Cass. Civ., II, 02.10.2014, n. 20838

Civile Sent. Sez. 2 Num. 20838 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MANNA FELICE
SENTENZA
sui ricorso 25492-2008 proposto da:
GRUPPO MASSERDOTTI SPA, IN PERSONA DEL PRESIDENTE
DEL
CdA E RAPP.TE P.T. - P.I.03154200178 - elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA LUIGI LUCIANI 1, presso lo
studio dell'avvocato MANCA BITTI DANIELE,
rappresentata e difesa dall'avvocato MINA ANDREA;
- ricorrente -
2014
883
contro
TECNOBENI SRL IN LIQUIDAZIONE 03279440170, IN PERSONA
DEL LIQUIDATORE E LEGALE RAPP.TE P.T., elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4,
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Data pubblicazione: 02/10/2014
I
presso lo studio dell'avvocato PAFUNDI GABRIELE, che
..
la rappresenta e difende unitamente all'avvocato
FERRARESE ALBERTO;
- controricarrente
-
avverso la sentenza n. 618/2007 della CORTE D'APPELLO
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/04/2014 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
udito l'Avvocato Manca Bitti con delega depositata in
udienza dell'Avv. Mina Andrea difensore della
ricorrente che si riporta agli atti del ricorso;
udito l'Avv. Alessia Ciprotti con delega depositata
e
in udienza dell'Avv. Pafundi Gabriele difensore della
controricorrente che si riporta agli atti del
controricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
e
'M
I
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
di BRESCIA, depositata il 06/09/2007;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L'Immobiliare M3 s.r.1., promissaria acquirente di un fabbricato da
costruire in Brescia, via Ziziola, secondo un determinato progetto concordato
fra le parti, giusta contratto preliminare di vendita del 29.7.1994 per il prezzo
Tecnobeni s.r.1., promittente venditrice, chiedendo la risoluzione del contratto
per inadempimento di quest'ultima, la restituzione delle somme versate e il
risarcimento del danno. A sostegno della domanda, la modifica del progetto
rispetto a quanto convenuto, per il quale in corso d'opera era stata chiesta e
respinta una concessione in variante.
Nel resistere in giudizio la società convenuta proponeva domanda
riconvenzionale volta ad accertare la legittima ritenzione della caparra,
imputando alle - richieste della società attrice le modifiche del progetto
originario.
Il Tribunale rigettava la domanda principale e accoglieva quella
riconvenzionale.
Adita dall'Immobiliare M3 s.r.1., la Corte d'appello di Brescia respingeva
l'impugnazione. La Corte distrettuale riteneva che era pacifico in causa che il
progetto originario fosse stato abbandonato su richiesta dell'Immobiliare M3,
in base alle modifiche chieste 1'8.8.1995 da Andrea Masserdotti, che
qualificava come il vero dominus dell'operazione per conto della società
promissaria acquirente. Pertanto, non era fondata la doglianza della società
appellante, secondo la quale l'immobile era stato realizzato in maniera
difforme dal pattuito. Osservava, quindi, che il termine di adempimento non
era essenziale; che, ad ogni modo, il suo superamento a causa delle proposte
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
di lire 650 milioni, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Brescia la
-
varianti non era imputabile alla Tecnobeni sii.; e che nel contratto
preliminare le parti avevano concordato che qualunque altro ritardo rispetto
alla data anzi detta non avrebbe potuto costituire causa di risoluzione. Infine,
rilevava che alla data della diffida ad adempiere notificata dalla Tecnobeni
del prezzo per l'importo di 130 milioni di lire.
Per la cassazione di detta sentenza il Gruppo Masserdotti s.p.a., nuova
denominazione della trasformata Immobiliare M3 s.r.1., propone ricorso in
base a undici mezzi d'annullamento.
Resiste con controricorso la Tecnobeni s.r.1., che ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.
-
Il primo motivo di ricorso denuncia, in relazione all'art. 360, n. 3
c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1387 e ss., 1399, 1703 e
SS., 2203 e ss., 2475, 2475 bis e 2697 c.c. e 112 e 116 c.p.c. Sostiene parte
-
ricorrente che Andrea Masserdotti, indicato dalla sentenza impugnata quale
dominus dell'intera operazione per conto dell'Immobiliare M3, non ne era il
legale rappresentante, ma era soltanto il padre dell'amministratrice unica di
detta società, Laura Masserdotti. E da tale critica alla sentenza d'appello trae
la conclusione che sarebbero state violate sia le disposizioni dell'art.
2. - Col secondo motivo è dedotta, in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c., la
violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. "per
l'incompleta ed inadeguata valutazione degli elementi probatori posti alla
base dell'affermazione che Andrea Masserdotti fosse dominus di M3".
Lamenta parte ricorrente che la Corte territoriale, derogando ai presupposti
della regola per cui il giudice deve motivare la valutazione degli elementi
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
s.r.l. all'Immobiliare M3, quest'ultima era morosa nel pagamento di due rate
probatori, avrebbe disatteso precisi e concordanti elementi istruttori, quali le
deposizioni dei testi Federico Alberti, Andrea e Alberto Masserdotti.
3. - Il terzo mezzo lamenta, in relazione al n. 5 dell'art. 360 c.p.c.,
l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sul fatto controverso e
conferita dalla Corte d'appello ad Andrea Masserdotti. Si duole al riguardo di
ciò, che essendo palesemente deficitaria la motivazione della sentenza
impugnata al riguardo, manca il nesso causale per far ritenere concretamente
,
provato che Andrea Masserdotti abbia mai agito per conto della predetta
società.
4. - Col quarto motivo è allegata la violazione o falsa applicazione, in
relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c., degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. "per
incompleta ed inadeguata valutazione circa le difformità ed i vizi denunciati
da M3. In particolare la ricorrente critica la sentenza impugnata nella parte in
cui ha affermato che le difformità funzionali ed estetiche dell'opera realizzata
rispetto a quella concordata erano state approvate e che non erano stati
specificati i vizi dell'opera. Deduce che sia nella citazione in appello, sia negli
scritti conclusionali l'Immobiliare M3 aveva indicato i difetti dell'opera, e
lamenta, in definitiva, l'omessa valutazione sia delle contestazioni svolte dalla
società nelle lettere raccomandate del 21.6.1996 e del 10.6.1996, sia il
contenuto delle relazioni dell'arch. Luigi Bracchi in data 26.2.1997 e
26.11.1999.
5. - Il quinto motivo espone la medesima censura del quarto, solo con
riferimento al n. 5 dell'art. 360 c.p.c. per l'omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa il fatto controverso e decisivo della
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decisivo avente ad oggetto la qualità di dominus dell'Immobiliare M3
sussistenza delle difformità e dei vizi denunciati dall'Immobiliare M3, "con
riferimento agli artt. 116 e 132 c.p.c.".
6. - Col sesto motivo è dedotta, in relazione al n. 3 dell'art. 360 c.p.c., la
violazione o falsa applicazione degli artt. da 1453 a 1457 c.c. e degli artt. da
questa ha escluso la risoluzione per inadempimento dell'obbligazione di
consegna entro il termine, nonostante la dedotta non scarsa importanza
dell'inadempimento stesso e la sospensione dei lavori dovuta all'esecuzione
di una variante, e nonostante il ritardo nell'esecuzione dei lavori e nella
consegna delle opere fosse imputabile alla Tecnobeni.
7. - Il settimo _motivo denuncia la Medesima censura, ma in relazione al n.
5 dell'art. 360 c.p.c., per l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
sul fatto controverso e decisivo del ritardo nella consegna dell'immobile, e
anche in tal caso "con riferimento agli artt. 116 e 132 c.p.c.".
8. - Con l'ottavo motivo è dedotta, con riferimento al n. 3 dell'art. 360
c.p.c., la violazione o la falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c.
"per incompleta e inadeguata valutazione circa le difformità e i vizi denunciati
dall'Immobiliare M3". Lamenta, al riguardo, che la Corte territoriale ha
mancato di valutare che gli elementi precisi e concordanti emersi
dall'istruzione probatoria svolta in primo grado, e segnatamente il contenuto
del contratto -preliminare del 29.7.1994, le successive pattuizioni
dell'8.8.1995, le contestazioni svolte dall'Immobiliare M3 con le lettera
raccomandate del 21.6.1996 e del 10.9.1996 e le relazioni dell'arch. Bracchi
del 26.2.1997 e del 26.11.1999, evidenziavano l'esistenza delle difformità e
dei vizi dell'opera.
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112 a 116 c.p.c. Il motivo critica la sentenza impugnata nella parte in cui
9. - La stessa censura è reiterata al nono motivo, ma con riguardo al vizio
d'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360, n. 5 c.p.c.,
anche in tal caso con ulteriore riferimento agli arti. 116 e 132 c.p.c.
10. - II decimo motivo denuncia la violazione o la falsa applicazione, in
degli arti. da 112 a 116 c.p.c. Parte ricorrente lamenta che la Corte distrettuale
abbia omesso di valutare la condotta della Tecnobeni in rapporto alle norme
sopraindicate e che, di conseguenza, non abbia accolto l'eccezione
d'inadempimento sollevata dalla Immobiliare M3.
11. - L'undicesimo motivo si basa sulla medesima censura di cui al mezzo
precedente, veicolata però ai sensi del n. 5 dell'art. 360 c.p.c.
12. - In disparte la dubbia ammissibilità del ricorso, sia ai sensi dell'art.
366, n. 3 c.p.c. in relazione al requisito della sorrnnaria esposizione dei fatti
(confezionata mediante la fotocopia o la riproduzione digitaliz7nta di tutti o
quasi gli atti del processo, intervallata da brevi frasi di collegamento poco o
punto esplicative); sia in base all'art. 366-bis c.p.c. in ordine ai quesiti di
diritto (enunciati per lo più attraverso il mero interpello sulla conformità di
brani della sentenza impugnata alla generica esegesi delle norme di cui è stata
denunciata la violazione, e soprattutto ancorati ad una ricostruzione fattuale
opposta a quella operata dalla sentenza impugnata); tutto ciò a parte, nessuno
dei motivi ha fondamento.
13. - Quanto ai primi tre motivi, da esaminare congiuntamente per la
comune inerenza al tema della riferibilità della condotta di Andrea
Masserdotti all'Immobiliare M3 s.r.l. (oggi Gruppo Masserdotti s.p.a.) e,
P
quindi, delle modifiche che questi chiese al progetto originario, la
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relazione al n. 3 dell'art. 360 c.p.c., degli arti. 1662, 1453, 1454 e 1460 c.c. e
complessiva censura che se ne trae, secondo cui l'operato di Andrea
Masserdotti non poteva vincolare detta società, di cui era amministratrice la
figlia di lui, non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, ma devia
(vanamente) il discorso su questioni affatto estranee alla logica della
13.1. - Giova premettere — anche ai fini dell'esame di tutte le doglianze
successive — due fermi indirizzi della giurisprudenza di questa Corte sulla
tecnica di enunciazione delle censure ai sensi dei nn. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c.
Indirizzi che parte ricorrente mostra di non aver considerato nel formulare le
sue critiche alla sentenza.
Il primo, è che nel ricorso per cassazione il vizio della violazione e falsa
applicazione della legge di cui all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., giusta il
disposto di cui all'art. 366, primo comma, n. 4, c.p.c., deve essere, a pena
d'inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle
affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si
assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con
l'interpretazione -delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla
prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere
al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata
violazione. Risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di "errori di
diritto" individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole
norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle
soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche
poste dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni
nell'ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni
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decisione.
1.~11•■■
~11•12
prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste
ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata (così,
Cass. n. 5353/07; conformi, Cass. nn. 16132/05, 26048/05, 20145/05,
1108/06, 10043/06, 20100106, 21245/06, 14752107, 3010/12 e 16038/13).
impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non
il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al
suo controllo, bensì la sola facoltà di controllare, sotto il profilo della
correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte
dal giudice di merito, al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare
le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare 1e prove, di
controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive
risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la
veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o
all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla
legge); ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della
omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può dirsi
sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia
rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame dei punti
decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio,
ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni
complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del
procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (Cass. nn. 824/11,
27464/06, 13783/06, 11034/06, 4842/06, 8718/05, 6975/01, 4667/01 e
14858/00).
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Il secondo, è che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza
Pertanto, non è dedotto in maniera corretta il vizio di cui al n. 3 dell'art.
360 c.p.c. allorché la parte ricorrente si limiti a giustapporre la norma
asseritamente violata, corredata o meno di talune sue correnti interpretazioni,
all'accertamento di fatto contenuto nella sentenza impugnata, perché questo
E a sua volta l'accertamento di fatto non può essere contrastato
opponendovi una diversa ricostruzione, ma solo contestato dimostrando
l'incongruità o l'illogicità ab intrinseco delle affermazioni contenute nella
sentenza stessa.
13.2. - Nella specie, la Corte territoriale non ha minimamente equivocato
né in punto di diritto sulla figura e sui poteri del rappresentante organico, né
tanto meno in fatto circa l'individuazione dell'amministratore unico
dell'Immobiliare M3, ma al contrario ha affermato a) che è pacifico in causa
che il progetto originario fu immediatamente abbandonato su riChiesta della
Immobiliare M3, "come da modifiche richieste da Masserdotti Andrea in data
8.8.1995"; b) che è documentalmente provato che il progetto di variante,
redatto da Tecnostudio Associato, "fu approvato e retribuito dal committente
Immobiliare M3 (doc. 3 e 4 Tecnobenir; c) che è provato testimonialmente
che Masserdotti Andrea, "vero 'dominus' dell'operazione per conto di
Immobiliare M3", si recava quasi quotidianamente sul cantiere, controllava i
lavori, dava direttive alle maestranze ("testi Belardi, Campana, Archetti"), e
che egli stesso aveva ammesso di aver ricevuto dal progettista i disegni della
variante (v. pag. 5 sentenza impugnata). E da tale accertamento in fatto i
giudici d'appello hanno tratto la conclusione per cui non rispondeva al vero la
tesi dell'Immobiliare M3, che addebitava alla Tecnobeni la divergenza tra il
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non è di per sé idoneo a provocare la violazione di quella.
70.1•1• TVIETT No T
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progetto originariamente concordato con il contratto preliminare e quello poi
realizzato ("... sostenere che la variante (come la successiva sanatoria) fu
richiesta ed ottenuta per iniziativa esclusiva dell'appaltatore e all'insaputa
del committente appare francamente stravagante": loc. ult. cit.).
malgoverno delle- norme richiamate nei motivi in esame. E quanto al connesso
profilo di censura ex art. 360, n. 5 c.p.c. va osservato che la motivazione
svolta è più che sufficiente, immune da qualsivoglia vizio logico e chiara nel
dare conto delle fonti di prova su cui si basa.
(Per contro, incoerente è seminai la critica svolta nel ricorso, che si guarda
dallo sciogliere il nodo logico della tesi difensiva prospettata, che predica una
società pacificamente destinataria degli effetti dell'attività negoziale di un
soggetto col quale la medesima società nega tuttavia di avere alcun rapporto).
14. - Il quarto, il quinto, l'ottavo e il nono motivo, anch'essi da esaminare
assieme, pongono a ben vedere una questione non rilevante.
Dedotta in giudizio la risoluzione di un contratto preliminare avente ad
oggetto un immobile futuro da realizzare secondo un dato progetto concordato
dalle stesse parti, l'esistenza di difformità e/o vizi del bene promesso può
assumere rilievo solo nel caso di consegna anticipata del bene, allorché
l'assoluta non emendabilità dei difetti sia tale da risolversi
nell'inadempimento dell'obbligazione di trasferire l'immobile immune dalle
difformità entro la data prevista. Diversamente, prima di allora non vi può
essere inadempimento.
a
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In tale contesto non è isolabile alcun esplicito o anche soltanto implicito
a
M
Nel caso di specie, invece, parte ricorrente si è limitata a dedurre difetti
dell'opera come rilevanti ex se e a prescindere dal problema della consegna
entro la data pattuita.
15. - La sentenza impugnata resiste anche al sesto e al settimo motivo, da
La Corte territoriale ha accertato che il termine pattuito (31.12.1995) non
era essenziale, che era prevista una proroga di sei mesi, che gli eventuali
ritardi a causa di varianti non avrebbero potuto essere addebitati alla parte
(promittente: n.d.r.) venditrice e che, per di più, il contratto preliminare
conteneva una clausola in forza della quale "qualunque altro ritardo rispetto
alla data sopraindicata non potrà, comunque, costituire motivo valido per la
risoluzione del presente contratto". Ed ha escluso ogni inadempimento della
I
Tecnobeni, osservando che, per contro, al momento della diffida
l'Immobiliare M3 era morosa nel pagamento di due rate del prezzo.
A tale accertamento, anch' esso perspicuo nei presupposti fattuali enunciati,
le censure in esame non contrappongono altro che le difese svolte nei gradi di
giudizio lamentandone il mancato accoglimento. La critica così svolta non si
distacca dal pure apprezzamento di merito delle emergenze istruttorie, di cui
vorrebbe provocare in questa sede di legittimità un inammissibile riesame.
16. - Anche il decimo e l'undicesimo motivo non hanno pregio.
Oltre a reiterare la medesima doglianza sul mancato accoglimento
dell'eccezione d'inadempimento, doglianza della cui infondatezza s'è detto, le
due censure richiamano impropriamente la disciplina normativa dettata in
tema di contratto d'appalto, non considerando che dedotto in giudizio è,
t
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esaminare congiuntamente per la loro complementarietà.
invece, un contratto preliminare, rispetto al quale non è configurabile il potere
di controllo del committente in corso d'opera, ai sensi dell'art. 1662 c.c.
17. - Il ricorso va dunque respinto.
18. - Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e pone a carico della pArte ricorrente le spese,
q00 to J. JLA .44
che liquida in € 10.300,00, lire accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 9.4.2014.
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
della parte ricorrente.