Tecniche Analitiche Parte 2

3/27/2014
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SASSARI
DIPARTIMENTO DI STORIA, SCIENZE DELL’UOMO E DELLA FORMAZIONE
Scienze applicate ai beni culturali
AA 20132013-2014
TECNICHE ANALITICHE
II
Docente: Dr. Peana Massimiliano
Mod. III
Tecniche analitiche molecolari
Interazione tra luce e materia

Tecniche spettroscopiche molecolari

Informazione qualitativa (composti)
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Mod. III
Lo spettro elettromagnetico
Energia
Nella spettroscopia molecolare si utilizzano radiazioni aventi lunghezza d'onda
nell'ultravioletto, nel visibile e nell'infrarosso.
L'energia è utilizzata per eccitare gli elettroni o per far vibrare i gruppi
funzionali delle molecole presenti nel campione
Mod. III
Spettroscopia molecolare
• Il campione è irraggiato con luce avente  nell’ultravioletto, nel visibile o nel vicino
infrarosso
• Non è necessaria l'atomizzazione del campione; si tratta quindi generalmente di tecniche
non distruttive
• L'informazione che si ottiene è di tipo strutturale in quanto rivela le molecole presenti nel
campione o, più correttamente, i gruppi funzionali presenti, ovvero parti di molecole che
danno segnali simili anche se presenti all'interno di molecole globalmente diverse
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Mod. III
Gruppo funzionale
In chimica organica è detto gruppo funzionale una parte della struttura di
una molecola caratterizzata da specifici elementi e da una struttura ben definita e
precisa, che conferisce al composto una reattività tipica e simile a quella di altri
composti contenenti lo stesso gruppo
Mod. III
Spettroscopia Infrarossa
La spettrofotometria infrarossa (IR
IR) è una tecnica molto nota in campo
chimico e ha notevoli applicazioni anche nel campo dei beni culturali.
Si tratta di una tecnica di analisi nella quale sono misurate transizioni tra
livelli energetici vibrazionali, che richiedono energia corrispondente a
radiazioni nella regione infrarossa dello spettro elettromagnetico, cioè tra
1 e 500 µm.
Con questa tecnica è possibile avere informazioni sui gruppi funzionali
presenti nelle molecole che formano il campione e quindi,
indirettamente, sulle molecole stesse.
Le informazioni sono prevalentemente di tipo qualitativo; l’aspetto
quantitativo è scarsamente sfruttato
link
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Mod. III
Spettroscopia Infrarossa
L'interazione elettrica che agisce tra coppie di atomi, e tiene unita la molecola, è descrivibile
semplicemente con il modello di una molla che collega i due atomi.
la frequenza delle vibrazioni varia in funzione della massa degli atomi coinvolti e della
sovrapposizione delle loro nuvole elettroniche, mentre l'energia vibrazionale delle molecole è una
grandezza quantizzata
Siccome il sistema può accedere solo agli stati caratterizzati da queste energie, è chiaro che esso
può scambiare energia solo in quantità discrete, pari alle differenze tra i livelli.
Per le molecole si presenta, analogamente al caso degli atomi isolati, un certo insieme di livelli
energetici, attraverso i quali si svolge la dinamica degli scambi di energia con i sistemi circostanti
Il moto vibrazionale di una molecola
di CO2 è il risultato della
sovrapposizione di tre tipi particolari
di vibrazione, detti modi normali,
dotati ciascuno di differente energia
bending (piegamento)
stretching asimmetrico
stretching (stiramento) simmetrico
CO2
Mod. III
Spettroscopia Infrarossa
link
Il moto vibrazionale di una molecola
di CO2 è il risultato della
sovrapposizione di tre tipi particolari
di vibrazione, detti modi normali,
dotati ciascuno di differente energia
bending (piegamento)
stretching asimmetrico
stretching (stiramento) simmetrico
CO2
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Mod. III
Esempi di spettri IR
Il campione è irraggiato con un intervallo più o meno ampio di ;
le  assorbite corrispondono ai gruppi funzionali delle molecole.
La risposta è visibile sotto forma di spettro e permette di determinare, attraverso i
gruppi funzionali, la struttura di alcune molecole contenute nel campione,
costituendone un'impronta digitale
Mod. III
Esempio di spettro IR
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3/27/2014
Mod. III
Caratteristiche dello spettro IR
Le frequenze di vibrazione di un dato gruppo di atomi sono essenzialmente
caratteristiche del gruppo stesso (frequenze di gruppo) e quindi, in prima
approssimazione, indipendenti dal resto della molecola.
Ne segue che la presenza di certe bande di assorbimento sullo spettro è indizio della
presenza di ben precisi gruppi funzionali.
Per le operazioni di individuazione di questi gruppi, ci si avvale normalmente di
tabelle numeriche o grafiche, come ad es. le carte di correlazione che indicano le zone
entro cui si collocano le bande di assorbimento.
Il riconoscimento delle sostanze nell’IR può essere effettuato con modalità
diverse, ma tutte basate sul confronto dello spettro in esame con spettri di
sostanze note o comunque con dati ricavati da essi e raccolti in apposite tabelle
o database elettronici
Mod. III
Caratteristiche dello spettro IR
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3/27/2014
Mod. III
Caratteristiche dello spettro IR
E’ utile suddividere lo spettro IR in alcune zone caratteristiche
caratteristiche::
Zona dei gruppi funzionali
funzionali.. Si estende da 3.800 a 1.300 cm-1 e comprende le bande
di assorbimento dovute, sia agli stiramenti dei legami che alle deformazioni. In
particolare, fra 3.800 e 2.500, si trovano gli stiramenti dei legami contenenti
l’idrogeno (C-H, N-H, O-H, ecc.), mentre fra 2.500 e 1.600 si trovano quelli dei legami
insaturi (C=C, C=0, N=0, ecc.). Da notare che la posizione delle bande in questa
seconda zona, è piuttosto influenzata dall’intorno chimico del gruppo. Infine tra
1.600 e 1.300 si trovano le bande dovute alle deformazioni dei gruppi.
Zona delle impronte digitali
digitali.. Si estende tra 1.300 e 650 cm-1 e deve il suo nome al
fatto che qui non esistono praticamente due composti diversi che abbiano lo stesso
spettro. Infatti le bande tipiche di questa zona sono principalmente dovute a
vibrazioni «corali» di tutta la molecola (vibrazioni di scheletro) e pertanto sono
altamente caratteristiche di quest’ultima.
Zona del lontano IR
IR.. Si estende da 650 a 200 cm-1 e comprende stiramenti dei
legami di atomi pesanti, deformazioni di gruppi privi di idrogeno e vibrazioni di
scheletro.
Mod. III
Strumenti IR
La spettroscopia IR è una tecnica molto comune nei laboratori chimici, per via del
semplice utilizzo e del basso costo. Gli strumenti più diffusi lavorano in Trasformata di
Fourier e sono perciò chiamati FTIR (esempio di spettrofotometro IR, sx). Inoltre sono
attualmente sul mercato strumenti FTIR portatili (dx) che consentono di effettuare
analisi in situ con buone prestazioni
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Mod. III
Metodi per l’acquisizione di spettri IR
Tecnica
Segnale
Trasmissione
Trasmittanza
Riflessione speculare
Riflettanza
Riflessione diffusa
Riflettanza
Riflessione totale
Riflettanza
adatte in situ
Mod. III
Misure in trasmittanza
Lo spettro IR di un campione può essere
acquisito con varie modalità.
Se il campione è sufficientemente
trasparente alla radiazione IR si può
lavorare in trasmittanza o in
assorbimento; i due parametri sono
assorbimento
legati dalla relazione seguente:
Abs = logT-1
e forniscono spettri equivalenti
In questo caso l’analisi si effettua su
un’aliquota di campione miscelata al
sale KBr per formare una pastiglia che si
sottopone all’analisi
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Mod. III
Misure in riflettanza
Se il campione non è trasparente alle radiazioni è necessario lavorare in riflettanza
riflettanza,
registrando cioè lo spettro delle radiazioni IR riflesse dalla superficie del campione.
Si può misurare la riflettanza speculare, cioè le radiazioni riflesse con identica
angolazione (sx) oppure la riflettanza diffusa, cioè le radiazioni riflesse ad angoli
differenti (dx)


Mentre le misure in trasmittanza richiedono quasi sempre il prelievo di
un’aliquota di campione, quelle in riflettanza si prestano ottimamente ad
essere effettuate su superfici e quindi, in teoria, sono applicabili in situ
Mod. III
Strumenti FTIRFTIR-ATR
Una modalità particolare di misura IR è quella cosiddetta Attenuated Total Reflection o ATR
ATR.
In questo caso si impiega una sonda con un cristallo di diamante o di altri materiali che viene
posto a contatto con la superficie del campione in un’area di circa 1 mm di diametro. Ciò
permette di raccogliere lo spettro in riflettanza da uno strato di 2-3 µm del campione
Lo strumento FTIR portatile mostrato
in figura è dotato di sonda ATR a
inclinazione variabile che permette di
effettuare analisi superficiali senza
vincoli di ingombro del campione.
L’area analizzata ha un diametro di 1
mm. Range spettrale: 4000-650 cm-1
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Mod. III
Utilizzo delle fibre ottiche
Le fibre ottiche possono essere sfruttate vantaggiosamente per le misure FTIR in riflettanza e,
in misura minore, in trasmittanza. Attraverso l’impiego di sonde è possibile irraggiare il
campione e raccogliere la radiazione diffusa; entrambe le radiazioni viaggiano su fibre.
Il grande vantaggio dell’impiego delle fibre ottiche consiste nella possibilità di effettuare
analisi in situ, totalmente non distruttive e senza toccare il campione; inoltre non ci sono
vincoli dovuti alla forma del campione.
Gli unici inconvenienti dell’impiego
di fibre ottiche sono legati al costo
notevole delle fibre che sono
assemblate a partire da materiali
aventi purezza elevatissima, e al
fatto che esse non sono sensibili a
tutto lo spettro IR: si perde una
parte
dell’informazione,
a
differenza di quanto possono fare
gli strumenti da banco.
Mod. III
Applicazioni e vantaggi dell’IR
La tecnica IR ha moltissime applicazioni nel campo dei beni culturali, grazie alla capacità di
identificare sostanze organiche ed inorganiche. Alcuni esempi sono:
• caratterizzazione di materiali coloranti e di leganti
• identificazione e monitoraggio di processi di degradazione
• caratterizzazione di materiali protettivi
I vantaggi dell’IR sono i seguenti:
• versatilità: può dare informazioni strutturali su un ampio range di materiali
• organici ed inorganici
• cristallini e non cristallini
• monomeriche o polimeriche
• rapidità di esecuzione
• accuratezza e precisione
• sensibilità discreta
• costi relativamente economici
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Mod. III
Identificazione di pigmenti e coloranti
Per valutare la capacità diagnostica della
tecnica IR è sufficiente osservare quanto
siano differenti gli spettri in trasmittanza
di tre pigmenti blu: il Blu oltremare
(sopra), il Blu di Prussia (dx alto) e lo
Smaltino (dx basso)
Mod. III
Confronto di spettri IR
Sono riportati due esempi di spettri di
assorbimento IR di lacche:
1) la lacca di cocciniglia o Rosso carminio
carminio,,
una lacca ottenuta a partire dai corpi
essiccati della femmina di un insetto
(Coccus cacti) che vive su varie specie di
cactus nel Messico e nell'America
centromeridionale
2) la lacca di robbia
robbia,, una lacca rosso
violetto ottenuta da piante erbacee delle
Rubiaceae dalle cui radici si estrae il
principio colorante (chimicamente noto
come alizarina); molto apprezzata quella
ottenuta dalla specie Rubia tinctoria.
Rosso carminio
Coccus cacti
lacca di robbia
Rubia tinctoria
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Mod. III
Confronto di spettri IR
Sono riportati due esempi di spettri di
assorbimento IR di lacche:
1) la lacca di cocciniglia o Rosso carminio
carminio,,
una lacca ottenuta a partire dai corpi
essiccati della femmina di un insetto
(Coccus cacti) che vive su varie specie di
cactus nel Messico e nell'America
centromeridionale
2) la lacca di robbia
robbia,, una lacca rosso
violetto ottenuta da piante erbacee delle
Rubiaceae dalle cui radici si estrae il
principio colorante (chimicamente noto
come alizarina); molto apprezzata quella
ottenuta dalla specie Rubia tinctoria.
L'analisi dei due spettri rivela che essi, per quanto simili nell'aspetto, sono in realtà differenti
per quanto riguarda i massimi di assorbimento, che permettono di riconoscere la struttura
chimica che ha provocato l'assorbimento.
Lo spettroscopista IR è in grado di interpretare il significato di ogni singola banda di
assorbimento, mentre un utente anche non esperto sarà in grado di riconoscere il composto
per confronto dello spettro incognito con gli spettri di una banca dati.
Mod. III
Analisi di vetri medievali
Nella figura sono riportati gli spettri in modalità µ-FTIR-ATR su
campioni di vetri prelevati da vetrate del monastero di Batalha
(Portogallo, XV secolo), in differenti condizioni di degrado.
Le bande principali a 995 cm−1 e 930 cm−1 sono dovute, come atteso, ai legami Si-O del vetro. Tuttavia, negli spettri
a) e b) si individuano bande nelle zone 1300–1600 cm−1 dovute alla presenza di carbonato e/o ossalato di calcio,
entrambi prodotti di degradazione dovuti rispettivamente all’azione combinata di umidità e CO2 atmosferica
disciolta e all’azione di microorganismi. Lo spettro c) risulta il meno degradato, probabilmente perchè meno
esposto. Inoltre è possibile osservare in tutti gli spettri una banda larga a 3400 cm−1 dovuta allo stretching del
gruppo O–H che indica un livello significativo di idratazione della superficie. La combinazione della presenza di ioni
CO32- e OH− nei vetri è normalmente indice di corrosione dovuta ad ambienti umidi.
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Mod. III
Spettroscopia Raman
Questa tecnica, complementare alla tecnica IR, è basata sull'effetto Raman:
un campione, irraggiato con luce monocromatica, cioè a  singola, riemette luce a 
maggiore (energia inferiore) in quanto parte dell'energia viene assorbita per far vibrare i
gruppi funzionali delle molecole presenti nel campione che in questo modo possono essere
rivelati in maniera analoga alla spettroscopia IR.
A differenza dell'infrarosso, tuttavia, non si misura la luce assorbita ma quella che viene
restituita o diffusa dai gruppi funzionali dopo l'assorbimento.
La risposta è visibile sotto forma di spettro.
Cuprorivaite (Blu Egiziano)
CaCuSi4O10
Anche nel Raman lo spettroscopista esperto sa
interpretare lo spettro in termini di gruppi
funzionali, mentre l'utente può riconoscere la
sostanza che ha fornito lo spettro per
confronto con una banca dati.
Spettro Raman del pigmento Blu egiziano. Le bande sono
dovute ai gruppi funzionali presenti nel campione
Mod. III
Schema di uno spettrometro Raman
La strumentazione necessaria per effettuare una misura Raman è costituita da una sorgente laser a  fissa,
da un microscopio per focalizzare il raggio laser sul campione e da un sistema di rivelazione della
radiazione Raman emessa dal campione.
Dopo l'irraggiamento con il laser si registra l'energia luminosa riemessa dal campione sotto forma di
spettro, che consente di vedere le sostanze presenti in base ai segnali rilevati
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3/27/2014
Mod. III
Spettrometri Raman
Come per la spettroscopia infrarossa, anche in quella Raman sono utilizzati due tipi
di strumenti: quelli dispersivi
dispersivi, in cui la radiazione diffusa dal campione viene
dispersa sequenzialmente con un sistema monocromatore chiamato reticolo, e
quelli a Trasformata di Fourier o FT-Raman, in cui lo spettro Raman è raccolto
contemporaneamente su tutto l’intervallo di interesse utilizzando l’algoritmo
matematico omonimo.
Negli strumenti da banco si può effettuare l’analisi
su tutti i campioni compatibili con le dimensioni del
comparto portacampione: particelle depositabili su
vetrino, fogli, piccoli oggetti
Mod. III
Risoluzione spaziale
Negli spettrometri Raman dotati di
microscopio l'area interessata dall’analisi
può essere limitata a poche unità fino ad
alcune centinaia di µm2, a seconda del
laser e dell'obiettivo utilizzati. Gli obiettivi
normalmente impiegati vanno da 10x a
100x
A fronte di questa capacità di risoluzione
spaziale risulta obbligatorio sapere
esattamente dove si sta effettuando la
misura per evitare errori macroscopici; per
questo motivo i microscopi Raman sono
dotati di una telecamera coassiale con il
laser, che permette di visualizzare l'area su
cui si sta puntando.
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3/27/2014
Mod. III
Applicazione del microscopio
Analisi di un pigmento di aspetto macroscopicamente grigio
L’immagine al microscopio con obiettivo 100x (1000 ingrandimenti)
chiarisce l’importanza dell’utilizzo del microscopio nell’analisi Raman:
i singoli grani possono essere caratterizzati separatamente
Mod. III
Profondità di campionamento
Dal punto di vista della profondità di campionamento, l'analisi effettuata
con uno spettrometro Raman è di tipo superficiale: le informazioni
provengono da uno strato spesso alcuni µm posto sulla superficie.
Da ciò è facile capire che le applicazioni più utili della spettrometria
Raman sono quelle in cui si è interessati a caratterizzare le proprietà
superficiali di un campione, es. i prodotti di degradazione, i pigmenti su un
dipinto o su un manoscritto, ecc.
Alcuni strumenti hanno la possibilità di variare la profondità di
campionamento mediante un dispositivo noto come confocalità
confocalità, che
permette di ricevere l’informazione da pacchetti a spessore variabile dal
campione, a patto che questo permetta il passaggio della radiazione laser.
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3/27/2014
Mod. III
Sistemi portatili
Negli sistemi portatili, con i quali è possibile fare analisi in situ, la radiazione laser e la
radiazione Raman vengono trasportate mediante un cavo a fibra ottica e una sonda puntata
sul campione: ciò permette di avvicinarsi a distanze minime (frazioni di mm) alle superfici che
si vuole analizzare
Mod. III
Analisi senza vincoli di ingombro
Uno dei vantaggi dell’impiego di strumenti Raman portatili rispetto agli strumenti
da banco è la possibilità di effettuare analisi su campioni molto ingombranti, che
non potrebbero essere inseriti nel comparto portacampione di uno strumento da
banco: l’utilizzo di una sonda esterna consente di non avere vincoli
Nell’esempio illustrato è effettuata
un’analisi su un manoscritto di
dimensioni notevoli, che non
potrebbe essere alloggiato su uno
strumento da banco
Un’altra applicazione limitata agli
strumenti portatili è l’analisi degli
affreschi
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3/27/2014
Mod. III
Analisi di affreschi
Per quanto riguarda l'analisi degli affreschi, la caratterizzazione dei pigmenti è molto
importante per collocare storicamente il manufatto e per decidere il miglior intervento
restaurativo.
Se non è possibile effettuare un prelievo di campione, l'uso di uno spettrometro Raman
portatile costituisce il modo più sicuro per identificare i pigmenti .
Mod. III
Limiti degli strumenti portatili
Per ottenere uno spettro Raman ottimale, il campione deve essere posto alla corretta distanza
focale dell’obiettivo. Negli strumenti da banco ciò è realizzato con uno stage che permette di
effettuare movimenti micrometrici nelle direzioni xyz; inoltre il portacampione è solidale con lo
strumento e non risente di vibrazioni esterne.
Negli strumenti portatili, con cui normalmente si analizzano oggetti inamovibili, è possibile
movimentare la sonda per ottenere la messa a fuoco corretta, tuttavia, siccome il campione non
è solidale con lo strumento, c’è una forte possibilità che vibrazioni esterne inficino la misura
causando la perdita di messa a fuoco
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3/27/2014
Mod. III
Applicazioni archeometriche
La spettroscopia Raman è una tecnica attualmente molto utilizzata nel campo dei
beni culturali, grazie al fatto di essere completamente non distruttiva e di
permettere l'esecuzione di misure in situ, cioè direttamente sul campione senza
necessità di asportarne una parte per effettuare la misura in laboratorio.
Le applicazioni principali della spettroscopia Raman in campo archeometrico sono
nel settore del riconoscimento di pigmenti sui manufatti pittorici, in particolare
sugli affreschi e dell'autenticazione di materiali preziosi.
Mod. III
Esempi di spettri Raman
Per valutare le potenzialità della spettroscopia Raman nell'analisi dei pigmenti, è sufficiente
osservare quanto gli spettri Raman di quattro pigmenti rossi siano differenti tra di loro,
consentendo di differenziare pigmenti che macroscopicamente appaiono simili o identici
Ocra rossa
Rosso Piombo
Realgar
Vermiglio
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3/27/2014
Mod. III
Analisi di manoscritti
Un'applicazione interessante del Raman è quella dell'analisi dei manoscritti: è possibile
effettuare la misura direttamente sull'oggetto, rivelando gli inchiostri e i leganti utilizzati.
La misura è fatta mediante una sonda che porta la radiazione laser sul campione e raccoglie il
segnale Raman emesso dal materiale analizzato (sx) oppure ponendo il manoscritto nel
portacampione di uno strumento da banco (dx), se la geometria lo permette.
In entrambi i casi il campione non subisce danni
Mod. III
Altre applicazioni
Altre applicazioni della spettroscopia
Raman sono nella caratterizzazione
di composti organici ed inorganici in
materiali di origine animale e
vegetale, oppure in prodotti di
degradazione.
Nella figura sono riportati gli spettri
Raman di cere utilizzate in antichità
come sigilli
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3/27/2014
Mod. III
Spettroscopia UVUV-Visibile
Visibile--NIR
Si tratta di una tecnica molto comune nei laboratori chimici, che si basa sull'assorbimento da
parte del campione di radiazioni nel campo dell'ultravioletto, del visibile e del vicino infrarosso
(NIR, Near InfraRed), assorbimento dovuto alla presenza nelle molecole del campione di gruppi
funzionali aventi caratteristiche particolari, detti cromofori, facilmente riconoscibili in base
allo spettro.
La tecnica è quindi affine alla spettroscopia infrarossa, dalla quale si differenzia per il fatto che le
energie in gioco causano transizioni elettroniche anziché vibrazionali, cioè provocano il
passaggio di elettroni a stati energetici eccitati. L’intervallo spettrale impiegato può essere 2001100 nm, più comunemente 200-800 nm
La tecnica è meno informativa dell’IR e
del Raman ma, a causa dell’estrema
semplicità di utilizzo (e per il fatto che
uno spettrofotometro UV-visibile è
sempre
presente
in
qualunque
laboratorio chimico), può essere utile
come analisi preliminare, in particolare
nella caratterizzazione di campioni
colorati
Mod. III
Cromofori
Cromofori comuni
Con il termine cromoforo si definisce, in senso
ampio, un gruppo di atomi capaci di conferire
colorazione ad una sostanza.
Più specificamente, un cromoforo rappresenta
un atomo o gruppo di atomi di una entità
molecolare responsabili dell'insorgere di una
data banda spettrale a seguito di una
transizione elettronica.
Ciò è possibile in quanto la configurazione degli orbitali molecolari consente
transizioni elettroniche dovute all‘assorbimento di radiazione visibile e
assorbimento nell'UV non lontano.
In genere, tutti i gruppi insaturi possono definirsi cromofori, in particolare: C≡C
C≡C,,
C=C,, C=N
C=C
C=N,, C=O
C=O,, C=S
C=S,, N=N
N=N,, N=O
N=O, sistemi polienici
polienici,, anelli aromatici ecc.
Sono cromofori anche gli elementi dei blocchi d ed f.
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3/27/2014
Mod. III
Modalità di misura
Come nella spettroscopia infrarossa, anche nell’UV-visibile è
possibile effettuare le misure secondo due modalità
principali:
• in assorbanza o trasmittanza
trasmittanza, due grandezze legate dalla
relazione Assorbanza = log(1/Trasmittanza); sono misurate
le radiazioni dopo il passaggio attraverso il campione
• in riflettanza
riflettanza, misurando le radiazioni diffuse dal campione,
ovvero tutte quelle irradiate sulla sua superficie tranne
quelle assorbite
Mod. III
Misure in assorbanza
Nelle misure in assorbanza o trasmittanza si irraggia il campione con un
intervallo di  ad intensità I0 e si registra lo spettro delle radiazioni che
passano attraverso il campione con intensità It < I0;
le  assorbite dalle molecole del campione appaiono come massimi di
assorbimento o come minimi di trasmittanza
I0
Questa modalità è valida per
l’analisi di campioni in soluzione o
per
campioni
solidi
sufficientemente
sottili
o
trasparenti, es. polveri, vetri, film;
ha scarsissime applicazioni in situ
It
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3/27/2014
Mod. III
Spettro UVUV-vis in assorbanza
L'informazione che si ottiene dall'analisi UV-visibile è relativa alla presenza
di gruppi cromofori; si tratta di segnali non molto specifici che difficilmente
conducono all’identificazione delle sostanze ma possono essere utili.
Esempio di spettro UV-visibile in assorbimento di
un’aldeide insatura.
La banda a 395 nm rende conto del fatto che il composto è
colorato in arancio, colore complementare rispetto al
violetto che corrisponde alla regione spettrale interessata
(~ 400 nm); la stessa banda sarebbe presente nello spettro
di un’altra sostanza colorata in arancio, con differenze
minime sulle  max
Mod. III
Spettro UVUV-vis di un vetro
Absorbance
Riconoscimento dello ione Cr(III) in un vetro silice-soda-calce
attraverso lo spettro di assorbimento: 450-655-684 nm
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3/27/2014
Mod. III
Misure in riflettanza
Escludendo un limitato numero di eccezioni, gli oggetti di indagine nel campo
dei beni culturali sono opachi. Risulta quindi più utile la modalità di analisi in
riflettanza, nella quale si registra lo spettro della radiazione diffusa dalla
riflettanza
superficie del campione, inclusa o esclusa la componente riflessa (ovvero la
riflettanza speculare)
La modalità in riflettanza è
applicabile all’analisi di superfici
e quindi ha molte applicazioni
(fatta salva la relativa povertà di
informazione
rispetto
alle
tecniche IR e Raman); può
essere applicata in situ
I0
Ir
Mod. III
Spettri UVUV-vis in riflettanza
Nelle misure in riflettanza i massimi corrispondono a radiazioni riflesse e
quindi non assorbite dal campione; esse corrispondono al colore
macroscopicamente evidente del campione che risulta essere complementare
rispetto al colore assorbito dal campione
Spettro in riflettanza del
pigmento blu azzurrite: il
colore blu è giustificato dalla
radiazione diffusa attorno a
460 nm; il pigmento assorbe (e
perciò mostra come minimo
nello spettro in riflettanza) la
radiazione
complementare
attorno a 600 nm
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Mod. III
Spettri in riflettanza di vetri
Spettri in riflettanza di vetri di differente colore: blu (a), verde (b) e
porpora (c); il range spettrale sconfina nel vicino infrarosso
Mod. III
Spettri in riflettanza di pigmenti
In termini generali è possibile dividere i pigmenti in tre gruppi dal punto di
vista del loro spettro di riflettanza:
• Pigmenti che forniscono una curva di riflettanza a campana
campana: sono i
pigmenti blu e verdi (Azzurite
Azzurite,, Blu oltremare
oltremare,, Malachite
Malachite,, Verdigris
Verdigris); in
questo caso l'identificazione è agevole perché il massimo della curva è
differente da pigmento a pigmento
• Pigmenti che forniscono una curva ad S: sono i pigmenti rossi, gialli e
marroni (Cinabro
Cinabro,, Minio
Minio,, Orpimento
Orpimento,, Ocre
Ocre); non ci sono picchi
caratteristici ma la presenza di un flesso dà la possibilità di individuare
un picco caratteristico nello spettro in derivata prima
prima, nuovamente
differente da pigmento a pigmento
• Pigmenti che forniscono curve approssimativamente lineari
lineari: sono i
pigmenti bianchi, grigi e neri (Bianco
Bianco piombo
piombo,, Carbone
Carbone); sia nello spettro
di riflettanza sia nello spettro in derivata prima sono assenti massimi e
quindi l’identificazione è più difficoltosa
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3/27/2014
Mod. III
Esempi
Spettri in riflettanza di un pigmento
verde (Malachite), un pigmento rosso
(Cinabro) e un pigmento bianco
(Bianco titanio)
Mod. III
Pigmenti blu
Spettri in riflettanza di pigmenti blu:
Blu Oltremare (dx), Blu di Prussia (dx
basso) e Smaltino (sotto)
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3/27/2014
Mod. III
Fiber Optic Reflectance Spectroscopy
In questa tecnica, chiamata più semplicemente FORS
FORS, la radiazione di riflettanza
del campione è raccolta mediante una sonda con fibra ottica. La sonda può
contenere sia la fibra di raccolta della radiazione diffusa, sia la fibra che porta la
radiazione primaria
Nella sonda con geometria
3x45°/0° le due fibre esterne
portano
l’illuminazione
sul
campione, mentre la fibra
intermedia, posta a 45° rispetto
alle sorgenti, raccoglie la luce di
riflettanza diffusa evitando la
riflettanza speculare
L’area investigata ha un diametro
di 3-6 mm
Mod. III
Spettrofotometro portatile
Spettrofotometro UV-visibile-NIR
dimensione estremamente ridotte
di
Range spettrale: 200-1100 nm
Il segnale di emissione dalla lampada e
quello riflesso dal campione sono
trasportati da una fibra ottica
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Mod. III
Riconoscimento di pigmenti bianchi
Nell’esempio
mostrato
sono
effettuate misure con la FORS sul
dipinto Il ritratto della figliastra di
Giovanni Fattori (1889), per verificare
la presenza di ritocchi posteriori
Tra i vari punti analizzati, sono
interessanti le informazioni ottenibili
dai pigmenti bianchi (1 e 2 nella
figura)


Mod. III
Confronto tra spettri
Nella figura di sinistra sono riportati gli spettri di riflettanza di tre pigmenti bianchi:
bianco piombo (a - linea tratteggiata), bianco zinco (b - linea continua) e bianco
titanio (c - linea tratteggiata e punteggiata)
Gli spettri in derivata prima (dx) permettono di discriminare i tre pigmenti e di
identificare i pigmenti impiegati nel dipinto nei due punti considerati 1 e 2
(rispettivamente linee d ed e)
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3/27/2014
Mod. III
Monitoraggio del degrado di un pigmento
Effetto dell’umidità sul massimo dello spettro in derivata
prima del Minio o Rosso Piombo
Mod. III
Monitoraggio di superfici metalliche
Spettri di riflettanza di 1) rame; 2) rame invecchiato 2 anni a temperatura
ambiente; 3) ruggine verde (composti di degradazione del rame)
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Mod. III
Caratteristiche tecniche
Spettroscopia molecolare
Tecnica distruttiva
No (tranne pastiglia KBr)
Informazione fornita
Si determinano molecole
Tipo di campioni analizzabili
Liquidi (UV-Vis, IR, Raman) e solidi (IR, Raman)
Possibilità di analisi in situ
Sì
Possibilità di analisi senza prelievo di campione
Sì
Risoluzione spaziale
Buona-ottima
Porzione del campione analizzato
Superficie o totale (IR, UV)
Espressione dei risultati
 di assorbimento o di diffusione Raman
Sensibilità
Discreta
Materiali analizzabili
Tutti quelli a base organica, alcuni inorganici
Costo
Medio
Mod. III
Spettroscopia XRD
La spettroscopia di Diffrazione a Raggi X (X
X-Ray Diffraction
Diffraction) è una tecnica molto
potente che consente di identificare i composti cristallini presenti in un campione
campione.
Inoltre, essa permette di determinare la struttura molecolare di composti incogniti:
basti pensare che con la XRD, Watson e Crick scoprirono la struttura del DNA
La tecnica è basata sul fenomeno ottico della diffrazione: un fascio di raggi X,
inviato sul campione, viene deviato o, appunto, diffratto, secondo un angolo che
dipende dalla struttura cristallina del composto o dei composti presenti
In campo archeometrico, l’XRD si applica soprattutto alla caratterizzazione dei
pigmenti: famoso è lo studio che ha permesso di identificare la struttura del
pigmento Blu Maya
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Mod. III
Spettri XRD
calcite
aragonite
Ogni composto dà origine a uno o più
segnali secondo un pattern caratteristico
per ogni sostanza cristallina, tale da
permettere
l’identificazione
per
confronto con spettri di sostanze note.
Come si nota dalla figura, gli spettri XRD
di calcite e aragonite, due forme
cristalline del carbonato di calcio, sono
notevolmente diversi pur essendo i due
composti identici per formula
Le sostanze amorfe sottoposte ad analisi
XRD non generano alcun segnale
Mod. III
Strumenti per XRD
La tecnica XRD, per quanto non distruttiva in senso analitico, richiede quasi
sempre il prelievo di una piccola quantità di campione che va ridotta in polvere.
In alcuni strumenti è possibile porre il campione, se di piccole dimensioni,
direttamente nell’alloggiamento per l’analisi senza effettuare prelievi.
Un esempio di spettrometro XRD è riportato a dx.
Esistono, ma non sono ancora del tutto perfezionati, strumenti XRD portatili
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Mod. III
Caratteristiche tecniche
spettroscopia XRD
Tecnica distruttiva
Sì, tranne per campioni piccoli
Informazione fornita
Si determinano composti cristallini
Tipo di campioni analizzabili
Liquidi e solidi
Possibilità di analisi in situ
Sì (rara)
Possibilità di analisi senza prelievo di campione
Sì
Risoluzione spaziale
Buona
Porzione del campione analizzato
Analisi totale del campione
Espressione dei risultati
Angoli di diffrazione
Sensibilità
Discreta
Materiali analizzabili
Tutti quelli a base cristallina
Costo
Elevato
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