Le Figlie di San Giuseppe - figliedisangiuseppedigenoni.it

SOMMARIO
3
CARI lettORI
“Dio ha voluto nascere
in una famiglia umana, come noi”
Madre Maria Daniela
4
Il MOnDO DI SAn GIuSeppe
Misura una volta,
taglia un volta
Don Antonio pinna
6
SpIRItuAlItà Del FOnDAtORe
la Celebrazione eucaristica
esperienza quotidiana e discernimento
Don Antonio Donghi
Mosaico di
P. Marco Rupnik - La Sacra Famiglia.
Quadro realizzato in occasione
della Giornata Mondiale
della Famiglia.
9
pAROlA e CelebRAzIOne
per celebrare i “Santi Misteri”
nell’alfabeto della vita umana
Don Carlo Cani
12
RIFlettIAMO Su...
la conversione missionaria
della parrocchia
Mons. Ignazio Sanna
Le Figlie di San Giuseppe
14
BOLLETTINO BIMESTRALE
ARte e FeDe
la Cattedrale
di Santa Giusta
Myriam Deidda
Una voce libera che propone:
¨ la spiritualità di San Giuseppe e del Ven. Padre Felice Prinetti;
¨ espressa nella vita dell’Istituto;
¨ operante nella Chiesa.
16
DIRETTORE RESpONSABILE: Dr. Marco Cardinali
AMeRICA lAtInA
RESpONSABILI DI REDAzIONE:
Suor paoletta Meloni - Suor Antonia Deidda
nORD ARGentInA: Racconto
di un’esigenza missionaria
UFFICIO ABBONAMENTI: Suor Maria Lucis Scema
REDAzIONE: Le Figlie di San Giuseppe
Via Carmine, 34 - Tel. 0783 78357 - 09170 ORISTANO
e-mail: [email protected] - C.C.p. n.14305098
pROGETTO GRAFICO, STAMpA, CONFEzIONE, SpEDIzIONE:
Grafiche Sant’Ignazio srl - 09025 SANLURI (VS)
Via Carlo Felice, 116 - Tel.-Fax 070 8002907
e-mail: [email protected]
Suor Franceschina zaru
bRASIle:
esperienza di un incontro
Don Giuseppe luigi Spiga
Autorizazzione del Tribunale di Oristano n.15 del 16/12/1960
40
ABBONAMENTI 2014
Italia: Annuale ordinario € 15,00 - Sostenitore € 30,00
Una copia € 2,00 – Estero: annuale ordinario € 25,00
42
HANNO COLLABORATO
Mons. Ignazio Sanna, Madre Maria Daniela Cubadda,
Don Antonio pinna, Don Antonio Donghi,
Don Antonello Mura, Don Carlo Cani,
Don Giuseppe Spiga, Marco Cardinali, Myriam Deidda.
VItA Dell’IStItutO
le comunità raccontano
ItAlIA
pReGhIAMO peR...
RIFletteRe e… SORRIDeRe
bianco e nero
Judie paxton
43
SCeltI peR VOI...
libri
CARI lettORI
“Dio ha voluto nascere in
una famiglia umana, come noi”
papa Francesco all’Angelus nella domenica della Santa Famiglia
l primo numero di questo nuovo anno 2014 esce con evidente ritardo per problemi di impegni
straordinari della Redazione. Ci scusiamo con i lettori. A tutti auguriamo serenità, pace e salute
ringraziando quanti ci hanno dato la loro fiducia col rinnovo dell’abbonamento e ai nuovi abbonati
diciamo benvenuti tra gli amici della famiglia di San Giuseppe. Un evento ecclesiale, l’indizione
dell’anno della famiglia, ci impegnerà ad offrire attraverso queste pagine una particolare attenzione fatta
di riflessione e di testimonianza della realtà bella e insieme complessa che è quella della famiglia,
guardando al modello della famiglia, icona della Trinità in terra che stata la famiglia di Nazareth: Gesù,
Maria e Giuseppe. Specchiandosi su questo modello, ogni famiglia cristiana è chiamata ad essere santuario
dell’amore, della vita della fede come chiesa domestica, formando uomini e donne vere che sviluppano
una cultura integrale dei valori umani e cristiani educando all’esercizio dell’intelligenza, alla capacità di
fare scelte libere e mature, al dono di sé nel servizio agli altri uscendo dai propri piccoli egoismi, all’amore
reciproco che richiede donazione di sé nella gratuità e al di là degli interessi personali.
Coltivare la fede nell’ambito famigliare porterà a scoprire il bene della preghiera e ad inserirsi nella
Famiglia più grande che sarà la propria parrocchia, la diocesi, la Chiesa universale, godendo della
ricchezza spirituale che da essa viene ad ogni credente. A tutte le famiglie e soprattutto quelle in
difficoltà spirituali, morale ed economiche, che ci conoscono e che ci leggono vogliamo ricordare le
parole di coraggio e di consolazione che Papa Francesco ha rivolto loro, nell’incontro a San Pietro
dell’ottobre scorso: “Care famiglie, il Signore conosce le nostre fatiche: le conosce! E conosce i pesi della
nostra vita. Ma il Signore conosce anche il nostro profondo desiderio di trovare la gioia del ristoro!
Ricordate? Gesù ha detto: «La vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). Gesù vuole che la nostra gioia sia piena!
Lo ha detto agli Apostoli e lo ripete oggi a noi. Allora questa è la prima cosa che stasera voglio condividere
con voi, ed è una parola di Gesù: Venite a me, famiglie di tutto il mondo - dice Gesù - e io vi darò ristoro,
affinché la vostra gioia sia piena. E questa Parola di Gesù portatela a casa, portatela nel cuore,
condividetela in famiglia. Ci invita ad andare da Lui per darci, per dare a tutti la gioi”.
Oltre agli articoli di formazione e informazione spirituale ed ecclesiali, continueremo a dare spazio alle cronache che ci vengono dalle diverse attività apostoliche dell’Istituto comprese le missioni. Ringraziamo
quanti offrono la loro collaborazione attraverso articoli, servizi e foto, per l’invio dei
quali è preferibile possibilmente inviare all’indirizzo di posta elettronica: [email protected] Vi invitiamo a visitare
anche in nostro sito: www.figliedisangiuseppedigenoni.it
Un particolare saluto riserviamo in questo numero a Mons. Antonello Mura, neo
eletto vescovo di Lanusei, in questi anni attento collaboratore della nostra rivista e
sempre spiritualmente vicino alla vita dell’Istituto.
Madre Maria Daniela
I
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
3
Il MOnDO DI GIuSeppe
«Misura due volte,
taglia una volta»
Don Antonio pinna
Da un dialogo non registrato di Giuseppe con
Gesù, mentre lavoravano a modellare una sedia
per la sinagoga di Nazaret.
icordati, Gesù: qualsiasi cosa stiamo facendo, sempre stiamo facendo una casa allo Spirito. Tua mamma pensa che una casa per lo Spirito sia come una coppa vuota. Ma io preferisco l’immagine di una stanza spaziosa con una larga finestra per il sole e una porta non facile da trovare.
«R
Il modo migliore per cominciare è pulire uno
spazio, e il modo migliore per pulire uno spazio è
smettere di giudicare. Questo richiede un tempo
di preghiera. Ogni volta che le cose sembrano
semplici e ovvie e la mente è soddisfatta per la sua
certezza e prepotente sicurezza, vacci piano. Ci
sono più cose di quanto pensi: solo che non si vedono ancora. Il giudizio chiude le possibilità.
Così, quando tu non giudichi, tu eviti anche di
far danno ad altri. La legge è la nostra misura. È
uno strumento di giudizio, ma c’è sempre qualcuno che lo controlla. Non
usare la legge come un
martello per colpire o una
lama per tagliare. I nostri
strumenti sono per dar
forma a un tavolo, non
per violentare il legno. La
legge è uno strumento per
formare gente che ama,
ma può anche spezzare le
persone e perdere il senso
del suo scopo. La legge ha
sempre paura di una vita
fuori controllo. Così essa
ha bisogno di creare casi
di persone che la trasgrediscono. Essa si nutre e si
irrobustisce sulle trasgressioni. Si riempie la bocca
di scandali. Ma lo scandalo non equivale a una colpa reale. Lo scandalo può
essere l’irruzione dell’amore di Dio che le nostre
menti deboli devono ancora capire. Perciò, trova
una via per onorare la legge e onorare la persona
che, nella nostra com-
Il sogno di Giuseppe
(Gaetano Gandolfi).
prensione limitata, ha trasgredito la legge. Questo
non è facile.
Richiede di far lavorare la legge per l’amore.
L’amore è il sole; la legge è il suo raggio più lontano e più debole. Se tu stai saldo nell’amore, vedrai
come la legge è un suo riflesso. Se tu perdi l’amore, la legge non potrà sostituirlo. La legge senza
amore sarà solo qualcosa che tu usi per promuovere te stesso e punire gli altri. Quando tu ami
una persona attraverso la legge, tu modelli la legge su una realtà che è sempre più grande di quello che sai. Ciò dà alla vita la possibilità di respirare e alle persone la possibilità di cambiare. E il
cambiamento più importante non sarà negli altri,
ma in te stesso. L’amore toglie via la trave dal tuo
occhio. Non ferma il suo sguardo sulle schegge
negli occhi degli altri. Una volta mi è capitato
qualcosa di simile, e io ero tentato di giudicare e
di punire. Ma mi fermai e aspettai, e una porta
più nascosta si aprì, la porta difficile da trovare. E
fui condotto in una stanza di sole, una casa per lo
Spirito. Dentro, c’eravate tu e tua mamma, e una
presenza di luce che parlò alla mia paura. Era sogno, ma non era sonno. Il sogno mi svegliò. Tolse
la trave dal mio occhio. Vidi che fare spazio allo
Spirito è una avventura senza fine, come il tuo diventar grande, figlio mio.
Noi carpentieri diciamo, “misura due volte, taglia una volta sola”. Così, Gesù, guarda sempre
due volte. Prima guarda con gli occhi del corpo, e
poi guarda di nuovo con gli occhi del cuore. Al
primo sguardo, spesso vedi un pezzo di legno irregolare e buono a niente. Forse, stai per gettarlo
via. Ma non lasciarti ingannare dalle apparenze
delle cose. Guarda più a fondo. A una seconda occhiata, puoi vedere un bel braccio di sedia nascosto nella sua forma inusuale. Abbraccia la bellezza, Gesù, quando la vedi. Conducila a casa tua.
Non avere dubbi e non fare domande. Metti tutto
in discussione, Gesù, ma obbedisci all’amore».
(John Shea, The Spiritual Wisdom of the Gospels
for Christian Preachers and Teachers, pp. 43-48:
traduzione di A. Pinna).
1. Quando si parla di San Giuseppe nei vangeli, i problemi di metodo non sono sempre rispettati. Si rischia di dire più quello che si ha in testa,
che quello che c’è nei testi. Rispetta il metodo la
pagina che abbiamo presentato in traduzione? Si,
almeno nel senso che le “due misure” fanno parte
del modo di procedere del vangelo stesso.
2. Nella conclusione della genealogia di Gesù
(Mt 1,18-25), la prima misura di Giuseppe è la
Legge. Secondo questa prima giustizia, egli pensò
di ripudiare Maria.
La seconda misura è la parola dell’angelo nel
sogno: Non temere di prendere con te Maria. La
Legge viene da Dio, e anche l’angelo viene da Dio.
Eppure, portano a decisioni contrarie. Siate sinceri: per essere santi subito voi avreste consigliato di scegliere la via sicura, i fatti che si vedono.
Perché l’altra via, la via di ascoltare ciò che non si
vede, di capire la verità dagli occhi sinceri dell’altro, senza parole adeguate a spiegare, non è altrettanto sicura. Ma è questa la “nuova” giustizia
di Giuseppe.
Quella di cui Gesù dirà che se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei,
non entrerete nel regno dei cieli (Mt 5,20).
Da chi volete che Gesù l’abbia imparato? Da
un sms inscritto, come ho sentito da certi teologi
o “antropologi’, nella sua “natura teandrica”? Meglio Giuseppe. Meglio una povera incarnazione a
Nazaret.
3. Subito dopo, nel racconto di Erode e dei Magi, le due misure si ripetono, ma in ordine inverso. Si comincia dal sogno, la visione di una stella,
muta ma ricca di desideri che anche per il vangelo più ebraico non nascono sotto il cielo delle antiche generazioni.
Una prima misura ora passa in ricerche non
“nostre”, non secondo i “nostri canoni”, che forse
giudichiamo anche “confuse”, addirittura male
“orientate”, visto che non arrivano direttamente
alla meta cercata. Ma appunto, anche per i Magi
c’è una seconda misura per sapere Dove è colui
che è nato, il re dei Giudei. La seconda misura è
ora la stessa parola della Legge: Gli risposero: A
Betlemme, perché così è scritto... (Mt 2,5). Una
Legge usata anche male, per informare “in modo
neutro” il nemico re Erode. Una Legge che ha bisogno di una stella che ricompare, di un sogno
che la riporti al suo scopo sulla via dell’amore,
che riconverta i Magi da informatori in adoratori: al (ri)vedere la stella provarono una gioia grandissima (Mt 2,10).
4. “Noi facciamo anche più di due misure”, mi
disse un muratore dopo un’omelia domenicale.
Forse carpentieri e muratori, fanno parte di quei
mestieri che nel regno di Dio passano avanti a chi
crede di avere per missione l’unica misura garantita (Mt 21,28-32), e alla fine non misura per
niente, né per legge né per amore. Diventati “misura a se stessi”, dirà Gesù per averlo imparato,
con la misura con la quale misurate sarà misurato
a voi (Mt 7,2). Ovviamente, ciò avverrà secondo
tradizione: colmando la misura dei vostri padri
(Mt 23,32). Giuseppe era un padre diverso, in
un’altra genealogia».
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
5
SpIRItuAlItà Del FOnDAtORe
la Celebrazione eucaristica
esperienza quotidiana di discernimento
Don Antonio Donghi
a vita spirituale del credente trova nel variegato ritmo della partecipazione alla vita
liturgica, e a quella eucaristica in particolare, la possibilità di accedere alla comunicazione misterica e vivificante con il Cristo, che
via, verità e vita per ogni uomo. Inserite in un piano pastorale organica, la preparazione e la celebrazione dei sacramenti devono offrire un autentico
cammino mistagogico che introduce il credente in
un’esperienza di Dio sempre più profonda e corrispondente ai concreti bisogni della propria vita spirituale. Infatti la presenza del Risorto nell’azione liturgica diventa una luce che rischiara le oscurità delle scelte quotidiane e offre la capacità d’essere concreti nel cammino feriale per elaborare un’autentica testimonianza evangelica. Nell’azione sacra-
L
Tutto l'evento cristiano si
riassume nella vera fraternità in
una reale attrazione nel volto
pasquale di Gesù. Gesù,
donandoci nell'ultima cena il suo
dono d'amore, ci ha indicato che
in esso ogni discepolo si sente
chiamato a ritrovare il senso
della vita: una intensa relazione
con il Maestro per accedere al
volto del Padre.
mentale il clima di comunione che avvolge la persona, che apre all’ascolto della Parola proclamata, il
Risorto coinvolge i celebranti perché assumano una
mentalità credente, che non è altro che la condivisione della sua personalità. Nella convivialità della
fede e del sacramento poi, il mistero di Gesù morto e risorto qualifica le persone dei celebranti, ponendoli nella condizione di amare e leggere il reale con il cuore e la mente del Cristo.
Vista come esperienza religiosa rilevante nell’esistenza del cristiano, la celebrane liturgica, nella
sua globalità, dovrebbe essere percepita innanzitutto come una irruzione di Dio nel tempo, nello
spazio, nella comunità celebrante e nell’intimità
dei singoli fedeli. Questa irruzione dell’Eterno nel
tempo è accolta nell’assemblea celebrante in un
clima di preghiera che avvolge la comunità, in un
contesto di liberazione evangelica, con la chiara finalità di una accoglienza nella sua intimità. Il gusto dell’eternizzazione non è un allontanarci dalla
storia, ma la capacità di non lasciarsi contagiare
dalla mentalità mondana che si inserisce quasi
impercettibilmente nel cuore dei discepoli del Signore. Un simile contesto è essenziale per un autentico discernimento, poiché la volontà di ogni
credente è quella di operare delle scelte che sviluppino il meraviglioso dialogo con Dio per la costruzione di una storia che sia evangelica. La celebrazione eucaristica in particolare qualifica e anima questo cammino, e permette una lettura della
storia in un‘ottica particolare aiutando i battezzati
nello stesso tempo a intravedere l’itinerario da
percorrere. Si attua di conseguenza quella accoglienza di quella gratuità divina che permette loro
di superare ogni paura nelle opzioni. Nella gratuità divina che accompagna l’uomo, si comprende
come p. Prinetti stimoli la baronessa a rimanere
nei sentimenti che vengono celebrati nell’eucaristica per camminare sempre alla luce del Dio che
non delude.
L’eucaristia è la traccia della vita
P. Prinetti, rivolgendosi alla baronessa, le indica l’anima del suo cammino, partendo dall’incontro con il Cristo eucaristico.. L’evento della prima
comunione non è stato semplicemente un momento biografico, che la tradizione offre, ma un
incontro che era destinato a qualificare tutta esistenza battesimale. Compimento dell’iniziazione
cristiana, l’eucaristia rende viva ogni scelta sacramentale che il credente compie e gli offre la capacità di sviluppare quella novità esistenziale che il
vangelo continuamente gli offre. “Abitare” nel mistero eucaristico significa costruire nella gratitudine un’esistenza nella fecondità del mistero pasquale.
Quale grazia figlia mia l’averti Gesù tracciata la
tua vocazione dalla tua 1°Comunione, assicurandoti così che la sua grazia ti avrebbe accompagnata
fino alla corona! “Calicem meum bibetis” è la parola che Egli dice alle anima predestinate a glorificarlo: custodiscila nei giorni di prova. (7 maggio 1912)
Appare chiaramente il senso della
gratuità dell’azione divina, attraverso
l’esperienza della grazia che anistoria
di ogni autentico discepolo. Qui avvertiamo come il battezzato sia radicato nella creatività divina che è veramente inesauribile. Ogni prova dell’esistenza non è mai staccata dal fondamento delle proprie scelte, ma le anima e le qualifica verso il compimento
della scelta evangelica. E’ senso della
continua conversione che non è altro
che lo sviluppo dinamico di quella
gioiosa tristezza che rende feconda
ogni percorso teologale della vita. Il richiamo dell’immagine della corona fa immediatamente correre il pensiero verso l’esperienza del martirio,
verso la pienezza della nuzialità evangelica. Infatti
chi sacramentalmente è inserito nella stessa personalità del Maestro deve condividerne tutto il destino. P. Prinetti sottolinea ulteriormente questa
visione con l’immagine del calice che è la promessa-proposta fatta ai figli di Zebedeo, che ritroviamo nell’orto degli olivi e che sacramentalmente si
sintetizza nella celebrazione dell’ultima cena. In
quel calice è racchiuso il drammatico amore di
Dio per l’uomo e il senso con il quale questi si sente eletto e chiamato a costruire ogni giorno l’esistenza.
Tuttavia il discepolo non ha paura di fronte a
un simile orizzonte perché la sua vita è una vita
“predestinata” a secondo la citazione paolina che è
alla base delle affermazioni di p. Prinetti.” Del resto noi sappiamo che tutto concorre al bene, per
quelli che amano Dio, per coloro che sono chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli
da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati
a essere conformi all’immagine del Figlio suo,
perché egli sia il primogenito tra molti fratelli;
quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati, quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati;
quelli che ha giustificati, li ha anche glorificati.”(Rm 8,28-30). Una simile visione diventa fonte
di inesauribile speranza nella prova e coraggio fedele nel vivere l‘oggi di Dio,pur nella sua problematicità e oscurità. La verità dell’eucaristia è la
grande speranza nella prova ( cfr Il libro dell’Apocalisse), poiché apre sul grande orizzonte della risurrezione.
L’eucaristia è comunione
Una esigenza nel cammino nel discernimento
degli spiriti è che ci sia una vera comunione nello
Spirito Santo in una reciprocità fraterna, dove l’unico intendimento interiore è la realizzazione dell’oggi misterioso di Dio. Infatti tutto l’evento cri-
stiano si riassume nella vera fraternità in una reale
attrazione nel volto pasquale di Gesù. Gesù, donandoci nell’ultima cena, il suo dono d’amore ci ha
indicato che in esso ogni discepolo si sente chiamato a ritrovare il senso della vita: una intensa relazione con il Maestro per accedere al volto del Padre. Questa consapevolezza porta p. Prinetti ad
esprimersi con la baronessa in questi termini.
Io chiedo a Gesù che venendo a te nell’Eucaristia
ti faccia penetrare il Suo S. Cuore e riposare nel
pensiero di essere con Lui vittima di riparazione...
Ricorda che Gesù ti ama e che la Croce ti unisce a
Lui”(10 giugno 1911).
La preghiera, che p. Prinetti offre al Signore.
nasce dalla convinzione che i suoi sentimenti offerti a Gesù avranno come effetto che entrino nel
cuore della baronessa. Infatti l’intensa comunione
di preghiera con Gesù offre a p. Felice la certezza
che il Signore le possa donare la gioia nel vivere le
intenzioni presenti nel cuore di Gesù. Solo questo
stile di preghiera fa maturare nella certezza che
non si è mai delusi quando si abita in lui. In certo
qual modo si crea una trilogia che esprime come
nell’eucaristia si superi ogni spazio e tempo, e nel
rapporto tra direttore spirituale, Cristo eucaristico
e l’anima che si lascia guidare sussista una tale reciprocità che è la forza per camminare nella luce
che viene dall’alto-. Infatti quel Gesù che noi intensamente preghiamo è lo stesso Gesù che opera
nel fratello e nella sorella, e in questa misteriosa
fraternità la profondità del mistero eucaristico
passa nel fratello e nella sorella. Da qui nasce la
certezza che l’anima è intensamente amata da Gesù, e il mistero del suo amore crocifisso la pervade profondamente.
Nell’eucaristia c’è la sintesi
della vita evangelica
Gesù vuole essere l’anima di ogni discepolo, e
attraverso il mistero eucaristico le si regala pienamente. Nella celebrazione accogliamo tutto il Cristo, tutta la storia della salvezza del Padre, l’imLe Figlie di San Giuseppe 1/2014
7
SpIRItuAlItà Del FOnDAtORe
mensa inesauribile creatività dello Spirito Santo,
perché possiamo essere la loro vivente memoria.
In Gesù c’è la sintesi dell‘amore nel quale respiriamo continuamente. Questo è l’orientamento che p.
Prinetti ci offre.
“Oportuit Christum pati, et sic intrare in gloriam suam” e simboleggiò la via dei tre atti della
Settimana Santa: amore (Eucaristia), dolore (Passione), Gloria (Risurrezione).(20 aprile 1911).
Nella citazione lucana (24,26) Gesù legge la
propria storia alla luce della ricchezza propria del
suo mistero pasquale, poiché è solo in questa luce
che si comprende la sua persona, si interpretano le
parole scritturistiche, scaturiscono le soluzioni alle complesse situazioni dell’esistenza quotidiana.
La celebrazione eucaristica rappresenta l’espressione rituale della contemporaneità con tutta la
storia di Gesù, la sintesi della sapienza evangelica,
il luogo della inesauribile creatività dello Spirito
Santo.
Da questa lettura ed esperienza ci si accorge
che l’eucaristia rappresenta la speranza, dove ogni
morire diventa vita, ogni soffrire si tramuta in
glorificazione, ogni solitudine vive di una mirabile corona di comunione. qualunque stanchezza
viene vissuta nella potenza creatrice di Dio. Nella
celebrazione non si è mai in un buio assoluto, ma
vi appare una luce che dà chiarezza e calore ad
ogni oscurità storica. Il richiamo al mistero eucaristico diventa la forza, la luce e la capacità di costruire ogni istante nella fedeltà divina che non
delude, poiché in essa c‘è solo una vita che sfiora
sempre l’eternità, per farvi entrare ogni creatura.
Nell’eucaristia ogni frammento di storia
ha un significato di speranza
La caratteristica della vita nel suo scorrere è
sempre accompagnata dalla sofferenza, che rappresenta un grosso punto interrogativo per l’uomo. Gesù stesso entrando nella storia si è sottoposto a questa legge in quanto perfetto uomo (cfr
Lettera agli Ebrei). Una simile visione affascina
profondamente p. Prinetti nelle suggestioni che
offre alla baronessa. Poiché la creatura umana
vuole dare senso al dramma della sua storia, il richiamo inevitabile è alla celebrazione eucaristica
che al suo interno regala la speranza nella drammaticità della sofferenza. Infatti è interessante sottolineare lo stretto rapporto che p. Prinetti cui offre a tale riguardo.
Sì amare e soffrire sono il compendio della vita e
della dottrina di Gesù - L’Eucaristia e la Croce” (12
aprile 1911) – Ringrazio di gran cuore N.S. dell’unione che ti concede alle sue sofferenze nella vita sacramentale (15 settembre 1906) – La divozione al
Sacro Cuore è partecipazione delle Sue disposizioni,
che tutte erano amore e sacrificio, e tali sono nella
Sua vita Eucaristica (2 novembre 1905)
Gesù nel suo ministero assume gli interrogativi
della storia e nell’ultima cena si offre la chiave di
lettura. Qui infatti egli vive la sintesi di pienezza di
amore e di donazione totale al Padre e agli uomini.
“Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era
venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li
amò sino alla fine”(Gv 13,1). La grandezza dell’amore è divenire speranza per l’uomo. Gesù nel contesto dell‘ultima cena giovannea ci offre quel testamento nel quale ci insegna che non è possibile
amare sul serio i fratelli in tutta la drammaticità
della loro esistenza, se non vivendo in prima persona tale esperienza. Il consiglio di p. Prinetti è un invito a vivere questa esperienza interiore del Maestro per non lasciarsi schiacciare dagli affanni dell’esistenza. Nell’unità del cuore ogni amore e ogni
sofferenza si coniugano sempre insieme in modo
indicibile. La gioia dell’eucaristia è solo nella profonda capacità amativa che abita nel cuore dell’uomo. Senza una simile coordinata esistenziale diventa veramente impossibile far fiorire speranza nelle
spine della storia che pare non avere vie di soluzione logica. Anzi se contempliamo la vita del Maestro
in tutto l’arco del suo scorrere, ci accorgiamo che la
vita eucaristica, a cui P. Prinetti si richiama, non è
altro che quella vita feriale che Gesù ha costruito
facendo proprio il donarsi ad un’umanità profondamente immersa nel dolore. Chi vive lasciandosi
coinvolgere nel mistero eucaristico, trova nello
stesso tempo in Gesù la capacità di vivere come lui
e di coniugare sempre amore e sofferenza in una
chiara ed evidente soluzione che è l’esperienza viva
ed efficace della risurrezione. È ciò che ci regala
ogni giorno la celebrazione eucaristica.
Conclusione
P. Prinetti ci insegna nei suoi scritti a concentrare la nostra esistenza su Cristo Gesù, sempre attuale nel mistero eucaristico. In una profonda e
intensa comunione con lui, il cristiano cresce in
una effettiva, anche se misteriosa, trasfigurazione
nel suo mistero pasquale Il cristiano non si accosta alla messa come ad una devozione tra le tante
devozioni che la tradizione ci offre, ma alla celebrazione della propria profonda consacrazione
nelle mani di Gesù, che ci rende partecipi della
sua morte e risurrezione, come la vera luce illumina le tenebre quotidiane, mentre ci inebria di una
speranza che non conosce limite. Questa speranza, che trapassa ogni oscurità della storia feriale, ci
permette di gustare l’intensità della vita, che è il
senso stesso dell’accoglienza del Maestro nel quotidiano tragitto storico.
pAROlA e CelebRAzIOne
“per celebrare i Santi Misteri”
Don Carlo Cani
Abituati a considerare la celebrazione come un susseguirsi di cerimonie
prescritte, il vero senso dell’agire rituale nella Liturgia cristiana sfugge a
molti ministri e fedeli, che spesso soffrono il disagio
di una certa estraneità a tutto ciò che si svolge intorno all’altare.
La riforma invece suppone una indispensabile
«conversione» al progetto e allo stile di Dio che ha
voluto attuare e comunicare la sua salvezza attraverso il «sacramento» delle cose più comuni e delle azioni più quotidiane. Conforme a questo stile
dell’agire divino, la Chiesa, guidata dallo Spirito,
per costruire la sua Liturgia ha assunto alcune
azioni proprie delle culture umane – come riunirsi e agire comunitariamente, salutare e dialogare,
cantare e acclamare, leggere un testo e interpretarlo, formulare desideri e ringraziare, chiedere perdono e darsi la pace, preparare la mensa e partecipare al convito – rendendole significative dell’iniziativa divina che salva e della risposta umana che
accetta e corrisponde. Ma per risultare significativi, i riti da una parte debbono conservare la loro
autenticità senza essere banalizzati con un cerimonialismo che ne estenua l’originale senso umano, dall’altra debbono risultare evocativi di ciò che
Dio ha fatto per la salvezza del suo popolo e ancor
oggi opera nella celebrazione.
E necessario che i ministri conoscano il valore dei gesti che compiono e dei segni che pongono; che sappiano valorizzarli pienamente secondo le esigenze dell’assemblea e le peculiarità delle culture locali; che facciano risaltare la ricchezza di significato che tali riti rivestono per la
vita e per la fede dell’assemblea, rifuggendo allo
stesso tempo dalla prolissità verbosa e dalla frettolosa approssimazione, favorendo invece una
totale disponibilità a ricevere la ricchezza del
dono di Dio“ (Il rinnovamento liturgico in Italia,
n.12)
“A
Celebrare: è uno dei termini più diffusi, più
usati, anche se normalmente non se ne
intende il valore. Ai nostri giorni, le parole “celebrare” o “celebrazione”, fanno parte di un linguaggio condiviso: il termine è presente sia nell’ambito religioso come anche al di fuori del linguaggio della fede
Ma che cosa s’intende quando si parla di celebrazione?
L’etimologia della parola “celebrare” rimanda al
latino celebrare che significa “riunire molte persone”. Noi siamo in qualche maniera costretti a rifarci alle esperienze umane per comprendere il significato del celebrare.
In ogni tempo, cultura e religione, l’uomo ha
celebrato i momenti importanti della vita e custodito la memoria degli eventi storici per lui significativi. L’evento non solo è, ma significa qualcosa
per l’uomo, che esprime il significato delle cose e
lo trasmette ad altri: in questo modo rinnova una
gioia, rievoca un dolore, trasmette un insegnamento, afferma una fede o una speranza, ribadisce
l’appartenenza al gruppo. È sempre un fare qualcosa di speciale, diverso dalle attività legate al
trantran quotidiano. Ogni volta che si parla di celebrazione, c’è in gioco qualcosa di importante.
Dire «qualcosa di importante» è dire qualcosa
che conta nella propria vita e nella propria visione
del mondo: qualcosa che interessa vivamente, tocca in profondità la nostra identità, la nostra esistenza, il nostro rapporto con gli altri.
Dedicando tempo a ciò che è ritenuto importante, in certo senso si fa esistere ciò che si celebra,
se ne colgono il significato profondo e le conseguenze; implica spesso la rottura con il quotidiano e la scoperta di nuovi significati per la vita e di
un nuovo rapporto con gli altri.
A tutti i livelli della vita l’uomo si esprime mediante sistemi simbolici ritualizzati: la nascita, la
crescita, l’amore, la sofferenza e la morte, la festa:
tutto può essere ed è normalmente vissuto ritualmente. La celebrazione di un evento implica sempre una serie di parole, di atteggiamenti, di gesti
‘rituali’ cioè simbolici, destinati a esprimere e dare corpo ai sentimenti profondi di gioia, di comunione, di ricordo del passato e di impegno per il
futuro.
Il ricordo di un avvenimento passato è sempre
indispensabile a ogni forma di celebrazione; ma
questo ricordo ha implicazioni per la vita presente, che nella celebrazione si attualizza e dilata, si
arricchisce e trova motivo e ispirazione per un futuro nuovo e diverso. La capacità di radicare l’evento nel futuro e la possibilità di trasmetterne ad
altri il significato è alla base di ogni celebrazione.
Si tratta di azioni che non esauriscono il loro
significato in se stesse, in ciò che si fa materialmente, ma hanno un senso che va al di là di ciò
che si fa e si vede.
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
9
pAROlA e CelebRAzIOne
La celebrazione cristiana è
memoria, presenza e profezia
della storia salvifica che ha
nel mistero pasquale di Cristo
il suo centro propulsore e
la sua sintesi dinamica.
Roma - Chiesa del Gesù.
Papa Francesco incontra i fedeli.
E lo si fa insieme con gli altri: ciò che viene celebrato rappresenta sempre un valore comune, riconosciuto e condiviso in un determinato ambito
di persone.
Una celebrazione richiede la riunione di un
gruppo di persone interessate e coinvolte nel ricordo e nell’attualizzazione dell’avvenimento che è
alla base della festa. La celebrazione è sempre atto
sociale: non solo perché implica la riunione di più
persone, ma anche perché dalla e nella celebrazione il gruppo approfondisce legami, senso di appartenenza, coesione. La celebrazione non solo
manifesta, ma fa la comunità. Ecco perché ogni
celebrazione è un momento forte nella vita di un
gruppo sociale. In questa linea si colloca anche il
senso della festa, che è componente fondamentale di ogni celebrazione.
Nella liturgia la Chiesa celebra il mistero di
Cristo.
La celebrazione cristiana è memoria, presenza
e profezia della storia salvifica che ha nel mistero
pasquale di Cristo il suo centro propulsore e la sua
sintesi dinamica. La sequenza passato-presentefuturo, costituisce la dimensione portante di ogni
azione liturgica.
Essa parte dall’evento fondatore (passato), lo
attualizza nella celebrazione (presente), anticipandone la pienezza escatologica (futuro).
L’azione liturgica si compie attraverso segni
sensibili (cfr. SC 7) destinati a esprimere e realizzare il mistero pasquale di Cristo e la comunione
nello Spirito di tutti coloro che formano il suo popolo e sono riuniti, nella celebrazione, in suo nome. Essa è perciò costituita da atteggiamenti, parole, gesti che ricevono significato non solo dall’esperienza umana da cui sono tratti, ma soprattutto dalla parola di Dio che li illumina, li proietta
nella storia della salvezza e li costituisce elementi
fondanti della comunità cristiana.
Il culto cristiano dà ampi spazi al rito e al simbolo. Non poteva essere altrimenti dal momento
che “il Verbo si è fatto carne” (Gv 1,14). E anche
dopo la risurrezione la quasi totalità delle apparizioni del Risorto avviene nel segno del mangia-
re insieme. È la legge dell’incarnazione, delle mediazioni sensibili, della sacramentalità (cfr. DV
2). Segni, parole, gesti e riti di portata simbolica
che vanno oltre la dimensione intellettuale per
proiettarsi verso una dimensione trascendente
(dal visibile all’invisibile). Il loro significato e la
loro efficacia derivano soprattutto dal riferimento a eventi della salvezza di cui sono segni memoriali.
I cristiani fanno festa per celebrare la storia
dell’umanità salvata in Gesù Cristo: le singole feste sono tappe di questa storia che viene ricordata
e rivissuta in pienezza ogni domenica nella celebrazione dell’eucaristia e degli altri sacramenti. La
celebrazione cristiana esige un clima di festa per
l’evento salvifico che evoca e ripresenta e per ciò
che preannuncia, contesto festivo prezioso per dare pienezza ai segni e alla partecipazione e per favorire l’adesione di fedeli al mistero di Cristo.
Ogni celebrazione cristiana:
– è atto di culto: l’azione salvifica operata da
Dio in Cristo Gesù provoca la risposta della comunità dei salvati. Si compiono così i due significati etimologici del termine liturgia: azione per il
popolo e azione del popolo (cfr. CCC 1083);
– presuppone come segno e realizzazione ottimale la riunione in assemblea, e si realizza attraverso alcune componenti essenziali: Parola, pre-
ghiera (presidenziale e comunitaria), azione simbolica con riti e gesti (cfr. CCC 906: il sacerdote
non celebri il sacrificio eucaristico senza la partecipazione di almeno qualche fedele se non per
giusta e ragionevole causa);
– ha sempre per oggetto il mistero pasquale di
Cristo: ne proclama l’attuazione e ne preannuncia
la realizzazione piena, con modalità diverse (vari
momenti della vita o vari tempi).
Per questo celebrare vuol dire non tanto eseguire un rito, ma impegnare se stessi nella realtà
celebrata. Che è sostanzialmente una sola: Gesù
crocifisso, e risorto. Celebrare è impegnare se
stessi con Cristo.
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
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RIFlettIAMO Su...
la conversione missionaria
della parrocchia
Mons. Ignazio Sanna, Arcivescovo
omenica 24 novembre 2013 è iniziato il
cammino sinodale, che dovrà condurre a un rinnovamento convinto delle
strutture parrocchiali, nelle quali testimoniare la novità e la bellezza del Vangelo. Sarà un
cammino di riflessione, di dialogo, di ascolto reciproco, di coraggio decisionale. Il cambiamento
della società è molto rapido, molto più rapido dell’acquisizione di risorse concettuali e progettuali per
capirlo e gestirlo. Dobbiamo perciò attrezzarci per
seguire il passo del cambiamento. Non possiamo rimanere legati a schemi di pensiero e d’azione ormai
incapaci di intercettare le domande della gente e di
dare voce e sentimento all’annuncio del Vangelo. Siamo tutti invitati ad aprirci alla fantasia dello Spirito e a lasciarci guidare dalla mano della Provvidenza
divina. E’ chiaro che non tutti i fedeli delle nostre
parrocchie potranno partecipare materialmente
alle assemblee e al lavoro delle commissioni sinodali. Ma tutti siamo coinvolti nella preghiera comunitaria perché lo Spirito illumini e guidi il cammino di rinnovamento della Chiesa. Se la preghiera è il primo lavoro dell’apostolo, lo deve diventare
anche di ogni cristiano degno di questo nome.
La prospettiva dalla quale ci poniamo per compiere il cammino sinodale è indicata da Papa
Francesco: “Sogno una scelta missionaria capace
di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini,
gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che
per l’autopreservazione. La riforma
delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che
esse diventino tutte più missionarie,
che la pastorale ordinaria in tutte le
sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in
costante atteggiamento di “uscita” e
favorisca così la risposta positiva di
tutti coloro ai quali Gesù offre la sua
amicizia. Come diceva Giovanni
Paolo II ai Vescovi dell’Oceania,
“ogni rinnovamento nella Chiesa deve avere la missione come suo scopo
per non cadere preda di una specie
D
d’introversione ecclesiale”. Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi
necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una
“semplice amministrazione”. Costituiamoci in
tutte le regioni della terra in un “stato permanente di missione”.
“Il Concilio Vaticano II, ricorda il papa, ha presentato la conversione ecclesiale come l’apertura a
una permanente riforma di sé per fedeltà a Gesù
Cristo: “Ogni rinnovamento della Chiesa consiste
essenzialmente in un’accresciuta fedeltà alla sua
vocazione […] La Chiesa peregrinante verso la
meta è chiamata da Cristo a questa continua riforma, di cui essa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno”. Ci sono strutture ecclesiali che possono arrivare a condizionare un dinamismo evangelizzatore; ugualmente, le buone
strutture servono quando c’è una vita che le anima, le sostiene e le giudica. Senza vita nuova e autentico spirito evangelico, senza “fedeltà della
Chiesa alla propria vocazione”, qualsiasi nuova
struttura si corrompe in poco tempo. “Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il
cammino che il Signore chiede, però tutti siamo
invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla
propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce
del Vangelo”.
Infine, il papa fa osservare che
“una pastorale in chiave missionaria
non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine
di dottrine che si tenta di imporre a
forza di insistere. Quando si assume
un obiettivo pastorale e uno stile
missionario, che realmente arrivi a
tutti senza eccezioni né esclusioni,
l’annuncio si concentra sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande,
più attraente e allo stesso tempo più
necessario. La proposta si semplifica,
senza perdere per questo profondità
e verità, e così diventa più convincente e radiosa”.
In ultima analisi, il Sinodo si propone la conversione missionaria della parrocchia,
secondo le indicazioni di papa Francesco, che,
nella Evangelii Gaudium, scrive che “nella Parola
di Dio appare costantemente questo dinamismo
di “uscita” che Dio vuole provocare nei credenti.
Abramo accettò la chiamata a partire verso una
terra nuova (cfr Gen 12,1-3). Mosè ascoltò la chiamata di Dio: «Va’, io ti mando» (Es 3,10) e fece
uscire il popolo verso la terra promessa (cfr Es
3,17). A Geremia disse: «Andrai da tutti coloro a
cui ti manderò» (Ger 1,7). Oggi, in questo “andate” di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide
sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a questa nuova
“uscita” missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare
questa chiamata: uscire dalla propria comodità e
avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie
che hanno bisogno della luce del Vangelo”.
“La parrocchia non è una struttura caduca;
proprio perché ha una grande plasticità, può assumere forme molto diverse che richiedono la docilità e la creatività missionaria del pastore e della
comunità. Sebbene certamente non sia l’unica istituzione evangelizzatrice, se è capace di riformarsi
e adattarsi costantemente, continuerà ad essere «la
Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie». Questo suppone che realmente stia in contatto con le famiglie e con la vita del
popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi. La parrocchia è presenza ecclesiale
nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e
della celebrazione. Attraverso tutte le sue attività,
la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri
perché siano agenti dell’evangelizzazione. È comu-
nità di comunità, santuario dove gli assetati vanno
a bere per continuare a camminare, e centro di costante invio missionario. Però dobbiamo riconoscere che l’appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie non ha ancora dato sufficienti
frutti perché siano ancora più vicine alla gente, e
siano ambiti di comunione viva e di partecipazione, e si orientino completamente verso la missione.
Le altre istituzioni ecclesiali, comunità di base
e piccole comunità, movimenti e altre forme di associazione, sono una ricchezza della Chiesa che lo
Spirito suscita per evangelizzare tutti gli ambienti
e settori. Molte volte apportano un nuovo fervore
evangelizzatore e una capacità di dialogo con il
mondo che rinnovano la Chiesa. Ma è molto salutare che non perdano il contatto con questa realtà
tanto ricca della parrocchia del luogo, e che si integrino con piacere nella pastorale organica della
Chiesa particolare. Questa integrazione eviterà
che rimangano solo con una parte del Vangelo e
della Chiesa, o che si trasformino in nomadi senza radici.
Ogni Chiesa particolare è chiamata alla conversione missionaria. Essa è il soggetto dell’evangelizzazione, in quanto è la manifestazione concreta dell’unica Chiesa in un luogo del mondo, e
in essa «è veramente presente e opera la Chiesa di
Cristo, una, santa, cattolica e apostolica». È la
Chiesa incarnata in uno spazio determinato, provvista di tutti i mezzi di salvezza donati da Cristo,
però con un volto locale. La sua gioia di comunicare Gesù Cristo si esprime tanto nella sua preoccupazione di annunciarlo in altri luoghi più bisognosi, quanto in una costante uscita verso le periferie del proprio territorio o verso i nuovi ambiti
socio-culturali. Si impegna a stare sempre lì dove
maggiormente mancano la luce e la vita del Risorto.
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
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ARte e FeDe
I luOGhI DellA FeDe
la Cattedrale di Santa Giusta
Myriam Deidda
a Cattedrale di Santa Giusta (OR) venne
realizzata nella prima metà del XII secolo
e rappresenta uno dei più importanti
esempi di architettura romanica in Sardegna. Lo stile romanico si diffuse in Europa tra
l’XI e il XII secolo caratterizzandosi per la ripresa
della monumentalità dell’arte romana e di alcuni
suoi elementi strutturali, quali l’arco, la volta, in
particolare quella a botte, la colonna e il pilastro.
Particolarità dell’arte romanica è che pur essendo
un fenomeno europeo nato pressoché in contemporanea in Italia, Francia, Spagna e Germania, ogni
regione presenta forme, schemi costruttivi e materiali diversi tra di loro.
Nella nostra Isola, l’architettura romanica, ha
avuto negli anni della Sardegna Giudicale, un pregevole sviluppo, con espressioni non univoche poiché legate all’insediamento dei numerosi ordini religiosi provenienti da varie regioni dell’Italia e della
Francia. Essendo gli stessi religiosi i principali
committenti delle chiese romaniche, queste presentano nelle loro forme influssi pisani, lombardi e
provenzali, ed elementi legati al passaggio di maestranze della penisola iberica, di cultura araba. Nello specifico, la basilica di Santa Giusta fu realizzata,
in blocchi squadrati di pietra arenaria, da maestranze locali e da maestranze pisane, le quali lavorarono alla costruzione del Duomo di Pisa, che fu
consacrato nel 1118; a una data di poco successiva
è quindi attribuito l’edificio santagiustese.
Essa è denominata cattedrale
poiché fu sede di una diocesi, la
cui prima testimonianza storica
risale al 1119, probabilmente ne-
L
1
gli stessi anni che videro la nascita dell’arcidiocesi
di Oristano. Nel 1503 la riforma delle diocesi sarde
portò all’accorpamento della diocesi di Santa Giusta con l’arcidiocesi oristanese.
La Basilica (fig.1) intitolata a Santa Giusta, che
secondo la tradizione fu martirizzata all’epoca dell’imperatore Diocleziano nel luogo in cui oggi si
trova la cripta della stessa chiesa, ha pianta longitudinale divisa in tre navate, con la centrale larga e alta il doppio delle navate laterali; è priva di transetto e si conclude con un’abside orientata a est.
La facciata (fig.2) è divisa in tre parti corrispondenti alla divisione interna delle navate: le fasce laterali sono quasi prive di decorazioni, segnate solo
dalle paraste d’angolo e da uno zoccolo alto che
percorre tutto l’edificio; il registro centrale appare
invece più elaborato. Esso è diviso in tre parti da lesene chiuse da archi, di cui quello mediano più largo dei laterali, al centro del quale si aprono il portale e una trifora caratterizzata da esili colonnine
marmoree con base e capitello. Il portale è sormontato da un architrave in marmo e delimitato da
due stipiti, anch’essi marmorei, conclusi da pseudo
capitelli decorati a foglie. Ai lati dell’architrave sono
scolpiti un leone e una leonessa nell’atto di artigliare dei cervi, mentre nella lunetta sovrastante il portale è raffigurata una croce in basalto scuro. La
sommità della facciata termina con un timpano tripartito, al centro del quale campeggia un elemento
decorativo a forma di losanga gradonata. Sempre in
facciata, ai lati delle
lesene sono presenti due colonne marmoree, che in origine, probabilmente,
facevano parte di
portico di accesso
alla chiesa.
La parete laterale settentrionale
(fig.3) è divisa in
nove fasce da sottili
lesene che partono
dallo zoccolo e so2 no raccordate da
3
una coppia di archetti pensili; nel paramento murario si aprono il portale secondario, e delle monofore, alternate nei nove registri. Nella parete meridionale sono state addossate nel corso dei secoli
elementi strutturali quali cappelle.
L’abside (fig.4) è ripartita da semicolonnine poggianti su plinti e culminanti in capitelli a foglia, tra
questi e gli archetti vi sono degli abachi dadiformi;
al centro della parete si aprono tre monofore con
centina modanata. Un’apertura cruciforme si trova
invece nel timpano del registro centrale della parete, mentre nello zoccolo sono tre mofore che danno luce alla cripta della cattedrale. Le pareti laterali
all’abside sono divise in due parti da paraste d’angolo e da lesene che si concludono con due archetti modanati; in entrambe le fasce si apre una monofora con centina modanata. All’interno, le navate sono divise tra loro da sette colonne con base e
capitello, sormontate da arcate. Le navate laterali
sono coperte da volte a crociera, mentre la navata
centrale ha copertura a capriate lignee.
Il presbiterio (fig.5) è elevato rispetto al resto
della navata per la presenza della cripta. Quest’ultima ha pianta rettangolare, con catino absidale e copertura a volta a crociera, sostenuta da sette colonne con capitello scolpito. L’elemento della losanga
gradonata in facciata e, nella parete absidale, le colonnine addossate alla muratura e l’abaco dadiforme, che congiunge i capitelli delle colonnine agli
archetti, sono elementi che richiamano il legame
con l’architettura pisana poiché li ritroviamo nella
struttura del Duomo di Pisa. Elementi che, quindi,
attestano la presenza di maestranze pisane al fianco
di quelle sarde nell’originario cantiere santagiustese
del XII secolo. In epoca moderna la cattedrale ha
subito alcune modifiche rispetto all’impianto romanico, quali ad esempio le già citate cappelle laterali, una detta del Rosario e l’altra intitolata a Sant’Antonio, che furono erette tra il XVI e il XVII secolo. Tra il 1927 e il 1930 l’edificio fu sottoposto a
una concreta opera di restauro e nel 1961 il Ministero della Pubblica Istruzione decretò la sostituzione degli arredi sacri, il pulpito, la balaustra e il
recinto marmoreo, che erano stati posti nell’Ottocento, in maniera tale da poter restituire all’edificio
il suo aspetto originario.
4
5
Glossario
abaco: è una parte del capitello degli ordini architettonici classici che ne costituisce la terminazione superiore.
lesena: pilastro che sporge appena da un muro e ha
funzione unicamente decorativa.
losanga: una figura geometrica di quattro lati con l’angolo superiore e quello inferiore acuti, mentre i due
laterali sono ottusi.
Modanata, da modanatura: in architettura elemento
ornamentale costituito da una fascia sporgente variamente sagomata.
Parasta: è un elemento architettonico strutturale verticale inglobato in una parete, dalla quale sporge solo leggermente.
Timpano: parte triangolare, liscia o, più spesso, decorata a rilievo, compresa fra la trabeazione orizzontale e le cornici oblique del frontone.
Trifora: è una finestra costituita da tre aperture divise
verticalmente da una colonnina o da un pilastrino su
cui poggiano due archi, a tutto sesto o acuti.
Volta a botte: un sistema di copertura non piana, utilizzata per coprire spazi di forma genericamente
rettangolare.
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
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VItA Dell’IStItutO
I TA L I A
le comunità raccontano
Guercino - Presentazione di Gesù al Tempio,
1623, National Gallery Londra.
Tra le braccia di Maria,
rivelazione accolta, amata e custodita
dalla forte presenza di Giuseppe,
eccoti, Signore, Dio bambino, oggi,
offerto al tempio e al mondo
come dono sacro al Signore,
come luce per ogni uomo e donna,
come fonte viva di ogni scelta,
di totale e indivisa consacrazione.
l motivo teologico e liturgico ci conduce a
celebrare Cristo, Luce del mondo, ricordando la sua venuta al mondo, che ci chiede di accoglierlo come luce che illumina
ogni uomo e di donarlo come dono di salvezza
per tutti. Come Maria siamo chiamate ad aprire
il nostro cuore all’irruzione di Dio per accogliere il dono di Lui che ci chiama a servirlo fino alle estreme conseguenze. Accogliere ed offrire il
Signore è la vocazione di Maria e di Giuseppe, è
la vocazione della Chiesa, è la vocazione di ogni
I
consacrata. Per questo la Presentazione di Gesù
al tempio costituisce un’eloquente icona della totale donazione della propria vita per quanti, uomini e donne, sono chiamati a riprodurre nella
Chiesa e nel mondo, mediante i consigli evangelici, “i tratti caratteristici di Gesù vergine, povero
ed obbediente” (Vita consecrata).
Nei due anziani, Simeone ed Anna, troviamo
la modalità di accoglienza, lo stupore dell’incontro e la capacità di vedere le meraviglie di salvezza che Dio compie anche oggi per tutta l’umanità. Condotti dallo Spirito Santo, essi trovano in
quel Bambino il compimento della loro lunga attesa e vigilanza. Entrambi contemplano la luce di
Dio, che viene ad illuminare il mondo, ed il loro
sguardo profetico si apre al futuro, come annuncio del Messia: “Luce per illuminare le genti” (Lc
2,32). Nell’atteggiamento profetico dei due vegliardi è tutta l’Antica Alleanza che esprime la
gioia dell’incontro con il Redentore.
La luce che, partendo da Cristo, si irradia su
Maria e Giuseppe, su Simeone ed Anna e, attraverso di loro, su tutti, esprime il nostro cammino
spirituale che deve essere continua ricerca nell’amore per la bellezza divina, riflesso della bontà
di Dio. Sul volto di Cristo risplende la luce di tale bellezza, e ci ricorda il documento Vita consecrata, “La Chiesa contempla il volto trasfigurato di
Cristo, per confermarsi nella fede e non rischiare
lo smarrimento davanti al suo volto sfigurato sulla Croce... essa è la Sposa davanti allo Sposo, partecipe del suo mistero, avvolta dalla sua luce, dalla quale sono raggiunti tutti i suoi figli e i chiamati alla vita consacrata. La professione dei consigli
evangelici, infatti, li pone quale segno e profezia
per la comunità dei fratelli e per il mondo”.
In Simeone ed Anna troviamo il modello che
esprime il primato di Dio con una vita totalmente dedita alla lode e al servizio sempre in attesa di
cogliere la presenza del Signore che si rivela per
manifestarlo e testimoniarlo tra le genti. In questo primato siamo chiamate ad esprimere la passione per il Vangelo praticato come forma di vita
e annunciato ai poveri e agli ultimi della terra.
“In forza di tale primato nulla può essere anteposto all’amore personale per Cristo e per i poveri in
cui Egli vive, perché la vera profezia nasce da Dio,
dall’amicizia con Lui, dall’ascolto attento della sua
Parola nelle diverse circostanze della storia” (Vita
consecrata). In questo modo la nostra vita consacrata, nel suo vissuto quotidiano sulle strade dell’umanità, testimonia il Vangelo e il Regno già
presente e operante.
L’obbedienza di Gesù, di Maria e di Giuseppe
che si sottomettono alle leggi e alle prescrizioni
della legge ci invita all’attenzione al volere del Si-
Il mondo ha bisogno della vostra testimonianza fedele e gioiosa. La richiedono
tante situazioni di smarrimento, che pure
sono attraversate anche dal desiderio di cose autentiche e vere e, ancor più, da una domanda su Dio, per quanto possa sembrare
tacitata o rimossa.
E tuttavia, prima che per ciò che fate, è
per il vostro stesso essere, per la generosità
e radicalità della vostra consacrazione, che
voi parlate all’uomo di oggi. Vivendo con fedeltà la vostra vocazione tenete vivo, nella
Chiesa, il senso della fedeltà al vangelo.
Con la vostra vita ci ricordate anche che la
nuova evangelizzazione comincia da noi
stessi e che c’è un intimo legame tra «autoevangelizzazione e testimonianza, rinnovamento interiore e ardore apostolico, tra
essere e agire, evidenziando che il dinamismo promana sempre dal primo elemento
del binomio» (GIoVannI PaoLo II, Esortazione
apostolica Vita Consecrata, n. 81).
Messaggio della Commissione Episcopale per il Clero e
la vita consacrata per la Giornata Mondiale della Vita Consacrata
gnore per testimoniare l’impegno, gioioso e insieme laborioso, della ricerca assidua e sapiente
della volontà divina. L’osservanza amorosa della
regola ci aiuta a metterci sempre nella lunghezza
d’onda della divina volontà, anche quando non
comprendiamo i suoi disegni e i suoi progetti su
di noi che crediamo però sempre colmi di amore
e fonte di gioia interiore che continuamente ci
elargisce.
L’ecclesialità di questa festa ci conduce a sentire e vivere nella Chiesa e per la Chiesa, perché la
nostra azione apostolica, in una società caratterizzata da una progressiva emarginazione della
religione dalla sfera pubblica, da un relativismo
che tocca i valori fondamentali diventi impegno
di vita, che accede, con perseverante passione, alla Sapienza come verità e come bellezza, “splendore della verità”. Siamo chiamate continuamente a saper orientare con la sapienza della vostra
vita e con la fiducia nelle possibilità feconde della vera educazione, l’intelligenza e il cuore degli
uomini e delle donne del nostro tempo verso
Cristo, unico Salvatore dell’umanità che può dare gioia e pienezza di vita ad ogni uomo che lo
cerca e lo accoglie. La nostra testimonianza
ovunque, qui in missione come in patria, deve
essere luminosa e coerente e il nostro impegno
sempre più attento e generoso. A noi, Figlie di
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
17
I TA L I A
VItA Dell’IStItutO
San Giuseppe, ci è particolarmente cara questa
festa del 2 febbraio, oltre che per i motivi liturgici e per il suo profondo senso teologico, per il richiamo ecclesiale alla vita consacrata e per la
memoria del Decreto di lode della nostra famiglia religiosa in cui celebriamo anche la festa delle Costituzioni.
La vita consacrata
è un dono di Dio al suo popolo
Oggi celebriamo la festa della Presentazione
di Gesù al tempio. In questa data ricorre anche la
Giornata della vita consacrata, che richiama l’importanza per la Chiesa di quanti hanno accolto la
vocazione a seguire Gesù da vicino sulla via dei
consigli evangelici. Il Vangelo odierno racconta
che, quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, Maria e Giuseppe portarono il Bambino al tempio
per offrirlo e consacrarlo a Dio, come prescritto
dalla Legge ebraica. Questo episodio evangelico
costituisce anche un’icona della donazione della
propria vita da parte di coloro che, per un dono
di Dio, assumono i tratti tipici di Gesù vergine,
povero e obbediente.
Questa offerta di sé stessi a Dio riguarda ogni
cristiano, perché tutti siamo consacrati a Lui mediante il Battesimo. Tutti siamo chiamati ad offrirci al Padre con Gesù e come Gesù, facendo
Vi incoraggiamo dunque a proseguire il vostro cammino con gioia. Siete tutti impegnati, personalmente, comunitariamente e
come Istituti, in sintonia con quanto la
Chiesa intera sta vivendo, in percorsi di rinnovamento per essere sempre di più all’altezza della chiamata di Dio e delle sfide del
nostro tempo, nella fedeltà al carisma che il
Signore vi ha donato. Siate sempre più veri
discepoli di Cristo; alimentate la consapevolezza della vostra missione. Vivete le situazioni umane, sociali, culturali, nelle quali operate, facendovi segno dell’agire di Dio
e siate sempre presenza profetica di vera
umanità anche quando ciò esige di andare
controcorrente. Siate fedeli alla vostra tradizione carismatica e allo stesso tempo siate capaci di interpretare in modo attuale il
carisma, mostrandone la fecondità. Siate testimoni e annunciatori della fede con la qualità della vostra vita spirituale, della vostra
vita comunitaria e del vostro servizio al
prossimo.
Messaggio della Commissione Episcopale per il Clero e
la vita consacrata per la Giornata Mondiale della Vita Consacrata
della nostra vita un dono generoso, nella famiglia, nel lavoro, nel servizio alla Chiesa, nelle
opere di misericordia. Tuttavia, tale consacrazione è vissuta in modo particolare dai religiosi, dai
monaci, dai laici consacrati, che con la professione dei voti appartengono a Dio in modo pieno ed
esclusivo. Questa appartenenza al Signore permette a quanti la vivono in modo autentico di offrire una testimonianza speciale al Vangelo del
Regno di Dio. Totalmente consacrati a Dio, sono
totalmente consegnati ai fratelli, per portare la
luce di Cristo là dove più fitte sono le tenebre e
per diffondere la sua speranza nei cuori sfiduciati.
Le persone consacrate sono segno di Dio nei
diversi ambienti di vita, sono lievito per la crescita di una società più giusta e fraterna, sono
profezia di condivisione con i piccoli e i poveri.
Così intesa e vissuta, la vita consacrata ci appare
proprio come essa è realmente: è un dono di Dio,
un dono di Dio alla Chiesa, un dono di Dio al
suo Popolo! Ogni persona consacrata è un dono
per il Popolo di Dio in cammino. C’è tanto bisogno di queste presenze, che rafforzano e rinnovano l’impegno della diffusione del Vangelo, dell’educazione cristiana, della carità verso i più bisognosi, della preghiera contemplativa; l’impegno della formazione umana, della formazione
spirituale dei giovani, delle famiglie; l’impegno
per la giustizia e la pace nella famiglia umana.
Ma pensiamo un po’ cosa succederebbe se non ci
fossero le suore negli ospedali, le suore nelle missioni, le suore nelle scuole. Ma pensate una Chiesa senza le suore! Non si può pensare: esse sono
questo dono, questo lievito che porta avanti il
Popolo di Dio. Sono grandi queste donne che
consacrano la loro vita a Dio, che portano avanti
il messaggio di Gesù.
La Chiesa e il mondo hanno bisogno di questa testimonianza dell’amore e della misericordia di Dio. I consacrati, i religiosi, le religiose sono la testimonianza che Dio è buono e misericordioso. Perciò è necessario valorizzare con
gratitudine le esperienze di vita consacrata e approfondire la conoscenza dei diversi carismi e
spiritualità. Occorre pregare perché tanti giovani rispondano “sì” al Signore che li chiama a
consacrarsi totalmente a Lui per un servizio disinteressato ai fratelli; consacrare la vita per servire Dio e i fratelli.
Per tutti questi motivi, come è stato già annunciato, l’anno prossimo sarà dedicato in modo
speciale alla vita consacrata. Affidiamo fin da ora
questa iniziativa all’intercessione della Vergine
Maria e di san Giuseppe, che, come genitori di
Gesù, sono stati i primi ad essere consacrati da
Lui e a consacrare la loro vita a Lui.
Angelus di Papa Francesco del 2 febbraio 2014
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
19
VItA Dell’IStItutO
Suor Maria Clotilde Vacca
nata a Desulo il 15 maggio 1927
Morta a bosa il 9 ottobre 2013
l passaggio dal tempo all’eternità ci fa pensare non alla morte ma alla vita di Suor
Maria Clotilde che continua,
proseguendo in modo reale, anche se non visibile, con l’impegno e con lo zelo che la caratterizzava ad adoperarsi per il bene
della Chiesa, di noi sua famiglia
religiosa e per i sacerdoti e seminaristi, per i quali in vita si è tanto prodigata. Un impegno di
amore e di dedizione senza risparmi di forze e di sacrifici che
ha profuso nelle opere dove l’obbedienza l’ha inviata ma soprattutto nei diversi seminari della
I TA L I A
I
Sardegna, ultimo in quello di
Lanusei per circa vent’anni.
Il segreto di questa sua dedizione era riposta nel desiderio
costante di incarnare lo spirito e
il carisma dell’Istituto e degli insegnamenti del Venerabile Padre Felice Prinetti che riteneva.
“atto di sommo zelo concorrere
nella Chiesa alla formazione dei
nuovi ministri dell’altare”, col vivere la mediazione e l’intercessione spirituale insieme al lavoro
assiduo a vantaggio della Chiesa. Suor Maria Clotilde amava
nutrirsi della spiritualità del
Fondatore e diffonderne, in ogni
occasione e modo, la conoscenza e la devozione.
Dopo il ritiro dall’opera del
Seminario di Lanusei, a seguito
della morte della cara sorella
Suor Anastasia, erano questi i
sentimenti che esprimeva in una
lettera che da Cuglieri, ultima
sua sede, mi ha indirizzato: Mi è
stato concesso un tempo per dilatare gli spazi della vita interiore
alla luce del carisma della divina
compassione da vivere come servizio e dono. Quest’opportunità
devo valorizzarla per la crescita
della fede nella disposizione di lasciarmi pervadere, invadere e assimilare dal mistero di grazia con
cui Gesù crocifisso dispone di segnare i giorni di vita che ancora
mi concede… Mi è di grande consolazione trovare il tempo tanto
desiderato per intensificare la vita di preghiera, per presentare alla divina misericordia con l’adorazione la Lode e la supplica per
la mia e altrui povertà, e in particolare per i seminari”.
Ringraziamo il Signore, dunque per il dono della consorella
all’Istituto.
Suor Celina Masala
nata a Villasor il 1° gennaio 1922
morta a Cagliari il 10 dicembre 2013
esù invita ad andare a
Lui per trovare ristoro e
conforto! Parole consolanti soprattutto nei momenti di
dolore e di tribolazione che tante volte Suor Celina avrà ascoltato e accolto nel suo cuore. Ma
Gesù invita anche a prendere il
G
suo giogo su di noi e ad imparare da Lui la mitezza e l’umiltà,
per trovare conforto nella nostra vita. E’ questo un atteggiamento interiore che dovrebbe
accompagnare la vita di ogni
cristiano e in particolare di ogni
religiosa. Suor Celina entrò in
Istituto giovanissima, nata a Villasor nel 1922, fece la sua professione nel 1940. Nei suoi lunghi anni di vita religiosa, oltre
70 dei suoi 92, ha certamente
imparato dal Maestro divino
uno stile di vita che le ha permesso di vivere con gioia nel
servizio che l’obbedienza le affidava. La caratterizzava la gioia
di rendersi utile ad ogni richiesta delle consorelle, prestandosi
per la collaborazione fraterna
con generosa disponibilità.
Questo finché le forze e la salute glielo permisero. Gli ultimi
tempi trascorreva le sue giornate tra la preghiera e i piccoli servizi alla comunità, sempre serena e gioiosa, paga di ciò che
ogni giorno la vita le offriva anche nelle inevitabili sofferenze
della anzianità, sempre accolte
nella volontà di Dio.
Suor Maria Amalia pierazzi
nata a Domusnovas il 13 dicembre 1928
Morta a Genoni il 14 dicembre 2013
l Signore viene a noi sempre e in ultimo viene per
prenderci con sé nella gioia
che non ha fine. Così è stato per
la nostra cara Suor Maria Amalia che aveva appena compiuto i
I
suoi 85 anni. Seppure il momento della morte ci appare
sempre improvviso, è stato preparato interiormente da Suor
Maria Amalia.
Di carattere gioioso e volitivo, visse con dedizione e crescente amore alla sua famiglia
religiosa, servendola dove l’obbedienza la chiamava anche
con uffici di responsabilità.
Maturità, concretezza, spirito
di sacrificio furono caratteristiche del suo servire ed amare,
uniti ad una profonda vita interiore caratterizzata dall’amore
alla preghiera e alla vita comune. Particolare zelo e dedizione
profuse nel suo servizio ai sacerdoti, sia nell’Episcopio di
Oristano che in Casa generalizia. Questo faceva, nel ricordo
di quanto raccomandava alle
sue Figlie il Venerabile Fondatore Padre Felice Prinetti di cui
era devotissima, desiderando e
pregando per la sua glorificazione.
Suor Maria Maddalena Setzu
nata a Ruinas il 18 aprile 1932
Morta a Oristano il 19 gennaio 2014
ia benedetto il Signore
che ci ha visitato col
dolore e con l’amore”
Così scriveva il Venerabile Padre Fondatore a Madre Eugenia
in risposta alla comunicazione
della morte di una consorella.
Così ripetiamo noi alla luce
della fede che ci fa leggere l’esistenza di ciascuna sorella consacrata dal battesimo e poi do-
“S
nata a Cristo nella vita di totale
consacrazione come una parabola di amore, che il Signore riversa nell’esistenza di ciascuna
per rifletterlo poi nel dono di
un servizio ai fratelli che si incontrano nei percorsi dell’esistenza terrena. In questa luce
leggiamo l’esistenza e la morte
di Suor Maria Maddalena Setzu. Nata a Ruinas, in una famiglia di ferma fede e dedizione
nell’impegno cristiano e umano nell’educazione e nella formazione. In seno ad essa quattro accolsero la chiamata del
Signore ad una vita di più profonda dedizione nella consacrazione religiosa.
Suor Maria Maddalena fu la
terza che lasciò la casa paterna
e venne nella nostra famiglia
religiosa nel 1954, facendo la
professione religiosa nel 1956.
Dal 2008 era a fianco della sorella ammalata Suor Maria
Giuseppa, a Torregrande, per
un affettuoso e fraterno aiuto.
Servizio che rendeva con la più
grande dedizione dimentica
della sua stessa malattia che latente da tempo, improvvisamente si è manifestata in tutta
la sua gravità. Ricoverata all’ospedale di Oristano, dopo solo
pochi giorni, ci ha lasciato assistita amorevolmente dalle consorelle e dai famigliari.
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
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VItA Dell’IStItutO
Suor natalina tardini
nata a Sant’Antioco il 29 agosto 1936
Morta a Oristano il 27 gennaio 2014
l Venerabile Padre Felice
Prinetti rivolgeva sempre
parole colme di fede e di
consolazione alla comunità di
Genoni e in particolare a Madre
Eugenia, quando riceveva le notizie che il Signore aveva preso
con sé qualche consorella.
Così si esprimeva: “Sia fatta
la volontà di Dio! Ho pregato per
le inferme e non cesserò di pregare per le defunte. E mi consola la
speranza che nella famiglia di
San Giuseppe abbiamo avuto dal
Signore mezzi per vivere più santamente, avere cordiale e affettuosa assistenza e ricevere numerosi suffragi.
Esse si ricorderanno di noi
davanti al trono di Dio”. Suor
I TA L I A
I
Natalina, entrata giovanissima
in Istituto, fece la sua professione religiosa nel 1957 e fu impegnata subito dall’obbedienza nei
molteplici servizi delle opere
dell’Istituto sia in penisola che
in Sardegna, oltre che nel Belgio. La caratterizzava un desiderio di essere sempre all’altezza
del suo lavoro e per questo si
impegnava con entusiasmo e
gioia.
Qualche anno fa, quando ancora era impegnata a Cabras
nell’ambito delle parrocchie, si
manifestarono i primi sintomi
di una grave malattia che la portò all’inattività totale e da un anno alla completa immobilità.
Nella prova, negli sprazzi di co-
noscenza, esprimeva gratitudine, restando sempre serena nell’abbandono alla volontà di Dio.
Nella nostra scuola materna di
Oristano ha chiuso gli occhi al
mondo per aprirli all’eternità
beata, circondata dall’affetto e
dalle premure delle consorelle e
dei suoi cari.
Lanusei ha il suo nuovo Pastore
a Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò
che vuoi che io ti conceda». Salomone disse: «Concedi al tuo servo un cuore docile, perché
sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?». Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma
hai domandato per te il discernimento nel giudicare,
ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente. Ti concedo anche quanto non
hai domandato...» (1 Re, 3)
A Don Antonello scelto dal Santo Padre
per guidare come Pastore la diocesi di Lanusei,
le Figlie di San Giuseppe,
grate per il suo affetto e la sua vicinanza all’Istituto,
augurano che il suo essere e il suo servire la Chiesa,
portino sempre l’impronta della Sapienza divina.
Mons. Antonello Mura
neo-eletto Vescovo di Lanusei
ORISTANO - SCUOLA DELL’INFANzIA
una festa di... Comunità
L
a festa, per definizione, è un momento di eccezione,
di astrazione rispetto al quotidiano ed ordinario della
vita. Questo si è vissuto, la sera della solennità del
Battesimo del Signore, nella Casa delle Suore Giuseppine di
Cuglieri. La Superiora, Suor Tarcisia Piredda, volendo chiudere in maniera solenne e festosa la grande parabola del
Tempo di Natale ha predisposto un pomeriggio all’insegna
della musica, della compagnia e della convivialità. Presso la
cappella, dotata di un’eccellente acustica, si è infatti esibita
la Corale polifonica “Stella Maris“ da Magomadas, per la direzione del Maestro Mario Tedde: oltre un’ora di buona musica a tema, di genere tradizionale ma variegato, dal Cuncordu allo Spiritual, che ha letteralmente emozionato l’uditorio. Erano presenti quasi al completo tutti gli ospiti della Casa, le Religiose, il Personale e numerosi uditori convenuti
per l’occasione. Una scelta, quella della polifonia, che solo in
parte ha motivazioni di tipo estetico. La sin-odia, infatti, ovvero la con-sonanza delle voci, esprime precisi e profondi significati spirituali ed ecclesiologici. La Chiesa non ha a che
fare con l’individualismo, con l’autarchia né con l’autonomia
del singolo individuo ma con la pluralità che sa farsi uno. Il
Cuglieri - Gli ospiti della casa di riposo insieme
alla comunità religiosa partecipano al concerto di natale.
Maestro, il quale non ha consegnato il suo Insegnamento a
pochi perché restasse nella mente e nel cuore di quei pochi,
ha voluto la Chiesa come un immenso coro, in cui ognuno,
con la propria voce – diversa dalle altre e, perciò stesso, preziosa – contribuisse all’uni-sono dell’insieme. Questo nostro
mondo, estenuato dall’intraprendenza arrogante di solitudini
che non devono chiedere mai, aspetta dai cristiani una testimonianza alternativa: il cristianesimo che si accomodasse
sull’ideologia solipsistica corrente non sarebbe Cristianesimo! Nel suo piccolo, anche un concerto di Natale è una testimonianza preziosa. Del resto, la nostra
grande avventura, non ha forse preso le mosse nella
bottega di un falegname?
Don Paolo Secchi
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
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VItA Dell’IStItutO
pISA - penSIOnAtO unIVeRSItARIO
la celebrazione del natale
nche quest’anno, presso
il Pensionato Universitario Suore Figlie di
San Giuseppe, si è tenuto l’evento di raccoglimento in vista del
Santo Natale. Le Suore hanno
organizzato questo incontro nel
quale è stata celebrata la Santa
Messa, grazie alla partecipazione di don Lorenzo. Alla celebrazione è seguito un breve rinfresco che ha coinvolto la comunità religiosa. Si tratta di un
momento di grande gioia e di
I TA L I A
A
fratellanza in cui amici e conoscenti si ritrovano per stare in
compagnia e passare una serata
diversa dalle altre, all’insegna
della serenità, della pace e dell’allegria Sono occasioni durante le quali ci si può soffermare a
riflettere su quei valori quali la
fratellanza, l’amicizia ma soprattutto la fede, che spesso
vengono sottovalutati ma che
sono basilari per il benessere
proprio e collettivo.
M.M.
Pisa - Pensionato Universitario.
Foto di gruppo delle ospiti
auguri
“non aspettare di finire l’università,
di innamorarti,
di trovare lavoro,
di sposarti,
di avere figli,
di vederli sistemati,
di perdere quei dieci chili,
che arrivi il venerdì sera o la domenica mattina,
la primavera,
l’estate,
l’autunno o l’inverno.
non c’è momento migliore
di questo per essere felice.
La felicità è un percorso, non una destinazione.
Lavora come se non avessi bisogno di denaro,
ama come se non ti avessero mai ferito e balla,
come se non ti vedesse nessuno.
Ricordati che la pelle avvizzisce,
i capelli diventano bianchi
e i giorni diventano anni.
Ma l’importante non cambia:
la tua forza e la tua convinzione
non hanno età.
Il tuo spirito è il piumino
che tira via qualsiasi ragnatela.
Dietro ogni traguardo c’è una nuova partenza.
Dietro ogni risultato c’è un’altra sfida.
Finché sei vivo, sentiti vivo.
Vai avanti, anche quando tutti
si aspettano che lasci perdere.
Madre Teresa di Calcutta
Roma Auguri alla signora
Maria Ghisu,
ospite nella nostra
casa di riposo,
per i suoi 100 anni
appena compiuti.
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
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VItA Dell’IStItutO
CAGlIARI
la “festa d’Avvento”
della parrocchia Sant’Avendrace
omenica 22 dicembre,
confermando una tradizione pluridecennale, la Parrocchia titolata a Sant’Avendrace, quinto vescovo di
Cagliari, e della quale fa parte
la Comunità delle Suore Figlie
di San Giuseppe della “Casa della Giovane”, hanno
celebrato la “Festa d’Avvento”. Durante la Santa
Messa delle 10, il parroco
mons. Ottavio Utzeri, ha
benedetto i numerosissimi
“bambinelli” da deporre
nei presepi la notte di Natale.
Nelle settimane di Avvento la riflessione rivolta
ai fedeli si è incentrata sulla necessità di “preparare
un luogo adeguato” nel
proprio cuore per consentire a Gesù di potervi nascere e, concretamente, è
stato proposto un gesto di
carità che si è realizzato
I TA L I A
D
con una raccolta di fondi per
le popolazioni colpite dall’alluvione e con l’offerta di generi
alimentari per le famiglie meno fortunate che la parrocchia
assiste.
L’omelia durante la Messa,
proposta dal diacono permanente don Ignazio Boi, ha sviluppato la riflessione sul mistero dell’Incarnazione, il “desiderio di Dio di incontrare
l’uomo al punto di farsi come
Lui”, la realtà sempre presente
Nelle foto:
Cagliari Casa della Giovane.
Diversi momenti
della “festa di Avvento”.
dell’Emmanuele, il “Dio-connoi”.
Al termine della celebrazione eucaristica, cogliendo il
gradito invito di suor Maria
Luigia e della comunità, ci siamo diretti in processione verso l’Istituto per vivere in maniera diversa e originale il tra-
dizionale appuntamento. Intanto la visita al bellissimo e
suggestivo presepe, realizzato
con statue a grandezza naturale, con abiti cuciti a mano da
una suora. Sembrava davvero
di essere parte viva e protagonisti dell’evento del Natale,
tuffati dentro la bellezza e lo
stupore con gli occhi dei bambini.
L’accoglienza è stata davvero entusiastica ed eccezionale. Il Parroco ha ringraziato la
comunità presentando le Figlie di San Giuseppe come “le
sorelle di Gesù” e quindi come testimoni privilegiate del
Natale. Suor Maria Luigia, responsabile della comunità, ha
ricambiato esprimendo la
grande gioia per la presenza dei tantissimi
bambini e famiglie e, al
tempo stesso, la soddisfazione per sentirsi parte viva della comunità
parrocchiale. Come in
altri momenti (la processione del patrono e
del Corpus Domini, la
via Crucis, la Domenica
delle Palme) le Figlie di
San Giuseppe hanno
espresso la fedele presenza e disponibilità per
le iniziative della Parrocchia.
Quindi i tanti presenti
hanno potuto assaporare
le delizie preparate dalle
Suore oltre che da alcune
catechiste e mamme. I
bambini si sono scambiati i cartoncini di auguri
preparati con le loro mani durante il Catechismo,
concludendo così una
giornata edificante che
ha lasciato nei volti e nei
cuori di tutti un sorriso
d’amore.
Tutta la comunità è infatti rientrata nelle proprie famiglie ringraziando il Signore per la festa
vissuta insieme alle Figlie
di San Giuseppe che, fedeli allo spirito del loro
fondatore, ci hanno fatto
sentire una unica, vera,
grande famiglia: la famiglia di Dio.
Ignazio Boi,
diacono permanente
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
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VItA Dell’IStItutO
SAnnICAnDRO DI bARI
50° della presenza delle Suore
Figlie di San Giuseppe di Genoni
I
I TA L I A
1888”. Il 5 maggio 1916 muore a Pisa all’età di settantasei anni. La vita delle suore è sempre improntata a serenità, impegno, gioia, attesa, fede, pietà,
fiducia. La forza interiore delle suore è il sicuro riflesso della spiritualità di Padre Felice Prinetti,
creatura ecclesiale chiamata a vivere il carisma della consacrazione, comunione e del servizio.
La sua spiritualità e il suo carisma sono stati riconosciuti dalla Chiesa il 19-04-2004 con la dichiarazione dell’eroicità delle virtù del Padre Felice Prinetti degli Oblati di Maria Vergine, sancita
con decreto e ufficialmente riconosciute da Papa
Giovanni Paolo II durante la cerimonia solenne
del 16-05-2004. Il Carisma del Fondatore è passato nella vita delle religiose da lui riunite per un
“servizio d’amore”. Come si esplica questo servizio
d’amore? Le Figlie di S. Giuseppe sono chiamate
ad operare laddove c’è più urgenza di assistenza e
di amore. Esse infatti operano nei seminari, nelle
comunità educative, nel campo dell’assistenza ai
malati e agli anziani, nelle scuole, nella pastorale
parrocchiale, nelle Missioni nel mondo.
Quali di queste forme di servizio d’amore noi
abbiamo sperimentato in cinquant’anni di attività
e di presenza delle suore nella nostra parrocchia e
nella nostra cittadina?
Mons. Don Francesco Clarizio, don Ciccio, nel lontano 1963
ebbe l’intuizione, la
fortuna, l’ispirazione
di invitare le suore ad
operare nell’Asilo parrocchiale. Il fondatore
e primo parroco della
nostra parrocchia le
volle qui, conoscendone la vocazione pedagogica, per contribuire
ad una crescita personale fondata sui principi cristiani e sviluppata attraverso attività
rispettose dei tempi di
sviluppo e di crescita
dei bambini.
Non sarà sfuggito a
nessuno di noi il serviSannicandro - Alcuni momenti di queste giornate: L'incontro con i giovani.
l concerto offerto dal coro parrocchiale e dalla comunità alle Suore Figlie di S. Giuseppe,
che operano umilmente al servizio della collettività tutta, vuole assumere il significato di apprezzamento e gratitudine per il loro servizio cinquantennale. Ma nonostante la vicinanza e la consuetudine quotidiana con le suore, sappiamo abbastanza della loro Congregazione, del suo Fondatore Padre Felice Prinetti e del Carisma che lo
ha ispirato? A tal fine cogliamo l’occasione per approfondirne la conoscenza e rivolgiamo l’invito a
tutti a farlo anche dopo. Padre Felice Prinetti nasce a Voghera, città fra la Lombardia e il Piemonte, il 14-05-1842. Studia ingegneria a Torino, si arruola nell’esercito sabaudo e diventa capitano.
Ma la vocazione sacerdotale lo chiama tra gli
Oblati di Maria Vergine e viene ordinato sacerdote il 23-12-1876. Il 20-09-1888 nasce il primo
gruppo della Congregazione delle Suore Figlie di S.
Giuseppe con questo impegno: “S. Giuseppe sarà il
vostro protettore. Lui che ha sostenuto Gesù col
suo lavoro e ha servito la Chiesa nel suo nascere. È
il Santo della semplicità e della fede serena, ma
sempre tanto umano, pratico, pronto nei rapporti
con gli altri. Vi chiamate pertanto Figlie di S. Giuseppe. Questa è una data storica pere voi, 20-09-
zio delle suore nell’attività apostolica, il loro
impegno nella pastorale parrocchiale, nella
catechesi, nel canto,
nella liturgia, nella
preparazione dell’altare, nei laboratori organizzati per i giovani.
La dimensione missionaria, pur essendo parte integrante della vita
di ogni cristiano, è impegno non secondario
delle Figlie di S. Giuseppe che operano in
Africa, India, Argentina, Brasile. Nella nostra parrocchia la vocazione missionaria si
è esplicata con l’affiancamento e il sostegno
dato al gruppo missionario e con il gemellaggio con la comunità cristiana di Bosobolo, in Africa.
Particolare sensibilità hanno mostrato le nostre
suore nell’amore per i più umili e i più fragili: fra
questi poniamo gli infermi e gli anziani, ai quali
portano conforto e soprattutto l’Eucarestia. Trentadue sono le suore che si sono avvicendate in
questo impegno e in questo servizio. Di esse citiamo, ma sono tutte nel nostro cuore, solo quelle di
cui il ricordo è più recente ed immediato, riservandoci di rendere omaggio a tutte in altra e più
adeguata occasione.
Per tutte ricordiamo Suor Maria Vittoria, Suor
Eulalia, Suor Marie Jeanne, Suor Angela, Suor
Eleonora e Suor Cicily. Alla Madre Generale giunga il nostro deferente saluto con l’auspicio che le
celebrazioni organizzate per il cinquantesimo della presenza delle Figlie di S. Giuseppe tra noi siano il segno tangibile della stima, dell’affetto, dell’apprezzamento, della gratitudine e della gioia per
averle avute con noi e con l’augurio che questo
rapporto sia duraturo nel tempo.
Prof. Bartolomeo Chimienti
* * *
Cantate al Signore Alleluia
Benedite il Suo Nome Alleluia
Cantate al Signore Alleluia
con inni di lode Alleluia
È solo uno stralcio di una delle canzoni cantate al concerto e dedicate alla costante presenza
Il concerto.
delle suore Figlie di San Giuseppe a Sannicandro
di Bari da 50 anni, però per me racchiude una
piccola realtà. È Splendido avere la fortuna e bisognerebbe davvero benedire il Signore per i suoi
doni, e un dono immenso è quello delle suore su
cui tutti possiamo contare ogni giorno dalla preghiera alle azioni, e davvero vi ringrazio.
Grazie di cuore a suor Angela a cui ci si può
sempre rivolgere per una chiacchierata e per il
suo servizio nel dare conforto agli ammalati, oltre i tanti svolti in parrocchia. Grazie a Suor
Eleonora per la sua voce meravigliosa. Grazie a
Suor Cicily, la nuova madre superiora, per la sua
disponibilità.
Questa Settimana la grazia si è ampliata per la
visita di suor Marie Jeanne che non è andata via
da molto ma già ci mancava, suor Armida che ci
ha raccontato che per lei Sannicandro è il suo secondò paese dato che qui ha passato i suoi primi
anni di vita religiosa, suor Laura e suor Paoletta
per la loro simpatia e la loro testimonianza di giovani al servizio di Dio.
Questa settimana in loro onore é stata grande
gioia festeggiata in tanti modi dalle messe insieme
agli incontri, dal concerto alla preghiera comunitaria, Senza dimenticare i buffet consumati insieme, tipici per far festa qui a Sannicandro. L’ unica
cosa che mancava era la presenza di tutte le suore
passate di qui, una per una, ma capisco che non è
possibile un tale spostamento, per cui spero che
leggano queste mie parole e le ringraziare, ricordarle nelle mie preghiere.
Irene Rella
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
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I TA L I A
VItA Dell’IStItutO
Il Regno di Dio è qui.
La vocazione religiosa risposta d’amore!
Uno dei primi giorni dei festeggiamenti per il
50° anniversario di presenza delle Figlie di San
Giuseppe nella comunità di Sannicandro di Bari è
stato dedicato ad un incontro vocazionale per la
realtà giovanile. La cura attenta e precisa di questo
momento ha regalato ai giovani, e meno giovani,
presenti la condivisione del vissuto esperienziale
di suor Paoletta e suor Laura.
Nella parte introduttiva dell’incontro la comunità è stata invitata a riflettere sul significato di
questo grande invito che Dio fa a donare la propria vita a servizio di Lui e dei fratelli e sui tre
grandi “pilastri” che regolano poi la vita consacrata, i voti di obbedienza, povertà e castità.
Dio chiama e lo fa con modi diversi e in tempi
diversi nella vita di ognuno, è questo che ci hanno
lasciato le parole di suor Paoletta e suor Laura e
delle altre religiose presenti, che hanno testimoniato la bellezza e la gioia di una risposta ad una
chiamata ad amare, non scevra, però, come ogni
cosa preziosa, da ostacoli e resistenze da superare.
Nella seconda parte dell’incontro, l’assemblea
ha potuto esprimere le proprie riflessioni su quanto ascoltato, potendo porre anche domande per
chiarire dubbi che ognuno si portava dentro a riguardo di tale tema.
Ogni momento dell’incontro si è svolto con
completa spontaneità e gioia. Gioia nel cuore e negli occhi di suor Paoletta e suor Laura grate a Dio
per aver rivolto i suoi occhi su di loro, gioia in tut-
La veglia missionaria
ti i presenti che hanno potuto “gustare” la dolcezza di una risposta d’amore!
Antonella Tamborrino
* * *
L’ultima settimana di ottobre è stata intensa per
la nostra comunità parrocchiale: insieme abbiamo
festeggiato il 50esimo anniversario di presenza
delle figlie di San Giuseppe a Sannicandro, traguardo importante che è servito da pretesto per
riflettere e far riflettere oltre che per ripensare all’importanza di questo Istituto qui nel nostro paese. Martedì 30 giovani, giovanissimi (e non) si sono radunati in chiesa per ascoltare le testimonianze di suor Paoletta e suor Laura,venute dalla Sardegna per l’occasione. È stato bello guardare e
ascoltare le suore parlare della loro vocazione con
una gioia e una serenità d’animo rare; bello è stato anche l’interesse che ha mostrato la comunità
nel porre delle domande, a cui le suore hanno risposto con estrema semplicità e chiarezza.
Mercoledì è stata la volta del concerto: il coro
parrocchiale ha dato prova della sua bravura sotto la direzione attenta e scrupolosa di Olimpia
Ruscigno. Emozionanti le voci che si sono levate
a ringraziare il Signore e la Vergine Maria; da
brividi il quartetto d’archi con il canone in re
maggiore.
Giovedì durante la veglia un segno ha attirato
la nostra attenzione: abbiamo gettato dei chicchi
di grano sulla terra che poi sono stati innaffiati;
questo gesto sta a simboleggiare il cammino di ogni cristiano che, sulle orme di Cristo, cresce ed elargisce i frutti
dell’Amore.
Suor Armida, ha ringraziato la comunità ed ha parlato della sua esperienza personale prendendo spunto dalle
missioni compiute dalla Congregazione e quelle a venire.
È bello ed emozionante
pensare come siamo arrivati
alla conclusione dell’ evento
proprio il giorno di Ognissanti, con la celebrazione presieduta dal Monsignor Angiuli, una riflessione importante perché tutti siamo chiamati alla Santità vivendo e
trasmettendo l’Amore di-percon Cristo.
Anna, Niky,
Mimoza e Domenico
Lettera a Madre Maria Daniela
da parte dei genitori degli alunni
della scuola Maria SS del Carmine
Reverendissima Madre Maria Daniela, in occasione del Santo Natale, in cui viene celebrata la sacralità delle famiglie, vogliamo ringraziarla per la
presenza nella nostra piccola comunità delle Figlie
di San Giuseppe. Esse fanno parte da 50 anni della famiglia parrocchiale Maria SS del Carmine a
Sannicandro di Bari con nostro grande orgoglio,
costituiscono un dono per noi che lo Spirito Santo ci ha dato per sostenerci e darci la forza.
È difficile spiegare con poche parole l’importanza che ha per i nostri figli e per le nostre famiglie la presenza di questi angeli bianchi che ogni
mattina con il loro sorriso, ci accolgono e sopportano le nostre insicurezze che, come genitori, abbiamo in questo mondo così veloce e con pochi
valori.
La scuola materna Maria SS del Carmine non è
solo una scuola, ma una seconda casa per i nostri
bambini dove ricevono calore, educazione, preparazione e familiarità ma soprattutto vivono giocando, come è giusto alla loro età.
Nel nostro paese le Figlie di San Giuseppe sono
presenti anche per gli ammalati, con i giovani e i
giovanissimi presso la Casa del Fanciullo e la Parrocchia, con la catechesi ai bambini agli adulti e
per questo ringraziamo di cuore per confermarci
la loro presenza.
* * *
Saluto di Suor Cicily Kattackal,
attuale responsabile
della comunità di Sannicandro
Eccellenza Reverendissima,sacerdoti presenti e
carissimi fratelli e sorelle, abbiamo voluto vivere
questa festa giubilare innanzitutto come rendimento di grazie al Signore e sicuramente
non c’è un grazie più sincero e
profondo di quello celebrato e
vissuto intorno al suo altare,
l’eucarestia è il vero e più grande
“rendimento di grazie”.
Ti rendiamo grazie Signore, con cuore gioioso,
per il tratto di strada che abbiamo percorso insieme, mezzo secolo di cammino che ha segnato la
nostra vita personale, la nostra fede e la vita della
nostra comunità parrocchiale, la nostra storia.
Tutto è stato voluto da Lui e da Lui tutti noi siamo
stati guidati.
Rendo grazie anche alla Vergine Maria del
monte Carmelo, onorata e venerata in questa parrocchia, a San Giuseppe suo castissimo sposo e
nostro protettore e al nostro Venerabile Fondatore Padre Felice Prinetti.
Permettetemi di celebrare la nostra famiglia religiosa, l’istituto delle Figlie di San Giuseppe, formata dalle sorelle consacrate che, rispondendo alla chiamata del Signore, sono giunte fino a Sannicandro donandosi, secondo le proprie caratteristiche, con il meglio di sé per il bene di tutti. Qui sono state e continuano ad essere madri, educatrici,
sorelle , amiche, consolatrici e intrecciano la loro
vita con quella dei bambini della scuola e dei loro
genitori, dei giovani, degli anziani , degli ammalati, e trovando tante famiglie dove si sentono accolte, apprezzate ed amate.
Un grazie grande e riconoscimento va alla nostra Madre Generale, Madre Maria Daniela che
oggi è qui presente spiritualmente accanto a noi e
che, con la sua materna attenzione e disponibilità
ci permette di continuare ad operare qui a Sannicandro e ci ha onorato della presenza delle consorelle suor Armida, suor Paoletta e suor Laura per
celebrare il nostro giubileo.
Ma in questa ricorrenza non possiamo dimenticare le consorelle che ci hanno precedute in questi 50 anni: sono ben 32 e alcune di loro nella patria celeste pregano per tutti noi e altre continuano il loro servizio in altri paesi dove il Signore le
ha chiamate e inviate.
La concelebrazione Eucaristica
presieduta da
Mons.Vito Angiuli.
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
31
I TA L I A
VItA Dell’IStItutO
Sicuramente non saremmo qui a celebrare questa festa se, 50 anni fa, don Ciccio Clarizio non ci
avesse invitate a Sannicandro per collaborare al
grande progetto del Signore: essere educatrici dei
fanciulli della scuola materna parrocchiale “Maria
SS del Carmine”. Guidate da lui, le Suore Figlie di
San Giuseppe, sono diventate punto di riferimento costante nella vita di questa comunità parrocchiale.
Rendiamo grazie al Signore con riconoscenza
per il nostro amato Vescovo Monsignor Vito Angiuli, presidente di questa Celebrazione liturgica.
Grazie, perché ci ha mostrato ancora una volta la
sua paterna attenzione e il suo affetto e noi, le assicuriamo la nostra preghiera, espressione della
nostra filiale gratitudine.
Nasce spontaneo, ancor prima che doveroso, il
desiderio di porgere un particolare e affettuoso
ringraziamento ai parroci e sacerdoti che si sono
avvicendati in questi anni.
Grazie don Mimmo per la sua paziente cura e
attenzione nei confronti delle Figlie di San Giuseppe.
Grazie Don Giuseppe che con la tua presenza
discreta, fai sentire a casa anche noi. Grazie per la
tua vicinanza e la testimonianza di vita.
Grazie Don Francesco per la tua sensibilità e
gentilezza; per la tua costante attenzione e per il
rispetto che ci manifesti ogni giorno. Il tuo zelo e
il tuo operato quotidiano, le tue parole sempre ricche di speranza e di gioia, sono per noi una forte
testimonianza della bellezza della vita consacrata
al Signore. Grazie perché ci hai sempre apprezzate, valorizzate ed incoraggiate nel nostro servizio.
Tu non hai mai smesso di parlare di noi Figlie di
San Giuseppe , pregare per noi e ringraziare con
noi. Grazie di cuore don Francesco a nome di tutte le consorelle presenti qui e a nome di tutto l’istituto.
Desidero ringraziare: i sacerdoti che ci hanno
onorati con la loro presenza.
Grazie al sindaco dott. Vito Novielli e tutte le
autorità che hanno accolto il nostro invito;
Soprattutto ringrazio voi tutti che formate la
nostra comunità parrocchiale cominciando dai
più piccoli per arrivare ai più grandi, gruppi, associazioni, confraternite Consiglio Pastorale, perché
ci avete sempre saputo accogliere, aiutare e amare
e fatto sentire un’unica grande famiglia. Siete davvero tanti a gioire e ringraziare con noi. La vostra
presenza ci incoraggia e ci fa sentire che nel nostro
cammino noi non siamo sole ma ci siete anche voi
e che il cammino fatto in questi 50 anni non è stato un cammino “separato’’ e non è un percorso che
si ferma, ma una storia che continua.
Ringrazio i diaconi, i seminaristi,i ministranti,
il coro e tutti coloro che hanno offerto il loro tempo prezioso per rendere più bella e indimenticabile questa liturgia e i vari momenti che abbiamo
vissuto insieme in questa settimana.
Grazie per le belle parole che ci avete regalato e
per l’attenzione che ci avete riservato in tante maniere. In questo momento mi viene in mente il
brano del vangelo di Luca quando Gesù dice:
Nelle due foto: Sannicandro - Foto di gruppo
“Quando avete fatto tutto quello che è stato ordinato dite siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. Questo è il nostro carisma e
impegno, servire i fratelli con amore disinteressato.
Colgo l’occasione per chiedervi perdono per
tutte le volte che noi non abbiamo saputo dare vera testimonianza della gioia del Cristo Risorto e
chiediamo scusa per la nostra debolezza umana e
per qualche mancanza commessa. In questa circostanza desideriamo chiedervi di accompagnare il
nostro cammino e il nostro servizio con la preghiera. Perché il Signore ci dia la forza e il sostegno di compiere, in mezzo a voi , la sua volontà
nella disponibilità, il nostro servizio nella dedizione totale, nell’umiltà e nella santa allegrezza come
il Padre Prinetti desiderava per ognuna di noi.
Il 1° novembre del 1963 Sr Maria Alessandrina
scrive nella cronaca della nostra comunità così:
“oggi il parroco ci ha presentato alla popolazione
dandoci il benvenuto a nome di tutta la parrocchia . La sera invita tutti i parrocchiani per darci il
primo saluto e fare un momento di festa insieme.’’
Oggi 1° novembre 2013 , dopo 50 anni, a nome
di tutte le Figlie di San Giuseppe vi invito a vivere
un momento di condivisione fraterna. Grazie di
cuore a tutti.
Saluto di Madre Maria Daniela
alla comunità parrocchiale
Eccellenza reverendissima, Mons. Vito Angiuli, reverendo Parroco Don Francesco Gramegna. Reverendi sacerdoti presenti, carissimi
fedeli e amici tutti convenuti per partecipare alla celebrazione dei 50 anni di presenza di noi,
Figlie di San Giuseppe. Siamo grate al Signore
per questa celebrazione che, mentre commemora un tempo della storia che ha scandito cinquant’anni di presenza e di servizio in questa
chiesa locale, offre a noi l’opportunità di rendere grazie con il sacrificio eucaristico di Cristo
per il bene che ci è stato concesso di fare, per il
dono della fraternità e dell’amicizia con tutti i
fedeli, sia nell’ambito della Parrocchia sia gli
amici della scuola: ex alunni, genitori e insegnanti e la grande famiglia della scuola materna. “Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore”.
Così ci invita a pregare la parola del salmo
89. E, alla luce della Parola, la storia si rivela come il luogo del suo manifestarsi del compiersi
della salvezza, attraverso la nostra adesione al
progetto di Dio su di noi. Nelle vicende umane
Dio è presente e completa l’opera sua nell’adesione
nostra fatta attraverso il nostro servizio e il dono
del nostro tempo segnato dai passaggi pasquali: di
dolore e di gioia, di tribolazioni e consolazioni, di
fatiche e di speranze. È il cammino che ogni cristiano percorre nella fede e alla sua luce, mentre
scandisce il tempo, lo salva, lo redime e lo fa sbocciare nell’eterno.
La sapienza del cuore è vivere il tempo in questa dimensione di fede. Noi ringraziamo il Signore perché oggi ci fa pensare che le nostre Madri
quando hanno inviato le prime sorelle in questa
realtà ecclesiale nel 1963, erano animate da questo
spirito di fede e di amore per la Chiesa. Lo ringraziamo per le tante sorelle che si sono avvicendate
da Suor Maria Alessandrina che pensiamo nella
luce di Dio alle sorelle attuali che lavorano in mezzo a voi.
Tanti sono i motivi per elevare l’inno della gratitudine al Signore e l’affettuosa riconoscenza ai
Vescovi, ai sacerdoti, e ai fedeli tutti. Tutto è grazia e tutto ci dice che il modo migliore per dire:
Grazie è cantare il Magnificat con l’umiltà di Maria, perché guardando alla nostra povertà, Dio ha
compiuto opere di meraviglia e di salvezza, senza
nostro merito.
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
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VItA Dell’IStItutO
nORD ARGentInA
Racconto di un’esperienza missionaria
Suor Franceschina
ella metà degli anni cinquanta Don Mazzolari scriveva: “Non fa paura il povero, fa
paura il numero dei poveri, io non ho mai
contato i poveri, perché i poveri non si possono contare, si abbracciano e non si contano.
Eppure c’è chi tiene la statistica dei poveri e ne ha
paura, paura di una pazienza che si può anche
stancare, paura di un silenzio che potrebbe anche
diventare un urlo, paura di un lamento che potrebbe diventare canto, paura dei loro stracci che potrebbero farsi bandiera, paura dei loro arnesi che
potrebbero frasi barricata.
Sarebbe così facile andare incontro al povero! Ci
vuole così poco a dargli speranza e fiducia. Invece la
paura non ha mai suggerito la strada giusta.”
Quando Don Mazzolari scriveva queste righe
non pensava certamente ai poveri dell’America
Latina o dell’Africa ma ai poveri del nostro paese
che erano tanti. Non pensava ai poveri dell’Argentina bisognosi di aiuti materiali ma soprattutto bisognosi di sentirsi dire e ascoltare che Dio li ama,
che Gesù è venuto nel mondo per raccontarci, con
la propria vita, il grande amore di Dio per l’uomo.
Per questo ha versato il suo sangue e ci ha riscat-
A M E R I C A
L AT I N A
N
tati e fatti partecipi della figliolanza divina.
Prima di salire al cielo ci ha raccomandato di
andare per il mondo intero ad annunciare il Vangelo, ed è quanto la Chiesa ha sempre fatto durante i secoli, fino alla Chiesa d’oggi che siamo noi,
inviati da Gesù ai poveri del nostro tempo, non
per contarli, ma per abbracciarli e fare sentire loro la tenerezza dell’amore di Dio nella loro vita.
L’invito del Papa Francesco durante la giornata
mondiale della gioventù ci ha entusiasmati e consolati: “Lasciate le sicurezze, salite per le strade e
se qualcuno ve lo impedisce fatte chiasso, andate
incontro al povero”.
In coincidenza con la Giornata Mondiale della
gioventù, infatti alcune delle nostre consorelle si
trovavano in Brasile, il restante gruppo missionario si ritrovava nel Nord Argentina, nella provincia di Corrientes, nelle località di Tatacuà e Tabay
dove da 13 anni si fa opera di evangelizzazione e
di promozione umana, cercando di raggiungere
tutte le categorie di persone privilegiando le famiglie e, in esse, i bambini e i giovani con attività mirate alla formazione umana e cristiana delle nuove generazioni.
Preparazione al sacramento della Riconciliazione.
Le principali attività
sono: visita alle famiglie,
nel pomeriggio incontri
con i bambini e giochi,
canti e anche la merenda
con latte e cioccolato. Alla
sera incontri per i giovani
e per le comunità dei vari
quartieri, celebrazione dei
Sacramenti, animazione
delle celebrazioni liturgiche e soprattutto condivisione della loro vita.
Un gruppo, in maggioranza giovani, capaci di
dedicare le due settimane
di vacanza invernali a coloro che hanno meno.
Giovani normali, giovani
Celebrazione delle Cresime e Prime Comunioni.
che non sono esenti da
problemi, giovani generosi, capaci di commuoversi
di fronte alla sofferenza
del povero, giovani che
oltre allo studio, e per alcuni studio e lavoro, sono
capaci di rinunciare alla
discoteca e in quelle ore
smistare e preparare i
pacchi da spedire, o preparare il materiale che
servirà per i vari incontri
nella missione. Partecipare attivamente alle iniziative che si realizzano per
accogliere fondi perché
prima di ogni missione
possa partire un camion
con tutto il materiale racUltimo giorno della missione. Festa dei bambini.
colto.
Credo che i giovani con il loro entusiasmo, la fatto si che non rimanesse sola neppure un giorno.
gioia, la generosità nel servizio ai più poveri pos- La presenza di suor Maria Cristina di passaggio
sono darci una lezione e io da loro ho ricevuto per la vita in famiglia, è stata provvidenziale perché ha trascorso alcuni giorni nella comunità prisempre tantissimo.
Anche in questa ultima missione sono stati lo- ma del rientro in Brasile.
Voglio ringraziare tutti, soprattutto il gruppo
ro a volere con insistenza la mia presenza. Già nella missione di maggio dissi che mi era impossibi- missionario per l’entusiasmo, la gioia, l’impegno
le partecipare a causa del viaggio di suor Mary nel mettere a disposizione la loro vita a servizio di
Theres in Brasile per accompagnare il gruppo dei tanti bambini, di tanti giovani, di tante famiglie, di
giovani che partecipava alla GMG per cui suor tanti poveri che hanno abbracciato.
Donatella sarebbe rimasta sola. E questo già era
un motivo sufficiente per non andare. Oltre a questo inizio a sentire il peso degli anni che, come diSi ringraziano le famiglie Rolando e Botto di
cono qui in Argentina, non vengono soli.
Biella per la generosità verso le missioni del
La disponibilità e la generosità di suor Donanostro Istituto.
tella è stata grande, ma anche la provvidenza ha
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
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VItA Dell’IStItutO
bRASIle
esperienza di un incontro
Don Giuseppe luigi Spiga
rovo finalmente un po’
di tempo per scrivere da
questo scorcio di mondo
dove negli ultimi mesi si sono
succeduti tanti avvenimenti che
mi hanno coinvolto e rapito dall’incontro con la mia terra. In questi giorni riprendono le messe con
i tanti battesimi, si torna a percorrere quotidianamente le strade polverose e a volte inventate, in
quello che appena pochi mesi fa
era il lago. Il caldo si fa sentire in
questi mesi di fine anno e le
piogge tarderanno ancora un po’,
anche se la nostra speranza sogna
già qualche goccia di refrigerio.
In questi mesi abbiamo vissuto momenti indimenticabili:
con in piccolo gruppo di giovani, ho avuto la possibilità di partecipare della Giornata Mondiale della Gioventù. È stata l’occasione per conoscere e incontrare papa Francesco e fare un tuffo nella gioventù cattolica del
mondo intero, cantare l’inno alla vita e al futuro della chiesa
sempre giovane. Purtroppo è
stata anche la conferma di un
Brasile ancora in difficoltà con
tempi e momenti, la maggior
parte dei problemi capitati durante la GMG sono stati causati
dalla corruzione e dai giochi di
potere della classe dirigente brasiliana soprattutto di quella dello Stato di Rio de Janeiro.
Il post giornata è stato bellissimo, al nostro ritorno nel Maranhao, abbiamo ricevuto la visita di Mons. Arrigo Miglio, per
la prima volta un vescovo cagliaritano metteva piede nella
diocesi di Viana, degli amici sacerdoti don Giulio, don Walter,
don Alberto, don Costantino e
A M E R I C A
L AT I N A
T
don Roberto con i giovani della
diocesi che tornavano dalla
GMG. Per noi sacerdoti missionari Fidei donum è stata un
esperienza breve ma intensissima di grande gioia, un sentirci
amati anche se lontani, un sentirci a casa perché nel cuore della famiglia diocesana cagliaritana. Grazie ancora per questo bel
gesto, grazie di cuore.
L’esperienza italiana per me è
continuata nei giorni successivi,
da alcuni mesi il PIME (Pontificio Istituto Missione Estere) mi
aveva contattato chiedendomi la
possibilità di ospitare alcuni
giovani italiani che fanno un
percorso di Giovani e Missione
e così a metà agosto sono arrivate nella missione tre giovani
milanesi: Marta, Maria Martina
e Silvia. Sono state una bella
sorpresa. Hanno edificato il
cammino della parrocchia partecipando attivamente e facendo fare un bel percorso ai giovani brasiliani che le ricordano
con “saudade” e non vedono l’o-
ra di riabbracciarle. Nel frattempo suor Annalisa è andata in
Italia per la visita alla famiglia e
ha passato alcuni mesi con noi
Suor Vittoriana, altra suora sarda della Congregazione delle Figlie di San Giuseppe, che in pochi giorni è entrata con entusiasmo nei programmi parrocchiali e ci ha lasciato con la speranza nostra, ma penso e spero anche sua, di tornare presto per
collaborare al nostro lavoro pastorale. Abbiamo celebrato l’anniversario delle Grande Settimana Missionaria, con momenti di alta commozione e grande
fede manifestata con massiccia
presenza di fedeli che, per una
settimana intera, hanno accompagnato le proposte dell’equipe
missionaria che aiuta a sviluppare e attuare il piano pastorale
dell’ano della fede. La missione
continua non si può fermare e le
nostre visite costanti alle famiglie, sia in città sia nella zona
rurale dimostrano il nostro proposito e la nostra convinzione,
che spesso il papa richiama che
è la Chiesa che deve andare incontro alla gente e non solo
aspettare che tutti vengano ai
tuoi piedi. Penso che l’avvenimento più importante di questi
mesi sia l’apertura della “Fazenda do Amor Misericordioso, na
Casa Nossa Senhora di Bonaria”,
il centro diocesano di recupero
per tossico-dipendenti. Il 28 di
settembre abbiamo inaugurato e
aperto questa nuova esperienza
di carità verso i più poveri ed
emarginati, dando possibilità di
un trattamento completamente
gratuito. È una nuova luce per la
nostra missione, ma anche un
nuovo grandissimo impegno
per me che devo dividermi tra
parrocchia, incarichi diocesani
e accompagnamento del Centro
di recupero e della Pastorale
della sobrietà a livello non solo
parrocchiale ma anche diocesano. La Fazenda già ospita 30 ragazzi e nonostante le difficoltà
di una nuova struttura fa i suoi
primi passi e accende speranza
in tante famiglie di Matinha e
delle città vicine. Vi chiedo di
accompagnarmi e accompagnarci nella preghiera perché
possiamo continuare il nostro
percorso al servizio della Chiesa
e del suo popolo anche nei momenti di difficoltà. Negli ultimi
giorni abbiamo avuto la piacevole visita dell’amica Giusy conosciuta negli anni di collaborazione con la parrocchia del S.
Cuore in Quartu Sant’Elena è
stato un momento costruttivo e
una bella esperienza per noi e
sicuramente anche per lei. Varie
persone mi chiedono di poter
fare un esperienze in missione e
voglio loro offrire la possibilità
che i desideri si realizzino. La
vita qui è molto semplice e chi
viene a visitarci segue i nostri
ritmi missionari che alternano
tra giornate piene e altre un po’
più tranquille. Aperti a queste
disponibilità siate i benvenuti.
Un caro abbraccio con la benedizione del Signore.
Tutti coloro che volessero contribuire
all’opera di evangelizzazione delle nostre missionarie con offerte, iniziative
o proposte, si rivolgano al seguente indirizzo:
Suor Armida Flore
Segretariato Missioni Figlie di San Giuseppe
Istituto “Stella Maris” - Via Millelire, 42 - 09170 Torregrande (OR)
Tel. 0783 22005 - e-mail: [email protected]
c.c.p. 12079091
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
39
pReGhIAMO peR...
Don Giuseppe Siddu
† 7 novembre 2013
Un sacerdote amato da tutti.
Il nostro Istituto è grato a Don Siddu
per la sua paterna vicinanza
e per l’attenzione verso i più poveri
In Ricordo di Don Usai Salvatore Antonio
L’emerito parroco di Donigala Fenughedu, il compianto don Usai Salvatore Antonio, ci
ha lasciato nel segreto della sua abitazione, si ritiene nelle notte del 23 dicembre, in
quella stessa casa che all’ombra del Santuario mariano del Rimedio, lo aveva visto tante volte fare la spola nel servizio alla Casa di Maria e dove si era voluto ritirare nell’autunno 2010 dopo aver retto la parrocchia di Donigala per ben 52 anni. In quella
stessa parrocchia, attorniato dai confratelli ed amici di lunga data, celebrò con gioia
il suo 50° di sacerdozio il 18 agosto 2001, essendo ancora viva la sorella, suora del
Sacro Costato, suor Annetta da lui inseparabile. Don Usai ci ha lasciato in silenzio, secondo il suo costume di sacerdote riservato e discreto, tutto alla fine di un anno che
nella gente già annunciava i preparativi delle feste natalizie, mentre per lui giungeva la convocazione da Dio, per
gustare finalmente il vero natale, perché con questa chiamata alla vita eterna, sono terminate anche le sue ansie e
preoccupazioni, specialmente per una certa solitudine della sera che si teme, solitamente, più di ogni altra. Tuttavia,
non si poteva parlare di lui come di un prete solo perché con la preghiera ed un’intensa vita spirituale, ricca di devozione alla Madonna del Rimedio e a San Giuseppe, e con il suo affetto alle circostanza della Chiesa diocesana
seppe sempre rendersi utile fino alla fine. Ultimamente si era molto dedicato alla visita di sacerdoti e laici anziani
ed ammalati, alla cura dei degenti e sofferenti della Fondazione Nostra Signora del Rimedio. Figlio di Giovani e di
Maria Uras, era nato a Seneghe il 25 settembre 1925, anno santo. Chiamato in giovane età al sacerdozio, entrò
nel seminario di Oristano e poi in quello regionale di Cuglieri.
L’Arcivescovo mons. Fraghì lo ordinò a Seneghe insieme a don Ilario Nonnis, il 12 agosto 1951, inviandolo vice
parroco di Ortueri in aiuto all’anziano ed austero canonico mons. Salvatore Murru, fino all’ottobre 1954. Trasferito
e promosso parroco di Siamaggiore, vi rimase solo due anni. Nel setembre 1956 altro trasferimento a S. Antonio
Ruinas, fino all’estate 1958, quando divenne parroco di Donigala. Da allora non si spostò più per una rinnovata
fiducia dei Vescovi fino alla data della rinuncia il 3 ottobre 2010, quando divenne cappellano dell’Istituto di cura annesso al santuario, dove ogni giorno celebrava alle 16:00, rendendosi utile per le confessioni. È stato sempre un fedele congregato mariano, poi membro dell’unione apostolica del clero sardo. Per numerosi anni di servizio, l’Arcivescovo mons. Tiddia gli conferì il titolo di monsignore, come prelato di S.S papa Giovanni Paolo II. Ora mentre sentiamo il ricordo dei suoi esempi, preghiamo per la sua anima che nella pace del cimitero di Seneghe, si è riunita ai
suoi cari genitori, alle sorelle, e specialmente al suo Redentore. In un ricordino della sua prima tonsura, ricevuta sempre a Seneghe il 5 settembre 1948, aveva scritto: “ Cristo è la passione della mia giovinezza”. Una passione mai
deludente e che anche nei momenti più difficili e di povertà di cui parlava per i primi anni di ministero, lo aveva
sempre sostenuto anche grazie all’amicizia di illustri personalità del clero arborense: mons. Pietro Carta, mons. Felice Mastino, il zeddianese e suo parroco di giovinezza a Seneghe mons. Giovanni Ligia, mons. Giovanni Melis-Fois,
mons. Salvatore Isgrò . Grazie don Usai!
Don Gerardo Pitzalis
Joachim Mpoutou
Romain Bouembeno
† 22 novembre 2013
† 23 gennaio 2013
Rino Rani
Stefano Putzu
†12 settembre 2013
† 5 settembre 2013
fratello di
Suor Angelique
cognato di
Suor M. Nazarena
fratello di
Suor Angelique
nipote di
Suor Renata
i NosTri DEFUNTi
TONIO MURENU
cognato di Suor Maria Franca
ROSANNA DANMU
cognata di Suor Lorenzina
ONORIO ZOCCHEDDU
cognato di Suor Vittorina
SEBASTIANA ZEDDE
sorella di Suor Emerenziana
ROSA PADDEU
sorella di Suor Maria Cornelia
IGNAZIO CABRAS
fratello di Suor Maria Beatrice
MATHEW MALIYAKAL
padre di Suor Daisy
RAIMONDO FANARI
cognato di Suor Savina
SEBASTIANO CALIA
cognato di Suor Francesca Corrias
MARIA ESU
sorella di Suor Maria Concetta
PIERCARMELO ENNA
fratello di Suor Clementina
CHACKO CHACKO PULLATTUKALAYIL
cognato di Suor Maria Anselma
GIOVANNI PERRA
cognato di Suor Orsolina e
Suor Maria Giuseppa
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
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RIFletteRe e SORRIDeRe
bianco e nero
Q
uando ero alle elementari, ebbi un grave litigio con un ragazzo della mia classe. Ho dimenticato il motivo della lite,
ma non potrò dimenticare ciò
che imparai quel giorno.
Ero convinta che lui avesse
torto e io ragione e lui era almeno altrettanto convinto
che io avessi torto e lui ragione. L’insegnante decise di insegnarci qualcosa di molto
importante. Ci portò davanti
alla classe e ci fece mettere lui
da un lato della cattedra e me
dall’altro. In mezzo alla cattedra sistemò un grande oggetto rotondo.
Potevo vedere chiaramente che era nero. L’insegnante
chiese al mio compagno di che colore fosse l’oggetto. «Bianco» rispose lui. Non riuscivo a credere
che sostenesse che quell’ oggetto fosse bianco,
quando era chiaramente nero! Iniziammo di nuovo a litigare, questa volta riguardo al colore dell’
oggetto. Poi l’insegnante mi disse di andare al posto del mio compagno e fece venire lui dove ero
stata io. Ci scambiammo di posto, e poi la maestra
mi chiese di che colore fosse l’oggetto. Dovetti ri-
spondere: «Bianco». I due lati dell’oggetto erano di
diverso colore, e da quel punto di vista l’oggetto
era bianco. Era nero solo dal mio lato.
La mia maestra mi insegnò qualcosa di veramente importante quel giorno: devi metterti nei
panni degli altri e guardare le situazioni dal loro
punto di vista per capire davvero la loro prospettiva.
Judie Paxton
DUE RISATE
Moglie sparita
Preoccupato un uomo si presenta all’ufficio dei carabinieri:
– Vorrei denunciare la scomparsa di mia moglie
– Da quando non la vede?
– Sette giorni!
– E lei aspetta sette giorni per
denunciarne la scomparsa?
– Sa, pensavo si fosse fermata a
chiacchierare con qualche vicina di casa…
Anche se
Un carabiniere arriva contento
in ufficio:
“Ieri ho finito un bel puzzle”.
L’appuntato: “E quanto ci hai
messo?”.
“Due anni”.
“Ma mi sembra molto”.
“Ma che dici. Sulla scatola c’era
scritto: da 3 a 6 anni!”.
In tram
Il sig Gennaro anziano e malandato: – Mi scusi mi cederebbe il
posto, non vede che sono vecchio e malridotto?
– Volentieri ma non posso!
– Come non posso, dica piuttosto non voglio, me ne frego, sono un maleducato che non rispetta gli anziani
– Ma quale maleducato e maleducato, io sono l’autista!
SCeltI peR VOI
PaDrE FraNCEsCo ZiraNo
Tra CrisTo E islaM
Curatore Padre Umberto Zucca OFM
Editore Biblioteca Francescana Sarda
(collana Maestri e testimoni)
Prezzo € 16,00 - Pagine 362
i BraCCialETTi rossi
Albert Espinosa
Editore Salani
Prezzo € 12,90 € - Pagine 172
lbert Espinosa ha compiuto un miracolo:
malato di cancro per dieci anni, è riuscito
a guarire, trasformando il male in una
grande esperienza. A guardarlo è lui stesso miracoloso, capace di contagiare gli altri con la propria
vitalità. Albert Espinosa racconta in questo libro la
propria giovinezza segnata dal tumore: più di un diario, più di una testimonianza, è una raccolta di tutto ciò che la sua condizione gli ha insegnato. E non
c’è niente di astratto o dolente in queste pagine, ma
la semplice volontà di mettere in pratica tutta la bellezza di quelle “lezioni”: come capire all’improvviso che perdere una parte di sé non è una sottrazione di vita, ma l’occasione per guadagnarne di più.
In ventitré capitoli, che non a caso vengono chiamati
“scoperte”, Albert Espinosa mostra come unire la
realtà quotidiana ai sogni più segreti, come trasformare ogni istante di vita, anche il più cupo, in
un momento di gioia.
“Albert parla di un mondo alla portata di tutti,
che ha il colore del sole: il mondo giallo. Un posto
caldo, dove i baci possono durare dieci minuti,
dove gli sconosciuti possono diventare i tuoi più
grandi alleati, dove l’affetto è un gesto quotidiano
come quello di comprare il pane, dove la paura
perde significato, dove la morte non è una cosa
che succede agli altri, dove la vita è il bene più prezioso.
A
umen fidei, “la luce della fede” in Dio come
padre e in Gesù come salvatore, è la prima enciclica di papa Francesco. A tale fede, luce da
non perdere mai nella vita, è dedicato il libro su Francesco Zirano, frate francescano andato in Africa per
liberare dalla schiavitù i cristiani che, per durezza
e lunghezza della prigionia, rischiavano di perderla. Posto lui stesso nell’alternativa di ripudiarla per
avere salva la vita, morì firmando col sangue la sua
adesione a Cristo e pregando per il dono di tale luce
ai suoi carnefici.
Nella prima parte del libro si ricostruisce il
profilo biografico del Servo di Dio, il contesto socio-religioso della sua vita e l’andare tra i maomettani ispirato alla regola di san Francesco; mentre nella seconda i testimoni del suo martirio ne
rivelano statura morale e religiosa.
In tempo di diffusa apostasia da Dio, di diserzioni dalla Chiesa, ma anche di incontro ravvicinato dei cristiani con credenti di altre fedi, padre
Zirano è testimone dell’evangelico stare con gli altri in modo pacifico, promuovendo insieme valori condivisi senza rinunziare alla propria identità
religiosa.
L
Le Figlie di San Giuseppe 1/2014
43
Il presente numero dI “ FIglIe dI san gIuseppe” è stato chIuso In redazIone Il gIorno 27 FeBBraIo 2014.