(PD-1) e Programmed Death-Ligand 1

BRAINFACTOR - ISSN 2035-7109 - REG. TRIB. MILANO N. 538 18/9/2008 Direttore Marco Mozzoni EDIZ. 22-01-2015 (C) TUTTI I DIRITTI RISERVATI
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Programmed death-1 (PD-1) e Programmed Death-Ligand 1
(PD-L1) nel carcinoma della mammella
di Cinzia Solinas, M.D.
L’immunoterapia con gli inibitori delle molecole del check-point immune (gli anticorpi anti-PD-1 ed antiPD-L1) sta emergendo come un importante strumento nel trattamento di diversi tumori, con l’ottenimento di
un beneficio clinico potenzialmente duraturo nel tempo in una buona parte dei pazienti trattati. Tuttavia,
molte sono le problematiche che necessitano di essere approfondite in questo contesto, vedasi l’assenza di
biomarker predittivi di risposta al trattamento, utili per una migliore selezione dei pazienti candidabili alla
terapia. Scopo di questo articolo è fornire delle informazioni sulla biologia della via di PD-1 e dei suoi
ligandi (PD-Ls) e del suo ruolo nella genesi di un microambiente tumorale immunosoppressivo, con
riferimento in particolare a ciò che è stato studiato nel carcinoma della mammella.
Abstract
Immunotherapy with the check-point inhibitors anti-PD-1 and anti-PD-L1 antibodies is emerging as an
important tool for the treatment of different tumors, showing clinical benefit and potential long lasting
responses. However some issues need to be studied in depth, like the lack of reliable predictive biomarkers of
response to treatment that would allow a better patient’s selection. Aim of this article is to give some
information about the biology of PD-1/PD-Ls pathway and its role in determining an immunosuppressive
tumor microenvironment, with a focus on breast carcinoma.
Woman in a laboratory with microscope slide in hand (from Shutterstock)
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1.1 Introduzione
In seguito allo sviluppo ed all’utilizzo di nuovi farmaci capaci di ostacolare l’immunosoppressione
generata dal microambiente tumorale, l’oncologia vive una nuova pagina della sua storia, grazie
all’immunoterapia, che già in passato si era rivelata efficace nel trattamento di alcune neoplasie
considerate immuno-responsive, come il carcinoma renale ed il melanoma. E’ ben noto come la
presenza della neoplasia evochi una risposta da parte del sistema immunitario, che inizialmente
riconosce e rimuove le cellule tumorali (elimination). Successivamente subentra una fase di
equilibrio tra i due sistemi (equilibrium) ed infine il tumore, attraverso lo sviluppo di numerosi
meccanismi di evasione, progredisce e metastatizza (escape). Le tre fasi sopraccitate riassumono
brevemente ciò che avviene nel processo dell’immuno-editing (Dunn G. P. et al., 2002). Il
microambiente tumorale (composto da linfociti, cellule stromali e molecole co-stimolatorie,
coinvolte nella regolazione della risposta immune) è divenuto e rimane oggetto d’intenso studio, al
fine di comprendere alcuni dei meccanismi biologici che stanno alla base della progressione della
malattia neoplastica. Tra le pathway molecolari inibitorie quella di Programmed death-1 (PD-1) (un
recettore espresso sulla superficie dei linfociti) e dei suoi ligandi (PD-Ls, Programmed DeathLigands) dalla cui interazione scaturisce il segnale immunosoppressivo è divenuta il bersaglio
dell’immunoterapia con gli inibitori del check-point immune, anti-PD-1 ed anti-PD-L1. Questi
farmaci innovativi si sono dimostrati efficaci in numerose neoplasie, quali il melanoma, il
carcinoma renale, il tumore del polmone non a piccole cellule ed il carcinoma della vescica. A
seguito dell’introduzione di questi nuovi agenti emerge la necessità d’identificare dei biomarker che
ne predicano l’efficacia, ovvero che possano indicare il sottogruppo di pazienti con maggiori
probabilità di trarre beneficio da queste terapie. L’approccio della ricerca traslazionale “from the
bench to the bedside and back again” (dai banchi di laboratorio al letto del paziente e viceversa) è
quindi fondamentale in questo ambito, ma molti aspetti necessitano di ulteriori approfondimenti e lo
studio della biologia della cellula tumorale e delle sue interazioni con il sistema immunitario sono
cruciali a tal fine.
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1.2 La pathway di PD-1 e dei suoi ligandi (PD-Ls)
a. PD-1
Il Programmed Death-1 (PD-1 o CD279) è un co-recettore della famiglia CD28/CTLA-4, espresso
sui linfociti precedentemente attivati dall’interazione con l’antigene corrispondente e per questo
definiti antigen-experienced. Il suo ruolo principale è quello di limitare l’autoimmunità e d’inibire
l’attività delle cellule T nella periferia e nei tessuti durante la risposta infiammatoria all’infezione
(Topalian S. et al., Curr Opin Immunol 2012). PD-1 è espresso sui linfociti che infiltrano il tumore
(TIL) e sui linfociti T CD8+ “disfunzionali” (dysfunctional) in vari tipi di neoplasie (Kamphorst A.
O. et al., 2013).
b. PD-L1
PD-L1 è il principale ligando di PD-1: è iper-espresso nella maggior parte dei tumori solidi (tumori
del polmone non a piccole cellule, del colon retto, melanomi, carcinomi renali, del distretto cervicofaciale, dell’esofago, del tratto gastro-intestinale, dell’ovaio, gliomi, neoplasie della mammella,
etc). Il suo ruolo è d’inibire la produzione di citochine e, conseguentemente, l’attività citolitica dei
linfociti T CD4+ e CD8+ PD-1+ che infiltrano il tumore. Queste proprietà hanno reso il PD-L1 un
potenziale e promettente target (Brahmer J. R. et al., 2012), ma anche un possibile biomarker
predittivo di risposta all’immunoterapia con i farmaci anti-PD-1 ed anti-PD-L1 (Topalian S. et al.,
NEJM 2012). Tra i linfociti T CD4+, la sottopopolazione dei follicular helper (Tfh) esprime i livelli
più elevati di PD-1. La pathway PD-1/PD-L1 svolge infatti un ruolo importante nella regolazione
dei processi di differenziazione dei CD4+ e della funzione delle cellule Tfh. Le cellule T regolatorie
(Tregs) esprimono sia PD-1 che PD-L1, entrambi coinvolti nella modulazione dell’attività di
soppressione e di limitazione delle reazioni che avvengono nel centro germinativo. Ciò potrebbe
costituire un ulteriore meccanismo immunosoppressivo nel microambiente tumorale ricco in ligandi
per il PD-1 (Topalian S. et al., Curr Opin Immunol 2012). Nei linfociti B attivati dei centri
germinativi il PD-1 è up-regolato, insieme al PD-L1 ed al PD-L2. Il legame di PD-1 con il PD-L1
inibisce il segnale generato dal BCR (B cell receptor) (Kamphorst A. O. et al., 2013) e media la
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deplezione dei linfociti B della memoria attivati (Topalian S. et al., Curr Opin Immunol 2012).
Inoltre alcuni linfociti T con specificità per l’antigene co-esprimono altri recettori inibitori che ne
mantengono l’anergia, come Tim-3, LAG-3, 2B4 e CTLA-4 (Kamphorst A. O. et al., 2013),
aprendo nuovi scenari sull’eventualità di utilizzare delle strategie di trattamento combinato con più
farmaci inibitori delle molecole del check-point immune. Per esempio la co-espressione di PD1/LAG-3 è stata documentata sui linfociti T CD8+ in pazienti affette da carcinoma dell’ovaio, ed il
duplice blocco di queste vie ha ripristinato la funzionalità delle cellule CD8+ in vitro. PD-1 e LAG3, PD-1 e Tim-3 potrebbero quindi mediare delle differenti pathway coinvolte nella tolleranza e
nell’immunosoppressione nel microambiente tumorale (Topalian S. et al., Curr Opin Immunol
2012).
c. PD-L2
L’altro ligando di PD-1, il PD-L2, è espresso costitutivamente sulle cellule presentanti l’antigene
(APC, antigen presenting cells), come i macrofagi e le cellule dendritiche, su alcune
sottopopolazioni di linfociti B (appartenenti ai centri germinativi ed alle cellule della memoria),
sull’endotelio della vena ombelicale umana e sui fibroblasti colici (dove svolge un ruolo di
soppressione dell’attivazione T linfocitaria nella mucosa del tratto gastrointestinale). L’espressione
di PD-L2 può essere indotta, su cellule dendritiche, monociti, macrofagi, linfociti T attivi e cellule
epiteliali, dalla secrezione delle citochine prodotte dai linfociti Th2 (soprattutto IL-4, IL-13 e IFNγ).
La principale funzione di PD-L2 è d’inibire e regolare la risposte dei linfociti T di tipo Th2 e la sua
attività pare essere maggiormente confinata agli organi linfoidi secondari. Anche le cellule
dell’epitelio alveolare del polmone esprimono elevati livelli di PD-L2 in risposta all’IL-4, prodotta
in seguito all’infezione da parte del virus respiratorio sinciziale. Così come per il PD-L1,
l’interazione tra il PD-L2 ed il recettore PD-1 genera dei segnali di natura inibitoria, con una
conseguente riduzione della sopravvivenza delle cellule T, della loro proliferazione e della
secrezione delle citochine. Il PD-L2 è stato individuato anche nelle cellule stromali (quali i
fibroblasti) e tumorali, in un microambiente tumorale caratterizzato da un’infiltrato linfocitario di
tipo Th2. Anche in questo caso la sua espressione è risultata strettamente dipendente dal rilascio
delle suddette citochine e nel carcinoma dell’esofago l’espressione di PD-L2 (osservata nel 40% dei
pazienti) è stata associata ad una peggiore sopravvivenza (Rozali E.N. et al., 2012).
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1.3 Inibizione della pathway di PD-1/PD-L1
L’utilizzo di anticorpi monoclonali anti-PD-1 ed anti-PD-L1 per il trattamento di alcune neoplasie
solide ed ematologiche in stadio avanzato ne ha dimostrato l’attività e la sicurezza. Questi farmaci
rappresentano una delle strategie più efficaci nel restituire la funzione ai linfociti T divenuti anergici
(a causa dell’immune escape) e per lo sviluppo dei linfociti T della memoria, che possono garantire
una risposta duratura e dinamica, determinando un controllo della progressione del tumore per mesi
o anni, anche dopo la sospensione della terapia stessa (Kamphorst A. O. et al., 2013 e Lipson E. J.
et al., 2013).
L’immunoterapia agisce ri-orientando la risposta endogena del sistema immunitario contro il
tumore, producendo degli effetti duraturi riscontrabili anche dopo il termine della terapia (Lipson E.
J. et al., 2013). Il beneficio clinico ottenuto in pazienti pre-trattati e non, affetti da tumori di vari
istotipi, compreso il carcinoma del polmone non a piccole cellule, tradizionalmente noto per la sua
resistenza ai trattamenti classici, sottolinea la possibilità che diverse neoplasie possano essere
considerate immunogeniche, se la loro presenza evoca un’appropriata attivazione del sistema
immunitario (Topalian S. et al,. 2012 Curr Opin Immunol). Queste evidenze hanno incoraggiato
degli ulteriori studi anche in altre neoplasie tradizionalmente considerate non immunoresponsive,
come il tumore della mammella.
1.4 Pathway di PD-1/PD-L1 nel tumore della mammella
L’espressione di PD-1 nei linfociti infiltranti il tumore (tumor infiltrating lymphocytes, TIL) della
mammella è stata osservata nel 15.8% in una corte di 660 pazienti, come emerso da un’analisi
retrospettiva recentemente pubblicata (Muenst S. et al., 2013). La prevalenza di PD-1 nei TIL è
risultata più elevata nel sottotipo triple negative (27.4%) e più bassa nel sottotipo luminal A (4.7%)
e la presenza di tali infiltrati linfocitari è associata a vari fattori prognosticamente sfavorevoli, come
il T (ovvero la dimensione del tumore), l’N (lo stato linfonodale), il G (grado della neoplasia), il
Ki67 (indice di proliferazione delle cellule neoplastiche), la presenza di metastasi e la negatività
dello stato recettoriale ormonale. I TIL PD-1+ rappresentano un fattore prognosticamente
sfavorevole per la sopravvivenza globale (overall survival, OS) nei sottotipi luminal B (HER2– e
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HER2+) e triple-negative. Nella medesima coorte di pazienti è stata poi studiata l’espressione di
BTLA, un altro recettore co-inibitorio della famiglia di CD28, che inibisce la proliferazione dei
linfociti T e la secrezione delle citochine. I TIL BTLA+ sono risultati presenti nel 23% delle
pazienti, senza svolgere apparentemente un ruolo biologico determinante nel processo
dell’immuno-sorveglianza nel tumore della mammella (Muenst S. et al., 2013). L’espressione di
PD-L1 nel carcinoma mammario è stata oggetto di numerosi studi che hanno generato dei risultati
contrastanti. In un primo articolo pubblicato nel 2006, riguardante una coorte di 44 pazienti il PDL1 è risultato positivo nella metà nel campione, nello specifico a livello tumorale nel 34% ed a
livello dei TIL nel 41% dei casi. L’espressione di PD-L1 è associata a fattori prognostici sfavorevoli
come G3, negatività dello status dei recettori ormonali (ER e PR), mentre la PD-L1 positività nei
TIL è stata correlata a: T, G3, HER2+ e ad una infiltrazione linfocitaria severa (Ghebeh H. et al.,
2006). Altri lavori hanno valutato l’espressione di PD-L1 nelle cellule tumorali e,
sorprendentemente sono emersi dei risultati contrastanti in termini di outcome: il lavoro di Muenst
S. et al. ha evidenziato una peggiore prognosi nei tumori PD-L1+ (Muenst S. et al., 2014), mentre
dal paper di Schalper K. A. et al. si evince che le pazienti i cui i tumori erano positivi per l’mRNA
di PD-L1 presentavano una migliore sopravvivenza libera da progressione (Schalper K. A. et al.,
2014). Questi risultati discordanti mostrano come sia necessario approfondire il ruolo di questa
pathway nel carcinoma della mammella e come al momento non sia possibile stabilire
univocamente
se
questa
rappresenti
la
principale
responsabile
dei
meccanismi
d’immunosoppressione generati in questa neoplasia.
Cinzia Solinas, M.D.
Specialista in Oncologia Medica
Services Médicaux, Molecular Immunology Unit (MIU)
Institut Jules Bordet, Bruxelles
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3. Ghebeh H. et al., “The B7-H1 T lymphocyte-inhibitory molecule is expressed in breast
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6. Muenst S. et al., “The presence of programmed death 1 (PD-1)-positive tumor-infiltrating
lymphocytes is associated with poor prognosis in human breast cancer”, Breast Cancer Res
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8. Rozali E. N.et al., “Programmed Death Ligand 2 in cancer-induced immune suppression”,
Clinical and Developmental Immunology 2012
9. Schalper K.A. et al., “In situ tumor PD-L1 mRNA expression is associated with increased
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10. Topalian S. et al., “Safety, activity, and immune correlates of anti-PD-1 antibody in cancer”,
NEJM 2012
11. Topalian S. et al. “Targeting the PD-1/B7-H1 (PD-L1) pathway to activate anti-tumor
immunity”, Curr Opin Immunol, 2012
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