SOMMARIO 3 CARI lettORI “Dio ha voluto nascere in una famiglia umana, come noi” Madre Maria Daniela 4 Il MOnDO DI SAn GIuSeppe Misura una volta, taglia un volta Don Antonio pinna 6 SpIRItuAlItà Del FOnDAtORe la Celebrazione eucaristica esperienza quotidiana e discernimento Don Antonio Donghi Mosaico di P. Marco Rupnik - La Sacra Famiglia. Quadro realizzato in occasione della Giornata Mondiale della Famiglia. 9 pAROlA e CelebRAzIOne per celebrare i “Santi Misteri” nell’alfabeto della vita umana Don Carlo Cani 12 RIFlettIAMO Su... la conversione missionaria della parrocchia Mons. Ignazio Sanna Le Figlie di San Giuseppe 14 BOLLETTINO BIMESTRALE ARte e FeDe la Cattedrale di Santa Giusta Myriam Deidda Una voce libera che propone: ¨ la spiritualità di San Giuseppe e del Ven. Padre Felice Prinetti; ¨ espressa nella vita dell’Istituto; ¨ operante nella Chiesa. 16 DIRETTORE RESpONSABILE: Dr. Marco Cardinali AMeRICA lAtInA RESpONSABILI DI REDAzIONE: Suor paoletta Meloni - Suor Antonia Deidda nORD ARGentInA: Racconto di un’esigenza missionaria UFFICIO ABBONAMENTI: Suor Maria Lucis Scema REDAzIONE: Le Figlie di San Giuseppe Via Carmine, 34 - Tel. 0783 78357 - 09170 ORISTANO e-mail: [email protected] - C.C.p. n.14305098 pROGETTO GRAFICO, STAMpA, CONFEzIONE, SpEDIzIONE: Grafiche Sant’Ignazio srl - 09025 SANLURI (VS) Via Carlo Felice, 116 - Tel.-Fax 070 8002907 e-mail: [email protected] Suor Franceschina zaru bRASIle: esperienza di un incontro Don Giuseppe luigi Spiga Autorizazzione del Tribunale di Oristano n.15 del 16/12/1960 40 ABBONAMENTI 2014 Italia: Annuale ordinario € 15,00 - Sostenitore € 30,00 Una copia € 2,00 – Estero: annuale ordinario € 25,00 42 HANNO COLLABORATO Mons. Ignazio Sanna, Madre Maria Daniela Cubadda, Don Antonio pinna, Don Antonio Donghi, Don Antonello Mura, Don Carlo Cani, Don Giuseppe Spiga, Marco Cardinali, Myriam Deidda. VItA Dell’IStItutO le comunità raccontano ItAlIA pReGhIAMO peR... RIFletteRe e… SORRIDeRe bianco e nero Judie paxton 43 SCeltI peR VOI... libri CARI lettORI “Dio ha voluto nascere in una famiglia umana, come noi” papa Francesco all’Angelus nella domenica della Santa Famiglia l primo numero di questo nuovo anno 2014 esce con evidente ritardo per problemi di impegni straordinari della Redazione. Ci scusiamo con i lettori. A tutti auguriamo serenità, pace e salute ringraziando quanti ci hanno dato la loro fiducia col rinnovo dell’abbonamento e ai nuovi abbonati diciamo benvenuti tra gli amici della famiglia di San Giuseppe. Un evento ecclesiale, l’indizione dell’anno della famiglia, ci impegnerà ad offrire attraverso queste pagine una particolare attenzione fatta di riflessione e di testimonianza della realtà bella e insieme complessa che è quella della famiglia, guardando al modello della famiglia, icona della Trinità in terra che stata la famiglia di Nazareth: Gesù, Maria e Giuseppe. Specchiandosi su questo modello, ogni famiglia cristiana è chiamata ad essere santuario dell’amore, della vita della fede come chiesa domestica, formando uomini e donne vere che sviluppano una cultura integrale dei valori umani e cristiani educando all’esercizio dell’intelligenza, alla capacità di fare scelte libere e mature, al dono di sé nel servizio agli altri uscendo dai propri piccoli egoismi, all’amore reciproco che richiede donazione di sé nella gratuità e al di là degli interessi personali. Coltivare la fede nell’ambito famigliare porterà a scoprire il bene della preghiera e ad inserirsi nella Famiglia più grande che sarà la propria parrocchia, la diocesi, la Chiesa universale, godendo della ricchezza spirituale che da essa viene ad ogni credente. A tutte le famiglie e soprattutto quelle in difficoltà spirituali, morale ed economiche, che ci conoscono e che ci leggono vogliamo ricordare le parole di coraggio e di consolazione che Papa Francesco ha rivolto loro, nell’incontro a San Pietro dell’ottobre scorso: “Care famiglie, il Signore conosce le nostre fatiche: le conosce! E conosce i pesi della nostra vita. Ma il Signore conosce anche il nostro profondo desiderio di trovare la gioia del ristoro! Ricordate? Gesù ha detto: «La vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). Gesù vuole che la nostra gioia sia piena! Lo ha detto agli Apostoli e lo ripete oggi a noi. Allora questa è la prima cosa che stasera voglio condividere con voi, ed è una parola di Gesù: Venite a me, famiglie di tutto il mondo - dice Gesù - e io vi darò ristoro, affinché la vostra gioia sia piena. E questa Parola di Gesù portatela a casa, portatela nel cuore, condividetela in famiglia. Ci invita ad andare da Lui per darci, per dare a tutti la gioi”. Oltre agli articoli di formazione e informazione spirituale ed ecclesiali, continueremo a dare spazio alle cronache che ci vengono dalle diverse attività apostoliche dell’Istituto comprese le missioni. Ringraziamo quanti offrono la loro collaborazione attraverso articoli, servizi e foto, per l’invio dei quali è preferibile possibilmente inviare all’indirizzo di posta elettronica: [email protected] Vi invitiamo a visitare anche in nostro sito: www.figliedisangiuseppedigenoni.it Un particolare saluto riserviamo in questo numero a Mons. Antonello Mura, neo eletto vescovo di Lanusei, in questi anni attento collaboratore della nostra rivista e sempre spiritualmente vicino alla vita dell’Istituto. Madre Maria Daniela I Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 3 Il MOnDO DI GIuSeppe «Misura due volte, taglia una volta» Don Antonio pinna Da un dialogo non registrato di Giuseppe con Gesù, mentre lavoravano a modellare una sedia per la sinagoga di Nazaret. icordati, Gesù: qualsiasi cosa stiamo facendo, sempre stiamo facendo una casa allo Spirito. Tua mamma pensa che una casa per lo Spirito sia come una coppa vuota. Ma io preferisco l’immagine di una stanza spaziosa con una larga finestra per il sole e una porta non facile da trovare. «R Il modo migliore per cominciare è pulire uno spazio, e il modo migliore per pulire uno spazio è smettere di giudicare. Questo richiede un tempo di preghiera. Ogni volta che le cose sembrano semplici e ovvie e la mente è soddisfatta per la sua certezza e prepotente sicurezza, vacci piano. Ci sono più cose di quanto pensi: solo che non si vedono ancora. Il giudizio chiude le possibilità. Così, quando tu non giudichi, tu eviti anche di far danno ad altri. La legge è la nostra misura. È uno strumento di giudizio, ma c’è sempre qualcuno che lo controlla. Non usare la legge come un martello per colpire o una lama per tagliare. I nostri strumenti sono per dar forma a un tavolo, non per violentare il legno. La legge è uno strumento per formare gente che ama, ma può anche spezzare le persone e perdere il senso del suo scopo. La legge ha sempre paura di una vita fuori controllo. Così essa ha bisogno di creare casi di persone che la trasgrediscono. Essa si nutre e si irrobustisce sulle trasgressioni. Si riempie la bocca di scandali. Ma lo scandalo non equivale a una colpa reale. Lo scandalo può essere l’irruzione dell’amore di Dio che le nostre menti deboli devono ancora capire. Perciò, trova una via per onorare la legge e onorare la persona che, nella nostra com- Il sogno di Giuseppe (Gaetano Gandolfi). prensione limitata, ha trasgredito la legge. Questo non è facile. Richiede di far lavorare la legge per l’amore. L’amore è il sole; la legge è il suo raggio più lontano e più debole. Se tu stai saldo nell’amore, vedrai come la legge è un suo riflesso. Se tu perdi l’amore, la legge non potrà sostituirlo. La legge senza amore sarà solo qualcosa che tu usi per promuovere te stesso e punire gli altri. Quando tu ami una persona attraverso la legge, tu modelli la legge su una realtà che è sempre più grande di quello che sai. Ciò dà alla vita la possibilità di respirare e alle persone la possibilità di cambiare. E il cambiamento più importante non sarà negli altri, ma in te stesso. L’amore toglie via la trave dal tuo occhio. Non ferma il suo sguardo sulle schegge negli occhi degli altri. Una volta mi è capitato qualcosa di simile, e io ero tentato di giudicare e di punire. Ma mi fermai e aspettai, e una porta più nascosta si aprì, la porta difficile da trovare. E fui condotto in una stanza di sole, una casa per lo Spirito. Dentro, c’eravate tu e tua mamma, e una presenza di luce che parlò alla mia paura. Era sogno, ma non era sonno. Il sogno mi svegliò. Tolse la trave dal mio occhio. Vidi che fare spazio allo Spirito è una avventura senza fine, come il tuo diventar grande, figlio mio. Noi carpentieri diciamo, “misura due volte, taglia una volta sola”. Così, Gesù, guarda sempre due volte. Prima guarda con gli occhi del corpo, e poi guarda di nuovo con gli occhi del cuore. Al primo sguardo, spesso vedi un pezzo di legno irregolare e buono a niente. Forse, stai per gettarlo via. Ma non lasciarti ingannare dalle apparenze delle cose. Guarda più a fondo. A una seconda occhiata, puoi vedere un bel braccio di sedia nascosto nella sua forma inusuale. Abbraccia la bellezza, Gesù, quando la vedi. Conducila a casa tua. Non avere dubbi e non fare domande. Metti tutto in discussione, Gesù, ma obbedisci all’amore». (John Shea, The Spiritual Wisdom of the Gospels for Christian Preachers and Teachers, pp. 43-48: traduzione di A. Pinna). 1. Quando si parla di San Giuseppe nei vangeli, i problemi di metodo non sono sempre rispettati. Si rischia di dire più quello che si ha in testa, che quello che c’è nei testi. Rispetta il metodo la pagina che abbiamo presentato in traduzione? Si, almeno nel senso che le “due misure” fanno parte del modo di procedere del vangelo stesso. 2. Nella conclusione della genealogia di Gesù (Mt 1,18-25), la prima misura di Giuseppe è la Legge. Secondo questa prima giustizia, egli pensò di ripudiare Maria. La seconda misura è la parola dell’angelo nel sogno: Non temere di prendere con te Maria. La Legge viene da Dio, e anche l’angelo viene da Dio. Eppure, portano a decisioni contrarie. Siate sinceri: per essere santi subito voi avreste consigliato di scegliere la via sicura, i fatti che si vedono. Perché l’altra via, la via di ascoltare ciò che non si vede, di capire la verità dagli occhi sinceri dell’altro, senza parole adeguate a spiegare, non è altrettanto sicura. Ma è questa la “nuova” giustizia di Giuseppe. Quella di cui Gesù dirà che se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli (Mt 5,20). Da chi volete che Gesù l’abbia imparato? Da un sms inscritto, come ho sentito da certi teologi o “antropologi’, nella sua “natura teandrica”? Meglio Giuseppe. Meglio una povera incarnazione a Nazaret. 3. Subito dopo, nel racconto di Erode e dei Magi, le due misure si ripetono, ma in ordine inverso. Si comincia dal sogno, la visione di una stella, muta ma ricca di desideri che anche per il vangelo più ebraico non nascono sotto il cielo delle antiche generazioni. Una prima misura ora passa in ricerche non “nostre”, non secondo i “nostri canoni”, che forse giudichiamo anche “confuse”, addirittura male “orientate”, visto che non arrivano direttamente alla meta cercata. Ma appunto, anche per i Magi c’è una seconda misura per sapere Dove è colui che è nato, il re dei Giudei. La seconda misura è ora la stessa parola della Legge: Gli risposero: A Betlemme, perché così è scritto... (Mt 2,5). Una Legge usata anche male, per informare “in modo neutro” il nemico re Erode. Una Legge che ha bisogno di una stella che ricompare, di un sogno che la riporti al suo scopo sulla via dell’amore, che riconverta i Magi da informatori in adoratori: al (ri)vedere la stella provarono una gioia grandissima (Mt 2,10). 4. “Noi facciamo anche più di due misure”, mi disse un muratore dopo un’omelia domenicale. Forse carpentieri e muratori, fanno parte di quei mestieri che nel regno di Dio passano avanti a chi crede di avere per missione l’unica misura garantita (Mt 21,28-32), e alla fine non misura per niente, né per legge né per amore. Diventati “misura a se stessi”, dirà Gesù per averlo imparato, con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi (Mt 7,2). Ovviamente, ciò avverrà secondo tradizione: colmando la misura dei vostri padri (Mt 23,32). Giuseppe era un padre diverso, in un’altra genealogia». Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 5 SpIRItuAlItà Del FOnDAtORe la Celebrazione eucaristica esperienza quotidiana di discernimento Don Antonio Donghi a vita spirituale del credente trova nel variegato ritmo della partecipazione alla vita liturgica, e a quella eucaristica in particolare, la possibilità di accedere alla comunicazione misterica e vivificante con il Cristo, che via, verità e vita per ogni uomo. Inserite in un piano pastorale organica, la preparazione e la celebrazione dei sacramenti devono offrire un autentico cammino mistagogico che introduce il credente in un’esperienza di Dio sempre più profonda e corrispondente ai concreti bisogni della propria vita spirituale. Infatti la presenza del Risorto nell’azione liturgica diventa una luce che rischiara le oscurità delle scelte quotidiane e offre la capacità d’essere concreti nel cammino feriale per elaborare un’autentica testimonianza evangelica. Nell’azione sacra- L Tutto l'evento cristiano si riassume nella vera fraternità in una reale attrazione nel volto pasquale di Gesù. Gesù, donandoci nell'ultima cena il suo dono d'amore, ci ha indicato che in esso ogni discepolo si sente chiamato a ritrovare il senso della vita: una intensa relazione con il Maestro per accedere al volto del Padre. mentale il clima di comunione che avvolge la persona, che apre all’ascolto della Parola proclamata, il Risorto coinvolge i celebranti perché assumano una mentalità credente, che non è altro che la condivisione della sua personalità. Nella convivialità della fede e del sacramento poi, il mistero di Gesù morto e risorto qualifica le persone dei celebranti, ponendoli nella condizione di amare e leggere il reale con il cuore e la mente del Cristo. Vista come esperienza religiosa rilevante nell’esistenza del cristiano, la celebrane liturgica, nella sua globalità, dovrebbe essere percepita innanzitutto come una irruzione di Dio nel tempo, nello spazio, nella comunità celebrante e nell’intimità dei singoli fedeli. Questa irruzione dell’Eterno nel tempo è accolta nell’assemblea celebrante in un clima di preghiera che avvolge la comunità, in un contesto di liberazione evangelica, con la chiara finalità di una accoglienza nella sua intimità. Il gusto dell’eternizzazione non è un allontanarci dalla storia, ma la capacità di non lasciarsi contagiare dalla mentalità mondana che si inserisce quasi impercettibilmente nel cuore dei discepoli del Signore. Un simile contesto è essenziale per un autentico discernimento, poiché la volontà di ogni credente è quella di operare delle scelte che sviluppino il meraviglioso dialogo con Dio per la costruzione di una storia che sia evangelica. La celebrazione eucaristica in particolare qualifica e anima questo cammino, e permette una lettura della storia in un‘ottica particolare aiutando i battezzati nello stesso tempo a intravedere l’itinerario da percorrere. Si attua di conseguenza quella accoglienza di quella gratuità divina che permette loro di superare ogni paura nelle opzioni. Nella gratuità divina che accompagna l’uomo, si comprende come p. Prinetti stimoli la baronessa a rimanere nei sentimenti che vengono celebrati nell’eucaristica per camminare sempre alla luce del Dio che non delude. L’eucaristia è la traccia della vita P. Prinetti, rivolgendosi alla baronessa, le indica l’anima del suo cammino, partendo dall’incontro con il Cristo eucaristico.. L’evento della prima comunione non è stato semplicemente un momento biografico, che la tradizione offre, ma un incontro che era destinato a qualificare tutta esistenza battesimale. Compimento dell’iniziazione cristiana, l’eucaristia rende viva ogni scelta sacramentale che il credente compie e gli offre la capacità di sviluppare quella novità esistenziale che il vangelo continuamente gli offre. “Abitare” nel mistero eucaristico significa costruire nella gratitudine un’esistenza nella fecondità del mistero pasquale. Quale grazia figlia mia l’averti Gesù tracciata la tua vocazione dalla tua 1°Comunione, assicurandoti così che la sua grazia ti avrebbe accompagnata fino alla corona! “Calicem meum bibetis” è la parola che Egli dice alle anima predestinate a glorificarlo: custodiscila nei giorni di prova. (7 maggio 1912) Appare chiaramente il senso della gratuità dell’azione divina, attraverso l’esperienza della grazia che anistoria di ogni autentico discepolo. Qui avvertiamo come il battezzato sia radicato nella creatività divina che è veramente inesauribile. Ogni prova dell’esistenza non è mai staccata dal fondamento delle proprie scelte, ma le anima e le qualifica verso il compimento della scelta evangelica. E’ senso della continua conversione che non è altro che lo sviluppo dinamico di quella gioiosa tristezza che rende feconda ogni percorso teologale della vita. Il richiamo dell’immagine della corona fa immediatamente correre il pensiero verso l’esperienza del martirio, verso la pienezza della nuzialità evangelica. Infatti chi sacramentalmente è inserito nella stessa personalità del Maestro deve condividerne tutto il destino. P. Prinetti sottolinea ulteriormente questa visione con l’immagine del calice che è la promessa-proposta fatta ai figli di Zebedeo, che ritroviamo nell’orto degli olivi e che sacramentalmente si sintetizza nella celebrazione dell’ultima cena. In quel calice è racchiuso il drammatico amore di Dio per l’uomo e il senso con il quale questi si sente eletto e chiamato a costruire ogni giorno l’esistenza. Tuttavia il discepolo non ha paura di fronte a un simile orizzonte perché la sua vita è una vita “predestinata” a secondo la citazione paolina che è alla base delle affermazioni di p. Prinetti.” Del resto noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati, quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati, li ha anche glorificati.”(Rm 8,28-30). Una simile visione diventa fonte di inesauribile speranza nella prova e coraggio fedele nel vivere l‘oggi di Dio,pur nella sua problematicità e oscurità. La verità dell’eucaristia è la grande speranza nella prova ( cfr Il libro dell’Apocalisse), poiché apre sul grande orizzonte della risurrezione. L’eucaristia è comunione Una esigenza nel cammino nel discernimento degli spiriti è che ci sia una vera comunione nello Spirito Santo in una reciprocità fraterna, dove l’unico intendimento interiore è la realizzazione dell’oggi misterioso di Dio. Infatti tutto l’evento cri- stiano si riassume nella vera fraternità in una reale attrazione nel volto pasquale di Gesù. Gesù, donandoci nell’ultima cena, il suo dono d’amore ci ha indicato che in esso ogni discepolo si sente chiamato a ritrovare il senso della vita: una intensa relazione con il Maestro per accedere al volto del Padre. Questa consapevolezza porta p. Prinetti ad esprimersi con la baronessa in questi termini. Io chiedo a Gesù che venendo a te nell’Eucaristia ti faccia penetrare il Suo S. Cuore e riposare nel pensiero di essere con Lui vittima di riparazione... Ricorda che Gesù ti ama e che la Croce ti unisce a Lui”(10 giugno 1911). La preghiera, che p. Prinetti offre al Signore. nasce dalla convinzione che i suoi sentimenti offerti a Gesù avranno come effetto che entrino nel cuore della baronessa. Infatti l’intensa comunione di preghiera con Gesù offre a p. Felice la certezza che il Signore le possa donare la gioia nel vivere le intenzioni presenti nel cuore di Gesù. Solo questo stile di preghiera fa maturare nella certezza che non si è mai delusi quando si abita in lui. In certo qual modo si crea una trilogia che esprime come nell’eucaristia si superi ogni spazio e tempo, e nel rapporto tra direttore spirituale, Cristo eucaristico e l’anima che si lascia guidare sussista una tale reciprocità che è la forza per camminare nella luce che viene dall’alto-. Infatti quel Gesù che noi intensamente preghiamo è lo stesso Gesù che opera nel fratello e nella sorella, e in questa misteriosa fraternità la profondità del mistero eucaristico passa nel fratello e nella sorella. Da qui nasce la certezza che l’anima è intensamente amata da Gesù, e il mistero del suo amore crocifisso la pervade profondamente. Nell’eucaristia c’è la sintesi della vita evangelica Gesù vuole essere l’anima di ogni discepolo, e attraverso il mistero eucaristico le si regala pienamente. Nella celebrazione accogliamo tutto il Cristo, tutta la storia della salvezza del Padre, l’imLe Figlie di San Giuseppe 1/2014 7 SpIRItuAlItà Del FOnDAtORe mensa inesauribile creatività dello Spirito Santo, perché possiamo essere la loro vivente memoria. In Gesù c’è la sintesi dell‘amore nel quale respiriamo continuamente. Questo è l’orientamento che p. Prinetti ci offre. “Oportuit Christum pati, et sic intrare in gloriam suam” e simboleggiò la via dei tre atti della Settimana Santa: amore (Eucaristia), dolore (Passione), Gloria (Risurrezione).(20 aprile 1911). Nella citazione lucana (24,26) Gesù legge la propria storia alla luce della ricchezza propria del suo mistero pasquale, poiché è solo in questa luce che si comprende la sua persona, si interpretano le parole scritturistiche, scaturiscono le soluzioni alle complesse situazioni dell’esistenza quotidiana. La celebrazione eucaristica rappresenta l’espressione rituale della contemporaneità con tutta la storia di Gesù, la sintesi della sapienza evangelica, il luogo della inesauribile creatività dello Spirito Santo. Da questa lettura ed esperienza ci si accorge che l’eucaristia rappresenta la speranza, dove ogni morire diventa vita, ogni soffrire si tramuta in glorificazione, ogni solitudine vive di una mirabile corona di comunione. qualunque stanchezza viene vissuta nella potenza creatrice di Dio. Nella celebrazione non si è mai in un buio assoluto, ma vi appare una luce che dà chiarezza e calore ad ogni oscurità storica. Il richiamo al mistero eucaristico diventa la forza, la luce e la capacità di costruire ogni istante nella fedeltà divina che non delude, poiché in essa c‘è solo una vita che sfiora sempre l’eternità, per farvi entrare ogni creatura. Nell’eucaristia ogni frammento di storia ha un significato di speranza La caratteristica della vita nel suo scorrere è sempre accompagnata dalla sofferenza, che rappresenta un grosso punto interrogativo per l’uomo. Gesù stesso entrando nella storia si è sottoposto a questa legge in quanto perfetto uomo (cfr Lettera agli Ebrei). Una simile visione affascina profondamente p. Prinetti nelle suggestioni che offre alla baronessa. Poiché la creatura umana vuole dare senso al dramma della sua storia, il richiamo inevitabile è alla celebrazione eucaristica che al suo interno regala la speranza nella drammaticità della sofferenza. Infatti è interessante sottolineare lo stretto rapporto che p. Prinetti cui offre a tale riguardo. Sì amare e soffrire sono il compendio della vita e della dottrina di Gesù - L’Eucaristia e la Croce” (12 aprile 1911) – Ringrazio di gran cuore N.S. dell’unione che ti concede alle sue sofferenze nella vita sacramentale (15 settembre 1906) – La divozione al Sacro Cuore è partecipazione delle Sue disposizioni, che tutte erano amore e sacrificio, e tali sono nella Sua vita Eucaristica (2 novembre 1905) Gesù nel suo ministero assume gli interrogativi della storia e nell’ultima cena si offre la chiave di lettura. Qui infatti egli vive la sintesi di pienezza di amore e di donazione totale al Padre e agli uomini. “Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”(Gv 13,1). La grandezza dell’amore è divenire speranza per l’uomo. Gesù nel contesto dell‘ultima cena giovannea ci offre quel testamento nel quale ci insegna che non è possibile amare sul serio i fratelli in tutta la drammaticità della loro esistenza, se non vivendo in prima persona tale esperienza. Il consiglio di p. Prinetti è un invito a vivere questa esperienza interiore del Maestro per non lasciarsi schiacciare dagli affanni dell’esistenza. Nell’unità del cuore ogni amore e ogni sofferenza si coniugano sempre insieme in modo indicibile. La gioia dell’eucaristia è solo nella profonda capacità amativa che abita nel cuore dell’uomo. Senza una simile coordinata esistenziale diventa veramente impossibile far fiorire speranza nelle spine della storia che pare non avere vie di soluzione logica. Anzi se contempliamo la vita del Maestro in tutto l’arco del suo scorrere, ci accorgiamo che la vita eucaristica, a cui P. Prinetti si richiama, non è altro che quella vita feriale che Gesù ha costruito facendo proprio il donarsi ad un’umanità profondamente immersa nel dolore. Chi vive lasciandosi coinvolgere nel mistero eucaristico, trova nello stesso tempo in Gesù la capacità di vivere come lui e di coniugare sempre amore e sofferenza in una chiara ed evidente soluzione che è l’esperienza viva ed efficace della risurrezione. È ciò che ci regala ogni giorno la celebrazione eucaristica. Conclusione P. Prinetti ci insegna nei suoi scritti a concentrare la nostra esistenza su Cristo Gesù, sempre attuale nel mistero eucaristico. In una profonda e intensa comunione con lui, il cristiano cresce in una effettiva, anche se misteriosa, trasfigurazione nel suo mistero pasquale Il cristiano non si accosta alla messa come ad una devozione tra le tante devozioni che la tradizione ci offre, ma alla celebrazione della propria profonda consacrazione nelle mani di Gesù, che ci rende partecipi della sua morte e risurrezione, come la vera luce illumina le tenebre quotidiane, mentre ci inebria di una speranza che non conosce limite. Questa speranza, che trapassa ogni oscurità della storia feriale, ci permette di gustare l’intensità della vita, che è il senso stesso dell’accoglienza del Maestro nel quotidiano tragitto storico. pAROlA e CelebRAzIOne “per celebrare i Santi Misteri” Don Carlo Cani Abituati a considerare la celebrazione come un susseguirsi di cerimonie prescritte, il vero senso dell’agire rituale nella Liturgia cristiana sfugge a molti ministri e fedeli, che spesso soffrono il disagio di una certa estraneità a tutto ciò che si svolge intorno all’altare. La riforma invece suppone una indispensabile «conversione» al progetto e allo stile di Dio che ha voluto attuare e comunicare la sua salvezza attraverso il «sacramento» delle cose più comuni e delle azioni più quotidiane. Conforme a questo stile dell’agire divino, la Chiesa, guidata dallo Spirito, per costruire la sua Liturgia ha assunto alcune azioni proprie delle culture umane – come riunirsi e agire comunitariamente, salutare e dialogare, cantare e acclamare, leggere un testo e interpretarlo, formulare desideri e ringraziare, chiedere perdono e darsi la pace, preparare la mensa e partecipare al convito – rendendole significative dell’iniziativa divina che salva e della risposta umana che accetta e corrisponde. Ma per risultare significativi, i riti da una parte debbono conservare la loro autenticità senza essere banalizzati con un cerimonialismo che ne estenua l’originale senso umano, dall’altra debbono risultare evocativi di ciò che Dio ha fatto per la salvezza del suo popolo e ancor oggi opera nella celebrazione. E necessario che i ministri conoscano il valore dei gesti che compiono e dei segni che pongono; che sappiano valorizzarli pienamente secondo le esigenze dell’assemblea e le peculiarità delle culture locali; che facciano risaltare la ricchezza di significato che tali riti rivestono per la vita e per la fede dell’assemblea, rifuggendo allo stesso tempo dalla prolissità verbosa e dalla frettolosa approssimazione, favorendo invece una totale disponibilità a ricevere la ricchezza del dono di Dio“ (Il rinnovamento liturgico in Italia, n.12) “A Celebrare: è uno dei termini più diffusi, più usati, anche se normalmente non se ne intende il valore. Ai nostri giorni, le parole “celebrare” o “celebrazione”, fanno parte di un linguaggio condiviso: il termine è presente sia nell’ambito religioso come anche al di fuori del linguaggio della fede Ma che cosa s’intende quando si parla di celebrazione? L’etimologia della parola “celebrare” rimanda al latino celebrare che significa “riunire molte persone”. Noi siamo in qualche maniera costretti a rifarci alle esperienze umane per comprendere il significato del celebrare. In ogni tempo, cultura e religione, l’uomo ha celebrato i momenti importanti della vita e custodito la memoria degli eventi storici per lui significativi. L’evento non solo è, ma significa qualcosa per l’uomo, che esprime il significato delle cose e lo trasmette ad altri: in questo modo rinnova una gioia, rievoca un dolore, trasmette un insegnamento, afferma una fede o una speranza, ribadisce l’appartenenza al gruppo. È sempre un fare qualcosa di speciale, diverso dalle attività legate al trantran quotidiano. Ogni volta che si parla di celebrazione, c’è in gioco qualcosa di importante. Dire «qualcosa di importante» è dire qualcosa che conta nella propria vita e nella propria visione del mondo: qualcosa che interessa vivamente, tocca in profondità la nostra identità, la nostra esistenza, il nostro rapporto con gli altri. Dedicando tempo a ciò che è ritenuto importante, in certo senso si fa esistere ciò che si celebra, se ne colgono il significato profondo e le conseguenze; implica spesso la rottura con il quotidiano e la scoperta di nuovi significati per la vita e di un nuovo rapporto con gli altri. A tutti i livelli della vita l’uomo si esprime mediante sistemi simbolici ritualizzati: la nascita, la crescita, l’amore, la sofferenza e la morte, la festa: tutto può essere ed è normalmente vissuto ritualmente. La celebrazione di un evento implica sempre una serie di parole, di atteggiamenti, di gesti ‘rituali’ cioè simbolici, destinati a esprimere e dare corpo ai sentimenti profondi di gioia, di comunione, di ricordo del passato e di impegno per il futuro. Il ricordo di un avvenimento passato è sempre indispensabile a ogni forma di celebrazione; ma questo ricordo ha implicazioni per la vita presente, che nella celebrazione si attualizza e dilata, si arricchisce e trova motivo e ispirazione per un futuro nuovo e diverso. La capacità di radicare l’evento nel futuro e la possibilità di trasmetterne ad altri il significato è alla base di ogni celebrazione. Si tratta di azioni che non esauriscono il loro significato in se stesse, in ciò che si fa materialmente, ma hanno un senso che va al di là di ciò che si fa e si vede. Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 9 pAROlA e CelebRAzIOne La celebrazione cristiana è memoria, presenza e profezia della storia salvifica che ha nel mistero pasquale di Cristo il suo centro propulsore e la sua sintesi dinamica. Roma - Chiesa del Gesù. Papa Francesco incontra i fedeli. E lo si fa insieme con gli altri: ciò che viene celebrato rappresenta sempre un valore comune, riconosciuto e condiviso in un determinato ambito di persone. Una celebrazione richiede la riunione di un gruppo di persone interessate e coinvolte nel ricordo e nell’attualizzazione dell’avvenimento che è alla base della festa. La celebrazione è sempre atto sociale: non solo perché implica la riunione di più persone, ma anche perché dalla e nella celebrazione il gruppo approfondisce legami, senso di appartenenza, coesione. La celebrazione non solo manifesta, ma fa la comunità. Ecco perché ogni celebrazione è un momento forte nella vita di un gruppo sociale. In questa linea si colloca anche il senso della festa, che è componente fondamentale di ogni celebrazione. Nella liturgia la Chiesa celebra il mistero di Cristo. La celebrazione cristiana è memoria, presenza e profezia della storia salvifica che ha nel mistero pasquale di Cristo il suo centro propulsore e la sua sintesi dinamica. La sequenza passato-presentefuturo, costituisce la dimensione portante di ogni azione liturgica. Essa parte dall’evento fondatore (passato), lo attualizza nella celebrazione (presente), anticipandone la pienezza escatologica (futuro). L’azione liturgica si compie attraverso segni sensibili (cfr. SC 7) destinati a esprimere e realizzare il mistero pasquale di Cristo e la comunione nello Spirito di tutti coloro che formano il suo popolo e sono riuniti, nella celebrazione, in suo nome. Essa è perciò costituita da atteggiamenti, parole, gesti che ricevono significato non solo dall’esperienza umana da cui sono tratti, ma soprattutto dalla parola di Dio che li illumina, li proietta nella storia della salvezza e li costituisce elementi fondanti della comunità cristiana. Il culto cristiano dà ampi spazi al rito e al simbolo. Non poteva essere altrimenti dal momento che “il Verbo si è fatto carne” (Gv 1,14). E anche dopo la risurrezione la quasi totalità delle apparizioni del Risorto avviene nel segno del mangia- re insieme. È la legge dell’incarnazione, delle mediazioni sensibili, della sacramentalità (cfr. DV 2). Segni, parole, gesti e riti di portata simbolica che vanno oltre la dimensione intellettuale per proiettarsi verso una dimensione trascendente (dal visibile all’invisibile). Il loro significato e la loro efficacia derivano soprattutto dal riferimento a eventi della salvezza di cui sono segni memoriali. I cristiani fanno festa per celebrare la storia dell’umanità salvata in Gesù Cristo: le singole feste sono tappe di questa storia che viene ricordata e rivissuta in pienezza ogni domenica nella celebrazione dell’eucaristia e degli altri sacramenti. La celebrazione cristiana esige un clima di festa per l’evento salvifico che evoca e ripresenta e per ciò che preannuncia, contesto festivo prezioso per dare pienezza ai segni e alla partecipazione e per favorire l’adesione di fedeli al mistero di Cristo. Ogni celebrazione cristiana: – è atto di culto: l’azione salvifica operata da Dio in Cristo Gesù provoca la risposta della comunità dei salvati. Si compiono così i due significati etimologici del termine liturgia: azione per il popolo e azione del popolo (cfr. CCC 1083); – presuppone come segno e realizzazione ottimale la riunione in assemblea, e si realizza attraverso alcune componenti essenziali: Parola, pre- ghiera (presidenziale e comunitaria), azione simbolica con riti e gesti (cfr. CCC 906: il sacerdote non celebri il sacrificio eucaristico senza la partecipazione di almeno qualche fedele se non per giusta e ragionevole causa); – ha sempre per oggetto il mistero pasquale di Cristo: ne proclama l’attuazione e ne preannuncia la realizzazione piena, con modalità diverse (vari momenti della vita o vari tempi). Per questo celebrare vuol dire non tanto eseguire un rito, ma impegnare se stessi nella realtà celebrata. Che è sostanzialmente una sola: Gesù crocifisso, e risorto. Celebrare è impegnare se stessi con Cristo. Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 11 RIFlettIAMO Su... la conversione missionaria della parrocchia Mons. Ignazio Sanna, Arcivescovo omenica 24 novembre 2013 è iniziato il cammino sinodale, che dovrà condurre a un rinnovamento convinto delle strutture parrocchiali, nelle quali testimoniare la novità e la bellezza del Vangelo. Sarà un cammino di riflessione, di dialogo, di ascolto reciproco, di coraggio decisionale. Il cambiamento della società è molto rapido, molto più rapido dell’acquisizione di risorse concettuali e progettuali per capirlo e gestirlo. Dobbiamo perciò attrezzarci per seguire il passo del cambiamento. Non possiamo rimanere legati a schemi di pensiero e d’azione ormai incapaci di intercettare le domande della gente e di dare voce e sentimento all’annuncio del Vangelo. Siamo tutti invitati ad aprirci alla fantasia dello Spirito e a lasciarci guidare dalla mano della Provvidenza divina. E’ chiaro che non tutti i fedeli delle nostre parrocchie potranno partecipare materialmente alle assemblee e al lavoro delle commissioni sinodali. Ma tutti siamo coinvolti nella preghiera comunitaria perché lo Spirito illumini e guidi il cammino di rinnovamento della Chiesa. Se la preghiera è il primo lavoro dell’apostolo, lo deve diventare anche di ogni cristiano degno di questo nome. La prospettiva dalla quale ci poniamo per compiere il cammino sinodale è indicata da Papa Francesco: “Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia. Come diceva Giovanni Paolo II ai Vescovi dell’Oceania, “ogni rinnovamento nella Chiesa deve avere la missione come suo scopo per non cadere preda di una specie D d’introversione ecclesiale”. Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una “semplice amministrazione”. Costituiamoci in tutte le regioni della terra in un “stato permanente di missione”. “Il Concilio Vaticano II, ricorda il papa, ha presentato la conversione ecclesiale come l’apertura a una permanente riforma di sé per fedeltà a Gesù Cristo: “Ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in un’accresciuta fedeltà alla sua vocazione […] La Chiesa peregrinante verso la meta è chiamata da Cristo a questa continua riforma, di cui essa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno”. Ci sono strutture ecclesiali che possono arrivare a condizionare un dinamismo evangelizzatore; ugualmente, le buone strutture servono quando c’è una vita che le anima, le sostiene e le giudica. Senza vita nuova e autentico spirito evangelico, senza “fedeltà della Chiesa alla propria vocazione”, qualsiasi nuova struttura si corrompe in poco tempo. “Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo”. Infine, il papa fa osservare che “una pastorale in chiave missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine che si tenta di imporre a forza di insistere. Quando si assume un obiettivo pastorale e uno stile missionario, che realmente arrivi a tutti senza eccezioni né esclusioni, l’annuncio si concentra sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario. La proposta si semplifica, senza perdere per questo profondità e verità, e così diventa più convincente e radiosa”. In ultima analisi, il Sinodo si propone la conversione missionaria della parrocchia, secondo le indicazioni di papa Francesco, che, nella Evangelii Gaudium, scrive che “nella Parola di Dio appare costantemente questo dinamismo di “uscita” che Dio vuole provocare nei credenti. Abramo accettò la chiamata a partire verso una terra nuova (cfr Gen 12,1-3). Mosè ascoltò la chiamata di Dio: «Va’, io ti mando» (Es 3,10) e fece uscire il popolo verso la terra promessa (cfr Es 3,17). A Geremia disse: «Andrai da tutti coloro a cui ti manderò» (Ger 1,7). Oggi, in questo “andate” di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a questa nuova “uscita” missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo”. “La parrocchia non è una struttura caduca; proprio perché ha una grande plasticità, può assumere forme molto diverse che richiedono la docilità e la creatività missionaria del pastore e della comunità. Sebbene certamente non sia l’unica istituzione evangelizzatrice, se è capace di riformarsi e adattarsi costantemente, continuerà ad essere «la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie». Questo suppone che realmente stia in contatto con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi. La parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione. Attraverso tutte le sue attività, la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione. È comu- nità di comunità, santuario dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare, e centro di costante invio missionario. Però dobbiamo riconoscere che l’appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie non ha ancora dato sufficienti frutti perché siano ancora più vicine alla gente, e siano ambiti di comunione viva e di partecipazione, e si orientino completamente verso la missione. Le altre istituzioni ecclesiali, comunità di base e piccole comunità, movimenti e altre forme di associazione, sono una ricchezza della Chiesa che lo Spirito suscita per evangelizzare tutti gli ambienti e settori. Molte volte apportano un nuovo fervore evangelizzatore e una capacità di dialogo con il mondo che rinnovano la Chiesa. Ma è molto salutare che non perdano il contatto con questa realtà tanto ricca della parrocchia del luogo, e che si integrino con piacere nella pastorale organica della Chiesa particolare. Questa integrazione eviterà che rimangano solo con una parte del Vangelo e della Chiesa, o che si trasformino in nomadi senza radici. Ogni Chiesa particolare è chiamata alla conversione missionaria. Essa è il soggetto dell’evangelizzazione, in quanto è la manifestazione concreta dell’unica Chiesa in un luogo del mondo, e in essa «è veramente presente e opera la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica». È la Chiesa incarnata in uno spazio determinato, provvista di tutti i mezzi di salvezza donati da Cristo, però con un volto locale. La sua gioia di comunicare Gesù Cristo si esprime tanto nella sua preoccupazione di annunciarlo in altri luoghi più bisognosi, quanto in una costante uscita verso le periferie del proprio territorio o verso i nuovi ambiti socio-culturali. Si impegna a stare sempre lì dove maggiormente mancano la luce e la vita del Risorto. Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 13 ARte e FeDe I luOGhI DellA FeDe la Cattedrale di Santa Giusta Myriam Deidda a Cattedrale di Santa Giusta (OR) venne realizzata nella prima metà del XII secolo e rappresenta uno dei più importanti esempi di architettura romanica in Sardegna. Lo stile romanico si diffuse in Europa tra l’XI e il XII secolo caratterizzandosi per la ripresa della monumentalità dell’arte romana e di alcuni suoi elementi strutturali, quali l’arco, la volta, in particolare quella a botte, la colonna e il pilastro. Particolarità dell’arte romanica è che pur essendo un fenomeno europeo nato pressoché in contemporanea in Italia, Francia, Spagna e Germania, ogni regione presenta forme, schemi costruttivi e materiali diversi tra di loro. Nella nostra Isola, l’architettura romanica, ha avuto negli anni della Sardegna Giudicale, un pregevole sviluppo, con espressioni non univoche poiché legate all’insediamento dei numerosi ordini religiosi provenienti da varie regioni dell’Italia e della Francia. Essendo gli stessi religiosi i principali committenti delle chiese romaniche, queste presentano nelle loro forme influssi pisani, lombardi e provenzali, ed elementi legati al passaggio di maestranze della penisola iberica, di cultura araba. Nello specifico, la basilica di Santa Giusta fu realizzata, in blocchi squadrati di pietra arenaria, da maestranze locali e da maestranze pisane, le quali lavorarono alla costruzione del Duomo di Pisa, che fu consacrato nel 1118; a una data di poco successiva è quindi attribuito l’edificio santagiustese. Essa è denominata cattedrale poiché fu sede di una diocesi, la cui prima testimonianza storica risale al 1119, probabilmente ne- L 1 gli stessi anni che videro la nascita dell’arcidiocesi di Oristano. Nel 1503 la riforma delle diocesi sarde portò all’accorpamento della diocesi di Santa Giusta con l’arcidiocesi oristanese. La Basilica (fig.1) intitolata a Santa Giusta, che secondo la tradizione fu martirizzata all’epoca dell’imperatore Diocleziano nel luogo in cui oggi si trova la cripta della stessa chiesa, ha pianta longitudinale divisa in tre navate, con la centrale larga e alta il doppio delle navate laterali; è priva di transetto e si conclude con un’abside orientata a est. La facciata (fig.2) è divisa in tre parti corrispondenti alla divisione interna delle navate: le fasce laterali sono quasi prive di decorazioni, segnate solo dalle paraste d’angolo e da uno zoccolo alto che percorre tutto l’edificio; il registro centrale appare invece più elaborato. Esso è diviso in tre parti da lesene chiuse da archi, di cui quello mediano più largo dei laterali, al centro del quale si aprono il portale e una trifora caratterizzata da esili colonnine marmoree con base e capitello. Il portale è sormontato da un architrave in marmo e delimitato da due stipiti, anch’essi marmorei, conclusi da pseudo capitelli decorati a foglie. Ai lati dell’architrave sono scolpiti un leone e una leonessa nell’atto di artigliare dei cervi, mentre nella lunetta sovrastante il portale è raffigurata una croce in basalto scuro. La sommità della facciata termina con un timpano tripartito, al centro del quale campeggia un elemento decorativo a forma di losanga gradonata. Sempre in facciata, ai lati delle lesene sono presenti due colonne marmoree, che in origine, probabilmente, facevano parte di portico di accesso alla chiesa. La parete laterale settentrionale (fig.3) è divisa in nove fasce da sottili lesene che partono dallo zoccolo e so2 no raccordate da 3 una coppia di archetti pensili; nel paramento murario si aprono il portale secondario, e delle monofore, alternate nei nove registri. Nella parete meridionale sono state addossate nel corso dei secoli elementi strutturali quali cappelle. L’abside (fig.4) è ripartita da semicolonnine poggianti su plinti e culminanti in capitelli a foglia, tra questi e gli archetti vi sono degli abachi dadiformi; al centro della parete si aprono tre monofore con centina modanata. Un’apertura cruciforme si trova invece nel timpano del registro centrale della parete, mentre nello zoccolo sono tre mofore che danno luce alla cripta della cattedrale. Le pareti laterali all’abside sono divise in due parti da paraste d’angolo e da lesene che si concludono con due archetti modanati; in entrambe le fasce si apre una monofora con centina modanata. All’interno, le navate sono divise tra loro da sette colonne con base e capitello, sormontate da arcate. Le navate laterali sono coperte da volte a crociera, mentre la navata centrale ha copertura a capriate lignee. Il presbiterio (fig.5) è elevato rispetto al resto della navata per la presenza della cripta. Quest’ultima ha pianta rettangolare, con catino absidale e copertura a volta a crociera, sostenuta da sette colonne con capitello scolpito. L’elemento della losanga gradonata in facciata e, nella parete absidale, le colonnine addossate alla muratura e l’abaco dadiforme, che congiunge i capitelli delle colonnine agli archetti, sono elementi che richiamano il legame con l’architettura pisana poiché li ritroviamo nella struttura del Duomo di Pisa. Elementi che, quindi, attestano la presenza di maestranze pisane al fianco di quelle sarde nell’originario cantiere santagiustese del XII secolo. In epoca moderna la cattedrale ha subito alcune modifiche rispetto all’impianto romanico, quali ad esempio le già citate cappelle laterali, una detta del Rosario e l’altra intitolata a Sant’Antonio, che furono erette tra il XVI e il XVII secolo. Tra il 1927 e il 1930 l’edificio fu sottoposto a una concreta opera di restauro e nel 1961 il Ministero della Pubblica Istruzione decretò la sostituzione degli arredi sacri, il pulpito, la balaustra e il recinto marmoreo, che erano stati posti nell’Ottocento, in maniera tale da poter restituire all’edificio il suo aspetto originario. 4 5 Glossario abaco: è una parte del capitello degli ordini architettonici classici che ne costituisce la terminazione superiore. lesena: pilastro che sporge appena da un muro e ha funzione unicamente decorativa. losanga: una figura geometrica di quattro lati con l’angolo superiore e quello inferiore acuti, mentre i due laterali sono ottusi. Modanata, da modanatura: in architettura elemento ornamentale costituito da una fascia sporgente variamente sagomata. Parasta: è un elemento architettonico strutturale verticale inglobato in una parete, dalla quale sporge solo leggermente. Timpano: parte triangolare, liscia o, più spesso, decorata a rilievo, compresa fra la trabeazione orizzontale e le cornici oblique del frontone. Trifora: è una finestra costituita da tre aperture divise verticalmente da una colonnina o da un pilastrino su cui poggiano due archi, a tutto sesto o acuti. Volta a botte: un sistema di copertura non piana, utilizzata per coprire spazi di forma genericamente rettangolare. Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 15 VItA Dell’IStItutO I TA L I A le comunità raccontano Guercino - Presentazione di Gesù al Tempio, 1623, National Gallery Londra. Tra le braccia di Maria, rivelazione accolta, amata e custodita dalla forte presenza di Giuseppe, eccoti, Signore, Dio bambino, oggi, offerto al tempio e al mondo come dono sacro al Signore, come luce per ogni uomo e donna, come fonte viva di ogni scelta, di totale e indivisa consacrazione. l motivo teologico e liturgico ci conduce a celebrare Cristo, Luce del mondo, ricordando la sua venuta al mondo, che ci chiede di accoglierlo come luce che illumina ogni uomo e di donarlo come dono di salvezza per tutti. Come Maria siamo chiamate ad aprire il nostro cuore all’irruzione di Dio per accogliere il dono di Lui che ci chiama a servirlo fino alle estreme conseguenze. Accogliere ed offrire il Signore è la vocazione di Maria e di Giuseppe, è la vocazione della Chiesa, è la vocazione di ogni I consacrata. Per questo la Presentazione di Gesù al tempio costituisce un’eloquente icona della totale donazione della propria vita per quanti, uomini e donne, sono chiamati a riprodurre nella Chiesa e nel mondo, mediante i consigli evangelici, “i tratti caratteristici di Gesù vergine, povero ed obbediente” (Vita consecrata). Nei due anziani, Simeone ed Anna, troviamo la modalità di accoglienza, lo stupore dell’incontro e la capacità di vedere le meraviglie di salvezza che Dio compie anche oggi per tutta l’umanità. Condotti dallo Spirito Santo, essi trovano in quel Bambino il compimento della loro lunga attesa e vigilanza. Entrambi contemplano la luce di Dio, che viene ad illuminare il mondo, ed il loro sguardo profetico si apre al futuro, come annuncio del Messia: “Luce per illuminare le genti” (Lc 2,32). Nell’atteggiamento profetico dei due vegliardi è tutta l’Antica Alleanza che esprime la gioia dell’incontro con il Redentore. La luce che, partendo da Cristo, si irradia su Maria e Giuseppe, su Simeone ed Anna e, attraverso di loro, su tutti, esprime il nostro cammino spirituale che deve essere continua ricerca nell’amore per la bellezza divina, riflesso della bontà di Dio. Sul volto di Cristo risplende la luce di tale bellezza, e ci ricorda il documento Vita consecrata, “La Chiesa contempla il volto trasfigurato di Cristo, per confermarsi nella fede e non rischiare lo smarrimento davanti al suo volto sfigurato sulla Croce... essa è la Sposa davanti allo Sposo, partecipe del suo mistero, avvolta dalla sua luce, dalla quale sono raggiunti tutti i suoi figli e i chiamati alla vita consacrata. La professione dei consigli evangelici, infatti, li pone quale segno e profezia per la comunità dei fratelli e per il mondo”. In Simeone ed Anna troviamo il modello che esprime il primato di Dio con una vita totalmente dedita alla lode e al servizio sempre in attesa di cogliere la presenza del Signore che si rivela per manifestarlo e testimoniarlo tra le genti. In questo primato siamo chiamate ad esprimere la passione per il Vangelo praticato come forma di vita e annunciato ai poveri e agli ultimi della terra. “In forza di tale primato nulla può essere anteposto all’amore personale per Cristo e per i poveri in cui Egli vive, perché la vera profezia nasce da Dio, dall’amicizia con Lui, dall’ascolto attento della sua Parola nelle diverse circostanze della storia” (Vita consecrata). In questo modo la nostra vita consacrata, nel suo vissuto quotidiano sulle strade dell’umanità, testimonia il Vangelo e il Regno già presente e operante. L’obbedienza di Gesù, di Maria e di Giuseppe che si sottomettono alle leggi e alle prescrizioni della legge ci invita all’attenzione al volere del Si- Il mondo ha bisogno della vostra testimonianza fedele e gioiosa. La richiedono tante situazioni di smarrimento, che pure sono attraversate anche dal desiderio di cose autentiche e vere e, ancor più, da una domanda su Dio, per quanto possa sembrare tacitata o rimossa. E tuttavia, prima che per ciò che fate, è per il vostro stesso essere, per la generosità e radicalità della vostra consacrazione, che voi parlate all’uomo di oggi. Vivendo con fedeltà la vostra vocazione tenete vivo, nella Chiesa, il senso della fedeltà al vangelo. Con la vostra vita ci ricordate anche che la nuova evangelizzazione comincia da noi stessi e che c’è un intimo legame tra «autoevangelizzazione e testimonianza, rinnovamento interiore e ardore apostolico, tra essere e agire, evidenziando che il dinamismo promana sempre dal primo elemento del binomio» (GIoVannI PaoLo II, Esortazione apostolica Vita Consecrata, n. 81). Messaggio della Commissione Episcopale per il Clero e la vita consacrata per la Giornata Mondiale della Vita Consacrata gnore per testimoniare l’impegno, gioioso e insieme laborioso, della ricerca assidua e sapiente della volontà divina. L’osservanza amorosa della regola ci aiuta a metterci sempre nella lunghezza d’onda della divina volontà, anche quando non comprendiamo i suoi disegni e i suoi progetti su di noi che crediamo però sempre colmi di amore e fonte di gioia interiore che continuamente ci elargisce. L’ecclesialità di questa festa ci conduce a sentire e vivere nella Chiesa e per la Chiesa, perché la nostra azione apostolica, in una società caratterizzata da una progressiva emarginazione della religione dalla sfera pubblica, da un relativismo che tocca i valori fondamentali diventi impegno di vita, che accede, con perseverante passione, alla Sapienza come verità e come bellezza, “splendore della verità”. Siamo chiamate continuamente a saper orientare con la sapienza della vostra vita e con la fiducia nelle possibilità feconde della vera educazione, l’intelligenza e il cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo verso Cristo, unico Salvatore dell’umanità che può dare gioia e pienezza di vita ad ogni uomo che lo cerca e lo accoglie. La nostra testimonianza ovunque, qui in missione come in patria, deve essere luminosa e coerente e il nostro impegno sempre più attento e generoso. A noi, Figlie di Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 17 I TA L I A VItA Dell’IStItutO San Giuseppe, ci è particolarmente cara questa festa del 2 febbraio, oltre che per i motivi liturgici e per il suo profondo senso teologico, per il richiamo ecclesiale alla vita consacrata e per la memoria del Decreto di lode della nostra famiglia religiosa in cui celebriamo anche la festa delle Costituzioni. La vita consacrata è un dono di Dio al suo popolo Oggi celebriamo la festa della Presentazione di Gesù al tempio. In questa data ricorre anche la Giornata della vita consacrata, che richiama l’importanza per la Chiesa di quanti hanno accolto la vocazione a seguire Gesù da vicino sulla via dei consigli evangelici. Il Vangelo odierno racconta che, quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, Maria e Giuseppe portarono il Bambino al tempio per offrirlo e consacrarlo a Dio, come prescritto dalla Legge ebraica. Questo episodio evangelico costituisce anche un’icona della donazione della propria vita da parte di coloro che, per un dono di Dio, assumono i tratti tipici di Gesù vergine, povero e obbediente. Questa offerta di sé stessi a Dio riguarda ogni cristiano, perché tutti siamo consacrati a Lui mediante il Battesimo. Tutti siamo chiamati ad offrirci al Padre con Gesù e come Gesù, facendo Vi incoraggiamo dunque a proseguire il vostro cammino con gioia. Siete tutti impegnati, personalmente, comunitariamente e come Istituti, in sintonia con quanto la Chiesa intera sta vivendo, in percorsi di rinnovamento per essere sempre di più all’altezza della chiamata di Dio e delle sfide del nostro tempo, nella fedeltà al carisma che il Signore vi ha donato. Siate sempre più veri discepoli di Cristo; alimentate la consapevolezza della vostra missione. Vivete le situazioni umane, sociali, culturali, nelle quali operate, facendovi segno dell’agire di Dio e siate sempre presenza profetica di vera umanità anche quando ciò esige di andare controcorrente. Siate fedeli alla vostra tradizione carismatica e allo stesso tempo siate capaci di interpretare in modo attuale il carisma, mostrandone la fecondità. Siate testimoni e annunciatori della fede con la qualità della vostra vita spirituale, della vostra vita comunitaria e del vostro servizio al prossimo. Messaggio della Commissione Episcopale per il Clero e la vita consacrata per la Giornata Mondiale della Vita Consacrata della nostra vita un dono generoso, nella famiglia, nel lavoro, nel servizio alla Chiesa, nelle opere di misericordia. Tuttavia, tale consacrazione è vissuta in modo particolare dai religiosi, dai monaci, dai laici consacrati, che con la professione dei voti appartengono a Dio in modo pieno ed esclusivo. Questa appartenenza al Signore permette a quanti la vivono in modo autentico di offrire una testimonianza speciale al Vangelo del Regno di Dio. Totalmente consacrati a Dio, sono totalmente consegnati ai fratelli, per portare la luce di Cristo là dove più fitte sono le tenebre e per diffondere la sua speranza nei cuori sfiduciati. Le persone consacrate sono segno di Dio nei diversi ambienti di vita, sono lievito per la crescita di una società più giusta e fraterna, sono profezia di condivisione con i piccoli e i poveri. Così intesa e vissuta, la vita consacrata ci appare proprio come essa è realmente: è un dono di Dio, un dono di Dio alla Chiesa, un dono di Dio al suo Popolo! Ogni persona consacrata è un dono per il Popolo di Dio in cammino. C’è tanto bisogno di queste presenze, che rafforzano e rinnovano l’impegno della diffusione del Vangelo, dell’educazione cristiana, della carità verso i più bisognosi, della preghiera contemplativa; l’impegno della formazione umana, della formazione spirituale dei giovani, delle famiglie; l’impegno per la giustizia e la pace nella famiglia umana. Ma pensiamo un po’ cosa succederebbe se non ci fossero le suore negli ospedali, le suore nelle missioni, le suore nelle scuole. Ma pensate una Chiesa senza le suore! Non si può pensare: esse sono questo dono, questo lievito che porta avanti il Popolo di Dio. Sono grandi queste donne che consacrano la loro vita a Dio, che portano avanti il messaggio di Gesù. La Chiesa e il mondo hanno bisogno di questa testimonianza dell’amore e della misericordia di Dio. I consacrati, i religiosi, le religiose sono la testimonianza che Dio è buono e misericordioso. Perciò è necessario valorizzare con gratitudine le esperienze di vita consacrata e approfondire la conoscenza dei diversi carismi e spiritualità. Occorre pregare perché tanti giovani rispondano “sì” al Signore che li chiama a consacrarsi totalmente a Lui per un servizio disinteressato ai fratelli; consacrare la vita per servire Dio e i fratelli. Per tutti questi motivi, come è stato già annunciato, l’anno prossimo sarà dedicato in modo speciale alla vita consacrata. Affidiamo fin da ora questa iniziativa all’intercessione della Vergine Maria e di san Giuseppe, che, come genitori di Gesù, sono stati i primi ad essere consacrati da Lui e a consacrare la loro vita a Lui. Angelus di Papa Francesco del 2 febbraio 2014 Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 19 VItA Dell’IStItutO Suor Maria Clotilde Vacca nata a Desulo il 15 maggio 1927 Morta a bosa il 9 ottobre 2013 l passaggio dal tempo all’eternità ci fa pensare non alla morte ma alla vita di Suor Maria Clotilde che continua, proseguendo in modo reale, anche se non visibile, con l’impegno e con lo zelo che la caratterizzava ad adoperarsi per il bene della Chiesa, di noi sua famiglia religiosa e per i sacerdoti e seminaristi, per i quali in vita si è tanto prodigata. Un impegno di amore e di dedizione senza risparmi di forze e di sacrifici che ha profuso nelle opere dove l’obbedienza l’ha inviata ma soprattutto nei diversi seminari della I TA L I A I Sardegna, ultimo in quello di Lanusei per circa vent’anni. Il segreto di questa sua dedizione era riposta nel desiderio costante di incarnare lo spirito e il carisma dell’Istituto e degli insegnamenti del Venerabile Padre Felice Prinetti che riteneva. “atto di sommo zelo concorrere nella Chiesa alla formazione dei nuovi ministri dell’altare”, col vivere la mediazione e l’intercessione spirituale insieme al lavoro assiduo a vantaggio della Chiesa. Suor Maria Clotilde amava nutrirsi della spiritualità del Fondatore e diffonderne, in ogni occasione e modo, la conoscenza e la devozione. Dopo il ritiro dall’opera del Seminario di Lanusei, a seguito della morte della cara sorella Suor Anastasia, erano questi i sentimenti che esprimeva in una lettera che da Cuglieri, ultima sua sede, mi ha indirizzato: Mi è stato concesso un tempo per dilatare gli spazi della vita interiore alla luce del carisma della divina compassione da vivere come servizio e dono. Quest’opportunità devo valorizzarla per la crescita della fede nella disposizione di lasciarmi pervadere, invadere e assimilare dal mistero di grazia con cui Gesù crocifisso dispone di segnare i giorni di vita che ancora mi concede… Mi è di grande consolazione trovare il tempo tanto desiderato per intensificare la vita di preghiera, per presentare alla divina misericordia con l’adorazione la Lode e la supplica per la mia e altrui povertà, e in particolare per i seminari”. Ringraziamo il Signore, dunque per il dono della consorella all’Istituto. Suor Celina Masala nata a Villasor il 1° gennaio 1922 morta a Cagliari il 10 dicembre 2013 esù invita ad andare a Lui per trovare ristoro e conforto! Parole consolanti soprattutto nei momenti di dolore e di tribolazione che tante volte Suor Celina avrà ascoltato e accolto nel suo cuore. Ma Gesù invita anche a prendere il G suo giogo su di noi e ad imparare da Lui la mitezza e l’umiltà, per trovare conforto nella nostra vita. E’ questo un atteggiamento interiore che dovrebbe accompagnare la vita di ogni cristiano e in particolare di ogni religiosa. Suor Celina entrò in Istituto giovanissima, nata a Villasor nel 1922, fece la sua professione nel 1940. Nei suoi lunghi anni di vita religiosa, oltre 70 dei suoi 92, ha certamente imparato dal Maestro divino uno stile di vita che le ha permesso di vivere con gioia nel servizio che l’obbedienza le affidava. La caratterizzava la gioia di rendersi utile ad ogni richiesta delle consorelle, prestandosi per la collaborazione fraterna con generosa disponibilità. Questo finché le forze e la salute glielo permisero. Gli ultimi tempi trascorreva le sue giornate tra la preghiera e i piccoli servizi alla comunità, sempre serena e gioiosa, paga di ciò che ogni giorno la vita le offriva anche nelle inevitabili sofferenze della anzianità, sempre accolte nella volontà di Dio. Suor Maria Amalia pierazzi nata a Domusnovas il 13 dicembre 1928 Morta a Genoni il 14 dicembre 2013 l Signore viene a noi sempre e in ultimo viene per prenderci con sé nella gioia che non ha fine. Così è stato per la nostra cara Suor Maria Amalia che aveva appena compiuto i I suoi 85 anni. Seppure il momento della morte ci appare sempre improvviso, è stato preparato interiormente da Suor Maria Amalia. Di carattere gioioso e volitivo, visse con dedizione e crescente amore alla sua famiglia religiosa, servendola dove l’obbedienza la chiamava anche con uffici di responsabilità. Maturità, concretezza, spirito di sacrificio furono caratteristiche del suo servire ed amare, uniti ad una profonda vita interiore caratterizzata dall’amore alla preghiera e alla vita comune. Particolare zelo e dedizione profuse nel suo servizio ai sacerdoti, sia nell’Episcopio di Oristano che in Casa generalizia. Questo faceva, nel ricordo di quanto raccomandava alle sue Figlie il Venerabile Fondatore Padre Felice Prinetti di cui era devotissima, desiderando e pregando per la sua glorificazione. Suor Maria Maddalena Setzu nata a Ruinas il 18 aprile 1932 Morta a Oristano il 19 gennaio 2014 ia benedetto il Signore che ci ha visitato col dolore e con l’amore” Così scriveva il Venerabile Padre Fondatore a Madre Eugenia in risposta alla comunicazione della morte di una consorella. Così ripetiamo noi alla luce della fede che ci fa leggere l’esistenza di ciascuna sorella consacrata dal battesimo e poi do- “S nata a Cristo nella vita di totale consacrazione come una parabola di amore, che il Signore riversa nell’esistenza di ciascuna per rifletterlo poi nel dono di un servizio ai fratelli che si incontrano nei percorsi dell’esistenza terrena. In questa luce leggiamo l’esistenza e la morte di Suor Maria Maddalena Setzu. Nata a Ruinas, in una famiglia di ferma fede e dedizione nell’impegno cristiano e umano nell’educazione e nella formazione. In seno ad essa quattro accolsero la chiamata del Signore ad una vita di più profonda dedizione nella consacrazione religiosa. Suor Maria Maddalena fu la terza che lasciò la casa paterna e venne nella nostra famiglia religiosa nel 1954, facendo la professione religiosa nel 1956. Dal 2008 era a fianco della sorella ammalata Suor Maria Giuseppa, a Torregrande, per un affettuoso e fraterno aiuto. Servizio che rendeva con la più grande dedizione dimentica della sua stessa malattia che latente da tempo, improvvisamente si è manifestata in tutta la sua gravità. Ricoverata all’ospedale di Oristano, dopo solo pochi giorni, ci ha lasciato assistita amorevolmente dalle consorelle e dai famigliari. Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 21 VItA Dell’IStItutO Suor natalina tardini nata a Sant’Antioco il 29 agosto 1936 Morta a Oristano il 27 gennaio 2014 l Venerabile Padre Felice Prinetti rivolgeva sempre parole colme di fede e di consolazione alla comunità di Genoni e in particolare a Madre Eugenia, quando riceveva le notizie che il Signore aveva preso con sé qualche consorella. Così si esprimeva: “Sia fatta la volontà di Dio! Ho pregato per le inferme e non cesserò di pregare per le defunte. E mi consola la speranza che nella famiglia di San Giuseppe abbiamo avuto dal Signore mezzi per vivere più santamente, avere cordiale e affettuosa assistenza e ricevere numerosi suffragi. Esse si ricorderanno di noi davanti al trono di Dio”. Suor I TA L I A I Natalina, entrata giovanissima in Istituto, fece la sua professione religiosa nel 1957 e fu impegnata subito dall’obbedienza nei molteplici servizi delle opere dell’Istituto sia in penisola che in Sardegna, oltre che nel Belgio. La caratterizzava un desiderio di essere sempre all’altezza del suo lavoro e per questo si impegnava con entusiasmo e gioia. Qualche anno fa, quando ancora era impegnata a Cabras nell’ambito delle parrocchie, si manifestarono i primi sintomi di una grave malattia che la portò all’inattività totale e da un anno alla completa immobilità. Nella prova, negli sprazzi di co- noscenza, esprimeva gratitudine, restando sempre serena nell’abbandono alla volontà di Dio. Nella nostra scuola materna di Oristano ha chiuso gli occhi al mondo per aprirli all’eternità beata, circondata dall’affetto e dalle premure delle consorelle e dei suoi cari. Lanusei ha il suo nuovo Pastore a Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». Salomone disse: «Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?». Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente. Ti concedo anche quanto non hai domandato...» (1 Re, 3) A Don Antonello scelto dal Santo Padre per guidare come Pastore la diocesi di Lanusei, le Figlie di San Giuseppe, grate per il suo affetto e la sua vicinanza all’Istituto, augurano che il suo essere e il suo servire la Chiesa, portino sempre l’impronta della Sapienza divina. Mons. Antonello Mura neo-eletto Vescovo di Lanusei ORISTANO - SCUOLA DELL’INFANzIA una festa di... Comunità L a festa, per definizione, è un momento di eccezione, di astrazione rispetto al quotidiano ed ordinario della vita. Questo si è vissuto, la sera della solennità del Battesimo del Signore, nella Casa delle Suore Giuseppine di Cuglieri. La Superiora, Suor Tarcisia Piredda, volendo chiudere in maniera solenne e festosa la grande parabola del Tempo di Natale ha predisposto un pomeriggio all’insegna della musica, della compagnia e della convivialità. Presso la cappella, dotata di un’eccellente acustica, si è infatti esibita la Corale polifonica “Stella Maris“ da Magomadas, per la direzione del Maestro Mario Tedde: oltre un’ora di buona musica a tema, di genere tradizionale ma variegato, dal Cuncordu allo Spiritual, che ha letteralmente emozionato l’uditorio. Erano presenti quasi al completo tutti gli ospiti della Casa, le Religiose, il Personale e numerosi uditori convenuti per l’occasione. Una scelta, quella della polifonia, che solo in parte ha motivazioni di tipo estetico. La sin-odia, infatti, ovvero la con-sonanza delle voci, esprime precisi e profondi significati spirituali ed ecclesiologici. La Chiesa non ha a che fare con l’individualismo, con l’autarchia né con l’autonomia del singolo individuo ma con la pluralità che sa farsi uno. Il Cuglieri - Gli ospiti della casa di riposo insieme alla comunità religiosa partecipano al concerto di natale. Maestro, il quale non ha consegnato il suo Insegnamento a pochi perché restasse nella mente e nel cuore di quei pochi, ha voluto la Chiesa come un immenso coro, in cui ognuno, con la propria voce – diversa dalle altre e, perciò stesso, preziosa – contribuisse all’uni-sono dell’insieme. Questo nostro mondo, estenuato dall’intraprendenza arrogante di solitudini che non devono chiedere mai, aspetta dai cristiani una testimonianza alternativa: il cristianesimo che si accomodasse sull’ideologia solipsistica corrente non sarebbe Cristianesimo! Nel suo piccolo, anche un concerto di Natale è una testimonianza preziosa. Del resto, la nostra grande avventura, non ha forse preso le mosse nella bottega di un falegname? Don Paolo Secchi Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 23 VItA Dell’IStItutO pISA - penSIOnAtO unIVeRSItARIO la celebrazione del natale nche quest’anno, presso il Pensionato Universitario Suore Figlie di San Giuseppe, si è tenuto l’evento di raccoglimento in vista del Santo Natale. Le Suore hanno organizzato questo incontro nel quale è stata celebrata la Santa Messa, grazie alla partecipazione di don Lorenzo. Alla celebrazione è seguito un breve rinfresco che ha coinvolto la comunità religiosa. Si tratta di un momento di grande gioia e di I TA L I A A fratellanza in cui amici e conoscenti si ritrovano per stare in compagnia e passare una serata diversa dalle altre, all’insegna della serenità, della pace e dell’allegria Sono occasioni durante le quali ci si può soffermare a riflettere su quei valori quali la fratellanza, l’amicizia ma soprattutto la fede, che spesso vengono sottovalutati ma che sono basilari per il benessere proprio e collettivo. M.M. Pisa - Pensionato Universitario. Foto di gruppo delle ospiti auguri “non aspettare di finire l’università, di innamorarti, di trovare lavoro, di sposarti, di avere figli, di vederli sistemati, di perdere quei dieci chili, che arrivi il venerdì sera o la domenica mattina, la primavera, l’estate, l’autunno o l’inverno. non c’è momento migliore di questo per essere felice. La felicità è un percorso, non una destinazione. Lavora come se non avessi bisogno di denaro, ama come se non ti avessero mai ferito e balla, come se non ti vedesse nessuno. Ricordati che la pelle avvizzisce, i capelli diventano bianchi e i giorni diventano anni. Ma l’importante non cambia: la tua forza e la tua convinzione non hanno età. Il tuo spirito è il piumino che tira via qualsiasi ragnatela. Dietro ogni traguardo c’è una nuova partenza. Dietro ogni risultato c’è un’altra sfida. Finché sei vivo, sentiti vivo. Vai avanti, anche quando tutti si aspettano che lasci perdere. Madre Teresa di Calcutta Roma Auguri alla signora Maria Ghisu, ospite nella nostra casa di riposo, per i suoi 100 anni appena compiuti. Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 25 VItA Dell’IStItutO CAGlIARI la “festa d’Avvento” della parrocchia Sant’Avendrace omenica 22 dicembre, confermando una tradizione pluridecennale, la Parrocchia titolata a Sant’Avendrace, quinto vescovo di Cagliari, e della quale fa parte la Comunità delle Suore Figlie di San Giuseppe della “Casa della Giovane”, hanno celebrato la “Festa d’Avvento”. Durante la Santa Messa delle 10, il parroco mons. Ottavio Utzeri, ha benedetto i numerosissimi “bambinelli” da deporre nei presepi la notte di Natale. Nelle settimane di Avvento la riflessione rivolta ai fedeli si è incentrata sulla necessità di “preparare un luogo adeguato” nel proprio cuore per consentire a Gesù di potervi nascere e, concretamente, è stato proposto un gesto di carità che si è realizzato I TA L I A D con una raccolta di fondi per le popolazioni colpite dall’alluvione e con l’offerta di generi alimentari per le famiglie meno fortunate che la parrocchia assiste. L’omelia durante la Messa, proposta dal diacono permanente don Ignazio Boi, ha sviluppato la riflessione sul mistero dell’Incarnazione, il “desiderio di Dio di incontrare l’uomo al punto di farsi come Lui”, la realtà sempre presente Nelle foto: Cagliari Casa della Giovane. Diversi momenti della “festa di Avvento”. dell’Emmanuele, il “Dio-connoi”. Al termine della celebrazione eucaristica, cogliendo il gradito invito di suor Maria Luigia e della comunità, ci siamo diretti in processione verso l’Istituto per vivere in maniera diversa e originale il tra- dizionale appuntamento. Intanto la visita al bellissimo e suggestivo presepe, realizzato con statue a grandezza naturale, con abiti cuciti a mano da una suora. Sembrava davvero di essere parte viva e protagonisti dell’evento del Natale, tuffati dentro la bellezza e lo stupore con gli occhi dei bambini. L’accoglienza è stata davvero entusiastica ed eccezionale. Il Parroco ha ringraziato la comunità presentando le Figlie di San Giuseppe come “le sorelle di Gesù” e quindi come testimoni privilegiate del Natale. Suor Maria Luigia, responsabile della comunità, ha ricambiato esprimendo la grande gioia per la presenza dei tantissimi bambini e famiglie e, al tempo stesso, la soddisfazione per sentirsi parte viva della comunità parrocchiale. Come in altri momenti (la processione del patrono e del Corpus Domini, la via Crucis, la Domenica delle Palme) le Figlie di San Giuseppe hanno espresso la fedele presenza e disponibilità per le iniziative della Parrocchia. Quindi i tanti presenti hanno potuto assaporare le delizie preparate dalle Suore oltre che da alcune catechiste e mamme. I bambini si sono scambiati i cartoncini di auguri preparati con le loro mani durante il Catechismo, concludendo così una giornata edificante che ha lasciato nei volti e nei cuori di tutti un sorriso d’amore. Tutta la comunità è infatti rientrata nelle proprie famiglie ringraziando il Signore per la festa vissuta insieme alle Figlie di San Giuseppe che, fedeli allo spirito del loro fondatore, ci hanno fatto sentire una unica, vera, grande famiglia: la famiglia di Dio. Ignazio Boi, diacono permanente Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 27 VItA Dell’IStItutO SAnnICAnDRO DI bARI 50° della presenza delle Suore Figlie di San Giuseppe di Genoni I I TA L I A 1888”. Il 5 maggio 1916 muore a Pisa all’età di settantasei anni. La vita delle suore è sempre improntata a serenità, impegno, gioia, attesa, fede, pietà, fiducia. La forza interiore delle suore è il sicuro riflesso della spiritualità di Padre Felice Prinetti, creatura ecclesiale chiamata a vivere il carisma della consacrazione, comunione e del servizio. La sua spiritualità e il suo carisma sono stati riconosciuti dalla Chiesa il 19-04-2004 con la dichiarazione dell’eroicità delle virtù del Padre Felice Prinetti degli Oblati di Maria Vergine, sancita con decreto e ufficialmente riconosciute da Papa Giovanni Paolo II durante la cerimonia solenne del 16-05-2004. Il Carisma del Fondatore è passato nella vita delle religiose da lui riunite per un “servizio d’amore”. Come si esplica questo servizio d’amore? Le Figlie di S. Giuseppe sono chiamate ad operare laddove c’è più urgenza di assistenza e di amore. Esse infatti operano nei seminari, nelle comunità educative, nel campo dell’assistenza ai malati e agli anziani, nelle scuole, nella pastorale parrocchiale, nelle Missioni nel mondo. Quali di queste forme di servizio d’amore noi abbiamo sperimentato in cinquant’anni di attività e di presenza delle suore nella nostra parrocchia e nella nostra cittadina? Mons. Don Francesco Clarizio, don Ciccio, nel lontano 1963 ebbe l’intuizione, la fortuna, l’ispirazione di invitare le suore ad operare nell’Asilo parrocchiale. Il fondatore e primo parroco della nostra parrocchia le volle qui, conoscendone la vocazione pedagogica, per contribuire ad una crescita personale fondata sui principi cristiani e sviluppata attraverso attività rispettose dei tempi di sviluppo e di crescita dei bambini. Non sarà sfuggito a nessuno di noi il serviSannicandro - Alcuni momenti di queste giornate: L'incontro con i giovani. l concerto offerto dal coro parrocchiale e dalla comunità alle Suore Figlie di S. Giuseppe, che operano umilmente al servizio della collettività tutta, vuole assumere il significato di apprezzamento e gratitudine per il loro servizio cinquantennale. Ma nonostante la vicinanza e la consuetudine quotidiana con le suore, sappiamo abbastanza della loro Congregazione, del suo Fondatore Padre Felice Prinetti e del Carisma che lo ha ispirato? A tal fine cogliamo l’occasione per approfondirne la conoscenza e rivolgiamo l’invito a tutti a farlo anche dopo. Padre Felice Prinetti nasce a Voghera, città fra la Lombardia e il Piemonte, il 14-05-1842. Studia ingegneria a Torino, si arruola nell’esercito sabaudo e diventa capitano. Ma la vocazione sacerdotale lo chiama tra gli Oblati di Maria Vergine e viene ordinato sacerdote il 23-12-1876. Il 20-09-1888 nasce il primo gruppo della Congregazione delle Suore Figlie di S. Giuseppe con questo impegno: “S. Giuseppe sarà il vostro protettore. Lui che ha sostenuto Gesù col suo lavoro e ha servito la Chiesa nel suo nascere. È il Santo della semplicità e della fede serena, ma sempre tanto umano, pratico, pronto nei rapporti con gli altri. Vi chiamate pertanto Figlie di S. Giuseppe. Questa è una data storica pere voi, 20-09- zio delle suore nell’attività apostolica, il loro impegno nella pastorale parrocchiale, nella catechesi, nel canto, nella liturgia, nella preparazione dell’altare, nei laboratori organizzati per i giovani. La dimensione missionaria, pur essendo parte integrante della vita di ogni cristiano, è impegno non secondario delle Figlie di S. Giuseppe che operano in Africa, India, Argentina, Brasile. Nella nostra parrocchia la vocazione missionaria si è esplicata con l’affiancamento e il sostegno dato al gruppo missionario e con il gemellaggio con la comunità cristiana di Bosobolo, in Africa. Particolare sensibilità hanno mostrato le nostre suore nell’amore per i più umili e i più fragili: fra questi poniamo gli infermi e gli anziani, ai quali portano conforto e soprattutto l’Eucarestia. Trentadue sono le suore che si sono avvicendate in questo impegno e in questo servizio. Di esse citiamo, ma sono tutte nel nostro cuore, solo quelle di cui il ricordo è più recente ed immediato, riservandoci di rendere omaggio a tutte in altra e più adeguata occasione. Per tutte ricordiamo Suor Maria Vittoria, Suor Eulalia, Suor Marie Jeanne, Suor Angela, Suor Eleonora e Suor Cicily. Alla Madre Generale giunga il nostro deferente saluto con l’auspicio che le celebrazioni organizzate per il cinquantesimo della presenza delle Figlie di S. Giuseppe tra noi siano il segno tangibile della stima, dell’affetto, dell’apprezzamento, della gratitudine e della gioia per averle avute con noi e con l’augurio che questo rapporto sia duraturo nel tempo. Prof. Bartolomeo Chimienti * * * Cantate al Signore Alleluia Benedite il Suo Nome Alleluia Cantate al Signore Alleluia con inni di lode Alleluia È solo uno stralcio di una delle canzoni cantate al concerto e dedicate alla costante presenza Il concerto. delle suore Figlie di San Giuseppe a Sannicandro di Bari da 50 anni, però per me racchiude una piccola realtà. È Splendido avere la fortuna e bisognerebbe davvero benedire il Signore per i suoi doni, e un dono immenso è quello delle suore su cui tutti possiamo contare ogni giorno dalla preghiera alle azioni, e davvero vi ringrazio. Grazie di cuore a suor Angela a cui ci si può sempre rivolgere per una chiacchierata e per il suo servizio nel dare conforto agli ammalati, oltre i tanti svolti in parrocchia. Grazie a Suor Eleonora per la sua voce meravigliosa. Grazie a Suor Cicily, la nuova madre superiora, per la sua disponibilità. Questa Settimana la grazia si è ampliata per la visita di suor Marie Jeanne che non è andata via da molto ma già ci mancava, suor Armida che ci ha raccontato che per lei Sannicandro è il suo secondò paese dato che qui ha passato i suoi primi anni di vita religiosa, suor Laura e suor Paoletta per la loro simpatia e la loro testimonianza di giovani al servizio di Dio. Questa settimana in loro onore é stata grande gioia festeggiata in tanti modi dalle messe insieme agli incontri, dal concerto alla preghiera comunitaria, Senza dimenticare i buffet consumati insieme, tipici per far festa qui a Sannicandro. L’ unica cosa che mancava era la presenza di tutte le suore passate di qui, una per una, ma capisco che non è possibile un tale spostamento, per cui spero che leggano queste mie parole e le ringraziare, ricordarle nelle mie preghiere. Irene Rella Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 29 I TA L I A VItA Dell’IStItutO Il Regno di Dio è qui. La vocazione religiosa risposta d’amore! Uno dei primi giorni dei festeggiamenti per il 50° anniversario di presenza delle Figlie di San Giuseppe nella comunità di Sannicandro di Bari è stato dedicato ad un incontro vocazionale per la realtà giovanile. La cura attenta e precisa di questo momento ha regalato ai giovani, e meno giovani, presenti la condivisione del vissuto esperienziale di suor Paoletta e suor Laura. Nella parte introduttiva dell’incontro la comunità è stata invitata a riflettere sul significato di questo grande invito che Dio fa a donare la propria vita a servizio di Lui e dei fratelli e sui tre grandi “pilastri” che regolano poi la vita consacrata, i voti di obbedienza, povertà e castità. Dio chiama e lo fa con modi diversi e in tempi diversi nella vita di ognuno, è questo che ci hanno lasciato le parole di suor Paoletta e suor Laura e delle altre religiose presenti, che hanno testimoniato la bellezza e la gioia di una risposta ad una chiamata ad amare, non scevra, però, come ogni cosa preziosa, da ostacoli e resistenze da superare. Nella seconda parte dell’incontro, l’assemblea ha potuto esprimere le proprie riflessioni su quanto ascoltato, potendo porre anche domande per chiarire dubbi che ognuno si portava dentro a riguardo di tale tema. Ogni momento dell’incontro si è svolto con completa spontaneità e gioia. Gioia nel cuore e negli occhi di suor Paoletta e suor Laura grate a Dio per aver rivolto i suoi occhi su di loro, gioia in tut- La veglia missionaria ti i presenti che hanno potuto “gustare” la dolcezza di una risposta d’amore! Antonella Tamborrino * * * L’ultima settimana di ottobre è stata intensa per la nostra comunità parrocchiale: insieme abbiamo festeggiato il 50esimo anniversario di presenza delle figlie di San Giuseppe a Sannicandro, traguardo importante che è servito da pretesto per riflettere e far riflettere oltre che per ripensare all’importanza di questo Istituto qui nel nostro paese. Martedì 30 giovani, giovanissimi (e non) si sono radunati in chiesa per ascoltare le testimonianze di suor Paoletta e suor Laura,venute dalla Sardegna per l’occasione. È stato bello guardare e ascoltare le suore parlare della loro vocazione con una gioia e una serenità d’animo rare; bello è stato anche l’interesse che ha mostrato la comunità nel porre delle domande, a cui le suore hanno risposto con estrema semplicità e chiarezza. Mercoledì è stata la volta del concerto: il coro parrocchiale ha dato prova della sua bravura sotto la direzione attenta e scrupolosa di Olimpia Ruscigno. Emozionanti le voci che si sono levate a ringraziare il Signore e la Vergine Maria; da brividi il quartetto d’archi con il canone in re maggiore. Giovedì durante la veglia un segno ha attirato la nostra attenzione: abbiamo gettato dei chicchi di grano sulla terra che poi sono stati innaffiati; questo gesto sta a simboleggiare il cammino di ogni cristiano che, sulle orme di Cristo, cresce ed elargisce i frutti dell’Amore. Suor Armida, ha ringraziato la comunità ed ha parlato della sua esperienza personale prendendo spunto dalle missioni compiute dalla Congregazione e quelle a venire. È bello ed emozionante pensare come siamo arrivati alla conclusione dell’ evento proprio il giorno di Ognissanti, con la celebrazione presieduta dal Monsignor Angiuli, una riflessione importante perché tutti siamo chiamati alla Santità vivendo e trasmettendo l’Amore di-percon Cristo. Anna, Niky, Mimoza e Domenico Lettera a Madre Maria Daniela da parte dei genitori degli alunni della scuola Maria SS del Carmine Reverendissima Madre Maria Daniela, in occasione del Santo Natale, in cui viene celebrata la sacralità delle famiglie, vogliamo ringraziarla per la presenza nella nostra piccola comunità delle Figlie di San Giuseppe. Esse fanno parte da 50 anni della famiglia parrocchiale Maria SS del Carmine a Sannicandro di Bari con nostro grande orgoglio, costituiscono un dono per noi che lo Spirito Santo ci ha dato per sostenerci e darci la forza. È difficile spiegare con poche parole l’importanza che ha per i nostri figli e per le nostre famiglie la presenza di questi angeli bianchi che ogni mattina con il loro sorriso, ci accolgono e sopportano le nostre insicurezze che, come genitori, abbiamo in questo mondo così veloce e con pochi valori. La scuola materna Maria SS del Carmine non è solo una scuola, ma una seconda casa per i nostri bambini dove ricevono calore, educazione, preparazione e familiarità ma soprattutto vivono giocando, come è giusto alla loro età. Nel nostro paese le Figlie di San Giuseppe sono presenti anche per gli ammalati, con i giovani e i giovanissimi presso la Casa del Fanciullo e la Parrocchia, con la catechesi ai bambini agli adulti e per questo ringraziamo di cuore per confermarci la loro presenza. * * * Saluto di Suor Cicily Kattackal, attuale responsabile della comunità di Sannicandro Eccellenza Reverendissima,sacerdoti presenti e carissimi fratelli e sorelle, abbiamo voluto vivere questa festa giubilare innanzitutto come rendimento di grazie al Signore e sicuramente non c’è un grazie più sincero e profondo di quello celebrato e vissuto intorno al suo altare, l’eucarestia è il vero e più grande “rendimento di grazie”. Ti rendiamo grazie Signore, con cuore gioioso, per il tratto di strada che abbiamo percorso insieme, mezzo secolo di cammino che ha segnato la nostra vita personale, la nostra fede e la vita della nostra comunità parrocchiale, la nostra storia. Tutto è stato voluto da Lui e da Lui tutti noi siamo stati guidati. Rendo grazie anche alla Vergine Maria del monte Carmelo, onorata e venerata in questa parrocchia, a San Giuseppe suo castissimo sposo e nostro protettore e al nostro Venerabile Fondatore Padre Felice Prinetti. Permettetemi di celebrare la nostra famiglia religiosa, l’istituto delle Figlie di San Giuseppe, formata dalle sorelle consacrate che, rispondendo alla chiamata del Signore, sono giunte fino a Sannicandro donandosi, secondo le proprie caratteristiche, con il meglio di sé per il bene di tutti. Qui sono state e continuano ad essere madri, educatrici, sorelle , amiche, consolatrici e intrecciano la loro vita con quella dei bambini della scuola e dei loro genitori, dei giovani, degli anziani , degli ammalati, e trovando tante famiglie dove si sentono accolte, apprezzate ed amate. Un grazie grande e riconoscimento va alla nostra Madre Generale, Madre Maria Daniela che oggi è qui presente spiritualmente accanto a noi e che, con la sua materna attenzione e disponibilità ci permette di continuare ad operare qui a Sannicandro e ci ha onorato della presenza delle consorelle suor Armida, suor Paoletta e suor Laura per celebrare il nostro giubileo. Ma in questa ricorrenza non possiamo dimenticare le consorelle che ci hanno precedute in questi 50 anni: sono ben 32 e alcune di loro nella patria celeste pregano per tutti noi e altre continuano il loro servizio in altri paesi dove il Signore le ha chiamate e inviate. La concelebrazione Eucaristica presieduta da Mons.Vito Angiuli. Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 31 I TA L I A VItA Dell’IStItutO Sicuramente non saremmo qui a celebrare questa festa se, 50 anni fa, don Ciccio Clarizio non ci avesse invitate a Sannicandro per collaborare al grande progetto del Signore: essere educatrici dei fanciulli della scuola materna parrocchiale “Maria SS del Carmine”. Guidate da lui, le Suore Figlie di San Giuseppe, sono diventate punto di riferimento costante nella vita di questa comunità parrocchiale. Rendiamo grazie al Signore con riconoscenza per il nostro amato Vescovo Monsignor Vito Angiuli, presidente di questa Celebrazione liturgica. Grazie, perché ci ha mostrato ancora una volta la sua paterna attenzione e il suo affetto e noi, le assicuriamo la nostra preghiera, espressione della nostra filiale gratitudine. Nasce spontaneo, ancor prima che doveroso, il desiderio di porgere un particolare e affettuoso ringraziamento ai parroci e sacerdoti che si sono avvicendati in questi anni. Grazie don Mimmo per la sua paziente cura e attenzione nei confronti delle Figlie di San Giuseppe. Grazie Don Giuseppe che con la tua presenza discreta, fai sentire a casa anche noi. Grazie per la tua vicinanza e la testimonianza di vita. Grazie Don Francesco per la tua sensibilità e gentilezza; per la tua costante attenzione e per il rispetto che ci manifesti ogni giorno. Il tuo zelo e il tuo operato quotidiano, le tue parole sempre ricche di speranza e di gioia, sono per noi una forte testimonianza della bellezza della vita consacrata al Signore. Grazie perché ci hai sempre apprezzate, valorizzate ed incoraggiate nel nostro servizio. Tu non hai mai smesso di parlare di noi Figlie di San Giuseppe , pregare per noi e ringraziare con noi. Grazie di cuore don Francesco a nome di tutte le consorelle presenti qui e a nome di tutto l’istituto. Desidero ringraziare: i sacerdoti che ci hanno onorati con la loro presenza. Grazie al sindaco dott. Vito Novielli e tutte le autorità che hanno accolto il nostro invito; Soprattutto ringrazio voi tutti che formate la nostra comunità parrocchiale cominciando dai più piccoli per arrivare ai più grandi, gruppi, associazioni, confraternite Consiglio Pastorale, perché ci avete sempre saputo accogliere, aiutare e amare e fatto sentire un’unica grande famiglia. Siete davvero tanti a gioire e ringraziare con noi. La vostra presenza ci incoraggia e ci fa sentire che nel nostro cammino noi non siamo sole ma ci siete anche voi e che il cammino fatto in questi 50 anni non è stato un cammino “separato’’ e non è un percorso che si ferma, ma una storia che continua. Ringrazio i diaconi, i seminaristi,i ministranti, il coro e tutti coloro che hanno offerto il loro tempo prezioso per rendere più bella e indimenticabile questa liturgia e i vari momenti che abbiamo vissuto insieme in questa settimana. Grazie per le belle parole che ci avete regalato e per l’attenzione che ci avete riservato in tante maniere. In questo momento mi viene in mente il brano del vangelo di Luca quando Gesù dice: Nelle due foto: Sannicandro - Foto di gruppo “Quando avete fatto tutto quello che è stato ordinato dite siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. Questo è il nostro carisma e impegno, servire i fratelli con amore disinteressato. Colgo l’occasione per chiedervi perdono per tutte le volte che noi non abbiamo saputo dare vera testimonianza della gioia del Cristo Risorto e chiediamo scusa per la nostra debolezza umana e per qualche mancanza commessa. In questa circostanza desideriamo chiedervi di accompagnare il nostro cammino e il nostro servizio con la preghiera. Perché il Signore ci dia la forza e il sostegno di compiere, in mezzo a voi , la sua volontà nella disponibilità, il nostro servizio nella dedizione totale, nell’umiltà e nella santa allegrezza come il Padre Prinetti desiderava per ognuna di noi. Il 1° novembre del 1963 Sr Maria Alessandrina scrive nella cronaca della nostra comunità così: “oggi il parroco ci ha presentato alla popolazione dandoci il benvenuto a nome di tutta la parrocchia . La sera invita tutti i parrocchiani per darci il primo saluto e fare un momento di festa insieme.’’ Oggi 1° novembre 2013 , dopo 50 anni, a nome di tutte le Figlie di San Giuseppe vi invito a vivere un momento di condivisione fraterna. Grazie di cuore a tutti. Saluto di Madre Maria Daniela alla comunità parrocchiale Eccellenza reverendissima, Mons. Vito Angiuli, reverendo Parroco Don Francesco Gramegna. Reverendi sacerdoti presenti, carissimi fedeli e amici tutti convenuti per partecipare alla celebrazione dei 50 anni di presenza di noi, Figlie di San Giuseppe. Siamo grate al Signore per questa celebrazione che, mentre commemora un tempo della storia che ha scandito cinquant’anni di presenza e di servizio in questa chiesa locale, offre a noi l’opportunità di rendere grazie con il sacrificio eucaristico di Cristo per il bene che ci è stato concesso di fare, per il dono della fraternità e dell’amicizia con tutti i fedeli, sia nell’ambito della Parrocchia sia gli amici della scuola: ex alunni, genitori e insegnanti e la grande famiglia della scuola materna. “Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore”. Così ci invita a pregare la parola del salmo 89. E, alla luce della Parola, la storia si rivela come il luogo del suo manifestarsi del compiersi della salvezza, attraverso la nostra adesione al progetto di Dio su di noi. Nelle vicende umane Dio è presente e completa l’opera sua nell’adesione nostra fatta attraverso il nostro servizio e il dono del nostro tempo segnato dai passaggi pasquali: di dolore e di gioia, di tribolazioni e consolazioni, di fatiche e di speranze. È il cammino che ogni cristiano percorre nella fede e alla sua luce, mentre scandisce il tempo, lo salva, lo redime e lo fa sbocciare nell’eterno. La sapienza del cuore è vivere il tempo in questa dimensione di fede. Noi ringraziamo il Signore perché oggi ci fa pensare che le nostre Madri quando hanno inviato le prime sorelle in questa realtà ecclesiale nel 1963, erano animate da questo spirito di fede e di amore per la Chiesa. Lo ringraziamo per le tante sorelle che si sono avvicendate da Suor Maria Alessandrina che pensiamo nella luce di Dio alle sorelle attuali che lavorano in mezzo a voi. Tanti sono i motivi per elevare l’inno della gratitudine al Signore e l’affettuosa riconoscenza ai Vescovi, ai sacerdoti, e ai fedeli tutti. Tutto è grazia e tutto ci dice che il modo migliore per dire: Grazie è cantare il Magnificat con l’umiltà di Maria, perché guardando alla nostra povertà, Dio ha compiuto opere di meraviglia e di salvezza, senza nostro merito. Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 33 VItA Dell’IStItutO nORD ARGentInA Racconto di un’esperienza missionaria Suor Franceschina ella metà degli anni cinquanta Don Mazzolari scriveva: “Non fa paura il povero, fa paura il numero dei poveri, io non ho mai contato i poveri, perché i poveri non si possono contare, si abbracciano e non si contano. Eppure c’è chi tiene la statistica dei poveri e ne ha paura, paura di una pazienza che si può anche stancare, paura di un silenzio che potrebbe anche diventare un urlo, paura di un lamento che potrebbe diventare canto, paura dei loro stracci che potrebbero farsi bandiera, paura dei loro arnesi che potrebbero frasi barricata. Sarebbe così facile andare incontro al povero! Ci vuole così poco a dargli speranza e fiducia. Invece la paura non ha mai suggerito la strada giusta.” Quando Don Mazzolari scriveva queste righe non pensava certamente ai poveri dell’America Latina o dell’Africa ma ai poveri del nostro paese che erano tanti. Non pensava ai poveri dell’Argentina bisognosi di aiuti materiali ma soprattutto bisognosi di sentirsi dire e ascoltare che Dio li ama, che Gesù è venuto nel mondo per raccontarci, con la propria vita, il grande amore di Dio per l’uomo. Per questo ha versato il suo sangue e ci ha riscat- A M E R I C A L AT I N A N tati e fatti partecipi della figliolanza divina. Prima di salire al cielo ci ha raccomandato di andare per il mondo intero ad annunciare il Vangelo, ed è quanto la Chiesa ha sempre fatto durante i secoli, fino alla Chiesa d’oggi che siamo noi, inviati da Gesù ai poveri del nostro tempo, non per contarli, ma per abbracciarli e fare sentire loro la tenerezza dell’amore di Dio nella loro vita. L’invito del Papa Francesco durante la giornata mondiale della gioventù ci ha entusiasmati e consolati: “Lasciate le sicurezze, salite per le strade e se qualcuno ve lo impedisce fatte chiasso, andate incontro al povero”. In coincidenza con la Giornata Mondiale della gioventù, infatti alcune delle nostre consorelle si trovavano in Brasile, il restante gruppo missionario si ritrovava nel Nord Argentina, nella provincia di Corrientes, nelle località di Tatacuà e Tabay dove da 13 anni si fa opera di evangelizzazione e di promozione umana, cercando di raggiungere tutte le categorie di persone privilegiando le famiglie e, in esse, i bambini e i giovani con attività mirate alla formazione umana e cristiana delle nuove generazioni. Preparazione al sacramento della Riconciliazione. Le principali attività sono: visita alle famiglie, nel pomeriggio incontri con i bambini e giochi, canti e anche la merenda con latte e cioccolato. Alla sera incontri per i giovani e per le comunità dei vari quartieri, celebrazione dei Sacramenti, animazione delle celebrazioni liturgiche e soprattutto condivisione della loro vita. Un gruppo, in maggioranza giovani, capaci di dedicare le due settimane di vacanza invernali a coloro che hanno meno. Giovani normali, giovani Celebrazione delle Cresime e Prime Comunioni. che non sono esenti da problemi, giovani generosi, capaci di commuoversi di fronte alla sofferenza del povero, giovani che oltre allo studio, e per alcuni studio e lavoro, sono capaci di rinunciare alla discoteca e in quelle ore smistare e preparare i pacchi da spedire, o preparare il materiale che servirà per i vari incontri nella missione. Partecipare attivamente alle iniziative che si realizzano per accogliere fondi perché prima di ogni missione possa partire un camion con tutto il materiale racUltimo giorno della missione. Festa dei bambini. colto. Credo che i giovani con il loro entusiasmo, la fatto si che non rimanesse sola neppure un giorno. gioia, la generosità nel servizio ai più poveri pos- La presenza di suor Maria Cristina di passaggio sono darci una lezione e io da loro ho ricevuto per la vita in famiglia, è stata provvidenziale perché ha trascorso alcuni giorni nella comunità prisempre tantissimo. Anche in questa ultima missione sono stati lo- ma del rientro in Brasile. Voglio ringraziare tutti, soprattutto il gruppo ro a volere con insistenza la mia presenza. Già nella missione di maggio dissi che mi era impossibi- missionario per l’entusiasmo, la gioia, l’impegno le partecipare a causa del viaggio di suor Mary nel mettere a disposizione la loro vita a servizio di Theres in Brasile per accompagnare il gruppo dei tanti bambini, di tanti giovani, di tante famiglie, di giovani che partecipava alla GMG per cui suor tanti poveri che hanno abbracciato. Donatella sarebbe rimasta sola. E questo già era un motivo sufficiente per non andare. Oltre a questo inizio a sentire il peso degli anni che, come diSi ringraziano le famiglie Rolando e Botto di cono qui in Argentina, non vengono soli. Biella per la generosità verso le missioni del La disponibilità e la generosità di suor Donanostro Istituto. tella è stata grande, ma anche la provvidenza ha Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 37 VItA Dell’IStItutO bRASIle esperienza di un incontro Don Giuseppe luigi Spiga rovo finalmente un po’ di tempo per scrivere da questo scorcio di mondo dove negli ultimi mesi si sono succeduti tanti avvenimenti che mi hanno coinvolto e rapito dall’incontro con la mia terra. In questi giorni riprendono le messe con i tanti battesimi, si torna a percorrere quotidianamente le strade polverose e a volte inventate, in quello che appena pochi mesi fa era il lago. Il caldo si fa sentire in questi mesi di fine anno e le piogge tarderanno ancora un po’, anche se la nostra speranza sogna già qualche goccia di refrigerio. In questi mesi abbiamo vissuto momenti indimenticabili: con in piccolo gruppo di giovani, ho avuto la possibilità di partecipare della Giornata Mondiale della Gioventù. È stata l’occasione per conoscere e incontrare papa Francesco e fare un tuffo nella gioventù cattolica del mondo intero, cantare l’inno alla vita e al futuro della chiesa sempre giovane. Purtroppo è stata anche la conferma di un Brasile ancora in difficoltà con tempi e momenti, la maggior parte dei problemi capitati durante la GMG sono stati causati dalla corruzione e dai giochi di potere della classe dirigente brasiliana soprattutto di quella dello Stato di Rio de Janeiro. Il post giornata è stato bellissimo, al nostro ritorno nel Maranhao, abbiamo ricevuto la visita di Mons. Arrigo Miglio, per la prima volta un vescovo cagliaritano metteva piede nella diocesi di Viana, degli amici sacerdoti don Giulio, don Walter, don Alberto, don Costantino e A M E R I C A L AT I N A T don Roberto con i giovani della diocesi che tornavano dalla GMG. Per noi sacerdoti missionari Fidei donum è stata un esperienza breve ma intensissima di grande gioia, un sentirci amati anche se lontani, un sentirci a casa perché nel cuore della famiglia diocesana cagliaritana. Grazie ancora per questo bel gesto, grazie di cuore. L’esperienza italiana per me è continuata nei giorni successivi, da alcuni mesi il PIME (Pontificio Istituto Missione Estere) mi aveva contattato chiedendomi la possibilità di ospitare alcuni giovani italiani che fanno un percorso di Giovani e Missione e così a metà agosto sono arrivate nella missione tre giovani milanesi: Marta, Maria Martina e Silvia. Sono state una bella sorpresa. Hanno edificato il cammino della parrocchia partecipando attivamente e facendo fare un bel percorso ai giovani brasiliani che le ricordano con “saudade” e non vedono l’o- ra di riabbracciarle. Nel frattempo suor Annalisa è andata in Italia per la visita alla famiglia e ha passato alcuni mesi con noi Suor Vittoriana, altra suora sarda della Congregazione delle Figlie di San Giuseppe, che in pochi giorni è entrata con entusiasmo nei programmi parrocchiali e ci ha lasciato con la speranza nostra, ma penso e spero anche sua, di tornare presto per collaborare al nostro lavoro pastorale. Abbiamo celebrato l’anniversario delle Grande Settimana Missionaria, con momenti di alta commozione e grande fede manifestata con massiccia presenza di fedeli che, per una settimana intera, hanno accompagnato le proposte dell’equipe missionaria che aiuta a sviluppare e attuare il piano pastorale dell’ano della fede. La missione continua non si può fermare e le nostre visite costanti alle famiglie, sia in città sia nella zona rurale dimostrano il nostro proposito e la nostra convinzione, che spesso il papa richiama che è la Chiesa che deve andare incontro alla gente e non solo aspettare che tutti vengano ai tuoi piedi. Penso che l’avvenimento più importante di questi mesi sia l’apertura della “Fazenda do Amor Misericordioso, na Casa Nossa Senhora di Bonaria”, il centro diocesano di recupero per tossico-dipendenti. Il 28 di settembre abbiamo inaugurato e aperto questa nuova esperienza di carità verso i più poveri ed emarginati, dando possibilità di un trattamento completamente gratuito. È una nuova luce per la nostra missione, ma anche un nuovo grandissimo impegno per me che devo dividermi tra parrocchia, incarichi diocesani e accompagnamento del Centro di recupero e della Pastorale della sobrietà a livello non solo parrocchiale ma anche diocesano. La Fazenda già ospita 30 ragazzi e nonostante le difficoltà di una nuova struttura fa i suoi primi passi e accende speranza in tante famiglie di Matinha e delle città vicine. Vi chiedo di accompagnarmi e accompagnarci nella preghiera perché possiamo continuare il nostro percorso al servizio della Chiesa e del suo popolo anche nei momenti di difficoltà. Negli ultimi giorni abbiamo avuto la piacevole visita dell’amica Giusy conosciuta negli anni di collaborazione con la parrocchia del S. Cuore in Quartu Sant’Elena è stato un momento costruttivo e una bella esperienza per noi e sicuramente anche per lei. Varie persone mi chiedono di poter fare un esperienze in missione e voglio loro offrire la possibilità che i desideri si realizzino. La vita qui è molto semplice e chi viene a visitarci segue i nostri ritmi missionari che alternano tra giornate piene e altre un po’ più tranquille. Aperti a queste disponibilità siate i benvenuti. Un caro abbraccio con la benedizione del Signore. Tutti coloro che volessero contribuire all’opera di evangelizzazione delle nostre missionarie con offerte, iniziative o proposte, si rivolgano al seguente indirizzo: Suor Armida Flore Segretariato Missioni Figlie di San Giuseppe Istituto “Stella Maris” - Via Millelire, 42 - 09170 Torregrande (OR) Tel. 0783 22005 - e-mail: [email protected] c.c.p. 12079091 Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 39 pReGhIAMO peR... Don Giuseppe Siddu † 7 novembre 2013 Un sacerdote amato da tutti. Il nostro Istituto è grato a Don Siddu per la sua paterna vicinanza e per l’attenzione verso i più poveri In Ricordo di Don Usai Salvatore Antonio L’emerito parroco di Donigala Fenughedu, il compianto don Usai Salvatore Antonio, ci ha lasciato nel segreto della sua abitazione, si ritiene nelle notte del 23 dicembre, in quella stessa casa che all’ombra del Santuario mariano del Rimedio, lo aveva visto tante volte fare la spola nel servizio alla Casa di Maria e dove si era voluto ritirare nell’autunno 2010 dopo aver retto la parrocchia di Donigala per ben 52 anni. In quella stessa parrocchia, attorniato dai confratelli ed amici di lunga data, celebrò con gioia il suo 50° di sacerdozio il 18 agosto 2001, essendo ancora viva la sorella, suora del Sacro Costato, suor Annetta da lui inseparabile. Don Usai ci ha lasciato in silenzio, secondo il suo costume di sacerdote riservato e discreto, tutto alla fine di un anno che nella gente già annunciava i preparativi delle feste natalizie, mentre per lui giungeva la convocazione da Dio, per gustare finalmente il vero natale, perché con questa chiamata alla vita eterna, sono terminate anche le sue ansie e preoccupazioni, specialmente per una certa solitudine della sera che si teme, solitamente, più di ogni altra. Tuttavia, non si poteva parlare di lui come di un prete solo perché con la preghiera ed un’intensa vita spirituale, ricca di devozione alla Madonna del Rimedio e a San Giuseppe, e con il suo affetto alle circostanza della Chiesa diocesana seppe sempre rendersi utile fino alla fine. Ultimamente si era molto dedicato alla visita di sacerdoti e laici anziani ed ammalati, alla cura dei degenti e sofferenti della Fondazione Nostra Signora del Rimedio. Figlio di Giovani e di Maria Uras, era nato a Seneghe il 25 settembre 1925, anno santo. Chiamato in giovane età al sacerdozio, entrò nel seminario di Oristano e poi in quello regionale di Cuglieri. L’Arcivescovo mons. Fraghì lo ordinò a Seneghe insieme a don Ilario Nonnis, il 12 agosto 1951, inviandolo vice parroco di Ortueri in aiuto all’anziano ed austero canonico mons. Salvatore Murru, fino all’ottobre 1954. Trasferito e promosso parroco di Siamaggiore, vi rimase solo due anni. Nel setembre 1956 altro trasferimento a S. Antonio Ruinas, fino all’estate 1958, quando divenne parroco di Donigala. Da allora non si spostò più per una rinnovata fiducia dei Vescovi fino alla data della rinuncia il 3 ottobre 2010, quando divenne cappellano dell’Istituto di cura annesso al santuario, dove ogni giorno celebrava alle 16:00, rendendosi utile per le confessioni. È stato sempre un fedele congregato mariano, poi membro dell’unione apostolica del clero sardo. Per numerosi anni di servizio, l’Arcivescovo mons. Tiddia gli conferì il titolo di monsignore, come prelato di S.S papa Giovanni Paolo II. Ora mentre sentiamo il ricordo dei suoi esempi, preghiamo per la sua anima che nella pace del cimitero di Seneghe, si è riunita ai suoi cari genitori, alle sorelle, e specialmente al suo Redentore. In un ricordino della sua prima tonsura, ricevuta sempre a Seneghe il 5 settembre 1948, aveva scritto: “ Cristo è la passione della mia giovinezza”. Una passione mai deludente e che anche nei momenti più difficili e di povertà di cui parlava per i primi anni di ministero, lo aveva sempre sostenuto anche grazie all’amicizia di illustri personalità del clero arborense: mons. Pietro Carta, mons. Felice Mastino, il zeddianese e suo parroco di giovinezza a Seneghe mons. Giovanni Ligia, mons. Giovanni Melis-Fois, mons. Salvatore Isgrò . Grazie don Usai! Don Gerardo Pitzalis Joachim Mpoutou Romain Bouembeno † 22 novembre 2013 † 23 gennaio 2013 Rino Rani Stefano Putzu †12 settembre 2013 † 5 settembre 2013 fratello di Suor Angelique cognato di Suor M. Nazarena fratello di Suor Angelique nipote di Suor Renata i NosTri DEFUNTi TONIO MURENU cognato di Suor Maria Franca ROSANNA DANMU cognata di Suor Lorenzina ONORIO ZOCCHEDDU cognato di Suor Vittorina SEBASTIANA ZEDDE sorella di Suor Emerenziana ROSA PADDEU sorella di Suor Maria Cornelia IGNAZIO CABRAS fratello di Suor Maria Beatrice MATHEW MALIYAKAL padre di Suor Daisy RAIMONDO FANARI cognato di Suor Savina SEBASTIANO CALIA cognato di Suor Francesca Corrias MARIA ESU sorella di Suor Maria Concetta PIERCARMELO ENNA fratello di Suor Clementina CHACKO CHACKO PULLATTUKALAYIL cognato di Suor Maria Anselma GIOVANNI PERRA cognato di Suor Orsolina e Suor Maria Giuseppa Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 41 RIFletteRe e SORRIDeRe bianco e nero Q uando ero alle elementari, ebbi un grave litigio con un ragazzo della mia classe. Ho dimenticato il motivo della lite, ma non potrò dimenticare ciò che imparai quel giorno. Ero convinta che lui avesse torto e io ragione e lui era almeno altrettanto convinto che io avessi torto e lui ragione. L’insegnante decise di insegnarci qualcosa di molto importante. Ci portò davanti alla classe e ci fece mettere lui da un lato della cattedra e me dall’altro. In mezzo alla cattedra sistemò un grande oggetto rotondo. Potevo vedere chiaramente che era nero. L’insegnante chiese al mio compagno di che colore fosse l’oggetto. «Bianco» rispose lui. Non riuscivo a credere che sostenesse che quell’ oggetto fosse bianco, quando era chiaramente nero! Iniziammo di nuovo a litigare, questa volta riguardo al colore dell’ oggetto. Poi l’insegnante mi disse di andare al posto del mio compagno e fece venire lui dove ero stata io. Ci scambiammo di posto, e poi la maestra mi chiese di che colore fosse l’oggetto. Dovetti ri- spondere: «Bianco». I due lati dell’oggetto erano di diverso colore, e da quel punto di vista l’oggetto era bianco. Era nero solo dal mio lato. La mia maestra mi insegnò qualcosa di veramente importante quel giorno: devi metterti nei panni degli altri e guardare le situazioni dal loro punto di vista per capire davvero la loro prospettiva. Judie Paxton DUE RISATE Moglie sparita Preoccupato un uomo si presenta all’ufficio dei carabinieri: – Vorrei denunciare la scomparsa di mia moglie – Da quando non la vede? – Sette giorni! – E lei aspetta sette giorni per denunciarne la scomparsa? – Sa, pensavo si fosse fermata a chiacchierare con qualche vicina di casa… Anche se Un carabiniere arriva contento in ufficio: “Ieri ho finito un bel puzzle”. L’appuntato: “E quanto ci hai messo?”. “Due anni”. “Ma mi sembra molto”. “Ma che dici. Sulla scatola c’era scritto: da 3 a 6 anni!”. In tram Il sig Gennaro anziano e malandato: – Mi scusi mi cederebbe il posto, non vede che sono vecchio e malridotto? – Volentieri ma non posso! – Come non posso, dica piuttosto non voglio, me ne frego, sono un maleducato che non rispetta gli anziani – Ma quale maleducato e maleducato, io sono l’autista! SCeltI peR VOI PaDrE FraNCEsCo ZiraNo Tra CrisTo E islaM Curatore Padre Umberto Zucca OFM Editore Biblioteca Francescana Sarda (collana Maestri e testimoni) Prezzo € 16,00 - Pagine 362 i BraCCialETTi rossi Albert Espinosa Editore Salani Prezzo € 12,90 € - Pagine 172 lbert Espinosa ha compiuto un miracolo: malato di cancro per dieci anni, è riuscito a guarire, trasformando il male in una grande esperienza. A guardarlo è lui stesso miracoloso, capace di contagiare gli altri con la propria vitalità. Albert Espinosa racconta in questo libro la propria giovinezza segnata dal tumore: più di un diario, più di una testimonianza, è una raccolta di tutto ciò che la sua condizione gli ha insegnato. E non c’è niente di astratto o dolente in queste pagine, ma la semplice volontà di mettere in pratica tutta la bellezza di quelle “lezioni”: come capire all’improvviso che perdere una parte di sé non è una sottrazione di vita, ma l’occasione per guadagnarne di più. In ventitré capitoli, che non a caso vengono chiamati “scoperte”, Albert Espinosa mostra come unire la realtà quotidiana ai sogni più segreti, come trasformare ogni istante di vita, anche il più cupo, in un momento di gioia. “Albert parla di un mondo alla portata di tutti, che ha il colore del sole: il mondo giallo. Un posto caldo, dove i baci possono durare dieci minuti, dove gli sconosciuti possono diventare i tuoi più grandi alleati, dove l’affetto è un gesto quotidiano come quello di comprare il pane, dove la paura perde significato, dove la morte non è una cosa che succede agli altri, dove la vita è il bene più prezioso. A umen fidei, “la luce della fede” in Dio come padre e in Gesù come salvatore, è la prima enciclica di papa Francesco. A tale fede, luce da non perdere mai nella vita, è dedicato il libro su Francesco Zirano, frate francescano andato in Africa per liberare dalla schiavitù i cristiani che, per durezza e lunghezza della prigionia, rischiavano di perderla. Posto lui stesso nell’alternativa di ripudiarla per avere salva la vita, morì firmando col sangue la sua adesione a Cristo e pregando per il dono di tale luce ai suoi carnefici. Nella prima parte del libro si ricostruisce il profilo biografico del Servo di Dio, il contesto socio-religioso della sua vita e l’andare tra i maomettani ispirato alla regola di san Francesco; mentre nella seconda i testimoni del suo martirio ne rivelano statura morale e religiosa. In tempo di diffusa apostasia da Dio, di diserzioni dalla Chiesa, ma anche di incontro ravvicinato dei cristiani con credenti di altre fedi, padre Zirano è testimone dell’evangelico stare con gli altri in modo pacifico, promuovendo insieme valori condivisi senza rinunziare alla propria identità religiosa. L Le Figlie di San Giuseppe 1/2014 43 Il presente numero dI “ FIglIe dI san gIuseppe” è stato chIuso In redazIone Il gIorno 27 FeBBraIo 2014.
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