Istologia 18 – Sistema immunitario Il sistema immunitario è un sistema formato da una complessa rete di molecole e cellule. Esso si è sviluppato nel corso dell’evoluzione per difendere l’organismo da qualsiasi forma di pericolo chimico, traumatico o infettivo. Esso è capace di individuare strutture che non costituiscono un pericolo (self) e quelle che invece si dimostrano nocive per l’organismo (non-self). Si possono distinguere due aree del sistema immunitario: Immunità aspecifica (innata) Immunità specifica (o acquisita o adattativa). Immunità aspecifica o innata È la più antica, in quanto si è sviluppata passo passo con l’evoluzione dell’essere umano, ed è l’impalcatura fondamentale del sistema immunitario. Ha infatti, due funzioni essenziali: da un lato, è la prima linea di difesa dell'organismo contro il non-self; dall’altro, è l’innesco per la risposta immunitaria specifica. L’immunità aspecifica si occupa anche di rimuovere le strutture self danneggiate o consumate (come gli eritrociti). All’interno dell’immunità aspecifica si riconoscono misure difensive di tipo: Fisico-chimico, costituite da: Barriere anatomiche epiteliali e mucose Secrezioni esocrine (es. saliva) Cascata del complemento. Biologico, costituite da numerose specie cellulari prevalentemente della linea mieloide, ma anche della linea linfoide. L’immunità innata risponde immediatamente e velocemente ad un vasto numero di agenti patogeni grazie al riconoscimento di antigeni non-self estremamente diffusi in natura. Ad esempio, il lipopolisaccaride batterico (LPS) viene riconosciuto velocemente dalle cellule dell’immunità innata, perché, nel corso dell’evoluzione, è stato sempre associato ai batteri. Stessa cosa per l’RNA a doppia elica, che è sempre nonself. Tuttavia, essa ha anche diversi svantaggi: Presenta un’efficacia non sempre ottimale nell’eliminazione di numerosi agenti patogeni (dotati ad es. di profili molecolari leggermente diversi da quelli contro i quali si è evoluta l’immunità aspecifica) Non riesce ad adattarsi alle contromisure sviluppate dai microrganismi patogeni. Scarsa capacità di discriminazione tra self e non-self, che determina lo sviluppo di danni tessutali spesso sproporzionati rispetto all’entità dello stimolo immunogeno (infezione). Un discorso a parte, nell’ambito dell’immunità innata, va fatto per il sistema del complemento. Sistema del complemento Questo sistema è molto antico dal punto di vista evoluzionistico. È un insieme di circa 20 proteine che circolano nel sangue. La sua attivazione comincia da quella chiamata C3 che poi attiva tutte le altre. Si può avviare C3 attraverso due sistemi: o dal contatto col legame antigene anticorpo (solo IgG ed IgM) o dal contatto con il lipopolisaccaride delle pareti batteriche. Il complemento attivato ha come effetti il richiamo di cellule infiammatorie, la lisi di alcuni batteri e l’opsonizzazione di molti patogeni. Istologia 18 – Sistema immunitario 1 Immunità specifica o acquisita o adattativa È quella evolutivamente più recente e, a differenza di quella innata, deve essere in grado di riconoscere tutti gli antigeni estranei presenti in natura e in grado di interagire con l’organismo. La risposta che l’immunità specifica mette in atto in questi casi può essere di due tipi: Risposta umorale Risposta cellulo-mediata Si tratta non di due risposte distinte, ma di due processi che cooperano e interagiscono tra di loro. Risposta umorale1 É più veloce, ma meno potente. È gestita dai linfociti B. I linfociti B hanno recettori di membrana molto specifici per il non-self. Tuttavia, ogni linfocita B sa riconoscere solo un antigene estraneo. La risposta umorale avviene in diverse tappe: 1. I linfociti B neoformati raggiungono i linfonodi e qui rimangono fin quando non giunge loro l’antigene per cui sono specifici. Il legame tra antigene e BCR li attiva. 2. In seguito all’attivazione, il linfocita B prolifera (cioè, va incontro ad una serie continua di mitosi) e produce una serie di cellule tutte uguali e, pertanto, tutte immunocompetenti verso lo stesso antigene. Questo gruppo di cellule prende il nome di clone. 3. Metà delle cellule del clone accresce il RER e l’apparato di Golgi e si trasforma in una plasmacellula. Questa si mette a produrre anticorpi (con la stessa specificità del BCR2). Gli anticorpi vengono liberati nella linfa, raggiungono il torrente circolatorio e passano nei fluidi tissutali pronti a inattivare quello specifico antigene not-self che ha scatenato tutta la reazione immunitaria. L’altra metà delle cellule del clone rimane quiescente e va a costituire le cellule B della memoria immunologica. Di conseguenza, se prima c’era un solo linfocita B immunocompetente verso quel dato antigene, dopo la formazione del clone ce ne sono migliaia pronte ad attivarsi qualora lo stesso antigene dovesse penetrare di nuovo nell’organismo; in questo caso l’eliminazione avverrebbe molto più rapidamente. Immunoglobuline Sono gli anticorpi prodotti dai linfociti B. Sono formati da due catene leggere e due pesanti disposte in modo da formare una Y. Ogni immunoglobulina è specifica per un solo antigene. Tuttavia la regione davvero specifica è solo la parte ramificata della Y e prende il nome di Fab (Fragment antigen binding). L’altra parte invece è uguale per tutte le immunoglobuline e si chiama Fc (frammento costante). Esistono cinque tipi di immunoglobuline a seconda delle catene pesanti che le costituiscono: IgG: le più comuni (95% delle Ig totali). Attivano il complemento e vengono riconosciute da macrofagi e neutrofili; IgA: sono sempre in coppia e sono legate ai secreti esocrini; IgD: sono recettori di membrana dai linfociti B; IgM: sono le più antiche, ma anche le più veloci. Si presentano in cluster di 5 unità (per questo sono dette anche macroglobuline) e sono capaci di attivare il complemento. Possono anche fare da recettore di superficie. IgE: sono dirette contro gli allergeni. 1 Con il termine umore i medici del ‘700 indicavano le sostanze presenti nei fluidi biologici. In realtà gli anticorpi prodotti dopo l’attivazione sono molto più specifici delle immunoglobuline di superficie, perchè tra i tanti fenomeni che seguono l’attivazione ce n’è uno chiamato ipermutazione somatica che consiste in un editing delle immunoglobuline che le rende molto più specifiche per l’antigene. 2 Istologia 18 – Sistema immunitario 2 Risposta cellulo-mediata È gestita dai linfociti T. La risposta messa in atto è diversa a seconda del tipo di linfocita T che la gestisce. In particolare, distinguiamo: Risposta mediata da linfociti T-helper (TH - CD4+) Risposta mediata da linfociti T-citotossici (TC – CD8+) Risposta mediata da linfociti non TH e non TC Risposta mediata da linfociti TH Inizia grazie alle cellule presentanti l’antigene (APC – Antigen Presenting Cells). Si tratta di cellule capaci di inglobare materiale estraneo. Dopo averlo inglobato, lo sottopongono a proteolisi controllata, attraverso cui spogliano l’antigene complesso di tutto ciò che non serve per l’attivazione del sistema immunitario. La parte “utile” (detta epitopo) viene quindi esposta sulla membrana di queste cellule insieme ad un complesso molecolare chiamato MHC-II (vedi dopo). Le principali APC sono le cellule dendritiche (o interdigitate). Si tratta di cellule che catturano materiale estraneo dai tessuti. Per questo, assumono nome diverso a seconda del distretto (un esempio sono le cellule di Langherans nell’epidermide). Da questo punto in pui, avvengono diversi avvenimenti: 1. I linfociti TH riconoscono il complesso antigene + MCH II sia grazie al TCR che ad altri recettori specifici per tale complesso3. 2. In seguito al riconoscimento di questo segnale, il linfocita T H prolifera e forma un clone di linfociti T, pronti ad avviare la risposta. 3. Analogamente a quanto avviene per i linfociti B, un parte del clone è costituita da cellule delle memoria immunologica, una parte si differenzia invece in linfociti TH effettori. Questi si differenziano per produrre fattori solubili nel plasma che hanno la funzione di sostenere e promuovere la risposta immunitaria (non solo cellulo-mediata). Si tratta delle linfochine, una categoria delle citochine. Le linfochine più importanti sono: Interleuchina-2 (IL-2). Sostiene la proliferazione dei linfociti T (di entrambi i tipi) e l’accrescimento del clone; Interleuchina-3 (IL-3). Stimola la crescita delle cellule ematopoietiche; Interleuchine-4 e -5 (IL-4 e -5). Stimolano la proliferazione e la maturazione dei linfociti B e sostengono la produzione di anticorpi. Interferone γ. Si tratta di una potente molecola antivirale che interagisce con le cellule infettate da un virus e ne blocca la replicazione. In questo modo, arresta quindi la capacità dell’acido nucleico virale di esprimersi. Nei casi più gravi (in cui la cellula sia già compromessa) ne induce la morte per l’apoptosi; Fattori di crescita. Tra questi, riveste un ruolo importante il GM-CSF (Granulocyte and Monocyte Colonies Stimolating Factor) , fattore che stimola il differenziamento dei precursori di granulociti e monociti, orientando l’emopoiesi verso la produzione di cellule che compartecipano all’eliminazione degli ospiti indesiderati; 3 Il segnale funziona solo se l’antigene not-self è presentato insieme alle molecole di classe seconda dell’MCH; qualora l’antigene not-self da solo ingrani con il TCR, il T helper muore per apoptosi e si ha l’arresto della risposta immunitaria. Istologia 18 – Sistema immunitario 3 MMIF (Macrophage Migrating Inhibiting Factor). È un fattore che ha la funzione di bloccare il cammino dei macrofagi quando questi raggiungono la sede di una risposta immunitaria, in modo da concentrali nella sede dove è necessario il loro lavoro. In base a quali di queste linfochine producono maggiormente, possiamo distinguere i linfociti TH in: TH 1, che producono prevalentemente i fattori attivanti i macrofagi e linfociti CD8+; TH 2, che producono per la maggior parte i fattori attivanti le plasmacellule e i granulociti. Risposta mediata da linfociti TC Non hanno bisogno delle APC. Riconoscono, infatti, un antigene not-self presente in un MCH-I. Un tipico meccanismo che coinvolge i linfociti TC è quello che coinvolge le cellule infettate da virus. Si tratta di un processo a tappe: 1. Sulla propria membrana, le cellule infettate cominciano ad esprimere proteine del virus. Inoltre, dato che un virus quando infetta una cellule il più delle volte inserisce il proprio DNA in quello del nucleo, si ha la produzione e l’esposizione da parte della cellula di molecole not-self4; 2. Il linfocita T CD8+ percepisce il duplice messaggio rappresentato dalle molecole della classe prima e dall’antigene estraneo ed uccide la cellula tramite molecole, dette perforine, che sono delle fosfolipasi, formando dei fori nella membrana cellulare della cellula bersaglio, che si rompe ed esplode. Risposta mediata da linfociti non TH e non TC Svolgono una funzione simile a quella dei linfociti TC e si trovano preferenzialmente all’interno degli epiteli di rivestimento, soprattutto quelli che tappezzano le cavità interne dell’organismo. Rappresentano una “prima linea” di difesa contro la penetrazione di agenti esterni not-self; sono le prime ad intervenire quando le cellule dell’epitelio di rivestimento vengono infettate dal virus comportandosi esattamente come linfociti CD8+: riconoscono la classe prima dell’MCH assieme all’antigene estraneo, uccidendo la cellula ospite5. Risposta delle cellule Natural Killer (NK) La risposta immunitaria dei grandi linfociti (Natural Killer – NK) ha dei meccanismi diversi, che si avvalgono sia delle vie dell’immunità innata che di quelle dell’immunità specifica. Operano in due modi: La prima via prende il nome di ADCC (Antibody Dependent Cellular Citotoxicity - Citotossicità cellulare dipendente da anticorpi). La cellula NK, infatti, possiede la capacità di fissare sulla propria superficie degli anticorpi (questo avviene tramite recettori per il frammento costante delle immunoglobuline che, però, sono completamente diversi da quelli del linfocita B o da quelli dei macrofagi). Se c’è una cellula che porta sulla propria superficie un qualsiasi antigene legato ad un anticorpo capace di incastrarsi con i recettori situati sulla cellula NK, questa ci 4 I virus, a differenza dei batteri o dei funghi, non possiedono un proprio apparato proteosintetico. Per questo, hanno bisogno di infettare una cellula e sfruttare il RER e il Golgi di quella cellula per le proprie esigenze. A causa di questo loro comportamento, i virus sono detti parassiti endocellulari obbligati. 5 Si ritiene che questi linfociti svolgano anche un ruolo nel sorvegliare l’integrità delle cellule epiteliali prevenendo, per esempio, l’insorgenza di tumori. Quando una cellula epiteliale subisce una mutazione potenzialmente in grado di dare origine ad un tumore essa si modifica fenotipicamente; in conseguenza di ciò produce delle proteine di membrana (indicatori di stress) che vengono riconosciute come estranee dai linfociti non-CD4-non-CD8 che è nelle vicinanze la aggredisce e la uccide. Istologia 18 – Sistema immunitario 4 si aggancia e la uccide6. La seconda modalità permette loro di svolgere un compito di immunosorveglianza. Le cellule NK, infatti, possiedono sulla superficie dei recettori capaci di riconoscere la classe prima dell’MCH. Passano dal sangue ai tessuti dove girano e toccano tutte le cellule che incontrano. Se la cellula che incontrano ha la classe prima giusta, la NK, dopo esservisi attaccata, riconosce il segnale self e subito se ne distacca passando alla cellula accanto. Se la classe prima è alterata7, la cellula NK, una volta attaccatasi alla cellula e riconosciuto il segnale anomalo, uccide la cellula. Questo meccanismo di azione è anche definito come meccanismo a parola d’ordine8. Si ritiene che il sistema d’azione attuato dalle cellule NK sia rapidissimo perché non ha bisogno della formazione del clone e, quindi, che si creino cellule effettrici ma può avvenire nel momento stesso in cui entra in contatto con la cellula alterata. Per questo la cellula NK rappresenta un importante meccanismo di difesa di prima linea e si ritiene che essa preservi il nostro organismo dallo sviluppo continuo di cellule tumorali 9. Sistema MCH Tutti i linfociti descritti, per riconoscere l’ “identità” self o non-self della cellula, sfruttano alcuni complessi nella membrana cellulare. Di questi, il più importante è il sistema MHC (Major Histocompatibility Complex – Complesso maggiore di istocompatibilità). Si tratta di un sistema di glicoproteine di membrana fatte per dare modo ai linfociti di distinguere il self dal non self. Esistono due tipi, due classi, di MCH. MCH classe I. È una glicoproteina espressa da tutte le cellule. All’MHC-I la cellula lega alcune sostanze tipiche del suo metabolismo. In questo modo ogni cellula nel nostro corpo espone la stessa glicoproteina di base, ma cambia da cellula a cellula il prodotto ad essa legato. L’ MCH-I viene letto dai linfociti TC, che sanno capire quando una cellula è self o non- self a seconda del tipo di prodotto legato al suo MCH. L’MHC-I lega peptidi la cui origine è intracellulare. Un linfocita T CD8+ può, quindi, analizzando i peptidi legati all’MHC-I, farsi un’idea del metabolismo interno della cellula. MCH classe II. È espresso solo dalle cellule presentanti l’antigene (APC). Esse infatti legano l’antigene purificato alle glicoproteine dell’MCH classe II. I linfociti TH sanno leggere queste glicoproteine grazie al TCR in associazione al recettore CD4. È solo un supporto per il caricamento di antigeni da parte delle cellule che li presentano. Serve a far capire ai linfociti dotati di CD4 che quello è l’antigene contro cui devono attivarsi. 6 In altri casi gli anticorpi sono presenti già sulla membrana della cellula NK e vengono da questa utilizzati come recettori per antigeni non legati al proprio specifico anticorpo. 7 Questo può essere dovuto a tanti motivi; per esempio potrebbe trattarsi di una cellula not-self o di una cellula self trasformata in senso neoplastico. 8 Le cellule NK non necessitano di riconoscere un doppio segnale per entrare in azione come i linfociti T citotossici, è sufficiente che esse riconoscano la classe prima alterata. 9 Si è calcolato che, grosso modo, un individuo sviluppa almeno una decina di cellule tumorali al giorno potenzialmente in grado di originare un vero e proprio tumore. Ciò non succede per via del fatto che le cellule NK (in prima linea) e le cellule citotossiche (in seconda linea) lavorano incessantemente. Istologia 18 – Sistema immunitario 5 Patologie del sistema immunitario Alterazioni della funzionalità del sistema immunitario portano allo sviluppo di tre classi di malattie: Immunodeficienze. Sono patologie causate dalla mancanza o dall’inefficienza congenita o acquisita per via infettiva (es. AIDS) o farmacologica di una o più branche del sistema immunitario. Malattie immuno-mediate. In questo caso il sistema immunitario è strutturalmente normale, ma la sua funzionalità è alterata al punto da compromettere l’organismo, invece che difenderlo. Tra le malattie immuno-mediate è possibile distinguere: Reazioni di ipersensibilità e allergie: si tratta di patologie che si sviluppano in seguito ad un’abnorme attività del sistema immunitario in risposta ad antigeni innocui (definiti allergeni). Malattie autoimmuni: patologie in cui il sistema immunitario si attiva nei confronti del self distruggendolo. Neoplasie del sistema immunitario. Gli intensi fenomeni replicativi che caratterizzano le cellule del sistema immunitario per tutta l'esistenza dell'individuo, rendono conto della frequenza relativamente elevata con cui si sviluppano neoplasie a carico della linea linfoide o mieloide. Vaccinazione Il meccanismo di base della vaccinazione prevede l’iniezione di una tossina vaccinale inattivata (incapace di dare infezioni) per stimolare la formazione del clone che, qualora si dovesse stabilire l’infezione, agirà sulla tossina vera prima che questa determini la malattia. Istologia 18 – Sistema immunitario 6
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