Universit` a Degli Studi Del Salento ` DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI FACOLTA Corso di Laurea in Fisica Tesi di Laurea Magistrale IL PROBLEMA DELLA RADIAZIONE OSCURA: PARTICELLE PSEUDOSCALARI PRIMORDIALI E REIONIZZAZIONE Relatore: Candidato: Chiar.mo Prof. Daniele Montanino Matteo Leo Anno Accademico 2012-2013 Indice Convenzioni e Notazioni 3 Introduzione 4 1 Oscillazioni fotone-assione 8 1.1 Gli Assioni e il problema di CP forte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2 Axion-Like Particles (ALPs) 1.3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Elettrodinamica in presenza di un campo pseudoscalare . . . . . . . . . . 18 1.2.2 Oscillazioni fotone-ALP in un campo magnetico esterno . . . . . . . . . . 19 1.2.3 Probabilità di oscillazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 Esperimenti di rivelazione degli assioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 30 2.1 Risultati dell'esperimento Planck 2.2 Decadimento dei moduli e meccanismo di riscaldamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 32 . . . . . . . . . . . . . . 33 2.2.1 Numero eettivo di famiglie di neutrini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 2.2.2 Esempio numerico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 Spettro degli ALPs dal decadimento dei moduli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 2.3.1 Equazione di Boltzmann per gli ALPs . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 2.3.2 Spettro degli ALPs . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 3 Conversione in campi magnetici a celle 3.1 17 1.2.1 2 ALPs come Radiazione Oscura 2.3 9 Evoluzione in un universo statico 54 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 3.1.1 Campi magnetici primordiali 3.1.2 Evoluzione in presenza di celle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 3.1.3 Soluzione analitica in un universo statico . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60 Evoluzione in un universo in espansione 3.2.1 Assorbimento dei fotoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65 1 3.3 3.4 3.2.2 Approssimazione al I ordine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 3.2.3 Flusso di raggi X . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74 3.2.4 Esperimento ROSAT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78 Il problema della ionizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 3.3.1 83 Reionizzazione e ALPs . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Campi magnetici turbolenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88 Conclusioni 100 A Oscillazioni fotone-ALP nella metrica FRW 102 B Soluzione in un campo esterno costante 106 Bibliograa 109 2 Convenzioni e Notazioni Nella presente trattazione verranno usate le seguenti notazioni e convenzioni. Minkowski M verrà attrezzato con la seguente metrica utilizzati gli indici greci ηµν = Lo spazio di diag(+1, −1, −1, −1) e saranno α, β, ... ∈ {0, 1, 2, 3} per indicare i quadrivettori in questo spazio, mentre si useranno gli indici latini i, j, ... ∈ {1, 2, 3} per indicare i vettori nello spazio euclideo R3 . Per la somma si userà la notazione di Einstein per gli indici ripetuti. Tutte le grandezze siche saranno in unità naturali c = ~ = 1. L'operatore quadrigradiente verrà denito come Verranno usate sovente le seguenti notazioni tensore delle forze per una teoria di gauge Aaµ T a con potenziali vettori Aµ = Il tensore duale di Fµν Ta χ, r, θ, ϕ 2 SU (N ) e a∈ {1, 2, ..., N 2 Il dove − 1}. µνστ tensore di Levi-Civita in con sin2 θdθdϕ è l'elemento di angolo solido. R(χ)dχ dr2 2 2 dχ − − r dΩ , 1 − kr2 2 sono rispettivamente la coordinata temporale comovente e le coordinate spaziali R(χ) è la cinematica cosmica, k ∈ {0, ±1} MP l è la curvatura dello spazio-tempo e Deniremo e il tasso di espansione dell'universo ridotta sarà denita √ ≡ 1/ 8πG. g = det(gµν ). Il tempo cosmologico ˙ H(R) = R(t)/R(t) . α ≡ e2 /~c dΩ2 = t è La massa di Planck sarà la costante di struttura ne e re ≡ 2 e c raggio classico dell'elettrone. Inne, per le variabili elettromagnetiche verrano utilizzate Per quanto riguarda le costanti atomiche, e2 /m a (x, t) = ∂a(x, t)/∂x. Fµν ≡ ∂µ Aν − ∂ν Aµ − ig [Aµ , Aν ], F˜µν = 21 µνστ Fστ , comoventi, t = ∂ ∂ = ( ∂t , ∂x ). per la metrica. La metrica sarà quella di Friedmann-Robertson-Walker (FRW) ds = R(χ) sarà e ∂ ∂xµ Per uno spazio-tempo curvo in relatività generale useremo la notazione 2 dove SU (N ) generatori del gruppo sarà denito come 3 + 1 dimensioni spaziali. gµν = gµν (x) Aaµ , a(x, ˙ t) = ∂a(x, t)/∂t ∂µ ≡ 0 le unità di misura di Lorentz-Heaviside. 3 Introduzione Uno dei settori più aascinanti della Fisica Moderna, che pesca a piene mani da ogni altro ramo di ricerca, è la Cosmologia. La storia dell'origine dell'Universo e della sua evoluzione, è di fondamentale importanza per capire più aondo la ricchezza dei fenomeni che osserviamo nel microcosmo (descritti dalla Meccanica Quantistica) e nel macrocosmo (descritti dalla Relatività Generale) e come questi fenomeni a diversa scala possano avere delle connessioni comuni in teorie di unicazione delle forze fondamentali. La scoperta di Hubble dell'espansione dell'Universo (nella sua famosa legge) ha sancito l'inizio della cosmologia moderna. Ad universo statico e immutabile (come si credeva anticamente) viene sostituita l'idea di un universo dinamico in espansione che avrebbe avuto inizio da una singolarità gravitazionale innitamente calda e densa (il Big Bang). Gran parte della cosmologia principio cosmologico, che aerma che l'universo è spazialmente omogeneo e isotropo se lo si osserva ad una scala opportunamente grande (tale scala non è ben ssata, ma moderna si basa sul può essere assunta quella dei super-ammassi di galassie). Partendo da questa assunzione, si possono applicare le equazioni di Einstein all'intero universo per descrivere la sua evoluzione, tali equazioni sono dette di Friedmann. In queste equazioni gioca un ruolo fondamentale la densità d'energia dell'universo che permette di predirne il destino nale (universo aperto, piatto o chiuso). Le osservazioni della curva di rotazione, delle emissioni X e della dinamica delle galassie nei cluster hanno permesso di postulare l'esistenza di materia invisibile, detta materia oscura. La materia oscura non emette radiazione elettromagnetica, ma è osservabile indirettamente dagli eetti gravitazionali che essa produce. La natura della materia oscura è uno dei problemi più aascinanti degli ultimi vent'anni. Alcune teorie si basano su modelli supersimmetrici (SUSY) per la soluzione di questo problema. Esistono però modelli più tradizionali che non necessariamente passano per la SUSY, ma che sono compatibili con essa. Uno dei campi candidati a fungere da materia oscura è il campo assionico, con il suo quanto l'assione. Nel 1998 i dati sperimentali sulle supernovae di tipo Ia hanno mostrato che l'universo sta accelerando la sua espansione, e non decelerandola come ci si aspettava dalle equazioni di Fried- 4 mann. Questo ha portato a una modica di queste equazioni e all'introduzione del concetto di energia oscura. L'energia oscura e la materia oscura, sono due problemi fondamentali della cosmologia moderna. Tuttavia essi non sono gli unici. Infatti risulta di cruciale importanza per gli scienziati, la conoscenza dei primi istanti di vita dell'universo. Nell'universo primordiale le energie in gioco sono molto maggiori di quelle disponibili nei collisori. Quindi la ricerca di Nuova Fisica, nonchè la risposta a tutti i problemi esistenti (energia oscura, materia oscura etc), deve necessariamente passare per la comprensione di quei primi istanti dopo il Big Bang. D'altra parte, uno studio approfondito dell'universo primordiale permette di fornire limiti stringenti alle nostre speculazioni di sica oltre il Modello Standard. Nella cosmologia standard, l'universo inizia con uno stadio di inazione. Durante questo periodo la densità dell'universo è dominata dall'energia di vuoto di un campo scalare, detto inatone, che discende lentamente un minimo di potenziale. Ad un certo istante l'inazione nisce e l'energia del campo scalare è praticamente tutta trasferita nei gradi di libertà del Modello Standard termalizzato tramite un processo, detto riscaldamento T. di riscaldamento , alla temperatura di Poichè lo spettro d'energia delle particelle termalizzate, nell'universo primor- diale, è descritto dalla distribuzione di Boltzmann, particelle relativistiche con energia sono fortemente soppresse. Le uniche particelle con ET E T sono non relativistiche. Tuttavia esistono diversi indizi che ci suggeriscono che questa teoria standard dell'universo non sia completa. In eetti molte teorie moderne postulano l'esistenza di radiazione oscura, cioè di particelle esotiche, che essendo poco interagenti con le particelle del Modello Standard, non termalizzano e rimangono relativistiche al tempo della nucleosintesi del Big Bang (BBN) e al tempo della formazione della radiazione cosmica di fondo (CMB). Questa radiazione oscura dovrebbe formarsi durante e successivamente dopo il periodo di inazione. Evidenze sperimentali dell'eettiva esistenza di questo tipo di radiazione nascosta potrebbero provenire dalle misure del numero eettivo di famiglie di neutrini Nef f . Nel Modello Standard Nef f,SM = 3.046 (poichè c'è una parziale rigenerazione di neutrini da processi di annichilazione e+ e− ). Le re- centi osservazioni sperimentali provenienti da WMAP, ACT, SPT e Planck, danno la seguente stima di questo paramentro: [8]), Nef f = 3.50 ± 0.42 Nef f = 3.84 ± 0.40 (ATC, [9]) e (WPMA9, [7]), Nef f = 3.62 ± 0.25 (STP, (Planck, [10]). Questi valori, seppur ancora non conclusivi, mostrano uno scostamento positivo Nef f,SM Nef f = 3.71 ± 0.35 ∆Nef f = Nef f − Nef f,SM > 0 da previsto dal Modello Standard e quindi, come possibile conseguenza, l'esistenza di ra- diazione oscura. Possibili candidati ad essere radiazione oscura sono gli assioni: sia gli assioni di Peccei-Quinn [12, 13] sia una loro possibile generalizzazione [17, 20, 21] (in teorie oltre il Modello Standard) chiamati ALPs (Axion-Like-Particles). Poichè la loro interazione con il Modello Standard è fortemente soppressa, il rapporto tra il tasso di interazioni dell'universo ˙ H(t) = R(t)/R(t) rimane molto piccolo per ogni 5 Γa e il tasso di espansione t, Γa /H 1. Quindi una volta generati, gli assioni non termalizzerebbero e rimarrebbero relativistici anche a tempi successivi. Nel contesto dei modelli di stringa, il meccanismo post-inazionario di riscaldamento è condotto da campi scalari con accoppiamenti soppressi da moduli [22]. I moduli Φ, MP−1 l (con MP l massa di Planck) detti oltre a generare i gradi di libertà del Modello Standard, possono decadere in assioni di Peccei-Quinn e ALPs a molto leggeri tramite processi Φ → aa. In questo modo alla ne dell'inazione, i moduli decadrebbero sia in particelle del Modello Standard, che in radiazione oscura (nella fattispecie assioni). Se questo modello fosse corretto, l'eventuale osservazione sperimentale di un fondo di radiazione oscura nell'universo, ci permetterebbe di avere una immagine dell'universo a tempi dell'ordine di t ∼ 10−6 s dopo il Big Bang. Ricordiamo che le attuali immagini dell'universo primordiale, che provengono dall'analisi della CMB, sono di tempi t ∼ 3 · 105 anni dopo il Big Bang. Quindi risulta evidente l'impatto che avrebbe sulle attuali conoscenze dell'universo la possibilità dell'osservazione di radiazione oscura. Gli assioni hanno accoppiamenti con i fotoni, quindi possono oscillare in essi in presenza di campi elettromagnetici. Esiste perciò la possibilità che parte di questa radiazione oscura si converta in fotoni nello spettro dei raggi X. Queste conversioni genererebbero un fondo di raggi X all'era attuale. Nel presente lavoro di tesi verrà studiato in dettaglio il problema della radiazione oscura assionica generata dai moduli Φ. Daremo particolare attenzione all'evoluzione delle equazioni di campo assioniche in un universo in espansione, dall'istante in cui è generato il campo no all'era attuale, e della possibilità di mixing col fotone. Nel primo capitolo faremo un breve excursus sulle motivazioni che hanno portato all'introduzione del concetto di assione e le sue implicazioni nell'ambito della QCD. Ci soermeremo sull'interazione con il fotone e sulle equazioni di oscillazione fotone-assione derivate in una teoria semiclassica. Nell'ultima parte del capitolo citeremo lo status attuale degli esperimenti sugli assioni e i limiti imposti da essi sulla massa e la costante d'accoppiamento. Nel secondo capitolo approcceremo il problema degli ALPs come radiazione oscura. Utilizzando la meccanica statistica, ricaveremo lo spettro d'energia degli ALPs generati da processi Φ → aa nell'universo primordiale. La risoluzione di queste equazioni avverrà tramite l'uso di metodi numerici per l'integrazione di equazioni dierenziali. Una volta generato lo spettro d'energia del fondo di ALPs, nel terzo capitolo si studierà la possibilità che parte di questo spettro possa essere convertito in fotoni tramite meccanismo di oscillazione fotone-ALP in presenza di un campo magnetico extragalattico (primordiale) con congurazione a celle. Due sono gli scopi di questa indagine. Da una parte vogliamo individuare possibili limiti teorici al usso del fondo di raggi X generato da queste oscillazioni e confrontarli con le osservazioni sperimentali. Dall'altra parte vogliamo vagliare la possibilità che questo fondo di raggi X, interagendo con il gas barionico (dopo l'epoca della Ricombinazione), possa generare 6 una pre-ionizzazione dell'idrogeno. z ∼ 1100, Sappiamo infatti dalla cosmologia standard che a redshift l'universo attraversa una fase in cui la temperatura è così bassa da non permettere l'equilibrio termico tra i fotoni e la materia barionica (protoni e eletroni). Si ha quindi il disaccoppiamento tra materia e radiazione, che favorisce la formazione di atomi neutri di idrogeno e elio (fase detta appunto di Ricombinazione). Il mezzo intergalattico (IGM) sarebbe quindi costituito prevalentemente da questi atomi neutri. La scoperta della spettro di quasar a di ionizzazione a z & 6, z ∼ 6. Lyman-alpha forest, nello ha permesso agli studiosi di postulare la presenza di una seconda fase In questa fase l'IGM neutro verrebbe reionizzato dalla presenza delle prime formazioni stellari (popolazione III di stelle). Quindi all'era attuale l'IGM è completa- mente ionizzato. La presenza di radiazione oscura, come abbiamo detto, genererebbe un usso diuso di raggi X. Questi fotoni, ionizzando gli atomi neutri, potrebbero spostare la fase di reionizzazione a redshift maggiori di 6. Anche in questo caso individueremo possibili limiti teorici a questo fenomeno. 7 Capitolo 1 Oscillazioni fotone-assione La sica delle particelle elementari studia la struttura della materia e cerca di identicare i mattoni fondamentali che la costituiscono e le forze fondamentali che sono responsabili della loro interazione. Attualmente le nostre conoscenze della sica fondamentale sono scritte in una teoria quantistica di campo: il Modello Standard. Esso descrive l'universo in termini di tre delle quattro forze fondamentali: l'interazione elettromagnetica, forte e debole. Tuttavia, pur avendo riscosso un grande successo, il Modello Standard non può essere considerata una teoria completa, ma bensì una manifestazione a basse energie di una teoria più fondamentale che contiene tutte le interazioni tra le particelle, anche la gravità. Esistono diverse estensioni di questo modello che permettono di riassorbire in parte i problemi ancora aperti nel Modello Standard e che in- assione. troducono nuove particelle non ancora osservate. Una di esse è l' di un campo pseudoscalare a(x) L'assione è il quanto 0 (pseudoscalare perchè sotto parità P a(x , x) = −a(x0 , −x)). Tale campo venne introdotto come soluzione (simmetria di Peccei-Quinn) del problema di CP forte nella cromodinamica quantistica. Il nome deriva da un noto detersivo usato negli Stati Uniti negli anni '50, proprio perchè si pensava che questa particella avrebbe pulito la sica delle particelle elementari da alcuni problemi fondamentali. L'assione avrebbe carica nulla, spin zero e risulterebbe solo debolmente interagente con la materia ordinaria. Questa particella 1 avrebbe inoltre una massa molto piccola ma non nulla . Originariamente vennero solo intro- dotti gli assioni di Peccei-Quinn (pseudobosoni di Goldstone della simmetria di Peccei-Quinn). In realtà successivamente venne generalizzato il concetto a particelle pseudoscalari esotiche con interazioni a due fotoni dette ALPs (Axion-Like Particles). Facciamo una breve digressione sull'idea che ha portato all'introduzione di questa nuova particella, con un accenno a sue possibili generalizzazioni. 1 Per gli assioni di Peccei-Quinn le attuali stime teoriche sulla massa hanno ristretto il range tra i 10−2 eV. 8 10−6 eV e i 1.1 Gli Assioni e il problema di CP forte Negli anni '70 la teoria delle interazioni forti presentava un interessante problema, che diventò Cromodinamica Quantistica (QCD). La lagrangiana di QCD è quella di una teoria Yang-Mills SU (3) con N campi fermionici detti avours dei quark. Nel limite in cui le masse dei quark sono nulle mq → 0, la lagrangiana di QCD ha particolarmente evidente con l'avvento della una simmetria globale U (N )V × U (N )A , dove i pedici indicano rispettivamente una simmetria vettoriale e una assiale. Poichè nella realtà solo le masse dei quark up e down sono trascurabili, infatti mu , md ΛQCD (scala di massa di QCD), allora la simmetria ad una simmetria globale approssimata metria vettoriale (B ) U (2)V , U (2)V × U (2)A . U (N )V × U (N )A si riduce Sperimentalmente si osserva che la sim- che corrisponde alla simmetria di isospin (I ) per il numero barionico U (N )V = SU (2)I × U (1)B , è una buona simmetria della Natura. Ciò lo si può osservare dall'apparizione di multipletti nello spettro adronico e dalla stabilità del protone. Le cose stanno diversamente per la simmetria assiale U (2)A = SU (2)A × U (1)A . mente che i quark condensano in strutture q q¯, Infatti si osserva sperimental- con valori di aspettazione < u¯ u >=< dd¯ >6= 0, rompendo la simmetria assiale spontaneamente. Ne consegue che esisteranno dei bosoni di Goldstone, generati da tale rottura. bosoni di Goldstone di SU (2)A Poichè i pioni sono leggeri, allora possiamo identicare i tre con i tre pioni massa sucentemente piccola per la parte η π±π0. U (1)A , ha massa molto maggiore di quella dei pioni, come problema della simmetria Tuttavia non abbiamo alcun candidato con dato che il mesone pseudoscalare più leggero mη mπ . Tale problema è noto in letteratura U (1)A . Questo problema venne risolto da t' Hooft, che notò che la QCD aveva una struttura del vuoto molto complessa e più ricca rispetto alla QED. Per capire come questo problema può essere risolto, mettiamoci nel caso di una teoria di gauge con a = 1, 2, 3. SU (2) con solo campi di gauge Aaµ , a = 0. Fµν Ciò La congurazione di campo classica dello stato fondamentale è a corrisponde a congurazioni dei campi vettori Aµ che sono trasformazioni di gauge del vettore a a = i U ∂ U † , con U (x) ∈ SU (2) e T a generatori. Prendiamo U = U (x) nullo, Aµ = Aµ T µ g dipendenti solo dalle coordinate spaziali, questo è equivalente a ssare la gauge temporale Imponiamo anche che A0 = 0. U (x) tenda ad una matrice costante per |x| → ∞, indipendentemente dalla direzione. Prendendo il punto all'innito spaziale, il nostro spazio delle coordinate acquista la topologia di una sfera tre-dimensionale S3. Siamo interessati a sapere se ogni possibile U (x) sia deformabile in maniera liscia in una U (x). Se la risposta è positiva allora tutte queste congurazioni di campo Aµ = i † g U ∂µ U sono gauge-equivalenti, e corrispondono tutte ad un unico stato quantistico qualsiasi altra Aaµ T a = di vuoto. Se la risposta è negativa allora ci saranno più di uno stato quantistico di vuoto. Infatti se prendessimo U (x) e ˜ (x) U due trasformazioni di gauge che non sono deformabili in 9 Aµ maniera liscia l'una nell'altra, i due campi associati e A˜µ del vettore nullo. Se proviamo a deformare in maniera liscia sono due trasformazioni di gauge Aµ in A˜µ dovremmo necessariamente passare da congurazioni che non sono trasformazioni di gauge del vettore nullo, e quindi queste congurazioni sono associate a tensori di forze non nulli. I quali implicano energie non nulle per passare da una congurazione all'altra, e quindi queste due congurazioni sono separate da una barriera di ponteziale. Esse rappresentano due dierenti minimi per l'hamiltoniana del sistema e quantisticamente corrispondono a stati di vuoto dierenti. U (x) Le congurazioni di campo specicate da numero di avvolgimenti. le une nelle altre. Le U (x) sono classicate da un intero con lo stesso numero n U (x) = a4 + ia · ~σ , 2×2 dove complessa unitaria a determianante a1 , a2 , a3 , a4 ∈ R detto sono deformabili in maniera liscia Possiamo denire tale numero in questo modo. che una qualsiasi matrice n ∈ Z 2 con il vincolo a4 + a2 Notiamo prima di tutto +1 può essere scritta come = 1. Per cui i coecenti aµ = (a, a4 ) in uno spazio euclideo 4-dimensionale che giacciono su una sfera 3 S di raggio unitario, tale sfera è detta sfera dei vuoti. La funzione U (x) è quindi una mappa descrivono vettori da S3 spaziale a S3 dei vuoti. Possiamo denire n numero di avvolgimenti che conta il numero di volte che la sfera dei vuoti ricopre la sfera spaziale. Data una mappa U (x), si può far vedere che il suo numero di avvolgimenti è dato da 1 n=− 24π 2 Per SU (2) dx3 ijk Tr(U ∂i U † U ∂j U † U ∂k U † ). (1.1) abbiamo quindi un numero innito di congurazioni classiche di stati fondamentali, ciascuna delle quali è parametrizzata da un intero teoria scalare ϕ con potenziale V (ϕ) = v 4 (1 n. Tale teoria è quindi molto simile ad una − cos(2πϕ/v)), che ha minimi per ϕ = nv . questa teoria è possibile identicare la transizione tra due stati quantistici di vuoto |ni e In |n0 i corrispondenti a due diverse congurazioni classiche di minimo, tramite 0 n H |ni ∼ e−S , con S azione euclidea di una soluzione classica delle equazioni di campo che media tra le due congurazioni |ni a t → −∞ e |n0 i a t → +∞. Per una teoria ϕ l'azione scala proporzionalmente al volume, e quindi tende ad innito per volume innito, per cui gli stati di vuoto quantistici non possono essere collegati tra di loro per eetto tunnel e sono eettivamente degeneri anche quantisticamente. Questo non è vero per una teoria di gauge SU (2). 10 Infatti, in questo caso è possibile mostrare che esistono soluzioni classiche delle equazioni di campo euclidee che mediano tra gli stati asintotici con diverso numero di avvolgimenti. L'azione di queste soluzioni rimane nita e ssata anche nel limite di volume innito. Tali soluzioni sono dette istantoniche e sono solitoni localizzati in 4-dimensioni euclidee. E' semplice osservare che per tali soluzioni l'azione |n0 − n| S è una funzione della sola dierenza tra il numero di avvolgimenti degli stati asintotici quindi 0 0 n H |ni ∼ e−f (|n −n|) . H può essere diagonalizzata dai seguenti stati, detti |θi = X e θ-stati −inθ di vuoto: |ni , n∈Z notiamo che θ è un angolo, poichè le energie di questi stati sono funzioni Supponiamo di avere una soluzione istantonica x4 = +T per |x| = R, Aµ = 0. Aµ = una trasformazione 4 4-dimensionale (R ), avremo una mappa U+ dovuto ai contributi di e U− . U θ. tale che al tempo euclideo Aµ = † i g U+ ∂µ U+ con numero di avvolgimenti R, T → ∞, Allora per di x4 = −T approcci † i g U− ∂µ U− con numero di avvolgimenti n− Aµ una trasformazione di gauge del vettore nullo e a 2π -periodiche n+ , e tale che sulla sfera di contorno nello spazio euclideo con numero di avvolgimenti totale Possiamo scrivere la formula (1.1) per n ≡ n+ − n− , n ≡ n+ − n− come un 4 intergrale sulla superce all'innito di R 1 n= 24π 2 µνστ dSµ Possiamo denire la ig 3 Tr(U ∂ν U U ∂σ U U ∂τ U ) = 24π 2 † † † corrente di Chern-Simons dSµ µνστ Tr(Aν Aσ Aτ ). (1.2) µ ≡ 2µνστ Tr(Aν Fστ + 32 igAν Aσ Aτ ) JCS con divergenza µ ∂µ JCS = 2Tr(Fστ F˜ στ ), quindi la (1.2) diventa g2 n= 32π 2 µ dSµ JCS , che applicando il teorema di Gauss, prende la forma n= g2 32π 2 µ dx4 ∂µ JCS = g2 16π 2 dx4 Tr(Fστ F˜ στ ). Usando la tecnica del path integral, partendo da uno stato iniziale ad 11 (1.3) n− avvolgimenti e arrivando ad uno stato nale ad n+ avvolgimenti, avremo DAn+ −n− e−S+JA , Z(J)n− →n+ = in cui solo le congurazioni con numero di avvolgimenti da un θ-stato di vuoto |θi n+ − n− contribuiscono. Se ora partiamo e arriviamo ad uno stato nale di vuoto |θ0 i allora il path integral diventa Z(J)θ→θ0 = X e i(n+ θ0 −n− θ) Z(J)n− →n+ . n− ,n+ Dopo qualche semplice passaggio algebrico e ricordando che n ≡ n+ − n− , otteniamo che Z(J)θ→θ0 = δ(θ0 − θ) X inθ e DAn e−S+JA , n e eliminiando la delta di dirac, Z(J)θ = X e inθ DAn e −S+JA = iθg 2 DAe−S+JA+ 16π2 Tr(Fστ F˜ στ ) , n dove nell'ultimo passaggio abbiamo usato la relazione (1.3) per tutti i suoi valori possibili. Se esplicitiamo S n e poi abbiamo sommato su e facciamo una rotazione di Wick per tornare nello spazio minkowskiano otteniamo il seguente integrale funzionale Z(J)θ = DA exp i 1 θg 2 µν στ µ ˜ dx − Tr(F Fµν ) − Tr(Fστ F ) + J Aµ . 2 16π 2 4 Notiamo che nell'integrale funzionale è aggiunto un termine extra dovuto alla struttura complessa del vuoto della teoria di gauge SU (2). Per cui la lagrangiana eettiva consta di un termine in più ∆Lθ = θg 2 ˜ στ ). Tr(Fστ F 16π 2 Se passiamo alla cromodinamica quantistica le cose restano pressochè immutate e l'integrale funzionale diventa Z= DADΨDΨ exp i Sotto trasformazioni U (1)A 1 aµν a θg 2 a ˜ aστ µ dx iΨγ Dµ Ψ − F Fµν − F F . 4 32π 2 στ 4 i campi di materia Ψ 12 si trasformano come Ψ → e−iαγ5 Ψ, Ψ → Ψe−iαγ5 . Poichè la simmetria U (1)A presenta anomalia chirale, tali trasformazioni cambiano la misura di integrazione di un fattore di fase 2 a ˜ aστ 4 αg DΨDΨ → exp −i dx F F DΨDΨ. 32π 2 στ Ne deriva che la QCD non è invariante sotto trasformazioni U (1)A . Se la soluzione di t' Hooft permette di risolvere il problema mostrando che simmetria della QCD, essa genera un altro problema fondamentale. limiti teorici sul valore dell'angolo e π. In pratica il termine ∆Lθ θ in ∆Lθ , U (1)A non è una In principio non esistono che quindi può assumere un qualsiasi valore tra −π viola la parità e l'invarianza temporale, per cui viola la simmetria di CP. Questo termine induce un momento di dipolo elettrico del neutrone non nullo e dell'ordine di [14, 15] dn ' eθmq . m2n Sperimentalmente si è ssato un limite superiore al momento di dipolo elettrico del neutrone |dn | < 3 · 10−26 e cm [16], ciò permette di ssare un limite superiore per l'angolo: Un angolo così piccolo implica eetti trascurabili del termine ∆Lθ , |θ| < 10−9 . per cui verrebbe soppressa la violazione di P e CP. La questione quindi si sposta sul perchè questo angolo debba essere così piccolo. Tale problema è noto in letteratura come problema di CP forte. Se introduciamo anche l'interazione elettrodebole allora il termine di massa dei quark è in generale il seguente termine complesso Lmassa = q iR Mij qjL + h.c. e per passare alla base sica dei quark si diagonalizza la matrice di massa dobbiamo applicare una trasformazione chirale ai campi dei quark θ = θ + Arg det M . qi , l'angolo θ in l'angolo θ, che proviene dall'interazione forte e debole, è così piccolo. M. Per fare ciò tale trasformazione ruota Il problema di CP forte è dunque: il problema del perchè Esistono diverse proposte di soluzione al problema. La soluzione più suggestiva è quella proposta da Peccei e Quinn [12, 13] e che passa per l'introduzione di una simmetria chirale globale U (1)P Q , detta simmetria di Peccei-Quinn. Questa simmetria globale è rotta spontaneamente e il bosone di Goldstone che appare è chiamato assione di Peccei-Quinn, a(x). 13 Sotto l'azione di U (1)P Q il campo assionico trasforma come a(x) → a(x) + αfa fa con scala di rottura della simmetria U (1)P Q . (1.4) Nel modello originale di Peccei e Quinn, la simmetria addizionale è introdotta nel Modello Standard tramite due doppietti di Higgs, che legano la rottura spontanea di U (1)P Q alla rottura della simmetria elettrodebole. La scala di rottura della simmetria di Peccei-Quinn è quindi confrontabile con quella elettrodebole, fa ∼ EEW ' 250 GeV. Inoltre la simmetria di Peccei-Quinn è anche violata esplicitamente (dagli stessi eetti che generano i termini ∆Lθ nella QCD). Gli assioni sono pseudo-bosoni di Goldstone e non propriamente bosoni di Goldstone. Per questo motivo gli assioni acquistano una massa eettiva che è inversamente proporsionale alla scala di rottura di simmetria, in prima approssimazione [19], ma ' 6 eV 106 GeV fa . (1.5) Questo primo modello è stato abbandonato, poichè i limiti sperimentali hanno completamente escluso l'esistenza di assioni con massa e accoppiamento ma , fa delle dimensioni imposte da questa teoria. Per salvare il meccanismo di Peccei-Quinn bisogna rendere il parametro grandezza più grande della scala di rottura elettrodebole EEW . Aumentando fa alcuni ordini di fa , sopprimiamo la massa e l'accoppiamento dell'assione al Modello Standard, e quindi possiamo rientrare nei limiti imposti dagli esperimenti. Esistono diverse implementazioni di questa idea, che vengono dette modelli di assioni invisibili. Tra i più celebri ricordiamo il modello Kim-Shifman-Vainshtein- Zakharov (KSVZ) [24, 25] e il modello DFSZ proposto da Zhitnitsky [26] e da Dine, Fischler e Srednicki [27]. Descriviamo brevemente l'idea del modello KSVZ, interessante anche per la sua semplicità. Nel modello KSVZ al settore di Modello Standard è aggiunto un campo di quark di Dirac senza massa, che trasforma secondo la rappresentazione fondamentale di Higgs S, SU (3)C , Q e un campo di che rimane invariato sotto il gruppo di gauge del Modello Standard. La lagrangiana di questo modello è 1 θg 2 b ˜ στ ) + iQγ µ ∂µ Q + gAbµ Qγ µ T b Q+ LKSV Z = − F bµν Fµν − Tr(Fστ F 4 16π 2 1 2 −y Q†L SQR + Q†R S ∗ QL + ∂µ S ∗ ∂ µ S − λ S ∗ S − va2 , 2 con Tb generatori di SU (3)C e va EEW (per quanto detto sopra). 14 (1.6) Abbiamo trascurato il settore elettrodebole. Questa lagrangiana è invariante a livello classico sotto le trasformazioni U (1)P Q Riscriviamo il campo di Higgs vale la sostituzione come ρ(x) → va a(x) → a(x) + αva S QL → eiα/2 QL , (1.7) QR → e−iα/2 QR , (1.8) S → eiα S. (1.9) nella forma polare e quindi la fase a(x) S(x) = ρ(x)eia(x)/va . è la parte interessante di U (1)P Q . S. va , Essa trasforma sotto la simmetria di Peccei-Quinn. Poichè la lagrangiana è invariante sotto tale simmetria, allora il costo in energia dello shift è nullo e per A energie inferiori a Possiamo sostituire S= a(x) è il bosone di Goldstone va eia/va alla lagrangiana (1.6) 1 θg 2 b ˜ στ ) + iQγ µ ∂µ Q + gAbµ Qγ µ T b Q+ LKSV Z = − F bµν Fµν Tr(Fστ F − 4 16π 2 1 −yva Q†L eia/va QR + Q†R e−ia/va QL + ∂µ a∂ µ a. 2 Una volta che la simmetria U (1)P Q è rotta, il campo Q (1.10) acquista una massa mQ = yva . Per vedere ciò dobbiamo ruotare il campo con la trasformazione chirale QL → eia/2va QL , (1.11) QR → e−ia/2va QR . (1.12) Tale rotazione introduce due altri termini nella lagrangiana ∆L = − ∂µ a g2 a ˜ στ ), Qγ5 γ µ Q + Tr(Fστ F 2va 16π va (1.13) in cui l'ultimo termine tiene conto dell'anomalia chirale della simmetria diagramma a loop in gura 1.1. Se va EEW , il campo di quark Q, U (1)P Q , generato dal può essere eliminato e la lagrangiana a bassa energia diviene LKSV Z 2 1 bµν b 1 a g µ ˜ στ ). = − F Fµν + ∂µ a∂ a + −θ + Tr(Fστ F 4 2 va 16π 2 La ridenizione del campo assionico a(x), permette di ruotare a zero l'angolo θ (1.14) (meccanismo di Peccei-Quinn). Nel modello DFSZ, l'idea è pressochè la stessa. In questo caso però al campo scalare di Higgs 15 G Q a Q Q G Figura 1.1: Diagramma a loop triangolare per l'interazione eettiva assione-gluone. Termine che genera l'anomalia della corrente chirale. S sono aggiunti due doppietti di Higgs. I due doppietti di Higgs sono legati, tramite interazione di Yukawa, al settore fermionico dei quark e dei leptoni. rotazione chirale per riassorbire la fase di In questo modo il meccanismo di S , che genera i termini anomali in (1.13), non necessita la presenza di un campo di quark aggiuntivo Q, ma è direttamente compiuto sui campi fermionici del Modello Standard. Ad ora non siamo in grado di conoscere il modello esatto che darebbe origine all'assione. Possiamo quindi scrivere una generica teoria a bassa energia che implementi il meccanismo di Peccei-Quinn e che colga tutti gli aspetti che accomunano i vari modelli esistenti. Per fare ciò, in maniera del tutto generale, estendiamo la lagrangiana del Modello Standard in modo che contenga il campo assionico L = LSM − θ a(x): gs2 ˜ bµν b 1 a gs2 ˜ bµν b µ F F + ∂ a∂ a + L (a, Ψ) + ξ F Fµν µ int µν 32π 2 2 fa 32π 2 dove Lint Ψ(x) µ e l'ultimo termine deriva dall'anomalia della corrente chirale JP C della simmetria contiene tutte le possibili interazioni tra il campo assionico ∂µ JPµ Q = ξ Questo termine, insieme al termine di QCD gs2 ˜ bµν b F Fµν . 32π 2 ∆Lθ , a(x) (1.15) e i campi di materia U (1)P Q , (1.16) costituiscono un potenziale eettivo per il campo assionico, che può essere parametrizzato come a V (a) ' Λ4QCD 1 − cos ξ − θ . fa La cui congurazione di minimo è ottenuta da hai = θfa /ξ , 16 (1.17) come richiesto dal teorema di Vafa- Witten, [18]. I parametri che compaiono nella lagrangiana (1.15) sono model-depending, e quindi variano a seconda dei diversi modelli assionici (KSVZ, DFSZ, etc). Ciò che invece accomuna le diverse teorie è il meccanismo di assorbimento della violazione di CP (meccanismo di Peccei-Quinn). Infatti se nella lagrangiana (1.15) sostituiamo a → a − hai allora il termine ∆Lθ che viola la CP scompare. Questo meccanismo quindi permette dinamicamente di ruotare a zero l'angolo termine ∆Lθ tramite la presenza del campo assionico a(x) θ del e di rendere la teoria nuovamente P e CP invariante. Tutti i modelli assionici sono anche caratterizzati dall'accoppiamento aγγ a due fotoni. La lagrangiana più generale che descrive questo accoppiamento è la seguente 1 Laγγ = gaγγ aFµν F˜ µν , 4 gaγγ con costante d'accoppiamento e Fµν = ∂µ Aν − ∂ν Aµ (1.18) tensore elettromagnetico. Questa la- grangiana di interazione è la più rilevante. Infatti tutte le ricerche sperimentali dirette di assioni si basano sulla possibile osservazione dell'accoppiamento ai fotoni. In linea di principio questo tipo di esperimenti è diretto a osservare una qualsiasi specie di particelle pseudoscalari a (non necessariamente assioni) con accoppiamenti a due fotoni del tipo (1.18). Queste particelle ipotetiche vengono genericamente denominate ALPs (Axion-Like Particles) per la loro somiglianza con gli assioni di Peccei-Quinn nell'accoppiamento a due fotoni. 1.2 Axion-Like Particles (ALPs) Le teorie oltre il Modello Standard sono caratterizzate dalla presenza di nuove simmetrie, alcune delle quali globali. Queste simmetrie globali possono essere rotte spontaneamente, dando luogo a bosoni di Goldstone. In generale molte estensioni del Modello Standard contengono questo tipo di particelle scalari o pseudoscalari [17, 20, 21], che vengono genericamente chiamate ALPs. Negli ultimi anni, l'interesse negli ALPs è molto cresciuto, poichè l'osservazione di queste particelle potrebbe essere un forte segnale di Nuova Fisica, nonchè potrebbe risolvere alcuni problemi tuttora aperti come il problema della materia oscura. Gli ALPs sono generalmente caratterizzati da accoppiamenti 2 aγγ del tipo (1.18). Essi sono quindi una generalizzazione del concetto di as- sione, anche se essi hanno delle importanti dierenze rispetto agli assioni di Peccei-Quinn. Infatti per essi non è necessariamente detto che ci sia legame tra massa e costante di accoppiamento al contrario di quanto avviene per gli assioni, equazione (1.5). 2 Per particelle scalari la lagrangiana di interazione con fotoni è 17 In tutta la nostra trattazione Laγγ = gaγγ aFµν F µν , per preservare la parità. ci riferiremo agli ALPs (e non propriamente agli assioni di Peccei-Quinn), soermandoci solo sull'interazione (1.18) con i fotoni e supponendo che i parametri Una conseguenza fondamentale dell'accoppiamento aγγ gaγγ e ma non siano correlati. è il fenomeno del mixing di fotoni e ALPs, che ha luogo in presenza di un campo elettromagnetico esterno. Questo fenomeno porta a due eetti: le oscillazioni fotone-ALP e il cambio di polarizzazione dei fotoni nel campo magnetico. Siamo interessati al primo dei due eetti: le oscillazioni di ALPs in fotoni e viceversa. Ricaveremo in una teoria semiclassica, le equazioni di propagazione di un sistema fotone-ALP in presenza di un campo magnetico esterno. Per fare ciò, mostriamo prima di tutto come l'elettrodinamica classica verrebbe modicata dalla presenza di un campo pseudoscalare a(x) con termine di accoppiamento al campo elettromagnetico del tipo (1.18). 1.2.1 Elettrodinamica in presenza di un campo pseudoscalare Aggiungiamo alla lagrangiana elettromagnetica evoluzione del campo pseudoscalare a Lem = −1/4Fµν F µν , un termine cinetico La di e il termine di interazione (1.18). La lagrangiana totale è quindi 1 1 1 L = Lem + La + Laγγ = − Fµν F µν + ∂µ a∂ µ a − m2a a2 + gaγγ aFµν F˜ µν . 4 2 4 Applicando le equazioni di Eulero-Lagrange per il campo Aµ e per il campo a, (1.19) otteniamo le seguenti equazioni in forma manifestamente covariante ∂µ F µν = gaγγ F˜ µν ∂µ a, a + m2a a = dove si è fatto uso dell'identità di Bianchi (1.20) gaγγ Fµν F˜ µν , 4 ∂µ F˜ µν = 0. (1.21) Possiamo riscrivere queste equazioni, in una forma non manifestamente covariante, in termini del campo elettrico E e magnetico ∇ · E = gaγγ ∇a · B ∇·B=0 ∂B ∂t + ∇ × E = 0 ∂a ∇ × B − ∂E ∂t = −gaγγ B ∂t − E × ∇a a + m2 a = −g E · B aγγ a queste sono le equazioni di Maxwell modicate dalla presenza del campo assionico 18 B, (1.22) a. 1.2.2 Oscillazioni fotone-ALP in un campo magnetico esterno Consideriamo un'onda elettromagnetica monocromatica (con paga in un campo magnetico esterno Be . E e B campi associati) che si pro- In questo caso le equazioni (1.22) di evoluzione del campo elettromagnetico dell'onda assumono la forma ∇ · E = gaγγ ∇a · Be ∇·B=0 ∂B ∂t + ∇ × E = 0 ∂a ∇ × B − ∂E ∂t = −gaγγ Be ∂t a + m2 a = −g B · E aγγ e a avendo supposto che Be (1.23) vari più lentamente del campo dell'onda B ma sia più grande in modulo, in questo modo abbiamo potuto trascurare alcuni termini. Riscriviamo le equazioni (1.23) in termini del potenziale vettore Aµ ≡ (A0 , A) dell'onda elettro- mangnentica. Ricordando che E=− ∂A − ∇A0 , ∂t B = ∇ × A, e utilizzando la gauge temporale A0 = 0, le equazioni interessanti in (1.23) diventano = −gaγγ ∇a · Be ∇ · ∂A ∂t A + ∇(∇ · A) = −gaγγ Be · a + m2 a = g B · ∂A a aγγ e ∂a ∂t . ∂t Supponiamo che l'onda elettromagnetica monocromatica abbia energia direzione dove x3 . ω≡E ω e si propaghi lungo la Possiamo risolvere il sistema (1.24) facendo le seguenti Ansatz: ˆ 3 )e−iω(x3 −t) , A(t, x3 ) = A(x (1.25) a(t, x3 ) = a ˆ(x3 )e−iω(x3 −t) , (1.26) energia del fotone. Supponiamo inoltre che la parte di modulazione vari molto più lentamente della parte portante dell'onda, cioè che (1.24) ∂ˆ a(x3 ) ωˆ a(x3 ). ∂x3 19 ˆ 3) A(x e a ˆ(x3 ) dˆ a(x3 )/ˆ a(x3 ) ωdx3 che implica (1.27) Sostituendo le Ansatz (1.25) e (1.26) nel sistema (1.24) e integrando la prima equazione otteniamo gaγγ Aˆ3 (x3 ) = Be,3 a ˆ(x3 ), ω con (1.28) Aˆ3 , Be,3 rispettivamente componente del potenziale vettore e componente del campo magneti- co esterno lungo la direzione x3 . Da questa soluzione notiamo che in presenza di assioni è possibile una piccola componente dell'onda elettromagnetica lungo la direzione del moto. Numericamente Aˆ g B eV 3 aγγ e,3 −26 , ' 1.94 × 10 −11 a ˆ 10 GeV Gauss ω questa componente longitudinale può tranquillamente essere trascurata rispetto agli altri termini che ora deriveremo. Ricaviamo ora le equazioni per le componenti trasversali dell'onda (A1 , A2 ). termini A⊥ = Sostituendo le Ansatz nelle altre due equazioni del sistema (1.24) e trascurando i 00 a ˆ (x3 ) e ˆ 00 (x3 ) A ⊥ rispetto a 0 ωˆ a (x3 ) e 0 ˆ (x3 ), ωA ⊥ otteniamo 0 ˆ = −igaγγ ωBe,⊥ a 2iω A ˆ, ⊥ (1.29) 0 ˆ ⊥, 2iωˆ a + m2a a = igaγγ ωBe,⊥ · A (1.30) che con un opportuno cambio di fase a ˆ → iˆ a, il sistema acquista una forma tipo equazione di Schr¨ odinger Aˆ1 i∂x3 Aˆ2 = a ˆ 0 0 0 0 1 2 gaγγ Be,1 1 2 gaγγ Be,2 1 2 gaγγ Be,1 1 2 gaγγ Be,2 2 a −m 2ω Aˆ1 ˆ A2 . a ˆ (1.31) Questa è l'equazione di evoluzione del sistema fotone-ALP. Diamo un'interpretazione semiclassica ai campi Aˆ1,2 e a ˆ. Rideniamo per comodità questi campi (tale ridenizione non cambia l'equazione di evoluzione (1.31)) come e a ˆ → (2/ω)1/2 a ˆ. Aˆ1,2 → (2/ω)1/2 Aˆ1,2 Dopo il passaggio di un certo numero di pacchetti d'onda elettromagnetici, il usso di energia che attraversa l'unità di superce perpendicolare alla direzione di propagazione x3 è dε dΣ dove S(x3 ) 2 ˆ = h|S(x3 )|i Np = h|E × B|i Np = ω A(x ) 3 Np , è il vettore di Poynting e Np (1.32) è il numero di pacchetti d'onda per unità di superce. Il usso di energia può anche essere pensato come il usso di fotoni che attraversano l'unità di superce, dε/dΣ = ωNγ (x3 ), dove Nγ (x3 ) è il usso di fotoni nel punto 20 x3 . Eguagliando le due denizioni, possiamo osservare che 2 ˆ A(x ) 3 può essere interpretato come la frazione di pacchetti d'onda che sono visti come fotoni nel punto nel punto x3 . x3 , cioè la probabilità di osservare un fotone Da considerazioni analoghe possiamo interpretare osservare un ALP nel punto |ˆ a(x3 )|2 come la probabilità di x3 . Se la propagazione avviene in un mezzo, è facile vericare che l'equazione (1.29) per il campo elettromagnetico si modica come segue 0 ˆ = χω 2 A ˆ ⊥ − igaγγ ωBe,⊥ a 2iω A ˆ, ⊥ dove χ (1.33) è la suscettività elettrica del mezzo attraversato e può in generale essere un numero complesso (nel caso di un mezzo assorbente). In un mezzo non magnetico con indice di rifrazione n abbiamo che χ = r − 1 = n2 − 1 ' 2(n − 1) se n'1 (in mezzi a bassa densità come mezzi astrosici). Ne consegue che l'equazione (1.31) prende la forma ω(n − 1) Aˆ1 ˆ i∂x3 A2 = 0 1 a ˆ 2 gaγγ Be,1 0 ω(n − 1) 1 2 gaγγ Be,2 Se il mezzo è assorbente, la parte immaginaria di n−1 1 2 gaγγ Be,1 1 2 gaγγ Be,2 2 a −m 2ω Aˆ1 ˆ A2 . a ˆ (1.34) è non nulla. In particolare usando la formula di Rayleight n = 1 + 2π dove f (0) è l'ampiezza di diusione in avanti e ω Im(n − 1) = Ns f (0) , ω2 Ns (1.35) è la densità di centri diusori. Avremo quindi 2π Ns σtot Γ Ns Imf (0) = = , ω 2 2 (1.36) dove è stato utilizzato il teorema ottico Imf (0) e σtot = ω σtot 4π (1.37) è la sezione d'urto totale di diusione. Per il momento trascureremo l'assorbimento. Dalle equazioni precedenti si deduce che in un mezzo, il fotone acquista una massa eettiva pari a m2γ = −2(n − 1)ω 2 . Nel seguito della nostra trattazione ci riferiremo sempre a fotoni con energia molto maggiore dell'eV che si muovono in un gas di idrogeno parzialmente ionizzato. Per queste energie, l'indice di rifrazione del mezzo può essere approssimato da [6] 2 n =1− 21 2 ωpl ω2 , (1.38) dove 2 ≡ 4παn /m , ωpl e e fotoni di alta energia con ne densità totale di elettroni (sia liberi che legati) nel mezzo. Per 2. m2γ ' ωpl Oltre a questo eetto, dobbiamo considerare che ad un livello più fondamentale della teoria dobbiamo tenere di conto gli eetti di QED di polarizzazione del vuoto, [23]. Complessivamente questi termini generano eetti di cambiamento nelle polarizzazioni del fotone. Tenendo conto di tutto, l'equazione (1.31) viene modicata come segue [23] Aˆ1 i∂x3 Aˆ2 = a ˆ ∆11 ∆12 ∆21 1 2 gaγγ Be,1 ∆22 1 2 gaγγ Be,2 Aˆ1 ˆ A2 , a ˆ 1 2 gaγγ Be,1 1 2 gaγγ Be,2 2 a −m 2ω (1.39) con ∆11 = ∆k cos2 φ + ∆⊥ sin2 φ, ∆22 = ∆k sin2 φ + ∆⊥ cos2 φ, ∆12 = ∆21 = (∆k − ∆⊥ ) sin φ cos φ, dove ω2 ∆k = ∆pl + 72 ∆QED , ∆⊥ = ∆pl + 2∆QED , ∆pl = − 2ωpl , ∆QED = Be,3 x ˆ3 e ˆ /Be,⊥ . cos φ = Be,⊥ · x Chiamiamo ∆aγ ' 1.52 × 10−2 ∆a ' −7.8 × 105 ∆pl ' −1.1 × 10 ∆QED ∆aγ = 1 2 gaγγ Be,⊥ e ∆a = gaγγ 10−11 GeV−1 ma Be,⊥ 10−9 G 2 ω −1 10−10 eV ω −1 −2 −1 Mpc −1 , −1 Mpc 10−7 cm−3 2 ω B e,⊥ −18 −1 ' 4.1 × 10 Mpc . keV 10−9 G keV Be,⊥ 2 , 2 me /e Be,⊥ = Be − 2 −ma /2ω . Numericamente, Mpc keV ne αω 45π , (1.40) (1.41) , (1.42) (1.43) Per i nostri scopi vedremo che il termine di QED è molto più piccolo rispetto agli altri termini e quindi sarà trascurato. 1.2.3 Probabilità di oscillazione Consideriamo una regione in cui il campo magnetico è omogeneo e costante. La probabilità che un fotone polarizzato sia convertito in ALP (o viceversa) dopo una distanza l è (per la derivazione si veda l'appendice B) Paγ (l) = sin2 (2θ) sin2 22 ∆osc l 2 , (1.44) dove ∆osc 2∆aγ 1 θ = arcsin , 2 ∆osc h i1/2 = (∆a − ∆pl )2 + (2∆aγ )2 . Possiamo introdurre una scala d'energia critica ωc ≡ ω Nel limite di alte energie infatti θ ' π/4, In questo caso il mixing fotone-ALP è massimale, regime di strong mixing. Tenendo conto che Tale ∆osc ' 2∆aγ = la condizione che permette di avere regime di strong mixing è: gaγγ Be,⊥ In regime di strong mixing, se 2 ma + ∆pl . 2ω (1.48) (∆aγ l) 1, la probabilità di conversione assume la semplice forma Paγ (l) = (∆aγ l)2 = 1.3 (1.47) e la probabilità di conversione (1.44) diventa indipendente dall'energia. regime di energie è quindi detto gaγγ Be,⊥ , (1.46) ωc , |∆a − ∆pl | . 2∆aγ ω ωc , ∆osc ' 2∆aγ . (1.45) gaγγ Be,⊥ l 2 2 . (1.49) Esperimenti di rivelazione degli assioni La ricerca degli assioni, ad oggi, non ha portato ad alcuna osservazione di queste particelle. L'estrema elusività rende dicile la loro osservazione in fenomeni di interazione con le particelle ordinarie. Malgrado questo grosso problema, l'esistenza degli assioni non può essere esclusa sulla base delle attuali osservazioni sperimentali. La maniera più semplice per la loro rivelazione passa attraverso il fenomeno del mixing con i fotoni in presenza di campi magnetici esterni, [35]. Lo studio di questo accoppiamento ha permesso di imporre interessanti limiti alle grandezze che caratterizzano queste particelle. Gli esperimenti per la rivelazione di assioni (e in generale di ALPs) si basano quindi sui due fenomeni che caratterizzano il mixing con fotoni: oscillazioni ALPs-fotoni e cambio di polarizzazione dei fotoni dovuto ad un background assionico. In questa sezione descriveremo i più importanti esperimenti condotti sugli assioni e i limiti imposti sulla costante di accoppiamento e sulla massa. Fondamentalmente gli esperimenti sugli assioni sono dei seguenti tipi: gli esperimenti in laboratorio, che sono basati generalmente sullo studio di fasci laser in una regione di campo magnetico esterno, e gli esperimenti astrosici e cosmologici. Gli esperimenti astrosici e cosmologici sono eettivamente quelli che ci danno più informazioni sui 23 Figura 1.2: Limiti su massa e accoppiamento degli assioni. Alcuni degli esperimenti citati verranno descritti nel testo. limiti a queste particelle. Tali esperimenti tentano di osservare assioni e fotoni provenienti da oggetti astrosici (stelle, supernovae, ect) e cosmologici (universo primordiare, cluster di galassie, etc). Gli esperimenti cosmologici sono di importanza cruciale anche perchè l'assione è uno dei possibili candidati per risolvere il problema della materia oscura. L'assione del modello originale di Peccei e Quinn è stato escluso quasi successivamente la formulazione della teoria. Gli studi dei decadimenti dei quarkonia pesanti, delle diseccitazioni nucleari e degli esperimenti ai reattori non hanno osservato evidenze di accoppiamento di assioni a fermioni, e hanno imposto limiti alla scala di rottura escude completamente assioni con fa ∼ EEW fa & 104 e con masse ma ∼ 103 ÷ 104 limiti provenienti da queste osservazioni sono indicati come La regione Telescope GeV, [36, 37, 38]. Questo limite eV. Nella gura 1.2 i Laboratory. pone dei limiti superiori alla conversione di assioni (di Cold Dark Matter) in fotoni, da studi sulla luce extragalattica (EBL) e sulla luminosità delle galassie, [39]. In realtà recenti simulazioni sulle conversioni in cluster di galassie hanno permesso di evidenziare che una possibile spiegazione all'eccesso di raggi X provenienti da questi oggetti può essere inquadrata nell'ambito di assioni relativistici (radiazione oscura), con masse e costanti di accoppiamento molto soppresse, [29, 30, 40]. Di questo ci occuperemo successivamente in questo lavoro, partendo da ipotesi dierenti. L'esperimento ADMX (Axion Dark Matter eXperiment) ha l'intento di osservare conversioni di assioni e ALPs di materia oscura (nell'alone della nostra galassia) in fotoni nella banda delle 24 micro-onde. Tale ricerca viene fatta tramite l'uso di cavità risonanti dette haloscopi. Gli haloscopi sono cavità risonanti di alta qualità, in grado di variare la frequenza di risonanza. Le cavità sono permeate da un forte campo magnetico statico di circa 8 Tesla. Quando la frequenza della cavità è regolata sulla massa degli assioni, l'interazione degli assioni nell'alone della nostra galassia con il campo magnetico della cavità diventa massima. La conversione di queste particelle nella cavità genera un picco di energia nello spettro di frequenza nell'intorno della massa dell'assione. Un potente ricevitore di micro-onde permette di estrarre il segnale dal rumore di fondo. ADMX è stato costruito per sondare regioni di massa intorno a 1.9 − 3.5µeV e non ha osservato segnali riconducibili a queste particelle, [41]. Allo stato attuale ADMX è in fase aggiornamento in modo da poter estendere le osservazioni a tutta la regione di massa possibile per assioni di materia oscura (tipicamente tra 1µeV e 10µeV). Un esempio importante di esperimento in laboratorio è PVLAS (Polarizzazione del Vuoto con LASer), ideato nei laboratori INFN di Legnano. Lo scopo generale di questo esperimento è l'osservazione di eetti non lineari in fasci monocromatici di onde elettromagnetiche. Gli effetti non lineari sono descritti dalle correzioni radiative (diagrammi a loop) nella QED. Questi eetti, tra le altre cose, possono portare a variazioni nello stato di polarizzazione dell'onda elettromagnetica in presenza di un campo magnetico esterno. Ora poichè lo scopo fondamentale di PVLAS è l'osservazione di cambi di polarizzazione, in linea di principio questi eetti potrebbero essere anche dovuti all'accoppiamento dei fotoni a particelle scalari o pseudoscalari. L'apparato è costituito da una cavità provvista di un ellissomentro molto sensibile a cambi di polarizzazione, immersa in un campo magnetico di 5 Tesla. All'interno della cavità viene inviato un fascio laser monocromatico e perfettamente polarizzato che percorre l'intera cavità (di 1 metro circa). La presenza del campo magnetico esterno può innescare eetti (dovuti a diverse cause) di cambio di polarizzazione del fascio iniziale. Durante la presa dati dal 2000 al 2005, PVLAS ha eettivamente osservato una polarizzazione ellittica e una rotazione in fasci inizialmente polarizzati linearmente. Queste osservazioni sembrano essere in contrasto con la polarizzazione dovuta agli eetti non lineari di QED. I dati sembrerebbero invece in favore di un eetto di cambio di polarizzazione dovuto all'accoppiamento dei fotoni a particelle scalari (o pseudoscalari). Tali ma ∼ 1 meV e −1 −5 × 10 GeV , [42]. Queste osservazioni vennero smentite dall'esperimento CAST, che risultati impongono una massa e una costante di accoppiamento delle dimensioni: gaγγ ∼ 1 4 pose dei limiti stringenti alla massa e alla costande d'accoppiamento. Questi limiti tagliano fuori i valori trovati da PVLAS. Eettivamente, misure successive in PVLAS smentirono la presenza di rotazioni nella polarizzazione dei fasci e attribuirono il segnale trovato precendentemente a errori degli strumenti. Attualmente un prototipo dell'esperimento PVLAS è in fase di perfezionamento nell'università di Ferrara. I limiti imposti da PVLAS sono contenuti in 1.3. 25 Laser exps. nella gura Figura 1.3: Limiti su massa e accoppiamento degli ALPs. Alcuni degli esperimenti citati verranno descritti nel testo. Di notevole importanza sono i limiti imposti dalle osservazioni delle stelle. Le stelle sono una potenziale sorgente di ogni tipo particelle, anche particelle estremamente elusive come neutrini e assioni. Il meccanismo di generazione di assioni è basato sull'eetto Primako, N + a. γ+N → γ+ Un fotone molto energetico nel core della stella interagisce con il campo elettromagnetico degli ioni presenti generando assioni. Se le stelle emettono assioni, i ussi di queste particelle non possono essere osservati direttamente. Essendo poco interagenti, gli assioni generati dalle stelle verrebbero praticamente tutti espulsi da esse, comportando perdite di energia. Se il usso di assioni che fuoriesce fosse cospicuo, le proprietà delle stelle cambierebbero sostanzialmente rispetto a quanto postulato dalle teorie standard sull'evoluzione stellare. Da studi su questi eetti, sono stati ottenuti alcuni limiti superiori sull'accoppiamento degli assioni ai fotoni, [43]. Per esempio l'osservazione delle stelle HB (Horizontal Branch, stadio evolutivo che segue lo stadio di Gigante Rossa, per stelle con masse simili al Sole) in cluster globulari, ha portato al seguente 26 γ a ←−− B Figura 1.4: Eetto Primako. limite gaγγ . 10−10 GeV −1 . (1.50) Sotto questi limiti sarebbe permesso un fenomeno di mixing all'interno di queste stelle, che genererebbe ussi molto bassi di assioni, tanto da non comprometterne drammaticamente l'evoluzione. Altri limiti fondamentali derivano dallo studio delle supernovae. Il meccanismo di esplosione di supernovae si innesca per stelle con masse superiori a 8 M . In queste stelle i meccanismi di fusione portano alla formazione di nuclei via via più pesanti. La sintesi dei nuclei si ferma intorno 56 al picco del 26Fe , che ha la più alta energia di legame per nucleone. Questi nuclei pesanti vanno a costituire il core di ferro della stella. A questo punto il meccanismo di fusione si blocca nel core, poichè si è raggiunto il picco del ferro, mentre continua negli strati superiori, accrescendo sempre di più la massa del core. In questa fase la pressione di radiazione non è più in grado di sostenere la forza gravitazionale della massa del core, e l'equilibrio idrostatico viene rotto. Come conseguenza si ha che il core di ferro collassa su se stesso. Il collasso continua no a quando la densità non raggiunge il valore della densità nucleare. Il collasso quindi si blocca poichè i nucleoni impacchettati in volumi sempre più piccoli cominciano a risentire della repulsione nucleare, e il rimbalzo produce un'onda shock di pressione che espelle via gli strati più esterni. Nella fase di collasso vengono favorite reazioni di decadimenti β inverso, e− + p → n + νe , che portano alla formazione di una stella di neutroni e arricchiscono il numero di neutrini. Nelle supernovae, gli assioni potrebbero essere generati da interazioni tra nucleoni N + N → N + N + a. Quindi parte dell'energia della supernova potrebbe essere portata via dal core sotto forma di assioni. Poichè queste particelle hanno sicuramente accoppiamenti più deboli dei neutrini, i processi di perdita d'energia del core della stella sotto forma di assioni costituirebbero un canale più ecente di rilascio di energia rispetto ai neutrini (che nelle supernovae sorono la diusione). Questo fenomeno generebbe una diminuzione nella durata del burst di neutrini osservati rispetto a quanto postulato nelle teorie standard, [43]. Le osservazioni sperimentali sulla supernova SN 1987A sono 27 in buon accordo con una teoria standard di supernova, che non contiene assioni. Anche in questo caso sono stati ottenuti alcuni limiti sulla costante di accoppiamento e sulla massa ( SN 1987A in gura 1.2). Uno dei più importanti esperimenti è quello della ricerca di assioni provenienti dal Sole. Le ricerche sugli assioni del Sole iniziarono circa vent'anni fà, quando i laboratori di Brookhaven puntarono per la prima volta un telescopio (chiamato elioscopio) sul Sole. Gli assioni verrebbero generati nel core del Sole per eetto Primako. Essendo poco interaggenti con la materia ordinaria, una volta generate, queste particelle attraverserebbero tutti gli strati solari e uscirebbero dal Sole pressochè imperturbate. L'idea dell'esperimento, proposta da Pierre Sikivie, era quella di produrre un eetto Primako inverso, in cui gli assioni provenienti dal Sole, entranti nel telescopio, venissero ritrasformati in fotoni in presenza di un forte campo magnetico. Il campo magnetico è diretto trasversalmente alla direzione di propagazione del fascio di assioni. Questo poichè è la parte trasversa del campo alla direzione del moto a generare l'accoppiamento (si veda la sezione precedente). L'esperimento CAST (Cern Axion Search Telescope) si basa proprio su questa idea. Esso consiste fondamentalmente di un telescopio (elioscopio) puntato in direzione del Sole (chiuso da entrambe le estremità per ridurre al minimo il background di fotoni) di lunghezza circa 27 metri. ◦ L'elioscopio è montato su una piattaforma in grado di movimenti verticali di ±8 e orizzontali di ±40◦ . All'interno di esso è generato un campo magnetico di 9 Tesla. In entrambi i lati del magnete sono montati detector in grado di rivelare la presenza di fotoni all'interno del tubo dell'elioscopio. Le osservazioni del Sole sono fatte all'alba e al tramonto, mentre nel resto della giornata vengono fatte misure del rumore di fondo. L'esperimento CAST prevede diverse fasi di rivelazione. La prima fase, durata dal 2003 al 2004, si è conclusa senza osservazioni di segnali interessanti sopra il fondo. Questa fase ha permesso di ssare un limite superiore alla costante di accoppiamento ai fotoni, gaγγ ≤ 8.8 × 10−11 GeV −1 , [44]. Molti limiti descritti sopra, valgono sia per assioni sia per ALPs, perchè si basano sulle osservazioni di accoppiamenti a fotoni. Quindi questi esperimenti tentano di osservare una qualsiasi specie di particelle scalare o pseudoscalare con accoppiamento ai fotoni. Gli ALPs hanno una fenomenologia molto più ricca rispetto agli assioni di Peccei-Quinn, e quindi hanno una maggiore probabilità di essere osservati negli esperimenti. Infatti nella gura 1.3, osserviamo che i modelli Axion models) possono giacere solo nella striscia (in giallo nella gura) che tiene con- assionici ( to della dipendenza della massa dalla scala di rottura, equazione (1.5). Mentre gli ALPs hanno uno spazio dei paramentri molto più ampio, poichè in generale la costante di accoppiamento e la massa non sono correlate. Negli ultimi anni, vari scenari legati agli ALPs sono stati postulati. Questi scenari permettono di spiegare con il meccanismo di mixing fotone-ALP, alcune osservazioni sperimentali che 28 sembrano essere in disaccordo con le teorie standard. Uno dei più importanti è lo scenario DARMA, [45]. I blazar (particolari nuclei galattici attivi) sono le più lontane sorgenti di raggi gamma no ad ora osservate. Queste sorgenti emettono fotoni molto energetici, chiamati fotoni VHE (Very Hight Energy, fotoni con energia superiore a 100 GeV). Il problema fondamentale dello studio di queste sorgenti è legato al fatto che il libero cammino medio dei fotoni VHE è limitato dall'interazione con il fondo diuso di luce extragalattica (EBL). I fotoni VHE interagiscono con l'EBL tramite processi di produzione di coppie γV HE + γEBL → e+ e− . Ne deriva che la radiazio- ne VHE emessa da questi oggetti lontani arriverebbe sulla Terra molto diminuita o addirittura non perverrebbe aatto (a seconda della distanza). Si dice che l'universo è opaco rispetto a questa banda di energia. In realtà, studi sullo spettro dei raggi gamma provenienti da blazar lontani mostrano un eccesso inaspettato di fotoni molto energetici. Una possibile spiegazione per questo fenomeno è fornita dallo scenario DARMA. Infatti, l'assorbimento dei fotoni VHE può essere sensibilmente ridotto (e quindi avere una maggiore trasparenza dell'universo) se teniamo di conto il meccanismo di mixing con ALPs. Un fotone VHE emesso dal blazar lontano può essere convertito in ALP nel campo magnetico del blazar. Una volta convertito, l'ALP, avendo interazioni molto deboli con la materia, si propaga praticamente imperturbato nell'universo. Arrivato nella nostra galassia può essere riconvertito in fotone nel campo magnetico galattico. In questo modo può essere rivelato dagli strumenti ottici. Questo scenario potrebbe spiegare in maniera interessante l'eccesso osservato di fotoni VHE, se la massa e la costante di accoppiamento degli ALPs è intorno a ma ∼ 10−8 ÷ 10−9 eV e gaγγ ∼ 10−11 per spiegare questo fenomeno sono indicati come GeV −1 . Nella gura 1.3, i valori permessi ALP hints. In alternativa il fenomeno di mixing potrebbe avvenire nei campi magnetici extragalattici (e non nel campo galattico), [46]. Nei prossimi capitoli studieremo un altro fenomeno che potrebbe portare a interessanti limiti sulle grandezze che caratterizzano gli ALPs e che potrebbe in futuro essere una fonte di osservazione di queste particelle così elusive. 29 Capitolo 2 ALPs come Radiazione Oscura La cosmologia standard inizia con uno stato di inazione. Durante questo periodo la densità dell'universo è dominata dall'energia di un campo scalare, detto inatone, che discende lentamente un potenziale verso il minimo. Ad un certo istante l'inazione nisce e l'energia del campo scalare viene convertita nei gradi di libertà del Modello Standard, che subito termalizzano ad una temperatura Treheat , detta temperatura di riscaldamento. Lo spettro delle particelle termalizzate nell'universo primordiale è regolato dalla distribuzione di Boltzmann. termalizzate con energia E Treheat Particelle relativistiche sono fortemente soppresse da questa distribuzione. uniche particelle termalizzate con energia E Treheat Le devono essere non relativistiche. Limiti fondamentali allo scenario proposto dalla cosmologia standard derivano dallo studio del numero eettivo di famiglie di neutrini Nef f , che viene misurato al tempo della nucleosintesi del Big Bang (BBN) e al tempo della formazione della radiazione cosmica di fondo (CMB). Come vedremo successivamente in dettaglio, al tempo della BBN e della CMB, l'universo (nella cosmologia standard) è dominato dall'energia dei fotoni e dei neutrini ρrad = ργ + ρν = ργ 7 1+ 8 4 11 ! 4/3 Nef f . (2.1) In realtà l'equazione precedente può essere generalizzata a teorie oltre il Modello Standard. In questo caso Nef f può essere considerato come la frazione di energia che non è sotto forma di fotoni (ma in principio è sotto forma di qualsiasi altro tipo di particella: neutrini, particelle esotiche, SUSY etc). Nell'ambito della cosmologia standard il campo inatonico decade solo nelle particelle del Modello Standard. L'universo al tempo della formazione della CMB è quindi dominato dai soli neutrini e fotoni. Deniamo Nef f,SM il numero eettivo previsto da questo modello (Modello Standard). Questo parametro è stimato teoricamente essere 30 Nef f,SM = 3.046 (al tempo della formazione della CMB), poichè c'è una parziale rigenerazione di neutrini da processi di annichilazione e+ e− . Le osservazioni sperimentali permettono di stabilire il valore del parametro Nef f nell'equazione (2.1) e quanto esso sia in accordo con il valore previsto dal Modello Standard Nef f,SM . Se le osservazioni sperimentali predicono un valore Nef f > Nef f,SM allora la densità dell'universo (2.1) sarà caratterizzata non solo da neutrini e fotoni ma anche da un'altro tipo di radiazione nascosta (costituita da particelle non standard), che denominiamo oscura. Le recenti osservazioni sperimentali provenienti da WMAP, ACT, SPT e Planck, danno la seguente stima di questo paramentro: (STP, [8]), Nef f = 3.50 ± 0.42 Nef f = 3.84 ± 0.40 (ATC, [9]) e (WPMA9, [7]), Nef f = 3.62 ± 0.25 seppur ancora non conclusivi, mostrano uno scostamento positivo da radiazione Nef f,SM Nef f = 3.71 ± 0.35 1 Questi valori, (Planck, [10]). ∆Nef f = Nef f − Nef f,SM > 0 previsto dal Modello Standard, quindi sarebbero in favore dell'esistenza di radiazione oscura. Esistono teorie alternative alla cosmologia standard che ci permettono di risolvere il problema della radiazione oscura. Nel contesto dei modelli di stringa, per esempio, il meccanismo postinazionario di riscaldamento è condotto da campi scalari reali detti −1 particelle hanno accoppiamenti soppressi di un fattore MP l , dove MP l moduli, Φ [22]. Queste √ = 1/ 8πG è la massa di Planck ridotta. I moduli non interagiscono solo con il settore di Modello Standard, ma hanno accoppiamenti molto più generali e possono decadere in due assioni di Peccei-Quinn o in due ALPs tramite processi Φ → aa. Gli assioni così generati, avendo interazioni molto soppresse con la materia ordinaria, non riuscirebbero a termalizzare e rimarrebbero relativistici al tempo della BBN e al tempo della formazione della CMB. Queste particelle relativistiche costituirebbero un fondo di radiazione nascosta nell'universo e sarebbero quindi possibili candidati a costituire radiazione oscura. Notiamo che queste particelle possono avere E Treheat , infatti non termalizzando, non obbediscono alla distribuzione di Boltzmann. Poichè gli ALPs hanno interazioni trascurabili con il fondo, il usso di radiazione oscura, generato nell'universo primordiale, rimarrebbe pressocchè immutato anche all'era attuale, risentendo solo dell'espansione dell'universo. Questo fa si che, in linea di principio, potremmo osservare ancora oggi questo fondo di radiazione oscura generato dopo l'inazione. L'eventuale osservazione sperimentale di radiazione oscura ci darebbe quindi un'immagine dell'universo al tempo della formazione di questa radiazione, t ∼ 10−6 s dopo il Big Bang. Le attuali informazioni dell'uni- verso primordiale sono ottenute prevalentemente dallo studio della radiazione di fondo (CMB), che ci dà una immagine dell'universo a tempi della formazione della CMB, 1 t ∼ 3 · 105 anni dopo 68% di condenza. I valori precedenti sono stati ottenuti includendo la misura diretta H0 = (73.8 ± 2.4) km s−1 Mpc−1 dall'esperimento HST (Hubble Space Telescope), [11]. Tutte le misure sono al della costante di Hubble Questo poichè il t dei valori sperimentali ottenuti da Planck con il modello cosmologico standard danno un valore −1 −1 di H0 ' (67.3 ± 1.2) km s Mpc , che è più basso di 2 ÷ 3σ rispetto ai valori ottenuti dalle misure dirette, [11]. Descriveremo successivamente queste discrepanze. 31 il Big Bang. Risulta quindi chiaro l'impatto che avrebbe sulle nostre conoscenze dell'universo, l'osservazione di questo fondo di radiazione oscura. In analogia alla CMB, chiameremo il fondo oscuro di assioni e ALPs come CAB (Cosmic Axion Background). Nel presente capitolo studieremo in dettaglio la radiazione oscura dovuta ad ALPs. Deri- veremo le equazioni di evoluzione degli ALPs in un universo in espansione, dall'istante della loro generazione dai moduli sino all'era attuale. Il nostro scopo sarà quello di trovare lo spettro del fondo di radiazione oscura all'era attuale. Prima di cominciare la nostra trattazione sulla CAB, descriviamo brevemente i risultati dell'esperimento Planck che hanno portato a postulare la presenza di questa radiazione oscura. 2.1 Risultati dell'esperimento Planck La scoperta della CMB fu la prima eettiva evidenza di un universo in espansione (cosmologia del Big Bang). L'estrema isotropia di questa radiazione è una conferma molto interessante del principio cosmologico. In realtà le osservazioni sperimentali hanno individuato la presenza di deboli anisotropie nella CMB. Queste anisotropie sono necessarie per spiegare le strutture che oggi osserviamo nell'universo (galassie, cluster, etc) e sono collegate a piccole perturbazioni nella metrica di Friedmann-Robertson-Walker (la cui evoluzione è descritta dalla Relatività Generale). Le anisotropie della CMB sono largamente riconosciute come la più importante evidenza di sica dell'universo primordiale e il più importante studio sulla Cosmologia. Infatti lo spettro delle anisotropie dipende dai parametri cosmologici e permette di fornire interessanti limiti su di essi. L'esperimento Planck è la terza generazione di missioni spaziali intente a misurare le anisotropie della CMB. Ricordiamo che prima di esso, gli altri due esperimenti in questo settore sono stati COBE e WMAP. L'esperimento Planck ha come scopo fondamentale quello di misurare le anisotropie di temperatura e di polarizzazione della CMB su tutto il cielo. I dati relativi alle anisotropie vengono ttati con gli attuali modelli standard sulla cosmologia, per ottenere i valori dei parametri cosmologici. La cosmologia standard è basata sul modello ΛCDM. Questo model- lo descrive un universo spazialmente piatto e in espansione accelerata, dominato dalla materia oscura fredda (Cold Dark Matter, CDM) e da una costante cosmologica (Λ) a tempi successivi. Il modello ΛCDM è caratterizzato da 6 parametri cosmologici chiave: densità di barioni all'e- ra attuale (Ωb ), densità della CDM all'era attuale (Ωc ), profondità ottica dei fotoni di CMB (τthom ), ampiezza delle uttuazioni scalari (As ) e indice spettrale (ns ). Ad essi sono collega- ti altri parametri derivati. Pur essendo relativamente semplice, questo modello ha riscosso un grande successo, grazie al fatto che ad ora sembra descrivere in maniera accurata le osservazioni sperimentali (non solo provenienti dalla CMB, ma anche osservazioni relative a supernovae, a cluster di galassie etc). Tuttavia il modello ΛCDM 32 non può essere considerato un modello de- nitivo della descrizione dell'universo. Infatti alcune anomalie nello spettro della CMB e alcuni valori dei parametri cosmologici sembrano dare indizzi in direzione di Nuova Fisica. Un indizio di esistenza di nuova fenomenologia è dato dalla misura del numero eettivo di famiglie di neutrini (Nef f ). Come abbiamo già detto, questo parametro è collegato alla densità d'energia di particelle relativistiche che non sono fotoni. In linea di principio questa energia può trovarsi sotto forma di neutrini e di qualsiasi altra specie di particelle esotiche. Nella fenomenologia standard Nef f,SM = 3.046. Tuttavia le misure di anisotropia della CMB sembrano preferire valori del numero di famiglie Nef f > Nef f,SM . Questi risultati potrebbero essere una prova dell'esistenza di una forma di radiazione nascosta (radiazione oscura), costituita da particelle non standard. La presenza di radiazione oscura potrebbe inoltre inuenzare le oscillazioni acustiche barioniche (BAO). Basandosi sui soli dati relativi a CMB e BAO, il valore di Nef f trovato dall'esperimento Planck è Nef f = 3.30+0.54 −0.50 Questo valore è in accordo entro 1σ (al 95% con il valore di condenza). (2.2) Nef f,SM = 3.046 previsto dalla cosmologia standard, sebbene suggerisca la possibilità dell'esistenza di radiazione oscura. In realtà fortemente correlato con la misura della costante di Hubble costante di Hubble è H0 ' (67.3 ± 1.2) −1 km s −1 Mpc H0 . Nef f è Il valore stimato da Planck sulla . Questo valore dierisce di circa 2 ÷ 3σ dal valore delle recenti misure dirette della costante di Hubble ad opera di HST (Hubble Space Telescope), che danno un valore H0 = (73.8 ± 2.4) km s −1 valore di HST per la costante di Hubble, allora il valore di Nef f = 3.62+0.50 −0.48 (al 95% −1 Mpc Nef f , [11]. Se teniamo conto del diventa di condenza). (2.3) In questo caso notiamo come il valore ottenuto del numero di famiglie di neutrini sia in disaccordo con il valore aspettato dalla teoria solo entro 3σ . Nef f,SM = 3.046. I due valori sono infatti compatibili Questi dati potrebbero essere in favore di una nuova forma di energia che pervade l'universo. Questa energia sarebbe sotto forma di particelle relativistiche non standard. Bisogna altresì riconoscere che queste osservazioni non sono conclusive e rappresentano una minima evidenza di questo fondo di radiazione nascosta. Osservazioni successive potrebbero fare maggiore chiarezza su questo nuovo problema cosmologico. 2.2 Decadimento dei moduli e meccanismo di riscaldamento Dopo il periodo di inazione, l'energia del campo inatonico in linea principio può essere trasferita a tutti i settori di particelle, standard e non (SUSY, assioni etc). Questa fase è detta di riscaldamento. In realtà se il meccanismo di riscaldamento portasse ad un eccesso di particelle 33 non standard, allora ci aspetterremmo Nef f Nef f,SM , in netto contrasto con quanto osser- Nef f , tale eccesso è molto −1 O(10 ). Eettivamente il meccanismo di riscaldamento vato negli esperimenti. Infatti, pur essendoci un eccesso nel valore piccolo, ∆Nef f = Nef f − Nef f,SM ∼ sembrerebbe generare prevalentemente il settore di Modello Standard, e solo una piccola parte di energia verrebbe convertita in settori nascosti (radiazione oscura). Il problema dell'origine della radiazione oscura è quindi intimamente collegato al meccanismo di riscaldamento. Questo meccanismo trova una naturale spiegazione nei contesti di stringa. I moderni modelli cosmologici di stringa sono intenti a risolvere due importanti problemi legati all'universo post-inazionario. Il primo problema è comprendere come funziona il meccanismo di riscaldamento in toto (chiamato CMP, Cosmological Moduli Problem, [22]). Il secondo problema è capire il perchè siano i gradi di libertà del Modello Standard ad essere prevalentemente riscaldati. La teoria di stringa contiene un certo numero di campi scalari reali con accoppiamenti soppressi dalla costante di Planck MP l , che discendono naturalmente dalla complicata geometria di Calabi-Yau. Tali campi vengono chiamati moduli, Φ. Durante l'inazione, ci si aspetta che questi campi scalari acquistino VEVs. Una volta arrestatasi l'inazione, il meccanismo di disallineamento porta alla produzione di moduli. Poichè queste particelle hanno interazioni soppresse dalla massa di Planck, allora il tasso di decadimento dei moduli ΓΦ = e la vita media τΦ = 1/ΓΦ ∼ O(1) è [47] m3Φ 1 4π (MP l /k)2 (2.4) di queste particelle è τΦ = dove k Φ 4π MP2 l 2 3 , k mΦ (2.5) è una costante. I moduli avendo una costante di accoppiamento soppressa dalla massa di Planck sarebbero le particelle a più lunga vita media. Inoltre essendo molto massive, esse sono non relativistiche. Queste particelle vengono diluite come materia nell'espansione dell'universo. Ricordiamo che la densità di materia nell'universo scala come la radiazione ρr ∼ ρm ∼ R−3 , mentre per R−4 , per cui l'universo post-inazionario tenderebbe ad essere dominato dalla materia non relativistica con la vita media più lunga, cioè dai moduli. L'universo primordiale attraverserebbe quindi una fase dominata dai moduli e sarebbero i decadimenti di essi a costituire l'eettivo meccanismo post-inazionario di riscaldamento. I moduli avendo accoppiamenti gravitazionali, posso decadere democraticamente in tutti i settori possibili, standard e non. Se non ci fossero limiti sulla massa dei moduli, l'universo tenderebbe ad essere dominato (a tutte le ere) da queste particelle scalari, generando un ritardo nella fase di nucleosintesi primordiale (BBN). Anchè questa teoria sia in accordo con le predizioni sulla BBN, la fase di riscaldamento 34 deve avvenire prima della nucleosintesi primordiale, periore alla massa dei moduli, il canale di decadimento Treheat > O(1) MeV. Ciò pone un limite su- mΦ & 30 TeV. D'altra parte se mΦ & 2m3/2 Φ → ψ3/2 ψ3/2 (massa del gravitino), è aperto. Il gravitino genera degli importanti problemi cosmologici. Questa particella può decadere in fotoni, leptoni carichi o mesoni tanto energetici da distruggere i nuclei di 4He e deuterio, stroncando la nucleosintesi. Questi problemi legati ai moduli vanno sotto il nome di CMP, [22]. I modelli di stringa inglobano dierenti settori oltre al settore delle particelle standard. Il problema è capire come mai solo il settore di Modello Standard viene generato dal meccanismo di riscaldamento. Di più le teorie di stringa contengono un gran numero di moduli, O(100). Quindi studiare tutti i possibili decadimenti di ognuno di essi e come interagiscono i vari canali è pressochè impossibile. Fortunatamente esistono dei modelli in grado di evitare questo studio e contemporaneamente risolvere i problemi cosmologici. Modelli di questo tipo sono detti LVS (Large Volume Scenarios), [47]. Questi modelli generano una distinta gerarchia di masse dei moduli e mostrano come eettivamente solo un tipo di moduli domini nel meccanismo di riscaldamento. Questo permette di eettuare uno studio interessante sui canali di decadimento di questo tipo di moduli. Si può far vedere infatti che gli unici canali dominanti sono il decadimento in assioni (di dierenti tipi: ALPs, assioni di PQ etc) e nei campi di Higgs (che generano i gradi di libertà del Modello Standard), [47]. Non è di nostra competenza scendere nel dettaglio di questo modello, poichè comporterebbe la chiamata in causa dell'intero impianto di stringa. Per il nostro scopo siamo interessati solo ai due canali privilegiati di decadimento: canale assionico (CAB) e canale del Modello Standard. Di più ci metteremo nella ipotesi più favorevole, supponendo che il canale assionico sia costituito da decadimenti in soli ALPs. Questa ipotesi ci permette di avere un più ampio spazio di parametri per la massa e la costante di accoppiamento rispetto ad altri tipi di assioni. Vediamo come avvengono questi decadimenti. Supponiamo per ora che tutti i moduli decadano simultaneamente al tempo τΦ τΦ , per cui tutta la radiazione oscura assionica è generata al tempo (questa supposizione verrà poi eliminata successivamente). Prima dei decadimenti, l'universo è dominato dai moduli. In un universo dominato dalla materia abbiamo che tasso di espansione dell'universo al tempo del decadimento dei moduli R ∼ t2/3 . t = τΦ è Per cui il Hdecay = 2 3τΦ . Assumiamo che queste particelle decadano solo in ALPs e nel settore del Modello Standard. Chiamiamo Ba la frazione di decadimenti in ALPs e naturalmente dimenti nel Modello Standard. generati al tempo τΦ . 1 − Ba la frazione di deca- Possiamo calcolare la densità d'energia iniziale ρa,in di ALPs, L'equazione di Friendman al tempo del decadimento è 2 Hdecay = 1 ρΦ,decay 3MP2 l 35 (2.6) dove ρΦ,decay è la densità d'energia dei moduli al momento del decadimento. moduli che decade in ALPs è Ba , per cui ρa,in = Ba ρΦ,decay . La frazione di Dall'equazione (2.6) risulta che 2 ρa,in = 3MP2 l Ba Hdecay . La densità d'energia ρSM,in del Modello Standard al tempo (2.7) τΦ , analogamente, è 2 ρSM,in = 3MP2 l (1 − Ba ) Hdecay . (2.8) Le particelle del Modello Standard, appena generate, termalizzano immediatamente. Possiamo quindi calcolare la temperatura di riscaldamento Treheat in cui si trova il bagno termico delle particelle standard. Supponiamo che al tempo del riscaldamento il Modello Standard sia relativistico (ESM mSM ), per cui le particelle standard sono eettivamente a massa nulla. La densità di energia per una generica specie di particelle termalizzate alla temperatura generale, ∞ ρ(T ) = T p n(p, T ) p2 + m2 dp, è, in (2.9) 0 con p modulo del tri-impluso e n(p, T ) densità in numero delle particelle (descritta dalla distri- buzione di Bose-Einstein per bosoni o di Fermi-Dirac per fermioni). In particolare per una specie di particelle a massa nulla, l'equazione (2.9) prende la forma ∞ ρ(T ) = g 0 dove g 4πp3 1 dp 3 (2π) exp(p/T ) ± 1 è la degenerazione negli stati di spin e ± (2.10) indica le diverse statistiche (Fermi-Dirac o Bose-Einstein rispettivamente). Integrando, otteniamo che g π2 T 4 30 ρ(T ) = g 7 π2 T 4 , (2.11) 7/8 di dierenza tra le due statistiche. Per il Modello Standard, che 8 dove abbiamo evidenziato il per bosoni contiene sia specie bosoniche che fermioniche, 30 per fermioni ρSM (T ) = ρbosoni (T ) + ρf ermioni (T ) = π2 4 30 g∗ (T )T . g∗ (T ) contiene tutte le possibili specie di particelle termalizzate del Modello Standard che possono esistere alla temperatura T, g∗ (T ) π2 4 30 g∗ (Treheat )Treheat . Se con le rispettive degenerazioni negli spin. Per questo motivo è detto numero eettivo di specie. Al tempo del riscaldamento 36 ρSM,in = confrontiamo questa relazione con l'equazione (2.8), possiamo ricavare Treheat = che, usando Hdecay = 2 3τΦ e τΦ = 90 2 M 2 (1 − Ba ) Hdecay π 2 g∗ (Treheat ) P l 1/4 , (2.12) 2 4π MP l , diventa k2 m3Φ Treheat = k 2.2.1 Treheat 5 (1 − Ba ) 2π 4 g∗ (Treheat ) 1/4 3/2 mΦ 1/2 . (2.13) MP l Numero eettivo di famiglie di neutrini ρa (R) Calcoliamo ora le densità d'energia e ρSM (R) a tempi successivi al periodo di riscalda- mento. L'interazione degli ALPs con il Modello Standard è fortemente soppressa. Ne deriva che il rapporto tra il tasso di interazioni rimane molto piccolo per ogni Γa e il tasso di espansione dell'universo t, Γa /H 1. ˙ H(t) = R(t)/R(t) Per questo motivo gli ALPs non termalizzano e risenteno solo del redshift dovuto all'espansione dell'universo. La loro densità d'energia evolve nel tempo con la dimensione dell'universo ρa (R) = ρa,in dove Rin Rin R 4 , (2.14) è la cinematica cosmica al tempo del riscaldamento, quindi ρa,in = ρa (Rin ). Il Modello Standard, d'altra parte, è termalizzato. La condizione di equilibrio termico impone che l'entropia in un volume comovente deve essere conservata durante l'espansione dell'universo, s(T )R3 = costante, con s(T ) densità di entropia. diamo che Dalla prima legge della termodinamica in un volume T d (s(T )V ) = d (ρ(T )V ) + p(T )dV Eguagliando i coecenti in dV , dove p(T ) V, ricor- è la pressione del gas termalizzato. otteniamo s(T ) = Per un gas ultrarelativistico (radiazione) ρ(T ) + p(T ) . T p(T ) = ρ(T )/3 s(T ) = Per il Modello Standard, (2.15) sSM (T ) = 4 ρSM (T ) 3 T e quindi 4 ρ(T ) . 3 T ∝ g∗ (T )T 3 . 37 (2.16) (2.17) Ora poichè durante l'espansione dell'universo sSM (T )R3 ∝ g∗ (T )T 3 R3 è conservata, la densità di energia del Modello Standard evolve come ρSM (R) = ρSM,in Il rapporto ρa /ρSM g∗ (Treheat ) g∗ (T ) 1/3 Rin R 4 . (2.18) a qualsiasi tempo successivo la rigenerazione sarà ρa,in ρa (R) = ρSM (R) ρSM,in A temperature sotto g∗ (T ) g∗ (Treheat ) 1/3 . (2.19) T ∼ 1010 K i neutrini non sono più in equilibrio termico con le altre particelle standard e continuano la loro propagazione nell'universo pressocchè senza interagire con il fondo. La temperatura a cui avviene questo fenomeno è detta di disaccoppiamento dei neutrini La densità d'energia del Modello Standard alla temperatura Tνdec Tνdec . sarà prevalentemente dovuta ai fotoni, ai neutrini e agli elettroni e positroni ρSM (Tνdec ) = g∗ (Tνdec ) π2 4 T , 30 νdec (2.20) 2 dove g∗ (Tνdec ) = (|{z} 2 + γ 7 43 7 (2 · 3) + (2 · 2)) = . 4 |8 {z } |8 {z } νe,µ,τ ,¯ νe,µ,τ La densità d'energia degli ALPs alla temperatura ρa (Tνdec ) = Ora poichè ρa,in /ρSM,in = Ba / (1 − Ba ), ρa (Tνdec ) = Moltiplichiamo per 7/16 forma 2 ρa,in ρSM,in Per costruire Ba 1 − Ba e+ e− Tνdec g∗ (Tνdec ) g∗ (Treheat ) (2.21) è 1/3 43 4 π2 4 . T 30 νdec (2.22) l'equazione precedente diventa g∗ (Tνdec ) g∗ (Treheat ) 1/3 43 4 π2 4 T . 30 νdec sia il numeratore che il denominatore. 7 π2 4 ρa (Tνdec ) = (2 · ∆Nef f ) Tνdec 8 30 g∗ (Tνdec ) ricordiamo le seguenti polarizzazioni. (2.23) L'equazione (2.23) prende la (2.24) I fotoni hanno 2 stati di polarizzazione. I neutrini sono di 3 avour, ciascuno con 2 stati di polarizzazione (neutrino left, antineutrino right), gli elettroni e positroni hanno ciascuno due stati di polarizzazione, essendo particelle con spin conto del fattore extra 7/8 dovuto alla statistica. 38 1/2. Di più per i fermioni dobbiamo tener dove abbiamo denito ∆Nef f ≡ 43 Ba 7 1 − Ba Spieghiamo il motivo di questa denizione. g∗ (Tνdec ) g∗ (Treheat ) 1/3 . (2.25) Dopo il disaccoppiamento dei neutrini, l'universo primordiale attraversa una fase in cui elettroni e positroni (oramai non più relativistici) si annichilano e non vengono più rigenerati (poichè le temperature sono più basse del doppio della massa dell'elettrone). L'universo si impoverisce di elettroni e positroni termalizzati, e la densità d'energia del Modello Standard è dominata dai soli fotoni e dai neutrini. I neutrini non sono più Tν sarà diversa da quella dei fotoni 1/3 (11/4) , [3]. Così in questo periodo accoppiati alla materia, quindi la loro temperatura T, Tν Tνdec , si può mostrare che Nef f,SM 7 2+ 8 ρSM (T ) = con T /Tν → 2 · Nef f,SM · 4 11 4/3 !! π2 4 T , 30 T. Per (2.26) numero eettivo di famiglie di neutrini previsto dalla cosmologia standard. Nel Modello Standard abbiamo evidenze di 3 famiglie di neutrini. In realtà dopo il disaccoppiamento dei neutrini, il numero eettivo di famiglie è stimato teoricamente essere Nef f,SM = 3.046, poichè si tiene conto della generazione di neutrini da parte dei processi di annichilazione La densità di energia degli ALPs ρa (T ), e+ e− → ν ν¯. al tempo dell'annichilazione di elettroni e positroni, può essere ricavata dalla (2.19). Dopo qualche passaggio algebrico, otteniamo 4/3 2 g∗ (T ) π 4 7 (2 · ∆Nef f ) T . ρa (T ) = 8 g∗ (Tνdec ) 30 Poichè g∗ (T ) g∗ (Tνdec ) 1/3 = Tν T → 4 1/3 , allora 11 4/3 2 7 4 π 4 ρa (T ) = (2 · ∆Nef f ) T . 8 11 30 La densità totale d'energia di radiazione, dovuta al Modello Standard e agli ALPs, è ρSM (T ) + ρa (T ). (2.28) ρr (T ) = Dalle equazioni (2.26) e (2.28) risulta " 7 ρr (T ) = 2 + 8 dove (2.27) Nef f ≡ Nef f,SM +∆Nef f . 2 · Nef f · Ricordiamo che di neutrini nel Modello Standard e ∆Nef f 4 11 4/3 !# π2 4 T , 30 (2.29) Nef f,SM = 3.046 è il numero eettivo di famiglie rappresenta una deviazione del numero eettivo dal valore del Modello standard dovuto alla presenza di radiazione oscura (nella fattispecie ALPs). 39 La ragione per cui la radiazione oscura è parametrizzata come numero extra di famiglie di neutrini è puramente storica, in quanto sino a non molto tempo fà il numero di famiglie di neutrini non era noto. I calcoli precedenti mostrano in maniera completa come le misure del numero eettivo di famiglie di neutrini Nef f potrebbero essere importanti prove dell'eettiva esistenza di radiazione oscura. Le recenti osservazioni sperimentali provenienti da WMAP, ACT, SPT e Planck, danno la seguente stima di questo paramentro: (STP, [8]), Nef f = 3.50 ± 0.42 Nef f = 3.84 ± 0.40 (ATC, [9]) e (WPMA9, [7]), Nef f = 3.62 ± 0.25 Nef f = 3.71 ± 0.35 (Planck, [10]). Questi dati potrebbero essere interpretati a favore dell'esistenza di una qualche forma di radiazione oscura. Ovviamente questa non è una evidenza forte. Deriveremo nel capitolo successivo una teoria delle oscillazione fotone-ALP per ALPs di radiazione oscura. Dal meccanismo di conversione di ALPs in fotoni, ci aspettiamo la presenza di un fondo di raggi X nell'universo attuale. La possibile osservazione di questo fondo diuso potrebbe essere una prova (ancora più forte della misura di Nef f ) a favore dell'esistenza di radiazione oscura assionica. Vedremo meglio i dettagli successivamente. 2.2.2 Esempio numerico Nella nostra trattazione, per avere una stima numerica dei parametri in gioco nella teoria useremo Nef f = 3.62. Per la massa dei 7 10 GeV e k = 1, [28, 47]. Sostituendo il valore centrale dei risultati dell'esperimento Planck [10], moduli, ci riferiremo a modelli con massa mΦ ∼ 106 ÷ questi valori nelle equazioni precedenti, otteniamo una frazione di decadimenti in ALPs Ba ' 0.143, corrispondente a temperature di riscaldamento Treheat ∼ 1 GeV. Queste temperature sono sucentemente alte da non creare problemi alla fase di BBN (che avviene a temperature del MeV). A temperature gluoni, quark Treheat ∼ 1 GeV, la densità di energia del Modello Standard è dominata da fotoni, u, d, s, leptoni e, µ e neutrini (tutti relativistici, come supposto precedentemente). Infatti queste temperature sono troppo basse per generare i quark Z 0 , il leptone τ 0 e il bosone di Higgs H . Quindi c, b, t, i bosoni vettori 7 7 7 = 61.75. g∗ (Treheat ) = 2 + 2 · 8 + (2 · 3 · 3 · 2) + (2 · 2 · 2) + (2 · 3) |{z} |{z} 8 8 8 {z } | {z } | {z } γ 8 gluoni | ¯s u,d,s,¯ u,d,¯ g∗ (Treheat ) e g∗ (Treheat ) è 3 3 W± e± ,µ± (2.30) νe,µ,τ ,¯ νe,µ,τ è costituito dalla somma di: 2 polarizzazioni di spin del fotone; 2 polarizzazioni di spin degli u, d, s e analoghe per gli e, µ e analoghe per i positroni e le 6 polarizzazioni dei neutrini. Teniamo 7/8 in più rispetto ai bosoni, dovuto alla statistica dierente. 8 gluoni; 2 polarizzazioni di spin per ognuno dei possibili 3 stati di colore dei quark antiquark; 2 polarizzazioni per i leptoni conto che i fermioni hanno un fattore 40 2.3 Spettro degli ALPs dal decadimento dei moduli Nella sezione precedente abbiamo supposto che i moduli decadessero tutti istantaneamente al tempo τΦ . Ne deriva che gli ALPs sarebbero tutti generati al tempo τΦ . Abbiamo anche consi- derato trascurabili le interazioni di queste particelle con il fondo. Gli ALPs, quindi, attraverserebbero l'universo pressocchè imperturbati e potremmo osservare un fondo di questa radiazione all'era attuale. A quasiasi tempo successivo la generazione, queste particelle risentono solamente dell'espansione dell'universo e le loro energie scalano tutte secondo la relazione ρa (R) = ρa,in Rin R 4 , (2.31) 2 ρa,in = 3MP2 l Ba Hdecay . (2.32) con densità di energia al momento della generazione In realtà la questione è più complicata di quanto no ad ora esposto. Le equazioni devono essere modicate tenendo conto di due osservazioni. In primo luogo i moduli non decadono tutti istantaneamente, ma gradualmente. Le energie degli ALPs scalano in maniera diversa a seconda che queste particelle siano state generate da moduli decaduti presto o tardi. In secondo luogo, sebbene siano molto piccole, le interazioni con il fondo non sono totalmente trascurabili, soprattuto se il numero di ALPs generati è sucientemente grande. In questa sezione elimineremo solo l'ipotesi di decadimento istantaneo, nel capitolo successivo ci occuperemo dell'interazione con il fondo e l'eventuale conversione in fotoni tramite meccanismo di mixing. 2.3.1 Equazione di Boltzmann per gli ALPs Costruiamo un modello più generale, che elimini l'ipotesi di decadimento istantaneo dei moduli. Ricordiamo che gli ALPs vengono generati da processi di decadimento Φ → aa con tasso di reazione ΓΦ→aa = Ba × ΓΦ , dove ΓΦ = (2.33) 3 mΦ 1 4π (MP l /k)2 . La probabilità per unità di tempo che un modulo di quadri-impulso 41 P = (EΦ , P) decada in due a p → −− P −−−−→ Φ −− q → a Figura 2.1: Decadimento di moduli in ALPs. ALPs con impulso in con iT [p, p + dp] [q, q + dq] rispettivamente, è dΓΦ→aa = 1 |T |2 dP S2 (P ) 2EΦ e elemento di matrice di scattering tra lo stato Φ (2.34) iniziale e lo stato a+a nale e dP S2 spazio delle fasi nali a 2 particelle dP S2 (P ) = (2π)4 δ 4 (P − (p + q)) d3 p d3 q . (2π)3 2p0 (2π)3 2q 0 (2.35) Per calcolate il tasso di decadimenti in ALPs, integriamo l'equazione precedente (dobbiamo tenere in conto del fattore di simmetria 1/2 identiche) ΓΦ→aa Confrontando questa equazione con 1 = 2 poichè lo stato nale è costituito da due particelle dΓΦ→aa = ΓΦ→aa = Ba × ΓΦ , |T |2 . 32πmΦ (2.36) otteniamo che |T |2 = (32πmΦ ) Ba × ΓΦ . (2.37) Determiniamo ora l'evoluzione della densità di energia del gas di ALPs generato dal decadimento dei moduli. Dobbiamo tenere in conto che gli ALPs non termalizzano. Per questo motivo usiamo il formalismo delle equazioni di Boltzmann per sistemi statistici fuori dallo stato d'equilibrio. Supponiamo di avere un sistema statistico generico di particelle elementari fuori dallo stato di equilibrio. L'equazione di Boltzmann per la k -esima specie di particelle è Lk (fk )(xµ , pµ ) = Ck (fk )(xµ , pµ ) dove fk è la funzione di distribuzione di probabilità per la impulso delle particelle k (dλs k -esima (2.38) specie e pµ ≡ dxµ dλs quadri- è il paramentro che caratterizza la world line della particella). 42 Ovviamente pµ ha solo tre gradi di libertà, poichè soddisfa al vincolo di mass shell gµν pµ pν = m2 . Deniamo il modulo quadro dell'impulso spaziale come p2 ≡ −gij pi pj , (2.39) pi . δij pi pj (2.40) e il vettore unitario come pˆi ≡ p Possiamo considerare la funzione di distribuzione di probabilità Torniamo ora all'equazione (2.38). Lk (fk )(xµ , p, pˆi ) = Lk (fk ) è detta f dipendente da parte di Liouville p e pˆi . e ha la forma dfk (x, p) dp ∂ ∂fk (x, p) dxi ∂ dˆ pi ∂ fk (x, p) + fk (x, p). = + fk (x, p) + i ds ∂t ds ∂x ds ∂p ds ∂ pˆi (2.41) Se l'universo è spazialmente omogeneo e isotropo (principio cosmologico), allora la distribuzione di probabilità è funzione solo del modulo p dell'impulso e del tempo cosmologico t, fk = fk (p, t). L'equazione (2.41) diviene Lk (fk )(t, p) = ∂fk (x, p) dp ∂fk (x, p) + . ∂t ds ∂p Siamo interessati alla funzione di distribuzione di probabilità fa (p, t) per gli ALPs. (2.42) Gli ALPs sono generati ultrarelativistici, per cui la loro massa è trascurabile rispetto all'energia. La relazione di mass shell è gµν pµ pν = 0. Nella metrica FRW con curvatura piatta, ds2 = dt2 − R(t)2 dr2 + r2 dΩ2 , la relazione di mass shell implica p0 = p. Utilizzando l'equazione della geodetica per la compo- nente temporale del quadri-impulso, pµ pν dp0 = −Γ0µν 0 , ds p e ricordando che nella metrica FRW ˙ ij Γ0ij = RRδ e Γ000 = 0, dp R˙ = − p. ds R 43 (2.43) otteniamo la seguente relazione (2.44) Sostituendo tutto, l'equazione (2.41) per gli ALPs acquista la forma La (fa )(t, p) = Ricordiamo che ∂fa (t, p) R˙ ∂fa (t, p) − p . ∂t R ∂p ˙ . H(t) = R/R Ck (fk ) Nell'equazione (2.38), interazioni tra la k -esima è la parte di interazione. Essa racchiude tutte le possibili specie e le altre specie nel gas in non equilibrio. Nel nostro caso, le uniche interazioni degli ALPs sono quelle di creazione da moduli moduli aa → Φ. (2.45) Φ → aa e di rigenerazione di La rigenerazione è proibita dal redshift e quindi non sarà considerata. La parte di interazione ha quindi la forma Ca (fa )(t, p) = 1 2p d3 P d3 q (2π)4 δ 4 (P − (p + q)) |T |2 [fΦ (P ) (1 + fa (p)) (1 + fa (q))] , 3 (2π) 2EΦ (2π)3 2q (2.46) dove fΦ è la funzione di distribuzione di probabilità per i moduli e le altre variabili sono state denite precedentemente. I termini (1 + fa (p)) tengono conto che lo stato nale è costituito da bosoni. Quindi la probabilità che un ALP occupi uno stato quantistico aumenta con il numero di ALPs che occupano tale stato. Sostituendo le equazioni (2.45) e (2.46) in (2.38), otteniamo l'equazione di Boltzmann per gli ALPs generati nell'universo primordiale = 1 2p ∂fa (t, p) ∂fa (t, p) − Hp = ∂t ∂p d3 P d3 q (2π)4 δ 4 (P − (p + q)) |T |2 [fΦ (P ) (1 + fa (p)) (1 + fa (q))] . 3 (2π) 2EΦ (2π)3 2q (2.47) Per semplicità supponiamo che i moduli decadano da fermi. Sotto questa ipotesi, la funzione di distribuzione di probabilità per i moduli può essere scritta come fΦ (t, P ) = (2π)3 nΦ (t)δ 3 (P), dove nΦ (t) è la densità spaziale di moduli. nΦ (t) (2.48) soddisfa all'equazione di conservazione del numero totale di particelle n˙ Φ + 3HnΦ = −ΓΦ nΦ . Gli ALPs sono quindi generati ciascuno con energia 44 mΦ /2 (2.49) e diluiti ad energie più basse. Di più supponiamo che 4 fa (p) = 0 per p ≥ mΦ /2. L'equazione (2.47) si modica come ∂fa (t, p) ∂fa (t, p) 1 1 − Hp = (2π) δ 0 (mΦ − 2p) |T |2 nΦ (t). 2 ∂t ∂p (2p) 2mΦ (2.50) Utilizzando l'equazione (2.37), dopo qualche passaggio algebrico, l'equazione precendente prende la forma mΦ ∂fa (t, p) ∂fa (t, p) 4π 2 − Hp = 2 δ0 p − ΓΦ Ba nΦ (t). ∂t ∂p p 2 Moltiplichiamo ambo i membri dell'equazione per l' pd3 p/(2π)3 e integriamo. (2.51) Otteniamo quindi equazione di evoluzione della densità di energia degli ALPs, ρ˙ a + 4Hρa = ΓΦ Ba mΦ nΦ (t). 2.3.2 (2.52) Spettro degli ALPs Poichè i moduli decadono anche nei gradi di libertà del Modello Standard, possiamo allo stesso modo trovare l'equazione di evoluzione della densità del Modello Standard (ricordiamo che la frazione di decadimenti in questo caso è 1 − Ba ) ρ˙ SM + 4HρSM = ΓΦ (1 − Ba ) mΦ nΦ (t). (2.53) L'equazione precedente è calcolata nell'ipotesi che il Modello Standard sia costituito da particelle relativistiche. Come abbiamo visto nella sezione 2.2.2, la temperatura di riscaldamento è Treheat ∼ 1 GeV. Ricordiamo che la transizione di fase di QCD nell'universo primordiale avviene a temperature dell'ordine di TQCD ∼ 150 MeV. Quindi durante il processo di riscaldamento dei gradi di libertà del Modello Standard, può avvenire la transizione di QCD. Tale transizione comporta una variazione del numero eettivo di specie g∗ (T ), come si vede in gura 2.2 nella pagina seguente. Ne consegue che anche l'equazione (2.53) dovrebbe tener conto di questa variazione nel tempo. Vedremo però che le equazioni successive di interesse dipenderanno solo debolmente dal numero eettivo di specie, tanto che possiamo considerare questo paramentro costante durante tutto il periodo di decadimento dei moduli. Sommiamo le due equazioni (2.52) e (2.53) e chiamiamo la densità totale di radiazione ρSM + ρa , l'equazione di evoluzione per ρr sarà ρ˙ r + 4Hρr = ΓΦ mΦ nΦ (t). 4 fa (p) sia continua, allora nell'intorno (2.54) p = mΦ /2 è il limite massimo di energia con cui un ALP può essere fa (p) deve necessariamente annullarsi. Siccome supponiamo di p = mΦ /2 essa deve tendere a zero. Questa supposizione è corretta poichè generato, quindi per valori più grandi di tale limite che ρr = 45 Figura 2.2: Variazione del numero eettivo di specie funzione della temperatura T g? (T ) di particelle del Modello Standard in (da PDG [48]). Durante questo periodo l'universo è quindi dominato dalla densità d'energia dei moduli che stanno decadendo e dalla densità d'energia dei prodotti dei decadimenti (Modello Standard e ALPs). L'equazione di Friedmann durante il periodo del decadimento dipende dalla somma di queste due densità d'energia, H(t)2 = mΦ nΦ (t) + ρr (t) . 3MP2 l (2.55) Per conoscere la densità d'energia degli ALPs in ogni istante successivo alla loro generazione dobbiamo quindi risolvere il sistema costituito dalle equazioni (2.49), (2.54), (2.55) che riscriviamo per chiarezza n˙ + 3HnΦ = −ΓΦ nΦ Φ ρ˙ r + 4Hρr = ΓΦ mΦ nΦ r (t) H(t)2 = mΦ nΦ (t)+ρ 3M 2 . (2.56) Pl Operiamo il seguente cambio di variabili θ = ΓΦ t = t , τΦ nΦ , NΦ ζ 3 ρr σ= , mΦ NΦ ζ 3 ν= 46 (2.57) (2.58) (2.59) con NΦ ζ numero iniziale di moduli in un volume comovente e ζ= 1/3 3MP2 l mΦ NΦ −2/3 τΦ denita come . (2.60) Rideniamo anche la cinematica cosmica come r(t) = ζR(t), (2.61) h(θ) ≡ r(θ)/r(θ) ˙ = τΦ H(t). (2.62) in questo modo Con queste sostituzioni le equazioni del sistema (2.56) diventano indipendenti dai parametri sici ν(θ) ˙ + 3hν(θ) = −ν(θ) σ(θ) ˙ + 4hσ(θ) = ν(θ) h(θ)2 = [ν(θ) + σ(θ)] . (2.63) Facciamo una digressione sulle condizioni iniziali del sistema. Consideriamo come istante iniziale, l'istante in cui inizia il processo di decadimento dei moduli. Per Inoltre NΦ ≡ R(0)3 n radiazione, quindi 3 Φ (0), quindi ν(0)r(0) ρr (0) = 0 4 e σ(0)r(0) → 1. t → 0, supponiamo che R(t) → 0. All'istante iniziale non è ancora stata generata → 0. Tenendo conto di queste condizioni iniziali, integriamo le prime due equazioni del sistema −θ ν(θ) = 1 r(θ)4 σ(θ) = e r(θ)3 θ , (2.64) dξr(ξ)e−ξ . (2.65) 0 Sostituiamo le due soluzioni nella terza equazione, 1 d r(θ) = r dθ −θ e r3 1 + 4 r θ −ξ dξr(ξ)e 1/2 . (2.66) 0 L'equazione può essere intergrata numericamente. In gura 2.3 nella pagina successiva è mostrato l'andamento della soluzione r(θ). Ci aspettiamo che per θ 1, la densità dei moduli sia maggiore di quella della radiazione e conseguentemente l'universo è dominanto dalla materia Per θ 1, r(θ) ∼ θ2/3 . d'altra parte, i moduli sono quasi tutti decaduti e quindi l'universo è dominato dalla radiazione (Modello Standard e ALPs) r(θ) ∼ θ1/2 . 47 Figura 2.3: Evoluzione della cinematica cosmica r in funzione di θ, nel caso di dominazione dei moduli (rosso), di dominazione della radiazione (verde) e nel caso in cui tutte e due diano contributo (blu). La curva blu è la soluzione dell'equazione (2.66). Il termine θ 0 dξr(ξ)e−ξ satura un valore costante per θD −ξ dξr(ξ)e ∞ ' 0 θ ≥ θD , con θD ∼ O(1). Infatti, dξr(ξ)e−ξ = 1.0867, (2.67) 0 dove l'integrale è stato valutato numericamente. Chiamiamo raggiuga un valore costante dell'integrale implica che per η= θ ≥ θD ∞ 0 ρSM (θD ) = ζ 3 mΦ NΦ (1 − Ba ) r(θD )4 θD θ = θD dξr(ξ)e−ξ ' ζ 3 mΦ NΦ 0 Tale densità evolverà nell'espansione dell'universo. Il fatto che si possiamo considerare decaduti tutti i moduli. La densità di energia del Modello Standard per tempi come dξr(ξ)e−ξ . può essere scritta (1 − Ba ) η. r(θD )4 (2.68) Una parte di essa diventerà la densità in energia della radiazione cosmica di fondo all'era attuale. Dall'equazione (2.18) della sezione precedente, operando semplici calcoli algebrici, otteniamo la relazione tra la densità di energia della radiazione cosmica di fondo (CMB) al tempo attuale Modello Standard ρSM (θ) a tempi ργ (Tnow ) = 22 43 ργ (Tnow ) e la densità di energia del θ = θD 11 4 1/3 g∗ (TD ) g∗ (Tνdec ) 48 1/3 ζ −4 r4 (θD )ρSM (θD ), (2.69) dove TD è la temperatura del Modello Standard a tempi il disaccoppiamento dei neutrini e Tnow θD , Tνdec è la temperatura a cui avviene è la temperatura della radiazione di fondo cosmica all'era attuale. Abbiamo supposto che all'era attuale R ≡ 1. Il fattore (22/43) è la frazione di fotoni, elettroni e positroni nel bagno termico di particelle standard dopo il disaccoppiamento dei neu- 11 1/3 tiene conto che per temperature T molto più basse della temperatura 4 1/3 1/3 νdec ) . Tνdec vale la relazione g∗g(T → 11 4 ∗ (T ) 4 −51 Ricordando che ργ (Tnow ) ' 2 × 10 GeV [48], possiamo stimare numericamente il fattore trini. Il fattore ζ dalla formula (2.69), ζ = 1.226 × 1012 k La temperatura TD m 3/2 Φ PeV (1 − Ba )1/4 può essere calcolata ricordando che g∗ (TD ) 61.75 ρSM (TD ) = 1/12 . (2.70) π2 4 30 g∗ (TD )TD , e confrontando questa espressione con l'equazione (2.68), 1/4 TD = 114 (1 − Ba ) m 3/2 g (T ) −1/4 ∗ D Φ r(θD )−1 k PeV 61.75 MeV. (2.71) La questione è complicata dal fatto che la transizione di fase di QCD può avvenire durante il decadimento, quindi se la temperatura allora g∗ (TD ) = 17.25, TD > TQCD allora g∗ (TD ) = 61.75, debole (contribuisce con potenza ζ Notiamo che da questa denizione discende che alle variabili ∂t = da g∗ (TD ) è molto 1/12). Torniamo all'equazione (2.51). Operiamo il seguente cambio di variabile, (t, p) TD < TQCD come si può vedere nella gura 2.2 a pagina 46. In realtà questo è poco importante in quanto dalla (2.70) si può osservare che la dipendenza di dalle variabili se (r, ), = pR(t) = pr(t)/ζ . è l'energia degli ALPs all'era attuale. Passando ricordiamo che ∂r ∂ rh(θ) ∂r + ∂ = ∂r + ∂ , ∂t ∂t τΦ r (2.72) ∂r ∂ r ∂R + ∂ = ∂ . ∂p ∂p ζ (2.73) ∂p = L'equazione (2.51) può quindi essere riscritta come 4π 2 1 ∂ 2 fa (r, ) = δ r−ζ Ba NΦ e−θ , ∂r 3 h(θ) mΦ avendo tenuto conto della soluzione (2.64) per (2.74) nΦ . Possiamo integrare l'equazione precedente in 49 r. La densità in numero na degli ALPs è le- gata alla funzione fa dalla relazione dna = fa (p)d3 p/(2π)3 , quindi integrando l'equazione (2.74) dna () 2Ba NΦ −θ = e , d h(θ ) (2.75) otteniamo la seguente relazione dove θ è la soluzione dell'equazione r(θ ) = 2ζ/mΦ (che deriva dal vincolo imposto dalla delta nell'equazione (2.74)). Dalla denizione di segue che la densità in numero na nella formula (2.75) è la densità all'era attuale del fondo di ALPs. Questa relazione è la stessa trovata da J.P. Conlon e M.C.D. Marsh in [29]. Integrando l'equazione (2.75) otteniamo la densità totale in numero all'era attuale ∞ na = 0 dna d = 2Ba NΦ , d (2.76) che eettivamente è quello che ci aspettavamo in quanto ogni modulo decade in due ALPs. Possiamo anche calcolare la densità totale in energia ∞ ρa = 0 dna η d = Ba NΦ mΦ . d ζ (2.77) Deniamo l'energia media degli ALPs all'era attuale, ρa η 1 = mΦ , na 2 ζ ¯ ≡ (2.78) che numericamente acquista la forma ¯ = 440 Possiamo riscrivere na −1 k m −1/2 Φ PeV −1/4 (1 − Ba ) come na = g∗ (θD ) 61.75 −1/12 eV. (2.79) ρa . ¯ (2.80) Ricordando che la densità d'energia degli ALPs all'era attuale è legata alla densità dei fotoni della CMB dalla relazione (2.27), che possiamo riscrivere come 7 ρa = 8 4 11 1/3 ∆Nef f ργ (Tnow ), sostituendo le equazioni (2.68),(2.69) e (2.70), otteniamo per 1/4 na = 130 (1 − Ba ) k g∗ (TD ) 61.75 50 1/12 na (2.81) la seguente stima numerica mΦ 1/2 PeV ∆Nef f −3 m . (2.82) Figura 2.4: Graco della funzione L'equazione (2.75) può essere riscritta in funzione di S(r). na , −θ dna () e = na . d h(θ ) Possiamo denire la funzione S(r) (2.83) (indipendente dai parametri sici) −θ(r) S(r) ≡ e rh(r) . (2.84) Questa funzione può essere calcolata numericamente a partire dalla soluzione (2.66). In gura 2.4 è mostrato l'andamento di r(θ) dell'equazione S(r). Il usso di ALPs all'era attuale è ottunuto a partire dalla (2.83), dJa η η = Ja S , d ¯ ¯ dove Ja = na c 1 4 è il usso totale di ALPs. Il fattore 4 tiene conto che il usso è diuso in tutto l'angolo solido. paramentri (2.85) Il usso totale ∆Nef f , k, Ba e Ja g∗ (TD ), è legato alla densità totale na che a sua volta dipende dai vedi formula (2.82). Il numero eettivo di specie g∗ (TD ) dà un contributo irrilevante e può essere trascurato. Per gli altri parametri, possiamo usare le stime fatte nella sezione 2.2.2, che riportiamo per chiarezza ∆Nef f = 0.574, 51 (2.86) Figura 2.5: Flusso di ALPs all'era attuale in funzione dell'energia. Il picco di energia varia a seconda del valore di mΦ , nel nostro caso mΦ ' 5 × 106 k GeV. = 1, (2.87) Ba = 0.143. (2.88) Tenendo conto di questi valori possiamo fare un graco della funzione (2.85) del usso di ALPs. Lo spettro del usso attuale degli ALPs (CAB) in funzione della energia è mostrato in gura 2.5, dove per convenzioni future abbiamo chiamato E l'energia degli ALPs all'era attuale. picco di energia varia in funzione del valore della massa dei moduli mΦ mΦ . Il Il valore preciso di potrebbe essere stimato, per esempio, a partire da uno studio più profondo della frazione di moduli che decade nel settore del Modello Standard. In questo modo confrontando la stima teorica con i valori sperimentali della densità del Modello Standard nell'universo, si potrebbe risalire all'energia del Modello Standard al tempo del riscaldamento e quindi alla massa dei moduli. Questo aspetto non verrà trattato nel presente lavoro. Pur non avendo il valore preciso di mΦ , possiamo aermare che per mΦ ∼ 106÷7 GeV (modelli LVS), gli ALPs generati dai decadimenti avrebbero all'era attuale un energia media che è volte più grande dell'energia media della CMB (che ricordiamo essere E ' 0.000235 queste particelle sarebbero state generate quando l'universo aveva temperature a tempi t ∼ 106 eV). Di più, T ∼1 GeV, cioè 10−6 s dopo il Big Bang. Se fosse rivelato, questo fondo nascosto potrebbe dare maggiori informazioni sull'universo primordiale di quanto faccia la CMB (che è generata a tempi t ∼ 3 × 105 anni dopo il Big Bang). Si noti inne che, in principio, il fondo di assioni qui calcolato potrebbe essere composto 52 da diverse componenti di particelle scalari con dierenti masse e accoppiamenti al fotone. In particolare una di queste componenti potrebbe essere l'assione di Peccei-Quinn. Per semplicità assumeremo che il fondo sia constituito da una sola componente prevalente. 53 Capitolo 3 Conversione in campi magnetici a celle In questo capitolo studieremo in dettaglio un possibile meccanismo che potrebbe caratterizzare l'evoluzione degli ALPs di radiazione oscura e potrebbe essere un'importante strumento per la loro osservazione sperimentale. Nella teoria degli ALPs descritta nel primo capitolo, riveste un ruolo di fondamentale importanza l'accoppiamento con i fotoni. Tutti gli esperimenti di rivelazione di queste particelle si basano sul fenomeno del mixing con fotoni. Nel nostro lavoro, vogliamo applicare la teoria delle oscillazioni fotone-ALP agli ALPs generati dai decadimenti dei moduli nell'universo primordiale e constatare se eettivamente questa conversione in fotoni generi un fondo di radiazione elettromagnetica osservabile all'era attuale. Nel capito precende abbiamo concluso che l'energia media degli ALPs dovrebbe essere 106 volte più grande dell'energia media della CMB. Ci aspettiamo quindi un fondo di radiazione elettromagnetica di energia 106 volte più grande di quella dei fotoni della CMB, cioè ci aspettiamo un fondo di raggi X. L'ipotesi che vogliamo indagare è quella che nella loro evoluzione nell'universo (in espanzione), una parte di ALPs sia convertita in fotoni dai campi magnetici primordiali. Di più poichè i fotoni generati dagli ALPs sono nella banda dei raggi X, ci aspettiamo che possano interagire con gli atomi di idrogeno neutro presenti nel mezzo intergalattico e generare una parziale reionizzazione del mezzo. In realtà la questione è molto complessa, poichè gli ALPs sarebbero generati in periodi in cui esistono solo speculazioni teoriche sulla forma dell'universo e sul suo contenuto in materia. Quindi la densità di energia dei costituenti dell'universo primordiale e la forma dei campi magnetici primordiali sono pressocchè sconosciute. Vedremo però che è possibile fare delle interessanti approssimazioni che permettono di evitare, almeno in parte, questi problemi inerenti all'universo primordiale. 54 3.1 Evoluzione in un universo statico Prima di entrare nel vivo del problema del mixing fotone-ALP in un universo in espansione, ci soermiamo brevemente su un modello semplicato (quindi non reale) di una evoluzione in un universo statico. Questo step intermedio renderà più agevole la generalizzazione ad un modello reale di universo in espansione. 3.1.1 Campi magnetici primordiali Come ampliamente discusso nel capitolo 1, le conversioni ALP-fotone avvengono in presenza di campi elettromagnetici esterni. Nella nostra trattazione siamo interessati alle conversioni in presenza dei campi magnetici primordiali. Per questo motivo facciamo una breve digressione su questi campi. Si sa eettivamente poco dei campi magnetici primordiali (PMF). Molti autori hanno studiato una possibile origine di questi campi, [32]. Senza entrare nel dettaglio, ci sono no ad ora diverse ipotesi più accreditate per la loro formazione. Una possibilità è che i campi magnetici abbiano origine da potenziali vettori generati durante l'inazione. Un'altra ipotesi accreditata è quella che la componente più blu dello spettro sia invece generata durante una delle transizioni di fase cosmologiche. Un campo magnetico potrebbe altresì essere generato durante la formazione della CMB (disaccoppiamento materia-radiazione), dalla presenza di vortici nel uido cosmologico. Poichè ciascuna di queste ipotesi comporta diverse lunghezze in gioco, allora l'osservazione dell'indice dello spettro di potenza dei PMF, permetterebbe di evidenziare quale delle ipotesi di formazione è maggiormente applicabile. Esistono diverse supposizioni sulla distribuzione del campo magnetico primordiale nell'universo e sulla correlazione del campo nei diversi punti dello spazio-tempo. L'ipotesi più semplice è quella che i PMF siano costituiti in celle all'interno delle quali il campo è omogeneo e costante e non vi è correlazione tra celle addiacenti. Questo signica che il modulo e la direzione del campo magnetico in ogni cella è completamente casuale e non dipende dal valore del campo magnetico delle celle addiacenti. Ci soermeremo per ora sull'ipotesi di campo magnetico primordiale distribuito in celle. Vedremo successivamente come generalizzare il problema a una distribuzione di campo più reale. 3.1.2 Evoluzione in presenza di celle Analizziamo l'evoluzione del sistema fotone-ALP nella ipotesi di un universo statico. Supponiamo che il campo magnetico primordiale sia costante nel tempo e distribuito in celle di dimensione spaziale l (detta lunghezza di coerenza del campo). In ogni cella il campo magnetico è omoge- neo e costante, ed ha direzione e verso costante ma casuale. Il campo tra una cella e l'altra è 55 Figura 3.1: Propagazione di ALPs in un campo magnetico a celle. In ciascuna delle celle il campo magnetico è omogenero, costante e orientato in maniera casuale. completamente scorrelato. in ogni cella. Supponiamo inoltre che in media l'intesità del campo sia la stessa Questo signica che ciò che cambia nel passaggio da una cella alla successiva è solo la direzione e il verso del campo (si veda la gura 3.1 per ulteriore chiarezza) . Chiamiamo B⊥ = 1 cella . q 2 B⊥ , l'intensità quadratica media del campo trasversale al moto dell'ALP in ogni Consideriamo un fascio monocromatico di ALPs con energia zione generica x3 . E che si propaga lungo una dire- Vogliamo calcolare la probabilità che questo fascio venga convertito in fotoni una volta che attraversi un campo magnetico distribuito in celle, si veda la gura 3.1. Il meccanismo di conversione è quello studiato nel primo capitolo. Prima di tutto studiamo l'evoluzione di questo fascio in una singola cella, in cui per ipotesi il campo magnetico è omogeneo e costante. L'equazione di evoluzione del sistema è l'equazione (1.39), che riscriviamo per chiarezza i A1 A1 ∂ A2 = H A2 . ∂x3 a a (3.1) L'hamiltoniana è ∆11 ∆12 H= ∆21 ∆22 ∆aγ cos φ ∆aγ sin φ , ∆aγ cos φ ∆aγ sin φ ∆a (3.2) con ∆11 = ∆k cos2 φ + ∆⊥ sin2 φ, ∆22 = ∆k sin2 φ + ∆⊥ cos2 φ, 1 Evidentemente per ragioni di simmetria sarà 2 B⊥ = campo magnetico. 56 2 3 2 B , dove B2 è l'intensità quadratica media del ∆12 = ∆21 = (∆k − ∆⊥ ) sin φ cos φ, dove ∆k = ∆pl + 72 ∆QED , ∆⊥ = ∆pl + 2∆QED , con 1 ∆aγ = gaγγ B⊥ , 2 ∆a = − m2a , 2E ∆pl = − (3.4) 2 ωpl , 2E B⊥ 2 αE , = 45π m2e /e ∆QED B⊥ (3.3) (3.5) (3.6) è la componente del campo magnetico esterno trasversale alla direzione del moto e cos φ = ˆ 1 /B⊥ . B⊥ · x 2 Possiamo riscrivere l'hamiltoniana (3.2) nella seguente forma ∆⊥ 0 0 H = Uφ 0 ∆k 0 ∆aγ ∆aγ Uφ , ∆a (3.7) dove − sin φ cos φ 0 Uφ = cos φ sin φ 0 , 0 1 0 con la proprietà Uφ2 = I3×3 . (3.8) Se sommiamo e sottraiamo per la matrice 1 2 (∆k + ∆a )I3×3 , l'hamil- toniana può essere riscritta come ∆⊥ − 12 (∆k + ∆a ) H = Uφ 0 0 0 1 2 0 ∆k − ∆a ∆aγ ∆aγ − 12 ∆k − ∆a 1 Uφ + (∆k + ∆a )I3×3 . 2 (3.9) L'operatore di evoluzione spaziale si otteniene esponenziando l'hamiltonana. Dopo una distanza l (lunghezza di coerenza della cella), l'operatore di evoluzione T (l) = e−iHl . 2 Abbiamo operato una rotazione delle coordinate spaziali. lungo la direzione x2 . T (l) è denito come (3.10) In questo modo il campo magnetico è diretto Questa trasformazione ovviamente non cambia la sica del fenomeno, ma ci permette di semplicare i calcoli. 57 Sostituendo la formula (3.9) per H e α ~ = (α1 , α2 , α3 ), α = con e usando la relazione −i~ α·~ σ = cos α − i p α12 + α22 + α32 e ~σ α ~ · ~σ sin α, α (3.11) le tre matrici di Pauli, otteniamo che l'operatore di evoluzione in (3.10) prende la seguente forma (a meno di un fattore di fase) sin2 φT⊥ + cos2 φTk sin φ cos φ Tk − T⊥ cos φTaγ T (l) = sin φ cos φ Tk − T⊥ cos2 φT⊥ + sin2 φTk sin φTaγ , cos φTaγ sin φTaγ Ta (3.12) dove T⊥ = e−il[∆⊥ − 2 (∆k +∆a )] , i ∆k − ∆a Tk = cos(αl) − sin(αl), 2 α i ∆k − ∆a Ta = cos(αl) + sin(αl) ≡ Tk∗ , 2 α ∆aγ sin(αl), Taγ = −i α 2 1 2 α= ∆k − ∆a + ∆aγ . 4 1 Supponiamo ora che l'evoluzione avvenga in n n (3.14) (3.15) (3.16) (3.17) celle, che consideriamo per semplicità avere tutte la stessa lunghezza l. L'operatore di evoluzione spaziale nel punto di (3.13) L = nl sarà il prodotto operatori della forma (3.12), T (L) = Tn (l) · Tn−1 (l) · . . . · T2 (l) · T1 (l), in cui ciascun Ti si dierenzia dal successivo solo per il diverso valore dell'angolo (3.18) φ che identi- ca la direzione della componente trasversa del campo magnetico esterno. Ricordiamo che φ è distribuito in maniera casuale. Vogliamo dare la descrizione più generale di questo meccanismo. Per questo motivo utilizziamo il formalismo della matrice densità. La matrice densità per il sistema fotone-ALP a tre 58 3 è denita come stati di polarizzazione A1 ρ ≡ A2 ⊗ a A1 A2 a ∗ ρ11 ρ12 ρ1a = ρ21 ρ22 ρ2a . ρa1 ρa2 ρaa (3.19) La matrice densità obbedisce all'equazione di Liouville: il valore della matrice nella si ottiene facendo evolvere il valore nella cella precedente k -esima cella k − 1 tramite l'operatore di evoluzione. In formule, abbiamo che ρk (l) = Tk (l)ρk−1 Tk (l)† dove Tk (l) = (3.20) −iHk l è l'operatore di evoluzione del sistema nella e k -esima cella. Dopo n celle la matrice densità prenderà la forma ρn = Tn (l)ρn−1 Tn (l)† . (3.21) Poichè in linea di principio non possiamo conoscere la particolare congurazione delle n celle, che è totalmente casuale, operiamo una media su tutte le possibili realizzazioni di ognuna delle n celle. A tale scopo deniamo la matrice densità media dopo n celle ρn = hρn i1,2,...,n , (3.22) in cui la media è fatta su ogni possibile congurazione di ognuna delle l'equazione (3.21), possiamo riscrivere ρn n celle. come E D ρn = Tn (l)ρn−1 Tn (l)† 1,2,...,n D E = Tn (l)ρn−1 Tn (l)† , (3.23) n dove nell'ultimo passaggio la media è fatta solo sulle possibili congurazioni della e Utilizzando n-esima cella ρn−1 ≡ hρn−1 i1,2,...,n−1 . A questo livello siamo interessati solamente a determianare la probabilità che un ALP sia convertito in un fotone e viceversa, per cui gli unici elementi della matrice densità che eettivamente dobbiamo considerare sono gli elementi diagonali il tasso di fotoni e di ALPs, infatti 2 ρ11 (x) = |A1 (x)| l'interpretazione semiclassica del capitolo 1 su A1,2 , e ρ11 , ρ22 , ρaa . Questi elementi descrivono ρ22 (x) = |A2 (x)|2 e a, ρ11 osserviamo che ρaa (x) = |a(x)|2 . e ρ22 rappresentano la probabilità di osservare un fotone in una delle due polarizzazioni possibili nel punto ρaa rappresenta la probabilità di osservare un ALP nel punto polarizzazione viene generato un fotone allora deniamo 3 x. x, mentre Poichè non ci interessa con quale ργ = ρ11 +ρ22 , che ci dà il tasso totale di Due stati di polarizzazione di fotone e uno stato pseudoscalare di ALP. 59 Dal- fotoni indipendentemente dalla loro polarizzazione, mentre per semplicità di notazione deniamo ρa ≡ ρaa . Gli elementi ργ e ρa della matrice densità vengono detti funzioni di trasfertimento per il fotone e per l'ALP rispettivamente. Vogliamo ora scrivere l'equazione (3.23) per gli elementi ργ e ρa . Per fare ciò deniamo i seguenti operatori di proiezione 1 0 0 Πγ = 0 1 0 , 0 0 0 0 0 0 Πa = 0 0 0 . (3.24) (3.25) 0 0 1 Se moltiplichiamo a destra ambo i membri dell'equazione (3.23) per otteniamo un'equazione per ργ,n e ne facciamo la traccia, ργ , ργ,n = dove Πγ D Tr n oE Tn (l)ρn−1 Tn (l)† Πγ , (3.26) n è la funzione di trasferimento media per i fotoni nella cella n-esima. n-esima. fatta su tutte le possibili congurazioni del campo magnetico nella cella modo se moltiplichiamo a destra per ρa,n = dove ρa,n Πa D Allo stesso e ne facciamo la traccia, otteniamo un'equazione per Tr n oE Tn (l)ρn−1 Tn (l)† Πa , ρa , (3.27) n n-esima. è la funzione di trasferimento media per gli ALPs nella cella formula (3.12) per La media è sempre Sostituendo la Tn e mediando su tutte le possibili congurazioni della cella n-esima, otteniamo il seguente sistema ρ = γ,n ρ = a,n 3.1.3 2 |T⊥ |2 + Tk ργ,n−1 + |Taγ |2 ρa,n−1 1 2 1 2 |Taγ |2 ργ,n−1 + |Ta |2 ρa,n−1 . (3.28) Soluzione analitica in un universo statico In un universo statico, possiamo fare delle ulteriori supposizioni che permettono di risolvere analiticamente il sistema (3.28). Prima di tutto riportiamo i valori numerici delle variabili in gioco −2 ∆aγ ' 1.52 × 10 gaγγ 10−11 GeV−1 60 B⊥ 10−9 G −1 Mpc , (3.29) 5 ∆a ' −7.8 × 10 2 E −1 ma 10−10 eV E −1 ∆pl ' −1.1 × 10−2 keV ne −1 Mpc Per le stime dei parametri entra solo il prodotto masse ma . B⊥ , ne , ma gaγγ B⊥ , e gaγγ (3.30) −1 Mpc 10−7 cm−3 2 E B⊥ −18 −1 ' 4.1 × 10 Mpc . keV 10−9 G keV ∆QED , , (3.31) (3.32) ci riferiremo ai seguenti limiti. Nelle equazioni questo prodotto deve soddisfare gaγγ B⊥ . 10−13 GeV nG, per 10−9 eV, altrimenti il meccanismo di mixing con ALPs, genererebbe delle evidenti anomalie nello spettro di corpo nero della CMB, [33]. In eetti esistono anche dei limiti superiori ai PMF, e lunghezze di coerenza della scala l ' 0.1 ÷ 1 Mpc, ne . −7 −3 10 cm , come si può dedurre dalle recenti misure della densità barionica, [7, 8, 9, 10]. [34]. 3× B⊥ . 2.8 × 10−7 (l/Mpc)−1/2 G, La densità totale di elettroni (legati e liberi) nello spazio extragalattico è invece Per quanto riguarda l'energia E ∼ 100 ÷ 800 E degli ALPs, ricordiamo che nel nostro lavoro essa è intorno a eV (si veda lo spettro degli ALP all'era attuale del capitolo 2). Se sostituiamo questi parametri nelle equazioni precedenti, osserviamo che il termine ∆QED è eettivamente trascurabile rispetto agli altri termini. Ricordiamo dalla sezione 1.2.3 che la probabilità di oscillazione in una singola cella con campo magnetico costante è Paγ (l) = sin2 (2θ) sin2 dove ∆osc Notiamo che se l = π/∆osc , allora ∆osc l 2 , 2∆aγ 1 θ = arcsin , 2 ∆osc i1/2 h = (∆pl − ∆a )2 + (2∆aγ )2 . Paγ (3.36) B⊥ , m a e gaγγ Mpc. La lunghezza di coerenza del campo magnetico è invece l'approssimazione (3.35) π . ∆osc Se sostituiamo i valori sopra descritti dei parametri losc (3.34) è massima. Deniamo quindi lunghezza di oscillazione losc ≡ in un regime in cui (3.33) e E , osserviamo che losc ∼ 102 l ' 0.1 ÷ 1 Mpc. Siamo quindi è molto maggiore della dimensione di ogni singola cella, quindi vale d ρn − ρn−1 ' l dx ρ(x3 ), dove x3 = nl, per ogni n-esima cella. In parole povere, poichè la dimesione di una singola cella è molto più piccola rispetto alla lunghezza di oscillazione, il sistema necessita di un numero molto grande di celle per oscillare. 61 Per questo motivo le evoluzioni in singole celle possono essere viste come evoluzioni innitesime. Il sistema (3.28) può quindi essere reso un sistema dierenziale d dx ργ (x3 ) ! ρa (x3 ) h i 2 2 2 1 1 2 |T⊥ | + Tk − 1 h |Taγ | i = 2 1 l |Ta |2 − 1 2 |Taγ | ργ (x3 ) ρa (x3 ) ! . (3.37) Poichè il nostro scopo è quello di osservare conversioni degli ALPs della radiazione oscura in x3 = 0 fotoni, allora lo stato iniziale a sono quindi ρa (0) = 1 e ργ (0) = 0. † l'hamiltoniana è hermitiana H della probabilità totale, Tr {ρ} è uno stato puro di soli ALPs. Le condizioni iniziali Di più ricordiamo che per un sistema non dispersivo, in cui = H, la matrice densità deve soddisfare al vincolo di unitarietà = ργ + ρa = 1. Con queste condizioni, l'equazione precedente è facilmente integrabile. Riportiamo la soluzione ρa (x3 ) √ ρa (x3 ) = con δ − (A − C) λ1 x3 √ e + 2 δ √ δ + (A − C) λ2 x3 √ e , 2 δ (3.38) 2 1 1 2 −1 , |T⊥ | + Tk A= l 2 1 |Taγ |2 , l i 1h C= |Ta |2 − 1 , l B= δ = (C − A)2 + 2B 2 , √ (C + A) ± δ λ1,2 = . 2 Ovviamente ργ (x3 ) = 1 − ρa (x3 ). per il valore del prodotto (3.39) Nella gura 3.2 è gracato l'andamento della soluzione gaγγ B⊥ ∼ 10−11 GeV−1 nG e per energie ργ (x3 ), E ∼ 200 eV (picco nella gura 2.5), mentre i valori degli altri parametri sono gli stessi citati sopra. La gura mostra come la probabilità di conversione aumenti con l'aumentare della distanza, e quindi con l'aumentare delle celle del campo magnetico. Notiamo che questa trattazione è stata fatta sotto l'ipotesi di un universo statico. Quindi di un universo che non evolve dinamicamente da una singolarità puntiforme. In questa ipotesi i valori dei parametri B, E, ne , l, losc sono congelati ad avere valori costanti in ogni istante di tempo. Questo non è più vero se l'universo è in espansione, infatti in questo caso le distanze si dilatano, e le energie e le intensità dei campi sorono il redshift. Terremo conto di ciò nella sezione successiva. 62 Figura 3.2: Probabilità di conversione di ALP in fotoni in funzione della distanza percorsa dal fascio in un campo magnetico distribuito in celle, con valore E = 200 3.2 gaγγ B⊥ ∼ 10−11 GeV −1 nG e eV. Evoluzione in un universo in espansione Vediamo ora cosa succede alle equazioni precedenti se eliminiamo l'ipotesi (non sica) di un universo statico. Come dimostrato nell'appendice A, sostanzialmente le equazioni di evoluzione fotone-ALP rimangono le stesse a patto di tener conto che i parametri sono soggetti al redshift, e quindi vengono diluiti nell'espansione dell'universo. Se etichettiamo con il pedice parametri all'era attuale, allora ciascuno di essi scala con il redshift z 0 i valori dei alla seguente maniera: il campo magnetico come B(z) = B0 (1 + z)2 , (3.40) la lunghezza delle celle come l(z) = l0 , (1 + z) (3.41) la densità totale di elettroni come ne (z) = ne0 (1 + z)3 , (3.42) E(z) = E0 (1 + z). (3.43) l'energia degli ALPs come 63 Poichè abbiamo detto che le equazioni del moto risentono solo del redshift dei parametri, allora l'equazione di evoluzione (3.28) del sistema fotone-ALP in un universo in espansione si modica come ρ (zn ) = γ,n ρ (z ) = a,n dove zn n 1 2 1 2 |Taγ (zn )|2 ργ,n−1 (zn−1 ) + |Ta (zn )|2 ρa,n−1 (zn−1 ) 2 |T⊥ (zn )|2 + Tk (zn ) ργ,n−1 (zn−1 ) + |Taγ (zn )|2 ρa,n−1 (zn−1 ) rappresenta il valore del redshift nella cella n-esima4 . T⊥ , Tk , Taγ , Ta , (3.44) sono dati dalle relazioni (3.13),(3.14),(3.15) e (3.16) in cui ai valori dei parametri all'era attuale si devono sostituire i valori dei parametri dipendenti dal redshift z : B(z), l(z), ne (z), E(z). Operando questa sostituzione, gli elementi dell'hamiltoniana (3.2) scalano come segue ∆pl = ∆0pl (1 + z)2 , (3.45) ∆aγ = ∆0aγ (1 + z)2 , (3.46) ∆a = ∆0a , (1 + z) (3.47) ∆QED = ∆0QED (1 + z)5 , dove l'apice (3.48) 0 indica i valori dei parametri all'era attuale, che sono quelli dati in (3.29),(3.30),(3.31) e (3.32). Per le stime dei parametri all'era attuale gaγγ B0,⊥ , ma e ne0 , Per il prodotto gaγγ B0,⊥ considereremo valori gaγγ B0,⊥ . −9 10 eV, per la lunghezza di coerenza l0 ' 0.1 ÷ 1 Mpc, e per la densità totale di elettroni ti limiti. ma . ci riferiremo ai seguen- 10−13 GeV nG, per masse (legati e liberi) nello spazio extragalattico ne0 ' 3 × 10−7 E0 ∼ 100 ÷ 800 eV. Se sostituiamo questi valori, −3 . Le energie all'era attuale sono cm possiamo osservare che all'era attuale il termine di QED è trascurabile rispetto agli altri termini dell'hamiltoniana. Notiamo che, nel caso di un universo in espansione, non possiamo rendere innitesimo il sistema (3.44), come abbiamo fatto nella sezione 3.1.3. Infatti poichè losc delle celle scala solo come 1/(1 + z). allora ∼ 1/∆osc , Se l losc quindi già intorno a z ∼ 500, l ∼ losc essa scala come l0 ∼ 1 0 Mpc e losc ∼ 1/(1 + z)2 , 102 (poichè mentre la lunghezza ∆0osc ∼ 102 ∼ 10−2 (1 + z) , e l'approssimazione −1 Mpc ) (3.49) l losc non è più applicabile. Dobbiamo procedere quindi ad una evoluzione delle equazioni (3.44). In linea di principio per determinare la frazione di fotoni generati da ALPs, il sistema (3.44) 4 Ovviamente poichè le celle risentono dell'espansione dell'universo, la cella dimensione della cella (n − 1)-esima. 64 n-esima sarà più grande in dovrebbe evolvere dal momento in cui vengono generati gli ALPs dai moduli, sino all'era attuale. Gli ALPs sono generati dopo l'inazione, quindi l'evoluzione delle funzioni di trasferimento e ρa ργ necessita il passaggio in ere dell'universo in cui non si conosce in maniera appropriata il contenuto in materia. Di più il problema si complica poichè ad ora non si sa se eettivamente questi campi magnetici primordiali esistano o meno e qual'è la loro forma. Se i PMF esistessero allora necessariamente nelle prime fasi dell'universo avrebbero un carattere turbolento e risentirebbero in maniera non banale del background. Questo comporta che la nostra semplice approssimazione a celle in cui il campo magnetico è costante e omogeneo non potrebbe più essere un'approssimazione reale della distribuzione del campo magnetico. Infatti un campo magnetico in evoluzione non scala semplicemente come evoluzione intrinseca con il redshift redshift molto alti (per esempio z, B = B0 (1 + z)2 con B0 costante, ma ha una sua dovuta all'interazione con il fondo. Per questi motivi, a z 1000), le equazioni del sistema (3.44) non sono più valide. In realtà questi problemi possono essere elusi. Notiamo infatti che a redshift z & 104 , il termine di QED (3.48) non è più trascurabile, e tende a dominare (questo poichè scala con la quinta potenza di z) rispetto al termine con la seconda potenza di per redshift z > z ). ∆aγ ∼ gaγγ B responsabile delle oscillazioni (che scala solo Questo fà si che le oscillazioni fotone-ALP rimangano bloccate 104 e solo intorno a redshift z ∼ 1000 il fenomeno di mixing comincia a dare risultati signicativi. In parole povere, gli ALPs generati dai moduli non hanno (nell'universo primordiale) interazioni sucenti con i campi magnetici da generare fotoni, poichè il termine di QED domina nell'hamiltoniana (3.2). Intorno a redshift confrontabile con il termine a partire da z ∼ 1000 ∆aγ ∼ gaγγ B z ∼ 1000, il termine di QED diventa responsabile delle conversioni in fotoni. Quindi solo il fenomeno delle oscillazioni degli ALPs di CAB in fotoni comincia ad 5 essere non più trascurabile . Questo risultato è di cruciale importanza in quanto ci permette di trascurare le oscillazioni nell'universo primordiale (dove ci sono forti problemi nelle teorie che lo descrivono) e focalizzare la nostra attenzione nell'evoluzione da z ∼ 1000 no a noi. Per questi valori del redshift le equazioni (3.44) e l'approssimazione di campi magnetici a celle continuano a valere. 3.2.1 Assorbimento dei fotoni Come abbiamo detto precedentemente, il mixing degli ALPs di CAB ai fotoni genererebbe un usso di raggi X nell'universo. Tale usso potrebbe essere osservato all'era attuale come usso diuso. In realtà, i fotoni hanno interazioni non trascurabili con la materia circostante, quindi il 5 Del resto eventuali fotoni prodotti prima della ricombinazione entrerebbero immediatamente in equilibrio termico e non potrebbero essere direttamente osservati, anche se potrebbero interferire per esempio con la nucleosintesi primordiale (BBN). Si noti inne come la conversione di fotoni di CMB in ALPs sia molto soppressa. Ciò è stato evidenziato da [33] dall'assenza di distorsioni spettrali rispetto a un corpo nero dello spettro di CMB. 65 usso osservato all'era attuale potrebbe essere inferiore al usso totale generato dalle conversioni poichè parte dei fotoni potrebbe essere assorbita dal mezzo intergalattico (IGM) che pervade l'universo. Per essere più precisi, abbiamo concluso la parte precedente con l'osservazione fondamentale che le oscillazioni fotone-ALP inizino a redshift z ∼ 1000. A questi valori del redshift l'universo si trova nella fase di disaccoppiamento tra materia e radiazione, fase che è iniziata intorno a z ∼ 1100. Nelle fasi precedenti, la radiazione (i fotoni termici) è accoppiata alla materia tramite l'equilibrio della relazione verso è di circa H + γ ↔ p + e− . Intorno a z ∼ 1100 la temperatura dell'uni- T ∼ 0.3 eV, che è inferiore alla soglia di ionizzazione dell'idrogeno Eion ' 13.6 eV. I fotoni nel bagno termico non hanno più energia suciente a ionizzare l'idrogeno e l'equilibrio si spezza. La relazione precedente tende verso una unica direzione p + e− → H + γ , cioè vince il processo di ricombinazione degli elettroni e dei protoni rispetto alla ionizzazione dell'idrogeno. Questa fase è detta appunto di Ricombinazione. L'universo tende quindi ad essere dominato dagli atomi neutri, pressocchè idrogeno e elio. Per lo stesso motivo, non avendo più interazioni sucenti con la materia, la radiazione si disaccoppia da essa formando la radiazione cosmica di fondo (CMB). A z ∼ 1000 quindi l'universo è caratterizzato da una nube diusa di atomi neutri. I fotoni generati dagli ALPs (che sono più energetici della CMB) potrebbero ancora risentire dell'interazione con gli atomi neutri del background e generare una parziale ionizzazione degli stessi tramite processi H + γ → p + e− . Nella nostra trattazione saremo interessati a questo aspetto della ra- diazione X generata dagli ALPs. Poichè la frazione in massa di elio cosmologico nell'universo è Yp ' 0.2477 [10], allora possiamo trascurarlo nei nostri conti successivi e supporre che il contenuto in materia barionica dell'universo sia caratterizzato solo da idrogeno neutro. Come abbiamo detto i fotoni generati da ALPs avrebbero all'era attuale uno spettro in energia compreso in [100, 800] eV. Poichè però le oscillazioni cominciano a con il background, allora l'energia E quindi l'intervallo di energia è circa z ∼ 1000 risente solo del redshift, [0.1, 0.8] e gli ALPs sono poco interagenti E(z) = E0 (1 + z). A z ∼ 1000 MeV. In sostanza a seconda di quando avviene la conversione, i fotoni avranno uno spettro in energia che va dal MeV al keV. A queste energie i fotoni risentono praticamente di soli due eetti di interazione con gli atomi neutri: l'eetto fotoelettrico e l'eetto Compton. Nell'eetto fotoelettrico, un fotone può essere assorbito da un elettrone legato ad un atomo provocandone l'espulsione. Sotto l'ipotesi che l'atomo sia di idrogeno e che l'energia sia inferiore alla massa a riposo dell'elettrone me ' 0.511 MeV, la sezione d'urto per questo processo è [49] √ σP = 2 2σT α4 66 me Eγ 7/2 , (3.50) γ γ γ γ − − e e e− e− Figura 3.3: Diagrammi di Feynmann per l'eetto Compton. dove α è la costante di struttura ne, Eγ è l'energia iniziale del fotone e σT = è la sezione d'urto Thomson, con re 8πre2 3 (3.51) raggio classico dell'elettrone. L'eetto Compton descrive la diusione di un fotone da parte di un elettrone (libero o legato). Per un elettrone libero, la sezione d'urto dell'eetto Compton è descritta dalla formula di KleinNishina (che è data dalla sovrapposizione dei due diagrammi di Feynmann in gura 3.3). La formula di Klein-Nishina per la sezione d'urto totale è la seguente σKN in cui 3 = σT 4 ≡ Eγ /me , con Eγ 1 + 2(1 + ) ln(1 + 2) ln(1 + 2) 1 + 3 − + − , 2 1 + 2 2 (1 + 2)2 (3.52) energia iniziale del fotone. In gura 3.4 mostriamo l'evoluzione delle due sezioni d'urto in funzione dell'energia iniziale del fotone. Chiamiamo la sezione d'urto totale σtot = σP + σKN . Se dobbiamo tenere conto dell'assorbimento dei fotoni da parte degli atomi di idrogeno, allora dobbiamo modicare l'hamiltoniana (3.2) della teoria. Deniamo di atomi di idrogeno neutri, ovviamente a z ∼ 1000 nH (z) ' ne (z) 6 tutti sostanzialmente legati . Ricordiamo che ne nH la densità in numero poichè gli elettroni sono è la densità totale di elettroni (legati e liberi). L'assorbimento dei fotoni aggiunge nella diagonale dell'hamiltonana un termine dispersivo −iΓ/2, con Γ ≡ ΓH + Γf ree = nH σtot + (ne − nH )σKN , tasso di assorbimento ad una data energia iniziale dei fotoni (ricordiamo che termine di assorbimento (3.53) è costituito di due parti. 6 (3.53) σ = σ(E)). Un assorbimento dovuto agli atomi In realtà la frazione di elettroni liberi rispetto agli elettroni totali (liberi e legati) è dell'ordine di redshift z ∼ 1000, [50]. 67 Il 10−4 a Figura 3.4: Confronto fra le sezioni d'urto fotoelettrica (verde) e Compton (blu). La sezione d'urto totale è indicata in rosso. neutri ΓH = nH σtot (caratterizzato dalla somma dell'eetto fotoelettrico e dell'eetto Compton) e lo scattering su elettroni liberi Γf ree = (ne − nH )σKN (solo eetto Compton). Teniamo conto anche dell'eetto sugli elettroni liberi, perchè è il termine dominante al momento della ionizzazione degli atomi neutri. L'hamiltoniana (3.2) si modica come (si veda il paragrafo 1.2.2) H= ∆11 − i Γ2 ∆12 ∆aγ cos φ ∆22 − i Γ2 ∆aγ sin φ . ∆aγ cos φ ∆aγ sin φ ∆a ∆21 (3.54) Per un universo statico il sistema (3.28) prende la forma ργ,n = 1 |T⊥ |2 + Tk 2 ργ,n−1 + |Taγ |2 ρa,n−1 e− Γ2 l 2 Γ 2 − l ρ = 1 |T |2 ρ + |T | ρ aγ a a,n γ,n−1 a,n−1 e 2 2 e i parametri T⊥ , Tk , Taγ , Ta termine dispersivo , (3.55) si modicano tenendo conto che all'hamiltoniana è aggiunto il −iΓ/2, T⊥ = e−il[∆⊥ − 2 (∆k +∆a )] e− 4 l , i ∆k − ∆a − iΓ/2 Tk = cos(αl) − sin(αl), 2 α i ∆k − ∆a − iΓ/2 Ta = cos(αl) + sin(αl), 2 α 1 68 Γ (3.56) (3.57) (3.58) ∆aγ sin(αl), α # " Γ 2 1 2 ∆k − ∆a − i + ∆aγ . α= 4 2 Taγ = −i (3.59) (3.60) Nel passaggio ad un universo in espansione dobbiamo tenere conto che tutti i parametri sono soggetti al redshift, ma sostanzialmente la forma delle equazioni rimane la stessa. In presenza di assorbimento, il sistema (3.55) non esaurisce l'intero set di equazioni. Infatti per caratterizzare a pieno il fenomeno di assorbimento dobbiamo tenere in conto che anche la nH densità di atomi di idrogeno neutri di elettroni totali ne varia con questo processo. Infatti anche se il numero rimane ssato, il numero di elettroni liberi e il numero di elettroni legati può cambiare per eetto della ionizzazione. Prima di tutto riscriviamo il sistema (3.55) in termini delle densità dei fotoni e degli ALPs. Le funzioni di trasferimento medie ργ e ρa , che sono gli elementi diagonali della matrice densità, rappresentano le probabilità medie che il usso iniziale di ALPs rimanga intatto o venga trasformato in fotoni. Se vogliamo sapere il valore della densità di fotoni nγ e di ALPs na , dobbiamo moltiplicare il valore delle probabilità per la densità iniziale di ALPs. La densità iniziale di ALPs e il suo spettro sono state derivate nel capitolo 2. Moltiplicando a destra e a sinistra per questo spettro, le equazioni (3.55) diventano 3 2 2 1 nγ,n = 1+zn Tk nγ,n−1 + |Taγ |2 na,n−1 e− Γ2n ln |T | + ⊥ 1+z 2 n−1 Γn 2 n = 1+zn 3 1 |T |2 n − ln + |T | n a,n aγ γ,n−1 a a,n−1 e 2 1+zn−1 2 dove nn ≡ n(zn , En ), Γn ≡ Γ(zn , En ) 3 1+zn 1+zn−1 il fattore e ln ≡ l(zn ). En ≡ E(zn ) (3.61) è l'energia scalata a redshift zn e tiene in conto della diluizione delle densità. A questo sistema dobbiamo aggiungere un'altra equazione che tiene di conto che nH (densità in numero di idrogeno neutro) non solo scala come una densità, ma diminuisce per l'assorbimento dei fotoni, nH (zn ) = dove Γtot n 1 + zn 1 + zn−1 3 nH (zn−1 )exp −Γtot n ln , (3.62) è il tasso di assorbimento totale integrato su tutte le energie dello spettro dei fotoni Γtot n ∞ ≡ 0 dnγ,n (zn , E) dE σtot (E) . dE (3.63) Il sistema da risolvere è quindi formato dalle tre equazioni nγ,n na,n ! = 1 + zn 1 + zn−1 3 " 1 2 # 2 |T⊥ |2 + Tk |Taγ |2 1 2 |Taγ |2 69 |Ta |2 − Γ2n ln e nγ,n−1 na,n−1 ! (3.64) nH (zn ) = 1 + zn 1 + zn−1 3 nH (zn−1 )exp −Γtot n ln . (3.65) Ricordiamo che, anche se varia il numero di elettroni legati (e liberi), la densità di elettroni totale ne rimane costante, risentendo solo del redshift. In realtà nelle nostre equazioni non si è tenuto conto della possibilità che una volta ionizzati gli atomi possano ricombinarsi. Questa ipotesi può essere supportata dal fatto che i fotoni generati da ALPs sono raggi X. Gli elettroni emessi per eetto fotoelettrico e Compton avranno un'energia prossima al MeV o al keV, quindi la probabilità per il processo di ricombinazione p + e− → H + γ 3.2.2 è trascurabile. Approssimazione al I ordine Il sistema di equazioni (3.64) e (3.65) rappresenta l'evoluzione esatta del sistema fotone-ALP e la ionizzazione degli atomi neutri in un background di un campo magnetico distribuito in celle. In realtà è possibile determinare una soluzione approssimata di questo sistema quando siamo sotto l'ipotesi che il termine responsabile delle oscillazioni ∆aγ nell'hamiltoniana, in particolare sia molto minore di ∆pl . Mostriamo in questa sezione come derivare una formula approssimata al primo ordine in ∆aγ del sistema di evoluzione. Notiamo sia molto minore degli altri termini prima di tutto che dalle formule (3.29) e (3.31), per valori di ne0 ∼ gaγγ B0 . 10−13 GeV −1 nG e 10−7 cm−3 , all'era attuale è soddisfatta la relazione ∆0aγ ∆0pl . necessaria per la nostra approssimazione. Ora poichè sia dell'universo come (1 + z) 2 (3.66) ∆aγ che ∆pl sono diluite nell'espansione , allora la relazione (3.66) è valida per ogni z. Riscriviamo l'hamilto- niana (3.54) del sistema trascurando il termine di QED (che non dà contributi interessanti per z < 1000), H= ∆pl − i Γ2 0 0 ∆pl − i Γ2 H= ∆aγ sin φ , ∆aγ cos φ ∆aγ sin φ ∆a possiamo sommare e sottrarre il termine ∆aγ cos φ (3.67) ∆a I3×3 , ∆pl − i Γ2 − ∆a 0 0 ∆pl − i Γ2 − ∆a ∆aγ cos φ ∆aγ sin φ 70 ∆aγ cos φ ∆aγ sin φ + ∆a I3×3 . 0 (3.68) Il termine ∆a I3×3 nell'hamiltoniana genera un fattore di fase quando passiamo agli operatori di evoluzione, che ovviamente non cambia la sica del fenomeno. Rideniamo H= k − i Γ2 0 0 k − i Γ2 ∆aγ cos φ k ≡ ∆pl − ∆a , quindi ∆aγ sin φ , ∆aγ cos φ ∆aγ sin φ 0 (3.69) e l'equazione di evoluzione in un universo statico è i A1 k − i Γ2 0 ∆aγ cos φ A1 ∂ 0 k − i Γ2 ∆aγ sin φ A2 . A2 = ∂x3 a a ∆aγ cos φ ∆aγ sin φ 0 (3.70) Operando il seguente cambiamento di variabili A1,2 ˆ = A1,2 exp −i x3 0 Γ(s) ds k(s) − i 2 ≡ Aˆ1,2 e−ψ(x3 ) , (3.71) il sistema acquista la semplice forma Aˆ1 0 ∂ ˆ i 0 A2 = ∂x3 a ∆aγ cos φ Ora se ∆aγ ∆pl e se −ψ e 0 ∆aγ cos φ e 0 ∆aγ sin φ e ∆aγ sin φ −ψ e ψ ψ 0 Aˆ1 ˆ A2 . a (3.72) ∆aγ x3 1 allora possiamo espandere perturbativamente al primo ordine la soluzione del sistema (3.72) x3 Aˆ1 (x3 ) = −i dζ∆aγ cos φ(ζ) e dζ∆aγ sin φ(ζ) e ψ(ζ) a(0), (3.73) a(0). (3.74) 0 Aˆ2 (x3 ) = −i x3 ψ(ζ) 0 Se poniamo che lo stato iniziale sia solo di ALPs, allora a(0) = 1 (mentre Aˆ1,2 (0) = 0). La probabilità che un ALP sia convertito in fotone è data dalla seguente formula (ricordando l'interpretazione semiclassica di |A1,2 |2 ) 2 x3 2 ˆ ˆ Pa→γ (x3 ) = |A1 (x3 )| + |A2 (x3 )| = A1 (x3 ) + A2 (x3 ) e− 0 dsΓ(s) . 2 2 71 (3.75) Possiamo calcolare 2 ˆ A (x ) 1 3 . gaγγ Aˆ1 (x3 ) = −i 2 dove B1 (ζ) = B⊥ cos φ(ζ). è a celle. Aˆ1 Prendiamo la relazione (3.73) per x3 dζB1 (ζ) e ψ(ζ) e esplicitiamo , (3.76) 0 Ricordiamo che la nostra congurazione per il campo magnetico In ogni cella il campo magnetico è omogeneo e costante, per cui x3 ∈ [x3,p , x3,p+1 ] (cioè se ∆aγ , x3 è nella cella p-esima). B1 (x3 ) = B1,p se Di più avendo imposto che mediamente le 7 celle hanno la stessa intensità del campo allora vale la seguente relazione hBx,p Bx,q i = 2 B⊥ 2 δpq . Poichè il campo è distribuito in celle, l'integrale in (3.76) può essere considerato come una somma in ogni cella, con x3 ≡ x3,n valore della coordinata spaziale nell'n-esima cella gaγγ Aˆ1 (x3 ) = −i 2 dove [x3,p , x3,p+1 ] è l'intervallo della cella n X x3,p+1 p=1 p-esima. ψ(ζ) dζ B1,p e , (3.77) x3,p Possiamo ora calcolare x3,p+1 n X n 2 2 X gaγγ ˆ ∗ ˆ ˆ B1,p B1,q dζ1 A1 (x3 ) = A1 (x3 )A1 (x3 ) = 4 x3,p ψ(ζ1 ) 2 ˆ A1 (x3 ) , x3,q+1 dζ2 e e ψ ∗ (ζ2 ) . (3.78) x3,q p=1 q=1 Mediamo su tutte le possibili congurazioni del campo magnetico, x3,p+1 n 2 g 2 X ˆ aγγ 2 dζ1 dζ2 B⊥ A1 (x3 ) = 8 x3,p e i ζ2 ζ1 dsk(s) x3,p dsΓ(s) e 0 , (3.79) p=1 dove abbiamo usato la denizione costante nell'intervallo ψ ≡ k − iΓ/2 e abbiamo supposto che Γ(s) rimanga pressocchè [x3,p , x3,p+1 ]. Se supponiamo che anche k(s) rimanga costante all'interno di ogni cella, allora x3,p+1 n 2 g 2 X ˆ aγγ 2 B⊥ dζ1 dζ2 A1 (x3 ) = 8 x3,p ik(ζ1 )(ζ2 −ζ1 ) e x3,p dsΓ(s) e 0 . (3.80) p=1 Avremo una relazione analoga anche per 2 ˆ A2 (x3 ) . La probabilità di conversione in fotoni 7 1 Il fattore 2 è legato al fatto che la media sulle congurazioni è una media sulle diverse direzioni del campo 2 1 magnetico, per cui cos φ = 2 . 72 prenderà la forma n x3,p+1 2 X gaγγ 2 Pa→γ (x3 ) = B⊥ dζ x3,p 4 p=1 2 x 3 −ik(ζ)ζ − x3,p dsΓ(s) e , e (3.81) che, dalla relazione per la trasformata di Fourier della funzione nestra, può essere riscritta come n 2 X gaγγ 2 2 Pa→γ (x3 ) = B⊥ lp 4 sinc 2 p=1 dove sinc(x) cella e ≡ sin(x)/x kp ≡ k(x3,p ). è la funzione seno cardinale, kp lp 2 e − x 3 x3,p dsΓ(s) lp = |x3,p+1 − x3,p | , (3.82) è la lunghezza di ogni Il calcolo della probabilità può essere eettuato iterativamente, infatti la probabilità nella cella n-esima (n − 1)-esima è legata alla probabilità nella cella dalla seguente relazione (che discende direttamente dalla (3.82)) Pa→γ (n) = Pa→γ (n − 1) ora se anche e − x3,n x3,n−1 dsΓ(s) 2 gaγγ 2 2 + B⊥ ln 4 kn ln 2 , (3.83) Γ(x3,n ) |x3,n − x3,n−1 | 1, possiamo ulteriormente sviluppare in serie l'esponenziale 2 gaγγ 2 2 ln Pa→γ (n) = Pa→γ (n − 1) (1 − Γn ln ) + B⊥ 4 dove sinc 2 Γn ≡ Γ(x3,n ). sinc 2 kn ln 2 , (3.84) Anche in questo caso, come per (3.64), possiamo passare all'equazione per la densità in numero di fotoni. Scriviamo direttamente l'equazione per un universo in espansione, nγ,n = 1 + zn 1 + zn−1 3 " 2 gaγγ 2 2 B⊥ ln (1 − Γn ln ) nγ,n−1 + 4 sinc 2 kn ln 2 # na,n−1 , (3.85) dove Γn ≡ Γ0 (1 + zn )3 , ln ≡ (3.86) l0 , (1 + zn ) (3.87) En = E0 (1 + zn ), con il pedice 0 ad indicare i valori dei parametri a z=0 (3.88) e kn ≡ k(zn , En ).8 L'approssimazione al I ordine praticamente considera le oscillazioni come una debole perturbazione dell'hamiltoniana di evoluzione degli ALPs. Per cui la probabilità 8 ∆a La dipendenza dal redshift in e ∆pl k Pa→a che un ALPs non è banale come negli altri parametri, poichè esso è una combinazione di che redshiftano in maniera diversa, si veda le formule (3.45) e (3.47). 73 rimanga tale dopo una certa distanza x3 è pressochè costante. La densità totale degli ALPs rimane quindi la stessa per tutto il periodo in cui avvengono le conversioni, risentendo solo del redshift na,n (zn , En ) = 1 + zn 1 + zn−1 3 na,n−1 (zn−1 , En−1 ). (3.89) Aggiungendo l'equazione di evoluzione della densità di idrogeno neutro, il sistema di equazioni approssimato sarà ! nγ,n = na,n 1 + zn 1 + zn−1 3 " 2 gaγγ 2 2 2 4 B⊥ ln sinc (1 − Γn ln ) 0 nH (zn ) = 1 + zn 1 + zn−1 kn ln 2 # nγ,n−1 na,n−1 1 3 nH (zn−1 )exp −Γtot n ln . ! , (3.90) (3.91) Nella sezione successiva confronteremo il modello esatto (equazioni (3.64) e (3.65)) con questo modello approssimato e mostreremo la validità dell'approssimazione al I ordine perturbativo. Per ragioni pratiche nell'integrazione numerica del sistema precedente introdurremo un l- −(kn /kc )2 con tro gaussiano, e kc cut-o, che moltiplica la funzione sinc 2 kn ln 2 nell'equazione (3.90). L'introduzione di questo ltro genera delle semplicazioni a livello computazionale per- kn alti (kn kc ) delle lunghe conde della kn ln . Dal punto di vista strettamente sico, l'introduzione di un siatto ltro è 2 chè permette di tagliare in maniera netta i valori 2 funzione sinc ben supportata dal fatto che la funzione seno cardinale munita di ltro gaussiano è la trasformata di Fourier della funzione nestra smussata (smoothed top-hat function). Tale funzione rappresenta meglio la realtà rispetto ad una funzione nestra normale che invece presenta discontinuità. Infatti se implementassimo questa funzione, le celle del campo magnetico sarebbero caratterizzate da continuità (in senso matematico) nel passaggio da una cella alla successiva, e non avrebbero discontinuità sui bordi (come invece accade nella teoria a celle standard). In breve potremmo dire che questa rappresenta una teoria a celle smussate. Vedremo nel paragrafo successivo che l'aggiunta di questo ltro non comprometterà la sica del fenomeno in quanto restistuisce valori pressochè identici ad una teoria a celle standard. 3.2.3 Flusso di raggi X La risoluzione del sistema di equazioni (3.64) e (3.65) (o del sistema approssimato (3.90) e (3.91)) ci permette di avere due importanti informazioni. Da un lato permette di determinare la densità nγ (e quindi il usso) di fotoni prodotti da conversione degli ALPs e dall'altro permette di quanticare la variazione del numero di atomi neutri 74 nH dovuto alla ionizzazione degli stessi Figura 3.5: Flusso di ALPs all'era attuale in funzione dell'energia. Il picco di energia varia a seconda del valore di fotoni. mΦ , nel nostro caso mΦ ' 5 × 106 GeV. In questa parte ci soermeremo sul primo dei due scopi della nostra trattazione. Il secondo verrà trattato successivamente. Possiamo risolvere numericamente il sistema delle tre equazioni (3.64) e (3.65) e determinare la densità nγ di fotoni. Come abbiamo già accennato precedentemente la condizione iniziale è caratterizzata da soli ALPs. Lo spettro dei quali è stato determinato nel capitolo 2 e la cui gura riproponiamo ora (gura 3.5). Nel capitolo 2 ricordiamo che non abbiamo fatto l'ipotesi di presenza di oscillazioni degli ALPs in fotoni, quindi lo spettro in gura 3.5 è lo spettro in energia all'era attuale degli ALPs se non ci fossero oscillazioni in fotoni. Questo spettro redshiftato a z ∼ 1000 rappresenta ora la condizione iniziale per la densità (o il usso) di ALPs na (z, E(z)) nel sistema di equazioni (3.64) e (3.65). Le altre due condizioni iniziali sono che il numero di fotoni iniziale sia nullo, nγ (1000) = 0 (poichè supponiamo che a z ∼ 1000 inizino le oscillazioni) e che il numero iniziale di atomi neutri sia lo stesso del numero totale di elettroni, (poichè a z ∼ 1000 nH (1000) ' ne (1000) siamo nell'era della ricombinazione, quindi in buona approssimazione tutti gli elettroni sono legati in atomi). In realtà più che determinare nγ (E), risulta più interessante determinare il usso diuso di fotoni all'era attuale. Ricordiamo che il usso diuso è denito a partire dalla densità nγ (E) come Jγ (E) = con c velocità della luce. Il fattore nγ (E) · c , 4 (3.92) 1 4 tiene conto che il usso è diuso in tutto l'angolo solido. Abbiamo integrato il sistema di equazioni (3.64) e (3.65) per determinare lo spettro del 75 usso di fotoni all'era attuale. da z = 1000, Ciò è stato ottenuto facendo evolvere le equazioni del sistema con le condizioni iniziali descritte sopra, no all'era attuale z ∼ 0, tramite una evoluzione a step in ognuna delle celle del campo magnetico. La teoria continene un certo numero di parametri liberi. Riportiamo i valori numerici usati per i parametri liberi. Per generare lo spettro di ALPs dal decadimento dei moduli (capitolo 2) abbiamo usato i seguenti valori: per la variazione del numero eettivo di famiglie di neutrini ∆Nef f = 0.143, e per la massa dei moduli mΦ = 5 · 106 GeV. Per le oscillazioni, abbiamo usato i seguenti valori all'era attuale: per il prodotto del campo magnetico per la costante di accoppiamento gaγγ B0,⊥ = 10−14 GeV −1 nG, per la lunghezza delle celle l0 ∼ 1 Mpc, per la massa degli ALPs ma = 10−13 eV, e per il numero totale di elettroni ne0 ' 2.48 −3 cm . Il risultato di tale integrazione è riassunto in gura 3.6. La gura mostra lo spettro del usso attuale in energia dei fotoni (generati dalle conversioni degli ALPs di CAB) in funzione dell'energia attuale. Sempre nella stessa gura abbiamo anche riportato un confronto con la soluzione delle equazioni (3.90) e (3.91) del modello approssimato (anche in questo caso è stata fatta un'integrazione numerica). Notiamo come l'approssimazione al I ordine dia un risultato che è in perfetto accordo con il risultato determinato usando la teoria completa. Questo risultato ci fornisce la giusticazione per l'uso della teoria perturbativa nel caso di campi turbolenti (paragrafo 3.4). Integrando numericamente lo spettro in gura 3.6, otteniamo il valore del usso totale integrato in energia di fotoni, Jγ = ∞ dE 0 dJγ (E) = 68.3 dE −2 cm −1 s . (3.93) Se confrontiamo i valori dello spettro degli ALPs all'era attuale (gura 3.5) e lo spettro dei fotoni (gura 3.6), possiamo stimare un ordine di grandezza per la probabilità di oscillazione. Questa 76 Figura 3.6: Flusso all'era attuale dei fotoni generati da ALPs in funzione dell'energia. Le due curve rappresentano i due dierenti modelli usati per generarlo: modello esatto (rosso) e modello approssimato al I ordine perturbativo (verde). mΦ ' 5 · 106 Abbiamo usato una massa dei moduli pari a GeV. probabilità è dell'ordine di Paγ ∼ 10−4 . (3.94) Ovviamente per dierenti valori dei parametri liberi, avremo dierenti ordini di grandezza della probabilità. Ci soermiamo un attimo sui problemi della teoria. Il problema fondamentale è la presenza di parametri liberi di cui esistono solo speculazioni teoriche sui loro valori. L'unico dato che proviene da osservazioni sperimetali è il numero totale di elettroni nel mezzo intergalattico ne (al cui valore ci siamo riferiti partendo dai risultati dell'esperimento Planck, [10]). Si hanno alcune evidenze di valori ∆Nef f 6= 0 mΦ , ma sono sconosciuti. e gaγγ B , (come accennato all'inizio del lavoro), mentre gli altri parametri, Su di essi si possono solamente postulare limiti di natura teorica (per la massa dei moduli) e di natura osservativa (per il prodotto ma , gaγγ B e per la massa gura 1.3 del capitolo 1). Per questo motivo non ha granchè senso ssare questi parametri. Risulta molto più interessante vedere come varia il usso totale di fotoni per dierenti valori dei parametri, soprattutto di mΦ , ma usso integrato di fotoni Jγ 9 e gaγγ B .9 Nelle tabelle 3.1 e 3.2 mostriamo i diversi valori del ottenuti facendo variare i tre parametri mΦ , ma e gaγγ B . Notiamo Come è stato già accennato nel capitolo 2, il fondo di ALPs può essere costituito da diverse componenti. E' facile convincersi che se f è la frazione di ALPs che è in grado di subire una conversione, questo parametro può gaγγ B : gaγγ B → f 1/2 gaγγ B . essere riassorbito in una ridenizione di 77 Tabella 3.1: Massa ALPs gaγγ B (GeV−14 nG) mΦ 0.1 0.1 0.5 0.5 1.0 1.0 6 (10 GeV) 1.0 5.0 1.0 10.0 1.0 5.0 Tabella 3.2: Massa ALPs gaγγ B (GeV−14 nG) 1.0 1.0 1.0 5.0 5.0 10.0 mΦ 6 (10 GeV) ma = 10−13 eV Flusso totale (cm −2 s−1 ) 0.89 0.61 22.61 8.42 93.55 68.30 ma = 10−9 eV Flusso totale (cm −2 s−1 ) 0.16 · 10−3 0.18 · 10−4 0.89 · 10−5 0.21 · 10−3 0.36 · 10−4 0.86 · 10−3 0.1 0.5 1.0 1.0 5.0 1.0 come la dierenza di quattro ordini di grandezza nella massa degli ALPs generi delle evidenti dierenze nei ussi delle due tabelle. Questo è un risultato che ci si aspetta poichè il termine di massa ∆a nelle equazioni del moto agisce in maniera antagonista al termine di mixing ∆aγ , tendendo a bloccare le oscillazioni. Per questo motivo il numero di fotoni generati (e quindi il usso) è così esiguo per valori alti di massa degli ALPs. Osserviamo anche che all'aumentare della massa dei moduli perchè aumentando mΦ mΦ (a parità degli altri parametri) il usso di fotoni diminuisce. Questo spostiamo lo spettro iniziale degli ALPs verso energie più basse (e quindi anche lo spettro dei fotoni sarà ad energie più basse). Come si vede dalla gura 3.4, minore è l'energia dei fotoni, maggiormente essi risentono dell'assorbimento, quindi il usso osservato è minore. 3.2.4 Esperimento ROSAT Lo scopo di questa trattazione era quello di determinare il usso di fotoni generato dagli ALPs di CAB che dovremmo osservare all'era attuale. Abbiamo stimato alcuni valori di questo usso per dierenti valori dei parametri della nostra teoria. Vogliamo ora solo citare alcuni esperimenti atti ad osservare fondi di raggi X diusi. Ben inteso questi esperimenti, di carattere astrosico, non hanno nulla a che vedere con la nostra teoria particolare, ma in generale sono intenti ad osservare ussi diusi di raggi X anomali che non provengano da oggetti conosciuti (galassie, 78 stelle, etc). Potrebbero quindi essere dierenti le fonti di questi raggi X, e non è assolutamente detto che l'unico fenomeno (se esiste) di generazione sia l'oscillazione con gli ALPs. L'osservazione cruciale di un ecceso di raggi X è stata determinata dal satellite ROSAT, [51]. ROSAT fù una missione spaziale conginta di Germania, USA e UK, intenta ad osservare il cielo nella banda elettromagnetica [0.1, 2.4] keV. L'intento di questa missione era osservare e isolare un possibile eccesso di raggi X (più o meno diuso) dal background delle stelle e delle galassie. I risultati di ROSAT furono duplici. Da un lato, ROSAT osservò un eccesso di raggi X proveniente da circa 38 cluster di galassie. I cluster di galassie sono i più grandi oggetti legati gravitazionalmente e storicamente sono sempre stati potenti indicatori di nuova sica. Un esempio fondamentale è dato dall'evidenza che la materia oscura caratterizza circa l'80% della massa dei cluster. Oltre alla materia oscura, i cluster sono anche costituiti dall'ICM (Ionised Intracluster Medium). L'ICM è un gas altamente ionizzato alla temperatura di T ∼ 108 K. Questo gas contiene la maggior parte della massa barionica del cluster e genera un usso diuso di raggi X intorno ai 7 keV attraverso il processo di bremsstrahlung termico. In realtà ROSAT (e altri esperimenti precedenti) osservò un eccesso di raggi X con spettro di energia minore di 7 keV e quindi non riconducibile al processo di bremsstrahlung nell'ICM. Lo spettro osservato da ROSAT ha un picco per energie intorno ai 0.4 keV. Sono diverse le ipotesi storiche formulate per spiegare questo eccesso, ciascuna delle quali però presenta tutt'ora delle pesanti contraddizioni. Notiamo come l'eccesso di raggi X osservato nei cluster sia di energie comprese nell'intervallo (trattato da noi) dello spettro di fotoni generati dagli ALPs di radiazione oscura (per esempio si veda la gura 3.6). L'unico problema fondamentale è che questo spettro non è diuso, ma è osservato nella direzione dei cluster, quindi non rappresenta al meglio i risultati della nostra teoria. Recentemente è stata proposta una soluzione a questo eccesso nei cluster, [52]. Infatti se la conversione del fondo di ALPs avvenisse nel campo magnetico dei cluster (che è maggiore di quello primordiale, 0.1 ÷ 1µG), verrebbero generati fotoni con energia intorno a 0.4 keV. Questo spettro potrebbe spiegare in maniera più interessante i risultati di ROSAT nei cluster. In [52] è stato trattato e confrontato con gli esperimenti l'eccesso osservato nell'ammasso della Chioma. Dall'altra parte il satellite ROSAT ha anche osservato un eccesso diuso di raggi X in tutto il cielo, che sembrerebbe dierente da quello dei cluster. Questi risultati potrebbero essere collegati alle conversioni di ALPs di CAB nei campi magnetici primordiali. Quindi sono eettivamente questi i risultati ad essere interessanti per il nostro lavoro di tesi. Riportiamo alcuni valori osservati da ROSAT. I risultati di ROSAT in questo frangente sono divisi in due bande di osservazione, la banda energie nell'intervallo 1/4 keV (con energie nell'intervallo [0.1, 0.4] keV) e la banda 3/4 keV (con [0.6, 1.0] keV). I valori ottenuti dalla nostra teoria (nelle tabelle 3.1 e 3.2) devono quindi essere confrontati con la banda 1/4 79 keV. I limiti di ROSAT sulla banda 1/4 keV danno un usso totale di fotoni X compreso nell'intervallo, 20 −2 cm s −1 . Jγ . 70 −2 cm −1 s , (3.95) per i valori precisi e gli errori di misura si rimanda al lavoro di ROSAT, [53]. Se confrontiamo questo intervallo con i nostri risultati dei ussi otteniamo una certa concordanza con una parte dei valori nella tabella 3.1, mentre i ussi nella tabella 3.2 sono completamente discordanti con i limiti in (3.95). In realtà i valori nella tabella 3.2 non possono essere del tutto scartati, poichè in tutto il nostro lavoro di tesi abbiamo supposto che gli ALPs interagissero solo con i campi magnetici primordiali. La questione nella realtà è un pò più complessa in quanto gli ALPs potrebbero risentire anche e soprattutto del campo magnetico della nostra galassia. Quindi una parte degli ALPs potrebbe essere convertita in fotoni nella nostra galassia e quindi aumentare il valore del usso stimato dalle sole conversioni nei PMF. Questo problema non verrà trattato nel nostro lavoro, ma risulta molto interessante ai ni di uno studio più completo della fenomenologia del CAB. Di più la distribuzione del campo magnetico galattico è maggiormente conosciuta, quindi una evoluzione nel campo galattico darebbe risultati maggiormente confrontabili con la realtà. In questa direzione citiamo un lavoro che tratta le conversioni nel campo magnetico galattico, [54]. I valori nelle tabelle 3.1 e 3.2 devono anche essere confrontati con i limiti imposti dall'altro fenomeno che ci accingiamo ora a studiare: la ionizzazione dell'idrogeno neutro. 3.3 Il problema della ionizzazione Approcciamo ora alla parte, a nostro avviso, più interessante della teoria: il problema della reionizzazione dovuto agli ALPs di CAB. Facciamo una breve introduzione sulla fase cosmologica di Reionizzazione. La reionizzazione può essere pensata come la seconda maggiore fase di cam- biamento nella ionizzazione dell'idrogeno nell'universo (il primo cambiamento della ionizzazione è la fase di ricombinazione che avviene a z ' 1100, di cui abbiamo ampliamente discusso sopra). La fase di reionizzazione è di particolare importanza per lo studio della formazione di strutture nell'universo. Infatti da un lato, la reionizzazione è diretta conseguenza dalla formazione delle prime sorgenti luminose nell'universo (chiamate popolazione III di stelle). Dall'altro lato, la ionizzazione dell'idrogeno inuenza la formazione delle strutture successive. Fondamentalmente lo studio del processo di reionizzazione si basa su due importanti aree: la variazione nella ionizzazione del mezzo intergalattico (IGM) e le sorgenti che generano tale ionizzazione. Nella cosmologia standard le uniche sorgenti di ionizzazione sono i fotoni generati dalle prime formazioni stellari. Possiamo quindi pensare che ad un certo istante di tempo nell'universo si siano accese le prime 80 sorgenti luminose (stelle, protogalassie e quasar). La radiazione elettromagnetica generata da queste prime formazioni stellari ha cominciato a interagire con il mezzo circostante (IGM), no a ionizzarlo completamente. Prima di questa fase ricordiamo che l'IGM era completamente neutro perchè si era in epoca di ricombinazione. La ionizzazione dell'IGM ha comportato una sua variazione nelle proprietà siche e chimiche. Queste variazioni hanno inuenzato la formazione delle successive galassie e ammassi di galassie. Esistono ancora dei dubbi fondamentali sulla natura delle sorgenti che hanno generato la ionizzazione e se eettivamente siano state solo sorgenti puntiformi (galassie e quasar) a ionizzare l'IGM. Infatti alcune teorie si basano sulla possibilità che parte della reionizzazione sia ad opera di altri oggetti astrosici tipo le prime formazioni di buchi neri e le supernovae o ad opera di meccanismi più esotici (teorie oltre la cosmologia standard) come decadimenti della materia oscura. Riportiamo le fasi storiche che hanno permesso di individuare il processo di reionizzazione. Nel 1965 Gunn e Peterson mostrarono che l'IGM deve essere altamente ionizzato a redshift z ∼ 2. Essi infatti osservarono che sono assenti linee di assorbimento Lyα del usso trasmesso dai QSO (Quasi-Stellar Obgjects) a emesso dai quasar a z ∼ 2 z ∼ 2. 10 nello spettro Questo signica che lo spetto non è assorbito dal mezzo intergalattico. L'unico motivo per il quale non avviene questo assorbimento risiede nel fatto che l'IGM è ionizzato a z ∼ 2. Questo fenomeno storicamente va sotto il nome di eetto Gunn-Peterson (GP). Negli anni successivi risultò sempre più palese come l'eetto GP potesse essere il test più stringente del grado di ionizzazione dell'universo. Nel 1970, l'astronomo Roger Lynds fù il primo ad osservare un'anomalia nello spettro del quasar 4C 05.34 posto a z ∼ 3. Lynds notò un numero stranamente molto grande di linee di assorbimento nello spettro di questo quasar. Egli intuì che tutte queste linee provenivano dalla stessa transizione Lyα dell'atomo di idrogeno, per questo motivo l'eccesso di linee nello spettro fu denominato Lyman-apha forest. L'interpretazione più accreditata della presenta della Lyman-apha forest nello spettro dei quasar più lontani è che l'IGM non sia omogeneo, ma sia caratterizzato dalla presenza di nuvole di idrogeno neutro all'interno dell'IGM ionizzato. Queste nuvole generano linee di assorbimento discrete nel usso dei quasar lontani. Dallo studio del usso trasmesso (eetto GP) e della Lyman-alpha forest, si può concludere che a z ≤6 l'universo è quasi completamente ionizzato. Le linee di assorbimento Lyα possono essere interpretate come un residuo della fase di reionizzazione, cioè la presenza di segni di assorbimento nello spettro dei quasar indicano una non completa ionizzazione dell'IGM e quindi la presenza di nuvole di idrogeno neutro. La situazione osservativa cambia in maniera rimarchevole per quasar a redshift 10 z & 6. Gli Ricordiamo che la transizione Lyα è la transizione dallo stato fondamentale dell'idrogeno al primo stato eccitato. 81 spettri di questi quasar lontani hanno delle dierenze sostanziali nelle linee di assorbimento rispetto ai quasar a z ≤ 6, [55]. Di più osservando la profondità ottica Lyα dovuta all'eetto GP, si nota un cambiamento nell'andamento a z ∼ 6, che fà pensare ad un cambio di fase nel mezzo intergalattico. Abbiamo quindi la seguente situazione osservativa proveniente dai QSO. Nell'universo attuale l'eetto GP ci permette di considerare l'IGM praticamente ionizzato (e l'idrogeno neutro connato in nubi all'interno dell'IGM). A redshift z ∼6 l'IGM sembrerebbe cambiare fase e diventare pressochè neutro. Lo studio dello spettro dei QSO permette in denitiva z ∼ 6. di ssare una data di reionizzazione a Un'altra osservazione sperimentale della data di reionizzazione proviene dallo studio del parametro cosmologico τthom . Come abbiamo esposto nel capitolo 2, la maggior parte degli espe- rimenti cosmologici è basata sulla misura delle anisotropie di temperatura e di polarizzazione della CMB. Le uttuazioni della CMB possono essere considerevolmente ridotte dallo scattering Thomson dei fotoni sul plasma ionizzato dell'IGM. Questo fenomeno è parametrizzato dal parametro τthom che rappresenta la profondità ottica (misurata all'epoca attuale) dovuta allo scattering Thomson dei fotoni di CMB. Per denizione la profondità ottica di un mezzo è la misura della frazione di radiazione elettromagnetica sparpagliata o assorbita dal mezzo. La frazione assorbita da un mezzo di dimensione σint d con densità di centri diusori ndif f usori e sezione d'urto di interazione fotone-diusore è d τ= dxσint (x)ndif f usori (x). (3.96) 0 Nel nostro caso il mezzo è l'IGM ionizzato e l'interazione che consideriamo è quella Thomson tra fotoni e elettroni liberi. In un universo in espansione, la profondità ottica della CMB dovuta all'eetto Thomson su elettroni liberi è zdec τthom = σT dx(z)nf ree (z) (3.97) 0 dove σT è la sezione d'urto Thomson che è una costante σT = zdec ' 1100 8πre2 , 3 è il valore del redshift nella fase di ricombinazione e di elettroni liberi. L'integrazione è fatta rispetto al redshift da z = 0 (3.98) (era attuale) no a z = zdec z. nf ree è la densità in numero Gli estremi dell'integrale vanno (formazione della CMB). Ovviamente l'integrale darà contributi solo dal periodo di reionizzazione in poi, poichè prima tutto l'idrogeno è neutro e quindi la densità di elettroni liberi nf ree ∼ 0. 82 Basandoci sulle informazioni provenienti dai QSO, ci aspettiamo che per una fase di reionizzazione intorno a profondità ottica τthom . 0.05, z ∼ 6, si abbia un valore della [55]. L'esperimento Planck, anche in questo caso, ha determinato una stima del parametro cosmologico τthom [10] τthom = 0.089 ± 0.032 Questo valore è compatibile solo entro 2σ (al 68% di condenza). con un valore atteso τthom ∼ 0.05. (3.99) Se consideriamo il valore centrale del parametro stimato da Planck, allora la fase di ionizzazione si colloca intorno a z ∼ 11, che ovviamente è discrepante con quanto osservato nei QSO. Riassumendo quanto detto sopra, il valore della data di reionizzazione basato sullo studio degli spettri dei QSO è intorno a anisotropie di CMB) è intorno a prima di Planck, z = 6, z = 11. mentre il valore stimato da Planck (basatosi sulle Per completezza citiamo il valore osservato da WMAP τthom = 0.089±0.014 [50], che è compatibile con il valore di Planck. Ricordiamo che anche la missione WMAP ha studiato le anisotropie di CMB. Ciò che ne deriva è che i due esperimenti di osservazione della CMB sembrano in contrasto con il valore ottenuto dai QSO. Ovviamente quanto detto no ad ora in questa sezione è collocabile in una teoria standard della reionazzione, in cui le stelle sono le uniche fonti di questo fenomeno. Non è nostra intenzione entrare nei dettagli della teoria standard della reionizzazione, abbiamo solo citato i passi salienti. Un'interessante review sul tema della reionizzazione (teoria e osservazioni) è citata in [55]. Studieremo ora una possibilità originale e dierente di reionizzazione. Questa possibilità potrebbe, in uno studio più approfondito, gettare maggiore luce sulla fase di reionizzazione dell'universo e tentare di riconciliare le discrepanze. Nel nostro lavoro daremo solo i dettagli della teoria e li confronteremo con il limite dato dall'esperimento Planck. Non è nostra intenzione scendere in dettaglio su come le discrepanze osservative si possano riconciliare, poichè questo comporterebbe uno studio più approfondito sulle dinamiche di reionizzazione, che non sono lo scopo fondamentale di questo lavoro. 3.3.1 Reionizzazione e ALPs Nella sezione precedente abbiamo concluso che l'universo all'era attuale è completamente ionizzato. Sappiamo anche che nelle ultime fasi dell'universo dopo la ricombinazione (z < 1000), i fotoni di CMB non hanno energia sucente per ionizzare gli atomi neutri di idrogeno. Da ciò deriva che in un universo standard, la fase di reionizzazione debba essere solo appannaggio dei fotoni provenienti dalle prime formazioni stellari (popolazione III), che sono le uniche particelle ad avere energia sucente a ionizzare. Le cose potrebbero cambiare drasticamente se teniamo conto della possibile esistenza di radiazione oscura. La presenza di un fondo di ALPs di radiazione oscura potrebbe innescare un fenomeno dierente di reionizzazione. Infatti il meccanismo di 83 oscillazione fotone-ALP, come già detto, genererebbe un usso di fotoni nella banda dei raggi X. Questa radiazione elettromagnetica (se esistesse) sarebbe in energie 106 volte maggiori dei fotoni di CMB. Questi fotoni hanno energia suciente a ionizzare gli atomi neutri di idrogeno presenti nell'universo. Il fenomeno andrebbe quindi a sommarsi al processo di reionizzazione dovuto ai fotoni delle stelle, modicando il quadro teorico standard. Nella sezione 3.2.3 abbiamo osservato come la risoluzione del sistema di equazioni (3.64) e (3.65) per le funzioni di trasferimento dei fotoni e degli ALPs permetta di determinare il usso di radiazione elettromagnetica all'era attuale. In realtà la risoluzione di questo sistema dà anche un'informazione sulla variazione della quantità di idrogeno neutro nH (z). Questa variazione è legata al processo di ionizzazione dovuto ai fotoni generati dagli ALPs (che d'ora in poi chiameremo fotoni X). Ci soremiamo ora proprio su questa variazione. frazione di idrogeno ionizzato dai fotoni X in funzione di b(z) = 1 − dove ne (z) z Deniamo la come nH (z) , ne (z) (3.100) è la densità totale di elettroni (legati e liberi). L'integrazione numerica del sistema di equazioni (3.64) e (3.65) permette di determinare l'evoluzione di b con z. Mostriamo in gura 3.7 questa evoluzione per i seguenti valori dei parametri della teoria: per il prodotto del campo magnetico per la costante di accoppiamento gaγγ B0,⊥ = 10−14 GeV −1 nG, per la lunghezza delle celle l0 ∼ 1 Mpc, per la massa degli ALPs ma = 10−13 eV, per il numero totale di elettroni ne0 ' 2.48 −3 cm , e per masse dei moduli mΦ = 5 · 106 GeV. L'integrazione è stata fatta con la condizione iniziale che 1000 nH (1000) ' ne (1000), poichè a z = sostanzialmente tutto l'idrogeno presente nell'universo è neutro (fase di reionizzazione), b(1000) ' 0. La frazione di atomi di idrogeno ionizzato che appare in gura discende dalla sola ionizzazione da parte dei fotoni generati dagli ALPs. Nell'integrazione non è stato infatti tenuto 84 Figura 3.7: Variazione della frazione di ionizzazione logaritmica in b(z) in funzione di z. La gura è in scala z. conto della fase di reionizzazione dovuta alla formazione delle stelle, questo fenomeno si dovrebbe sommare al fenomeno da noi descritto. Notiamo come già da sola, la nostra teoria prevede un qualche grado di ionizzazione dell'IGM. Ovviamente la sola teoria degli ALPs non basta a spiegare l'intera ionizzazione dell'universo all'era attuale (ricordiamo che l'universo nell'era attuale è completamente ionizzato). Il contributo dominante alla ionizzazione proviene ancora dai fotoni emessi delle prime strutture stellari (popolazione III e quasar). Possiamo anche calcolare numericamente le profondità ottiche che derivano dalla nostra teoria di reionizzazione e confrontarle con i dati provenienti da Planck. Ricordiamo il risultato di Planck, τthom = 0.089 ± 0.032 (al 68% di condenza). (3.101) Nella nostra teoria questo valore sarà dovuto a due contributi, un contributo dovuto alla reionizzazione standard (popolazione III di stelle) e un contributo dalla ionizzazione dovuta ai fotoni generati da ALPs. In realtà c'è una complicazione. Le teorie standard sulla reionizzazione, ad ora, non permettono di denire con certezza quale sia il contributo alla reionizzazione dovuta alle stelle, [55], sappiamo solo che da un certo istante in poi l'universo cambia la sua ionizzazione. Nella nostra teoria, d'altra parte, possiamo conoscere con certezza qual'è il grado di reionizzazione dovuta agli ALPs, poichè conosciamo le equazioni per la sua determinazione, (3.64) e (3.65). Poichè allora conosciamo solo uno dei due contributi alla profondità ottica totale, il valore determinato integrando le equazioni (3.64) e (3.65) della nostra teoria deve essere inferiore o al più 85 uguale alla profondità ottica determinata da Planck, spazio alla possibilità che la dierenza τthom − τALP τALP ≤ τthom . In questo modo lasciamo sia dovuta al contributo delle stelle alla reionizzazione o in generale a qualsiasi altro possibile fenomeno di reionizzazione, che non sono considerati nelle equazioni di evoluzione fotone-ALP del nostro sistema. Possiamo calcolare τALP nel seguente modo, zdec dx(z)σT nf ree (z), τALP = (3.102) 0 z dove l'integrale è fatto in nH (z). nH (z) (per tener conto dell'evoluzione dell'universo) e è la soluzione dell'equazione (3.65) ad ogni dx(z): dx(z) sull'elemento di linea z. nf ree (z) ≡ ne (z) − Facciamo una breve digressione è l'elemento di linea sico, nel senso che è l'elemento di distanza spaziale che si espande con l'espansione dell'universo. Se riprendiamo la metrica FRW, ds2 = R(χ)2 dχ2 − ricordiamo che r e Ω dr2 2 2 , − r dΩ 1 − kr2 sono le coordiante spaziali comoventi, cioè in parole povere non risentono dell'espansione. La metrica può essere riscritta in termini del tempo cosmologico e delle distanze siche come ds2 = dt2 − dx(t)2 , in cui l'elemento di linea dx(t) dipende dal tempo, e quindi evolve. Nell'equazione (3.102) possiamo passare da un'evoluzione nella distanza ad un'evoluzione nel redshift z (ricordando la denizione di redshift) tramite dx(z) 1 = , dz [(1 + z)H(z)] a sua volta ricordiamo che ˙ H(z) ≡ R(z)/R(z) soddisfa all'equazione di Friedmann (con curvatura k = 0) H(z)2 = dove ρ(z) 1 ρ(z) 3MP2 l è la densità totale di energia a redshift densità totale di energia all'era attuale ΛCDM, all'era attuale ρ0 (3.103) z . ρ(z) (3.104) può essere scritta in funzione della ρ0 , redshiftando ogni contributo. In un modello di universo è caratterizzata dalla materia non relativistica (CDM e barioni), dalla costante cosmologica e dai fotoni di CMB (il cui contributo è trascurabile rispetto alle prime due), ρ0 = ρ0Λ + ρ0matter + ρ0CM B , 86 (3.105) che possiamo riparametrizzare rispetto alla densità critica ΩΛ ≡ ρc = 3MP2 l H02 , come ρ0Λ , ρc Ωmatter ≡ ρ0matter , ρc ΩCM B ≡ ρ0CM B . ρc Ricordando che la densità di materia si diluisce come (1+z)3 e quella di radiazione come (1+z)4 , possiamo riscrivere l'equazione (3.104) come H(z) = H0 con H0 ≡ H(0). p ΩΛ + Ωmatter (1 + z)3 + ΩCM B (1 + z)4 , (3.106) Ma la nostra teoria contiene anche la radiazione oscura come costituente dell'universo, e quindi bisogna aggiungerla nel conto dell'energia totale nell'universo. La densità di radiazione oscura ρ0a sotto forma di ALPs all'era attuale è stata determinata nel capitolo 2 ed è legata alla densità della CMB all'era attuale, ρ0a ovviamente anche per ρ0a 7 = 8 4 11 1/3 ∆Nef f ρ0CM B , (3.107) possiamo denire Ωa ≡ ρ0a . ρc Tenendo conto di ciò, l'equazione (3.106) viene modicata come H(z) = H0 p ΩΛ + Ωmatter (1 + z)3 + ΩCM B (1 + z)4 + Ωa (1 + z)4 , (3.108) poichè gli ALPs sono particelle relativistiche e perciò la loro densità in energia scala come radiazione. Possiamo determinare nH (z). nH (z) τALP se consciamo ad ogni redshift il valore della densità di idrogeno è determinata a partire dall'equazione (3.65). Risolvendo il sistema di equazioni (3.64) e (3.65) (o il sistema approssimato (3.90) e (3.91)), possiamo determinare ad ogni nH (z), z il τALP . Nelle gure 3.8 a pagina 97 e 3.9 a pagina 97 mostriamo i diversi valori della profondità ottica τALP valore di che integrato come in (3.102), permette di determinare il valore di per diversi valori del prodotto gaγγ B e valori ssati di 87 mΦ e ma . La linea orizzontale rappresenta il limite superiore entro i valori di τALP 2σ del risultato di Planck (τthom inferiori a questo limite (τALP ≤ τthom ) = 0.153), ovviamente come detto sopra sono i valori permessi anchè la teoria sia compatibile con l'esperimento. Quindi i valori sotto la linea orizzontale verde nelle gure sono i valori permessi per il prodotto gaγγ B anchè τALP sia compatibile con i risultati di Planck. Ricordiamo che richiediamo una condizione meno stringente di diseguaglianza τALP ≤ τthom , perchè lasciamo libera la possibilità che parte della reionizzazione sia dovuta all'accensione delle prime formazioni stellari ed ad eventuali altri processi. Questo conclude il nostro lavoro sulle conversioni degli ALPs di radiazione oscura in presenza di un campo magnetico distribuito in celle. Nella sezione successiva descriviamo brevemente come poter estendere la teoria in presenza di un campo magnetico con una congurazione più reale. 3.4 Campi magnetici turbolenti La distribuzione a celle, pur essendo una buona approssimazione per i nostri scopi, sotto certi aspetti risulta una versione un pò troppo semplicata dei campi primordiali. Ad ora non si ha la certezza che i PMF esistano, ma qualora esistessero questi campi dovrebbero necessariamente avere una struttura che ha una sua evoluzione non banale nell'universo. Da questo punto di vista risulterebbe più reale una distribuzione di campo turbolenta, [56], poichè rispecchierebbe il carattere turbolento delle prime fasi dell'universo, dove si pensa che i campi siano stati generati. In questa sezione vogliamo mostrare come implementare un campo magnetico turbolento nelle equazioni di evoluzione fotone-ALP. Fondamentalmente si denisce regime turbolento l'evoluzione di un campo che avviene secondo leggi caotiche, cioè sistemi fortemente inuenzati dalle condizioni iniziali. Variazioni anche piccole in queste condizioni generano divergenze nelle evoluzioni nali delle strutture. Nel nostro caso vogliamo descrivere un campo turbolento con 11 . Supponiamo di voler trattare un campo magnetico (isotropo e omoge- distribuzione gaussiana neo) turbolento con media nulla e scarto quadratico medio B2. Imponiamo inoltre che il campo magnetico sia indipendente dal tempo. Per un siatto campo è possibile l'espansione in modi di 11 Un generico campo φ si dice gaussiano quando ciascuno dei suoi modi di Fourier si distribuisce come una distribuzione normale si può mostrare infatti che mentre la correlazione a 2n ˜2 φ 1 exp − k2 , P (φ˜k ) = √ 2σ 2πσk k correlazione a 2n + 1 punti per questo tipo di campi è sempre nulla, la punti può essere scritta come la contrazione della funzione di correlazione a due punti (in analogia col teorema di Wick), per esempio hφ1 φ2 φ3 φ4 i = hφ1 φ2 i hφ3 φ4 i + hφ1 φ3 i hφ2 φ4 i + hφ1 φ4 i hφ2 φ3 i . Per un campo gaussiano la funzione di correlazione a due punti caratterizza quindi completamente il campo. 88 Fourier d3 k ˜ Bi (k)ei(k·x+ψ(k)) , (2π)3 Bi (x) = dove ψ(k) (3.109) è un eventuale fattore di fase (poco interessante per i nostri scopi) e ˜i (−k) = B ˜i (k), B in modo da garantire che il campo sia reale. La funzione di correlazione per i modi di Fourier delle componenti di un campo isotropo e omogeneo può in maniera generale essere scritta come E D kl 3 0 6 ˜ ˜ Bi (k)Bj (k ) = (2π) M (k)Pij (k) + iijl Q(k) δ (k − k0 ), k dove k = |k| (3.110) e Pij (k) = δij − che tiene conto del vincolo ∇ · B = 0. M (k) ki kj k2 è lo spettro delle perturbazioni simmetriche, normalizzato in modo che lo scarto quadratico medio sia 2 (3.111) i B2, ∞ dkk 2 M (k). B = hBi (x)B (x)i = 8π (3.112) 0 Q(k) è la componente elicale, che tiene conto della correlazione tra le diverse componenti del campo magnetico. Poichè questa parte non dà contributi alle quantità che vogliamo calcolare, possiamo tranquillamente trascurarla. Se scegliamo x3 come linea di vista (lungo cui si propagano gli ALPs), abbiamo la seguente relazione per la componente trasversale ˆ 3 )i = hB1 (x)B1 (x + x3 x Chiamiamo trasversa, alla linea di vista k12 dk3 ik3 x3 d kM (k) 1 − 2 e ε˜⊥ (k3 )eik3 x3 , ≡ k 2π 3 ˆ 3 )i. C(x3 ) ≡ hB1 (x)B1 (x + x3 x B2 . ε˜⊥ (k3 ) B1 (3.113) Una formula analoga vale per l'altra componente è la funzione di correlazione lungo la linea di vista per le componenti trasverse, che possiamo scrivere come k12 dk1 dk2 M (k) 1 − 2 . k ε˜⊥ (k3 ) = 2π Passando alle coordinate cilindriche cambio di variabile 2 + k2 , k 2 = k⊥ 3 (k1 = k⊥ cos φ, k2 = k⊥ sin φ, k3 ) (3.114) e integrando in φ con il otteniamo ε˜⊥ (k3 ) = 2π 2 ∞ k2 dkkM (k) 1 + 32 k |k3 | . La funzione di correlazione spaziale lungo la linea di vista per le componenti trasverse 89 (3.115) B1,2 sarà dunque collegata ad ε˜⊥ nel seguente modo ∞ dk ε˜⊥ (k) cos (kx3 ) . π ˆ 3 )i = C(x3 ) = hB1 (x)B1 (x + x3 x 0 (3.116) Possiamo simulare una realizzazione di un campo magnetico turbolento lungo una linea di vista tramite un'espansione discreta in serie di Fourier (questo tipo di espansione è permesso, si veda [57] per i dettagli), B1 (x) ' N X bn [ξn cos kn x + ηn sin kn x] , (3.117) n=1 dove 1, ξn e ηn sono variabili indipendenti distribuite gaussianamente, con media nulla e varianza cioè hξn1 ξn2 i = hηn1 ηn2 i = δn1 n2 , hξn1 ηn2 i = 0, mentre i bn sono i coecenti di Fourier. La funzione di correlazione è quindi data da N X 0 C(x − x ) = B1 (x)B1 (x ) ' b2n cos kn (x − x0 ). 0 (3.118) n=1 Se confrontiamo (3.118) con una versione discretizzata della (3.116) otteniamo la seguente egualianza nei parametri, r bn = con ∆kn intervallo contenente kn . ε˜⊥ (kn )∆kn , π (3.119) Tenendo conto di (3.119) e applicando la trasformazione di Box-Muller, possiamo riscrivere il campo in (3.117) come B1 (x) ' N X n=1 con Un e Vn s ε˜⊥ (kn )∆kn ln π law con cut-o ultravioletto M (k) kc , M (k) = Ak q 1 Un cos(kn x + 2πVn ), variabili distribuite uniformemente nell'intervallo Supponiamo che la distribuzione spettrale dove è l'indice spettrale e A (0, 1]. del campo magnetico sia una tipica power- 2 k q − kc e (3.120) , (3.121) − è una costante. Abbiamo introdotto un ltro gaussiano e modo che lo spettro non sia tagliato in modo netto dal cut-o kc , k kc 2 in ma nell'intorno di questo valore vada a zero in maniera gaussiana. Anchè la condizione di normalizzazione (3.112) sia 90 convergente, l'indice spettrale deve soddisfare a permette di ssare la costante q > −3. La condizione di normalizzazione (3.112) A, A= 1 B2 k −(q+3) , 4π Γ q+3 c (3.122) 2 con Γ(q) funzione gamma di Eulero. Sostituiamo in (3.115), la relazione (3.121) per M (k). Dopo alcuni passaggi algebrici, otteniamo ε˜⊥ (k) = dove la funzione Fq (x) Fq (x) = Γ (α) incompleta k kc , (3.123) è Γ dove π B2 Fq 4 kc q+2 2 2 ,x Γ + x2 Γ q 2 2, x q+3 2 è la funzione gamma di Eulero, mentre Γ (α, x) , (3.124) è la funzione gamma di Eulero 12 . In gura 3.10 a pagina 98 è mostrata una possibile realizzazione della componente trasversa di un campo della forma (3.120), con spettro di power-law di indice like spectrum), B'1 nG e kc ' 0.1 −1 Mpc B1 q = −5/3 (detto Kolmogorov- . Possiamo introdurre una lunghezza di coerenza per il campo turbolento nella seguente maniera. Supponiamo di considerare un generico fenomeno che implica scale di evoluzioni maggiori della scala di corenza di C(x3 ). Nel senso che nelle scale di un generico fenomeno, C(x3 ) si com- porta approssimativamente come una delta di Dirac. In questo caso possiamo riscrivere C(x3 ) in (3.116) come C(x3 ) ' hB1 i2 lδ(x3 ), con (3.125) hB1 i2 scarto quadratico medio della componente trasversa del campo magnetico e l lunghezza di coerenza (introdotta per ragioni dimensionali). Notiamo che la componente trasversa media al quadrato 2 hB1 i = hB1 i2 è legata al quadrato del campo magnetico totale medio B2 3 . Se integriamo in x3 la relazione precedente per +∞ C(x3 ), B2 dalla relazione otteniamo dx3 C(x3 ) ' hB1 i2 l. (3.126) −∞ Se ora ricordiamo che la trasformata di Fourier di 12 C(x3 ) è ε˜⊥ (k) (equazione (3.113)), allora è facile Ricordiamo che la funzione gamma di Eulero incompleta è denita come Dunque la gamma completa è Γ(α) ≡ Γ(α, 0). 91 Γ(α, x) = ∞ x dte−t tα−1 per x > 0. vedere che ε˜⊥ (0) ' hB1 i2 l, da cui possiamo identicare una semplice relazione per determinare la lunghezza di coerenza del campo l, ∞ ε˜⊥ (0) 3π 0 dkkM (k) ∞ l' . 2 = 4 2 hB1 i 0 dkk M (k) (3.127) Per uno spettro a power-law come quello in (3.121), la lunghezza di coerenza acquista la semplice forma q+2 Γ 2 3π l= q+3 4kc Γ (3.128) 2 valida per q > −2. Vediamo ora come implementare una congurazione di campo magnetico turbolento nel sistema di evoluzione fotone-ALP. Partiamo dal caso di un universo statico. Un risultato esatto con un campo turbolento richiede metodi montecarlo molto dispendiosi dal punto di vista computazionale. Tuttavia, corroboati dal fatto che l'approssimazione al I ordine fornisce un risultato soddisfacente per il modello a celle, ripeteremo qui la stessa approssimazione per un campo turbolento. L'hamiltoniana del sistema fotone-ALP in questo caso la si può scrivere come k − i Γ2 0 0 k − i Γ2 ∆1 ∆2 H= dove k ≡ ∆pl − ∆a e ∆1,2 = 21 gaγγ B1,2 (x3 ), in cui ∆1 ∆2 , 0 B1,2 (x3 ) (3.129) sono le due componenti del campo magnetico trasverse alla linea di vista. L'equazione di evoluzione diventa i A1 ∂ A2 = ∂x3 a k − i Γ2 0 0 k − i Γ2 ∆1 ∆2 ∆1 A1 ∆ 2 A2 . 0 a (3.130) Operando il seguente cambiamento di variabili A1,2 ˆ = A1,2 exp −i 0 x3 Γ(s) ds k(s) − i 2 ≡ Aˆ1,2 e−ψ(x3 ) , (3.131) il sistema acquista la semplice forma 0 0 ∆1 eψ Aˆ1 Aˆ1 ∂ ˆ i 0 0 ∆2 eψ Aˆ2 . A2 = ∂x3 a ∆1 e−ψ ∆2 e−ψ 0 a 92 (3.132) Come osservato nella sezione 3.2.2, valgono le seguenti disuguaglianze ∆aγ ∆pl e ∆1,22 x3 1. Possiamo quindi espandere perturbativamente al primo ordine la soluzione del sistema Aˆ1 (x3 ) = −i x3 dζ∆1 (ζ) e ψ(ζ) a(0), (3.133) dζ∆2 (ζ) e ψ(ζ) a(0). (3.134) 0 Aˆ2 (x3 ) = −i x3 0 Se poniamo che lo stato iniziale sia solo di ALPs, allora a(0) = 1 (mentre Aˆ1,2 (0) = 0). La probabilità che un ALP sia convertito in fotone è data dalla seguente formula (ricordando l'interpretazione semiclassica di |A1,2 |2 ) 2 x3 2 ˆ ˆ Pa→γ (x3 ) = |A1 (x3 )| + |A2 (x3 )| = A1 (x3 ) + A2 (x3 ) e− 0 dsΓ(s) . 2 Possiamo calcolare 2 (3.135) 2 ˆ A1 (x3 ) , x3 ζ 2 1 ζ ζ ˆ i ζ 2 k(s)ds 21 0 1 + 0 2 dsΓ(s) 2 e . dζ1 dζ2 B1 (ζ1 )B1 (ζ2 )e 1 A1 (x3 ) = gaγγ 4 0 (3.136) Poichè non siamo interessati ad una singola evoluzione del campo turbolento, ma ad una media statistica su tutte le congurazioni possibili del campo turbolento, operiamo una media sul campo B1 (x3 ), x3 ζ 2 1 ζ ζ ˆ i ζ 2 k(s)ds 21 0 1 + 0 2 dsΓ(s) 2 e dζ1 dζ2 hB1 (ζ1 )B1 (ζ2 )i e 1 . A1 (x3 ) = gaγγ 4 0 Ovviamente due punti che C(ζ) ζ1 hB1 (ζ1 )B1 (ζ2 )i = C(ζ1 − ζ2 ) e ζ2 , è la funzione di correlazione del campo magnetico nei che per un campo turbolento è data dalla relazione (3.113). sia una funzione sucentemente stretta intorno a di correlazione è non nulla solo a piccole scale, ciò è vero se ζ = 0 k(ζ). Supponiamo (nel senso che la funzione q > −2). In questo caso comporta quasi come una delta di Dirac per funzioni che variano lentamente con e (3.137) C(ζ) si ζ , cioè per Γ(ζ) Sotto questa ipotesi possiamo riscrivere l'equazione seguente come x3 2 1 ζ1 ˆ 2 dζ1 dζ2 C(ζ1 − ζ2 )e−ik(ζ1 )(ζ1 −ζ2 ) e 0 dsΓ(s) . A1 (x3 ) = gaγγ 4 0 93 (3.138) Possiamo fare il seguente cambio di variabile ζ2 → (ζ1 − ζ2 ) ≡ ξ , x3 −ζ1 x3 2 1 ζ1 ˆ dsΓ(s) 2 C(ξ)e−ik(ζ1 )ξ . dζ1 e 0 A1 (x3 ) = gaγγ 4 ζ1 0 Ora se C(ξ) è sucentemente stretta intorno a ξ=0 (3.139) e và rapidamente a zero fuori dall'intorno (funzione a supporto compatto), possiamo trascurare gli estremi di integrazione nel secondo integrale e estendere l'integrazione a tutto l'asse reale, ∞ x3 2 1 ζ1 ˆ dsΓ(s) 2 0 C(ξ)e−ik(ζ1 )ξ . dζ1 e A1 (x3 ) = gaγγ 4 −∞ 0 Il secondo integrale è proprio la trasformata di Fourier della funzione di correlazione (3.140) C(ξ). Dalla C(ξ) è ε˜⊥(k) . Ricordiamo che ε˜⊥ (k) 2 ˆ Per la situazione è analoga. A1 (x3 ) relazione (3.113) notiamo che la trasformata di Fourier di è la funzione di correlazione nello spazio dei momenti. In denitiva la probabilità (3.135) diventa 2 gaγγ Pa→γ (x3 ) = 2 x3 dζ ε˜⊥ (k(ζ))e− x3 ζ dsΓ(s) . (3.141) 0 Teniamo presente che l'argomento da cui dipende ε˜⊥ in questa formula è k(ζ) ≡ ∆pl − ∆a . La relazione (3.141) può essere messa nella seguente forma dierenziale 2 gaγγ d ε˜⊥ (k(x3 )) − Γ(x3 )Pa→γ (x3 ). Pa→γ (x3 ) = dx3 2 (3.142) Come nelle sezioni precedenti, moltiplicando per la densità iniziale di ALPs, possiamo passare ad una relazione per le densità di fotoni nγ 2 gaγγ d ε˜⊥ (k(x3 ))na (x3 , E) − Γ(x3 )nγ (x3 , E). nγ (x3 , E) = dx3 2 (3.143) Per passare ad un universo in espansione dobbiamo tenere conto del redshift di ogni elemento della precedente espressione, d dx(z) nγ (z, E(z)) = dz dz con dx(z)/dz data da (3.103). ! 2 gaγγ ε˜⊥ (k(x3 ))na (z, E(z)) − Γ(z)nγ (z, E(z)) , 2 (3.144) Come al solito, all'equazione (3.144) và aggiunta la variazione di atomi di idrogeno dovuta all'assorbimento dei fotoni generati dagli ALPs, equazione (3.65). La risoluzione del sistema di equazioni (3.144) e (3.65) permette di derminare il usso di fotoni 94 generati da ALPs e la reionizzazione dovuta a questo usso. La dierenza con i casi precedenti sta nel fatto che ora si è usata una congurazione di campo magnetico turbolento, invece della semplice approssimazione di campo a celle. In realtà il caso turbolento introduce un parametro in più nella teoria, che è l'indice spettrale q. Dierenti valori dell'indice spettrale comportano dierenti valori delle lunghezze in gioco (equazione (3.128)) e quindi dierenti possibilità di origine del campo. Da studi sui campi magnetici generati nelle transizioni di fase dell'universo primordiale, si è osservato che per ragioni di causalità il campo magnetico primordiale deve essere caratterizzato da un indice spettrale q' 5 2 , [58]. Nel nostro lavoro non intendiamo entrare nei dettagli delle teorie sui PMF, quindi come esempio mostreremo tre casi con dierenti valori dell'indice spettrale q = − 35 (Kolmogorov-like spectrum 13 ), q=0 (rumore bianco) e Nella gura 3.11 a pagina 98 mostriamo la varizione della frazione di ionizzazione q= 5 2. b(z) dovuta ai fotoni di ALPs per il modello a celle e per i tre dierenti casi del modello turbolento. Abbiamo usato i seguenti valori dei parametri liberi: per il prodotto del campo magnetico per la costante 14 di accoppiamento r gaγγ B0 = 3 · 10−14 2 GeV −1 nG, per la lunghezza delle celle l0 ∼ 1 Mpc, per la massa degli ALPs ma = 10−13 eV, per il numero totale di elettroni ne0 ' 2.48 −3 cm , e per masse dei moduli mΦ = 1 · 106 GeV. Per poter eseguire un confronto, per i modelli turbolenti il cut-o è stato ssato a partire dalla formula (3.128), considerando una lunghezza di coerenza uguale alla lunghezza delle celle nel modello a celle (l0 = 1 Mpc). Notiamo come i quattro modelli abbiano tra di loro delle so- stanziali dierenze. Ci si aspetta delle dierenze tra modello a celle e turbolento poichè, come ampliamente discusso, il modello a celle è un'approssimazione un pò troppo semplicata del 13 In questo caso ci riferiamo ad uno spettro Kolmogorov-like in quanto un vero spettro di Kolmogorov implica u(k) = 4πk2 M (k) scala come k−5/3 , ovvero q = −11/3. Tuttavia uno spettro del genere che la densità di energia introduce correlazioni a lunga scala. 14 Il fattore p 3/2 è stato aggiunto in modo da poter confrontare il caso di evoluzione in celle con quello gaγγ B0,⊥ = 10−14 GeV−1 nG, mentre nel caso turbolento turbolento. Ricordiamo infatti che per il caso a celle compare l'intensità del campo totale (e non la sua proiezione trasversale) quindi dobbiamo tenere di conto della 2 2 3 relazione B = 2 B⊥ . 95 campo magnetico primordiale. Di più, all'interno dello stesso modello turbolento dierenti valori dell'indice spettrale generano dierenti andamenti della frazione di ionizzazione. motivo dobbiamo ricordare che a parità di lunghezza di coerenza l, il cut-o kc Per capire il è fortemente inuenzato dall'indice spettrale (come si può osservare dall'equazione (3.128)). Infatti il valore del cut-o diminuisce monotonicamente all'aumentare dell'indice spettrale. Diminuendo il cut-o tagliamo via via sempre più il contributo dei momenti grandi k dello spettro in energia del campo magnetico. Ora nelle equazioni precedenti, come abbiamo detto, contribuiscono solo i momenti k ' ∆pl (z) − ∆a (z). Per valori grandi dell'indice spettrale (q piccolo da tagliare i momenti ∼ 2), il cut-o è sucentemente k ' ∆pl (z) − ∆a (z) a redshift z ' 1000, e per questo motivo sposta l'inizio delle oscillazioni a redshift più bassi z ∼ 500, come si può osservare in gura. Per valori k ' ∆pl (z) − ∆a (z) anche a 5 redshift alti, per questo motivo per q = 0 o per q = − le oscillazioni (e quindi la reionizzazione 3 5 dovuta ad ALPs) partono a redshift più alti rispetto che in q = . 2 di q più bassi il valore del cut-o aumenta, inglobando in se valori Nelle gure 3.12 a pagina 99 e 3.13 a pagina 99 sono mostrati invece i confronti per la profondità ottica con q = 0 e con τALP q = tra il modello di evoluzione in celle e il modello turbolento con 5 2 . La linea orizzontale rappresenta sempre il confronto con il risultato sperimentale di Planck per 0.089 ± 0.032). q = − 53 , τthom ' 0.153 Poichè richiediamo che (limite superiore entro τALP ≤ τthom , 2σ dell'intervallo τthom = allora la linea orizzontale rappresenta il limite ai parametri, al di sotto del quale un processo di reionizzazione dovuto ad ALPs è permesso. Concludiamo questa trattazione ricordando che all'inizio del capitolo 2 abbiamo supposto che tutta la radiazione oscura sia sotto forma di assioni e che tutti gli assioni siano ALPs. Abbiamo quindi escluso altre tipologie di assioni come assioni di Peccei-Quinn o altri tipi di assioni provenienti dalla teoria di stringa. Questa ipotesi ci ha permesso di lavorare con parametri che sono non correlati e quindi sono eettivamente liberi. Ovviamente una teoria più completa dovrebbe tenere conto di tutti i tipi di assioni e quindi delle possibili dierenze nella loro fenomenologia. 96 Figura 3.8: Variazione della profondità ottica τALP Figura 3.9: Variazione della profondità ottica τALP mΦ = 106 GeV e gaγγ B per il ma = 10−13 eV. in funzione del parametro modello a celle. Gli altri parametri liberi sono ssati ai valori 97 gaγγ B per il ma = 10−13 eV. in funzione del parametro modello a celle. Gli altri parametri liberi sono ssati ai valori mΦ = 107 GeV e Figura 3.10: Una realizzazione del campo magnetico turbolento lungo la linea di vista Figura 3.11: Variazione della frazione di ionizzazione a celle (rossa), per il modello turbolento con q= b(z) in funzione del redshift z , per il modello q = 0 (blu) e con q = 52 (rosa). − 53 (verde), con L'asse delle ascisse è in scala logaritmica. 98 x3 . gaγγ B per il 5 modello a celle (rossa), per il modello turbolento con q = − 3 (verde), con q = 0 (blu) e con q = 25 (rosa). Gli altri parametri liberi sono ssati ai valori mΦ = 106 GeV e ma = 10−13 eV. La Figura 3.12: Variazione della profondità ottica τALP in funzione del parametro τALP in funzione del parametro linea orizzontale (celeste) è il limite di Planck. Figura 3.13: Variazione della profondità ottica gaγγ B per il q = − 53 (verde), con q = 0 (blu) e con 7 −13 eV. La valori mΦ = 10 GeV e ma = 10 modello a celle (rossa), per il modello turbolento con q= 5 2 (rosa). Gli altri parametri liberi sono ssati ai linea orizzontale (celeste) è il limite di Planck. 99 Conclusioni La teoria sulla radiazione oscura assionica in interazione con i campi magnetici primordiali presenta fenomeni particolarmente interessanti, alcuni dei quali sono stati descritti in questo lavoro di tesi. Sebbene non ci siano ad ora forti evidenze di questa possibilità, la radiazione oscura potrebbe rappresentare in futuro un tassello fondamentamentale per una comprensione più profonda dell'universo, del suo contenuto e delle strutture presenti in esso. Già da ora, la possibilità di questa nuova forma di energia ha portato a studiarne sue implicazioni in ambito astrosico e cosmologico. Il lavoro [40], per esempio, ha mostrato come l'esistenza di assioni di radiazione oscura (CAB) possano spiegare in maniera interessante l'eccesso di radiazione X osservata nell'ammasso della Chioma. In eetti i fondi di raggi X no ad ora osservati non hanno ancora una concreta spiegazione teorica nell'ambito della cosmologia standard. L'interesse sempre maggiore nel problema dei fondi nella banda X ha portato nel 2013 ad una spinta verso nuove descrizioni del fenomeno in termini di oscillazione degli assioni di CAB in fotoni. In questo mosaico si incastra il nostro lavoro di tesi, che è stato volto ad una maggiore comprensione del modello teorico alla base della generazione e dell'evoluzione della radiazione oscura assionica. Si è discusso di una teoria di oscillazione di queste particelle in presenza del campo magnetico primordiale e i risultati (seppur approssimativi) mostrano un certo grado di coerenza con i dati osservativi. Ovviamente per avere una maggiore aderenza alle osservazioni sperimentali bisognerebbe eettuare un lavoro di ne-tuning sui parametri della teoria. Lavoro particolarmente ostico poichè i valori esatti dei parametri liberi della nostra teoria sono pressochè sconosciuti, ragion per cui allo stadio attuale delle nostre conoscenze, si possono solo stimare eventuali ordini di grandezza. Infatti per esempio ad ora non abbiamo la certezza che esista un campo magnetico primordiale, seppur diverse evidenze ci spingono a postularne l'esistenza. Uno studio delle oscillazioni, per esempio nel campo magnetico della nostra galassia, (che è maggiormente conosciuto rispetto ai PMF) permetterebbe di aggiugere spessore al nostro lavoro, poichè potrebbe portare a eetti più intensi di mixing ALP-fotone e quindi a risultati maggiormente osservabili. Di più la radiazione oscura potrebbe concorrere al lavoro di reionizzazione svolto dalle stelle, di cui abbiamo ampliamente discusso nella nostra trattazione. Uno studio più 100 approfondito sulle dinamiche di reionizzazione dovuta alle stelle e agli ALPs completerebbe il quadro iniziato dal nostro lavoro. Queste particolarità potrebbero, da una parte, raorzare la necessità teorica della presenza di queste particelle e dall'altra parte potrebbero essere la base per esperimenti futuri che permettano di gettare maggiore luce su questo nuovo aspetto della cosmologia. Vogliamo concludere ricordando che la nozione di radiazione oscura è nata a partire dalle evidenze di scostamento del numero di famiglie di neutrini Nef f dal valore previsto dalla cosmologia standard. Condiamo quindi che le osservazioni cosmologiche future possano chiarire meglio il problema e magari denire limiti più stringenti a questo parametro. 101 Appendice A Oscillazioni fotone-ALP nella metrica FRW In questa appendice deriveremo l'equazione di evoluzione di un sistema fotone-assione nella metrica Friedmann-Robertson-Walker (FRW). In questo modo potremmo osservare l'eventuale presenza di modicazioni nell'equazione di evoluzione e nel mixing fotone-ALP in un universo in espansione. Ricordiamo che in uno spazio-tempo curvo la lagrangiana (1.19) acquista la forma [2] L= dove g = det(gµν ) √ 1 1 1 µν µν 2 2 µν ˜ , −g − Fµν F + g ∂µ a∂ν a − ma a + gaγγ aFµν F 4 2 4 e la metrica gµν è quella FRW (supponendo un universo piatto, ds2 = R(χ)2 dχ2 − dr2 − r2 dΩ2 . Il tensore Fµν (A.1) k = 0) (A.2) è il tensore elettromagnetico generalmente covariante, che tende al tensore elet- tromagnetico della relatività ristretta in un sistema localmente inerziale. Il tensore duale in Relatività Generale viene modicato come [2] 1 F˜ µν = √ µνρσ Fρσ . 2 −g Le equazioni nello spazio-tempo curvo diventano √ 1 √ ∂µ −gF µν = gaγγ F˜ µν ∂ν a, −g 102 (A.3) √ gaγγ 1 √ ∂µ −gg µν ∂ν a + m2a a = Fµν F˜ µν , (A.4) −g 4 √ ˜ µν = 0. e l'identità di Bianchi ∂µ −g F √ 2 Nella metrica FRW gµν = R ηµν e −g = R4 . Possiamo denire il tempo cosmologico t = ˙ R(χ)dχ, in questo modo ∂χ R(χ) = R(χ)R(χ) = R2 (χ)H(R), con R˙ = dR/dt (derivata rispetto ˙ H(R) = R/R tasso di espansione dell'universo. Di più √ µρ νσ = −gg g Fρσ = η µρ η νσ Fρσ (invarianza conforme1 ). al tempo cosmologico) e uguaglianza √ −gF µν vale la seguente Usando queste proprietà le equazioni (A.3) e (A.4) diventano ∇ · E = gaγγ ∇a · B ∇ × B − ∂χ E = −gaγγ (B∂χ a − E × ∇a) 1 ∂ 2 + 2RH(R)∂ − ∇2 a + m2 a = − dove χ χ R2 Ei = F0i , B1 = −F23 etc. a Il simbolo ∇ Aχ = 0 . B=∇×A e 1 g B R4 aγγ (A.5) ·E è riferito alle coordinate spaziali comoventi. Introduciamo il potenziale vettore generalmente covariante temporale , Aµ ≡ (Aχ , −A). Mettiamoci in gauge Il campo magnetico e elettrico in funzione del potenziale vettore sono E = −∂χ A. Se consideriamo un'onda elettromagnetica che si propaga in presenza di un campo magnetico esterno Be invariante per trasformazioni conformi e trascuriamo la parte longitudinale dell'onda, il sistema (A.5) acquista la forma (∂ 2 − ∇2 )A = −g B ∂ a aγγ e,⊥ χ ⊥ χ 1 ∂ 2 + 2RH(R)∂ − ∇2 a + m2 a = R2 χ χ a 1 g B R2 aγγ e,⊥ , (A.6) · ∂η A ⊥ in approssimazione al primo ordine nei campi. In questo caso non è più possibile fare le Ansatz (1.25) e (1.26), poichè l'evoluzione dell'onda elettromagnetica avviene in uno spazio-tempo curvo che evolve esso stesso con il tempo. Per aggirare questo problema consideriamo che il pacchetto d'onda abbia ampiezza dipendente dal tempo conforme χ e che il massimo del pacchetto si muova lungo la linea d'universo di un fotone. I fotoni descrivono geodetiche nulle ds2 = 0. Supponiamo che le onde siano emesse da una sorgente. Siamo interessati ai soli fotoni (e quindi i massimi dei pacchetti d'onda) che si muovano (pressocchè) lungo la direzione spaziale x3 di un certo sistema di riferimento di coordinate comoventi. In questo caso la condizione di geodetica 1 La lagrangiana elettromagnetica Lem = √ −gg µρ g νσ Fµν F ρσ è invariante sotto trasformazioni gµν → f (x)gµν , dette trasformazioni locali di scala (o di Weyl). Tale invarianza è detta conforme. Come conseguenza le equazioni di Maxwell mantengono la stessa forma in metriche collegate da queste trasformazioni. 103 γ Ω S γ r Figura A.1: Fotoni emessi da una sorgente S in un angolo solido nulla ds2 = R(χ) dχ2 − dx23 = 0 tali che χ − x3 = costante. soluzione impone che il fotone si muova lungo punti dello spazio-tempo Per ragioni pratiche consideriamo onde sferiche. In generale i campi A e a non sono a simmetria sferica, poichè Be consideriamo campi esterni questo caso Ω. Be non lo è. Si può far vedere però che se 1) che sono pressocchè costanti nella direzione di propagazione (in x3 ) dei pacchetti e se 2) siamo interessati solo a fotoni che si propagano in un cono di angolo solido Ω molto piccolo intorno a x3 , allora l'approssimazione ad onda sferica è praticabile (si veda la gura per ulteriore chiarezza). Facciamo quindi le seguenti Ansatz a simmetria sferica exp(−iω(r − χ)) ˆ √ A⊥ (r, χ) = A(χ)W (r − χ + χ0 ) , Ωr a(r, χ) = a ˆ(χ)W (r − χ + χ0 ) dove W exp(−iω(r − χ)) √ , Ωr (A.7) (A.8) è una funzione normalizzata con massimo nello zero e dispersione molto più piccola delle χ0 è l'istante in cui è emessa l'onda. Inoltre ˆ supponiamo che la variazione nell'ampiezza di A⊥ (e anche di a ˆ) avvenga su scale di tempo molto distanze percorse dal fotone (distanze cosmologiche). più grandi della dimesione del pacchetto Operiamo un cambio di variabili ψ≡χ ∂χ = ∂χ2 − ∂r2 = ∂ψ2 − 2∂ψ ∂τ . diventa ∂ψ2 a ˆ e τ ≡ r − χ, ∂τ ∂ψ ∂τ + ∂ψ = ∂ψ − ∂τ , ∂χ ∂χ ∂r = da cui W. ∂ψ ∂τ ∂τ + ∂ψ = ∂τ , ∂r ∂r Sostituendo nel sistema (A.6) , per esempio la seconda equazione i ˆ + 2RH(R)∂ψ a ˆ− + 2 gaγγ Be,⊥ · ∂ψ A⊥ W = R i ˆ = 2∂ψ a ˆ + 2RH(R)ˆ a + 2 gaγγ Be,⊥ · A⊥ (∂τ W − iωW ). R m2a R2 a ˆ 104 (A.9) Integriamo in τ. Ricordiamo che W è normalizzata e va a zero su scale molto più piccole delle distanze cosmologiche, per cui nell'integrazione Allora a ˆ 00 , a ˆ 0 e W dτ = 1 e 0 ˆ A⊥ rispetto R = R(ψ − τ ) è supposta costante rispetto a 0 ∂τ W dτ = 0. Indichiamo ∂ψ a ˆ=a ˆ . Come ˆ a ωˆ a e ω A⊥ . L'equazione (A.9) diventa 0 iˆ a + iRH(R)ˆ a=− τ. nella sezione 1.2.2 trascuriamo m2a R2 1 ˆ ⊥. a ˆ+ gaγγ Be,⊥ · A 2ω 2R2 (A.10) Da considerazioni analoghe sull'altra equazione di (A.6), otteniamo che 0 ˆ = iA ⊥ Ritorniamo alla variabile in questo modo χ. gaγγ Be,⊥ a ˆ. 2 (A.11) Facciamo la seguente ridenizione del campo 0 a ˆ, α ˆ (χ) = R(χ)ˆ a(χ), 0 a ˆ + RH(R)ˆ a=α ˆ /R. Le equazioni (A.10) e (A.11) assumono quindi la forma nale ˆ⊥ A 1 i ∂χ R(χ) Il termine ! α ˆ R−2 (χ) = 0 1 −2 2 gaγγ Be,⊥ R (χ) che moltiplica spansione dell'universo e ω/R(χ) equazione in termini del redshift d i dz ˆ⊥ A α ˆ ! 1 = (1 + z)H(z) Be,⊥ tiene 1 −2 2 gaγγ Be,⊥ R (χ) 2 R(χ) − ma2ω ! ˆ⊥ A α ˆ ! . (A.12) conto della diluizione del campo magnetico nell'e- tiene conto del redshift del fotone. Possiamo riscrivere questa z. Ricordando che dt = dR/(RH(R)) = dz/((1 + z)H(z)), 0 1 2 gaγγ Be,⊥ (1 + z)2 1 2 gaγγ Be,⊥ (1 + m2a − 2ω(1+z) z)2 ! ˆ⊥ A α ˆ ! . (A.13) Da considerazioni analoghe a quelle nella sezione 1.2.2, otteniamo le stesse interpretazioni semiclassiche per i campi ˆ⊥ A e α ˆ. 105 Appendice B Soluzione in un campo esterno costante In questa appendice troveremo la soluzione dell'equazione (1.31) nelle ipotesi di un campo magnetico esterno omogeneo e costante. Poichè è la parte del campo esterno perpendicolare alla direzione del moto quella che entra in tale equazione, supporremo che il campo sia trasversale alla direzione x3 di propagazione del fotone. Ruotiamo gli assi cartesiani campo esterno sia, per esempio, nella direzione x2 x1 x2 in modo che il (la trattazione è analoga in qualsiasi altra direzione). In questo caso l'equazione di evoluzione (1.31) diventa i∂x3 Aˆ1 = 0, i∂x3 Aˆ2 a ˆ ! 0 = 1 2 gaγγ Be Per cui solo i fotoni polarizzati lungo y (B.1) 1 2 gaγγ Be 2 a −m 2ω ! Aˆ2 a ˆ ! . (B.2) oscillano in ALP. L'equazione (B.2) è un sistema a due livelli che è risolubile analiticamente. Infatti ridenendo v = 1/2gaγγ Be e u = −m2a /2ω , il sistema diventa i∂x3 Ψ(x3 ) = HΨ(x3 ), con Ψ(x3 ) = Aˆ2 (x3 ) a ˆ(x3 ) e H= Poichè 2 ˆ A (x ) 1,2 3 e |ˆ a(x3 )|2 0 v v u (B.3) ! (B.4) ! . (B.5) rappresentano rispettivamente la probabilità di avere un fotone po- 106 larizzato lungo notazione x1,2 e la probabilità di avere un assione, allora possiamo introdurre la seguente Ψ(x3 ) = Aˆ2 (x3 ) |γ2 i + a ˆ(x3 ) |ai, {|γ1 i , |γ2 i , |ai}base con nello spazio delle polarizza- zioni. Imponiamo la condizione iniziale Aˆ2 (0) Ψ(0) = ! a ˆ(0) . (B.6) La soluzione di (B.3) è Ψ(x3 ) = U(x3 , 0)Ψ(0), con U(x3 , 0) (B.7) x3 = 0 operatore di evoluzione del sistema dal punto al generico punto x3 , che possiamo mettere nella forma U(x3 , 0) = e−iλ1 x3 T1 + e−iλ2 x3 T2 , dove λ1,2 sono gli autovalori di H λ1,2 = e T1 = T2 = Introduciamo con (B.8) p 1 u ∓ u2 + 4v 2 , 2 λ2 (λ2 −λ1 ) λ1 λ2 v(λ2 −λ1 ) T1 = T2 = v (λ2 −λ1 ) λ1 (λ2 −λ1 ) λ2 − v(λλ21−λ 1) e le altre ∆i ! , 1 − (λ2λ−λ 1) 1 − (λ2λ−λ 1) 1 θ = arcsin 2 h i1/2 ∆osc = (∆a )2 + (2∆aγ )2 v − (λ2 −λ 1) 2∆aγ ∆osc ! . , (B.9) denite come 1.2.2. sin2 θ − sin θ cos θ − sin θ cos θ cos2 θ cos2 θ sin θ cos θ sin θ cos θ sin2 θ La probabilità che un fotone polarizzato lungo x2 e T2 diventano ! , ! . si trasformi in un ALP dopo una distanza Paγ (l) = |ha| U(l, 0) |γ2 i|2 , 107 T1 l è (B.10) che sostituendo diventa 2 2 Paγ (l) = sin (2θ) sin ∆osc l 2 . Se nell'equazione di evoluzione (1.31) introduciamo un termine di plasma vedere che (B.11) rimane immutata, con ∆osc ora della seguente forma h i1/2 ∆osc = (∆a − ∆pl )2 + (2∆aγ )2 . 108 (B.11) ∆pl allora è facile Bibliograa [1] M. Kuster, G. Raelt, B. Beltrán, Axions: Theory, Cosmology, and Experimental Searches, Lect. Notes Phys. 741, Springer, Berlin Heidelberg (2008). Gravitation and Cosmology: Principles an Applications of the General Theory of Relativity, John Wiley and Sons, Inc. New York London Sydney Toronto [2] S. Weinberg, (1972). [3] S. Weinberg, Cosmology, Oxford Univerity Press (2008). [4] M. Gasperini, Relatività Generale e Teoria della Gravitazione, Springer-Verlag Italia (2010). [5] L. Amendola, S. Tsujikawa, Dark Energy: Theory and Observation, Cambridge University Press (2010). [6] J. D. Jackson, Elettrodinamica Classica, Zanichelli (2001). 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