La malnutrizione in gastroenterologia

C A P I T O L O
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La malnutrizione
in gastroenterologia
Manuale di Gastroenterologia
Edizione 2004-2006
CARMINE PANELLA
ENZO IERARDI
Obiettivi didattici
‹ Conoscere la frequenza della malnutrizione ed i principi di base atti
a riconoscere uno stato di malnutrizione.
‹ Conoscere la patogenesi della malnutrizione in corso di malattie dell’apparato digerente
‹ Essere in grado di calcolare il fabbisogno nutrizionale di un paziente
‹ Acquisire le conoscenze generali per impostare una terapia nutrizionale
Una cattiva alimentazione influisce notevolmente sui sintomi e sul decorso delle malattie gastrointestinali, del pari un’alterata funzione intestinale
riduce la disponibilità dei substrati nutritivi e quindi condiziona negativamente lo stato di nutrizione. Uno stato di malnutrizione può avere un duplice aspetto: può trattarsi di un deficit generalizzato di tutte le componenti
caloricamente attive dell’alimentazione (macronutrienti), ed in tal caso si
parla di malnutrizione calorico-proteica (MCP), ovvero tipo marasma, oppure può trattarsi di una carenza limitata alla componente proteica, ovvero tipo Kwashiorkor. Oltre che a questo il deficit può essere ristretto ad uno
o pochi fattori dell’alimentazione quali acidi grassi essenziali, elettroliti, vitamine, oligoelementi (micronutrienti). In presenza di malnutrizione il senso di benessere, l’attività fisica, la resistenza alle malattie e l’accrescimento corporeo possono essere fortemente compromessi.
La valutazione dello stato nutrizionale
Uno stato di malnutrizione è un evento non eccezionale nella popolazione generale delle nazioni industrializzate; una speciale attenzione va
dedicata ai pazienti ospedalizzati. Uno stato di MCP globale, oppure uno
stato carenziale parziale, deve essere sempre sospettato anche nei pazienti dall’aspetto apparentemente normale ma con patologie a rischio,
come tutte quelle dell’apparato digerente, il che comporta un attento
studio dell’apporto alimentare, dei parametri nutrizionali fisici, strumentali, biochimici ed immunologici.
Da una recente inchiesta condotta recentemente nei Reparti di Gastroenterologia in Italia è risultato come circa il 50% di questi pazienti
presenti uno stato di MCP tale da richiedere uno specifico intervento nutrizionale. Nella maggioranza dei casi questo intervento era di tipo dietetico ma nel 18% dei casi osservati, le condizioni della patologia di ba1
Manuale di Gastroenterologia
se avevano reso necessario anche l’utilizzazione
di una nutrizione artificiale.
Anamnesi generale ed alimentare
Innanzitutto va attentamente interrogato il paziente sullo stato di benessere, sul senso di validità e di forza fisica e sulle variazioni del peso
corporeo, soprattutto quelle involontarie, intervenute negli ultimi 6 mesi; una attenzione particolare va posta alle patologie associate a ritenzione idrosalina che comportano di per se frequenti oscillazioni del peso. Nel colloquio con il
paziente vanno valutati, oltre all’astenia e all’adinamia, anche le variazioni dell’appetito ed il
comportamento alimentare. Per ottenere dei
dati sull’apporto alimentare, il più possibile aderenti alla realtà, ci si affida al diario dietetico (il
paziente compila un diario riportando il peso di
tutti gli alimenti introdotti per almeno tre giorni)
oppure alla intervista dietetica a posteriori (al
paziente viene richiesto di citare dettagliatamente i cibi assunti, in genere si fa riferimento
all’ultima settimana); in ambedue i casi, applicando le normali tabelle di composizione degli
alimenti, si possono calcolare le quantità giornaliere di macronutrienti assunte, quelle degli
elettroliti nonché dei micronutrienti.
Esame fisico ed antropometria
Il paziente va attentamente valutato nell’aspetto
generale osservandone le condizioni generali, lo
stato di idratazione, il colorito della cute e delle
mucose visibili, il trofismo degli annessi cutanei, la consistenza dei depositi di grasso ed infine le dimensioni e l’efficienza delle masse muscolari.
Si passa quindi alle misurazioni antropometriche. I primi dati da rilevare sono l’altezza ed il
peso: la prima, stabile nell’adulto, ha valore solo nell’età evolutiva o per rilevare alterazioni nutrizionali intervenute durante le prime due decadi di vita. Il peso corporeo costituisce, invece, il
più semplice, economico ed importante parametro antropometrico da considerare e, pertanto, deve essere opportunamente valutato. La
maniera più semplice è il confronto con apposite tabelle standard di riferimento quali quelle ricavate da vari studi su popolazione (Metropolitan, HANES (DEFINIRE) I e II, SINU (DEFINIRE), ecc.); bisogna tuttavia considerare che le
interferenze razziali, socio-economiche e generazionali rendono purtroppo questi studi, e le relative tabelle, non sempre rispondenti alla realtà
di uno determinato contesto.
Il peso (P) deve essere rapportato all’altezza (A)
per calcolare l’indice di massa corporea (IMC)
che corrisponde al rapporto tra peso in kg e
quadrato dell’altezza in metri (Tab. I, formula a);
una riduzione al di sotto di 15 è segno evidente
di MCP. Gli stessi parametri servono per calcolare il cosiddetto peso ideale, la cui formula più
nota è quella di Lorenz (Tab. I, formula b) da
considerare come parametro di riferimento per
il singolo paziente.
Tab. I: Parametri antropometrici essenziali
Parametro
formula
sospetto di MCP
a) Indice massa corporea
IMC = P/A (altezza in metri)
< 15
b) Peso ideale (kg)
(Formula di Lorenz)
uomo P = (A - 100) - (A - 150) / 4
donna P = (A - 100) - (A - 150) / 2
< 90%
< 90%
c) Peso attuale / abituale (%)
((P abituale - P attuale) / P abituale) x 100
< 95%
d) Area muscolare (cm2)
(Heymsfield)
AM = (CB - (π x PT))2 / 4 .π
correzione osso: uomo –10, donna -6,5
2
<10° perc.
P = Peso corporeo (kg); A = Altezza (cm): AM = Area muscolare del braccio non prevalente (cm ); CB = Circonferenza del braccio (cm); PT = Plica tricipitale (cm).
2
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La malnutrizione in gastroenterologia
Nella pratica quotidiana è comunque più semplice, nonché preferibile ai fini clinici, il rapporto
tra peso attuale e peso abituale, o degli ultimi sei
mesi (tabella 1, formula c); un valore inferiore al
90% è un segno di deterioramento franco delle
condizioni nutrizionali e quindi costituisce un dato di fondamentale importanza per individuare
uno stato di MCP. Tutte queste valutazioni, però,
sono inficiate da diverse condizioni, soprattutto
la ritenzione idrosalina, che, aumentando artificiosamente il peso, fa sottostimare lo stato di
MCP oppure, al contrario, una condizioni di disidratazione che possono indurre a sovrastimare
lo stato di deplezione calorica.
Ulteriori misurazioni antropometriche consentono anche la valutazione della composizione corporea. La circonferenza del braccio non prevalente (CM) e lo spessore della plica tricipitale
(PT) sono molto usati in nutrizione clinica. Da
queste due semplici misurazioni si può calcolare l’area muscolare del braccio (AM) (Tab. I,
formula d), considerato un buon indice dello
stato delle riserve proteiche. Valori inferiori al
10° percentile degli standards di riferimento sono un indice affidabile di MCP.
legante il retinolo; una riduzione della concentrazione plasmatica di queste proteine al di sotto del 90% dei valori normali costituisce un efficace e precoce indice di MCP.
È importante ricordare che in corso di cirrosi
epatica la riduzione della sintesi delle proteine,
secondaria al danno epatico, rende invece questi parametri scarsamente utilizzabili nella valutazione dello stato nutrizionale.
Il bilancio dell’azoto, cioè il rapporto tra azoto
introdotto con la dieta e quello perduto con le
urine, le feci ed altre fonti, costituisce un indice
dinamico efficace per determinare lo stato della
nutrizione proteica: un bilancio dell’azoto negativo caratterizza uno stato di cattiva alimentazione, malassorbimento o ipercatabolismo, che
precede uno stato di MCP parziale o globale non
ancora conclamato.
Anche l’immunità, ed in particolare quella cellulo-mediata, viene precocemente alterata in corso di MCP come avviene ad esempio in caso di
carenza di acidi grassi essenziali ed in particolar
modo di acido linolenico che attiva l’immunità
cellulo mediata e l’indice opsonico e di acido linoleico con azione inibente la produzione di citochine proinfiammatorie. Una riduzione del numero di linfociti periferici (< 1500/mm3) testimonia, unitamente ad una diminuita risposta ai test
cutanei di sensibilità ritardata a vari antigeni,
una riduzione della resistenza alle infezioni indotta dalla carenza di acidi grassi essenziali.
Per esprimere un concetto sintetico ed unitario
di quanto sin qui detto, sulla base di alcuni
semplici parametri antropometrici e di laboratorio è possibile graduare la severità della MCP
(Tab. II), cosa molto utile per decidere l’oppor-
Parametri di laboratorio
Ulteriori informazioni sullo stato nutrizionale
vengono fornite da parametri biochimici e primi
fra questi quelli riguardanti la sintesi proteica.
L’albumina e la transferrina plasmatiche sono
gli indici più usati, anche se per la loro emivita
più breve sarebbe preferibile la valutazione di
altre proteine quali la prealbumina o la proteina
Tab. II: Entità della Malnutrizione
Parametri
Peso attuale / abituale (%)
Area muscolare del braccio (percentile)
Indice creatininuria / altezza (%)
Albuminemia (g/dl)
Transferrinemia (mg/dl)
Linfociti / mm3
Reattività cutanea (skin tests)
lieve
Grado di malnutrizione
moderata
grave
95 – 90
25 – 10
> 80
>3
200 – 180
1500 – 1000
normale
89 – 85
9–5
80 – 60
3–2
179 – 150
999 – 800
scarsa
< 85
<5
< 60
<2
< 150
< 800
assente
3
Manuale di Gastroenterologia
tunità di un intervento nutrizionale e programmarne le modalità ed i tempi.
La malnutrizione in gastroenterologia
Nel paziente gastroenterologico una serie di condizioni quali le carenze alimentari pure, le sindromi da malassorbimento, le pancreatiti croniche,
le neoplasie o la cirrosi epatica possono portare
ad un quadro di MCP. Quando la malattia è in fase avanzata la MCP sarà in genere conclamata
mentre nelle forme più lievi solo una attenta valutazione nutrizionale sarà in grado di individuare
i primi segni di una carenza parziale o globale.
I meccanismi fisiopatologici attraverso i quali le
malattie dell’apparato digerente possono compromettere lo stato nutrizionale sono essenzialmente quattro: un ridotto apporto alimentare, la
maldigestione e/o il malassorbimento, l’ aumento delle perdite intestinali e, infine, l’attività
di malattia .
Ridotto apporto alimentare
L’anoressia primaria, ovvero “il paziente che
non vuole mangiare”, comporta un dimagramento anche cospicuo. Malgrado ciò, inizialmente non si ha un vero decadimento nutrizionale con alterazioni degli esami di laboratorio e
delle indagini cliniche maggiori; questo insorge
dopo un certo tempo con conseguenze generali, metaboliche ed endocrine notevoli che possono portare questa forma di origine psichica
ad irreparabili conseguenze con rischio di vita
(vedi anche il Capitolo 11).
Un quadro apparentemente analogo può realizzarsi nel paziente anziano e demotivato, o nel
caso di diete autoimposte (diete dimagranti fortemente carenziali, ecc,), o nell’alcolismo cronico. L’alcool, infatti, ha un equivalente calorico
molto alto (7,2 Cal/g di alcool puro), per cui la
quantità di calorie assunta dal forte bevitore è
apparentemente sufficiente; ma tali calorie non
vengono utilizzate appieno a causa dei circuiti
futili del metabolismo alcolico, inoltre nell’alcolista è spesso presente un apporto inadeguato
di proteine e di vitamine; a questo devono aggiungersi le complicanze sia disnutrizionali (pe4
riodi di digiuno e vomito) che metaboliche tardive (cirrosi epatica e pancreatite cronica).
Al contrario, le cause organiche di anoressia
(neoplasie, cirrosi epatica avanzata) comportano precoci alterazioni del quadro laboratoristico
(anemia, ipoproteinemia, deficit coagulativi)
che possono precedere i segni clinici di MCP. In
questi casi un’attenta anamnesi alimentare, le
variazioni involontarie del peso e le alterazioni
del trofismo della cute e dei suoi annessi, costituiscono la spia per approfondire le indagini in
senso nutrizionale.
Nel caso del “paziente che non può mangiare”,
per disfagia o vomito ricorrente, per alterazioni
della deglutizione o per la presenza di stenosi
esofago-gastriche organiche, si determina una
compromissione precoce e notevole dello stato
generale e della idratazione, per cui l’intervento
terapeutico di tipo nutrizionale si impone con
tempestività. Nelle forme neurologiche generali
(neurolesi, stati comatosi, anziano istituzionalizzato) si verifica in maniera subdola un quadro di
MCP di tipo globale.
Maldigestione e malassorbimento
Nelle malattie dell’apparato digerente i due
aspetti sono quasi sempre associati. L’insufficienza del pancreas esocrino (vedi anche Capitolo 29) determina uno stato di maldigestione,
per cui carboidrati complessi, le proteine e i trigliceridi sono impossibilitati alla ulteriore degradazione e quindi al loro assorbimento nel tenue.
Al pari, le malattie primitive dalla mucosa intestinale (enteriti allergiche, celiachia) o secondarie (enterite attinica, enterite di Crohn, linfomi,
ecc.), le fistole (sia entero-enteriche sia enterocutanee) e le vaste resezioni intestinali, comportano una riduzione della superficie totale
della mucosa intestinale, quindi nel contempo
maldigestione da deficit degli enzimi responsabili della degradazione finale degli alimenti a
composti assorbibili e malassorbimento primitivo (vedi anche Capitolo 47).
Il risultato di ambedue le situazioni è una perdita cospicua con le feci di una parte degli alimenti introdotti (steatorrea, creatorrea) accompagnata, se la funzione del tenue è ridotta oltre
al 50%, a perdita di acqua e di elettroliti (diar-
La malnutrizione in gastroenterologia
rea). Può quindi realizzarsi un grave stato di
MCP associato a riduzione dell’accrescimento
se la malattia è insorta in età infantile. Non
sempre però l’handicap funzionale è tanto grave o tanto esteso da determinare un deficit nutrizionale globale; in questi casi si determina
piuttosto un malassorbimento selettivo (vitamine ed oligoelementi) come quello per la Vitamina B12 in corso di ileite terminale di Crohn. Un
altro esempio di malassorbimento selettivo è
fornito dal ferro che viene assorbito quasi integralmente nel duodeno, la sede più costantemente e primitivamente interessata dalla celiachia che, nelle sue forme più discrete, può rivelarsi precocemente soltanto con una anemia
ferropriva. In altri casi la causa può essere localizzata in una sede diversa da quella in cui l’assorbimento di norma avviene; nelle gastrectomie e nella gastrite atrofica l’acloridria non consente la riduzione del ferro da trivalente a bivalente e quindi ne impedisce l’assorbimento. Se
l’atrofia mucosale gastrica è completa ed accompagnata da fenomeni autoimmuni (anticorpi per il fattore intrinseco), si determina un malassorbimento selettivo per la cianocobalamina
da parte dell’ultima ansa ileale con il risultato finale di un quadro di grave anemia a doppia
componente: ferropriva e megaloblastica.
Aumento delle perdite
Accanto al mancato assorbimento per i macro
ed i micro-nutrienti, alcune malattie possono
determinare una perdita attiva da parte della
mucosa intestinale di acqua, elettroliti e materiali organici endogeni (linfa, secrezioni, muco,
sangue e materiale cellulare) cui segue rapidamente una gravissima MCP. Questo avviene
nelle sindromi “protidodisperdenti” nelle quali la
perdita fecale di proteine, oltre che di nutrienti
in generale, è ben al di sopra della quantità introdotta con la dieta. In questi pazienti il bilancio azotato è fortemente negativo e quindi, per
la marcata riduzione delle sintesi proteiche, si
verificano precocemente edemi discrasici ed alterazioni della coagulazione.
I casi più comuni di malattie “protidodisperdenti” sono costituiti dalle entero-coliti infiammatorie infettive di una certa durata, dalle riacutizza-
zioni in corso di malattie infiammatorie croniche
intestinali, ed infine dalle neoplasie del tubo digerente con notevole perdita di materiale protoplasmatico dato l’aumentato ricambio cellulare e
la necrosi di vaste parti del tessuto neoplastico.
Nelle più rare forme primitive i meccanismi fisiopatologici fondamentali sono costituiti da
una perdita fecale di proteine secondaria ad abnorme produzione di muco che supera le capacità assorbitive del tenue (gastrite ipertrofica di
Menetrière e adenomi villosi del colon), oppure
da una vera e propria trasudazione di linfa dai
villi intestinali per ostacolo al deflusso (linfangectasia intestinale). Più rari i casi in cui la perdita è limitata all’acqua ed elettroliti come nella
profusa diarrea acquosa causata da alcune rare
neoplasie endocrine dell’apparato digerente.
Attività di malattia ed ipercatabolismo
Un processo settico o infiammatorio acuto in
qualsiasi apparato, con febbre e quindi iperventilazione, sudorazione e forte ricambio cellulare,
aumenta le richieste caloriche, di proteine in
particolare, oltre che di acqua, elettroliti e microelementi; se la malattia è localizzata nell’intestino l’aumentata richiesta di nutrienti non
può essere soddisfatta incrementando l’alimentazione, data la situazione di malassorbimento
e/o di aumento delle perdite fecali. A tutto questo va aggiunta la risposta ormonale alla sepsi
(aumento di cortisolo e catecolamine) con catabolismo accentuato e resistenza all’insulina
che porta ad un depauperamento del tessuto
adiposo anche quando l’apporto calorico sembra adeguato.
Se il processo si prolunga nel tempo, e fasi di
acuzie si alternano a fasi di ripresa, anche l’anabolismo, che consegue all’ipercatabolismo, mantiene per lungo tempo elevate le richieste energetiche ed azotate con evidente prolungarsi dell’insufficienza relativa dell’apporto alimentare ed
in definitiva delle condizioni favorenti la MCP.
Calcolo del fabbisogno nutrizionale
Un buono stato nutrizionale rappresenta la misura di come i bisogni individuali sono stati sod5
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disfatti; in pratica l’apporto di nutrienti deve bilanciare la spesa energetica totale. Per il calcolo di quest’ultima bisogna innanzitutto determinare la spesa energetica basale (BEE) che corrisponde alle calorie necessarie a mantenere le
funzioni vitali di base (temperatura corporea,
tono muscolare, respirazione) e che si aggira
grossolanamente intorno alle 15-20 Cal/kg/die.
Essa è caratteristica di ogni individuo e varia a
seconda dell’età e del sesso. Successivamente
ad essa vanno applicati opportuni fattori correttivi per il calcolo delle quote caloriche necessarie a sostenere la digestione e l’assorbimento
degli alimenti, l’attività fisica e, quando presente, l’attività della malattia.
La BEE può essere valutata a mezzo di formule
o normogrammi, attualmente impiegati anche
nei moderni programmi computerizzati, quali
quella di Harris-Benedict in uso da quasi un secolo (Tab. III) che, tenendo conto del peso in kg,
dell’altezza in cm, dell’età e del sesso, permette
di calcolare il fabbisogno calorico basale. Una
misurazione più precisa della spesa energetica
si ottiene per mezzo della calorimetria indiretta
che si basa sul rilievo del consumo di O2 e della produzione di CO2 per calcolare la produzione
di energia allo stato reale del metabolismo; questa misurazione, effettuata in genere dopo 12
ore di digiuno, include le variazioni dovute all’attività della malattia (sepsi, e stati ipercatabolici). Essa richiede l’utilizzazione di apparecchiature ingombranti e costose ma attualmente
sempre più diffuse e portatili.
Per ottenere la spesa energetica totale in una
determinata condizione clinica si rende necessario l’incremento secondo i tre fattori di correzione su menzionati e riportati nella stessa tabella. Se la spesa energetica è stata misurata
mediante la calorimetria indiretta si applicano
ovviamente soltanto le correzioni per la termogenesi alimentare e per il livello di attività fisica.
L’insieme di questi calcoli può portare ad una
sovrastima del fabbisogno calorico; in tal modo
si può creare uno squilibrio tra substrati nutrizionali introdotti, specialmente carboidrati, e
reale capacità di metabolizzarli adeguatamente,
soprattutto in presenza di MCP molto gravi o di
carenze vitaminiche (tiamina). Vi è il rischio che
si instauri la cosiddetta “sindrome da rialimentazione” ed è buona norma a tal proposito non
superare nell’adulto le 35 Cal/kg/die.
Oltre che l’apporto calorico totale, il calcolo dei
fabbisogni deve tenere presente gli aspetti qualitativi della nutrizione; infatti le calorie di una
dieta normale sono ripartite tra: 10-15% di protidi, 20-30% di lipidi e 55-65% di glicidi. Mentre
i lipidi ed i glicidi sopperiscono alla quasi totalità delle necessità caloriche e vengono quindi
incrementati nella dieta a seconda del fabbisogno energetico globale, il fabbisogno protidico è
di solito costante (0,6-0,8 g/Kg di peso corporeo) e varia solo se l’attività fisica è molto elevata, durante l’accrescimento ed in corso di
malattie proteino-disperdenti. L’apporto proteico deve essere calcolato in modo da portare in
attivo il bilancio azotato I protidi somministrati
in eccesso vengono utilizzati come fonte energetica attraverso la gluconeogenesi, dato che
l’organismo non ha la capacità di immagazzinare protidi. Attenzione va posta anche alle quote
di acidi grassi essenziali che devono essere
comprese nei limiti consigliati dai LARN (DEFINIRE) per non incorrere in alterazioni della funzione immunitaria come già ricordato.
La calorimetria indiretta ci fornisce un valido
aiuto in quanto conoscendo il quoziente respira-
Tab. III. Calcolo dei fabbisogni nutrizionali (nel normale ed in condizioni patologiche)
Spesa energetica di base (Formula di Harris Benedict)
uomo 66 + (13,7 x. P) + (5 x A) - (6,8 x. E)
donna 655 + (9,6 x P) + (1,8 x A) - (4,7 x E)
Correzioni
+10%
+10% lieve
+20% a letto
termogenesi alimentare
attività di malattia
attività fisica
P = Peso corporeo (kg); A = Altezza (cm); E = età (anni).
6
+25% -media
+50% leggera
+50% grave
+100% pesante
La malnutrizione in gastroenterologia
torio dei vari substrati (1 per i glicidi, 0,70 per i
lipidi e 0,80 per i protidi) e l’escrezione azotata,
è possibile conoscere la ripartizione esatta dei
substrati utilizzati dal singolo paziente.
Principi di terapia nutrizionale
Nei pazienti gastroenterologici con MCP il primo
intervento deve essere volto ad instaurare un
adeguato apporto dietetico attraverso una buona educazione alimentare. Di frequente tuttavia
ci si trova di fronte all’impossibilità di una alimentazione orale oppure ad una insufficienza
delle capacità assorbitive dell’apparato digerente; in tali casi deve essere messo in atto un intervento nutrizionale sostitutivo a mezzo di miscele nutrizionali complete e personalizzate che
consentano al paziente non solo di sopravvivere, ma anche di reinserirsi nella vita sociale e lavorativa. Dopo il calcolo del fabbisogno energetico del paziente (vedi sopra) si deve scegliere
se utilizzare la modalità di somministrazione:
enterale o parenterale.
Laddove le potenzialità digestive ed assorbitive
del canale alimentare sono, anche parzialmente, conservate è possibile introdurre tramite
particolari sonde, direttamente nello stomaco o
nel tenue, miscele nutrizionali naturali (acqua e
normali alimenti omogeneizzati) o artificiali
(miscele appositamente formulate, complete ed
equilibrate per macronutrienti, apporto idroelettrolitico e vitaminico). La nutrizione enterale
è la via di scelta in tutti i casi di anoressia e di
disfagia (neoplastica e non), e nei casi di impossibilità all’alimentazione (traumi del capo,
neurolesi, stati comatosi).
Nelle malattie con malassorbimento di qualunque origine, l’handicap digestivo ed assorbitivo
deve far giudicare di volta in volta l’adeguatezza dell’approccio enterale e la necessità di uti-
lizzare miscele nutrizionali, il più elementari
possibile e quindi facilmente assorbibili (maltodestrine, oligo-peptidi, acidi grassi essenziali e
trigliceridi a catena media).
Laddove invece la via enterale non è praticabile (intestino corto per resezioni ampie, fistole
entero-enteriche o entero-cutanee, gravi allergie alimentari), o si ritiene che un periodo di riposo intestinale sia necessario per aiutare la
guarigione (forme gravi di malattie infiammatorie croniche intestinali), è necessario attuare
una alimentazione parenterale che, se necessario può essere praticata per lunghi periodi, anche al domicilio del paziente. Essa viene attuata mediante la somministrazione, in maniera
continua o intermittente, attraverso un apposito
catetere in una vena centrale, di una miscela
nutrizionale completa, costituita da glucosio,
aminoacidi e trigliceridi, oltre che elettroliti, vitamine e oligoelementi, nelle quote normalmente presenti nell’alimentazione orale.
Molto più facile, ed ovvia, la correzione terapeutica negli stati carenziali parziali che richiede esclusivamente la somministrazione parenterale e periodica del fattore interessato, più comunemente ferro, vitamine liposolubili o oligoelementi.
Bibliografia
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