Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Numero 34 04 Febbraio 2014 141 Pagine Honda Civic Tourer Dinamismo e versatilità Lo stile della 5 porte in un vestito sofisticato e con impronta sportiva Periodico elettronico di informazione motociclistica Dacia Sandero 1.2 GPL L’arte del risparmio la Dacia Sandero strizza l’occhio a coloro che necessitano di una utilitaria dai costi contenuti Lancia Voyager 2.8 L diesel 177 CV Viaggio in prima classe una monovolume all’americana | PROVA SU STRADA | Bentley Continental GT Speed Convertible da Pag. 2 a Pag. 21 All’Interno NEWS: Volkswagen Polo restyling e Golf R | Peugeot 3008 e 5008 restyling | Porsche-Museum un viaggio nella Casa di Zuffenhausen | F1: Allarme sicurezza per i musetti | DAKAR: Nani Roma “Vincere è sempre bellissimo!” PROVA SU STRADA Bentley Continental GT Speed Convertible British power Le nuova Bentley GT Speed Convertible è una supercar dalle prestazioni sensazionali, capace di regalare un’esperienza di guida indimenticabile. Puro stile British, non sacrifica il confort sull’altare delle performance. Peso importante di Matteo Ulrico Hoepli 2 3 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Media S iamo nel bel mezzo di una bellissima giornata invernale sul lago di Como. Con quale macchina potremmo andare a trovare George Clooney? Ci vorrebbe di certo qualcosa di esclusivo, esteticamente intrigante, con un motore “prepotente” e, vista la presenza del lago, non ci dispiacerebbe una cabriolet. Che cosa ne dite di scegliere una 12 cilindri, con 625 CV e 325 km/h di velocità massima? Sicuramente state pensando alla solita supersportiva dalle prestazioni mozzafiato ma scomoda nella vita di tutti i giorni. E invece no, perché l’auto che abbiamo scelto oltre ad essere incredibilmente comoda (l’abitacolo ha ben 4 posti) è anche una davvero raffinata, in puro stile British. Stiamo parlando della nuova Bentley Continental GT Speed Convertible, che, abbiamo provato in una colorazione giallo Cytric (una tinta voluta, si dice, dallo 4 Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica caso abbiamo tra le mani una supersportiva capace di scattare da 0 a 100 km/h in 4,4 sec e di raggiungere una velocità massima incredibile per una cabriolet, pari a 325km/h. Un risultato che mette quest’auto in diretta competizione con vetture del calibro di Lamborghini, McLaren, Ferrari ecc. La nuova GT Speed Convertible cela dietro i piaceri sensoriali di una lussuosa Gran Turismo decappottabile le sconvolgenti prestazioni di un W12 biturbo da 625 CV e 6.000 cc. La trasmissione a otto rapporti ravvicinati, le sospensioni potenziate e ribassate e lo sterzo con nuova messa a punto assicurano un’accelerazione dirompente rispetto al modello precedente, con un contemporaneo miglioramento fino al 15% nei consumi. La precisione di guida e la reattività è degna di una supersportiva ma questo non compromette il rinomato comfort di guida tipico di ogni Bentley. In più la trazione integrale permanente, di origine “Audi quattro”, garantisce un’aderenza e un’erogazione di potenza ottimali in qualsiasi condizione stradale. Le Bentley “Speed” Benché il nome Speed sia ritornato sulle scene ad agosto 2007 con la prima generazione di Continental GT , le sue origini risalgono all’epoca di W.O. Bentley, con il modello Speed “3 Litre” del 1925 e in seguito con il modello vincitore a Le Mans, ovvero la leggendaria Speed Six. Anche la prima Bentley Speed era una Gran Turismo decappottabile: offriva ai pionieri dell’automobilismo l’opportunità di apprezzare una guida all’aria aperta con incredibili, almeno per l’epoca, prestazioni capaci di portare la vettura a toccare i 160 Km/h. A confronto, la moderna GT Speed Convertible da 325 Km/h è oltre due volte più veloce della sua progenitrice ma è anche nettamente più comoda. stesso “patron del Gruppo Volkswagen Fernand Piech). Con la Continental GT Speed Convertible passare inosservati è davvero impossibile. Il merito è non solo degli esclusivi cerchi in lega da 21 pollici ma anche del sound rauco e inconfondibile del 12 cilindri. Prestazioni incredibili e comodità, immersi nel lusso Ci mettiamo al volante di un’auto eccezionale, con un peso di certo non indifferente, che sfiora i 2.500 kg, ma con prestazioni da vera supersportiva a 2 posti secchi. La Bentley Continentanl GT Speed invece può essere guidata in assoluto relax, con le sospensioni impostate su “soft” ed il cambio in D. Se se vogliono prestazioni mozzafiato in ogni caso è possibile scegliere una taratura delle sospensioni più dura e impostare la modalità di guida su “Sport”, che cambia la risposta di cambio, sterzo e acceleratore. In quest’ultimo 5 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Esterni: design British Style La Cabrio britannica è lunga 4,80 metri e larga 1,95, le linee sono possenti e dinamiche ma ricalcano i “classici” Bentley con il risultato di avere un’auto molto fascinosa e sexy. La Continental GT Speed Convertible si distingue per la griglia del radiatore a nido d’ape brunita, i cerchioni in lega “Speed” da 21 pollici, esclusivi per questo modello, ed i tubi di scarico ellittici a sezione larga, che hanno una finitura interna rigata. Un ulteriore e raffinato tocco di design si svela non appena si apre il cofano: il collettore di aspirazione nero in esclusiva per i modelli Continental “Speed” e lo stemma della “B” alata che incorona la calandra del radiatore spiccano su uno sfondo in smalto nero. Sulle fiancate si notano i parafanghi anteriori e posteriori maggiorati, che conferiscono alla vettura una sensazione di movimento e potenza. Le sospensioni ribassate di 10 mm (rispetto alla versione da 575 CV) ed i 6 cerchi da 21 pollici a 10 razze, moderni e classici insieme, esaltano ulteriormente l’aspetto, mantenendo sempre intatta l’eleganza Bentley. Pur con prestazioni da supercar, alla GT Speed Convertible non servono spoiler aggiuntivi: il discreto bordo sullo sportello del bagaglio a doppio ferro di cavallo è già sufficiente per creare tutta la deportanza necessaria, persino a 325 Km/h. Se il cofano è, come vuole la tradizione, lungo ed imponente anche il bagagliaio non è da meno. Sulla versione Convertible naturalmente spicca la bella capote nera in tela, che caratterizza molto quest’auto, soprattutto grazie al contrasto giallo/nero dell’esemplare in prova. Cabrio: l’emozione della strada aperta, 365 giorni l’anno La nuova Continental GT Speed Convertible offre il lusso e l’eleganza di una coupé, ovvero della sorella GT Speed, ma basta premere un 7 8 9 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica ovviamente. Abbiamo trovato un po’ lenta la reazione del software ai comandi del touchscreen. Il sistema non è velocissimo nell’esecuzione e questo può risultare un po’ fastidioso mentre si guida. Il sistema offre 15 GB di spazio disponibile per la musica oltre alla possibilità di riprodurre i brani tramite iPhone, MP3, caricatore CD da sei dischi o SD card. E non manca un vero tocco di classe: le impostazioni del bilanciamento audio si regolano automaticamente quando si apre la capote, per compensare il cambiamento nell’ambiente di ascolto. pulsante per trasformarla in pochi secondi in una Gran Turismo Cabrio che non passa inosservata. La capote a quattro strati assicura livelli ottimali di raffinatezza e isolamento acustico. Sottoposta a test esaustivi in ogni sorta di condizione climatica, da - 30°C a 50°C e oltre, resiste persino alle piogge “monsoniche” e mantiene un ambiente caldo, confortevole e privo di correnti d’aria anche nelle giornate più fredde. Ovviamente il bagagliaio, che deve contenere la capotte, soffre un po’, offrendo 261 litri di capienza, e quindi una spazio sufficiente per un viaggio lungo un weekend. Il 12 cilindri: potenza pura, British Power La Bentley ha veramente un motore unico, derivato dall’incredibile 12 cilindri a W Audi, ovvero con 3 bancate da 4 cilindri, con 2 turbocompressori, 48 valvole e 6.000 cc che danno un potenza di 625 CV a 6.000 giri ed una coppia “monstre” di 800 Nm costante tra i 2.000 e i 5.000 giri/ min, per garantire in ogni momento una ripresa esaltante. Solo a leggere i dati già ci si emoziona. Come tutti gli altri modelli che montano il motore W12, la GT Speed Convertible ha un posti caratterizzati da meravigliosi rivestimenti in pelle trapuntata. La Bentley protagonista della nostra prova offre una caratteristica finitura in fibra di carbonio satinata per il cruscotto e la console centrale che contrasta elegantemente con le cromature. La seduta è comoda, ma con impostazione sportiva e quindi piuttosto in basso. Infatti la linea di cintura è alta, quindi ci si ritrova letteralmente immersi nel lusso. Avremmo preferito una regolazione del volante un po’ più ampia, soprattutto in lunghezza, e abbiamo trovato i paddles del cambio, troppo alti e distanti dal volante per la guida sportiva. In più le leve di selezione del cambio rischiano di causare un po’ di confusione con il deviatore frecce. Interni: il lusso elegante e raffinato si sposa con la più moderna Sistema multimediale: completo tecnologia ma non velocissimo Gli interni partono dagli esclusivi battitacco con il logo Speed in alluminio. Poi tutto l’abitacolo viene caratterizzato dal design moderno e sportivo, con richiami alle classiche Bentley con cromature e tocchi di stile. Nell’abitacolo realizzato a mano, la GTC mette a disposizione quattro 10 Il sistema di infotainment include tutte le funzioni oramai standard negli alti di gamma, dal navigatore, al settaggio delle sospensioni, fino alle informazioni sul traffico in tempo reale e la radio e alla TV digitale, visibile solo quando si è fermi 11 Periodico elettronico di informazione motociclistica “ Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova La Bentley ruggisce aggredendo la strada, compiendo sorpassi fulminei e poi magari curva e contro curva con un’ottima precisione nonostante il peso di 2.500 chilogrammi sistema di recupero dell’energia. Il motore riesce ad erogare in maniera morbida o rabbiosa grazie al cambio automatico a 8 marce con “paddles” al volante . Insieme alla trasmissione Quickshift a otto rapporti ravvicinati, questo sistema permette di ottenere un miglioramento pari al 15% del risparmio di carburante e delle emissioni di CO2 rispetto alla Speed di prima generazione, con un proporzionale aumento dell’autonomia. Telaio: ribassato, dalle linee più decise e coinvolgenti Con un’eccellente rigidità torsionale il telaio della Continental GT Speed Convertible è ideale per un’esperienza di guida dinamica, precisa nelle traiettorie, anche in piena accelerazione. Le sospensioni anteriori a doppi bracci trasversali in alluminio e l’assetto posteriore multi-link 12 trapezoidale presentano molle pneumatiche e ammortizzatori riprogettati per un’agilità e un controllo superiori, senza compromettere il comfort di guida. Il sistema auto-livellante è impostato 10 mm più in basso rispetto alla Continental GT Convertible da 575 CV. Il risultato è un maggiore controllo nelle curve più impegnative e un’agilità superiore; inoltre, poiché lo sterzo svolge un ruolo fondamentale nel fornire un feedback preciso e reattivo al guidatore, è stato ricalibrato anche il sistema Servotronic per la specifica Speed. 625 CV, trazione integrale e 8 marce Come ogni modello Bentley Continental, anche la GT Speed Convertible offre la stabilità della trazione integrale permanente, con un rapporto 40:60 a favore del retrotreno che permette ai conducenti più esperti di controllare l’allineamento della vettura tramite l’acceleratore. La ripartizione di coppia a favore del retrotreno riduce a sua volta il sottosterzo nelle curve più impegnative mentre il sistema ripartisce la coppia tra gli assali anteriore e posteriore per una tenuta ottimale in ogni condizione climatica e stradale. Ne deriva un connubio esaltante di prestazioni e praticità, una Bentley in grado di affrontare un viale assolato o un passo alpino innevato con lo stesso, imperturbabile aplomb. Per avere una supercar basta spostare il selettore del cambio sulla modalità Sport per scoprire la duplice personalità della nuova GT Speed Convertible, capace di offrire una risposta dell’acceleratore ancor più marcata, di cambiare marcia a regimi più alti e di scalare più velocemente tramite il sistema Block Shifting (per esempio passando dall’8a alla 4a marcia) per un’accelerazione subito accessibile. Avremmo comunque preferito un sistema di “settaggio” tipo quello delle Audi più sportive, con la possibilità di scegliere diverse modalità di guida, da Eco a Sport, potendo scegliere ogni parametro, ad esempio sterzo, cambio, apertura scarico in maniera individuale. Infatti se ad esempio si viaggia in “manuale” lo scarico resta aperto, ed un autostrada alla fine rimane un po’ fastidioso. Su strada statale la GT Speed Convertible sembra un ghepardo sornione che aspetta la preda. Attorno agli 80-90 all’ora si muove con un minimo di rumore di scarico e il motore che viaggia a 1000 giri scarsi. Appena c’è bisogno di potenza per un sorpasso però si scalano 2 marce (7 e 8 sono overdrive e un po’ lente a prendere i giri sottocoppia) e la Bentley 13 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica ruggisce aggredendo la strada, compiendo sorpassi fulminei e poi magari curva e contro curva con un’ottima precisione nonostante il peso di 2.500 kg, soprattutto se si è in modalità Sport con le sospensioni più rigide (livello 1°). troppo rigida per la marcia normale. La nostra posizione di sospensioni preferita è la sport 1. La confort 2 la lasciamo alla regina d’Inghilterra, appassionata del marchio. In autostrada: souplesse e accelerazioni brucianti Bisogna essere onesti e dire che la GTC è molto maneggevole, con uno raggio di sterzo molto ampio. Nonostante 4,80 metri di linghezza ci si destreggia bene. Il parcheggio è invece piè impegnativo in quanto la Convertible è piuttosto larga. Per fortuna aiutano la telecamera ed i sensori. Con la capote chiusa, la visibilità dietro è abbastanza limitata. L’autostrada è il campo perfetto per la “Speed”. Si esce dai caselli in accelerazione con il muso “Bentley” imponente che si alza, si sente la trazione lavorare al meglio per dare massima trazione ai 625 CV. È impressionante, in 5 secondi si è già a 130 all’ora. A questo punto si innesta l’ottava, si resta poco sotto i 2.000 giri e si fila via tranquilli. Si avverte solo un po’ troppo rumore di scarico, come dicevamo prima, se si usa il manuale. Entrata ed uscita sui curvoni autostradali precisi, anche se si sente il peso, ma se si mette le sospensioni su sport 2°, il massimo della rigidezza, l’auto diventa molto precisa, anche se fin 14 Prova Ed in citta? Consumi, tasto dolente I consumi, ovviamente , sono alti, ovvero si resta quasi sempre poco sopra i 5 km/litro usando molta potenza. Invece con andature più tranquille o in autostrada si viaggia sui 7-8 con un litro. D’altronde non ci si compra un auto da 625 CV 15 16 17 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica per fare economy run. Indubbiamente sarebbe utile applicare al motore, le tecnologie Audi come il Cylinder on Demand o lo start & stop, che possono avere benefici fino anche al 10%. Ed ovviamente un tasto “eco” che magari taglia un po’ coppia e potenza. Conclusioni Più che raccontarla la Bentley Continental GT è un’auto tutta da guidare, emozionandosi. Le sensazioni di guida esclusiva sono forti e del resto non potrebbe essere diversamente visto che stiamo guidando la mitica “Speed”, la “High-performance” di casa Bentley. Prestazioni, suono sportivo, imponenza ed eleganza sono i suoi punti di forza. Il tutto corroborato da interni quasi perfetti, dove si assapora il vero lusso. Un’auto per pochi ovviamente: il prezzo parte da 244.000 euro, a cui bisogna aggiungere un superbollo salato visto i tanti cavalli e la manutenzione. Sono auto da tenere sempre perfette. Super personalizzabile, sia nei colori della carrozzeria e nei pellami, ma anche negli accessori, la Convertible può arrivare a sfiorare cifre ancora più elvate, come nel caso dell’esemplare in prova che costa 287.000. Un’auto da sogno, certo, ma capace di ripagarvi fino in fondo grazie ad un piacere di guida esaltante ed unico. 18 BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU: Bentley Continental GT Speed Convertible Sfoglia i cataloghi in PDF Brochure Configuratore della casa » Virtual Tour » VirtualTour V8 Convertible » Guarda tutti gli allestimenti » Trovala dai concessionari » 19 20 21 PROVA SU STRADA Honda Civic Tourer Dinamismo e versatilità Lo stile della 5 porte in un vestito sofisticato e con impronta sportiva: Honda Civic Tourer. La prima auto di serie al mondo dotata di controllo adattivo degli ammortizzatori posteriori di Alfonso Rago 22 23 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Media S ignificativo upgrade per Civic, che con la versione Tourer conquista uno status finora sconosciuto in termini estetici e per contenuti tecnici: pensata, progettata e costruita in Europa per il mercato continentale, introduce nel segmento C elementi inediti per il comparto station wagon, alla ricerca di una nuova identità per sopravvivere all’offensiva commerciale dei SUV senza trazione integrale, che rischia di comprimerne le dimensioni di mercato a percentuali da allarme rosso. Quindi, innovarsi per sopravvivere, soprattutto proponendosi a potenziali acquirenti alla ricerca di un’auto di qualità, carattere e presenze tecniche, ma che sappia rivelarsi anche funzionale e versatile, per rispondere alle esigenze di trasporto di bagagli di un certo ingombro, che possono essere anche non solo oggetti; pensiamo per esempio ai cani che sempre più spesso fanno parte del nucleo 24 Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica esclusivo, per la Tourer uno degli obiettivi perseguiti è stato quello dell’aerodinamica: l’efficienza funzionale, già propria del design della 5 porte, è stata ulteriormente incrementata con un lavoro di affinazione in galleria del vento, riducendo l’attrito grazie allo spoiler posteriore, a quelli laterali ed alla ridisegnata sottoscocca; pur non dichiarata ufficialmente (perché tanta riservatezza?) l’attenzione aerodinamica contribuisce a portare le emissioni di CO2 a soli 99gr/km. In termini dimensionali, la Tourer cresce di peso di soli 40 kg e ricalca quasi completamente gli ingombri della 5 porte, proponendosi più lunga di 235 mm; questo semplice elemento, accanto al certosino lavoro dei progettisti per sfruttare ogni centimetro disponibile, porta la nuova vettura a presentarsi come una delle station wagon più compatte del segmento C, con capacità di carico leader nella categoria. A sedili posteriori sollevati, infatti, offre un bagagliaio da 624 litri, che diventano 1.668 litri con i sedili abbassati, con livello del pianale a 565 mm, per rendere semplici le operazioni di carico e scarico. E fin qui siamo nella norma: Civic Tourer offre però lo stesso vano sotto il pianale della 5 porte (un tempo destinato alla ruota di scorta) con capacità innalzata da 75 a 117 litri. Uno spazio utile per trasportare due valigie o, con la copertura regolata nella posizione più bassa, oggetti alti fino a 1 metro. Inoltre, i magic seat presenti a bordo permettono diverse configurazioni per la massima versatilità: si possono abbattere con classica divisione dello schienale 60:40, ma anche innalzare verso l’alto, creando così uno spazio sul pianale per oggetti a sviluppo verticale. Ancora, la tendina copribagagli con dispositivo ad avvolgimento automatico one-touch può essere alloggiata in un vano sotto il pianale, dettaglio utile quando si trasportano oggetti che superano la linea della tendina avvolgibile. Stupisce, davanti a tanta attenzione per la fruibilità familiare, ed alle loro specifiche necessità in caso di viaggio in auto. La Honda Civic Tourer sarà sul mercato italiano dalla prossima primavera ed ancora non sono state decise le versioni in cui sarà offerta, con relativi equipaggiamenti né tantomeno i corrispondenti listini: possiamo solo ipotizzare, facendo riferimento alle dichiarazioni dei responsabili della Casa che indicano la volontà di non distaccarsi troppo dalle quotazioni della versione 5 porte, che si partirà da una base di 23.000 euro. Com’è fatta: le novità sono sul posteriore Di fatto indistinguibile dalla Civic 5 porte limitandosi alla vista frontale, la Civic Tourer presenta il completo rifacimento della zona posteriore, che acquista volume con il nuovo disegno del portellone, l’adozione dello spoiler e l’ampia fascia del blocco luci che richiama il profilo di una H estremamente stilizzata. Oltre a creare un profilo 25 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito dello spazio interno, che il sedile del passeggero anteriore non possa essere reclinato in avanti, offrendo ulteriore vantaggio nel trasporto di oggetti ingombranti. Abitacolo: sottolineata l’impronta sportiva Honda guarda con rinnovato interesse al mondo dello sport: oltre gli annunci ufficiali (il ritorno in Formula Uno, la partecipazione al WTCC nel prossimo anno con la Civic in configurazione 5 porte, la Tourer Racing già pronta per correre nel campionato BTCC, l’arrivo della Type R nel 2015), questa attenzione si percepisce dai 26 Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica dettagli presenti sulla nuova vettura. Cornici cromate, finiture in pelle, sedili di taglio sportivo, in aggiunta alla pedaliera in lega leggera ed al volante con presa facilitata: senza eccedere, la Tourer attesta un cambio di rotta. Soprattutto, offre uno degli abitacoli più spaziosi del segmento C: ci sono 1.431 mm per le spalle tra conducente e passeggero anteriore e 795 mm tra il sedile del conducente e quello posteriore, mentre la linea del tettuccio alzata assicura più spazio per le teste dei passeggeri posteriori. Nutrita la presenza di interruttori e pulsanti, necessari ad attivare i tanti dispositivi elettronici disponibili; consigliata una ricognizione preventiva a vettura ferma, per poter focalizzare le principali funzioni e rendere così più fluida e senza incertezze la marcia. Alcuni potrebbero essere migliorati, come il comando dell’hazard fin troppo vistoso. Da riportare la buona visibilità posteriore grazie all’ampia conformazione del lunotto, sotto accusa invece il pulsante di sblocco per lo sportello del carburante, posto in basso a sinistra del volante. Se non vi dicono dov’è, è come cercare un ago nel pagliaio. Debutta il sistema adattivo Come sbandierato, Honda Civic Tourer è la prima vettura di serie al mondo dotata di controllo adattivo degli ammortizzatori posteriori, sistema elettronico che regola automaticamente la forza di smorzamento in un niente (gli impulsi sono registrati ogni 20 millisecondi), in base alle condizioni di guida. Questo permette, grazie alle tre modalità disponibili, alla Tourer di restare confortevole in piena velocità in autostrada, e più agile quando sono richieste elevate prestazioni. Il sistema è settabile sulle tre impostazioni (Comfort, Normale e Dynamic), ciascuna capace di migliorare la stabilità in diverse condizioni di carico e di guida. Gli ammortizzatori sono anche dotati di un’elettrovalvola che comanda il flusso d’olio, per controllare la forza di smorzamento. La centralina ECU calcola il movimento della vettura monitorando sensori a 3 assi e comanda la forza di smorzamento dell’assale posteriore applicando più o meno corrente all’ammortizzatore. Selezionando la modalità Comfort, si crea una base degli ammortizzatori più morbida, che con la Dynamic risulta più rigida, per una maneggevolezza dinamica. Indipendentemente dall’impostazione selezionata, il controllo adattivo regola la forza di smorzamento in base all’input del conducente e alle condizioni di guida. Il sistema, sviluppato per Civic Tourer, si prevede possa essere presto trasferito su altri modelli della gamma. La Tourer presenta il sistema di sospensioni anteriori McPherson e la barra di torsione posteriore già all’opera sulla 5 porte, con piccole modifiche di aggiornamento degli ammortizzatori anteriori per un migliore comfort di guida generale. Altri perfezionamenti del servosterzo tramite la regolazione elettrica hanno reso la sterzata della Tourer più reattiva e prevedibile su strade tortuose ed alle alte velocità, mentre i nuovi montanti posteriori e l’efficienza aerodinamica garantiscono un maggior senso di sicurezza. Due motori ad alta efficienza Le opzioni di scelta per i propulsori sono ridotte al motore i-DTEC diesel da 1,6 litri da 120 CV (88 kW) a 4.000 giri o al i-VTEC a benzina da 1,8 litri, che esprime 142 CV (104 kW) a 6.500 giri. 27 28 29 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Prova Il diesel è il primo della generazione Honda Earth Dreams Technology ad essere introdotto in Europa, presente già sulla più recente versione della CR-V e sui modelli Civic a 5 porte. La filosofia sottesa alla tecnologia Earth Dreams consiste nel garantire un grande equilibrio tra il risparmio di carburante e le prestazioni. Il 1.6 i-DTEC è il più leggero della categoria, offre 300 Nm di coppia ed emissioni a partire di soli 99 gr/km. Comprende una testata di alluminio unita a un blocco di alluminio scoperto e pesa 47 kg in meno rispetto al già noto propulsore i-DTEC da 2,2 litri. Ogni singolo componente è stato riprogettato per ridurre al minimo peso e dimensioni. Lo spessore delle pareti dei cilindri è stato ridotto a 8 mm, rispetto ai 9 del 2,2: un risultato notevole per un motore diesel. Inoltre, sono stati utilizzati pistoni e bielle più leggeri. A sua volta, il motore a benzina, abbinato ad un cambio manuale o automatico e con emissioni di CO₂ a partire da 148 g/km, vanta la tecnologia VTEC ed i consueti sistemi Honda di gestione del motore. La Civic Tourer offre la tecnologia Honda Eco Assist per guidare in modo efficiente, che in base ai diversi stili di guida si traduce in risparmi fino al 15% del consumo di carburante. Basta controllare il tachimetro: se l’auto viene guidata in modo economico, la plancia diventa verde, quando si supera leggermente il livello ideale la plancia diventa bianco/verde e nel caso di brusche accelerazioni bianca. Il sistema è ulteriormente migliorato dalla modalità ECO opzionale, che tagliando in alto altera la mappatura del sistema di accelerazione drive-by-wire e garantisce un aumento regolare della coppia, per una guida più rilassata e risparmio di combustibile. Infine, su tutti i modelli di Tourer con cambio manuale è prevista di serie la funzione di spegnimento automatico al minimo, sistema in grado di contribuire ad un risparmio fino a 5 gr/km di CO2 per il motore diesel. Quando il conducente arresta la vettura e porta il cambio in folle, il motore si spegne automaticamente al rilascio del pedale della frizione, per riavviarsi quando viene premuta la frizione per selezionare 30 31 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica frenata e conservare la stabilità, supportato dal Sistema di arresto di emergenza (ESS), che attiva automaticamente freni e luci di emergenza quando rileva una situazione di pericolo, segnalando ai veicoli in transito che la vettura si sta arrestando bruscamente, riducendo così il rischio di impatto. Nuova dimensione del concetto wagon La scelta di Roma come location per il contatto dinamico per la stampa europea ha consentito di allestire un percorso articolato di prova, con trasferimenti veloci, situazioni più guidate e incursioni nel flusso urbano spesso caotico, per una verifica diretta delle qualità promesse dalla vettura in sede di presentazione. Esame superato a pieni voti: la Civic Tourer mossa dal 1.8 VTEC si rivela godibile, equilibrata e molto confidenziale, con un incremento del comfort garantito dall’esordiente sistema delle sospensioni a controllo elettronico. Il loro funzionamento si apprezza in una marcia. Una spia sul display indica il funzionamento del sistema, che può essere disattivato da un pulsante sul cruscotto. Sicurezza per tutti: impegno prioritario Lo slogan “Sicurezza per tutti” è per Honda un imperativo: pilota, passeggeri, pedoni e tutti i soggetti presenti sulla strada sono al centro delle attenzioni, con un’articolata gamma di dispositivi attivi e passivi studiati per prevenire o limitare incidenti e lesioni. Insignita - come la 5 porte - delle cinque stelle nei test Euro NCAP, Tourer utilizza una combinazione di telecamere, radar laser a corto raggio (lidar) e tecnologie radar per offrire un elevato standard di sicurezza in tutte le condizioni. Ben otto sistemi totali, tra i quali si segnalano quello attivo di frenata in città, basato su radar laser che scansiona la strada e aziona automaticamente i freni se rileva un rischio di 32 autostrada, quando con l’acceleratore si sondano velocità ben superiori a quelle previste dal Codice senza rivelare disagi ed anzi con una costante sensazione di controllo; la modalità Dynamic, attivata sui saliscendi che si inerpicano dalla costa di Civitavecchia verso Tolfa, oltre alla corretta digestione delle sconnessioni presenti sull’asfalto, comunica un elevato feeling al volante (quando si lavora molto con le braccia la visibilità del tachimetro diventa problematica), e la Tourer si rivela agile nei cambi di direzione, incollata al suolo ed esente da ogni accenno di reazioni scomposte alle direttive del pilota. Il cambio manuale a sei rapporti, con innesti diretti e con corsa corta della leva, asseconda una guida che, se non proprio sportiva, possiamo comunque classificare come allegra e disinvolta. Chi legasse ancora il temine wagon all’immagine di vetture penalizzate dal grande vano posteriore, che in cambio dello spazio prevedeva un comportamento dinamico spesso problematico, alla luce di quanto offerto dalla Tourer dovrà rivedere le impatto; funziona a basse velocità (fino a 32 km/h) e rileva la presenza di vetture e camion, effettuando una frenata preventiva con segnalazioni acustiche e visive. Ci sono poi i sistemi di segnalazione di rischio d’impatto frontale, quello della gestione dei fari abbaglianti, il riconoscimento della segnaletica stradale, quello che avvisa del cambio di corsia effettuato senza indicarlo, quello che rileva la presenza laterale ravvicinata di altri veicoli. Un imponente pacchetto tecnologico che si somma alla dotazione VSA di controllo della stabilità della vettura, che aiuta a mantenere il controllo nelle curve e durante accelerazioni e manovre improvvise, azionando i freni su qualsiasi ruota se richiesto e modulando la coppia del motore. Quasi superfluo riportare che la Tourer è dotata di sistema ABS, completato dal Ripartitore elettronico di frenata (EBD), che bilancia l’intervento tra avantreno e retrotreno per ottenere le massime prestazioni di 33 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 34 Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove 35 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito sue convinzioni. Il passaggio urbano (Roma sarà anche la città più bella al mondo, ma è afflitta da un traffico refrattario ad ogni regola e comportamento dettato dal buon senso) non crea affanni, ma piuttosto mette in crisi i sistemi di bordo, che rischiano di impazzire considerate le manovre spericolate, i cambi di direzione al millimetro, gli incolonnamenti che non contemplano il concetto di distanza di sicurezza. Vero che diventando troppo invasive possono essere disattivate, ma in generale le funzioni di sicurezza poco si adattano alla giungla di città. Ecco, la Tourer è fin troppo raffinata ed aristocratica per poter essere a suo agio nel traffico plebeo che circonda Castel Sant’Angelo e si muove pigro lungo il Tevere. Ma, capirete bene, la colpa non è affatto sua, quanto di chi le sta intorno in modalità così aggressive e poco urbane. 36 Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU: Honda Civic Tourer Sfoglia i cataloghi in PDF Brochure Configuratore della casa » Test Drive » Virtual Tour » Store online » Guarda tutti gli allestimenti » Trovala dai concessionari » 37 PROVA su strada Dacia Sandero 1.2 GPL L’arte del risparmio Proposta a partire da un prezzo di 7.900 euro, la Dacia Sandero strizza l’occhio a coloro che necessitano di una utilitaria dai costi contenuti. Vibra un pochino ma consuma veramente poco di Alessandro Colombo 38 39 Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Media P ensata per strizzare l’occhio a coloro che necessitano di una due volumi tuttofare, capace di strizzare l’occhio soprattutto a coloro che necessitano di una utilitaria volta a coprire il tragitto casa-lavoro abbattendo sensibilmente le spese, la Dacia Sandero si va ad inserire in quella fascia di mercato occupata da Fiat Punto, Kia Rio, Hyundai i20, Opel Corsa, Volkswagen Polo, Skoda Fabia, Citroen C3, Peugeot 208 e Renault Clio forte di un prezzo di attacco fissato a quota 7.900 euro. Semplice ma non spartana Principale tratto di forza del linguaggio stilistico della Dacia Sandero è costituito dalla sezione frontale, che presenta un’ampia calandra al cui interno, agli estremi opposti, sono collocati i due gruppi ottici. I profili cromati collocati al centro della griglia arricchiscono l’impatto estetico 40 della vettura, ospitando a loro volta al centro di essi il logo del costruttore rumeno. Più fluide e filanti coda e fiancate, che presentano i quattro accessi a bordo laterali e due gruppi ottici dal disegno minimalistico. C’è tutto quello che serve Aperta la portiera si viene accolti da un ambiente sobrio ma dotato di tutto il necessario, dove una strumentazione tripartita, ornata da profili cromati, va a stagliarsi alle spalle di un volante a tre razze con inserto metallizzato. Elementi in color alluminio anche per le cornici delle bocchette d’aerazione, mentre maniglie e dispositivi multimediali collocati al centro della plancia vengono impreziositi da plastiche lucide. E’ lunga quattro metri Lunga 4.050 mm, larga 1.730 mm, alta 1.510 mm e dotata di un passo di 2.580 mm, la Dacia Sandero è dotata di una trasmissione manuale a “ Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito cinque rapporti che provvede a trasferire i valori di coppia e potenza alle ruote anteriori. Queste ultime sono sospese da uno schema di tipo Pseudo McPherson con bracci a triangolo, mentre quelle posteriori vantano uno schema con assale ad H con profilo deformabile e molle elicoidali, permettendo così ai cerchi da 15 pollici gommati 185/65 di seguire il profilo della strada. Ha tutto il necessario per una guida sicura Alla voce delle dotazioni di sicurezza la Dacia Sandero propone l’ABS con assistenza alla frenata d’emergenza, oltre all’ESP e ai rigorosi airbag per conducente e passeggero e ripartitore elettronico della frenata. Dacia Sandero pulsano tre diverse unità, tutte omologate Euro5, ovvero un 1.2 da 75 CV alimentato sia a benzina che bi-fuel, un 900 da 90 CV a benzina ed un diesel da 1.5 litri da 75 cavalli Al di sotto del cofano: tre motori Al di sotto del cofano della Dacia Sandero pulsano tre diverse unità, tutte omologate Euro5, ovvero un 1.2 da 75 CV alimentato sia a benzina che 41 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito bi-fuel, un 900 da 90 CV a benzina ed un diesel da 1.5 litri da 75 CV. Il 1.2 da 75 CV a benzina scatta da 0 a 100 km/h in 14,5 secondi di tempo per una velocità massima di 156 km/h consumando 7,7 l/100 km nel ciclo urbano, 4,9 in quello extraurbano e 5,9 in quello misto. La variante bi-fuel mantiene inalterate le prestazioni ma richiede 7,6 l/100 km in città, 4,8 fuori città e 5,8 in quello misto. Il 900 TCe da 90 CV scatta invece verso i 100 km/h con partenza da fermo in 11,1 secondi, raggiunge una velocità massima di 175 km/h e dichiara un 42 Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica consumo urbano di 6,8 l/100 km, extraurbano di 4,3 l/100 km e misto di 5,2 l/100 km. Il 1.5 diesel dCi da 75 CV copre invece lo 0-100 km/h in 14,6 secondi e raggiunge una velocità massima di 164 km/h. In città il consumo si attesta a 4,3 l/100 km, fuori città a 3,5 l/100 km e nel ciclo combinato in 3,8 l/100 km. Dal vivo: com’è fuori Tratto di forza della Dacia Sandero è costituito dalla sezione frontale, che mette in mostra una calandra dotata di profili cromati ai cui lati si stagliano dei gruppi ottici dal disegno e dalla tecnologia convenzionale. Fluide e tradizionalistiche sia le fiancate che la sezione posteriore. Dal vivo: com’è dentro Aperta la portiera si viene accolti da un abitacolo essenziale, con un volante a tre razze che va a stagliarsi dinnanzi ad una strumentazione tripartita analogica. La plancia mette in evidenza al centro un’area destinata ad ospitare sia il display per la gestione dei dispositivi multimediali che le bocchette d’aerazione centrali, anch’esse dotate, come quelle laterali, di una cornice cromata che ne impreziosisce l’aspetto. Chi lo 43 44 45 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito desidera può inoltre disporre di radio CD/Mp3, USB, Bluetooth e comandi al volante (350 euro) o di dispositivo multimediale con radio CD/Mp3, USB, Bluetooth e comandi al volante ad un prezzo di 450 euro. Bagagliaio e visibilità Dotata di un vano bagagli la cui capienza può passare da 320 a 1.200 dm3 abbattendo i sedili delle file posteriori, la Dacia Sandero presenta una visibilità un po’ limitata sulla ¾ posteriore. Nulla di eccessivo, ma richiede al suo pilota di prestare particolare attenzione in fase di retromarcia, dal momento che i sensori di parcheggio non vengono proposti nemmeno in via opzionale. E’ comoda e dotata di tutto quel che serve Caratterizzata da una posizione di guida comoda e regolabile tanto in altezza quanto in profondità, con un volante regolabile lungo l’asse verticale, la Dacia Sandero permette al suo pilota di avere 46 Periodico elettronico di informazione motociclistica Prova quanto di necessario immediatamente a portata di mano. Buono il diametro della corona di sterzo e facilmente impugnabile la leva del cambio a cinque rapporti, che si manifesta però particolarmente incline a trasmettere le vibrazioni con vettura in folle. Consuma poco Girata la chiave di stampo fin troppo tradizionale, è possibile avvertire una rumorosità un filino demarcata all’interno dell’abitacolo. Nulla di sconfinatamente fastidioso, ma sotto il profilo dell’insonorizzazione interna l’unità da 1.2 litri da 75 CV alimentata a benzina e GPL oggetto della nostra prova tende a manifestare la propria presenza. Non molto corposa nella fascia bassa del contagiri, la piccola unità franco-rumena tende a dare il meglio di sé nel regime compreso tra 2.500/3.000 giri e l’approssimarsi del fondoscala nei pressi dei 5.000 giri/min, dimostrando così una buona propensione a vivere in alto. In grado di ben copiare le imperfezioni del manto 47 48 49 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica stradale, la Dacia Sandero mette in evidenza un assetto maggiormente vocato al comfort piuttosto che all’assoluta precisione di guida, senza però mai sconfinare in comportamenti dinamici fastidiosi o poco desiderati. Degna di nota la frenata, che si dimostra sia potente che modulabile e che ben asseconda le necessità legate sia all’utilizzo quotidiano che a rimediare a quelle spiacevoli emergenze che possono andare a richiederne il pronto intervento. Molto buoni i consumi, che si dimostrano contenuti praticamente in tutte le condizioni di marcia. Conclusioni La Dacia Sandero è una vettura molto incline all’utilizzo cittadino e particolarmente adatta a coloro che necessitano di una seconda vettura all’interno del nucleo familiare al fine di poter coprire il tragitto casa-lavoro contenendo al massimo le spese. Validissima anche per un weekend fuoriporta, è in grado di fornire spazio e comfort in abbondanza sia per due persone che per una giovane famiglia. Non male per una vettura che parte da 7.900 euro. 50 BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU: Dacia Sandero 1.2 GPL Sfoglia i cataloghi in PDF Brochure Configuratore della Casa » Virtual Tour » Store online » Finanziamenti » Guarda tutti gli allestimenti » Trovala dai concessionari » 51 52 53 PROVA SU STRADA Lancia Voyager 2.8 L diesel 177 CV Viaggio in prima classe La Lancia Voyager è una monovolume a 7 posti (veri) all’americana. Dimensioni extra-large, spazio in abbondanza e tanto, tantissimo comfort. Peccato per il motore diesel un po’ troppo rumoroso di Matteo Valenti 54 55 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Media U Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Del resto dietro lo scudetto Lancia si nasconde la Chrysler Voyager, la regina del monovolume a sette posti, con 27 anni di esperienza alle spalle e 13 milioni di unità vendute in 120 Paesi del mondo. Lancia Voyager infatti è stato uno dei primi modelli a nascere da quell’operazione di re-branding che ha trasformato alcuni modelli Chrysler venduti in America in automobili a marchio Lancia (pensiamo alla Flavia/Chrysler 200 o alla Thema/Chrysler 300), destinati ai principali mercati europei. Offerta in Italia esclusivamente nella versione turbo diesel da 177 CV (la motorizzazione V6 Pentastar a benzina non è più disponibile sul nostro mercato), Voyager si colloca al vertice del segmento di riferimento grazie a dotazioni di prim’ordine, con un prezzo che parte da 37.809 euro, ma che può crescere fino a raggiungere i 45.572 della versione top di gamma Platinum. Le principali concorrenti diventano quindi tutte le monovolume full-size a sette posti, a partire da Ford Galaxy, Renault Espace, Volkswagen Sharan, Seat Alhambra, Citroen C8 e SsangYong Rodius. Fuori: pochi dettagli la distinguono dalla Chrysler La “ribrandizzata” Lancia Voyager si distingue dalla gemella Chrysler solo per alcuni lievi dettagli estetici, tra cui spiccano la diversa griglia anteriore cromata con logo Lancia e i gruppi ottici posteriori a LED. Le proporzioni esterne tradiscono il cuore americano della Voyager, una monovolume imponente, dove le grandi superfici di carrozzeria mettono in mostra un design tutto sommato semplice e lineare, secondo i gusti d’Oltreoceano, senza lasciare spazio a guizzi di originalità o stravaganza. Tutto è al proprio posto, proprio dove te lo aspetteresti. Dentro: open space modulare Lo spazio all’interno di Voyager è veramente sconfinato e l’abitacolo regala un’ariosità difficile da riscontrare su altri modelli della concorrenza. Il punto di forza della Voyager del resto è proprio l’interno che mette a disposizione dei passeggeri sette posti, o, per meglio dire, sette vere e proprie poltrone, capaci di garantire a tutti lo stello n lungo viaggio in auto, specialmente quando si è numerosi e con tanti bagagli, può trasformarsi rapidamente in un incubo. Poco spazio per le gambe, gomito a gomito con il vicino di posto sulla panchetta posteriore (specialmente quando si è in tre) e bagagliaio pronto ad esplodere sotto la pressione di borse, valige, trolley, beauty-case, zaini e zainetti che quando si parte sembrano non bastare mai. Lancia Voyager: c’è tutta l’esperinza di Chrysler Niente di più lontano da quanto possa accadere su una Lancia Voyager, un’auto nata, progettata e studiata in ogni dettaglio per trasformare un viaggio da un semplice trasferimento dal punto A al punto B in un’esperienza più che piacevole. 56 57 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica integrato con tecnologia Uconnect GPS che aggiunge le mappe per la navigazione satellitare, ma anche il sistema di intrattenimento per i passeggeri posteriori della seconda e della terza fila con lettore DVD a doppio schermo LCD. Questo sistema consente la riproduzione di due diversi supporti multimediali contemporaneamente - a scelta tra molteplici sorgenti (radio, hard disk, ingresso AUX, porta USB, due ingressi RGB e due lettori DVD) – sui due schermi LCD da 9” dotati di telecomando e di cuffie wireless a due canali. Questi sistemi sono piuttosto completi anche dal punto di vista dell’interazione con i moderni smartphone, ma a livello grafico e soprattutto nella velocità di risposta ai comandi, lasciano intravedere un po’ il peso degli anni. Del resto la Chrysler Voyager di quinta generazione, su cui è basato il modello Lancia, è un progetto che risale al 2008. livello di comfort, anche a chi trova posto nella terza fila. Inoltre, grazie al sistema brevettato “Stow ‘n Go” i sedili possono essere ripiegati e fatti scomparire secondo necessità sotto al pavimento, creando in ogni condizione lo spazio ideale alle necessità dei passeggeri e dei loro bagagli. Questo sistema permette per esempio di nascondere i cinque posti a sedere della seconda e terza fila sotto al pianale, così da disporre di una superficie di carico davvero sconfinata. Al contrario, mantenendo i sedili in posizione eretta, gli scomparti nel pianale possono essere utilizzati come vani portaoggetti. Completano il quadro di un abitacolo studiato per offrire grande praticità è comfort le porte laterali e il portellone posteriore a comando elettrico, con sistema di sicurezza per il rilevamento di eventuali ostacoli che venissero a trovarsi durante la chiusura, ma anche il tetto panoramico in vetro che regala ulteriore luminosità. 58 Climatizzazione: 10 e lode La climatizzazione merita un capitolo a parte. In un’auto così grande infatti è facile che i passeggeri posteriori, specialmente quelli della terza fila, non riescano a godere della stessa temperatura e quindi dello stesso livello di comfort di chi siede davanti. Non è certo il caso della Voyager, che può contare su un efficace sistema tri-zona in grado di produrre contemporaneamente tre diverse temperature e distribuzione dell’aria: nella parte destra dell’abitacolo, in quella sinistra e nella zona posteriore. Le numerose bocchette di ventilazione sono collocate lungo il tetto, ma anche sotto ai sedili, fino a raggiungere i passeggeri della terza fila. È lunga, alta e larga. Bagagliaio senza fondo Grande abitabilità e confort ai massimi livelli anche per i viaggi più lunghi si pagano in termini di Abitacolo: gusto Yankee Anche all’interno si continua a respirare l’atmosfera delle grandi auto americane. La plancia orizzontale, lo stile dei due strumenti circolari all’interno del cruscotto separati dal computer di bordo, ma soprattutto la leva di selezione del cambio automatico posizionata dietro al volante, sono tutti elementi che rivelano il cuore a stelle e strisce della monovolume Lancia. Stesso discorso per l’enorme tunnel posto tra i sedili dei due passeggeri anteriori, veramente extra-large, dove si trovano grandi vani portaoggetti, prese da 12 Volt e gli immancabili porta-bibite, irrinunciabili per qualsiasi automobilista statunitense. Tecnologia: grande all’entertainment attenzione Lo schermo touch-screen del sistema multimediale UConncet svetta in cima alla console, offrendo ai passeggeri collegamenti Usb, Aux e lettore Cd, Dvd, Mp3. A richiesta può essere 59 60 61 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito dimensioni esterne. Voyager non è di certo l’auto con cui muoversi agilmente in città, con una lunghezza di 5,21 metri, una larghezza di 1,99 ed un’altezza di 1,75, a cui si aggiunge un passo extra-large da 3,1 metri. Numeri da capogiro quelli relativi alla capacità del bagagliaio che in configurazione a sette posti offre già 934 litri, ma abbattendo la terza mette a disposizione 2.394 litri. Facendo scomparire anche i sedili della fila centrale poi si arrivano a toccare addirittura i 3.912 litri. Difficile trovare qualcosa di meglio nel mondo auto. Se anche in quest’ultimo caso non vi dovesse ancora bastare lo spazio a disposizione allora significa che state davvero sbagliando la vostra ricerca. Quello che vi serve è un furgone non un’automobile! Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Peso: bisogna farci i conti Tanto spazio e comfort a bordo si traducono da un lato in dimensioni over-size, dall’altro in un peso di certo non trascurabile, che arriva a sfiorare i 2.330 kg (a secco). All’anteriore Voyager può vantare sospensioni indipendenti di tipo McPherson, mentre all’anteriore viene utilizzato un più classico assale torcente. L’assetto può contare anche su cerchi in lega da 17 pollici abbinati a pneumatici con bassa resistenza al rotolamento 225/65, mentre l’impianto frenante sfrutta quattro freni a disco (330 mm davanti, 328 mm dietro). Sicurezza: c’è (quasi) tutto Alla voce sistemi di sicurezza Voyager può vantare più di 40 dispositivi offerti di serie, tra cui spiccano airbag multistadio per sedili anteriori, nuovi airbag laterali montati sul sedile anteriore, airbag laterali a tendina per le tre file di sedili, controllo elettronico della stabilità comprensivo di assistenza alla frenata e controllo della trazione a tutte le velocità, proiettori automatici e protezione attiva pedoni (il cofano si alza automaticamente in caso di urto), sistema di rilevamento degli angoli ciechi Blind Spot Monitor, appoggiatesta attivi, tergicristalli con sensori pioggia, sistema di assistenza al parcheggio ParkSense con telecamera posteriore ParkView. Su un’auto pensata per i lunghi viaggi autostradali si sente solo la mancanza di un comodo cruise control attivo. Le nostre impressioni di guida Saliamo a bordo della Voyager protagonista della nostra prova in allestimento top di gamma Platinum senza bisogno di tirare fuori la chiave dalla tasca grazie al pratico sistema “keyless entry/ go”. Avviamo il quattro cilindri dal cuore italiano, che rivela senza troppi complimenti la sua anima a gasolio. Spostiamo la leva in D e partiamo. La prima sensazione è quella di trovarsi al volante di un’auto di grandi dimensioni, con un peso di certo non indifferente. Il motore però spinge bene, grazie alla generosa coppia offerta già in basso. Lo spunto nelle partenze quindi non manca, anche se naturalmente non si possono pretendere partenze fulminee. Del resto l’habitat naturale della Voyager non è il traffico cittadino, dove le dimensioni e il peso si fanno sentire, quanto piuttosto le strade extraurbane e soprattutto le autostrade. Qui la sette posti Lancia rivela tutte le sue qualità di grande viaggiatrice. Il suono del motore diesel, che in città si fa sentire (un po’ troppo per la verità), scompare quasi del tutto a velocità autostradali costanti, coperto dai fruscii aerodinamici e dal rumore provocato dal rotolamento degli pneumatici. Viaggio in prima classe. Per 7 Il cambio automatico non è un fulmine, ma si adegua perfettamente all’indole di questa grande chilometrista, studiata per offrire il massimo comfort nei lunghi viaggi. Nel nostro caso abbiamo viaggiato in sette con bagagli, affrontando un viaggio di oltre 1.000 km per raggiungere la Germania e tutti gli occupanti è come se avvessero viaggiato in prima classe. Ognuno aveva a disposizione il proprio singolo sedile, mentre il sofisticato impianto di infotainment con schermi LCD ha reso il lungo viaggio sicuramente meno pesante del previsto. La posizione di guida per chi si mette dietro al volante è assolutamente turistica, 62 63 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito la Voyager oltre la sua natura, si avverte la mole del mezzo, con fenomeni di rollio e beccheggio avvertibili, ma mai pericolosi per la sicurezza degli occupanti. L’intervento dell’Esp infatti è puntuale e sufficientemente invasivo per mettere al riparo da eventuali perdite di controllo in curva. Consumi Alla fine del nostro lungo viaggio, affrontato a pieno carico, senza badare troppo all’indicatore del livello carburante e attraversando in più occasioni il traffico cittadino, abbiamo rilevato un consumo medio pari a 10,8 l/km. Un risultato perfettamente nella media se si considera di aver viaggiato su una monovolume che sfiora le 2,5 tonnellate e supera i 5 metri di lunghezza, che peraltro scende intorno ai 9 l/100 km durante le lunghe percorrenze autostradali a velocità costante. “ con il volante inclinato e le gambe molto piegate. Una posizione che quindi garantisce un affaticamento molto limitato anche per il guidatore, che ha tutti i comandi a portata di mano, circondato da un’infinità di vani portaoggetti. Anche le sospensioni non potevano venir meno alla filosofia di un’auto nata per i lunghi viaggi. La taratura è votata a garantire la massima comodità a tutti, anche a chi si trova in terza fila. Sconnessioni e asperità della strada vengono ben filtrate e si trasmettono in maniera molto limitata all’intero abitacolo, merito anche del passo extra-large. Lo sterzo è morbido, leggerissimo in città dove agevola non poco in manovra, ma alle alte velocità rimane un po’ troppo soft, quando avremmo preferito un feeling meno acquoso. L’inserimento in curva è quindi preciso e rigoroso a velocità moderata, mentre forzando il ritmo e spingendo Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica La Lancia Voyager si è dimostrata l’auto perfetta per chi deve macinare tanti chilometri, con molti passeggeri e numerosi bagagli a bordo 64 65 66 67 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Conclusioni La Lancia Voyager si è dimostrata l’auto perfetta per chi deve macinare tanti chilometri, con molti passeggeri e numerosi bagagli a bordo. Nei lunghi viaggi tira fuori il meglio di sé, garantendo a tutti i passeggeri lo stesso livello di confort (una caratteristica sempre più rara nelle auto a sette posti), grazie a sette vere e proprie poltrone singole e a dotazioni di bordo al top. La città non è di certo il suo terreno ideale, perché fa venire a galla il peso elevato e le dimensioni extra-large, mentre il motore spinge bene anche se alle basse andature si fa sentire. 68 BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU: Lancia Voyager 2.8 L diesel 177 CV Sfoglia i cataloghi in PDF Brochure Configuratore della Casa » Virtual Tour » Store online » Finanziamenti » Guarda tutti gli allestimenti » Trovala dai concessionari » 69 70 71 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica Equipaggiamento: non manca proprio nulla Trattandosi di una versione top di gamma l’allestimento fornito è già molto ricco sotto diversi punti di vista. Per quanto riguarda la sicurezza la versione R è equipaggiata di serie, oltre che con airbag a profusione (frontali, testa, laterali e ginocchia), con ESC con assistente di controsterzata e stabilizzazione del rimorchio, ABS, ASR, EDS, MSR, a cui si aggiungono il sistema di frenata anti collisione multipla, il Fatigue Detection e l’indicatore controllo pressione pneumatici. L’anima sportiva della Golf R emerge poi grazie ai doppi terminali di scarico cromati a doppia uscita, alla pedaliera in acciacio, ai sedili anteriori sportivi in Alcantara/tessuto, ma anche grazie ai fari bixeno adattivi con luci diurne a led, alle luci posteriori a led. Per aumentare il piacere di guida la più potente Media Golf mai realizzata è fornita del sofisticat differenziale autobloccante XDS+, del DCC (adaptive chassis control), dello sterzo progressivo e di cerchi in lega leggera Cadiz da 18 pollici abbinati a pneumatici 225/40. L’equipaggiamento di serie si completa poi con il Park Pilot con sensori di parcheggio anteriori e posteriori, con il climatizzatore automatico Climatronic e il sofisticato navigatore satellitare Discover Media fornito di display touchscreen da 5,8 pollici con sensore di prossimità, lettore CD, otto altoparlanti, ingressi AUX-IN e USB, slot per SD card e predisposizione per telefono cellulare con Bluetooth. Infine i clienti che scelgono la versione R avranno a disposizione anche gli specchietti retrovisori esterni regolabili, riscaldabili e ripiegabili elettricamente, il volante multifunzione a tre razze rivestito in pelle e l’antifurto volumetrico Plus. Nuova Volkswagen Golf R dettagli e prezzi per l’Italia La Casa di Wolfsburg ha comunicato tutti i dettagli riservati al mercato italiano in merito alla nuova Volkswagen Golf R, versione ad alte prestazioni da 300 CV L a Casa di Wolfsburg ha comunicato tutti i dettagli riservati al mercato italiano in merito alla nuova Volkswagen Golf R, che arriverà nelle concessionarie entro la fine del mese di gennaio. Mix di vendita e prezzi per l’Italia Disponibile nelle varianti di carrozzeria a tre e cinque porte, la nuova Golf R è spinta dal turbo benzina 2.0 TSI da 300 CV e 380 Nm abbinato alla trazione integrale 4Motion. I clienti possono invece scegliere poi tra il classico manuale a 72 sei marce o il più sofisticato doppia frizione DSG sempre a sei rapporti. Secondo il costruttore la versione manuale verrà preferita dal 40% dei clienti italiani, mentre il 60% si orienterà sull’automatico DSG. Per quanto riguarda invece il mix di carrozzeria, la tre porte sarà preferita nel 30% dei casi, mentre la più versatile 5 porte verrà scelta dal restante 70%. La Golf R con cambio manuale viene offerta in Italia ad un prezzo di 40.900 euro, metre per avere la versione con il DSG occorrono 42.800 euro. 73 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Peugeot 3008 e 5008 restyling entrano in concessionaria Peugeot annuncia le date per l’inizio della commercializzazione delle rinnovate Peugeot 3008 e 5008 restyling, che viene annunciata da un nuovo spot televisivo e che sarà accompagnata da una nuova offerta finanziaria Media P eugeot ha presentato allo scorso Salone di Francoforte andato in scena a settembre il restyling di metà carriera per il crossover 3008 e per la monovolume 5008. Ora la Casa del Leone ha comunicato le date per l’inizio della commercializzazione, che viene annunciata da un nuovo spot televisivo e che sarà accompagnata da una nuova offerta finanziaria. 74 News Periodico elettronico di informazione motociclistica up display, i comandi sulla console centrale, lo schermo da 7 pollici rettratile per la navigazione, ma non mancano nuovi rivestimenti dei sedili e disegni della consolle e nuovi equipaggiamenti tra cui la telecamera per la retromarcia. In arrivo il nuovo spot. Porte aperte 25 e 26 gennaio Un nuovo spot dedicato alla Peugeot 3008 accompagna l’arrivo sul mercato italiano delle rinnovate 3008 e 5008, che saranno presentate nelle concessionarie del Leone nel corso del prossimo fine settimana (25-26 gennaio 2014). Il nuovo film, chiamato “sensations d’enfance” e che è in onda da mercoledì 22 gennaio sulle TV generaliste e satellitari, è stato realizzato in Cile e fa leva sulle sensazioni del conducente che, interagendo con la tecnologia a bordo della sua 3008, rivive le emozioni della propria infanzia. Una nuova offerta finanziaria Lo spot informa anche dell’esistenza di un nuovo prodotto finanziario, sviluppato in sinergia con Peugeot Finance, che prevede un anticipo molto contenuto, una rata bassa e comprende manutenzione programmata e assicurazione furto/ incendio. Inoltre, alla scadenza, il cliente può decidere di rinnovare il contratto su una nuova auto della gamma Peugeot, restituire l’auto al Concessionario oppure tenere la vettura saldando il Valore Futuro Garantito, in un’unica soluzione o con un’ulteriore rateizzazione. Il Leone propone degli esempi concreti per capire l’entità della nuova offerta finanziaria: Peugeot 3008 Active 1.6 HDi 1) Peugeot 3008 Active 1.6 HDi FAP 115 CV con cerchi da 17”, Hill Assist, regolatore/limitatore di velocità, DRL e luci posteriori a LED, rilevatore di 3008 e 5008: come sono cambiate con il facelift Le rinnovate 3008 e 5008 si presentano con il frontale profondamente rinnovato, dove si fanno notare nuovi proiettori con luci diurne a led, che secondo l’allestimento possono essere anche allo xeno e direzionali. Il restyling è intervenuto anche sul cockpit del posto di guida, dove è possibile vedere la strumentazione con head 75 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito ostacoli posteriore, clima automatico bi-zona, fari fendinebbia, Pack visibilità, WIP Bluetooth, e in più Grip Control e Wip Nav EVO (sistema di navigazione satellitare con schermo 7” a scomparsa, kit mani libere Bluetooth, impianto audio con lettore CD MP3, presa USB e jack audio). Prezzo di listino chiavi in mano € 27.580. Prezzo di vendita promozionato in caso di permuta o rottamazione € 22.564 chiavi in mano, IVA e messa su strada incluse (IPT esclusa). Anticipo € 3.000. Imposta sostitutiva sul contratto in misura di legge. Spese di incasso mensili € 3,50. Importo totale del credito € 19.904. Spese pratica pari a € 350. Importo totale dovuto € 21.362,79. 36 rate mensili da € 299 e una rata finale denominata Valore Futuro Garantito da € 12.570. TAN (fisso) 2,99 %, TAEG 4,19 %. La rata mensile comprende i servizi facoltativi Efficiency (Manutenzione Ordinaria Programmata 76 News Periodico elettronico di informazione motociclistica 36 mesi/30.000 Km, importo mensile del servizio € 18,15) e Relax (Antifurto con polizza furto e incendio – Pv VA, importo mensile del servizio € 25,50). Offerte promozionali riservate a Clienti non Business. Informazioni europee di base sul credito ai consumatori presso le Concessionarie. Salvo approvazione Banque PSA Finance - Succursale d’Italia. 5008 Active 1.6 Hdi 2) Peugeot 5008 Active 1.6 Hdi 115 CV Fap con 7 posti cerchi da 16”, regolatore/limitatore di velocità, rilevatore di ostacoli posteriore, clima automatico bi-zona,fari fendinebbia, Pack visibilità, WIP Bluetooth , freno di stazionamento elettrico Hill Assist. Prezzo di listino chiavi in mano € 28.070. Prezzo di vendita promozionato in caso di permuta o rottamazione € 22.017 chiavi in mano, IVA e messa su strada incluse (IPT esclusa). Anticipo € 2.500. Imposta sostitutiva sul contratto in misura di legge. Spese di incasso mensili € 3,50. Importo totale del credito € 19.867 . Spese pratica pari a € 350. Importo totale dovuto € 21.320,79 . 36 rate mensili da € 299 e una rata finale denominata Valore Futuro Garantito da € 12.520 . TAN (fisso) 2,99 %, TAEG 4,20 %. La rata mensile comprende i servizi facoltativi Efficiency (Manutenzione Ordinaria Programmata 36 mesi/30.000 Km, importo mensile del servizio € 18,15 ) e Relax (Antifurto con polizza furto e incendio – Pv VA, importo mensile del servizio € 25,00 ). Offerte promozionali riservate a Clienti non Business. Informazioni europee di base sul credito ai consumatori presso le Concessionarie. Salvo approvazione Banque PSA FinanceSuccursale d’Italia. 77 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica motorizzazioni infatti prevede ora il tre cilindri turbo diesel TDI da 1.4 litri, che sostituisce i precendi 1.2 e 1.6 TDI, disponibile nelle varianti da 75 e 90 CV. La rinnovata Polo TDI BlueMotion con il nuovo diesel da 75 CV promette un consumo medio di 3,2 l/100 km, con le emissioni che non superano gli 82 g/km. La versione più spinta da 90 CV invece ferma i consumi a 3,4 l/100 km e le emissioni a 89 g/km, risultando in questo modo più efficiente del 21% rispetto al precedente 1.6 litri. Media Arriva il 1.000 tre cilindri turbo benzina Importanti novità anche nella gamma benzina, dove debutta il 3 cilindri da 1.0 litro turbo da 90 CV, che sulla Polo TSI BlueMotion promette un consumo medio di 4,1 l/100 km, con le emissioni che non superano i 94 g/km. Il motore base tre cilindri benzina aspirato 1.2 da 60 CV è stato rivisto e ora promette consumi migliorati del 21% grazie all’introduzione del sistema di recupero dell’energia e dello start&Stop. Lo stesso motore viene ora offerto anche in una versione da 75 CV, che risulta più potente di 5 CV rispetto al passato. A listino spicca anche il tre cilindri turbo benzina 1.2 TSI da 90 o 110 CV, mentre rimane anche il più prestazionale 1.4 TSI con sistema di disattivazione dei cilindri Cylinder on Demand, che però ora è in grado di erogare 150 CV. Aggiornamenti anche per la Polo GTI, che ora può contare su una versione aggiornata del quattro cilindri 1.4 TSI, in grado di erogare 190 CV, 11 in più rispetto al passato. A seconda delle motorizzazioni la Polo restyling può essere equipaggiata con cambi manuali a cinque o sei marce, o come il più sofisticato doppia frizione DSG a sette marce. Volkswagen Polo restyling La Casa di Wolfsburg ha svelato tutti i dettagli della Volkswagen Polo restyling, che si aggiorna nello stile dentro e fuori e rivoluziona la gamma di motorizzazioni L a Casa di Wolfsburg ha svelato tutti i dettagli della Volkswagen Polo restyling, che verrà presentata in occasione del prossimo Salone Internazionale dell’Auto di Ginevra, in programma dal 6 al 16 marzo. Il facelift di metà carriera ha portato un nuovo frontale, con paraurti ridisegnato e un’inedita calandra a sviluppo orizzontale. La forma dei gruppi ottici è rimasta invariata, ma le versioni top di gamma ora offrono fari con 78 tecnologia full led. La zona di coda mette in mostra cambiamenti meno evidenti, con un paraurti che ospita una nuova cavità per ospitare la targa e i gruppi ottici che mettono in mostra nuove grafiche luminose. Motorizzazioni: importanti aggiornamenti Le più importanti novità della Polo restyling si trovano sotto al cofano. La gamma 79 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica News Abitacolo ridisegnato I clienti potranno scegliere cerchi in lega da 15 fino a 17 pollici e tra 15 differenti abbinamenti cromatici per la carrozzeria, mentre all’interno si fa notare un rinnovato abitacolo con nuovo sterzo a tre razze, strumentazione ridisegnata e una console riprogettata, dove spicca il touchscreen del sistema multimediale (fino a 5,5 pollici). Novità anche dal punto di vista dei sistemi di sicurezza, grazie all’introduzione della frenata automatica in caso di potenziale collisione e del cruise control attivo. Al momento il costruttore non ha specificato quali motorizzazioni saranno riservate al mercato italiano e nemmeno i prezzi per l’Italia, mentre la commercializzazione dovrebbe iniziare nel corso della prossima primavera. 80 81 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Heinz Jakob Neusser «Polo? Una vera Volkswagen con tanta tecnologia e prezzi abbordabili» di Emiliano Perucca Orfei | La Volkswagen Polo, giunta alla quinta serie, si concede un restyling di metà carriera che l’ha resa molto più ricca e tecnologica. Obiettivo? Diventare la compatta più venduta in Europa L a Volkswagen Polo è, dopo la Golf, il modello più importante in termini di numeri di vendita per la Casa di Volfsburg. 82 Intervista Periodico elettronico di informazione motociclistica Basta pensare che nel corso di quasi 40 anni di storia e cinque diverse generazioni – la prima serie risale al 1975 – la compatta tedesca è stata scelta da 14 milioni di clienti nel mondo. Un modello di estremo successo, che continua anche oggi a regalare grandi soddisfazioni ai vertici Volkswagen, dopo essersi classificata come la quarta auto più venduta in assoluto in Europa nel 2013 (La prima, peraltro, è la Golf, un’altra VW). Per il modello attuale, giunto alla quinta generazione e lanciato nel 2009, è arrivato ora il momento di un restyling di metà carriera, che senza stravolgere il design e la filosofia di base, ha portato tante grandi novità dal punto di vista delle motorizzazioni e degli equipaggiamenti tecnologici. L’obiettivo dichiarato è quello di mettere sul mercato la migliore compatta del momento, capace di diventare la vettura di segmento B più venduta in Europa, strappando di fatto lo scettro alla Ford Fiesta, storica sua concorrente Della Polo restyling e di come sia cambiata rispetto al passato ne abbiamo parlato con il Dr. Heinz-Jakob Neusser, Member of Board of Management - Volkswagen Technical Development. Che cosa rappresenta Polo per Volkswagen? «Per noi la Polo è una best seller ma è soprattutto una Volkswagen nel vero senso della parola, un’auto “per il popolo”, che pur coniugando grande design ed alta tecnologia, riesce a proporsi sul mercato a prezzi abbordabili». Polo ha una lunga storie alle sue spalle. Perché può considerata uno dei fiori all’occhiello di VW? «E’ proprio vero, la Polo può vantare una gloriosa storia, di quasi 40 anni, visto che è arrivata sul mercato esattamente 39 anni fa. Quest’auto ha rappresentato un capitolo di estremo successo della nostra storia, dal momento che nel mondo sono state venduti circa 14 milioni di esemplari. La Polo, come la Golf, è un’auto che è riuscita a definire una categoria vera e propria di veicoli, la “categoria Polo” per l’appunto. Riuscire a creare un prodotto talmente riuscito da andare a classificare una categoria di prodotti è forse il massimo riconoscimento del successo di quest’auto». 83 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Polo viene prodotta ancora in Europa? «Sì, certamente, ma non solo. Oggi Polo viene costruita in sei diversi stabilimenti sparsi per il mondo, soprattutto in Europa Occidentale, ma anche in Russia, in Cina, in Africa e in India. È una vera world car, capace di assecondare i gusti e le esigenze delle popolazioni di diversi Paesi». Come fate a soddisfare le esigenze dei clienti dei diversi Paesi? «Grazie a tantissimi test. La rinnovata Polo per esempio è stata testata in condizioni estreme, nei Paesi del Nord Intervista Periodico elettronico di informazione motociclistica con temperature fino a – 40° C e poi più a Sud, dove le temperature raggiungevano tranquillamente i + 50° C. In nessuno di queste condizioni i tester hanno avuto freddo o troppo caldo, con la Polo che è riuscita sempre a garantire lo stesso piacere di guida». Qual è il file rouge che lega le diverse generazioni di Polo? «Direi senza dubbio la tecnologia e la sicurezza. Nel corso della sua storia infatti Polo ha sempre fornito soluzioni all’avanguardia per il suo segmento. Già sulla prima generazione, nel 1975, trovavamo un ventilazione bi-stadio, ma soprattutto la trazione anteriore, che caratterizzerà poi tutte le versioni successive e che all’epoca non era una caratteristica comune a molte compatte. La trazione anteriore all’epoca era una grande innovazione su un’auto come Polo, perché garantiva anche ad una vettura compatta grande sicurezza e stabilità in condizioni difficili, come sull’acqua o su neve. L’aspetto della sicurezza ha continuato a caratterizzare tutte le diverse generazioni della Polo, fino alla quarta serie (precedente a quella attuale, ndr), introdotta nel 2004, che introduceva importanti innovazioni come l’ESP, oltre alla prima versione BlueMotion, che stabiliva nuovi punti di riferimento in termini di eco-compatibilità. La quinta generazione, che oggi si rinnova profondamente, arriva nel 2009, con un design senza tempo, grazie a linee molto pulite. È un’auto compatta di altissimo valore, che riesce a garantire un grande livello di comfort, qualità e sicurezza. Anche su questo modello vengono offerte importanti contenuti tecnologici, degni del segmento delle medie, come il motore turbo benzina TSI e il cambio a doppia frizione DSG. Oggi è però è arrivato il momento di perfezio84 nare la Polo dal punto di vista tecnico, in modo particolare dal punto di vista dell’efficienza, della sicurezza e del comfort». Perché con la Polo restyling si può parlare di “democratizzazione della tecnologia”? «La rinnovata Polo dispone di tutte quelle tecnologie innovative che abbiamo già conosciuto sulla nuova Golf, ma nonostante tutto riesce a mantenere un prezzo abbordabile . Con la rinnovata Polo possiamo quindi parlare a pieno titolo di “democratizzazione della tecnologia”, grazie a tutta una serie di dispositivi altamente avanzati che arrivano per la prima volta su questo segmento. Abbiamo portato sulla nostra compatta tecnologie che fino ad ora sono rimaste riservate ai modelli più in alto della gamma, come Phaeton, Passat e Golf.». Qualche esempio? « Un esempio perfetto è l’ACC (Automatic Cruise Control) con regolazione automatica della distanza di sicurezza, a cui si affiancano numerosi sistemi di assitenza alla guida che arrivano per la prima volta nel segmento della Polo (segmento B, 85 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Intervista Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb diverse tarature per un feeling di guida più sportivo o confortevole a seconda delle esigenze del momento. Dalla Golf la rinnovata Polo eredita anche lo sterzo elettromeccanico». Quali novità bisogna aspettarsi invece sotto al cofano? «La gamma motorizzazioni della Polo è stata rivoluzionata con l’introduzione di nuove unità benzina e diesel che ci hanno permesso non solo di rispettare la nuova normativa antinquinamento Euro 6, ma anche di tagliare i consumi fino al 21%. Un risultato del genere ndr). La rinnovata Polo dispone del Front Assist, la frenata di emergenza automatica, del riconoscimento stanchezza del guidatore». Com’è cambiata la Polo restyling dentro e fuori? «Il nuovo frontale della Polo ora dispone di fari anteriori full led, che garantiscono una luminosità mai vista sino ad oggi su questo segmento, mentre anche l’interno è stato ridisegnato. Ora l’abitacolo offre un nuovo sistema multimediale con display da 6,5 pollici, sensore di prossimità e radio digitale Plus, 86 che permette grazie alla tecnologia Mirror Link (opzionale, ndr) di integrare le applicazioni dei più moderni smartphone. Questo significa che qualsiasi applicazione contenuta in uno smartphone (a patto che non sia Apple, ndr) può essere utilizzata anche direttamente dal sistema di infotainment della Polo». Il restyling estetico esterno è stato molto lieve, specialmente rispetto a quanto fatto da alcuni modelli della concorrenza. Ci spiega il perché di questa scelta? è un passo da gigante, ottenuto soprattutto grazie alla nuova Polo BlueMotion TDI che consuma solo 3,1 l/100 km, con le emissioni inchiodate ad 82 g/km. Il turbo benzina 1.4 TSI nonostante abbia una potenza di 150 CV garantisce poi un consumo medio di 4,1 l/100 km, anche grazie ad una tecnologia già vista su Golf, molto efficace. Si tratta della disattivazione temporanea di una parte dei cilindri (Cylinder on Demand, ndr). Abbiamo messo mano anche alla versione GTI, che ora monta un motore 1.4 TSI aggiornato, in grado di sviluppare 192 CV (fino ad oggi erano 179, ndr)». Quali sono gli obiettivi commerciali della rinnovata Polo? «Possiamo tranquillamente affermare che la rinnovata Polo è il nuovo punto di riferimento delle compatte e per questo crediamo di poter diventare i leader di vendita del segmento B in Europa occidentale (nel 2013 la Ford Fiesta è stata l’auto di segmento B più venduta in Europa, ndr). «Partivamo da un’auto con un design senza tempo, quindi abbiamo soltanto dovuto evolverlo. Abbiamo portato avanti un perfezionamento evolutivo, senza senza stravolgere il progetto iniziale perché i clienti hanno dimostrato di apprezzare molto la Polo anche per il suo stile». Il facelift è intervenuto anche sull’assetto? «Assolutamente sì. Polo si è evoluta anche per quanto riguarda la sportività offrendo il nuovo assetto Sport Select, che permette di impostare 87 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Intervista Paolo Marconati «Il nuovo Yokohama V105 nasce al Nürburgring» di Matteo Valenti | Paolo Marconati, Responsabile Tecnico di Yokohama Italia S.p.A, ci ha rivelato tutti i segreti del nuovo pneumatico Advan Sport V105, che viene fornito come primo equipaggiamento sulla Mercedes CLA I n occasione della presentazione della nuova Mercedes-benz CLA 45 AMG, Paolo Marconati, Responsabile Tecnico di Yokohama Italia S.p.A, ci ha rivelato tutti i segreti del nuovo pneumatico Advan Sport V105, che viene fornito come primo equipaggiamento sulla nuova coupé a quattro porte compatta della Stella, indipententemente dalla motorizzazione. Yokohama ha maturato negli anni una grande fama come costruttore di pneumatici ad alte prestazioni. Perché? «Prima di tutto perché collaboriamo in maniera attiva con i più importanti costruttori, ma anche perché sviluppiamo i nostri prodotti a lungo in pista. Lo pneumatico Yokohama Advan Sport V105 per esempio nasce in stretta collaborazione con Mercedes-Benz, per equipaggiare modelli che calzano coperture da 16 fino 88 a 20 pollici. È uno pneumatico sviluppato partendo da dati tenici forniti dalla Stella e che è stato studiato a lungo in pista. Del resto il nostro centro di Ricerca&Sviluppo per l’Europa è al Nürburgring, dove abbiamo un garage con le nostre macchine per testare direttamente i nuovi pneumatici in pista». Quali sono le principali caratteristiche del V105? Come inlfuisce sul comportamento di una vettura? «L’advan Sport V105 garantisce un’ottima stabilità di guida in rettilineo ma anche in curva. Questo si traduce in una grande sicurezza nei cambi di direzione e in una risposta molto pronta dello sterzo. L’impronta a terra è stata ottimizzata grazie ad una nuova struttura e ad un nuovo sistema radiale, ma soprattutto grazie all’utilizzo di kevlar, che garantisce una struttura meno deformabile rispetto a quelle realizzate in acciaio e che permette di aumentare l’impronta a terra». Gli pneumatici sportivi spesso garantiscono grandi prestazioni su asciutto, ma peccano in tenuta di strada sul bagnato. Da questo punto di vista come può essere considerato il V105? «Oggi tutti gli pneumatici di qualità tengono tantissimo sull’asciutto. Si fa la vera differenza sul bagnato, dove lavora molto la mescola ma anche i canali di scarico. L’Advan Sport V105 nonostante sia una pneumatico sportivo, con la zona interna del battistrada molto unita, sa garantire sicurezza ed un ottimo comfort di marcia, un risultato incredibile fino a pochi anni fa». Come si presenta il battistrada di questo pneumatico sportivo? «Rispetto al vecchio V103, la zona esterna del battistrada ha una parte d’appoggio più ampia, ma anche la zona 89 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Intervista aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb centrale è migliorata da questo punto di vista, nonostante ci siano canali di scolo più larghi ed accentuati. Sul vecchio V103 inoltre il tassello era squadrato, mentre ora sul nuovo V105 è arrotondato, perché con il peso del veicolo aumenta l’impronta a terra e quindi non si deforma. In passato il calore si concentrava negli spigoli del tassello e questo comportava parecchia usura. Ora questo fenomeno non si verifica più». In che senso la mescola dell’Adavan Sport V105 può essere considerata eco-friendly? «La mescola utilizzata per l’Advan Sport V105 è arricchita con l’olio estratto dalla buccia degli agrumi, proprio per far fronte alla mancanza dei vecchi oli aromatici, aboliti nel 2010. Troviamo quindi microsilica, 90 ovvero particelle di silice molto più piccole rispetto al normale e polimeri eco-friendly utili per diminuire la resistenza al rotolamento e quindi anche i consumi di carburante. Silice e microsilice sono meglio distribuiti quindi lo pneumatico soffre meno di usure anomale ma anche di picchi di aumento di temperatura. Il V105 mantiene quindi una temperatura molto costante e garantisce un appoggio a terra del battistrada molto uniforme, non ci sono spazi vuoti». Avete detto di aver rivoluzionato la struttura di questa copertura, in che modo? «La struttura del V105 può contare sull’acciaio rinforzato con nylon, che si modifica molto meno sotto al peso delle sollecitazioni, garantendo una migliore impronta a terra. La struttura radiale in fase di rotazione normalmente si modifica, andando a deformare il fianco dello pneumatico. Nel caso del V105 invece le tele radiali non sono perpendicolari al terreno bensì già inclinate e quindi riescono a garantire una torsione meno accentuata. E meno deformazione, anche in questo caso, si traduce in un migliore appoggio a terra». Quante misure sono oggi disponibili in Italia? «Oggi la gamma Advan Sport V105 offre già una cinquantina di dimensioni diverse, ma stiamo sviluppando nuovi modelli per esempio per i SUV, quindi presto metteremo a disposizione ancora più versioni di questo nuovo pneumatico». 91 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica Andavi dal notaio, trasmettevi i dati alla Motorizzazione ma non ti accertavi che il nuovo proprietario comunicasse al PRA entro 60 giorni la nuova intestazione? Multe, bolli e tasse bussavano alla tua porta per molti anni, togliendoti il sonno, perché dimostrare la verità era tutt’altro che semplice PRA - Motorizzazione Matrimonio proibito di Enrico De Vita| L’Italia ha una strana e ingiustificata anomalia: due registri per conservare i dati dei veicoli e quelli dei loro proprietari, un doppione costoso e pasticciato, che molti hanno tentato invano di correggere. Ecco perché è tutto inutile… I l vizietto di ribattezzare le tasse con sigle o nomi nuovi è antico. E spesso nasconde trappole micidiali. Nel 1982 il bollo di circolazione cambiò nome e diventò “tassa di proprietà”. Apparentemente erano la stessa cosa, ogni anno si pagava per circolare. Ma la sottile spiegazione, che il burocrate di turno aveva compilato, chiariva che il “pedaggio” era dovuto per la semplice iscrizione ai pubblici registri (scritti così, in minuscolo). Conseguenza micidiale: tutti i veicoli, anche quelli distrutti, 92 esportati o venduti dovevano (e devono ancora) pagare la tassa per il solo fatto di comparire nel PRA (pubblico registro automobilistico). Come al solito, la tassa va versata anticipatamente, per tutto l’anno, da chi in quel momento risulti intestatario: così chi nel mese successivo deve rottamare o esportare la vettura, perde tutto. In pochi anni gli avvisi di mancato pagamento divennero milioni. Bastava un giorno di ritardo per far crescere del 30% la tassa, che dopo un mese addirittura raddoppiava. Le conseguenze divennero quindi disastrose. Gli appelli nelle trasmissioni tv, come Mi Manda Lubrano, erano continui e accorati, le denunce settimanali. Ma niente. Anzi, le persecuzioni aumentavano ogni giorno, perché ai bolli che risultavano non ancora pagati si aggiungevano le multe che i Comuni inviavano al vecchio intestatario. La A112 di Dalla Chiesa Poi le invenzioni del legislatore, sollecitato dalle lobby. Ereditavi da un parente un catorcio da rottamare? Dovevi intestartelo prima di poterlo consegnare al demolitore. E, ovviamente, pagare il trapasso e tutti gli emolumenti al PRA. Vendevi una vettura? Andavi dal notaio, trasmettevi i dati alla Motorizzazione ma non ti accertavi che il nuovo proprietario comunicasse al PRA entro 60 giorni la nuova intestazione? Multe, bolli e tasse bussavano alla tua porta per molti anni, togliendoti il sonno, perché dimostrare la verità era tutt’altro che semplice. Non solo, ma la norma era chiara e crudele: doveva pagare tutto chi figurava proprietario nei registri del PRA. Il Ministro delle Finanze, Visco, se ne accorse alla fine degli anni Ottanta, quando scovò che nei registri del PRA figuravano ben 5 milioni di veicoli inesistenti o non più circolanti. Fra i quali anche la A112 nella quale era stato assassinato molti anni prima il generale Dalla Chiesa. E ne ordinò la cancellazione coatta. Tentò anche, ma invano, di cancellare il PRA. Ogni volta che la proposta giungeva in Parlamento, spuntavano a destra e a sinistra drappelli di onorevoli che ne chiedevano la sopravvivenza. Finché, nel ’92, il nuovo codice della strada, regalò al “pubblico registro” un importante riconoscimento: il Foglio complementare era sostituito da un documento analogo, ma cambiava denominazione, si chiamava Certificato di proprietà. Che era esattamente lo stesso, nel senso che entrambi servivano ad annotare il nome del proprietario, ma il certificato veniva rifatto ad ogni passaggio. Il che significava bolli e costi supplementari. E inutili. Poco importa se la Motorizzazione continuava a registrare 93 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica vendite a rate. Il pubblico registro doveva servire ad annotare l’ipoteca. Il PRA nacque quindi nel 1927, con un regio decreto e Mussolini ne regalò all’ACI la gestione, con conseguenti vantaggi economici. Oggi l’ipoteca è uno strumento dimenticato e archiviato, anche perché il prezzo delle auto – e soprattutto di quelle usate – è sceso drasticamente. Nessuno accende più un’ipoteca, le auto si comprano in leasing e l’intestazione rimane dall’inizio quella della società che finanzia la vendita. “Il PRA non ha più ragione di esistere - concludevamo nell’inchiesta - ma per cancellarlo “ci vorrebbe un referendum popolare”. I 20 referendum di Pannella gli stessi dati sulla Carta di circolazione (con la piccola differenza che fino ad allora i passaggi di proprietà erano trascritti a mano, mentre dopo il ’92 erano riportati su uno stick adesivo fornito dalla Motorizzazione): secondo il burocrate che aveva scritto la norma, il Certificato di proprietà era l’unico documento che attestava l’identità del titolare e per questo andava pagato e munito di bollo su tutte le facciate. Non solo, ma se vi veniva lo sghiribizzo di rottamare un’auto immatricolata prima del ’92, cioè dotata ancora di Foglio complementare, dovevate richiedere (e pagare al PRA) il nuovo Certificato di proprietà. Che vi serviva solo per compiere – sempre al PRA – nello stesso giorno, la pratica di cancellazione dal pubblico registro. Capolavoro di perversione burocratica. 94 Mussolini, Valletta e il Pubblico Registro Nel ’95, il vostro editorialista lavorava a Quattroruote, caporedattore per la tecnica, la difesa del consumatore e dell’ambiente. Preparò un’inchiesta sulla storia del PRA, le sue vicende, le angherie che ne derivavano agli automobilisti e i fallimenti delle proposte di legge per cancellarlo. Raccontava che il “pubblico registro” era nato nel 1927 su richiesta del prof. Valletta, allora amministratore della Fiat, per consentire la vendita a rate della futura Balilla, vettura popolare, il cui prezzo – 10.800 lire, circa venti stipendi di un operaio – ne faceva prevedere una discreta diffusione (in realtà ne furono prodotti 100.000 esemplari). Ma per far valere “il patto di riservato dominio” si pensò di iscrivere ipoteche sulle Qualche giorno dopo l’uscita della rivista (settembre 1995), il centralino della casa editrice ricevette una telefonata da Marco Pannella che stava preparando 19 referendum e voleva includere anche la cancellazione del PRA come ventesimo quesito. Il direttore di allora, Raffaele Mastrostefano, mi incaricò di portare avanti la faccenda: il mattino dopo ero a Roma, in Cassazione assieme a Pannella e a Benedetto Della Vedova per presentare il testo sul quale votare. Venne accolto e si partì. L’editoriale Domus mise a disposizione oltre 100 milioni di lire per organizzare la raccolta delle firme; autoscuole, agenzie di pratiche automobilistiche, associazioni di difesa del consumatore, deputati, senatori, giornalisti vennero coinvolti dal sottoscritto nell’iniziativa. Fu creato ad hoc un comitato presieduto da Gianni Locatelli, allora direttore de Il Sole 24 Ore. In tre mesi, a dicembre 1995, quello che era l’ultimo dei referendum in ordine di tempo, divenne il più votato: superò abbondantemente la soglia dei 500 mila voti e divenne ufficiale. Sulla rivista, ogni mese avevo raccontato in prima persona come procedevano la raccolta, le adesioni e i commenti dei lettori. Ma su Quattroruote di gennaio ’96, a sorpresa, non si pubblica più nulla, si abbandona il referendum, anzi si scrive contro. Chiedo spiegazioni: non ne ottengo. Morale, mi ritrovo nudo, fra lettori che attendono fiduciosi e colleghi che si stupiscono del silenzio. Per coerenza devo dare le dimissioni. E abbandonare, nel febbraio 1996, la rivista della quale ero stato “il meccanico dilettante” dal 1971. Via il PRA con la spending review? Oggi, tornano d’attualità le voci di cancellazione del PRA, di riunificazione con la Motorizzazione. C’è l’emendamento del parlamentare Rosato nella legge di stabilità, che impone al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ad adottare “misure volte all’unificazione, in un unico archivio telematico nazionale, dei dati concernenti la proprietà e le caratteristiche tecniche dei veicoli attualmente inseriti nel pubblico registro automobilistico e nell’archivio nazionale dei veicoli”. Ma si scontra con la difficoltà di cancellare il regio decreto del 1927 che ha istituito il PRA. Cosa che può essere fatta solo con un’altra legge. Poi, nell’ambito della revisione della spesa pubblica, c’è la riforma dei compiti e delle attribuzioni Motorizzazione Civile-ACI annunciata da Carlo Cottarelli, responsabile della “spending review”. Ci sono, infine, varie proposte, un po’ da tutti gli schieramenti, per arrivare a risparmiare dei soldi, a migliorare i servizi ai cittadini e ad abbassare i costi dei passaggi di proprietà, che - con la cresta delle province sull’IPT – hanno battuto tutti i primati in Europa e nel terzo mondo. Ma, a parare l’ipotesi di cancellare o soltanto di sminuire l’importanza del PRA, ecco la proposta dell’ACI: far confluire nel PRA anche i dati dei veicoli assicurati (ricavati dalle compagnie di assicurazione), in modo da garantirne la sopravvivenza. E allora? Non riteniamo la Motorizzazione perfetta, incorruttibile, insensibile a lobby nostrane. Con cadenza periodica si scoprono episodi di corruttela per patenti facili, con la connivenza di autoscuole e agenzie. In più, nel Ministero dei Trasporti sembra esserci una dittatura della burocrazia. Un esempio: nel 1999 una microbiologa milanese si trasferisce in Francia con la sua Micra, deve apporre targhe francesi sulla vettura, va a comperarle in 95 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Attualità Abbiamo bisogno di strutture che si occupino di sicurezza stradale, di unificare le infrastrutture, di controllare la qualità dei lavori, degli investimenti sulle autostrade, di personale addetto ai controlli, di esperti per condurre indagini sugli incidenti, sui punti pericolosi delle strade un negozio, spende 5-6 euro, completa il tutto con una (vera) revisione eseguita da personale francese (60 euro) e il passaggio è terminato. Nel 2004 torna definitivamente in Italia, con la stessa vettura. Della quale ha conservato copia del libretto originale e di tutti gli altri documenti. Non ci crederete, ma per immatricolarla nuovamente, la Motorizzazione non ha consultato la Carta da essa stessa compilata anni prima, nella quale ovviamente appariva il numero di telaio, ma ha preteso la traduzione in italiano del nuovo libretto francese. Non solo, ma la traduzione doveva essere “asseverata” e fatta da un interprete ufficiale. Stendiamo un velo pietoso sul costo dell’intera procedura, delle nuove targhe e dell’imposta di trascrizione (pagata una seconda volta dalla stessa persona, per la stessa vettura), 96 il tutto per un importo di gran lunga superiore al valore della vettura. Soluzione? Nessuno nega un futuro e un lavoro ai circa 1400 dipendenti del PRA. E nemmeno pensiamo che debbano essere messi a riposo: abbiamo bisogno di strutture che si occupino di sicurezza stradale, di unificare le infrastrutture, di controllare la qualità dei lavori, degli investimenti sulle autostrade, di personale addetto ai controlli, di esperti per condurre indagini sugli incidenti, sui punti pericolosi delle strade. In poche parole, quello che negli States viene fatto dagli uomini della NHTSA (national highway trafic safety agency). Se a Roma, o a Firenze, qualcuno ha compreso il problema, si faccia avanti. Altrimenti, accadrà quel che temiamo e che dicevano i bravi a don Abbondio: “Questo matrimonio non s’ha da fare, né oggi né mai”. 97 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica sollecitare i proprietari a stipulare una regolare RC Auto. Con la trasmissione al ministero e alle forze dell’ordine dell’archivio informatico della Motorizzazione, aggiornato grazie al web service e all’incrocio dei dati relativi a tutti i veicoli con le polizze stipulate con tutte le compagnie assicurative, le auto senza copertura potranno essere individuate attraverso le telecamere dei varchi ZTL, del sistema tutor o delle pattuglie su strada anche se, una volta scovate, non saranno immediatamente sanzionate. 15 giorni di tempo per regolarizzarsi «Senza accanimento vessatorio - spiega D’Angelis, i cittadini [trovati senza regolare polizza, ndr] saranno sollecitati a rimediare entro 15 giorni, pena il pagamento di sanzioni da un minimo di 841 euro a un massimo di 3.366 euro, fino al sequestro dell’auto». Riguardo ai 3,8 milioni di auto in Italia non coperte da assicurazione D’Angelis ha aggiutno: «Una cifra impressionante che ci consegna il record negativo europeo in materia di infrazioni e irregolarità’. I proprietari di veicoli non assicurati - conclude creano enormi problemi a migliaia di italiani onesti per l’impossibilità del risarcimento dei danni nei contenziosi post incidente stradale, anche in presenza di lesioni gravi a passeggeri». Veicoli senza assicurazione arriva la black-list per scovare i “furbi” E’ stata creata una sorta di black list dei veicoli senza assicurazione che permetterà alla Motorizzazione civile di trasmettere alle forze di polizia in tempo reale i dati relativi ai mezzi irregolari dal punto di vista assicurativo A vevamo anticipato solo alcuni giorni fa dell’imminente via libera all’utilizzo di telecamere per scovare i veicoli privi di regolare copertura assicurativa. Ora si aggiunge un altro importante tassello all’avvio del nuovo sistema che dovrebbe permettere di arginare questo dannoso fenomeno, che, lo ricordiamo, riguarda la bellezza di 3,8 milioni di mezzi nel nostro Paese. 98 Dati trasmessi in tempo reale Il sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti Erasmo D’Angelis infatti ha comunicato che è stata creata una sorta di black list dei veicoli senza assicurazione. A partire dal prossimo 15 febbraio quindi la Motorizzazione civile sarà in grado di trasmettere in tempo reale i dati relativi ai mezzi irregolari dal punto di vista assicurativo al Ministero dell’Interno ma anche alle forze di Polizia nazionali e locali. Lo scopo è quello di individuare i veicoli senza assicurazione così da 99 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica FCA: dopo 115 anni la sede Fiat lascia Torino Investimenti in Italia per Alfa Romeo un socio a cui piaceva l’analogia con la voce verbale latina “fiat” (sia fatto). La sede in questi 115 anni è cambiata più volte, ma è sempre rimasta dentro le mura di Torino. La prima, provvisoria, stabilita presso l’Ufficio dell’Ingegner Marchesi, in corso Re Umberto 11, poco dopo la fondazione della società. Poi la prima vera sede nella Palazzina Liberty di corso Dante, non lontano dal Po. Dal 1923 al 1939 il quartiere generale dell’azienda si sposta al Lingotto e, negli anni successivi fino al 1953, a Mirafiori. Quindi, per 43 anni nella mitica palazzina di corso Marconi: nell’ufficio all’ottavo piano Gianni Agnelli regnò per trent’anni da presidente della Fiat. Qui vennero prese decisioni su strategie aziendali, acquisizioni, vendite, bilanci, ricapitalizzazioni, matrimoni e divorzi societari. Poi nel settembre del ‘97 la sede ritorna al Lingotto, edificio ristrutturato dall’architetto Renzo Piano. Già quel cambiamento comportò una piccola rivoluzione anche sul piano linguistico perchè fino allora corso Marconi era sinonimo di Fiat, così come fino ad oggi lo è ‘il Lingotto’. Niente a che vedere con il trasloco di oggi all’estero, con la sede legale portata in Olanda e quella fiscale in Gran Bretagna. Un passaggio cruciale che suggella l’integrazione con la casa di Detroit, ma anche la fine di un lungo capitolo della storia del più grande gruppo industriale italiano. La sede legale, quella che compare nei documenti della società e nei biglietti da visita, non sarà più in via Nizza 250, dove si trova il Lingotto, ma in una strada olandese. Soprattutto non ci sarà più, per la prima volta, Torino. Marchionne: «Livelli occupazionali garantiti in Italia. A maggio il piano per gli investimenti» Com’era facile immaginare l’Amministratore Delegato del neonato Gruppo FCA, Sergio Marchionne, si affrettato a rassicurare i lavoratori italiani, dichiarando che verranno mantenuti gli impegni presi in merito all’Italia e che non ci La nascita di FCA (Fiat Chrysler Automobiles), con il trasferimento della sede in Olanda, mette la parola fine ad un lungo capitolo della storia del più grande gruppo industriale italiano. Confermati investimenti e livelli occupazionali nella Penisola A pochi giorni dall’accordo epocale che ha portato alla fusione tra Chrysler e Fiat emergono le prime conseguenze dirette, che investono in modo particolare il nostro Paese. Negli anni precedenti si erano rincorse più volte le indiscrezioni di un possibile “trasloco” della storica sede della Casa italiana da Torino e ora arriva la certezza. La storia della sede Fiat a Torino: tutto ha inizio nel 1899 Dopo 115 anni Fiat (Fabbrica Italiana 100 Automobili Torino) cambia il nome e diventa Fca, acronimo di Fiat Chrysler Automobiles. La nuova società trasloca all’estero e lascia Torino, città dove l’11 luglio 1899, in una sala del palazzo residenziale dei Bricherasio, viene firmato da un gruppo di nobili e borghesi, appassionati di automobili, l’atto di nascita della società. Quando il documento viene redatto la società si chiama Fia, la T viene aggiunta qualche mese dopo, per il legame con Torino o forse su suggerimento di 101 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb saranno impatti sull’occupazione, in particolare degli impiegati dei centri direzionali del gruppo in Italia. Al momento in ogni caso non ci sono ancora anticipazioni sull’entità dell’investimento a Cassino, dove la cassa integrazione ordinaria scade a fine febbraio né ci sono indicazioni su Mirafiori e neppure rassicurazioni sul non facile rinnovo del contratto del gruppo. Date dei futuri investimenti e nuovi modelli si conosceranno con il piano triennale che all’inizio di maggio verrà presentato alla comunità finanziaria negli Usa. Alfa Romeo: la conferma degli investimenti in Italia. Marchionne in ogni caso è tornato a confermare un futuro italiano per il rilancio del Biscione: «Per Alfa Romeo non ci aspettiamo miglioramenti significativi quest’anno, ma dal 2015. Il 2014 sarà un anno di transizione». «Ci vorrà tempo e pazienza. Dobbiamo ristrutturare la rete di distribuzione, ne parleremo a maggio», ha aggiunto. 102 Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica numero uno della Ugl, Giovanni Centrella, «La cosa più importante non è dove sarà la testa della nuova Fca, ma dove staranno braccia e gambe, ovvero investimenti e produzioni che possano garantire l’occupazione». «Una giornata importante - sottolinea il numero uno della Fismic, Roberto Di Maulo - per la conferma degli investimenti e le garanzie sull’occupazione in particolare degli impiegati dei centri direzionali del gruppo in Italia. Il trasferimento della sede non ha ripercussioni negative, mentre la sinergia sempre più forte con Chrysler aiuterà l’occupazione». Per Ferdinando Uliano, segretario nazionale Fim, «C’è la conferma del piano per l’Alfa Romeo che al centro Cassino». Fiom e Cgil non ci stanno Vanno, invece, all’attacco Fiom e Cgil, che non partecipano all’incontro. «Fiat fa un altro importante passo verso il disimpegno nei confronti dell’Italia», afferma il coordinatore nazionale per la Fiom Cgil del gruppo Fiat, Michele De Palma, mentre la leader della Cgil, Susanna Camusso, critica la decisione di pagare le tasse all’estero. «Nonostante il clima di aspettativa, che come sempre viene ad arte creata, purtroppo oggi - sottolinea il segretario generale della Fiom torinese, Federico Bellono - non è successo nulla che non si sapesse già: la Fiat non è più un’azienda italiana e per quanto riguarda gli investimenti nelle fabbriche italiane è tutto rinviato». Quanto al mercato auto europeo Marchionne ha detto «di essere negativo sulla ripresa. Dobbiamo ampliare gli orizzonti e la direzione della strategia verso cui ci stiamo muovendo è quella giusta.» La maggior parte dei sindacati sembra soddisfatta del nuovo assetto «Gli investimenti negli stabilimenti italiani sono confermati e le produzioni saranno finalizzate in particolare all’export. Produrre in Italia per vendere al mondo è la migliore garanzia per la stabilità dell’occupazione in Italia. Il cambio di sede non ci preoccupa e non influisce sull’occupazione in Italia», afferma il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti. «Non c’è alcun trasferimento all’estero. A noi non interessano la sede legale e quella fiscale, ma le progettazioni e queste resteranno in Italia», osserva il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, mentre per il Per Alfa Romeo non ci aspettiamo miglioramenti significativi quest’anno, ma dal 2015. Il 2014 sarà un anno di transizione 103 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Storia Periodico elettronico di informazione motociclistica Porsche-Museum: dove se non a Zuffenhausen Nel primo anno dopo la sua inaugurazione in data 31 gennaio 2009, il Porsche-Museum ha saputo richiamare agli ingressi 700.000 visitatori provenienti da tutto il mondo, mentre a dicembre 2013 già due milioni di persone avevano visitato il museo. Il Museo, che si affaccia sulla Porscheplatz, si trova in un luogo che ha giocato un ruolo importante nella storia delle auto tedesche. Già nel 1938 lo studio di progettazione Porsche di allora si era trasferito dal centro di Stoccarda nello stabilimento numero 1 di Zuffenhausen. Nello stesso anno nacquero i precursori del futuro “Maggiolino” Volkswagen, e, nel 1939, l’antesignana di tutte le auto sportive Porsche, la Typ 64, la cosiddetta auto “Berlino-Roma”. Dal 1950 si costruiscono a Zuffenhausen le auto sportive con lo stemma Porsche ormai diventato fa mo so in tutto il mondo. L’area espositiva vera e propria è costituita da una struttura in acciaio Media avanguardistica che, essendo in appoggio meramente su tre basamenti di calcestruzzo, sembra essere sospesa nello spazio. Effettivamente essa si sviluppa su campate fino a 60 metri. Al suo interno, le vetture storiche sono state collocate, insieme a circa 200 altri oggetti, in base ad un percorso studiato accuratamente. Il file rouge, che guida il visitatore attraverso la mostra, nasce dalla storia del prodotto dell’azienda. La “P1” al Museo Porsche A cinque anni dall’inaugurazione il Museo Porsche ha modificato in modo definitivo la sua esposizione permanente. Oltre alla ristrutturazione delle aree dedicate alla storia dei prodotti e delle isole tematiche, ai pezzi in mostra sono stati aggiunti molti nuovi esemplari. Nella prima parte del museo, il cosiddetto “prologo”, la “P1” fa da preludio al percorso espositivo. Un film d’animazione illustra le innovazioni tecnologiche di questo modello elettrico. Un nuovo filmato del Porsche-Museum un viaggio nel cuore della Casa di Zuffenhausen di Emiliano Perucca Orfei | Ripercorriamo le diverse sale del Museo Porsche di Stoccarda, dove si possono ammirare 80 modelli che hanno resa leggendaria la storia del marchio tedesco T utti i più grandi e prestigiosi costruttori automobilistici mondiali si sono regalati un museo dove ripercorrere e celebrare la propria storia. A tal proposito Ferdinand Porsche doveva avere le idee molto chiare se è vero che un giorno esclamò: «Coloro che hanno la fortuna di trasformare un sogno in business hanno l’obbligo, di fronte al mondo, di continuare a curare questi sogni». 104 Il fondatore della Casa di Zuffenhausen oggi sarebbe davvero orgoglioso di veder realizzate le proprie convinzioni visto che dal 2009 gli appassionati possono visitare il Porsche-Museum, uno spazio futuristico di 5.600 metri quadri, dove vengono esposte circa 80 delle vetture più leggendarie e rappresentative della storia del marchio tedesco. 105 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Storia Periodico elettronico di informazione motociclistica Questa granturismo, coerente evoluzione del concetto Full-Hybrid parallelo, è dotata di un motore elettrico, di una batteria ad alte prestazioni e può essere ricaricata esternamente dalla rete elettrica. Già dal 2010 è inoltre sul mercato la Cayenne S Hybrid. Al di là delle novità da poco introdotte il Museo Porsche continua a mettere in mostra tutte quelle auto leggendarie, sia modelli di serie che versioni da competizione, che hanno reso grande il marchio tedesco. Il museo è diviso per aree tematiche o “concept”, che radunano una serie di modelli che hanno in comune determinate caratteristiche. Il prologo: la Porsche prima del 1948 L’area espositiva “La Porsche prima del 1948” descrive l’attività di Ferdinand Porsche suddivisa in vari episodi, dalla “P1” al motore elettrico settore descrive l’attività del professor Ferdinand Porsche fino alla realizzazione della prima vettura sportiva Porsche nel 1948. Quello che finora era stato il pezzo d’apertura dell’esposizione, ossia la carrozzeria in alluminio per la “tipo 64”, cioè l’autovettura chiamata “Berlino-Roma”, è stato trasferito nella cronologia del settore “Porsche prima del 1948”. Ulteriori modifiche riguardano l’area dedicata all’automobilismo sportivo, che ora non è più articolata essenzialmente per gare ed eventi, bensì per epoche dei concetti di vettura. Così, ad esempio, le auto da corsa dell’epoca della 356 o delle prime vetture da competizione in vetroresina vengono presentate insieme in uno spazio riservato agli anni Sessanta. Nell’ambito della storia dei prodotti, gli amanti del sistema “transaxle” (con cambio al retrotreno in blocco con il differenziale) apprezzeranno le nuove acquisizioni nelle linee di modelli di vettura sport dalla 924 alla 928. 106 nei mozzi delle ruote della Lohner-Porsche del 1900 fino all’inizio della produzione propria di automobili a Gmünd nel 1948. Oltre al motore per aviazione e al carro dei pompieri “Austro Daimler Motorspritze” sull’Austro-Daimler “Sascha” si vede la carrozzeria del leggendario “Tipo 64”, l’antenata di tutte le Porsche. La ripresa delle attività nel dopoguerra è rappresentata dall’auto da corsa Grand Prix Typ 360 “Cisitalia” progettata da Porsche, e dal modello di cui, con 21,5 milioni di unità è stato realizzato probabilmente il maggior numero di esemplari nel mondo: la Volkswagen “Maggiolino”. La parte finale di questo prologo è riservata alla cosiddetta “Numero 1”, il primo proto tipo della Porsche 356 del 1948. Gli oggetti esposti rappresentano le varie fasi della vita di Ferdinand Porsche e quindi anche le visioni che hanno caratterizzato l’azienda. L’innovazione oggi: 918 e Panamera SE-Hybrid Il museo però oggi accoglie anche i modelli che meglio incarnano lo sviluppo tecnologico del marchio, che sempre più si sta indirizzando verso sistemi ibridi plug-in, capaci di garantire maggiore efficienza senza comunque rinunciare comunque alle prestazioni inimitabili dei classici motori a benzina ad alte prestazioni. Nelle sale si può ammirare quindi la nuovissima 918 Spyder, la prima vettura con omologazione internazionale da strada a migliorare, grazie a un tempo di 6:57, il precedente record dell’anello nord del Nürburgring, pari a sette minuti e prestazioni massime, grazie a una potenza complessiva di 887 CV e al consumo dichiarato pari a 3 litri di carburante ogni cento chilometri (NCPE). Il costuttore però mette in bella mostra anche la Panamera SE-Hybrid, la prima auto a introdurre il concetto di ibrido plug-in nel segmento di lusso. 107 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Il concept della leggerezza: la 356 America Roadster Da sempre il fattore determinante della costruzione delle auto sportive consiste nel cosiddetto rapporto peso/potenza, vale a dire, il peso della vettura rapportato alla potenza del motore. Pertanto, fin dall’inizio, la Porsche ha fatto ogni sforzo per ridurre i pesi e realizzare costruzioni leggere. Il concept della “leggerezza” presenta la costruzione leggera come una delle competenze fondamentali della Porsche. Infatti, in occasione della Targa Florio, il circuito di gara più rinomato nelle alte colline siciliane, le auto da corsa Porsche erano superiori alle altre e conseguivano successi grazie soprattutto alla loro costruzione leggera e agile. Già allora la 356 America Roadster era la Porsche più leggera del suo tempo. Anche la carrozzeria estremamente snella in 108 Storia Periodico elettronico di informazione motociclistica bloccato del cambio. Il concept della “velocità”: Porsche 911 Carrera RS 2.7 Coupé e la 24 Ore di Le Mans. La sofisticata aerodinamica è uno dei fattori determinanti della velocità. Infatti, nel 1973 la 911 Carrera RS 2.7 Coupé con il suo tipico spoiler posteriore “ducktail” era l’auto da strada più veloce che proveniva dalla Germania e raggiungeva una velocità massima di 240 km/h. Nello sport automobilistico è la gara di Le Mans che fa da riferimento per la velocità. La 24 Ore può essere vinta soltanto da coloro, che hanno un’auto robusta con elevata velocità massima. Sul lungo rettilineo Hunaudières la velocità massima è più determinante di quanto non lo sia quasi in alcun’altra competizione. Grazie al know-how avanzato nel campo dell’aerodinamica – rappresentato dalle auto leggendarie che hanno vinto la corsa – la Porsche ha ottenuto numerosi primi posti in classifica e ben 16 vittorie complessive. Il record della distanza più lunga percorsa nel 1971, che la Porsche 917 KH ha stabilito con 5.335 chilometri e una velocità media di 222 km/h, è tuttora in vigore. Il modello di riferimento tecico per il concept della “velocità” è la Porsche 956 sospesa in modo spettacolare sotto il soffitto del museo. In questo modo si intende dimostrare come essa possa teoricamente viaggiare sul soffitto ad una velocità di 321,4 km/h. Il concept della potenza: 911 Turbo 3.0 Coupé e l’epoca delle 917 All’inizio degli anni Settanta emergeva una nuova consapevolezza tecnologica: la Porsche, da tempo leader nelle costruzioni leggere, iniziava a sviluppare anche i motori più potenti. Questa parte della mostra mette quindi al centro dell’attenzione i propulsori ad alto rendimento e il progetto su cui essi si basano. Nello sport automobilistico primeggiava la Porsche 917, il cui potente motore si presenta al visitatore in ogni dettaglio. L’oggetto esposto è in questo caso un motore Boxer a dodici cilindri scomposto nelle sue parti. Questa generazione dei motori raggiungeva il suo livello massimo nel 1973 con la 917/30 che, materia plastica della Coupé a coda corta Porsche 908, illuminata dall’interno, che risale al 1968 e pesa soltanto 130 chilogrammi, è emblematica per questa filosofia. Il concept dell’intelligenza: 356 B 2000 GS Carrera GT Fin dal 1971 gli ingegneri di questa casa automobilistica si occupano nel Centro di Ricerca e Sviluppo di Weissach (EZW) dello sviluppo e dell’ottimizzazione delle soluzioni tecnologiche. Il freno Porsche Ceramic Composite Brake (PCCB), il sistema di fasatura delle valvole VarioCam oppure anche il Porsche Doppelkupplungsgetriebe (PDK) sono soltanto alcuni esempi delle tecnologie sviluppate dalla Porsche. In questo modo, la Porsche 356 B 2000 GS Carrera GT era già nel 1960 dotata di un sincronizzatore a manicotto 109 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb dotata di un motore Turbo da 1.200 CV, fu la Porsche più potente di tutti i tempi. Le tecnologie sviluppate per aumentare la potenza dei motori ai fini delle competizioni sono poi state trasferite con successo nelle auto sportive da strada. Infatti, il motore Turbo ha poi “fatto carriera” nella 911 Turbo – oggetto di riferimento per la storia dei prodotti all’interno dell’esposizione. Il concept dell’intensità: lo sport automobilistico Gli ingegneri Porsche sono alla costante ricerca di nuove sfide. Su ogni circuito. E celebrano l’ebbrezza del successo. In occasione di ogni gara. Chi vince a Le Mans, alla Mille Miglia, alla Parigi-Dakar, alla Carrera Panamericana, al Nürburgring, a Monte Carlo o a Sebring è pronto ad affrontare qualunque situazione. Pertanto 110 Storia Periodico elettronico di informazione motociclistica Il concept della coerenza: la 911 e la sua evoluzione La Porsche 911 ha fatto della tradizione progettuale attraverso cui si è evoluta con continuità e coerenza la sue vera essenza. Dal 1964 la “Novecentoundici” è inconfondibile, indipendentemente dalla sua generazione e dall’anno di costruzione. Il concept della “coerenza”, che trae origine dall’attuale 911 Carrera, mette in primo piano le caratteristiche stilistiche della Porsche. Le linee dell’auto sportiva Porsche si distinguono, in via di principio, per la loro essenzialità. Una filosofia questa che è stata trasferita da Ferdinand Porsche al figlio Ferry e al nipote Ferdinand Alexander. Il linguaggio progettuale delle auto sportive Porsche si esprime attraverso i modelli della Volkswagen Maggiolino, della Porsche 550 e della Porsche 904. Inoltre, le sagome dei vari modelli 356 e 911 proiettate in sovrapposizione evidenziano il linguaggio progettuale che è comune a tutte le vetture Porsche. In questo contesto viene presentata l’evoluzione della Porsche 911 che ha continuato ad evolversi fino all’odierna settima generazione. I modelli 911 sono esposti su alcune pedane che girano di volta in volta in modo sincronizzato a passi di 180 gradi permettendo un confronto diretto da tutti i lati. il concept dell’intensità mette in risalto l’aspetto emozionale del motorsport. Le competizioni danno alla Porsche lo spunto per nuovi progetti e migliorie nelle auto di serie, ma costituiscono nel contempo anche la fonte di successi, vittorie, emozioni. La passione dell’azienda, dei suoi ingegneri, meccanici, piloti e tifosi fa la differenza che si concretizza in oltre 28.000 vittorie nelle corse. Gli oggetti tecnici in esposizione da soli non bastano per raffigurare il fascino dello sport automobilistico. Pertanto il concept dell’“intensità” viene trasmesso al visitatore non soltanto grazie alla presenza delle leggen darie auto da corsa, ma anche con alcune icone d’impatto emotivo, comela bandiera storica dello starter della 24 Ore di Le Mans e le oltre 150 Coppe particolarmente ambite. 111 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Intervista Periodico elettronico di informazione motociclistica Della sensazionale scoperta - la P1 è stata ritrovata in un magazzino dove veniva conservata dal 1902... - ne abbiamo parlato Dieter Landenberger, Responsabile dell’archivio storico Porsche. Con la P1 si fissa un nuovo riferimento nella storia della Porsche? «La storia della nostra azienda ha inizio nel 1948 con la “tipo 356” ma effettivamente le basi storiche risalgono a molto tempo prima. Ferdinand Porsche è stato un pioniere nell’industria dell’auto e costruiva veicoli già nel milleottocento come capo progetto per aziende come Lohner, Austro-Daimler e Steyr. La P1, nome con cui definiamo brevemente la elettro-mobile Egger-Lohner C.2 Phaeton, è stata progettata e costruita personalmente da Ferdinand Porsche nel 1898 e testimonia l’esperienza decennale nel settore auto maturata prima di fondare la propria azienda a Stoccarda nel 1931.» Un cimelio che oggi arricchisce la collezione del Porsche Museum «Sì, a cinque anni dall’inaugurazione del nostro museo, avvenuta nel gennaio del 2009, aggiungiamo un nuovo fondamentale pezzo ad una Dieter Landenberger «P1 ha posto 115 anni fa le basi del futuro Porsche» di Emiliano Perucca Orfei | Riportata alla luce a più di un secolo di distanza, la Egger-Lohner C.2 Phaeton rappresenta una vera e propria pietra miliare nella storia della Porsche. I perché, compresa l’origine del nome P1, l’abbiamo chiesta al Direttore dell’archivio storico Porsche I l Porsche Museum si arrichisce di un nuovo importantissimo pezzo per la storia della Casa tedesca. Nonostante sia ufficialmente battezzata “C.2 Phaeton, la Egger-Lohner”, un veicolo elettrico del 1898 che si può ammirare come primo pezzo del 112 percorso museale, è in realtà la prima vettura progettata e costruita da Ferdinand Porsche: numerosissimi elementi che la compongono, infatti, riportano la sigla P1 (Porsche numero uno) e confermano come l’ingegnere tedesco fosse già con lo sguardo proiettato al futuro nell’ambito della tecnica. Oltre al motore elettrico, oggi sempre più presente anche nelle auto in cui viene mantenuto il classico propulsore termico (ibride), si fanno notare soluzioni estremamente interessanti, come nel caso delle sospensioni posteriori basate su un complesso schema a quattro balestre connesse. 113 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Intervista aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb collezione di vetture assolutamente uniche. La P1 prende il posto della carrozzeria in alluminio “tipo 64” (la BerlinoRoma) oggi trasferito nella cronologia del settore “Porsche prima del 1948”.» E’ vero che la P1 è stata una scoperta anche per voi? «Assolutamente. Naturalmente si sapeva che l’elettrovettura era esistita, ma di lei nel tempo si erano perse le tracce. Dal 1902, infatti, era ferma in un magazzino e da allora non era mai più stata utilizzata. Oggi l’abbiamo riportata in vita senza modificarla in alcun 114 dettaglio. L’unica cosa che ci siamo limitati a ricostruire è il profilo della parte superiore, di cui non era più dotata. L’abbiamo realizzata però in plexiglass, come si usa spesso fare nei restauri conservativi - non automobilistici - di maggior pregio, per dare un’idea lampante di com’era e di quanto era moderna.» Come mai l’avete battezzata P1? «Non è stato un nome che abbiamo scelto noi. Il 26 giugno 1898 la vettura iniziò a circolare per le strade di Vienna come “elettromobile Egger-Lohner C.2”, tuttavia Porsche certificò la paternità del modello imprimento la sigla P1 (Porsche numero uno, ndr) su tutti i componenti più importanti.» Cosa rappresenta oggi la P1? «E’ una attrazione storica e tecnologica che oggi più che mai funge da anello di congiunzione tra passato e moderno oltre che come stimolo e base per le nostre vetture più innovative. Basi che la P1 ha posto 115 anni fa e che oggi la 918 Spyder riscrive nuovamente dettando le soluzioni che andranno sulle nostre vetture sport del futuro.» 115 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica potrebbe diventare un pericoloso rostro in caso di urto laterale. Pensate solo a una macchina in testacoda che viene colpita di lato da un musetto del genere. Se finisce nella fiancata, fra radiatori e altro, il problema è minimo, ma se colpisce la zona fra la ruota anteriore e l’inizio della fiancata, vuol dire avere una sorta di apriscatole che può spaccare in due la scocca e tagliare il pilota all’interno. Senza dimenticare un eventuale toccata con decollo della vettura che, contromano, potrebbe impattare un’altra auto che segue. Un frontale non è da escludere (pensate a un testacoda e chi segue centra in pieno il pilota fermo davanti a sé) oppure pensate a un musetto del genere che fa da apriscatole in un guard rail. Si parla tanto di sicurezza, ma questa soluzione regolamentare non sembra proprio il massimo della vita. F1 2014: al momento più lente di 11 secondi rispetto all’anno scorso In caso di pericolo la FIA può obbligare tutti a modificare il muso, ma devono decidersi alla svelta, visto che ci vuole almeno 6-8 settimane per progettarne un altro e fare il crash test. E, cosa importante per le prestazioni, se questi musi sono pericolosi e vanno cambiati, come si modificheranno le prestazioni delle monoposto 2014 che, al momento, sembrano essere più lente di almeno 11 secondi al giro rispetto alle vecchie? Formula 1 è allarme sicurezza per i musetti di Paolo Ciccarone | I nuovi musetti della Formula 1 2014, oltre che molta ilarità sul web, hanno scatenato più di qualche perplessità per quanto riguarda la sicurezza. Vi spieghiamo con dei disegni tecnici perché F .1 è allarme sicurezza. Lo ha detto Adrian Newey a margine della presentazione della nuova Red Bull RB10 di F.1 ma lo si era capito vedendo le prime immagini di alcune monoposto, Red Bull e Toro Rosso compresa. «Siamo andati al di là di quello che pensavamo ma abbiamo rispettato le norme – ha detto Newey –solo che a vedere i musetti attuali, sono perplesso e li ritengo pericolosi in caso di incidente. L’idea di modificarli venne alla FIA dopo la tamponata di Webber a Kovalainen 116 a Valencia, si pensava che i musetti larghi favorissero il decollo in caso di tamponamento, ma a vedere questi risultati, sono davvero perplesso». Quel muso che può diventare un apriscatole Infatti, alcune vetture presentano un vero e proprio rostro che, ricordiamo, sulle navi da guerra degli antichi romani aveva lo scopo di affondare la nave avversaria. Il “punteruolo” in punta a una F.1, in carbonio e in grado di assorbire gli urti, 117 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica Media Ferrari F14 T Il commento alla monoposto dal muso “ad aspirapolvere” di Paolo Ciccarone | Chi ha varato certe regole deve essere un amante dell’orrido: fra tutte le F.1 nuove non ce ne è una che affascini e la Ferrari non è da meno. Proviamo ad andare al di là dell’estetica C hi ha varato certe regole deve essere un amante dell’orrido: fra tutte le F.1 nuove non ce ne è una che affascini. Certo, una macchina da corsa è bella per quanto vince, ma un minimo di senso estetico ci vorrebbe nella vita, invece no. Ed ecco che pure la nuova Ferrari non è immune dalle nuove forme. 118 Muso da aspirapolvere Il nome, F14T, si conosceva già con 24 ore di anticipo. A vedere quel muso da aspirapolvere che fa il verso a un tapiro, non è che la nuova Ferrari entusiasmi. A dire il vero altre squadre han fatto di peggio, colpa delle nuove regole, l’importante è che funzioni e che sia competitiva, come ha ribadito il presidente Montezemolo: «Sono stufo di arrivare secondo, confido molto nello staff tecnico, nei motoristi e nella nostra coppia di piloti che è la più forte». Ed eccola qua in bella vista, solo sul sito della Ferrari, per capire che il nero in più sulla carrozzeria posteriore nasconde delle forme che si vedranno solo in seguito, lo scivolo posteriore è ancora nascosto e l’ala anteriore è quella vecchia, quindi non è della misura e della forma giusta, ma messa lì tanto per far vedere una macchina completa. Le sospensioni anteriori e posteriori sono col tirante e quindi le critiche alla scelta fatta due anni fa, a quanto pare sono state inutili visto che si è insistito su questo concetto. L’affidabilità diventa centrale E allora, in attesa di vederla in pista a partire dai prossimi test di Jerez, il 28 gennaio, vale la pena riportare le parole del nuovo DT James Allison: «Per la prima volta sugli schieramenti di partenza ci saranno motori con grosse differenze di potenza ma alla fine sarà l’aerodinamica a fare la vera divisione fra chi vince e chi no. Mi aspetto durante la stagione grossi passi in avanti, cambiamenti ad ogni gara, sui motori sarà importante non sbagliare nulla». E infatti, con le nuove regole, se si rompe qualcosa per la prima volta vieni penalizzato di 10 posizioni, se si rompe la seconda volta vieni arretrato di 20 posizioni e via di questo passo. Un regolamento idiota che complica le cose quando già gli spettatori faticano a capire che succede ora. «La prestazione massima dovremo raggiungerla senza andare a scapito dell’affidabilità – dice il responsabile dei motori ingegner Luca Marmorini – fino all’ultimo test cercheremo di ottenere il massimo possibile perché poi durante la stagione non si potrà più fare ma solo lavorare sull’affidabilità». 119 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Formula 1 aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Obiettivo: vincere A questo punto la parola passa al presidente della Ferrari, Luca di Montezemolo che ha le idee chiare, come sempre d’altronde…«Sono stufo di arrivare secondo, confido molto nel nuovo DT Allison, in chi ha fatto i motori e nei nostri piloti che prima corrono per la Ferrari poi per se stessi. Sarà un anno duro difficile ma come sempre partiamo con l’ambizione di vincere. Noi siamo l’unica squadra al mondo che quando arriva seconda la considera una sconfitta mentre per altri è un successo». Parlando di piloti Montezemolo crede che la coppia Alonso-Raikkonen sia la più forte del mondiale: «Non so se siamo i più forti – dice lo spagnolo – ogni anno si azzera tutto e si ricomincia da capo, di sicuro siamo un team agguerrito ma dovremo essere bravi a non sbagliare nulla altrimenti vincono gli altri. Sono andato 120 vicino al titolo nel 2010 e nel 2012, spero sia il momento buono ma ci sono ancora troppe incognite per dirlo, aspettiamo i test e le prime gare». Per Raikkonen è un ritorno a Maranello: «Ho vinto il mondiale qui e spero di poterlo fare ancora, aspetto i primi test per capire come siamo messi, per ora non ci sono problemi fisici, il riposo dopo l’intervento alla schiena mi ha fatto bene, spero solo che la macchina sia competitiva». Aspettando la Red Bull... Primi test in pista a Jerez, in Spagna, a partire dal 28 gennaio quando verrà presentata la Red Bull campione del mondo in carica. Solo guardando cosa ha combinato Adrian Newey con le nuove regole si capirà se questa Ferrari è partita col piede giusto oppure se qualcosa deve essere ancora messa a punto… 121 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica Woking deve ancora annunciare la nuova partnership pubblicitaria dopo la chiusura del rapporto con Vodafone. Tutta nuova l’ala anteriore, che rispetto allo scorso anno mette in mostra misure più contenute e uno studio di micro-aerodinamica molto complesso. La vista frontale mette in evidenza le pance della MP4-29, che si rivelano davvero ampie, una scelta quasi obbligata per mettersi al riparo da eventuali problemi di raffreddamento al nuovo propulsore ibrido V6 Turbo. All’anteriore si nota una classica sospensione push rod, mentre al posteriore un complesso schema pull rod. McLaren, che fino all’ultimo sembrava rischiare di non partecipare ai test di Jerez per i grandi ritardi sviluppati nel superamento dei crash test, alla fine è stata la prima squadra a mostrare l’auto in veste definitiva (Force India e Williams hanno svelato solo dei rendering). A questo punto non resta che vedere se il team di Woking, tornato sotto il pieno controllo di Ron Dennis, abbia le carte giuste da giocare per riscattarsi dalla stagione dello scorso anno, davvero deludente sotto il profilo dei risultati. McLaren MP4-29 Tutti i dettagli della F1 2014 La Casa di Woking ha svelato le immagini e i dettagli della nuova McLaren MP4-29, la monoposto con cui Jenson Button e il giovane Kevin Magnussen prenderanno parte alla stagione di F1 L a Casa di Woking ha svelato le prime immagini della nuova McLaren MP429, la monoposto con cui Jenson Button e il giovanissimo Kevin Magnussen prenderanno parte alla stagione di F1 2014. La nuova monoposto britannica conferma quando già era emerso dai primi dettagli svelati da Force India e Williams. Le vetture 2014 non sembrano adottare solamente il nuovo musetto basso 122 Media imposto dal regolamento, ma anche un curioso becco piuttosto rastremato, necessarrio per rispettare le misure regolamentari. Le immagini smentiscono anche la voce secondo cui la McLaren 2014 sarebbe tornata ad assumere la storica colorazione arancio. La MP4-29 mette in mostra una livrea color argento, su cui peraltro non sono ancora visibili gli sponsor ufficiali per la prossima stagione, dal momento che il team di 123 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Formula 1 aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb Media bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Red Bull RB 10 presentata a Jerez la Formula 1 E’ stata svelata nel corso della prima gionata di test collettivi della Formula 1 la Red Bull RB 10, la vettura con cui la squadra di Milton Keynes affronterà il Mondiale di F1 quest’anno E’ s tata svelata nel corso della prima gionata di test collettivi della Formula 1 la Red Bull RB 10, la vettura con cui la squadra di Milton Keynes affronterà il Mondiale di F1 2014. Caratterizzata da un frontale meno goffo rispetto alle altre monoposto già svelate per quest’anno, la Red Bull RB 10 presenta un musetto molto aerodinamico e filante, con due paratie verticali che collegano lo stesso al profilo alare. Alle spalle del pilota si presenta una “pinna” che, come imposto da regolamento, chiude verso la coda per generare lo spazio volto ad ospitare lo scarico, il cui flusso non deve andare a colpire il profilo alare posteriore. 124 125 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica Media Mercedes W05 Ecco la nuova monoposto E’ stata presentata a Jerez la Mercedes W05, la monoposto da Formula 1 con cui Hamilton e Rosberg affronteranno la nuova stagione E sattamente come la Red Bull, anche il Team di Formula 1 della Stella ha svelato in occasione dei test di Jerez de la Frontera la Mercedes W05, la monoposto con cui Hamilton e Rosberg affronteranno il Campionato del Mondo 2014. In maniera analoga alla Red Bull, anche la Mercedes W05 presenta un musetto caratterizzato 126 da una forma molto convenzionale, ancor più convenzionale rispetto a quello della vettura di Mylton Keynes. Se molto tradizionale si dimostra essere il musetto, decisamente più articolato è il profilo alare frontale, che presenta dei flap molto articolati, mentre le fiancate mettono in luce delle prese d’aria molto rastremate. 127 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Intervista Periodico elettronico di informazione motociclistica Nani Roma «Con la moto o con l’auto, vincere la dakar è sempre bellissimo!» Piero Batini | Nel 2004 vince con la Moto. Nel 2014 con la Mini. La storia di Joan Roma è quella di un autentico fuoriclasse… fuori dalle righe. Sincero e spontaneo, allegro e pungente. Non si è Campioni per caso R Ricordate quando nella terza tappa, e poi nella quinta, ci entusiasmavamo per il successo di Joan Roma, e ci scaldavamo perché nessuno sembrava riconoscere al catalano le sue grandi, ormai evidenti doti? Non facevamo il tifo e neanche pensavamo di aver già visto nel futuro di questa Dakar, ma era chiaro che Roma aveva fatto un salto in avanti e lottava ad armi pare per la posta più alta dell’avventura agonistica più importante, la Dakar. Il 18 gennaio ci ha dato ragione. Joan “Nani” Roma vince la sua prima Dakar in Auto, bissa il successo ottenuto in Moto nel 2004 e diventa il primo Pilota spagnolo a vincere in entrambe le categorie. Il ruolino di marcia di un Campione della Dakar è abbastanza classico. Inizio in sordina, un colpo “brutale” a un terzo di gara, e mantenimento della posizione fino alla fine. Ma più che un “classico”, 128 la vittoria di Roma è una pagina memorabile della migliore antologia catalana della storia della Dakar. Il quinto giorno la Dakar 2014 ha vissuto uno dei suoi momenti chiave, con unna tappa micidiale. Quel giorno, contemporaneamente, Marc Coma e Joan Roma vincevano e passavano al comando, e il 18 gennaio la lingua ufficiale della Dakar diventava il catalano. Coma di Avià, “Nani” di Fogueroles, dove è nato il 17 febbraio del 1972. I due barcellonesi abitano a cinquanta chilometri di distanza, e sono cresciuti alla stessa scuola, quella che oggi è l’”università” della Dakar. In 18 anni di Dakar, Nani ha completato una doppia, magnifica metamorfosi. Le tante Dakar di Roma Nel 1996 partecipava alla sua prima Dakar. Dopo due giorni era in testa, e poco dopo il 24enne Pilota, piuttosto “irruente”, si fiondava in un oued in secca. Finiva lì, per quell’anno. Nel 2004 la sua KTM, lanciata verso una vittoria ormai sicura, si fermava nel deserto egiziano di Dakhla. Poco male. Quattro anni dopo Nani, primo spagnolo, firmava un libro che si intitolava “Così si vince la Dakar”. Fu una vittoria meravigliosa. Da capo, l’anno dopo Nani passava alle auto (ha sempre considerato che la Dakar in moto è un affare pericoloso) e otteneva il sesto posto con la Mitsubishi ufficiale. E via così… Come sono cambiate le tue giornate dopo la vittoria? «Adesso mi sento proprio come una trottola. Salto da un incontro a una conferenza, da una cena con gli sponsor a un pranzo con i giornalisti, da Barcellona a Madrid, e poi via di nuovo. È un po’ un “giro”, ma è bello. Succede anche questo, sono stanco, adesso, più di quanto lo fossi durante la gara. Adesso ho tanti “amici”, nascono come funghi. Fa tutto parte del gioco, lo so, e alla fine sono contento anche di questo». Come giudichi questa edizione della Dakar? «È stata una Dakar talmente dura e difficile che quello che provo oggi è ancora più forte. È stata durissima. Sulla pista e dopo la pista. Tensione altissima per tutta la gara, e gli ultimi giorni ancora di più. Abbiamo imparato ancora molto, e questo è un bene per il futuro. Sensazioni che non avevo mai provato così intensamente. Un po’ differenti da quelle che provavo quando andavo in moto. L’ambiente delle auto è più complesso più difficile da gestire. È un mondo diverso». La Dakar più dura da quando si corre in Sud America? «Ah sì, questo è sicuro. È stata molto lunga e difficile. Non solo 129 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Intervista Periodico elettronico di informazione motociclistica anni fa, quando eri lì per imparare… «Questo è vero, ed è importante. È vero che durante l’anno abbiamo fatto un upgrade decisivo. Il mio “boss” pensava forse che io fossi sui livelli di “Holo” e degli altri, ma non era così. Loro facevano tutte le gare mentre io ne ho fatte poche, pensando alla Dakar. Pensando di arrivare alla Dakar in una condizione perfetta, con il feeling giusto. Sì, alle spalle di questa vittoria c’è un grande lavoro, e non solo mio». Certo la vita del Dakariano è dura. Nove anni di lavoro per vincere con la moto, e nove per vincere con l’auto… «No, ferma. Dieci anni! Con la macchina sono nove edizioni prima di vincere, ma dieci anni! nelle speciali, anche durante i trasferimenti. Si partiva alle cinque e mezza e si arrivava alle sei della sera. Era lunga, sì. E poi le neutralizzazioni in mezzo alle Speciali. Quelle non mi piacciono. Certo, li capisco, hanno forse avuto dei problemi, ambientalisti, archeologhi, anche là, e sono stati costretti a interrompere più di una speciale. Ma per noi è un disastro, non mi piace. Preferisco fare 600 chilometri di Prova tutti d’un fiato piuttosto che farne duecento, interrompere, e ricominciare tutto un’altra volta duecento KM più in là. Prendi il 130 ritmo, poi ti fermi e lo perdi, e poi devi ricominciare, ritrovare la concentrazione, e poi di nuovo il ritmo. Ma è così, pace. Tutto bene. Tutto benissimo». C’è da dire che l’anno scorso sei sempre andato forte, e quindi dovevi sentire che eri su un livello più alto... «Sì, effettivamente avevo un gran feeling. Dipendeva da tutto il lavoro che abbiamo fatto l’anno scorso. Quattro gare, quattro vittorie. Dubai, Ruta 40, Baja Spagnola e Baja ungherese. Sempre in testa dal primo giorno. in questo modo fai sempre un grande lavoro, importante anche per la testa. Perché, sai, puoi vincere, ma stare davanti tutto il tempo è una cosa che ti insegna molto. È vero, in una soltanto di queste occasioni c’era anche Stephane, nelle altre non c’era nessuno di imbattibile. Non c’erano Peterhansel, Al-Attiyah, De Villiers, ma sì, Holowzcyc e altri che vanno abbastanza forte, ma che hanno finito tre ore dopo di noi». Abbiamo vinto, finalmente al decimo anno. Ma sai, le storie e la vita sono strane, non sai come prenderle. Penso, per esempio, che la Dakar con le moto l’avevo già vinta nel 2000. Ti ricordi? Fermo nel deserto egiziano con il motore rotto, a un passo dal traguardo e dalla vittoria. E con la macchina, anche. C’è stata la storia del 2011, con la crisi che bussava alle porte e gli sponsor che non si trovavano. Mitsubishi si era fermata, Volkswagen anche. Stavo per saltare la Dakar, stavo per fermarmi anche io, e devo ringraziare Dio che poi è arrivata l’opzione di quella Nissan. Quando poi ti succede tutto questo, ch sei a un passo da smettere, che tieni duro, che riparti, che vinci, ecco, allora sei ancora più contento!» Sì, strana la vita eh? «Sì, tutta la mia vita è stata strana. Anche quando ho iniziato con l’Enduro è stato così. Nel ’93 sono stato sul punto di smettere, perché non avevo sponsor, non avevo risorse. Non ci volevo stare, sono sempre stato troppo appassionato, non ho mai mollato, e sono riuscito a vincere il Campionato Europeo. Poi, come per magia, tutto è diventato più facile. Bisogna seguire sempre la passione, trovarvi la motivazione, non mollare, e voilà!» Le gente di ASO e gli organizzatori della Dakar non ha mai dimostrato una grande simpatia per te, o sbaglio? «La gente la sento molto, sento che è contenta quando vinco, e che mi è vicina sempre, anche La gente la sento molto, sento che è contenta quando vinco, e che mi è vicina sempre, anche quando le cose non vanno per il meglio. La gente di ASO è diversa Devi pensare, però che questo vuol dire andare già molto forte. Non è come otto o nove 131 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito quando le cose non vanno per il meglio. Effettivamente la gente di ASO è diversa. Ma un giorno l’ho detto ai giornalisti, a tutti insieme venuti lì ad ascoltarmi! Ho detto a tutti che avevo la “sensazione” che ogni volta che facevo un errore, ah, ecco, Nani è uno che sbaglia sempre! E quando sbagliavano gli altri, tipo Peterhansel, o Sainz, allora era la sfortuna! Facevo una tappa bellissima, con una buona strategia, e allora ero fortunato. E quando vincevano “loro” era perché erano degli strateghi perfetti! Questo mi faceva imbestialire!» 132 Intervista Periodico elettronico di informazione motociclistica Ma, infatti, la verità è che hai fatto una gara perfetta. Non hai commesso errori, hai bucato, hai superato la tappa micidiale che è costata mezza Dakar a tutti in modo impeccabile. Anche questa l’hanno considerata fortuna? «Il fatto è che io mi sento un po’ diverso. Mi succedeva anche quando correvo con la moto. La verità è che anche noi abbiamo commesso qualche errore, e abbiamo anche perso diversi minuti forando o insabbiandoci. Ma ho evitato di sbandierarlo, ho preferito non dirlo per evitare che i soliti “curiosi” venissero a dirci che avevamo la scusa pronta. La stessa sensazione di quando correvo in moto, per esempio contro Richard Sainct. La conclusione è una sola. La Dakar è una gara francese, la gente che fa la loro comunicazione dalla pista è francese. Succede che questa gente passa informazioni di stampo francese al bivacco, e molta della gente che è lì si beve delle informazioni che sono del tutto filo francesi. Bisogna ammetterlo, è una gara francese. L’altro giorno, a tutti i giornalisti presenti, ho ribadito il concetto. C’era il mio manager, il nostro amico, che stava per avere un attacco cardiaco! Mi dispiace ma, come nel 2004, questa volta ho vinto io! Poi mi ha avvicinato l’Equipe per un’intervista a Parigi. No! Non ho neanche risposto! Non mi andava di sentirmi chiedere se ho vinto la Dakar perché sono fortunato!» E allora, vogliamo dirla la verità più serena? «La verità nuda e cruda è che ho vinto due Speciali in due momenti chiave della gara, sono andato in testa, sono sceso, ho riconquistato il comando, e sono stato in testa per otto tappe. Più l’ultima! Il terzo è a un’ora, il quarto e il quinto a un’ora e mezza… allora qualcosa di buono l’ho fatto. E poi chi vince la Dakar è il più bravo. Senza possibilità di dubbio. Dopo quindici giorni non si può prendere una speciale o il passaggio di una duna come riferimento. Non è come l’enduro di un giorno che cadi e vai via… «E Marc, allora? Ha vinto perché Cyril ha rotto, perché Barreda è caduto? O perché l’altro ha finito la benzina? No, No! Coma ha vinto perché ha fatto una bellissima gara. La Dakar è una gara difficilissima, lunghissima… Ma, insomma, finiamola. Sono in istintivo, e mi accendo spontaneamente quando la gente dice una cosa e ne pensa un’altra. Ma poi mi passa, quello che resta è che sono contentissimo». La tappa più bella? «Bello il giorno che siamo andati in testa la prima volta, ma bella, molto bella io direi che è stata tutta la Dakar. È stata bella in Argentina, è stata bella tra le dune di Copiapò, la Speciale 133 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Intervista Periodico elettronico di informazione motociclistica traiettorie ideali. E poi ero pronto. La sera prima l’ho detto: bene, andiamo alla guerra! Non c’è problema. L’ho detto agli ingegneri e ai meccanici: domani tutto al massimo. Via tutti i ricambi dalla macchina, solo il carburante strettamente necessario, massima leggerezza. Tutto per andare alla guerra, e al massimo. Se sbaglio e faccio un incidente, pace, Stephane vince, sennò vinco io. Poi loro si sono fermati. Finita lì. Se c’è una cosa da dire è che forse Peterhansel non ha mai avuto una situazione così difficile». E ahora? «Ahora stiamo ancora un po’ in giro, così come in questi giorni. A febbraio promozione. Mini di San Miguel de Tucuman. È stata una Dakar, difficile, difficile, ma bella, molto bella». I tuoi rapporti con Stephane Peterhansel? «Erano buoni e sono rimasti molto buoni. Alla fine della gara abbiamo parlato a lungo. Non è cambiato niente. La stessa amicizia. Lo conosco bene, Stephane, è una persona molto intelligente e uno cui piace giocare tutto per vincere. Questa volta credo che le abbia provate tutte per cercare di destabilizzarmi, di farmi fare un errore. Mi sono accorto di questo, e ho cercato di fare esattamente il 134 contrario di quello che lui voleva spingermi a fare. Vuoi che vada a destra? Bene, io vado a sinistra. Stephane è uno bravo. E gestire anche questa parte della strategia è stato difficile, impegnativo. Quando ha parlato con la stampa della storia degli ordini penso che lo abbia fatto per questo, per scombussolarmi sapendo che la stampa mi avrebbe aggredito. È quello che cercava, un bel pandemonio appoggiato sulla stampa francese. Ci ha provato, ma io sono stato capace di vedere il gioco, e di fare il contrario rimanendo calmo. Questo è buono». Non credi che l’abbia fatto per svilire Quandt? «No, penso di no. Penso che l’abbia fatto solo per mettermi pressione. Peterhansel è un vincente, il secondo posto per lui non era niente. Penso che l’abbia fatto per farmi fare un errore. Ma alla fine non è successo». E l’ultimo giorno? «L’ultimo giorno avevo tutte le condizioni a favore per vincere. Partivo terzo, e con la macchina avere le tracce davanti è un vantaggio bestiale. Freni più deciso, prendi le curve in modo più pulito, scegli le presenta a Madrid una macchina nuova, vado in America per uno show Monster e Mini». E Rosa? Come è andata la Dakar di tua moglie? «Rosa è contenta. Non è riuscita a concludere la sua Dakar, ma il risultato in famiglia lo abbiamo ottenuto. Dopo il suo ritiro mi ha seguito con una macchina, ed è stata contenta». È più bello vincere con la macchina o con la moto? «Ah, è uguale. Quando vinci, vinci! È diverso perché in moto sei da solo e in macchina condividi l’esperienza con un’altra persona, con il navigatore, Michel Perin. Ma vincere è sempre vincere!» È diverso perché in moto sei da solo e in macchina condividi l’esperienza con un’altra persona, con il navigatore, Michel Perin. Ma vincere è sempre vincere! per il meglio. 135 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Intervista Periodico elettronico di informazione motociclistica Giulio Verzeletti «La PanDakar va forte, ma non è un prototipo. Questo limite è la nostra sfida!» di Piero Batini | L’avventura dell’Equipaggio PanDakar interrotta da un ritiro fuori dall’ordinario, ma solo dopo aver battuto un record. Inutile chiedere e Giulio Verzeletti se ci sarà ancora, lo abbiamo fatto già troppe volte G Giulio Verzeletti ha fatto la Dakar in Moto, in Auto e con il Camion. In Africa e in Sud America. All’indomani della sua prima avventura in moto del 1996, ma anche alla fine della Dakar 1997, 44mo assoluto all’arrivo del Lago Rosa, Giulio promise che non sarebbe mai più tornato alla Dakar. Ma non ha mai… mantenuto la promessa. Allora, Giulio, come stai? «(Inizia ridendo…, ndr)Potrei stare meglio. Sono ancora un po’ stanco. Stavolta me l’hanno fatta sudare. Che avventura! Hai ragione te, sono proprio uno scemo. In effetti te l’avevo detto. “Qui non mi vedrai più!”. E invece…» Ma sì, ormai sappiamo, è una vecchia storia, e non sei il solo “spergiuro”… «Ma, guarda, questa volta davvero non mi vedi più a una Dakar…» 136 Sì, sì, va bene. Passiamo ad altro, qualcosa di più realistico. Intanto, per la Panda questo è un record, se non sbaglio. Undici tappe intere le avete fatte, il peggio era passato e potevate anche farcela fino alla fine. Questo è senz’altro un record importante! «Chissà, alla Dakar non si può mai dire. Ma la verità è che mi sono fermato perché si è ritirato il nostro camion di assistenza. Non avevamo problemi particolari. Avevamo rotto un montante, perché quella tappa lì era tutta pietre, ma avevamo il ricambio sul camion. Solo che il camion è arrivato tardi. Doveva arrivare entro le 08:50, invece è arrivato alle 09:10 e non l’hanno fatto ripartire». Insomma, dopo tante notti in bianco, quando già vedevate la luce in fondo al tunnel… «Ma sì. Solo che sappiamo sempre e molto bene a cosa andiamo incontro, alla Dakar. È così». Com’è iniziata l’avventura PanDakar? «La “cosa” è nata nel 2007. La PanDakar ha corso con la Fiat, ufficiale. Io, era il secondo anno che correvo con il camion. Quando siamo tornati abbiamo iniziato a parlare con alcuni ragazzi del loro gruppo, che abitano dalle mie parti, e un giorno ho saputo che volevano cedere tutto il Team. Beh, mi sono detto, se mi danno il materiale, le macchine, i ricambi e il Marchio… Vado giù da loro e facciamo quattro chiacchiere. Poi mi fanno vedere tutto quello che avevano e mi lanciano la proposta. Ho detto che ci avrei pensato, poi ho fatto i soliti quattro conti e sono tornato con la mia offerta, che comprendeva logicamente anche Marchio e livrea. Mi piaceva l’idea di dare continuità al progetto, cercare di dare un senso al grande lavoro che avevano già fatto. In breve, ho portato a casa tutto quanto. Abbiamo preparato subito una macchina e siamo andati a provare in Tunisia. Al ritorno abbiamo fatto alcune modifiche, loro nel frattempo ci hanno dato anche delle parti nuove che non avevano fatto in tempo a provare, abbiamo inserito il cambio nuovo, quello “grosso”, e finalmente ci siamo presentati al via della Dakar l’anno dopo. La nostra Pandakar aveva il cambio M32, ma ancora il motore milletré, e ci siamo accorti che su per le dune la macchina non ci andava. Così l’anno dopo siamo tornati con un motore milleenove, sempre con il cambio giusto, ancora un po’ di modifiche, e abbiamo fatto cinque tappe. E l’anno successivo 7. Avevamo due macchine e cercavamo di farle viaggiare sempre insieme. Nel 2011 si sono ritirate tutte e due, una con la frizione bruciata e l’altra con un danno ai differenziali. Era la tappa prima del giorno di riposo, siamo stati in giro tutta la notte e non ce la facevamo più». E poi? «Avevamo tutto pronto anche per l’edizione dello scorso anno, ma abbiamo corso solo con i camion, e dunque eravamo prontissimi per l’edizione di quest’anno. Avevamo ancora due macchine. Volevamo portare giù anche Miki Biasion e Alex Caffi, ma poi loro non ce l’hanno fatta a essere della partita, così siamo partiti io e Antonio Cabini, uno tosto con il quale siamo sempre stati “vincenti”, con una macchina soltanto». 137 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Intervista Periodico elettronico di informazione motociclistica E quest’anno si può dire che è stata una Dakar micidiale. «È stata veramente micidiale. Tutto il giorno in mezzo a pietraie, dune o fesh-fesh. Una bella cosa, sì! Più la… PanDakar. La quinta tappa specialmente, con quella “sabbietta” arroventata a ottanta gradi, vedere tutti i motociclisti che non riuscivano ad andare avanti, è stata davvero infernale. Abbiamo dato un po’ di acqua a tutti quelli che potevamo “rifornire”, ma non ce la facevano proprio. In quel caso, vedi, io penso che gli organizzatori abbiano esagerato». Ma insomma, questa “Pandina” va o non và in una gara come la Dakar? «La macchina va forte, va veramente forte. Però, Piero, è sempre una Panda. Non ha il passo di una Mini, e la Mini è un prototipo. La nostra è pur sempre una Panda!». E quali sono i limiti di una Panda? «Il suo limite è quello di essere piccola. Perciò alla fine l’escursione delle sospensioni, per esempio, e quella che è. Non è che puoi montare gli ammortizzatori che vorresti tu. Resta una T1, con tante modifiche e miglioramenti, ma che stanno tutte dentro le misure di una Panda. Il telaio, per esempio, 138 è preparato dalla Abarth, ma sta tutto dentro alla scocca di una Panda Cross. Perciò siamo riusciti a metterci dentro il cambio, ma sta veramente a filo della carrozzeria. Neanche pensarci di mettere dentro un cambio sequenziale, non ci starebbe fisicamente. L’escursione dei bracci delle sospensioni, togli lo spazio della “slitta” e dei tamponi di fondo corsa, alla fine restano 15 centimetri. Con poca escursione, lì dentro prendi delle “botte” tutto il giorno, e diventa fisicamente un grande impegno. Questi sono i limiti, ma è anche un po’ quello che anima la nostra sfida, è quello che ci piace fare. La sfida è vedere se ce la facciamo. E ce la faremo, prima o poi». E quindi tante botte e poche ore di sonno. Quanto tempo siete stati senza dormire? «I conti si fanno abbastanza alla svelta. Quando ci siamo ritirati perché il camion era ormai fuori corsa, erano sessanta ore che non scendevamo praticamente dalla macchina. Al bivacco, appena il tempo si scendere per cambiare due ruote bucate, prendere un po’ di caffè e ripartire. Un’ora, un’ora e mezza il tutto tra una tappa e l’altra. E una settimana prima già avevamo fatto una “nottata”! In ogni caso non contavamo di arrivare troppe volte con la luce del sole». Da una parte sembra che sia difficile stabilire a priori l’esatta entità dell’impegno da proporre. Dall’altra il solo fatto di allungare le tappe di 50-100 chilometri era già un segnale chiaro, no? «Già, però quel passaggio a 4.300 metri con i medici appostati lì con le bombole dell’ossigeno era certamente un passaggio che sapevano essere difficile prima ancora di partire. Vabbè, i Campioni passano e ci mettono il tempo giusto, arrivano al bivacco con la luce e si mettono a riposare. Ma i privati, gli amatori? Quelli erano ancora in giro con un inferno di dunette davanti a loro. In fondo la Dakar è una gara che ha negli amatori la spina dorsale della partecipazione. Io ho fatto anche le Dakar in moto, e ti posso dire che questa, per me, è stata la Dakar più dura di sempre. È una cosa che abbiamo limpidamente chiara nella mente. Dentro l’abitacolo avevamo 75 gradi, siamo scesi per cambiare una ruota e abbiamo impiegato un’ora per svitare quattro bulloni!». Quindi, questa volta basta? Mantieni finalmente la promessa e non ti rivedo più? «Certamente. Ah, senti, pensavo una cosa. Noi italiani alla Dakar siamo veramente pochi, sparsi, e quasi tutti da soli. Che ne dici se cerchiamo di organizzare una “pizzata” per riunire tutti quelli interessati a fare la Dakar, anche quelli che l’hanno già fatta e che vorrebbero ripetere l’esperienza? Ci ritroviamo tutti assieme e cerchiamo di mettere sù qualcosa come una Squadra Italia. Tutti riuniti sotto una grande bandiera, con una struttura comune, un bivacco per tutti, programmi, i camion sei per sei uno per le moto e uno per le auto, tecnici e servizi, anche quelle opzioni che possono interessare tutti e che singolarmente nessuno può mettere insieme. Tutti insieme, tutti i motociclisti prima di tutto, e poi anche quelli che corrono in macchina. L’unione fa la forza, no? Che ne dici, ci pensiamo? Ti sembra una buona idea?». Dico che è una grandissima idea. Mi pare il caso di non perdere tempo e di sottoporla ai nostri lettori appassionati. Che ne dite? 139 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Sport Periodico elettronico di informazione motociclistica EDITORE: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. Iva 11921100159 REDAZIONE Ippolito Fassati Emiliano Perucca Orfei Alessandro Colombo Aimone Dal Pozzo Francesco Paolillo Andrea Perfetti Matteo Valenti GRAFICA Thomas Bressani COLLABORATORI Massimo Clarke (Tecnica) Enrico De Vita Claudio Pavanello (Epoca) Alfonso Rago Antonio Gola COPYRIGHT Tutto il materiale contenuto su Automoto.it Magazine è oggetto di diritti esclusivi di CRM S.r.l. con sede in Milano, Via Melzo 9. Ne è vietata quindi ogni riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione scritta di CRM S.r.l. Automoto.it Via Melzo 9- 20129 Milano Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003 Capitale Sociale Euro 10.000 i.v. Email: [email protected] 140 141
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