17 Malnutrizione per difetto MARIANGELA RONDANELLI, EMANUELE CEREDA, RICCARDO CACCIALANZA • La malnutrizione per difetto rappresenta una problematica clinica molto frequente nel soggetto anziano ed è un importante fattore di rischio di morbilità e mortalità. Le cause possono essere schematicamente riassunte in: psicologiche, sociali, mediche ed ormonali. • La gestione della malnutrizione inizia ovviamente dall’identificazione delle sue cause e dal loro trattamento; lo screening nutrizionale deve essere pertanto effettuato sistematicamente al momento del ricovero e monitorato periodicamente nel corso della degenza. • Gli interventi nutrizionali richiedono un percorso specifico, personalizzato a seconda delle condizioni cliniche e nutrizionali del soggetto. Qualora i normali alimenti non siano sufficienti a garantire un adeguato apporto nutrizionale, è necessario ricorrere all’integrazione nutrizionale con prodotti specifici per os. • Risultati apprezzabili si ottengono solo dopo un periodo di trattamento di almeno un mese, quando il supplemento nutrizionale è assunto lontano dai pasti; inoltre, la terapia è efficace se la supplementazione è complementare all’alimentazione e non sostitutiva. Introduzione La crescita numerica della popolazione anziana ha determinato un incremento dell’attenzione verso questa fascia di età; sorprendente è stata la rilevazione della quantità di soggetti anziani che presentano problemi correlati alla sfera nutrizionale. È stato infatti stimato che il 40% degli anziani presenta un problema nutrizionale, sia per eccesso che per difetto, come l’obesità, la malnutrizione calorico-proteica o il deficit selettivo di alcuni nutrienti (ad esempio vitamine e minerali).1 La malnutrizione per difetto è definita come “uno stato di alterazione funzionale, strutturale e di sviluppo dell’organismo conseguente alla discrepanza tra fabbisogni, introiti ed utilizzazione dei nutrienti tali da comportare un eccesso di morbilità e mortalità o un’alterazione della qualità della vita”.2 Purtroppo, nonostante sia un problema da tempo riconosciuto nella popolazione anziana, questa malattia clinica è ancora comune, non sufficientemente diagnosticata ed anche non adeguatamente trattata.3 La corretta prevalenza della malnutrizione in questa popolazione è difficile da determi- nare. Le condizioni cliniche e lo stato funzionale delle popolazioni studiate influenzano le medie di prevalenza. Per esempio, la prevalenza della malnutrizione per difetto nei pazienti ambulatoriali varia dallo 0 al 3%, nei pazienti domiciliari con problemi multipli e patologie croniche varia dal 5 al 12%, tra i pazienti ospedalizzati è infine molto variabile, oscillando tra il 30 ed il 60% dei casi (in forma più grave nei soggetti di sesso femminile ed in quelli di età più avanzata).4-6 Man mano che si allunga la degenza in ospedale, il rischio di malnutrizione cresce dal 45 al 75% per differenti ragioni: la dieta ipocalorica/il digiuno richiesti per gli accertamenti diagnostici, le malattie intercorrenti e l’anoressia. Inoltre, nelle medicine ospedaliere geriatriche, la presenza di malnutrizione in un soggetto aumenta i tempi medi di degenza: dai 18 giorni del soggetto anziano normonutrito ai 48 giorni del soggetto anziano malnutrito, con un conseguente significativo aumento dei costi sanitari.7 Le persone anziane presentano un aumentato rischio per quanto riguarda lo sviluppo di malnutrizione calorico-proteica per sva- 159 La letteratura riporta che il 40% degli anziani presenta un problema nutrizionale, sia per eccesso che per difetto La malnutrizione per difetto è uno stato di alterazione funzionale, strutturale e di sviluppo dell’organismo conseguente alla discrepanza tra fabbisogni, introiti ed utilizzazione dei nutrienti tale da comportare un eccesso di morbilità e mortalità o un’alterazione della qualità della vita ALIMENTAZIONE E NUTRIZIONE NELL’ANZIANO riati fattori di ordine sociale, fisico, patofisiologico e psicologico. La maggiore frequenza di malattie croniche, di periodi di ospedalizzazione ripetuti, di permanenza in residenze sanitarie assistenziali, la maggiore assunzione di farmaci con i conseguenti effetti anoressizzanti, la minore attività fisica e le modificazioni della composizione corporea fanno sì che gli anziani siano una fascia di popolazione ad elevato rischio di malnutrizione. I normali processi di invecchiamento possono infatti contribuire all’inadeguato apporto nutrizionale in diversi modi, principalmente per le modificazioni del gusto e dell’olfatto e per le svariate modificazioni che si vengono a determinare fisiologicamente a livello del tratto gastrointestinale, come ad esempio il rallentato turnover cellulare. Alcuni processi patologici si associano frequentemente alla malnutrizione calorico-proteica: la demenza, la cachessia di origine cardiaca (l’anoressia derivante dal trattamento digitalico, le diete a basso tenore sodico), l’insufficienza renale cronica ed il cancro. I fattori di rischio per la malnutrizione, che possono essere schematicamente divisi in psicologici, sociali, medici e ormonali, sono riassunti nella tabella 17.1. CAUSE PSICOLOGICHE • Depressione: è una condizione frequente nell’anziano. Un lutto può ulteriormente peggiorare la situazione e la sensazione di solitudine può essere esacerbata dalla mancanza di compagnia durante i pasti. • Anoressia tardiva: alcuni anziani, in particolare donne, che hanno presentato anoressia nervosa o restrizioni dietetiche in età giovanile possono ripresentare un anomalo comportamento alimentare nell’età avanzata. • Demenza: i soggetti dementi possono essere a rischio di malnutrizione in quanto mostrano indifferenza verso il cibo e talvolta sono in costante movimento. CAUSE SOCIALI • Basso potere economico. • Difficoltà nell’acquisto e/o nella preparazione dei cibi (soprattutto nel caso degli anziani che vivono soli e che non hanno supporti familiari). • Isolamento sociale che può ridurre il desiderio di cucinare solo per se stessi. • Mancanza di conoscenze in ambito nutrizionale. CAUSE MEDICHE Tabella 17.1 – FATTORI DI RISCHIO DI MALNUTRIZIONE • Anoressia • Alterazioni del gusto e dell’olfatto • Problemi di masticazione • Disfagia • Deficit funzionali con limitazioni nelle attività quotidiane • Scarsa attività fisica • Patologie croniche (tumori, malassorbimento, broncopneumopatia ostruttiva, colelitiasi, diabete di tipo 2, encefalopatia vascolare, demenza, ipertiroidismo) • Infezioni da Clostridium difficile, Helicobacter pylori, Mycobacterium tuberculosis • Depressione • Alcolismo • Isolamento sociale • Solitudine • Povertà • Bassa scolarità • Assunzione di farmaci 160 • Disordini endocrini: ipertiroidismo, iperparatiroidismo, morbo di Addison. • Deglutizione dolorosa (per candidiasi o spasmi esofagei) o compromessa. • Sazietà precoce: recenti studi hanno evidenziato che tale condizione potrebbe essere legata ad un deficit di azoto-sintetasi che anticipa il normale rilasciamento del fondo dello stomaco durante i pasti; si ipotizza anche un coinvolgimento degli ormoni gastroenterici che regolano la sensazione di fame ed il senso di sazietà: nell’anziano si ritiene che vi sia una diminuita risposta al neuropeptide Y (un ormone che ha un’attività di stimolo sull’assunzione di cibo) ed un aumentato effetto della CCK (colecistochinina-pancreozimina) che induce sazietà. • Difficoltà di masticazione: morbo di Parkinson, dentatura malconservata (si è stimato che il 50% degli americani con più di 60 17 Malnutrizione per difetto anni ed il 75% di quelli con più di 75 anni abbiano perso più della metà dei loro denti) e dolore all’articolazione temporomandibolare. • Alterazione della coordinazione mano-bocca, che è essenziale per l’uso dei comuni utensili impiegati per mangiare. • Malattie sistemiche croniche: patologie cardiocircolatorie gravi; parkinsonismo (difficoltà meccaniche di masticazione, difficoltà a mangiare autonomamente per la presenza dei tremori); cancro (sia per il tumore in sé che per l’eventuale chemio o radioterapia associate); sindrome da malassorbimento (chirurgia addominale, abuso di lassativi e clisteri). • Farmaci di frequente utilizzo nell’anziano: l’assunzione cronica di alcuni farmaci può determinare un deficit di micronutrienti e quindi malnutrizione. Nella tabella 17.2 vengono riportati i farmaci, alcuni dei quali Tabella 17.2 – FARMACI CHE POSSONO DETERMINARE DEFICIT E MICRONUTRIENTI CHE POSSONO RISULTARE CARENTI Farmaco Deficit di micronutriente Antiacidi Vitamina B12, folati, ferro Antibiotici a largo spettro Vitamina K Antiepilettici Vitamina D, K e folati Colchicina Vitamina B12 Diuretici Potassio, zinco, magnesio, rame, vitamina B6, B1 Isoniazide Vitamina B6, niacina Lassativi Calcio, vitamina A, B2, B12, D, E, K Levodopa Vitamina B6 Metformina Vitamina B12 Resine a scambio ionico Vitamina A, D, E, K Salicilati Vitamina C e folati Tetracicline Calcio e ferro Trimetoprim Folati di frequente utilizzo nell’anziano, che possono determinare deficit ed i micronutrienti che possono risultare carenti; tra questi la digossina (provoca anoressia nel 25% delle persone con oltre 70 anni), la teofillina (provoca nausea quando supera il range terapeutico), i farmaci psicotropi, i diuretici e la levodopa. • Alcolismo. CAUSE ORMONALI I recettori della sazietà si trovano nell’antro dello stomaco. Questo, quando è vuoto, produce grelina. La grelina, tuttavia, ha in età geriatrica un andamento piatto, per cui l’anziano difficilmente andrà alla ricerca del cibo. Per aiutare ad identificare le principali cause di malnutrizione Morley ha coniato l’acronimo “MEALS ON WHEELS” dove:8 M(medication) = farmaci E (emotional) = depressione A (anorexia) = anoressia nervosa o tardiva L (late-life paranoia) = paranoia dell’età tardiva ed alcolismo S (swallowing disorders) = disturbi della deglutizione O(oral factors) = problemi dentali N (no money) = povertà W(wandering) = perdita o dimenticanza del cibo secondaria a demenza H(hyperthyroism) = ipertiroidismo ed iperparatiroidismo E (entry) = problemi di malassorbimento E (eating) = problemi di alimentazione autonoma L (low) = dieta iposodica ed ipocolesterolemica scarsamente appetitosa S (shopping) = difficoltà nell’acquisto e nella preparazione dei cibi. La pletora di fattori di rischio per lo sviluppo di malnutrizione nel soggetto anziano è stata inoltre brillantemente riassunta dagli anglosassoni anche mediante l’elenco delle “9 D”:9 Dementia = demenza (disturbi cognitivi) Depression = depressione (disturbi del tono del l’umore) 161 ALIMENTAZIONE E NUTRIZIONE NELL’ANZIANO Disease = malattie sia acute che croniche Dysphagia = disturbi della deglutizione e presbifagia Dysgeusia = alterazione del gusto Diarrhoea = diarrea Drugs = medicine Dentition = alterata dentizione/masticazione Dysfunction = disfunzione funzionale (fisica). La Joint Commission International, leader nell’accreditamento delle organizzazioni sanitarie, ha stabilito che il rischio di malnutrizione deve essere valutato entro le prime 24 ore del ricovero, ma ancora non esiste un approccio universalmente accettato per la diagnosi di malnutrizione È noto che una malnutrizione caloricoproteica è un importante fattore di rischio di morbilità in ambiente ospedaliero 10 11 ed è frequentemente causa di disordini immunitari,12 di aumentata tossicità dei farmaci 13 e di maggiore frequenza di cadute e di fratture.14 Nel 1996 la Joint Commission International, leader nell’accreditamento delle organizzazioni sanitarie, ha stabilito che il rischio di malnutrizione deve essere valutato entro le prime 24 ore del ricovero,15 ma ancora non esiste un approccio universalmente accettato ed “evidence-based” per la diagnosi di malnutrizione.16 La gestione della malnutrizione inizia ovviamente dall’identificazione delle sue cause e dal loro trattamento; gli interventi nutrizionali richiedono un percorso specifico, personalizzato, che può attuarsi attraverso livelli differenti che dipendono dalle condizioni cliniche e nutrizionali del soggetto. Integratori per os ed alimenti a fini medici speciali Nei casi in cui i normali alimenti, per diversi motivi, non siano sufficienti a garantire un adeguato apporto nutrizionale, è necessario ricorrere all’integrazione nutrizionale con prodotti specifici per os, integratori e/o alimenti a fini medici speciali (AFMS) Qualora i normali alimenti non siano sufficienti a garantire un adeguato apporto nutrizionale, a causa di scarso appetito, scarsa collaborazione da parte del paziente o di aumentati fabbisogni legati alla patologia, è necessario ricorrere all’integrazione nutrizionale con prodotti specifici per os, integratori e/o alimenti a fini medici speciali (AFMS), che forniscono un’ampia gamma di possibilità dietoterapiche. La necessità d’integrazione mediante nutrizione artificiale si configura laddove, per motivi legati alla patologia di base, risulti impossibile con la sola alimentazione per os garantire al paziente un introito calorico e di nutrienti sufficiente a coprire il suo fabbisogno. 162 Dopo la valutazione degli introiti ed il confronto con il fabbisogno calorico ed in macro e micronutrienti calcolato si può passare alla scelta definitiva: nel caso in cui gli introiti corrispondano ai fabbisogni si dovrà impostare una dietoterapia personalizzata in modo da mantenere costante ed adeguato il peso corporeo; nel caso in cui invece gli introiti siano inferiori ai fabbisogni ed il paziente sia quindi a rischio di malnutrizione o già malnutrito in modo conclamato, sarà necessario associare alla dieta un integratore orale e/o un AFMS adeguato. Gli integratori orali e gli AFMS rappresentano infatti un valido supporto a disposizione del medico per integrare correttamente i fabbisogni: essi sono un ottimo strumento per il nutrizionista in quanto permettono di supportare adeguatamente un’alimentazione non sufficiente sia sotto l’aspetto del fabbisogno calorico che dei macro e micronutrienti nel soggetto anziano. Sul mercato sono presenti numerosissime tipologie di integratori e AFMS, adatti ad ogni esigenza ed in varie formulazioni:17 • liquide (come bevanda da sorseggiare nel l’arco della giornata); • budini (da utilizzare come spuntino e particolarmente adatti per pazienti affetti da disfagia); • polveri (che possono essere diluite in qualsiasi liquido (latte, acqua, brodo); queste polveri possono essere aromatizzate ottenendo sapori dolci (in questo caso sono disponibili in vari gusti quali vaniglia, cacao, fragola...) oppure sapori salati (creme di verdure, frittate), oppure possono avere anche gusto neutro ed essere quindi aggiunte a pastina, semolino, passati di verdura o altre preparazioni. Tutte le formulazioni sono disponibili in molteplici gusti molto palatabili e quindi gradevoli sia per quanto riguarda il sapore dolce che quello salato. Da un punto di vista clinico, gli AFMS possono essere suddivisi, considerando l’apporto energetico, in normocalorici (1 kcal/ml) oppure ipercalorici (>1,2 kcal/ml); oppure considerando l’apporto proteico, in normoproteici (ogni confezione da 200 ml apporta meno di 20 grammi di proteine) oppure iperprotei- 17 Malnutrizione per difetto ci (ogni confezione da 200 ml apporta più di 20 grammi di proteine). Sono inoltre presenti prodotti specifici per patologia, molto utili in caso di pazienti affetti da diabete mellito, insufficienza renale cronica, epatopatie, broncopatie, ulcere da decubito.18 Numerosi autori hanno segnalato un effetto positivo nella somministrazione dei supplementi nutrizionali. Infatti, nei molti studi presenti in letteratura, si evidenzia come questi prodotti possano migliorare lo stato funzionale e nutrizionale dei pazienti, la loro risposta immunitaria, favorire la guarigione delle lesioni da decubito e l’outcome clinico. Inoltre, possono aiutare a ridurre l’incidenza di fratture, di morbilità e mortalità.19 Ad esempio nello studio randomizzato condotto da Larsson et al. sono stati verificati gli effetti sullo stato nutrizionale e sull’outcome clinico di una supplementazione orale alla normale alimentazione in 501 soggetti ospedalizzati.20 La valutazione nutrizionale effettuata al momento del ricovero su tutti i soggetti arruolati, mediante le misure antropometriche ed i parametri ematochimici, mostrava che il 28,5% di pazienti era affetto da malnutrizione calorico-proteica, mentre il restante 71,5% dei pazienti era normonutrito. I pazienti malnutriti sono stati suddivisi in due gruppi: un gruppo seguiva la dieta standard dell’ospedale (gruppo A), mentre al secondo gruppo (gruppo B), oltre alla dieta standard, veniva somministrato un supplemento orale che forniva circa 400 kcal. I soggetti di entrambi i gruppi sono stati rivalutati dopo 8 e dopo 26 settimane. Al termine del periodo di studio, nel gruppo B (dieta + supplemento) si è riscontrato l’8,3% di malnutriti, contro il 21,1% nel gruppo A (solo dieta). Anche il tasso di mortalità riscontrato era significativamente differente: l’8,6% nel gruppo B, contro il 18,6% nel gruppo A. Anche in un altro trial controllato condotto da Lauque et al., in soggetti malnutriti residenti in una casa di riposo, si sono studiati gli effetti di una supplementazione orale sul loro stato di nutrizione. Sono stati reclutati 88 ospiti di una casa di riposo, sottoposti ad una valutazione nutrizionale mediante il Mini Nutritional Assessment (MNA, vedi Appendice 1).21 In base al punteggio ottenuto sono stati suddivisi in quattro gruppi: i soggetti con un MNA >24, quindi normonutriti, non assumevano integrazione; i soggetti con un MNA compreso tra 17 e 23,5 (a rischio di malnutrizione) erano a loro volta divisi in due sottogruppi: uno assumeva integrazione e l’altro no; infine ai soggetti con un MNA <17, cioè denutriti, veniva somministrato l’integratore orale in aggiunta alla normale alimentazione. Al termine dei due mesi di integrazione è stata effettuata un’ulteriore valutazione nutrizionale che ha evidenziato un aumento del peso corporeo ed un miglioramento significativo del punteggio del MNA nei soggetti che avevano assunto la supplementazione, indipendentemente dal gruppo di appartenenza, rispetto ai soggetti a cui non era stata somministrata. Il miglioramento dello stato nutrizionale degli anziani, mediante l’utilizzo dei supplementi, presenta anche un risvolto positivo da un punto di vista puramente economico. Questo aspetto è ben evidente nello studio di Arnaud-Battandier et al. condotto con 90 medici di medicina generale.22 È uno studio prospettico di coorte con un follow-up di 12 mesi, che aveva come obiettivo dimostrare che l’utilizzo di integratori in soggetti malnutriti migliorava l’assetto nutrizionale e quindi garantiva un risparmio nei costi per le cure mediche ed infermieristiche. In effetti i dati raccolti hanno permesso di constatare un risparmio di circa 195 euro a paziente (includendo comunque le spese per l’integrazione orale). Un aspetto preoccupante da sottolineare che emerge dalla letteratura è che spesso i supplementi sono impiegati senza adeguato controllo. Emblematico in questo senso è lo studio di Loane et al. condotto sorteggiando 99 medici di medicina generale e 120 infermieri professionali, i quali venivano sottoposti ad un questionario per valutare la prescrizione o il suggerimento di supplementi ai loro assistiti.23 I risultati emersi sono sorprendenti in quanto si riscontra un incremento nella prescrizione di supplementi, ma, a fronte di questo dato positivo, nessuno degli intervistati esegue, prima della prescrizione, una valutazione nutrizionale; solo il 19,6% dei medici e il 6,8% degli infermieri sono a conoscenza della composizione dei supplementi nutrizionali consigliati e percentuali significative degli intervistati ammettono di prescrivere gli integratori o gli AFMS in prima battuta senza pri- 163 Sono disponibili supplementi specifici per patologia, molto utili in caso di pazienti affetti da diabete mellito, insufficienza renale cronica, epatopatie, broncopatie, ulcere da decubito ALIMENTAZIONE E NUTRIZIONE NELL’ANZIANO La prescrizione per la supplementazione orale deve essere sempre effettuata da un medico nutrizionista, che definirà il tipo e la quantità di integratore o AFMS adeguato sulla base dei fabbisogni (calorici ed in macro e micronutrienti) e delle patologie del paziente Secondo gli studi effettuati sull’efficacia della supplementazione per os si ottengono risultati apprezzabili solo dopo un periodo di trattamento di almeno un mese e la terapia è efficace se i supplementi sono complementari all’alimentazione e non sostitutivi. È inoltre importante il momento di assunzione della supplementazione, che deve essere lontano dai pasti ma fornire consigli nutrizionali ai loro assistiti. È quindi essenziale che la prescrizione venga effettuata da un medico nutrizionista che definisca il tipo e la quantità di integratore o AFMS adeguato, sulla base dei fabbisogni calorici ed in macro e micronutrienti e sulla base delle patologie del paziente. Un altro problema che frequentemente si incontra nella pratica clinica è la scarsa compliance del paziente all’assunzione di un integratore, legata a varie motivazioni di ordine organico, ad esempio rapido riempimento gastrico, e psicologico. È stato quindi sperimentato con successo un programma innovativo per migliorare la compliance del paziente ed il suo stato nutrizionale.24 Questo programma consiste nella somministrazione del supporto nutrizionale (400-500 kcal/die, utilizzando un supplemento ad elevato contenuto calorico) durante la distribuzione dei farmaci. In questo modo il supplemento, che viene quindi somministrato 3-4 volte al giorno in una quantità contenuta, pari a 60 ml, fornisce per ogni somministrazione: 120 kcal con 5 grammi di proteine, 1,5 grammi di fibra solubile ed il 12,5% dell’introito giornaliero raccomandato per i macronutrienti. Tale approccio sembra essere di fatto il più raccomandabile. Complessivamente la compliance, come rilevato dalla letteratura a disposizione, si dimostra essere buona (tra il 70 e l’80% del prescritto) ed efficace nel portare ad un incremento degli introiti proteico-energetici, soprattutto quando si ricorre all’utilizzo di miscele ipercaloriche (≥2 kcal/ml).25 Infine, dagli studi sull’argomento, emerge in primo luogo che i risultati apprezzabili si ottengono solo dopo un periodo di trattamento di almeno un mese ed in secondo luogo che la terapia è efficace se gli integratori sono complementari all’alimentazione e non sostitutivi. È inoltre importante anche il momento di assunzione dell’AFMS: esso deve essere assunto lontano dai pasti.26 In conclusione, emerge chiaramente nel soggetto anziano l’importanza di un’adeguata valutazione nutrizionale, a cui farà seguito, se necessario, la decisione da parte del medico nutrizionista di quale supplemento prescrivere ed in quale quantità. Sarà poi compito del dietista o dell’infermiere professionale monitorare nel tempo la compliance del paziente e, 164 nel caso insorgano problemi per la somministrazione, decidere in team con il medico quali cambiamenti effettuare (cambiare sapore, orario di somministrazione). Altro punto essenziale è la valutazione nutrizionale ripetuta nel tempo, in modo da considerare con attenzione gli effetti e la validità della supplementazione. Ausili Un ruolo spesso significativo nella terapia della malnutrizione è svolto anche dagli ausili che possono essere impiegati per compensare le difficoltà nel succhiare, nel chiudere le labbra, nella prensione e nel gesto di portare il cibo alla bocca, e dall’effettuazione di un’adeguata fisioterapia in caso di presenza di alterazioni della coordinazione mano-bocca. Gli ausili, se scelti in maniera appropriata, eventualmente se possibile anche con un’attiva partecipazione dell’ospite, saranno gradualmente inseriti come strumenti comuni e normali utili a velocizzare e talvolta a rendere possibili le attività di alimentazione di ogni giorno. Esistono posate anatomiche appositamente studiate per diversi tipi di disabilità. Il primo aspetto da valutare dovrà essere l’impugnatura, in quanto è l’interfaccia con cui il paziente si relaziona ed è quindi la parte che andrà personalizzata il più possibile. Vi sono impugnature anatomiche, impugnature modellabili ed impugnature universali. Le impugnature anatomiche hanno un profilo preformato basato sull’anatomia della mano e sono realizzate in materiale plastico non deformabile. Le impugnature modellabili danno la possibilità di essere modificate rispetto alle esigenze del paziente; possono essere costruite in materiale termoplastico che permette un’impugnatura rigida e durevole nel tempo. Le impugnature universali permettono di fissare alla mano le posate indipendentemente dalla capacità di prensione da parte del paziente. Le posate possono poi avere forme curvate per facilitare l’avvicinamento alla bocca e per raccogliere o tagliare meglio i cibi. Ad esempio, in pazienti anziani con difficoltà di prono-supinazione della mano, necessaria per raccogliere il cibo dal piatto, l’uso di un cucchiaio con angolazione di 90° rispetto all’asse dell’impugna- 17 Malnutrizione per difetto tura può facilitare l’alimentazione, in quanto consente di sfruttare la sola flesso-estensione del gomito e l’elevazione della spalla. Anche il peso delle posate deve essere attentamente valutato in relazione al paziente: una posata appesantita può essere utile per controbilanciare problemi discinetici. Per l’anziano con difficoltà di prensione è consigliabile l’uso di impugnature di diametro superiore alla norma. L’uso di un coltello con l’impugnatura verticale e perpendicolare alla sua lama può essere facilmente utilizzato dai pazienti artrosici sfruttando il solo movimento del braccio e la presa palmare. Per facilitare la presa del cibo dal piatto, l’uso di un semplice bordo flessibile in materiale plastico con tre punti di ancoraggio può essere molto utile nei pazienti anziani con deficit di forza, tremori o spasmi degli arti superiori. Esistono poi dei piatti in plastica o in porcellana con i bordi rialzati in modo da evitare che il cibo possa cadere dal piatto. Un accorgimento molto utile è quello di posare il piatto su una tovaglietta antiscivolo, per evitare che il piatto si sposti quando si esercita pressione mentre si taglia o si raccoglie il cibo. Anche per i bicchieri come per le posate riveste importanza fondamentale l’impugnatura; questi infatti possono essere più agevolmente tenuti se presentano uno o due manici laterali. Per evitare il rovesciamento del liquido talvolta è sufficiente applicare un coperchio munito di beccuccio attraverso cui si può bere. Trattamento fisioterapico Per quanto riguarda il trattamento fisioterapico, prima di attuare un programma riabilitativo è necessario valutare la genesi e l’entità del danno articolare che limita o impedisce la prensione ed il gesto funzionale. La diversità delle patologie dei vari ospiti rende poi necessario, per alcuni aspetti, la diversificazione dei trattamenti. Il programma riabilitativo che si può attuare in una struttura riabilitativa geriatrica è suddiviso in tre fasi: • la prima è incentrata sulla cinesiterapia passiva, attiva assistita e, quando possibile, sulla cinesiterapia attiva contrastata, per il recupero articolare e muscolare; • la seconda fase è finalizzata alla rieducazione al gesto funzionale; • l’ultima fase riguarda l’assistenza durante il pasto. La durata di ciascuna di queste fasi è di circa 35 minuti per le prime due e 25 minuti per la terza. Questi tempi sono stati stabiliti tenendo conto del fatto che, quand’anche i pazienti siano collaboranti e motivati, dopo qualche minuto insorge la stanchezza e l’attenzione diminuisce. Perciò non è possibile prolungare il trattamento per molto tempo ed è necessario alternare gli esercizi a pause anche di qualche minuto; tutto questo è altamente “time demanding”. Si possono però alternare i tempi tra due pazienti. Altro fattore che può limitare l’intervento riabilitativo è la bassa soglia del dolore di taluni ospiti, probabilmente attribuibile alla presenza di uno stato depressivo; in altri invece si può avere una pericolosa ipoestesia. Il protocollo terapeutico deve essere giornalmente adattato alle condizioni generali dell’ospite tenendo conto del suo stato fisico e psichico, nonché della risposta individuale alla terapia farmacologica eventualmente somministrata (sedativi ecc.), che interferisce con il protocollo stesso. L’attenzione del fisiatra deve essere concentrata sugli arti superiori, soprattutto su quello dominante, o, in caso di paralisi, sul controlaterale. Non si può comunque prescindere da un trattamento globale, soprattutto in quei pazienti allettati che presentano rigidità e anchilosi degli arti inferiori e sono a rischio, o già in trattamento, per lesioni da decubito. Le prime sedute sono spese per ottenere la confidenza e la fiducia dell’ospite nei confronti di tutta l’équipe riabilitativa, in particolare nel terapista che più di tutti starà in contatto dello stesso. Si cercherà di dialogare con l’ospite, di fargli capire, e quindi accettare, quel che si tenta di ottenere con la terapia, cercandone la sua approvazione e soprattutto la collaborazione. Le prime volte si concederà ampio spazio alle tecniche di rilassamento ed alle tecniche di cinesiterapia respiratoria, stimolando la presa di coscienza del respiro; tecniche che, una volta apprese dal paziente, richiederanno pochi minuti all’inizio ed alla fine 165 Per quanto riguarda il trattamento fisioterapico, prima di attuare un programma riabilitativo è necessario valutare la genesi e l’entità del danno articolare che limita o impedisce la prensione ed il gesto funzionale. La diversità delle patologie rende poi necessaria la diversificazione dei trattamenti Il protocollo terapeutico deve essere giornalmente adattato alle condizioni generali dell’ospite tenendo conto del suo stato fisico e psichico e della risposta individuale all’eventuale terapia farmacologica ALIMENTAZIONE E NUTRIZIONE NELL’ANZIANO di ogni seduta. Fondamentale, sia per gli ospiti allettati sia per quelli con capacità di stare seduti o di mantenere la stazione eretta, sarà la ricerca costante di un corretto allineamento posturale, evitando atteggiamenti scorretti, prevenendo o tentando di correggere eventuali deformità presenti. Si passerà quindi alle mobilizzazioni passive ed agli esercizi di stretching nel tentativo di recuperare, per quanto possibile, l’articolarità e ridurre eventuali deformità presenti. Gli esercizi attivi (assistiti, liberi e contrastati) saranno semplici e quasi tutti attuabili al letto, giacché nella maggior parte dei casi i soggetti non autonomi nell’alimentazione, ma non tutti, sono anche soggetti allettati. Sarà quindi di volta in volta il terapista che, in base alla sua esperienza ed alle caratteristiche cliniche dell’ospite, opterà per un esercizio piuttosto che per un altro o apporterà eventuali modifiche. Comunque evolva la situazione, gli esercizi non dovranno risultare particolarmente gravosi, né suscitare dolore. Gli esercizi di propriocezione dell’arto superiore e gli esercizi per le dita della mano sono essenziali; si insisterà soprattutto sui movimenti fini di prensione ricercandone la migliore coordinazione possibile. L’ospite sufficientemente cooperante, se adeguatamente stimolato, potrà eseguire da solo o con l’aiuto dell’animatore o degli infermieri gli esercizi più semplici; questo varie volte durante l’arco della giornata. Bibliografia 1. 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