LA BERGAMO… CHE FA RICERCA E SPERIMENTAZIONE LA COLTURA DEL MAIS O GRANOTURCO HA FATTO PASSI DA GIGANTE, IN TERMINI DI QUALITÀ, SALUBRITÀ, SICUREZZA E RICERCA DI NUOVI PRODOTTI. IN CABINA DI REGIA IL CRA-MAC - UNITÀ DI RICERCA PER LA MAISCOLTURA DI BERGAMO, DOVE È PRESENTE ANCHE UNA “BANCA DEI SEMI” E LA PIÙ AMPIA COLLEZIONE DELLE VARIETÀ TRADIZIONALI ITALIANE E DI ACCESSIONI EUROPEE E INTERNAZIONALI BERGAMO L’UNICA BANCA DEL MAIS 46 Era il 1492, quando Cristoforo Colombo lo portò con sé dall’America. Da allora, il mais ne ha fatta di strada. Dapprima, finì negli orti botanici come curiosità vegetale o ornamentale. Poi, piccoli campioni furono inviati nella sede pontificia di Roma e nelle corti dei prìncipi italiani. Nel grande emporio di Venezia giunse già nel 1550, coltivato principalmente a scopo di studio (erbario); poi, come coltivazione, arrivò nel 1554 a Villabona, attuale Villa d’Adige; quindi, penetrò nei campi del Friuli, dove è documentato dal 1580; e in quelli della Lombardia dall’inizio del 1600. A riguardo, un d o c u - mento del 1632 fa risalire nella Bergamasca la coltivazione del primo campo di “melgotto” e, più precisamente, nel territorio di Gandino, nel terreno chiamato “Costa sotto Corno”, in contrada di Clusvene. Inizialmente utilizzato per l’alimentazione degli animali, sotto la spinta delle carestie (in particolare quelle del 1677/78) andò presto a sostituire la farina di grano per il pane e la farina di miglio, panico e farro come farina nella preparazione della polenta; tra i più poveri divenne il “cibo base”, spesso consumato come unico alimento. La sua virtù principale: “da un seme se ne possono ottenere più di mille”. La particolare geografia e orografia dell’Italia, come pure le varie modalità di coltivazione, portarono nel tempo a differenziare e selezionare moltissime varietà tradiziona- li (“ecotipi locali”) di mais, con granella di tipo vitreo o semivitreo, con una maggiore resa alla macinazione e una particolare idoneità alla produzione di farine per l’alimentazione umana. Nel secolo scorso, la coltura del mais si è continuamente sviluppata, con progressi costanti nella ricerca genetica e nella tecnica agronomica: miglioramento della qualità e salubrità della granella, maggiore sicurezza alimentare delle farine di mais e di nuovi prodotti derivati, ampia diffusione degli ibridi di mais, che ora arrivano al 98% della produzione totale. Bergamo, capitale europea del mais In questa evoluzione delle produzioni maidicole, grandissima importanza ha avuto la Bergamasca. Proprio a Bergamo, infatti, precisamente a Curno, fu fondata nel 1920 la Stazione Sperimentale per la Maiscoltura, unica in Italia, sotto la direzione del prof. Vito Vezio Zapparoli, a dimostrazione dell’importanza che il governo italiano attribuiva a questa coltura e alla tradizione maidicola bergamasca. In quasi 100 anni questa stazione di ricerca e sperimentazione “made in Bergamo” ha svolto un lavoro pregevole, diventando il punto di riferimento nazionale ed europeo della ricerca sul mais. Soprattutto dal secondo dopoguerra, quando a dirigerla fu chiamato Luigi Fenaroli, eccellente agronomo e botanico, che condusse importanti progetti, sperimentando e introducendo in Italia ibridi di mais americani, e incrementando esponenzialmente i livelli di produttività della coltura. Fu lui che favorì il trasfe47 che, biochimiche, fisiologiche e molecolari. “Facciamo un grosso lavoro – spiega Paolo Valoti esperto della “Banca del germoplasma” CRA-MAC - Cerchiamo di ottenere delle varietà con più alti indici di produttività, migliori qualità nutrizionali e maggiore resistenza alle malattie e agli attacchi parassitari. Attenti, però. Qui, non si fa manipolazione genetica, ma il CRA-MAC è l’organismo preposto per l’effettuazione di “Analisi di Revisione” di seconda istanza, su campioni di mais e di soia, volte a verificarne l’eventuale presenza di OGM. Il lavoro è lungo, perché segue necessariamente i ritmi della vita vegetale, e per vedere i primi risultati – non necessariamente positivi – i tecnici devono operare per più anni”. Per tutte queste operazioni, il CRA-MAC può disporre di attrezzature e strumenta- rimento della stazione da Curno a Stezzano, all’interno di un appezzamento di 25 ettari, al confine con Bergamo: l’inaugurazione della nuova struttura avvenne nel 1953. E fu lui che per primo si fece promotore del programma di raccolta e conservazione di semi delle antiche varietà tradizionali italiane. Nel 1968, la Stazione divenne una sezione del nuovo Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura (ISC), con sede a Roma. Nel 2007, poi, la sezione di Bergamo dell’ISC assunse la denominazione di Unità di Ricerca per la Maiscoltura (CRA-MAC), entro il Consiglio per la Ricerca e sperimentazione in Agricoltura (CRA), sotto il controllo del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Oggi, il CRA-MAC è diretto da Carlotta Balconi e sviluppa le sue attività, seguendo le linee guida di Fenaroli e i nuovi indirizzi per la ricerca di base e applicata. Ricerca e innovazione Due i settori di intervento. Innanzitutto, l’attività di miglioramento genetico classico del mais, sfruttando strategie geneti- zioni all’avanguardia. Per esempio, il laboratorio di chimica e fisiologia, per l’analisi qualitativa e quantitativa di numerosi composti di interesse per l’alimentazione umana (proteine, grassi, amido, antiossidanti, fitosteroli) e per la determinazione della qualità foraggera dei mais trinciati (componenti della fibra, ceneri, micotossine). Inoltre, un laboratorio per la biologia molecolare e per l’analisi genomica; un laboratorio di colture cellulari, per la trasformazione di cellule vegetali e per analisi di microscopia. Il laboratorio, inoltre, è dotato di camere di crescita e serra a contenimento. Estremamente importante è il laboratorio di patologia vegetale, allestito per svolgere in sicurezza le procedure fondamentali per il mantenimento in coltura di patogeni fungini tossigeni (in particolare, Aspergillus flavus, Fusarium verticilliodes) e per lo svolgimento di biosaggi in vitro, volti a valutare l’attività anti-fungina di proteine e composti vegetali. Ma la “banca dei semi” comprende soprattutto 1.262 varietà locali: oltre la metà di queste (circa 750) è stata raccolta in Italia negli anni Cinquanta, su iniziativa dapprima di Zapparoli, poi di Fenaroli, quando si diffondevano, per ragioni di innovazione genetica e agronomica, e di crescita economica, gli ibridi, a discapito delle coltivazioni tradizionali. Di quel periodo, per esempio, sono conservate le sei varietà locali più rappresentative, selezionate e diffuse attraverso il marchio governativo di “Semente eletta di mais”: Nostrano dell’Isola, Marano, Sca- La “banca dei semi” Ma il fiore all’occhiello dell’Unità di Ricerca per la Maiscoltura è il laboratorio di conservazione del germoplasma, dove è conservata la “banca dei semi” e la collezione della biodiversità di mais più ampia in Italia. Sono presenti, infatti, oltre 5.700 accessioni tra varietà locali italiane, europee e di altri Paesi, popolazioni sintetiche, linee pure italiane e USA, e stock genetici, conservate ex situ in celle a 5°C e riprodotte periodicamente in campo. Nello specifico, la collezione comprende: 476 popolazioni sintetiche, 3.590 linee inbred e anche 426 linee pure che portano mutazioni (alleli) e che esprimono specifici caratteri a livello dello sviluppo della pianta e delle vie metaboliche della cariosside. Paolo Valoti e Carlotta Balconi 48 49 gliolo 23A, Rostrato Cajo Duilio, S. Pancrazio, Taiolone. La struttura del CRA-MAC a Bergamo, poi, dispone di un’azienda agraria sperimentale, “La Salvagna” (di circa 25 ettari), per la sperimentazione in campo. La ricerca, infatti, non si fa solo in laboratorio, ma anche nei campi, prendendosi cura di diversi appezzamenti di terreno, per fare circa 80.000 fecondazioni a mano di piante di mais, per le attività di miglioramento genetico tradizionale e per realizzare oltre 15.000 parcelle per le prove agronomiche di adattamento e resa. Tutti i risultati sono a disposizione della comunità scientifica internazionale, i dati delle prove per i tecnici e gli operatori del settore, mentre quelli economicamente validi vengono brevettati e registrati presso le autorità competenti, e poi venduti alle aziende sementiere che riforniscono gli agricoltori del mercato. A completare i servizi del CRA-MAC, serre, capannoni, officine, uffici e abitazioni, per una superficie di oltre 3.000 mq. Presente anche una biblioteca di 1.800 volumi e oltre 300 periodici scientifici, ricerca e agrotecnici. La biodiversità in tavola Negli ultimi anni si sta registrando un “revival” delle varietà autoctone di mais. Prova ne sono le reintroduzioni e le nuove colti- 50 vazioni di “Spinato di Gandino”, “Nostrano dell’Isola” e “Rostrato rosso di Rovetta”, alle quali si aggiungono Scaglioli, Cinquantini e Nostrani delle Valli Bergamasche: varietà tradizionali che stanno rilanciando queste zone anche a livello turistico e di promozione del territorio. “Lo stimolo è il desiderio di riscoprire gli antichi sapori di un piatto semplice e straordinario come la polenta, riconosciuta come “regina della tavola” - continua Paolo Valoti – ma anche la particolare sensibilità di diversi consumatori, più attenti alle tipicità, ai gusti genuini e alle qualità organolettiche e integrali di questo alimento, tra l’altro senza glutine. Inoltre, la riscoperta di vecchie specie e varietà antiche di cereali, quali il mais, significa attenzione alla biodiversità, ai prodotti tipici locali, ai profumi e ai sapori di un tempo, che esaltano il territorio di provenienza e, non ultimo, promuovono la sostenibilità ambientale e delle coltivazioni. Ma la farina di mais, definita “oro giallo”, non significa solo polenta, in particolare la più gustosa polenta taragna orobica, ma anche tanti altri prodotti da forno e preparati da pasticceria, come pane, gnocchi, gallette, pizze, torte, gelati, birre al granturco. Prodotti nuovi e innovativi, frutto della creatività dei cuochi e degli artisti del gusto, che pian piano stanno uscendo dalla loro “nicchia” riservata agli addetti ai lavori per conquistare mercati più ampi e consumatori consapevoli, sull’onda lunga del successo costante delle eccellenze e tipicità gastronomiche bergamasche e “made in Italy”, e del valore aggiunto portato dalla “filiera corta” e dai prodotti “a km zero”. Merito soprattutto di enti ed istituzioni, associazioni di consumatori, organizzazioni di cittadinanza sostenibile che hanno a cuore la biodiversità, l’ambiente, la sovranità alimentare, l’economia sostenibile; ma an- che di agriturismi, bed & breakfast, aziende agricole più sensibili al rilancio delle produzioni locali e delle eccellenze alimentari del territorio”. Il mais come identità del territorio Come detto, già negli anni ’50, Luigi Fenaroli propose Bergamo come “capitale europea del mais”. Il CRA-MAC raccoglie oggi questa eredità e prende parte alla creazione di “MEB 2015”, cioè una rete internazionale fra enti locali bergamaschi e i Paesi partecipanti all’EXPO2015 di Milano, per la valorizzazione di “Mais Expo Bergamo”, che è entrato ufficialmente nella più grande progettualità di “Bergamo Experience 2015”, con capofila la Camera di Commercio di Bergamo e il Comune di Bergamo, insieme ad altri 189 soggetti, di cui 183 enti locali. Il nuovo network, che vede in cabina di regia la Provincia di Bergamo, punta a coinvolgere chi intende promuovere e diffondere il mais nella sua pluralità di usi, significati, economie, innovazioni e cooperazioni, come uno dei cereali simbolo del tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” per tutti. Nel progetto “MEB 2015” sono presenti anche l’Osservatorio CORES dell’Università degli Studi di Bergamo, il Comune di Gandino, l’Associazione Comunità del Mais Spinato di Gandino, il Comune di Bergamo-Orto Botanico “Lorenzo Rota”, la Fondazione MIA-Congregazione della Misericordia Maggiore di Bergamo e la Fondazione MIA-Valle d’Astino, la Diocesi di Bergamo e il CELIM. C.P . CRA-MAC Unità di Ricerca per la Maiscoltura Via Stezzano, 24 24126 Bergamo Tel. 035/313132 Fax 035/316054 [email protected] www.maiscoltura.eu www.entecra.it 51
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