Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, NE/VR settimanale diretto da luigi amicone anno 20 | numero 12 | 26 marzo 2014 | 2,00 EDITORIALE PIAZZE OVUNQUE, E NOI CON I NOSTRI SMARTPHONE Com’è andata la rivolta democratica? Non male, peccato che sia un disastro Y es we can, forward. Avanti, il potere siamo noi. Tutto quello che siamo stati capaci di fare, con tutto il nostro potere occidentale e personale, del presidente dell’hashtag #lovesilove, è una casino che metà basta. La piazza come simbolo della “rivoluzione democratica”. E, dunque, piazze ovunque. Piazze in Egitto. Piazze in Tunisia. Piazze in Libia. Piazze in Turchia. Piazze in Ucraina (e adesso anche in Crimea). Ovunque ci sia folla in piazza, là siamo noi, in effigie, con i nostri tweet e amicizie Fb, la nostra velocità di retorica col cancelletto, la nostra narrazione obamiana di un mondo in rete, in movimento, che guarda avanti ed è in partnerhip col cambiamento in 140 caratteri. Ovunque “ggiovani”, ovunque uguaglianze, ovunque notizie tagliate sulle emozioni. Bè, com’è è andata la rivoluzione? Non male. Peccato per i generali al Cairo. Peccato per i 140 mila morti a Damasco. Peccato per la guerra civile in Libia, la destabilizzazione in Tunisia, il caos dalla Somalia alla Nigeria. E adesso tocca all’Europa. Che spingendosi a irretire Mosca fino a puntellare un colpo di Stato a Kiev, s’è portata l’orso in Crimea. Insomma, il can can delle primavere arabe è finito con migliaia e migliaia di fuggiaschi, disperati, spolpati, imbarcati a forza e buttati a mare da schiavi- il can can delle primavere arabe è finito con migliaia e sti e trafficanti di esseri umani. Adesso vediamo come va in Ucrai- migliaia di MORTI, PROFUGHI, na. Dopo che senza ragionare (come di- disperati, schiavi. Adesso ce Stephen Cohen citato nel Taz & Bao, vediamo come va in Ucraina esemplare di quel poco di sinistra che non gareggia all’olimpiade della stupidità), cervelloni Usa e Ue sono andati a Kiev come le milanesi Iene e il foggiano Vladimiro sono andati a Sochi. Pensando di dare una lezione a Putin. A chi? Una volta si insegnava che una notizia va scritta sulla base delle famose cinque regole (chi, cosa, quando, dove e perché). Soprattutto si insegnava che tutto quello che pensa chi scrive non è una notizia. Adesso notizia è tutto ciò che ha boatos di sentimento. Di conseguenza succede che procuriamo guai peggiori di quelli che vorremmo contribuire a rimediare (poiché l’informazione sarebbe anch’essa una forma di incivilimento e di emancipazione). Infine, europei e americani approvano sanzioni e cacciano la Russia dal G8. Però non spiegano perché non costringono il nuovo governo di Kiev ad aprire un’inchiesta sull’eccidio di piazza Maidan. Nemmeno ora che il ministro degli Esteri estone Urmas Paet conferma di aver informato l’alto rappresentante della politica estera Ue Catherine Ashton di fonti ucraine secondo le quali «più che (il presidente deposto Viktor) Yanukovich, dietro ai cecchini pensano ci sia qualcuno della nuova coalizione». E che dicono i nostri eroi occidentali adesso che l’ultimo presidente dell’Urss, beniamino dei democratici e premio Nobel per la pace Mikhail Gorbaciov, si spinge ancora più in là di Putin? «Il referendum in Crimea ha corretto un errore storico. La Crimea era diventata parte dell’Ucraina in base alle leggi sovietiche, cioè le leggi del partito comunista, senza chiedere al popolo. Ora il popolo ha deciso da solo di correggere quell’errore. Questa decisione dovrebbe essere festeggiata, non sanzionata». Però Obama dice che «la Russia è isolata dal mondo». Può essere. A meno che sia lui a vivere su un altro pianeta. FOGLIETTO Non stare sereno. Le guerre interne alle procure (come quella in atto a Milano) ricadono su tutti. Capito Renzi? I l commento più diffuso al conflitto tra il procuratore aggiunto di Milano Robledo e il procuratore capo Bruti Liberati è che è un fatto senza precedenti. Forse è senza precedenti che un contrasto così forte sia stato consegnato ai media, che l’esposto di Robledo sia finito in redazione prima che al Csm, e che tutto ciò esca da uno degli uffici giudiziari più importanti d’Italia. Ma tutti gli ultimi trent’anni sono stati attraversati da lacerazioni feroci interne a procure e tribunali. È il caso di rassegnarsi? No, a condizione di tenere i piedi per terra. Realismo impone non già di fare il tifo per l’uno o l’altro contendente, bensì di identificare i nodi che, a ogni latitudine del paese, provocano liti paralizzanti, i cui danni ricadono su tutti gli italiani. Obbligatorietà dell’azione penale, responsabilità disciplinare dei magistrati, meccanismo di elezione del Csm, nomine dei capi degli uffici: fino a quando le scelte di governo e parlamento su tali voci continueranno a latitare, in ossequio al mantenimento dello status quo imposto dal correntismo della magistratura, sarà impossibile garantire una applicazione della legge penale percepita come equa e imparziale, intervenire sulla toga che non fa il suo dovere (quello disciplinare è l’unico livello sanzionatorio potenzialmente efficace; la responsabilità civile è una presa in giro), contare su una magistratura che badi più all’applicazione della legge che agli orientamenti del Csm. Renzi dice che farà la riforma del lavoro a prescindere da Cgil e Confindustria? Non si fermi: affronti le questioni-chiave della giustizia a prescindere dai diktat di frange dell’associazionismo in toga. Venir meno ai propositi enunciati sul fronte del lavoro assicura disoccupazione elevata. Continuare a vivacchiare sul fronte giudiziario assicura giustizia denegata. Alfredo Mantovano | | 26 marzo 2014 | 5 SOMMARIO 08 PRIMALINEA SPOSALI E SII SOTTOMESSO | FERRARESI NUMERO anno 20 | numero 12 | 26 marzo 2014 | 2,00 Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr settimanale diretto da luigi amicone 12 Ecco perché l’informazione si sta condannando a vendere emozioni LA SETTIMANA 16 INTERNI BONANNI E IL JOBS ACT DI RENZI | MARGRITA Foglietto Alfredo Mantovano...........5 Speciale Capitale umano..................... 26 Passeggiata in libreria Lodovico Festa.......................42 Presa d’aria Paolo Togni.................................... 46 Mamma Oca Annalena Valenti............... 47 Post Apocalypto Aldo Trento................................... 52 Sport über alles Fred Perri...........................................54 14 COPERTINA L’ASCIA NEL CUORE EMANUELE BOFFI Cartolina dal Paradiso Pippo Corigliano.................. 55 Mischia ordinata Annalisa Teggi........................58 RUBRICHE 22 L’INTERVISTA GIUSEPPE RECCHI | RIGAMONTI 36 ESTERI L’EUROPA E I SUOI ERRORI | CASADEI Stili di vita.......................................... 46 Per Piacere....................................... 49 Motorpedia........................................50 Lettere al direttore...........54 Taz&Bao................................................56 Foto: Corbis; European Parliament Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994 settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee Anno 20 – N. 12 dal 20 al 26 marzo 2014 DIRETTORE RESPONSABILE: LUIGI AMICONE REDAZIONE: Laura Borselli, Rodolfo Casadei (inviato speciale), Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Pietro Piccinini PROGETTO GRAFICO: Enrico Bagnoli, Francesco Camagna UFFICIO GRAFICO: Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò FOTOLITO E STAMPA: Elcograf Via Mondadori 15 – 37131 Verona DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl SEDE REDAZIONE: Corso Sempione 4, Milano, tel. 02/31923727, fax 02/34538074, [email protected], www.tempi.it EDITORE: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione 4, Milano La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà: Editoriale Tempi Duri Srl tel. 02/3192371, fax 02/31923799 GESTIONE ABBONAMENTI: Tempi, Corso Sempione 4 • 20154 Milano, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 tel. 02/31923730, fax 02/34538074 [email protected] Abbonamento annuale cartaceo + digitale 60 euro. 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La favola della “legge anti-gay” dell’Arizona e la sua vera morale | | 26 marzo 2014 | 9 10 | 26 marzo 2014 | | aborto o un cittadino di fronte alla leva obbligatoria? In America da anni si moltiplicano denunce e dispute legali contro pasticceri che rifiutano di guarnire torte nuziali per sposi dello stesso sesso e altri esercenti che pongono obiezioni di coscienza ai clienti. Sono casi gravidi di implicazioni che vanno ben oltre l’ambito specifico del matrimonio omosessuale (un ristorante kosher può rifiutarsi di servire carne di maiale o sta discriminando qualcuno? Ci sono centinaia di migliaia di esercizi commerciali che fanno affari in linea con il credo dei proprietari, anche in ambiti che nulla hanno a che fare con le questioni sensibili di matrimonio e famiglia) e mettono in discussione il rapporto fra Stato e religione così com’è fissato nel primo emendamento alla Costituzione: lo stato deve proteggere la libertà di religione, e allo stesso tempo deve guardarsi dall’introduzione di una religione di Stato. La posta in gioco è altissima: ha a che fare con l’ordinamento stesso dello Stato e mette in discussione i confini della libertà personale che il potere dovrebbe difendere. Libertà religiosa o solo di culto? Come ha notato di recente il governatore della Louisiana, Bobby Jindal, il sempreverde escamotage usato dai legali dell’amministrazione Obama di fronte a tutte le controversie di questo genere consiste nel «ridurre la libertà religiosa e semplice libertà di culto». Le convinzioni religiose sono rispettate dallo Stato nella misura in cui non escono dalla sagrestia o dalla moschea, dalla sinagoga o dal tem- Foto: Corbis A lla fine di febbraio la governatrice dell’Arizona, Jan Brewer, ha posto il veto a un disegno di legge sulla libertà religiosa approvato dal parlamento dello stato e che aveva scatenato infinite polemiche a livello nazionale. La legge prevedeva di chiarire il confine fra libertà di coscienza e diritto a un trattamento equo in quei casi, sempre più numerosi, in cui certe pratiche commerciali ledono le convinzioni religiose di chi le pratica. Un fotografo che non approva il matrimonio fra persone dello stesso sesso è obbligato a fare un servizio fotografico al ricevimento di due gay o può rifiutarsi in nome del suo credo religioso? Può invocare l’obiezione di coscienza come un medico di fronte a un #LOVEISLAW PRIMALINEA Il procuratore generale eric Holder dà battaglia a qualunque disposizione contraddica la visione di obama. È stato lui A ordinare ai tribunali federali di non difendere la legge sul matrimonio uomo-donna, ancora prima che la corte suprema la Dichiarasse incostituzionaLE Foto: Corbis e dai giornali liberal, New York Times in testa, e una volta passata questa versione delle cose anche la governatrice Brewer, una repubblicana che non teme di dare battaglia ai democratici sui terreni di scontro più caldi, non poteva che chinare la testa e porre il veto per salvare quel che restava della sua immagine pubblica. Del resto, anche il senatore John McCain e Mitt Romney, gli ultimi due sfidanti di Obama, avevano chiesto a Brewer di fermare la legge discriminatoria e retrograda, richieste che testimoniano il generale allontanamento del partito repubblicano dalle posizioni sociali tradizionali. pio. Se hanno un impatto sulla vita pubblica – è il caso degli esercizi commerciali – non si tratta più di libertà religiosa del commerciante ma di inaccettabile discriminazione del cliente. L’Obamacare ha sancito questo orientamento giuridico pur senza codificarlo chiaramente con una legge votata dal Congresso. È stato sufficiente un tratto di penna del potere esecutivo per decretare che tutti gli istituti d’ispirazione religiosa ma con funzione pubblica (scuole, università, ospedali eccetera) devono offrire ai propri dipendenti un’assicurazione sanitaria che offra anche contracettivi e farmaci abortivi. E la libertà religiosa? Quella si applica soltanto ai soggetti religiosi nel senso più stretto del termine, quelli che si occupano della cura delle anime e discettano di princìpi religiosi in chiave puramente teoretica e devozionale. Se s’azzardano ad applicarli diventano cittadini come tutti gli altri, dotati per decreto del dovere inalienabile di sottostare a pratiche contrarie alla propria coscienza. Il disegno di legge dell’Arizona è stato oggetto di un grandioso attacco concentrico, con tanto di boicottaggi intimidatori da parte di grandi aziende come Delta Airlines, che adombrava la possibilità di disertare gli scali dello stato, e minacce del Super Bowl di togliere a Phoenix la partita più importante dell’anno, foriera di prestigio e introiti. È stata rappresentata come una disputa fra omofobi e tolleranti, fra barbari e civilizzati. Autorevolissimi esponenti del governo hanno detto che la legge autorizzava la discriminazione degli omosessuali, affermazione cavalcata a rotta di collo dalle associazioni gay La ricerca del caos giuridico «La nostra società sta attraversando molti cambiamenti – ha detto Brewer – e tuttavia credo che questa legge crei più problemi di quanti ne risolva. La libertà religiosa è un valore centrale per l’America e per l’Arizona, ma lo è anche la non discriminazione». La più importante associazione per i diritti civili, l’Aclu, ha tirato un sospiro di sollievo per la decisione ragionevole della governatrice assieme a tutti gli altri soggetti che combattono il cancro della discriminazione: «Siamo lieti che la governatrice abbia fermato questa disgraziata legge, e che i negozi dell’Arizona siano aperti a tutti». Peccato però che la legge attualmente in vigore non impedisca affatto ai commercianti dello stato di rifiutarsi di servire clienti omosessuali o altre categorie in nome della propria coscienza. Alcuni comuni hanno imposto leggi in questo senso, ma non c’è una legge statale che effettivamente impedisca una scelta che, a seconda dei punti di vista, è una oscurantista discriminazione o una difesa della coscienza personale. L’Arizona è uno degli stati che ha recepito, nel 1999, la legge federale sulla libertà religiosa approvata negli anni della presidenza Clinton sotto il nome di Reli| | 26 marzo 2014 | 11 PRIMALINEA #LOVEISLAW gious Freedom Restoration Act (Rfra). Allora Washington era arrivata a elaborare uno strumento legislativo per chiarire i confini dell’obiezione di coscienza dei titolari di esercizi per motivazioni religiose a seguito di una serie di sentenze e controsentenze a vari livelli che avevano ingarbugliato ancora di più il problema. Alcune parti fondamentali del Rfra sono state dichiarate incostituzionali dalla Corte suprema per via di un conflitto di attribuzione dei poteri, ma i singoli stati hanno mantenuto le proprie disposizioni in materia. Oggi per molti versi si stanno riproponendo, a suon di denunce e sentenze, le stesse condizioni di confusione giuridica sulla libertà religiosa che l’America ha affrontato alla fine degli anni le, ma il fronte liberal si è strenuamente opposto all’iniziativa, arrivando a distorcere il contenuto della riforma per rappresentarlo come chiaramente e inequivocabilmente omofobo. Un complotto dei conservatori più razzisti. Messa di fronte alla scelta libertà contro omofobia, cosa volete che scelga una pur combattiva governatrice che non ha nemmeno l’appoggio del suo partito sul tema? Lo stesso ragionamento vale per tutti i giudici d’America che si trovano a dirimere controversie analoghe. Affermare il principio egalitario per via giudiziaria è estremamente più conveniente per gli attivisti dei diritti civili: i tribunali sono influenzati dalla cultura circostante più di quanto lo siano i parlamenti, ed è raro il primo tentativo legislativo di fare chiarezza sulla questione della libertà religiosa è stato affondato con una campagna pretestuosa. e CON GRAVI MINACCE DI ritorsione DA PARTE di grandi aziende E DEL SUPER BOWL Novanta, complicate questa volta dall’ondata di legalizzazioni del matrimonio gay e dalla riforma sanitaria di Obama, che fanno sorgere conflitti giuridici inediti. Mistificazione riuscita L’Arizona è il primo stato che ha affrontato il problema dal punto di vista legislativo (come negli anni Novanta aveva fatto il Congresso, pur con esiti non proprio esaltanti dal punto di vista della tenuta costituzionale) nel tentativo di aggiornare la legge alle mutate condizioni sociali. Prima che uno sconosciuto giudice in New Mexico, in Oregon o chissà dove ancora faccia scuola, si sono detti deputati e senatori, meglio che si chiarisca il problema con una riforma. Tanto più che allo stato attuale i commercianti possono tranquillamente discriminare clienti gay. Dal punto di vista dell’ordinamento dei poteri il ragionamento è difficilmente contestabi12 | 26 marzo 2014 | | trovare un giudice oggi in America disposto a giocarsi reputazione e carriera con un pronunciamento controcorrente. Il dibattito parlamentare è irto di ostacoli, le posizioni piene di sfumature e, infine, c’è sempre una maggioranza di voti da trovare, il che rende il processo ancora più complicato. Alexander Hamilton, il padre del federalismo americano, diceva che il potere giudiziario è il più debole dei tre, perché a questo non spetta «la forza né la volontà, ma solamente il giudizio». Nella battaglia culturale di oggi il potere giudiziario appare invece come il più forte dei tre poteri, tanto che il primo tentativo legislativo di fare chiarezza sulla questione capitale della libertà religiosa è stato affondato con una campagna pubblica pretestuosa e vagamente intimidatoria (il Super Bowl porta un indotto di centinaia di milioni di dollari alla città ospite, minacciare di annullarlo a causa del passaggio di una legge, qualunque essa sia, è un gesto di ritorsione che ha un impatto notevole). Meglio dunque passare dal più debole dei poteri diventato il più forte, quello che ha “soltanto” l’enorme potere del giudizio su questioni dirimenti per la società americana e occidentale. L’attivismo del procuratore L’attivismo giudiziario, poi, non è una grande novità nell’America di Barack Obama e del fedelissimo procuratore generale, Eric Holder, quello che ha ordinato ai tribunali federali di non difendere la legge sul matrimonio come unione fra un uomo e una donna prima ancora che la Corte suprema lo dichiarasse incostituzionale. Holder dà battaglia a qualunque disposizione contraddica la visione del mondo dell’Amministrazione ed è stato informalmente incaricato dal presidente che prometteva trasparenza nel governo di coordinare la caccia a giornalisti troppo attivi e propalatori di “leak” contro l’amministrazione. Le battaglie del procuratore vanno della riduzione delle pene per i reati di droga, che concepisce come pretestuose disposizioni per penalizzare gli afroamericani, alla battaglia contro la Corte suprema che ha diminuito le garanzie che gli stati del Sud sono tenuti presentare a Washington per dimostrare che l’accesso al voto è uguale per tutti i cittadini. Anche qui Holder è convinto che il rilassamento sia soltanto un sotterfugio per tornare all’esclusione degli afroamericani dalle urne praticato maliziosamente anche dopo il passaggio delle leggi per i diritti civili. Che siano questioni a sfondo razziale o in sospetto di omofobia repubblicana, l’apparato giudiziario dell’amministrazione ha strategie efficaci per affermare la propria idea di società attraverso un capillare popolo giuridico politicamente non proprio neutrale. n l’ascia nel cuore 14 | 26 marzo 2014 | | A lla fine hanno dovuto buttarla in caciara per togliersi dall’imbarazzo di aver preso una topica. E così, una volta scoperto che il video The First Kiss altro non era che la réclame di una marca d’abbigliamento – un video visto da sessanta milioni di utenti, dico: sessanta milioni sono gli abitanti dell’Italia –, sono nate sulla rete le parodie: coi cani che si usmano il deretano, gli adolescenti imbranati che non sanno da che parte cominciare, le coppie intente nel first handjob (la traduzione la lasciamo al lettore). In fondo, anche la battutaccia smargiassa e scurrile è una forma di difesa. Difesa da che? Dall’essere stati gabbati a credere che l’amore è un sentimento spontaneo. Un passo indietro. Qualche settimana fa su Youtube viene caricato un video in bianco e nero della regista Tatia Pilieva. Vi compaiono coppie tipificate variamente assortite: c’è il ragazzo tatuato con la signora di mezza età, la figliola con la camicetta leopardata e il giovane manager in giacca e cravatta, lui e lui, lei e lei. Sappiamo solo che sono perfetti sconosciuti cui è stato chiesto di darsi un bacio. Frasi di circostanza, sorrisi imbarazzati, convenevoli. Poi i corpi si avvicinano, le mani si sfiorano, una colonna sonora incalzante suggella l’avvinghiarsi di braccia, baci sempre più appassionati, mordicchiamenti vari. «È la prova che il colpo di fulmine esiste», sentenziano i siti online di mezzo mondo. Condivisioni, commenti, passaparola fanno il resto. Pure il presidente Barack Obama pare abbia apprezzato. D’altronde, il video è l’esatta trasposizione dell’interpretazione maggioritaria che viene data alla parola “amore”. Ricordate? Love is love, l’amore è amore. Anzi, #LoveIsLove, tutto attaccato e col cancelletto, così che sia più facile condividerlo sui social network, farne una bandierina da sventolare, slogan che ci faccia sentire tutti aderenti alla medesima community esistenziale. Poi si scopre che era una pubblicità. Uno spot. Sessanta milioni che pensavano fosse amore, si sono risvegliati con una marca di vestiti che cerca di piazzargli la maglietta della salute. Ma c’è del genio in questa operazione di marketing che non ha fatto altro che sfruttare l’ideologia corrente sull’amore: è spontaneità, non conta il sesso o la religione, il colore della pelle, il peso, l’altezza, che tu sia bello o brutto, che ci conosciamo o meno. Love is love, e tanto basta. la tirannia dell’hashtag La grande bellezza del “bacio spontaneo” era solo un’insulsa réclame | DI EMANUELE BOFFI In pochi giorni le appassionate effusioni tra presunti sconosciuti immortalate nel video The First Kiss hanno conquistato su Youtube oltre 60 milioni di visualizzazioni e commenti entusiasti. Finché non si è scoperto che era uno spot pubblicitario I pubblicitari non hanno fatto altro che chiedere l’assenso su quel che già raccoglie il maggior consenso. Cos’altro deve fare uno spot se non suscitare un’emozione per ingolosirci su un prodotto? E noi ci siamo cascati, come quel famoso signore che al supermercato non accettava di scambiare il suo fustino di detersivo di marca per due contenitori anonimi. Abbocchiamo alle réclame, ma non nella vita di tutti i giorni. Chiunque di noi incontrasse per strada uno sconosciuto che ci vuole baciare, correrebbe a chiamare il 118, soprattutto in tempi di femminicidi imperanti. E la reazione normale sarebbe questa (l’avvisare la neurodeliri), non l’altra (farsi tampinare da uno che non abbiamo mai visto). Ma questo è quello che faremmo, non quello in cui diciamo di credere. Quello che professiamo online è che l’amore è un sentimento leggero, spontaneo, che va gustato nell’attimo perché non dura per sempre. E quindi non vale la pena impegnarsi, perché poi subentra la delusione e, si sa, gli amori che durano tutta la vita c’erano al tempo dei nonni, mica oggi che c’è Facebook. Così, visto che viviamo dentro questa bolla che ci fa credere che l’amore è solo un flirt, i pubblicitari ne approfittano per piazzarci il fustino in mano. E noi, come allocchi, ce ne teniamo uno anziché due, pensando che sia la cosa più ragionevole. Ma se solo per un attimo uscissimo da Youtube e dalla prigionia dell’hashtag e tornassimo a considerare il fatto che il colpo di fulmine non basta, che l’amore è fatica e dedizione, sacrificio e conquista, il nostro bacio, all’estraneo, non lo daremmo mai. Se lo vuole, se lo deve conquistare. Perché esiste una cosa antica e preziosa che si chiama intimità. E non è a buon mercato. (Uno degli altri video che hanno girato sulla rete, dopo la “grande delusione” che The First Kiss era una bufala, è stato “Il bacio tra sconosciuti, quello vero”. La rivista Vice ha fatto incontrare una ventina di persone che non si erano mai viste e ha chiesto loro di replicare l’esperimento. Non erano attori e fotomodelli, come quelli del video originale. Erano persone comuni, alcune anche piuttosto impresentabili. Per ogni bacio hanno intascato 23 euro. A conferma che, oltre all’amore vero, esiste solo quello a pagamento. Almeno un baratto onesto, più dignitoso di quello “spontaneo”). | | 26 marzo 2014 | 15 INTERNI 16 | 26 marzo 2014 | IL SEGRETARIO IN CAMPO | Foto: Corbis Adesso è ora di cambiare «Il sindacato non può solo protestare. Deve anche indicare una prospettiva al paese». Bonanni detta la linea della Cisl e punge Renzi. «Se preferisce l’antagonismo di Landini è affar suo». E tira le orecchie alla Camusso. «I contratti a termine aumentano le garanzie dei lavoratori. Sono altri i problemi» | DI MARCO MARGRITA | | 26 marzo 2014 | 17 Da OlTRE CINQUaNT’aNNI laVORIamO PER la TUa SICUREZZa SUllE FERROVIE ITalIaNE GRUPPO ROSSI (GCF & GEFER) V i a l e d e l l ’O c e a n O a t l a n t i c O n . 190, 00144 R O m a T E l . +39.06.597831 - F a x +39.06.5922814 - E - m a I l g c f @ g c f . i t - g e f e R @ g e f e R . i t IL SEGRETARIO IN CAMPO INTERNI Il premier Matteo Renzi alla conferenza stampa dello scorso 12 marzo in cui ha esposto le misure che il governo adotterà in tema di tasse, scuola e lavoro Foto: Ap/LaPresse R affaele Bonanni, segretario confederale della Cisl, sarà uno degli ospiti di spicco al congresso del Movimento Cristiano Lavoratori. Una presenza la sua, all’assise Mcl, che sembra confermare che i tentativi per un lavoro unitario dei grandi soggetti sociali e popolari d’ispirazione cattolica non si sono interrotti. E con il segretario, Tempi fa il punto sul tema del lavoro, questione che oggi ha assunto una centralità nel dibattito pubblico, anche per gli annunciati provvedimenti governativi. «Noi abbiamo – chiarisce Bonanni – giudicato positivamente le prime mosse del governo Renzi. Da tanti anni la Cisl sollecita un intervento choc sulle tasse che stanno strangolando l’economia italiana e le famiglie. Ecco perché l’annuncio del governo di abbassare le tasse ai lavoratori è sicuramente un segnale importante che farà bene ai consumi e anche alle imprese. Noi chiediamo che anche per i pensionati, soprattutto quelli al minino, ci sia un intervento di riduzione delle tassazioni. Questa è la strada per risollevare la nostra economia e creare più occupazione. Aspettiamo di vedere le buste paga dei lavoratori di maggio. Se Renzi non dovesse mantenere la promessa, sarebbe sicuramente un boomerang per l’esecutivo. Ma noi crediamo che lui farà il possibile per portare avanti questa nuova politica e le riforme di cui il paese ha bisogno da almeno vent’anni». Un’apertura di credito che non elimina le frizioni – specie dopo le affermazioni del premier nell’intervista a Fabio Fazio – con le organizzazioni sindacali. «Renzi – punge il segretario confederale – è giovane ed esuberante ma farebbe bene a essere più cauto sul ruolo delle parti sociali nelle società complesse. Il presidente del Consiglio dovrebbe favorire sempre il dialogo e non alimentare le contrapposizioni ideologiche. Non si governa un paese come l’Italia senza la ricerca di una maggiore coesio- «RENZI DEVE CAPIRE CHE NON SI GOVERNA UN PAESE SENZA IL COINVOLGIMENTO DEI SINDACATI NELLE SCELTE DI POLITICA ECONOMICA. MA SIA CHIARO, A NOI NON INTERESSA UN RUOLO DI FACCIATA COME RITUALITà» ne sociale e il coinvolgimento dei sindacati e delle altre associazioni di categoria nelle scelte, anche impopolari, di politica economica. Ma sia chiaro: a noi non interessa la concertazione di facciata come ritualità, come una passerella nella quale alla fine non si decide niente. Se Renzi preferisce le posizioni conservatrici e antagonistiche di Landini è un problema suo. Ce ne faremo una ragione. Noi chiediamo solo che ci sia rispetto per le posizioni del sindacato e dei lavoratori. Renzi non faccia di ogni erba un fascio. Prenda esempio dal modello di partecipazione “renano” e dal rapporto che lega tutti i governi tedeschi alle parti sociali. Per il resto, la Cisl continuerà a giudicare l’azione del governo dai risultati che arriveranno concretamente ai lavoratori. Non faremo sconti a questo esecutivo, come non ne abbiamo mai fatto agli altri». E per quanto riguarda la questione dei contratti a termine così come sono stati proposti nel Jobs Act di Renzi, Bonanni è di parere completamente opposto alla collega Susanna Camusso. Secondo la Cgil aumentano la precarietà, per la Cisl «aumentano le garanzie dei lavoratori». «Il contratto a termine – spiega Bonanni – fornisce il massimo delle garanzie possibili a un lavoratore: tutela previdenziale, sistema retributivo, sicurezza. Invito Susanna Camusso a concentrare le forze su quella che ritengo la vera emergenza in tema di occupazione precaria: contrastiamo insieme il mondo delle false partite Iva, dei co.co.pro. e dei lavoratori senza tutele». La guida della Cisl, dal canto suo, non nega che sia necessario un ripensamento del ruolo del sindacato. «In questi anni, – spiega a Tempi – abbiamo realizzato accordi importanti con le nostre controparti, in un percorso coerente di riforme del mondo del lavoro per favorire la competitività del sistema produttivo. Ultimamente siamo riusciti anche a regolare, insieme | | 26 marzo 2014 | 19 INTERNI IL SEGRETARIO IN CAMPO IL XII CONGRESSO NAZIONALE DI MCL «Lavoro, Europa, gender, difesa della vita. Cattolici, dobbiamo uscire dalle riserve» anche alla Cgil, il tema della rappresentanza nei posti di lavoro, argomento su cui sarebbe sbagliato intervenire per legge. Ma questo certamente non è sufficiente. Noi pensiamo che il sindacato oggi sia di fronte a un bivio: non basta solo protestare o rivendicare condizioni migliori per i lavoratori e i pensionati. Oggi dobbiamo indicare una prospettiva nuova al nostro paese, favorendo con gli accordi aziendali e territoriali nuovi investimenti e la creazione di posti di lavoro». Continuare sulla linea di Todi C’è la consapevolezza che i governi devono affrontare grandi questioni: «Il problema delle tasse troppo alte, dei costi dell’energia, delle infrastrutture insufficienti, di una burocrazia che va riformata dalle fondamenta, di una giustizia civile troppo lenta». Su questo, ammette Raffaele Bonanni, «anche le parti sociali devono fare la propria parte, allargando il bacino della contrattazione in una logica di sussidiarietà e partecipazione dei lavoratori al capitale delle aziende. Dobbiamo cambiare il nostro modello capitalistico, farlo uscire dal familismo e dal ricatto della finanza, delle assicurazioni e delle banche. I lavoratori e le imprese devono collaborare per innalzare il livello della produzione e ridistribuire gli utili in maniera più equa. Questa è la battaglia della Cisl. Per fare questo occorre un sindacato più partecipativo, più snello e autonomo da tutti gli schieramenti politici. E su questo fronte la Cisl non ha da imparare niente da nessuno». Sul fronte delle collaborazioni con le altre organizzazioni cattoliche la Cisl non si tira indietro. Si pensi al Forum di Todi. «È stato una straordinaria esperienza che ha prodotto risultati importanti nella riorganizzazione dell’offerta politica e nella valorizzazione del ruolo essenziale dell’associazionismo ispirato ai valori cristiani. Dobbiamo rilanciare tutti insieme questo impegno, perché la società italiana è 20 | 26 marzo 2014 | | Il Movimento Cristiano Lavoratori (Mcl) celebrerà, dal 21 al 23 marzo, presso l’Ergife Palace Hotel di Roma, il suo XII congresso nazionale. Un congresso che giunge al termine di una stagione che ha visto il Movimento riflettere suelle realtà di base e sulla recente stagione dei congressi regionali. Un titolo, quello dell’assise, decisamente programmatico: “Per un’economia a servizio dell’uomo: il lavoro primo fattore di ripresa. Realizzare le riforme per garantire democrazia e giustizia sociale”. Il presidente nazionale Carlo Costalli spiega che «questo congresso è un momento in cui vogliamo lanciare un messaggio forte alla società e ai cattolici, troppo spesso autoreclusi a contemplare e maledire la loro irrilevanza nella scena pubblica. È importante mettere al centro la questione del lavoro nell’ottica di un’economia al servizio della persona. L’assenza di lavoro è una di quelle periferie, per usare le parole del Papa, su cui dobbiamo sentirci interpellati ad agire». Il Mcl vuole essere «una realtà di servizio all’uomo, nella società e nella Chiesa. Per questo abbiamo voluto un congresso aperto dove interverranno il cardinale Angelo Comastri, il segretario della Cisl Raffaele Bonanni e il patriarca latino di Gerusalemme, monsignor Fouad Twal». Questo è un tempo denso di sfide, continua il presidente, «in cui testimoniare la validità e l’attualità della Dottrina Sociale della Chiesa cattolica. Il Movimento continua a sostenere necessaria, recuperando il meglio dello spirito di Todi, una ripresa dell’azione sociale e politica dei cattolici. L’assenza di una lista unitaria, alle elezioni europee, di quanti fanno riferimento all’europopolarismo è sicuramente un’occasione perduta. Dobbiamo, comunque, impegnarci per dare un segnale forte di presenza, tanto rispetto alla questione sociale quanto ai temi etici: pensiamo all’ideologia di genere o alla difesa della vita. Il servizio al bene comune richiede di metterci in campo, di non starcene tranquilli nelle riserve. C’è lo spazio per una collaborazione nella realizzazione di riforme (istituzionali e sociali); le realtà popolari non possono non cercare di dare spazio alle loro proposte». [mm] in una fase di transizione politica, istituzionale, sociale ed economica. Lo abbiamo chiarito più volte: non tocca a noi lanciare nuovi movimenti politici. Ma i cattolici impegnati nel sociale hanno il diritto e il dovere di indicare una prospettiva di riforme economiche e sociali, stimolando la partecipazione delle persone e sollecitando la formazione di una nuova classe dirigente in grado di guidare il paese. Ci faremo sentire nei prossimi mesi e lo faremo con grande determinazione e unità». In vista delle elezioni europee, quale messaggio manda il sindacato alle forze politiche che si apprestano a cominciare la campagna elettorale? «Noi siamo convinti che vada rilanciato con forza il processo di integrazione politica a livello europeo. Questa è la chiave per uscire da questo gioco pericoloso sull’euro che ha prodotto solo sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni europee. La politica italiana dovrebbe fare una battaglia forte per pun- tare a questo traguardo storico degli Stati Uniti d’Europa. Bisogna che la Bce possa giocare un vero ruolo, divenire un prestatore di ultima istanza. E questo si potrà realizzare solo se alle spalle avrà un forte potere politico unitario». Una vera unità politica continentale che non può non passare attraverso un cambio di passo rispetto all’imposizione dell’austerity. «Serve una svolta rispetto alle ricette fin qui confezionate da Fmi, Bce e Commissione per smontare quell’impalcatura che ha reso gli stati europei prigionieri della finanza e dei banchieri, e i poteri democratici sempre più deboli. La svolta resta l’armonizzazione dei regimi fiscali da contrapporre al rigore tout court, evitando il dumping fiscale e le situazioni di degrado che colpiscono i più deboli in Europa. Speriamo che i partiti parlino e si confrontino su questi veri temi durante la campagna elettorale per il rinnovo del parlamento europeo e non delle solite beghe di casa nostra». n L’INTERVISTA LE NUOVE ENERGIE Giuseppe Recchi «Pianificare il futuro per evitare l’inesorabile declino». Per il presidente di Eni questo vuol dire prendere sul serio «lo shale gas che in America sta dando parecchi benefici e rivedere i sussidi concessi alle rinnovabili» U nited Rentals, la più grande compagnia al mondo per il noleggio di attrezzature edili e lavori cantieristici ha deciso di comprare National Pump, la seconda azienda del Nord America specializzata nel noleggio di pompe idrauliche e leader indiscusso del mercato finale del settore Oil&Gas. Secondo l’agenzia Reuters il motivo è che a Stamford, in Connecticut, dove ha sede il quartier generale di United Rentals, i vertici del gruppo sarebbero intenzionati a non farsi scappare l’El Dorado delle nuove energie, ovvero lo shale gas e lo shale oil, il gas e il petrolio naturale intrappolati negli scisti argillosi a migliaia di metri sottoterra. Idrocarburi che fino a pochi anni fa erano totalmente inestraibili, ma che ora, grazie alle rivoluzionarie scoperte di George P. Mitchell, il pioniere del fracking, possono essere portati alla luce con procedimenti ingegneristici che prevedono il pompaggio di acqua ad alta pressione mista a reagenti chimici nei giacimenti del sottosuolo, la conseguente fratturazione delle rocce (fracking) e quindi l’emersione in superficie della preziosa fonte energetica. Quella dello shale gas è una vera e propria rivoluzione, come sono soliti definirla in Eni, le cui conseguenze geostrategiche sono destinate a interessare molti paesi. Soprattutto in Asia e in Europa. L’agenzia internazionale per l’Energia dell’Ocse (Iea), infatti, calcola che i paesi del Medio Oriente 22 | 26 marzo 2014 | | | DI MATTEO RIGAMONTI Giuseppe Recchi, nato nel 1961, è presidente di Eni dal maggio 2011 saranno costretti a esportare in futuro il 90 per cento del proprio petrolio in Asia. Con la Cina e l’India a farla da padroni tra i compratori. E l’avvento del gas d’argilla potrebbe addirittura affrancare, almeno in parte, molti Stati del Vecchio continente dalla dipendenza dal gas russo. Gli Stati Uniti stanno già sperimentando i benefici dello shale e, secondo la Iea, a partire dal 2020 dovrebbero diventare autosufficienti per il gas naturale e ridurre ad appena il 30 per cento le importazioni di greggio. E soprattutto, se gli | | 26 marzo 2014 | 23 L’INTERVISTA GIUSEPPE RECCHI L’ATTACCO DI SERGIO ROMANO Gli incubi ambientalisti ci escludono dalla modernità Stati Uniti sono riusciti a superare la crisi del 2007, è anche merito del gas di scisto che nel 2000 rappresentava solo l’1 per cento del gas naturale consumato, mentre nel 2012 era circa il 25 per cento e si stima che possa superare il 50 per cento nel 2030. Intanto, in attesa che l’America conquisti la tanto agognata indipendenza energetica e possa diventare uno dei più solidi paesi esportatori di gas naturale, quello che è certo è che il notevole risparmio sul costo dell’energia generato grazie allo shale gas ha già permesso di risollevare le sorti dell’industria chimica a stelle e strisce, dell’acciaio, dell’alluminio, dell’automotive, delle costruzioni e delle infrastrutture. E mentre anche la Cina ha cominciato a verificare la disponibilità di shale gas nel suo territorio, chi arranca è l’Europa, imprigionata tra i ritardi e i nazionalismi delle politiche energetiche dei singoli stati, l’assenza di una politica energetica comunitaria e gli oneri di una sconsiderata campagna a sostegno delle rinnovabili che finora è già costata 60 miliardi di euro in sussidi. A raccontare a Tempi le prospettive che lo shale gas ha già aperto agli americani e potrebbe squadernare davanti agli occhi talvolta increduli di noi europei è Giuseppe Recchi, presidente di Eni, la prima azienda italiana, nonché uno dei global player in «quell’ingranaggio affascinante e complesso che è il mercato dell’energia». Presidente, nel suo libro, Nuove Energie. Le sfide per lo sviluppo dell’Occidente, lei ha scritto che «non c’è crescita senza energia». Che ruolo possono giocare le «nuove energie» nella sfida per la ripresa e la fuoriuscita dalla crisi? Un ruolo senza dubbio fondamentale, perché senza energia non solo non c’è crescita, ma si rischia persino il declino. Ed è questo un pericolo che tanto l’Europa quanto l’Italia devono a ogni costo scongiurare. Soltanto che, per allontanare questa indesiderata prospettiva dall’orizzonte, non c’è che una semplice soluzione da adottare: pianificare gli interventi. Proprio come stanno facendo da anni gli Stati Uniti e la Cina con lo shale gas e lo shale oil. Mentre l’Europa sul tema ha ancora molto da fare. E ciò, nonostante queste risorse siano presenti in larga parte anche nel sottosuolo del Vecchio continente, specie in Polonia, Francia e Regno Unito, oltre che in Russia ed Ucraina. Ma l’Europa, a differenza dell’America e di Pechino, non pare nemmeno essersi accorta 24 | 26 marzo 2014 | | La «rivoluzione energetica» del gas di scisto è raccontata da Giuseppe Recchi, presidente di Eni, nel suo libro Nuove Energie. Le sfide per lo sviluppo dell’Occidente, scritto per la collana i Grilli di Marsilio Editori, con prefazione di Sergio Romano. In centocinquanta pagine che scorrono come un romanzo, Recchi ricostruisce, facendo ricorso ad autorevoli dati e significativi aneddoti frutto della sua personale esperienza nel settore energetico, le principali scoperte che hanno portato dall’esplorazione dei primi giacimenti di petrolio nella seconda metà dell’Ottocento alla rivoluzione innescata solo una decina di anni fa da George P. Mitchell, il pioniere del fracking. Che è il nome inglese della tecnica di fratturazione o frantumazione idraulica, che ha permesso l’estrazione del gas dagli scisti argillosi, rocce a bassa permeabilità situate molto al di sotto della superficie terrestre e impregnate di gas (shale gas) e petrolio (shale oil). «La portata della rivoluzione innescata da Mitchell è enorme», scrive senza ricorrere a mezzi termini Recchi. Dal «NEGLI STATI UNITI LO SHALE GAS HA GIà OFFERTO UNA POSSIBILITà DI IMPIEGO A 2 MILIONI DI PERSONE E IL VALORE AGGIUNTO RAPPRESENTA 2 PUNTI PERCENTUALI DEL PIL» che la domanda di energia nel resto del mondo sia in crescita continua, trainata proprio dal fabbisogno cinese. Se non vogliamo essere condannati all’inesorabile declino, sarebbe molto meglio non rinunciare a pianificare il futuro. A quanto ammonta, se è possibile stimarlo, il gap tra America ed Europa sullo sfruttamento dei giacimenti di shale gas? È un ritardo fortissimo. Perché da noi i giacimenti di shale gas non mancano affatto, anche se, si stima, in misura inferiore: fatta 1 la quantità di risorse disponibili in Europa, si può dire che negli Stati Uniti è pari a 1,5 e in Cina a 2,5 volte quella del Vecchio continente. Ma ciò che manca è il consenso politico per sfruttare quelle risorse. Non è un caso, infatti, se gli Stati Uniti perforano ogni anno 20 mila pozzi, il libro 2008 si è «registrato un boom senza precedenti di produzione domestica americana di shale gas». Tanto che «oggi gli Stati Uniti potrebbero mettersi in concorrenza con paesi da cui prima dipendevano strettamente, come Qatar o Nigeria». Ma lo shale gas «esiste in quantità più o meno rilevanti anche in Argentina, Algeria, Messico, Egitto, Ucraina e pure in Europa», che però «finora è rimasta al palo». E ciò, nonostante paghi «per l’elettricità i prezzi più alti del mondo, in parte anche a causa di costosissimi sussidi alle rinnovabili». Un «handicap ingiustificato ed eliminabile» da parte dell’Europa che, secondo l’ex ambasciatore a Mosca e ora editorialista del Corriere della Sera, Romano, è ancora troppo «lenta, esitante, assillata dalla paura della modernità e da incubi ambientalisti». Incubi ingiustificati, che però corrono il rischio di farci perdere il treno di una delle più importanti rivoluzioni energetiche degli ultimi duecento anni. Molto più delle costosissime e sopravvalutate energie rinnovabili. Il gas naturale, spiega infatti Recchi, «è oggi il solo candidato a ricoprire il ruolo di alternativa possibile al carbone e al petrolio per la generazione dell’elettricità». [mr] mentre da noi in Europa si sono fatti una cinquantina di pozzi in Polonia e i risultati dal punto di vista minerario sono stati deludenti. Ed è un peccato, perché in America lo shale gas ha già offerto una possibilità di impiego a 2 milioni di persone, compreso l’indotto, e il valore aggiunto prodotto rappresenta ormai circa 2 punti percentuali del Pil a stelle e strisce. Per fare un altro esempio, il trasporto ferroviario utilizzato per trasportare il greggio è passato nel 2008 da 10 mila vagoni cisterna che si sono moltiplicati fino a raggiungere i 400 mila nel 2013. E anche la manifattura ne ha beneficiato enormemente in termini di risparmio sui costi della bolletta energetica, guadagnandone sia in termini di produttività sia, come conseguenza, di competitività sul mercato globale. Tanto che le imprese americane hanno cominciato a riportare la produzione, che in precedenza avevano delocalizzato, in patria. È un ritardo che l’Europa può ancora colmare? È necessario che l’Unione Europea adotti una politica comunitaria in materia capace di disciplinare con intelligenza lo sfruttamento dei giacimenti esistenti o i cosiddetti non-convenzionali come lo shale gas. Per esempio, non c’è ancora in Europa un ente rappresentante degli interessi di tutti i paesi europei in materia energetica, ma le decisioni sono ancora appannaggio dei singoli Stati. Forse, è ora di cambiare passo. Bisognerebbe poi rivedere la formu- NUOVE ENERGIE Giuseppe Recchi Marsilio 157 pagine 13 euro la dei sussidi concessi alle energie rinnovabili, che, stanti le tecnologie attuali, non sono ancora autosufficienti e i cui costi hanno avuto ripercussioni sulle bollette dei cittadini e delle imprese. In Italia, per esempio, le rinnovabili hanno ricevuto nel 2013 oltre 11 miliardi di euro che rappresentano il 18 per cento del costo della bolletta. I benefici in riduzione di anidride carbonica che derivano dall’uso di energie verdi sono stati assorbiti dall’ampio uso di carbone, oggi molto economico. Un’altra grave disparità che va superata è rappresentata dal fatto che, mentre in America il proprietario di un terreno lo è anche del sottosuolo, in Europa non è così e spesso l’unica soluzione per raggiungere i giacimenti rimane l’esproprio da parte dello Stato. La tecnica estrattiva dello shale gas, la fratturazione idraulica, desta ancora qualche preoccupazione oltreoceano e i gruppi anti fracking sono presenti anche in Europa. Lei cosa ne pensa? Quanto al rispetto dell’ambiente, gli Stati Uniti non sono secondi a nessuno dei paesi dell’Unione Europea e hanno introdotto una normativa severa per regolare le modalità di estrazione. Anzi, spesso sono ben più attenti e premurosi di noi europei. Ad ogni modo la tecnologia è la migliore risposta ai problemi dello sviluppo e le soluzioni individuate consentono di limitare l’emissione di Co2 e di utilizzare l’acqua impiegata per la fratturazione in piena sicurezza, senza inquinare l’ambiente. L’Italia, che è priva di giacimenti di shale gas, cosa può fare per superare la crisi? L’Italia ha un costo dell’energia che non solo è superiore a quello dell’America ma che è tra i più elevati in Europa. E non può più permettersi di dipendere per l’85 per cento delle risorse energetiche dall’estero. A maggior ragione quando detiene ampi giacimenti petroliferi inutilizzati. Si calcola, infatti, che la mancata concessione dei diritti di estrazione sia costata al paese 40 miliardi di euro di mancati incassi in vent’anni per i diritti minerari e circa 100 miliardi di euro, nello stesso periodo, per acquisti fatti all’estero che si sarebbero potuti risparmiare. Dobbiamo poi fare tutto il possibile per incentivare il risparmio energetico sia in casa sia in azienda, per esempio differenziando i prezzi in base agli orari oltre che aumentare la diversificazione degli approvvigionamenti costruendo nuovi rigassificatori. n | | 26 marzo 2014 | 25 SPECIALE CAPITALE UMANO Dal primo maggio partirà in Italia il programma europeo Garanzia giovani. L’assessore regionale Valentina Aprea ha chiaro l’obiettivo da raggiungere: «Assicurare che la transizione dalla scuola al lavoro avvenga entro 4 mesi» I l premier Matteo Renzi, durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi nata sotto l’hashtag #lasvoltabuona, ha annunciato la tanto attesa partenza del Piano di attuazione italiano della Garanzia giovani. La Youth Guarantee è il programma europeo che mira a favorire l’occupazione e l’avvicinamento dei giovani al mercato del lavoro attraverso una serie di misure, a livello nazionale e territoriale, volte a facilitare l’orientamento, la formazione e l’inserimento al lavoro dei giovani tra i 15 e 26 | 26 marzo 2014 | | 25 anni. Per realizzare le finalità previste dalla Garanzia e per elaborarne il Piano italiano di attuazione è stata istituita una Struttura di missione, di cui fanno parte il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Isfol e Italia Lavoro, il ministero dell’Istruzione, il ministero dello Sviluppo economico, il ministero dell’Economia, il Dipartimento della gioventù, l’Inps e Unioncamere, Province Autonome e Province e le Regioni. Soprattutto queste ultime avranno il compito di declinare territorialmente le indicazioni contenute all’interno del Piano di attuazione. Il Presidente del Consiglio Renzi ha indicato come data d’inizio del programma il prossimo 1°maggio e ha annunciato che il governo ha intenzione di estendere il programma fino ai 29 anni. L’Europa ha espresso il suo parere: nulla in contrario all’estensione del programma ma le risorse destinate all’Italia rimangono invariate. «Anche Regione Lombardia si schiera con l’Europa – commenta Valentina Aprea, assessore all’Istruzione, formazione e lavoro. L’estensione si rivelerà interessante se finanziata a livello nazionale. I fondi ricevuti – complessivamente 1,5 miliardi di euro, finanziati con 567 milioni di Fse (Fondo sociale europeo), 378 milioni di cofinanziamento nazionale e 567 milioni dalla Yei (Youth Employment Initiative) sono già stati tutti ampiamente destinati e sembrano essere appena sufficienti». Foto: Olycom la sfida si gioca in lombardia Valentina Aprea, assessore all’Istruzione, formazione e lavoro in Regione Lombardia dano proprio i finanziamenti Secondo il Governo la quota di Fse sarebbe da ripartire in proporzione alle risorse che saranno effettivamente gestite dalle amministrazioni centrali e regionali. Quindi il 93,4 per cento del cofinanziamento Fse, pari a 530 milioni, dovrebbe essere computato sui Por Fse (Programmi operativi regionali) e solo il 6,6 per cento nell’ambito dei Pon (Programmi operativi nazionali) Fse. Per Regione Lombardia questo significa un impatto di circa 67 milioni di euro sul Por Fse e proprio alla luce di questi dati, insieme alle altre Regioni, abbiamo dichiarato inaccettabile la proposta del Governo e chiediamo che il cofinanziamento Fse sia totalmente a carico dei Pon. Altro punto aperto con il Governo è la flessibilità regionale Meglio rimanere nel range indicato dall’Unione Europea, cioè sotto i 25 anni? Sì, credo che ci sia più possibilità di riuscita se le risorse rimangono queste. Regione Lombardia è già pronta a partire dal 1° maggio, con interventi mirati per la fascia d’età indicata dall’Europa. Che Gli standard di servizio del Piano nazionale e la programmazione delle risorse nella convenzione devono rappresentare una cornice di riferimento, cui le Regioni aderiscono con margini di flessibilità rispetto alle proprie caratteristiche, alle politiche già attivate e alle strategie. Tema altrettanto caldo è quello della contendibilità, che rappresenta un principio condiviso: un giovane può partecipare al programma in qualsiasi Regione, a prescindere dalla propria residenza. Vanno però esplicitate con maggiori dettagli i tempi e le modalità di compensazione. In ultimo il nodo comunicazione Il ministero del lavoro sta ipotizzando un’azione diretta e centrale per la comunicazione, l’intervento sui sistemi infor- Foto: Olycom «amplieremo la Dote Unica Lavoro con una fascia di aiuto dedicata ai 140 mila Neet presenti in Lombardia e ai 70 mila ragazzi che hanno terminato gli studi» in Lombardia equivale a circa 70 mila studenti e 140 mila Neet (giovani che non studiano e non lavorano). mativi e l’assistenza tecnica. Le Regioni ritengono però necessario avere un budget autonomo per questi interventi. Con il Governo ci sono alcune questioni rimaste in sospeso. Lei e i suoi colleghi avete incontrato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti e avete espresso alcune perplessità, molte di queste riguar- In Regione Lombardia il suo assessorato ha dato vita a un modello di politiche attive per il lavoro virtuoso e che funziona bene: la Dote unica lavoro. Partendo da qui, quali saranno i crite- ri del Piano di Regione Lombardia per applicare Garanzia giovani? E quali gli obiettivi? Noi amplieremo la Dote Unica Lavoro – attualmente le fasce sono quattro – con una quinta fascia d’intensità di aiuto completamente dedicata ai Neet, anche perché i dati in nostro possesso mostrano che nei primi 5 mesi di attivazione della Dul sono stati presi in carico 4.790 giovani tra i 15 e i 24 anni su un totale di 18.850 persone. Estenderemo poi l’azione attraverso un accreditamento di secondo livello delle scuole, dei centri di formazione professionale e le università che hanno già un rapporto stabile e proficuo con il mondo del lavoro, per consentire loro la presa in carico e l’erogazione dei servizi. L’obiettivo è raggiungere il maggior numero possibile di Neet che, come detto, in Lombardia sono circa 140 mila, e quasi tutti i 70 mila ragazzi che hanno terminato gli studi superiori o universitari. È importante dare fiducia ai giovani e far sì che la transizione dalla scuola al lavoro avvenga nei tempi europei, cioè entro i 4 mesi dal diploma o dalla laurea. Si spera così che i giovani, entrando in un circuito virtuoso di aziende, istituzioni e agenzie per il lavoro, possano maturare esperienze di lavoro (tirocinio, stage, apprendistato) e arrivare poi a una vera occupazione e al loro primo contratto in tempi rapidi. Ecco perché Garanzia giovani rappresenta un buon inizio. Spesso molti giovani si presentano davanti a un datore di lavoro con il curriculum immacolato. Ora, invece, grazie a questo nuovo programma, daremo la possibilità ai ragazzi d’iniziare a costruire un portfolio di competenze, il famoso libretto formativo, e avere più carte da giocare durante i colloqui in azienda. Potremo finalmente competere con gli standard europei? Ce lo auguriamo. Le agenzie di formazione lavoreranno proprio in questo senso, preparandosi a offrire più formazione linguistica, aziendale e di diritto del lavoro, per completare al meglio il curriculum di studi dei nostri ragazzi. Paola D’Antuono | | 26 marzo 2014 | 27 SPECIALE CAPITALE UMANO L’ALLEATO DEI GIOVANI Il programma europeo nato per combattere la disoccupazione under 25 si affianca all’esperienza di Gi Group. «Supportiamo le persone nei tempi e nei modi adeguati per dare inizio a un percorso di successo». Intervista a Stefano Colli-Lanzi Come s’inserirà Gi Group all’interno di questo programma? Continueremo con la nostra strategia e lo faremo più di prima, mettendo a 28 | 26 marzo 2014 | | disposizione del Progetto le nostre agenzie sul territorio e tutte le competenze del Gruppo. Per svolgere bene questo mestiere, infatti, occorre saper accompagnare le aziende in tutte le fasi necessarie, dall’individuazione all’inserimento dei candidati, certo, ma non solo: bisogna soprattutto avere le giuste competenze per supportare le persone nei tempi e nei modi più adeguati a dare inizio a un percorso di successo. Da questo punto di vista, abbiamo già potuto maturare importanti sinergie al nostro interno in situazioni abbastanza simili – affrontate ad esempio in Lombardia – e abbiamo tutta l’intenzione di sfruttare queste preziose esperienze con il massimo impegno per conseguire i risultati che la Youth Guarantee si prefigge. re il lavoro occorre innanzitutto far ripartire le imprese, che generano occupazione. Ma questo discorso ci porterebbe lontano. Si tratta, però, questo sì, di una grandissima opportunità per dare inizio, finalmente, alle politiche attive in Italia. La Youth Guarantee ha poi il pregio di costituire, nel breve, una soluzione – per quanto solo iniziale – alla disoccupazione giovanile e, contemporaneamente, un esperimento pilota capace di testare le modalità migliori per sviluppare, appunto, le politiche attive nel nostro paese. Potrà, dunque, muovere il mercato “attivando” le persone, che è esattamente ciò che serve. La Garanzia, inoltre, parla chiaro: occorre che pubblico e privato lavorino per (e vengano remunerati solo se raggiungono) l’obiettivo del “placement”, «le nostre agenzie avranno la capacità di conciliare le esigenze di flessibilità delle imprese con quelle, fondamentali, di continuità di reddito per le persone» È stato da poco diffuso il programma italiano con durata 2014-2020. Quali sono le impressioni di Gi Group sulle indicazioni date? Le sembra che quella delineata sia la strada giusta per far ripartire il lavoro? Credo di sì. Anche se per far riparti- cioè della collocazione di ognuno dei candidati in un percorso professionale o formativo adeguato. E questo è davvero decisivo, anche culturalmente, per non rimanere paralizzati in discussioni ideologiche come, ahimè, è troppo spesso avvenuto in questi anni. Foto: AP/LaPresse «O particolarmente intenso a supporto dei giovani. E questo in mille modi diversi: attraverso momenti di orientamento, selezionandoli e avviandoli al lavoro attraverso una capillare presenza di agenzie sul territorio, collaborando ovunque con le istituzioni e, in particolare, lavorando insieme ad alcune Regioni». Stefano Colli-Lanzi, amministratore delegato di Gi Group, spiega quella che negli ultimi quattro anni è stata la principale strategia del Gruppo. E che ora avrà un alleato in più. Si chiama “Youth Guarantee” (Garanzia giovani) ed è un programma europeo che nasce per favorire l’occupabilità e l’avvicinamento dei giovani under 25 al mercato del lavoro. Un percorso costituito da una serie di misure, a livello nazionale e territoriale, che prevede che i giovani di questa fascia d’età possano ricevere un’offerta di lavoro, di prosecuzione negli studi oppure di apprendistato o di tirocinio entro i quattro mesi successivi il conseguimento del titolo di studio oppure dall’inizio del periodo di disoccupazione. periamo in modo Stefano ColliLanzi, ad di Gi Group, spiega qual è stata la strategia del Gruppo negli ultimi 4 anni e quali sono gli aspetti positivi e fondamentali della Youth Guarantee Foto: AP/LaPresse «i problemi sono molti: mancano maestri. chi non fa il liceo non è considerato. e c’è un disallineamento tra offerta scolastica e fabbisogno professionale» Garanzia giovani cambierà il tradizionale ruolo dell’agenzia per il lavoro? ti fondamentali di continuità di reddito per le persone. Aiuterà certamente il sistema a evolvere verso una maggiore cura del candidato e una migliore condivisione delle informazioni disponibili, sia per quanto riguarda la domanda che l’offerta di posti di lavoro. Il ruolo delle agenzie rivestirà sempre più il carattere di utilità pubblica e di gestore di flessibilità “buona”. Il contratto di somministrazione delle agenzie costituisce infatti il miglior antidoto a quelle forme di precarizzazione dell’occupazione, soprattutto giovanile, che tanto male hanno fatto in questi anni. Mi riferisco soprattutto alla necessità di limitare l’uso del contratto a progetto, delle partite Iva, dell’associazione in partecipazione e di tutte le forme di para-dipendenza che consentono di scavalcare le regole adottando cattive pratiche e contratti meno remunerativi e tutelanti per i lavoratori e meno contributivi per le casse dello Stato. Le agenzie, al contrario, hanno la capacità di conciliare le legittime esigenze di flessibilità delle imprese con quelle parimen- Il programma è rivolto ai cosiddetti Neet, ragazzi tra i 15 e i 25 anni che non lavorano e non cercano un’occupazione. In qualità di agenzia per il lavoro vi è sicuramente capitato di confrontarvi con questi giovani. Cosa li scoraggia e quali sono i loro principali limiti? Li scoraggia il fatto che non vi siano maestri da seguire e che solo raramente incontrino persone competenti nell’accompagnarli in questa difficile condizione. E questo è un problema davvero grave. Il contesto, poi, non li aiuta di certo: il fatto che chi non fa il liceo sia considerato uno scolaro “di serie b” e che la laurea – qualsiasi essa sia – venga spesso percepita come un punto di arrivo, da cui esigere il diritto a un posto di lavoro “a livello”, e non il punto di partenza per costruire un percorso professionale, certamente non li mette nelle migliori condizioni per affrontare il mondo del lavoro. Senza considerare il problema del disallineamento tra offerta scolastica e fabbisogno professionale. I limiti che vedo, in sintesi, derivano soprattutto da una carenza di educazione, presente anche nelle scuole e nelle famiglie, dal grave disallineamento tra ciò che vi si insegna e ciò che occorre davvero. E cosa si potrebbe fare invece per i trentenni, la generazione che viene definita spesso “smarrita”? Non so se siano smarriti, certo è che l’attuale mercato del lavoro, come si diceva, difficilmente offre continuità. Occorre certamente supportarli ad accrescere la propria employability (la capacità di una persona di ottenere e mantenere l’occupazione, ndr), accompagnandoli in un percorso professionalizzante e formativo: non si finisce mai di imparare. E spingerli a mettersi in gioco, a fare il più possibile esperienze lavorative valide, anche all’estero. Qual è l’auspicio di Gi Group per il prossimo futuro? Che ognuno possa fare bene la propria parte – operatori di settore e governo inclusi – per consentire ai nostri giovani di svolgere un percorso, apprendere bene un mestiere e, così, generare valore, per sé e per tutti. Che, cioè, si impari dagli errori commessi e si costruiscano le condizioni per uno sviluppo sostenibile, capace di offrire opportunità di crescita a ciascuno. | | 26 marzo 2014 | 29 SPECIALE CAPITALE UMANO DALLA BOTTEGA AL DESIGN INDUSTRIALE Nel cuore della Brianza, patria dell’arredo, dallo scorso settembre sorge una scuola nata dal connubio tra FederlegnoArredo e Aslam, che insegna ai ragazzi a lavorare il legno e trasmette loro la necessità di acquisire competenze commerciali N el cuore della Brianza, a Camnago di Lentate sul Seveso, un ricco vociare mischiato al rumore di trapani e avvitatori rompe il silenzio ordinato di un palazzo che sorge ai piedi della ferrovia. Al suo interno, superati corridoi e ascensori un po’ asettici e seriosi, ci s’imbatte nel nuovo Polo formativo del legno arredo. Inaugurata il 12 settembre del 2013, questa struttura è il frutto del connubio tra FederlegnoArredo e Aslam (Associazione scuole lavoro alto milanese) e nasce come risposta concreta all’esigenza occupazionale della filiera legno arredo di uno dei fondamentali distretti dell’arredamento italiano, la Brianza. Il primo corso a partire è quello per formare operatori del legno ed è rivolto ai ragazzi che hanno terminato le scuole medie inferiori ed è attualmente frequentato da undici studenti. Ragazzi che provengono dalla cintura milanese e da quella brianzola, figli di esperienze e famiglie diverse e che hanno scelto d’imparare un mestiere. Come tutti gli adolescenti sono timidi e poco propensi alle chiacchiere, preferiscono che a raccontare la loro esperienza siano i prodotti che sono riusciti a realizzare. Come la loro prima opera, «un portapenne realizzato in legno massello, completamente a mano. Non crede- 30 | 26 marzo 2014 | | vo di riuscire a farcela ma grazie al prof e alle sue dritte alla fine avevo tra le mani il mio oggetto», racconta Mirko, 14 anni e un sogno, «entrare presto in una grande azienda come operatore del legno». Un sogno che accomuna anche i suoi compagni di viaggio, tutti ragazzi di età compresa tra i 14 e i 16 anni. I più grandi arrivano da altre esperienze che non li hanno soddisfatti, come Alessandro: «Ho iniziato a studiare come meccanico, poi ho capito che non faceva per me e ho deciso di iscrivermi qui ed è stata la scel- chinari. Ad aiutarli e assisterli ci sono una decina d’insegnanti, architetti, professionisti, falegnami in pensione che hanno preso a cuore il progetto e i ragazzi e hanno deciso di mettersi in gioco. Gita con obiettivo I ragazzi sono costantemente seguiti da un tutor di Aslam, che conosce le loro storie personali, gestisce i rapporti con i familiari e li accompagna nelle loro prime esperienze sul campo. Come la gita in montagna che racconta Mirko, il più in tutto 990 ore all’anno divise equamente tra materie classiche e laboratori. obiettivo del primo anno: imparare a usare gli utensili tradizionali ta giusta». Mirko, Alessandro e i loro compagni di scuola studiano al Polo formativo tutte le mattine, sabato escluso, e tre pomeriggi alla settimana. In tutto 990 ore di studio annuali equamente divise tra l’apprendimento delle materie classiche, come matematica, italiano, inglese, storia eccetera. L’altra metà delle ore sono destinate all’area tecnico-professionale, laboratorio e tecnologie del legno. L’obiettivo più ambizioso del primo anno è imparare l’utilizzo degli utensili base del mestiere, lavorando cioè senza l’ausilio dei mac- loquace della compagnia: «Siamo andati tre giorni in montagna con l’obiettivo di realizzare una slitta. Ci hanno suddiviso in due gruppi e hanno indetto una gara per stabilire quale fosse la slitta migliore». Alla fine la squadra vincitrice non è ancora stata proclamata, ma due slitte sono state costruite: perfettamente funzionanti e aderenti al progetto iniziale, «anche se – racconta Alessandro – forse avremmo dovuto cambiare materiale e abbassarle anche un pochino, erano troppo alte e pesanti». È stata costituita la Fondazione “Istituto Tecnico Superiore del Sistema Casa nel made in Italy Rosario Messina”: due anni per diventare tecnici del prodotto, del marketing e dell’internazionalizzazione nel settore legno arredo Alcuni momenti delle lezioni pratiche che si svolgono nel Polo formativo del legno arredo (Camnago di Lentate sul Seveso) nato nel settembre 2013 grazie all’iniziativa di FederlegnoArredo e Aslam (Associazione scuole lavoro alto milanese) A coordinare la sede per Aslam c’è Giovanni Toffoletto, figura di riferimento per i ragazzi e che non nasconde una certa soddisfazione per l’andamento di questo primo anno: «Ci siamo confrontati con famiglie motivate, che hanno deciso di darci fiducia e di assecondare i desideri dei loro figli. E poi ogni ragazzo ha il suo passato e la sua voglia di diventare adulto e misurarsi con il mondo del lavoro». Tra di loro c’è anche Kledi, studente albanese di 15 anni arrivato in Italia a settembre, senza conoscere una parola della nostra lingua e lasciando gran parte della sua famiglia nel paese d’origine. «È venuto da noi – racconta Giovanni – perché ha voglia di imparare un mestiere per essere autonomo e sostenere economicamente i suoi familiari. In questi mesi ha dimostrato un’incredibile voglia di fare e di migliorare e proprio per questo ci stiamo muovendo per permettergli di poter entrare qualche ora in azienda per misurarsi con il lavoro vero». Per gli altri, invece, l’inserimento in azienda attraverso uno stage avverrà a partire dal secondo anno. Anche se tutti hanno già avuto la possibilità di visitare alcune ditte e vedere da vicino come funziona il mondo lavorativo di un operatore del legno. Il risultato di queste visite è stato un entusiasmo sincero e la voglia di “mettere le mani in pasta” il prima possibile. Prima però c’è ancora tanto da imparare: tre anni sono infatti necessari per ottenere la Qualifica di operatore del legno, mentre studiando un quarto anno si ottiene il Diploma tecnico. Entrambi i certificati sono riconosciuti su tutto il territorio nazionale. A fianco dei professionisti Ma la sfida educativa e professionale di FederlegnoArredo e Aslam non si ferma qui. Lo scorso febbraio è stata costituita ufficialmente la Fondazione “Istituto Tecnico Superiore del Sistema Casa nel made in Italy Rosario Messina”, che, nella sede di Lentate, consentirà di ricevere un diploma (valido su tutto il territorio nazionale) di Tecnico superiore per il prodotto, il marketing e l’internazionalizzazione nel settore legno arredo. Un corso biennale di livello post-secondario articolato in duemila ore di attività didattica, di cui seicento dedicate allo stage. Un percorso studiato per formare una figura commerciale, fortemente richiesta dal mercato del lavoro, che opererà con l’intento di promuovere prodotti del made in Italy inerenti alla filiera. Una filiera di cui dovrà conoscere i processi di produzione e le caratteristiche tecniche. Il corso permetterà anche di sviluppare la capacità di pianificare le strategie commerciali, sopratutto in ambito internazionale, di predisporre un piano marketing e comunicazione del prodotto, di studiarne il posizionamento nel segmento di mercato attraverso l’analisi di settore, la ricerca delle tendenze e delle potenzialità offerte dai nuovi media digitali. Molta attenzione sarà rivolta allo studio della lingua inglese e di un’eventuale altra lingua. Per l’insegnamento della parte tecnico professionale saranno coinvolti professionisti provenienti dalle realtà aziendali della zona. Il territorio sarà protagonista anche dei tirocini formativi, che si svolgeranno all’interno delle ditte e che costituiranno il 30 per cento delle ore complessive di formazione. | | 26 marzo 2014 | 31 SPECIALE CAPITALE UMANO IL FUTURO IN UNA SCELTA Decidere l’università non è facile. Assecondare i desideri o le necessità del mercato del lavoro? «La Cattolica, sempre più, fornisce le competenze utili ai ragazzi per essere competitivi nel mondo post laurea». Perché la teoria non basta più U na giornata dedicata agli studenti dell’ultimo anno delle superiori e alle loro famiglie. «Perché oggi più che mai c’è una crescente attenzione alla scelta universitaria». La professoressa Antonella Sciarrone Alibrandi, pro rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, snocciola soddisfatta i risultati dell’Open day, che quest’anno, con oltre 6 mila presenze, ha fatto registrare numeri da record. Qual è il bilancio della giornata? L’ottimo risultato dell’Open day 2014 è in linea con il trend positivo che la manifestazione ha fatto registrare negli ultimi anni e rispetto al quale concorrono molteplici fattori. Il successo dell’iniziativa mostra innanzitutto l’attenzione e l’interesse dei ragazzi per l’offerta formativa dell’Università Cattolica: un’offerta fondata su solide basi teoriche ma anche aperta a innovazioni nei contenuti e nei metodi didattici. Ed è anche un’offerta caratterizzata da una forte internazionalizzazione, sempre più richiesta dagli studenti come confermato dall’interesse intorno all’International Day e dal fatto che, nell’anno 2012/13, ben 132 programmi di mobilità internazionale (LaTE, Summer Programs ecc.) hanno portato più di 2.000 studenti dell’Università Cattolica a compiere una esperienza all’estero. Il 32 | 26 marzo 2014 | | risultato dell’Open day si spiega anche in ragione di una crescente attenzione, sia degli studenti sia delle loro famiglie, alla scelta universitaria. Ed è una scelta compiuta non solo sulla base dell’offerta formativa ma anche in funzione della qualità delle strutture, dei servizi, del complessivo ambiente di apprendimento. Sotto questo profilo, la Cattolica è percepita come un contesto ove ci si preoccupa della formazione della persona mettendo da sempre – anche nelle scienze quantitative – l’uomo al centro. Non va dimenticato, infine, che oltre all’Open day la Cattolica offre agli studenti degli ultimi anni delle superiori una serie di strumenti di “avvicinamento” all’università, fra cui una frequentatissima area web a loro dedicata, per conoscere, capire e approfondire i dif- «L’open day era rivolto anche ai genitori perché in un contesto sociale non facile i ragazzi Sempre di più chiedono un sostegno familiare nella decisione» ferenti percorsi formativi all’interno dei quali non è sempre facile orientarsi. Il successo di quest’anno è dovuto anche all’organizzazione di un incontro dedicato alle famiglie. Come mai avete sentito la necessità di rivolgervi ai genitori e non solo agli studenti? L’idea di un incontro rivolto agli studenti e alle loro famiglie nasce da una constatazione semplice. Sempre più spesso, in un contesto sociale non facile e di fronte a una realtà di atenei assai articolata, i ragazzi che si affacciano all’università richiedono un sostegno familiare per «esperienze all’estero, tirocini formativi, stage, il nostro studentwork. sono tutti strumenti che aiutano gli studenti a trovare lavoro entro 12 mesi dalla laurea» to e vario sia il ventaglio delle agevolazioni economiche di cui i nostri studenti possono fruire. Questi sono anni delicati: la disoccupazione giovanile è alle stelle e la laurea ormai sembra non bastare più per garantire “un posto fisso”. Spesso, anzi, i giovani sono accusati di assecondare troppo i loro desideri e poco le necessità del mercato del lavoro. Qual è il suo punto di vista sull’argomento? In un periodo di crisi generalizzata, ma ancor prima in un contesto lavorativo come quello attuale, è innegabile che il mito del “posto fisso” – soprattutto per i “lavoratori della conoscenza” – si allontani sempre di più. È anche vero però che in un mondo globalizzato e interconnesso come quello di oggi, sono aumentate le possibilità di fare esperienze a livello internazionale, di entrare in contatto con ambienti differenti da quelli in cui si è cresciuti e ci si è formati, con tutto vantaggio per la circolazione di idee. Credo che, in un momento come questo, i ragazzi debbano essere incoraggiati – a partire dalle famiglie – a interpretare la realtà con creatività e immaginazione, nonché a seguire con passione e convinzione le loro inclinazioni senza preoccuparsi eccessivamente del “posto fisso”. Dal canto nostro, in università dobbiamo impegnarci sempre più per fornire ai nostri studenti, oltre a solide basi teoriche, anche una serie di competenze (linguistiche, informatiche, psicologiche, e altre ancora) che li rendano competitivi sul mercato e soprattutto capaci di leggere la realtà nei diversi contesti, nonché di risolvere i problemi concreti che la medesima pone. decidere il loro percorso formativo. Consapevoli che si tratta di una decisione importante e che richiede un impegnativo investimento di tempo e di risorse. In Università Cattolica vogliamo mettere i nostri futuri studenti e le loro famiglie in condizione di compiere la scelta in modo consapevole e sulla base di informazioni complete e chiare. Per questa ragione abbiamo voluto spiegare che cosa significa studiare in Cattolica, a quanto ammontano le rette universitarie e quanto eleva- Oggi cosa manca alla formazione universitaria per riempire il gap tra lo studio – la famosa “teoria” – e il mondo del lavoro, con le sue regole e la pratica? Come dicevo, oggi più che mai per riuscire a entrare nel mondo del lavoro occorre qualcosa di più di una solida base teorica. Proprio per questa ragione in Università Cattolica si investe molto nell’accompagnare i ragazzi verso il mondo lavorativo, mettendo a loro disposizione – già negli anni degli studi universitari – una serie di servizi e opportunità mirate a questo preciso obiettivo. Penso alle molte opportunità di stage (curriculari e non) e di tirocini in azienda, nonché alla possibilità di svolgere tesi di laurea con risvolti applicativi. Sempre nella medesima prospettiva, ma anche con lo scopo di offrire un’ulteriore modalità di sostegno economico agli studenti, mi piace ricordare che EDUCatt (l’Ente per il diritto allo studio del nostro Ateneo) ha concretizzato un vero e proprio contratto di lavoro a tempo determinato destinato agli studenti (lo StudentWork), compatibile con la vita universitaria e con lo studio, ma prezioso per acquisire un’esperienza spendibile dopo la laurea. È un esperimento numericamente limitato che ci sembra però particolarmente interessante (ed è anche l’unico esistente in Italia) e che consente di andare al di là dei preziosi tirocini formativi pur rimanendo ancora dentro all’ambiente universitario. Ha avuto modo di confrontarsi con il programma italiano “Garanzia Giovani”? Quella intrapresa dall’Unione Europea le sembra la direzione giusta per garantire agli under 25 un’occupazione in tempi rapidi? Quello dell’Unione Europea è uno sforzo importante che mette a disposizione risorse per cercare di assicurare ai giovani con meno di 25 anni un’offerta «qualitativamente valida» di lavoro, ma anche di studio o di formazione, entro 4 mesi dall’uscita dal sistema di istruzione formale. È un’occasione che l’Italia non deve lasciarsi sfuggire: il Piano italiano prevede un sistema di informazione e di orientamento personalizzati, e in questo ambito l’università è certamente l’ambiente più adatto per preparare il giovane anche al primo contatto con il mondo del lavoro, dalla redazione del curriculum al colloquio di lavoro fino all’offerta di un’esperienza lavorativa vera e propria. In questa direzione, come ho detto, la Cattolica, con i suoi servizi di orientamento e di placement, è particolarmente attiva e, si può dire, in anticipo rispetto al programma europeo. Non a caso, l’80,1 per cento dei nostri studenti che conseguono un titolo magistrale e il 66,4 per cento di quelli che conseguono un titolo triennale senza proseguire gli studi, sono impiegati a 12 mesi dalla laurea. Il nostro obiettivo è di alzare ulteriormente l’asticella e il programma europeo può fornire un importante supporto già in questa fase. | | 26 marzo 2014 | 33 SPECIALE CAPITALE UMANO LA SCUOLA DELLE RIVOLUZIONI La partita della digitalizzazione è stata stravinta. «Partecipazione e attenzione dei ragazzi sono molto alte». E ora tocca al ciclo di studi da 4 anni anziché 5 A bbiamo creduto nella digitalizzazione e guardando i risultati direi che abbiamo avuto ragione». Il bilancio di questi primi due anni di attivazione di quella che il professor Roberto Pasolini chiama rivoluzione didattica è più che positivo. Dieci classi dell’Istituto europeo Leopardi di Milano, di cui è preside, ormai dallo scorso anno scolastico hanno detto addio ai libri cartacei, sostituendoli con Lim (lavagna interattiva multimediale) e tablet. E il risultato ha riservato anche qualche piacevole sorpresa: «Quando siamo partiti abbiamo fissato alcuni paletti, condizioni necessarie affinché il processo di digitalizzazione portasse risultati positivi e non avesse controindicazioni. Bisognava innanzitutto verificare che gli studenti non si lasciassero distrarre dal nuovo strumento digitale; che non si abbassassero i livelli di apprendimento; che non ci fossero difficoltà nello studio e nella lettura dei libri digitali». Gli studenti dell’Istituto europeo Leopardi non solo hanno rispettato i parametri fissati dal loro preside ma sono stati in grado di raggiungere traguardi inaspettati. «C’è un esempio che mi piace fare – racconta Pasolini – e a cui stiamo ancora cercando di dare una risposta concreta. Nelle classi in cui sono stati adottati i libri di testo digitali la capacità degli studenti di prendere appunti è quintuplicata rispetto ai coetanei che studiano ancora su edizioni cartacee. Da un punto di vista didattico questo risultato ha una valenza estremamente importante, perché i docenti sanno che prendere appunti aiuta a mantenere alta l’attenzione e ad avere una maggiore concentrazione». Se da un lato l’approccio positivo dei ragazzi poteva apparire quasi scontato, dall’altro la risposta degli insegnanti ha sovvertito qualsiasi pronostico: «Ho giocato d’anticipo e sei mesi prima dell’ini- 34 | 26 marzo 2014 | | Dieci classi dell’Istituto europeo Leopardi di Milano dallo scorso anno hanno detto addio ai libri cartacei, sostituendoli con Lim e tablet. Il bilancio del professore e preside dell’Istituto, Roberto Pasolini «Nelle classi che adottano libri di testo digitali è quintuplicata la capacità degli studenti di prendere appunti. un successo inaspettato per la didattica» zio della sperimentazione ho dotato ciascun professore di un tablet, in modo che potesse prendere confidenza con lo strumento, impratichirsi e studiarne i vantaggi, preparando le lezioni in modo più interattivo e interessante e familiarizzando con un linguaggio più vicino agli studenti. L’insegnante è quindi entrato in classe già padrone dello strumento e ha vinto facilmente la paura del confronto con i ragazzi, perché è innegabile che loro siano portati a usare la tecnologia in maniera naturale ma è anche vero che la usano quasi sempre per giocare. Il compito di noi docenti è insegnare il corretto utilizzo ai fini dell’apprendimento». Oggi sia i docenti che gli studenti dell’Istituto Leopardi si dicono soddisfatti e il rettore assicura che nessuno avrebbe né intenzione né desiderio di tornare indietro: «Le lezioni sono più partecipate e interattive, non subentra la noia e c’è molta più attività di apprendimento cooperativo. Senza considerare che, con un solo strumento che contiene tutti i libri, nessuno studente dimentica più nulla a casa, e per gli insegnanti questa non è una cosa da poco». Al vaglio dell’Istituto Leopardi c’è anche una nuova rivoluzione: «Sappiamo bene che in Italia ci sono alcune scuole paritarie e altre statali che hanno dato il via alla sperimentazione del ciclo di scuola media superiore della durata di quattro anni. Ci stiamo pensando, ma questa è una proposta complessa che va affrontata con attenzione. Non parliamo di una riduzione da 5 a 4 anni – se così fosse sarebbe una proposta perdente in partenza – ma di un processo, già messo in atto con successo in altre parti del mondo, che migliori la qualità dei livelli di apprendimento e porti i nostri studenti a competere con i loro coetanei europei». ESTERI TUTTI I FLOP DI BRUXELLES Sbagliando si paga Quando si tratta di intraprendere azioni collettive, l’Europa non ne azzecca una e i conti da pagare si allungano. È successo col tardivo salvataggio della Grecia e con le primavere arabe. E quanto ci costerà la decisione di sanzionare la Russia per la Crimea? | DI RODOLFO CASADEI ESTERI TUTTI I FLOP DI BRUXELLES di 560 milioni di euro come misura di accompagnamento al trattato di associazione dell’Ucraina nel novembre scorso l’Unione Europea fosse stata un po’ più generosa e lungimirante, adesso non ci troveremmo a dover prestare a Kiev 11 miliardi tanto per cominciare, con la prospettiva di aggiungerne molti di più per evitare la bancarotta del paese. Se con la spilorceria di allora non avessimo spinto Yanukovich a girarsi verso Mosca, che gli offriva 15 miliardi di dollari e tariffe scontatissime per il consumo del gas, non avremmo avuto tutti i guai che poi sono arrivati. Se avessimo elaborato d’accordo con Mosca un’architettura istituzionale e degli scambi commerciali in grado di tenere assieme l’associazione dell’Ucraina all’Unione Europea e una sua qualche adesione all’Unione Euroasiatica alla quale Putin tiene tanto, adesso non staremmo qui a fare a braccio di ferro col leader russo. Se nel febbraio scorso dopo aver concluso con Yanukovich e con le opposizioni di Maidan un accordo che prevedeva elezioni presidenziali anticipate, governo di coalizione, ripristino della costituzione del 2004 e riequilibrio dei poteri fra presidente e parlamento i ministri degli Esteri di Francia, Germania e Polonia lo avessero fatto rispettare, col supporto di lady Ashton e di tutta l’Unione, anziché permettere che i gruppi paramilitari di Maidan costringessero il presidente in carica alla fuga e che i parlamentari cambiassero gabbana, adesso non ci troveremmo a fare i conti di quanto potrebbe costare all’Europa imporre sanzioni alla Russia che ha sparso truppe in Crimea. Quando si tratta di intraprendere azioni collettive, l’Europa sbaglia tanto, l’Europa sbaglia spesso, e i conti da pagare si allungano. È successo col tardivo salvataggio della Grecia, è successo con le Primavere arabe, potrebbe succedere con la Russia se questa storia delle sanzioni dovesse diventare una faccenda che sfugge di mano. I due nodi irrisolti dell’esperienza storica dell’Unione Europea continuano a venire al pettine: gli interessi di politica estera dei paesi dell’Europa unita non sono allineati, e in assenza di un vero controllo democratico dei processi decisionali da parte dei popoli a prevalere sono gli interessi lobbistici o quelli delle nazioni più forti. Quanto ci costerà un’escalation di sanzioni con la Russia, che si sarebbe potuta evitare se Bruxelles avesse avu- 38 | 26 marzo 2014 | | to cura di tradurre in realtà anche uno solo dei quattro “se” elencati in apertura? La Germania di Angela Merkel è il paese dell’Unione che ha più da rimetterci: la Russia fornisce a Berlino il 40 per cento del gas di cui ha bisogno, e al quale non può rinunciare, se vuole portare avanti il piano di uscita dal nucleare. Il 5 per cento di tutte le esportazioni manifatturiere della Germania ha per destinazione la Russia. L’interscambio russo-tedesco è pari a 76,4 miliardi di euro (40,4 miliardi di importazioni russe e 36 di esportazioni tedesche) e coinvolge 6.200 imprese germaniche. Le sanzioni metterebbero in discussione 300 mila posti di lavoro. In caso di sanzioni contro la Russia, la Germania di Angela Merkel sarebbe il paese dell’Unione che ha più da rimetterci: la Russia fornisce a Berlino il 40 per cento del gas di cui ha bisogno. Le sanzioni metterebbero a rischio 6.200 imprese germaniche e 300 mila posti di lavoro Mosca vale più di Washington L’altro grande paese europeo che ha molto da perdere da una messa in quarantena dei rapporti coi russi è il Regno Unito. Una massa di liquidità di vaste proporzioni dopo Se nel novembre scorso la caduta del muro di Berlino l’Unione Europea fosse e dopo la privatizzazione di molti monopoli statali in Russtata un po’ più generosa sia che ha beneficiato i coside lungimirante, adesso detti oligarchi, si è riversata sulla city londinese. Gli oligarchi amano molto Londra, e si non ci troveremmo a dover sono segnalati per i loro acquiprestare a Kiev 11 miliardi sti di grandi proprietà immobiliari e squadre di calcio. Non esiste una stima attendibile che quantifichi l’apporto finanziario russo ai bilanci delle banche londinesi e alla parcelle di avvocati, commercialisti, contabili e consulenti. Ma un punto di riferimento può essere il fatto che alla Borsa di Londra sono quotate 70 imprese russe le cui azioni attualmente hanno un valore di 82,6 miliardi di dollari. Un altro dato significativo è quello che riguarda le dispute presso i tribunali specializzati in diritto commerciale. La Law Society Gazette informa che nel solo 2012 il 60 per cento di tutte le cause discusse dalla Commercial Court britannica hanno riguardato controparti russe. tazioni e 17,5 di importazioni (energia Non è perciò strano che, mentre il primo principalmente). Se consideriamo tutministro Cameron minaccia Mosca con ta l’Unione Europea, scopriamo che l’intoni simili a quelli della Merkel, nel suo terscambio supera i 360 miliardi di dolufficio circolino documenti ufficiali dove lari: la Russia esporta verso l’Unione per si afferma che Londra non appoggerà un 292 miliardi di dollari, e importa per boicottaggio commerciale né chiuderà le 169. Al confronto, l’import-export russoporte della city ai capitali russi o congele- americano è quasi 10 volte meno importante: 27 miliardi di dollari di acquisti rà quelli già presenti. Quanto all’Italia, nel 2013 abbiamo russi a Washington, contro un export di toccato il massimo storico dell’inter- 11 miliardi. Insomma, l’eventuale guerscambio con Mosca e ci siamo conferma- ra commerciale dell’Occidente contro ti secondo partner dei russi in Europa Putin che si pappa la Crimea la paghedopo la Germania. I dati definitivi non rebbe quasi tutta l’Europa. Naturalmente la pagherebbe cara sono ancora disponibili, ma si aggirano attorno agli 11 miliardi di euro di espor- anche la Russia. L’Europa comprerebbe Foto: Ansa/Dpa ; nelle pagine precedenti: European Parliament S e anziché offrire la miseria Foto: Ansa/Dpa ; nelle pagine precedenti: European Parliament Nel 2010 il salvataggio della Grecia costò all’Europa più del doppio di quello che sarebbe servito: ad aprile la Merkel non accettò la richiesta di un pacchetto di aiuti pari a 60 miliardi di euro. il 2 maggio Bruxelles sborsò 145 miliardi di dollari il gas altrove, senz’altro a un prezzo più alto di quello attuale una volta tolto quello russo dal mercato, mentre la Russia non saprebbe a chi vendere la sua produzione. Secondo una proiezione del Dipartimento di economia dell’Università di Oxford, una guerra commerciale fra Bruxelles e Mosca causerebbe un aumento del prezzo del petrolio del 10 per cento e del gas del 15 per cento in Europa, con una flessione del Pil dell’Unione Europea dell’1,5 per cento da qui al 2015. Per la Russia sarebbe molto peggio: con l’80 per cento del suo gas invenduto, Mosca si ritroverebbe un meno 10 per cento di Pil da qui al 2015. Un congelamento degli asset mobiliari e immobiliari di proprietà russa in Europa sarebbe un duro colpo soprattutto per quella nomenklatura e quegli oligarchi che hanno costituito grossi patrimoni a Londra, Parigi, Cipro, Costa Azzurra, eccetera. Inoltre l’export dell’Unione verso la Russia rappresenta solo il 7 per cento di tutte le esportazioni del blocco nel mondo, mentre l’export della Russia verso i paesi Ue rappresenta quasi il 50 per cento del suo totale. Ma sottolineato questo, è anche vero che Mosca è in grado di compiere rappresaglie: le banche europee hanno investito 180 miliardi di euro in Russia, e se gli asset finanziari russi in Europa saranno congelati, a quelli europei nella terra di Putin toccherà la stessa sorte. Le sanzioni peggiorerebbero drammaticamente la qualità della vita in Russia, ma la scomparsa del mercato russo per i manufatti europei ucciderebbe nella culla la timida ripresa che, dopo cinque anni di crisi, ha cominciato ad affacciarsi sull’Europa. Economicamente la Russia, con 140 milioni di abitanti e un territorio vasto 57 volte quello dell’Italia, è ancora un nano: il suo Pil è praticamente identico al nostro, cioè di poco superiore ai 2 mila miliardi di euro. Però mentre il debito pubblico dei paesi dell’area dell’euro è mediamente pari al 92,7 per cento del Pil, quello rus| | 26 marzo 2014 | 39 ESTERI TUTTI I FLOP DI BRUXELLES LE DISCRIMINAZIONI IN Estonia, Lettonia e Lituania E se Putin cominciasse a difendere tutti i cittadini dell’ex Urss? so è appena dell’11 per cento. Il governo russo può usare la leva della spesa pubblica come nell’Unione Europea non è più possibile fare. A ciò si aggiunga la storica disponibilità al sacrificio patriottico delle masse russe quando sono in gioco gli interessi vitali della nazione, ed ecco che le conseguenze delle sanzioni diventano più difficili da prevedere. Il colpo da maestro di Obama Non è la prima volta che l’Unione si trova nei guai per errori di valutazione di varia origine. Nel 2010 il salvataggio della Grecia costò all’Europa più del doppio di quello che sarebbe stato necessario perché la Merkel, timorosa di perdere voti nelle elezioni regionali, non accettò subito la richiesta greca di un pacchetto di aiuti pari a 60 miliardi di euro formulata all’inizio di aprile; la speculazione internazionale si scatenò, e il 2 maggio Bruxelles dovette annunciare un intervento pari a 145 miliardi di dollari. Il tatticismo della Merkel non servì a nulla nemmeno in termini di politica interna: il suo partito perse rovinosamente le elezioni in Renania settentrionale-Vestfalia. Con le Primavere arabe è andata allo stesso modo. Quando, fra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, sono scoppiate le proteste che avrebbero portato alla caduta dei regimi dominanti in Tunisia ed Egitto e alla guerra civile in Libia e Siria, da 15 anni l’Unione Europea cooperava coi paesi della sponda sud del Mediterraneo attraverso il Processo di Barcellona e dal 2008 con l’ambiziosa formula dell’Unione Mediterranea. Aveva a bilancio per il 2011, nel capitolo della Politica europea di vicinato destinato al partenariato euro-mediterraneo, 843 milioni di euro. Nel periodo 2007-2010 la Tunisia si era vista assegnare aiuti per 300 milioni di euro, l’Egitto nello stesso periodo per 558 milioni. L’obiettivo degli aiuti era lo sviluppo economico e la progressiva democratizzazione dei paesi ara40 | 26 marzo 2014 | | Adesso che con la secessione della Crimea dall’Ucraina e il suo ritorno nel girone russo Putin ha tradotto in fatti l’assunto secondo cui la Russia sempre offrirà protezione ai russi che vivono nei paesi sorti dalla disgregazione dell’Urss, qualcuno comincia a preoccuparsi. E se Mosca decidesse di suonare la sinfonia crimeana nei paesi dell’Unione Europea? Nei tre paesi baltici che nel 1991 hanno ritrovato l’indipendenza persa nel 1940 e che nel 2004 sono entrati a far parte dell’Unione Europea – Estonia, Lettonia e Lituania – i residenti di origine russa sono poco più di 1 milione. Nel 1989, alla vigilia del collasso dell’Urss, negli stessi tre paesi i residenti di origine russa erano 1 milione e 726 mila. La flessione è dovuta anche al fatto che dopo la ritrovata indipendenza solo la Lituania ha riconosciuto automaticamente la cittadinanza a tutti i residenti, cioè anche a quel 9 per cento di russi che poi si sono ridotti al 5 per cento. In Estonia e Lettonia, invece, la cittadinanza ai russi, che in quel momento costituivano rispettivamente il 30 e il 34 per cento della popolazione totale, è stata concessa solo attraverso un processo di naturalizzazione che comprende un severo esame linguistico e di cultura politica. Ciò in base al principio che le popolazioni trasferite in un territorio da un paese occupante non hanno automaticamente diritto alla cittadinanza del paese occupato. In forza di ciò, in Estonia e Lettonia oggi vivono ancora 384 mila non-cittadini, con documenti d’identità e passaporti speciali, dotati dei diritti civili ma privi di quelli politici, di quello di lavorare nella pubblica amministrazione e nelle professioni che richiedono l’iscrizione a un albo professionale. I quali inoltre non possono viaggiare liberamente nell’Unione Europea, non avendo un passaporto dell’area Schengen. La grande maggioranza, anche se non la totalità di essi, appartiene alla minoranza etnica russa. Periodicamente Mosca protesta per la discriminazione dei non-cittadini, ma senza premere sull’acceleratore. Ora potrebbe cambiare politica. bi. La Commissione Europea così presentava l’iniziativa: «Attraverso la sua Politica europea di vicinato, la Ue lavora coi suoi vicini meridionali e orientali per raggiungere la più stretta associazione politica possibile e il maggior grado possibile di integrazione economica. Questo fine si basa sugli interessi comuni e su valori: democrazia, Stato di diritto, rispetto per i diritti umani e coesione sociale. I paesi partner concordano con l’Unione Europea un piano d’azione che dimostra il loro impegno per la democrazia, i diritti umani, lo Stato di diritto, il buongoverno, i princìpi dell’economia di mercato e lo sviluppo sostenibile». I fatti della Primavera araba hanno mostrato quanto poco efficace fosse stata quella politica e la sua pretesa condizionalità. Commentava l’Heritage Foundation americana all’indomani dei moti nei paesi arabi: «L’Unione Europea ha pro- mosso una girandola di iniziative politiche fallite per l’avanzamento dei diritti umani e delle riforme democratiche in Libia e in altre parti del Nordafrica e del Medio Oriente. L’Unione Mediterranea, di cui la Libia era osservatrice, è stata introdotta per promuovere l’integrazione economica e la riforma democratica nell’Europa meridionale, nel Nordafrica e nel Medio Oriente. Ha fallito completamente nel realizzare progressi in queste aree». Gli americani che hanno criticato l’Europa per i suoi insuccessi nei rapporti col mondo arabo e che oggi spingono per sanzioni contro la Russia «che mordano» sanno di poter prendere due piccioni con una fava: indebolire Mosca e sostituirla come fornitrice di energia all’Europa, esportando da noi lo shale gas che hanno sviluppato negli ultimi anni. Un colpo da maestro per Obama, dopo le scoppole prese da Putin nel 2013. n CULTURA PASSEGGIATA IN LIBRERIA Italia. Se la Merkel è Carlo V Sapelli, Festa Goware 4,99 euro La via maestra. L’Europa e il ruolo dell’Italia nel mondo Napolitano, Rampini Mondadori 9,99 euro LA democrazia in Europa. Guardare lontano Goulard, Monti Rizzoli – 9 euro 42 | 26 marzo 2014 | | | DI LODOVICO FESTA In che guaio ci siamo cacciati Moneta unica, sciagura o salvezza? Austerity, panacea di ogni male o simbolo dell’egemonia bottegaia tedesca? E cosa c’entra il 1914 con il 2014? Qualche libro (serio, non complottista) per capire come siamo arrivati a questa crisi Foto: European Parliament D a qualche giorno nelle librerie elettroniche si trova il dialogo che Giulio Sapelli e io avevamo già pubblicato sul Foglio tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014. Il titolo è Italia. Se la Merkel è Carlo V. Sottotitolo: “Dalla resa di Milano al sacco di Roma. 1494-1527 e 19922013. Moro e Cuccia, Serenissima e Berlusconi, Clemente VII e Napolitano e altri parallelismi” (Goware, 4.99 euro). Al centro del dialogo l’analogia – assunta pur sottolineando le tante irriducibili differenze tra i periodi comparati – tra la crisi degli stati italiani cinquecenteschi e quella del nostro stato unitario negli ultimi venti anni: crisi accompagnata da uno smarrimento delle élite sia nel Cinquecento sia tra il 1992 e il 2014 e da una parallela subalternità ad altri stati ben più consolidati del nostro. Non spetta a me parlare della quali- tà di un’opera a cui ho lavorato, mi interessa indicarne però l’obiettivo centrale: uscire da analisi centrate solo sul glamour dei singoli eventi e degli stati d’animo che ne derivano inseguendo un dover essere che produce solo luoghi comuni. Chiedersi, invece, perché e come le vicende dell’Italia abbiano preso un certo corso, e non cercare solo le colpe dei singoli o magari quelle collettive (posizione diffusa tra gli italiani anti-italiani) come se la ricerca storica fosse essenzialmente pedagogia & propaganda. E nello spiegare le nostre vicende contemporanee credo indispensabile tenere conto quanto condizionante – ben oltre altre grandi nazioni europee – sia il quadro internazionale. Anche in questo caso si tratta di astenersi dalle teorie complottistiche: i colloqui segreti, i padroni universali, i misteriosi yacht dove si deci| | 26 marzo 2014 | 43 CULTURA PASSEGGIATA IN LIBRERIA Per l’Europa! Manifesto per una rivoluzione unitaria Cohn-Bendit, Verhofstadt Mondadori 10 euro Cosa vuole l’Europa? Zizek, Horvat Ombre corte 14 euro Europa tedesca. La nuova geografia del potere Ulrich Beck Laterza 10,20 euro Questa Europa è in crisi J. Habermas Laterza 11,90 euro Dove va il mondo? Giulio Sapelli Guerini 12,50 euro Europa sovranità dimezzata Antonio Pilati Ibl libri-Foglio 10 euro esce ora Europa tedesca. La nuova geografia del potere (Laterza, 10,20 euro). Di un altro livello qualitativo Questa Europa è in crisi di Jürgen Habermas (Laterza, 2012, euro 11,90): qui si sente la mente del grande filosofo che va al cuore del Spunti critici e coraggiosi problema delle istituzioni continentali burocratiche (anche gli europarlamentaNel nostro dialoghetto abbondano i parari sono poco più che funzionari) perché dossi sin dal primo capitolo su Ludovico prive di vere modalità che coinvolgano il Moro paragonato a Enrico Cuccia: una i cittadini. forzatura evidente. Ma anche una via per Venendo all’Italia, imperdibile il nuosuperare quel ragionare per luoghi comuvo saggetto di Sapelli Dove va il monni al momento predominante. Naturalmente una provocazione anche do? (Guerini, 12,50 euro): denutile non è risolutiva: servono so e coinciso il libro affronta servono ricerche. Soprattutto ampi aspetti della scena globale analisi e ricerche non estemporanee. Soprattutto sul nesso tra e, per quel che riguarda i temi di sul nesso tra il contesto contesto internazionale-crisi del questo articolo, in particolare le internazionale e la crisi del due linee, quella tedesca e quella nostro stato nazionale, un nesso definito innanzitutto da come si americana, per affrontare la crisi nostro stato nazionale, un è evoluto il processo di unificapost 2008, entrambe segnate da nesso definito anzitutto da zione europea. Su questo argoun’astrazione di fondo rispetto mento, peraltro, la fa da padroindustriale e al concome si è evoluto il processo all’economia na la retorica. Così saggi come testo sociale e caratterizzate da una certa subalternità anche culLa via maestra. L’Europa e il ruodi unificazione europea turale rispetto alla finanza globalo dell’Italia nel mondo di Giorgio Napolitano e Federico Rampini (Mon- dalla gestione della crisi della Jugoslavia le, ma almeno quella studiata a Washingdadori, 2013, euro 9,99), o La democra- fino all’austerità che ha stremato la Gre- ton mirata allo sviluppo e non alla suicizia in Europa. Guardare lontano di Syl- cia. Non si coglie però nel loro argomen- da austerità predicata a Berlino. Sui guavie Foulard e Mario Monti (Rizzoli, 2012, tare vera densità di pensiero tipo quel- sti dell’egemonia economica tedesca scrieuro 9). Libri tanto edificanti quanto pri- la che sorresse il movimento socialista ve anche Antonio Pilati: Europa sovranità vi di quella analisi critica oggi necessaria nell’Ottocento: la propaganda domina su dimezzata (Ibl libri-Foglio, 2013, 10 euro). per capire il guaio in cui ci siamo caccia- un approccio critico, sia pure ideologica- In Pilati la riflessione è centrata sulla ti. Né aiuta molto il nuovo pensiero euro- mente critico. moneta unica, come si è man mano deterMeglio in questo senso l’elaborazio- minato l’uso di questo mezzo da parte di peista di tipo radicale, sia quello di vecchi protagonisti come Daniel Cohn Ben- ne di Ulrich Beck, erede di un altro col- Berlino per costruire la propria egemodit che insieme a Guy Verhofstadt nel to europeista tedesco legato alla London nia provocando insieme una stagnazio2012 per Mondadori ha fatto uscire Per School of Economics come Ralf Dahren- ne innanzitutto degli stati mediterranei l’Europa! Manifesto per una rivoluzione dorf: in Beck si trovano analisi informate, dell’Unione. Sul tema dell’euro il saggio più rileunitaria, sia quello proposto da più nuo- un po’ troppo politically correct, ma con vi come Slavoj Zizek e Srécko Horvat con spunti critici coraggiosi come sugli ecces- vante uscito nel 2013 è quello di un granil loro Cosa vuole l’Europa? (Ombre corte, si di egemonia della Germania. Di Beck de giurista italiano, Giuseppe Guarino. dono le sorti delle nazioni, i club esclusivi. Basta un’attenta lettura del Financial Times o del Wall Street Journal per seguire i movimenti della storia senza bisogno del buco della serratura. 44 | 26 marzo 2014 | | 2014), con la prefazione di Alexis Tsipras, la star del momento. Nei vecchi radicali europeisti si sente la stanchezza di un pensiero nato col nichilismo sessantottesco, divenuto furbamente ecologista e infine riproposizione di una ipersecolarizzazione sempre più sfiatata anche se ancora una delle vere anime di Strasburgo. I nuovi radicali europeisti hanno almeno la vivezza (oltre a un certo talento filosofico come con Zizek) di una storia vissuta sulla loro pelle, degli errori commessi dall’egemonia bottegaia tedesca: UN SAGGIO DI “VERITÁ” SULL’EUROPA E SULL’EURO G. Guarino cina Henry Kissinger Mondadori 18,70 euro Già il titolo spiega la sua tesi: Un saggio di “Verità” sull’Europa e sull’euro. Sottotitolo: “1.1.1999 il colpo di Stato – 1.1.2014 Rinascita!?”. Si tratta della magistrale disamina di come fu tradita la lettera dei trattati dalla burocrazia comunitaria nella semi-inconsapevolezza degli stati membri, con poi l’analisi delle conseguenze di questo tradimento. Lo potete scaricare da Google a costo zero. Occidente. Ascesa e crisi di una civiltà Niall Ferguson Mondadori 18,70 euro I sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra C. Clark Laterza 29,75 euro consapevole Angela Merkel che ha citato uno dei più bei libri sul 1914 uscito lo scorso anno e ora tradotto anche in italiano: I sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra di Christopher Clark (Laterza, 29,75 euro). Lo ha fatto quasi per esorcizzarlo, anche se l’attenzione nel libro per l’ipertrofia prussiana è centrale. A sostegno delle tesi della cancelliera è uscito 1914: attacco a Occidente di Gian Enrico Rusconi, (il Mulino, 2014, 20,40 euro), lanciato da Paolo Mieli sul Corriere della Sera del 4 marzo scorso. Scrive Mieli 1914: attacco a occidente Gian Enrico Rusconi Il Mulino 20,40 euro IL Silenzio della tirannide A. Kojève Adelphi 25 euro ca e giusta critica del becerume semplificatorio, ma c’è pure indifferenza per i rapporti di forza tra nazioni, con annessa olimpica disattenzione per un’anche minima sovranità dell’Italia. Per risvegliare le coscienze In questo senso, pur respingendo tesi comparative stupidamente semplificatrici, non si può rinunciare a investigare i problemi che pone l’eccesso di egemonia Il centenario della Grande Guerra della Germania anche oggi. Molto più di Mieli ci sembra interessante quel che La discussione sull’Europa e sul suo ruoscriveva un gran filosofo hegelialo intanto si intreccerà con la no, un po’ bonapartista e poi golriflessione che il centenario dell’euro ha provocato una lista (nonché consigliere dell’Eula Prima guerra mondiale ha ropa in formazione) come Alegià aperto. D’altra parte è da stagnazione degli stati xandre Kojève che in L’impero tempo che nella discussione mediterranei dell’Unione. americano-anglosassone il tema latino (ripubblicato nel Silenzio della relazione delle contraddiil saggio di Guarino fa capire della tirannide, Adelphi, 2004, zioni tra Prussia e Gran Breta25 euro) discuteva già nel 1947 come la pensa. il sottotitolo di come la Germania sarebbe gna con quelle tra Cina e Stati Uniti è sollevato, con un granridiventata la principale potenÈ: “1.1.1999 il colpo di Stato de protagonista della diplomaza economica europea; riducenzia come Henry Kissinger che do la Francia al rango di poten1.1.2014 Rinascita!?” sostiene (vedi il suo Cina, Monza secondaria nell’Europa contidadori, 2011, euro 18,70) come una rela- che «La Germania del 2014, mette in chia- nentale; che gli stati-nazione erano finizione con il 1914 esista ma la contraddi- ro Rusconi, “non ha nulla in comune con ti; che c’era bisogno di “imperi”. Ma alla zione sia dominabile, e storici come Niall quella del 1914 salvo l’eccellenza econo- base di questi imperi non ci poteva esseFerguson (così in Occidente. Ascesa e cri- mica, ma in un contesto internazionale re un’unità astratta che prescindesse da si di una civiltà, Mondadori, 2012, euro e geopolitico inconfrontabile; il processo cultura, lingua, modi di vita e religio18,70) più pessimisti (e che lo sia anche della sua integrazione europea e occiden- ne: i nuovi imperi dovevano essere «uniil giapponese Shinzo Abe anche lui rife- tale è irreversibile, a meno di imprevedi- tà politiche transnazionali, ma formarendosi al 1914 preoccupa ancora di più). bili disastri; se esiste un problema tede- te da nazioni apparentate». Per questo, Ma da “atlantica” la discussione sta sco, è perché esiste un problema euro- egli proponeva alla Francia di propordiventando anche molto continentale, peo, ma questo a sua volta non può esse- re un “impero latino”, che unisse econoperché una della tesi assai diffuse è che re adeguatamente compreso con l’appa- micamente e politicamente le tre granlo svilupparsi di una egemonia senza rato concettuale tradizionale con il quale di nazioni latine (Francia, Spagna e Itacontrappesi come quella di una gran- abbiamo analizzato le vicende che culmi- lia). Tesi al limite del paradosso, ma certamente che aiuta a fare i conti con quel de nazione come la Germania non pos- nano nella Grande Guerra”». Come sempre, in Mieli (e di riflesso in politically correct che addormentando le sa non creare squilibri nel medio periodo difficili da gestire. Di questa tesi è ben Rusconi) c’è grande intelligenza analiti- coscienze, genera mostri. n | | 26 marzo 2014 | 45 STILI DI VITA CINEMA i problemi da affrontare Qualche domanda al ministro Jimmy P., di Arnaud Desplechin PRESA D’ARIA di Paolo Togni V orrei tornare un momento a parlare delle attività (o non attività?) del ministero dell’Ambiente. In proposito vorrei porre qualche domanda, aspettando risposte. E comincio: perché le indagini sulla “terra dei fuochi” sono state effettuate dalla presidenza del Consiglio (dipartimento per la Protezione Civile) e non da chi vi sarebbe stato istituzionalmente preposto, il sistema Ispra-Arpa? Perché la centrale elettrica di Vado Ligure è stata chiusa dall’autorità giudiziaria, in assenza dei controlli ambientali che incombevano al ministero? Perché nel Comune di Roma gli abitanti di una certa porzione della periferia (piccola, ma è gravissimo lo stesso) si sono visti impedire l’uso dell’acqua corrente, nella quale sono stati riscontrati valori di arsenico e di altri metalli pesanti superiori agli ammissibili, e un pericoloso inquinamento organico? Che fine ha fatto la valanga di soldi stanziata per le bonifiche di Taranto, di Gela-Priolo e degli altri siti inquinati di interesse nazionale? Che fine ha fatto la somma stellare spesa per il Sistri, proveniente oltretutto dalle tasche dei trasportatori? Sono congrui i prezzi pagati e fatti pagare per le forniture? A cosa serve la pletorica commissione per la revisione della normativa ambientale, composta per lo più da vecchi attrezzi, inchiavardati da decenni alle leggi che sancirono i loro privilegi e ai posti e ai compensi che ne derivarono? Solo gli uffici del ministero Solo gli uffici del ministero sarebbero in grado di rispondePOTREBBERO rispondere; ma re; ma spesso, come l’Ispra, non spesso non sono neanche in sono neanche in grado di repligrado di DIRE se sono vivi o care se sono vivi o no. no. COMUNQUE, FIN QUANDO E SE Per fortuna con la venuta FARà LE COSE GIUSTE, GALLETTI del nuovo ministro spero che ora tutto sia cambiato, o meAVRà IL MIO PIENO SOSTEGNO glio, spero stia cominciando a cambiare. Ma, prima di fare scelte e varare nuovi assetti, accerti il ministro le responsabilità dei dirigenti uscenti, i quali si spera non rientreranno, e assuma i provvedimenti conseguenti. Il ministero dell’Ambiente dispone di poca capacità di spesa, ma gli sono intestati penetranti poteri di controllo. Certo, se non si sa usarli o non si vogliono usare sono inutili; ancor peggio sarebbe nel denegato caso in cui questi poteri venissero piegati al servizio di interessi particolari. Il nuovo ministro ha belle gatte da pelare: incrostazioni di potere, lotte interne difficili da smontare, declinante peso politico amministrativo del ministero nei rapporti intergovernativi: resta da dirgli che, per quanto possa contare, l’appoggio delle persone per bene ce l’ha in pieno, convinto e totale. Almeno se, e fin quando, farà le cose giuste. [email protected] HUMUS IN FABULA ECOSOSTENIBILITà/1 Nuovo impianto per la San Benedetto È stato inaugurato il nuovo impianto fotovoltaico presso lo stabilimento di Popoli (Pescara) della Gran Guizza S.p.A., società controllata al 100 per cento da Acqua Minerale San Benedetto, dove da quasi 15 anni vengono imbottigliate acque e bevande a marchio Guizza e Primavera. Composto da 17.809 moduli fo- 46 | 26 marzo 2014 | | tovoltaici distribuiti su una superficie di 17mila metri quadrati, l’impianto avrà una potenza di 2 MWp, per una produzione elettrica annua prevista di circa 2.500 MWh e una riduzione di emissioni di anidride carbonica (Co2) di 1.279 tonnellate l’anno. Si tratta di un importante nuovo progetto realizzato in linea con la filosofia di San Benedetto oggi più che mai mossa da un’ambizione di eccellenza ecofriendly nel panorama industriale italiano, dimostrata dal costante impegno in tema di sostenibilità ambientale e dello sfruttamento di energia da fonti rinnovabili. Troppe parole ma con un bel finale Alla fine della Seconda guerra mondiale un soldato americano soffre di terribili crisi. Film complesso, non facile. Non lo è la storia, quella di un indiano che soffre, dopo un incidente, di problemi di varia natura. Non lo è lo stile di un regista colto come Desplechin (Pranzo di Natale) che usa molto la parola sconfinando spesso nel verboso. E non lo è nemmeno il taglio usato: un registro a metà tra il dramma dell’identità e il melodramma in cui per HOME VIDEO I sogni segreti di Walter Mitty, di Ben Stiller La grande bellezza Un addetto all’ufficio fotografico di Life alle prese con sogni impossibili o quasi. Ecco la vera grande bellezza. Un uomo qualunque, mite e anche un po’ pavido, che per una donna che manco lo considera diventa esploratore, marinaio, alpinista. Gran bella avventura firmata e interpretata da Stiller che centra il suo film migliore non solo da un punto di vista tecnico ma anche per l’originalità di una storia che ha come orizzonte ultimo la felicità e il compimento di sé. ECOSOSTENIBILITà/2 La borsetta fatta coi tappi delle bottiglie La moda mette d’accordo uomini e donne di ogni dove desiderosi di avere un look al passo con i tempi. Spesso un concetto dimenticato dagli stilisti è quello di ecosostenibilità. Negli ultimi anni sembra però che molti marchi, dell’alta moda ma anche del low cost, abbiano maturato una coscienza green prestando particolare attenzione a sostanze, tessuti e materiali alternativi, avvicinandosi sempre più alla cultura del riciclo. Un esempio? Il progetto TappoBag-The Original Bottle Caps Bag si impegna a dare nuova vita ai tappi di bottiglia. L’idea è nata dal 2012 dalla mente di Stéphanie Lazzereschi, presidente dell’associazione Let’s Eco Party, che si è dilettata nel realizzare a mano modelli cruelty-free di alta qualità. Sono necessarie dalle 6 ore ai 4 giorni di lavoro per creare ogni borsa, a seconda che si tratti di una pochette o di un modello più grande, andando così a salvare dalle discariche dai 20 ai 200 tappi di bottiglia, recuperati grazie alla collaborazione dei ristoranti della provincia di Pisa. ALLA FIERA DEL LIBRO una buona metà del film la vicenda si gioca tutta nel dialogo serrato tra un antropologo esperto di nativi americani e il Jimmy interpretato con intensità da Benicio Del Toro. Tante parole, troppe interpretazioni freudiane rendono freddo quello che in alcuni momenti è un grande melodramma con al centro un uomo che si tira in piedi grazie all’impegno e all’amicizia di un medico. Un film interessante con il freno a mano tirato: poca tensione con l’eccezione di un grande finale, positivo ed efficace. E stavolta senza troppe parole inutili. visti da Simone Fortunato Le fiabe che col tempo migliorano Il regista Arnaud Desplechin COMUNICANDO CIDA Comunicare la cultura manageriale Nel corso della storia il ruolo di alta dirigenza è mutato secondo le esigenze. Nell’antica Grecia questo ruolo apparteneva ai filosofi, nella Roma antica ai consiglieri dell’imperatore. Nel tempo le guide hanno assunto diverse forme, influendo sulle decisioni politiche, sociali ed economiche. Ora, nel XXI secolo, è il turno dei manager. Cida – organizzazione che riunisce manager e alte professionalità per l’Italia (www.cida.it) rappresenta gli interessi di 300 mila diri- MAMMA OCA di Annalena Valenti «O una storia che ho sentito quando ero piccolo, e da allora ogni volta che ci ho ripensato, mi è sembrata più bella; perché alle storie succede come a molti uomini: guadagnano col passar degli anni, e questa è una cosa che fa tanto piacere». Le belle storie per bambini guadagnerebbero ancora di più se non le tradissero, tagliuzzandole, «perché i bambini non si devono annoiare», banalizzandole, «perché i bambini devono poter capire tutte le parole», cambiando le traduzioni a seconda dei desideri dell’epoca. Pensate alla fiaba sopra citata di Andersen che qui in Italia titola Quel che fa il babbo è sempre ben fatto. Già il significato sovversivo – per riassumere trattasi di fiducia incondizionata – non lascia adito a dubbi, ma se vedeste il danese che dice «quel che fa papà è sempre giusto», beh, quale donna modernamente votata, oggi lo direbbe mai? Di storie e libri che cercheranno di durare nel tempo si occuperà anche quest’anno la Fiera del libro per ragazzi di Bologna, la più importante del settore editoriale, che, giunta alla 51esima edizione, per la prima volta apre le porte di un intero padiglione a bambini e ragazzi: “Non ditelo ai grandi”, si legge all’entrata. Speriamo che a un bambino non passi la voglia di leggere e che i grandi continuino a dire, fare e ripensare quelle belle storie che guadagnano col passar degli anni. mammaoca.wordpress.com genti d’azienda di diversi settori e mira ad accrescere il dialogo con le istituzioni nazionali e locali grazie a un efficace investimento nella comunicazione istituzionale. Tra il 2013 e il 2014, la Confederazione ha organizzato una road map dedicata alla cultura manageriale come elemento fondamentale per sostenere il valore del merito e del metodo nella gestione della attività d’impresa ma anche della attività pubblica. Quattro le tappe fino ad oggi: Roma, Milano, Firenze e Napoli. Il presidente Silvestre Bertolini, insieme ad autorevoli rappresentanti istitu- ra voglio raccontarti zionali, tra cui Gianni Pittella (vicepresidente vicario del Parlamento europeo), Severino Nappi (assessore alle Politiche del lavoro – Campania), e Paolo Giovanni Del Nero (assessore al Lavoro – Lombardia), ha raccontato il percorso che la nuova Cida ha fatto in questi due anni ma soprattutto ha ribadito come il nostro paese abbia bisogno di competenze e di una visione del futuro per generare una nuova politica industriale. L’iniziativa ha riscosso un enorme successo e sarà replicata in due nuove città, Genova e Bologna. Giovanni Parapini | | 26 marzo 2014 | 47 Tempi Leggi il settimanale sul tuo tablet AT&T Aggiorna Beppe Grillo e Casaleggio? Meluzzi: «Il M5S è una setta messianica e millenarista» di Francesco Amicone Tempi.it Il quotidiano online di Tempi Tempi Mobile di Luigi Amicone Le notizie di Tempi.it sul tuo smartphone Bergomi e Spagna ’82: «La forza era il gruppo. Come nella Nazionale di quest’anno» di Luigi Amicone di Luigi Amicone Nazionale di quest’anno» era il gruppo. Come nella Bergomi e Spagna ’82: «La forza di Luigi Amicone per la famiglia» le magnifiche giornate milanesi Papa: «Come ho vissuto di Carlo Candiani Seguici su «Una follia anche economica» Bologna, referundum anti-paritarie. di Antonio Simone del nuovo compagno di cella Simone: Il segreto (rivoluzionario) TUTTI GLI ARTICOLI di Oscar Giannino di religione spread, ormai è una guerra Giannino: Altro che debiti e PER PIACERE Ba’Ghetto Milky, roma Tonno impanato e fritto per una cena di Quaresima IN BOCCA ALL’ESPERTO AMICI MIEI LIBRI Il romanzo del Nobel giapponese svela le falsità dell’eutanasia Si può dare il nome a un «bambino mostro»? Ha bisogno di un nome un neonato che «non assomiglia nemmeno a un essere umano»? Tori-bird è convinto di no. Guardando suo figlio nell’incubatrice e la deformità che lo affligge, scopre di non poterlo accettare. Il pensiero di dare il nome a una cosa che non ha prospettive di «vita normale» lo terrorizza. Lui vorrebbe soltanto che suo figlio morisse. Tori-bird è il protagonista di Un’esperienza personale del premio nobel Kenzaburo Oe. Il romanzo compie cinquant’anni dalla pubblicazione e racconta la storia tormentata di un padre che cerca con ogni mezzo di fuggire dalla sua vita, dal figlio e dalla sua menomazione. Oe affronta senza doppiezze e senza moralismo l’attimo di dubbio che lo colse quando, alla nascita del suo primo figlio affetto, come quello di Tori-bird, da una grave patologia cerebrale, i medici gli consigliarono di lasciarlo morire. Il romanzo non è soltanto l’anatomia delle cause che portano una persona e oggi un intero parlamento (Belgio) a giustificare un atto come l’eutanasia dei bambini disabili. La scrittura di Oe non perde tempo nell’affrontare le «sofferenze insopportabili» del neonato, ma senza incertezze infila la questione centrale, inquadrando la meschinità del genitore, più in generale dell’essere umano, di fronte a un fatto che lo lascia traballante e lo porta a compiere una scelta. Si può accettare una verità che «risale da sola dallo stomaco» e che impedisce a Tori-bird di continuare a scappare oppure non affrontare la realtà. Questa è una scelta. di Tommaso Farina S i dice kasher (o kosher), si legge “conforme”. La religione ebraica sulla cucina non transige. Perché sia conforme ai precetti fondamentali, deve seguire certe regole: bando ai molluschi, ai crostacei, alla carne di maiale. E, in ottemperanza a passi dell’Antico Testamento, mai mangiare carne e latte insieme. E al latte si apparentano i sottoprodotti, come ricotte o formaggi. Non stupisca dunque se i fratelli Dabush, maniaci della cucina ebraica e dunque vogliosi di esplorarne tutte le sfumature, per preservare la purezza abbiano aperto nel Ghetto di Roma addirittura due ristoranti, a breve distanza l’uno dall’altro: il Ba’Ghetto (notare il gioco di parole), che cucina carne, e il Ba’Ghetto Milky, che invece scodella pietanze che i cattolici definirebbero “di magro”. Oggi ci occupiamo di quest’ultimo, che a conti fatti è adattissimo per pranzare fuori in un venerdì di Quaresima. Si pranza in un ambiente elegante, caratterizzato dall’esposizione delle bottiglie dei vini rossi israeliani, delle alture del Golan ma non solo. Libera creatività alla carta, con preparazioni ebraiche ma anche fantasie varie che contemplano l’uso del pesce, anche col formaggio, in spregio al luogo comune inossidabile. Si può partire con buone polpettine falafel circondate da crema hummus di ceci, o con un carciofo alla giudia, un classico romano, fritto e croccante. Di primo, convince l’esecuzione della carbonara di mare (al salmone), visto l’uovo giustamente cremoso. Altrimenti, cous cous al ragù di cernia, tonnarelli all’amatriciana di mare o con carciofi, spigola e bottarga. Si prosegue con un gran bel piatto: la schnitzel (cotoletta) di tonno impanata col sesamo e fritta con leggerezza, accompagnata con un tabbouleh di verdure e semola. Oppure, il baccalà con pomodoro e pinoli. Chiusura con la torta di ricotta e visciole. Se vi interessano, ci sono pure le pizze. Noi preferiamo il resto. Conto di circa 45 euro. Per informazioni Ba’Ghetto Milky www.kosherinrome.it Via del Portico di Ottavia, 2/a – Roma Tel. 0668300077 Chiuso venerdì sera e sabato a pranzo reggente nazionale vicario di Alleanza Cattolica, Alfredo Mantovano, magistrato, Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, Filippo Savarese, portavoce della Manif pour tous Italia. MOSTRE Alla scoperta del padre in Dante, Omero e Tolkien “Nessuno genera se non è generato”. Questo il titolo della mostra realizzata dalla Fraternità san Carlo esposta nel Salone Rotondo del Collegio Guastalla (Viale Lombardia, 180 – Monza). Un percorso alla scoperta del padre in Omero, Dante e Tolkien. L’esposizione sarà presente fino al 22 marzo. Orari di apertura: tutti i pomeriggi dalle 15 alle 17 e il sabato dalle 10 alle 13. EVENTI Tre giorni dedicati ai più piccoli FONDAZIONE TEMPI I cristiani nella terra dell’islam Giovedì 27 marzo alle ore 21 presso il liceo don Gnocchi di Carate Brianza (via dei Gaggioli 2), la Fondazione Tempi in collaborazione con il Centro Culturale Péguy e l’Istituto scolastico don Carlo Gnocchi, ha organizzato l’incontro dal titolo “Cristiani in terra d’islam”. Parteciperanno Samir Khalil Samir, docente di islamologia presso l’Università di Beirut e il nostro inviato Rodolfo Casadei appena tornato da una missione in Siria. Nel suo ultimo reportage ha raccontato che «i cristiani sono il principale bersaglio dei jihadisti. Il loro destino e quello della loro terra è sconosciuto, ma in alcune zone la popolazione ha iniziato a riconciliarsi». INCONTRI Il convegno di Alleanza Cattolica “La buona politica. I cattolici, la famiglia e il futuro dell’Italia”. Questo il titolo del convegno promosso da Alleanza Cattolica che si terrà sabato 22 marzo a Roma, presso la sala san Pio X di via della Conciliazione 5. Tra i relatori, Massimo Introvigne, Alla BraveArt Factory (via Vigevano 41, Milano, citofono 36) arriva Kids Factory: tre giorni dedicati al mondo dei bambini. Dal 21 al 23 marzo saranno presenti nello spazio di BraveArt giovani realtà che offrono prodotti e servizi nuovi e creativi per i più piccoli. Scarpe, vestiti, gioielli, allestimenti e arredamento e poi corsi di musica e di inglese. Durante l’evento sarà possibile partecipare gratuitamente a laboratori creativi, corsi di cucina e di cake design… Per programma e orari consultare blogbraveart.tumblr.com. scrivere a [email protected] o telefonare allo 0249767899. | | 26 marzo 2014 | 49 motorpedia WWW.RED-LIVE.IT A CURA DI DUE RUOTE IN MENO Ducati Diavel Anche per la Ducati più controversa della storia è tempo di rinnovamento. La Diavel si aggiorna con parecchie novità a livello di motore (pur con potenza confermata a 162 cavalli): dalla Multistrada, infatti, arriva il Testastretta 11° DS con due candele per cilindro, per migliorare la combustione, l’efficienza e la regolarità ai bassi regimi. Altri interventi riguardano la sella più comoda per il pilota e l’arrivo di un impianto di illuminazione full-LED. La power cruiser bolognese ha sempre fatto molto discutere, riuscendo però a mettere tutti d’accordo quando si tratta di emozioni di guida. La versione 2015 (in vendita già [sc] nell’aprile 2014) promette di fare ancora meglio. 50 | 26 marzo 2014 | | La power cruiser bolognese ha sempre fatto molto discutere, riuscendo però a mettere tutti d’accordo quando si tratta di emozioni di guida. La versione 2015 promette di fare ancora meglio crossover compatta con trazione integrale permanente con tre modalità di marcia La rivoluzionaria S-Cross della Suzuki È la principale novità Suzuki per il 2014, un modello fondamentale per la Casa nipponica che si schiera nel segmento delle crossover compatte con molte carte da giocare. La S-Cross è proposta a trazione integrale permanente oppure in versione 2WD; si scontra con i modelli bestseller con i quali condivide la lunghezza: attorno ai 430 centimetri. Dimensioni piuttosto generose per il segmento, che si traducono in una capienza del bagagliaio di 430 litri con 5 persone a bordo, incrementabili a 440 optando per la posizione verticale degli schienali posteriori (a inclinazione variabile) e fino a 875 litri se si abbatte completamente il divanetto, frazionabile secondo la ripartizione 40/60. Cresciuta 18 centimetri in lunghezza e 10 nel passo rispetto alla SX4, la S-Cross si distingue nettamente dalla progenitrice, tuttora a listino, grazie alla superiore qualità dei materiali, alle finiture in linea con le rivali, alla maggiore disponibilità di spazio a bordo e alla possibilità di regolare lo sterzo sia in altezza sia in profondità. La vera rivoluzione della S-Cross è legata, però, al sistema di trazione integrale permanente integrato dall’AllGrip che permette di scegliere, mediante l’apposito comando lungo dimensioni generose il tunnel, tra le modalità di marcia Aucon grande capienza to: Sport, Snow/Mud e Lock. Di sicuro uno dei punti forti della Sper il bagagliaio. consumi medi Cross è rappresentato dai consumi: nelincredibili: quasi 30 la configurazione a due ruote motrici km/l con la versione la crossover Suzuki, senza prestare para due ruote motrici ticolare attenzione alla guida, riesce ad da 120 cavalli avere medie chilometriche che posso(benzina o diesel) no superare agevolmente i 20 km/litro e sfiorare i 30 km/litro. Risultato ottenuto grazie all’alleggerimento della vettura (-55 chilogrammi rispetto alla SX-4) e a un motore made in Italy come il quattro cilindri Turbodiesel Fiat da 1.598 cc (120 cavalli); in alternativa la S-Cross è disponibile anche con un motore a benzina da 1.586 cc, sempre da 120 cavalli di potenza. Tre gli allestimenti disponibili. EASY a 19.600 euro, comprende climatizzatore manuale, impianto Hi-fi con lettore CD+MP3+Bluetooth e controllo elettronico del volume con comandi al volante, Usb sulla consolle centrale, cruise control con comandi al volante, Esp (Controllo Stabilità Elettronico) + Tcs (Controllo della Trazione), Abs con Ebd (ripartitore elettronico della frenata) e Tpms (Sistema monitoraggio pressione pneumatici). La STYLE offre in più l’avviamento senza chiave, il climatizzatore automatico bizona, il sistema “hill hold control” per facilitare le partenze in salita e i cerchi in lega da 17 pollici al prezzo base di 21.150 euro. La TOP a 23.150 euro offre anche sensori di parcheggio anteriori e posteriori, oltre alla telecamera posteriore. Stefano Cordara | | 26 marzo 2014 | 51 POST APOCALYPTO CIò CHE ci SALVA DAL DEMONIO Senza quell’abbraccio misericordioso anche una madre può uccidere i figli C S aro padre Aldo, non so se ha letto la notizia della mamma di Lecco che ha ucciso le sue tre figlie. Questo fatto sconcertante mi ha lasciato una domanda: che cosa sta succedendo? Dottor Baruffaldi eguo sempre i suoi articoli su Tempi e conosco la sua storia. Lei è per me un punto di rife- rimento per la sua fede, per la sua storia e soprattutto perché conosce il dolore e la miseria dell’uomo e non ne ha paura. Sono una di quelle persone che passano inosservate, oppure sono considerata da molti una persona non significativa perché troppo misera. Questa mia miseria nasce dall’essere sola all’origine cioè dal non essere stata mai amata, mai presa per mano da qualcun altro. Quando a 14 anni ho perso mio padre, mi sono ritrovata sola. Mia madre è una persona che non ha mai preso coscienza dei suoi problemi, non era in grado di aiutarmi e mi ha portato con sé laddove lei stessa cercava sostegno. Quando negli anni dell’università è scoppiata la mia crisi, la mia fragilità è diventata evidente a tutti. La mia fede e la debole coscienza della mia dignità, che consiste nell’essere voluta ed amata da un Altro, mi hanno fatto forte e bene o male sono riuscita a stare sempre in piedi, nonostante le intemperie che si abbattono su di me. Intemperie che prendono le sembianze di persone che non mi vogliono come amica, che mi vorrebbero togliere anche i pochi talenti che mi sono stati dati. Gente che non è serena, che non accetta il proprio limite, che crede di aver trovato qualcuno che vale meno di loro, e pensano che questo risolva tutti i problemi. Sono arrivata a provare una fatica tale che spesso la mia emotività non regge, e crollo, magari facendo pena a qualcuno. Nonostante tutto questo dolore io so di esserci, e mi farebbe tanto piacere che qualcuno si accorgesse che la mia dignità non è inferiore a quella degli altri. Nella mia stanchezza chiedo sempre a Gesù di sostenermi. Solo una cosa posso fare, amare quelli che fanno più fatica di me e sono più soli di me. Le chiedo solo una preghiera. Se per caso avesse tempo di rispondermi, mi farebbe molto piacere, sarebbe per me “una carezza del Nazareno”. La ricorderò sempre nella preghiera perchè il Signore la sostenga nella prova della malattia. Mi sentivo uno Carla A e tutte sono cariche di disperazione. Molte di esse, come quella di Carla, spesso sono piene di una giusta e comprensibile pretesa anche nei miei confronti, perché quando si sta male, si sta male. Perciò, chiedo perdono a questa ragazza. Da dove nascono questi drammi, come il rifiuto di sè stessi o perfino dei propri figli? Evidentemente dalla pazzia e dal diavolo, se mi permettete il giudizio che do per l’esperienza che vivo. Certamente la pazzia è la ragione principale; questa si sviluppa e cresce lì dove 52 mici, mi giungono tante domande | 26 marzo 2014 | | sgorbio della natura, un complessato. solo La certezza granitica della fede mi ha fatto vincere le ossessioni. e in questo modo Dio ha costruito un’opera che commuove i semplici di cuore La benedizione di don Aldo a una paziente della clinica domina il deserto della solitudine, dove non c’è più spazio per la persona, per l’abbraccio all’uomo. Io stesso se non mi fossi sentito abbracciato da don Giussani non avrei mai superato le ossessioni che avevo, che quasi mi facevano prendere per il collo e strozzare chi mi stava vicino. Ricordo bene che un tempo avevo paura di prendere in braccio i bambini perché d’improvviso nasceva in me un’ossessione che mi spingeva a volerli ammazzare. Per grazia di Dio non è mai accaduto. E credetemi, non è una barzelletta: i fatti sono fatti e dobbiamo prenderli sul serio. La pazienza di Cristo Certe notizie non mi sorprendono più, anche se provocano in me un dolore immenso perché ho camminato centimentro per centimetro su questa strada irta di spine. L’ho fatto gridando perché Gesù mi liberasse. E questo è accaduto. Eppure le conseguenze le sento vibrare ancora vive su di me e spesso quan- di Aldo Trento non immaginate cosa voglia dire avere la depressione. quando stavo molto male avevo paura a TENERE in braccio i bambini perché mi veniva voglia di gettarli giù dalla finestra do prendo in braccio i miei bambini nella mia testa si incrociano certi pensieri che mi fanno paura. Capisco perfettamente cosa è successo a quella povera mamma e provo un grandissimo dolore. Quel che è accaduto risveglia in me il ricordo di quegli anni in cui non ho mai preso in braccio un bambino perché mi veniva l’ossessione di tirarlo sulla parete o gettarlo dalla finestra. Mi permetto di scrivere questi fatti così personali perché possiate rendervi conto di quanto tutto ciò sia possibile se si è vittime di una gravissima depressione. Ho portato per quasi venti anni questa croce e ancora adesso, certe volte, mi lascio prendere da queste angosce. La certezza granitica della fede, dell’essere abbracciato da Gesù, ha reso possibile la vittoria. Una vittoria che mi sorprende perché ricordo benissimo come – fino a pochi anni fa – ero triturato da queste ossessioni. Mi sentivo una merda maleodorante, uno sgorbio della natura, complessato e fru- strato. Eppure mentre lottavo senza tregua con queste ossessioni, Dio ha fatto quest’opera che commuove il mondo dei semplici di cuore. Dio interviene sempre nella pazienza, mediante l’abbraccio tenero di una persona. Se quella donna fosse stata amata e abbracciata come lo sono stato io, non avrebbe fatto quello che ha fatto. Anche il diavolo interviene e in parte anche lui è causa di questa pazzia. Con me vivono due ragazzi: Pablo di 21 anni che studia medicina, e David di 9 anni. Ambedue sono passati da questa esperienza della possessione diabolica. Tre anni fa Pablo si è trovato d’improvviso vittima di una gravissima depressione, con crisi di panico e la continua ossessione di voler uccidere la sua famiglia. Un giorno, preso dalla rabbia, ha tentato di strangolare il fratello maggiore che ha potuto salvarsi solo perché Dio gli ha dato la forza di fermarlo. Era talmente sconvolto che per riuscire a riposare chiedeva ai suoi genitori di stare a dormire nel letto con loro. Un giorno è venuto ad Asunción dove c’era di passaggio un sacerdote che vive con gli indios ed è esorcista. Gli ha chiesto aiuto e da quel giorno si è lasciato alle spalle quelle tremende crisi. Ora è tranquillo e vive con me benché abbia ancora spesso problemi di sonno. L’altro bambino che vive con me è David. Quando entrava in crisi, nemmeno due uomini riuscivano a trattenerlo per la forza con cui si agitava. La sera, quando lo mettevo a letto, era preso dalla disperazione e colpendo il materasso gridava piangendo: «Diavolo, lasciami stare. Non voglio fare quello che tu mi dici perché io sono di Gesù». Dalla bocca gli usciva la schiuma fino a quando si addormentava estenuato. Una domenica ho deciso di battezzarlo e da quel giorno è libero e docile come un agnellino. Immagino che molti rideranno di quanto ho scritto, però dovete credermi perché l’ho vissuto sulla mia pelle e l’ho visto sui volti dei miei ragazzi. L’ultima arrivata in casa In questi giorni, un giudice di Asunción ha mandato qui una ragazza che oltre ai mille problemi che ha, si divertiva a giocare con la magia nera. Le conseguenze di questo divertimento furono tre tentati suicidi e il gusto masochista di tagliarsi le braccia con un coltello affilato. È da un mese che vive qui con noi; come una figlia mi vuole un bene immenso. Anche lei è stata liberata dall’abbraccio di un padre, e ora è contenta, è serena. L’accettazione di sé è fondamentale, ma questa è possibile solo mediante un abbraccio, come è accaduto nella mia esperienza. Senza queste braccia misericordiose tutto è possibile. Anche il fatto che una madre uccida tutti i suoi figli. È tempo di svegliarci dal nostro comodo e frustrante borghesismo. [email protected] | | 26 marzo 2014 | 53 LETTERE AL DIRETTORE Se il confessore timbra il cartellino, l’assessore prete timbra l’aborto C ommovente l’articolo del dottor Totò Cuffaro a cui va tutta la solidarietà. Sono sicuro che egli è vittima di un esagerato accanimento giudiziario, per non dire di peggio. Incomprensibile che proprio questa persona non sia stata almeno affidata ai servizi sociali. Pietro Ferretti via internet L’associazione esterna di stampo mafioso è un mostro giuridico ma è anche un piatto tipico di Palermo. L’unica metropoli al mondo che vive di attrazione turistica giudiziaria. 2 Ho appena telefonato alla delegata alle Pari opportunità del Comune di Milano per protestare contro lo sfacciato uso ideologico delle istituzioni. Mi sembra inconcepibile che si usi un ufficio comunale per fare propaganda a favore delle leggi francesi e contro quelle spagnole, per sostenere manifestazioni pubbliche di parte e per promuovere revisioni della legge 194 in senso meno restrittivo. Sulla pagina del sito del Comune dedicata alla “delegata alle pari opportunità” Francesca Zajczyk si legge infatti, ad esempio, a proposito della legge francese sulle pari opportunità: «Riformula poi il testo della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, eliminando il concetto di forte disagio e permette quindi di accedere all’aborto senza il famigerato presunto pericolo psicologico o fisico per la donna. Tutto il contrario della leg- ge spagnola, contro cui ci batteremo e manifesteremo proprio sabato!!!!! Speriamo sia un vero passo avanti nell’introdurre la VERA parità di trattamento uomo-donna, e non un provvedimento che resti solo sulla carta». Una roba indegna! Angelo Mandelli via internet Milano aspetta l’Expo per ritrovare un po’ di attrazione turistica alimentare invece che ideologica. Leggendo il cardinale Walter Kasper con la sua prassi pastorale che vorrebbe oscurare il Sacramento e il modo con cui di fatto viene presentato l’evento Sinodo al di là delle dichiarazioni di cartello, mi sono chiesto come mai san Giovanni Battista non ha adottato una posizione kasperiana di apertura e di prassi pastorale diversa nei confronti di Erode e come mai 1500 anni dopo un certo san Tommaso Moro ancora si ostinava come il di Fred Perri ARIECCO FANTANTONIO O gni volta che sento parlare di Antonio Cassano mi viene in mente quel passo dei Salmi che dice: «Non mi sono seduto tra le brigate dei buontemponi». Cassano è un grande giocatore. Un dirigente che l’ha avuto a bottega mi ha spiegato che è l’unico calciatore che ha la vista dall’alto sul campo. Cassano gioca come se stesse in tribuna e vede tutto, per questo fa 54 | 26 marzo 2014 | | aperture, assist, gol che sono impossibili per altri. Bravo. Ma non è un campione. Un campione si giudica da altri particolari, come direbbe un profeta contemporaneo. Un campione non fa show, le sue battute sono limitate, il suo repertorio comico non si avventura oltre certi recinti, il suo rispetto per il prossimo e per i compagni è fondamentale componente per fare gruppo. La Foto: Ansa Malinconia preventiva per la mancata convocazione di Cassano al Mondiale [email protected] Battista a non aprirsi a una prassi pastorale di tipo kasperiano verso Enrico VIII Tudor, e così con lui anche dei certosini dotati evidentemente di scarsa fantasia pastorale, e anche il vescovo Fisher…Si perché pare che per difendere il sacramento del matrimonio per noi siano stati decapitati. Anzi, il vescovo e i monaci inglesi «hanged, drawned and quartered», impiccati, trascinati vivi per le strade con le braccia legate ai cavalli e infine squartati vivi. E tutto ciò perché hanno sbagliato la prassi pastorale? Fabio Sansonna Monza Mi pare che il Caffarra-Kasper di sabato 14 marzo al Foglio-Bernabéu sia finita due a zero. 2 Con riferimento al taglio delle aliquote Irpef-Irap , vi è chi documenta che la voce più penalizzante per imprese e lavoratori è quella dei contributi Inps. Bruno Mardegan Milano Una bella gara. Però l’Irap è proprio un piatto tipico del socialismo reale, lo Stato prende il “pizzo” sul lavoro. 2 Nel giro di pochi giorni Tempi con Mamma e papà e il Foglio con “Maschio e femmina”. Dal testo di Grygiel sul libretto del Foglio : «Ogni realtà viene micidialmente colpita dalle parole il cui contenuto non le appartiene e le viene imposto. Le parole contraffatte incatenano la realtà alle cose che le sono estranee. È ciò che oggi succede alla realtà del matrimonio e della famiglia». Mi è tornato alla mente un Lacrime irrefrenabili di fronte a Giovanni Paolo II Grazie per averci dato Wojtyla il papa che ha abbattuto i falsi idoli CARTOLINA DAL PARADISO di Pippo Corigliano S Costanza Miriano per quattro trasmissioni su Giovanni Paolo II per RaiDue. In sala di montaggio do spettacolo mio malgrado. Appena appare Wojtyla sento un’emozione particolare e dopo qualche minuto mi scendono lacrime irrefrenabili. Una collaboratrice provvede a un mazzetto di fazzoletti di carta. Giovanni Paolo II è stato un dono di Dio ed è anche un pezzo della vita di ciascuno di noi: a lui sono legati ricordi, conversioni, aperture della mente e spettacoli della fede che hanno lasciato un segno duraturo. Fin dall’inaugurazione del Pontificato, in quell’ottobre del ’78, percepimmo che stava iniziando un capovolgimento. La Chiesa sembrava assediata culturalmente, spiritualmente e anche politicamente ed ecco che il capo degli assediati gridava con voce potente, non ai suoi ma agli assedianti: «Non abbiate paura! Spalancate le porte a Cristo!». Un vero contrattacco, una marcia che non è finita più, fino a quando il grande campione, il caro Papa, con l’ultimo respiro ha smesso di insegnarci come si vive e come si muore. Prima di lui la cultura dominante ancora offriva illusioni (basti pensare al mito del marxismo e del ’68). Dopo di lui son caduti i falsi idoli. Il capitalismo selvaggio, l’individualismo incapace d’amare, la sfrenatezza sessuale, il disprezzo della vita ora mostrano il loro volto effimero e malvagio. Le folle di giovani mobilitate da lui continuano a seguire i suoi successori con l’entusiasmo dell’amore. Grazie Signore per averci dato Karol! to collaborando con 2 tellino “sportello chiuso”. Te ne fai una ragione (e uscendo mandi qualche maledizione). Ben diverso se entri in una chiesa cercando un confessore e dopo aver atteso un po’ ti senti rispondere con un’espressione imperturbabile: «Ma alle 11.00 io devo chiudere!». Guardo l’orologio: segna le ore 10.47. Alex Marongiu-Satta Ittiri (Ss) Penso sia capitato a tutti di far la fila all’ufficio postale e quando chiamano il tuo numero, l’impiegata gira il car- Periferie esistenziali con timbro del cartellino. verso del famoso quinto canto dell’Inferno, «libito fé licito in sua legge» Felice Ciccioli via internet Ma sulla via dei Sir Daniel che sanno più di legge che d’onestà ci sarà sempre un John Aggiustatutto. Foto: Ansa SPORT ÜBER ALLES carriera di Fantantonio è stata un’eterna altalena, su giù, su giù. Le discese poco ardite e le risalite. Perché sto parlando di lui? Perché siamo di nuovo a discutere della sua convocazione al Mondiale. Dopo essere stato allontanato da Milan e Inter (dalla prima se n’è andato scaricando su Galliani, dalla seconda su Mazzarri), sta facendo un grande campionato nel Parma. Per cui arieccolo. Ma questa volta Prandelli non lo porterà. Già deve imbarcare sull’aereo Balotelli, Cassano no. E poi i compagni azzurri, questa volta non lo vogliono. Però, che malinconia. Avevamo grandi attaccanti, ora l’unico che si propone come punta è questo Matteo Renzi. | | 26 marzo 2014 | 55 taz&bao Ragiona Occidente «In una democrazia si esce dalle crisi più drammatiche ragionando. In questo paese (Stati Uniti, ndr) non si ragiona. Tutto quello che c’è sono persone che dicono che Putin è un illuso. È questa la nuova linea? Che Putin è un illuso? No. Gli illusi sono le persone che dicono che è Hitler. Se lui è Hitler, questa è Monaco. E se questa è Monaco, allora dobbiamo dichiarargli guerra domani, giusto? Sappiamo collegare i pensieri uno con l’altro? No. Siamo preda di una folle sindrome secondo cui Putin è il peggiore tizio che abbiamo mai visto, quando tutto ciò che ha fatto è stato in realtà di rimettere in piedi la Russia. Amavamo Yeltsin perché era ubriaco e diceva di sì a tutto. Adesso abbiamo di fronte un tizio sobrio che ha intenzione di difendere gli interessi russi, giusti o sbagliati che siano. È quello che i leader nazionali sono chiamati a fare. E i diplomatici sono chiamati a intavolare trattative e a trovare una soluzione». Stephen Cohen Newsweek, 10 marzo 2014 56 | 26 marzo 2014 | | Festa a Sebastopoli per il referendum del 16 marzo sull’annessione della Crimea alla Russia: vittoria schiacciante dei voti favorevoli (foto: Corbis) MISCHIA ORDINATA L’AEREO MALESE SPARITO Il Boeing e il tremendo mistero di quei 239 corpi mancanti di Annalisa Teggi «La nostra persona/ più grata fia per esser tutta quanta» (Paradiso, canto XIV) M io marito era in volo per l’India, quando ho sentito la notizia di un Boeing scomparso dai tracciati radar. La frazione di secondo che il cronista ha impiegato per dire che era successo in Malaysia, mi è sembrata eterna. Forse è per questo che poi ho seguito gli aggiornamenti sulla vicenda in modo meno distratto del solito. Fino al momento in cui scrivo, il mistero più fitto rimane sulla sorte di quel volo partito l’8 marzo da Kuala Lumpur e mai arrivato a Pechino. E a Di un morto diciamo che «è mancato», ma è più questo si è aggiunto anche il terribile dire “mancante”; il participio presente pasticcio sulle identità: passa- lascia aperta la ferita, non chiude la speranza porti trafugati, persone date per disperse che in realtà non si trovavano se Veglia dalla trincea di guerra: «Un’intesull’aereo. Identità incerte, un gigantesco ae- ra nottata/ buttato vicino/ a un compagno/ reo scomparso, 239 corpi mancanti. massacrato/ con la sua bocca/ digrignata/ volIl mistero suscita curiosità, genera ogni ta al plenilunio/ con la congestione/ delle sue sorta di congetture. Ma il risvolto più deli- mani/ penetrata/ nel mio silenzio/ ho scritto/ cato e tremendo della cosa, a me pare quel- lettere piene d’amore./ Non sono mai stato/ lo dei corpi mancanti. Missing. Di un morto tanto/ attaccato alla vita». Tutto è così trediciamo che «è mancato», ma quanto è più mendamente carnale, che non può che fioterribile dire che è mancante; perché il par- rirne un anelito di piena e robusta speranza. ticipio presente lascia aperta la ferita, proE noi, invece, viviamo in un tempo paratrae indefinitamente l’attesa, non chiude la dossale, in cui si loda il carnale senza reggesperanza, e dunque impedisce che subentri re lo scandalo del corpo: per il corpo malala coscienza della perdita. In assenza di un to c’è l’eutanasia, per i difetti del corpo c’è corpo, come si fa ad attraversare e superare la chirurgia estetica, per ovviare a compliun lutto? Mi spiazza sempre quel verso in cui cate risposte sul sesso si toglie il maschile san Francesco loda Dio anche «per sora no- e femminile. Ma se i corpi svaniscono nella stra morte corporale»; non riesco a stare al loro complessa materialità, anche il nostro passo con lui, ma intuisco che si riferisca al- volo rischia di essere missing, un viaggio di la gigantesca dignità che ha il nostro corpo, identità mancanti. Nel Paradiso Dante ricee al fatto che la completezza spirituale di uo- ve la conferma da re Salomone che, dopo il mo passa attraverso ogni fragile esperienza Giudizio Universale, la nostra anima ricondella sua carne. giungendosi al corpo sarà più luminosa, perE così, per quanto suoni terribile dirlo, ché solo allora la persona sarà intera. Udenstare al cospetto di un cadavere ci è neces- do questo le anime degli altri beati esultano sario per piangere una morte; perché il do- di gioia, ma non tanto per se stessi: «che ben lore nella sua durezza è capace di farci chie- mostrar disio d’i corpi morti: forse non pur dere l’eterno riposo, sentendo chiaramente per lor, ma per le mamme, per li padri e per che non si tratta di una litania per bigotti. li altri che fuor cari». Che pienezza sarebbe L’eternità dell’anima è profondamente ine- se non ritrovassi in cielo i tratti precisi dei rente alla finitezza del corpo. Ungaretti scris- volti che ho amato sulla terra? 58 | 26 marzo 2014 | |
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