Note del corso di Geometria III, anno 2013-14 Diego Conti 28 gennaio 2014 1 1 Funzioni C ∞ In questa sezione U indicher` a un generico aperto di Rd . Definizione 1. La funzione f : U → Rn si dice differenziabile in p ∈ U se esiste un’applicazione lineare dfp : Rd → Rn tale che f (p + h) − f (p) = dfp (h) + o(h). Si dice differenziabile in U se lo `e in ogni punto. L’applicazione dfp (che `e univocamente determinata) prende il nome di differenziale di f in p. Discende immediatamente dalla definizione che, se f `e differenziabile in p, ∂f le derivate parziali ∂x esistono in p e sono uguali a dfp (ej ); in altri termini, la j i ∂f (p))ij . matrice associata a dfp `e ( ∂x j Una ben nota conseguenza del teorema del valor medio `e la seguente: Proposizione 2. Se f : U → Rn ammette derivate parziali continue in tutto U , allora f `e differenzabile in U . Un altro fatto elementare di importanza centrale per la teoria `e il seguente: Proposizione 3 (Chain rule). Siano U ⊂ Rd , V ⊂ Rn aperti; se f : U → V `e differenziabile in p e g : V → R `e differenziabile in f (p), allora g ◦ f `e differenziabile in p e d(g ◦ f )p = dgf (p) ◦ dfp . Dimostrazione. Sia f (p) = q, f (p + h) = q + k; allora per definizione g(q + k) − g(q) = dgq (k) + |k| ψ(k), lim ψ(k) = 0; k→0 d’altra parte k = dfp (h) + o(h) quindi g(q + k) − g(q) = dgq (dfp (h) + o(h)) + |k| ψ(k); infine, da limh→0 k = 0 segue |k| |ψ(k)| ≤ kdfp k khk |ψ(k)| = o(h) . Considerando le matrici associate a dg e df , la chain rule pu`o anche essere scritta n X ∂(g ◦ f ) ∂g ∂f j (p) = (f (p)) (p). ∂xi ∂yj ∂xi j=1 Proposizione 4 (Regola di Leibniz). Se f, g : U → R sono differenziabili in p, allora f g `e differenziabile in p e d(f g)p = f (p)dgp + g(p)dfp . Dimostrazione. f (p + h)g(p + h) = (f (p) + dfp (h) + o(h))(g(p) + dgp (h) + o(h)). 2 Definizione 5. Per ogni intero non negativo k, una funzione f : U → R si dice C k (o di classe C k ) se esistono continue tutte le derivate parziali ∂ α1 +···+αd f αd , 1 ∂xα 1 · · · ∂xd α1 + · · · + αd ≤ k. Una funzione f : U → Rn si dice C k se lo sono le sue componenti. Una funzione f : U → Rn si dice C ∞ se1 `e C k per ogni k. La composizione di funzioni C ∞ `e C ∞ , come discende dalla seguente: Proposizione 6. (i) Date f, g : U → R funzioni C k , f + g e f g sono C k . Se g 6= 0 ovunque, allora f /g `e C k . (ii) Se U ⊂ Rd , V ⊂ Rn sono aperti, ed f : U → V , g : V → R sono C k , allora g ◦ f `e C k . Dimostrazione. La prima parte segue dalle propriet`a della derivata per induzione su k. Per il punto ii), procediamo per induzione su k. Se k = 0, non c’`e niente da dimostrare. Supponiamo che valga per k. Date f e g di classe C k+1 , dimostriamo che esiste continua ∂ k+1 (g ◦ f ) α1 + · · · + αd = k + 1. αd , 1 ∂xα 1 · · · ∂xd Supponiamo α1 > 0; allora dobbiamo dimostrare che esiste continua i X ∂g ∂ ∂f ∂k ∂k ◦f (g ◦ f ) = . αd αd α1 −1 α1 −1 i ∂x ∂y ∂x ∂x1 · · · ∂xd ∂x1 · · · ∂xd i 1 1 ∂g ∂g La funzione ∂y e C k ; per ipotesi induttiva, ∂y e C k . Inoltre le i ` i ◦ f ` C k ; per il punto (i), la derivata esiste continua. ∂f i ∂x1 sono Ricordiamo infine la formula di Taylor: per g : R → R di classe C ∞ , vale Z 1 g 0 (0) g (n−1) (0) (1 − t)n−1 (n) g(1) = g(0) + + ··· + + g (t)dt, 1! (n − 1)! (n − 1)! 0 che si dimostra per induzione integrando per parti. Per f : U → R con U aperto di Rd , ponendo g(t) = f (p + tv), si trova f (p + v) = f (p) + Dv f (p) Dn−1 f (p) + ··· + v + 1! (n − 1)! Z 0 1 (1 − t)n−1 n D f (p + tv)dt. (n − 1)! v Esempio 7. I polinomi nelle coordinate sono funzioni C ∞ . Infatti le funzioni coordinate sono C ∞ , perch`e ∂xi = δij ∂xj e le derivate di ordine superiore sono identicamente nulle. Poi si applica la proposizione. 1 In alcuni testi, il termine differenziabile ` e usato come sinonimo di C ∞ . 3 Esempio 8. La funzione ( e−1/x φ(x) = 0 φ : R → R, x>0 x≤0 `e C ∞ . Infatti si definisca per ogni k ≥ 0 la funzione ( x−k e−1/x φk : R → R, φk (x) = 0 x>0 ; x≤0 questa `e continua perch´e lim e−1/x x−k = lim e−y y k = 0. y→+∞ x→0 La derivata di φk per x > 0 `e φ0k = −kx−k−1 e−1/x + x−k−2 e−1/x = −kφk+1 + φk+2 e quindi lim φ0k = 0. x→0+ Quindi φk `e derivabile in 0: infatti per il teorema del valor medio per ogni h > 0 esiste 0 < x < h tale che φk (h) − φk (0) = hφ0k (x), e 1 (φk (h) − φk (0)) = φ0k (x) → 0. h Quindi la derivata di φk esiste e coincide con −kφk+1 + φk+2 . Esempio 9. Si pu` o costruire una mappa C ∞ , ψ : R → R, tale che ψ ≡ 0 su (−∞, 0) e ψ ≡ 1 su (0, +∞). Infatti sia φ : R → R la mappa dell’Esempio 8, e si ponga Z x η(x) = φ(x)φ(1 − x), f (x) = η(t)dt. 0 Allora f ≡ 0 su (−∞, 0) e f `e costante su [1, +∞). Quindi normalizzando f si trova ψ. Esercizio 1. Se f : Rd → Rn `e lineare, allora per ogni x ∈ Rd si ha dfx = f . Esercizio 2. Dimostrare che la mappa d ψ: R → R d+1 , ψ(y1 , . . . , yd ) = 2 1 + |y| `e C ∞ e calcolarne il differenziale. 4 2 y1 , . . . , 2 1 + |y| 2 2 yd , 1 − |y| 2 1 + |y| ! 2 Variet` a [6] Una variet` a `e un oggetto geometrico, localmente modellato su Rd , su cui si pu`o fare il calcolo differenziale. Affinch`e uno spazio topologico possa ammettere una struttura di variet` a, deve soddisfare la seguente: Definizione 10. Uno spazio localmente euclideo di dimensione d `e uno spazio topologico di Hausdorff M 6= ∅ tale che ogni punto ha un intorno omeomorfo a un aperto di Rd . Un sistema di coordinate o carta di M `e un omeomorfismo di un aperto U ⊂ M con un aperto di Rd . L’inversa di una carta si chiama parametrizzazione. Una carta (U, φ) `e centrata in p se U 3 p e φ(p) = 0. Due carte (U, φ), (V, ψ) determinano una mappa φ ◦ ψ −1 |ψ(U ∩V ) : ψ(U ∩ V ) → φ(U ∩ V ). detta cambiamento di carta. Osservazione. Preso un punto p di uno spazio localmente euclideo, esiste sempre una carta centrata in p: se infatti φ : U → Rd `e una carta con p ∈ U , allora φ˜ : U → Rd , ˜ φ(x) = φ(x) − φ(p) `e una carta centrata in p. Esempio 11. Rd `e uno spazio locamente euclideo, con una carta data dall’identit` a. Un altro esempio di carta su Rd `e (x1 , . . . , xd ) → ((x1 )3 , x2 , . . . , xd ). (1) Esempio 12. Uno spazio topologico discreto X `e localmente euclideo, con d = 0; infatti ogni punto p ∈ X ha un intorno omeomorfo a R0 , cio`e {p}. Esempio 13. La sfera S d `e uno spazio localmente euclideo. Una carta `e data dalla proiezione stereografica dal polo nord xd x1 d d ,..., φN : S \ {(0, . . . , 0, 1)} → R , (x1 , . . . , xd+1 ) 7→ 1 − xd+1 1 − xd+1 che `e un omeomorfismo con l’immagine Rd perch`e ha un’inversa continua ! 2 2 |y| − 1 2 . ψN (y1 , . . . , yd ) = 2 y1 , . . . , 2 yd , 2 1 + |y| 1 + |y| |y| + 1 La proiezione stereografica dal polo sud ha la forma x1 xd φS (x1 , . . . , xd+1 ) → ,..., 1 + xd+1 1 + xd+1 e la sua inversa `e ψS (y1 , . . . , yd ) → 2 1 + |y| 2 y1 , . . . , 5 2 1 + |y| 2 2 yd , 1 − |y| 2 1 + |y| ! . Esempio 14. Per capire il tipo di fenomeno che la condizione di Hausdorff permette di escludere, si consideri il quoziente X = R × {−1, 1}/ ∼, (x, y) ∼ (x0 , y 0 ) ⇐⇒ x = x0 ∧ (y = y 0 ∨ x 6= 0) dove R × {−1, 1} ha la topologia indotta dall’inclusione in R2 , e X la topologia quoziente. Allora le mappe f+ , f− definite da f± : X \ {[(0, ∓1)]} → R, f± (x, y) = x sono omeomorfismi di un aperto di X con R, perch`e nel diagramma (R × {−1, 1}) \ {(0, ∓1)} /6 R π X \ {[(0, ∓1)]} f± la freccia orizzontale `e continua e aperta. Tuttavia, X non `e uno spazio localmente euclideo perch`e non `e di Hausdorff. Infatti, siano U+ e U− due intorni aperti di [(0, 1)] e [(0, −1)] rispettivamente. Allora π −1 (U± ) `e un aperto in R × {−1, 1} che contiene (0, ±1). Quindi per x vicino a 0, diciamo |x| ≤ , π −1 (U± ) contiene (x, ±1): quindi [(, −1)] = [(, 1)] ∈ U0 ∩ U1 , cio`e X non `e di Hausdorff. Poich`e uno spazio localmente euclideo M `e localmente identificato con un aperto di Rd , si pu` o cercare di usare quest’identificazione per dare a M una struttura C ∞ ; in particolare, si potrebbe pensare di definire una funzione f : M → R come C ∞ se, per ogni carta (U, φ), f ◦ φ−1 `e una funzione C ∞ nel senso della Sezione 1. Questa definizione non pu`o andare bene: per esempio, se M = R e f : M → R `e l’identit` a, scelta la carta φ(x) = x3 troviamo f (φ−1 (x)) = x1/3 , ∞ che non `e C . Occorre quindi fissare una struttura aggiuntiva sullo spazio localmente euclideo: Definizione 15. Un atlante differenziabile su uno spazio localmente euclideo di dimensione d `e un insieme {(Uα , φα ) | α ∈ I} dove φα : Uα → Rd sono carte, gli Uα ricoprono M e i cambiamenti di carta sono C ∞ . Una struttura differenziabile (o struttura C ∞ ) `e un atlante massimale. La massimalit` a che compare in questa definizione `e rispetto alla relazione di inclusione A1 ⊂ A2 , che vale quando ogni carta di A1 `e una carta di A2 . Per determinare una struttura differenziale `e sufficiente dare un atlante qualunque (non necessariamente massimale), grazie al seguente: Proposizione 16. Dato uno spazio localmente euclideo M , ogni atlante differenziabile su M `e contenuto in un unico atlante massimale. Dimostrazione. Sia A un atlante su M , e sia A0 = {(U, φ) carta su M | per ogni (V, ψ) ∈ A φ ◦ ψ −1 |ψ(U ∩V ) , ψ ◦ φ−1 |φ(U ∩V ) sono C ∞ . 6 dove “carta su M ” significa rispetto alla struttura di spazio localmente euclideo. Per costruzione A0 contiene A. Inoltre A0 `e un atlante: infatti se (U, φ), (U 0 , φ0 ) sono elementi di A0 con U ∩ U 0 6= ∅, presa una carta (V, ψ) di A centrata in p ∈ U ∩ U 0 , sull’aperto φ0 (V ∩ U ∩ U 0 ) ⊂ Rd possiamo scrivere φ ◦ (φ0 )−1 = φ ◦ ψ −1 ◦ ψ ◦ (φ0 )−1 . Poich`e φ ◦ ψ −1 e ψ ◦ (φ0 )−1 sono C ∞ , segue che il cambiamento di carte `e C ∞ in un intorno di φ0 (p), e quindi su tutto φ0 (U ∩ U 0 ) per arbitrariet`a di p. Adesso se A0 `e contenuto in qualche atlante A00 , presa una carta in A00 e una in A il cambiamento di carte `e C ∞ , e quindi ogni carta di A00 appartiene a A0 , cio`e A0 `e massimale. L’unicit` a segue dal fatto che ogni atlante contenente A deve essere contenuto in A0 , perch`e il cambiamento di carte `e C ∞ . Di conseguenza, un atlante determina un’unica struttura differenziabile. Se si modifica un atlante aggiungendo delle carte, la struttura differenziabile rimane la stessa. Osservazione. Discende dalla dimostrazione della Proposizione 16 che, data una struttura differenziabile A su M , la restrizione di una carta di A a un aperto di M `e ancora una carta di A. Osservazione. Non tutti gli spazi localmente euclidei ammettono una struttura differenziabile (vedi [7]). Inoltre, quando la struttura differenziabile esiste, non `e unica (se d > 0). Ad esempio, la carta (1) definisce una struttura differenziabile su Rd diversa da quella standard; lo stesso argomento si pu`o applicare a variet`a arbitrarie di dimensione d > 0. Definizione 17. Una variet` a (differenziabile, o liscia, o C ∞ ) `e uno spazio localmente euclideo a base numerabile con una struttura differenziabile fissata. Una carta di una variet` a `e una carta della struttura differenziabile fissata su di essa. La richiesta dell’esistenza di una base numerabile giocher`a un ruolo nella Sezione 3. Formalmente, una variet` a `e una coppia (M, A), dove M `e uno spazio localmente euclideo e A) una struttura differenziabile. Nel seguito, intenderemo spesso la struttura differenziabile come sottointesa, indicando la variet`a semplicemente come M , o M d per specificare che la variet`a `e di dimensione d. Sono esempi di variet` a, con una struttura di variet`a canonica: (i) Gli insiemi numerabili con la topologia discreta. In questo caso tutti i cambiamenti di carta coincidono con l’identit`a di R0 , che si considera C ∞. (ii) Lo spazio euclideo Rd . L’identit`a Id : Rd → Rd `e una carta, e {(Rd , Id)} costituisce un atlante. Per vedere che `e a base numerabile basta considerare le palle del tipo B (p), dove p ∈ Qd e ∈ Q. Per vedere che questa `e una base della topologia standard, `e sufficiente verificare che dato un aperto U di Rd e un punto q ∈ U , esiste q ∈ B (p) ⊂ U, 7 p ∈ Qd , ∈ Q, e questo `e vero per la densit`a di Q in R. Si osservi che, per costruzione, le carte dell’atlante massimale sono mappe C ∞ nel senso della Sezione 1. (iii) Uno spazio vettoriale reale V di dimensione finita. Gli isomorfismi V → Rd sono le carte di un atlante; i cambiamenti di carta sono mappe lineari f : R n → Rn per le quali vale dfx = f, x ∈ Rn , e quindi sono C ∞ . (iv) Uno spazio affine V di dimensione finita; gli isomorfismi affini V → Rd sono le carte di un atlante, con cambiamenti di carta affini. (v) Uno spazio vettoriale complesso V , con carte date da isomorfismi V → Cd . Si osservi che Cd ha una naturale struttura di spazio vettoriale reale di dimensione 2d, e le mappe C-lineari da Cd in s`e sono anche R-lineari. (vi) La sfera S d , con atlante costituito dalle due proiezioni stereografiche (UN , φN ), (US , φS ): `e Hausdorff e a base numerabile perch`e `e un sottospazio di Rd+1 , quindi basta verificare che φN ◦ ψS : φS (UN ∩ US ) → φN (UN ∩ US ), (y1 , . . . , yn ) → 2 2 (y1 , . . . , yn ) |y| `e C ∞ , e lo stesso vale per φS ◦ ψN . (vii) Un aperto W di una variet`a differenziabile M con la struttura indotta: le carte di W sono le carte (U, φ) di M con U ⊂ W . Che questo definisca un atlante `e ovvio; verifichiamo che `e anche massimale. Infatti se ψ : V → Rd `e una carta della struttura differenziabile di W , allora ogni carta (U, φ) ˜ ˜ , φ), di M tale che U intersechi W determina per restrizione una carta (U ˜ = U ∩ W . Quindi per definizione di atlante ψ ◦ φ˜−1 e φ˜ ◦ ψ −1 dove U sono C ∞ . Poich`e U ⊂ W , queste mappe coincidono con ψ ◦ φ−1 e φ ◦ ψ −1 , rispettivamente. Questo vale per ogni φ, quindi ψ appartiene alla struttura differenziabile di M . (viii) Il prodotto cartesiano di variet`a: se (U, φ), (V, ψ) sono carte su M , N rispettivamente, allora (U × V, φ × ψ) `e una carta su M × N . Avendo definito gli oggetti in cui siamo interessati, definiamo la classe di mappe. Definizione 18. Se M, N sono variet`a: (i) una funzione f : M → Rn si dice C ∞ se per ogni carta φ : U → Rd si ha che f ◦ φ−1 `e C ∞ . (ii) una funzione f : M → N si dice C ∞ se `e continua e per ogni carta ψ : V → Rn di N si ha che ψ ◦ f : f −1 (V ) → Rn `e C ∞ nel senso di (i). (iii) una funzione f : M → N si dice diffeomorfismo se `e C ∞ e ha un’inversa C ∞ . Si dice in tal caso che M e N sono diffeomorfe. 8 Dobbiamo verificare che questa definizione `e consistente ed estende la definizione di mappa C ∞ della Sezione 1. Se M `e un aperto di Rd con la struttura differenziabile standard, allora f : M → Rn soddisfa la definizione (i) se e solo `e C ∞ nel senso della Sezione 1. Infatti, se φ `e una carta, allora φ−1 `e C ∞ , e quindi f ◦ φ−1 `e la composizione di funzioni C ∞ , quindi C ∞ . Viceversa, se f ◦ φ−1 `e C ∞ per ogni carta φ : U → Rd , allora possiamo prendere φ = IdM e concludere che f `e C ∞ . Se N = Rn , allora f : M → N soddisfa la definizione (i) se e solo se soddisfa (ii). Infatti se vale (ii) possiamo prendere ψ = Id : Rn → Rn , e quindi vale (i). Viceversa se vale (i) allora per ogni carta φ : U → Rd si ha che f ◦ φ−1 `e C ∞ , quindi anche ψ ◦ f ◦ φ−1 `e C ∞ per ψ carta di N = Rn . Quindi ψ ◦ f soddisfa (i). Esercizio 3. Dimostrare che se U `e un aperto di N e f : M → N ha immagine contenuta in U , allora f : M → U `e C ∞ se e solo se f : M → N lo `e. Si osservi che il risultato dell’esercizio vale per gli aperti (che hanno una naturale struttura di variet` a), ma in generale l’immagine di una funzione C ∞ non ha una naturale struttura di variet`a (e anche se ce l’ha, non `e detto che l’abbreviazione di una funzione C ∞ alla sua immagine sia ancora C ∞ ). Esercizio 4. Dimostrare che se M `e una variet`a, U ⊂ M `e un aperto, allora φ : U → Rd `e una carta se e solo se φ(U ) `e un aperto e φ : U → φ(U ) `e un diffeomorfismo. Proposizione 19. Una mappa continua f : M → N `e C ∞ se e solo se per ogni x in M esiste una carta φ di M centrata in x e una carta ψ di N centrata in f (x) tali che ψ ◦ f ◦ φ−1 `e C ∞ sull’aperto in cui `e definita. Dimostrazione. “Solo se” `e ovvio. Viceversa, se vale la condizione dell’enunciato, dobbiamo dimostrare che per ogni carta ψ˜ : V → Rn di N , ψ˜ ◦ f : f −1 (V ) → Rn `e C ∞ . Cio`e, per ogni carta ˜ → Rd di M deve essere C ∞ la mappa φ˜ : U ˜ −1 (V ) ∩ U ) → Rn ψ˜ ◦ f ◦ φ˜−1 : φ(f Prendiamo x ∈ f −1 (V ) ∩ U ; per ipotesi esiste una carta φ : U → Rd centrata in x e una carta ψ di N centrata in f (x) tale che ψ ◦ f ◦ φ−1 `e C ∞ . In un intorno ˜ di φ(x) possiamo scrivere ψ˜ ◦ f ◦ φ˜−1 = ψ˜ ◦ ψ −1 ◦ ψ ◦ f ◦ φ−1 ◦ φ ◦ φ˜−1 quindi ψ˜ ◦ f ◦ φ˜−1 `e C ∞ nell’intorno, in quanto composizione di ψ ◦ f ◦ φ−1 con due cambiamenti di carta, che sono C ∞ . Quindi tutte le derivate parziali esistono continue in un intorno di x; al variare di x troviamo che ψ˜ ◦ f ◦ φ˜−1 `e C ∞. Corollario 20. Una mappa f : M → N `e C ∞ se e solo se esiste un ricoprimento aperto {Uα } di M tale che f |Uα : Uα → N `e C ∞ . Dimostrazione. Un’implicazione segue dal fatto che {M } `e un ricoprimento aperto di M . Viceversa, se esiste un ricoprimento come nell’enunciato, allora f `e localmente continua, e quindi `e continua. Inoltre, poich`e per ogni Uα le carte di Uα sono anche carte di M , preso x qualunque in M basta scegliere una carta centrata in x e applicare la Proposizione. 9 Corollario 21. La composizione di mappe C ∞ `e C ∞ . Esercizio 5. Sia Astd la struttura differenziabile di Rd che contiene Id : Rd → Rd , e sia A la struttura differenziabile di Rd che contiene la carta φ definita in (1). Dimostrare che le variet` a (Rd , Astd ) e (Rd , A) sono diffeomorfe. In questo corso studieremo propriet`a delle variet`a che sono invarianti per diffeomorfismo: considereremo due variet`a M e N come “la stessa variet`a” se esiste un diffeomorfismo tra di esse. Osservazione. Finora abbiamo visto che la struttura differenziabile su uno spazio localmente euclideo non `e unica; considerato l’Esercizio 5, ci si potrebbe chiedere se `e unica a meno di diffeomorfismo. In generale non lo `e: sono noti in letteratura esempi di spazi localmente euclidei (ad esempio R4 con la topologia euclidea, vedi [8]) che ammettono due strutture C ∞ non diffeomorfe; in altri termini, esistono coppie di variet` a che sono tra loro omeomorfe ma non diffeomorfe. Osservazione. Quando A1 ⊂ A2 sono due atlanti su M , allora l’identit`a di M `e un diffeomorfismo tra (M, A1 ) e (M, A2 ). Questo spiega perch`e nella definizione di struttura differenziabile abbiamo considerato atlanti massimali: in questo caso, l’atlante massimale che contiene A1 coincide con quello che contiene A2 . Esempio 22. Sia S d la sfera. L’applicazione f : S d → R, f (x1 , . . . , xd+1 ) = x1 `e C ∞ . Infatti per p 6= N , dobbiamo dimostrare che esiste una carta (U, φ) con p ∈ U tale che f ◦ φ−1 `e C ∞ . Per p 6= N prendiamo φ = φN , da cui f ◦ φ−1 N (y1 , . . . , yd ) = 2y1 2 1 + |y| che `e C ∞ perch`e rapporto di polinomi nelle coordinate con denominatore ovunque diverso da zero; per p 6= S prendiamo φ = φS , da cui analogamente f ◦ φS−1 (y1 , . . . , yd ) = 3 2y1 2. 1 + |y| Partizioni dell’unit` a [1, 6] Ricordiamo che il supporto di una funzione φ : M → R `e la chiusura di φ−1 k (R \ {0}) e si indica con supp φk . Tra le funzioni C ∞ su una variet`a, quelle che hanno supporto contenuto in una carta possono essere in un certo senso identificate con funzioni su un aperto di Rd (poich`e fuori dalla carta sono zero). Si intuisce quindi l’importanza di stabilire se effettivamente ogni funzione reale C ∞ pu`o essere scritta come somma di funzioni a supporto contenuto in una carta. Vale in effetti un risultato pi` u generale, che si basa sull’esistenza di una funzione come nell’Esempio 8: Teorema 23. Sia M una variet` a, e sia {Uα }α∈I un ricoprimento aperto di M . Allora esiste una successione {φk }k∈N di funzioni C ∞ su M tali che • 0 ≤ φk ≤ 1; 10 • ogni x ∈ M ha un intorno in cui solo un numero finito dei φk sono non-zero; • supp φk ⊂ Uαk per qualche successione αk in I; P • φk ≡ 1 (somma localmente finita). Si dice allora che {φk } `e una partizione dell’unit` a subordinata a {Uα }. Diremo inoltre che un insieme U ⊂ M `e relativamente compatto se la chiusura di U in M `e compatta. Lemma 24. Ogni variet` a `e unione numerabile di compatti. Dimostrazione. Sia B una base numerabile. Prendiamo la famiglia di aperti B 0 = {U ∈ B | U relativamente compatto}. Ogni punto x ha un intorno compatto C, e quindi x ⊂ Ux ⊂ Cx per qualche Ux ∈ B. Inoltre Cx `e chiuso perch`e le variet` a sono spazi di Hausdorff, e quindi Ux ⊂ Cx . Dunque Ux ∈ B 0 , quin0 di B `e un ricoprimento. Prendendo le chiusure degli aperti di B 0 si trova un ricoprimento numerabile compatto. Lemma 25. Sia K ⊂ U ⊂ M dove M `e una variet` a, K `e compatto e U `e aperto. Allora esiste una funzione C ∞ f : M → R che `e non negativa su M , positiva su K e ha supporto contenuto in U . Dimostrazione. Per ogni p in K prendo una carta centrata in p, φp = (φ1p , . . . , φdp ) : V → Rd . A meno di restringere V posso supporre V ⊂ U . Allora φp (V ) `e un intorno di 0, e quindi contiene un prodotto di intorni [−δ, δ]d . Se ψ `e la funzione ( e−1/x x > 0 ψ(x) = , 0 x≤0 allora la funzione x → ψ(x + δ)ψ(δ − x) `e diversa da zero in 0 e si annulla al di fuori di (−δ, δ). Quindi la funzione (Q d i i i=1 ψ(φp (x) + δ)ψ(δ − φp (x)) x ∈ V fp : M → R, fp (x) = 0 x∈ /V d `e una funzione C ∞ , perch`e lo `e in V e nel complementare del chiuso φ−1 p ([−δ, δ] ). Inoltre per costruzione fp `e non negativa, fp (p) > 0, e d supp fp ⊂ φ−1 p ([−δ, δ] ). Adesso gli aperti fp−1 (R\{0}) ricoprono K; ne estraggo un sottoricoprimento finito, e sommo le funzioni corrispondenti, diciamo f = fp1 + . . . + fpk . La funzione f cos`ı ottenuta si annulla al di fuori del chiuso d −1 d φ−1 p1 ([−δ, δ] ) ∪ · · · ∪ φpk ([−δ, δ] ) ⊂ U e quindi ha supporto contenuto in U . 11 Dimostrazione del Teorema 23. Per il lemma M `e unione numerabile di comS patti, diciamo M = n≥0 Kn . Possiamo supporre Kn ⊂ Int(Kn+1 ) per locale compattezza. Infatti ogni compatto Kn `e ricoperto da aperti relativamente compatti, e per compattezza posso prenderli in numero finito, diciamo V1n , . . . , Vknn . Quindi se Kn non `e contenuto in Int(Kn+1 ) posso rimpiazzare Kn+1 con Kn+1 ∪ V1n ∪ · · · ∪ Vknn . Procedendo induttivamente trovo una successione di compatti con la propriet`a richiesta. Posso supporre inoltre K0 = ∅ = K1 . Fissato n ≥ 0, consideriamo la famiglia Fn = {V aperto di M relativamente compatto | V contenuto in qualche Uα \Kn }. Questo `e un ricoprimento aperto di M \ Kn , quindi posso estrarne un sottoricoprimento finito F˜n di Kn+2 \ Int(Kn+1 ). Per ogni aperto V di F˜n , prendo una funzione ηV : M → R che `e C ∞ , non negativa, positiva su V e ha supporto contenuto in qualche Uα \ Kn ; posso farlo perch`e V `e compatto e contenuto in Uα \ Kn . Al variare di V in F˜n , trovo una sequenza finita di funzioni C ∞ non negative, con supporto ognuna in qualche Uα \ Kn , con la propriet`a che in ogni punto di Kn+2 \ Int(Kn+1 ) almeno una `e diversa da zero. Al variare di n, trovo una successione di funzioni ηk che hanno ognuna supporto contenuto in qualche Uα \ Kn , e con la propriet`a che in ogni punto di M almeno una `e diversa da zero. Inoltre in ogni aperto Int(Kn ) soltanto un numero finito di funzioni non sono identicamente zero, perch`e quelle che ottengo al passo k hanno supporto contenuto in Uα \ KkP ⊂ Uα \ Kn se k > n. Quindi la somma `e ben definita, diciamo η = ηk , e diversa da zero. Adesso prendiamo φk = ηk /η. Esercizio 6. Sia M una variet`a, U ⊂ M un aperto, e f : U → R una funzione C ∞ con supp f ⊂ U . Dimostrare che f si estende a una funzione f˜: M → R. In particolare, dati due chiusi disgiunti di una variet`a si pu`o sempre trovare una funzione C ∞ che vale identicamente uno su una e zero sull’altra, generalizzando il Lemma 25 e l’Esempio 9: Esercizio 7. Siano U, V due chiusi disgiunti di una variet`a M . Dimostrare che esiste f : M → R C ∞ tale che 0 ≤ f ≤ 1 e f |U ≡ 0, f |V ≡ 1. Si dice che le funzioni C ∞ separano i chiusi. Esercizio 8. Sia M una variet`a e sia U1 , . . . Uk un ricoprimento aperto di M . Allora esiste una partizione dell’unit`a del ricoprimento della forma {f1 , . . . , fk }, supp fj ⊂ Uj . 4 Esempi Esempio 26. Sia RPn lo spazio proiettivo reale di dimensione n. Le carte affini ! g Xj X0 Xn n φj : {Xj 6= 0} → R , φj [X0 : · · · : Xn ] = ,..., ,..., Xj Xj Xj danno a RPn la struttura di variet`a. 12 Dobbiamo dimostrare che RPn `e Hausdorff e a base numerabile, e che le carte affini costituiscono un atlante. La proiezione π : Rn+1 \ {0} → RPn `e una mappa aperta, perch`e π −1 (π(U )) = [ λU. λ∈R∗ Presa una base B di Rn+1 \ {0}, l’insieme di aperti B 0 = {π(U ) | U ∈ B} `e una base; quindi RPn `e a base numerabile. Per vedere che `e di Hausdorff, fissiamo due punti distinti [v1 ] e [v2 ] di RPn . Dobbiamo costruire due intorni disgiunti di [v1 ] e [v2 ]; poich`e π `e una mappa quoziente, `e sufficiente trovare due intorni disgiunti in Rn+1 \ {0} che siano unioni di orbite per l’azione di R∗ , cio`e della forma Ui = π −1 (Vi ). Per esempio per v1 = e1 e v2 = e2 possiamo prendere U1 = {x22 + · · · + x2n+1 < x21 }, U2 = {x22 + · · · + x2n+1 > x21 }. Osserviamo che presi comunque due vettori linearmente indipendenti v1 , v2 di Rn+1 , possiamo completare a una base v1 , . . . , vn+1 . La matrice A = v1 . . . vn+1 definisce un omeomorfismo di Rn+1 che manda ei in vi ; inoltre `e lineare, quindi manda orbite per l’azione di R∗ in orbite. Quindi π(A(U1 )), π(A(U2 )) sono intorni disgiunti di [v1 ] e [v2 ]. Gli insiemi {Xj 6= 0} sono aperti. Le carte sono continue perch`e sono indotte da mappe definite su Rn \ {0}. Hanno l’inversa, continua per ragioni analoghe. I cambiamenti di carta hanno la forma φi ◦ φ−1 j (x1 , . . . , xn ) = φi ([x1 : · · · : xj−1 : 1 : xj : · · · : xn ) ( x xn 1 xj , xxi+1 , . . . , j−1 i<j ( xx1i , . . . , xxi−1 xi , xi , xi , . . . , xi ) i i = xj−1 x x x1 x xn j 1 i ( xi−1 , . . . , xi−1 , xi−1 , xi−1 , . . . , xi−2 , , . . . , ) i >j xi−1 i−1 xi−1 che `e C ∞ . Esercizio 9. Dimostrare che la mappa π : Rn+1 \ {0} → RPn `e C ∞ . Esercizio 10. Dimostrare che la mappa f : RP2 → RP5 , [X0 : X1 : X2 ] → [X02 : X0 X1 : X0 X2 : X12 : X1 X2 : X22 ] `e ben definita e C ∞ . Esercizio 11. Siano f : M → N , g : M → Z mappe C ∞ . Dimostrare che (f, g) : M → N × Z `e C ∞ . Esercizio 12. Siano f, g : M → Rn mappe C ∞ . Dimostrare che f + g : M → Rn `e C ∞ . 13 Esercizio 13. Sia f ∈ C[z1 , . . . , zn ]. Dimostrare che f definisce una mappa C ∞ da Cn in C. Se g `e un altro polinomio in C[z1 , . . . , zn ], dimostrare che f /g `e C ∞ nei punti in cui g 6= 0. Esercizio 14. Dimostrare che CPn `e una variet`a. Esercizio 15. Dimostrare che GL(k, R) `e una variet`a, e che le mappe GL(k, R) → GL(k, R), g → g −1 , GL(k, R)×GL(k, R) → GL(k, R), (g, h) → gh sono C ∞ . Esercizio 16. Sia i : S n → Rn+1 l’inclusione. Dimostrare che i `e C ∞ . Esercizio 17. Indicata con S 2n+1 la sfera 2 2 {(z1 , . . . , zn+1 ) ∈ Cn+1 | |z1 | + · · · + |zn+1 | = 1}, dimostrare che la mappa π : S 2n+1 → CPn , π(z1 , . . . , zn+1 ) = [z1 : · · · : zn+1 ] `e C ∞ . Esercizio 18. Si dimostri che una rotazione di R2 definisce un diffeomorfismo da S 1 in s`e. Esercizio 19. Si dimostri che la mappa f : (a, a + 2π) → S 1 , θ → eiθ definisce una parametrizzazione. Esercizio 20. Sia F (k, n) = {x : Rk → Rn lineare | rk x = k}, sia G(k, n) l’insieme dei sottospazi di Rn di dimensione k e sia π : F (k, n) → G(k, n), π(x) = Im x. Si consideri la topologia quoziente su G(k, n). (i) Dimostrare che π `e suriettiva, e π(x) = π(y) sse x = y ◦ g per qualche g ∈ GL(k, R). (ii) Dimostrare che F (k, n) `e una variet`a, la proiezione F (k, n) → G(k, n) `e aperta, e G(k, n) `e a base numerabile. (iii) Sia x : Rk → Rn un elemento di F (k, n), e sia Im x = V . Dimostrare che φx : Hom(Rk , V ⊥ ) → G(k, n), f → π(x + f ) `e iniettiva e ha immagine Ux = {W ∈ G(k, n) | W ∩ V ⊥ = {0}} (iv) Dimostrare che Ux `e un aperto e φx un omeomorfismo. (v) Dimostrare che G(k, n) `e Hausdorff. (vi) Dimostrare che {(Ux , φ−1 x )} costituisce un atlante. Esercizio 21. Dimostrare che la mappa f : RPn → G(1, n + 1), `e un diffeomorfismo. 14 f ([v]) = Span {v} 5 Spazio tangente[6] Dopo aver esteso alle variet` a la nozione di funzione C ∞ , rimane da estendere la nozione di differenziale; questo richiede l’introduzione dello spazio tangente. Prima di darne la definizione rigorosa, facciamo qualche considerazione preliminare per motivarla. Se si considera una superficie regolare S ⊂ R3 , possiamo pensare al piano tangente a S in p ∈ S come un piano affine passante per p; ad esempio per la sfera unitaria, il piano tangente a p `e {p + v | hp, vi = 0}. Volendo generalizzare questa costruzione a variet`a astratte (cio`e non immerse in qualche Rn ), non possiamo fare uso della struttura affine; possiamo tuttavia reinterpretare il piano tangente come dell’insieme delle coppie {(p; v) | hp, vi = 0}; in generale, lo spazio tangente di una variet`a in un punto sar`a uno spazio vettoriale di dimensione finita associato al punto. Per costruire lo spazio tangente si usa la struttura C ∞ : l’idea quindi `e di dare una definizione che abbia senso per aperti di Rn , ma che dipenda solo dalla loro struttura C ∞ , in modo che sia valida in generale per le variet`a. Per un aperto U ⊂ Rn , lo spazio tangente a p ∈ U risulter`a essere lo spazio delle coppie {(p; v) | v ∈ Rn } ∼ = Rn . Ogni tale coppia (p, v) definisce una derivata direzionale d |t=0 f (p + tv), dt che pu` o essere vista come un operatore sulle funzioni C ∞ definite in un intorno di p in U . Poich`e sulle variet`a `e definita la nozione di funzione C ∞ , questa nozione di “derivata direzionale” pu`o essere estesa alle variet`a, ed `e quello che faremo per definire lo spazio tangente. Veniamo alle definizioni precise. Per costruzione, le funzioni C ∞ ristrette a un aperto sono ancora C ∞ . Quindi a ogni aperto U ⊂ M posso associare la R-algebra C ∞ (U ), e se V ⊂ U allora la restrizione definisce un omomorfismo C ∞ (U ) → C ∞ (V ). Lo spazio delle funzioni definite su un intorno aperto di p ∈ M `e f→ {(U, f ) | U 3 p aperto in M, f ∈ C ∞ (U )}; su questo spazio definiamo una relazione di equivalenza ∼ mediante (U, f ) ∼ (V, g) ⇐⇒ ∃W ⊂ U ∩ V aperto contenente p tale che f |W ≡ g|W . Il quoziente F˜p = {(U, f )}/ ∼ `e detto spazio dei germi in p. Lo spazio dei germi ha una struttura indotta di R-algebra, definita come segue (indicando per brevit`a la classe di equivalenza di (U, f ) come [U, f ], invece di [(U, f )]): [U, f ] + [V, g] =[U ∩ V, f |U ∩V + g|U ∩V ], λ[U, f ] = [U, λf ], [U, f ] · [V, g] = [U ∩ V, f |U ∩V g|U ∩V ]. 15 La buona definizione segue dal fatto che se [V, g] = [V 0 , g 0 ], allora g|W = g 0 |W per qualche p ∈ W ⊂ V ∩ V 0 ; quindi [U, f ]+[V 0 , g 0 ] = [U ∩V 0 , f +g 0 ] = [U ∩W, f +g 0 ] = [U ∩W, f +g] = [U, f ]+[V, g]. Lo stesso argomento si applica al prodotto. Infine, l’inclusione R → F˜p data dalle funzioni costanti `e un omomorfismo, quindi F˜p ha la struttura di R-algebra. D’ora in poi si scriver` a f per indicare un elemento di F˜p della forma [U, f ], sottintendendo cio`e l’aperto su cui il rappresentante f `e definita. C’`e un’omomorfismo naturale di R-algebre F˜p → R, [U, f ] → f (p); il suo nucleo `e un ideale che verr`a indicato come Fp . Per costruzione, come spazi vettoriali, F˜p = Fp ⊕ R. (2) Definizione 27. Un vettore tangente a M in p `e un’applicazione R-lineare v : F˜p → R che soddisfa la regola di Leibniz v(f · g) = v(f )g(p) + f (p)v(g). Lo spazio tangente a M in p `e Tp M = {v | v vettore tangente a p}. Per costruzione, Tp M `e uno spazio vettoriale: infatti `e contenuto nello spazio vettoriale F˜p∗ e la regola di Leibniz definisce un sottospazio vettoriale. Si osservi inoltre che, con riferimento a (2), la regola di Leibniz implica v(R) = 0 perch`e v(1 · 1) = 2v(1); in altri termini, v `e determinato dalla sua restrizione a Fp . Osservazione. Se φ `e una carta centrata in p, allora f→ ∂ (f ◦ φ−1 )(0) ∂xj `e un elemento di Tp M . Lemma 28. C’`e un isomorfismo di spazi vettoriali ∗ Fp ∼ . Tp M = Fp2 Dimostrazione. Sia W = {f ∈ Fp∗ | ker f ⊃ Fp2 }; possiamo identificare W con ∗ Fp , per cui `e sufficiente costruire un isomorfismo L : Tp M → W . Poniamo F2 p L(v) = lv , lv (f ) = v(f ). L’applicazione L `e ben definita perch`e lv (f ) = 0 per f ∈ Fp2 , a causa della regola di Leibniz. Inoltre L `e banalmente lineare. 16 ` iniettiva perch´e come spazi vettoriali F˜p = Fp ⊕ R, quindi se lv (f ) = 0 E per ogni f ∈ Fp allora v = 0. ∗ Inoltre L `e suriettiva perch`e dato l ∈ W , l’elemento v ∈ F˜p definito da v(f ) = l(f − f (p)) `e una derivazione: infatti v(f + g) = l(f + g − (f + g)(p)) = l(f − f (p)) + l(g − g(p)) = v(f ) + v(g) v(λf ) = l(λf − λf (p)) = λl(f − f (p)) = λv(f ), e quindi `e lineare; per verificare la regola di Leibniz calcoliamo f g − f (p)g(p) = (f − f (p))(g − g(p)) + f (p)g + f g(p) − 2f (p)g(p) = f (p)(g − g(p)) + (f − f (p))g(p) mod Fp2 ; applicando l a entrambi i membri si ottiene v(f g) = f (p)l(g − g(p)) + g(p)l(f − f (p)) = f (p)v(g) + g(p)v(f ). La suriettivita di L segue ora da lv = v. Teorema 29. Se M `e una variet` a, la dimensione di M coincide con la dimensione di Tp M per ogni p. Dimostrazione. Sia f in Fp , e sia (U, φ) una carta centrata in p, cio`e p ∈ U e φ(p) = 0. In particolare le coordinate φ1 , . . . , φd sono elementi di Fp . Possiamo supporre a meno di restringere U che f sia definita su U e φ(U ) sia stellato; allora per la formula di Taylor si ha Z 1 f ◦ φ−1 (v) = Dv (f ◦ φ−1 )(0) + (1 − t)Dv2 (f ◦ φ−1 )(tv)dt, v ∈ φ(U ). 0 Poich`e Dv = v1 ∂ ∂ + · · · + vd , ∂x1 ∂xd vale f ◦ φ−1 (v) = X vi d X ∂ (f ◦ φ−1 )(0) + vi vj Rij (v), ∂xi i,j=1 dove Rij `e la funzione C ∞ data da Z 1 ∂2 Rij (v) = (1 − t) (f ◦ φ−1 )(tv)dt, ∂xi ∂xj 0 v ∈ φ(U ). Componendo con φ, posto v = φ(q), troviamo che f (q) = X i φi (q) X ∂ (f ◦ φ−1 )(0) + φi (q)φj (q)Rij (φ(q)), ∂xi i,j cio`e in Fp vale f∈ X i φi ∂ (f ◦ φ−1 )(0) + Fp2 ; ∂xi 17 in particolare i φi generano Fp /Fp2 . Per vedere che sono indipendenti, supponiamo X ai φi ∈ Fp2 . i Abbiamo visto nella dimostrazione del lemma precedente che ogni derivazione annulla Fp2 ; in particolare la derivazione Dj ∈ Tp M, f→ ∂ (f ◦ φ−1 )(0) ∂xj manda ai φi in zero, e cio`e 0= ∂ X ∂ X ( ai φi ◦ φ−1 )(0) = ( ai xi )(0) = aj . ∂xj i ∂xj i Se f : M → N `e una mappa C ∞ , e v ∈ Tp M , si definisce il differenziale di f in p come la mappa lineare dfp : Tp M → Tf (p) N, dfp (v)(h) = v(h ◦ f ). Vale banalmente la chain rule d(g ◦ f )p = dgf (p) ◦ dfp . Osservazione. Per costruzione, se f : M → N `e un diffeomorfismo allora dfp : Tp M → Tf (p) N `e un isomorfismo. Infatti il differenziale dell’identit`a `e l’identit`a, per cui se f `e un diffeomorfismo con inversa g, d(f ◦ g)f (p) = dfp ◦ dgf (p) , d(g ◦ f )p = dgf (p) ◦ dfp sono l’identit` a di Tf (p) N e Tp M , rispettivamente, e quindi dfp `e un isomorfismo. Osservazione. Segue dal teorema e dall’osservazione precedente che due variet`a diffeomorfe hanno necessariamente la stessa dimensione. Esempio 30. Consideriamo la struttura differenziabile standard su R. L’applicazione f : R → R, f (t) = t3 non `e un diffeomorfismo, perch`e l’inversa non `e C ∞ . Un altro modo di vedere che f non `e un diffeomorfismo `e calcolare df0 (v)(t) = v(f (t)) = v(t3 ), che `e zero perch`e t3 = t · t2 ∈ F02 . Poich`e t genera F0 /F02 , segue che df0 (v) `e zero per ogni v, e quindi f non pu`o essere un diffeomorfismo. 6 Il differenziale in coordinate Conviene talvolta pensare a una carta φ : U → Rd come a un sistema di coordinate, cio`e una d-upla di funzioni xi : U → R, φ = (x1 , . . . , xd ). Con questa notazione, il Teorema 29 si pu`o riformulare in questo modo: 18 Teorema 31. Se M `e una variet` a, p un punto di M , x1 , . . . , xd sistema di coordinate in un intorno di p, allora gli elementi di Fp {xi − xi (p)}i=1,...,d (3) determinano una base di Fp /Fp2 . Dimostrazione. Come Teorema 29. Ricordiamo che se V `e uno spazio vettoriale con una base e1 , . . . , ek , si dice che gli elementi η1 , . . . , ηk di V ∗ costituiscono la base duale di V ∗ se ηi (ej ) = δij , i, j = 1, . . . , k. Esercizio 22. Verificare che data una base di uno spazio vettoriale di dimensione finita la base duale esiste ed `e unica, ed `e effettivamente una base. Esercizio 23. Sia {v1 , . . . , vk } una base dello spazio vettoriale V , e sia {η1 , . . . , ηk } una base duale di V ∗ . Dimostrare che ogni v ∈ V soddisfa k X v= ηi (v)vi . i=1 Segue dal Teorema 31 che la scelta di una carta induce una base canonica su Tp M . Pi` u precisamente, siano z1 , . . . , zd le coordinate standard su Rd . Se d φ : U → R `e una carta, φ = (x1 , . . . , xd ), si definisce ∂ |p : F˜p → R, ∂xi f→ ∂f ◦ φ−1 |φ(p) . ∂zi L’immagine di f viene indicata anche con la notazione ∂f ∂xi |p . ∂ Corollario 32. I { ∂x |p } costituiscono una base di Tp M duale alla base (3) di i 2 Fp /Fp , e per ogni v ∈ Tp M vale v= X v(xi ) i ∂ |p . ∂xi Dimostrazione. Innanzitutto sono vettori tangenti perch`e f→ ∂f ◦ φ−1 |φ(p) ∂zi `e lineare in f e soddisfa la regola di Leibniz. Valutandoli, ∂ ∂ ∂ |p (xj − xj (p)) = (xj − xj (p)) ◦ φ−1 = (zj − xj (p)) = δij . ∂xi ∂zi ∂zi da cui si vede che effettivamente `e una base duale. Infine, poich´e `e una base duale, la componente di v lungo valutando v su xi − xi (p), o equivalentemente su xi . 19 ∂ ∂xi |p `e ottenuta d Esempio 33. Consideriamo il caso particolare di M = R con zi le n ; denotiamo o ∂ d coordinate standard. Allora Tp R ha una base canonica ∂xi ottenuta usando la carta φ = Id, cio`e ∂ ∂ |p f = |p (f ◦ φ−1 ). ∂xi ∂zi In questo caso φ = Id, quindi ∂ ∂ |p f = |p ∂xi ∂zi ` uso comune identificare Tp Rd `e l’usuale derivata parziale nella direzione zi . E ∂ d con R , cio`e si identifica ∂xi con l’i-esimo vettore della base canonica ei . Date due carte su una variet`a, φ = (x1 , . . . , xd ) e ψ = (y1 , . . . , yd ), definite ∂ ∂ e i ∂y osservando che la chain in un intorno di p, possiamo confrontare i ∂x i i rule implica ∂f ∂f ◦ ψ −1 ∂(f ◦ φ−1 ) ◦ (φ ◦ ψ −1 ) |p = |ψ(p) = |ψ(p) ∂yj ∂zj ∂zj X ∂(f ◦ φ−1 ) ∂xi ◦ ψ −1 = |φ(p) |ψ(p) , ∂zi ∂zj i cio`e X ∂xi ∂ ∂ |p = |p |p . ∂yj ∂yj ∂xi Esercizio 24. Dimostrare che al variare di a ∈ R, η : (0, +∞) × (a, a + 2π) → R2 , `e una parametrizzazione, e calcolare η(r, θ) = (r cos θ, r sin θ), ∂ ∂ ∂r , ∂θ . Osservazione. Presa una mappa qualunque f : M → N , dove y 1 , . . . y n `e un sistema di coordinate in un intorno di f (p), vale X ∂ ∂ ∂ dfp = |p (y j ◦ f ) . (4) ∂xj ∂xj ∂yi i Infatti dfp ∂ ∂xj = X i dfp ( X ∂ ∂ ∂ ∂ )(yi ) |f (p) = |p (yi ◦ f ) . ∂xj ∂yi ∂x ∂y j i i In altri termini, se φ = (x1 . . . , xd ), ψ = (y1 , . . . , yn ) possiamo dire che rispetto ∂ alle basi ∂x , ∂y∂ j , la matrice associata a dfp `e il differenziale di ψ ◦ f ◦ φ−1 in j φ(p). ∂ Rimangono ancora da giustificare le notazioni ∂x e dfp , nel senso che bisogna i n far vedere che nel caso di R coincidono con gli oggetti che ben conosciamo. Esempio 34. Data una variet`a M e una carta φ = (x1 , . . . , xd ) centrata in p, ∂ dφp |p = ei . ∂xi 20 Infatti data una funzione f , dφp ( ∂ ∂ ∂f |p )(f ) = |p (f ◦ φ) = . ∂xi ∂xi ∂zi Alternativamente, si usa (4) e si usa ∂xi ∂xj = δij (Corollario 32). Nel caso particolare in cui f ha valori in R, possiamo vedere il differenziale come una mappa lineare dfp : Tp M → R. Proposizione 35. Valgono le seguenti: (i) Data f : M → R, allora dfp (v) = v(f ). ∂ ∂ ) = ∂x f (p). (ii) Se f : U → R, U ⊂ Rd aperto, allora dfp ( ∂x i i 1 f (iii) Se f : M → Rd , f = . . ., allora il differenziale ha la forma fd dfp1 dfp = . . . . dfpd dfp : Tp M → Rd , (iv) Se f : U → Rn , U ⊂ Rd aperto, allora dfp `e un’applicazione lineare dfp : Rd → Rn , e come matrice `e rappresentato da i ∂f . ∂xj ij Dimostrazione. Per dimostrare (i), denotiamo con t la coordinata standard su R, e applichiamo il Corollario 32; otteniamo dfp (v) = dfp (v)(t) ∂ ∂ ∂ = v(t ◦ f ) = v(f ) . ∂t ∂t ∂t ∂ (ii) discende da (i) e dal fatto che il vettore ∂x agisce come la derivata i parziale rispetto a xi (Esempio 33). Per vedere (iii), siano yi coordinate in Rn , q = f (p); le componenti di dfp (v) ∂ rispetto alla base { ∂y } sono date da i dfp (v)(yi ) = v(f i ) = dfpi (v). (iv) `e ora ovvio. In particolare i (dxi )p sono elementi del duale Tp∗ M di Tp M , per cui possiamo riformulare il Corollario 32 come segue: Corollario 36. I (dxi )p sono una base di Tp∗ M duale alla base f : M → R, si ha X ∂f dfp = |p (dxi )p . ∂xi 21 ∂ ∂xi |p . Data Dimostrazione. Calcoliamo (dxi )p ( ∂ ∂ |p ) = |p (xi ) = δij . ∂xj ∂xj La seconda parte segue dalla definizione di base duale e dalla proposizione. Osservazione. Per il Lemma 28, Tp M ∼ = Fp Fp2 ∗ . Poich`e il biduale (duale del duale) di uno spazio vettoriale di dimensione finita `e canonicamente isomorfo allo spazio stesso, segue che Fp Tp∗ M ∼ = 2 Fp Questo isomorfismo manda la base {(dxi )p } nella base {xi − xi (p)}. In generale possiamo pensare al differenziale in p di una funzione f : M → R come la F proiezione di f − f (p) sul quoziente Fp2 . p Esercizio 25. Siano (r, θ) le coordinate polari su R2 . Calcolare dr, dθ. Teorema 37. Sia M connessa. Una mappa f : M → N C ∞ `e costante se e solo se dfp = 0 per ogni p. 1 n Dimostrazione. Data una carta φ = (x1 , . . . , xd ) su M e una carta ψ = (y , . .. , y ) su N , sappiamo da (4) che la matrice associata a dfp ha la forma ∂ j ∂xi |p y ◦f . ij Se f `e costante, anche ψ ◦ f ◦ φ−1 `e costante, e quindi queste derivate si annullano, cio`e dfp = 0. Viceversa, supponiamo che il differenziale di f sia zero in ogni punto, e sia q un punto dell’immagine. Sappiamo che f −1 (q) `e chiuso e non vuoto; basta mostrare che `e aperto. Sia p un punto di f −1 (q). Prendiamo una carta φ : U → Rd su M , φ = (x1 , . . . , xd ), con p ∈ U e U connesso; sia y 1 , . . . , y n un sistema di coordinate centrato in q. Allora ∂ |r y j ◦ f = 0, ∂xi r ∈ U; di conseguenza le funzioni y j ◦ f ◦ φ−1 sono costanti su φ(U ). Quindi f ≡ q in un intorno di p. Possiamo dare un’altra caratterizzazione dello spazio tangente usando le curve. Se α : (a, b) → M `e una mappa C ∞ , allora si pone ∂ def 0 α (t) = dαt . ∂t Proposizione 38. Lo spazio tangente in p pu` o essere caratterizzato come Tp M = {α0 (0) | α : (−, ) → M, α(0) = p}. 22 Dimostrazione. L’inclusione ⊃ `e ovvia. Dato v ∈ Tp M , sia φ una carta centrata in p, e sia dφp (v) = w ∈ Rd . Allora la curva α(t) = φ−1 (tw) `e C ∞ , soddisfa α(0) = p, e α0 (0) = dφ−1 0 (w) = v. Osservazione. La proposizione ci permette di dare una definizione alternativa ed equivalente di spazio tangente. Definiamo una relazione di equivalenza sulle curve passanti per p come segue: se α : (−, ) → M , β : (−δ, δ) → M con α(0) = p = β(0), allora α ∼ β se (φ ◦ α)0 (0) = (φ ◦ β)0 (0) per ogni carta φ centrata in p. Poich`e φ `e un diffeomorfismo, α ∼ β `e equivalente a α0 (0) = β 0 (0); segue dalla proposizione che Tp M `e in corrispondenza biunivoca con {α : (−, ) → M | α(0) = p}/ ∼ . Si osservi tuttavia che questo spazio non ha una naturale struttura di spazio vettoriale, a differenza di Tp M come precedentemente definito. Esercizio 26. Sia i : S n → Rn+1 l’inclusione. Dimostrare che Im dip = p⊥ . Esercizio 27. Sia π : Rn+1 \ {0} → RPn la proiezione. Calcolare il nucleo di dπp . Esercizio 28. Sia M = R2 con la struttura differenziabile standard. Dimostrare ∂ , ∂ . che φ : R2 → R2 , φ(w1 , w2 ) = (w1 + w2 , w2 ) `e una carta. Calcolare ∂x 1 ∂x2 n Esercizio 29. Sia V ⊂ R un punto della grassmanniana G(k, n). Costruire un isomorfismo canonico tra TV G(k, n) e Hom(V, V ⊥ ). Esercizio 30. Sia f : Rn → R una funzione C ∞ . Si dimostri che il grafico Γ = {(x1 , . . . , xn , f (x1 , . . . , xn )) | x1 , . . . , xn ∈ R} ha una naturale struttura di variet`a, con una carta data dalla proiezione, e che l’inclusione i : Γ → Rn+1 ha differenziale iniettivo. Si determini dip (Tp Γ). Esercizio 31. Siano M m , N n variet`a. Per x ∈ M e y in N , sia iy1 : M → M × N, iy1 (x) = (x, y), ix2 : N → M × N, ix2 (y) = (x, y), e p1 , p2 le proiezioni. Dimostrare che Tx M × Ty N → Tx,y M × N, (v, w) → diy1 (x; v) + dix2 (y; w) `e un isomorfismo con inversa ((dp1 )(x,y) , (dp2 )(x,y) ) : Tx,y M × N → Tx M × Ty N. Nota bene. Il risultato di questo esercizio ci permette di identificare Tx,y M × N con il prodotto Tx M × Ty N . Un elemento di questo prodotto verr`a scritto (x, y; v, w). Esercizio 32. Sia f = (f1 , f2 ) : M → N × Z una mappa C ∞ . Dimostrare che mediante l’identificazione Ty,z N × Z = Ty N × Tz Z, il differenziale si scrive come df = (df1 , df2 ). 23 7 Fibrato tangente [6] Sia M una variet` a differenziabile. Si definisce il fibrato tangente T M = {(p; v) | p ∈ M, v ∈ Tp M }. ` definita una proiezione naturale E π : T M → M, π(p; v) = p. Osserviamo che se U ⊂ M `e un aperto, allora π −1 (U ) = T U come insiemi. Su T M definiamo una struttura di variet`a nel seguente modo: per ogni carta φ : U → Rd di M , definiamo φ˜ : π −1 (U ) → Rd × Rd , (p; v) → (φ(p), dφp (v)). In altri termini, ∂ ∂ | p + . . . + vd |p = (x1 (p), . . . , xd (p), v1 , . . . , vd ). φ˜ p; v1 ∂x1 ∂xd Poich`e ogni dφp `e un isomorfismo, l’immagine `e l’aperto φ(U ) × Rd . Lemma 39. Date due carte φ : U → Rd , ψ : U → Rd definite sullo stesso aperto U , la mappa ψ˜ ◦ φ˜−1 : φ(U ) × Rd → ψ(U ) × Rd `e un diffeomorfismo. Dimostrazione. Basta verificare che `e C ∞ ; scambiando φ e ψ si trova poi la tesi. Se ψ ◦ φ−1 = g, allora ψ˜ ◦ φ˜−1 (z, v) = (g(z), dgz (v)). La prima componente `e C ∞ per definizione di atlante. La seconda ha la forma X ∂g i ∂ v . j j ∂z i ∂z i,j Siccome g `e C ∞ , la tesi segue. Teorema 40. Esiste un’unica struttura di variet` a su T M per cui le mappe φ˜ sono carte. Allora la proiezione π : T M → M `e C ∞ . Inoltre se f : M → N `e una mappa C ∞ , allora la mappa df : T M → T N, df (x; v) = (f (x); dfx (v)) `e una mappa C ∞ . Dimostrazione. Definiamo dapprima la topologia. Prendiamo la famiglia ˜ τ = {W ⊂ T M | φ(W ∩ π −1 (U )) `e aperto per ogni carta (U, φ)}. ` facile verificare che τ `e una topologia; se W1 ,W2 stanno in τ , allora per ogni E carta (U, φ) vale ˜ 1 ∩ W2 ∩ π −1 (U )) = φ(W ˜ 1 ∩ π −1 (U )) ∩ φ(W ˜ 2 ∩ π −1 (U )), φ(W 24 perch`e φ˜ `e iniettiva, e quindi W1 ∩ W2 appartiene a τ . Un argomento analogo vale per l’unione di elementi di τ . Per costruzione, in questa topologia le φ˜ sono aperte. Inoltre sono continue: ˜ φ˜−1 (A) ∩ sia infatti A ⊂ φ(U ) × Rd un aperto. Allora per ogni carta (V, ψ), ψ( π −1 (V )) `e aperto in Rd × Rd perch´e per il lemma ˜ −1 (U ∩ V )) → ψ(π ˜ −1 (U ∩ V )) ψ˜ ◦ φ˜−1 : φ(π `e un omeomorfismo. Quindi φ˜−1 (A) `e aperto in T M . Questo dimostra da un lato che φ˜ `e continua, dall’altro che i π −1 (U ) sono aperti. Inoltre se τ 0 `e una topologia per cui le φ˜ sono carte, necessariamente τ 0 ⊂ τ ; viceversa, se W ∈ τ , allora [ ˜ −1 (U ) ∩ W )) W = φ˜−1 (φ(π (U,φ) carta `e aperto in τ 0 ; quindi la topologia di T M `e determinata univocamente dalle ipotesi. Inoltre π `e continua perch`e, per ogni aperto coordinato U π −1 (U ) `e aperto, e gli aperti coordinati formano una base per M . La topologia τ ammette una base numerabile perch`e preso un atlante numerabile (Un , φn ) e una base numerabile B di R2d , la famiglia n o φ˜−1 n (A) | n ∈ N, A ∈ B ` di Hausdorff: presi due punti distinti (x; v), `e una base numerabile di T M . E (y; w), se x e y stanno entrambi in una carta (U, φ) si usa il fatto che φ˜ `e omeomorfismo locale; in caso contrario, si usa il fatto che x 6= y, M `e di Hausdorff e π `e continua. Le mappe φ˜ definiscono un atlante per il lemma; quindi T M `e una variet`a. Per verificare che la mappa π `e C ∞ , basta osservare che π ◦ φ˜−1 = φ−1 , che `e C ∞ . Infine, data f : M → N C ∞ , se (U, φ) carta su M e (V, ψ) carta su N con U ⊂ f −1 (V ), allora df (π −1 (U )) ⊂ π −1 (V ) e ψ˜ ◦ df ◦ φ˜−1 (z; v) = ψ˜ ◦ df (φ−1 (z); dφ−1 z (v)) = −1 −1 ˜ ψ f (φ (z)); d(f ◦ φ )z (v) = (ψ ◦ f ◦ φ−1 (z); d(ψ ◦ f ◦ φ−1 )z (v)); questa `e una mappa C ∞ , come nella dimostrazione del lemma, e quindi df |π−1 (U ) `e C ∞ . Poich`e i π −1 (U ) formano un ricoprimento aperto di T M , df `e C ∞ . Esercizio 33. Siano M, N variet`a. Dette p1 : M × N → M e p2 : M × N → N le proiezioni, dimostrare che (dp1 , dp2 ) : T (M × N ) → T M × T N `e un diffeomorfismo. Esercizio 34. Sia g : M → R una funzione C ∞ . Dimostrare che l’applicazione T M → T M, (x; v) → (x; g(x)v) `e C ∞ . Esercizio 35. Dimostrare che T S 1 `e diffeomorfo a S 1 × R. Esercizio 36. Dimostrare che T GL(n, R) `e diffeomorfo a GL(n, R) × M (n, R). 25 8 Teorema della funzione inversa [4, 6] Alcuni degli esempi di variet` a che abbiamo visto finora appaiono in modo na` naturale chiedersi sotto quali turale come sottoinsiemi di Rn (p.es. la sfera). E n condizioni un sottoinsieme di R abbia una struttura indotta di variet`a. Lo strumento che permetter` a di determinare queste condizioni `e il teorema della funzione inversa, che `e l’argomento di questa sezione. Lemma 41 (Lemma delle contrazioni). Sia f : X → X una contrazione di uno spazio metrico completo X, nel senso che esiste 0 < K < 1 tale che d(f (x), f (y)) ≤ Kd(x, y). Allora f ha un unico punto fisso, che `e limite di ogni successione f n (x). Dimostrazione. Fissato x, dimostriamo che f n (x) `e di Cauchy. Sia λ = d(x, f (x)). Allora d(f k (x), f k+1 (x)) ≤ K k λ. Per la disuguaglianza triangolare, d(x, f k (x)) ≤ λ(1 + K + . . . + K k−1 ) = λ λ 1 − Kk ≤ . 1−K 1−K In particolare λ , 1−K cio`e f n (x) `e di Cauchy. Quindi ha un limite. Per continuit`a `e un punto fisso. Inoltre il punto fisso `e unico perch`e f `e una contrazione. d(f h (x), f k+h (x)) ≤ K h Teorema 42 (della funzione inversa, [4]). Sia U un aperto di Rd , e f : U → Rd una mappa C ∞ tale che dfp `e invertibile per qualche p in U . Allora esiste un intorno aperto V di p tale che f (V ) `e aperto e f |V : V → f (V ) `e un diffeomorfismo. Dimostrazione. A meno di traslazione possiamo supporre p = 0 = f (p). Inoltre a meno di sostituire f con df0−1 ◦ f , possiamo supporre df0 = Id. Sia adesso g(x) = f (x) − x. Per costruzione dg0 = 0. Quindi per continuit`a vale che 1 max kdgx (v)k = kdgx k < 2 v∈S d−1 per x sufficientemente piccolo, diciamo kxk < 2r. Per il teorema del valor medio segue che 1 kg(x)k ≤ kxk , kxk < 2r, 2 e in particolare kg(x)k ≤ r/2, kxk ≤ r. Per ogni y ∈ B(0, r/2), vogliamo dimostrare che esiste un unico x ∈ B(0, r) con f (x) = y. Procediamo definendo gy : B(0, r) → B(0, r), gy (x) = y − g(x). Effettivamente gy `e ben definita perch`e kgy (x)k ≤ kg(x)k + kyk ≤ r. 26 Inoltre kgy (x1 ) − gy (x2 )k = kg(x1 ) − g(x2 )k ≤ 1 kx1 − x2 k , 2 di nuovo per il teorema del valor medio. Quindi gy `e una contrazione dello spazio metrico completo B(0, r). Quindi ha un unico punto fisso x, gy (x) = x =⇒ f (x) = y. Se poniamo x = φ(y), otteniamo una mappa φ : B(0, r/2) → B(0, r). Questa `e continua perch`e se y1 = f (x1 ), y2 = f (x2 ), kx1 − x2 k = kf (x1 ) − g(x1 ) − f (x2 ) + g(x2 )k ≤ kf (x1 ) − f (x2 )k+kg(x1 ) − g(x2 )k 1 ≤ kf (x1 ) − f (x2 )k + kx1 − x2 k , 2 cio`e kφ(y1 ) − φ(y2 )k ≤ 2 ky1 − y2 k . (5) −1 Poniamo V = B(0, r) ∩ f (B(0, r/2)); adesso f : V → f (V ) = B(0, r/2) `e un omeomorfismo con inversa φ. Per vedere che l’inversa `e differenziabile, cerchiamo di dimostrare che dφy −1 esiste e coincide con dfφ(y) . Se y1 , y2 ∈ B(0, r/2), φ(yi ) = xi , φ(y1 ) − φ(y2 ) − dfx−1 (y1 − y2 ) ≤ dfx−1 kdfx2 (x1 − x2 ) − (y1 − y2 )k ; 2 2 d’altra parte f `e differenziabile e per (5) kf (x1 ) − f (x2 ) − dfx2 (x1 − x2 )k = o(x1 − x2 ) = o(y1 − y2 ). Dunque `e ben definita la mappa ξ : V → GL(d, R), y 7→ dφy ; −1 inoltre ξ `e C k se e solo se φ `e C k+1 . Per quanto visto, ξ(y) = dfφ(y) , cio`e ξ = σ ◦ Jf ◦ φ, dove Jf (x) = dfx e σ `e l’inversione in GL(n, R). Usando il fatto che Jf e σ sono C ∞ , per induzione su k si trova che φ `e C k per ogni k, cio`e C ∞ . Esempio 43. In generale una funzione C ∞ biunivoca pu`o non soddisfare le ipotesi del teorema della funzione inversa; si pensi ad esempio alla funzione f : R → R, f (x) = x3 . L’analogo per le variet` a `e il seguente: Corollario 44. Sia f : M → N una mappa C ∞ ; sia p ∈ M un punto per cui dfp : Tp M → Tf (p) N `e un isomorfismo. Allora esiste un intorno U 3 p aperto tale che f (U ) `e aperto e f |U : U → f (U ) `e un diffeomorfismo. 27 Dimostrazione. Per il Teorema 29 dim M = dim N . Sia φ carta centrata in p e ψ carta centrata in f (p). Allora ψ ◦ f ◦ φ−1 soddisfa le ipotesi del teorema della funzione inversa. Se y1 , . . . , yk : sono funzioni a valori in R definite in un intorno di p, diciamo che sono indipendenti in p se (dy1 )p , . . . , (dyk )p sono elementi linearmente indipendenti di Tp∗ M . Corollario 45. Sia p un punto di una variet` a M di dimensione d. (i) Siano y1 , . . . , yd funzioni indipendenti in p. Allora formano un sistema di coordinate in un intorno di p. (ii) Siano y1 , . . . , yk funzioni indipendenti in p. Allora y1 , . . . , yk pu` o essere completato a un sistema di coordinate in un intorno di p della forma y1 , . . . , yd . (iii) Siano y1 , . . . , yk funzioni in un intorno di p con la propriet` a che (dyi )p generano Tp∗ M . Allora un sottoinsieme degli yi costituisce un sistema di coordinate in un intorno di p. Dimostrazione. (i) Se le yi sono definite su U , abbiamo f : U → Rd , Per costruzione f = (y1 , . . . , yd ). dy1 dfp = . . . ; dyd ∂yi ; questa in coordinate, possiamo rappresentare dfp come la matrice ∂x j ij `e una matrice quadrata le cui righe sono linearmente indipendenti, e quindi `e invertibile. Quindi a meno di restringere U , f `e un diffeomorfismo con un aperto di Rd , cio`e una carta. (ii) Siano (x1 , . . . , xd ) coordinate intorno a p. Adesso dy1 , . . . , dyk , dx1 , . . . , dxd generano Tp∗ M , quindi prendiamo dxi1 , . . . , dxin−d di modo che dy1 , . . . , dyk , dxi1 , . . . , dxin−d sia una base. Poi applichiamo il punto precedente. (iii) Si estrae un sottoinsieme di d funzioni indipendenti in p e si applica il punto (i). Corollario 46. Sia f : M → N , p ∈ M , x1 , . . . , xd sistema di coordinate intorno a f (p). • Se dfp iniettivo, una sottofamiglia di {x1 ◦ f, . . . , xd ◦ f } forma un sistema di coordinate intorno a p. • Se dfp `e suriettivo, si pu` o completare {x1 ◦ f, . . . , xd ◦ f } a un sistema di coordinate intorno a p. 28 Dimostrazione. Se dfp `e iniettivo, allora dx1 ◦ dfp , . . . , dxd ◦ dfp generano Tp∗ M . Infatti se generassero uno spazio pi` u piccolo, si annullerebbero tutti su un vettore v. Allora i dxi si annullerebbero tutti su dfp (v), quindi v = 0. Se dfp `e suriettivo, allora dx1 ◦ dfp , . . . , dxd ◦ dfp sono linearmente indipendenti: altrimenti, infatti, avremmo λ1 dx1 ◦ dfp + · · · + λd dxd ◦ dfp = 0 da cui (λ1 dx1 + · · · + λd dxd ) |Im dfp = 0; poich´e Im dfp = Tf (p) N , i λi si annullano. Adesso si applica il corollario precedente. Esempio 47. Se i : S n → Rn+1 `e l’inclusione, e p = (0, . . . , 0, 1) ∈ S n , dip `e iniettivo, e quindi si pu` o estrarre dalle coordinate standard z 1 , . . . , z n+1 un sistema di coordinate intorno a p. Si osservi che per il corollario 45, l’unica scelta possibile `e z1 ◦ i, . . . , zn ◦ i, perch`e d(zn+1 ◦ i)p = 0. L’inversa della carta corrispondente `e q (z1 , . . . , zn ) → (z1 , . . . , zn , 1 − z12 − · · · − zn2 ). In altre parole, il teorema della funzione inversa ci permette di dedurre che S n `e localmente un grafico usando il fatto che l’inclusione `e C ∞ e ha differenziale iniettivo, nel senso che ogni punto di S n ha un intorno in S n che pu`o essere espresso come grafico di una funzione. In effetti S n `e localmente grafico in un senso pi` u forte: ogni punto di S n ha un intorno in Rn+1 la cui intersezione con n S `e un grafico (vedi Proposizione 57). Esempio 48. Se π : Rn+1 \ {0} → RPn `e la proiezione, e p = (1, 0, . . . , 0), allora dπp `e suriettivo, e le coordinate xi = Xi /X0 si possono completare a un sistema di coordinate {z0 , z1 /z0 , . . . , zn /z0 } su {z0 6= 0} ⊂ Rn+1 . Esempio 49. Sia π : T M → M la proiezione. Si verifica facilmente che dπ(p;v) `e suriettivo in ogni punto. Un sistema di coordinate φ = (x1 , . . . , xd ) si pu`o completare a un sistema di coordinate (x1 ◦ π, . . . , xd ◦ π, y1 , . . . , yd ) ponendo φ˜ = (x1 ◦ π, . . . , xd ◦ π, y1 , . . . , yd ). 9 Sottovariet` a [6] Se f : M → N `e una mappa C ∞ tra variet`a, diciamo che • f `e un’immersione se dfp `e iniettivo per ogni p; 29 • f `e una sommersione se dfp `e suriettivo per ogni p; • f `e un embedding se dfp `e iniettivo e inoltre f `e un omeomorfismo con l’immagine; • la coppia (M, f ) `e una sottovariet` a immersa di N se f `e un’immersione iniettiva; • la coppia (M, f ) `e una sottovariet` a regolare di N se f `e un embedding. Osservazione. Se M ha dimensione uno, f `e un’immersione se e solo se il differenziale `e diverso da zero in ogni punto. Se N ha dimensione uno, f `e una sommersione se e solo se il differenziale `e diverso da zero in ogni punto. Ovviamente queste propriet` a non valgono nel caso generale. Ad esempio, l’inclusione i : S n → Rn+1 `e un embedding, per cui la sfera `e una sottovarieta regolare dello spazio euclideo. Lo stesso vale per ogni grafico Γ (si veda l’esercizio ). La mappa t → eit , R → S1 `e un’immersione, ma non definisce una sottovariet`a immersa perch`e non `e iniettiva. Un esempio del caso intermedio `e dato dal seguente: 3t2 3t . Esercizio 37. Sia α : (−1, +∞) → R2 la curva definita da α(t) = 1+t 3 , 1+t3 Dimostrare che α `e una immersione iniettiva, ma non un embedding. Esercizio 38. Sia f : R → S1 × S1, f (t) = (eit , eλit ), dove λ `e irrazionale. Dimostrare che f `e un’immersione iniettiva ma non un embedding. Supponiamo che (P, i) sia una sottovariet`a immersa di N . Data una mappa C ∞ , f : M → N , con f (M ) ⊂ i(P ), esiste un’unica mappa f˜ che fa commutare il diagramma M f f˜ /N O i (6) P Sappiamo gi` a (Esercizio 4) che se P `e un aperto di N con la struttura indotta, e i `e l’inclusione, allora f˜ `e C ∞ . In generale questo non `e vero, come mostra il seguente: Esempio 50. Sia (R, α) la sottovariet`a immersa di R2 dell’Esercizio 37. Possiamo costruire una mappa C ∞ , f : S 1 → R2 , con immagine contenuta in α(R) tale che la mappa indotta f˜: S 1 → R ha immagine [0, +∞) (e quindi, per compattezza, non `e continua). Esplicitamente, componiamo α con un diffeomorfismo da (0, 1) a (0, +∞), β : (0, 1) → R2 , β(t) = α(1/t − 1), 30 cio`e β(t) = 3(1 − t)t2 3(1 − t)2 t , 3 3 3 t + (1 − t) t + (1 − t)3 . Possiamo evidentemente estendere β in modo C ∞ a tutto R; inoltre β([0, 1]) = α([0, +∞)), e β(0) = β(1). Poich`e S 1 `e omeomorfo a [0, 1] con gli estremi identificati, β induce una mappa continua da S 1 in R2 ; per renderla C ∞ , dobbiamo modificare β in modo che abbia tutte le derivate nulle in 0 e 1. Sia ψ : R → R una funzione C ∞ che soddisfa 0 ≤ ψ ≤ 1, ψ ≡ 0 in x ≤ , ψ ≡ 1 in x ≥ 1 − . Ora prendiamo γ : R → R2 , γ(t) = β(ψ(t)); questa `e C ∞ , ed assume lo stesso valore costante per t ≤ 0 e t ≥ 1. Considerata la carta φ : S 1 \ {(1, 0)} → (0, 1), e2πit → t, poniamo 1 2 f: S →R , ( γ(φ(p)) p 6= (1, 0) f (p) = . 0 p = (1, 0) Questa `e C ∞ perch`e in un intorno di (1, 0) `e costante. D’altra parte, la continuit` a di f˜ `e l’unica ostruzione: Teorema 51. Sia (P, i) una sottovariet` a immersa di N . Data una mappa C ∞ , f : M → N , con f (M ) ⊂ i(P ), sia f˜ l’unica mappa che fa commutare il diagramma (6). Allora se f˜ `e continua `e anche C ∞ . Inoltre se i `e un embedding, allora f˜ `e continua. Dimostrazione. Sia p ∈ P , e sia φ = (x1 , . . . , xd ) : V → Rd un sistema di coordinate centrato in i(p). Allora un sottoinsieme delle coordinate (x1 ◦ i, . . . , xd ◦ i) definiscono un sistema di coordinate in un intorno di p, cio`e per qualche π : Rd → Rk lineare, γ = π ◦ φ ◦ i `e una carta in un intorno U di p in P . Se f˜ `e continua, allora f˜−1 (U ) `e aperto, e vediamo che γ ◦ f˜|f˜−1 (U ) = π ◦ φ ◦ i ◦ f˜ = π ◦ φ ◦ f : f˜−1 (U ) → Rk `e una mappa C ∞ . Quindi f `e C ∞ . Se i `e un embedding, allora f˜ = i−1 ◦f `e composizione di mappe continue. Data una variet` a M , non c’`e una vera perdita di generalit`a nel supporre che una sottovariet` a (P, φ) sia un sottoinsieme di M , e φ l’inclusione, visto che φ deve essere iniettiva. Tuttavia, una sottovariet`a non `e semplicemente un tipo di sottoinsieme, perch`e la sua definizione comporta anche la scelta di una topologia e una struttura differenziabile. La struttura differenziabile non `e unica (ad esempio, la figura 8 in R2 ha due strutture di variet`a immersa; si veda [6, 1.31]). Corollario 52. Sia M variet` a, P ⊂ M sottoinsieme. Per ogni topologia su P , esiste al pi` u una struttura differenziabile compatibile su P tale che l’inclusione i : P → M `e un’immersione. 31 Dimostrazione. Denotiamo con P 0 , P 00 lo spazio topologico P con due strutture differenziabili che rendono i immersione. Applichiamo il teorema a i, e troviamo che ˜i : P 0 → P 00 `e continua perch`e `e l’identit`a e la topologia sottostante `e la stessa. Dunque l’identit` a `e C ∞ ; vale nei due sensi, quindi `e un diffeomorfismo. Questo vuol dire che le carte di P 0 sono anche carte di P 00 , cio`e le due strutture differenziabili coincidono. Osservazione. Per il corollario, se f : M → N `e un embedding, allora f (M ) con la topologia indotta ha al pi` u una struttura di sottovariet`a regolare rispetto all’inclusione. In effetti, questa struttura esiste, ed `e caratterizzata dal fatto che l’omeomorfismo f : M → f (M ) sia un diffeomorfismo. D’ora in poi, intenderemo per sottovariet` a regolare un sottoinsieme M ⊂ N tale che l’inclusione `e un embedding. In generale, se l’inclusione i : M → N `e un’immersione, allora il tangente Tp M della sottovariet` a verr` a identificato con la sua immagine dip (Tp M ) ⊂ Tp N . La forma locale delle immersioni `e descritta dal seguente lemma. Lemma 53. Sia f : M d → N n immersione, p ∈ M . Allora esistono una carta φ : V → Rn centrata in f (p) e un intorno U di p tale che f |U `e iniettiva e f (U ) = φ−1 (Rd ), dove Rd = Rd × {0} ⊂ Rn . Se f `e un embedding inoltre si pu` o supporre f (U ) = f (M ) ∩ V . Dimostrazione. Sia ψ una carta centrata in f (p), e sia π : Rn → Rd la proiezione sulle prime coordinate. Per il Corollario 46, possiamo riordinare le coordinate definite da ψ in modo che ψ˜ = π ◦ ψ ◦ f definisca una carta in un intorno W di p; in particolare f `e iniettiva in W . W ⊂M f / f (W ) ⊂ N ˜ ψ Rd o ψ π Rn Adesso definiamo ˜ )) → R, xi : (π ◦ ψ)−1 (ψ(W ( ψi i = 1, . . . , d xi = ψi − ψi ◦ f ◦ ψ˜−1 ◦ π ◦ ψ i = d + 1, . . . , n Allora ( dψi dxi = Pd dψi − j=1 aij dψj i = 1, . . . , d i = d + 1, . . . , n sono linearmente indipendenti in f (p), quindi per il Corollario 45 in un intorno V di f (p) definiscono un sistema di coordinate. Sia U = W ∩ f −1 (V ). Il sistema di coordinate x1 , . . . , xd soddisfa la tesi se {q ∈ V | xd+1 (q) = . . . = xn (q) = 0} = f (U ). 32 (7) L’inclusione ⊃ `e ovvia. Viceversa se q `e nell’insieme di sinistra in (7), allora z = ψ˜−1 (π(ψ(q))) ∈ W, e π ◦ ψ ◦ f (z) = π ◦ ψ(q) per definizione, cio`e ψi (f (z)) = ψi (q) per i ≤ d. Inoltre la condizione xi (q) = 0, i > d implica ψi (q) = ψi ◦ f ◦ ψ˜−1 ◦ π ◦ ψ(f (z)) = ψi (f (z)), quindi q e f (z) hanno le stesse coordinate rispetto alla carta ψ e coincidono. Questo dimostra (7). Se f `e un embedding, allora f (U ) `e aperto in f (M ), cio`e esiste W aperto in N tale che f (U ) = f (M ) ∩ W . Sostituiamo V con V˜ = V ∩ W , e otteniamo f (U ) = f (U ) ∩ V = f (M ) ∩ W ∩ V = f (M ) ∩ V˜ . Osservazione. Nel caso in cui f sia l’inclusione, il lemma dice che una sottovariet` a regolare M ⊂ N corrisponde localmente mediante una carta alla sottovariet` a Rd ∩ Ω ⊂ Ω, dove Ω ⊂ Rn `e un aperto. Nel caso di una sottovariet`a immersa, l’immagine di tutto M in Ω non `e in generale contenuta in Rd ∩ Ω, cio`e il “localmente” deve essere riferito alla topologia di M . Segue dal lemma: Proposizione 54. Sia M ⊂ N sottovariet` a regolare chiusa. Allora la mappa di restrizione C ∞ (N ) → C ∞ (M ) `e suriettiva. ˜ : N → R. Dimostrazione. Sia h : M → R C ∞ ; dobbiamo estenderla a h Per il lemma 53, preso p ∈ M , possiamo prendere una carta di N , φ : Vp → Rn centrata in p tale che M ∩ Vp = φ−1 (Rd ); inoltre, detta π : Rn → Rd la proiezione, φ˜ = π ◦ φ|M ∩Vp `e una carta. Adesso costruiamo hp : Vp → R che estende h|M ∩Vp , ponendo hp = h ◦ φ˜−1 ◦ π ◦ φ; questa risulta essere C ∞ perch`e h ◦ φ˜−1 `e C ∞ . Se p ∈ / M , poniamo Vp = N \ M , hp = 0. Adesso sia {φk } una partizione dell’unit`a subordinata a {Vp }p∈M . Quindi φk ha supporto contenuto in Vpk . La somma X ˜= h φk hpk k `e una funzione C ∞ ; inoltre per ogni p ∈ M , X ˜ h(p) = φk (p)hpk (p) = h(p) φk (p)6=0 poich`e su Vpk ∩ M hpk coincide con h. Osservazione. La proposizione afferma che ogni funzione su M a valori in R si estende a N . Vedremo in seguito che l’analogo enunciato per mappe a valori in una variet` a `e falso. 33 Definizione 55. Se f : M → N `e C ∞ , si dice che p `e un punto critico se dfp non `e suriettivo; si dice regolare altrimenti. Si dice che q ∈ N `e un valore critico se esiste un punto critico p, f (p) = q. Si dice che q `e un valore regolare se non `e critico, cio`e ogni p ∈ f −1 (q) `e un punto regolare. Teorema 56. Se f : M d → N n `e C ∞ e q ∈ N `e un valore regolare, f −1 (q) 6= ∅, allora f −1 (q) `e una sottovariet` a regolare di dimensione d − n e Tp (f −1 (q)) = ker dfp . Dimostrazione. Vogliamo dimostrare che f −1 (q) ha una struttura di variet`a compatibile con la topologia di sottospazio. Intanto, `e banalmente di Hausdorff e a base numerabile. Per costruire l’atlante, sia x1 , . . . , xn un sistema di coordinate centrato in q = f (p). Per il Corollario 46, abbiamo un sistema di coordinate φ = (y1 , . . . , yd ), definito in U e centrato in p, tale che xi ◦ f = yi , i = 1, . . . , n. Allora f −1 (q) ∩ U = {y1 = 0, . . . , yn = 0}. Quindi se π : Rn → Rd−n `e la proiezione sulle ultime coordinate, φ˜ = π ◦ φ : f −1 (q) ∩ U → Rd−n `e un omeomorfismo con l’immagine, che `e aperta. Per verificare che le mappe φ˜ cos`ı costruite costituiscono un atlante, osserviamo che per costruzione l’inversa `e la restrizione di φ−1 , quindi i cambiamenti di carta hanno la forma π ◦ φ ◦ ψ −1 |ψ(U )∩Rd−n . Dunque `e definito un atlante su f −1 (q). L’inclusione i : f −1 (q) → M `e un’immersione perch`e nella carta φ corrisponde all’inclusione di Rd−n in Rd , cio`e φ ◦ i ◦ (π ◦ φ)−1 (z) = (0, z). Infine, f ◦ i `e costante, e quindi il suo differenziale `e zero, cio`e 0 = d(f ◦ i)p = dfp ◦ dip ; quindi dip (Tp (f −1 (q))) ⊂ ker dfp , e per ragioni dimensionali vale l’uguaglianza. Se U `e un aperto di Rd e g : U → Rn `e una mappa C ∞ , il grafico Γg = {(y, g(y)) | y ∈ U } `e una sottovariet` a regolare di Rd+n , con una carta data dalla proiezione Γg → U . Localmente vale il viceversa: Proposizione 57 (Teorema della funzione implicita). Sia M d ⊂ Rn+d una sottovariet` a regolare. Allora M `e localmente un grafico, cio`e per ogni p ∈ M , a meno di riordinare le coordinate, esiste un intorno p ∈ U × V ⊂ Rd × Rn e una funzione C ∞ g : U → Rn tale che M ∩ (U × V ) = {(y, g(y)) | y ∈ U }. 34 Dimostrazione. Siano x1 , . . . , xn+d coordinate standard su Rn+d ; sappiamo che l’inclusione ι ha differenziale iniettivo, quindi per il Corollario 46 possiamo supporre a meno di riordinare le coordinate che x1 ◦ ι, . . . , xd ◦ ι siano coordinate in un intorno di M . Poich`e M ha la topologia di sottospazio, possiamo supporre che l’intorno abbia la forma U ×V , cos`ı che la carta individuata dalle coordinate sia la proiezione π : M ∩ (U × V ) → U. Per costruzione, l’inversa ι ◦ π −1 : U → U × V ha la forma y → (y, g(y)) con g funzione C ∞ . Poich`e π `e biunivoca, la tesi segue. Esercizio 39. Sia f : M → N un’immersione iniettiva propria, tale cio`e che la preimmagine di ogni compatto sia un compatto. Dimostrare che f `e un embedding e f (M ) `e chiusa. Esercizio 40. Determinare valori critici e valori regolari di 2 f : Rn+1 → R, f (x) = kxk . Dimostrare che f −1 (1) ha una struttura C ∞ indotta che coincide con la struttura standard sulla sfera. Esercizio 41. Dimostrare che non esiste un’immersione di S n in Rn . Esercizio 42. Dimostrare che se W `e uno spazio vettoriale e V ⊂ W `e un sottospazio, allora V `e una sottovariet`a regolare di W . Esercizio 43. Dimostrare che il gruppo ortogonale O(n) `e una sottovariet`a 2 regolare di M (n, R) = Rn di dimensione n(n − 1)/2. Esercizio 44. Sia f : Rn → R C ∞ , f (x1 , . . . , xn ) = x21 + . . . + x2n−1 − x2n . Dimostrare che 1 `e un valore regolare di f . Sia M = f −1 (1). Sia g = x21 +. . .+x2n . Trovare i punti critici di g|M : M → R. Esercizio 45. Dimostrare che se M d `e una sottovariet`a immersa (regolare) di N n allora T M `e una sottovariet`a immersa (regolare) di T N . Esercizio 46. Sia o(n) lo spazio {A ∈ M (n, R) | A = −AT } delle matrici antisimmetriche di ordine n. Dimostrare che T O(n) `e diffeomorfo a O(n)×o(n). Esercizio 47. Sia v ∈ Tp M diverso da zero. Costruire una mappa C ∞ f : M → R tale che dfp (v) 6= 0. Esercizio 48. Sia ι : M → N una mappa C ∞ con la propriet`a che per ogni funzione f : M → R esiste f˜: N → R che fa commutare il diagramma M /N ι f f˜ R Dimostrare che ι `e un embedding con immagine chiusa in M (vale cio`e l’inverso della Proposizione 54). 35 10 Campi di vettori [6, 2] Diremo che una sezione 2 del fibrato tangente di M `e un’applicazione X : M → TM tale che π ◦ X = Id. Quindi una sezione del fibrato tangente associa a p ∈ M un vettore Xp ∈ Tp M , dove X(p) = (p; Xp ). Una sezione di T M si dice campo di vettori se `e C ∞ . Un campo di vettori locale su M `e un campo di vettori su un aperto di M . Se X `e una sezione di T M , U un aperto di M e f una funzione C ∞ su U , allora `e definita una funzione X(f ) = Xf : U → R, p 7→ Xp f. Dimostreremo adesso che se X `e un campo di vettori anche Xf `e C ∞ , cio`e X definisce un operatore C ∞ (U ) → C ∞ (U ), f 7→ Xf ; si osservi intanto che se quest’operatore `e zero, allora Xp `e zero per ogni p ∈ U , cio`e X|U = 0 (vedi Esercizio 47). Proposizione 58. Sia X una sezione di T M . Sono equivalenti: (i) X `e un campo di vettori; (ii) per ogni sistema di coordinate (x1 , . . . , xd ) definito sull’aperto U , la rePd ∂ , dove ai sono funzioni strizione X|U : U → T U ha la forma i=1 ai ∂x i ∞ C ; (iii) per ogni aperto U ⊂ M e funzione f in C ∞ (U ), Xf `e C ∞ . Dimostrazione. (i) =⇒ (ii): Dato un sistema di coordinate x1 , . . . , xd su U , le funzioni dxi : T U → R sono C ∞ . Quindi ai = dxi ◦ X|U sono mappe C ∞ da U in R, che corrispondono alle funzioni dell’enunciato perch´e per il Corollario 36 Xp = X dxi (Xp ) ∂ ∂ = ai . ∂xi ∂xi (ii) =⇒ (iii): Basta dimostrare che Xf `e C ∞ localmente, quindi restringiamo U a un aperto coordinato con sistema di coordinate (x1 , . . . , xd ), e vediamo che (Xf )(p) = X ai (p) ∂ |p f ∂xi dipende in modo C ∞ da p. (iii) =⇒ (i): Siano x1 , . . . , xd coordinate locali U → R. Allora abbiamo una carta φ˜ : T U → Rd × Rd , (p; v) → (x1 (p), . . . , xd (p); (dx1 )p (v), . . . (dxd )p (v)). 2 In letteratura si richiede generalmente che una sezione sia anche C ∞ , ma noi non imporremo questa condizione. 36 Quindi ˜ φ(X(p)) = (x1 (X(p)), . . . , xd (X(p)); dx1 (Xp ), . . . , dxd (Xp )) = (x1 (p), . . . , xd (p); Xp (x1 ), . . . , Xp (xd )), le cui componenti sono C ∞ ; questo dimostra che φ˜ ◦ X|U `e C ∞ , e quindi X `e C ∞. Dati due campi di vettori X, Y su M , si definisce il prodotto di Lie [X, Y ] come il campo di vettori che soddisfa [X, Y ]p : F˜p → R, f → (XY f − Y Xf )(p). (8) ∂ ∂xj , allora [X, Y ] = 0. ∂ ,Y = Ad esempio se X, Y sono campi cordinati, X = ∂x i Lo spazio dei campi di vettori si indica con X(M ). Proposizione 59. Il prodotto di Lie [X, Y ] definisce un campo di vettori su M , e (X(M ), [, ]) `e un’algebra di Lie, cio`e X(M ) `e un R-spazio vettoriale e: (i) [X, Y ] = −[Y, X]; (ii) il prodotto (X, Y ) → [X, Y ] `e bilineare su R; (iii) vale l’identit` a di Jacobi [[X, Y ], Z] + [[Y, Z], X] + [[Z, X], Y ] = 0. Dimostrazione. Per la prima parte, dobbiamo innanzitutto verificare che [X, Y ] definisce una sezione di T M , cio`e che per ogni p ∈ M la mappa R-lineare (8) `e una derivazione. Questo `e vero perch´e [X, Y ](f g) = XY (f g) − Y X(f g) = X(g(Y f ) + f (Y g)) − Y (gXf + f Xg) = (Xg)(Y f )+g(XY f )+(Xf )(Y g)+f XY g−(Y g)Xf −gY Xf −(Y f )(Xg)−f Y Xg = g(XY f ) + f XY g − gY Xf − f Y Xg = g[X, Y ]f + f [X, Y ]g Quindi esiste un’unica sezione [X, Y ] di T M che soddisfa (8). Questo `e effettivamente un campo di vettori per la proposizione precedente. I primi due assiomi di algebra di Lie valgono banalmente. Per il terzo, consideriamo X, Y, Z come endomorfismi di C ∞ (M ), e scriviamo [[X, Y ], Z] + [[Y, Z], X] + [[Z, X], Y ] = [XY − Y X, Z] + [Y Z − ZY, X] + [ZX − XZ, Y ] = XY Z − Y XZ − ZXY + ZY X + Y ZX − ZY X − XY Z + XZY + ZXY − XZY − Y ZX + Y XZ = 0. Quindi [[X, Y ], Z] + [[Y, Z], X] + [[Z, X], Y ] `e l’endomorfismo nullo di C ∞ (M ), e quindi `e zero. ∂ ∂ Esercizio 49. Su R2 , calcolare [x1 ∂x , x2 ∂x ]. 2 1 37 Osservazione. Il prodotto di Lie `e lineare su R ma non su C ∞ (M ). Infatti, se f ∈ C ∞ (M ), [f X, Y ] = f XY − Y (f X) = f XY − (Y f )X − f Y X = f [X, Y ] − (Y f )X. (9) In generale una mappa C ∞ f : M → N non induce una mappa di campi di vettori. Tuttavia si dice che un campo di vettori X su M `e f -correlato a un campo di vettori Y su N (o X, Y sono f -correlati) se il diagramma M X / TM Y / TN f N df commuta; equivalentemente, se per ogni x ∈ M vale dfx (Xx ) = Yf (x) . Esercizio 50. Sia f : R → S 1 , f (t) = eit , e si consideri il campo di vettori X = ∂ t ∂t su R. Dimostrare che non esiste alcun campo di vettori su S 1 f -correlato a X. ∂ su R2 . Esercizio 51. Sia f : S 1 → R2 l’inclusione, e si consideri Y = ∂x 1 1 Dimostrare che non esiste un campo di vettori su S f -correlato a Y . Esercizio 52. Sia f : R \ {0} → R l’inclusione, e si consideri il campo di vettori X= t ∂ |t| ∂t su R \ {0}. Dimostrare che non esiste alcun campo di vettori su R a cui X sia f -correlato. Osservazione. Se f : M → N e X `e f -correlato a Y , allora per ogni funzione h ∈ C ∞ (N ) vale X(h ◦ f ) = (Y h) ◦ f. (10) Infatti X(h ◦ f ) manda il punto p in Xp (h ◦ f ) = dfp (Xp )(h) = Yf (p) h. Proposizione 60. Se X, X 0 sono f -correlati a Y ,Y 0 allora [X, X 0 ] `e f -correlato a [Y, Y 0 ]. Dimostrazione. Basta verificare che per ogni x ∈ M , dfx ([X, X 0 ]x ) = [Y, Y 0 ]f (x) . Preso una funzione h : U → R definita in un intorno di y = f (x) calcoliamo dfx ([X, X 0 ])h = [X, X 0 ]x (h ◦ f ) = Xx X 0 (h ◦ f ) − Xx0 X(h ◦ f ) dove h ◦ f e X(h ◦ f ) rappresentano funzioni su f −1 (U ). Per (10), X(h ◦ f ) coincide con (Y h) ◦ f , e lo stesso vale per X 0 (h ◦ f ) e (Y 0 h) ◦ f . Dunque Xx X 0 (h ◦ f ) − Xx0 X(h ◦ f ) = Xx (Y 0 h ◦ f ) − Xx0 (Y h ◦ f ); applicando di nuovo (10) si ottiene Yf (x) Y 0 h − Yf0(x) Y h. 38 Esercizio 53. Sia f : M → N un embedding e sia Y un campo di vettori su N tale che Yf (p) ∈ dfp (Tp M ) per ogni p. Dimostrare che esiste un unico campo di vettori X su M f -correlato a Y . In particolare, se U ⊂ N `e un aperto e i : U → N l’inclusione, il campo di vettori i-correlato a X ∈ X (N ) `e la sua restrizione X|U : U → T U . Esercizio 54. Sia M = {(x, y) ∈ R2 | y > 0, x + y > 0, e N = {(u, v) | u > 0, v > 0}, F : M → N, F (x, y) = (x + y, x/y + 1). ∂ ∈ X (M ). Dimostrare che esiste un unico campo Y ∈ N a cui e sia X = y 2 ∂x X `e F -correlato e determinarlo esplicitamente. Una orbita o curva integrale di un campo di vettori X su M `e una mappa C ∞ α : (a, b) → M tale che α0 (t) = Xα(t) . Ad esempio su Rn un campo di vettori pu`o essere visto come una mappa C ∞ , h : Rn → Rn , h(p) = Xp . Allora le orbite di X sono le soluzioni di α0 (t) = h(α(t)). Osservazione. Se f : M → N `e C ∞ e X `e f -correlato a Y , allora per ogni orbita α di X vale che f ◦ α `e orbita di Y . Infatti (f ◦ α)0 (t) = dfα(t) (α0 (t)) = dfα(t) (Xα(t) ) = Yf (α(t)) . In particolare, localmente ci si pu`o sempre ridurre a studiare orbite di campi di vettori su Rn , nel senso che se φ : U → Rn `e una carta, allora esiste sempre un campo di vettori Y su φ(U ) φ-correlato a X, e le orbite di X in U corrispondono a orbite di Y in φ(U ). L’esistenza delle orbite segue da un noto teorema di analisi: Teorema 61 (Picard [3]). Se Ω ⊂ Rn `e aperto, f : Ω → Rn `e localmente di Lipschitz, allora esistono due funzioni semicontinue ω+ : Ω → (0, +∞], ω− : Ω → [−∞, 0), e per ogni p ∈ Ω una curva α : (ω− (p), ω+ (p)) → Ω per cui α0 (t) = f (α(t)), α(0) = p. (11) Ogni altra soluzione di (11) si ottiene da α per restrizione. Osservazione. Il teorema afferma che ω+ `e semicontinua inferiormente e ω− `e semicontinua superiormente, cio`e ω+ `e continua rispetto alla topologia di R ∪ {+∞} che ha per base gli intervalli (a, +∞), e ω− `e continua rispetto alla topologia di R ∪ {−∞} che ha per base gli intervalli (−∞, b). Dunque l’insieme W = {(t, p) | ω− (p) < t < ω+ (p)} ⊂ R × Ω (12) `e aperto: se (t, p) ∈ W , esiste per cui ω− (p) + < t < ω+ (p) − ; per semicontinuit` a per q vicino a p vale ω− (q) + < t < ω+ (q) − . 39 Teorema 62 (Peano [3]). Se Ω ⊂ Rn `e aperto, f : Ω → Rn `e C ∞ , e W `e definito come in (12), allora esiste una mappa C ∞ φ: W → Ω tale che per ogni p ∈ Rn la mappa t 7→ φ(t, p) `e la soluzione massimale di (11). Lemma 63. Se X `e un campo di vettori su una variet` a M , per ogni p ∈ M esiste un’unica orbita massimale di X con α(0) = p. Dimostrazione. L’esistenza segue dal teorema di Picard mettendosi in una carta centrata in p. Sia A = {(α, I) | I 3 0 intervallo aperto, α : I → M curva integrale, α(0) = p}. Osserviamo che se (α, I), (β, I) sono due elementi di A corrispondenti al me` anche aperto per desimo intervallo, allora {t ∈ I | α(t) = β(t)} `e chiuso. E l’unicit` a del teorema di Picard. Quindi (α, I), (β, I) ∈ A =⇒ α = β. (13) Sia ora I˜ = (α,I)∈A I. Allora I `e un intervallo aperto che contiene 0; inoltre per ogni x ∈ I˜ esiste un (α, I) 3 A con I 3 x, e quindi possiamo definire una curva integrale S α ˜ : I˜ → M, α ˜ (x) = α(x), dove (α, I) ∈ A, x ∈ I. Questa `e ben definita per (13). Per costruzione `e massimale; inoltre `e unica, di nuovo per (13). Diremo che un aperto W ⊂ R × M `e radiale se per ogni p, W ∩ (R × {p}) = Ip × {p}, dove Ip `e un intervallo. Teorema 64. Sia X campo di vettori su M . Allora esiste un aperto radiale W ⊂ R × M che contiene {0} × M , e una mappa C ∞ φ: W → M tale che le mappe φx : (a, b) → M , φx (t) = φ(t, x) sono orbite di X passanti per φx (0) = x. Inoltre φ `e massimale, nel senso che se φ0 : W 0 → M soddisfa la stessa propriet` a allora W 0 ⊂ W e φ0 = φ|W 0 . Dimostrazione. Sia {(Uα , ψα )} un atlante. Se Ωα = ψα (Uα ), il teorema di Peano d` a un aperto radiale Wα ⊂ R × Ωα e una mappa C ∞ φ α : W α → Ωα tale che φα (0, x) = x e t 7→ φα (t, x) sono orbite del campo di vettori ψα correlato a X|Uα . Quindi componendo con la carta troviamo un aperto radiale ˜ α ⊂ R × Uα e una mappa C ∞ W ˜ α → Uα , φ˜α : W φ˜α (t, x) = ψα−1 (φα (t, ψα (x))) 40 tale che φ˜α (0, x) = x e le curve t 7→ φ˜α (t, x) sono orbite di X. ˜α ∩ W ˜ β per l’unicit`a: Adesso se Uα ∩ Uβ 6= ∅, vediamo che φ˜α = φ˜β su W ˜ ˜ infatti per ogni p ∈ Uα , t 7→ φα (t, p) e t 7→ φβ (t, p) sono orbite passanti per p, e quindi coincidono per il lemma. Possiamo quindi porre [ ˜ α , φ : W → M, φ| ˜ = φ˜α . W = W Wα α La φ cos`ı ottenuta non `e necessariamente massimale; per costruire una φ : W → M massimale, basta adesso osservare che se φ1 : W1 → M e φ2 : W2 → M soddisfano le condizioni dell’enunciato allora coincidono su W1 ∩ W2 . Si dice che φ `e il flusso di X. Corollario 65. Se (t, x), (s, φ(t, x)) e (t + s, x) stanno in W , allora φ(s, φ(t, x)) = φ(s + t, x). Dimostrazione. Se s = 0 non c’`e niente da dimostrare. Se s > 0, poich`e W `e radiale contiene [t, s + t] × {x} e [0, s] × {φ(t, x)}. Allora u 7→ φ(u, φ(t, x)), u 7→ φ(u + t, x) sono orbite che partono da φ(t, x) e quindi coincidono in u = s. Se s < 0 si ragiona allo stesso modo. Osservazione. In particolare se W = R × M , allora φs ◦ φt = φs+t , φs = φ(s, ·). In questo caso φt `e un diffeomorfismo con inversa φ−t , e si ha un omomorfismo di gruppi R → Diff(M ), t → φt dove Diff(M ) `e il gruppo dei diffeomorfismi di M . Osservazione. Se M `e compatta, allora si pu`o supporre W = R × M . Infatti, poich´e W `e un intorno aperto di {0} × M , esiste un > 0 tale che (−2, 2) × M ⊂ W . Se adesso poniamo φ˜ : (3, −) × M → M, ˜ x) = φ(t − , φ(, x)) φ(t, questo `e ancora un flusso di X. Per unicit`a, φ e φ˜ coincidono dove i domini si intersecano, e quindi φ si estende a (−2, 3) × M → M. Procedendo allo stesso modo si trova che esiste un flusso definito su tutto R×M . Esercizio 55. Sia X un campo di vettori su M con flusso φ : W → M ; sia λ ∈ R una costante. Se ψ `e il flusso di λX dimostrare che ψ(t, x) = φ(tλ, x). ∂ Esercizio 56. Dette x, y le coordinate su R2 , determinare il flusso di X = x2 ∂x . 41 Esercizio 57. Sia θ la coordinata su S 1 determinata dalla parametrizzazione φ : (a, a + 2π) → S 1 , si determinino le orbite di ∂ ∂θ θ → eiθ ; e il flusso φ. Esercizio 58. Dimostrare che f : S 2n−1 → R2n , f (x1 , . . . , x2n ) = (−x2 , x1 , −x4 , x3 , . . . , −x2n , x2n−1 ) definisce un campo di vettori su S 2n−1 . Determinarne le orbite. Concludiamo la sezione con un lemma che servir`a nella sezione successiva e per la dimostrazione del teorema di Frobenius. Lemma 66. Dato un campo di vettori X su M , e p in M con Xp 6= 0, esiste ∂ . una carta centrata in p su cui X = ∂x 1 Dimostrazione. Sia ψ : U → Rd una carta centrata in p con dψp (Xp ) = ∂z∂ 1 |ψ(p) , e sia φ il flusso di X; a meno di restringere U possiamo supporre W ⊃ (−, )×U . Definiamo per (0, z2 , . . . , zd ) ∈ ψ(U ) e |z1 | < σ(z1 , . . . , zd ) = φ(z1 , ψ −1 (0, z2 , . . . , zd )). Allora per definizione di flusso dσw ( ∂ ∂ ) = dφ(z1 ,ψ−1 (0,z2 ,...,zd )) ( ) = Xφ(z1 ,ψ−1 (0,z2 ,...,zd )) = Xσ(w) . ∂z1 ∂t Inoltre in 0 vale dσ0 ( ∂ ∂ ∂ ) = dψ0−1 ( )= , ∂zi ∂zi ∂xi i = 2, . . . , d. Quindi dσ0 `e un isomorfismo, per cui una restrizione di σ `e una parametrizzazione, la cui inversa d` a la carta cercata. 11 Teorema di Frobenius [6] Una distribuzione di rango k su M `e un sottoinsieme D ⊂ T M tale che per ogni p ∈ M: • Dp = D ∩ Tp M `e un sottospazio vettoriale di dimensione k; • esistono campi di vettori locali X1 , . . . , Xk che generano D in un intorno di p, cio`e per ogni q in un intorno di p, (X1 )q , . . . , (Xk )q `e una base di Dq . Si dice che un campo di vettori `e contenuto in D se la sua immagine lo `e, cio`e Xp ∈ Dp per ogni p. Una variet` a integrale (o sottovariet`a integrale) di D `e una sottovariet`a immersa f : L → M tale che dfp (Tp N ) = Df (p) per ogni p ∈ L. Una distribuzione di rango k `e integrabile se intorno a ogni punto esiste un sistema di coordinate x1 , . . . , xd tale che le equazioni {xk+1 = ck+1 , . . . , xd = cd } definiscono sottovariet` a integrali di D al variare di ck+1 , . . . , cd in R. 42 (14) Osservazione. Le sottovariet` a definite da (14) sono sottovariet`a regolari; tuttavia, in generale le variet` a integrali non sono sottovariet`a regolari, anche quando la distribuzione `e integrabile. Ad esempio, la distribuzione ∂ ∂ Span +λ ∂x ∂y in S 1 × S 1 = {(eix , eiy )} `e integrabile, ma abbiamo visto che se λ `e irrazionale ci sono sottovariet` a integrabili non regolari (Esercizio 38). Teorema 67 (Frobenius). Sia D una distribuzione di rango k. Sono equivalenti: (i) D `e integrabile. (ii) per ogni punto di M passa una sottovariet` a integrale di D; (iii) per ogni coppia di campi di vettori X, Y contenuti in D anche [X, Y ] lo `e. Dimostrazione. i) =⇒ ii) `e ovvia. ii) =⇒ iii). Sia f : L → M una variet`a integrale. Allora presi X, Y ˜ Y˜ di T L, univocamente determinate, che contenuti in D esistono sezioni X, fanno commutare i diagrammi T OL df ˜ X / TM O T OL Y˜ X L f df /M / TM . O Y L f /M ˜ `e un campo di vettori, basta verificare che se x1 , . . . , xk sono Per vedere che X ˜ i sono C ∞ . Poich`e f `e un’immersione, possiamo coordinate su L allora le Xx supporre che xi = yi ◦ f dove le yi sono una sottofamiglia di un sistema di coordinate su N . Adesso ˜ p (yi ◦ f ) = dfp (X ˜ p )yi = Xf (p) yi = (Xyi ) ◦ f X che `e C ∞ . Lo stesso vale ovviamente per Y˜ . ˜ e Y˜ sono f -correlati a X, Y , quindi il prodotto di Lie `e Per costruzione X f -correlato a [X, Y ]. In particolare ˜ Y˜ ]p ) ∈ Df (p) ; [X, Y ]f (p) = dfp ([X, poich`e per ogni punto di M passa una sottovariet`a integrale, segue che [X, Y ] `e contenuto in D. iii) =⇒ i). Si procede per induzione sul rango di k. Se k = 1, D `e ∂ generata localmente da un campo di vettori della forma ∂x (Lemma 66), quindi 1 `e banalmente integrabile. Supponiamo che l’implicazione valga per k − 1, e sia D una distribuzione di rango k generata localmente da X1 , . . . , Xk . Possiamo scegliere una carta centrata in p, φ = (x1 , . . . , xd ) : U → Rd per cui X1 = ∂ ∂x1 ; possiamo anche supporre che φ(U ) = (−a, a) × W. 43 Siano adesso Y2 = X2 − X2 (x1 )X1 , Y1 = X1 , ... Yk = Xk − Xk (x1 )X1 . Allora gli Yi sono campi di vettori che generano localmente D. Sia S = {q ∈ U | x1 (q) = 0}; allora gli Yi ristretti a S, i > 1 definiscono campi di vettori Zi , cio`e se ι : S → U `e l’inclusione esistono campi di vettori Zi su S ι-correlati agli Yi . Questo perch´e Yi (x1 ) = 0, i > 1. Gli Zi generano una distribuzione D0 di rango k − 1. Inoltre D0 soddisfa la condizione (iii). Infatti [Yi , Yj ]x1 = Yi Yj x1 − Yj Yi x1 = 0, i, j > 1. Poich´e D soddisfa la condizione (iii), segue che [Yi , Yj ] ∈ Span {Y2 , . . . , Yk } in ogni punto, e quindi `e ι-correlato a qualche campo di vettori contenuto in D0 . Quindi i prodotti [Zi , Zj ] sono contenuti in D0 . Segue per le propriet`a del prodotto di Lie che D0 soddisfa la condizione (iii). Usando l’ipotesi induttiva, a meno di restringere U e quindi S otteniamo coordinate y2 , . . . , yd su S tali che le sottovariet`a di S {q ∈ S | yk+1 (q) = ck+1 (q), . . . , yd (q) = cd } siano variet` a integrali della distribuzione D0 . Queste coordinate possono essere estese a coordinate y˜1 , . . . , y˜d su U ∼ = (−a, a) × S mediante ( x1 (q), j=1 y˜j (q) = . yj (φ−1 (0, x2 (q), . . . , xd (q))), j > 1 Basta ora dimostrare che Yi y˜j = 0, i = 1, . . . , k, j = k + 1, . . . , d. (15) ∂ ∂ y˜j con j = 1, . . . , k, Infatti se vale questo allora gli Yi sono combinazione dei ∂ ∂ y˜j cio`e gli Yi e i generano la stessa distribuzione. Questo significa che le sottovariet` a regolari di M {p ∈ U | y˜k+1 (p) = ck+1 , . . . , y˜d (p) = cd } sono variet` a integrali della distribuzione D, che quindi `e integrabile. Per dimostrare (15), osserviamo che Y1 = X ∂ y˜h ∂ X ∂ ∂ (Y1 y˜h ) = = . ∂ y˜h ∂x1 ∂ y˜h ∂ y˜1 h h Quindi se j > k, X ∂ Yi (˜ yj ) = Y1 Yi (˜ yj ) = [Y1 , Yi ]˜ yj = cih Yh y˜j , ∂ y˜1 h 44 dove le cih sono funzioni su U e abbiamo usato (iii). In altri termini, per j > k fissato, p ∈ W , le funzioni fi (t) = Yi y˜j (φ−1 (t, p)) soddisfano il sistema di ODE X d fi (t) = cih (φ−1 (t, p))fh (t). dt Per dimostrare che fi (0) = 0, `e sufficiente osservare che Zi `e ι-correlato a Yi , e quindi usando (10) (Yi y˜j ) ◦ ι = Zi (˜ yj ◦ ι) = Zi (yj ) = 0, per definizione delle coordinate yj . Per unicit`a della soluzione del problema di Cauchy, otteniamo fi ≡ 0, e quindi vale (15). Esercizio 59. Se f : M → N `e una sommersione, mostrare direttamente che valgono le tre condizioni del Teorema di Frobenius per la distribuzione ker df . Teorema 68. Data una distribuzione integrabile D su N e una variet` a integrale ι : P → N , per ogni mappa C ∞ , f : M → N , con f (M ) ⊂ ι(P ), la mappa f˜ che fa commutare il diagramma M f f˜ /N O ι P `e C ∞ . Dimostrazione. Per il Teorema 51 basta dimostrare che `e continua. Sia p in M . Per definizione esiste un aperto coordinato V centrato in f (p) tale che {q ∈ V | xk+1 (q) = ck+1 , . . . , xd (q) = cd } sono sottovariet` a integrali. Possiamo supporre che le xi si annullino in f (p). Sia W la componente connessa di f −1 (V ) che contiene p; W `e aperto perch`e f −1 (V ) `e aperto e le variet` a sono localmente connesse. Analogamente `e aperta la componente connessa U di ι−1 (V ) che contiene f˜(p). A meno di restringere V, ι(U ) = {q ∈ V | xk+1 (q) = 0, . . . , xd (q) = 0} : (16) questo perch`e per ogni q in U Im dιq = Dι(q) = Span ∂ ∂ ,..., ∂x1 ∂xk e quindi se j > k dxj ◦ dι ≡ 0, cio`e d(xj ◦ ι) = 0, e dunque xj `e costante lungo il connesso ι(U ). Quindi vale l’inclusione ⊂ in (16); in particolare, ι|U `e un embedding, perch`e per il teorema della funzione inversa la mappa (x1 ◦ ι|U , . . . , xk ◦ ι|U ) : U → Rk `e aperta. Possiamo dunque restringere V in modo che valga (16). Adesso basta dimostrare che f (W ) ⊂ ι(U ): se `e vero questo, allora f˜(W ) ⊂ U , e f˜|W : W → U `e la composizione di ι|−1 U con f , e quindi continua. 45 Consideriamo la mappa π : V → Rd−k , π(q) = (xk+1 (q), . . . , xd (q)) Poich`e d(π◦ι) = 0, la funzione π◦ι `e localmente costante su ι−1 (V ). Essendo P a base numerabile per definizione, segue che π◦ι(ι−1 (V )) `e un insieme numerabile. Osserviamo che f (W ) ⊂ ι(P ) ∩ V `e connesso, quindi π(f (W )) `e numerabile e connesso, quindi `e un solo punto, cio`e 0 perch´e π(f (p)) = 0. In altri termini, f (W ) ⊂ {xk+1 = 0, . . . , xd = 0} = ι(U ). Esercizio 60. Siano X, Y i campi di vettori su M = R4 \ {0} dati da ∂ ∂ ∂ ∂ − x2 + x3 − x4 ∂x2 ∂x1 ∂x4 ∂x3 ∂ ∂ ∂ ∂ Y = x1 − x3 + x4 − x2 ∂x3 ∂x1 ∂x2 ∂x4 X = x1 Per ogni λ ∈ R∗ , sia rλ : M → M, rλ (p) = λp. (i) Dimostrare che, per ogni λ, X `e rλ -correlato a X e Y `e rλ -correlato a Y . (ii) Dimostrare che D = {(p; v) ∈ T M | v ∈ Span {Xp , Yp }} `e una distribuzione e determinare se `e integrabile. (iii) Si consideri la proiezione π : M = R4 \ {0} → RP3 , π(p) = [p]. Determinare ker dπp per ogni p in M . (iv) Dimostrare che D0 = [ dπp (Dp ) p∈M `e una distribuzione su RP3 . (v) Determinare se D0 `e integrabile. Esercizio 61. Sia π : Rn+1 \ {0} → RPn la proiezione. Dimostrare che esiste un ∂ `e π-correlato. campo di vettori su RPn a cui xi ∂x j Esercizio 62. Si indichino con x1 , x2 , x3 , y1 , y2 , y3 le coordinate standard su R6 = R3 × R3 ; sia M = (x1 )2 + (x2 )2 + (x3 )2 = 1 = (y1 )2 − (y2 )2 − (y3 )2 . Si considerino i campi di vettori su R6 X = x1 ∂ ∂ ∂ ∂ − x2 + y1 + y2 , ∂x2 ∂x1 ∂y2 ∂y1 Y = x1 ∂ ∂ ∂ ∂ − x3 + y1 + y3 . ∂x3 ∂x1 ∂y3 ∂y1 46 (i) Si dimostri che M `e una sottovariet`a regolare di R3 × R3 . (ii) Calcolare [X, Y ]. (iii) Indicata con i : M → R6 l’inclusione, si dimostri che esistono campi di ˜ Y˜ su M i-correlati rispettivamente a X e Y . vettori X, (iv) Determinare se n n oo ˜ p , Y˜p D = (p; v) ∈ T M | v ∈ Span X `e una distribuzione e, in caso affermativo, se `e involutiva. (v) Indicata con π : R6 \{0} → RP5 la proiezione, determinare se la restrizione π|M : M → RP5 `e C ∞ , un’immersione, un embedding. (vi) Determinare se D0 = (π(p); v) | p ∈ R6 \ {0}, v ∈ Span {dπp (Xp ), dπp (Yp )} `e una distribuzione su RP5 e, in caso affermativo, se `e integrabile. 12 Prodotti tensoriali e algebra esterna, [6] Siano V, W spazi vettoriali. Si dice che una coppia (U, f ) `e un prodotto tensore di V e W se (i) U `e uno spazio vettoriale (ii) f : V × W → U `e una mappa bilineare, (iii) data ogni altra coppia (U 0 , f 0 ) che soddisfa (i) e (ii) esiste un’unica mappa lineare η : U → U 0 che fa commutare il diagramma V ×W /U . f f 0 η # U0 Teorema 69. Il prodotto tensore esiste ed `e unico a meno di isomorfismo canonico. Dimostrazione. Sia F (V, W ) lo spazio vettoriale libero sulle coppie (v, w) ∈ V × W, M F (V, W ) = R. (v,w)∈V ×W In altre parole, F (V, W ) `e costituito da combinazioni lineari formali di coppie (v, w): F (V, W ) = {λ1 (v1 , w1 ) + . . . + λk (vk , wk ) | λi ∈ R, vi ∈ V, wi ∈ W }. 47 Sia R(V, W ) il sottospazio generato da tutti gli elementi del tipo λ(v, w) − (λv, w), λ(v, w) − (v, λw), (v1 + v2 , w) − (v1 , w) − (v2 , w), (v, w1 + w2 ) − (v, w1 ) − (v, w2 ). (17) Il quoziente V ⊗ W = F (V, W )/R(V, W ) `e uno spazio vettoriale. Dato (v, w) in V × W , la classe [(v, w)] in V ⊗ W si indica con v ⊗ w. Questo definisce una mappa bilineare f : V × W → V ⊗ W, f (v, w) = v ⊗ w. La bilinearit` a segue dalle relazioni (17). Quindi (V ⊗ W, f ) soddisfa le condizioni (i) e (ii). Si osservi inoltre che Span f (V × W ) = V ⊗ W ; (18) questo perch`e le coppie (v, w) generano F (V, W ), e quindi le loro immagini generano il quoziente V ⊗ W . Se (U 0 , f 0 ) soddisfa le stesse condizioni, allora il diagramma V ×W / V ⊗W f f 0 η % 0 U commuta se e solo se vale η(v ⊗ w) = f 0 (v, w). Usando le relazioni (17), la bilinearit`a di f 0 e (18), si vede che esiste un’unica η lineare siffatta. Si osservi che a prescindere dalla costruzione, la propriet`a (iii) implica (18). Infatti, dalla propriet` a (iii) applicata all’applicazione bilineare nulla V × W → R, (v, w) → 0 segue che deve esistere un’unica applicazione lineare η : V ⊗ W → R tale che η si annulla su f (V × W ). Questo equivale a (18). Infine, il prodotto tensore `e unico perch´e se (U 0 , f 0 ) soddisfa anche (iii), allora abbiamo un diagramma V ×W f0 f / U0 , η0 % V ⊗W e η 0 ◦ η|f (V ×W ) `e l’identit` a. Poich`e η ◦ η 0 `e lineare e vale (18), segue che η 0 ◦ η `e 0 l’identit` a di U . Analogamente usando l’analogo di (18) per (U 0 , f 0 ) si dimostra che η ◦ η 0 `e l’identit` a di V ⊗ W . Quindi η `e un isomorfismo, ed `e canonico nel senso che `e l’unico che fa commutare il diagramma. 48 Corollario 70. Se {vi }i∈I `e una base di V e {wj }j∈J `e una base di W , allora {vi ⊗ wj }i∈I,j∈J `e una base di V ⊗ W . Dimostrazione. Sappiamo che le coppie (v, w) generano F (V, W ), quindi i prodotti v ⊗ w generano V ⊗ W . Inoltre se v = λ 1 vi 1 + . . . + λ k vi k , w = µ1 wj1 + . . . + µh wjh , allora v ⊗ w `e combinazione lineare di prodotti vin ⊗ wjm . Inoltre i vi ⊗ wj sono linearmente indipendenti: supponiamo altrimenti. Allora esistono un numero finito di vettori vi1 , . . . , vin e wj1 , . . . , wjm con una combinazione lineare X chk vih ⊗ wjk = 0. h,k Questo significa che ogni mappa bilineare f : V × W → U soddisfa X chk f (vik , wjk ) = 0 h,k che `e possibile solo se chk = 0. Esercizio 63. Sia V uno spazio vettoriale. Dimostrare che V ⊗ R ∼ =V. Esercizio 64. Dimostrare che e1 ⊗ e1 + e2 ⊗ e2 in R2 ⊗ R2 non si pu`o scrivere come prodotto v ⊗ w; dedurre che l’applicazione bilineare R2 × R2 → R2 ⊗ R2 non `e suriettiva. Osservazione. Segue dal corollario che ogni elemento di V ⊗ W `e somma di un numero finito di elementi della forma v ⊗ w. Proposizione 71. Ci sono isomorfismi canonici (i) V ⊗ W ∼ =W ⊗V; (ii) V ⊗ (W ⊗ U ) ∼ = (V ⊗ W ) ⊗ U ; (iii) e, se V ha dimensione finita, V ∗ ⊗ W ∼ = Hom(V, W ). Dimostrazione. Per (1), prendiamo l’applicazione lineare σ: V ⊗ W → W ⊗ V che `e definita sui generatori v ⊗ w mediante σ(v ⊗ w) = w ⊗ v. In altri termini, σ `e l’unica applicazione lineare indotta dalla mappa bilineare V × W → W ⊗ V, (v, w) → w ⊗ v. Viceversa, prendiamo ρ(w ⊗ v) = v ⊗ w. Allora ρ ◦ σ coincide con l’identit`a sui v ⊗ w, e quindi su tutto V ⊗ W per (18); allo stesso modo σ ◦ ρ `e l’identit`a, per cui σ e ρ sono l’una l’inversa dell’altra. Per (2) osserviamo che V ⊗ (W ⊗ U ) `e generato da elementi della forma v ⊗ (w ⊗ u); quindi prendiamo la mappa che sui generatori si comporta come v ⊗ (w ⊗ u) → (v ⊗ w) ⊗ u; 49 di nuovo, questa `e la mappa lineare indotta da (v, (w ⊗ u)) → (v ⊗ w) ⊗ u. L’inversa `e costruita in modo analogo. Per (3), costruiamo una mappa lineare F : V ∗ ⊗ W → Hom(V, W ), F (η ⊗ w)(v) = η(v)w. Se {vi } `e una base di V , con base duale ηi di V ∗ , allora l’inversa `e data da X G : Hom(V, W ) → V ∗ ⊗ W, G(f ) = ηi ⊗ f (vi ). i Esercizio 65. Se V, W hanno dimensione infinita, dimostrare che la mappa F : V ∗ ⊗ W → Hom(V, W ) non `e suriettiva. Nel resto della sezione supporremo che tutti gli spazi vettoriali abbiano dimensione finita. In particolare avremo bisogno del seguente: Lemma 72. Se V `e uno spazio vettoriale di dimensione finita esiste un isomorfismo canonico V ∼ = V ∗∗ , dato da L : V → V ∗∗ , L(v)(η) = η(v), η ∈ V ∗. Dimostrazione. Se {v1 , . . . , vn } `e una base di V , e {η1 , . . . , ηn } la base ad essa duale di V ∗ , allora L(vi )(ηj ) = δij , cio`e {L(v1 ), . . . , L(vn )} `e la base duale a {η1 , . . . , ηn } di V ∗∗ : quindi L manda basi in basi ed `e un isomorfismo. Sia ora V uno spazio vettoriale su R di dimensione finita. Si definiscono: • lo spazio dei tensori di tipo r, s r Vr,s = V ⊗ ⊗ (V ∗ )⊗s . r Qui V ⊗ `e il prodotto tensoriale di V per se stesso r volte; per r = 0, si r intende che V ⊗ = R. In particolare, V0,0 = R. • la algebra dei tensori T (V ) = M Vr,s . r≥0,s≥0 Questo `e un R-spazio vettoriale che ha una struttura di R-algebra associativa, non commutativa, con unit`a, bigraduata definita da (v1 ⊗ · · · ⊗ vr ⊗ w1 ⊗ · · · ⊗ ws ) · (v10 ⊗ · · · ⊗ vr0 0 ⊗ w10 ⊗ · · · ⊗ ws0 0 ) = (v1 ⊗ · · · ⊗ vr ⊗ v10 ⊗ · · · ⊗ vr0 0 ⊗ w1 ⊗ · · · ⊗ ws ⊗ w10 ⊗ · · · ⊗ ws0 0 ). L’algebra `e bigraduata nel senso che Vr,s · Vr0 ,s0 ⊂ Vr+r0 ,s+s0 . 50 • la algebra esterna Λ(V ) = C(V ) , I(V ) dove C(V ) `e la sottoalgebra di T (V ) C(V ) = M Vr,0 , r≥0 e I(V ) `e il suo ideale bilatero generato da {v ⊗ v | v ∈ V }. In altri termini I(V ) `e il pi` u piccolo sottospazio di C(V ) che contiene i prodotti v ⊗ v ed `e chiuso per moltiplicazione a sinistra e a destra per elementi di C(V ), cio`e I(V ) = Span {f ⊗ v ⊗ v ⊗ g | f, g ∈ C(V ), v ∈ V } . Poich`e i generatori v ⊗ v sono omogenei, I(V ) `e un ideale graduato, nel senso che M I(V ) = Ik (V ), Ik (V ) = I(V ) ∩ Vk,0 . Si osservi inoltre che Ik (V ) `e generato da prodotti del tipo v1 ⊗ · · · ⊗ vn−1 ⊗ v ⊗ v ⊗ vn+1 ⊗ · · · ⊗ vk . Quindi il quoziente `e anch’esso un’algebra graduata, Λ(V ) = M Λk (V ), Λk (V ) = k Vk,0 , Ik (V ) il cui prodotto si indica con ∧. Si osservi che Λ0 (V ) ∼ = R, Λ1 (V ) ∼ = V. Poich´e Vk,0 `e generato da prodotti del tipo v1 ⊗ · · · ⊗ vk , Λk (V ) `e generato da elementi del tipo v 1 ∧ · · · ∧ vk . Lo spazio Λk (V ) si dice prodotto esterno k-esimo e soddisfa una propriet`a universale simile a quella che definisce il prodotto tensore. Si dice che una mappa multilineare f : V r → R `e alternante se f (v1 , . . . , vr ) = (−1)σ f (vσ1 , . . . , vσr ) per ogni permutazione σ ∈ S r . Esercizio 66. Dimostrare che la mappa p : V r × (V ∗ )s → Vr,s induce un isomorfismo (Vr,s )∗ ∼ = Mult(V r × (V ∗ )s , R), α → α ◦ p dove Mult(V r × (V ∗ )s , R) `e lo spazio delle applicazioni multilineari da V r × (V ∗ )s = V × · · · × V × V ∗ × · · · × V ∗ a valori in R e (Vr,s )∗ . 51 Esercizio 67. Dimostrare che, se v, w ∈ V , in Λ(V ) vale v ∧ w = −w ∧ v. Esercizio 68. Dimostrare che in Λ(V ) per ogni permutazione σ v1 ∧ · · · ∧ vk = (−1)σ vσ1 ∧ · · · ∧ vσk . Esercizio 69. Si dice che una coppia (U, f ) soddisfa la propriet`a universale per mappe k-multilineari alternanti su V se (i) U `e uno spazio vettoriale; (ii) f : V k → U `e una mappa multilineare alternante; (iii) data ogni altra coppia (U 0 , f 0 ) che soddisfa (1) e (2) esiste un’unica mappa lineare η : U → U 0 che fa commutare il diagramma Vk /U . f f 0 η U0 Dimostrare che a meno di isomorfismo canonico esiste un’unica coppia (U, f ) che soddisfa questa propriet` a universale, cio`e U = Λk (V ), f (v1 , . . . , vk ) = v1 ∧. . . vk . Proposizione 73. Sia v1 , . . . , vd una base di V ; allora {vi1 ∧ · · · ∧ vik | i1 < · · · < ik }. `e una base di Λk (V ), che ha quindi dimensione kd . Dimostrazione. Per prima cosa mostriamo che questo insieme genera Λk (V ). k Sappiamo che V ⊗ `e generato da {vi1 ⊗ · · · ⊗ vik | 1 ≤ i1 , . . . , ik ≤ d}. Quindi Λk (V ) `e generato da {vi1 ∧ · · · ∧ vik | 1 ≤ i1 , . . . , ik ≤ d}. D’altra parte un elemento vi1 ∧ · · · ∧ vik `e zero se due degli indici ij coincidono; inoltre due di questi elementi ottenuti cambiando l’ordine dei fattori coincidono a meno del segno. Dobbiamo far vedere che sono linearmente indipendenti. Sia {η 1 , . . . , η d } la base duale di V ∗ , e consideriamo la mappa 1 η (u1 ) η 1 (ud ) , ... V d → R, (u1 , . . . , ud ) → det d d η (u1 ) η (ud questa `e multilineare alternante, e inoltre vale 1 su v1 ⊗ · · · ⊗ vd . Quindi induce una mappa lineare Λd (V ) → R che non si annulla in v1 ∧ · · · ∧ vd , da cui v1 ∧ · · · ∧ vd 6= 0. Adesso basta osservare che l’applicazione Λk (V ) → Λd (V ), α → α ∧ vj1 ∧ · · · ∧ vjd−k si annulla su tutti i generatori vi1 ∧ · · · ∧ vik tranne uno, e quindi i generatori sono una base. 52 Siano V, W due spazi vettoriali di dimensione finita. Una dualit` a (pairing) tra V e W `e una mappa bilineare (, ) : V × W → R tale che per ogni v ∈ V \{0} esiste w ∈ W con (v, w) 6= 0, e per ogni w ∈ W \{0} esiste v ∈ V tale che (v, w) 6= 0. Una dualit` a definisce isomorfismi φ : V ∼ = W ∗, ψ : W ∼ = V ∗ mediante φ(v)(w) = (v, w), ψ(w)(v) = (v, w). Definiamo le seguenti dualit` a: • (V ∗ )r,s con Vr,s , mediante la mappa definita sui generatori da (η1 ⊗ · · · ⊗ ηr ⊗ v1 ⊗ · · · ⊗ vs , w1 ⊗ · · · ⊗ wr ⊗ ξ1 ⊗ · · · ⊗ ξs ) = r,s Y ηi (wi )ξj (vj ). i=1,j=1 Abbiamo usato l’isomorfismo V = V ∗∗ del Lemma 72. ∗ ∼ Per l’esercizio 66, Vr,s = (Vr,s )∗ `e isomorfo allo spazio delle applicazioni multilineari V r × (V ∗ )s → R. • Λk (V ∗ ) con Λk (V ) mediante la mappa definita sui generatori da3 η1 ∧ · · · ∧ ηk , v1 ∧ · · · ∧ vk = det(ηi (vj ))ij . Ne discende (per l’esercizio 69) che Λk (V ∗ ) `e isomorfo allo spazio delle applicazioni k-multilineari alternanti su V . Esplicitamente, se α `e in Λk (V ∗ ), l’applicazione multilineare alternante associata `e data da α(v1 , . . . , vk ) = (α, v1 ∧ · · · ∧ vk ). Esercizio 70. Dimostrare che se A `e una matrice quadrata di ordine n, allora det A = X (−1)σ n Y Ai,σi . i=1 σ∈Sn Esercizio 71. Se {v1 , . . . vd } `e una base di V , e {η1 , . . . , ηd } `e la base duale di V ∗ , allora {ηi1 ∧ · · · ∧ ηik } `e la base di Λk (V ∗ ) ∼ = (Λk V )∗ duale alla base {vi1 ∧ · · · ∧ vik } Possiamo adesso esprimere il prodotto esterno in termini di applicazioni multilineari. Denotiamo con Sp+q l’insieme delle permutazioni di p + q elementi; una permutazione σ in Sp+q si dice p, q-shuffle se σ1 < · · · < σp e σp+1 < · · · < σp+q . Osservazione. Ogni permutazione σ di Sp+q pu`o essere scomposta in modo unico in un p, q-shuffle e un elemento di Sp × Sq . Esplicitamente, ( γ(τ (i)), i≤p σ(i) = γ(p + s(i − p)), i > p dove γ `e un (p, q)-shuffle, τ ∈ Sp e s ∈ Sq . Inoltre (−1)σ = (−1)γ (−1)τ (−1)s . 3 Questa ` e la scelta di [6, 2]. Altri autori mettono un coefficiente nel definire questa dualit` a. 53 Proposizione 74. Se α ∈ Λp V ∗ , β ∈ Λq V ∗ , allora (α ∧ β)(v1 , . . . , vp+q ) X 1 = (−1)σ α(vσ1 , . . . , vσp )β(vσp+1 , . . . , vσp+q ) p!q! σ∈Sp+q X = (−1)σ α(vσ1 , . . . , vσp )β(vσp+1 , . . . , vσp+q ). σ p, q-shuffle Dimostrazione. Per linearit` a basta dimostrarlo per α e β elementi di una base; poniamo quindi α = η1 ∧ · · · ∧ ηp , β = ηp+1 ∧ · · · ∧ ηp+q , dove gli ηi non sono necessariamente distinti. Per definizione α ∧ β(v1 , . . . , vp+q ) = det(ηi (vj )) = X (−1)σ p+q Y ηi (vσi ). i=1 σ∈Sp+q D’altra parte X (−1)τ α(vσ(τ1 ) , . . . , vσ(τp ) ) = p!α(vσ1 , . . . , vσp ), τ ∈Sp e lo stesso vale per β; quindi il secondo e il terzo termine nell’enunciato sono uguali, e basta dimostrare che α ∧ β(v1 , . . . , vp+q ) coincide con X (−1)γ α(vγ1 , . . . , vγp )β(vγp+1 , . . . , vγp+q ) γ p, q-shuffle = X γ p, q-shuffle (−1)γ X (−1)ρ η1 (vγρ1 ) · · · ηp (vγρp ) ρ∈Sp X (−1)s ηp+1 (vγp+s1 ) · · · ηp+q (vγp+sq ) s∈Sq = X σ∈Sp+q (−1)σ p+q Y ηi (vσi ). i=1 Ad esempio, se α, β sono in V ∗ , possiamo scrivere α(v) α(w) det = (α ∧ β)(v, w) = α(v)β(w) − α(w)β(v), β(v) β(w) dove la prima eguaglianza `e la definizione e la seconda segue dalla Proposizione 74. In questo caso gli (1, 1)-shuffle coincidono con le permutazioni di due elementi. Esercizio 72. Dedurre dalla Proposizione 74 che se α ∈ Λ1 (V ) e β ∈ Λk (V ), allora k X ˆ i , . . . , Xk ). α ∧ β(X0 , . . . , Xk ) = (−1)i α(Xi )β(X0 , . . . , X i=0 54 13 Forme differenziali e tensori [6] Data una variet` a M d definiamo F • Tr,s M = p∈M (Tp M )r,s ; F • Λk M = p∈M Λk (Tp∗ M ) (in particolare T ∗ M = Λ1 M ); F • ΛM = p∈M Λ(Tp∗ M ). In particolare Λ0 M = M × R = T0,0 M. Osserviamo che la scelta di una base di Tp M determina isomorfismi (Tp M )r,s ∼ = (Rd )r,s , Λk (Tp∗ M ) ∼ = Λk (Rd ), Λ(Tp∗ M ) ∼ = Λ(Rd ). Infatti se f : V → W `e un isomorfismo lineare, allora fb: Vr,s → Wr,s , v1 ⊗· · ·⊗vr ⊗η1 ⊗· · ·⊗ηs 7→ f (v1 )⊗· · ·⊗f (vr )⊗(f T )−1 (η1 )⊗· · ·⊗(f T )−1 (ηs ) fb: Λk V → Λk W, η1 ∧ · · · ∧ ηk 7→ (f T )−1 (η1 ) ∧ · · · ∧ (f T )−1 (ηk ) sono anch’essi isomorfismi. Valgono banalmente −1 . (fb)−1 = fd f[ ◦ g = fb ◦ gb, Se φ : U → Rd `e una carta, abbiamo identificazioni naturali φ˜ : {(p; α) ∈ Tr,s M | p ∈ U } → φ(U ) × (Rd )r,s , ˜ α) = (φ(p); dφ dp (α)). φ(p; φ˜ : {(p; α) ∈ Λk M | p ∈ U } → φ(U ) × Λk (Rd ), ˜ α) = (φ(p); dφ dp (α)). φ(p; φ˜ : {(p; α) ∈ ΛM | p ∈ U } → φ(U ) × Λ(Rd ), ˜ α) = (φ(p); dφ dp (α)). φ(p; dove i codomini sono aperti in uno spazio vettoriale. Osservazione. Se f : Rd → Rd `e un’applicazione lineare con matrice (aij ) rispetto alla base canonica e1 , . . . , ed e fˆ: (Rd )r,s → (Rd )r,s `e l’applicazione indotta, con matrice associata Aˆ rispetto alla base canonica, allora Aˆ dipende in modo C ∞ dagli aij . Infatti se (bij ) `e l’inversa trasposta di (aij ), e η 1 , . . . , η d `e la base duale di (Rd )∗ , allora fb(ei1 ⊗· · ·⊗eir ⊗η j1 ⊗· · ·⊗η js ) = X ak1 i1 ek1 ⊗· · ·⊗akr ir ekr ⊗bh1 i1 η h1 ⊗· · ·⊗bhs is η hs k1 ,...,kr h1 ,...,hs = X (ak1 i1 · · · akr ir bh1 i1 · · · bhs is )ek1 ⊗ · · · ⊗ ekr ⊗ η h1 ⊗ · · · ⊗ η hs k1 ,...,kr h1 ,...,hs e quindi Aˆ dipende in modo polinomiale da aij e bij ; adesso basta osservare che i bij dipendono in modo C ∞ dagli aij . 55 Teorema 75. Tr,s M , Λk M e ΛM hanno un’unica struttura di variet` a per cui ˜ le mappe φ sono carte. Con questa struttura, le proiezioni π : Tr,s M → M, π : Λk M → M, π : ΛM → M sono C ∞ ; inoltre Λk M `e una sottovariet` a regolare di ΛM . Dimostrazione. Date due carte φ, ψ : U → Rd , dobbiamo verificare che φ˜ ◦ ψ˜−1 : ψ(U ) × (Rd )r,s → φ(U ) × (Rd )r,s ˜ α). Allora `e un diffeomorfismo. Dato (p; α) ∈ Tr,s M , sia (q; β) = ψ(p; −1 ) (β) \ dp )−1 (β) = d(ψ α = (dψ q da cui −1 ) (β)) = (φ(ψ −1 (q)), d(φ\ \ dp ◦ d(ψ φ˜ ◦ ψ˜−1 (q; β) = (φ(ψ −1 (q)), dφ ◦ ψ −1 )q (β)) q `e C ∞ . Si procede quindi come nel Teorema 40 e si ottiene la struttura di variet`a. Sia j : Λk (M ) → Λ(M ) l’inclusione. Per verificare che j `e un embedding, scelta una carta φ : U → Rd , e dette φ˜k , φ˜ le carte indotte, consideriamo il diagramma Λk (U ) ˜k φ / φ(U ) × Λk (Rd ) jU Λ(U ) i ˜ φ / φ(U ) × Λ(Rd ) Si vede che i `e un embedding, quindi anche jU lo `e. In particolare j `e un’immersione, perch`e lo `e localmente. Inoltre j(Λk (U )) = Λ(U ) ∩ j(Λk (M )), quindi j −1 : j(Λk (M )) → Λk (M ) `e continua perch`e ottenuta incollando mappe continue jU−1 : j(Λk (U )) → Λk (U ) definite su aperti. In analogia con i campi di vettori diamo le seguenti definizioni: Definizione 76. Una sezione di Tr,s M `e una mappa α : M → Tr,s M , π◦α = Id; si definiscono analogamente le sezioni di Λk M e ΛM . Un tensore di tipo r, s su M `e una sezione C ∞ di Tr,s M ; una k-forma differenziale, o semplicemente k-forma, `e una sezione C ∞ di Λk M ; una forma differenziale su M `e una sezione C ∞ di ΛM . Osservazione. Una k-forma differenziale `e una forma differenziale, perch`e Λk M `e una sottovariet` a di ΛM . Le k-forme su M definiscono uno spazio vettoriale Ωk (M ); lo stesso vale per le forme, che costituiscono una R-algebra Ω(M ) = d M Ωk (M ). k=0 Quindi Ω(M ) `e un’algebra graduata. Inoltre Ω0 (M ) = C ∞ (M ). In particolare, Ω(M ) `e una C ∞ (M )-algebra. 56 Osservazione. Come per i campi di vettori, una sezione di Λk (M ) tale che π ◦α = Id `e C ∞ , e quindi una forma differenziale, se e solo se si scrive localmente X α= ai1 ,...,ik dxi1 ∧ · · · ∧ dxik 1≤i1 <···<ik ≤d con le ai1 ,...,ik funzioni C ∞ . Dare una sezione di Λk (M ) equivale a dare per ogni punto p una mappa k-multilineare alternante αp : Tp M × · · · × Tp M → R, αp (v1 , . . . , vk ) = (αp , v1 ∧ · · · ∧ vk ); useremo anche la notazione α(p; v1 , . . . , vk ). In particolare i coefficienti nella forma locale sono dati da ∂ ∂ ,..., ai1 ,...,ik (p) = α p; . ∂xi1 ∂xip Definiamo adesso la derivata esterna. Per cominciare, osserviamo che se f ∈ Ω0 (M ) = C ∞ (M ), allora df : T M → R definisce una 1-forma df : M → Λ1 M, df (p) = (p; dfp ). Questo definisce una mappa lineare d : Ω0 (M ) → Ω1 (M ); vogliamo estendere d a un operatore di Ω(M ) in s`e. Poich`e Ω(M ) `e un’algebra graduata, una antiderivazione di grado 1 di Ω(M ) `e un endomorfismo R-lineare di Ω(M ), con la propriet` a che d(Ωk (M )) ⊂ Ωk+1 (M ), d(α ∧ β) = dα ∧ β + (−1)k α ∧ dβ, α ∈ Ωk (M ), β ∈ Ωh (M ). Osserviamo che la definizione di d : Ω0 (M ) → Ω1 (M ) soddisfa quest’ultima equazione per la regola di Leibniz. Teorema 77. Esiste un’unica antiderivazione d : Ω(M ) → Ω(M ) di grado 1 tale che d ◦ d = d2 = 0 e d coincide con il differenziale per le funzioni su M . Definizione 78. L’operatore d del Teorema 77 prende il nome di derivata esterna. Dimostrazione. Dimostriamo dapprima il teorema per un aperto coordinato U con coordinate x1 , . . . , xd . Per l’esistenza, osserviamo che ogni k-forma su U si scrive in un unico modo come somma di elementi della forma f dxi1 ∧ · · · ∧ dxik . Definiamo quindi una mappa additiva d : Ω(U ) → Ω(U ) che sui generatori soddisfa d(f dxi1 ∧ · · · ∧ dxik ) = df ∧ dxi1 ∧ · · · ∧ dxik ; 57 questa `e banalmente R-lineare e di grado 1. Per linearit`a basta verificare che `e un’antiderivazione sui generatori, d (f dxi1 ∧ · · · ∧ dxik ) ∧ (gdxik+1 ∧ · · · ∧ dxik+h ) = d(f g) ∧ dxi1 ∧ · · · ∧ dxik+h = (gdf + f dg) ∧ dxi1 ∧ · · · ∧ dxik+h = df ∧ dxi1 ∧ · · · ∧ dxik ∧ gdxik+1 ∧ · · · ∧ dxik+h + (−1)k f dxi1 ∧ · · · ∧ dxik ∧ dg ∧ dxik+1 ∧ · · · ∧ dxik+h . Infine, d2 (f dxi1 ∧ · · · ∧ dxik ) = d(df ∧ dxi1 ∧ · · · ∧ dxik ) X ∂f dxj ∧ dxi1 ∧ · · · ∧ dxik = d ∂xj j = X j,h ∂2f dxh ∧ dxj ∧ dxi1 ∧ · · · ∧ dxik ; ∂xh ∂xj questa quantit` a si annulla perch´e scambiando j e h cambia di segno. Per dimostrare l’unicit` a, osserviamo che se d0 `e un’altro operatore con le stesse propriet` a, allora d0 (f dxi1 ∧ · · · ∧ dxik ) = d0 f ∧ dxi1 ∧ · · · ∧ dxik + f d0 (dxi1 ∧ · · · ∧ dxik ); d’altra parte il secondo termine si annulla perch´e d0 `e un’antiderivazione e d0 dxi = d02 xi = 0; inoltre df = d0 f per ipotesi, quindi d = d0 . Grazie all’unicit` a, d : Ω(U ) → Ω(U ) non dipende dalla scelta delle coordinate; quindi esiste un unico d : Ω(M ) → Ω(M ) tale che per ogni aperto coordinato U il diagramma d / Ω(M ) Ω(M ) Ω(U ) d / Ω(U ) commuta. Questo d` a l’esistenza globale. Per l’unicit`a globale occorre osservare che dato un operatore d0 : Ω(M ) → Ω(M ) che soddisfa le condizioni richieste, se g `e una funzione C ∞ che ha supporto contenuto in un aperto coordinato U e identicamente uguale a 1 in un intorno di p, allora d0 (gα) = d0 g ∧ α + g ∧ d0 α; in particolare d0 (gα)(p) = d0 α(p). Poich´e gα si pu`o scrivere a sua volta come combinazione di funzioni della forma f dxi1 ∧ · · · ∧ dxik , e abbiamo gi` a visto che d0 deve coincidere con d su forme di questo tipo, segue 0 che d α(p) = dα(p) per ogni p. 58 Definizione 79. L’operatore d del Teorema 77 prende il nome di derivata esterna. Data una mappa f : M → N e una k-forma differenziale α su N , definiamo il pull-back di α come la sezione di ΛM f ∗ α(p)(v1 , . . . , vk ) = α(f (p); dfp (v1 ), . . . , dfp (vk )); in altri termini, f ∗ α(p) ∈ Λk (Tp∗ M ) corrisponde alla mappa multilineare alternante (v1 , . . . , vk ) → α(f (p); dfp (v1 ), . . . , dfp (vk )). Osserviamo che: • Per k = 0, f ∗ `e la composizione a destra, ossia f ∗ g = g ◦ f . • (f ∗ α)p dipende solo da αf (p) , cio`e f ∗ `e determinata dal suo comportamento puntuale. • Se g : P → M , allora (f ◦ g)∗ (α) = g ∗ (f ∗ (α)), o pi` u sinteticamente (f ◦ g)∗ = g ∗ ◦ f ∗ . • Se U ⊂ N `e un aperto e f : U → N `e l’inclusione, allora f ∗ α si pu`o identificare con la restrizione di α a U , nel senso che fa commutare il diagramma / Λk N , ΛkO U O f ∗α α f U /N dove le frecce orizzontali sono inclusioni. In questo caso, scriveremo anche α|U al posto di f ∗ α. Proposizione 80. Data una mappa C ∞ f : M → N , il pull-back definisce un omomorfismo di R-algebre f ∗ : Ω(N ) → Ω(M ), α 7→ f ∗ α che commuta con d. Dimostrazione. Data α in Ω(N ), f ∗ α `e una sezione di ΛM ; dobbiamo dimostrare che `e C ∞ . Per prima cosa dimostriamo che f ∗ (α ∧ β)(x) = f ∗ α(x) ∧ f ∗ β(x). (19) Per ogni multivettore (x; v1 , . . . , vp+q ) vale f ∗ (α ∧ β)(x; v1 , . . . , vp+q ) = (α ∧ β)(f (x); dfx (v1 ), . . . , dfx (vp+q )) X 1 = (−1)|σ| α(f (x); dfx vσ1 , . . . , dfx vσp )β(f (x); dfx vσp+1 , . . . , dfx vσp+q ). p!q! σ∈Sp+q 59 D’altra parte X (f ∗ α∧f ∗ β)(x; v1 , . . . , vp+q ) = (−1)|σ| σ∈Sp+q 1 ∗ f α(x; vσ1 , . . . , vσp )f ∗ β(x; vσp+1 , . . . , vσp+q ). p!q! Questo dimostra (19). Osserviamo inoltre che per g in C ∞ (N ), vale d(f ∗ g)(p; v) = d(g ◦ f )p (v) = dgf (p) (dfp (v)) = (f ∗ dg)(p; v). (20) Infine, banalmente f ∗ (λα + β)(x) = λf ∗ α(x) + f ∗ β(x), λ ∈ R. (21) Segue da (20) e (19) che se α ristretta a un aperto coordinato U di N ha la forma α|U = gdxi1 ∧ · · · ∧ dxik ; (22) allora (f ∗ α)|f −1 (U ) = (g ◦ f )d(xi1 ◦ f ) ∧ · · · ∧ d(xik ◦ f ). Usando l’additivit` a, questo dimostra che il pullback di una forma differenziale `e una forma differenziale, e quindi f ∗ : Ω(N ) → Ω(M ) `e ben definita. Inoltre (19) e (21) implicano che f ∗ `e un omomorfismo di R-algebre. Per dimostrare che f ∗ commuta con d, supponiamo che α abbia localmente la forma (22); allora (20) d` a d(f ∗ α)|f −1 (U ) = d(g ◦ f )d(xi1 ◦ f ) ∧ · · · ∧ d(xik ◦ f ). D’altra parte (f ∗ dα)|f −1 (U ) = f ∗ (dg ∧ dxi1 ∧ · · · ∧ dxik ) = f ∗ (dg) ∧ f ∗ dxi1 ∧ · · · ∧ dxik . In generale, α si pu` o scrivere localmente come somma di elementi della forma (22), quindi per additivit` a possiamo concludere. Esiste una nozione “duale” al prodotto esterno. Se X `e un campo di vettori e α `e una k-forma su M , si definisce il prodotto interno Xy α come la sezione di Λk−1 (M ) tale che (Xy α)(p; v1 , . . . , vk−1 ) = α(p; Xp , v1 , . . . , vk−1 ). Proposizione 81. Il prodotto interno Xy α `e una forma differenziale. P P ∂ Dimostrazione. Localmente, sia X = aj ∂x ,α= bi1 ,...,ik dxi1 ∧ · · · ∧ dxik . j Allora X ∂ aj bi1 ,...,ik ( Xy α = y dxi1 ∧ · · · ∧ dxik ). ∂x j j,i ,...,i 1 k D’altra parte ∂ y dxi1 ∧ · · · ∧ dxik = ∂xj ( d (−1)h+1 dxi1 ∧ · · · ∧ dx ih ∧ · · · ∧ dxik , j = ih . 0, altrimenti 60 14 Coomologia di de Rham, [2] Per p intero non negativo definiamo Z p (M ) = {α ∈ Ωp (M ) | dα = 0}; B p (M ) = {dα | α ∈ Ωp−1 (M )}. dove si pone Ω−1 (M ) = 0 per definizione, e quindi B 0 (M ) = 0. Gli elementi di Z p (M ) si chiamano forme chiuse, mentre gli elementi di B p (M ) si chiamano forme esatte. Poich`e d2 = 0, le forme esatte sono chiuse, e ha senso definire il quoziente Z p (M ) , H p (M ) = p B (M ) noto come p-esimo spazio di coomologia di de Rham4 . Gli H p (M ) cos`ı definiti sono spazi vettoriali su R; in effetti possiamo pensare a M H p (M ) H(M ) = p∈N come un’algebra graduata, quoziente delle algebre graduate Z(M ) = ker d e B(M ) = Im d. Esercizio 73. Dimostrare che M `e connessa se e solo se H 0 (M ) = R. Esercizio 74. Dimostrare che se p > d `e maggiore della dimensione di M d , allora H p (M ) = 0. Esercizio 75. Dimostrare che se M = {pt} contiene un solo punto, allora ( R p=0 p H ({pt}) = . 0 p>1 S Esercizio 76. Dimostrare che se M = i∈I Mi , dove Mi ⊂ M sono aperti disgiunti, allora Y H p (M ) ∼ H p (Mi ). = i∈I Diciamo che due mappe C esiste una mappa C ∞ , ∞ f, g : M → N sono omotope (in senso C ∞ ) se F : R × M → N, detta omotopia, tale che F (0, ·) = f, F (1, ·) = g. Si scrive allora f ∼ g, o anche f ∼F g. Esercizio 77. Dimostrare che se f e g sono mappe omotope, esiste un’omotopia F : R × M → N tale che F (t, x) = f (x), 4 Si t ≤ 0, F (t, x) = g(x), t ≥ 1. p usa talvolta la notazione HdR (M ) per distinguere da altri tipi di coomologia. 61 Esercizio 78. L’omotopia definisce una relazione di equivalenza sulle mappe da M in N . Data una mappa f : M → N C ∞ , f ∗ manda forme chiuse in forme chiuse e forme esatte in forme esatte, perch`e commuta con d (Proposizione 80): quindi induce una mappa f ] mediante il diagramma Z(N ) H(N ) f∗ / Z(M ) , f ] ([α]) = [f ∗ α]. / H(M ) f] Esercizio 79. Dimostrare che (f ◦ g)] = g ] ◦ f ] . Teorema 82. Se f, g : M → N sono mappe omotope, allora f ] = g ] . Dimostrazione. Osserviamo che se U `e un aperto coordinato in M con coordinate x1 , . . . , xd , allora R × U `e un aperto coordinato in R × M , con coordinate date da t, x1 , . . . , xd . Quindi una k-forma su R × M `e localmente somma di componenti del tipo u(t, x)dt ∧ dxi1 ∧ · · · ∧ dxik−1 , u(t, x)dxi1 ∧ · · · ∧ dxik . Sia F : R × M → N un’omotopia tra f e g. Definiamo mappe hk : Ωk (N ) → Ω (M ), Z 1 ∂ hk (α)(x) = ds y F ∗ α(s, x) . ∂t 0 ∼ R × Tx M , quindi fissato x gli spazi L’integrale ha senso perch`e Ts,x (R × M ) = ∗ (R × M )) sono canonicamente isomorfi al variare di s. In altri termini, Λk (Ts,x se ∂ y F ∗ α(s, x) = udxi1 ∧ · · · ∧ dxik−1 , ∂t allora Z k−1 1 u(s, x)ds dxi1 ∧ · · · ∧ dxik−1 . hk (α)(x) = 0 Vogliamo dimostrare che g ∗ − f ∗ = d ◦ hk + hk+1 ◦ d : Ωk (N ) → Ωk (M ). (23) In altri termini se β = F ∗ α ∈ Ω(R × M ), e i0 , i1 : M → R × M sono le inclusioni i0 (x) = (0, x), i1 (x) = (1, x), dobbiamo dimostrare i∗1 β − i∗0 β = (F ◦ i1 )∗ α − (F ◦ i0 )∗ α = g ∗ α − f ∗ α Z 1 Z 1 ∂ ∂ yβ + ds y dβ . = dhk α + hk+1 dα = d ds ∂t ∂t 0 0 Se β `e del tipo β = udt ∧ dxi1 ∧ · · · ∧ dxik−1 62 allora i∗1 dt = d(t ◦ i1 ) = 0, e lo stesso vale per i0 , quindi i∗1 β − i∗0 β = 0, mentre dhk α + hk+1 dα in p `e Z 1 0 Z − 1 X ∂ u(s, p)dxj ∧ dxi1 ∧ · · · ∧ dxik−1 ∂x j 0 X ∂ Z 1 = ds u(s, p)dxj ∧ dxi1 ∧ · · · ∧ dxik−1 ∂xj 0 j Z 1 X ∂ − ds u(s, p)dxj ∧ dxi1 ∧ · · · ∧ dxik−1 = 0. ∂xj 0 ds u(s, p)dxi1 ∧ · · · ∧ dxik−1 d ds Se invece β `e del tipo β = udxi1 ∧ · · · ∧ dxik allora i∗1 β(p) − i∗0 β(p) = (u(1, p) − u(0, p))dxi1 ∧ · · · ∧ dxik . Inoltre dhk α + hk+1 dα in p `e Z 1 ∂u (s, p)dxi1 ∧ · · · ∧ dxik = (u(1, p) − u(0, p))dxi1 ∧ · · · ∧ dxik . ds ∂t 0 Poich´e β `e localmente somma di forme dei due tipi considerati, abbiamo dimostrato (23). Adesso osserviamo che se α `e una forma chiusa, g ∗ α − f ∗ α = dhk (α) + hk+1 (dα) = dhk (α) `e una k-forma esatta; quindi g ] [α] − f ] [α] = [g ∗ α] − [f ∗ α] = [dhk (α)] = 0. Si dice che due variet` a sono omotopicamente equivalenti (in senso C ∞ ) se esistono f : M → N , g : N → M C ∞ tali che f ◦ g ∼ Id, g ◦ f ∼ Id. Si dice allora che f e g sono equivalenze omotopiche (in senso C ∞ ) e che sono l’una la inversa omotopica dell’altra. Si dice che una sottovariet`a M ⊂ N `e un retratto di deformazione se esiste una retrazione r : N → M che ha l’inclusione i : M → N come inversa omotopica. Corollario 83. Se f : M → N `e un equivalenza omotopica, allora f ] : H(N ) → H(M ) `e un isomorfismo. Dimostrazione. Sappiamo che (g ◦ f )] = f ] ◦ g ] = Id] ; d’altra parte Id] = Id. Allo stesso modo g ] ◦ f ] = Id. 63 Esercizio 80. Dimostrare che se U ⊂ Rn `e un aperto stellato, allora ( R k=0 k H (U ) = . 0 k>1 Esercizio 81. Dimostrare che H(T M ) ∼ = H(M ). n+1 Esercizio 82. Dimostrare che H(R \ {0}) ∼ = H(S n ). Una successione finita o infinita fn−1 fn [Lk → − ]··· → − Ln−1 −−−→ Ln −→ Ln+1 → − · · · [− → Lh ], dove gli Li sono spazi vettoriali e le fi sono applicazioni lineari, si dice esatta se ker fn+1 = Im fn per ogni n. Una successione esatta si dice corta se ha la forma 0 → A → B → C → 0; in questo caso 0 rappresenta lo spazio vettoriale banale, e vale B/A ∼ = C. Osservazione. Le successioni f 0→A− →B g A− →B→0 h 0→A− →B→0 sono esatte se, rispettivamente, f `e iniettiva, g `e suriettiva, h `e un isomorfismo. Osservazione. La successione d d d ··· − → Ωn (M ) − → Ωn+1 (M ) − → ··· non `e mai esatta. Ad esempio, se M = {pt}, la successione diventa 0→R→0→0 che non `e esatta. In generale, la successione pu`o essere esatta se e solo se tutti gli H k (M ) sono uguali a zero. Tuttavia, H 0 (M ) = Z 0 (M ) contiene le funzioni costanti, quindi questo non accade mai. Supponiamo adesso M = U ∪ V dove U, V sono aperti, e indichiamo con i1 , i2 , j1 , j2 le mappe di inclusione: 7U j1 i1 ' 7M U ∩V j2 i2 ' V Definiamo d : Ω(U ) ⊕ Ω(V ) → Ω(U ) ⊕ Ω(V ), d(η, ξ) = (dη, dξ). Osserviamo che d2 = 0, e ker d = Z(U ) ⊕ Z(V ), Im d = B(U ) ⊕ B(V ), 64 ker d ∼ = H(U ) ⊕ H(V ). Im d Lemma 84. Se si pone α = (i∗1 , i∗2 ), β(η1 , η2 ) = j1∗ η1 − j2∗ η2 , la successione β α 0 → Ω(M ) − → Ω(U ) ⊕ Ω(V ) − → Ω(U ∩ V ) → 0 (24) `e esatta; inoltre le mappe α e β commutano con d. Dimostrazione. Innanzitutto α `e iniettiva, perch´e se una forma `e zero su U e su V allora lo `e sull’unione. Per definizione, β(α(η)) = j1∗ i∗1 η − j2∗ i∗2 η = 0 perch´e i1 ◦ j1 = i2 ◦ j2 . Quindi Im α ⊂ ker β. Viceversa, se β(η1 , η2 ) = 0, allora significa che η1 e η2 coincidono sull’intersezione U ∩ V , quindi si incollano per definire una forma globale, cio`e Im α = ker β. Mostriamo infine che β `e suriettiva: data η ∈ Ω(U ∩ V ), prendiamo una partizione dell’unit` a subordinata a {U, V }. Per l’esercizio 8 possiamo supporre che la partizione sia composta da due sole funzioni ρ1 e ρ2 , supp ρ1 ⊂ U , supp ρ2 ⊂ V . Adesso poniamo ( ρ1 (x)η(x) x ∈ U ∩ V η1 (x) = 0 x ∈ V \ (supp ρ1 ) Per costruzione η1 ∈ Ω(V ). Analogamente definiamo η2 in Ω(U ), ( ρ2 (x)η(x) x ∈ U ∩ V η2 (x) = 0 x ∈ U \ (supp ρ2 ) e quindi β(η2 , −η1 ) = η. L’ultima affermazione `e ovvia. Discende dal lemma che per ogni k abbiamo mappe indotte in coomologia α] : H k (M ) → H k (U ) ⊕ H k (V ), β ] : H k (U ) ⊕ H k (V ) → H k (U ∩ V ). La successione esatta (24) induce un’altra successione esatta: Teorema 85 (Mayer-Vietoris). Se M = U ∪ V dove U, V aperti, allora esiste una successione esatta lunga di spazi vettoriali e applicazioni R-lineari 0 / H 0 (M ) α] / H 0 (U ) ⊕ H 0 (V ) β] / H 0 (U ∩ V ) β] / H k (U ∩ V ) β] / H k+1 (U ∩ V ) ∂0 z H 1 (M ) α] / ... ∂k y H k+1 (M ) α/ ] H k+1 (U ) ⊕ H k+1 (V ) 65 / ... Dimostrazione. Questa `e una conseguenza puramente algebrica del lemma. Infatti abbiamo un diagramma commutativo 0 / Ωk+2 (M ) O α/ Ωk+2 (U ) ⊕ Ωk+2 (V ) O d 0 / Ωk+2 (U ∩ V ) O d / Ωk+1 (M ) O α/ β / Ωk+1 (U ∩ V ) O / Ωk (M ) /0 d d α /0 d Ωk+1 (U ) ⊕ Ωk+1 (V ) O d 0 β / Ωk (U ) ⊕ Ωk (V ) β / Ωk (U ∩ V ) /0 dove le righe sono esatte. Per definire ∂k , prendiamo η ∈ Z k (U ∩ V ) e scegliamo ξ, γ in modo da ottenere questo diagramma dal precedente: 0 / dξ O α d 0 /0 O β d /ξ α /0 O /0 d / dγ O β /0 O /0 d d γ β /η /0 Esplicitamente, usiamo la suriettivit`a di β per scrivere η = β(γ); allora β(dγ) = dη = 0, quindi per esattezza dγ = α(ξ) per qualche ξ ∈ Ωk (M ); inoltre α(dξ) = d(α(ξ)) = d2 γ = 0, quindi ξ `e chiusa e ha senso definire ∂k [η] = [ξ]. Bisogna verificare che [ξ] non dipende dalle scelte fatte: infatti se [η 0 ] = [η], β(γ 0 ) = η 0 , dγ 0 = α(ξ 0 ), allora η 0 − η = d(β(ω)) per qualche ω, quindi β(γ 0 − γ − dω) = 0 e dunque γ 0 − γ − dω = α(ρ) per qualche ρ; dunque dγ 0 − dγ = d(α(ρ)) e dγ 0 = α(ξ + dρ); poich`e α `e iniettiva, [ξ 0 ] = [ξ + dρ] = [ξ]. La linearit` a segue in modo ovvio dal fatto che tutte le mappe sono lineari. Il fatto che ∂k ◦β ] e α] ◦∂k siano zero segue dal diagramma; inoltre β ] ◦α] = 0 perch`e β ◦ α = 0. Per vedere che ker ∂k = Im β ] , supponiamo ∂k [η] = 0 e consideriamo il diagramma 0 /ξ O d 0 /ω α / dγ O β d /0 O /0 d γ 66 β /η /0 da cui d(γ − α(ω)) = 0, β(γ − α(ω)) = β(γ) = η, cio`e [η] = β ] [γ − α(ω)]. Analogalmente per dimostrare ker α] = Im ∂k supponiamo α] [ξ] = 0 e usiamo il diagramma 0 /ξ α / dγ O /0 O β d /0 d /η β γ /0 Infine per verificare che ker β ] = Im α] si prenda [γ] ∈ ker β ] e si consideri il diagramma α /γ β / dη O /0 d β ρ /η /0 Allora γ − dρ `e una forma chiusa in Im α, e quindi [γ − dρ] ∈ Im α] . Esempio. Sia S 1 = U ∪ V , dove U `e il complementare del polo nord e V il complementare del polo sud. Sappiamo che H 0 (S 1 ) = R perch´e S 1 `e connesso; inoltre se k > 1 H k (S 1 ) = 0 per ragioni dimensionali. Per calcolare H 1 (S 1 ) usiamo la successione di Mayer Vietoris associata alla coppia {U, V }. L’aperto U `e diffeomorfo a R, quindi H(U ) = H({pt}). Inoltre U ∩ V `e unione disgiunta di due archi, quindi H(U ∩ V ) ∼ = H({p, q}). Dunque la successione di Mayer Vietoris ha la forma 0 / H 0 (S 1 ) 0 /R α]/ H 0 (U ) ⊕ H 0 (V ) β] / R⊕R / H 0 (U ∩ V ) / R⊕R ∂0 / H 1 (S 1 ) / H 1 (U ) ⊕ H 1 (V ) /? /0 Si pu` o concludere usando la formula di Grassmann che 1 = dim Im α] = dim ker β ] =⇒ dim ker ∂0 = dim Im β ] = 1 e quindi H 1 (S 1 ) ha dimensione uno. Se si vuole essere pi` u espliciti, possiamo rappresentare H 0 (U ∩ V ) come lo spazio delle funzioni ( λ x>0 fλµ : U ∩ V → R, f (x, y) = . µ x<0 L’immagine di β ] `e caratterizzata da λ = µ. Adesso se ρ1 , ρ2 `e una partizione dell’unit`a subordinata a {U, V }, fλµ = β((ρ2 fλµ )|U , −(ρ1 fλµ )|V ) 67 e quindi [ξ] = ∂0 ([fλµ ]) `e caratterizzato da (fλµ dρ2 , −fλµ dρ1 ) = α(ξ), cio´e ξ ∈ Ω1 (S 1 ) `e caratterizzato da ξ|V = −fλµ dρ1 ; ξ|U = fλµ dρ2 , poich´e dρ1 + dρ2 = 0, possiamo scrivere ξ = fλµ dρ2 . Questa forma `e esatta quando λ = µ, perch´e in tal caso fλλ ρ2 `e una funzione C ∞ su S 1 . Se λ 6= µ, la sua immagine in H 1 (S 1 ) `e un generatore. 15 Applicazioni Esercizio 83. Sia θ la coordinata locale standard su S 1 , p = (cos θ(p), sin θ(p)). Dimostrare che se γ `e la 1-forma definita localmente da γ = dθ allora [γ] `e un generatore di H 1 (S 1 ). Esercizio 84. Dimostrare che se f : S 1 → S 1 , f (z) = z n , allora f ] : H 1 (S 1 ) → H 1 (S 1 ), f ] [ω] = n[ω]. Esercizio 85. Sia f : S 1 → RP1 la mappa f (x, y) = [x : y]. Dimostrare che f `e C ∞ e dfp 6= 0 in ogni punto. Costruire un diffeomorfismo g : RP1 → S 1 tale che (g ◦ f )] : H 1 (S 1 ) → H 1 (S 1 ), (g ◦ f )] = 2Id. Esercizio 86. Sia Ω = S n \{(0, . . . , 0, ±1)}. Dimostrare che Ω `e omotopicamente equivalente a S n−1 . Proposizione 86. La coomologia di de Rham della sfera `e data da ( R k = 0, n k n H (S ) = . 0 altrimenti Dimostrazione. Si procede per induzione su n. Per n = 1 l’abbiamo gi`a visto. Per il passo induttivo, sia n > 1, e siano U e V i complementari dei poli. Allora S n−1 × {0} `e un retratto di deformazione di U ∩ V . Quindi la successione di Mayer-Vietoris d` a 0 / H 0 (S n ) 0 /R α]/ H 0 (U ) ⊕ H 0 (V ) / R⊕R β] / H 0 (U ∩ V ) /R ∂0 / H 1 (S n ) / H 1 (U ) ⊕ H 1 (V ) /? /0 da cui si vede che β ] `e suriettivo, e quindi H 1 (S n ) = 0. Inoltre per k > 0 la successione esatta H k (U ) ⊕ H k (V ) β] / H k (U ∩ V ) ∂k implica H k (S n−1 ) ∼ = H k+1 (S n ). 68 / H k+1 (S n ) / H k+1 (U ) ⊕ H k+1 (V ) Esercizio 87. Dimostrare che se f : S n → S m `e un’equivalenza omotopica C ∞ , allora n = m. Esercizio 88. Dimostrare che Rn \ {0} `e omotopicamente equivalente a S n−1 . Esercizio 89. Sia f0 fn−1 f1 fn 0 −→ L1 −→ . . . −−−→ Ln −→ 0 una successione esatta. Allora X (−1)k dim Lk = 0. Esercizio 90. Si calcoli la coomologia di de Rham di S 1 × S 1 . Esercizio 91. Si calcoli la coomologia di de Rham di (S 1 )k . Esercizio 92. Dimostrare che la coomologia di de Rham di RP2 `e ( R k=0 H k (RP2 ) = 0 k>0 Esercizio 93. Dimostrare che CP1 ha la stessa coomologia di S 2 (in effetti si pu` o dimostrare che sono diffeomorfi). Esercizio 94. Dimostrare che la coomologia di de Rham di CP2 `e ( R k = 0, 2, 4 2 k H (CP ) = 0 k = 1, 3 16 Variet` a a bordo [5] Le5 variet` a a bordo generalizzano le variet`a; anzich`e essere modellate sullo spazio euclideo, sono modellate sul semispazio Hd = {(x1 , . . . , xd ) ∈ Rd | xd ≥ 0}; scriveremo ∂Hd = {(x1 , . . . , xd ) ∈ Rd | xd = 0}. Se U `e un aperto di Hd , diremo che una mappa f : U → Rk `e C ∞ se per ogni p ∈ U esiste un intorno V di p in Rd su cui f si estende in modo C ∞ . Una mappa a valori in un aperto di Hd si dice C ∞ se lo `e come mappa a valori in Rd . Osservazione. In quest’accezione generalizzata, `e ancora vero che la composizione di mappe C ∞ `e C ∞ e che una funzione `e C ∞ se e solo se lo `e localmente. Diremo che uno spazio localmente euclideo a bordo di dimensione d `e uno spazio topologico di Hausdorff M 6= ∅ tale che ogni punto ha un intorno omeomorfo a un aperto di Hd . Definiremo carte di uno spazio localmente euclideo a bordo come omeomorfismi di aperti di M con aperti di Rd o Hd . Un atlante differenziabile su uno spazio localmente euclideo a bordo `e una collezione di carte che lo ricoprono tale che i cambiamenti di carte sono C ∞ . Definizione 87. Una variet` a a bordo `e uno spazio localmente euclideo a bordo di dimensione d, a base numerabile, con un atlante massimale fissato. 5 La parte restante riguarda solo il corso da 6 CFU 69 Un punto di M si dice di bordo se esiste una carta che lo manda in ∂Hd . L’insieme dei punti di bordo di M costituisce il bordo di M , e si indica con ∂M (si osservi che questo non `e il bordo di un sottospazio topologico). Una variet`a a bordo si dice senza bordo se ∂M = ∅.6 Lemma 88. Se p `e un punto di bordo di M , allora ogni carta (U, φ) con p ∈ U `e della forma φ : U → Hd , φ(p) ∈ ∂Hd . Dimostrazione. Se φ non `e come nell’enunciato, allora `e una carta della forma φ : U → Rd , oppure della forma φ : U → Hd con φ(p) ∈ / ∂Hd . Nel secondo caso ci possiamo ridurre al primo restringendo U . Poich`e p `e di bordo, esiste una carta ψ : V → Hd che manda p in q ∈ ∂Hd ; allora φ(U ∩ V ) `e aperto in Rd , e ψ ◦ φ−1 : φ(U ∩ V ) → ψ(U ∩ V ) `e C ∞ in senso usuale. L’inversa `e C ∞ nel senso introdotto sopra; in particolare esistono un intorno W di q in Rd e una funzione C ∞ f : W → Rd , f |W ∩ψ(U ∩V ) = φ ◦ ψ −1 |W ∩ψ(U ∩V ) . A meno di restringere U , possiamo supporre ψ(U ∩ V ) ⊂ W ; quindi f ◦ (ψ ◦ φ−1 ) = Idφ(U ∩V ) . Ne discende che d(ψ ◦ φ−1 ) `e iniettivo, e quindi invertibile, in ogni punto. Per il teorema della funzione inversa, ψ ◦ φ−1 `e aperta. Questo `e assurdo perch`e Hd non `e un intorno di q in Rd . Se M, N sono variet` a a bordo, si definiscono le mappe C ∞ da M in N e i diffeomorfismi in modo del tutto analogo al caso senza bordo. Rimane vero che la composizione di mappe C ∞ `e C ∞ e che una mappa `e C ∞ se e solo se lo `e localmente. Il teorema delle partizioni delle unit`a vale anche per variet`a a bordo e si dimostra allo stesso modo (avendo l’accortezza di usare carte a valori in Hd nel Lemma 25). Lo spazio tangente di una variet`a a bordo M di dimensione d si definisce nel modo usuale, e si trova che Tp M `e uno spazio vettoriale di dimensione d, ∂ generato da ∂x , . . . , ∂x∂ d . 1 Tuttavia, non `e pi` u vero che ogni vettore tangente `e tangente a una curva. Diremo che un vettore v ∈ Tp M `e uscente se non esiste una curva σ : [0, b) → M con σ 0 (0) = (p; v). Nei punti p ∈ M \ ∂M non ci sono vettori uscenti, ma se ∂ p ∈ ∂M e φ : U → Hd `e una carta centrata in p, un vettore ai ∂x `e uscente se e i solo se an < 0. Il differenziale si definisce in modo analogo, e cos`ı i fibrati T M , T ∗ M e ΛM , le forme differenziali e i campi di vettori. Il teorema del flusso non vale perch`e esistono i vettori uscenti. Immersioni, sommersioni, embedding e sottovariet`a si definiscono allo stesso modo, ma il teorema della funzione inversa non vale pi` u (esempio: l’inclusione di Hn in Rn non `e aperta). 6 Con questa terminologia, le variet` a come precedentemente definite divengono variet` a a bordo senza bordo. Alcuni autori scrivono “variet` a con bordo” anzich` e “a bordo”, ma questo porta a bisticci come “variet` a con bordo senza bordo” che preferiamo evitare. 70 Teorema 89. Se M `e una variet` a a bordo, ∂M `e una sottovariet` a regolare senza bordo; inoltre esiste un campo di vettori X su M tale che Xp `e un vettore uscente per ogni p in ∂M . Dimostrazione. Per ogni carta φ : U → Hd definiamo una carta φ˜ : U ∩ ∂M → ∂Hd per restrizione. Questa `e ancora un omeomorfismo con un aperto, infatti ˜ per il lemma φ(∂U ) = φ(U ) ∩ ∂Hd . I cambiamenti di carta sono restrizioni di cambiamenti di carta quindi sono C ∞ . Sia {(Uα , φα )} un atlante di M ; per ogni α, indichiamo con Xα il campo di vettori − ∂x∂n su Uα . In ogni punto p di Uα ∩ ∂M , (Xα )p `e uscente. Se φk `e una partizione dell’unit` a subordinata, allora X X= φk Xαk k `e un campo di vettori globale. Inoltre `e uscente nei punti di bordo perch`e somma di vettori uscenti. Teorema 90. Sia M una variet` a senza bordo. Se f : M → R `e C ∞ e b `e un −1 valore regolare, allora f ((−∞, b]) `e una sottovariet` a regolare a bordo di M e il suo bordo `e f −1 (b). Dimostrazione. Sia N = {p ∈ M | f (p) ≤ b}, con la topologia indotta, e sia {(Uα , φα )}α∈I un atlante su M . Sia J l’insieme degli indici α per cui Uα interseca f −1 (b) e φα ha la forma (x1 , . . . , xd ) con xd = b − f . Per ogni α ∈ J, poniamo Vα = Uα ∩ N, ψα = φα |Uα ∩N : Uα ∩ N → Hd . Per costruzione i Vα sono aperti in N ; inoltre ψα (Vα ) = φα (Uα ) ∩ Hd , quindi sono omeomorfismi con aperti di Hd . Consideriamo la collezione di carte A su N costituita dalle carte (Uα , φ) di M con U ⊂ N e dalle carte (Vα , ψα ) con α ∈ J. I cambiamenti di carte di A sono C ∞ perch`e sono restrizione di cambiamenti di carta di M . Inoltre A `e un ricoprimento di N perch`e se p ∈ f −1 (b) allora dfp 6= 0, quindi possiamo trovare una carta di M intorno a p del tipo φ = (f, x2 , . . . , xd ) : U → Rd ; evidentemente (x2 , . . . , xd , b − f ) appartiene ad A. Esempio 91. Il disco chiuso {(x, y) ∈ R2 | x2 + y 2 ≤ 1} `e una variet` a a bordo, e il bordo `e S 1 . 17 Orientazione [6] Dato uno spazio vettoriale V di dimensione d, e f : V → V lineare, possiamo considerare l’applicazione lineare Λd V → Λd V, v1 ∧ · · · ∧ vd 7→ f (v1 ) ∧ · · · ∧ f (vd ); 71 questa coincide con la moltiplicazione per uno scalare perch`e dim Λd V = 1. Esplicitamente, se w1 , . . . , wd `e una base di V e η1 , . . . , ηd `e la base duale, vediamo che (f (w1 ) ∧ · · · ∧ f (wd ), η1 ∧ · · · ∧ ηd ) = det(ηi (f (wj ))) Questo dimostra che f (v1 ) ∧ · · · ∧ f (vd ) = (det f )(v1 ∧ · · · ∧ vd ). (25) Osservazione. Questo fornisce una dimostrazione alternativa del fatto che det f `e ben definito, cio`e non dipende dalla scelta della base che si usa per calcolarlo. Infatti (25) determina det f senza fare uso di una base. Diremo che due basi di V inducono la stessa orientazione se l’elemento f ∈ GL(V ) che manda l’una nell’altra ha determinante positivo; questo determina una relazione di equivalenza tra le basi. Una orientazione su V `e una classe di equivalenza per questa relazione. Per quanto detto, due basi v1 , . . . , vd e w1 , . . . , wd definiscono la stessa orientazione se v1 ∧ · · · ∧ vd e w1 ∧ · · · ∧ wd differiscono per una costante positiva; possiamo dunque identificare un’orientazione con una componente connessa di Λd V \{0} ∼ = R \ {0}. Possiamo estendere questa nozione alle variet`a differenziabili: Definizione 92. Un’orientazione su una variet`a M d `e una scelta Op di orientaS ∗ zione di ogni Tp M tale che p∈Mi Op ⊂ Λd M `e connesso per ogni componente connessa Mi di M . Si dice che M `e orientabile se ammette un’orientazione. Tutte le variet` a di dimensione 0 sono orientabili; un’orientazione su M 0 corrisponde a una mappa M → {±1}. Un aperto di una variet`a orientata eredita un’orientazione per restrizione; in particolare, tutti gli aperti di Rn sono banalmente orientati. Esempio 93. La 1-forma globale dθ su S 1 determina un’orientazione: per ogni p ∈ S 1 , si prende Op come la classe di dθp . Data un’orientazione O su V , a ogni (v1 , . . . , vd ) ∈ O possiamo associare la base duale di V ∗ ; questo induce un’orientazione su V ∗ che indicheremo ancora con O. Quindi su una variet`a orientata anche lo spazio tangente ha un’orientazione fissata. Siano (M, O), (M 0 , O0 ) variet`a orientate di dimensione d; diremo che un diffeomorfismo locale f : M → N preserva l’orientazione se in ogni p ∈ M (v1 , . . . , vd ) ∈ Op =⇒ (dfp (v1 ), . . . , dfp (vd )) ∈ Of0 (p) , mentre diremo che f inverte l’orientazione se vale (v1 , . . . , vd ) ∈ Op =⇒ (dfp (v1 ), . . . , dfp (vd )) ∈ / Of0 (p) . In particolare, una carta φ : U → Rd preserva l’orientazione se (dx1 ∧ · · · ∧ dxn )p ∈ Op , p ∈ U. Le carte possono essere usate per definire un’orientazione: 72 (26) Definizione 94. Un atlante su M `e orientato se per ogni coppia di carte φ, ψ, φ ◦ ψ −1 preserva l’orientazione, cio`e det d(φ ◦ ψ −1 ) > 0 ove definito. ` evidente che dato un atlante orientato su M esiste un unica orientazione E su M per cui le carte preservano l’orientazione. Esempio 95. L’intervallo [0, 1] `e orientabile, ma non ammette un atlante orientato. Infatti per definizione ogni carta connessa che contiene 0 `e una funzione crescente, e ogni carta connessa che contiene 1 `e decrescente; quindi i cambiamenti di carta non possono tutti essere funzioni crescenti. Al di l` a di questo esempio, tutte le variet`a orientate ammettono un atlante orientato. Definizione 96. Una forma di volume su M d `e una d-forma che non si annulla in nessun punto. Proposizione 97. Data una variet` a a bordo M d tale che ∂M = ∅ o d > 1, sono equivalenti: (i) M `e orientabile; (ii) M ha un atlante orientato; (iii) M ha una forma di volume. Dimostrazione. Supponiamo M orientabile; sia φ : U → Rd una carta con U connesso. Poich`e U `e connesso, φ preserva o inverte l’orientazione. Nel secondo caso, σ ◦ φ, dove σ(x1 , . . . , xd ) = (−x1 , . . . , xd ) `e una carta che preserva l’orientazione. Si osservi che σ ◦ φ `e ancora una carta perch`e si `e escluso il caso in cui d = 1 e φ `e a valori in H1 . Quindi ogni punto appartiene a una carta che preserva l’orientazione; esiste cio`e un atlante orientato. Dato un atlante orientato {Ui }, sia αi = dx1 ∧. P. . dxn la forma indotta su Ui . Presa una partizione dell’unit` a subordinata ρk , k ρk αik `e una forma globale. Inoltre `e diversa da zero perch`e ρk ≥ 0 e per (26). Infine, data una forma di volume α, l’insieme {λαp | λ > 0, p ∈ M } definisce un’orientazione su M . Una orientazione su una variet`a determina una forma di volume. Corollario 98. Se M `e una variet` a orientata con bordo, il bordo ∂M `e orientabile. Dimostrazione. Sia α ∈ Ωd (M ) una forma di volume, e sia X un campo di vettori uscente su M . Allora Xy α si restringe a una forma di volume su ∂M . Infatti, presa una base v1 , . . . , vd di Tp ∂M , (Xy α)(p; v1 , . . . , vd ) = αp (Xp , v1 , . . . , vd ) si annulla solo se Xp , v1 , . . . , vd sono linearmente dipendenti, cio`e Xp ∈ Tp ∂M , che `e assurdo perch`e Xp `e uscente. 73 L’orientazione definita nella dimostrazione si chiama orientazione indotta su ∂M . In particolare, la sfera S d ha un’orientazione canonica che deriva da essere il bordo della palla chiusa, la forma di volume `e data da X xi ∂ y dx1 ∧ · · · ∧ dxd+1 . ∂xi Esercizio 95. Sia σ : S n → S n , σ(p) = −p, π : S n → RPn la proiezione. Dimostrare che π ∗ : Ωn (RPn ) → {α ∈ Ωn (S n ) | α = σ ∗ α} `e un isomorfismo. Dedurre che RPn `e orientabile se e solo se n `e dispari. 18 Integrazione [2, 5] Come per le funzioni, definiremo il supporto di una forma come la chiusura del luogo dei punti dove `e diversa da zero. Data una variet`a M , definiamo lo spazio delle k-forme a supporto compatto Ωkc (M ) = {α ∈ Ωk (M ) | ∃Kcompatto | αp = 0∀p ∈ / K}. Data una variet` a orientata M di dimensione d, vogliamo definire un operatore Z : Ωdc (M ) → R M che generalizzi l’usuale integrale di funzioni a supporto compatto su Rd . Iniziamo con il caso di un aperto A di Rd o Hd . Una d-forma a supporto compatto su A ha la forma f dx1 ∧ · · · ∧ dxd , per cui possiamo porre Z Z (f dx1 ∧ · · · ∧ dxd ) = A f, A dove il termine a destra `e l’usuale integrale di Lebesgue, che `e ben definito perch`e f `e continua a supporto compatto. Ricordiamo il seguente ([4]): Teorema 99 (Formula del cambiamento di variabili). Se F : U → V `e un diffeomorfismo tra due aperti di Rd e g ∈ L1 (V ), allora g ◦ F `e in L1 (U ) e Z Z (g ◦ F ) |det(dF )| = F. U V Lemma 100. Se F : A → B `e un diffeomorfismo tra due aperti di Rd o Hd che preserva l’orientazione e α ∈ Ωdc (B); allora Z Z ∗ F α= α. A B 74 Nelle stesse ipotesi, se F inverte l’orientazione, Z Z F ∗α = − α. A B ∗ Dimostrazione. Intanto osserviamo che F α ha supporto compatto perch`e F `e un omeomorfismo. Se A e B sono aperti di Rd , e α = f dy1 ∧· · ·∧dyd , la formula di cambiamento di variabili d` a Z Z Z α= f= f ◦ F |det dF | . B B A Analogamente, se A e B sono aperti di Hd , allora ∂A, ∂B hanno misura zero e F `e un diffeomorfismo tra A \ ∂A e B \ ∂B, quindi Z Z Z Z f= f= f ◦ F |det dF | = f ◦ F |det dF | . B B\∂B A\∂A A D’altra parte F ∗ α = gdx1 ∧ · · · ∧ dxd dove g(p) = F ∗ α(p; ∂ ∂ ∂ ∂ ,..., ) = α(F (p); dFp ( ), . . . , dFp ( )) ∂x1 ∂xd ∂x1 ∂xd = f (F (p)) det dyi (dFp ( ∂ )) . ∂xj ij In altri termini, g(p) = f (F (p)) det dFp . Quindi Z Z g = (f ◦ F ) det dF ; A A per definizione, det dF `e positivo quando F preserva l’orientazione e negativo quando la inverte. Possiamo ora dare la seguente: Definizione 101. Se M `e una variet`a a bordo orientata di dimensione d, φ : U → Rd `e una carta che preserva l’orientazione e α ∈ Ωdc (M ) ha supporto contenuto in U , si pone Z Z (φ−1 )∗ α; α= M φ(U ) se φ inverte l’orientazione si pone Z Z α=− M (φ−1 )∗ α. φ(U ) Per le forme a cui questa definizione si applica, la definizione non dipende dalla carta. Infatti, se il supporto di α `e contenuto in due carte distinte (U, φ) e (V, ψ), allora per il lemma Z Z Z Z (φ−1 )∗ α = (φ−1 )∗ α = ± (ψ −1 )∗ α = ± (ψ −1 )∗ α, φ(U ) φ(U ∩V ) ψ(U ∩V ) dove il segno `e positivo o negativo a seconda che ψ ◦ φ l’orientazione. Per forme generali, si usa il seguente: 75 ψ(V ) −1 preservi o inverta Teorema 102. Data una variet` a orientata M di dimensione d, esiste un’unica applicazione lineare Z : Ωdc (M ) → R M che estende la definizione 101. Se F : M → N `e un diffeomorfismo tra variet` a orientate che preserva l’orientazione, Z Z F ∗α = α; M N se F inverte l’orientazione, Z Z ∗ F α=− α. M N Dimostrazione. Consideriamo l’atlante costituito dalle carte (Ui , φi ) che preservano o invertono l’orientazione. Sia α ∈ Ωdc (M ). Per compattezza, il supporto di α `e contenuto in W = Ui1 ∪ · · · ∪ Uik . Possiamo trovare una partizione dell’unit`a subordinata al ricoprimento {Ui1 , . . . , Uik } di W della forma {ρ1 , . . . , ρk }, dove supp ρl ⊂ Uil (vedi Esercizio 8). Per linearit` a, dev’essere Z α= M k Z X l=1 ρl α. M Per verificare la buona definizione, supponiamo che il supporto di α sia contenuto in Uj1 ∪· · ·∪Ujh , e sia η1 , . . . , ηh una partizione dell’unit`a subordinata. Allora Z Z X XZ ρl α = ρl η m α = ρl η m α M M m m M per la linerit` a dell’integrale definito su forme a supporto contenuto in Uil . Dunque XZ XZ XZ XZ X ρl α = ρl ηm α = ρl ηm α = ηm α. l M l,m M m M l M m per la linerit` a dell’integrale definito su forme a supporto contenuto in Ujm . Per la seconda parte, osserviamo che se (U, φ) `e una carta di N che preserva l’orientazione ed F : M → N preserva l’orientazione, allora (V, ψ) = (F −1 (U ), φ ◦ F ) `e una carta che preserva l’orientazione; se quindi α ha supporto contenuto in U , vale Z Z Z Z ∗ −1 ∗ ∗ −1 ∗ F α= (ψ ) F α = (φ ) α = α; N ψ(V ) φ(U ) M R ∗ se R φ inverte l’orientazione vale un argomento analogo. Per α qualunque, N F α = α per linearit` a. Se F inverte l’orientazione vale lo stesso argomento, con la M sola differenza che ψ inverte l’orientazione. 76 Teorema 103 (Teorema di Stokes). Sia M una variet` a a bordo di dimensione k + 1; per ogni α in Ωkc (M ), vale Z Z dα = α. M ∂M R Nell’enunciato si intende che ∅ = 0; inoltre, di i∗ α, dove i : ∂M → M `e l’inclusione. R α rappresenta l’integrale ∂M Dimostrazione. Sia M = Hk+1 ; poich`e α ha supporto compatto, esiste r > 0 tale che α si annulla fuori da (−r, r) × · · · × (−r, r) × [0, r). Scrivendo X ci · · · ∧ dxk+1 , α= ai dx1 ∧ · · · ∧ dx i troviamo X ∂ ai dx1 ∧ · · · ∧ dxk+1 (−1)i+1 ∂x i i dα = da cui Z Z dα = M X Hn (−1)i+1 i ∂ ai = ∂xi Z r Z r dx1 −r Z dx1 . . . −r r dxk+1 0 X ∂ ai (x1 , . . . , xk+1 ) (−1)i+1 ∂x i i Se i ≤ k, il termine Z r ∂ dxi ai (x1 , . . . , xk+1 ) = ai (x1 , . . . , r, . . . , xk+1 ) − ai (x1 , . . . , −r, . . . , xk+1 ) ∂x i −r si annulla; per i = k + 1, Z r ∂ dxk+1 ak+1 (x1 , . . . , xk+1 ) = ak+1 (x1 , . . . , r)−ak+1 (x1 , . . . , 0) = −ak+1 (x1 , . . . , 0). ∂x k+1 0 Quindi troviamo Z Z (−1)k+1 dx1 . . . dxk ak+1 dα = M D’altra parte Z Z ak+1 dx1 ∧ · · · ∧ dxk . α= ∂M ∂M Osserviamo ora che − ∂ y dx1 ∧ · · · ∧ dxk+1 = (−1)k+1 dx1 ∧ · · · ∧ dxk ∂xk+1 quindi (x1 , . . . , xk ) `e una carta di ∂Hk+1 compatibile con l’orientazione indotta se e solo se k `e dispari, da cui Z Z k+1 ak+1 dx1 ∧ · · · ∧ dxk = (−1) dx1 . . . dxk ak+1 . ∂Hk+1 ∂M da cui la tesi. R Per M = Rk+1 si dimostra allo stesso modo che Rk+1 dα = 0. 77 Se M `e una variet` a qualsiasi e α ha supporto contenuto in una carta φ : U → Hk+1 che preserva l’orientazione, allora Z Z Z dα = dα = (φ−1 )∗ dα; M U φ(U ) possiamo estendere (φ−1 )∗ α a una forma su tutto Hk+1 e usare la parte precedente per concludere Z Z Z Z d(φ−1 )∗ α = (φ−1 )∗ α = α= α. φ(U ) ∂φ(U ) ∂U ∂M Lo stesso vale se α ha supporto contenuto in una carta a valori in Rk+1 . In generale, possiamo ricoprire il supporto di α con un numero finito di aperti coordinati U1 , . . . , Un ; sia ρ1 , . . . , ρn una partizione dell’unit`a subordinata; allora dα = d(ρ1 α + · · · + ρn α). Allora per la parte precedente Z XZ XZ dα = d(ρi α) = M i M Z ρi α = ∂M i α. ∂M ` essenziale perch`e valga il teorema di Stokes che α sia a supporto Osservazione. E compatto. Ad esempio se N = M \ ∂M , la restrizione di α ∈ Ωkc (M ) a N ha supporto compatto solo se α|∂M `e zero; in questo caso Z Z Z dα = dα = α = 0. N M ∂M Corollario 104. Sia M una variet` a compatta orientata con bordo di dimensione d, α una d − 1-forma chiusa su M ; allora Z α = 0. ∂M Dimostrazione. Discende da Z Z α= ∂M dα = 0. M Corollario 105. Sia M una variet` a compatta orientata senza bordo di dimensione d, α una d-forma esatta; allora Z α = 0. M Dimostrazione. Se α = dβ, allora R M α= 78 R ∂M β = 0. In particolare, su una variet`a compatta orientata senza bordo, `e definita una mappa lineare Z Z : H d (M ) → R, [α] → α. M Questa mappa `e sempre suriettiva: se υ `e una forma di volume compatibile con l’orientazione, allora Z υ > 0. Esercizio 96. Sia M d una variet`a compatta senza bordo con H d (M ) = 0. Dimostrare che M non `e orientabile. Esercizio 97. Sia F : M → M un diffeomorfismo di una variet`a connessa compatta orientata con H d (M ) = R. Dimostrare che F preserva l’orientazione se e solo se F ] : H d (M ) → H d (M ) `e l’identit`a. Esercizio 98. Sia M una variet`a compatta orientata a bordo. Dimostrare che non esiste una retrazione r : M → ∂M , (cio`e una mappa C ∞ tale che i ◦ r = Id∂ M ). Esercizio 99. Sia B n la palla chiusa di dimensione n; dimostrare che ogni f : B n → B n C ∞ ha almeno un punto fisso. Diremo che S ⊂ M ha misura zero se, per ogni carta (U, φ), φ(U ∩ S) ha misura zero. Proposizione 106. Sia M una variet` a orientata con una carta orientata φ : U → Rd tale che M \ U ha misura zero. Allora Z Z α= (φ−1 )∗ α, α ∈ Ωdc (M ). M φ(U ) Dimostrazione. Siano (Vi , ψi ) un ricoprimento in carte che preservano o invertono l’orientazione, e sia α = α1 + · · · + αk dove αi ha supporto in Vi . Allora Z Z Z Z Z αi = ± (ψ −1 )∗ (αi ) = ± (ψ −1 )∗ (αi ) = (φ−1 )∗ αi = Vi ψi (Vi ∩U ) ψi (Vi ) φ(Vi ∩U ) φ(U ) Quindi Z α= XZ (φ Z −1 ∗ ) αi = φ(U ) i (φ−1 )∗ α. φ(U ) Esempio 107. La forma dθ su S 1 ha integrale Z Z 2π (θ−1 )∗ dθ = dt = 2π. (0,2π) 0 Esercizio 100. Sia σ : (a, b) → M una curva, c(a) = p, c(b) = q, e sia α = df dove f `e C ∞ su M . Dimostrare che Z b σ ∗ α = f (b) − f (a). a 79 (φ−1 )∗ αi Esercizio 101. Sia σ : [a, b] → M una curva, e sia f : [c, d] → [a, b] una mappa C ∞ , f (c) = a, f (d) = b. Data α ∈ Ω1 (M ), dimostrare che Z b Z d σ∗ α = (σ ◦ f )∗ α. a c Esercizio 102. Sia M una variet`a con la propriet`a che ogni funzione C ∞ , f : S 1 → M si estende alla palla B 2 . Dimostrare che H 1 (M ) = 0. Esercizio 103. Siano ω1 , ω2 k-forme su M , [ω1 ] = [ω2 ] e Z una sottovariet`a compatta orientata senza bordo di dimensione k. Dimostrare che Z Z ω1 = ω2 . Z Z Concludere che `e indotta una mappa lineare R Z : H k (M ) → R. Dimostrazione. Sia ω1 = ω2 + dα; allora Z Z i∗ (dα) = d(i∗ α) = 0 Z Z per il corollario. Esercizio 104. Sia W unaR sottovariet`a compatta a bordo orientata di M , e Z = ∂W . Dimostrare che Z = 0. 19 Applicazioni del teorema di Stokes [5] Data7 una sottovariet` a a bordo M di dimensione n in Rn , esiste un unico campo di vettori uscente N : ∂M → Rn che soddisfa Np ∈ Tp M ⊥ , kNp k = 1. ∞ Per verificare che N `e C , basta osservare che se ∂M `e localmente definito da f ≤ 0 allora N si ottiene normalizzando n X ∂ ∂ ( f) . ∂x ∂x i i i=1 Diremo che N `e il campo di vettori normale unitario uscente. La forma di volume standard su Rn υ = dx1 ∧ · · · ∧ dxn induce quindi una forma di volume su ∂M , υ∂M = N y υ. P ∂ ∈ Xc (M ), possiamo definire la Dato ora un campo di vettori X = i ai ∂x i sua divergenza X ∂ ai . div X = ∂xi i 7 Questa sezione ` e inserita per completezza; non fa parte del programma di esame. 80 Teorema 108 (Teorema della divergenza). Se X `e un campo di vettori a supporto compatto su una sottovariet` a a bordo M di Rn di dimensione n, Z Z (div X)υ = hN, Xiυ∂M . M ∂M Dimostrazione. Pi` u intrinsecamente possiamo caratterizzare div X ∈ C ∞ (M ) mediante (div X)υ = d(Xy υ). Per il teorema di Stokes, Z Z (div X)υ = M Xy υ. ∂M Sia ora p ∈ ∂M , e v1 , . . . , vn−1 una base di Tp ∂M . Poich`e Xp ∼ = hNp , Xp iNp mod Span {v1 , . . . , vn−1 } , troviamo i∗ (Xy υ)(p; v1 , . . . , vn−1 ) = υ(p; Xp , v1 , . . . , vn−1 ) = υ(hNp , Xp iNp , v1 , . . . , vn−1 ) = hNp , Xp iυ(Np , v1 , . . . , vn−1 ) da cui la tesi. Analogamente si dimostra il teorema del rotore. Su R3 , sia le 1-forme che le 2-forme si possono identificare a campi di vettori, mediante le mappe [ : X (R3 ) → Ω1 (R3 ), ai ∂ → ai dxi ∂x i (abbassamento degli indici) e β : X (R3 ) → Ω2 (R3 ), X → Xy dx1 ∧ dx2 ∧ dx3 Con queste identificazioni, gli usuali operatori di divergenza, rotore e gradiente danno luogo a un diagramma commutativo C ∞ (R3 ) Ω0 (R3 ) grad / X(R3 ) rot / X(R3 ) d / Ω2 (R3 ) d / C ∞ (R3 ) d / Ω3 (R3 ) ∗ β [ / Ω1 (R3 ) div da cui vediamo, in particolare, che div rot X = 0 `e una conseguenza di d2 = 0. Sia ora S ⊂ R3 una sottovariet`a a bordo orientata di dimensione 2. Possiamo definire un campo di vettori normale unitario N : S → R3 in modo che υS = N y dx1 ∧ dx2 ∧ dx3 ˜ il campo di vettori normale unitario determini l’orientazione di S. Detto N uscente su ∂S, ˜ y υS υ∂S = N `e una forma di volume sul bordo compatibile con l’orientazione. 81 Teorema 109. Dato un campo di vettori X ∈ Xc (S), Z Z hrot X, N iυS = υ∂S (X)υ∂S S ∂S [ Dimostrazione. Se η = X , il teorema di Stokes d`a Z Z η= dη. ∂S S Ora se v1 , v2 `e una base di Tp S, dη(v1 , v2 ) = β(rot X)(v1 , v2 ) = υ(rot X, v1 , v2 ) = hrot X, N iυ(N, v1 , v2 ) = hrot X, N iυS (v1 , v2 ). D’altra parte, ˜ , v) = hN × N ˜ , vi, υ∂S (v) = υ(N, N ˜ `e unitario. Inoltre, preso p ∈ ∂S, dove il prodotto esterno N × N η|Tp ∂S `e linarmente dipendente da (υ∂S )p ; esplicitamente, ˜ ) = hN × N ˜ , Xi = υ∂S (X) η(N × N ˜ il campo di vettori T [ = υ∂S , la formula si Osservazione. Detto T = N × N pu` o riscrivere Z Z hrot X, N iυS = hT, Xiυ∂S . S ∂S Riferimenti bibliografici [1] Bredon, Topology and Geometry. Graduate Texts in Mathematics, 139. Springer-Verlag, New York, 1993. [2] Greub, Halperin, Vanstone, Connections, Curvature, and Cohomology Vol. 1. Pure and Applied Mathematics, Vol. 47. Academic Press, New York-London, 1972. [3] Hartman, Ordinary Differential Equations. Society for Industrial and Applied Mathematics (SIAM), Philadelphia, PA, 2002. 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