamente dovranno riorganizzarsi per perdere 156 posti ordinari e 35 in day hospital. Gorizia e Monfalcone, invece, dovranno “guadagnare” 17 posti ordinari e perdere 10 in day hospital. In Friuli, invece, Latisana e Palmanova avranno numeri pressoché stabili, mentre nel “distretto” formato da San Daniele, Tolmezzo e Gemona sarà quest’ultimo ospedale a perdere gli attuali posti per essere riqualificato. Così come accadrà a Cividale, aggregato a Udine; a Sacile unito a Pordenone e a Maniago. «Questi sono i numeri dopo l’applicazione della riforma – spiega Telesca –, obiettivo che potremo raggiungere in alcuni posti in pochi mesi e in altri in un paio d’anni, perché prima di togliere posti letto va organizzata l’alternativa. Il percorso quindi – aggiunge l’assessore –, come abbiamo sempre detto, graduale e terrà conto delle singole realtà. Ci saranno ospedali, quindi, nei quali i nuovi criteri si potranno applicare prima e altri nei quali sarà necessario più tempo. Va ripetuto, però, che nessuna struttura sarà chiusa. Ci saranno strutture che dovranno essere riconvertite, come Cividale e Gemona, Maniago e Sacile, che perderanno qualcosa ma nelle quali saranno potenziati altri aspetti, come l’hospice o l’Rsa». La riforma toccherà anche le strutture private, che operano grazie a convenzioni con la Regione. Complessivamente i posti letto nelle cinque cliniche private scenderanno di 35 unità per gli ordinari e di 20 per il day hospital. I tagli maggiori saranno applicati al San Giorgio di Pordenone, mentre nell’equilibrio tra posti letto per acuti e quelli per il ricovero diurno solo la “Città di Udine” “guadagnerà” un posto, nel day hospital. Dai risparmi sui buoni mensa 2,5 milioni per le famiglie povere (M. Veneto) UDINE Si riduce l’importo del buono pasto assegnato dalla Regione ai propri dipendenti (circa 2.700) e i risparmi che ne derivano saranno destinati a un fondo per il contrasto delle situazioni di disagio tra la popolazione. E’ uno degli elementi della preintesa di accordo che è stata siglata ieri a Triesta tra la Regione, rappresentata dal direttore generale, Roberto Finardi, le organizzazioni sindacali e la rappresentanza sindacale unitaria. L’accordo ha permesso di definire gli importi delle premialità, finalizzate a valorizzare i dipendenti, in base al raggiungimento di obiettivi individuali, fissati all’inizio di ogni anno. Per il 2011 le risorse complessive a disposizione ammontano a 2,635 milioni di euro, che corrispondono a importi individuali massimi per il personale non dirigente che vanno da 649 euro lordi per la qualifica più bassa (A) fino agli 873 per i funzionari (categoria D). Per il finanziamento del premio riferito agli anni 2012 e 2013 sono state destinate risorse pari a 2,797 milioni per ciascun anno. In questo caso per il 2012 le premialità individuali oscillano da un minimo di 710 a un massimo di 954 euro lordi, per chi abbia raggiunto la totalità degli obiettivi indicati. La quantificazione degli importi per il 2013 sarà invece fatta appena conclusa la valutazione del personale da parte dei dirigenti. Rimangono ancora da definire le risorse a disposizione della premialità per l’anno in corso. Per quanto riguarda invece la mensa, l’indennità finora corrisposta a tutti i dipendenti (per un lordo di circa 11 euro per i dirigenti e 11,70 per i non dirigenti, che rappresentava però un costo aziendale di circa 15,50 euro, comprensivi di oneri riflessi) viene sostituita dal prossimo primo gennaio da un buono pasto giornaliero, anche elettronico, del valore netto di 7 euro. Grazie a questa decisione, di fatto il costo per la Regione di questa voce si dimezza, passando da oltre 5 a circa 2,6 milioni di euro. In accordo con le rappresentanze sindacali, questa misura avrà una sperimentazione di tre anni. Le organizzazioni sindacali hanno chiesto che il risparmio sia destinato a interventi di politica sociale miranti al contrasto delle situazioni di maggior disagio. «L’amministrazione regionale - ha spiegato il direttore - ha apprezzato il senso di solidarietà che ispira questa indicazione, assicurando il proprio impegno per dare concretezza e massima efficacia alle azioni tese a perseguire questo obiettivo». Al termine, le parti presenti al Tavolo hanno anche concordato di avviare un ragionamento volto ad operare, nel rispetto del vigente sistema delle relazioni sindacali, una rivisitazione complessiva della contrattazione collettiva decentrata integrativa, sia per adeguarla al rinnovato contesto normativo di riferimento che per rafforzare l’obiettivo di innovare la funzione pubblica, accrescendone professionalità ed efficienza. «La preintesa - ha commentato la presidente, Debora Serracchiani - è un primo e importante passo in un percorso di riforma del pubblico impiego regionale, raggiunto attraverso un confronto corretto. Positiva l’intesa sulla destinazione dei risparmi di spesa». Secondo la presidente «l’accordo porta ad una oggettiva normalità la questione dell’indennità di mensa, definendo un buono pasto che si allinea finalmente agli importi decisi dal Governo nazionale per tutti i dipendenti del pubblico impiego, ma non ancora applicati tra i nostri dipendenti, a differenza di quanto avviene per quelli degli enti locali regionali, di fatto dimezzando la spesa su questo capitolo». L’assessore alla Funzione pubblica, Paolo Panontin, ha espresso il suo «riconoscimento per l’atteggiamento responsabile dei rappresentanti dei lavoratori pubblici. Il confronto è stato condotto dalle parti nel rispetto dei ruoli ma con la volontà di raggiungere il comune obiettivo di valorizzare il personale, farlo sentire parte di un progetto di ampio respiro volto a rendere più efficiente e funzionale l’apparato pubblico, nell’interesse di cittadini e imprese». CRONACHE LOCALI Ideal Standard rompe la trattativa al ministero (M. Veneto Pordenone) Ideal Standard abbandona il tavolo al ministero dello Sviluppo economico, rompendo quindi la trattativa con la coop Ceramiche Idealscala sul progetto di reindustrializzazione del sito di Orcenico. Ieri l’ennesimo colpo di scena a Roma: la multinazionale ha interrotto il negoziato, dopo che nei giorni scorsi si era detta disponibile a valutare la cessione a costo zero di impianti, marchio e sito a Idealscala, «seppur per un breve periodo», a condizione che la coop trasmettesse il suo business plan. «La rottura è diventata inevitabile dopo una decina di tentativi da parte nostra e altrettanti rifiuti addotti con giustificazioni pretestuose da parte della coop per esaminare il business plan, così come concordato e ribadito di fronte al Governo in più occasioni», ha dichiarato Ideal Standard. Ma sindacati, Regione, Unindustria e Confocooperative hanno condannato, per l’ennesima volta, l’atteggiamento aziendale. Intanto oggi la coop trasmetterà il piano. Nel frattempo è stato annunciato il rafforzamento del presidio fuori del sito di Orcenico. I sindacati. «L’azienda ha rifiutato di sottoscrivere il verbale di riunione e abbandonato il tavolo ministeriale: un comportamento inaccettabile nonostante la disponibilità del sindacato a illustrare e poi consegnare il piano industriale che, indipendentemente dai fatti accaduti, la coop invierà – commenta Franco Rizzo (Cisl) –. Ciò che non possiamo accettare è il fatto che il management, dopo aver chiuso 3 stabilimenti in 5 anni, messo in strada centinaia di persone e sanato i bilanci coi soldi pubblici, si permetta di giudicare anche il piano della coop e bocciarlo se non di proprio gradimento. Comportamenti aziendali pretestuosi: il vero obiettivo è evitare in tutti i modi che possa ripartire una nuova attività». Una posizione condivisa anche da Giuseppe Pascale (Cgil) e Maurizio Sacilotto. «Un atteggiamento vergognoso e un disimpegno rispetto agli accordi sottoscritti: se l’azienda resterà inadempiente – avvertono Cgil, Cisl e Uil – risponderà delle proprie responsabilità. Nel frattempo rafforzeremo il presidio e gli impianti, in assenza di accordo, non usciranno da Orcenico. Ai lavoratori di Trichiana diciamo che se sono interessati agli impianti, e se servono realmente, è tempo di muoversi per contribuire a una soluzione positiva pure per loro». La Regione. «E’ inaccettabile e scorretto che Ideal Standard abbia unilateralmente deciso di interrompere le trattative – dichiara il vicegovernatore Sergio Bolzonello –. La proprietà ha abbandonato il tavolo, non accettando minimamente quanto veniva proposto. In tutti questi mesi di discussione e analisi, per una chiara volontà della proprietà, di fatto non si è furbescamente voluto fare un concreto passo avanti sulla strada che prevedeva, a fronte della chiusura dell'attività Ideal Standard, una ripresa produttiva basata sul piano industriale della coop Idealscala, con la messa a disposizione di aree e parte dei macchinari per far riprendere fattivamente la produzione. Al Mise la multinazionale ha rappresentato nuove e diverse esigenze dietro alle quali trincerarsi: questa proprietà è chiamata soltanto a offrire a condizioni di favore per un possibile recupero di una produzione industriale che non può che svilupparsi su una cessione a prezzi simbolici di impianti, macchinari e sito». E conclude: «Credo che Ideal Standard abbia preso in giro tutti, ministero, Regione, enti territoriali, sindacati e lavoratori della coop: non ci sono parole». Unindustria. «Un atteggiamento inqualificabile quello di Ideal Standard – osserva Michelangelo Agrusti –. Ora la coop trasmetterà il piano per togliere l’ultimo inutile alibi all’inazione aziendale, così che tutte le remore rappresentate trovino fine. Resta, comunque, la forte decisione di tutte le parti per giungere a una conclusione positiva della trattativa con la coop». Confocooperative. «L’azienda non rispetta lavoratori, che invece stanno reagendo con senso di responsabilità e dignità, istituzioni, sindacati e organizzazioni di categoria – commenta Marco Bagnariol –. Una trattativa lunga, che gli addetti stanno affrontando con impegno: ora questa nuova richiesta della proprietà quando invece sembrava che l’incontro potesse essere risolutivo, anche grazie a quanto esposto e concordato nel tavolo di confronto delle scorse settimane. Ma Ideal Scala, e noi di Confcooperative, non molla e presenterà quanto richiesto, anche se non era nei patti sinora siglati, per arrivare presto a uno sblocco della situazione. La coop ha risposto alla richiesta della proprietà: ora non ci sono più scuse». L’azienda. Dal canto suo, la multinazionale, in una nota, ha dichiarato di prendere «atto con rammarico della non volontà della coop di proseguire nel percorso delineato, dopo aver speso quasi 30 milioni di euro e aver impiegato molti mesi per trovare una soluzione. Gli impegni prevedevano la cessione a condizioni di favore degli asset per l’avvio della coop a fronte della messa a disposizione del business plan. Oggi priorità di Ideal Standard è l’implementazione del piano industriale e commerciale 20152017». Giulia Sacchi Assemblea Nuova Infa, via libera alla newco (M. Veneto Pordenone) Via libera dai 95 lavoratori della Nuova Infa di Aviano (Gruppo Sassoli) all’accordo sindacale per la costituzione della newco, che porterà avanti l’attività aziendale da gennaio e consentirà il riassorbimento iniziale di 65 maestranze. Ieri in assemblea, gli addetti hanno dato mandato ai rappresentati delle forze sociali di procedere con la sottoscrizione dell’intesa, in programma a metà mese. Dal punto di vista occupazionale, la bozza di accordo prevede che entrino nella newco 65 unità a partire dal primo gennaio, con scaglioni sino al 30 giugno. Quanto ai 30 esuberi, ci sono delle aperture: dai 6 ai 9 addetti continueranno a lavorare sulla linea antimpronta, all'interno di Nuova Infa in liquidazione: la prospettiva è di inglobare questa linea produttiva nella nuova società, a partire da metà 2015. Da luglio, quindi, è possibile che i riassunti siano più di 65. C’è inoltre l'impegno da parte dell'azienda di attingere dal bacino delle unità in esubero, sino al 31 dicembre 2018, per eventuali assunzioni a tempo determinato e indeterminato, in base alle esigenze produttive interne a newco e Lavorazioni inox, altra realtà del Gruppo. Le unità che non saranno riassorbite potranno usufruire della cassa integrazione ordinaria sino al 30 giugno: una volta terminata la fase della liquidazione, saranno licenziate. Sul fronte degli ammortizzatori, dal prossimo anno, in base alla legge delega, dovrebbe sparire l'utilizzo della cassa straordinaria per cessata attività, che oggi è prevista invece proprio in queste circostanze: in caso di modifiche del Governo, l’azienda si è impegnata a presentare istanza per tale misura. Impegno dei vertici anche ad aprire una procedura di mobilità per quanti volessero lasciare l'azienda entro il 30 giugno. Sono previsti pure incentivi all’esodo: 15 mila euro, che saranno corrisposti a rate. Il passaggio dei lavoratori nella newco non prevede modifiche dal punto di vista contrattuale, salvo per il premio di risultato. C’è l'impegno delle parti, comunque, a discutere questa partita nel corso del 2015, per costruire parametri adeguati alla nuova realtà. «Sino a qualche mese fa, Nuova Infa stava attraversando una situazione difficile – ha dichiarato Gianni Piccinin (Cisl) –, mentre ora vi è una prospettiva, che non consente subito il passaggio di tutti gli addetti, ma c’è comunque un'apertura a un'implementazione futura dell’organico, in base alle esigenze produttive». «La newco consente di mantenere in vita il progetto industriale – ha aggiunto Roberto Zaami (Uil) – e dare quindi prospettive a una zona industriale, quella di Aviano, vittima come tante altre della crisi. Abbiamo fatto il possibile per dare maggiori tutele a tutti i lavoratori». Quanto alla Lavorazioni Inox, ieri è stata siglata a Unindustria la proroga di un anno dei contratti di solidarietà. (g.s.) Sciopero generale Cgil del 12 dicembre, aderisce il trasporto pubblico (M. Veneto Pordenone) Anche il settore del trasporto aderisce allo sciopero generale proclamato dalla Cgil per il 12 dicembre, per tutte le categorie del pubblico e privato. Il personale del servizio urbano di Atap incrocerà le braccia dalle 9 alle 12.30 e dalle 16.30 alle 20.30, mentre quello dell'extraurbano dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 16.30 alle 23. Logistica, trasporto merci e spedizioni sciopereranno per 8 ore. Questi i servizi minimi garantiti: trasporto di carburante e combustibile da riscaldamento, raccolta e distribuzione del latte, trasporto animali vivi, medicinali, forniture per ospedali e case di cura e prodotti alimentari di prima necessità. Inoltre, per la funzionalità e la sicurezza degli impianti, saranno garantite le prestazioni di custodia, funzionalità e controllo di centrali frigorifere, sala macchine, container frigoriferi e impianti di riciclo, refrigerazione silos e controllo merci pericolose e deperibili. «Ogni modifica, attraverso il Jobs Act, dell'articolo 18 della legge 300/1970, che tutela i lavoratori dal licenziamento individuale senza una valida motivazione, è irricevibile - è il giudizio espresso dalla Filt Cgil -. Altrettanto grave è la decadenza dell'articolo 4 della stessa legge, che vieta il controllo a distanza dei lavoratori per mezzo di videocamere e geolocalizzazione. Inoltre, l'articolo 13 della legge 300/70, se abrogato, determinerà la legalizzazione di demansionamento e riduzione della retribuzione». E aggiunge: «Le modifiche alla legge 300/70 (o statuto dei diritti dei lavoratori), demoliscono tutto l'impianto dei diritti, rendendo difficile, se non impossibile, rinnovare contratti di lavoro se si rischia il licenziamento. Le retribuzioni non cresceranno e di conseguenza si deprimeranno ancora di più i consumi». (g.s.) In coda al pronto soccorso. Tutti i tempi di attesa in rete (Gazzettino Pordenone) Loris Del Frate Ore 16.30 di ieri pomeriggio. Se qualche paziente arrivava a quell’ora al pronto soccorso dell’ospedale di Pordenone in codice bianco (è quello più basso nel livello di urgenza) doveva attendere, prima di essere preso in carico da un medico, 5 ore e 11 minuti. Se invece la stessa persona fosse andata, al pronto soccorso di San Vito, l’attesa sarebbe stata di un’ora e 15 minuti. Se invece l’intervento fosse stato fatto a Sacile bastava aspettare 7 minuti, che salvano (sempre alla stessa ora e sempre con lo stesso codice) a un’ora e 40 a Spilimbergo. Infine, per citarli tutti, nel punto di primo soccorso di Maniago il codice bianco sarebbe stato soddisfatto in 35 minuti. Non è tutto. Sempre in tempo reale era anche possibile sapere quanti pazienti erano in attesa nei vari pronto soccorso a seconda del codice: rosso, quello più grave, giallo, verde e bianco. In tutti gli ospedali dell’area vasta pordenonese. Nessuno miracolo, ma un nuovo Servizio che l’Azienda Ospedali Riuniti ha voluto mettere in rete in modo da favorire i cittadini. Non solo. Il direttore generale Paolo Bordon è stato il primo in regione a dare il via libera a questo servizio che può aiutare parecchi i cittadini a scegliere in quale pronto soccorso recarsi. Ovviamente se non sono in emergenza. Ci sono alcune avvertenze per l’uso. La prima è che i tempi sono indicativi. Come dire che l’attesa che appare potrebbe non essere rispettata al secondo, anche se le presenze vengono aggiornate in tempo reale. Basta, però, che un intervento duri più a lungo o che arrivi un codice di emergenza più alto che i tempi possono allungarsi. La seconda avvertenza è che i codici bianchi - di fatto sono almeno il 55 per cento di tutti gli ingressi - dovrebbero essere trattati dal medico di medicina generale. Come dire, insomma, che mettere in rete i tempi di attesa non significa certo incentivare l’arrivo al posto di emergenza dei codici bianchi. Per accedere alle tabelle con i tempi di attesa basta entrare nel sito dell’ospedale Santa Maria degli Angeli (www.aopn.sanita.fvg.it) e nella "home page" cliccare l’apposito link. A quel punto compare l’intera situazione delle attese, ospedale per ospedale. Il primo è quello di Maniago, dove c’è un punto di primo soccorso. I dati vengono aggiornati in tempo reale. Sanità e anziani, la riforma in un convegno dello Spi Cgil (M. Veneto Pordenone) MANIAGO La lega distrettuale del sindacato dei pensionati Spi Cgil di Maniago-Spilimbergo ha organizzato per le 14.30 di domani, al Centro assistenza anziani della città del coltello, un convegno pubblico sulle nuove leggi regionali relative alla riforma sanitaria e all’invecchiamento attivo, recentemente approvate dal consiglio regionale. La presidenza del convegno è affidata a Claudio Foresto, segretario generale della lega distrettuale dei pensionati, mentre la relazione introduttiva sarà tenuta da Nazario Mazzotti, della segretaria provinciale Spi Cgil. Seguiranno gli interventi della vicepresidente della terza commissione del consiglio regionale, Renata Bagatin, di Antonio Gabrielli, direttore del distretto socio-sanitario Nord, di Andrea Gaspardo, assessore alla Sanità e alle Politiche sociali del Comune di Maniago, e di Giorgio Simon, direttore sanitario dell’Azienda sanitaria 6. Le conclusioni sono affidate a Giuliana Pigozzo, segretario generale della camera del lavoro Cgil di Pordenone. Considerata l’importanza degli argomenti trattati, l’auspicio della lega distrettuale è che i cittadini partecipino all’evento. (g.s.) Zillo, investimenti per ridurre l'inquinamento (Gazzettino Pordenone) MANIAGO - È attesa entro l’anno la sentenza del Tar del Friuli sul ricorso presentato dal Comune di Maniago - col sostegno di quello di Cavasso e degli altri contermini - che era stato escluso dalla Conferenza dei servizi per discutere sul progetto della Zillo di Fanna di co-combustione di rifiuti. Si tratta di un passaggio chiave rispetto alla possibilità di procedere con le modifiche all'impianto che alimenta gli altiforni della cementeria, che diminuirebbero la quantità bruciata di Pet-coke (15 mila tonnellate l'anno) sostituendola con rifiuti adeguatamente trattati (30 mila tonnellate). L'amministrazione aveva impugnato il verbale della Conferenza dello scorso 22 gennaio e il decreto di rinnovo del successivo 20 febbraio con cui si concedeva l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Qualora il Tar dovesse dare torto agli enti locali, esiste tuttavia la possibilità di appellarsi alla Corte di giustizia europea. Nonostante le battaglie legali, nei giorni scorsi, grazie alla regia di Unindustria, l'amministrazione maniaghese è stata ospite della Zillo, dove ha seguito le varie fasi della lavorazione e ha anche appreso, direttamente dai vertici del gruppo che ha sede ad Este, della volontà di procedere a sostanziosi investimenti, che da un lato garantiscano innovazione e stabilità nell'occupazione (al momento non si registrano particolari sofferenze) e dall'altro assicurino un ulteriore salto di qualità nella riduzione dell'impatto ambientale. Missione lavoro, gli operai vanno in tour (M. Veneto Udine) TARVISIO Un tour fra le amministrazioni della Valcanale per tenere alta l’attenzione sul fallimento Weissenfels. Un tour che toccherà il culmine con un’assemblea pubblica a Tarvisio in cui saranno invitati tutti, da Pewag a Kito, fino al curatore fallimentare, Paola Cella. Ecco il progetto che le organizzazioni sindacali, con Cgil in testa, hanno presentato ieri ai lavoratori, riuniti in assemblea ed esasperati dalla situazione. «Tra l’ignoto e il conosciuto, preferiamo Pewag», sintetizza il segretario regionale della Fiom Cgil, Gianpaolo Roccasalva. Intanto però, proprio nella relazione di Cella compilata a fine ottobre, si legge che la Procura è impegnata su più di un fronte a Fusine. Al momento Weissenfels non ha cause in corso per il fallimento. Ma «non si esclude di doverne intraprendere per recuperi crediti o azioni di responsabilità legate a fatti e comportamenti denunciati e attualmente al vaglio della Procura». Cella entra anche nello specifico: «Tra questi c’è il possibile abuso dell’istituto del concordato preventivo da parte del liquidatore sociale e da parte dei professionisti che l’hanno assistito». Per tali azioni è già stato nominato l’avvocato Ciro Carano per tutelare l’azienda. Ma non è tutto. Perché «dalla contabilità risulta anche un credito di 420 mila euro – prosegue Cella –, somma che si ritiene sia stata distratta e già al vaglio della Procura». In questo clima, gli 84 dipendenti delle Acciaierie Valcanale (ex Weissenfels) vedono da vicino la cassa integrazione. Una beffa alla luce del piano di rilancio proposto da Pewag pochi mesi fa. Un piano che avrebbe portato a Fusine «una parte della produzione che oggi è in Repubblica Ceca», spiega Roccasalva. Ma dopo lo stop alla vendita deciso dal curatore fallimentare tutto è precipitato. Non solo Pewag ha bloccato il trasferimento di macchinari, brevetti e know how a Fusine, oltre ovviamente al ridimensionamento a est, ma ha pure chiesto e ottenuto l’accesso alla cassa integrazione: attivabile per 50 operai e 13 settimane. In questo momento l’azienda sta programmando le produzioni, ma la cassa scatterà a giorni. «Non aiuta il fatto di avere una situazione incerta – prosegue Roccasalva –, le persone sono arrabbiate. Lo stop alla vendita sta comportando un grave danno perché non c’è certezza su chi potrà gestire nel prossimo futuro l’azienda». Ecco perché il tour fra le amministrazioni punta a mettere fretta a Cella. «Pare che il curatore stia attendendo il prossimo anno per fare scadere il diritto di prelazione della Pewag (l’affitto d’azienda termina il 9 dicembre 2015, ndr) – aggiunge Roccasalva –. Siamo davanti al concreto rischio di perdere tempo e forse anche l’impegno di Pewag e l’interesse di Kito. È impensabile vivacchiare per un anno». Come detto, i «lavoratori sono esasperati – chiosa il segretario Fiom –. Abbiamo deciso di tenere alta l’attenzione e partiremo con un tour di tutte le amministrazioni comunali della Valcanale per spiegare la situazione». Michela Zanutto Sangalli lascia la Puglia, gli impianti a San Giorgio (M. Veneto Udine) SAN GIORGIO DI NOGARO Si fermano gli impianti della Sangalli Vetro di Manfredonia, in Puglia, le cui lavorazioni verranno trasferite a San Giorgio di Nogaro. Il piano prevede la fermata dell’impianto Float, iniziata già il 29 novembre, con un raffreddamento dello stesso che durerà una ventina di giorni, per poi arrivare allo spegnimento prima delle festività natalizie. Nei mesi successivi l’azienda intenderebbe spostare l’impianto del Magnetronico da Macchia a San Giorgio per produrre più vicino ai mercati di sbocco del Nord Europa abbattendo così i costi di trasporto. L’operazione evidenzierebbe anche una quarantina di esuberi tra le maestranze, alle quali, come ha ribadito Giacomo Sangalli, è stata data l’opportunità di un trasferimento a San Giorgio. Una ventina potrebbero accettare la dislocazione friulana, mentre a completamento dell’organico si potrebbe procedere con l’assunzione di lavoratori locali. L’azienda ha motivato lo spostamento della lavorazione snocciolando i dati della crisi e le pesanti perdite accumulate, anticipando le proiezioni del piano industriale che dovrà essere approvato dalle banche per poter finanziare l’operazione. Ricordiamo che dal 2013 il Gruppo Sangalli, presente da alcuni anni nella zona industriale Aussa Corno dove dà lavoro a 140 addetti, è socio al 50% con il Gruppo russso Glasswall, una partership strategica per l’espansione del Gruppo verso l’Europa dell’Est che consente anche al Gruppo russo di consolidarsi sul mercato europeo, essendo il Gruppo Sangalli l’asset di vetro Float più moderno in Europa e il fulcro ideale per l’implementazione delle tecnologie avanzate. Francesca Artico Cartiera, gli stop alla linea 2 dannosi per gli altri impianti (Piccolo Trieste) di Tiziana Carpinelli DUINO AURISINA Preoccupazione altissima per il susseguirsi di fermate produttive della linea 2 alla Cartiera di Duino viene espressa dalla segreteria provinciale dell'Ugl, settore chimici, carta e stampa. Il problema non è solo per i salari ridotti ma anche per l'operatività della 3. Ad affermarlo è Adriano Valle, ex Rsu Burgo, oggi in quiescenza, e attuale segretario provinciale della sigla: «Di fatto, nell'ultimo periodo, la linea 2 si sta fermando ogni mese – racconta – e mi pare di rivivere il periodo precedente la chiusura della 1, che dopo una sempre più frequente serie di interruzioni aveva definitivamente serrato i battenti». L'eventualità rappresenterebbe “una catastrofe” per il territorio, posto che “al sito di San Giovanni di Duino risulta occupato un numero elevatissimo di lavoratori”. «Io mi auguro che una dismissione non accada mai – prosegue Valle – ma i segnali sono allarmanti. Oltretutto, queste fermate della linea 2 stanno creando problemi di natura operativa anche sulla 3, con fuoriuscite di pasta nel piazzale, avvenuta le scorse settimane, pur se si è poi tentato di ovviare al fenomeno con il posizionamento di paratie. Se il problema si verifica ad attività regolare della 2, infatti, le fuoriuscite della pasta vengono riassorbite da quel ciclo – chiarisce il sindacalista -, diversamente ciò non accade». Insomma, fermare la linea 2 “equivale a creare disagi anche alla 3, che da sola non riesce a stare in piedi”. Ma l'Ugl ha preso posizione anche a livello nazionale. «La grande partecipazione dei lavoratori di tutti gli stabilimenti del gruppo Burgo alla protesta nazionale di venerdì dimostra che l’azienda non può continuare a mantenere un atteggiamento dispotico: il governo deve intervenire subito». Lo ha dichiarato Enzo Valente, rappresentante della segreteria nazionale, che la scorsa settimana ha guidato la delegazione del sindacato alla manifestazione a Vicenza, indetta insieme allo sciopero nazionale unitariamente da tutte le organizzazioni di categoria. «Il primo produttore di carta in Italia, e uno dei principali in Europa, con quasi 5 mila dipendenti e undici stabilimenti nel nostro Paese – ha proseguito - non può permettersi di reagire alla riduzione del fatturato chiudendo uno stabilimento all’anno, come accaduto prima a Chieti e come sta accadendo ad Avezzano, senza spiegare quale strategia stia adottando e senza presentare un piano industriale. Pretendiamo che il Mise convochi al più presto un tavolo per fare chiarezza sulla scellerata politica del Gruppo con la presenza non solo dell’amministratore delegato ma anche della proprietà – ha concluso il sindacalista – e che il governo si assuma l’impegno di salvaguardare il patrimonio produttivo di un settore, quello cartario, che sta risentendo fortemente dei colpi della crisi”. «Porto Vecchio affossato» (Piccolo Trieste) di Silvio Maranzana «Diverse cose che stavamo realizzando non sono state portate a termine, ma di una soprattutto mi dispiace enormemente perché sono convinto che noi alla fine ce l’avremmo fatta, ma invece si è voluto affossarla: avrebbe portato finanziamenti e benefici inestimabili sia al porto che alla città». Quella cosa è il Porto Vecchio e a rimpiangerla è Martino Conticelli, braccio destro di Claudio Boniciolli e segretario generale dell’Autorità portuale di Trieste da gennaio 2007 a gennaio 2011. Da allora Conticelli è tornato a fare il dirigente all’Authority di Venezia e l’”evoluzione” della situazione triestina, al cui vertice c’è stato un autentico ribaltone, ha potuto seguirla solo da 150 chilometri, o meglio da 58 miglia marine di distanza. Alcune cose obiettivamente non può saperle, altre non può dirle, ma quanto afferma punge già abbastanza. «Porto Vecchio - afferma Conticelli - stava per diventare una formidabile cerniera tra lo scalo e la città con attività di portualità allargata e anche no. Il Punto franco forse ce l’avremmo fatta a spostarlo, anche se a questo punto dico che ancora meglio sarebbe sdemanializzare. Poi si è remato contro, l’attuale presidente non si presentava nemmeno agli incontri con Portocittà, la rinuncia è arrivata prima dello scandalo che ha coinvolto Maltauro, l’azione di riconversione poteva partire comunque». C’è un altro argomento che infastidisce Conticelli: «Che dopo di me non sia stato nominato un segretario generale di ruolo - afferma - è un’autentica assurdità, un fatto che credo possa accadere soltanto a Trieste. Sarebbe dovuto intervenire qualcuno più in alto per mettere le cose a posto, il ministero stesso avrebbe dovuto dare una solenne tirata d’orecchi». Ma ora la situazione si rovescia ancora e la Torre del Lloyd attende un nuovo presidente anche se la governatrice Debora Serracchiani ha fatto intendere che rimane in piedi anche l’ìpotesi del commissario. «Per il bene di Trieste, mi auguro non sia così - afferma Conticelli - le gestioni commissariali non mi sono mai piaciute. Se poi sono motivate per il fatto che presto ci sarà la nuova legge sui porti, le trovo ancora meno convincenti. La nuova legge non può essere un alibi e soprattutto non credo affatto che sia dietro l’angolo perché vi sono ancora troppi interessi contrapposti. Secondo me - prosegue il dirigente dello scalo di Venezia - le Autorità portuali vanno certamente ridotte di numero, ma la soluzione per un primo passaggio è estremamente semplice e dribbla tutte le dispute ideologiche: basterebbe costituire le Autorità portuali regionali e si dimezzerebbero automaticamente. Oggi siamo in una situazione assurda: la Sicilia ha 4 Authority, la Liguria e la Puglia 3». Impossibile non arrivare alla questione clou oggi della contrapposizione tra i due scali: il porto off shore di Venezia, cavallo di battaglia del presidente Paolo Costa, osteggiato da tutta Trieste, ma mai apertamente dalla presidente Monassi. «É da quarant’anni che lavoro nei porti - risponde Conticelli - e sempre più mi sto rendendo conto che il rapporto costi/benefici è una questione fondamentale. Di più non posso dire». Impossibile sconfessare il proprio presidente, ma l’opinione su un progetto onerosissimo sembra chiara così come quella sulla collaborazione tra i due scali: «Dinanzi alle stime su un aumento dei flussi di merci in Adriatico e all’avvento del gigantismo navale giusta la collaborazione a livello politico istituzionale tra i due scali e la fondazione del Napa, ma è logico che non potranno mai esserci accordi a livello commerciale». Possibile un ritorno a Trieste da segretario generale con il nuovo presidente? «Mah, conosco tutti e tre i candidati in particolare Marcucci. Ma no, fu un’esperienza possibile solo per il rapporto di stima che mi lega a Boniciolli». Sicurezza sui bus, i sindacati si danno battaglia (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Si svolgerà venerdì a Cormons la passeggiata notturna di Nordic Walking che, di fatto, sarà una serata di solidarietà a favore della Caritas. Il ritrovo è per le 19.30 in piazza XXIV Maggio a Cormons mentre il rientro è previsto per le 21. Il luogo del rientro sarà l’enoteca di Cormons con degustazione di vin brulè e panettone. La quota di partecipazione è di cinque euro. L’accompagnamento sarà affidato agli istruttori della Scuola italiana Nordic Walking. Si consiglia l’utilizzo della pila frontale. Disponibilità bastoncini sino ad esaurimento.Quell’azione “in solitaria” dell’Usb non è piaciuta per niente alle altre forze sindacali. Parliamo della questione delle aggressioni sui bus e sulle corriere dell’Apt cui sono rimasti vittima, nell’ultimo mese, gli autisti. Ad intervenire, a nome di Cgil, Cisl e Uil, è Marco Sosol della Filt Cgil. Ha letto con attenzione l’articolo di domenica scorsa con le parole di Willy Puglia e Franco Zotti ed evidenzia che il problema della sicurezza si dibatte da ben prima dell’avvento del delegato della Usb all’interno di Apt. «Come a dire che non è certamente quel sindacato ad aver scoperto il problema perché i nostri sindacati ne parlano ormai da parecchi anni. Solo che c’è una differenza fra le nostre sigle e l’Usb: noi, alla fine, firmiamo gli accordi e i verbali e loro no perché preferiscono fare le sparate sui giornali». Sosol ricorda che è «in piedi» il progetto di ricorrere alla guardie giurate: progetto di cui abbiamo parlato ampiamente ieri in un servizio con il presidente dell’Azienda provinciale trasporti Paolo Polli. Insomma, si sta lavorando perché venga garantita la sicurezza agli autisti. «L’uscita dell’Usb è stata inopportuna», conclude il segretario provinciale della Filt-Cgil. A rinforzare il concetto interviene Andrea Colabucci di Uil Trasporti. «Sono perfettamente d’accordo con quanto va dicendo Sosol. Mi permetto di sottolineare una volta di più che la questione della sicurezza è stata intrapresa precedentemente all’arrivo di Zotti come delegato sindacale di Usb. Come a dire: le questioni sono sul tavolo da parecchio tempo. Oggi, pare davvero che l’Azienda abbia deciso di affrontare una volta per tutte il problema. Le corriere verranno dotate di telecamere e ci saranno controlli che vanno nella direzione della tutela della sicurezza degli autisti». (fra.fa.) La centrale nel mirino della Procura (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Giulio Garau C’è un’inchiesta della Procura della Repubblica di Gorizia sulla Centrale elettrica A2A di Monfalcone, le indagini sono tuttora in corso e sulla questione delle centrali a carbone si è aperto un fronte nazionale. La stessa Procura di Gorizia infatti, assieme a quella di Brindisi (anche lì c’è una centrale a carbone), si è recata a Savona per confrontarsi con i magistrati che hanno lavorato sul caso di Vado Ligure dove sono sotto accusa cinque dirigenti della Tirreno Power. La centrale ligure è stata fermata, i dipendenti sono in cassintegrazione e soprattutto le autorità locali e regionali hanno bloccato la nuova autorizzazione ambientale integrata (Aia). Lo stesso presidente della Liguria, Claudio Burlando e i sindacati hanno lanciato un appello perchè la questione diventi un caso nazionale e delle centrali a carbone si occupi direttamente il governo Renzi. A darne notizia nei giorni scorsi il giornale Secolo XIX in un articolo di Giovanni Ciolina, che ha rivelato alcuni particolari della missione dei pm di Brindisi e Gorizia che si sono recati a Savona oltre al fatto che le tre Procure stanno avvalendosi degli stessi consulenti esperti in materia. La conferma dell’inchiesta, che in realtà è aperta già da mesi, è arrivata anche dalla stessa Procura di Gorizia in particolare dalla Pm, Valentina Bossi. «Sì, c’è un’inchiesta in corso e stiamo facendo delle indagini - spiega - ci siamo confrontati con la Procura di Savona, anche se l’ipotesi di reato (nel caso di Vado Ligure si parla di disastro ambientale ndr) non è la stessa». La Pm Bossi invita alla cautela, spiega che le indagini sono ovviamente coperte dal segreto istruttorio e aggiunge soltanto che: «All’esame c’è una vasta gamma di ipotesi di reato, al momento non posso dire altro. A Savona sono andati ad individuare alcuni reati gravi. Per Monfalcone è tutto da capire, anche se le centrali a carbone funzionano tutte nella stessa maniera. Monfalcone però è una centrale più piccolina». Confermata da Gorizia anche la scelta comune di alcuni consulenti esperti sui quali si mantiene totale riservatezza. Questa indagine, come è avvenuto a Vado Ligure, potrebbe dare una svolta alla spinosa querelle che coinvolge la centrale A2A di Monfalcone facendo “piazza pulita” di indagini, esami e pareri portati ad esempio da chi sostiene che inquina e chi dice di no. A Savona infatti, per la centrale di Vado la Procura ha scelto un percorso assolutamente originale e indipendentemente dal fatto che i limiti delle emissioni erano nella norma e non ci sono stati sforamenti. Secondo la Procura addirittura le stesse prescrizioni previste dalle Bat (le best advanced technology) a cui si devono adeguare gli impianti per ridurre le emissioni, anche ben sotto i limiti di legge, non sarebbero sufficienti a tutelare la popolazione e la produzione delle centrali a carbone avrebbe avuto pesanti conseguenze sulla salute dei cittadini. Per convalidare queste ipotesi la Procura ha eseguito serrate e approfondite analisi sui licheni delle zone circostanti la centrale di Vado che avrebbero evidenziato la forte presenza di metalli pesanti alla base dei gravi danni alla salute degli abitanti con patologie che hanno portato a ricoveri e anche alla morte in tutti gli anni di accumulo durante l’attività della centrale. La stessa procura di Savona ha messo in discussione tutte le analisi a cominciare da quelle dell’Osservatorio regionale salute e ambiente, istituito nel 2012 per monitorare la centrale e ha fatto letteralmente le pulci all’Istituto tumori genovese (Ist) contestando i risultati delle indagini tanto da far ammettere al dirigente Franco Merlo «superficialità e margini di errore». Sulla vicenda delle indagini è intervenuta anche la stessa A2A. «La società, che è garante della gestione dell’impianto - spiega l’azienda - ribadisce ancora una volta che la centrale ha sempre operato nel rispetto delle prescrizioni e ben di sotto dei limiti di legge imposti dalle autorizzazioni. Come si evince dai numerosi studi effettuati da enti pubblici e da soggetti specializzati, l’impianto risulta avere una minima incidenza sulla qualità dell’aria del territorio monfalconese e sugli effetti al suolo ».
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