4 Venerdì 1 Agosto 2014 PRIMO PIANO LA FAMIGLIA ROVATI CEDE IL GRUPPO FARMACEUTICO A MEDA PER 2,27 MILIARDI DI EURO Rottapharm diventa svedese La holding Fidim incasserà 1,6 miliardi cash più altri 275 milioni a inizio 2017. Inoltre diventerà il secondo azionista del gruppo quotato a Stoccolma con il 9% del capitale per valore di 357 milioni di Stefania Peveraro D opo lo smacco dell’ipo ritirata meno di un mese fa, la famiglia Rovati si prende una bella rivincita: vende per quasi 2,3 miliardi alla svedese Meda il 100% del capitale di Rottapharm, incassando un assegno cash da 1,643 miliardi di euro più azioni Meda per un valore di 357 milioni di euro, diventando così con il 9% del capitale il secondo azionista del gruppo farmaceutico quotato a Stoccolma che capitalizza 32,4 miliardi di corone svedesi (circa 3,5 miliardi di euro), alle spalle della Stena Sessan Rederi della famiglia Olsson, (22,7%). Inoltre a gennaio 2017 i Rovati incasseranno altri 275 milioni cash. Rimangono escluse dall’accordo tutte le attività di ricerca e sviluppo dedicate al segmento dei farmaci di alta tecnologia che fanno capo a Rottapharm Biotech, nucleo storico della ricerca del gruppo. Luca Rovati quindi, una volta rimborsati i debiti infragruppo della holding di famiglia Fidim nei confronti di Rottapharm, che alla fine dello scorso marzo ammontavano a 254 milioni (anche parte dei proventi della tentata ipo sarebbero serviti per coprire tale esposizione), siederà nel consiglio di amministrazione di Meda, uno dei maggiori gruppi farmaceutici al mondo, attivo nello sviluppo di farmaci da prescrizione e di prodotti over-the-counter e per il consumer healthcare. Inoltre il gigante svedese grazie all’integrazione con Rottapharm La vendita ha fruttato molto di più dell’ipo appena abortita U na ventina di giorni fa gli investitori hanno risposto picche ai Rovati, che avevano proposto al mercato di comprare in ipo il 25-30% delle azioni di Rottapharm in portafoglio alla famiglia. Il prezzo pagato dagli investitori soltanto in parte sarebbe andato nelle casse del gruppo farmaceutico, nella forma di rimborso di un debito infragruppo vantato appunto da Rottapharm nei confronti della holding di famiglia, Fidim. La cifra che la holding di famiglia avrebbe portato nelle proprie casse, infatti, non era di poco conto. Una volta rimborsati i debiti infragruppo, che a fine marzo 2014 ammontavano a 254 milioni, Fidim sarebbe rimasta con una somma compresa tra 160 e 370 milioni di euro. Fidim avrebbe infatti ceduto tra il 25% e il 30% del capitale di Rottapharm a un prezzo compreso tra i 7,25 e i 9 euro per azione, per un totale compreso tra i 416 e i 621 milioni. Gli investitori, insomma, non hanno apprezzato il fatto che il resto della liquidità sarebbe andato tutto nelle tasche dei Rovati, i quali l’avrebbero utilizzata a loro volta per rimborsare debiti verso le banche e per finanziare ulteriori investimenti personali, come quello condotto l’anno scorso al fianco di Marco Tronchetti Provera nell’operazione Camfin. Non solo. Secondo quanto risulta a MFMilano Finanza, gli investitori avrebbero anche chiuso un occhio se soltanto il prezzo richiesto dai Rovati fosse stato più basso oppure se la quota di minoranza messa in vendita fosse stata più ampia. Tanto più che il momento di mercato in cui l’ipo sarebbe dovuto diverrà un gruppo europeo leader nel settore specialty pharma, focalizzato su specifiche aree terapeutiche e nicchie di mercato con ricavi consolidati proforma a fine 2013 per 1,9 miliardi e un ebitda di 550 milioni. Va poi sottolineato che Fidim si ritroverà con molto più denaro in cassa di quanto sarebbe accaduto se l’ipo avesse avuto successo. Luca Rovati L’operazione proposta al mercato non prevedeva alcun aumento di capitale ma solo la cessione di di euro, prevedendo l’esercizio una quota (il 25%, aumenta- della greenshoe, a seconda di bile al 30%) del capitale del dove sarebbe stato fissato il gruppo farmaceutico. Fidim prezzo nel range compreso tra avrebbe incassato una somma 7,25 e 9 euro per azione e a compresa tra 416 e 621 milioni seconda che fosse esercitata andare in porto coincideva con un vero e proprio affollamento di matricole a livello europeo, il che ha fatto scattare un effetto concorrenza molto spinto nei portafogli degli investitori istituzionali Il tutto accadeva infine in giornate in cui i mercati finanziari europei avevano bruscamente cambiato direzione, contestualmente all’annunciato default su un’obbligazione emessa dalla holding del Banco Espirito Santo Per i Rovati, il ritiro dell’ipo sul momento è stato una sconfitta, mentre ora si è invece rivelato una mossa vincente, che li lascerà secondi azionisti di un gruppo internazionale e con il portafoglio zeppo di liquidità da investire in nuove avventure. Ma almeno a pagare non saranno stati gli azionisti di minoranza. (riproduzione riservata) o meno l’opzione di aumento dell’offerta. Il tutto per un valore dell’equity compreso tra 1,45 e 1,8 miliardi e per un valore dell’interro gruppo, debito incluso, compreso tra 1,7 e 2,06 miliardi, cioè 13,1 e 15,8 volte l’ebitda non normalizzato (che a fine 2013 era di 130,2 milioni a fronte di 536 milioni di fatturato). Cifre, queste, ben più basse dei 2,275 miliardi di enterprise value e 1,975 miliardi di equity value spuntati invece dai Rovati nell’operazione con Meda, nella quale hanno potuto far valere il premio di maggioranza e il fatto che gli svedesi a regime otterranno sinergie nell’ordine dei 100 milioni all’anno. Secondo quanto risulta a MFMilano Finanza, l’ipotesi di un’integrazione con un gruppo internazionale era stata già pre- sa in considerazione dai Rovati prima di avviare i lavori per l’ipo, che era stata poi scelta come un passaggio intermedio verso un’ulteriore crescita. Gli investitori però hanno storto il naso quando si è capito che l’offerta non avrebbe previsto alcun aumento di capitale e ha ritenuto il prezzo richiesto troppo elevato. Fidim è stata assistita dallo Studio Pavesi-Gitti-Verzoni per la parte legale e dallo Studio Tremonti-Vitali-Romagnoli-Piccardi per gli aspetti fiscali dell’operazione. Meda è stata invece affiancata dall’advisor finanziario Rothschild e da ReedSmith sul fronte legale. (riproduzione riservata) Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/rottapharm L’operazione avverrà nell’ambito di un aumento di capitale da 200 milioni di euro deliberato dal gruppo quotato a Piazza Affari Il Fondo Strategico entra in Trevi con il 16% di Stefania Peveraro I l Fondo Strategico Italiano e la controllata Fsi Investimenti (partecipata al 23% da Kuwait Investment Authority) acquisiranno in aumento di capitale una quota di minoranza di Trevi Finanziaria Industriale, quotata a Piazza Affari e capogruppo del Gruppo Trevi, azienda leader mondiale nella produzione di macchinari e servizi per i settori delle fondazioni e dell’esplorazione petrolifera. L’operazione avverrà tramite il trasferimento al Fsi di una parte dei diritti di opzione spettanti agli azionisti di Trevi Holding (la cassaforte della famiglia Trevisani che ha il 49% di Trevi Finanziaria) e a Davide Trevisani (presidente e amministratore delegato con l’1,78%) per la sottoscrizione di azioni di nuova emissione rivenienti da un aumento di capitale di Trevifin per un massimo di 200 milioni. Il Fsi investirà sino a 101 milioni, di cui una parte quale corrispettivo per l’acquisto dei diritti d’opzione e il resto per l’esercizio dei diritti e la sottoscrizione delle azioni. A loro volta, Trevi Holding e Trevisani utilizzeranno tutto quanto incassato dalla vendita dei diritti per sottoscrivere una quota di azioni Trevifin di nuova emissione. Alla fine dell’operazione, nell’ipotesi di integrale sottoscrizione dell’aumento di capitale, Fsi deterrà una partecipazione in Trevifin non inferiore al 15,8% del capitale sociale, mentre Trevi Holding e Trevisani saranno complessivamente azionisti per una quota massima del 34,8%. Una volta portata a termine l’operazione, il Fsi, Trevi Holding e Trevisani sottoscriveranno un patto parasociale contenente disposizioni relative alla governance dell’azienda. Se il patto si dovesse sciogliere per qualsiasi motivo, il Fsi pagherà un cosiddetto Trevifin variabile in base al rendimento conseguito dal Fsi per l’operazione. Il gruppo ha chiuso il 2013 con circa 1,3 miliardi di euro di ricavi (da 1,2 miliardi del 2012), un ebitda di 143,8 milioni (da 132,2 TREVI milioni) e un debito fiquotazioni in euro 9 nanziario netto di 442,9 IERI milioni (da 400,1). Con il 8 5,97 € suo intervento, il Fsi punta +1,53% a raddoppiare il fatturato 7 del gruppo in 5 anni. Ad assistere Trevi Holding e 6 Trevisani nell’operazione sono stati Mittel Advisory 5 Davide sul piano finanziario e lo 2 mag ’14 31 lug ’14 Trevisani studio Lombardi Molinari Segni su quello legale. Advisor legale del Fondo Strategico è stato «earn-out» a Trevi Holding e Trevisani invece lo studio d’Urso, Gatti, Bianchi. (rinella forma di un quantitativo di azioni produzione riservata)
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