Combustione del legno e strategie per ridurne gli impatti negativi sulla qualita dell’aria. Report intermedio – Progetto Smartenergy Agosto 2014 Tecnici di riferimento: Massimo Negrin - AIEL 1 Oggetto del report L’attività ha avuto come obiettivo la definizione di sinergie tra aziende e istituti di ricerca per la definizione di collaborazione future allo scopo di promuovere ed incentivare la filiera legno-combustione nell’area di programma. Su tale considerazione si basa la convenzione, che ponendo come punto di partenza l’analisi critica delle tecnologie presenti, prevede lo sviluppo di modelli che abbiano delle ricadute territoriali (Friuli Venezia Giulia) e la definizione di road maps per lo sviluppo sostenibile di tali tecnologie. La prima fase prevede lo svolgimento di almeno 5-10 visite tecniche programmatiche in aziende private operanti nel settore della combustione da biomasse agro-forestali nell’area di progetto (Friuli Venezia Giulia e Carinzia). Le interviste dovranno seguire un protocollo realizzato dal Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali (vedi allegato C) e faranno parte integrante di un network fisico strategico per lo sviluppo e il potenziamento delle tecnologie chiave della regione. Le visite permetteranno di approfondire con gli operatori del settore le diverse problematiche individuate dal Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, in riferimento alle competenze presenti a livello internazionale: - emissioni solide-gassose nella combustione di biomasse agro-forestali e le prospettive future per una riduzione delle stesse in piccoli impianti termici domestici; caratteristiche chimico-fisiche ottimali dei biocombustibili solidi allo scopo di aumentare il rendimento degli apparecchi domestici e ridurre le relative emissioni di inquinanti in atmosfera; requisiti tecnico-costruttivi degli apparecchi domestici atti ad ottenere un elevato rendimento e un basso livello di emissioni nocive. barriere e minacce allo sviluppo della filiera delle biomasse solide a uso energetico e loro cause Uno degli obiettivi delle linee guida è quello di individuare le barriere che finora hanno ostacolato l’impiego delle biomasse legnose per la valorizzazione energetica. Come noto le complessità della filiera legno energia sono molteplici e con problematiche diversificate legate alla provenienza della materia prima, all’ambito territoriale, alla logistica, alla qualità dei biocombustibili legnosi e agli aspetti tecnico progettuali degli impianti di conversione energetica. Prima di effettuare un investimento è fondamentale una preliminare analisi della filiera a monte, che sia in grado di valutare le condizioni limitanti e i punti di forza per lo sviluppo del settore. Barriere tecniche Reperibilità della materia prima La realizzazione di un impianto a biomassa deve essere sempre preceduto da un’attenta analisi sulla disponibilità di materia prima nel contesto locale e sull’effettiva possibilità di reperirla. L’analisi deve quindi riguardare le seguenti valutazioni: - Presenza di colture legnose in grado di generare sottoprodotti legnosi annualmente disponibili all’impiego energetico - Presenza di superfici boscate gestite, dalle quali sia possibile ottenere un residuo legnoso destinabile alla conversione energetica previa cippatura 2 - Presenza di aziende agricole, imprese forestali o operatori terzisti attrezzati per la raccolta, la lavorazione e il conferimento dei sottoprodotti (vedi punto successivo). Infrastrutture logistiche L’organizzazione logistica della prima parte della filiera è fondamentale affinché si realizzi concretamente la possibilità di fornire alla bocca d’impianto un combustibile con caratteristiche adeguate e a un costo sostenibile rispetto ai valori di mercato. La logistica di approvvigionamento, stoccaggio, trasformazione e conferimento varia enormemente a seconda della tipologia di biomassa considerata, della tipologia di cantiere, della qualità del combustibile che si vorrà ottenere e quindi del mercato di destinazione del prodotto finale, valutate le necessità degli impianti presenti e futuri. - Recupero dei residui dalle utilizzazioni boschive: o Cippatura presso il cantiere e immediato conferimento all’impianto. Tale soluzione si prevede principalmente per il recupero degli scarti legnosi di minore qualità come cimali e ramaglie di scarto, per i quali non è conveniente la movimentazione prima della cippatura o Trasporto del residuo legnoso - come tronchi di scarto e stanghe – presso una piazzola decentralizzata dove possa avvenire lo stoccaggio per alcuni mesi. La stagionatura del materiale nei mesi estivi permette di ridurre il tenore idrico del materiale e migliorarne le caratteristiche per la combustione. In questo caso è necessario disporre di centri aperti per lo stoccaggio del materiale tal quale, dotati degli spazi per la movimentazione dei mezzi di cippatura e conferimento o Trasporto del residuo legnoso - come tronchi di scarto e stanghe – presso una piazzola decentralizzata dove possa avvenire lo stoccaggio per alcuni mesi, successiva cippatura e conservazione sotto una struttura coperta, che permetta la conservazione di un basso tenore idrico del cippato di qualità. Per questa soluzione è necessaria la presenza di una più complessa strutturazione logistica. In questo contesto gli oneri per l’investimento iniziale possono risultare considerevoli (costo della struttura), per questo motivo va valutato nel dettaglio il flusso della materia in ingresso e in uscita dalla piattaforma al fine di valutare correttamente il business plan delle attività. Non va dimenticato tuttavia che, specie per quanto riguarda il comparto forestale, il limite principale è riconducibile alla mancanza di infrastrutture viarie che permettano la corretta e continua gestione del patrimonio selvicolturale. - Recupero della biomassa solida derivante dalle potature nel verde urbano, qualora sia stabilito dalla normativa ambientale l’impiego per scopi energetici in impianti a biomasse. Per la raccolta di questa biomassa è necessario prevedere la strutturazione di apposite piazzole per la raccolta e la trasformazione a livello comunale o sovracomunale. Dimensioni aziendali La frammentazione delle aziende agricole è un ostacolo all’ottimizzazione delle prime fasi della filiera, a partire dalla raccolta della biomassa, fino alla gestione della logistica per il concentro, la trasformazione e il conferimento della biomassa. 3 Lo sforzo maggiore da compiere è quello di individuare i soggetti che operino la raccolta della biomassa, a livello aziendale o sovra aziendale, coordinando le varie unità. Alle dimensioni ridotte che assumono le imprese che operano nel contesto regionale si abbina una tendente scarsa dotazione infrastrutturale, che tende a penalizzare le imprese locali rispetto a quelle operanti in altri contesti territoriali. Le imprese più strutturate e di maggiori dimensioni possono essere individuate, quali soggetti prioritari per il coinvolgimento nelle fasi di start up. Partire da una buona strutturazione e dotazione aziendale è fondamentale per avviare nel miglior modo possibile la filiera e stimolate anche le imprese più piccole ad essere coinvolte nel ciclo della filiera. Lo stesso discorso vale per le proprietà boschive e per il tessuto imprenditoriale rivolto principalmente alle utilizzazioni boschive. Anche in questo contesto la difficoltà di programmare gli interventi di gestione del patrimonio boschivo sono ostacolate, oltre che dalla logistica e dalla mancanza di infrastrutture, anche dalla presenza di proprietà molto frammentate e di una scarsa coesione associativa delle imprese coinvolte. Individuazione dei compiti e delle responsabilità Il coordinamento de compiti e delle responsabilità degli attori della filiera deve contribuire a una corretta visione d’insieme del comparto agri-energetico. Prima di ipotizzare un investimento è necessario che vengano individuati i soggetti che poi saranno coinvolti nella filiera di approvvigionamento. Risulta fondamentale avere un quadro preliminare quanto più preciso possibile rispetto al tessuto imprenditoriale presente sul territorio o rispetto a quello interessato a costituirsi parte della filiera. Saranno poi questi gli attori che determineranno la reale disponibilità del materiale al momento dell’approvvigionamento dell’impianto. Le stime sulle potenzialità del comparto primario difficilmente, soprattutto nella fase iniziale, corrisponderanno con la disponibilità reale. Il lavoro preliminare di preparazione, condivisione, supporto e coinvolgimento delle imprese e degli investitori è una parte fondamentale dello studio di fattibilità, al fine di intraprendere un percorso di successo. Oltre al coinvolgimento delle imprese e degli investitori è necessario informare e illustrare l’iniziativa imprenditoriale alla popolazione locale, al fine di evitare o ridurre l’insorgere di manifestazioni di protesta da parte della cittadinanza, frutto di mal informazione. Durante il coinvolgimento degli stakeholders, ma anche della popolazione, è necessario che vengano illustrati i compiti e le responsabilità dei seguenti soggetti: - soggetti incaricati della raccolta e il conferimento della biomassa (aziende agricole, imprese boschive, terzisti, artigiani). Va inoltre approfondita la questione relativa all’area di reperibilità della biomassa. - investitori - soggetti gestori amministrativi dell’impianto - soggetti responsabili dei flussi di biomassa in ingresso all’impianto - soggetti responsabili del controllo del funzionamento dell’impianto e quindi della gestione dei servizi di manutenzione e gestione delle componenti - soggetti responsabili del controllo qualità della biomassa e dell’attribuzione del valore di prezzo, contrattualmente concordato, rispetto alle caratteristiche qualitative del materiale 4 Progettazione dell’impianto Le complessità che riguardano la progettazione dell’impianto sono riconducibili al contesto nel quale questo si andrà a inserire. La difficoltà della progettazione ricade principalmente nei seguenti fattori: - definizione del carico termico da soddisfare con il nuovo impianto. Il dimensionamento dell’impianto deve prevedere come priorità la collocazione della frazione termica prodotta, indipendentemente che questa provenga da un generatore prettamente termico o in cogenerazione. La principale difficoltà d’impiego della frazione termica è la distribuzione attraverso reti di teleriscaldamento. L’onere economico riconducibile agli investimenti necessari per distribuire il calore attraverso il vettore acqua, deve per forza prevedere un’attenta pianificazione dei costi e dei benefici. L’alto carico termico di un ipotetico distretto, può non risultare conveniente da soddisfare con un’unica rete di teleriscaldamento se il fabbisogno è distribuito in maniera molto puntiforme. Lo stesso carico termico è più conveniente che venga soddisfatto se concentrato in un raggio contenuto, proprio a fronte dei costi da sopportare per la distribuzione. Anche nel dimensionamento di un impianto di CHP è fondamentale che il ragionamento di partenza della valutazione sia prioritariamente il collocamento della frazione termica prodotta dal sistema, in seguito e solo in relazione a questa, dovrebbe essere ricavata la frazione elettrica ritraibile. La collocazione dell’impianto in questo modo potrà essere ottimale al migliore sfruttamento della risorsa energetica. - prevedere chiaramente quale sarà la tipologia di biocombustibile legnoso - reperibile in un determinato raggio di azione (presumibilmente 50-70 km) - con il quale verrà alimentato l’impianto. Il dimensionamento dell’impianto dovrà inoltre tenere conto delle caratteristiche territoriali - e quindi delle caratteristiche qualitative del materiale in ingresso - e della possibilità di reperire la materia prima - prevedere le adeguate caratteristiche dell’impianto in funzione della biomassa in ingresso (camera di combustione, griglia, sistemi di raffreddamento, dimensionamento del silo di carico, sistema di estrazione, sistema di alimentazione, sistema di abbattimento dei fumi) e della distribuzione del carico termico. Caratteristiche degli impianti esistenti Nella valutazione di strutturazione di una filiera legno energia, è necessario considerare lo stato dell’arte del mercato locale, non solo rispetto alla disponibilità e al valore della biomassa, ma anche in funzione della domanda esistente. La domanda deve essere valutata sulla base degli impianti già presenti sul territorio, valutando il tipo di biocombustibile impiegato e la provenienza, e di quelli che eventualmente entreranno in funzione nel breve periodo. Barriere economico finanziarie Business Plan La stesura del business plan è fondamentale per ridurre i margini di errore in fase di programmazione dell’investimento. I parametri che possono determinare dei fattori di complicazione e incertezza per la definizione del business plan sono i seguenti 5 - Logistica: o definizione dei costi di produzione del biocombustibile, legati al costo di raccolta (da residui agricoli legnosi, da residui di utilizzazioni boschive, da processi di trasformazione di vario tipo), al costo di stoccaggio, stagionatura o essiccazione e al costo di trasformazione (cippatura, densificazione) o definizione dei costi di trasporto in base al biocombustibile trasportato, alle caratteristiche qualitative, al mezzo di trasporto e alla distanza di conferimento - Investimento iniziale: definizione quanto più dettagliata dell’impianto per la valorizzazione energetica e delle rispettive componenti. L’entità dell’investimento iniziale (impianto, rete di distribuzione, stoccaggio) in alcuni contesti può essere tale da annullare i benefici ottenibili dall’impiago di biocombustibili solidi. Per questo motivo è necessaria un’importante pianificazione di tipo tecnico economica - Mercato dei biocombustibili: il valore di mercato della biomassa legnosa varia a seconda delle caratteristiche qualitative, della stagionalità, dell’area geografica considerata e della domanda locale. Attualmente non esiste un bollettino ufficiale che riporti una quotazione dettagliata, provincia per provincia. E’ necessario quindi prevedere un’indagine territoriale. La rubrica mercato e prezzi della rivista Agriforenergy (www.agriforenergy.info) effettua un’indagine trimestrale su scala nazionale rispetto alla quotazione dei biocombustibili solidi, presso produttori primari - Accesso al credito. Barriere normative Le barriere di tipo normativo sono principalmente legate alla possibilità di impiego di alcune biomasse combustibili e l’accesso alle formule incentivanti. Classificazione di biomasse solide (Dlgs 152/2006) L’ostacolo normativo che riguarda la possibilità di impiego di alcune tipologie di biomasse legnose, riguarda principalmente quelle ritraibili dai residui delle potature del verde urbano. Secondo le novità ambientali approvate dal senato la legge di conversione del D.L. n°2/2012, recante norme in materia ambientale ed in particolare la modifica dell'art. 185 del D.lgs. n°152/06 e smi, si aggiorna con il seguente testo: "All'art. 185, comma 1, lettera f) del D.lgs. n°152/06 e smi, le parole da - per la produzione - fino a biomassa - sono sostituite con le seguenti: -, ivi inclusi in tal caso quelli derivanti dalla manutenzione del verde pubblico e privato sempreché soddisfino i requisiti di cui all'art. 184 bis, per la produzione di energia da tale biomassa, in ogni caso", e quindi sfalci e potature da aree verdi pubbliche e private restano rifiuti (urbani) organici biodegradabili vegetali (CER 20.02.01) e quindi continuano a rientrare nel campo di applicazione della parte quarta del D.lgs. n°152/06 e s.m.i. Tuttavia è possibile che l’attribuzione del codice CER 20.02.01 alle biomasse provenienti dalla manutenzione del verde pubblico, venga rivisto, anche in funzione del decreto elettrica - MD 6 luglio 2012 – che attribuisce a questa biomassa la caratteristica di sottoprodotto impiegabile in impianti per la generazione di energia elettrica. Di fatto ad oggi è fatto divieto di impiego di biomassa legnosa proveniente dalle attività di potatura e abbattimento del verde urbano in convenzionali impianti a biomasse, in quanto tale materia prima è 6 considerata un rifiuto speciale non pericoloso che deve quindi essere smaltito presso i centri di recupero autorizzati e quindi in seguito indirizzato alla produzione di compost o di energia in appositi impianti autorizzati all’abbruciamento di rifiuti o materiale legnoso trattato chimicamente. Si tratta quindi purtroppo di un’enorme perdita di valore aggiunto per i proprietari e per gli utilizzatori finali, di una risorsa legnosa, che potrebbe tranquillamente essere indirizzata alla valorizzazione energetica come da consuetudine. Accesso agli incentivi Le complessità legate all’erogazione degli incentivi per la produzione di energia elettrica e/o termica da biomasse si distinguono per tipologia di forma incentivante alla quale si intende accedere: - - Conto Energia Elettrico o per gli impianti sopra i 200 kWe è necessario l’accesso al registro o definizione della quota di CAR (cogenerazione ad alto rendimento) che può usufruire del bonus Conto Termico: o - accesso all’incentivo per gli impianti a biomassa con potenza inferiore a 500 kW, alimentati a biomasse combustibili, diverse dal cippato o pellet rientranti nelle classi qualitative A1 e A2, secondo la Norma UNI EN 14961 Titoli di Efficienza Energetica: progetto per la richiesta dei TEE e aspetti burocratici per l’accesso. Attualmente è necessario il progetto presentato da una ESCO per la definizione del progetto Barriere sociali Ridotta informazione e formazione sul settore legno-energia e diffidenza degli investitori L’informazione sulle effettive opportunità che offre il settore agrienergetico riveste una importanza di base. E’ chiaramente percepibile che la quantità di informazioni, sia tra il grande pubblico che tra gli operatori, è molto limitata. L’iniziativa informativa dovrà essere rivolta alle diverse tipologie di soggetti: - gli operatori del settore agrienergetico - i media (televisioni locali, quotidiani locali, riviste, ecc) - il grande pubblico dei consumatori/utenti. Gli strumenti che si suggeriscono sono: - incontri preliminari con gli stakeholders della filiera che si deciderà di strutturare - incontri preliminari con la cittadinanza, i quali avranno lo scopo di illustrare le funzioni e gli obiettivi dell’investimento, le complessità legate alla gestione, i benefici economici, ambientali e occupazionali che questo può comportare se correttamente gestito - stampa di booklet, brochure, schede, che illustrano le tecnologie di esperienze di successo già realizzate (good practices) 7 - realizzazione di video che presentino le diverse opportunità del settore agrienergetico, che possibilmente coinvolgano anche le scuole; - brevi incontri tecnici e workshop rivolti a specifiche categorie di operatori su temi molto settoriali e definiti (ad esempio sulla produzione di cippato di qualità e il suo stoccaggio); - l’organizzazione di visite guidate ad impianti, reti di teleriscaldamento, impianti a biogas di piccola e media taglia, frantoi e cogeneratori a olio vegetale puro, ecc. La visita organizzata deve essere progettata con cura e affidata a organismi e associazioni del settore con provata esperienza, scegliendo gli esempi realizzati che possono essere replicabili nel contesto molisano. I partecipanti vanno individuati tra gli operatori agricoli/forestali, tecnici, amministratori locali . Può essere valutata la possibilità di promuovere l’organizzazione di una manifestazione fieristica, o più semplicemente una giornata dimostrativa con una esposizione di tecnologie del settore. Punti di forza, opportunità di sviluppo e soluzioni possibili Dal settore agricolo possono derivare grandi quantitativi di biomasse destinabili ad uso energetico, valorizzando determinati residui colturali che altrimenti costituirebbero solamente un onere per il loro smaltimento e gestione. Nel comparto forestale abbiamo un margine di sviluppo molto importante, che riguarda principalmente le azioni di recupero e valorizzazione dei residui provenienti dalle utilizzazioni boschive. Nelle regioni oggetto di studio, lo sviluppo del settore forestale, come abbiamo già illustrato, è fortemente limitato dalla scarsa presenza di infrastrutture, da un tessuto imprenditoriale non sempre adeguatamente meccanizzato e strutturato per il recupero dei sottoprodotti. Il margine di crescita del settore e della strutturazione delle imprese è ancora consistente ed è importante che questo venga sviluppato, attraverso anche politiche volte incrementare il valore aggiunto della filiera. Soluzioni tecniche La tecnologia che ad oggi permette la conversione energetica delle biomasse combustibili è sufficientemente matura ed affidabile da garantire il successo della strutturazione della filiera legnoenergia. Questo a patto che vengano rispettati gli interventi siano correttamente inseriti nel contesto territoriale di riferimento e che siano progettati per l’impiego delle rispettive fonti di approvvigionamento, tenendo conto delle caratteristiche qualitative della biomassa disponibile. Nei capitoli che seguiranno verranno definite alcune linee guida rispetto alla scelta della tecnologia di conversione energetica Organizzazione delle operazioni di raccolta I casi di successo ormai registrati in molte regioni d’Italia, evidenziano come ormai la realtà delle imprese – agricole e forestali – che si affacciano alla filiera del recupero dei sottoprodotti legnosi delle lavorazioni è ben strutturata e replicabile. Le tecnologie e le strumentazioni a disposizione delle imprese sono consolidate da anni e nei capitoli successivi verranno messe in luce le informazioni utili alla strutturazione delle operazioni di raccolta e conferimento della materia prima agli impianti di valorizzazione energetica. 8 Si precisa inoltre che all’innovazione tecnologica propria dello sviluppo delle macchine per la raccolta vanno abbinati i crescenti sistemi di infrastrutture logistiche, che hanno la funzione di incrementare l’efficienza della mobilizzazione delle biomasse e della trasformazione in un prodotto finale di maggiore qualità. Aspetti economico sociali I punti di forza relativamente agli aspetti economici attribuibili al recupero di sottoprodotti legnosi si possono riassumere nei seguenti punti: - il recupero dei sottoprodotti delle lavorazioni boschive comporta una collocazione di un sottoprodotto altrimenti senza mercato e che comunque comporterebbe un onere di gestione, qualora l’ottenimento del residuo stesso avvenga all’imposto del cantiere - Il costo dell’energia primaria dei biocombustibili legnosi è nettamente più bassa rispetto a quella dei combustibili fossili alternativi. Si va da un valore di costo di 23-30 €/MWh per il cippato – rispettivamente di classe B e A1 – 27-35 €/MWh per la legna da ardere e 46-48 €/MWh per il pellet, contro gli 85-90 €/MWh per il metano, i 150 €/MWh per il gasolio e i 240 €/MWh per il GPL (prezzi franco impianto) - sviluppo del mercato occupazionale con la creazione di posti di lavoro legati al territorio, all’agricoltura e alle attività selvicolturali. La collocazione sul mercato di sottoprodotti di origine agricola e forestale permettono di dare un valore aggiunto al settore agricolo e mantenere sul territorio i benefici e la ricchezza ricavati - I benefici ambientali riscontrabili dalla gestione attiva e della manutenzione del territorio. Questo comporta un fattore di maggiore accettabilità sociale, legata alla filiera. Benefici ambientali CO2eq. evitata In questo paragrafo, sono quantificati i benefici ambientali - in termini di mancata emissione di CO2 equivalente – derivanti dalla sostituzione di combustibili fossili per la produzione di energia termica ed elettrica. Per l’adozione di sistemi rinnovabili di energia è utile e corretto poter disporre di valutazioni comparative sul consumo energetico non rinnovabile necessario per alimentare - con energia e materie prime - l’intero processo (filiere) di produzione dell’energia utile. L’analisi energetica1 include tutti i consumi di energia non rinnovabile che avvengono lungo la filiera: l’estrazione, la lavorazione, lo stoccaggio e la conversione energetica del combustibile, compreso il costo energetico dei macchinari e delle attrezzature impiegate per le singole fasi. In Tabella si riportano i consumi energetici espressi in percentuale di energia non rinnovabile consumata per produrre l’energia termica utile (CER2) con biomasse legnose solide e con i più comuni combustibili fossili. Il consumo energetico per la produzione e l’uso finale del combustibile comporta l’emissione in atmosfera di una certa quantità di anidride carbonica (CO2) e di altri gas ad effetto serra, che possono essere convertiti in termini di CO2 equivalente, attraverso i potenziali di riscaldamento globale (Global Warming Potential, 1 Analisi condotta con il database GEMIS (Global Emission Model for Integrated Systems versione 4.42, Öko-Institut e.V. Darmstadt (Germania) www.oeko.de). 2 CER: Cumulated Energy Requirement, è la misura dell’ammontare complessivo di risorse energetiche (primarie) necessarie per erogare l’unità di energia termica utile. 9 GWP, in rapporto al potenziale dell’anidride carbonica)3. I valori riportati in Tabella consentono di calcolare la riduzione di CO2eq. conseguibile sostituendo i combustibili fossili con quelli legnosi, per la produzione di energia termica. Riguardo ai biocombustibili solidi è stata fatta una distinzione tra tipo di combustibile legnoso e classe di potenza della caldaia. I dati riportati sono più prudenziali rispetto al valore contenuto nella direttiva 2009/28/CE (Renewable Energy Directive – RED) e nel successivo report della Commissione Europea sui criteri di sostenibilità per le biomasse (SEC-2010 65-66), che riportano per la sola filiera del cippato forestale orientata alla produzione di calore (impianti >1MWt) un unico valore di evitata emissione di CO2eq rispetto ai combustibili fossili di 1gCO2eq/MJ pari a 3,6 kg/MWh x 994 = 356 kgCO2eq/MWh. Tabella 1 - Consumi energetici e emissioni di CO2 nella generazione termica. CER Emissioni di CO2 eq. Sistemi di generazione termica % kg/MWht Legna 10-50 kWt 3,7 19,3 Cippato forestale 50-500 kWt 7,8 26,0 Cippato forestale 500-1000 kWt 8,6 24,0 Pellet (≤ 50 kWt) 11,0 32,0 Metano (≤ 1 MWt) 17,7 257,7 Gasolio (≤ 100 kW) 17,3 318,9 GPL (≤ 100 kWt) 15,0 276,5 Riduzione delle emissioni di sostanze inquinanti La combustione dei sottoprodotti agricoli in idonei impianti a biomassa, specie se dotati di sistemi di abbattimento dei fumi, permettono di ottenere un valore di emissione di polveri totali (mg/Nmc) al di sotto dei limiti imposti dal testo unico ambientale. I grafi ci riportano una sintesi dei dati sperimentali rilevati in prove di combustione condotte negli ultimi anni nell’ambito di diversi progetti. In particolare i dati sono stati ottenuti dal progetto Biotec, coordinato dalla Fondazione Mach e condotto in collaborazione con il CNR IVALSA e la Fondazione Bruno Kessler e dal progetto Vitis Energetica condotto da AIEL. Emerge che la combustione di sarmenti di vite in appositi impianti di combustione rientra nei limiti imposti dalla normativa nazionale (D.Lgs. 152/2006), sia per quanto concerne l’emissione di polveri totali e NOx sia per i metalli pesanti. Confrontando il dato delle polveri con la nuova normativa europea (EN 303-5:2011), il modello di caldaia testata (55 kW) rispetta solo il limite della classe 3. Figura 1 - Confronto tra i valori limite delle norme in materia di emissioni della combustione di biomassa legnosa in Italia (L.Lgs 152/2006) , in Europa (EN 303-5: 2011) e valori misurati in prove sperimentali. Attualmente, per riportarle in termini di CO2-eq, il GWP utilizzato per l’ N 2O è pari a 310, mentre le emissioni di CH4 vengono moltiplicate per un GWP pari a 21, coerentemente con quanto previsto dalla metodologia IPCC per la redazione degli inventari nazionali di gas-serra. 4 È stato assunto nella RED un risparmio di CO2eq del 99%. 3 10 Uso razionale dell’energia L’impiego razionale dell’energia è uno dei presupposti più importanti per raggiungere un obiettivo di risparmio e quindi maggiore competitività per le imprese. Di fronte ad uno scenario di progressivo aumento dei costi dell’energia e una crescente competizione sui mercati internazionali, gli operatori sono alla ricerca di soluzioni per: - ridurre il fabbisogno energetico aziendale - impiegare con maggiore efficienza l’energia - ridurre il costo dell’energia. 11 Tabella 2 - SWOT Analysis per le filiere di valorizzazione energetica delle biomasse legnose PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA Grande disponibilità di biomassa legnosa Scarsa presenza di filiere strutturate per la gestione inutilizzata, sia dal comparto agricolo, sia dal della raccolta, trasformazione e comparto forestale Inadeguatezza strutture logistiche e infrastrutturali Disponibilità di biomasse da filiera corta (viabilità e piazzole strutturate) Il recupero dei sottoprodotti non intacca Reperibilità della biomassa l’occupazione di ulteriore terreno agricolo, Presenza di imprese strutturate per la raccolta e potenzialmente destinabile al food trasformazione della biomassa Mancati costi per la piantumazione di colture Accessibilità ai boschi dedicate Scarso livello e diffusione della meccanizzazione Presenza sul mercato di soluzioni tecnologiche (macchine per la raccolta, macchine per la e infrastrutturali che possono adempiere alle cippatura, mezzi per il conferimento) necessità della filiera legno-energia Scarsa presenza di impianti a biomassa in grado di Benefici di tipo fitosanitario dovuti utilizzare residui legnosi agricoli all’asportazione dalle colture agricole del Caratteristiche degli impianti esistenti materiale eventualmente infetto da patogeni Impossibilità di impiego della biomassa legnosa da Costo dell’energia primaria (€/MWh) verde pubblico significativamente inferiore rispetto quello dei Dimensioni aziendali e frazionamento combustibili fossili Coordinamento e efficienza delle operazioni e dei Benefici ambientali riconducibili alla riduzione soggetti all’interno della filiera delle emissioni di CO2 Mercato della biomassa non ben definito Benefici ambientali riconducibili alla riduzione Limiti imposti per l’accesso agli incentivi delle emissioni di inquinanti in atmosfera, Scarsità di formazione e informazione degli rispetto alla combustione a cielo aperto operatori Uso razionale dell’energia disponibile sul Inadeguate politiche di marketing territorio Carenza di dati e informatizzazione per la Presenza di imprenditori disposti ad definizione di strategie intraprendere attività all’interno della filiera Presenza di impianti molto energivori in alcuni legno-energia contesti territoriali (per l’esclusiva produzione di Particolare attenzione alle tematiche di energia elettrica) sviluppo sociale e territoriale 12 OPPORTUNITA’ Possibile crescita del prelievo di biomasse legnose dal comparto agricolo, forestale e urbano Gestione attiva del territorio agricolo, delle foreste Possibilità di sviluppo economico e creazione di posti di lavoro Possibilità di aggregare, in alcuni contesti, produttori primari biomasse Possibilità di strutturare centri di raccolta e trasformazione Formule incentivanti destinate a impianti a biomassa Riduzione degli oneri di gestione di sottoprodotti/rifiuti Possibilità di risparmio e di business Spazio per iniziative di marketing Relativamente contenuta concorrenza per gli operatori Politiche a sostegno dello sviluppo della filiera legno-energia Presenza di aziende e settori fortemente energivori e con fabbisogni energetici concentrati Diffusione delle conoscenze e del know how MINACCE Verifica della disponibilità effettiva di biomassa legnosa nell’area nella quale viene realizzato l’investimento Caratteristiche qualitative dei biocombustibili solidi Costi e vincoli per l’ampliamento della rete viaria a servizio delle proprietà forestali Difficoltà nella coesione tra aziende e nella costituzione di consorzi Individuazione dei compiti e delle responsabilità degli stakeholders Progettazione degli impianti non consociata con le reali esigenze e disponibilità di biomassa dal territorio Mancanza di trasparenza nella compravendita dei biocombustibili (non vengono espletate le Classificazione normativa delle biomasse legnose ritraibili dal verde urbano Caratteristiche tecniche degli impianti, non rispondenti ai requisiti richiesti dalle norme incentivanti Scarsità di informazione e formazione degli stakeholders e della popolazione Dissipazione e spreco dell’energia termica prodotta da grossi impianti 13 Calore dalle biomasse agroforestali Generazione termica Requisiti costruttivi delle moderne caldaie Per ottenere un elevato rendimento e un basso livello di emissioni nocive, la tecnica costruttiva degli apparecchi di combustione deve tenere in considerazione le differenti caratteristiche qualitative delle biomasse solide, tra queste il contenuto di sostanze volatili rappresenta sicuramente il più importante. I concetti di base per creare i presupposti di una completa combustione del legno sono: - fornire un mezzo di ossidazione (aria) in eccesso - raggiungere un sufficiente tempo di permanenza della miscela gas combustibili-aria comburente nella zona di reazione - raggiungere una temperatura di combustione sufficientemente elevata - garantire una buona mescolanza dei gas combustibili con l’aria comburente attraverso un’elevata turbolenza. Su tali basi si possono regolare sia la potenza che il corso della combustione, cercando di mantenere spazialmente separate la zona di decomposizione e gassificazione della biomassa (doppia combustione). Questi requisiti tecnico-costruttivi sono talvolta riassunti nella dizione della “Regola delle 3-T” (TempoTemperatura-Turbolenza) che indica in modo sintetico il fondamentale ruolo dell’ottimizzazione dell’intensità di mescolamento, del tempo di permanenza e della temperatura di combustione. Gli apparecchi termici alimentati con biocombustibili solidi si dividono in generatori a caricamento manuale (legna, briquettes) e a caricamento automatico (cippato, pellet, cialde, sansa, nocciolino). Moderne caldaie manuali Le moderne caldaie utilizzano il principio di funzionamento a fiamma o tiraggio inferiore. In questo tipo di caldaie la fiamma si sviluppa verso il basso sotto il corpo del focolare o lateralmente ad esso; si parla quindi di focolare a fiamma inferiore o laterale (Figura ). La tecnica costruttiva del focolare a fiamma inferiore/laterale, con i suoi vantaggi, sta alla base delle moderne caldaie centralizzate a legna e rappresenta oggi il principio di funzionamento più applicato. Rispetto ai focolari a fiamma superiore, che caratterizzano gli apparecchi termici domestici, esso non può rinunciare all’applicazione dei sistemi di aria forzata in aspirazione o immissione. 14 Figura 2 - Caldaia a legna con focolare a fiamma rovesciata (sinistra) e laterale (destra) Le caldaie a legna trovano impiego principalmente in edifici che richiedono una potenza termica fi no a ca. 50-60 kW; recentemente, con l’aumento della presenza di case a basso consumo, sono disponibili caldaie a legna con potenze a partire da ca. 10 kW. Per ottenere un’elevata qualità della combustione, la caldaia a legna a caricamento manuale deve lavorare quanto più possibile al più elevato carico termico. Tuttavia, durante la stagione termica la massima potenza è richiesta solo per pochi giorni all’anno. Per questo motivo il calore prodotto da queste caldaie non è quasi mai quello richiesto completamente dall’impianto termico. Sulla base di queste considerazioni, l’installazione di un accumulatore di calore inerziale è sempre indispensabile, perché consente di immagazzinare il calore al momento non necessario. Inoltre, l’installazione di un idoneo volume di accumulo, rende molto più confortevole la gestione dell’impianto. Indicativamente, prendendo come riferimento la sola potenza della caldaia, nelle caldaie a legna sono raccomandabili non meno di 55 litri/kW installato, ma sarebbe preferibile raggiungere i 100 l/kW. AGRITURISMO SAN FLOREANO - Buja (UDINE) www.agriturismosanfloreano.it Agriturismo con caldaia centralizzata manuale a legna per la produzione del riscaldamento e acqua sanitaria, integrata con impianto solare termico di 7,5 m2. Potenza installata: 30 kW Superficie riscaldato: 740 m2 Consumo annuo di legna: 10 t Energia erogata: 36 MWh Gasolio sostituito: 3.700 litri CO2 evitata: 63 t/anno 15 Moderne caldaie automatiche Le caldaie automatiche appartengono alla tecnica di combustione cosiddetta a griglia, nell’ambito di questo raggruppamento si distinguono diversi tipi di focolare che sono ottimizzati per l’impiego di specifici biocombustibili. Ulteriori varianti sviluppate sono la griglia rotativa, a ribaltamento e a rullo. Questi sviluppi mirano ad ottenere lo scuotimento del letto di braci e così un miglioramento del processo di combustione nella sua fase finale e di rimozione delle ceneri dalla griglia. Tali dispositivi sono particolarmente efficaci quando si impiegano combustibili con elevato contenuto di cenere e basso punto di fusione delle ceneri (scorie), come ad es. cippato, pellet e/o cialde da potature agricole, sansa. Il mercato richiede in modo crescete questo tipo di caldaie. Caldaie a griglia fissa Il focolare fisso può essere alimentato lateralmente da una coclea di carico o sottoalimentato. È adatto all’impiego di biomasse solide secche (M<35%) e con basso contenuto di cenere (A<3%). Nel caso di alimentazione laterale, l’eventuale presenza di un agitatore meccanico favorisce l’evacuazione delle ceneri che cadono in un cassetto posto al di sotto della griglia oppure, nel caso di impiego di combustibili più ricchi di cenere, possono essere estratte con una coclea che le trasporta in un apposito contenitore. 16 Figura 3 - Componenti di una moderna caldaia a biomasse a caricamento automatico laterale con griglia fissa ed estrazione automatica delle ceneri Caldaie a griglia mobile Sono generatori di potenza medio-grande da ca. 150 kW fino ad alcuni MW, impiegati sia nel residenziale sia nel settore industriale. La griglia è composta di elementi mobili (piatti, scalini) che favoriscono l’avanzamento della biomassa lungo un piano più o meno inclinato. Il focolare mobile è adatto all’impiego di biomasse solide umide (M 40-50%) e con elevato contenuto di cenere (A >3%). Un altro tipo di focolare adatto all’uso di biomasse agricole è rappresentato dal modello “a catenaria” caratterizzato da raschiatori collocati lungo una catena con la funzione di rimozione delle ceneri e di eventuali scorie di fusione dalla griglia piana. La griglia può essere dotata di un sistema di raffreddamento ad acqua per minimizzare i fenomeni di fusione delle ceneri che disturbano il processo di combustione e possono compromettere la vita utile dei materiali costruttivi, in particolare del refrattario. Figura 4 - Caldaia a griglia mobile inclinata con alimentazione a spintore (destra), griglia mobile a catenaria. Silo di stoccaggio, estrattori, dimensionamento Il silo di stoccaggio della biomassa rappresenta una componente determinate per la corretta funzionalità dell’impianto. La Tabella descrive le principali caratteristiche dei sistemi di estrazione, le dimensioni del silo realizzabile e il tipo di biomasse impiegabili. 17 Tabella 4 - Sistemi di estrazione meccanica della biomassa, a lato particolare di un sistema a rastrelli. Sistema di Massima Tipo di combustibile estrazione Base del silo Misure basali del silo altezza del silo stoccato (m) Silo a fondo circolare, inclinato/ Ø fino a ca. 4 m > 20 pellet/sansa/nocciolino angolare tramoggia Estrattore cippato P16circolare, con molle a Ø 1,5 fino a 4 m 6 P45/briquettes/cialde angolare balestra (buona fluidità) cippato P16Estrattore a nessun limite rettangolare 10 P100/triturato/briquettes/ rastrelli (binari paralleli) cialde È molto importante prima di progettare il silo di stoccaggio incontrare i possibili fornitori e verificare i tipi di mezzi di trasporto di cui essi dispongono (volume del carico, tipo di scarico). In presenza di un fornitore professionale è raccomandabile stipulare un contratto di fornitura fissando le caratteristiche qualitative, le modalità di consegna e di calcolo del prezzo. Indicativamente il deposito della biomassa deve essere dimensionato in modo che, dopo ca. 15 giorni di funzionamento, si formi nel silo un volume vuoto tale da poter essere riempito con un nuovo carico di biomassa. Quindi il calcolo va fatto sulla base del volume del mezzo di trasporto con cui sarà consegnata la biomassa. I carri agricoli ribaltabili hanno una capacità da 10 fino a 30 m3, mentre i container da 25 a 70 m3, fino ai cassoni con piano mobile che arrivano fino a 90 m3. Il deposito deve essere localizzato il più possibile vicino alla centrale termica. La soluzione più comoda prevede un silo adiacente sotterraneo e scarico da sopra della biomassa. Le soluzioni più economiche sono quelle nelle quali il deposito è ricavato da un volumi tecnici esistenti oppure si realizza fuori terra e si installa un sistema di carico meccanico o pneumatico, a seconda del tipo di biomassa. Sono inoltre disponibili sul mercato centrali termiche preassemblate su container, allacciabili in poche ore (figura 1.3.3). Figura 4 - Impianto a cippato da 80 kW preassemblato in container plug&play. 18 Azienda agricola Sant’Andrea – Mairano (Brescia) Produce e commercializza ogni anno più di 250.000 piante orticole e floricole in serra riscaldata con una caldaia a griglia mobile a catenaria. Potenza installata: 300 kW Superficie riscaldata: 2.100 m2 Consumo annuo di cippato: 60 t Energia erogata: 204 MWh Gasolio sostituito: 20.400 litri CO2 evitata: 60 t/a Linee guida per la scelta dell’impianto termico Di seguito sono trattati brevemente alcuni aspetti importanti da considerare nella scelta del generatore termico e dell’impianto. Qualità e certificazione del generatore Il primo importante aspetto da considerare è la qualità tecnologica e costruttiva del generatore termico. La caldaia deve essere caratterizzata da: materiali costruttivi di prima qualità (corpo caldaia, camera di combustione, organi meccanici) potenza e combustione regolabili (sonde di regolazione, pannello elettronico) modulazione della potenza nel campo 30-100% (per le caldaie automatiche) rendimenti elevati e bassi fattori di emissione (garanzia del rispetto dei limiti di legge) presenza di idonei sistemi di sicurezza idraulica e meccanica nel silo e nella caldaia bassi consumi di energia elettrica della caldaia (motori elettrici) È sempre raccomandabile l’acquisto di caldaie solo da produttori in grado di fornire un certificato di parte terza delle caratteristiche qualitative del generatore. Per le caldaie di potenza <500 kWt è raccomandabile fare riferimento ai generatori di classe 5 della norma UNI EN 303-05:2011, questo anche per non compromettere l’eventuale accesso agli incentivi (cfr. decreto termica). Il produttore della caldaia deve garantire assistenza e pronto intervento nel caso di guasti e malfunzionamenti. Si suggerisce inoltre di visitare qualche impianto prima dell’acquisto e rivolgersi a progettisti e installatori qualificati (referenze). 19 Scelta dell’impianto in funzione dei requisiti della biomassa La scelta delle caratteristiche meccaniche e costruttive di un impianto a biomasse solide è funzione di tre proprietà del biocombustibile: contenuto idrico (M) pezzatura/dimensione granulometrica (P) contenuto di cenere (A) Tali caratteristiche sono definite dalla norma tecnica sui biocombustibili solidi: UNI EN 14961:2011. L’impianto a biomasse ha tre componenti meccaniche principali: 1. sistema di estrazione dal silo: balestra, braccio articolato, rastrelli 2. sistema di alimentazione del focolare: coclea a caduta, coclea con rotocella, spintore 3. focolare: fisso, sottoalimentato, mobile orizzontale o inclinato Lo schema seguente da una indicazione orientativa sulla scelta della migliore combinazione delle tre componenti dell’impianto in funzione del livello qualitativo della biomassa (cippato da biomasse agroforestali), con una indicazione di massima anche delle classi di potenza disponibili sul mercato. Figura 5 - Caratteristiche delle componenti degli impianti a cippato, in relazione alle caratteristiche qualitative del cippato Si riportano tre esempi di impiego dello schema proposto. o Caso del cippato di elevata qualità: basso contenuto idrico (M <30%), pezzatura omogenea (P 1645) e basso contenuto di cenere (A<1,5%). Fino a 400 kW, si può optare per una caldaia con sistema di estrazione a balestra, caricamento a coclea per caduta e focolare fisso. 20 o o Caso del cippato da potature agricole (vite/ulivo): contenuto idrico medio-basso (M<35%), pezzatura disomogenea, con una certa frazione di parti fuori misura (5-10 cm), contenuto di cenere elevato (A>3%). Nella fattispecie è raccomandabile un estrattore a braccio articolato o a rastrelli, una coclea di carico equipaggiata con rotocella e un focolare a griglia mobile o a caduta o dotato di un organo meccanico di rimozione automatica della cenere. Caso del cippato di bassa qualità (ramaglie): contenuto idrico elevato (M 40-55%), pezzatura disomogenea (P 63-100, trituratore), contenuto di cenere elevato (A>3%). Nella fattispecie è raccomandabile optare per un silo a rastrelli, un sistema di alimentazione del focolare a spintore (o a doppia coclea) e una griglia mobile (piana o inclinata o a catenaria). Dimensionamento e combinazione con altre fonti di calore Il corretto dimensionamento e la scelta dell’assetto idraulico rivestono un ruolo determinante per la buona riuscita di un impianto a biomasse. Diversamente dalle caldaie alimentate con fonti fossili convenzionali, i generatori a biomasse hanno una capacità di modulazione inferiore e una elevata inerzia termica. In fase di dimensionamento deve essere sempre evitato il sovradimensionamento della potenza nominale del generatore, per le potenze medio-alte va sempre valutato il frazionamento della potenza in due o più generatori in cascata e il corretto dimensionamento del volume d’acqua inerziale (puffer, volume indicativo >20 l/kW nel caso di caldaie automatiche). La combinazione con i combustibili fossili, in particolare il metano (o una delle caldaie esistenti, se ancora in buone condizioni), può offrire dei vantaggi, per lo più nel caso di impianti di taglia medio-grande. A livello progettuale, prevedendo di coprire i picchi di carico termico con una caldaia a metano si ottiene una riduzione dei costi di investimento e contemporaneamente si fa lavorare la caldaia a cippato nella zona di carico funzionalmente più favorevole (carico di base). In questo caso i due generatori di calore devono lavorare in parallelo, ovvero le singole potenze addizionate consentono di arrivare a coprire il carico termico massimo. Tuttavia, prevedendo di coprire il periodo di carico minimo con la caldaia a metano (es. produzione di ACS estiva), i due generatori non lavorano contemporaneamente ma in modo alternato. La combinazione biomasse-metano consente di evitare o minimizzare le condizioni di lavoro a carico parziale o con carico particolarmente basso. Coprendo con la caldaia a metano i carichi di punta (invernali) e quelli minimi (estivi) si dà al generatore di calore a cippato il compito di fornire la più grande quota di calore richiesto, come illustrato nella tipica curva di carico termico (figura 1.4.3). È sempre raccomandabile – specie nei piccoli impianti e particolarmente nel caso di distribuzione radiante del calore - integrare l’impianto con il solare termico, questo consente sia di abbassare il fabbisogno di biomassa sia di ridurre il fattore di emissione complessivo dell’impianto. 21 Figura 6 - Curva di carico termico annua con la combinazione cippato-metano sui carichi di punta e su quelli minimi. Nella foto a destra un esempio di combinazione cippato-metano (caldaia a cippato 540 kWt) Combustione del legno e strategie per ridurne gli impatti negativi sulla qualità dell’aria (Francescato, 2014) Nelle regioni italiane del bacino padano la qualità dell’aria è in progressivo miglioramento, come testimoniano i dati, rilevati negli ultimi decenni, dei principali inquinanti dell’aria, compreso il particolato (Benassi, 2014; Lanzani, 2014). Tuttavia, la combustione domestica del legno contribuisce ancora in modo rilevante alla formazione di particolato, soprattutto d’inverno, quando forma circa il 50% del particolato primario (Gurrieri e Lanzani, 2014). Questa problematica deriva dal fatto che esiste attualmente un parco apparecchi a legna molto diffuso che, nelle più popolose regioni del bacino padano (Veneto, Lombardia e Piemonte) supera il milione di pezzi installati. Più della metà dei generatori sono di tipo tradizionale, con età media superiore a dieci anni e un fattore di emissione di PM10 superiore a 400 g/GJ. A questo si aggiunge il fatto che la legna da ardere è spesso usata impropriamente (dimensione, contenuto idrico), le installazioni non sono conformi alla norma tecnica (UNI 10683) e le manutenzioni, soprattutto la pulizia degli impianti fumari, non sono eseguite regolarmente. QUALITÀ DEL PARTICOLATO Una ulteriore criticità rilevata negli ultimi anni riguarda la qualità del particolato prodotto dalla combustione domestica del legno. Tanto meno performante e completo è il processo di combustione, tanto maggiore è la quota di carbonio organico che compone il particolato, con un conseguente aumento della sua tossicità derivata (soprattutto) alla presenza di numerosi Idrocarburi Policiclici Aromatici, il più noto dei quali è il benzo(a)pirene. LA QUESTIONE BENZO(A)PIRENE Rispetto agli altri inquinanti dell’aria il benzo(a)pirene è stato rilevato tendenzialmente in aumento, in particolare in alcune valli alpine e prealpine dove supera d’inverno (più o meno abbondantemente) il valore limite di 1 ng/m3, testimoniando il notevole consumo di legna in apparecchi poco performanti. 22 Questa situazione ha allarmato molti pubblici amministratori di Comuni montani. In un caso a noi noto il Sindaco ha sospeso il progetto di realizzazione di un impianto a cippato da 300 kW, in sostituzione della caldaia a gasolio esistente (in area non metanizzata), per timore di aumentare il benzo(a)pirene che d’inverno aveva già superato il valore soglia. Inoltre, abbiamo letto spesso articoli di stampa, che riprendevano (malamente) i contenuti delle presentazioni annuali dei dati di qualità dell’aria di alcune regioni, in cui si accusava apertamente e indistintamente la combustione del legno, facendo riferimento ai fattori di emissione medi di letteratura (Emission Inventory Guidebook, 2013), impiegati per le stime degli inventari regionali delle emissioni. EMISSIONI IN CONDIZIONI DI FUNZIONAMENTO OTTIMALE Il presente articolo riporta i principali risultati di uno studio pubblicato nel 2012 da alcuni autorevoli centri di ricerca tedeschi che hanno analizzato e comparato le emissioni di apparecchi e caldaie domestiche allo stato dell’arte (2006), posti in condizioni di funzionamento ottimale, alimentati a legna, cippato e pellet. In particolare sono stati considerati il particolato (PM) e gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) per determinare l’effetto di tossicità sulla salute umana (AA. VV., 2012). Il PM è stato collezionato con l’ausilio di un tunnel di diluizione, per determinare anche la componente organica dei condensabili (particolato secondario). La massa di PM è stata pesata con e senza condizionamento (120 °C per 8 ore) del filtro umido di campionamento. I campionamenti sono stati condotti sia con partenza a freddo sia con partenza a caldo dei generatori indagati (tabella 1). Tabella 5 – Caratteristiche dei generatori e dei biocombustibili PARTICOLATO (PM) La perdita di peso del filtro di campionamento dopo il condizionamento è correlata con la quantità di particolato secondario (SVOCs), maggiore è il suo contenuto nel PM, maggiore è la perdita di massa rilevata dopo l’essiccazione del filtro. Le maggiori perdite sono state rilevate nelle due stufe a legna, in particolare quella alimentata con il faggio (grafico 1), nelle partenze da freddo del generatore. L’accensione della legna necessita di più tempo e produce più emissioni a causa della difficoltà di essiccare pezzi di legna relativamente grandi durante il processo di combustione e la successiva distillazione dei gas combustibili. La complessità del processo deriva dalla minore omogeneità e la minore superficie di impatto della fiamma. In condizioni di esercizio dei generatori a potenza nominale (grafico 2) la situazione migliora sensibilmente, in termini di particolato secondario. I generatori automatici, la caldaia a legna e la stufa a pellet sono caratterizzati dai più bassi valori di emissione di PM. 23 Grafi co 1 – Emissioni di PM, filtro umido e secco con partenza da freddo. Per le sigle in ascissa fare riferimento a quanto riportato in tabella 1. Grafi co 2 – Emissioni di PM, filtro umido e secco a potenza nominale. Per le sigle in ascissa fare riferimento a quanto riportato in tabella 1. BENZO(A)PIRENE I maggiori valori di benzo(a)pirene sono stati rilevati nei generatori manuali a legna, in particolare con partenza da freddo (grafi co 3). Le stufe a legna sono caratterizzate dai maggiori valori di emissione a potenza nominale, tuttavia se confrontiamo i dati rilevati (11-12 g/GJ) con quelli indicati dal Guidebook 2013, ovvero quelli impiegati per le stime degli inventari regionali delle emissioni, riferiti alle stufe ad alta efficienza (121 g/GJ), c’è un rapporto 1:10. Lo stesso vale, più o meno, per le stufe a pellet. Nel caso delle caldaie manuali a legna, rispetto ai valori rilevati a potenza nominale (0,12 g/GJ), il valore del Guidebook 2013 è 80 volte superiore, mentre diventa comparabile se consideriamo la partenza da freddo del generatore. I valori del Guidebook 2013 (10 g/GJ) sono molto superiori (fi no a 300 volte!) anche in confronto a quanto rilevato nella caldaia a cippato e a pellet (rispettivamente 0,15 e 0,03 g/GJ a potenza nominale). TOSSICITÀ EQUIVALENTE DEI POLICICLICI AROMATICI La Fondazione Tedesca per la Ricerca (Deutsche Forschungsgemeinschaft , Dfg) ha sviluppato, in via sperimentale, un approccio per valutare la scala di rischio per la salute causata dall’esposizione ai composti policiclici aromatici (IPA). Similmente a quanto avviene già per le diossine, la tossicità equivalente (TEQ) esprime l’effetto di tossicità attraverso la concentrazione della sostanza di riferimento in grado di generare i medesimi effetti tossici. La TEQ è in relazione con l’effettiva concentrazione di una data sostanza tramite il Fattore di equivalenza tossica (TEF), parametro adimensionale che moltiplicato per la concentrazione effettiva fornisce la tossicità equivalente. Nella fattispecie il Fattore di equivalenza tossica del benzo(a)pirene è posto pari a 1, mentre agli altri IPA è assegnato un valore di rischio potenziale maggiore o minore. Il grafico 4 mostra i risultati dell’analisi. In generale i più bassi valori di tossicità equivalente sono raggiunti dai generatori automatici, in particolare la caldaia a pellet che, rispetto alla stufa a legna (moderna), è caratterizzata da valori 150 volte inferiori. Se si considera un ipotetico confronto con le stufe a legna tradizionali che, a differenza della moderna stufa qui analizzata, sono molto meno performanti (per ragioni di età) e operano spesso in condizioni di funzionamento non ottimale, ci si può attendere un rapporto di tossicità equivalente fino a 1.000 volte superiore rispetto ai moderni generatori. Questo studio dimostra che le moderne stufe a legna poste in condizioni di funzionamento ottimale emettono benzo(a)pirene in quantità 10 volte inferiore rispetto ai fattori di emissione considerati nelle stime degli inventari delle emissioni. Il miglioramento della qualità dell’aria passa quindi, necessariamente, 24 anche attraverso la sostituzione di generatori domestici poco performanti con moderni apparecchi a legna che, tuttavia, devono essere istallati e gestiti correttamente. Le stufe a pellet hanno valori di PM e TEQ nettamente inferiori alle stufe a legna allo stato dell’arte. Le caldaie manuali a legna sono estremamente performanti in termini di emissioni e tossicità equivalente, tuttavia «soffrono» nella fase di accensione (grafici 3 e 4). Perciò, è fondamentale la loro corretta installazione, in particolare è indispensabile l’abbinamento con un accumulo inerziale correttamente dimensionato per limitare il numero di accensioni. Questo concetto vale, almeno in parte, anche per le caldaie automatiche, soprattutto quelle a cippato. Le caldaie automatiche sono caratterizzate dai più bassi valori di emissione e la tossicità del particolato è paragonabile a quella della maggior parte delle caldaie a gasolio attualmente in esercizio. Il miglior risultato è stato ottenuto dalla caldaia a pellet, mentre le prestazioni della caldaia a cippato possono essere ulteriormente migliorate usando cippato con contenuto idrico inferiore al 20%. Per migliorare le emissioni della fase di accensione delle caldaie manuali a legna è raccomandabile equipaggiarle con un sistema di accensione automatica. Grafi co 3 – Emissioni di benzo(a)pirene, con partenza da freddo e a potenza nominale, e confronto con i valori del Guidebook 2013. Per le sigle in ascissa fare riferimento a quanto riportato in tabella 5. Grafi co 4 – TEQ in riferimento al benzo(a)pirene, valori con partenza da freddo e a potenza nominale. Per le sigle in ascissa fare riferimento a quanto riportato in tabella 5. Questo studio indica chiaramente che la sola massa di particolato non riflette in modo esaustivo la variabilità della tossicità potenziale del particolato emesso dai generatori a biomassa, così come i miglioramenti della tecnica di combustione. L’auspicio è che i risultati qui riportati aiutino i pubblici decisori ad attivare provvedimenti più opportuni ed efficaci nei confronti del settore; le modalità per migliorare la qualità dell’aria senza rinunciare, o peggio vietare, la combustione della rinnovabile legno ci sono, la nostra associazione è disponibile a collaborare per attuarle concretamente. 25 Le misure tecnologiche di ottimizzazione del funzionamento di una stufa a legna, cioè quelle a carico di chi l’apparecchio lo utilizza quotidianamente, sono fondamentali per ridurre significativamente le emissioni. Ma anche i costruttori possono ancora fare molto sul piano dello sviluppo tecnologico (Schmidl, 2014). I frequenti superamenti dei valori limite del particolato (PM10) sono un problema molto sentito e comune in molti paesi Europei, tra cui anche l’Austria. Sulla base degli inventari della qualità dell’aria, dei macrotraccianti e dei bilanci di massa, è noto che le sorgenti emissive più rilevanti sono rappresentate dai trasporti, dal comparto industriale e dalla combustione residenziale (riscaldamento). In riferimento al particolato, nei Paesi europei centromeridionali, in inverno mediamente circa il 40% del PM10 è prodotto dalla combustione domestica di biomasse legnose, principalmente legna da ardere utilizzata in apparecchi domestici. Per mitigare questi effetti gli Stati membri hanno adottato piani di qualità dell’aria che impongono agli apparecchi domestici valori limite del rendimento e delle emissioni sempre più stringenti, fino al divieto di utilizzo nelle zone più critiche in ambito urbano. In Austria, per affrontare il problema è stato attivato – nel periodo 2009-2012 – il progetto “Neue Öfen 2020: le stufe a legna del futuro, misure per implementare le migliori tecnologie allo stato della tecnica”, finanziato completamente da fondi statali. Il progetto ha coinvolto direttamente gli stakeholders, ovvero i costruttori di apparecchi domestici, le agenzie di protezione ambientale e le autorità regionali con competenza in materia di qualità dell’aria. L’obiettivo principale era sviluppare una serie di misure per stimolare e supportare il massimo miglioramento tecnologico possibile per le stufe a legna. BENE AL TEST DI OMOLOGAZIONE, MA ALLA PROVA REALE? Attualmente lo sviluppo tecnologico è orientato principalmente a migliorare le prestazioni delle stufe ai fini di ottenere i migliori risultati dalle prove di omologazione, più che per conseguire le migliori prestazioni nel contesto di funzionamento reale. I test di omologazione non sono oggi in grado di identificare i migliori prodotti in termini di prestazioni reali in campo. È necessario quindi mettere a punto nuove metodologie di prova. Gli attuali limiti di emissione sono basati sui risultati ottenuti in laboratorio durante le prove di omologazione, pertanto anche i valori limite dovranno essere adeguati ai risultati che si otterranno con le nuove metodologie. Una volta che saranno messe a punto le nuove metodologie per identificare i prodotti di miglior qualità, le strategie di sostituzione dei vecchi apparecchi con i migliori prodotti costituiranno la misura più efficace di riduzione delle emissioni. Nel corso di un incontro tecnico con i rappresentanti della Commissione Europea (DG Energia, Ambiente e Industria) per la messa a punto dei metodi di misura per L’Ecodesign e l’Ecolabelling (LOT20, apparecchi domestici), le principali conclusioni a cui si è giunti a seguito della consultazione con gli esperti invitati sono state le seguenti: • gli attuali metodi di misura, in particolare per le emissioni di polveri, non sono comparabili; • in futuro dovranno essere misurati anche i condensabili; • i metodi di misura dovranno rispecchiare quanto più possibile le performance ottenibili in campo, questa richiesta sarà inclusa nel prossimo mandato (M/495). 26 IL RUOLO CHIAVE È DI CHI USA LA STUFA Per mettere a punto una metodologia di prova che rifletta il funzionamento nel contesto reale delle stufe a legna sono state condotte in Austria alcune indagini in campo sul comportamento degli utilizzatori finali nella gestione dei generatori e sul monitoraggio delle performance in campo degli apparecchi allo scopo di determinare l’impatto di questi due fattori sull’efficienza e le emissioni, in rapporto ai valori ottenuti in laboratorio con le omologazioni. 1. Modalità di accensione È noto che la modalità di accensione ha un rilevante impatto sul fattore di emissione di polveri nella fase di accensione, è stato dimostrato infatti che disponendo la legna in catasta e accendendo il fuoco dall’alto per mezzo di un modulo d’accensione composto da legnetti secchi, l’emissione di polveri si riduce del 50-80% rispetto all’accensione dal basso. Sulla base di una indagine campionaria presso gli utenti finali è risultato che solo l’8% accende correttamente il fuoco nella stufa. Riguardo ai materiali usati come accendi fuoco e il loro posizionamento rispetto alla carica di legna, il 62% del campione ha dichiarato di utilizzare piccoli pezzi di legna e carta, mentre solo l’8% dichiara di usare appositi accendi fuoco. L’83% degli utenti posizionano il modulo di accensione alla base della carica o nella sua parte inferiore, dove causa i maggiori valori di emissione di polveri in fase di accensione. Figura 7– Modalità di accensione della stufa a legna 27 2. Monitoraggio del funzionamento In campo i risultati del monitoraggio delle condizioni operative in campo delle stufe a legna (tabella 2) indicano una notevole variabilità del numero di cariche per ciclo di funzionamento (da 2 fino a 16), che significa molte partenze da freddo del generatore (elevate emissioni). La durata della carica varia da 0,7 a 1,15 ore con un’ampia variabilità delle ore giornaliere di funzionamento (da 0,9 a 7 ore). Tabella 6 - Risultati del monitoraggio delle condizioni operative delle 3 stufe a legna monitorate Stufe A B C Grafico 5 - Monitoraggio dei valori del tiraggio e della temperatura dei fumi di scarico. 3. Tiraggio È noto che l’omologazione in laboratorio delle stufe a legna è eseguita mantenendo un tiraggio di 12 Pa. Il grafico 1 riporta l’andamento del tiraggio in condizioni di funzionamento reale di una delle stufe a legna monitorate raccordata a una canna fumaria in ceramica, coibentata, alta 6 metri. Come si osserva, in 3,5 ore di funzionamento e 5 cariche, il tiraggio passa da 18 Pa a 29 Pa. Elevati valori di tiraggio diminuiscono il rendimento e pregiudicano il processo di combustione (flussi d’aria) provocando un aumento delle emissioni. 4. Confronto delle prestazioni reali, ottimali e di omologazione Sono state messe a confronto (tabella 3) le prestazioni delle stufe a legna ottenute da un monitoraggio di tre condizioni operative: • reali: stufa gestita dal proprietario secondo il comportamento usuale; 28 • operative ottimali: stufa gestita (dai ricercatori) sulla base delle istruzioni del libretto fornito dal costruttore; • omologazione in laboratorio. Tabella 7 - Tabella Confronto delle prestazioni reali, ottimali e di omologazione di una stufa a legna 5. Misure «non tecnologiche» per contenere le emissioni I risultati ottenuti dimostrano che esiste un rilevante potenziale di riduzione delle emissioni attraverso le cosiddette misure “non tecnologiche”, ovvero migliorando il comportamento dell’utente e orientandolo verso un’ottimale gestione dell’apparecchio. I risultati confermano che i valori di omologazione riflettono solo le migliori condizioni operative e che queste difficilmente sono ottenibili nelle condizioni di funzionamento reale. È necessario quindi mettere a punto nuove metodologie per i test di omologazione per stimolare miglioramenti tecnologici e innovazione. I risultati ottenuti riguardano solo l’Austria pertanto è necessario raccogliere dati anche in altri paesi, nonché ampliare l’indagine anche alle stufe a pellet. Grafico 6 – Effetti delle misure primarie di ottimizzazione della combustione in una stufa a legna. 29 COME MIGLIORARE LE PRESTAZIONI DI UNA STUFA A LEGNA? Le misure di miglioramento delle prestazioni di una stufa a legna si dividono in “non tecnologiche” e tecnologiche. Le misure non tecnologiche riguardano le azioni da intraprendere per informare l’utente sulla corretta gestione della stufa, per esempio i libretti di istruzione dei costruttori contengono sì le informazioni, ma queste sono disperse nelle numerose pagine del libretto. È auspicabile quindi che le più importanti informazioni per la corretta gestione siano riassunte in modo chiaro e intuitivo in una sola pagina, facilmente consultabile dall’utente. Inoltre è auspicabile per il futuro che tali informazioni siano diffuse anche tramite video e applicazioni smartphone, forme di comunicazione molto utilizzate dalle nuove generazioni. Un altro aspetto particolarmente importante si riferisce alla consapevolezza dell’utenza sull’importanza di una corretta installazione dell’apparecchio e dell’impianto fumario, quindi sul fatto che queste operazioni devono essere eseguite da operatori qualificati. Ci sono poi alcune misure tecnologiche che possono essere applicate per ottenere una riduzione delle emissioni nelle due fasi più critiche (accensione e ricarica della legna) ed eliminare potenziali fattori negativi per il processo di combustione (controllo dei flussi d’aria). Infine, una ulteriore riduzione è raggiungibile attraverso misure secondarie (filtri). OTTIMIZZAZIONE DELLE MISURE PRIMARIE 1. Ottimizzazione delle misure primarie Le misure di ottimizzazione della stufa a legna hanno riguardato: la tenuta d’aria dell’apparecchio, i volumi d’aria immessi in camera di combustione, l’implementazione di un sistema di iniezione d’aria a più stadi, la ventilazione del vetro della porta di ispezione, l’isolamento della camera di combustione, l’implementazione di una camera di postcombustione, la gestione energetica del letto di braci. La tabella 8 riporta i risultati in termini di aumento del rendimento e riduzione delle emissioni in 4 stufe oggetto dell’ottimizzazione. Il potenziale di riduzione delle emissioni di CO, OGC e polveri raggiunge valori compresi tra il 40 e l’80%. Tabella 8 - Tabella Confronto delle prestazioni reali, ottimali e di omologazione di una stufa a legna Il grafico 6 mostra l’andamento dell’ossigeno e del monossido di carbonio prima (sinistra) e dopo (destra) l’ottimizzazione delle misure primarie. L’effetto è quello di estendere la fase di bassa combustione tra le due cariche successive, rimangono tuttavia i due picchi riferiti all’accensione e la ricarica della legna. 30 2. Integrazione del catalizzazione di ossidazione (BioCAT) Per ridurre i picchi di emissione delle fasi di accensione e ricarica della legna è stato posizionato nella stufa un filtro composto da un catalizzatore di ossidazione (prototipo). È importante inserire il catalizzatore in una zona sufficientemente calda e nel contempo facilmente accessibile per la manutenzione. Per verificare l’effetto del catalizzatore sono stati posizionati nello stesso apparecchio in parallelo due catalizzatori, uno rivestito e uno non-rivestito con funzione di testimone. Le misure effettuate hanno dimostrato che il catalizzatore di ossidazione è in grado di ridurre, nelle fasi di accensione e ricarica della stufa, dell’80-90% il CO, del 40-70% gli OGC e fi no al 50% le polveri totali. Una stufa manuale con il catalizzatore integrato raggiunge quindi livelli di emissione paragonabili a una stufa automatica (pellet). CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Il miglioramento delle prestazioni delle stufe a legna necessita di una forte presa di consapevolezza dei potenziali di riduzione da parte di tutti gli stakeholders coinvolti. È cruciale divulgare in modo efficace agli utenti le informazioni per un corretto e consapevole utilizzo degli apparecchi a legna e contemporaneamente incentivare la “rottamazione” dei vecchi apparecchi con le migliori tecnologie allo stato della tecnica. Nel contempo è necessario implementare nuovi standard europei che consentano di individuare gli apparecchi in grado di ottenere le migliori prestazioni nelle condizioni operative reali. Perciò, le attività di ricerca e sviluppo dovranno concentrarsi sulla messa a punto di apparecchi in grado di raggiungere le migliori prestazioni in campo. Come è dimostrato dai risultati fin qui ottenuti, esiste ancora un rilevante potenziale di riduzione delle emissioni conseguibile attraverso il progresso tecnologico e l’implementazione di misure primarie e secondarie. 31 SCELTA DEI PLAYER STRATEGICI IN RIFERIMENTO, OPERATIVI IN FRIULI VENEZIA GIULIA AIEL Associazione Italiana Energie Agroforestali con sede operativa a Legnaro (PD) che collabora con tutte le organizzazioni di rappresentanza della filiera delle produzioni agricole e forestali ad uso energetico e con gli organismi pubblici a livello nazionale ed internazionale. L’Associazione ha come fine la promozione e la diffusione delle fonti energetiche rinnovabili di origine agricola e forestale e lo sviluppo del loro utilizzo per fini civili, agricoli ed industriali. In particolare l’associazione si prefigge di promuovere la gestione forestale sostenibile, la qualità dei combustibili legnosi e la sostituzione dei vecchi apparecchi a scala domestica con nuovi sistemi di riscaldamento meno inquinanti nel rispetto della qualità dell’aria. Un problema importante da considerare è anche il flusso di grandi volumi di materiale legnoso dall’estero. Per risolvere questa situazione si propone la diffusione di centri logistici dove produrre e commercializzare in modo efficace i biocombustibili con schemi di certificazione del prodotto e di processo. APE Agenzia per l’energia del Friuli Venezia Giulia con sede a Gemona del Friuli che promuove lo sviluppo sostenibile aiutando le comunità locali a conseguire un miglioramento continuo e misurabile nell’utilizzo razionale dell’energia e delle sue fonti. Nel settore forestale emergono problemi relativi alla reperibilità del materiale a causa della scarsa professionalità, della frammentazione fondiaria, della mancanza dei dati sui prelievi reali e del fallimento delle strutture consortili che hanno portato un aumento dei costi di gestione. Bisogna predisporre degli investimenti mirati alla realizzazione di strutture logistiche per il reperimento della materia prima, lo stoccaggio, la lavorazione e la commercializzazione finale (Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.). Risulta importante stimolare la concertazione tra i soggetti e garantire una maggiore accessibilità al bosco con un incremento della viabilità forestale (attualmente 17 m/ha e troppo bassa). Inoltre si segnala il problema legato ai flussi di materiale dall’estero che scoraggiano il settore: favorire forme di certificazione del prodotto. AIBO Associazione imprenditori Boschivi del Friuli Venezia Giulia, che nasce nel 2008 come evoluzione naturale dell’Associazione Boscaioli della Valcanale, ed è costituita da piccole e medie imprese di utilizzazione che svolgono prevalentemente la loro attività in ambito locale. Lo scopo dell’associazione è di favorire lo sviluppo degli operatori forestali fornendo dei servizi legati all’utilizzo dei boschi ed al mantenimento dell’ambiente: taglio dei boschi a maturità, diradamenti nei boschi giovani, esbosco con teleferiche, recupero e fornitura di biomasse a uso energetico. Si 32 ritiene che per migliorare la meccanizzazione forestale bisogna investire in progetti di filiera organici che considerino anche la viabilità con finanziamenti costanti nel tempo. Le imprese negli ultimi anni hanno fatto un passo in avanti investendo in gru a cavo, processori forestali e cippatrici di grandi dimensioni in un’ottica di sviluppo della filiera produttiva (Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.). Tutte le grandi centrali a biomassa forestale della Carnia sono gestite dal pubblico. Gli operatori privati del settore devono investire su piccoli impianti di riscaldamento condominiale utilizzando i residui del materiale da opera per la produzione di cippato (circa il 4050% della pianta intera). Friul Pallet – Relen Azienda con sede a Faedis che opera nel settore degli imballaggi in legno (pallet, casse e gabbie in legno, ecc) e nella fornitura di cippato (scarti delle lavorazioni). La materia prima proviene dai boschi privati del territorio e se presenta un diametro superiore ai 30 cm viene utilizzata per la produzione di pallet mentre se il diametro è inferiore viene direttamente destinata alla produzione di cippato. I cimali di pini, abeti e castagno sono ottimali per la produzione di cippato vista la bassa qualità del loro utilizzo come legna in ciocchi. La problematica maggiore è legata all’elevata frammentazione fondiaria dei boschi privati con aziende boschive di piccole dimensioni e poco organizzate. Secab Società elettrica cooperativa dell’Alto But è la prima azienda friulana per la produzione e distribuzione di energia elettrica sorta in forma di cooperativa dal 1911. Le centrali idroelettriche rappresentano il nucleo principale della produzione aziendale: cinque bacini idroelettrici con una potenza complessiva installata di 10,8 MW che producono 50 GWh all’anno di energia, che viene distribuita ad oltre 50.000 utenze sul territorio di 170 km2. Recentemente la cooperativa sta valutando la possibilità di realizzare un piccolo impianto di cogenerazione alimentato con il legno di bassa qualità recuperato dai boschi locali, con la possibilità di recuperare il calore per un impianto di produzione di pellet da materiale di alta qualità proveniente dalle segherie della zona. Il progetto viene valutato in un’ottica di filera corta, attraverso il recupero della biomassa prevista dai piani di assestamento forestale dei comuni dell’area. Combustione biomasse agroforestali La regione Friuli Venezia Giulia e la Carinzia presentano un importante indotto economico nel settore della combustione di biomasse agro-forestali, con importanti aziende che producono impianti di riscaldamento domestico e biomasse densificate da utilizzare in piccoli impianti. Inoltre, l’utilizzo del legno genera una domanda a lungo termine di beni e servizi locali che vanno dalla gestione forestale (imprese boschive) fino alla manutenzione degli impianti 33 (spazzacamini). L’utilizzo del legno in apparecchi di combustione di nuova progettazione permette di ottenere un rendimento superiore al 90% rispetto ai vecchi impianti per la generazione di calore nelle abitazioni domestiche, con una riduzione dei consumi e delle emissioni nocive in atmosfera (es. particolato) Nell’area di progetto il largo consumo di legno nelle sue diverse forme è motivato dalla convenienza economica di questo combustibile rispetto ai prodotti di origine fossile. Le diverse indagini condotte sul territorio regionale indicano una disponibilità potenziale molto elevata di questa risorsa, sia sotto forma di materia prima, sia come residui di attività agroforestali e della lavorazione del legno. Attualmente il legno viene utilizzato in impianti che presentano limitate efficienze energetiche ed elevate emissioni in atmosfera. La combustione delle biomasse è generalmente considerata “CO2 Neutral”, ma in realtà bisogna considerare le emissioni dirette ed indirette (es. emissioni dei macchinari utilizzati per prelevare il legno dal bosco) che possono influenzare l’equilibrio del ciclo di produzione della materia prima. Inoltre, la combustione del legno provoca l’emissione in atmosfera di altri inquinanti gassosi (es. CO, NOX, SO2) e particolato con importanti effetti negativi sull’ambiente e sulla salute dell’uomo (Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.). Diverse indagini condotte in America ed Europa hanno dimostrato che la combustione di biomassa su piccola scala nei periodi invernali può contribuire alla formazione del 59-77% del particolato atmosferico in zone rurali [Ward, 2010; Bari, 2010]. Recenti studi internazionali hanno evidenziato che le emissioni di particolato possono essere 7-12 volte più alte in stufe o caminetti non controllati rispetto a moderni sistemi di riscaldamento presenti in commercio (Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.) [Schmild, 2011; Verma, 2012; Carroll 2013]. Tipo d'impianto Combustibile Potenza (kW) Umidità (%) Ceneri (%) d.b. P.C.I. (MJ kg-1) d.b. O2 (%) CO (1) (mg m-3) NOX (1) (mg m-3) PM10 (1) (mg m-3) Bibliografia Caldaia Pellet di legno 40 7,14 0,65 17,38 3,04 240 36 15 (2) Verma 2012 Caldaia Pellet di legno 35 − − − − 23 142 28 (2) Carroll 2013 Caldaia Pellet di legno 35 − − − − 32 295 45 (2) Carroll 2013 Caldaia Pellet di legno 6 7,6 0,26 18,676 10,4 51 128 12,1 Schmild 2011 Caldaia Pellet di legno 40 7,6 0,26 18,676 8,9 7 115 16,9 Schmild 2011 40 34 0,44 17,868 8,4 52 145 20,9 Schmild 2011 Caldaia Cippato 34 di legno Stufa Bricchetti di legno 6,5 7,7 0,28 19,081 15,1 1331 176 150,9 Schmild 2011 Stufa Ciocchi di faggio 6,5 6,5 1,71 18,098 14 2779 155 111,4 Schmild 2011 Stufa Ciocchi di quercia 6,5 9,7 1,65 18,973 15,4 2948 166 107,3 Schmild 2011 Stufa Ciocchi d abete rosso 6,5 8,5 0,28 19,239 14,7 2240 96 156,6 Schmild 2011 Stufa Bricchetti di legno 7,5 7,7 0,28 19,081 14,8 1491 151 115,5 Schmild 2011 Stufa Ciocchi di faggio 7,5 6,5 1,71 18,098 12,9 2472 156 131,3 Schmild 2011 Stufa Ciocchi di quercia 7,5 9,7 1,65 18,973 14,8 3074 163 121,8 Schmild 2011 Stufa Ciocchi di abete rosso 7,5 8,5 0,28 19,239 14,6 2161 87 128,3 Schmild 2011 (1) Dati in condizioni di riferimento dell'13% di ossigeno residuo nei fumi secchi (2) Valori riferiti al particolato totale negli effluenti gassosi Tabella 8 – Fattori di emissione degli inquinanti gassosi e del particolato per diverse tipologie legnose in stufe tradizionali e caldaie a biomassa di nuova concezione [Schmild, 2011; Verma, 2012; Carroll 2013]. In riferimento a queste considerazioni si inserisce il sistema di incentivazione del “Conto Termico”, che prevede un meccanismo di finanziamento per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con generatori alimentati a biomassa di nuova generazione, in cui è previsto un coefficiente premiante in relazione alle emissioni di polveri. 180 160 mg m-3 (13% O2) 140 120 100 80 60 40 20 0 Pellet di legno Pellet di legno Pellet di legno Pellet di legno Pellet di Cippato di Bricchetti Ciocchi di Ciocchi di Ciocchi di Bricchetti Ciocchi di Ciocchi di Ciocchi di legno legno di legno faggio quercia abete di legno faggio quercia abete rosso rosso Caldaia Stufa Biomasse 35 Figura 8 – Fattori di emissione del particolato per diverse tipologie legnose in stufe tradizionali e caldaie a biomassa di nuova concezione [Schmild, 2011; Verma, 2012; Carroll 2013]. Il calore prodotto dalla combustione di biomasse agroforestali può anche alimentare dei sistemi di cogenerazione per la produzione di energia elettrica e termica. Sul territorio regionale si stanno diffondendo aziende che operano nello sviluppo di sistemi di cogenerazione su piccola e media scala che valorizzino in modo costante il calore di risulta del sistema che produce l’energia elettrica. Con questa visione si possono raggiungere elevati livelli di efficienza energetica (superiori all’80%) in un contesto di filiera corta per soddisfare le richieste energetiche di aree rurali del territorio regionale. Bioenergy 2020+ Bioenergy 2020+ è un centro di ricerca e sviluppo nel settore delle biomasse, con sede a Graz, che presenta 2 siti di ricerca (400 m2 di laboratori con 11 banchi prova) con 110 dipendenti e un fatturato di circa 8,5 M€. Principalmente si occupa di aspetti riguardanti la combustione di biomasse, sviluppo tecnologico di stufe e caldaie, sistemi di abbattimento delle emissioni e sistemi cogenerativi di piccola scala. Gli apparecchi di riscaldamento domestici a biomasse sono molto diffusi in Europa e importanti per il raggiungimento degli obiettivi del 20-20-20. Tuttavia, c’è un aumento della consapevolezza che le reali condizioni di utilizzo influiscono sulle emissioni in atmosfera. In Austria la maggior parte degli utenti (62%) utilizza piccoli pezzi di legno e carta per accendere il fuoco dal basso verso l’alto, che produce un aumento delle emissioni in atmosfera. Nonostante la presenza delle soglie di emissioni le prove di tipo standard non riflettono le condizioni operative reali degli utenti: i test sono fatti nelle migliori condizioni senza fasi di accensione o spegnimento. In considerazione di queste problematiche bisogna finanziare progetti con l’obiettivo di sviluppare proposte atte a sostenere un continuo miglioramento tecnologico degli impianti di conversione energetica, con il coinvolgimento di aziende, enti giuridici e autorità di gestione della qualità dell’aria. I metodi attuali di misurazione delle emissioni si basano sui risultati dei test da cui vengono fissati i limiti di emissione. Bisogna predisporre delle nuove metodologie di misurazione in riferimento al reale utilizzo degli impianti secondo il comportamento degli utenti (es. accensione). Gruppo Palazzetti Azienda con sede a Porcia che progetta e costruisce apparecchi domestici per il riscaldamento domestico a biomasse agro-forestali. Collabora con diversi istituti di ricerca e Università Italiane che hanno permesso di sviluppare oltre 50 brevetti tra cui il sistema O2 ring per ridurre le emissioni di particolato in atmosfera. Per l’azienda risulta importante la creazione di una Smart Grid degli 36 impianti termici, che permetterebbe di raccogliere importanti informazioni per la definizione di efficaci politiche energetiche ed ambientali nella programmazione politica nazionale e comunitaria. Gruppo MCZ Azienda con sede a Vigonovo di Fontanafredda che si occupa della produzione e vendita di sistemi a biomassa e sistemi solari termici. Esportano all’estero circa il 70% dei loro prodotti e nel territorio regionale commercializzano solo l% del loro fatturato. L’azienda sottolinea che il grosso problema del settore sono le emissioni in atmosfera durante la combustione e ritiene che sia necessario un quadro normativo chiaro per adeguare gli obiettivi futuri della società. Si ritiene fondamentale la creazione di sinergie tra azienda, istituzioni ed enti di ricerca. Segatifriuli Stabilimento produttivo che si trova a Pavia di Udine, all’interno del distretto della sedia, che produce tavolame e pellet a partire dagli scarti di produzione della propria segheria. Nel 2013 è stato installato un cogeneratore della potenza di 1 MW(e) alimentato ad olio vegetale, con il recupero termico (700 kW(t)) per il processo di essicazione del cippato e della segatura destinati alla produzione di pellet (30-40% del calore utilizzato). Sono tra i maggiori produttori di pellet in Italia, ma soffrono il calo di produzione del distretto della sedia del Manzanese. Al momento attuale recuperano gran parte della materia prima dalla Slovenia, con una produzione di circa 7-8.000 m3/anno di tavolame e circa 15-20.000 t/anno di pellet (certificato ENplus). Il tavolame viene esportato per il 90% in Cina e il rimanente 10% in Medio oriente, mentre il pellet è venduto solo in Italia. L’azienda propone di incentivare la produzione del pellet con degli aiuti mirati a sostenere il costo di produzione, che vede nella componente elettrica dei costi il pagamento degli incentivi alle fonti rinnovabili. Friul Energie L’azienda, nata nel 2008 con sede a Capriva del Friuli, lavora il legno per produrre pellet (certificato ENplus). Lo stabilimento si trova in una zona strategica che permette il reperimento di materia prima proveniente da boschi Italiani, Sloveni ed Austriaci. La maggior parte del legno Italiano viene generalmente utilizzato in impianti di cogenerazione di grandi dimensioni che fruiscono degli incentivi per la produzione di energia elettrica. Sarebbe interessante utilizzare il legno di buona qualità per la produzione di pellet e valorizzare gli scarti in impianti di cogenerazione. Tutto il loro prodotto è commercializzato in Italia in un’ottica di filiera corta. 37
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