C A P I T O L O 1 0 La malnutrizione in gastroenterologia Manuale di Gastroenterologia Edizione 2004-2006 CARMINE PANELLA ENZO IERARDI Obiettivi didattici Conoscere la frequenza della malnutrizione ed i principi di base atti a riconoscere uno stato di malnutrizione. Conoscere la patogenesi della malnutrizione in corso di malattie dell’apparato digerente Essere in grado di calcolare il fabbisogno nutrizionale di un paziente Acquisire le conoscenze generali per impostare una terapia nutrizionale Una cattiva alimentazione influisce notevolmente sui sintomi e sul decorso delle malattie gastrointestinali, del pari un’alterata funzione intestinale riduce la disponibilità dei substrati nutritivi e quindi condiziona negativamente lo stato di nutrizione. Uno stato di malnutrizione può avere un duplice aspetto: può trattarsi di un deficit generalizzato di tutte le componenti caloricamente attive dell’alimentazione (macronutrienti), ed in tal caso si parla di malnutrizione calorico-proteica (MCP), ovvero tipo marasma, oppure può trattarsi di una carenza limitata alla componente proteica, ovvero tipo Kwashiorkor. Oltre che a questo il deficit può essere ristretto ad uno o pochi fattori dell’alimentazione quali acidi grassi essenziali, elettroliti, vitamine, oligoelementi (micronutrienti). In presenza di malnutrizione il senso di benessere, l’attività fisica, la resistenza alle malattie e l’accrescimento corporeo possono essere fortemente compromessi. La valutazione dello stato nutrizionale Uno stato di malnutrizione è un evento non eccezionale nella popolazione generale delle nazioni industrializzate; una speciale attenzione va dedicata ai pazienti ospedalizzati. Uno stato di MCP globale, oppure uno stato carenziale parziale, deve essere sempre sospettato anche nei pazienti dall’aspetto apparentemente normale ma con patologie a rischio, come tutte quelle dell’apparato digerente, il che comporta un attento studio dell’apporto alimentare, dei parametri nutrizionali fisici, strumentali, biochimici ed immunologici. Da una recente inchiesta condotta recentemente nei Reparti di Gastroenterologia in Italia è risultato come circa il 50% di questi pazienti presenti uno stato di MCP tale da richiedere uno specifico intervento nutrizionale. Nella maggioranza dei casi questo intervento era di tipo dietetico ma nel 18% dei casi osservati, le condizioni della patologia di ba1 Manuale di Gastroenterologia se avevano reso necessario anche l’utilizzazione di una nutrizione artificiale. Anamnesi generale ed alimentare Innanzitutto va attentamente interrogato il paziente sullo stato di benessere, sul senso di validità e di forza fisica e sulle variazioni del peso corporeo, soprattutto quelle involontarie, intervenute negli ultimi 6 mesi; una attenzione particolare va posta alle patologie associate a ritenzione idrosalina che comportano di per se frequenti oscillazioni del peso. Nel colloquio con il paziente vanno valutati, oltre all’astenia e all’adinamia, anche le variazioni dell’appetito ed il comportamento alimentare. Per ottenere dei dati sull’apporto alimentare, il più possibile aderenti alla realtà, ci si affida al diario dietetico (il paziente compila un diario riportando il peso di tutti gli alimenti introdotti per almeno tre giorni) oppure alla intervista dietetica a posteriori (al paziente viene richiesto di citare dettagliatamente i cibi assunti, in genere si fa riferimento all’ultima settimana); in ambedue i casi, applicando le normali tabelle di composizione degli alimenti, si possono calcolare le quantità giornaliere di macronutrienti assunte, quelle degli elettroliti nonché dei micronutrienti. Esame fisico ed antropometria Il paziente va attentamente valutato nell’aspetto generale osservandone le condizioni generali, lo stato di idratazione, il colorito della cute e delle mucose visibili, il trofismo degli annessi cutanei, la consistenza dei depositi di grasso ed infine le dimensioni e l’efficienza delle masse muscolari. Si passa quindi alle misurazioni antropometriche. I primi dati da rilevare sono l’altezza ed il peso: la prima, stabile nell’adulto, ha valore solo nell’età evolutiva o per rilevare alterazioni nutrizionali intervenute durante le prime due decadi di vita. Il peso corporeo costituisce, invece, il più semplice, economico ed importante parametro antropometrico da considerare e, pertanto, deve essere opportunamente valutato. La maniera più semplice è il confronto con apposite tabelle standard di riferimento quali quelle ricavate da vari studi su popolazione (Metropolitan, HANES (DEFINIRE) I e II, SINU (DEFINIRE), ecc.); bisogna tuttavia considerare che le interferenze razziali, socio-economiche e generazionali rendono purtroppo questi studi, e le relative tabelle, non sempre rispondenti alla realtà di uno determinato contesto. Il peso (P) deve essere rapportato all’altezza (A) per calcolare l’indice di massa corporea (IMC) che corrisponde al rapporto tra peso in kg e quadrato dell’altezza in metri (Tab. I, formula a); una riduzione al di sotto di 15 è segno evidente di MCP. Gli stessi parametri servono per calcolare il cosiddetto peso ideale, la cui formula più nota è quella di Lorenz (Tab. I, formula b) da considerare come parametro di riferimento per il singolo paziente. Tab. I: Parametri antropometrici essenziali Parametro formula sospetto di MCP a) Indice massa corporea IMC = P/A (altezza in metri) < 15 b) Peso ideale (kg) (Formula di Lorenz) uomo P = (A - 100) - (A - 150) / 4 donna P = (A - 100) - (A - 150) / 2 < 90% < 90% c) Peso attuale / abituale (%) ((P abituale - P attuale) / P abituale) x 100 < 95% d) Area muscolare (cm2) (Heymsfield) AM = (CB - (π x PT))2 / 4 .π correzione osso: uomo –10, donna -6,5 2 <10° perc. P = Peso corporeo (kg); A = Altezza (cm): AM = Area muscolare del braccio non prevalente (cm ); CB = Circonferenza del braccio (cm); PT = Plica tricipitale (cm). 2 2 La malnutrizione in gastroenterologia Nella pratica quotidiana è comunque più semplice, nonché preferibile ai fini clinici, il rapporto tra peso attuale e peso abituale, o degli ultimi sei mesi (tabella 1, formula c); un valore inferiore al 90% è un segno di deterioramento franco delle condizioni nutrizionali e quindi costituisce un dato di fondamentale importanza per individuare uno stato di MCP. Tutte queste valutazioni, però, sono inficiate da diverse condizioni, soprattutto la ritenzione idrosalina, che, aumentando artificiosamente il peso, fa sottostimare lo stato di MCP oppure, al contrario, una condizioni di disidratazione che possono indurre a sovrastimare lo stato di deplezione calorica. Ulteriori misurazioni antropometriche consentono anche la valutazione della composizione corporea. La circonferenza del braccio non prevalente (CM) e lo spessore della plica tricipitale (PT) sono molto usati in nutrizione clinica. Da queste due semplici misurazioni si può calcolare l’area muscolare del braccio (AM) (Tab. I, formula d), considerato un buon indice dello stato delle riserve proteiche. Valori inferiori al 10° percentile degli standards di riferimento sono un indice affidabile di MCP. legante il retinolo; una riduzione della concentrazione plasmatica di queste proteine al di sotto del 90% dei valori normali costituisce un efficace e precoce indice di MCP. È importante ricordare che in corso di cirrosi epatica la riduzione della sintesi delle proteine, secondaria al danno epatico, rende invece questi parametri scarsamente utilizzabili nella valutazione dello stato nutrizionale. Il bilancio dell’azoto, cioè il rapporto tra azoto introdotto con la dieta e quello perduto con le urine, le feci ed altre fonti, costituisce un indice dinamico efficace per determinare lo stato della nutrizione proteica: un bilancio dell’azoto negativo caratterizza uno stato di cattiva alimentazione, malassorbimento o ipercatabolismo, che precede uno stato di MCP parziale o globale non ancora conclamato. Anche l’immunità, ed in particolare quella cellulo-mediata, viene precocemente alterata in corso di MCP come avviene ad esempio in caso di carenza di acidi grassi essenziali ed in particolar modo di acido linolenico che attiva l’immunità cellulo mediata e l’indice opsonico e di acido linoleico con azione inibente la produzione di citochine proinfiammatorie. Una riduzione del numero di linfociti periferici (< 1500/mm3) testimonia, unitamente ad una diminuita risposta ai test cutanei di sensibilità ritardata a vari antigeni, una riduzione della resistenza alle infezioni indotta dalla carenza di acidi grassi essenziali. Per esprimere un concetto sintetico ed unitario di quanto sin qui detto, sulla base di alcuni semplici parametri antropometrici e di laboratorio è possibile graduare la severità della MCP (Tab. II), cosa molto utile per decidere l’oppor- Parametri di laboratorio Ulteriori informazioni sullo stato nutrizionale vengono fornite da parametri biochimici e primi fra questi quelli riguardanti la sintesi proteica. L’albumina e la transferrina plasmatiche sono gli indici più usati, anche se per la loro emivita più breve sarebbe preferibile la valutazione di altre proteine quali la prealbumina o la proteina Tab. II: Entità della Malnutrizione Parametri Peso attuale / abituale (%) Area muscolare del braccio (percentile) Indice creatininuria / altezza (%) Albuminemia (g/dl) Transferrinemia (mg/dl) Linfociti / mm3 Reattività cutanea (skin tests) lieve Grado di malnutrizione moderata grave 95 – 90 25 – 10 > 80 >3 200 – 180 1500 – 1000 normale 89 – 85 9–5 80 – 60 3–2 179 – 150 999 – 800 scarsa < 85 <5 < 60 <2 < 150 < 800 assente 3 Manuale di Gastroenterologia tunità di un intervento nutrizionale e programmarne le modalità ed i tempi. La malnutrizione in gastroenterologia Nel paziente gastroenterologico una serie di condizioni quali le carenze alimentari pure, le sindromi da malassorbimento, le pancreatiti croniche, le neoplasie o la cirrosi epatica possono portare ad un quadro di MCP. Quando la malattia è in fase avanzata la MCP sarà in genere conclamata mentre nelle forme più lievi solo una attenta valutazione nutrizionale sarà in grado di individuare i primi segni di una carenza parziale o globale. I meccanismi fisiopatologici attraverso i quali le malattie dell’apparato digerente possono compromettere lo stato nutrizionale sono essenzialmente quattro: un ridotto apporto alimentare, la maldigestione e/o il malassorbimento, l’ aumento delle perdite intestinali e, infine, l’attività di malattia . Ridotto apporto alimentare L’anoressia primaria, ovvero “il paziente che non vuole mangiare”, comporta un dimagramento anche cospicuo. Malgrado ciò, inizialmente non si ha un vero decadimento nutrizionale con alterazioni degli esami di laboratorio e delle indagini cliniche maggiori; questo insorge dopo un certo tempo con conseguenze generali, metaboliche ed endocrine notevoli che possono portare questa forma di origine psichica ad irreparabili conseguenze con rischio di vita (vedi anche il Capitolo 11). Un quadro apparentemente analogo può realizzarsi nel paziente anziano e demotivato, o nel caso di diete autoimposte (diete dimagranti fortemente carenziali, ecc,), o nell’alcolismo cronico. L’alcool, infatti, ha un equivalente calorico molto alto (7,2 Cal/g di alcool puro), per cui la quantità di calorie assunta dal forte bevitore è apparentemente sufficiente; ma tali calorie non vengono utilizzate appieno a causa dei circuiti futili del metabolismo alcolico, inoltre nell’alcolista è spesso presente un apporto inadeguato di proteine e di vitamine; a questo devono aggiungersi le complicanze sia disnutrizionali (pe4 riodi di digiuno e vomito) che metaboliche tardive (cirrosi epatica e pancreatite cronica). Al contrario, le cause organiche di anoressia (neoplasie, cirrosi epatica avanzata) comportano precoci alterazioni del quadro laboratoristico (anemia, ipoproteinemia, deficit coagulativi) che possono precedere i segni clinici di MCP. In questi casi un’attenta anamnesi alimentare, le variazioni involontarie del peso e le alterazioni del trofismo della cute e dei suoi annessi, costituiscono la spia per approfondire le indagini in senso nutrizionale. Nel caso del “paziente che non può mangiare”, per disfagia o vomito ricorrente, per alterazioni della deglutizione o per la presenza di stenosi esofago-gastriche organiche, si determina una compromissione precoce e notevole dello stato generale e della idratazione, per cui l’intervento terapeutico di tipo nutrizionale si impone con tempestività. Nelle forme neurologiche generali (neurolesi, stati comatosi, anziano istituzionalizzato) si verifica in maniera subdola un quadro di MCP di tipo globale. Maldigestione e malassorbimento Nelle malattie dell’apparato digerente i due aspetti sono quasi sempre associati. L’insufficienza del pancreas esocrino (vedi anche Capitolo 29) determina uno stato di maldigestione, per cui carboidrati complessi, le proteine e i trigliceridi sono impossibilitati alla ulteriore degradazione e quindi al loro assorbimento nel tenue. Al pari, le malattie primitive dalla mucosa intestinale (enteriti allergiche, celiachia) o secondarie (enterite attinica, enterite di Crohn, linfomi, ecc.), le fistole (sia entero-enteriche sia enterocutanee) e le vaste resezioni intestinali, comportano una riduzione della superficie totale della mucosa intestinale, quindi nel contempo maldigestione da deficit degli enzimi responsabili della degradazione finale degli alimenti a composti assorbibili e malassorbimento primitivo (vedi anche Capitolo 47). Il risultato di ambedue le situazioni è una perdita cospicua con le feci di una parte degli alimenti introdotti (steatorrea, creatorrea) accompagnata, se la funzione del tenue è ridotta oltre al 50%, a perdita di acqua e di elettroliti (diar- La malnutrizione in gastroenterologia rea). Può quindi realizzarsi un grave stato di MCP associato a riduzione dell’accrescimento se la malattia è insorta in età infantile. Non sempre però l’handicap funzionale è tanto grave o tanto esteso da determinare un deficit nutrizionale globale; in questi casi si determina piuttosto un malassorbimento selettivo (vitamine ed oligoelementi) come quello per la Vitamina B12 in corso di ileite terminale di Crohn. Un altro esempio di malassorbimento selettivo è fornito dal ferro che viene assorbito quasi integralmente nel duodeno, la sede più costantemente e primitivamente interessata dalla celiachia che, nelle sue forme più discrete, può rivelarsi precocemente soltanto con una anemia ferropriva. In altri casi la causa può essere localizzata in una sede diversa da quella in cui l’assorbimento di norma avviene; nelle gastrectomie e nella gastrite atrofica l’acloridria non consente la riduzione del ferro da trivalente a bivalente e quindi ne impedisce l’assorbimento. Se l’atrofia mucosale gastrica è completa ed accompagnata da fenomeni autoimmuni (anticorpi per il fattore intrinseco), si determina un malassorbimento selettivo per la cianocobalamina da parte dell’ultima ansa ileale con il risultato finale di un quadro di grave anemia a doppia componente: ferropriva e megaloblastica. Aumento delle perdite Accanto al mancato assorbimento per i macro ed i micro-nutrienti, alcune malattie possono determinare una perdita attiva da parte della mucosa intestinale di acqua, elettroliti e materiali organici endogeni (linfa, secrezioni, muco, sangue e materiale cellulare) cui segue rapidamente una gravissima MCP. Questo avviene nelle sindromi “protidodisperdenti” nelle quali la perdita fecale di proteine, oltre che di nutrienti in generale, è ben al di sopra della quantità introdotta con la dieta. In questi pazienti il bilancio azotato è fortemente negativo e quindi, per la marcata riduzione delle sintesi proteiche, si verificano precocemente edemi discrasici ed alterazioni della coagulazione. I casi più comuni di malattie “protidodisperdenti” sono costituiti dalle entero-coliti infiammatorie infettive di una certa durata, dalle riacutizza- zioni in corso di malattie infiammatorie croniche intestinali, ed infine dalle neoplasie del tubo digerente con notevole perdita di materiale protoplasmatico dato l’aumentato ricambio cellulare e la necrosi di vaste parti del tessuto neoplastico. Nelle più rare forme primitive i meccanismi fisiopatologici fondamentali sono costituiti da una perdita fecale di proteine secondaria ad abnorme produzione di muco che supera le capacità assorbitive del tenue (gastrite ipertrofica di Menetrière e adenomi villosi del colon), oppure da una vera e propria trasudazione di linfa dai villi intestinali per ostacolo al deflusso (linfangectasia intestinale). Più rari i casi in cui la perdita è limitata all’acqua ed elettroliti come nella profusa diarrea acquosa causata da alcune rare neoplasie endocrine dell’apparato digerente. Attività di malattia ed ipercatabolismo Un processo settico o infiammatorio acuto in qualsiasi apparato, con febbre e quindi iperventilazione, sudorazione e forte ricambio cellulare, aumenta le richieste caloriche, di proteine in particolare, oltre che di acqua, elettroliti e microelementi; se la malattia è localizzata nell’intestino l’aumentata richiesta di nutrienti non può essere soddisfatta incrementando l’alimentazione, data la situazione di malassorbimento e/o di aumento delle perdite fecali. A tutto questo va aggiunta la risposta ormonale alla sepsi (aumento di cortisolo e catecolamine) con catabolismo accentuato e resistenza all’insulina che porta ad un depauperamento del tessuto adiposo anche quando l’apporto calorico sembra adeguato. Se il processo si prolunga nel tempo, e fasi di acuzie si alternano a fasi di ripresa, anche l’anabolismo, che consegue all’ipercatabolismo, mantiene per lungo tempo elevate le richieste energetiche ed azotate con evidente prolungarsi dell’insufficienza relativa dell’apporto alimentare ed in definitiva delle condizioni favorenti la MCP. Calcolo del fabbisogno nutrizionale Un buono stato nutrizionale rappresenta la misura di come i bisogni individuali sono stati sod5 Manuale di Gastroenterologia disfatti; in pratica l’apporto di nutrienti deve bilanciare la spesa energetica totale. Per il calcolo di quest’ultima bisogna innanzitutto determinare la spesa energetica basale (BEE) che corrisponde alle calorie necessarie a mantenere le funzioni vitali di base (temperatura corporea, tono muscolare, respirazione) e che si aggira grossolanamente intorno alle 15-20 Cal/kg/die. Essa è caratteristica di ogni individuo e varia a seconda dell’età e del sesso. Successivamente ad essa vanno applicati opportuni fattori correttivi per il calcolo delle quote caloriche necessarie a sostenere la digestione e l’assorbimento degli alimenti, l’attività fisica e, quando presente, l’attività della malattia. La BEE può essere valutata a mezzo di formule o normogrammi, attualmente impiegati anche nei moderni programmi computerizzati, quali quella di Harris-Benedict in uso da quasi un secolo (Tab. III) che, tenendo conto del peso in kg, dell’altezza in cm, dell’età e del sesso, permette di calcolare il fabbisogno calorico basale. Una misurazione più precisa della spesa energetica si ottiene per mezzo della calorimetria indiretta che si basa sul rilievo del consumo di O2 e della produzione di CO2 per calcolare la produzione di energia allo stato reale del metabolismo; questa misurazione, effettuata in genere dopo 12 ore di digiuno, include le variazioni dovute all’attività della malattia (sepsi, e stati ipercatabolici). Essa richiede l’utilizzazione di apparecchiature ingombranti e costose ma attualmente sempre più diffuse e portatili. Per ottenere la spesa energetica totale in una determinata condizione clinica si rende necessario l’incremento secondo i tre fattori di correzione su menzionati e riportati nella stessa tabella. Se la spesa energetica è stata misurata mediante la calorimetria indiretta si applicano ovviamente soltanto le correzioni per la termogenesi alimentare e per il livello di attività fisica. L’insieme di questi calcoli può portare ad una sovrastima del fabbisogno calorico; in tal modo si può creare uno squilibrio tra substrati nutrizionali introdotti, specialmente carboidrati, e reale capacità di metabolizzarli adeguatamente, soprattutto in presenza di MCP molto gravi o di carenze vitaminiche (tiamina). Vi è il rischio che si instauri la cosiddetta “sindrome da rialimentazione” ed è buona norma a tal proposito non superare nell’adulto le 35 Cal/kg/die. Oltre che l’apporto calorico totale, il calcolo dei fabbisogni deve tenere presente gli aspetti qualitativi della nutrizione; infatti le calorie di una dieta normale sono ripartite tra: 10-15% di protidi, 20-30% di lipidi e 55-65% di glicidi. Mentre i lipidi ed i glicidi sopperiscono alla quasi totalità delle necessità caloriche e vengono quindi incrementati nella dieta a seconda del fabbisogno energetico globale, il fabbisogno protidico è di solito costante (0,6-0,8 g/Kg di peso corporeo) e varia solo se l’attività fisica è molto elevata, durante l’accrescimento ed in corso di malattie proteino-disperdenti. L’apporto proteico deve essere calcolato in modo da portare in attivo il bilancio azotato I protidi somministrati in eccesso vengono utilizzati come fonte energetica attraverso la gluconeogenesi, dato che l’organismo non ha la capacità di immagazzinare protidi. Attenzione va posta anche alle quote di acidi grassi essenziali che devono essere comprese nei limiti consigliati dai LARN (DEFINIRE) per non incorrere in alterazioni della funzione immunitaria come già ricordato. La calorimetria indiretta ci fornisce un valido aiuto in quanto conoscendo il quoziente respira- Tab. III. Calcolo dei fabbisogni nutrizionali (nel normale ed in condizioni patologiche) Spesa energetica di base (Formula di Harris Benedict) uomo 66 + (13,7 x. P) + (5 x A) - (6,8 x. E) donna 655 + (9,6 x P) + (1,8 x A) - (4,7 x E) Correzioni +10% +10% lieve +20% a letto termogenesi alimentare attività di malattia attività fisica P = Peso corporeo (kg); A = Altezza (cm); E = età (anni). 6 +25% -media +50% leggera +50% grave +100% pesante La malnutrizione in gastroenterologia torio dei vari substrati (1 per i glicidi, 0,70 per i lipidi e 0,80 per i protidi) e l’escrezione azotata, è possibile conoscere la ripartizione esatta dei substrati utilizzati dal singolo paziente. Principi di terapia nutrizionale Nei pazienti gastroenterologici con MCP il primo intervento deve essere volto ad instaurare un adeguato apporto dietetico attraverso una buona educazione alimentare. Di frequente tuttavia ci si trova di fronte all’impossibilità di una alimentazione orale oppure ad una insufficienza delle capacità assorbitive dell’apparato digerente; in tali casi deve essere messo in atto un intervento nutrizionale sostitutivo a mezzo di miscele nutrizionali complete e personalizzate che consentano al paziente non solo di sopravvivere, ma anche di reinserirsi nella vita sociale e lavorativa. Dopo il calcolo del fabbisogno energetico del paziente (vedi sopra) si deve scegliere se utilizzare la modalità di somministrazione: enterale o parenterale. Laddove le potenzialità digestive ed assorbitive del canale alimentare sono, anche parzialmente, conservate è possibile introdurre tramite particolari sonde, direttamente nello stomaco o nel tenue, miscele nutrizionali naturali (acqua e normali alimenti omogeneizzati) o artificiali (miscele appositamente formulate, complete ed equilibrate per macronutrienti, apporto idroelettrolitico e vitaminico). La nutrizione enterale è la via di scelta in tutti i casi di anoressia e di disfagia (neoplastica e non), e nei casi di impossibilità all’alimentazione (traumi del capo, neurolesi, stati comatosi). Nelle malattie con malassorbimento di qualunque origine, l’handicap digestivo ed assorbitivo deve far giudicare di volta in volta l’adeguatezza dell’approccio enterale e la necessità di uti- lizzare miscele nutrizionali, il più elementari possibile e quindi facilmente assorbibili (maltodestrine, oligo-peptidi, acidi grassi essenziali e trigliceridi a catena media). Laddove invece la via enterale non è praticabile (intestino corto per resezioni ampie, fistole entero-enteriche o entero-cutanee, gravi allergie alimentari), o si ritiene che un periodo di riposo intestinale sia necessario per aiutare la guarigione (forme gravi di malattie infiammatorie croniche intestinali), è necessario attuare una alimentazione parenterale che, se necessario può essere praticata per lunghi periodi, anche al domicilio del paziente. Essa viene attuata mediante la somministrazione, in maniera continua o intermittente, attraverso un apposito catetere in una vena centrale, di una miscela nutrizionale completa, costituita da glucosio, aminoacidi e trigliceridi, oltre che elettroliti, vitamine e oligoelementi, nelle quote normalmente presenti nell’alimentazione orale. Molto più facile, ed ovvia, la correzione terapeutica negli stati carenziali parziali che richiede esclusivamente la somministrazione parenterale e periodica del fattore interessato, più comunemente ferro, vitamine liposolubili o oligoelementi. Bibliografia Guglielmi FW, Panella C, Bardella MT, Budillon G, Conte D, Del Vecchio Blanco C et al. La Nutrizione Artificiale nei reparti di Gastroenterologia italiani: corretto uso e limiti. Rivista Italiana di Nutrizione Parenterale ed Enterale 2001;19:137-43 Klein S, Jeejeebhoy KN. The malnourished patient: Nutritional assessment and management. MANCANO RIVISTA E PAGINE Klein S, Rubin DC Enteral and Parenteral Nutrition. In: Feldman M, Friedman LS, Sleisenger MH (Eds.) Sleisenger and Fordtran’s Gastrointestinal and Liver Disease. Philadelphia: Saunders 2002; 265-309. 7
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