Guida_parrocchiale_quaresima_2015_B

Oratorio Salesiano “Santa Croce”
Verona
VIVERE LA QUARESIMA
IN FAMIGLIA
IL SIGNIFICATO DELLA QUARESIMA
1.
LA QUARESIMA: TEMPO OPPORTUNO PER…
PER CHI?
Il contesto sociale in cui viviamo appare sempre meno contrassegnato
dalla cristianità. È diminuita drasticamente la pratica cristiana da parte di
quanti la vivevano per abitudine, per obbligo. Ora ognuno deve rispondere,
con piena consapevolezza e libero da qualsiasi tipo di condizionamento,
all’istanza di conversione che la Chiesa richiama ogni anno nel tempo forte
di Quaresima.
È un’opportunità rivolta a quanti, nell’oggi della storia e in una società
altamente secolarizzata, desiderano vivere, soprattutto in famiglia, una vita
cristiana adulta, ricca di valori, coerente con la professione di fede che
proclamano.
Per questi cristiani la Quaresima, tempo strutturato dalla Chiesa
primitiva fin dal IV secolo, si presenta come una sosta nel vivere quotidiano
per scoprire quanto, durante il cammino, il fascino di tante sirene hanno
allontanato da Dio e reso sterile la novità del Vangelo, e ritornare ad
abbeverarsi alle sorgenti della vita nuova ricevuta con il battesimo.
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PER CHE COSA?
Tempo di Quaresima, allora, per imparare a discernere tra tanti voci,
quella di Dio che ci parla nel tessuto della vita quotidiana, per ascoltare la
sua parola conservata nel vangelo, per confrontarci con essa
Tempo di Quaresima, per una conversione che raggiunga tutto il nostro
essere (mente, volontà, cuore) secondo l’invito di san Paolo: “Non
conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il
vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è
buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,2).
Tempo di Quaresima, per farci prossimo non a parole ma con gesti concreti
di carità; in primo luogo farci prossimo con coloro che fanno parte della
famiglia.
Tempo di Quaresima, come laboratorio e palestra per affinarci nella
delicata arte dell’amare, per vivere la “differenza cristiana”, consapevoli che
“si è alternativi non quando si grida, ma quando si vive nel quotidiano la
passione per ciò che si fa. È così che si diventa sale della terra, luce nelle
tenebre o pizzico di fermento nella massa” (Angelo Casati).
2.
LE PAROLE DELLA QUARESIMA
Quali mezzi offre la comunità cristiana, in questo periodo, per
permettere ad ogni battezzato un cammino di autenticità, di liberazione, di
eventuali “correzioni di rotta”? Sono quelle pratiche penitenziali molto care
alla grande tradizione biblica, cristiana e patristica della Chiesa: il digiuno,
la preghiera, l'elemosina, il silenzio, il perdono.
Sono pratiche che racchiudono una saggezza secolare, esperienze di
vita collaudate, tesori inestimabili, frutti certi per illustrare le quali sono stati
versati fiumi di inchiostro in ogni epoca storica.
► Digiuno
Il digiuno ci prepara alla vita nuova di Cristo. Lavora il campo del nostro
corpo per la semina di Dio. La Quaresima vuole rendere il nostro fisico, la
nostra anima, la terra intera ricettivi alla vita divina che irromperà a Pasqua
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e che già possediamo con il battesimo: “non di solo pane vive l’uomo, ma
di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”
► Ascolto della parola di Dio e preghiera
La preghiera, come il digiuno, è una pratica comune a molte religioni e
culture, è iscritta nella stessa natura dell’uomo secondo gli insegnamenti
degli antichi: "gli uccelli volano, i pesci nuotano e… l’uomo prega”. Ma si
rivela anche l’arte più difficile da apprendere perché significa dare del tu a
Dio e chiamarlo Padre.
► Elemosina
È importante, in quaresima, riscoprire il valore dell’elemosina,
dell’intervento immediato, che non pretende di risolvere tutto, ma fa quello
che è possibile al momento.
►Silenzio, il deserto
Senza silenzio (si parla anche di deserto) non può sussistere la preghiera,
non può esistere il digiuno, che lavora il campo del nostro corpo per la
semina di Dio; non si possono compiere le opere di misericordia che
suppongono un’accoglienza incondizionata dell’altro frutto di una profonda
spoliazione di sé che allarga il cuore.
► Perdono
Chiedere perdono, come anche dare il perdono (per-donare), non sono
azioni spontanee e naturali; sono valori prettamente cristiani, sono gesti
creatori, innovativi che richiedono coraggio. Li possiamo vivere solo se
riusciamo a far emergere in noi la vita nuova.
IL PERCORSO DELLA QUARESIMA DI QUEST’ANNO
Quest’anno ci fanno da guida i brani di vangelo della domenica dell’anno
B. Essi ci portano a scoprire il volto di Cristo (chi è Gesù) e a vivere con lui,
cioè diventare partecipi del suo Mistero pasquale:
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CHI È GESÙ?
Questa domanda se la sono fatti molti, sia i contemporanei e gli apostoli
stessi, sia quelli che sono venuti dopo. È la domanda che ci poniamo anche
noi. Quest’anno i vangeli che ascolteremo nella liturgia della domenica ci
porteranno a dire che Gesù è colui che dà la vita per noi, che morirà per la
nostra salvezza e risorgerà. Il suo vero volto è quello impresso nella
sindone, che indica la sua sofferenza e morte, ma anche la sua “assenza”, la
sua risurrezione.
CHE COS’È IL “MISTERO PASQUALE”?
Forse queste due parole “mistero pasquale” le abbiamo sentite tante volte;
capiamo che hanno una certa relazione con la pasqua, ma perché si parli di
“mistero” proprio forse non riusciamo a capirlo.
Nella liturgia “mistero” indica non una cosa sconosciuta, che non si riesce a
capire o nascosta, ma un evento storico per la nostra salvezza, nel nostro
caso, l’evento della pasqua di Gesù, cioè della sua passione, morte e
risurrezione. Il filo conduttore che lega insieme tutte le domeniche è il
mistero pasquale; Gesù stesso ci fa da maestro presentandosi come il tempio
che viene distrutto e riedificato in tre giorni, il serpente di bronzo innalzato
nel deserto che liberà dal veleno mortifero chi si volge a lui, il chicco di
grano posto nel terreno che morendo porta molto frutto.
LE TAPPE DEL NOSTRO PERCORSO PER SCOPRIRE CHI È GESÙ E IL MISTERO
PASQUALE
I.
Domenica: la scoperta del progetto del Padre – le tentazioni di Satana
perché abbandoni quel progetto.
Dopo aver ricevuto il battesimo di Giovanni ed essere stato proclamato
Figlio di Dio, Gesù va nel deserto dove scopre qual è il progetto del Padre
su di lui: non il messia glorioso, ma il messia sofferente. Il diavolo lo tenta
perché abbandoni quel progetto, ma Gesù rigetta ogni sollecitazione.
Appena uscito dal deserto, incomincia la sua missione
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II. Domenica: la riconferma del progetto (il mistero pasquale) davanti a
testimoni prescelti che saranno testimoni della sua passione.
Dopo che Pietro ha fatto la sua professione di fede in Gesù come messia e
figlio di Dio, Gesù prende tre apostoli e sale sul Tabor. Nella sua
trasfigurazione viene riconfermato che Gesù e il figlio amato, dovrà soffrire
morire e risorgere: viene rivolto l’invito ad ascoltarlo, a credere a questo
mistero della pasqua per la salvezza degli uomini.
III. Domenica: Gesù rivela il suo mistero pasquale nel segno del tempio
distrutto e ricostruito in tre giorni
Gesù fa pulizia nel tempio da tutto ciò che sa di mercato e si rivela come il
vero tempio che sarà distrutto ma subito riedificato in tre giorni.
IV. Domenica: Gesù rivela il suo mistero pasquale nel segno del serpente
innalzato nel deserto che libera dai morsi mortiferi dei serpenti
Gli israeliti nel deserto avevano perso la fiducia in Dio e sono assaliti da
serpenti velenosi. Per ordine di Dio Mosè innalza un serpente di bronzo e
coloro che guardano a lui sono guariti.
V. Domenica. Gesù rivela il suo mistero pasquale nel segno del chicco
di grano che muore e porta molto frutto.
Ci sono molti che voglio vedere Gesù. Egli dice che è come il chicco di
grano che solo morendo nel terreno porta molto frutto
VI. Domenica delle palme: Gesù entra in Gerusalemme per portare a
compimento il mistero Pasquale
LA SCANSIONE DI UN INCONTRO
PREPARIAMOCI ALL’INCONTRO CON GESÙ
Ogni incontro dovrà essere preparato nel dettaglio a cominciare
dall’ambiente in cui ci si ritrova, segno di un’accoglienza e di una
particolare cura per le persone che vivranno l’esperienza.
Si dovrà fare il possibile perché la stanza in cui si svolgerà l’incontro,
sia accogliente, soprattutto il primo incontro in modo che sia i ragazzi che i
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genitori si sentano a proprio agio, come a casa loro.
In un posto adatto, su un leggio o un cuscino, una Bibbia aperta con
accanto un cero, da accendere al momento della lettura del Vangelo, per
ricordarci che la Parola di Gesù è luce in noi e ci guida sempre in sapienza
e verità. È importante che il testo della Bibbia sia decoroso, non sgualcito e
maneggiato con grande rispetto
Quando tutto siamo arrivati, spegniamo telefonini e ci disponiamo in
una posizione comoda in modo da poter
GESÙ CI PARLA: ASCOLTIAMOLO
Quando si è pronti, chi dirige invita a fare alcuni momenti di silenzio.
Si fa insieme il segno della croce, si apre la Bibbia; mentre si canta “Il
Signore è la luce” si accende la candela.
Chi dirige dice:
“Signore, noi crediamo che tu sei presente qui in mezzo a noi,
hai promesso che “quando due o più si riuniscono nel mio nome,
sono in mezzo a loro”.
Come Samuele noi ti diciamo:
“Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”.
Uno dei genitori, fa un inchino alla Bibbia, la prende in mano; dice:
“Ascoltiamo il Signore!” e incomincia a leggere lentamente il brano fissato
dicendo: Dal vangelo secondo…
Alla fine della lettura, dopo una breve pausa, dice: Abbiamo ascoltato
la parola del Signore! Tutti rispondono: Lode a te, Gesù.
CERCHIAMO DI CAPIRE CIÒ CHE GESÙ CI HA DETTO
Primo momento: Dopo un momento di silenzio invitiamo i ragazzi ad aprire
il loro Vangelo e rileggere personalmente il brano e con la matita segnare
una parola o una frase che l’ha colpito o che non capisce.
Secondo momento: Dopo questo primo giro, dove ci si ascolta senza
intervenire su ciò che ognuno dice, possiamo chiedere se ci sono domande,
se c’è qualcosa che non è chiaro e offrire qualche considerazione, se lo si
ritiene opportuno e utile; ci si può servire del commento riportato per le
singole domeniche
Alla fine aiutiamo i ragazzi ad evidenziare una o due espressioni, frasi, o
parole, che possono portare nella memoria e nel cuore come “compagnia” e
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preghiera, magari suggerendo che le ripetano al mattino e alla sera per tutta
la settimana.
RISPONDIAMO A GESÙ
Invitiamo i ragazzi a dire una preghiera come risposta a Gesù. Può esser
fatta a voce, liberamente, oppure scritta da conservare e ripetere lungo la
settimana.
CI IMPEGNIAMO
Ciascuno può scrivere anche un impegno personale nel suo diario o nel
cassetto del suo comodino.
Alla fine ciascuno mette la sua mano sul vangelo in segno di “stare ai patti”
e fa il segno della croce.
CONCLUSIONE
Si può prevedere un momento di festa
PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA
Nel deserto Gesù scopre la sua missione
PREPARIAMOCI ALL’INCONTRO CON GESÙ
GESÙ CI PARLA: ASCOLTIAMOLO
Dal Vangelo secondo Marco
(1,12-15)
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase
quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli
lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il
vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino;
convertitevi e credete nel Vangelo».
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CERCHIAMO DI CAPIRE CIÒ CHE GESÙ CI HA DETTO
La quaresima di Gesù:
Gesù scopre la sua missione e la difende dagli assalti di Satana
- Lo Spirito sospinse Gesù: Gesù si lascia guidare dalla forza dello
Spirito
- nel deserto: Il deserto è il luogo del silenzio, dell’ascolto di Dio, della
preghiera, del vivere dell’essenziale; è il luogo per scoprire chi sono, che
cosa vale di più.
- rimase nel deserto quaranta giorni: sotto la guida di Mosè gli ebrei
rimasero quarant’anni nel deserto: per ascoltare e scoprire il progetto di vita
e di libertà (= i comandamenti) che Dio proponeva loro, per invitarli a
scegliere lui come loro Dio, sigillare un forte patto con lui (= alleanza),
entrare nella terra promessa dove mettere in pratica quel progetto ed essere
felici. Gesù va nel deserto per fare l’esperienza del deserto: ascoltare e
scoprire il progetto del Padre e come realizzarlo. Lasciando stare tutto, in un
clima di silenzio e di preghiera, meditando quello che era scritto nella
Bibbia, Gesù scopre che egli deve essere non un messia glorioso, ma uno
che ama gli uomini fino a dare la sua vita per loro, essere “l’agnello di Dio
che toglie il peccato del mondo (= ogni male, spirituale e materiale).
- tentato da Satana: Incomincia lo scontro. Satana, che aveva tentato gli
uomini fin dall’inizio, tenta di staccarlo dall’ascoltare quello che era scritto
nella Bibbia, di distoglierlo da quel progetto, facendogli avere delle visioni
di meravigliosi successi se l’avesse seguito. Gesù però non si fida di lui, gli
dice che vuole fare fino in fondo ciò che gli ha rivelato il Padre.
- Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano: sono i segni
della vittoria su Satana; le creature non gli sono più ostili e addirittura gli
angeli si fanno suoi servitori; è il ritorno al paradiso terrestre; Gesù entra in
una nuova terra promessa
Gesù incomincia a realizzare il progetto del Padre dando inizio alla sua
missione
Dopo che Giovanni fu arrestato: Giovanni aveva preparato la
immediata venuta del messia; quando viene arrestato, Gesù ha chiara la sua
missione e incomincia a realizzarla
andò nella Galilea. Incomincia dalla Galilea, il luogo dove Gesù è
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vissuto, il luogo della quotidianità. Ed è significativo che le ultime righe del
Vangelo di Marco rimandino gli apostoli proprio in Galilea: “Egli vi precede
in Galilea; là vedrete” (16,7), quasi a ripetere che il luogo per eccellenza
dove incontriamo Gesù è il nostro quotidiano. Così la Galilea non è solo un
luogo geografico, ma è il simbolo della quotidianità, quella che viviamo tutti
i giorni e in cui abbiamo la possibilità di incontrare Gesù.
proclamando il vangelo di Dio: vangelo vuol dire bella-buona notizia,
una bella novità. L’evangelista Marco la sintetizza così: 1. Il tempo è
compiuto - 2. Il Regno di Dio è vicino (= è qui) - 3. Convertitevi - 4. Credete
al Vangelo.
Il Tempo è compiuto: il popolo d’Israele viveva il tempo come una
continua attesa del Messia, di colui che li avrebbe liberati da ogni male. Ora,
con Gesù, è finito il tempo dell’attesa. I profeti del passato, predicavano il
futuro, Gesù predica che il futuro è ormai qui, è presente, è Lui la promessa
tanto attesa. La possibilità concreta è offerta “ora” all’uomo. Il presente è
ciò che conta, perché in questo tempo si rende vicino Dio. Il presente è
un’opportunità, un tempo di grazia per ciascuno di noi perché ci lasciamo
incontrare da Gesù. Non ha senso attendere, affannarsi in vane ricerche; quel
che l’uomo spera è già a portata di mano. La “perla preziosa” è qui. Questa
espressione di Gesù ci porta a non considerare inutili tanti attimi della nostra
giornata e a non sprecarli perché ogni istante può essere un’occasione per
lasciarsi incontrare dal Signore.
il regno di Dio è vicino (= è qui). Il regno di Dio è il regno della
giustizia, della libertà, della pace, dell’abbondanza, della verità, della fedeltà
e dell’amore; al contrario, il regno di Satana è fatto di ingiustizie, di
schiavitù, di povertà, di menzogne, di infedeltà e di egoismi. Con Gesù
irrompe il regno di Dio: dove? Ovunque. È la vittoria sul male, sulle
malattie, sulla sfiducia, sull’egoismo, sulla morte. Anche ognuno di noi può
rendere vicino questo regno di Dio facendo delle piccole scelte: dicendo la
verità, vivendo in pace, fidandosi di quello che dicono le persone che ci
vogliono bene, cercando di rispondere con un gesto di pace ad un torto
subito, dicendo parole di incoraggiamento verso qualche amico poco
simpatico.
convertitevi: è un volgere le spalle a tutto il passato di male, riorientare
tutta la nostra vita in una nuova direzione, mettersi sul cammino che Gesù
ha percorso e tracciato per noi; è recuperare la nostra vera identità,
riprendere a realizzare il progetto che Dio ha su ciascuno di noi
credete al Vangelo. Credere al Vangelo vuol dire affidarsi al lieto
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annunzio di Gesù, fidarsi di Lui che ha vinto la morte, gettarsi nelle sue
braccia per risorgere con Lui. Non è facile credere, la persona spesso diffida
dell’amico, del familiare. Credere è aprirsi, fidarsi, rischiare, lasciarsi
coinvolgere con l’altro; concretamente, rimanere coinvolti nell’avventura di
Dio
RISPONDIAMO A GESÙ
CI IMPEGNIAMO
La nostra quaresima
Con la quaresima anche entriamo nel deserto; ci domandiamo: 1. Siamo
capaci di trovare momenti di lettura del vangelo, di preghiera; 2. cosa vuol
dire per noi essere cristiani (la nostra carta di identità); in che cosa consiste
il nostro progetto di vita cristiana; 3. quali sono le nostre tentazione; 4. in
che cosa faccio consistere il mio digiuno.
•
CONCLUSIONE
SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA
Il Padre riconferma il suo progetto e invita ad accoglierlo
•
PREPARIAMOCI ALL’INCONTRO CON GESÙ
GESÙ CI PARLA: ASCOLTIAMOLO
Dal Vangelo secondo Marco (9,6-10)
Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse
su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue
vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra
potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e
conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbi,
è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e
una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
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Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce:
«Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente,
guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò
che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai
morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire
risorgere dai morti.
CERCHIAMO DI CAPIRE CIÒ CHE GESÙ CI HA DETTO
Sei giorni dopo cioè dopo che dopo che Pietro alla domanda di Gesù: “Chi
sono io per voi” disse: “Tu sei il Cristo il Figlio di Dio vivo”. C’era però il
pericolo essi pensassero ad un messia glorioso Perché non si facessero
illusioni Gesù rivelò che lui avrebbe dovuto patire molto ed essere messo a
morte per poi risorgere il terzo giorno. Dopo sei giorni porta alcuni di loro
sul monte per la trasfigurazione.
Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni” Mc 9, 2. Quando Gesù
chiama solo i tre discepoli siamo di fronte a un momento importante della
sua vita. Ma ci dice anche che l’esperienza di fede non è mai solo personale,
ma è condivisa, vissuta assieme, è esperienza di famiglia, amicizia,
comunità. Quella che possiamo fare con i nostri genitori, nella nostra
parrocchia, durante questo incontro stesso.
“Li condusse su un alto monte” Mc 9, 2. Le cose importanti della vita
costano fatica. È l’esperienza della salita al monte, che fa sudare, faticare,
ma poi l’aria fresca, il paesaggio, la soddisfazione di avercela fatta ripagano
alla grande.
Il monte è il luogo in cui avvengono gli incontri più intimi con Dio. Mosè
sul monte ha ricevuto la legge; Elia ha ascoltato la voce del Signore.
“Le sue vesti divennero splendenti, bianchissime”. Sono motivi che
ricorrono spesso nella Bibbia. Il Signore è “rivestito di maestà e di
splendore, avvolto di luce come di un manto” (Sal 104,1-2). Sono immagini
con cui viene affermata la presenza di Dio nella persona di Gesù. Identico è
il significato della nube luminosa che avvolge tutti con la sua ombra (v. 7).
Quando Mosè ricevette la legge, il monte fu avvolto da una nube (Es 24,1516) e anch’egli discese con il volto splendente (Es 39,29-35).
“E apparve loro Elia con Mosè”. Sono due persone che avevano
incontrato Signore, l’uno nel fuoco del roveto, l’altro nella brezza leggera
del vento; due persone che avevano incontrato l’ostilità: Mosè del popolo,
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Elia del re Acab. Elia rappresenta i profeti, Mosè la Legge; Gesù è il
compimento di tutto, colui che mi rivela Dio.
Conversavano tra di loro. Di che cosa conversavano? Dagli altri
evangelisti sappiamo che parlavano della passione, morte e risurrezione di
Gesù; cioè cercavano di far capire a loro che quello che aveva detto Gesù
sei giorni prima era vero.
Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati” Di fronte a
esperienze grandi rimaniamo senza parole, non riusciamo a capire tutto...
Dio non è mai totalmente afferrabile, c’è un mistero che ci supera. Forse
anche nella nostra vita ci sono esperienze che facciamo fatica a spiegare
anche se crediamo.
“Ascoltatelo” cioè cercate di capire bene quello che lui vi ha detto: egli è
colui che patirà e morirà per voi come hanno preannunciato i profeti. Nella
Bibbia il verbo «ascoltare» non significa soltanto «udire», ma anche
«mettere in pratica». È un invito per ciascuno di noi a vivere un
atteggiamento di profonda accoglienza verso la parola che Gesù ci dona, a
tradurla nei fatti .
“Mentre scendevano dal monte” Mc 9, 9. L’esperienza di Dio non è fine
a se stessa, è fondamentale scendere dal monte, vivere la fede in parole e
opere nella vita di ogni giorno, nella quotidianità, nelle piccole cose che
dicono la grandezza della nostra risposta al Signore. Andare a scuola, fare i
compiti... che fatica!!! Invece Gesù invitando i tre discepoli a scendere dal
monte, invita anche noi, ad affrontare i doveri e le fatiche della vita, anzi,
sarà proprio la bella esperienza fatta con Lui che ci aiuterà ad affrontare con
maggior coraggio la vita di tutti i giorni.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno
ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai
morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire
risorgere dai morti”: ciò che avevano visto non doveva essere dimenticato;
quando le cose sarebbero successe avrebbero capito che lui aveva predetto
la verità: il mistero pasquale era la sua carta di identità.
RISPONDIAMO A GESÙ
CI IMPEGNIAMO
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TERZA DOMENICA DI QUARESIMA
Gesù, “il tempio” distrutto e ricostruito in tre giorni
•
PREPARIAMOCI ALL’INCONTRO CON GESÙ
GESÙ CI PARLA: ASCOLTIAMOLO
Dal Vangelo secondo (2,13-20
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel
tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i
cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del
tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne
rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste
cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si
ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i
Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste
cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò
risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in
quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del
tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva
detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i
segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava
di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse
testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che ce nel cuore di
ogni uomo.
CERCHIAMO DI CAPIRE CIÒ CHE GESÙ CI HA DETTO
Gesù rivela che non bisogna più andare al tempio di Gerusalemme per
incontrare Dio, fare i sacrifici….: è lui il vero tempio in cui abita Dio.
Attraverso la sua morte e risurrezione egli diviene il vero tempio in cui si
offre il vero e unico sacrificio.
In questo brano possiamo distinguere tre parti o momenti:
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Primo momento: purificazione del tempio
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Per i Giudei Dio dimorava solo nel Tempio e solo lì poteva avvenire il vero
culto. Infatti, al centro del Tempio, in una particolare stanza (“Il santo dei
santi”), era conservata l’Arca dell’Alleanza, che conteneva i segni visibili
della presenza di Dio in mezzo al suo popolo.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti,
i cambiamonete.
I pellegrini che provenivano da ogni parte, non solo dalla Giudea, dovevano
procurarsi gli animali da offrire in sacrificio e pagare la tassa di mezzo siclo
al Tempio. Spesso però essi disponevano solo di denaro romano o di altri
paesi, monete non ammesse al Tempio perché coniate con effigi pagane;
dovevano quindi cambiarle
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con
le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i
banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e
non fate della casa del Padre mio un mercato!»
Perché Gesù se la prende tanto con i mercanti del Tempio? Perché non si
può ridurre la religione ad un mercanteggiare: voler comprare dei favori da
Dio; per convincere Dio ad ascoltarmi, gli offro qualcosa che lo possa
piegare alla mia volontà.
I giudei stanno usando una casa, dimenticandosi che quella casa è del Padre,
è il luogo attraverso cui si entra in una relazione d’amore con il Padre.
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa
mi divorerà».
I discepoli non hanno capito subito il senso di quello che Gesù aveva fatto;
dopo la risurrezione capiscono che lo fece perché animato da un grande
amore, quasi da una grande gelosia, per tutto ciò che riguarda il Padre.
Secondo momento: Gesù vero tempio
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri
per fare queste cose?».
I giudei non dicono che Gesù ha fatto male, ma gli domandano dare un
segno (dimostri concretamente, magari con un miracolo) che ha l’autorità di
fare così. Allora Gesù dà un segno: quello della ricostruzione del tempio.
Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò
risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in
quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del
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tempio del suo corpo.
I giudei avevano appena appena finito di ricostruire il tempio e avevano
impiegato non uno ma 46 anni per ricostruirlo dopo la sua distruzione: come
avrebbe potuto Gesù impiegare solo tre giorni per ricostruirlo?
Gesù però non si riferisce al tempio fatto di pietre, ma è al suo: i giudei
lo “distruggeranno” ma lui lo ricostruirà, lo risusciterà il terzo giorno
Gesù dirà della Samaritana che “è giunto il momento in cui né su questo
monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre". (Gv 4,21). Iddio non abita in
templi costruiti da mano d'uomo. Egli abita, cioè si è reso presente in Gesù,
in cui "abita corporalmente tutta la pienezza della divinità" (Col 2.9).
Venendo Cristo, il vero tempio di Dio, il segno del tempio cede il posto alla
realtà. Non senza ragione Mt 27,51 scrive che alla morte di Gesù, "il velo
del tempio si squarciò in due da cima a fondo", perché ormai non aveva più
nulla da nascondere. La presenza di Dio era in quel corpo che dopo tre giorni
sarebbe stato risuscitato e glorificato. Il Cristo glorioso, l'Agnello sgozzato
ma vivente sarà ormai il tempio della celeste Gerusalemme (Apoc 21,22).
Da allora i cristiani non hanno bisogno di templi, perché “ovunque
sono due o tre riuniti nel mio nome (ad esempio quando si prega in
famiglia), io sono in mezzo a loro". Quando noi ci riuniamo per la messa,
l’assemblea cristiana, gode della presenza del Signore, è il tempio di Dio.
Ecco perché Pietro può parlare della Chiesa (quella delle persone) come di
un "edificio spirituale": "Stringendovi a lui (Gesù), pietra viva... anche voi
venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio
spirituale, per un sacerdozio santo...". (1 Pt 2,4-5).
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che
aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Solo dopo la risurrezione i discepoli capiscono quello che Gesù ha detto:
è Gesù è il vero tempio, è ciascuno di noi. «Ti cercavo fuori, ma tu eri dentro
di me», diceva già sant’Agostino.
Di qui il rispetto che dobbiamo avere per ogni persona, qualunque sia la
sua situazione, fisica o morale.
Terzo momento: la reazione della gente: fede sincera e fede finta
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti,
vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù,
non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno
desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che ce nel
cuore di ogni uomo.
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C’è chi crede per i segni, per i miracoli; Gesù non si fida di questi. Gesù
conosce ciò che c’è nel nostro cuore, se lo amiamo davvero, se crediamo.
RISPONDIAMO A GESÙ
Cosa significa per noi essere il tempio di Dio? Che ne abbiamo fatto di
questo tempio?
La quaresima è il tempo che Gesù ci dà per fare “pulizia”: da che cosa?
Come?
Gesù ci conosce profondamente conosce ciò che c’è nel nostro cuore: le cose
belle e quelle meno belle.
Anche la nostra casa è tempio di Dio quando ci vogliamo bene, ci riuniamo
a pregare: adesso in questa nostro incontro siamo il tempio di Dio.
CI IMPEGNIAMO
CONCLUSIONE
QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA
Gesù innalzato sulla croce è il vero “serpente” che libera dal peccato.
•
PREPARIAMOCI ALL’INCONTRO CON GESÙ
Si può prevedere di mettere al centro un crocifisso: Alla fine dell’incontro
ciascuno bacia il crocifisso.
GESÙ CI PARLA: ASCOLTIAMOLO
Dal Vangelo secondo Giovanni (3,14-21)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel
deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque
crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché
chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti,
non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il
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mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma
chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome
dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel
mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro
opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene
alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità
viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state
fatte in Dio».
CERCHIAMO DI CAPIRE CIÒ CHE GESÙ CI HA DETTO
Nicodemo era un fariseo e un membro del sinedrio; con altri settanta
ebrei aveva il compito di far rispettare la legge di Mosé. Stupito dai segni
che accompagnavano la predicazione di Gesù, egli andò a cercarlo nel cuore
della notte. Sentiva il bisogno di comprendere meglio chi fosse Gesù. Ma la
vera notte, Nicodemo ce l’ha nel suo cuore e Gesù gli propone la necessità
di ricominciare, di trovare la luce, di una profonda conversione: «In verità,
in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di
Dio». Chissà quante volte Nicodemo avrà pensato che bisognerebbe nascere
un’altra volta, fatti in modo diverso, ma sapeva che questo non è possibile.
Per Gesù, invece, non è così impossibile come sembra: per questo racconta
quello che era capitato quando il popolo di Dio, diretto alla terra promessa
e aveva perso la fiducia in Dio.
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia
innalzato il Figlio dell’uomo».
Attraversando il deserto molte persone del popolo avevano perso la
fiducia in Dio e di conseguenza si erano trovate in mezzo ai serpenti
velenosi, in quell’occasione Dio aveva prontamente dato a Mosè un rimedio:
costruire un serpente di rame e metterlo in alto. Il serpente è simbolo del
tentatore, del peccato, della sfiducia; si pensi al serpente del paradiso
terrestre; inchiodarlo ad un palo significa ammazzarlo Chi lo avrebbe
guardato a questo segno, si sarebbe salvato. Nicodemo sapeva bene che quel
serpente di rame non aveva capacità magiche: non era esso a guarire, ma era
l’occasione per rinnovare, fa rivivere la forza della fede di quel popolo. Era
un richiamo alla fiducia nelle parole di Dio; senza quella fiducia, Dio non
avrebbe potuto continuare a condurlo alla fine del percorso che aveva solo
incominciato facendolo uscire dall’Egitto. Era un richiamo ad alzare gli
occhi sopra le difficoltà contingenti, quotidiane, a cercare un respiro più alto
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e più profondo per andare avanti, per andare oltre, per non fermarsi.
Gesù si paragona proprio a quel serpente innalzato. Anche lui sarà
innalzato, posto sopra la croce alla vista di tanti, e chi saprà scorgere l’amore
che lo ha innalzato, potrà vedere con i suoi occhi il nuovo sconcertante
orizzonte dell’amore infinito di Dio. Quella croce sarà un’esperienza così
forte che sarà come tornare nel grembo della mamma, dove tutto è rivestito
di amore.
Con Gesù, innalzato sulla croce, viene crocifisso il peccato e la morte, e
con la sua resurrezione viene vinto il peccato e la morte; chi guarda, chi
ripone la fiducia in lui viene salvato
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il
mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
Perché Gesù morto in croce e risorto? Per dirci quando ci ama il Padre,
per dirci che lui non è venuto per condannarci, per mandarci all’inferno, ma
per salvarci;
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato
condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di
Dio».
Per liberarci ha preso su di sé ogni condanna, ogni peccato, ogni male;
si è lasciato condannare, castigare, mettere a morte al posto nostro. In questo
modo ci ha fatto vedere quanto Dio ci ama. Chi crede in lui è salvo. Chi non
crede in lui, si autocondanna a rimanere nel suo peccato.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno
amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie.
Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue
opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce,
perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Siamo un po’ testoni; siamo coloro che voglio camminare ad oggi chiusi,
nel buio, quando invece c’è la luce; non vogliamo credere all’amore di Dio,
pur avendo tante prove di questo amore, la più importante è quella che Gesù,
la vera luce, ha speso tutta la sua vita per noi: Preferiamo guazzare nel
peccato, nell’infelicità. Abbiamo paura di manifestarci per quello che siamo,
cioè peccatori e bisognosi di perdono
A chi non vede, non serve altro giudizio: aver perso l’occasione di vivere
in una “terra nuova” è già abbastanza pesante. Non è Dio che passa al
setaccio l’umanità e “scarta” quelli che non credono, non è questo il suo
intento! Chi non sa accogliere la propria debolezza e il rimedio, chi non sa
alzare lo sguardo verso Gesù innalzato sulla croce per ciascuno di noi, si
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tiene fuori da solo dall’esperienza dell’amore. Scegliere di guardare in
faccia la verità di se stessi costa così tanto che non tutti lo fanno. Molti sono
quelli che si nascondono dietro ad una facciata di cose “meritevoli”,
ingannando prima di tutto se stessi. Per questi, dove non c’è sete non ci sarà
acqua, non ci sarà nuova vita.
Come è andato a finire l’incontro di Nicodemo con Gesù
Dopo questa notte passata con Gesù, Nicodemo, non subito, ma pian
piano, acquistò coraggio, tanto da difenderlo davanti al sinedrio nei giorni
bui del suo arresto, chiedendo che venisse almeno ascoltato; il giorno della
sepoltura aiutò i suoi discepoli e mise a disposizione i suoi costosi oli
aromatici. La Chiesa lo venera come un santo e questo significa che
Nicodemo è riuscito a riconoscere l’immenso amore di Dio mostrato in Gesù
innalzato sulla croce, l’unico che fa rinascere l’uomo nella pace e nella
felicità. È uscito dalla notte.
RISPONDIAMO A GESÙ
Anche per i ragazzi non è facile riconoscere l’Amore. Per essere visto,
l’Amore ha bisogno di uno sguardo capace, sia di scrutare senza paura le
“oscure” profondità dell’egoismo, sia di andare oltre a questo, alla ricerca
del rimedio che Dio ha offerto in Gesù: la fiducia di essere sempre accolti.
Non fa bene chiudere gli occhi su se stessi e credersi quelli che non si è.
Se questo succede, anche l’amore viene solo consumato e tutto diventa
diritto, addirittura sorgente di tristezza, perché motivo di richieste sempre
più alte. Mai come oggi i nostri ragazzi sono nel benessere e, per la maggior
parte, oggetto di attenzioni e premure, ma questo sembra non bastare mai.
Il Vangelo suggerisce l’importanza di scoprire che l’amore che si riceve
non è un diritto, ma un dono che produce felicità solo se è percepito come
tale e se va ridonato agli altri.
CI IMPEGNIAMO
Suggeriamo, se non viene fuori dai ragazzi: baciare il crocifisso ogni sera
prima di addormentarsi, e quando ci si sveglia alla mattina
CONCLUSIONE
19
QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA
Gesù è come il chicco di grano che muore e porta molto frutto.
•
PREPARIAMOCI ALL’INCONTRO CON GESÙ
Si può preparare una ciottola con alcuni grani di frumento o di altri semi.
GESÙ CI PARLA: ASCOLTIAMOLO
Dal Vangelo secondo Giovanni (12,20-33)
quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa cerano
anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di
Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a
Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia
glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in
terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi
ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la
conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono
io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà.
Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora?
Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri
dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è
venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe
di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra,
attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva
morire.
CERCHIAMO DI CAPIRE CIÒ CHE GESÙ CI HA DETTO
Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa cerano anche
alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di
Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo
andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù.
È l’ultima settimana di vita di Gesù. Egli si trova a Gerusalemme.
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Persino un gruppo di pellegrini Greci, pagani, ma simpatizzanti per la
religione ebraica, giunti a Gerusalemme per assistere alle feste pasquali,
cambiano il loro interesse: «Vogliamo vedere Gesù». Conoscono la ritrosia
degli ebrei nell’intrattenersi con i pagani, soprattutto nelle immediate
vicinanze della festa e per questo non si rivolgono direttamente a Gesù, ma
fanno tale richiesta a Filippo, forse incoraggiati dal suo nome greco, il quale
investe a sua volta Andrea. Filippo e Andrea riferiscono questo a Gesù
Gesù non incontra il gruppo di “pellegrini”: preferisce cogliere
l’occasione per parlare ai suoi discepoli di come di lì a poco sarebbe stato
possibile vederlo, conoscerlo, a tutti, a tutti i popoli del mondo. Egli dunque
annuncia loro di essere arrivato alla meta della sua vita: è arrivata quell’ora
verso la quale tutto era orientato, l’ora in cui si sarebbe mostrato
completamente, l’ora del compimento di quel progetto di Dio che lo aveva
portato in terra.
È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato.
Per Gesù la vera gloria di Dio, la sua vera potenza e la sua forza, va
ricercata nel gesto supremo del suo amore, quello della sua prossima morte
e risurrezione. Per questo Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo, per
questo Gesù è nato ed è vissuto. Lui è il figlio unico di Dio, sceso nella
nostra storia per mostrare proprio il vero volto di Dio: un volto di Padre.
Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane da solo».
Volevano vedere Gesù e Gesù fa vedere il suo vero volto, lo si vedrà tra
poco sul Calvario quando si consegnerà alla croce e sarà poi sepolto come
un grano pieno di vita, per far guadagnare al Padre una grande moltitudine
di fratelli, per mostrare il suo amore a tutti.
Chi ama la propria vita la perde e chi la odia la conserverà.
È un terremoto che si abbatte sull’uso consueto delle parole “odio” e
“amore”. Amore in noi richiama il desiderio di unione, mentre l’odio, il
distacco. Ci aspetteremmo sempre cose buone dal primo e cose orribili dal
secondo, invece qui, dove il centro è “la propria vita”, le conseguenze sono
capovolte, invertite: chi la odia la possiede, chi la ama la perde: è questa la
legge della vita per Gesù e per i cristiani. Dopo gli eventi della Pasqua di
Gesù sarà tutto più chiaro.
L’ “attaccamento” a se stessi non può che essere “perdente”: si lotta, si
fatica inutilmente in una realtà dove tutto passa, dove nulla si può trattenere.
Quel “distacco” da sé stessi invece consente di abbandonarsi al flusso della
vita, permette che ci si doni e non si venga derubati, che non ci si consumi:
consente di mettere in circolo e condividere quello che si è trovato di buono
21
in sé. In- somma, permette proprio l’amore.
Se uno mi vuole servire, mi segua
Ecco tracciata anche la via del discepolo che Gesù indica ai discepoli. Il
vero esodo va da se stessi al dono della vita agli altri, dall’egoismo
all’amore. È vero, non è una strada naturale.
Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da
quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica
il tuo nome».
La via o “la legge della vita” (dalla morte la vita) non è facile nemmeno
per Gesù. Anche Gesù è turbato e cita un salmo della Bibbia, il sesto:
«Adesso l’anima mia è turbata». Come è stato difficile per l’antico popolo
d’Israele uscire dall’Egitto dove aveva casa, sicurezze, mangiare e bere,
anche uscire da sé comporta fatica e paure. Le alternative a questo esodo
però sono la solitudine e l’inutilità della propria vita.
«Che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo
sono giunto a quest’ora!»
Gesù non chiede di essere sottratto da questa sua “ora”, anche se davanti
ha la croce, ma chiede a Dio che si compia l’unico disegno che sa dare
significato alla vita, chiede di dare ancora fiducia all’amore.
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò
ancora!».
Qui, nell’ora della prova si sente la voce del Padre: mai Dio ha lasciato
la storia dell’uomo senza una sua parola, senza la sua voce. «L’ho glorificato
e lo glorificherò ancora!». Quella voce richiama sia il battesimo di Gesù,
quando lo Spirito di Dio si posò su di lui, sia le tante “opere”, segni e
miracoli, in cui Dio aveva voluto far sentire a tutti che era con lui. Quella
voce dice che sarà con lui ancora, anche se quello che gli sta davanti non è
più desiderabile: la croce. Eppure sarà solo allora che tutti, ebrei e greci,
potranno conoscere Gesù e la verità di Dio.
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono.
Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato».
L’evangelista racconta che qualcuno pensò di quella voce che fosse stato
un tuono, immagine del Dio terribile e temibile che mette paura. Altri invece
pensarono che a parlare fosse stato un angelo, immagine di un Dio
lontanissimo dall’uomo e inavvicinabile.
Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il
giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori.
E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per
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indicare di quale morte doveva morire.
Quando Dio parla, gli uomini purtroppo non lo capiscono mai! Gesù
dice: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di
questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori». Quando
Gesù salirà sulla croce, quella voce diventerà un’immagine, le parole si
vedranno e allora la menzogna, che infiltrandosi in ogni realtà, compresa la
religione, da sempre insidia anche la voce di Dio, potrà essere annientata.
Una è la verità: quell'uomo sofferente e sconfitto diviene icona vivente
dell'amore del Padre; Amore è Dio, Amore è il Figlio che l’ha manifestato
e l’amore è la strada che ha percorso e che ci indica per seguirlo. L’amore è
la vita e il vero morire è non conoscere tutto questo!
RISPONDIAMO A GESÙ
Tutti abbiamo delle mete nella nostra vita, realizzarci e, come genitori,
portare i nostri figli a diventare qualcuno. Chissà come interpretano questo
nostro sforzo i nostri figli! Sicuramente sanno che li vorremmo più “buoni”
e “obbedienti”, ma avranno compreso che questo si realizza “guardando
fuori” da se stessi? Tanto più le mete della vita li concentreranno su loro
stessi (diventare un calciatore solo per fare soldi o una “velina” solo per
apparire in tv), tanto più li porteranno lontani da un percorso vero rispettoso
della loro vita.
Il Vangelo insegna che si può essere felici solo se si vive nell’amore,
spostando le nostre attenzioni da noi stessi a quel Dio che ci dà la gioia di
sentirci Figli e di non essere dei pellegrini senza meta nel divenire del
cosmo, da noi stessi agli altri che ci circondano, grazie ai quali ogni nostra
qualità diventerà un dono (carisma) e ogni nostra ricchezza una semina che
porterà frutto. Il percorso può sembrare difficile, perché richiama l’idea,
oggi paurosa, del sacrificio, ma il vero sacrificio, la vera privazione, si ha
sulla strada del vivere per se stessi, dove ogni giorno ci si consegna al nulla.
CI IMPEGNIAMO
Ciascuno prende dei semi (le nostre doti-carismi) e li semina in una
vasetto di terra umida, come segno del suo volere di uscire da se stesso per
darsi agli altri.
In concreto: come posso realizzare questo?
CONCLUSIONE
23
DOMENICA DELLE PALME
Gesù dà inizio al suo mistero pasquale
•
PREPARIAMOCI ALL’INCONTRO CON GESÙ
GESÙ CI PARLA: ASCOLTIAMOLO
Dal Vangelo secondo Marco (11,1-11)
Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il
monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel
villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro
legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se
qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: "Il Signore ne ha
bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un puledro
legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei
presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero
loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da
Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti
stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate
nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano:
«Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene,
del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!».
CERCHIAMO DI CAPIRE CIÒ CHE GESÙ CI HA DETTO
Alcune premesse
Gesù è il Messia. L’evangelista Marco in questo racconto inserisce una
serie di rimandi all’attesa del Messia che non si possono ignorare.
“Messia” significa «unto con l’olio» e indica un’indelebile benedizione
speciale da parte di Dio e l’affidamento di una missione speciale a favore di
tutto il popolo. Molte sono le pagine della Bibbia che raccolgono la speranza
di un intervento salvifico da parte di Dio nella storia: qualche volta, a causa
di una profezia che Natan fece a Re Davide (2 Sam. 7), il Messia è atteso
come un re discendente di Davide; altre volte come un profeta, un altro
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Mosé che sa parlare al popolo con le parole di Dio e condurlo a lui; altre
volte ancora, nelle profezie del profeta Daniele, come un “figlio dell’uomo”
che viene sulle nubi, uomo al di sopra dell’umanità, che ha un potere
cosmico che userà per ristabilire sulla terra la volontà di Dio. Marco tesse
così la trama di questo racconto mostrando come Gesù sia sì il Messia atteso,
che porterà a termine il mandato per cui Dio lo ha mandato e benedetto, ma
precisando che la strada che percorrerà non sarà quella che in tanti si
aspettavano.
Domenica delle palme o di passione Così è soliti chiamare l’odierna
celebrazione; entrambi i termini “centrano” il significato. Infatti subito dopo
la processione, giunti in chiesa, viene letto il racconto della passione: Gesù
entra in Gerusalemme per farle dono della sua vita ...
Le palme. Perché si parla di palme? Il vangelo di Marco non parla di
palme; gli altri evangelisti parlano semplicemente di “rami degli alberi”. Le
palme evocano la passione che avrà inizio qualche giorno dopo. Quando,
nell’antica Grecia, gli atleti superavano una gara nelle Olimpiadi,
affermavano la loro vittoria stringendo nelle mani una palma. Dal termine
testimonianza (in greco “marturia”) proviene l’espressione del nostro
“martire”. A motivo di ciò l’iconografia cristiana presenta i martiri,
testimoni di Cristo, con la palma. Dall’altro canto l’espressione “passione”
rimanda alla forza con la quale si vive una realtà: un lavoro, un amore, una
vita. Con la stessa potenza e maestà Gesù si è sottoposto alla morte e ha
trionfato dalla morte. L’ingresso di Gesù in Gerusalemme è l’espressione
dell’amore di Cristo.
Entriamo nel racconto
Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso
il monte degli Ulivi. Gesù entra in Gerusalemme: è il cuore della vita di
Israele. Secondo la linea narrativa propria di Marco, questa è la prima volta
che Gesù entra in questa città, e vi accederà dalla parte del Monte degli
Ulivi. Oltre al fatto che l’ulivo richiama l’unzione messianica, tale monte si
trova ad oriente di Gerusalemme da dove le profezie avevano predetto
sarebbe arrivato il Messia.
mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte
a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale
nessuno è ancora salito
Anche quello strano invito di Gesù ad andare a prendere «un puledro»
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richiama un’altra profezia messianica riportata dal libro di Zaccaria (9,9):
«Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino,
un puledro figlio d’asina». Per questo profeta, il Messia sarebbe stato un re
di pace, non violento, non un dominatore, ma avrebbe fatto scomparire da
Gerusalemme ogni ingiustizia. Gesù ordina di «slegare» quel puledro e più
volte appare in questo breve brano l’accenno a questa azione: tale
sottolineatura sembra dirci che Gesù libera questa profezia di un Messia
portatore di pace, prima «legata», coperta e censurata dal desiderio di
risolvere ogni cosa nella potenza e nella forza.
E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: "Il Signore ne
ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un
puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni
dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi
risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare.
Quella domanda fatta nel villaggio, «Perché slegate questo puledro?»,
mette in luce che per il popolo non sarà facile comprendere questo modo di
essere di Gesù: ogni volta che nel Vangelo Marco usa come ambientazione
il “villaggio”, luogo della routine e del “si è sempre fatto cosi”», è un
anticipo di incomprensione, di ostilità e di conflitto.
Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli
vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece
delle fronde, tagliate nei campi.
I suoi discepoli «gettano i mantelli» su quel puledro: gettare il mantello
significa mettere la propria fiducia, e caricarli su quell’animale è come dire
che i suoi discepoli erano disposti ad accettare una tale via di pace, non
violenta.
Gesù vi si «siede», non sale, come a dipingere la presa di possesso da
parte del re del suo trono. Inizia il regno di pace che Dio aveva promesso,
basato non sulla potenza e sulla forza, ma sull’amore.
La folla invece, corrotta da chi ha «legato» queste profezie per anni,
stende i tappeti a terra; è un segno di sottomissione, di un popolo che non si
aspetta niente di più di quello che aveva sempre ricevuto: ancora una
dominazione.
Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che
viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!».
Gesù si trova in mezzo tra «quelli che precedono e quelli che lo
seguono», che gridano “osanna” (=salvaci!) ad un Messia che pensano sia
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come il re Davide, ma non corrisponde alla verità; non hanno compreso chi
stanno accompagnando; per questo saranno delusi e qualche giorno dopo
fuggiranno e grideranno «crocifiggilo».
RISPONDIAMO A GESÙ
Anche noi spesso siamo tentati di dare fiducia a ciò che riteniamo sia forte
e potente e a volte vorremmo che anche la nostra fede avesse una chiara
ricaduta di benefici concreti nella nostra vita. Per riconoscere Gesù c’è
bisogno che abbandoniamo la via della potenza e della forza. Il nostro Dio
non chiede di sottometterci, ma di riconoscere e rispondere al suo amore; se
ci pensiamo bene, questo è molto di più di una “potente protezione”: ci
chiama ad essere amici e non servi. Se mettiamo come i suoi discepoli la
nostra fiducia in lui, Messia di pace e di amore, Gesù fa parte con noi della
sua unzione, quella della benedizione e della missione: ciascuno di noi, con
i propri doni e con la propria personalità, sarà una parte importante del
Regno di pace, di giustizia e di amore
CI IMPEGNIAMO
CONCLUSIONE
Ritroviamoci
alle grandi celebrazioni del mistero pasquale:
Giovedì santo, Venerdì Santo, Veglia pasquale
Insieme a tutti coloro che credono
Che Gesù ci ha amati
Fino a dare la sua via per noi!
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