Traccia Unitaria per assemblee Alle strutture Quando in primavera è partito il percorso di rinnovo del Contratto Nazionale del credito a sindacato e lavoratori era molto chiaro quanto aspra e dura sarebbe stata la vertenza. ABI da subito ha messo in evidenza un suo unico obiettivo: o salario o occupazione. Una posizione che abbiamo respinto, sostenendo che esiste la possibilità di coniugare i due aspetti con un diverso e nuovo modello di banca. E’ per questo che abbiamo presentato un progetto integrativo della Piattaforma, un nuovo modello di banca al servizio del Paese, con un’idea di banca competitiva, efficiente e più moderna, per far fronte alle esigenze del Paese e alla necessità di dare un segnale di crescita dell’occupazione. In sostanza noi riteniamo che di fronte alla crisi sia indispensabile tutelare la categoria attraverso: Ø Ø Ø Ø Ø difesa dell’occupazione; un adeguato incremento salariale; il contrasto dell’assenza di modelli di rifermento e di sviluppo; l’intercettazione di nuove leve produttive; la sollecitazione alle azienda ad assumere interventi socialmente sostenibili e non diretti solo alla remunerazione degli azionisti. In due diverse sessioni nelle quali (anche con il supporto di dati/materiale/consulenza di Prometeia) si sono evidenziati i costi derivanti dalle normative europee, dalle nuove fiscalità, le SFIDE derivanti dalla multicanalità, la bassa redditività e la crescita esponenziale del credito problematico, l’ABI ha speso poche parole su progetti di sviluppo, ma molte immagini e analisi che puntavano alla necessità di uno strutturale taglio di costi e di persone. Questa la via a “senso unico” scelta da ABI già dal 16 settembre 2013, con la disdetta del CCNL e il collegato rischio di privare la categoria del Fondo di Sostegno al reddito. Infatti la disdetta del CCNL è stata accompagnata da documenti e affermazioni prive di dettagli specifici ma chiare e puntuali negli obbiettivi politici e sindacali e provocatorie nelle modalità. Il rischio corso nel caso in cui fosse venuto a mancare il Fondo di sostegno al reddito, che ha finora gestito l’uscita di circa 30.000 lavoratori (l’organico del settore è diminuito di 48.000 addetti), era una forma di pressione, ma del tutto priva di concretezza, dato il generale interesse per la sua sopravvivenza. La grande adesione allo sciopero del 31 ottobre 2013 ha fornito una risposta così convincente da imporre ad ABI la sottoscrizione dell’accordo di rinnovo del Fondo di Solidarietà, la sospensione della disdetta del Contratto Nazionale e l’individuazione 1 della data del 30 settembre 2014 come termine per la disdettabilità del CCNL (prorogata poi al 31 dicembre 2014, dopo l’accordo sulla tabellizzazione dell’EDR). Oggi portiamo in categoria le tappe di una trattativa che noi abbiamo condotto chiedendo, in linea con la Piattaforma, il riconoscimento del potere d’acquisto, innovazioni per tutelare l’occupazione del settore e un ampliamento dei demandi alla contrattazione di secondo livello. Abbiamo iniziato la trattativa criticando: Ø il taglio ai servizi commerciali; Ø l’insufficienza della qualità della consulenza fornita contraddizione con quanto dichiarano negli spot; Ø l’ulteriore aumento delle pressioni commerciali; Ø il ricorso a troppe esternalizzazioni. alla clientela, in Le inefficienze nei confronti della clientela non sono giustificabili data l’ampia distribuzione di orari e le vaste possibilità di somministrare formazione finanziata di cui già dispongono LE BANCHE, anche per la riconversione degli over 55, che DOPO la riforma Fornero, dalle AZIENDE tanto applaudita, resta personale da rottamare. Efficienza, affidabilità, qualità, specializzazione sono temi sui quali il sindacato è interessato a intervenire per comprendere se questa sorta di “apparente pigrizia progettuale” delle banche sia dettata dalla scelta di adottare la soluzione più semplice del taglio di teste e costi o da una reale mancanza di condivisione dell’impegno a individuare strumenti anticrisi sostenibili. La sfida di questo rinnovo del CCNL deve quindi essere quella di stimolare lo sviluppo per difendere l’occupazione e garantire alla categoria l’adeguamento della retribuzione. Al tavolo di rinnovo del CCNL abbiamo però trovato una controparte che di fatto non ha mai consentito di entrare nel merito delle questioni e che, inoltre, è stata sempre sorda alla nostra richiesta di interventi di coerenza sulle retribuzione dei manager. ABI ha inoltre dichiarato di voler introdurre nel contratto le nuove previsioni della riforma del lavoro, una volta divenute esecutive. Se tra le misure attuative della legge delega, nota come JOBS ACT, dovesse concretizzarsi nella revisione della disciplina delle mansioni il demansionamento, questo diventerebbe uno strumento non negoziabile ai nostri tavoli di confronto, con cui intervenire in caso di crisi per diminuire gli esuberi. In tale contesto, ABI propone di assegnare al secondo livello o addirittura ai contratti di prossimità, tematiche che costituiscono l’ossatura della contrattazione nazionale come l’Area Contrattuale e di utilizzare in ultima analisi le deroghe (al CCNL ed alla legge) previste dal famigerato art. 8 del DL 138/2011. Una sorta di deregolamentazione generale senza declinarne gli obiettivi e le finalità. Un atto politico forte e con un indirizzo chiaro di strumentalizzazione della crisi per un alleggerimento delle regole e delle tutele. Per noi il secondo livello di contrattazione deve però essere esigibile e non essere nei fatti sostituito da una contrattazione aziendale “al bisogno o on demand” che sotto le procedure di ristrutturazione, coinvolge molti temi, deregolamentandone altri come i percorsi professionali che sono ormai stati disdettati ovunque. Il sindacato quindi non rifiuta una crescita della contrattazione decentrata, anzi la considera indispensabile per valorizzare le lavoratrici e i lavoratori di specifiche realtà, ma ritiene che debba comunque sempre avere solide e concrete basi di riferimento 2 normativo nel Contratto Nazionale, la cui centralità non può essere posta in discussione. L’ABI dichiara la volontà di mantenere il valore del Contratto Nazionale, ma le posizioni rassegnate pongono seri dubbi rispetto a questa dichiarazione, considerato che emergono in una situazione di estrema complessità nel Paese, dove il Governo attua politiche che revisionano profondamente il mercato del lavoro, ma rifiuta il dialogo con il sindacato e le parti sociali in generale. Un atteggiamento che produce effetti negativi nelle categorie, dove si registra una progressiva difficoltà a sottoscrivere rinnovi dei Contratti Nazionali per il persistente tentativo delle parti datoriali di favorire la contrattazione aziendale, sostitutiva e non integrativa del livello nazionale. E’ evidente come le proposte provocatorie messe sul tavolo da ABI in tema di salario, area contrattuale e inquadramenti penalizzino fortemente in modo particolare i giovani, i neoassunti e coloro che hanno minore anzianità di servizio tentando di spaccare la categoria e porre in questo rinnovo contrattuale i giovani contro i più anziani e viceversa. E’ solo difendendo tutti insieme i valori fondanti del nostro contratto che si tiene unita tutta la categoria. La mobilitazione indetta contro l’ABI trova quindi origine in un atteggiamento della parte datoriale che pone sotto attacco il CCNL del credito e l’esistenza stessa della categoria, in un momento di profonda difficoltà economica dovuta alla crisi, in cui è sempre più esteso il tentativo di svilire il sindacato e rompere l’efficace sistema di relazioni sindacali che ha consentito nel tempo di governare situazioni estremamente complesse. In queste condizioni definire un rinnovo del CCNL con soluzioni che lo valorizzino è indispensabile. Questo è il nostro obiettivo, ma per raggiungerlo l’ABI deve impostare il confronto senza anteporre inaccettabili pregiudiziali, pertanto finché rimarranno, noi proseguiremo con la mobilitazione, fino alla proclamazione dello sciopero generale della categoria, per il quale abbiamo individuato come data possibile venerdì 30 gennaio. Di seguito forniamo dei dettagli relativi ai vari aspetti della trattativa evidenziando le profonde distanze che si sono registrate tra le proposte sindacali e le posizioni espresse dall’ABI: riteniamo possano essere una traccia utile per le assemblee unitarie che si terranno su tutto il territorio nazionale e che auspichiamo capillari e partecipate. Roma, 22 dicembre 2014 SEGRETERIE NAZIONALI DIRCREDITO FABI FIBA/CISL FISAC/CGIL SINFUB UGL UILCA UNISIN 3 Area Contrattuale e Occupazione In tutte le proposte del sindacato emerge in modo trasversale la necessità di valorizzare e favorire i Giovani già in servizio e il loro ingresso nel settore. In proposito assume enorme rilievo il tema dell’Occupazione che è prioritario nella Piattaforma e si intreccia in modo evidente e profondo con quella dell’Area Contrattuale. In tale ambito abbiamo ovviamente pensato a misure “difensive”, che contrastino la perdita di posti di lavoro, dovuta alle dichiarazioni di esuberi e a mancate assunzioni, ma in buona misura anche per operazioni esternalizzazioni fuori dal settore del credito. Per questo ci sono precisi riferimenti all’Occupazione nella proposta avanzata nella Piattaforma di ampliare la nozione di controllo e quindi di considerare “controllata” l’impresa che, avendo tra i soci imprese creditizie e/o finanziarie, svolga attività ricomprese prevalentemente nell’Area Contrattuale, grazie alle quali trae sussistenza economica. Lo stesso discorso a favore dell’Occupazione vale per la richiesta di allargamento dell'Area Contrattuale a tutti i soggetti e alle attività sottoposte alla vigilanza della Banca d'Italia o della Consob (che poi sono le SGR, SIM, SICAV, Società finanziarie). Per contrastare gli effetti della crisi sui lavoratori, il sindacato deve trovare strumenti innovativi e anche il rafforzamento dell’Area Contrattuale va in questa direzione: mantenere nel settore lavorazioni e professionalità importanti in contrasto con la tendenza di ABI, frutto di una visone frettolosa e di corto respiro, di cedere importanti presidi produttivi. In tale ambito di inserisce anche la necessità di una verifica preventiva della sussistenza dei requisiti richiesti per la cessione di ramo d’azienda e che le informative sulle esternalizzazioni debbano essere fornite in qualunque fattispecie, superando il limite attuale che le collega solo alle ristrutturazioni rilevanti. Vanno nella stessa direzione gli interventi da noi proposti su distacchi, insourcing, tempi di presentazione e coerenze dei piani industriali. L’ABI a queste richieste risponde con netti rifiuti. Il settore del credito è l’unico a prevedere nel CCNL l’ambito di applicazione dello stesso: le norme dell’Area Contrattuale furono il risultato di 90 ore di sciopero della categoria e del famoso lodo Donat Cattin (allora ministro del Lavoro) del 1990, che impedirono e scongiurarono lo smantellamento del settore del credito. L’omogeneizzazione nell’Area Contrattuale delle attività svolte nel settore del credito, ha rappresentato da allora l’elemento di unità di tutta la categoria, con le sue regole che hanno permesso di governare i tanti processi di ristrutturazioni e garantire i lavoratori coinvolti. L’ABI sul tema Area Contrattuale, in netta opposizione alle nostre richieste, propone: - di estendere l’area dei contratti complementari; - di rivedere la regolamentazione delle attività appaltabili e renderla meno vincolante; - di utilizzare forme di lavoro autonomo nelle attività della Rete. I primi due punti comportano sostanzialmente il passaggio di tutte le attività regolate oggi all’art. 2 nella disciplina dell’art.3 del CCNL. Inoltre, ABI propone di affrontare, attraverso la contrattazione di prossimità, eventuali ulteriori necessità di aggiustamento a livello di Azienda/Gruppo delle problematiche legate all’Area Contrattuale. L’impostazione di ABI si basa esclusivamente sulla necessità di parte datoriale di potersi confrontare con il mercato delle opportunità di flessibilità (non solo salariali) e di poter concorrere con altre forme contrattuali di altri settori: Area Contrattuale da ridisegnare profondamente come alternativa alle uscite di attività dal settore (e dunque dal suo CCNL). Abbiamo respinto e respingeremo con la 4 mobilitazione l’impostazione di ABI che comporterebbe la potenziale uscita dal perimetro contrattuale del CCNL del Credito di almeno 70.000 lavoratori. Circa poi gli interventi diretti a sostenere l’occupazione, va sottolineato con grande forza e determinazione a tutti, Governo compreso, che questo settore ha creato meccanismi fortemente innovativi come il FOC (Fondo per l’Occupazione istituito con il CCNL del 2012) che ha consentito di assumere e stabilizzare oltre 9.000 giovani di cui circa il 57% donne (ad oggi 9.189 con un investimento di circa 73 mln di euro) negli ultimi 3 anni. Questo dato è molto importante, ma è inferiore agli obiettivi che ci eravamo posti prima dell’acuirsi della crisi; riteniamo pertanto che l’azione del FOC vada ulteriormente ampliata e valorizzata, anche aumentando il contributo del top management (attualmente al 4%) per sfruttare al meglio le risorse attuali e future, frutto di un gettito prevalente dei lavoratori e delle lavoratrici del settore. Anche le Consulenze esterne sono un elemento di indebolimento dell’occupazione e di forte incidenza sui bilanci aziendali; è per questo che in Piattaforma prevediamo sessioni informative su lavorazioni interessate, relativi costi, durata dei contratti di consulenza esistenti: tema questo posto al tavolo e che deve riproporsi con forza nella discussione in categoria. Contrattazione di secondo livello Strettamente collegata alla nostra impostazione per un “nuovo modello di banca” è la richiesta in piattaforma del rafforzamento dei due livelli di contrattazione: contrattazione nazionale e contrattazione di gruppo/aziendale. Infatti per raggiungere molti dei nostri obiettivi contrattuali come ad esempio l’individuazione di nuove figure contrattuali, gli inquadramenti, la formazione professionale certificata attraverso l’analisi dello sviluppo delle competenze soggettive, sarà necessario un quadro di riferimento nazionale che eviti la deregolamentazione ma anche e soprattutto una forte declinazione a livello aziendale e/o di gruppo che garantisca soluzioni adeguate alle diverse realtà organizzative. Per tale motivo, a livello nazionale ci dovranno essere presidi normativi in grado di impedire gli eventuali tentativi di destrutturare le normative generali ma nello stesso tempo agevolino la contrattazione di secondo livello attraverso una specifica regolamentazione che consenta alla categoria e a tutti i singoli lavoratori di essere tutelata rispetto alla inevitabile nuova organizzazione del lavoro. Come è noto infatti i contratti aziendali e di gruppo possono prevedere norme e/o articolazioni contrattuali particolari attraverso intese sindacali modificative di regolamentazioni disciplinate dal CCNL nell’ambito dei demandi ivi previsti. Quindi escludiamo esplicitamente ogni deroga alle normative di legge e prevediamo che le discipline modificabili in sede di contrattazione di secondo livello siano specificatamente individuate e adeguatamente motivate. Sistema incentivante e premio variabile di risultato Per raggiungere il nostro obiettivo di riconquistare la piena titolarità negoziale su tutto il salario è necessario prevedere la possibilità di proporre il “premio variabile di risultato” ad iniziativa di entrambe le parti contraenti. 5 Pertanto abbiamo previsto un modello di riferimento che, sulla falsariga di quanto fatto per il Vap, agevoli la trattativa in azienda/gruppo (individuazione del montante complessivo del premio, individuazione del premio base da ripartire fra tutti i lavoratori, individuazione del premio per obiettivi). Nel caso di accordi, che su base volontaria ed individuale prevedano la destinazione parziale del premio aziendale a Welfare, questi dovranno essere ricompresi all’interno del premio base fermo restando che tali accordi dovranno essere su base volontaria ed individuale. Ulteriore obiettivo è il rafforzamento della contrattazione del sistema incentivante. Pressioni commerciali Facendo riferimento alle previsioni dell’art.51 (Mifid) abbiamo richiesto che venga inserito nel CCNL il divieto di pratiche che promuovono pressioni commerciali indiscriminate. Premio aziendale La contrattazione del premio aziendale in questi ultimi anni si è evoluta in alcune aziende del settore anche attraverso la contrattazione di possibili varianti all’erogazione monetaria diretta in busta paga. Attraverso tali prassi si è consentita la possibilità di un migliore trattamento fiscale per una parte della retribuzione contrattata, con l’individuazione di destinazioni alternative che hanno rafforzato il “sistema di welfare aziendale”. Si pensi per esempio alla possibilità di devoluzione di somme legate ad esigenze e spese familiari come il pagamento di rette universitarie o simili contrattata in alcune aziende o gruppi. Anche in questo caso però andrà inserita a livello nazionale la previsione che tale devoluzione di parte del premio debba essere sempre individuale e volontaria. In tal modo il welfare aziendale potrà diventare strumento per la creazione di condizioni di miglior gestione delle problematiche familiari fermo restando l’ambito pensionistico, sanitario e ricreativo attuale che dovrà essere difeso e rafforzato. Parte economica Com’è noto, la richiesta in Piattaforma si sostanzia in un riconoscimento di incremento salariale del 6,05%, risultato del recupero del differenziale inflattivo relativo al periodo 2011/I sem. 2014 (1,40%) cui si aggiungono le previsioni II sem. 2014/I sem. 2017 (4,65%). Nella nostra costruzione evidenziamo che: Ø Ø Ø consideriamo, ai fini del recupero del potere di acquisto, anche il 2011; per il 2014: I sem. 0,45%; II sem. 0,45% (tot. 0,90%); per il 2015: 1,8%. 6 Da parte di ABI viene contestata in toto la nostra costruzione: Ø si esclude un recupero relativamente al 2011, perché assorbito dal rinnovo salariale del 2012; Ø si ritengono non condivisibili i dati inflattivi della Piattaforma, evidenziando la possibilità di indici deflattivi per il 2014 e 2015; Ø si ritiene infine di considerare come possibile un indice diversamente costruito di incremento pari al 3,70% che, al netto di recuperi “a favore” delle aziende pari all’1,85% per quanto riguarda il pregresso, potrebbe prefigurare un dato complessivo finale di aumento proposto da ABI pari all’1,85% corrispondente a circa 53 euro!!! Ciò premesso, ABI negli ultimi incontri ha dichiarato, ponendo la questione come pregiudiziale al proseguimento del negoziato: Ø che “per quanto attiene al rapporto tra dinamica salariale e occupazione va ribadito che il costo del lavoro non può crescere e che, allo stato, non è possibile assumere impegni a livello nazionale a garanzia dell’occupazione”; Ø che l’eventuale riconoscimento economico (53 euro) dovrebbe essere riconosciuto al termine della valenza contrattuale sulla base dei dati inflattivi reali. Ø che vada consolidato il calcolo TFR, dal 1 gennaio 2015, limitandolo alle voci stipendio, scatti di anzianità ed ex ristrutturazione tabellare; Ø che si abolisca ogni dinamica di incremento degli scatti di anzianità con decorrenza 1 gennaio 2015; Ø che si superi ogni forma di automatismo di carriera (ma il CCNL vigente ne prevede uno solo) e di indennità. L’impostazione di ABI, da noi respinta con fermezza, è quella che ha portato alla rottura del negoziato il 25 novembre u.s.: l’esistenza stessa di elementi pregiudiziali non può consentire un negoziato, considerato che ogni trattativa deve prevedere tra le parti al tavolo una pari dignità che l’impostazione dell’ABI mina in premessa. Abbiamo valutato la richiesta di cancellazione degli scatti di anzianità e di una revisione complessiva delle voci di calcolo del TFR: la volontà dell’ABI di ridurre in modo strutturale il costo del lavoro costituisce una base impraticabile del confronto, soprattutto di fronte a una ventilata, ma quanto mai incerta, allo stato attuale, possibilità di recupero attraverso la contrattazione aziendale o di Gruppo, rispetto alla quale la parte datoriale non ha voluto dare indicazioni su come intenderebbe strutturarla. E’ evidente che non sfugge al sindacato la necessità di rivedere, alla luce dei dati definitivi del 2014 e delle previsioni per il 2015 e per gli anni a seguire, il dato complessivo della richiesta che sarebbe ipotizzabile ritarare rispetto alla costruzione della Piattaforma. Ad oggi, secondo dati ancora non definitivi, il nuovo calcolo sarebbe il seguente: Ø il recupero del triennio risulterebbe più basso di pochi decimali (atteso il dato 2014 I sem.) l’1,1% contro l’1,40% previsto in piattaforma; 7 Ø mentre le proiezioni future a partire dal dato previsionale del II sem. 2014 fino al I sem. 2017 prevederebbero una inflazione attesa complessiva di circa il 3,15% contro il 4,65% della piattaforma. Pertanto la nuova richiesta complessiva corrisponderebbe al 4,25% pari a circa 122 euro nell’arco di valenza del nuovo Contratto Nazionale. In ogni caso prima di discutere di salario è necessario scardinare la inaccettabile e singolare impostazione secondo la quale i 53,00€ circa proposti da ABI di incremento salariale mensile, siano di fatto finanziati dalle misure di superamento degli elementi di incremento automatico del salario (scatti di anzianità) e da un nuovo metodo di calcolo del TFR. Tali misure, secondo stime pure prudenti e da dettagliare su basi di calcolo precise, porterebbero un danno considerevole alla retribuzione soprattutto dei più giovani e delle prossime future assunzioni (se consideriamo un lavoratore/trice neoassunto che debba maturare tutti gli scatti, nell’arco di una vita lavorativa di circa 42 anni, lo stesso potrebbe ricevere una decurtazione salariale media annua non attuarializzata di oltre 3.000 euro) e, di conseguenza, un danno ai gettiti/montanti di previdenza (pubblica ed integrativa) nonché ovviamente dell’ammontare del TFR. Le difficoltà del settore sbandierate da parte di ABI, soprattutto dopo gli stress test e gli AQR di BCE, non possono far leva sul blocco strutturale del costo del lavoro soprattutto alla luce di quanto dicono anche, nel sistema, i dati andamentali del III trim. 2014: a fronte di una tenuta di ricavi e di margini di intermediazione (nel campione dei maggiori 7 gruppi creditizi) rimangono tutti irrisolti i problemi di redditività legati al credito cattivo (misurato in accantonamenti e sofferenze) la cui maggiore responsabilità non sta in capo ai lavoratori ma ai livelli decisionali più alti, sempre più remunerati nelle figure dello stesso top management che propone tali interventi. Orario di lavoro ed inquadramenti Fino ad oggi non c’è stata trattativa su questi temi. Sappiamo però quale è la posizione di ABI, per noi non accettabile: Ø sull'orario di lavoro le aziende vorrebbero una completa destrutturazione della normativa esistente a partire da un allargamento della flessibilità oraria agli sportelli e la disponibilità dei lavoratori a muoversi in termini di mobilità senza vincoli chilometrici; Ø sugli inquadramenti vogliono ridurre gli attuali livelli (da 13 a 6) proponendo la massima fungibilità nell’utilizzo del personale delle aree professionali e in particolare dei quadri direttivi. Ma come possiamo discutere di questo senza affrontare il tema vero, che è il nuovo modello di banca, e conseguentemente quali nuovi servizi implementare, quale formazione e riconversione professionale prevedere, ed in quali termini negoziali, a livello sia nazionale che aziendale? La rigidità ed ottusità delle Banche a non voler affrontare in termini nuovi e complessivi tutta la partita inquadramentale e degli orari dentro il progetto di una nuova banca in termini di organizzazione e di modello, rende oggi inaccettabile affrontare questo delicato tema solo in termini di semplificazione e taglio dei costi. 8 9
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