Raccolta Interrogazioni a Camera e Senato 27/2014

Attività Parlamentare
Raccolta delle interrogazioni presentate alla
Camera e al Senato
n. 27/2014
2014
INDICE
CAMERA ............................................................................................................................................ 5
Mozione sull'intenzione del Governo di attuare un piano di privatizzazioni mediante la
dismissione di partecipazioni in società controllate anche indirettamente dallo Stato ............ 5
Interrogazioni a risposta in Commissione sulla realizzazione della nuova darsena commerciale
del porto di Catania ........................................................................................................................ 6
Interrogazione a risposta in Commissione sulla gestione dell’ impianto per lo stoccaggio ed il
trattamento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi situato nel comune di San Giorgio
a Liri (Frosinone) da parte della ECOTIME S.r.l. ...................................................................... 8
Interrogazione a risposta orale sulla decisione di Eni di riconvertire la raffineria di Gela
in bioraffineria .............................................................................................................................. 10
Interrogazione a risposta in Commissione sulla normativa in materia di impiego del gas
naturale liquefatto (GNL) e sui relativi piani antincendio per l'impiego del gas naturale
liquefatto ....................................................................................................................................... 12
Interrogazione a risposta scritta sulla riduzione dei costi operativi imposto alle società a totale
partecipazione diretta o indiretta dello Stato e sul mancato rinnovo dei contratti di
inserimento di 63 giovani da parte del GSE............................................................................... 14
Interrogazione a risposta scritta sul progetto di perforazione di nuovi pozzi di coltivazione e
adeguamento degli impianti esistenti per l'ottimizzazione del recupero di idrocarburi dal
giacimento offshore «Rospo Mare» proposti dalla EDISON spa............................................. 16
Interpellanza urgente sull’intenzione della società Enel Distribuzione spa di procedere
all'ennesima riorganizzazione della propria rete tecnica ......................................................... 17
Risposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina,
all’interrogazione sull'entità dei fondi erogati dallo Stato e dalle regioni in favore dei
consorzi di bonifica per l'anno 2012 ........................................................................................... 20
Interrogazione a risposta scritta sulle acquisizioni cinesi in Cdp Reti e sull'ingresso nelle reti
strategiche energetiche italiane ................................................................................................... 21
Interrogazione a risposta in Commissione sulla raffineria IES di Mantova, di proprietà della
società ungherese MOL................................................................................................................ 23
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Interrogazione a risposta in Commissione sul deposito di rifiuti radioattivi e rifiuti speciali
pericolosi e non pericolosi, non meglio identificati, di origine ospedaliera industriale,
denominato «Cemerad», e sul conferimento dei rifiuti da ENEA e da Agip Nucleare .......... 26
Interrogazione a risposta scritta sulla mancata attuazione dei decreti attuativi ........................ 30
Interrogazione a risposta orale sullo sviluppo della filiera LNG (liquid natural gas) e
sull’impatto sul piano energetico nazionale ............................................................................... 31
Risposta del Viceministro per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, alle interrogazioni a
risposta immediata sulla crisi produttiva del polo petrolchimico di Gela ................................. 34
Interrogazione a risposta scritta sulle agevolazioni alle utenze di energia elettrica, gas naturale
e del servizio idrico integrato nei comuni colpiti dagli eventi sismici, con riferimento alle
deliberazioni dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas ......................................................... 39
Interrogazione a risposta orale sulle iniziative per scongiurare l'interruzione del servizio di
tracciabilità dei rifiuti pericolosi (Sistri) .................................................................................... 41
Interrogazioni a risposta scritta sulla concessione di derivazione idroelettrica sul fiume Adda
da parte di Edison......................................................................................................................... 42
Interrogazione a risposta in Commissione sulle azioni intraprese da Enel e finalizzate
all'ottenimento del rimborso di quanto già pagato in esecuzione delle sentenze sfavorevoli,
in relazione al black-out del 28 settembre 2003 ......................................................................... 44
Interrogazione a risposta scritta sugli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di
informazioni da parte degli enti privati in controllo pubblico e delle società partecipate .... 45
Interrogazione a risposta scritta sulla regolamentazione della possibilità di classificare come
sottoprodotti gli scarti di materiale legnoso utilizzato a fini energetici, e sul conseguente
accesso agli incentivi ..................................................................................................................... 46
Risposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti,
all’interrogazione sulla mancata attività di bonifica e messa in sicurezza dell'area dell'exstabilimento Isochimica nel nucleo industriale di Avellino ...................................................... 48
Risposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti,
all’interrogazione
sull'impatto
sulla
salute
delle
emissioni
della
centrale
ENEL
della Spezia .................................................................................................................................... 52
3
Risposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti,
all’interrogazione a risposta immediata, sui chiarimenti in merito ai progetti per la
riperimetrazione in riduzione del sito di interesse nazionale di Bussi sul Tirino (Pescara) e
per la realizzazione di una nuova discarica nel medesimo sito ................................................ 55
SENATO ............................................................................................................................................ 59
Interrogazione a risposta scritta sull'impianto offshore di Rovigo per la ricezione, stoccaggio e
rigassificazione del gas naturale liquefatto e sull'inserimento dei residenti della Regione
Veneto tra i beneficiari del previsto sconto sul prezzo della benzina ...................................... 59
Interrogazione a risposta scritta sulla bonifica del Sito di interesse nazionale di Napoli
Bagnoli-Coroglio ........................................................................................................................... 60
Mozione sui costi dell'energia in Italia ........................................................................................ 71
Interrogazione a risposta in 10a Commissione sull'acquisizione di una quota rilevante di Cdp
Reti da parte di un colosso cinese dell'energia ........................................................................... 77
Interrogazione a risposta in 10a Commissione sulla concessione per la coltivazione di
idrocarburi alla Medoilgas Civita Ltd in provincia di Chieti ................................................. 81
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CAMERA
Mozione
sull'intenzione del Governo di attuare un piano di privatizzazioni mediante la dismissione di
partecipazioni in società controllate anche indirettamente dallo Stato
FASSINA e altri (PD)
La Camera,
premesso che:
nel documento di economia e finanza (DEF) 2014, approvato in via definitiva dalle Camere il 17
aprile 2014, il Governo manifesta l'intenzione di attuare un piano di privatizzazioni mediante la
dismissione di partecipazioni in società controllate anche indirettamente dallo Stato e l'attivazione
di strumenti per consentire le dismissioni anche da parte degli enti territoriali; come riportato nel
programma nazionale di riforma contenuto nello stesso documento, le società coinvolte
nell'operazione includono società a partecipazione diretta quali ENI, STMicroelectronics, ENAV,
nonché società in cui lo Stato detiene partecipazioni indirettamente tramite Cassa depositi e prestiti,
quali SACE, FINCANTIERI, CDP Reti, TAG (Trans Austria Gastleitung Gmbh) e, tramite
Ferrovie dello Stato, in Grandi Stazioni — Cento Stazioni; i proventi del piano di privatizzazioni
sono stimati nel medesimo DEF in circa 0,7 punti percentuali di prodotto interno lordo all'anno nel
periodo 2014-2017 (pari a circa 11 miliardi di euro l'anno); nel Consiglio dei ministri n. 16 del 16
maggio 2014 sono stati definitivamente approvati i due decreti (decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri n. 77 e n. 78) che determinano i criteri per la privatizzazione e le modalità di
alienazione della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze del capitale di
Poste italiane s.p.a e ENAV s.p.a., rispettivamente fino al 40 per cento e al 49 per cento;
le operazioni legate a Poste Italiane ed ENAV risultano però rallentate, e probabilmente non
andranno a buon fine entro il 2014, secondo quanto affermato dagli stessi vertici delle due società
nel corso di alcune audizioni tenute alla Camera; fino ad oggi, l'unica operazione di privatizzazione
effettuata è quella di Fincantieri, con l'offerta di una quota rilevante, ma di minoranza, della società
controllata da Fintecna (che fa capo alla Cassa depositi e prestiti, CDP); l'operazione è risultata però
molto al di sotto delle aspettative, con risultati inferiori rispetto alle attese del Governo, dell'azienda
e del mercato; tuttavia, in una nota stampa del 24 luglio 2014, il Ministro dell'economia e delle
finanze ha confermato la volontà di rispettare gli obiettivi annunciati nel DEF 2014 in merito al
piano pluriennale di privatizzazioni, che costituirebbe un punto centrale dell'azione riformatrice del
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Governo; la missione in Cina di fine luglio 2014 dello stesso Ministro sembrerebbe finalizzata, tra
l'altro, a favorire la cessione di una partecipazione del 35 per cento di Cassa depositi e prestiti Reti
ad una società interamente controllata da State Grid Corporation of China; sembrerebbe altresì che
il Governo sia intenzionato a collocare una quota del 5 per cento di Enel e Eni, controllate al 30 per
cento dallo Stato (la prima direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze e la seconda
attraverso Cassa depositi e prestiti); il Parlamento dovrebbe esercitare la funzione di indirizzo e
controllo rispetto ad operazioni di tale portata, considerato che tra le società controllate dallo Stato
si annoverano aziende di grande qualità, la cui privatizzazione potrebbe determinare
l'indebolimento delle potenzialità industriali nazionali, senza peraltro un sostanziale effetto di
diminuzione del debito pubblico, ma con una riduzione delle entrate fornite al bilancio dello Stato
dai dividendi delle stesse società, impegna il Governo:
a presentare al Parlamento, prima di procedere a ulteriori iniziative di alienazione di quote di società
direttamente o indirettamente di proprietà dello Stato o di aumento di capitale riservato al mercato,
una relazione contenente:
a) i dati finanziari e industriali degli effetti della alienazione o dell'aumento di capitale sulle società
interessate e sul bilancio dello Stato;
b) la minore spesa per interessi sul debito pubblico che si verrebbe a conseguire qualora le risorse
raccolte
mediante
l'alienazione
fossero
dedicate
alla
riduzione
di
debito
pubblico;
c) i minori dividendi versati al bilancio dello Stato in conseguenza dell'alienazione;
d) gli effetti dell'alienazione o dell'aumento di capitale riservato al mercato sul piano industriale
della società interessata o di altre società del gruppo al quale la società interessata fa riferimento;
e) l'impatto sull'assetto proprietario e sulla governance delle società coinvolte nell'alienazione o
nell'aumento di capitale riservato al mercato e l'evidenziazione dei connessi rischi di perdita di
controllo da parte dello Stato di società direttamente o indirettamente da esso controllate;
a utilizzare le risorse raccolte attraverso l'alienazione di quote o attraverso l'aumento di capitale di
società direttamente o indirettamente di proprietà dello Stato per finanziare iniziative di sviluppo
industriale delle società interessate o per finanziare un piano straordinario di investimenti produttivi
per la riqualificazione delle periferie urbane, la messa in sicurezza delle scuole e dei territori a
maggior rischio idrogeologico. (1-00568)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
sulla realizzazione della nuova darsena commerciale del porto di Catania
BERRETTA (PD)
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— Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per
sapere – premesso che:
con nota n. 3470 R.U. dell'8 maggio 2014, il responsabile di misura III.1-PON Trasporti 2000/2006
ha chiesto per l'autorità portuale di Catania in relazione al progetto relativo ai lavori di «Costruzione
di Nuova Darsena commerciale a servizio del traffico Ro-Ro e containers» un'erogazione pari a
euro 8.296.371,35; il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dipartimento per i trasporti, la
navigazione ed i sistemi informativi e statistici, direzione generale per i porti, con nota MINF/PORTI/5150 del 14 maggio 2014 ha ribadito un impegno totale per il PON-TRASPORTI
dell'autorità portuale di Catania di euro 9.837.994,35 di cui per effetto del decreto ministeriale n.
14974 del 20 novembre 2012 sono stati erogati euro 1.541.623,00; nella succitata nota MINF/PORTI/5150 si dispone la reiscrizione in bilancio la residua somma di euro 8.296.371,35 sullo
stato di previsione di spesa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'anno corrente;
l'autorità portuale di Catania con nota del 20 giugno 2014 ha reso noto che l'Istituto di credito Dexia
Crediop, che aveva garantito «il finanziamento di una parte cospicua delle somme necessarie alla
realizzazione della citata opera» (la costruzione della nuova darsena commerciale a servizio del
traffico Ro-Ro e container nell'ambito del PON-Trasporti 2000/2006 – Misura III.1), ha manifestato
l'intendimento di «non procedere ad erogare gli importi derivanti dai contratti di mutuo sottoscritti»
con la stessa autorità portuale; tale determinazione del citato istituto di credito produce l'urgenza
della corresponsione delle cifre stanziate in favore dell'autorità portuale di Catania dal Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti per l'opera di costruzione della nuova darsena per far fronte agli
impegni economici assunti con il contratto sottoscritto con l'esecutore dell'opera; l'opera in oggetto
è in fase avanzata di realizzazione; l'Autorità portuale di Catania nella citata nota precisa che
«l'esatto ammontare delle risorse PON assegnate per la realizzazione dell'opera in oggetto (...)
ammonterebbe ad euro 13.950.000: quota FESR euro 8.780.000 e quota Fondo di Rotazione euro
5.170.000» come si evince dalla convenzione sottoscritta in data 21 maggio 2007 prorogata e
integrata con convenzione del 16 aprile 2010 e con nota n. 516/RU del 13 ottobre 2008 del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; l'autorità portuale di Catania ha disposto l'impegno a
copertura degli atti giuridicamente vincolanti (delibere n. 17/08 del 10 ottobre 2008 e n. 22/09 del
20 aprile 2009, il bando di gara e il contratto sottoscritto con l'appaltatore nel 2010) sulla base della
cifra di euro 13.950.000; la riduzione delle somme stanziate da parte del Ministero
a euro 9.837.994,35 dopo l'assegnazione definitiva dell'appalto costituisce un grave danno nei
confronti dell'ente e soprattutto dell'azienda, la Tecnis di Catania; l'Ente ha un debito nei confronti
dell'appaltatore di oltre 15 milioni di euro per il mancato pagamento degli stati di avanzamento
eseguiti; il complesso dei crediti maturati dall'azienda sono nell'ordine di 19 milioni di euro;
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tale ritardo nei pagamenti costituisce un grave danno per l'azienda, la Tecnis, e per i lavoratori, che
nonostante la difficoltà hanno continuato a svolgere i lavori di realizzazione dell'opera;
l'opera in questione rappresenta, a dire anche della stessa autorità portuale, «una struttura
fondamentale per lo sviluppo del porto» e, recentemente, è stata adeguata quale opera strategica ai
fini di protezione civile –:
quali iniziative intendano prendere per verificare eventuali responsabilità rispetto alla riduzione del
finanziamento originario, e quali iniziative intendano assumere al fine di erogare con la massima
urgenza le somme spettanti alla Tecnis, azienda aggiudicatrice dell'appalto. (5-03386)
BURTONE (PD)
— Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la società Tecnis di Catania è attualmente impegnata nella realizzazione della darsena commerciale
del porto di Catania; è una impresa che in base alla classifica stilata dal Sole 24 ore occupa il 15o
posto tra le migliori imprese nazionali operanti nel settore; a fronte di impegni contrattuali assunti
con l'autorità portuale di Catania ad oggi vanta un credito di 27 milioni di euro e pur non avendo
mai fermato i lavori oggi sta affrontando una grave crisi di liquidità che rischia di far perdere il
posto a ben 1500 lavoratori; l'azienda ha lanciato un appello al Presidente del Consiglio dei ministri
attraverso la stampa affinché si faccia chiarezza sulla vicenda e i contratti vengano ottemperati con
il pagamento delle spettanze –: se e quali iniziative il, Governo intenda assumere con la massima
urgenza affinché l'autorità portuale di Catania ottemperi agli obblighi contrattuali nei confronti della
Tecnis scongiurando il fallimento di una azienda leader nel settore, salvaguardando i livelli
occupazionali e consentendo il completamento di una opera strategica per la città e la Sicilia.
(3-00974)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sulla gestione dell’ impianto per lo stoccaggio ed il trattamento dei rifiuti speciali pericolosi e
non pericolosi situato nel comune di San Giorgio a Liri (Frosinone) da parte della ECOTIME
S.r.l.
FRUSONE (M5S)
— Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la ditta ECOTIME s.r.l. ha svolto nel corso degli anni le proprie attività di gestione rifiuti in due
aree confinanti mediante due autorizzazioni distinte: autorizzazione in procedura ordinaria e
autorizzazione in procedura semplificata; con l'autorizzazione in procedura ordinaria rilasciata con
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determina n. 880 del 10 dicembre 2002 (con scadenza 21 maggio 2008) il commissario delegato
per l'emergenza ambientale nel territorio della regione Lazio ha autorizzato, ai sensi degli articoli 27
e 28 del previgente decreto legislativo 22 del 1997 e s.m.i., la ECOTIME S.r.l. alla realizzazione e
alla gestione di un impianto per lo stoccaggio ed il trattamento dei rifiuti speciali pericolosi e non
pericolosi situato nel comune di San Giorgio a Liri (Frosinone); la medesima ECOTIME s.r.l. al
fine dell'approvazione di un progetto di ampliamento dell'impianto in questione, ha ottenuto, in data
8 maggio 2006, pronuncia positiva di compatibilità ambientale da parte della competente area
regionale con proprio prot. n. 075438, con contestuale parere favorevole dell'area difesa suolo
(prot. n. 178254 del 14 ottobre 2004); tale progetto consisteva, tra l'altro, nella riorganizzazione
impiantistica attraverso la realizzazione di 4 lotti funzionali denominati: A (esistente), B, C e D; a
seguito di contratto di affitto di ramo d'azienda, la REMASERVICE s.r.l. è subentrata nella gestione
dell'impianto in parola e conseguentemente l'autorizzazione all'esercizio rilasciata con la suddetta
determina n. 880 del 2002 e s.m.i. è stata volturata a suo favore, giusta determinazione dirigenziale
n. B2863 del 30 giugno 2009 della regione Lazio; è seguita l'autorizzazione in procedura
semplificata con iscrizione n. 219 del registro provinciale recuperatori, di cui all'articolo 33 del
decreto legislativo 22 del 1997, con data di registrazione 25 febbraio 2004, per le tipologie riportate
nel decreto ministeriale Ambiente 5 febbraio 1998 all'allegato 1, punti 2.1, 2.2, 2.3 e 2.4 e con
comunicazione con nota del 25 febbraio 2009 per continuazione attività di recupero rifiuti per il
punto 2.1 dell'allegato 1 del decreto ministeriale Ambiente 5 febbraio 1998 e s.m.i.;
ad ottobre e novembre 2009 ArpaLazio, congiuntamente ai funzionari della provincia di Frosinone,
ai rappresentanti della regione Lazio e del comune di S. Giorgio a Liri, ha effettuato dei
sopralluoghi presso l'impianto Remaservice srl, durante i quali è stato rilevato lo stato di abbandono
dell'impianto Ecotime srl; sul sito erano presenti (e lo sono ancora oggi), diverse tipologie di rifiuto:
cumuli di materiale organico del quale si avvertivano esalazioni maleodoranti, batterie,
condensatori, toner, cumulo di RSU, rifiuti di legno, pneumatici ed elevati quantitativi di vetro;
il
sito
fu
posto
sotto
sequestro
dalla
procura
della
Repubblica
e
lo
è
tuttora;
il sito, che oggi non risulta essere ancora bonificato, insiste sulla località Petrose di S. Giorgio a Liri
(Frosinone),
dove
sono
presenti
numerose
abitazioni
di
famiglie;
nel corso degli anni, il sito è stato violato diverse volte; sono molte le testimonianze di cittadini che
vivono nei pressi che hanno denunciato il fatto. Il «Comitato Petrose» in particolare denuncia alla
procura che in data 22 febbraio 2013, alcune persone rimaste ignote, si sono introdotte all'interno
del sito e hanno riversato diversi quantitativi di rifiuti che si sono andati ad accumulare
inevitabilmente a quelli già presenti, abbandonati ormai da anni alle intemperie, senza alcun tipo di
provvedimento o misura di contenimento per evitarne la dispersione o l'inquinamento delle aree
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circostanti, nonché delle falde acquifere; l'enorme cumulo di vetro frantumato e accatastato all'aria
aperta, non è stato in alcun modo isolato, né tantomeno messo in sicurezza. Inoltre, dalle numerose
foto e segnalazioni dei cittadini risulterebbe che i sigilli della procura si siano deteriorati con il
tempo
e
non
essendo
visibili,
indurrebbero
alla
continua
violazione
del
sito;
si ricorda che tra le lavorazioni sottoposte a rischio di silicosi, malattia dovuta all'inalazione di
polveri contenenti silice libera cristallina, che si presenta come una malattia dell'interstizio
polmonare caratterizzata da lesioni nodulari e da fibrosi diffusa, compare anche la produzione di
mole e abrasivi in genere, di refrattari, di ceramiche, di cemento e del vetro, limitatamente alle
operazioni su materiali contenenti silice libera o che comunque espongano all'inalazione di polvere
di silice libera –:
di quali informazioni disponga il Ministro interrogato in merito ai fatti descritti e se questi
corrispondano al vero;
se il Ministro interrogato non intenda procedere, per quanto di competenza, a controlli urgenti e
immediati, anche per il tramite del comando carabinieri, per salvaguardare la sicurezza della
cittadinanza residente nei pressi della località Petrose di San Giorgio a Liri. (5-03394)
Interrogazione a risposta orale:
sulla decisione di Eni di riconvertire la raffineria di Gela in bioraffineria
PAGANO (NCD)
— Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'annuncio di Eni sulla volontà del gruppo di riconvertire la raffineria di Gela in bioraffineria sta
destando reazioni fortemente preoccupate tra i lavoratori del gruppo e le aziende dell'indotto nonché
in tutta la Sicilia per le gravissime conseguenze economiche che conseguiranno all'entrata a regime
dell'operazione;
il rischio che il piano proposto dai vertici Eni possa in realtà preludere ad un drastico
dimensionamento produttivo, con conseguente chiusura degli impianti, è tale che da quasi un mese i
dipendenti del gruppo e le aziende dell'indotto sono in stato di agitazione; l'eventualità che il piano
possa celare l'intento di una dismissione vera e propria ha, inoltre, dato il via a Gela, nella giornata
di lunedì 28 luglio 2014, ad una grande manifestazione di protesta che ha visto la straordinaria
mobilitazione di ventimila persone: non solo lavoratori e organizzazioni sindacali ma anche
tantissimi cittadini e rappresentanti delle istituzioni. Sempre lunedì 28 luglio 2014 è stato
proclamato uno sciopero generale in tutte le aziende del gruppo in difesa della raffineria di Gela,
registrando un'adesione del 90 per cento, mentre l'azione di protesta è proseguita anche nella
10
giornata di martedì 29 luglio con un presidio in Piazza Montecitorio; i timori sul futuro dello
stabilimento di Gela risultano confermati da una serie di circostanze oggettive e irrefutabili. In
primo luogo, con gli scenari attuali il conto economico di una bioraffineria finirebbe per essere
negativo. In particolare, lo sarebbe molto di più per lo stabilimento di Gela che ha una struttura di
costi fissi molto elevata. Avviare la bioraffinazione a Gela significa dunque intraprendere un'attività
in perdita sin dall'inizio, destinata alla chiusura in tempi rapidi. Inoltre, se oggi la reperibilità della
materia prima impiegata (oli di palma, colza, girasole) risulta piuttosto agevole, in futuro potrebbe
non essere più così. Un mondo che non riesce a soddisfare il bisogno primario di cibo di gran parte
della sua popolazione, non potrà consentire a lungo, infatti, lo sfruttamento di suolo agricolo per
produrre energia anziché cibo. Si tratta di un ulteriore rischio insito nella bioraffinazione, un
progetto quindi, occorre sottolineare, che può funzionare bene solo nei piccoli stabilimenti, ma non,
in quelli grandi come Gela; in secondo luogo, le ragioni addotte dalla dirigenza Eni, ovvero la crisi
della raffinazione in Europa, per giustificare il piano di riconversione dello stabilimento di Gela
risultano smentite dalle iniziative di investimento e ampliamento del business intraprese dalle
società concorrenti. Tre settimane fa la Exxon, la più grande oil company sul mercato, ha infatti
annunciato un maxi investimento riguardante la raffineria di Anversa per oltre 1 miliardo di euro,
comprendente, tra l'altro, un grande cooking come Gela. Se grandi gruppi come Exxon hanno
adottato tali decisioni è inevitabile mettere in dubbio l'esistenza di una grave crisi della raffinazione
in Europa, così come verrebbe rappresentata da Eni. Anche Gela, al pari della raffineria di Anversa,
è in Europa, ma i piani della compagnia del «cane a sei zampe» sono in netta controtendenza
rispetto alle strategie della concorrenza. A conferma delle forti perplessità su quanto stabilito dai
vertici Eni, valga anche l'esempio della francese Total, la quale non sta chiudendo alcuno dei suoi
stabilimenti in Europa; mentre la dirigenza Eni lamenta dunque il perdurare di una grave crisi della
raffinazione in Ue che obbliga il gruppo ad intraprendere la via della riconversione dei propri
stabilimenti in prospettiva di un drastico dimensionamento produttivo, importantissime compagnie
concorrenti stanno invece aumentando i propri investimenti. Alla luce delle iniziative dei grandi
gruppi concorrenti, la strategia industriale di Eni appare, nel confronto con i propri competitors,
assolutamente ingiustificata, tanto da connotarsi come una vera e propria exit strategy dalla
raffinazione a Gela più che un piano di rilancio e sviluppo. Al riguardo, occorre ribadire come
Exxon sia disposta ad investire oltre 1 miliardo di euro in uno stabilimento, quello di Anversa,
avente le medesime caratteristiche di quello di Gela, mentre Eni, al contrario, disinveste. Se
Anversa non fosse un ottimo investimento e se davvero fossimo di fronte ad una crisi della
raffinazione di portata storica, è fuori di dubbio che Exxon, cioè il primo gruppo petrolifero al
mondo, non si avventurerebbe in un investimento così poco remunerativo e ad alto rischio;
11
rispetto alla situazione delle proprie dirette concorrenti, l'impressione che le raffinerie Eni non siano
gestite in maniera adeguata, al punto da ottenere risultati assai modesti che vengono giustificati
paventando l'esistenza di una crisi del settore di portata internazionale, appare ampiamente
confermata;
la realtà dei fatti induce a ritenere, dunque, che la situazione rappresentata da Eni sia ben diversa e
che
i
suoi
vertici,
purtroppo,
stiano
commettendo
una
serie
di
errori
gravissimi;
è evidente, a questo punto, che il vero problema di Eni e della sua incapacità di rilancio e scarsa
competitività risiede altrove, ovvero nelle decisioni miopi e inadeguate del suo management che
finiranno per privare il Paese di un asset strategico, quello energetico, di vitale importanza con il
rischio che l'Italia debba dipendere, sotto il profilo del proprio fabbisogno energetico, da altre
potenze straniere; ulteriore elemento di «opacità» è il rischio che la riconversione della raffineria di
Gela in bioraffineria possa celare l'interesse di alcuni «poteri forti» a speculare sul business delle
bonifiche. Se gli impianti si fermano, infatti, è assai verosimile che qualcuno possa avere interesse
ad approfittare dell'assegnazione di qualche centinaio di milioni di euro per i lavori di bonifica
conseguenti alla riconversione –: alla luce di quanto esposto in premessa, se il Ministro interrogato
non ritenga, per quanto di sua competenza, intervenire affinché Eni renda noto il business plan,
chiarendo quali siano i reali interessi in gioco che spingono la dirigenza ad operare come descritto
in premesse, a cominciare dal fatto che le attività, delle altre raffinerie siciliane procedono
regolarmente mentre lo stabilimento di Gela procede a passo spedito verso un drastico
dimensionamento produttivo;
se il Ministro interrogato ritenga di condividere o meno i piani della dirigenza Eni finalizzati ad una
riconversione dello stabilimento di Gela che l'interrogante giudica obiettivamente anti-economica e
in netta controtendenza rispetto alle strategie di sviluppo e investimento dei gruppi leader nella
raffinazione a livello mondiale, come Exxon, ovvero la più grande società petrolifera al mondo,
attualmente impegnata in un maxi investimento in Europa. (3-00975)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sulla normativa in materia di impiego del gas naturale liquefatto (GNL) e sui relativi piani
antincendio per l'impiego del gas naturale liquefatto
VALLASCAS e DA VILLA (M5S)
— Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la normativa di riferimento sull'impiego del gas naturale liquefatto (GNL), nonché i relativi
disciplinari e le linee guida per la redazione dei progetti di prevenzione antincendio risultano
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inadeguati per quanto concerne la realizzazione di impianti cosiddetti «satellite» a uso industriale e
civile;
allo stato attuale, infatti, e per gli interventi di prevenzione degli incendi, questi impianti verrebbero
assimilati agli impianti di alimentazione di gas naturale liquefatto con serbatoio criogenico fuori
terra nelle stazioni di rifornimento di gas naturale compresso (GNC) per autotrazione;
nei fatti, per la realizzazione degli impianti «satellite», vengono adottati i criteri esplicati nella
circolare n. 3819 del 21 marzo 2013 del Ministero dell'interno, dipartimento dei vigili del fuoco,
del soccorso pubblico e della difesa civile (direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza
tecnica) avente per oggetto «guida tecnica ed atti di indirizzo per la redazione dei progetti di
prevenzione incendi relativi ad impianti di alimentazione di gas naturale liquefatto (GNL) con
serbatoio criogenico fuori terra a servizio di stazioni di rifornimento di gas naturale compresso
(GNC) per autotrazione»; peraltro, la medesima circolare non risulta essere del tutto idonea a
disciplinare neanche i progetti di antincendio per le stazioni di rifornimento di gas naturale
compresso. A pagina 2, quarto capoverso, recita infatti: «La soluzione tecnologica che prevede un
impianto di distribuzione di gas naturale realizzato mediante stoccaggio criogenico di metano
liquido (GNL) risulta quindi innovativa per le stazioni di rifornimento carburante per le quali al
momento la normativa antincendio contempla solamente l'utilizzo di metano allo stato gassoso
prelevato da rete fissa o da carro bombolaio»; il quadro normativo di riferimento precedentemente
illustrato delinea una situazione di incertezza, tra l'altro, in un settore delicato come la prevenzione
degli incendi in situazione di alto rischio, incertezza che non facilita il compito del personale del
corpo dei vigili del fuoco, chiamato a verificare la corretta applicazione delle norme antincendio, e
di aziende e imprenditori che affrontano investimenti ingenti senza la certezza, in assenza di una
normativa chiara, della corretta esecuzione dell'opera; i criteri e gli atti di indirizzo indicati dalle
linee guida della citata circolare del dipartimento dei vigili del fuoco risulterebbero restrittivi
rispetto alle diverse condizioni in cui si troverebbero a operare gli impianti «satellite» e le stazioni
di servizio (in quest'ultimo caso, ad esempio, la normativa deve tenere conto di un servizio rivolto
al pubblico, quindi, con un afflusso di automobilisti e con la previsione di una gestione automatica
degli impianti in regime di self-service); le condizioni sopra illustrate, che richiedono il rispetto di
particolari e onerosi adempimenti, non si presenterebbero negli impianti «satellite» di supporto alle
attività industriali, che sono circoscritti in aree precluse al pubblico e costantemente presidiate e
monitorate nell'ambito dei procedimenti e dei cicli delle produzioni aziendali; l'impiego del gas
naturale liquefatto, assieme all'efficienza energetica, rappresenta una opportunità di mitigazione dei
costi energetici che nel breve periodo e in attesa di una transizione verso un sistema energetico
basato su fonti rinnovabili può aiutare l'industria nazionale a rimanere competitiva nel mercato sia
13
interno che internazionale; l'interesse per il gas naturale liquefatto, sia sotto il profilo della sicurezza
sia per quanto concerne le prospettive di impiego e sviluppo nei trasporti e nell'industria, è
confermato dal Governo che ha posto il gas naturale liquefatto tra i temi energetici da sviluppare,
tanto da prevedere, nell'ambito del Ministero dello sviluppo economico, l'elaborazione di un piano
strategico nazionale sull'utilizzo del gas naturale liquefatto ai Italia, per redigere il quale si è
insediato di recente il gruppo di coordinamento nazionale del gas naturale liquefatto;
nel frattempo, l'assenza di una disciplina organica e chiara sull'utilizzo del gas naturale liquefatto,
da una parte, desta numerosi interrogativi sugli elementi di rischio per le persone e per le cose,
dall'altra, potrebbe ritardare i processi di ammodernamento ed efficientamento del sistema
industriale e dei trasporti italiani, di cui le strategie energetiche rappresentano l'elemento centrale, e
impedire a numerose aziende e imprese, con particolare riguardo alle industrie energivore, di
accedere a un'opportunità di risparmio energetico –: quali siano allo stato attuale i criteri a cui si
devono attenere i soggetti pubblici e privati nella progettazione e nella realizzazione degli impianti
«satellite» a uso industriale o civile per lo stoccaggio e gassificazione del gas naturale liquefatto,
nonché nella predisposizione dei relativi piani antincendio;
se non si ritenga opportuno, in attesa di approntare il piano strategico nazionale sull'utilizzo del gas
naturale liquefatto in Italia, di definire per i comandi del Corpo dei vigili del fuoco delle linee guida
chiare e univoche da seguire per la realizzazione dei piani antincendio sia per l'impiego del gas
naturale liquefatto per autotrazione sia per gli impianti industriali e civili. (5-03381)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla riduzione dei costi operativi imposto alle società a totale partecipazione diretta o
indiretta dello Stato e sul mancato rinnovo dei contratti di inserimento di 63 giovani da parte
del GSE
MANNINO e altri (M5S)
— Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere
– premesso che:
il decreto-legge 24 aprile n. 66 recante «Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale» è
stato convertito con modificazioni nella legge 23 giugno 2014 n. 89, in vigore dal 24 giugno 2014
(Gazzetta Ufficiale n. 143 del 23 giugno 2014);
l'articolo 20, comma 1, della citata legge impone alle società a totale partecipazione diretta o
indiretta dello Stato, la realizzazione, nel biennio 2014-2015, di una riduzione dei costi operativi,
nella misura non inferiore al 2,5 per cento nel 2014 ed al 4 per cento nel 2015;
14
ancora l'articolo 20 dichiara soggetti all'obbligo di riduzione anche gli enti pubblici economici, ad
esclusione di quelli emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati; il comma 5,
invece, prevede che, nello stesso biennio, i compensi variabili degli amministratori delegati e dei
dirigenti per i quali è contrattualmente prevista una componente variabile della retribuzione, siano
collegati in misura non inferiore al 30 per cento ad obiettivi riguardanti l'ulteriore riduzione dei
costi rispetto agli obiettivi di efficientamento minimi fissati dal decreto; uno tra i primi soggetti
interessati dalle riduzioni dei costi operativi, imposti dal decreto, è il Gestore servizi energetici
(GSE), società interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, che opera per la
promozione dello sviluppo sostenibile e che ha annunciato il mancato rinnovo di 63 contratti di
inserimento; tali contratti di inserimento corrispondono a giovani, tutti under 30, inseriti 18 mesi fa
con la promessa di futura assunzione ed oggi rimpiazzati da stagisti cui lasciare le consegne e
formare; il mancato rinnovo di tali contratti è avvenuto senza alcuna procedura di selezione
meritocratica ma è stato un taglio discrezionale, basato esclusivamente sulla tipologia contrattuale;
il bilancio GSE 2012, pubblicato e consultabile sul sito della società, dichiara che il valore della
produzione tra il 2012 ed il 2011 è aumentato del 16 per cento; nello stesso bilancio compare anche
una voce di spesa di ben 12 milioni di euro destinata a consulenze professionali, che molto spesso
corrispondono ad ex dirigenti della stessa società in pensione che, in tal modo, continuano a
percepire un'elevata remunerazione –:
la ratio che il nuovo decreto-legge n. 66 del 2014, intitolato misure urgenti per la competitività e la
giustizia sociale, associa al termine «riduzione costi operativi» di cui all'articolo 20, non può avere
il significato esclusivo di riduzione del personale, come ritenuto dal management del Gestore
servizi energetici;
«riduzione dei costi operativi» non deve essere considerato un termine generico che può indurre ad
una politica di tagli discrezionali ed indiscriminati, operata, oltretutto, da manager il cui compenso
variabile è legato per il 30 per cento proprio al raggiungimento di quegli obiettivi di
efficientamento;
ad avviso degli interroganti non corrisponde ad una politica di «giustizia sociale» il mancato
rinnovo dei contratti di inserimento a 63 giovani, altamente qualificati, a fronte di 12 milioni spesi
in incarichi di consulenza ad ex dirigenti in pensione;
in sede di conversione del citato decreto-legge era stato proposto, per evitare la situazione che si è
poi verificata, un emendamento all'articolo 20, comma 7-bis, consultabile nel resoconto della seduta
consultiva della Commissione Industria, commercio e turismo di martedì 10 giugno 2014 della
Camera dei deputati il quale così disponeva: «in caso di incremento del valore della produzione
almeno pari al 10 per cento rispetto all'anno 2013, le società partecipate dallo Stato possono
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realizzare gli obiettivi di risparmio con modalità alternative, purché tali da determinare un
miglioramento del risultato operativo» –:
se non si ritenga opportuno fissare in maniera più dettagliata le modalità di riduzione dei costi;
se non possano essere prese in considerazione anche misure alternative, purché tali da determinare
un miglioramento del risultato operativo, dato che l'ultimo bilancio GSE attesta un aumento della
produzione;
se la previsione dell'esclusione dai tagli degli enti pubblici economici emittenti strumenti finanziari
quotati nei mercati regolamentati corrisponda ad una ratio più economica che sociale;
quali iniziative si intendano assumere per salvaguardare alte professionalità che svolgono attività in
settori strategici come quello delle energie rinnovabili, e dello sviluppo sostenibile, di cui è
principale promotore in Italia il GSE. (4-05764)
Interrogazione a risposta scritta:
sul progetto di perforazione di nuovi pozzi di coltivazione e adeguamento degli impianti
esistenti per l'ottimizzazione del recupero di idrocarburi dal giacimento offshore «Rospo
Mare» proposti dalla EDISON spa
VACCA e altri (M5S)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il 6 giugno 2014 il comitato tecnico di VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare ha emesso il parere n. 1514, positivo con prescrizioni, per il progetto di perforazione di
nuovi pozzi di coltivazione e adeguamento degli impianti esistenti per l'ottimizzazione del recupero
di idrocarburi dal giacimento offshore «Rospo Mare» proposti dalla EDISON spa;
la Edison, oltre ad avere la concessione di Rospo Mare, possiede anche il pozzo di produzione di
gas Santo Stefano 9, lo stesso a cui sarà collegato Ombrina Mare 2 (e anche Rospo Mare) attraverso
una condotta sottomarina;Rospo Mare, come Ombrina Mare, erano state bloccate dal decreto
Prestigiacomo, tant’è che i pareri di VIA risultavano negativi; i decreti di rigetto delle istanze di
Ombrina mare 2 e di Rospo Mare, conseguenti ai pareri negativi di VIA, non furono mai emanati;
il Governo Monti, con il cosiddetto «Decreto Sviluppo» ha modificato l'articolo 6, comma 17, del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, «Norme in materia ambientale», ed in particolare ha
concretizzato la possibilità di riattivare le procedure concessorie delle attività di ricerca, di
prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare bloccate dal Decreto
Prestigiacomo;
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i Ministri Clini e Passera, così come l'attuale Ministro dello sviluppo economico e l'attuale
Presidente del Consiglio dei ministri, non hanno mai nascosto la volontà di trasformare i mari
italiani, ed in particolare l'Adriatico, in distretto minerario di idrocarburi;
le mega discariche abusive di Bussi, create dalla Edison, sono in attesa del completamento della
messa in sicurezza e della bonifica;
si registra una notevole celerità nel procedere alla conclusione delle procedure di autorizzazione di
concessione di sfruttamento del territorio mentre non si rileva la stessa efficienza e velocità quando
si tratta di bonificare un sito inquinato per riparare ai danni ambientali provocati da queste attività o
di concludere con una risposta negativa un processo autorizzatorio –:
che relazioni ci siano tra le ultime concessioni per l'estrazione di idrocarburi offshore di Rospo
Mare e il piano di bonifica per Bussi;
quale sia lo stato della trattativa in corso per un piano di bonifica parziale, di cui si conosce
l'esistenza ma non i contenuti, che prevede la creazione di una bonifica «legalizzata» nel sito di
interesse nazionale di Bussi;
se il Ministro non ritenga un vizio di forma la mancata ripubblicazione, come prevede la
legislazione vigente, della richiesta di concessione e ampliamento progetto di perforazione di nuovi
pozzi di coltivazione e adeguamento degli impianti esistenti per l'ottimizzazione del recupero di
idrocarburi dal giacimento offshore di «Rospo Mare». (4-05760)
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
sull’intenzione della società Enel Distribuzione spa di procedere all'ennesima riorganizzazione
della propria rete tecnica
PALMA (PD) e altri
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro
dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
la società Enel Distribuzione spa, concessionaria in esclusiva del servizio di distribuzione
dell'energia elettrica fino al 2030, a breve intenderebbe procedere all'ennesima riorganizzazione
della propria rete tecnica;
il progetto rialloca gli attuali presidi di coordinamento e progettazione tecnica, denominati zone, e
presidi tecnico operativi denominati unità operative, sopprimendone oltre la metà;
la qualità del servizio elettrico italiano, a identità di tariffa è diversificata sul territorio nazionale in
termini di durata e frequenza delle interruzioni di energia ed è fortemente penalizzata, in particolare
nelle regioni meridionali;
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le innovazioni tecnologiche apportate alla rete e le dotazioni individuali non possono garantire
idonea qualità, come da concessione, considerata l'insufficienza di personale operativo, falcidiato
dal parziale reintegro delle copiose fuoriuscite generate dagli esodi ex articolo 4 della legge n. 92
del 2012 (legge Fornero), che influenza il ripristino del servizio in caso di guasto attraverso la
riduzione del personale in reperibilità;
l'impiego dei fondi comunitari – piano di coesione 2014-2020 – abbisogna di infrastrutture
elettriche tali da consentire la realizzazione delle diverse opere sia infrastrutturali che produttive e la
riorganizzazione in itinere rallenta la capacità progettuale, di coordinamento e operativa necessaria
allo sviluppo economico e ad attrarre investitori specie esteri;
il documento di cosiddetto allineamento organizzativo territoriale della rete elettrica attesta che le
innovazioni tecnologiche e le nuove apparecchiature hanno consentito di ottenere notevoli recuperi
di efficienza organizzativa ed il raggiungimento e mantenimento di risultati economici positivi;
il documento stesso definisce la riorganizzazione come finalizzata a ulteriori possibili spazi di
miglioramento ed ottimizzazione procedendo ad aggregazioni di strutture tecnico-operative, tenuto
conto delle caratteristiche impiantistiche e territoriali specifiche: clienti
media tensione più bassa
tensione stato ed estensione della rete, orografia del territorio;
contrariamente a quanto contemplato nel documento stesso, nelle regioni meridionali ed in
particolare per alcune aree della Puglia, della Calabria, della Basilicata, della Campania (per
Salerno-Sala Consilina e Napoli-Pozzuoli), così come nel settentrione per Verona-Rovigo, si
registra la notevole estensione delle linee, e l'enorme numero di clienti serviti, confrontato con la
media delle riaggregazioni italiane, è il doppio o il triplo, vanificando l'elementare principio che a
maggiore criticità deve corrispondere maggiore presidio;
in particolare, l'aggregazione del territorio metropolitano di Napoli a quello puteolano non consente
la valutazione corretta dei parametri della qualità del servizio, essendo essi diversi per centri urbani
ed extra urbani; si include il territorio dell'isola di Ischia e vi sono e saranno ampliate criticità legate
alla complessità ed obsolescenza delle linee e alle caratteristiche della clientela, oltre alla gestione
del servizio elettrico ad Ischia già noto per il notevole disservizio dell'agosto 2009;
in particolare, la sede di zona Sala Consilina, in provincia di Salerno, è destinata a scomparire
penalizzando la programmazione e la gestione della rete elettrica e le potenzialità di sviluppo del
Vallo di Diano, golfo di Policastro, Valle del Tanagro e Cilento a dispetto dei parametri da
documento costituendosi, a fronte delle due attualmente esistenti Sala Consilina e Salerno, un'unica
zona provinciale con sede a Salerno che con 100 comuni serviti coprirebbe un'area pari al 36 per
cento della superficie della regione Campania, con oltre 22.000 chilometri di linee da gestire, pari al
doppio ed in alcuni casi al triplo degli altri accorpamenti nazionali;
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molte delle nuove zone che andranno a realizzarsi in Italia ed in particolare Belluno, Pordenone,
Sondrio, La Spezia hanno dimensioni inferiori per lunghezza e stato delle linee, numero dei clienti,
caratteristiche e orografia del territorio rispetto alla attuale zona Sala Consilina e non vengono
soppresse così come Arezzo e Rimini, leggermente superiori, non vengono soppresse;
sarà contemporaneamente soppressa la sede tecnico operativa di Sapri in provincia di Salerno,
accorpando il territorio di riferimento in parte alla sede tecnico operativa di Sala Consilina ed in
parte a quella di Agropoli, penalizzando realtà territoriali contigue quali il Vallo di Diano, il Golfo
di Policastro e la Valle del Tanagro, territorio immenso da gestire con qualche decina di operai;
nell'ottica di scongiurare la soppressione della struttura, tessuto portante del sistema economico
locale, di Sala Consilina e della correlativa struttura di Sapri, e tener conto della peculiarità del
territorio metropolitano di Napoli che unito a quello di competenza di Pozzuoli determina serie
difficoltà di gestione del servizio elettrico e al fine di scongiurare la soppressione della stessa zona
Pozzuoli, sarebbe opportuno evidenziare ai vertici della società in questione la situazione di
particolare criticità considerate:
a) le enormi e atipiche dimensioni, a livello nazionale, con serie ripercussioni sulla qualità del
servizio della intera provincia, della struttura unificata con Salerno, della zona di Sala Consilina,
ricomprendente le aree industriali a forte espansione di Polla e Buccino e le aree ad alta densità
turistica del golfo di Policastro e costiera Cilentana che vedrebbero penalizzate e seriamente
compromesse le prospettive di sviluppo;
b) il discutibile miglioramento organizzativo che si otterrebbe con il ritiro dei presidi territoriali –:
se il Ministro dell'economia e delle finanze, in qualità di azionista di riferimento, ritenga utile
richiedere una revisione del progetto per razionalizzare la proposta al fine di renderla funzionale ed
efficace allo sviluppo del territorio, conformemente a quanto indicato in premessa;
se il Ministro dello sviluppo economico intenda valutare attentamente l'impatto sulle future
potenzialità di sviluppo della rete, prodromica all'utilizzo dei Fondi comunitari e alla attrazione di
investitori sull'economia del Paese;
se i Ministri interpellati intendano promuovere meccanismi di controllo periodici della qualità del
servizio, dello stato e delle estensioni delle reti, considerato che la riorganizzazione, così come
proposta, penalizza lo sviluppo meridionale, in particolare con aggregazioni territoriali ed
impiantistiche doppie a dispetto di altre aree quando logica vorrebbe il contrario. (2-00647)
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Risposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina,
all’interrogazione sull'entità dei fondi erogati dallo Stato e dalle regioni in favore dei consorzi
di bonifica per l'anno 2012, presentata da COSTA (NCD)
— Con riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, con riguardo l'entità dei fondi erogati
dallo Stato e dalle regioni in favore dei consorzi di bonifica per l'anno 2012, faccio presente quanto
segue.
In via preliminare evidenzio che, il governo della bonifica, inteso quale programmazione
economico-finanziaria degli investimenti e pianificazioni delle azioni, compete allo Stato ed alle
regioni, secondo il riparto delle competenze, costituzionalmente e legislativamente definito ai sensi
dell'articolo 117 della Costituzione (regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, «Nuove norme per la
bonifica integrale», articolo 862 del codice civile e rispettive leggi regionali), mentre ai consorzi di
bonifica compete la gestione intesa come realizzazione e manutenzione delle opere.
La Corte costituzionale (sentenza n. 368 del 1988; sentenza n. 66 del 1992; sentenza n. 407 del
2002) ha rilevato, inoltre, che la bonifica si configura come materia «trasversale» incidente su
diversi settori. Ne consegue che compete allo Stato la fissazione dei princìpi fondamentali e alle
regioni la disciplina di dettaglio.
Il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, identifica i consorzi di bonifica come istituzioni
principali destinati alla difesa del suolo, di risanamento delle acque, di fruizione e di gestione del
patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale e di tutela degli assetti
ambientali ad essi connessi.
In tale contesto normativo, l'articolo 27 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, poi prorogato dall'articolo 4-bis, comma 14, del
decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97 convertito con modificazioni dalla legge 2 agosto 2008, n. 129
al 31 dicembre 2008, ha previsto un complessivo riordino degli Enti consortili entro il 30 giugno
2008, attraverso la soppressione o l'accorpamento degli stessi, mantenendo, altresì, «le relative
risorse, ivi inclusa qualsiasi forma di contribuzione di carattere statale o regionale».
Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha finanziato, nel corso degli anni, i
consorzi di bonifica, per la realizzazione di opere d'irrigazione di rilevanza nazionale, attraverso i
programmi approvati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) e
condivisi con le regioni competenti per territorio, che hanno indicato, altresì, i progetti prioritari
ammissibili al finanziamento.
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Questo Ministero per l'anno 2012, ha trasferito ai consorzi di bonifica delle regioni del centro nord
complessivamente circa 60 milioni di euro, importo comprensivo di anticipazioni su nuovi lavori e
saldi per lavori ultimati.
La gestione commissariale ex agensud, istituita dall'articolo 15 del decreto-legge 23 giugno 1995, n.
244 convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1995, n. 341 ha trasferito ai consorzi di
bonifica delle regioni meridionali nell'anno 2012 complessivamente 38,75 milioni di euro, sempre
per le finalità di cui sopra.
Sebbene l'amministrazione non sia a conoscenza degli importi erogati dalle singole regioni, posso
tuttavia far presente che lo Stato ha trasferito ai consorzi di bonifica, per l'anno 2012, la somma
complessiva di 98,75 milioni di euro.
Interrogazione a risposta scritta:
sulle acquisizioni cinesi in Cdp Reti e sull'ingresso nelle reti strategiche energetiche italiane
CAPEZZONE (FI)
— Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere
– premesso che: CDP Reti, società costituita nell'ottobre 2012 e interamente posseduta da Cassa
depositi e prestiti spa (CDP), il 15 ottobre 2012 ha acquisito da Eni una quota partecipativa pari al
30 per cento del capitale votante meno una azione in Snam spa («SNAM»), il gruppo italiano
integrato che presidia le attività regolate del settore del gas; la CDP è una società per azioni
partecipata per l'80,1 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, per il 18,4 per cento da
diverse fondazioni bancarie ed il restante 1,5 per cento in azioni proprie; come evidenziato nella
relazione finanziaria annuale 2013 di Cassa Depositi e prestiti, al 31 dicembre 2013 CDP Reti
deteneva 1.014.491.489 azioni di SNAM (pari al 30,0258 per cento del capitale sociale votante e
al 30,00000002 per cento del capitale sociale emesso di SNAM); la mission della società è
l'assunzione in via diretta o indiretta di partecipazioni in società di capitali o enti, italiani o esteri,
principalmente operanti nel campo delle infrastrutture di rete nel settore dell'energia e del gas. In
particolare, la partecipazione in SNAM si concretizza nel monitoraggio dello sviluppo delle
infrastrutture gestite e dell'accrescimento delle competenze nei settori del trasporto, dispacciamento,
distribuzione, rigassificazione e stoccaggio di idrocarburi; il 30 luglio 2014 il consiglio di
amministrazione di CDP ha approvato la cessione di una quota pari al 35 per cento del capitale
sociale di CDP RETI, per un corrispettivo di circa 2.101 milioni di euro, a State Grid International
Development Limited (SGID), società interamente controllata da State Grid Corporation of China
(SGCC), portando così a compimento una trattativa che si protraeva da mesi; SGID è la più grande
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utility al mondo, un colosso da 298 miliardi di dollari di ricavi, impegnata nella costruzione e nella
gestione della rete energetica cinese operante sull'88 per cento del territorio della Repubblica
popolare e che costituisce lo strumento per la
realizzazione di investimenti di capitale al di fuori
dei confini cinesi per conto di SGCC. SGID ha già realizzato investimenti nelle Filippine, Brasile,
Australia e Hong Kong. In Europa va ricordato l'ingresso con il 25 per cento nella rete elettrica
portoghese. Oltre all'Italia, i cinesi hanno mostrato interesse sulla privatizzazione della rete elettrica
greca e, secondo notizie di stampa, sarebbero interessati anche agli asset rumeni di Enel;
l'accordo si è concretizzato il 31 luglio quando l'amministratore delegato di CDP, Giovanni Gorno
Tempini, e il presidente di State Grid International Development Limited (SGID), Zhu Guangchao
hanno firmato a Palazzo Chigi e alla presenza del Presidente del Consiglio dei ministri la cessione
delle quote di CDP RETI Spa a un prezzo pari a 2.101 milioni di euro che, secondo fonti
governative, verrà destinato al sostegno dell'economia nazionale; prima del closing della cessione
(previsto nei prossimi mesi, dopo le prescritte approvazioni governative e dell'antitrust), CDP
conferirà a CDP RETI la propria partecipazione in TERNA Spa, l'operatore italiano leader nelle reti
di trasmissione di energia elettrica, pari al 29,851 per cento del capitale sociale;
in base all'accordo, SGID potrà nominare due amministratori su cinque del consiglio di
amministrazione di CDP RETI e un membro su tre del collegio sindacale della società, disporrà del
diritto di veto rispetto all'adozione di alcune particolari delibere, sia in Consiglio di
amministrazione che nell'assemblea dei soci e, sulla base delle esigenze operative di CDP RETI,
potrà proporre il nominativo di uno o due candidati che concorrano alla gestione operativa della
società, pur rimanendo la decisione finali in capo al competente organo di CDP RETI. SGID
designerà, inoltre, un amministratore nei consigli di amministrazione di SNAM e TERNA. È stato
fissato un divieto reciproco di trasferimento delle partecipazioni (lock up) di due anni dal closing: al
suo scadere ci sarà un diritto di prelazione dell'altro socio su un eventuale trasferimento della
partecipazione; in connessione con l'operazione, è prevista la concessione di un finanziamento a
CDP RETI, che verrà allegato all'accordo di compravendita, ed erogato al closing, per un importo
pari a 1.500 milioni di euro (finanziato per il 45 per cento dell'importo complessivo da CDP e per il
restante 55 per cento da un pool di banche terze) e suddiviso in un finanziamento da 1 miliardo a un
anno che dovrebbe essere rimborsato attraverso un'emissione obbligazionaria e in una linea da 500
milioni a 5 anni; l'intera operazione si inquadra in un più ampio piano che prevede la cessione di
una quota complessiva del 49 per cento a più di un investitore istituzionale, mantenendo il restante
51 per cento e il controllo della governance a CDP. L'ulteriore 14 per cento di CDP RETI verrà,
infatti, dismesso nelle prossime settimane a favore di altri Investitori Istituzionali italiani, senza
diritti di governance, come fondazioni bancarie, fondi pensione e casse di previdenza;
22
dal punto di vista cinese, l'investimento non solo viene considerato «sicuro» ed in grado di garantire
un flusso costante di cassa, ma viene inquadrato in una più ampia strategia per fare dell'Italia il
proprio hub del gas nel cuore dell'Europa, un passo avanti verso l'espansione delle loro attività a
livello globale; i cinesi, con l'ingresso in un vasto mercato fortemente de-regolamentato, si
vengono, peraltro, a collocare in una posizione privilegiata per eventuali dismissioni di utility da
parte di enti locali italiani alle prese con conti in forte dissesto; commentando l'accordo, il Ministro
Pier Carlo Padoan, ha auspicato, per il processo di integrazione tra Italia e Cina «una strategia di
crescita basata sull'economia reale, sugli investimenti di lungo termine, in sintonia con gli obiettivi
di governo» –: quale riflessione abbia preceduto l'assenso da parte del Governo all'operazione in
questione e se vi sia stata un'adeguata discussione non solamente su un terreno prettamente
economico, ma anche su quello del posizionamento geopolitico dell'Italia, in considerazione del
partner prescelto e della rilevante quota ceduta (senza menzionare la possibilità di avvalersi del
diritto di prelazione trascorsi due anni dalla closing da parte del partner cinese, qualora CDP voglia
o sia indotta dalle circostanze a vendere ulteriori quote) e dal punto di vista dell'interesse nazionale,
anche in considerazione del fatto che l'ingresso in Cdp Reti fa seguito ad altre acquisizioni cinesi in
Italia, come quote di Enel, Eni, Ansaldo Energia e che le acquisizioni cinesi in Cdp Reti segnano
l'ingresso nelle reti strategiche italiane, a loro volta parte di reticolati energetici europei;
se sia a conoscenza di quali valutazioni e considerazioni abbiano portato a non seguire la
trasparente strada di una gara internazionale;
se non sia fuorviante parlare di privatizzazione, considerando che l'acquirente è totalmente
controllato da un Governo estero;
se corrisponda al vero – come riportato su diversi organi di stampa – che soltanto i cinesi si sono
offerti di rilevare le quote messe sul mercato in quanto una scatola societaria come Cdp Reti risulta
meno attrattiva per fondi e investitori esteri rispetto ad aziende quotate, considerato in particolare,
che i fondi infrastrutturali esteri, a cominciare dagli australiani di Ifm (Industry Funds
Management), che pure inizialmente avevano mostrato interesse per il dossier, avrebbero rinunciato
ad ogni possibile investimento anche a causa delle limitazioni fissate in termini di governance;
non si ritenga che il rapporto commerciale con la Repubblica popolare cinese stia sempre più
diventando eccessivamente squilibrato nei confronti di Pechino. (4-05771)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sulla raffineria IES di Mantova, di proprietà della società ungherese MOL
ZOLEZZI e altri (M5S)
23
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo
economico, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la raffineria IES, della società ungherese MOL, è situata nella zona industriale alla periferia della
città di Mantova, occupa una superficie di 525.0000 metri quadri ed ha una capacità di lavorazione
potenziale di 2.600.000 tonnellate l'anno di petrolio grezzo con ciclo produttivo orientato alla
massimizzazione dei distillati intermedi, come i gasoli, e bitumi; è inserita nel polo petrolchimico di
Mantova, area SIN; nell'ottobre 2013 la proprietà ha annunciato la riconversione del petrolchimico
e da gennaio di quest'anno la raffineria IES ha iniziato il processo che prevede il progressivo fermo
degli impianti (in particolare stop alla raffinazione) che la porteranno alla trasformazione in polo
logistico, ossia un deposito, per far funzionare il quale saranno necessarie 88 persone per i prossimi
due anni e circa 40 a regime a fronte degli allora 390 dipendenti impiegati nella lavorazione del
greggio proveniente da Marghera; la raffineria produceva tutta la gamma dei prodotti per
l'autotrazione, dalle benzine 95 e 98 RONC al gasolio auto standard ed artico fino agli agevolati per
uso agricolo, e per il riscaldamento, quali il kero e il gasolio, ed è specializzata nella produzione di
diversi gradi di bitume, sia per applicazioni stradali che per applicazioni industriali;
la raffinazione è un processo che prevede da prima una semplice distillazione chiamata «topping»
che separa i componenti del petrolio grezzo sfruttandone le caratteristiche chimico-fisiche,
ottenendo così delle frazioni distinte dalle più leggere alle più pesanti, in ordine: GPL, VirginNafta, benzina, kerosene, gasolio, olio combustibile e bitume; nel novembre 2010 una centralina di
monitoraggio della qualità dell'aria posta nelle immediate vicinanze alla raffineria ha rilevato valori
di H2S per circa due ore con un picco massimo di 6 ppm dovuti ad una consistente fuoriuscita di
idrogeno solforato dalle giunzioni delle lamiere del tetto di uno dei serbatoi contenente bitume
caldo, dovuto alla probabile infiltrazione di acqua, che ha generato una nube di 25mila metri cubi
sulla città di Mantova. Con una multa di 345 mila euro è stato chiuso il processo penale intentato
per inquinamento atmosferico da novanta cittadini mantovani; il 4 luglio 2014 una nube di idrogeno
solforato emessa a causa di un malfunzionamento interno alla raffineria ha procurato cattivi odori,
come di uova marce, dispnea e disagi vari che si sono manifestati in una vasta area e sono stati
percepiti in tutta la città di Mantova. A causare il guasto alla guardia idraulica della torcia acida,
secondo la relazione depositata dagli organi sanitari di controllo, sarebbero stati gli ugelli otturati
dai sali di ammonio che si sono formati probabilmente durante il lungo stop alla raffinazione. In
questo caso i vertici dell'azienda sono stati iscritti nel registro degli indagati per la violazione
dell'articolo 674 del codice penale, cioè il getto pericoloso di cose atte ad offendere o molestare, un
reato ambientale tra cui sono comprese le molestie olfattive. La fuoriuscita di idrogeno solforato è
stata importante e la concentrazione rilevata era di 15/30 milligrammi per metro cubo ovvero tale da
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creare irritazione agli occhi, anche se lontana dalla temibile soglia dei 200 milligrammi per metro
cubo capace di causare edema polmonare acuto e morte immediata dopo un solo respiro;
l'idrogeno solforato è considerato una sostanza tossica a largo spettro poiché può danneggiare
diversi sistemi del corpo umano e a seconda della sua concentrazione può provocare irritazione
gravi danni alla vista, all'olfatto e alle vie respiratorie e nei casi più gravi anche la morte. Le parti
interessate sono le membrane mucose, come occhi e naso, e le parti del corpo umano che richiedono
maggiori quantità di ossigeno, come polmoni e cervello. Gli effetti dell'H2S sono simili a quelli del
cianuro, poiché interferisce coi processi di respirazione: in presenza di forti dosi di H2S le cellule
umane non ricevono ossigeno a sufficienza e muoiono; le esposizioni croniche anche a livelli bassi
possano causare problemi neurologici, affaticamento, debolezza, perdita della memoria, mal di
testa, problemi alla vista, alla circolazione, svenimenti. In molti centri dove i livelli di H2S si
attestano attorno a 0,25 o 0,30 ppm il continuo odore di zolfo può causare cefalee, nausea,
depressione e problemi di insonnia. Numerosi articoli presenti nella letteratura scientifica
documentano l'incremento della prevalenza di tumori del colon e colite ulcerosa correlabili a tale
sostanza; nel mese di maggio 2014 è stato pubblicato il terzo rapporto epidemiologico dell'Istituto
superiore di sanità con l'ultimo aggiornamento dello studio Sentieri, acronimo che sta per studio
epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento, è stato
evidenziato come nei Siti di interesse nazionale i tumori sono aumentati fino al 90 per cento in soli
dieci anni (in particolare, tumori della tiroide e della pleura almeno a stare ai dati dei 18 siti in cui
esiste il registro dei tumori, che pure sarebbe obbligatorio per legge). Anche i ricoveri in eccesso
aumentano esponenzialmente rispetto ai precedenti riscontri: a Milazzo (+55 per cento per gli
uomini e +24 per cento per le donne) e a Taranto (+45 per cento e +32 per cento), ma pure nella
ricca Brescia dell'area Caffaro (+79 per cento e +71 per cento) e ai Laghi di Mantova (+84 per cento
e +91 per cento), per cui si evince come la situazione ambientale mantovana sia già decisamente
compromessa e vada monitorata con attenzione, prevenendo ulteriori rischi ed evitando di sottostare
a «ricatti» occupazionali: il piano industriale italiano appare agli interroganti orientato allo «stop»
di qualsiasi sovranità nel campo degli idrocarburi, con lo stop alla raffinazione pressoché in tutti gli
stabilimenti italiani e le trivellazioni sempre più numerose in terra e in mare con l'invio dello scarso
materiale recuperato all'estero –:
se i Ministri interrogati in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli
inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed
ecologico, non ritengano di verificare le conseguenze di quanto successo ed eventuali danni alla
salute nonché se i fatti occorsi siano ascrivibili alla tipologia del combustibile raffinato
nell'impianto oppure siano stati causati da un errore umano durante la gestione del materiale,
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considerata anche la competenza statale in relazione agli obblighi di bonifica e messa in sicurezza
di aree localizzate in siti di interesse nazionale (SIN) ex articolo 252, comma 4, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
se, alla luce di quanto sopra il fermo dell'attività della raffineria possa compromettere l'avviata
procedura di bonifica;
se il Governo anche alla luce delle competenze dell'Istituto superiore di sanità (ISS) e del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco, ritenga sia adeguato il piano di emergenza in essere presso la
raffineria IES che ricade nel campo di applicazione del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334,
così come modificato dal decreto legislativo n. 238 del 2005, alla luce delle mutate condizioni di
operatività dello stabilimento;
quali siano i contenuti dei piani di emergenza delle singole aziende e del piano di emergenza
esterno di competenza della prefettura ai sensi del decreto legislativo n. 334 del 1999. (5-03415)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sul deposito di rifiuti radioattivi e rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, non meglio
identificati, di origine ospedaliera industriale, denominato «Cemerad», e sul conferimento dei
rifiuti da ENEA e da Agip Nucleare
DE LORENZIS e altri (M5S)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al
Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nel territorio del comune di Staffe, a qualche chilometro dai complessi residenziali del quartiere
Paolo VI e dall'ospedale Moscati, si trova un deposito di rifiuti all'interno di un capannone
denominato «Cemerad», contenente approssimativamente oltre 14.000 fusti metallici contenenti
materiale radioattivo e rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, non meglio identificati, di origine
ospedaliera ed industriale; la Cemerad iniziò la sua attività nel 1984, quando fu concessa l'apposita
autorizzazione da parte del medico provinciale e il capannone oggi risulta, secondo fonti ISPRA, in
«sostanziale abbandono ed esposto a ogni possibile evento»; dalla «Relazione territoriale sulle
attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella Regione Puglia» della «Commissione Parlamentare
di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti» istituita con legge 6 febbraio 2009, n.
6, approvata dalla Commissione nella seduta del 20 giugno 2012, si apprende, dal paragrafo
riguardante le informazioni fornite dal procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, e
dal sostituto procuratore Buccoliero, che il problema dell'abbandono incontrollato dei rifiuti è
connesso a quello della bonifica dei siti contaminati e che «l'esigenza delle attività di bonifica
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sussiste con riferimento a due siti» tra cui vi è quello dell'ex Cemerad in cui sono presenti rifiuti
radioattivi, rifiuti ospedalieri e macchinari a raggi X; dalla «Relazione sulla gestione dei rifiuti
radioattivi in Italia e sulle attività connesse» approvata dalla Commissione nella seduta del 18
dicembre 2012, si apprende che: «Il responsabile del deposito, Giovanni Pluchino, lo aveva
realizzato su un terreno a tal fine preso in affitto da proprietari che risultano ancor oggi essere gli
stessi. A seguito di vicende giudiziarie (il Pluchino sarebbe stato condannato in sede penale dal
Tribunale di Taranto per aver realizzato una discarica di rifiuti pericolosi senza la prescritta
autorizzazione e per aver gestito un impianto di raccolta di rifiuti radioattivi, questo autorizzato,
senza tuttavia rispettare le specifiche norme di buona tecnica al fine evitare rischi di esposizione
alle persone del pubblico), dall'anno 2000 il deposito è posto in custodia giudiziaria, affidata al
comune di Statte. In particolare, custode risulta attualmente essere l'assessore all'ecologia della
giunta comunale in carica»; dalla lettura della relazione sopracitata, si apprende che risale all'anno
2000 l'ultimo inventario dei rifiuti radioattivi e delle sorgenti dismesse, dal quale risultano presenti
nel deposito 1.026 metri cubi di rifiuti di prima categoria, 94 metri cubi di seconda categoria e 20
metri cubi di terza, tutti in attesa, per quanto necessario, di trattamento e condizionamento;
per quanto riguarda gli interventi a carattere ambientale delle istituzioni, si segnala che nell'ambito
delle risorse assegnate alla regione Puglia, per circa 393 milioni di euro complessivi, dalla delibera
CIPE n. 35/05 «Ripartizione delle risorse per interventi nelle aree sottoutilizzate – Rifinanziamento
legge 208/1998 periodo 2005-2008 (legge finanziaria 2005)», per gli interventi su Cemerad, furono
stanziati inizialmente 3,7 milioni di euro; la giunta regionale, con la delibera n. 2326 del 28
novembre 2008, ha deciso la «sostituzione dell'intervento denominato «Completamento delle
attività di risanamento dell'area ex CEMERAD in agro di Statte» (cod. ACTA 02)» a causa di
impegni giuridicamente vincolanti che avrebbero impedito la spesa entro il 31 dicembre 2008, in
quanto, «nel corso delle attività di approvazione del progetto operativo di bonifica, sono emerse
problematiche legate alla particolare natura del rifiuto, identificato come radioattivo e, pertanto,
disciplinato dal decreto legislativo n. 230 del 1995»; inoltre, dal documento sopracitato, si
apprende che il comune di Statte «sulla base di un progetto elaborato da uno studio professionale di
Bari (Romanazzi-Boscia e associati Srl, contratto del 16 maggio 2011)», ha bandito nel giugno
2012 una gara (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 25 giugno 2012) con un importo a base di
gara, al netto di i.v.a., di 1.088.532,23 euro, per «l'affidamento, con contratto di appalto, dei lavori
di caratterizzazione chimica e fisica dei rifiuti presenti all'interno del capannone ex Cemerad»
utilizzando un finanziamento complessivo di 1,5 milioni di euro della provincia di Taranto, ma il
comune non ha proceduto all'aggiudicazione e della successiva stipula del contratto di appalto «per
la mancanza dell'adozione formale da parte della provincia di Taranto dell'impegno relativo a una
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quota residua, pari a poco meno di un terzo dell'intero finanziamento di 1,5 milioni di euro»;
così come definito dalla commissione speciale sopracitata, «la caratterizzazione è un'operazione
volta a definire il contenuto effettivo di un rifiuto ed è certamente necessaria nell'ambito di un
processo di bonifica e propedeutica ad altre attività, ma evidentemente da sola non serve ad
attenuare in alcun modo una eventuale situazione di criticità»; la commissione speciale spiega che
da un'analisi dei documenti del bando di gara sopracitato emanato dal comune di Statte, figura come
l'appalto fosse finalizzato non alla caratterizzazione radiologica di tutti i fusti presenti nel deposito
Cemerad, ma solo all'attribuzione di un codice CER a quella parte di rifiuti che possono essere
considerati non più radioattivi, escludendo quindi in questa fase oggetto di appalto, sia la
caratterizzazione chimico-fisica, sia l'allontanamento dei rifiuti sicuramente radioattivi e quelli privi
di ogni indicazione in merito al contenuto; sempre in merito al bando di gara del comune di Staffe,
dalla relazione della commissione speciale, si evince anche che l'attribuzione del codice CER, non
era neanche per tutti i fusti contenenti materiali non radioattivi, ma sarebbe stata fatta sulla base di
analisi su campioni estratti dal 10 per cento dei fusti da caratterizzare e, inoltre, la verifica
dell'attendibilità della documentazione o dell'etichetta che indica come «non radioattivo» il
contenuto di un fusto, sarebbe stata effettuata con misure radiometriche a campione su un fusto per
ogni lotto di 200 fusti, «un campionamento sulla cui, la rappresentatività si potrebbe avanzare
qualche dubbio»; dalla nota ISPRA trasmessa il 2 maggio 2012, come relazionato alla commissione
sopra citata, al dipartimento della protezione civile, alla regione Puglia, al prefetto di Taranto e al
sindaco di State, a seguito di un sopralluogo effettuato sul sito nell'aprile 2012, risulta che «sia il
capannone, sia i fusti presentano segni di notevole degrado»; in sostanza l'ISPRA afferma che la
situazione sarebbe tale da suggerire l'applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 126-bis
«Interventi nelle esposizioni prolungate», del decreto legislativo n. 230 del 1995, «Attuazione delle
direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 2006/117/Euratom in materia di
radiazioni ionizzanti, 2009/71/Euratom in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari e
2011/70/Euratom in materia di gestione sicura del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi
derivanti da attività civili» pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 136 del 13 giugno 1995;
il sopracitato dispositivo legislativo sancisce che: «Nelle situazioni che comportino un'esposizione
prolungata dovuta agli effetti di un'emergenza radiologica oppure di una pratica non più in atto o di
un'attività lavorativa, di cui al capo III-bis, che non sia più in atto, le autorità competenti per gli
interventi ai sensi della legge 25 febbraio 1992, n. 225,» – Istituzione del Servizio nazionale della
protezione civile – «adottano i provvedimenti opportuni, tenendo conto dei principi generali di cui
all'articolo 115-bis, delle necessità e del rischio di esposizione, e, in particolare quelli concernenti:
a) la delimitazione dell'area interessata,
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b) l'istituzione di un dispositivo di sorveglianza delle esposizioni;
c) l'attuazione di interventi adeguati, tenuto conto delle caratteristiche reali della situazione;
d) la regolamentazione dell'accesso ai terreni o agli edifici ubicati nell'area delimitata, o della loro
utilizzazione.
2. Per i lavoratori impegnati negli interventi relativi alle esposizioni prolungate di cui al comma 1 si
applicano le disposizioni di cui al capo VIII»; da un articolo del 17 febbraio 2014 su Corriere.it a
firma dei giornalisti Andrea Palladino e Andrea Tornago intitolato «La minaccia radioattiva alle
porte di Taranto», viene mostrato per la prima volta un video registrato all'interno del deposito, ad
opera dagli investigatori del Corpo forestale nel 1995, durante una perquisizione richiesta del
procuratore di Matera, Nicola Maria Pace; le dichiarazioni che rilasciano gli uomini del Corpo
forestale dello Stato sono a detta degli interroganti, raccapriccianti, in quanto nell'intervista
effettuata e contenuta nel video, Wiliam Stivali, ex ispettore del Corpo forestale di Brescia e
Giuseppe Giove, comandante forestale Lombardia-E. Romagna, affermano che: «ci siamo trovati di
fronte 14.000 o 18.000 fusti, gran parte dei quali contenenti materiale radioattivo, avevamo un
gaiger e questo gaiger quando siamo entrati, ha cominciato a suonare», Giove aggiunge che: «la
Cemerad aveva un rapporto intimo con Nucleico che era una società partecipata sia da Agip che da
Enea ed ecco perché c'era questo incrocio che partiva dall'Enea di Rotondella, portava a Cemerad e
portava poi a Nucleico in cui erano confluiti sostanzialmente sia Agip nucleare che Enea nazionale»
e aggiunge che: «abbiamo scoperto che c'erano materiali con tempi di decadenza di addirittura 9999
anni (...) siamo rimasti molto basiti perché non ci aspettavamo uno stoccaggio di così lungo termine
in un capannone di lamiera... non era neanche in calcestruzzo»; nello stesso articolo si apprende
che: «nell'informativa preparata alla fine degli anni ’90 dal Corpo forestale dello Stato erano
indicati i rapporti commerciali della Cemerad: tra le tante società c'era la Setri di Cipriano
Chianese, la mente dei traffici di rifiuti dei casalesi, legato – raccontano le indagini della DDA di
Napoli – all'ambiente di Licio Gelli»;
tale situazione, a detta degli interroganti, oltre a dimostrare una totale incapacità delle
amministrazioni
coinvolte
nel
risolvere
il
problema,
rappresenta
una
mala
gestione
nell'assegnazione di denaro pubblico del quale, comunque, rimane ignota la sua reale destinazione
finale;
la Cemerad sembra costituire un reale pericolo per la salute e per l'ambiente a causa delle possibili
perdite e rilasci accidentali dai contenitori delle sostanze radioattive e rifiuti pericolosi, visto che, da
un lato, è trascorso un lungo periodo dalla chiusura dell'azienda nel corso del quale nessun
intervento rilevante è stato svolto, in un'area già profondamente compromessa dalle attività
antropiche e, dall'altro, poiché nessuno al momento può smentire che tali rilasci siano già in corso: 29
se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative di competenza
intenda adottare per rimuovere immediatamente i fusti contenuti nel capannone Cemerad e
bonificare il sito in oggetto;
se possa garantire che non vi siano attualmente in corso, ovvero che non siano già avvenute perdite
di materiale radioattivo e materiale pericoloso nell'ambiente circostante;
quali provvedimenti siano stati già presi e quali quelli previsti per preservare la salute delle
popolazioni residenti vicino il sito in questione;
se si intenda attuare, come suggerito da ISPRA, l'applicazione delle disposizioni contenute
nell'articolo 126-bis «Interventi nelle esposizioni prolungate», del decreto legislativo n. 230 del
1995;
se sia noto quali rapporti siano stati accertati tra la Cemerad, la criminalità organizzata e la
massoneria, e se risulti se questi rapporti abbiano favorito lo smaltimento illecito di materiale
radioattivo ovvero pericoloso nel sito in questione;
quali materiali siano stati trasportati in Cemerad da Nucleico e in che misura siano stati conferiti
rifiuti da ENEA di Rotondella e Agip Nucleare;
quanti fondi pubblici siano stati stanziati e realmente spesi per migliorare la situazione ambientale;
quali siano le amministrazioni coinvolte e se si ravvedano comportamenti non conformi alla
normativa vigente da parte delle pubbliche amministrazioni. (5-03417)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla mancata attuazione dei decreti attuativi
RUOCCO (M5S)
— Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro
per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
in data 20 marzo 2014 dall'interrogante lante è stata depositata un'interrogazione a risposta scritta n.
4-04122 con la quale si chiedeva al Governo di sapere quali misure intendesse intraprendere in
merito alla mancata attuazione dei decreti attuativi al fine di evitare le pesanti ripercussioni
derivanti
dal
gap
tra
quelli
emanati
e
quelli
non
ancora
emanati;
in data 3 agosto 2014 il Ministro per rapporti con il Parlamento ha inviato la sua risposta
all'interrogazione sopra citata affermando che «Considerata la situazione sopra rappresentata, il
Governo, al fine di assicurare la più rapida applicazione delle disposizioni legislative a favore di
famiglie ed imprese, intende procedere incisivamente, da un lato attraverso azioni di sollecitazione
e di stimolo nei confronti dei Ministeri competenti all'emanazione dei decreti attuativi e, dall'altro,
30
promuovendo la riduzione della normativa di secondo livello e dell'uso, ove possibile, di modalità
applicative che appesantiscono e allungano i procedimenti attuativi»; secondo l'ultimo monitoraggio
(al 28 luglio 2014) della Presidenza del Consiglio, i provvedimenti attuativi di leggi già approvate
ne mancano all'appello, tra Governo Monti, Letta e Renzi, ben 715; inoltre secondo fonti di stampa
continua a crescere lo stock dei decreti necessari per rendere pienamente operative le riforme. Il
Messaggero del 31 luglio 2014 ha scritto: «Novecentodicianove giorni, non sono bastati per
approvare il decreto attuativo dell'articolo 64, comma due, del decreto legge 1/2012, “Disposizioni
urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”», cosiddetto Cresci
Italia; si legge inoltre che il totale dei decreti arretrati da attuare sarebbero in tutto 546. Il decretolegge n. 90 del 2014, «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per
l'efficienza degli uffici giudiziari», porta in sé altri sei decreti attuativi. Il decreto n. 66 del 2014,
«Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale», ha ben 38 provvedimenti di attuazione
previsti, di cui fino ad oggi 14 adottati, mentre per altri undici sono già scaduti i termini –:
quali iniziative il Governo intenda assumere anche attraverso la previsione di una norma che
imponga ai Ministeri di predisporre per tempo gli atti di propria competenza e, in caso di
inadempienza, dare alla Presidenza del Consiglio dei ministri la possibilità di attivare stringenti
meccanismi di attuazione. (4-05780)
Interrogazione a risposta orale:
sullo sviluppo della filiera LNG (liquid natural gas) e sull’impatto sul piano energetico
nazionale
VITELLI (SCpI)
— Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il nuovo combustibile LNG (liquid natural gas) sta provocando nel mondo uno sviluppo frenetico
d'iniziative infrastrutturali, industriali, tecnologiche e commerciali di grandissimo impatto
economico;
i Paesi che riusciranno ad essere nel «gruppetto di testa» potranno sfruttare l'onda, lunga almeno
una decina d'anni, per incrementare il loro PIL, attraverso:
a) lo sviluppo di infrastrutture lungo la filiera, dall'estrazione del metano alla pompa di LNG per il
trasporto merci su strada, all'alimentazione delle navi;
b) lo sviluppo di mezzi tecnici per il trasporto: veicoli per il trasporto merci, motori per navi,
sistemi di servomezzi per la manifattura;
31
c) lo sviluppo di kit di trasformazione per poter utilizzare il «dual fuel» (diesel e metano);
d) lo sviluppo di tecnologie adeguate al nuovo combustibile: compressione del gas, rigassificazione;
e) lo sviluppo di tecnologie sostenibili per ottenere il metano da sorgenti rinnovabili: biomasse, ad
esempio;
f) lo sviluppo di servizi per facilitare la diffusione e l'uso intelligente della nuova risorsa motrice;
g) servizi di formazione ed addestramento per il personale addetto alle operazioni: bunkeraggio per
le navi, rifornimento su terra, sicurezza, manutenzione impianti;
dunque, l'entità della dimensione quali-quantitativa del fenomeno LNG mondiale può esser così
sintetizzata: «Considerando un raddoppio del Pil mondiale entro il 2040, e un incremento
demografico da 7 a 9 miliardi della popolazione, il mondo avrà bisogno nei prossimi 25 anni di tutte
le forme di energia; ma petrolio e gas copriranno ancora il 60 per cento dei fabbisogni energetici. Il
gas sarà la fonte con la maggior crescita, pari al +65 per cento; e coprirà più di un quarto del mix
energetico globale. Nel 2040 verranno scambiati volumi di gas pari a due volte e mezzo quelli del
2010; e la maggior parte di questa crescita riguarderà il gas naturale liquefatto. L'area a maggior
assorbimento di LNG sarà l'Asia; il nord America diventerà esportatore». «LNG è destinato ad un
futuro in ascesa grazie alla possibilità che offre di diversificare le fonti di approvvigionamento»
(cfr. Rapporto della Exxon Mobil, «The Outlook for Energy» presentato in Italia da Todd
Onderdonk,
Senior
Energy
Advisor
di
Exxon
Mobil
Corporation,
aprile
2014);
il fenomeno industriale è in accelerazione ed è dimostrato da azioni industriali concrete realizzate in
altri paesi quali: il Giappone, dove è stata commissionata dalla NYK la costruzione della prima
nave al mondo per rifornire con LNG le imbarcazioni che utilizzano LNG come combustibile;
Singapore, dove è stata consegnata dalla Samsung Heavy Industries CO, Ltd la prima metaniera trifuel (elettrico-diesel, LNG) a Shell Tanker Singapore Limited; la Cina, dove la Import&Export
Bank of China ha dato garanzie per 400 milioni per la costruzione di quattro nuove metaniere che
l'Australia userà per esportare il proprio LNG; e per ordinare tre navi «ice-class» che consentiranno
alla Russia di esportare LNG dal terminale di Yamal verso i mercati europei ed asiatici (la
commessa della Russia è stata assegnata alla Daewoo Shipbuilding & Marine Engineering coreana);
l'Unione europea e gli Stati Uniti, dove le recenti normative internazionali (zone «SECA», Sulphur
Emission Control Area) impongono dal 2015 l'attuazione di nuove regole per la navigazione
marittima a SOx ridotto quasi a zero in Nord America, Mare del Nord e Canale della Manica;
in Italia l'ENI ha inaugurato la prima pompa LNG a Piacenza nel giugno 2014, rimanendo tuttavia
questa una mera sperimentazione poiché mancano le norme per omologare i veicoli a LNG;
la Contship e l'autorità portuale di La Spezia sono gli unici partner italiani che abbiano un progetto
finanziato dall'Unione europea sul tema LNG, nel corridoio Adriatico-Grecia-Malta (progetto
32
Poseidon): un progetto finalizzato a stimare i fabbisogni di LNG per la navigazione nel
Mediterraneo e a disegnare la filiera LNG mare-porti-terra; nel 2014 e stato installato il
rigassificatore offshore al largo della costa di Livorno, gestito da Olt-Offshor Lng Toscana,
controllata dalla tedesca E.on e dal gruppo multiutility Iren (46,79 per cento a testa): un progetto per
il quale ci sono voluti 11 anni pur completare l’iter autorizzativo; è stato varato a fine giugno 2014,
presso il cantiere Fincantieri di Castellammare di Stabia, il traghetto di ultima generazione che
Fincantieri sta realizzando per la Société des traversiers du Québec, compagnia canadese che opera
nel trasporto marittimo di passeggeri; la nave è dotata di propulsione diesel elettrica, ma i quattro
gruppi diesel sono di tipo « dual fuel» e potranno funzionare sia a LNG che a marine diesel oil.
Questo sistema di propulsione soddisfa appieno i requisiti ecologici delle zone ECA (Mar Baltico,
Mare del Nord, Caraibi, Nord America). Tali norme saranno introdotte presto anche nel
Mediterraneo; inoltre, l'attività svolta dal Ministero per le infrastrutture e i trasporti che ha
promosso dal 2010 due progetti (COSTA e GreenGranes) centrati su LNG & trasporto navale, e dal
2014 ha avviato il Coordinamento tecnico per lo studio di fattibilità tecnica ed economica del Piano
nazionale strategico LNG, coinvolgendo enti pubblici e privati e creando gruppi di lavoro su
seguenti temi: autorizzazioni; approvvigionamento e stoccaggio; accettabilità sociale e
divulgazione; sicurezza dello stoccaggio e distribuzione; trasporto navale; trasporto pesante:
camion, bus e ferrovie; altri usi: industriali, civile, trasporto come CNG; l'Italia, nonostante si sia
attivata nel settore attraverso le iniziative sopra citate, appare in ritardo rispetto agli altri Paesi e
continua a rimanere poco competitiva, dovendo tra l'altro superare burocrazie e complessità che
altre realtà non hanno –:
quali urgenti iniziative intenda porre in essere per creare le condizioni per lo sviluppo del sistema
d'innovazione a fronte di uno sviluppo travolgente della filiera LNG nel mondo e della situazione
attuale che permette all'Italia di partecipare a questa competizione globale perché le industrie hanno
sviluppato know how e prodotti, spesso all'estero (caso Iveco, in Spagna), ed hanno esportato i loro
prodotti, mancando totalmente la domanda interna;
se non ritenga opportuno attuare una strategia multisettoriale e trasversale di più Ministeri per
assicurare un quadro strategico, normativo e d'incentivi coerente con la sfida che è di competitività
di sistema, considerato che il forte impatto di LNG sul piano energetico nazionale rende ancor più
necessaria una visione ed una strategia integrata tra logistica di sistema ed energia. (3-00977)
Risposta del Viceministro per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, alle interrogazioni a
risposta immediata sulla crisi produttiva del polo petrolchimico di Gela, di FERRARA (SEL)
n. 5-03368 e di CARUSO (PI) n. 5-03371.
33
Il settore della raffinazione nel nostro Paese sta attraversando ormai da alcuni anni una fase di crisi
strutturale, aggravata da un quadro di recessione dell'economia europea e dai conflitti in corso nei
Paesi – principali fornitori di greggio. Ciò ha determinato, nonostante il processo di
razionalizzazione, un eccesso strutturale di capacità di 120 Milioni di tonnellate, pari al 140 per
cento della capacità italiana. I margini di raffinazione sono in significativa flessione (-40 per cento
vs 2013) e la continua riduzione della domanda (ai minimi degli ultimi anni) ha registrato in Italia
l'ulteriore contrazione del 3 per cento con conseguente overcapacity pari a circa 40 milioni di
tonnellate.
Il Ministero dello sviluppo economico segue con grande attenzione la crisi della raffinazione e le
sue ricadute occupazionali ed ha dato avvio a numerose iniziative al riguardo, tra le quali rientra la
riconversione degli impianti di raffinazione, da trasformare in poli di logistica petrolifera, che viene
attuata utilizzando procedure semplificate, che, nel rispetto della disciplina delle singole autonomie
regionali, rimettono all'Amministrazione Centrale la competenza autorizzativa (come fatto per la
raffineria di Porto Marghera trasformata in green refinery). Inoltre, è stato istituito un «Tavolo
permanente sulla raffinazione», ove si confrontano le Compagnie petrolifere, le Associazioni di
settore, le altre Amministrazioni direttamente coinvolte e le parti sociali. La crisi ha comportato per
Eni, nel periodo 2009-2014, perdite nella raffinazione per quattro miliardi, a fronte di un
investimento nel settore di circa 3 miliardi di euro. Circa un miliardo di euro di perdite deriva dalla
contrazione dell'attività dello stabilimento di Gela, tuttavia Eni non vuole abbandonare quel
territorio, anzi ha intenzione di rilanciarlo attraverso un progetto che coinvolgerà i settori
dell'esplorazione e della produzione di idrocarburi nel territorio siciliano, in particolare con nuove
piattaforme off-shore al largo delle coste siciliane per l'utilizzo delle riserve di gas, della
raffinazione, con la modifica del ciclo di lavorazione tradizionale in un ciclo green (green refinery
da 750 kton), e della formazione, su tematiche afferenti la salute, la sicurezza e la tutela
dell'ambiente (creazione di un Safety Center e risanamento ambientale), per un investimento
complessivo di circa 2,1 miliardi di euro. Per analizzare il progetto industriale del gruppo Eni ed
assicurarsi che, come garantito dalla società, l'investimento non comporti ricadute negative per
l'occupazione e l'indotto, il Ministero dello Sviluppo economico ha attivato un confronto sulla crisi
della raffineria di Gela nell'ambito del «Tavolo sulla raffinazione». Dopo una fase molto complessa,
che ha visto le Parti su posizioni contrastanti, il Ministro Guidi ha avviato un confronto serrato che
ha consentito nella giornata di giovedì 31 luglio la sottoscrizione di un importante Verbale di
Incontro. In tale testo, infatti, sia le Organizzazioni Sindacali che Eni hanno anzitutto ribadito la
validità degli accordi sottoscritti ed hanno assunto l'impegno a definire un nuovo ed avanzato
34
sistema di relazioni industriali. Inoltre hanno confermato l'impegno a proseguire il confronto sulle
due realtà di Gela e di Marghera dove l'Azienda ha in corso processi di riorganizzazione con
importanti investimenti. Di particolare rilievo, infine, è la conferma degli impegni di Versalis/Eni
nel settore chimico di Marghera e la conferma che a Gela si sarebbero avviati immediatamente i
lavori di manutenzione (anche sulla linea 1) degli impianti, così da offrire possibilità di concreta
ripresa del lavoro anche per le aziende dell'indotto particolarmente colpite dalla fermata della
raffineria.
Le parti sono convocate nelle sedi locali e successivamente presso il Ministero dello Sviluppo
Economico, entro la metà del prossimo mese di settembre. In quelle occasioni sarà avviato il
confronto sui nuovi piani industriali di Eni che dovranno garantire il mantenimento della
occupazione e della qualità della produzione in un'area particolarmente colpita dalla crisi. Un ruolo
importante in quella occasione, come lo è stato in ogni momento del confronto, sarà certamente
quello delle istituzioni regionali e territoriali interessate.
De Vincenti ha aggiunto che per il Ministero dello sviluppo economico è di assoluta importanza la
tutela dell'occupazione diretta e dell'indotto e che lo sviluppo della cosiddetta green refinery fa parte
della strategia dell'Esecutivo per dare risposte adeguate ad un settore in forte difficoltà. Ricorda che,
in sede di Consiglio europeo, il Governo italiano si è battuto per l'approvazione di una direttiva sui
biocarburanti. Sottolinea che nella bozza di direttiva si è riusciti ad introdurre i biocarburanti di
seconda generazione e che tutti i progetti di ENI fanno riferimento a questo tipo di biocarburanti.
Ricorda, da ultimo, che il Governo ha espresso parere favorevole su un emendamento relativo agli
obiettivi inerenti i biocarburanti di seconda generazione approvato nel testo del decreto-legge
«Competitività» oggi all'esame dell'Assemblea.
Di seguito i testi delle interrogazioni.
FERRARA e altri (SEL)
Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il polo petrolchimico di Gela (Caltanissetta) è un complesso industriale destinato alla raffinazione e
trasformazione in prodotti finiti del petrolio, inaugurato nel 1965 su iniziativa di Enrico Mattei, il
quale progettava di creare un grande polo industriale a Gela allo scopo di sfruttare il petrolio
greggio che era stato trovato sia nell'area gelese che nel vicino ragusano nonché le riserve di gas
naturale scoperte nel territorio di Gagliano Castelferrato. Così vennero costruiti grandi impianti di
raffinazione e un impianto petrolchimico lungo la costa ad est di Gela; oggi il sito industriale gelese
include solamente una raffineria petrolifera in quanto gli impianti di tipo chimico sono stati tutti
dismessi. In particolare gli ultimi impianti, facenti capo alla Syndial Spa (ex Polimeri Europa), sono
35
stati definitivamente fermati nel 2009 e le produzioni trasferite a Ragusa e Priolo; a causa della
perdurante crisi petrolifera europea, e ad alcune condizioni di disagio infrastrutturale e
impiantistico, la raffineria gelese da circa un decennio marcia a regime ridotto, tra il 60 e il 70 per
cento della propria capacità produttiva; a causa delle copiose perdite di tipo economico, tra 2012 e
2013 l'azienda ha disposto la fermata di due delle tre linee produttive e da aprile 2014 gli impianti
hanno subito un nuovo fermo in seguito, tra l'altro, ad un incendio prodotto dalla fuoriuscita di
idrocarburi ad alta temperatura da una tubazione; il petrolchimico è un enorme complesso diviso in
isole, che si affacciano sul mare, sul fiume o sono divise tra di loro da terreni agricoli;
è uno degli impianti più grandi e importanti presenti in Europa; la raffineria riceve ogni anno oltre 5
milioni di tonnellate di materia prima che viene poi trasformato in prodotti finiti da vendere sul
mercato. Vengono inoltre prodotti 1530 MWh di energia elettrica derivanti dalla combustione dei
prodotti residui dalla raffinazione. Lavora prevalentemente grezzi provenienti dai 7 pozzi EniMed
situati a Gela, da Ragusa, dalla piattaforma Vega, dall'Egitto, dall'Iran, dalla Libia, dalla Russia e
dalla Siria; in Sicilia è concentrato il 40 per cento della raffinazione del greggio in capo al gruppo
Eni. Infatti, oltre alla raffineria di Gela che occupa 1.500 lavoratori diretti e altrettanti nell'indotto, il
gruppo Eni conta anche il petrolchimico di Priolo (Siracusa); nel luglio 2013 la regione Sicilia ha
sancito un accordo con i vertici Eni per rilanciare la raffineria di Gela e riconvertirla con la
produzione in gasoli di qualità, grazie a un investimento da 700 milioni di euro;
l'Eni stima in 150 milioni l'anno le perdite accumulate finora a Gela, a fronte del rosso da 250
milioni del sito di Sannazaro (Pavia) e sembrerebbe quindi che l'amministratore delegato Claudio
De Scalzi abbia intenzione di accelerare il processo di riduzione della raffinazione e di chiudere i
rubinetti in Italia per puntare sempre di più all'estero; infatti, a distanza di un anno dall'accordo
siglato con la regione Sicilia, a seguito della crisi che ha colpito il mondo della raffinazione,
l'amministratore delegato di Eni ha annunciato il mancato riavvio del sito di Gela, l'archiviazione
del piano da 700 milioni di investimenti previsti per la riconversione del sito e ha prospettato per il
sito un piano di bioraffinazione (modello Porto Marghera) da 200 milioni, da aggiungere a 80
milioni da spendere per le bonifiche; a parere degli interroganti l'entità dell'investimento sembra
troppo esigua per rilanciare il sito che rischierebbe di veder lavorare poco più di 200 lavoratori a
fronte dei 3.000 tra diretti e indotto; in attesa di conoscere il futuro della raffineria di Gela, le
imprese che operano per l'indotto cominciano in questi giorni, come riportato dalla stampa e da
fonti sindacali, a ufficializzare i primi licenziamenti; infatti 15 dei 40 addetti alla coibentazione
della ditta Riva e Mariani sono stati già licenziati e si sommano ai 40 metalmeccanici licenziati
dalla Tucam, l'impresa che si occupava delle manutenzioni degli impianti della fabbrica del colosso
energetico Eni insieme alla Smin impianti che da ormai un anno conta 130 lavoratori in cassa
36
integrazione;
a questa lunga lista si sommano i 90 dipendenti della Ecorigen, l'azienda chimica francese che
effettua lavori di rigenerazione dei catalizzatori, a rischio occupazione a causa del fermo prolungato
degli impianti della raffineria che non garantisce più la fornitura delle materie prime per i processi
di lavorazione; la situazione a Gela è drammatica e dopo i primi licenziamenti al petrolchimico,
conseguenza diretta della mancanza di commesse di lavoro, a parere degli interroganti vi è un serio
allarme per la tenuta sociale di un'intera comunità e l'auspicio è quello che non si verifichi come a
Termini
Imerese
il
crollo
dell'occupazione
e
la
fine
del
sogno
industriale;
il timore degli interroganti è inoltre legato al fatto che quanto sta accadendo nel polo petrolchimico
di Gela sia destinato a ripetersi anche negli altri territori interessati dal drastico piano industriale
deciso da Eni; la Sicilia non può essere esclusa dal business industriale dell'Eni, proprio quando lo
stesso gruppo ha appena siglato un accordo da 2,4 miliardi di investimenti per lo sviluppo di
giacimenti nel Canale di Sicilia (al largo tra Licata e Pozzallo) e a terra (nel Ragusano), il
potenziamento di 5 campi già esistenti e nuove esplorazioni per 5 pozzi. L'Eni non può sfruttare il
territorio con i pozzi e chiudere le raffinerie –:
se il Governo, anche alla luce dell'ultimo tavolo ministeriale, non intenda giungere insieme all'Eni,
alle parti sociali e alle organizzazioni sindacali, ad una soluzione positiva della vicenda attraverso
piani industriali seri e credibili, anche in attuazione dell'accordo con la regione Siciliana che
prevede un investimento di 700 milioni di euro. (5-03368)
CARUSO e D'ALIA (PI)
— Al
Ministro
dello
sviluppo
economico.
—
Per
sapere
–
premesso
che:
in data 9 luglio 2013 l'Eni confermava la volontà di continuare ad investire nel territorio di Gela
firmando un accordo con le parti sociali e istituzionali del territorio nel quale si prevedeva un
progetto di ristrutturazione e rilancio del sito produttivo con un investimento di 700 milioni di euro,
con l'obiettivo di dare vita ad una raffineria capace di affrontare le sfide di un mercato competitivo
ed in continua evoluzione, economicamente solida, ancora più ecocompatibile ed attenta al
territorio;
secondo i dirigenti Eni il «progetto di ristrutturazione e di rilancio mirava a recuperare sostenibilità
economica attraverso il superamento delle debolezze strutturali del sito». Sempre la stessa Eni
dichiarava che a regime nel 2017, grazie ad un nuovo assetto industriale ed organizzativo, la
raffineria di Gela doveva essere capace di generare utili con produzioni più adeguate alle esigenze
di mercato (massimizzazione della produzione di diesel e interruzione della produzione di benzine e
polietilene) recuperando nel contempo affidabilità, flessibilità ed efficienza operativa;
37
lo scorso mese di giugno lo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
accoglieva le istanze proposte dal gruppo Eni riguardo al rilascio della certificazione AIA,
riconoscendo alla raffineria di Gela il principio della media ponderata sulle emissioni inquinanti in
atmosfera che gli consente di vendere l'energia elettrica prodotta dalla centrale termoelettrica;
nei giorni scorsi l'amministratore delegato di Eni, Descalzi comunicava agli organi di stampa la
volontà della società di procedere al fermo degli impianti a tempo indeterminato, non rispettando di
fatto quanto previsto dall'accordo del 9 luglio 2014 sottoscritto con le parti sociali e istituzionali;
tale volontà veniva confermata nel corso degli incontri con i sindacati tenutosi a Roma in data 8
luglio 2014; a dimostrazione di quanto annunciato da Descalzi, la produzione presso la raffineria di
Gela si è interrotta dal 15 marzo 2014, facendo precipitare nel panico un'intera comunità che ha
ancora nel presidio industriale il cuore pulsante della propria economia; come viene riportato nel
documento approvato dal consiglio comunale di Gela «Nessun indizio di chiusura era paventato,
atteso che la stessa Eni dichiarava che, a differenza delle altre società petrolifere europee che
stavano chiudendo le loro raffinerie in Europa (15 dal 2008) per investire in Asia e in Medio
Oriente, loro invece avevano deciso di affrontare la difficile congiuntura economica del settore
senza delocalizzare, bensì investendo nel riassetto dei siti italiani in crisi»; la paventata chiusura
della raffineria di Gela, metterebbe in discussione il posto di lavoro di almeno 5.000 lavoratori tra
diretto ed indotto, con dirette conseguenze per la tenuta sociale ed economica della città stessa e del
suo comprensorio scelta che se confermata rappresenterebbe un tradimento per l'intera comunità
siciliana che ha dato molto di più di quanto abbia ricevuto; il territorio di Gela e i comuni limitrofi
non potrebbero sostenere le ricadute sociali di un eventuale delocalizzazione del sito di raffinazione,
che determinerebbe il rischio concreto di un pericoloso ritorno della recrudescenza criminale;
ai cittadini di Gela, che considerano ancora l'Eni come un'industria di Stato, e che hanno
scommesso in questi anni sul riscatto di quella terra, puntando sull'affermazione della legalità come
presupposto di un modello di sviluppo, una tale evenienza farebbe passare l'insidioso sospetto che a
garantire i presidi della legalità e dello sviluppo in Sicilia, debbano essere soltanto i sacrifici
unilaterali a carico dei cittadini –:
quali iniziative intenda intraprendere per riattivare la produzione e restituire la serenità alle
centinaia di famiglie gelesi preoccupate per il loro futuro e se non ritenga di sollecitare l'Eni
affinché dia seguito a quanto sottoscritto nell'ultimo accordo del 2013, che prevedeva investimenti
di adeguamento tecnologico e ambientale che avrebbero dato sicuramente ristoro e fiducia a quella
comunità, vessata dagli effetti di questa crisi perdurante. (5-03371)
38
Interrogazione a risposta scritta:
sulle agevolazioni alle utenze di energia elettrica, gas naturale e del servizio idrico integrato
nei comuni colpiti dagli eventi sismici, con riferimento alle deliberazioni dell'Autorità per
l'energia elettrica e il gas
FERRARESI e DELL'ORCO (M5S)
— Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere –
premesso che:
l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 74 del 2012, ha precisato che le disposizioni del
medesimo decreto sono volte a disciplinare gli interventi per la ricostruzione, l'assistenza alle
popolazioni e la ripresa economica nei territori dei comuni delle province di Bologna, Modena,
Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, interessate dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29
maggio 2012, per i quali è stato adottato il decreto ministeriale 1o giugno 2012 di differimento dei
termini per l'adempimento degli obblighi tributari, nonché di quelli ulteriori indicati nei successivi
decreti
adottati
ai
sensi
dell'articolo
9,
comma
2,
della
legge
n. 212
del
2000;
l'articolo 8, comma 2, del decreto-legge n. 74 del 2012, prevede che, con riferimento ai settori
dell'energia elettrica, dell'acqua e del gas, ivi inclusi i gas diversi dal gas naturale distribuiti a mezzo
di reti canalizzate, la competente autorità di regolazione, con propri provvedimenti, introduce
norme per la sospensione temporanea, per un periodo non superiore a 6 mesi a decorrere dal 20
maggio 2012, dei termini di pagamento delle fatture emesse o da emettere nello stesso periodo,
anche in relazione al servizio erogato a clienti forniti sul mercato libero, per le utenze situate nei
comuni danneggiati dagli eventi sismici, come individuati ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del
medesimo decreto; il medesimo comma prevede altresì che, entro 120 giorni dalla data di
conversione in legge del medesimo decreto, l'autorità di regolazione, con propri provvedimenti,
disciplina altresì le modalità di rateizzazione delle fatture i cui pagamenti sono stati sospesi ai sensi
del precedente periodo ed introduce agevolazioni, anche di natura tariffaria, a favore delle utenze
situate nei comuni danneggiati dagli eventi sismici come individuati ai sensi dell'articolo 1,
comma 1 del medesimo decreto; la deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas del 16
gennaio 2013, 6/2013/R/COM, integrata con deliberazione 105/2013/R/COM, ha ritenuto
opportuno dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 8, comma 2, del decreto-legge n. 74
del 2012, adottando modalità operative per il riconoscimento delle agevolazioni alle popolazioni
colpite dagli eventi sismici del 20 maggio 2012 in linea con lo schema previsto dal documento per
la consultazione 453/2012/R/com, tenendo conto delle esigenze emerse in sede di consultazione;
lo stesso provvedimento ha quindi deliberato le agevolazioni applicandosi alle utenze di energia
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elettrica, gas naturale e del servizio idrico integrato nei comuni colpiti dagli eventi sismici inclusi
nell'allegato 1 al decreto ministeriale 1o giugno 2012, nonché quelli ulteriori indicati nei successivi
decreti adottati ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge n. 212 del 2000; dopo la sospensione
di sei mesi dei termini di pagamento delle bollette di energia elettrica e gas, le popolazioni colpite
dal sisma del maggio 2012 hanno potuto usufruire di rateizzazioni automatiche senza interessi, per
un periodo minimo di due anni, da applicarsi sia alle forniture in servizio di tutela sia sul libero
mercato, è stato previsto anche l'azzeramento dei costi per eventuali nuove connessioni, subentri o
volture richieste da soggetti la cui abitazione è inagibile; a tutti i clienti nel periodo dal 20 maggio
2012 al 19 maggio 2013 sono stati ridotti del 50 per cento i corrispettivi per l'utilizzo delle reti e gli
oneri generali di sistema, nel secondo anno, cioè dal 20 maggio 2013 al 19 maggio 2014, la
riduzione per i corrispettivi di rete è stata del 50 per cento, mentre per gli oneri del 40 per cento; fra
le agevolazioni vi è anche la rateizzazione delle bollette dell'acqua per 12 mesi; le agevolazioni si
applicano in modo automatico a tutte le utenze che già esistevano nei comuni colpiti dal sisma e a
quelle dei moduli abitativi temporanei; si definiscono come «moduli temporanei abitativi» i
complessi adibiti a civile abitazione realizzati ai sensi dell'articolo 10, comma 1, del decreto-legge
n. 83 del 2012; nei moduli temporanei abitativi la dotazione impiantistica non prevede utenze gas e
il riscaldamento è assicurato tramite rete elettrica, necessitando pertanto di una potenza impegnata
fino a 6 chilowatt; a due anni dal terremoto risultavano ancora occupati circa 800 moduli su 977
inizialmente installati, per un totale di circa 2.600 persone dentro alloggiate; nei moduli, poco più
che container di cantiere, con certificazione energetica G), le opere infrastrutturali non hanno
ancora avuto i collaudi tecnico amministrativi, vi sono infiltrazioni d'acqua, serramenti che non
isolano dall'esterno, pavimenti che cedono, interventi continui per bonificare dai topi;
la condizione di vita all'interno è esasperante, è alto il consumo di ansiolitici ed antidepressivi, le
relazioni familiari, visto la ristrettezza degli spazi, sono spesso compromesse; le conseguenze ovvie
della scelta fatta di acquistare moduli in classe energetica G), quella maggiormente energivora,
stanno pesantemente ricadendo sulle persone costrette ad abitarli; in questo contesto, pur in
presenza delle agevolazioni tariffarie, sono centinaia le bollette elettriche che hanno importi che
vanno dai 1.500 ad oltre 3.000 euro annui, creando di fatto un peso economico insostenibile, un
forte disagio e spesso l'impossibilità ad adempiere al loro pagamento; l'assistenza alle popolazioni,
così come previsto dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 74 del 2012, deve poter incidere
anche al fine di dare maggiore garanzia di diritto a chi si trova nella condizione di dover vivere,
perché
ha
la
casa
inagibile
a
causa
del
terremoto,
all'interno
dei
moduli;
la ricostruzione procede con tempi dilatati, come più volte denunciato, e anche a causa
dell'appesantimento della burocrazia causato dalle centinaia di ordinanze commissariali di difficile
40
ed a volte contraddittoria interpretazione, i tempi di permanenza all'interno dei moduli si prevedono
ancora lunghi; al 19 maggio 2014 sono scaduti i termini previsti, in particolare per le agevolazioni
di riduzione dei corrispettivi per l'utilizzo delle reti e gli oneri generali di sistema, una misura che
comunque, come si è riscontrato, non impedisce importi anomali, superiori a qualsiasi consumo in
un comune edificio con superficie corrispondente; gli interroganti pensano che sia necessario un
intervento governativo affinché, attraverso il commissario straordinario, si sostenga, in tutto o in
parte, il costo dei consumi energetici dei moduli abitativi, e che tale costo possa essere coperto
impiegando le risorse già stanziate nell'ambito del Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal
sisma del 20 e del 29 maggio 2012, di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 74 del
2012–:
se il Governo non ritenga necessaria un'iniziativa urgente ed efficace per sostenere i costi dei
maggiori consumi elettrici evidenziati a causa della carente coibentazione dei moduli abitativi;
se il Governo non ritenga di assumere iniziative normative per prevedere ulteriori agevolazioni per i
cittadini che hanno subito gli effetti drammatici del terremoto e che conseguentemente sono
costretti a vivere in moduli abitativi, fino alla completa agibilità delle originarie residenze.
(4-05822)
Interrogazione a risposta orale:
sulle iniziative per scongiurare l'interruzione del servizio di tracciabilità dei rifiuti pericolosi
(Sistri)
TERZONI, e altri (M5S)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
all'articolo 14, comma 2, del decreto legge 91 del 2014 è stata inserita una norma con la quale viene
prolungata la durata del contratto che lega il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare e Selex fino al 31 dicembre 2015; il 21 luglio 2014 proprio Selex Service Management,
società controllata di Finmeccanica Selex Es, ha comunicato al Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare l'intenzione di non proseguire la propria attività nell'ambito dei
programma Sistri oltre la scadenza contrattuale del 30 novembre prossimo;
stante questa volontà espressa dalla società c’è il forte rischio di vedere sospeso il servizio di
tracciabilità dei rifiuti pericolosi nonostante le ditte obbligate ad aderirvi abbiano già versato la
quota annuale –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di scongiurare l'interruzione del
servizio di tracciabilità dei rifiuti pericolosi. (3-00990)
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Interrogazioni a risposta scritta:
sulla concessione di derivazione idroelettrica sul fiume Adda da parte di Edison
GUIDESI (LNA)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
la società VIS s.r.l. ha presentato alla provincia di Lodi un'istanza di concessione di derivazione di
acqua pubblica ad uso idroelettrico sul Fiume Adda in comune di Castelnuovo Bocca d'Adda
(Lodi), tra Lodi e Cremona, con relativa realizzazione dell'impianto; la domanda prevede il
posizionamento di un impianto da 20 megawatt di potenza, per la produzione di energia elettrica
con l'utilizzo di una traversa che innalza notevolmente il livello del corso d'acqua del fiume Adda,
per ben tre metri, in una zona particolarmente sensibile al livello idrico e vocata all'attività agricola
con la presenza di allevamenti di bovini da latte; l'allarme tra le aziende agricole della zona è alto,
in quanto l'innalzamento della falda comporterebbe l'impossibilità di coltivare parecchi ettari con
una conseguente perdita del valore fondiario, utilizzando un bene pubblico, come l'acqua, per un
tornaconto economico privato; l'aumento di 3 metri del livello del fiume, si svilupperà per circa 14
chilometri partendo da Castelnuovo e andando indietro fino a Crotta, Pizzighettone e Maleo,
incidendo sull'equilibrio ambientale e la morfologia del fiume; l'istanza è stata presentata alla
provincia di Lodi che si dovrà esprimere dopo aver acquisito: il parere dell'AIPO per quanto
riguarda la sicurezza delle persone e la sicurezza delle cose, il parere dell'Autorità di bacino per il
Po, il parere del Parco Adda Sud per quanto riguarda i risvolti ambientali e il parere obbligatorio
dell'ufficio dighe di Milano (emanazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) che è
competente dal punto di vista tecnico per gli sbarramenti che o superano i 15 metri di altezza (in
questo caso si tratta di 3 metri) oppure il milione di metri cubi di invaso (e qui si tratta di 3 milioni
di metri cubi); il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, all'allegato II alla Parte Seconda, in
merito ai progetti di competenza statale da sottoporre a Valutazione di impatto ambientale, al punto
13 include gli «Impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, di
altezza superiore a 15 m o che determinano un volume d'invaso superiore ad 1.000.000 mc, nonché
impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque a fini energetici in modo durevole, di
altezza superiore a 10 m o che determinano un volume d'invaso superiore a 100.000 mc, con
esclusione delle opere di confinamento fisico finalizzate alla messa in sicurezza dei siti inquinati.»;
l'impianto in questione raggiunge un volume di invaso pari a 3.000.000 metri cubi, e pertanto
dovrebbe essere sottoposto a VIA nazionale e rientrare nelle competenze del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; da quanto si apprende dal sito della provincia di
42
Lodi, infatti, dello stesso avviso è anche la regione Lombardia che, in data 22 maggio 2013,
rispondendo a una richiesta formulata dalla provincia di Lodi, ha comunicato che qualora il volume
d'invaso fosse pari o superiore a 100.000 metri cubi, l'impianto risulterebbe soggetto
all'acquisizione di Valutazione di impatto ambientale nazionale; alla luce della comunicazione della
regione, l'amministrazione provinciale di Lodi ha firmato una determina che comunica alla società
Vis Srl la necessità di attivare la procedura di Valutazione di impatto ambientale statale;
l'impianto, se da una parte potrebbe creare occupazione, dall'altra dovrebbe essere valutato con
attenzione sia ai fini della tenuta delle sponde sia ai fini degli impatti ambientali e del mantenimento
del deflusso minimo vitale, anche alla luce di un'ulteriore derivazione idroelettrica sulla stessa asta
del fiume Adda, proposta dalla Edison spa, di cui è in corso la procedura di impatto ambientale e di
cui il 14 gennaio 2014 è scaduto il termine di legge per la presentazione delle osservazioni da parte
del pubblico –:
se il Ministro intenda appurare la competenza del proprio Ministero in materia di Valutazione di
impatto ambientale relativamente alla derivazione idroelettrica sul fiume Adda in comune di
Castelnuovo Bocca d'Adda e valutare le conseguenze ambientali e sociali dalla realizzazione
dell'impianto, con riferimento sia alle specie e attività agricole che verranno sommerse dall'acqua,
sia agli impatti cumulativi con l'ulteriore derivazione idroelettrica sulla stessa asta del fiume Adda,
proposta dalla Edison. (4-05799)
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il 14 novembre 2013, la società Edison S.p.A. ha presentato al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare istanza per l'avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale per
il progetto di «Derivazione idroelettrica sul fiume Adda a valle del nuovo ponte sulla SS 591»;
il progetto rientra tra quelli elencati nell'allegato II alla parte seconda del decreto legislativo n. 152
del 2006, al punto 13 «Impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo
durevole, di altezza superiore a 15 m o che determinano un volume d'invaso superiore ad 1.000.000
mc, nonché impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque a fini energetici in modo
durevole, di altezza superiore a 10 m o che determinano un volume d'invaso superiore a 100.000
mc, con esclusione delle opere di confinamento fisico finalizzate alla messa in sicurezza dei siti
inquinati»; il progetto ricade, inoltre, nella categoria progettuale individuata dall'allegato IV alla
parte seconda del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, al punto 2, lettera m), come
impianto per la produzione di energia idroelettrica con potenza nominale di concessione superiore
a 100 kW; il progetto è localizzato in regione Lombardia, province di Lodi e Cremona, comuni di
Bertonico, Ripalta Alpina e prevede la realizzazione, attraverso di un taglio di meandro, di un
43
impianto idroelettrico che sfrutta una nuova traversa formando un invaso con un'altezza massima
pari a 2,90 metri e con un volume di circa 660.000 metri cubi; risultano inoltre interessati il comune
di Gombito, relativamente al tratto sotteso, e il comune di Montodine, interessato parzialmente
dall'invaso; l'impianto idroelettrico ad acqua fluente ha una potenza nominale massima di 5824
chilowatt e utilizza mediamente un salto idraulico di 3,96 metri;
dalle osservazioni pubblicate nel sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare si apprende la preoccupazione dei cittadini in merito alla realizzazione della nuova centrale in
quanto l'area è stata più volte coinvolta da fenomeni alluvionali e l'attuazione delle opere necessarie
alla realizzazione dell'impianto potrebbe compromettere il naturale corso del fiume e provocare
l'isolamento di gran parte del territorio; lo sbarramento determinerà una profonda alterazione dello
stato morfologico locale e comporterà un conseguente deterioramento dello stato ecologico di un
tratto significativo del fiume Adda con il rischio di passaggio permanente da corpo idrico naturale a
fortemente modificato; la riduzione della velocità di corrente comporterà, inevitabilmente, il
deposito di sabbie fini che determineranno l'occlusione degli interstizi tra i ciottoli del fiume, con
danno agli organismi bentonici; il progetto è fortemente impattante sullo stato ecologico fluviale
poiché comporterà alterazioni sulla riproduzione dell'ittiofauna, costituendo un ostacolo ai
movimenti migratori, sia in salita che in discesa;
le associazioni territoriali del lodigiano dichiarano la propria forte contrarietà al progetto e si
riservano di agire legalmente in sede comunitaria ai fini della tutela dello stato ecologico del fiume
Adda e dei suoi ecosistemi –: quali interventi il Ministro intenda adottare per impedire la
realizzazione del progetto di «Derivazione idroelettrica sul fiume Adda a valle del nuovo ponte
sulla SS 591» allo scopo di salvaguardare la continuità biologica e lo stato ecologico di un tratto
significativo del fiume Adda. (4-05800)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sulle azioni intraprese da Enel e finalizzate all'ottenimento del rimborso di quanto già pagato
in esecuzione delle sentenze sfavorevoli, in relazione al black-out del 28 settembre 2003
CAPOZZOLO (PD)
— Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere –
premesso che:
in Italia, in relazione al black-out del 28 settembre 2003, sono state presentate contro Enel
Distribuzione spa, numerose richieste stragiudiziali e giudiziali di indennizzi automatici e di
risarcimento di danni da parte di consumatori finali; tali richieste hanno dato luogo a un
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significativo contenzioso dinanzi ai Giudici di Pace, concentrato essenzialmente nelle regioni
Campania,
Calabria
e
Basilicata,
per
una
cifra
totale
di
circa
250.000
giudizi;
in primo grado tali giudizi si sono conclusi per circa due terzi con sentenze a favore dei ricorrenti
(con condanna di Enel al pagamento di indennizzo e spese legali) mentre i giudici di tribunale che si
sono pronunciati in sede di appello hanno quasi tutti deciso a favore di Enel Distribuzione,
motivando sia in relazione alla carenza di prova dei danni denunciati, sia riconoscendo l'estraneità
della società all'evento; le sentenze sfavorevoli a Enel Distribuzione sono state tutte impugnate
davanti alla Corte di cassazione, che si è pronunciata a favore di Enel, confermando il primo
orientamento, già emesso con le ordinanze (numeri 17282, 17283 e 17284) del 23 luglio 2009, che,
accogliendo i ricorsi e rigettando le domande dei clienti, ha escluso tassativamente la responsabilità
di Enel Distribuzione: la Suprema Corte di Cassazione, inoltre, ribaltando un precedente
orientamento giurisprudenziale, ha negato la sussistenza del danno esistenziale per le cause di
modesto importo economico, quali quelle promosse contro l'Enel, Telecom, limitandone l'esistenza
solo ai diritti costituzionalmente garantiti; dal mese di maggio 2008, Enel, attraverso le proprie
Compagnie assicuratrici, ha intrapreso una serie di azioni finalizzate all'ottenimento del rimborso di
quanto già pagato in esecuzione delle sentenze sfavorevoli; a detta delle associazioni di tutela dei
consumatori che si stanno occupando della vicenda, Enel Distribuzione, per raggiungere tale scopo,
ha affidato ad una società di riscossione, il compito di recuperare le somme richieste; il recupero di
queste somme si sta effettuando con l'invio di migliaia di lettere con richiesta rimborso indennizzo e
spese legali; si sta generando un vero e proprio allarme sociale nella comunità del Cilento e
dell'intera provincia di Salerno, già debilitate da un grave quadro di congiuntura economica,
provocato dall'arrivo di migliaia di raccomandate attraverso le quali sono state richieste le somme
precedentemente citate –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti presentati in premessa e quale sia il loro
orientamento e se intendano promuovere le azioni necessarie per favorire un confronto tra le parti
che arrivi ad una possibile conciliazione. (5-03443)
Interrogazione a risposta scritta:
sugli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte degli enti
privati in controllo pubblico e delle società partecipate
TOFALO, e altri (M5S)
— Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, recante «Riordino della disciplina riguardante gli
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obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche
amministrazioni» in diverse amministrazioni regionali, provinciali e comunali non è stato
completamente attuato; il dipartimento della funzione pubblica, a causa del sorgere di dubbi
interpretativi circa il preciso ambito oggettivo e soggettivo di applicazione delle nuove norme, ha
formulato, previa Conferenza Stato-regioni-enti locali, la circolare n. 1 del 14 febbraio 2014 nella
quale si conferma, in particolare, che «... grazie ad una lettura coordinata e sistematica delle
disposizioni normative [...] è da ritenere che tra gli enti privati in controllo pubblico rientrino le
“società controllate ai sensi dell'articolo 2359 c.c.”, che devono essere sottoposte all'integrale
applicazione delle regole di trasparenza, mentre alle società partecipate (con partecipazione
minoritaria o comunque diversa da quella descritta dall'articolo 2359 c.c.) le regole di trasparenza si
dovranno applicare “limitatamente”, e con le conseguenze che ne derivano, alla “loro attività di
pubblico interesse”»; la partecipazione e la trasparenza amministrativa sono il fulcro della
democrazia; diverse esperienze, non solo nel mondo della politica, hanno dimostrato che dove esiste
reale partecipazione popolare e trasparenza, c’è un miglioramento generale della qualità di vita –:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per accelerare o aiutare
l'adeguamento degli gli enti ancora non in regola con il decreto-legge n. 33 del 2013. (4-05792)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla regolamentazione della possibilità di classificare come sottoprodotti gli scarti di
materiale legnoso utilizzato a fini energetici, e sul conseguente accesso agli incentivi
REALACCI (PD)
— Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'attuale sistema di incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili prevede la
possibilità di accesso a tariffe premianti per impianti che utilizzano quale combustibile materiale
legnoso non costituito da legno vergine, comprendendo lo stesso all'interno delle biomasse
utilizzabili per la produzione di energia. In particolare, il decreto ministeriale 6 luglio 2012
denominato «Nuovi incentivi alle fonti rinnovabili» al capo 6 «Impianti ibridi» Parte I «Impianti
ibridi alimentati da rifiuti parzialmente biodegradabili» riporta in Tabella 6.A la lista dei rifiuti a
valle della raccolta differenziata per i quali è ammesso il calcolo forfettario dell'energia imputabile
alla biomassa; tra le tipologie di rifiuti ammesse all'incentivo sono compresi alcuni codici CER
relativi a scarti di legno (030101, 030105, 030199, 170201, 191207) che vengono utilizzati anche
all'interno del sistema produttivo di riciclo del legno, ovvero nel comparto del legno-arredo;
il citato decreto prevede inoltre un forte sostegno incentivante all'utilizzo a fini energetici di alcuni
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materiali classificati come sottoprodotto. Tali materiali sono riportati in tabella 1.A «Elenco dei
sottoprodotti/rifiuti utilizzabili negli impianti a biomassa e biogas»; al punto 4 tale tabella riporta i
sottoprodotti provenienti da attività industriali e nello specifico i «sottoprodotti della lavorazione
del legno per la produzione di mobili e relativi componenti». Questa voce permette l'ingresso nelle
centrali di combustione a biomasse di materiale legnoso, non giuridicamente rifiuto ma classificato
come sottoprodotto ai sensi dell'articolo 184-bis, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006;
per questo tipo di materiale, infatti, non esistono linee guida o atti normativi di qualsiasi genere che
definiscono le caratteristiche chimico-fisiche del legno affinché possa essere utilizzato per la
produzione di energia elettrica come sottoprodotto. Questo significa che, potenzialmente, qualsiasi
residuo legnoso, anche se costituito da legno trattato, potrebbe essere classificato come
sottoprodotto e quindi bruciato in impianti a biomassa, senza un'effettiva tracciabilità dei flussi e un
adeguato controllo delle emissioni; la possibilità per determinati impianti di produzione di energia
elettrica di poter ricevere incentivi grazie all'utilizzo di scarti provenienti dall'industria del legno, sia
se classificati come rifiuto che come sottoprodotto, ha fatto sì che importati flussi di rifiuti legnosi
vengano distratti dal circuito delle raccolte differenziate e vengano impiegati come combustibile in
centrali a biomasse per la produzione di energia, a discapito del loro riciclo nel comparto produttivo
del legno, capace invece di riutilizzare il materiale e rimetterlo nella «tecno sfera» ottenendo un
ritorno superiore in termini ambientali, occupazionali ed economici, e che rappresenta uno dei
principali settori del made in Italy, precursore a livello mondiale del riciclo del legno;
un siffatta di gestione dei flussi di materiale legnoso di scarto è inoltre in evidente contrasto con
quanto previsto dalla direttiva europea sui rifiuti 2008/98/CE, recepita con il decreto legislativo 3
dicembre 2010, n. 205, che definisce una precisa gerarchia nella gestione dei rifiuti, dando priorità
al riciclaggio degli stessi rispetto al loro recupero energetico; la preferibilità del riciclaggio degli
scarti legnosi rispetto al loro utilizzo come combustibile per la produzione di energia elettrica è
confermata da uno studio LCA (life cycle assessment, analisi del ciclo di vita), che ha valutato i
carichi energetici e ambientali relativi a un processo o un'attività, effettuato attraverso
l'identificazione dell'energia e dei materiali usati e dei rifiuti rilasciati nell'ambiente durante l'intero
ciclo di vita del materiale; il life cycle assessment ha permesso di confrontare le pratiche di gestione
del legno post-consumo per la produzione di pannelli truciolari (attività R3: riciclo/recupero di
sostanza organiche non utilizzate come solventi) e ai fini di produzione energetica (attività R1:
utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia). Lo studio ha
poi quantificato e confrontato l'impronta di carbonio, ovvero il contributo dei gas ad effetto serra
rilasciati direttamente ed indirettamente dalle attività coinvolte nei sistemi produttivi. I risultati
ottenuti restituiscono un profilo ambientale-climatico delle due attività indagate molto differente:
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complessivamente l'attività di riciclo del legno post-consumo in pannelli truciolari equivale a circa
1/3 (un terzo) dell'impronta di carbonio della combustione con recupero energetico. Detta
quantificazione comprende le attività di trasporto dei materiali, di consumo di materiali ausiliari, di
consumi energetici ed idrici, di produzione di rifiuti e le emissioni dirette in atmosfera di anidride
carbonica, dovute alla combustione del materiale legnoso; in considerazione di quanto sopra, si
ritiene quindi necessario una verifica dello stato del mercato degli scarti di legno a seguito
dell'entrata in vigore del sistema incentivante previsto dal decreto ministeriale del 6 luglio 2012,
anche alla luce della direttiva europea (2008/28/CE) sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti
rinnovabili, recepita con decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, che all'articolo 23 prevede che la
Commissione europea abbia il compito di analizzare l'impatto dell'aumento della domanda di
biomassa sui settori che utilizzano biomassa e di proporre, se del caso, misure correttive –:
se il Ministro dello sviluppo economico intenda adottare adeguate misure per ripristinare la corretta
gerarchia
nella
gestione
dei
rifiuti
costituiti
da
scarti
di
materiale
legnoso;
quali misure intenda egli poi adottare per regolamentare la possibilità di classificare come
sottoprodotti gli scarti di materiale legnoso utilizzato a fini energetici, e il conseguente accesso agli
incentivi;
quali misure si intendono adottare, anche di concerto per quanto di competenza con il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il contenimento delle emissioni di CO2
derivanti dalla gestione dei materiali legnosi di scarto, ai fini del raggiungimento degli obiettivi
previsti dal dettato comunitario. (4-05794)
Risposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti,
all’interrogazione sulla mancata attività di bonifica e messa in sicurezza dell'area dell'exstabilimento Isochimica nel nucleo industriale di Avellino, presentata da CIRIELLI (FdI).
— In merito all'atto di sindacato ispettivo in esame, si ritiene preliminarmente opportuno precisare
che la questione sollevata in merito alla messa in sicurezza e bonifica del sito dell’ex Isochimica di
Avellino investe una materia devoluta agli enti locali e territoriali (comune e regione), per il cui
motivo la presente risposta è stata elaborata sulla base degli elementi informativi acquisiti nel corso
della istruttoria. L'opificio «Isochimica» fu realizzato nei primi anni ’80 in un'area destinata agli
insediamenti produttivi dall'allora vigente piano regolatore generale. In particolare, l'opificio si
occupava di coibentazione dei vagoni e delle carrozze dei treni delle Ferrovie dello Stato; così, nel
periodo di attività 1982-1988 vi sono state «lavorate» migliaia di tonnellate di amianto, in parte
smaltito mediante interramento nell'area dello stesso opificio e in parte inglobato nei cubi di
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cemento-amianto attualmente depositati nel piazzale. La stessa copertura di due grandi capannoni
ivi ubicati è costruita in amianto. Nel 1990 circa, la Isochimica fu dichiarata fallita e sottoposto a
regime di curatela fallimentare. Anche a seguito di ripetute iniziative (richieste, diffide, ordinanze
ecc.) poste in essere successivamente alla sua chiusura volte a richiedere la bonifica dell'area,
finalmente nel maggio 2013 la Procura della Repubblica presso il tribunale di Avellino ha adottato
un provvedimento di sequestro preventivo, nominando custode giudiziario il sindaco di Avellino, e
ciò anche al fine di porre in essere azioni mirate alla messa in sicurezza dell'area.
Ferma restando la competenza sulla materia attribuita alla Regione Campania, il Comune di
Avellino nel giugno 2013 aveva richiesto alle amministrazioni competenti l'attribuzione di un
finanziamento di 10 milioni di euro per poter procedere alla messa in sicurezza e alla bonifica
dell'area. Questo Ministero, per quanto di competenza, rendeva noto di non poter fornire alcun
contributo economico in quanto sul proprio bilancio non sussistevano – come ancora oggi non
sussistono – le necessarie risorse finanziarie. Tenuto conto, tuttavia, della rilevanza della questione
generale della bonifica da amianto, questo stesso Ministero proponeva che al rifinanziamento del
piano nazionale amianto si procedesse a valere sulla dotazione aggiuntiva del Fondo per lo Sviluppo
e la coesione per il periodo 2014-2020. In coerenza con quanto da ultimo proposto, peraltro, sono in
corso di adozione apposite disposizioni normative che potranno rendere possibile l'operazione
proposta. Al fine di pervenire all'aggiornamento del predetto «piano», pertanto, nel mese di febbraio
2014 veniva richiesto a tutte le regioni di voler segnalare gli interventi e indicare le priorità in
materia di bonifica da amianto. Per quanto nello specifico qui interessa, tra le proposte presentate la
Regione Campania è stata ricompresa la bonifica dell'area ex Isochimica, per un importo di 10
milioni di euro. Acquisite, così, le istanze regionali, sempre nello stesso mese di febbraio sono state
inoltrate le richieste di finanziamento al competente Dipartimento per le politiche di sviluppo e
coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Una volta completate tutte le procedure e
adottati i pertinenti provvedimenti, solo allora sarà possibile conoscere l'entità delle risorse
assegnate per il rifinanziamento del piano nazionale amianto e, conseguentemente, le reali ed
effettive risorse da destinare, in particolare, all'intervento presso il sito dell’ex Isochimica.
Fermo restando tutto quanto sopra, risulta, poi, che il Comune di Avellino già nel mese di novembre
2013 aveva stipulato una convenzione con l'Arpa Campania per lo svolgimento dell'attività di
monitoraggio ambientale nelle aree dell’ex Isochimica. I risultati hanno palesato una concentrazione
di fibre di amianto all'esterno dello stabilimento verosimilmente provenienti dai cubi in cementoamianto ivi stoccati che si trovano in pessimo stato di conservazione (degenerati e friabili). Il
sindaco di Avellino ha avviato la messa in sicurezza con la «procedura in danno» mediante due
distinti intendenti: il primo, aggiudicato alla Mondo Ecologia srl, prevede l'incapsulamento
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definitivo con speciale vernice a più mani dei blocchi in cemento-amianto, nonché la pulizia della
vegetazione esistente; il secondo intervento, aggiudicato alla DE.FI.AM srl, consiste nel trattamento
con speciali vernici stabilizzanti delle coperture in cemento-amianto dei due capannoni. Per quanto
attiene, in ultimo, alle problematiche di carattere sanitario, la Asl di Avellino ha precisato che
l'Isochimica non è inserita tra i siti ad alto rischio dal Ministero della salute – ossia tra quelli che
prevedono programmi attivi di vigilanza per la popolazione – fatta eccezione per gli ex esposti
all'amianto, e quindi per gli ex lavoratori dello stabilimento. Dei circa 400 soggetti che hanno
lavorato pressa di esso, 273 sono residenti nel territorio di competenza dell'ASL di Avellino e di
questi, tenuto conto delle persone decedute per varie cause e di quelle che pur invitate a sottoporsi
allo screening non si sono mai presentate, solo 212 soggetti sono sottoposti a sorveglianza sanitaria,
e quindi sottoposti a controlli periodici. Sul punto è stato precisato che il costante monitoraggio
attuato ha consentito la segnalazione all'Inail di 176 soggetti per le valutazioni circa l'eventuale
riconoscimento di malattia professionale. Dai dati forniti dalla sede Inail di Avellino, infine, risulta
che dal 2010 ad oggi sono state protocollate 130 istanze di riconoscimento di malattia professionale
asbesto-correlata; sono state riconosciuti 84 casi di malattia professionale asbesto-correlata in danno
biologico con postumi di vario grado; sono state costituite 6 rendite dirette e 2 rendite a superstiti;
risultano pendenti 27 controversie giudiziarie avviate da lavoratori dell’ex Isochimica.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la società Isochimica spa, che ha operato nel nucleo industriale di Avellino dal 1982 al 1988, nel
1990 ha dismesso la sua attività produttiva, sotto il peso di un crac economico; tale società
effettuava la scoibentazione e la ricoibentazione di carrozze e vagoni delle Ferrovie dello Stato,
ripulendole dall'amianto che poi veniva interrato a mani nude in diversi punti dello stabilimento o
impastato in cubi di cemento dimenticati da decenni alle intemperie; già dà anni era stata segnalata
la pericolosità del sito, che, tra l'altro, operava a meno di cento metri in linea d'aria dagli
insediamenti abitativi e addirittura da un istituto scolastico (una scuola elementare) del rione
Ferrovia-Pianodardine; nei giorni scorsi la procura di Avellino ha sequestrato con procedura
d'urgenza le rovine dell'ex stabilimento perché, come riporta il decreto di sequestro, l'amianto
abbandonato nell'area rappresenta ormai un gravissimo pericolo per la salute e l'incolumità
pubblica; sono stati emessi inoltre 24 avvisi di garanzia nei confronti della municipalità di Avellino,
e più precisamente dell'intera giunta al potere nel 2005, ritenuta responsabile di rifiuto di atti
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d'ufficio; in particolare, il 23 maggio 2005 la giunta avrebbe deliberato la sospensione della
procedura di esecuzione in danno dei lavori di bonifica e la trasmissione al curatore fallimentare,
anch'egli indagato, del piano di caratterizzazione redatto dall'Arpac (Agenzia regionale per la
protezione ambientale della Campania) e approvato in precedenza; nello specifico, il vero problema
riguarderebbe la nuova procedura per la messa in sicurezza e per il ripristino ambientale del sito
dello stabilimento, in quanto questa non avrebbe dato alcuna assicurazione sui tempi di
realizzazione e sulla tipologia d'intervento; mancherebbe quindi, non solo, qualsiasi termine per la
realizzazione del progetto di bonifica, ma anche il parere del Commissario del Governo per
l'emergenza rifiuti; la bonifica trascinata in venti anni di ritardi e inerzie si è rivelata poco più di una
farsa, non essendo stato possibile nemmeno stabilire il numero preciso dei cubi di calcestruzzo e
amianto stoccati sul piazzale: trecento, secondo una relazione del 2002, che poi diventeranno 489 in
un censimento del 2007 e addirittura 681 secondo il dato di un medico messo a verbale in una
riunione al comune di Avellino nel giugno 2010;
se la notizia del sequestro ha destato l'attenzione di tutto il Paese, in Campania già da anni erano
stati denunciati i gravi rischi per i lavoratori; ad aggravare la situazione, infatti, le morti degli
operai: nei giorni scorsi un ex dipendente dell'azienda è deceduto a causa di una patologia derivante
dall'inalazione di asbesto, la materia prodotta dall'inalazione di fibre d'amianto; con lui, i casi di
morte da amianto sono saliti a 10, mentre gli altri 116 colleghi, alcuni ancora in attività, hanno
chiesto il pre-pensionamento, spaventati dalle condizioni in cui si trovano a lavorare;
nella relazione medica dei consulenti dell'università cattolica del Sacro Cuore di Roma si legge che
sono tutti in pericolo di vita, a cominciare dagli ex operai, che hanno lavorato «nell'assenza
pressoché totale dei dispositivi di protezione individuale (quando presenti) e collettivi»;
inspiegabilmente, in contrasto a quanto denunciato dagli stessi esperti, tra l'altro, l'INAIL non ha
riconosciuto le patologie degli operai ex-Isochimica, ritenendo che le loro condizioni di salute «non
erano preoccupanti, che avevano solo qualche placchetta pleurica così come qualsiasi cittadino»;
tutto ciò, nonostante i lavoratori utilizzassero solventi, lana di vetro, sigillanti, vernici e antirombi
prodotti dallo stesso proprietario dell'Isochimica in un altro suo stabilimento a Fisciano, tutte
sostanze dichiarate fuorilegge dai Ministeri della salute e del lavoro a metà degli anni Novanta;
dal 1991 è iniziata la battaglia dei lavoratori dell'ex stabilimento per il riconoscimento dei loro
diritti e solo nel 2003, sotto la spinta di una campagna mediatica abbastanza sostenuta, l'ASL di
Avellino ha comunicato l'intenzione di sottoporre a monitoraggio i lavoratori dell'Isochimica, con
un protocollo da concordare; ad oggi non si è ancora saputo quante persone sono state sottoposte a
monitoraggio e quali sono stati i risultati degli esami, nonostante i ripetuti inviti rivolti alla
direzione dell'ASL –:
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se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la gravità della situazione,
quali iniziative ritengano opportuno adottare per addivenire a un rapido accertamento di eventuali
coinvolgimenti e responsabilità nella mancata attività di bonifica e messa in sicurezza dell'area
nonché quali siano le motivazioni per cui l'INAIL non ha riconosciuto le patologie dei dipendenti
dell'ex-stabilimento Isochimica. (4-01198)
Risposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti,
all’interrogazione sull'impatto sulla salute delle emissioni della centrale ENEL della Spezia,
presentata da QUARANTA (SEL).
La centrale termoelettrica «Eugenio Montale», di proprietà dell'Enel, è situata nella zona industriale
del comune di La Spezia. Con una potenza installata pari a 1.3 GW produce da sola quasi il 3 per
cento del fabbisogno energetico nazionale. Inaugurata nel 1962 con il nome «Edison-Volta»,
inizialmente alimentata a olio combustibile, è stata successivamente riconvertita per bruciare
carbone. Dalla fine degli anni ’90, a seguito di ulteriori interventi per adeguamento ambientale, la
centrale è alimentata da tre gruppi: i due che funzionavano a carbone sono completamente convertiti
a metano per circa 700 MW di potenza installata, mentre solo il terzo è rimasto a carbone/olio
combustibile. Il gruppo a carbone, che con i suoi 600 MW e un consumo stimato di 1,2 milioni di
tonnellate di carbone/anno, il secondo in Italia per potenza installata (insieme alla centrale di
Torrevaldiga Nord e dopo gli impianti di Brindisi), risulta munito dei più sofisticati metodi di
abbattimento degli inquinanti: desolforatore, denitrificatore e precipitatore elettrostatico per il
particolato.
I due gruppi convertiti a metano sono stati costruiti dalla Fiat Avio, e funzionano in un ciclo
combinato in cui in una prima fase si utilizza una turbina a gas e in una seconda fase i fumi vengono
inviati a un generatore di vapore convenzionale. Per i fumi emessi da questo gruppo, nella centrale è
stato installato l'impianto di depurazione a precipitatori elettrostatici più costoso e moderno
d'Europa, mentre la città è dotata di centraline di monitoraggio del livello di polveri sottili e altri
parametri d'inquinamento. Peraltro, tutta la popolazione spezzina che vive a stretto contatto con
l'impianto nei quartieri Melara, Pianazza, Fossamastra e Canaletto ha spesso manifestato la sua
contrarietà alla presenza del predetto impianto. Nel 1988, in particolare, un referendum consultivo
popolare aveva sancito la richiesta di dismissione della centrale entro il 2005, attraverso un periodo
transitorio in cui la centrale dovesse essere depotenziata, e funzionare a metano per più del 50 per
cento della sua produzione. Nel 2013 la procedura di rilascio dell'autorizzazione integrata
ambientale (Aia) si conclude in fase di conferenza dei servizi, consentendo il mantenimento del
52
gruppo a carbone. Successivamente, il comune di La Spezia sottoscrive una convenzione socioeconomica con Enel che prevede un rimborso di svariati milioni di euro da utilizzare in opere
pubbliche e la cessione di alcune aree da destinare ad altre attività industriali, presumibilmente
portuali. In particolare e per quanto interessa la competenza di questo Ministero, si rileva che alla
centrale in esame è stata rilasciata, ai fini dell'esercizio, l'autorizzazione integrata ambientale con
decreto DEC-MIN-2013-244 del 6 settembre 2013, ricadendo la stessa tra le categorie di impianti
soggetti ad Aia statali ai sensi dell'Allegato XII alla parte seconda del decreto legislativo n. 152
del 2006, imponendo nuovi e più restrittivi limiti alle emissioni dell'impianto. Il parere istruttorio
conclusivo (Pic) espresso dalla commissione Ippc prevede una durata dell'Autorizzazione pari ad 8
anni. Inoltre, in relazione alla emissione di alcuni inquinanti, il Pic prevede espressamente che nel
corso del primo anno di validità dell'Aia siano condotti specifici monitoraggi i cui risultati, se
negativi,
potranno
essere
motivo
di
riesame
immediato
della
stessa
autorizzazione.
Con riguardo al monitoraggio delle emissioni della centrale appare opportuno richiamare le
pertinenti prescrizioni all'uopo dettate: prescrizione n. 14 – «l'implementazione di campagne
annuali di monitoraggio delle deposizioni atmosferiche, da realizzarsi in collaborazione con
ARPAL e Amministrazione comunale, per il dosaggio di metalli (As, Pb, Cd, Ni, V, Cu, Cr, Mn,
Hg e Tl), IPA cancerogeni, diossine e furani e PCB, con particolare riferimento a dioxin like»;
prescrizione n. 8d (riferita al gruppo SP3) – «dovrà essere condotto un piano integrativo annuale di
indagine delle emissioni del mercurio e di altri microinquinanti organici ed inorganici, con
particolare riferimento a metalli, IPA e diossine/furani, secondo i metodi di dosaggio e le relative
concentrazioni di riferimento così come indicati dal Ministero della salute. I risultati del
monitoraggio annuale, da trasmettere all'autorità competente, al Ministero della salute ed ai comuni
di La Spezia ed Arcola, potranno essere motivo di specifica richiesta di riesame dell'Aia da parte del
Ministero della salute e dei comuni di La Spezia ed Arcola»;
prescrizione n. 15 – «la realizzazione entro il primo anno di validità dell'Aia sulla base di un
protocollo da definire con Ispra e Arpa, di un adeguato modello delle emissioni e delle conseguenti
ricadute di microinquinanti organici ed inorganici dai camini. Il modello e le risultante della sua
applicazione dovranno essere trasmesse all'autorità competente. Sulla base del risultati i comuni di
La Spezia ed Arcola potranno richiedere lo specifico riesame dell'Aia.
Sul punto, occorre tenere presente che si è in attesa delle relazioni inerenti il monitoraggio delle
emissioni che dovranno essere presentate dal Gestore dell'impianto entro il primo anno di esercizio,
decorrente dalla data del rilascio dell'Aia, ovvero entro il mese di settembre 2014.
Ad oggi, pertanto, è ancora prematuro procedere alle valutazioni circa la necessità di un eventuale
53
riesame che, come specificatamente prescritto nell'Aia, potrà essere richiesto dai comuni di La
Spezia ed Arcola sulla base dei risultati del citato monitoraggio.
Per quanto attiene alla verifica circa la corretta attuazione dell'Aia, è stato precisato dai competenti
uffici di questo Ministero che si sta procedendo secondo le tempistiche definite nel pertinente
decreto di autorizzazione. Il gestore risulta aver presentato nei tempi prescritti lo «studio di
fattibilità per il miglioramento del sistema di scarico del carbone dalle navi in grado di garantire una
migliore efficienza di contenimento delle emissioni diffuse», il quale è stato trasmesso alla
commissione Ippc per le valutazioni tecniche di competenza.
È stato, infine, precisato che le verifiche sull'impianto sono state inserite all'interno del programma
di controlli ordinari previsti per il 2014 dall'istituto centrale per la protezione e la ricerca
ambientale, (Ispra), quale organo tecnico competente per il controllo.
In ultimo, ai soli fini di una compiuta esposizione, si rileva che la Commissione Europea ha da
tempo avviato le attività di consultazione per la definizione del nuovo BAT Reference documents
(BRef) in merito ai cosiddetti «grandi impianti di combustione» (tra i quali è compresa la centrale di
La Spezia). Detto documento, che fissa i valori emissivi che le centrali elettriche dovranno
rispettare, secondo i calendari della Commissione sarà vincolante per gli Stati membri entro i
prossimi due anni. Conseguentemente, non appena in vigore i nuovi limiti, sarà necessario avviare il
riesame di tutte le Aia già emesse riguardanti le centrali elettriche che ricadono nelle predette
disposizioni, ivi compresa quella della centrale che qui interessa.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
la
centrale
ENEL
Eugenio
Montale
della
Spezia
è
stata
costruita
nel
1962;
a fine anni ’90 sono stati effettuati lavori di adeguamento ambientale e due unità a carbone della
centrale sono state sostituite con gruppi di generazione in ciclo combinato ad alto rendimento;
oggi la centrale è alimentata da tre gruppi: due gruppi a metano per circa 700 megawatt di potenza
installata
e
un
terzo
da
600
megawatt
a
carbone
e
olio
combustibile
denso;
il gruppo a carbone è però il maggiormente utilizzato con un consumo stimato di 1.200.000
tonnellate di carbone/anno; il referendum consultivo popolare del 1988 che ha sancito la richiesta di
dismissione della centrale ENEL entro il 2005, attraverso un periodo transitorio in cui la centrale
dovesse essere depotenziata e funzionare a metano, è stato totalmente disatteso; alcuni giorni fa il
procuratore capo di Savona Francantonio Granero ha presentato i dati sconvolgenti della perizia di
parte da lui ordinata: circa 400 decessi da imputare agli effetti dell'inquinamento della centrale
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Tirreno Power di Vado Ligure; per effettuare la perizia sono state utilizzate delle tecniche di
indagine innovative che dovrebbero riuscire a testimoniare una chiara relazione tra l'inquinamento
prodotto dalla centrale e la salute della popolazione; la perizia è riservata ma è stata inviata al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e alla regione Liguria;
alla Spezia, nonostante le richieste insistenti di comitati cittadini e associazioni ambientaliste, non si
effettuano questo tipo di indagini;
nel settembre del 2013 è stata concessa l'autorizzazione
integrata ambientale per la centrale Enel della Spezia, con l'impegno di tenere monitorata la centrale
e mettere in campo una verifica di applicazione dell'autorizzazione integrata ambientale stessa a
decorrere da un anno dal suo rilascio –:
se il Ministro sia a conoscenza della perizia della procura di Savona;
se e quali iniziative intenda assumere per garantire un monitoraggio efficace e preventivo
dell'impatto sulla salute delle emissioni della centrale ENEL della Spezia;
se e come proceda la verifica di applicazione dell'autorizzazione integrata ambientale in
considerazione che sono passati 6 mesi dal suo rilascio e in previsione della verifica definitiva
prevista per il settembre 2014. (4-04012)
Risposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti,
all’interrogazione a risposta immediata, sui chiarimenti in merito ai progetti per la
riperimetrazione in riduzione del sito di interesse nazionale di Bussi sul Tirino (Pescara) e per
la realizzazione di una nuova discarica nel medesimo sito, presentata da CASTRICONE (PD).
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, allo stato attuale
non sussiste alcun progetto per la riperimetrazione del sito di Bussi, né è stata presentata alcuna
proposta in merito da parte della regione e degli enti locali che, ai sensi della vigente disciplina,
sono titolari del relativo potere di iniziativa. Si conferma, inoltre, la posizione del Ministero
espressa nel provvedimento di diffida alla società, adottato il 9 settembre 2013, volto a rimuovere
tutti i rifiuti depositati in modo incontrollato nelle discariche realizzate in località Tremonti e nelle
aree a monte dello stabilimento industriale, ripristinare integralmente lo stato dei luoghi mediante la
rimozione delle discariche ed eventuali altre fonti di contaminazione ancora attive, procedere alla
bonifica delle matrici ambientali che all'esito della completa rimozione dei rifiuti dovessero
risultare contaminate. Quindi, per rispondere alla domanda dell'onorevole Bratti e degli altri
deputati che hanno presentato questa interrogazione, posso dire che nessuna variazione nella
posizione del Ministero è sorta negli ultimi mesi e che nessuna domanda di riperimetrazione è stata
proposta né è in corso di esame. Poi, come è noto, il provvedimento di diffida del Ministero è stato
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impugnato davanti al TAR che, con sentenza n. 214 del 2014, ha dichiarato il ricorso proposto dalla
Edison Spa in parte inammissibile e comunque infondato nel merito. Edison ha proposto l'appello al
Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR. In attesa della definitiva sentenza del Consiglio di
Stato, Solvay, subentrata intanto nella gestione dell'area, è stata invitata ad adottare le necessarie
misure di prevenzione e messa in sicurezza d'emergenza, al fine di non determinare soluzione di
continuità alle esigenze di tutela della salute dell'ambiente dai rischi derivanti dai rifiuti depositati
in modo incontrollato nella discarica 2A e nelle aree circostanti, intervenendo sia per la citata
discarica sia per i rifiuti depositati nell'altra discarica, la 2B, a nord dello stabilimento.
Inoltre, al fine di dare impulso immediato al risanamento dello stato dei luoghi nell'intera area a
nord dello stabilimento e avviare concretamente la possibilità di reindustrializzazione di detta area,
con l'insediamento di nuove attività produttive, è stato chiesto a Solvay di predisporre anche un
progetto di riparazione dell'area. In particolare, è stato chiesto a Solvay di rimuovere integralmente,
da una parte delle aree a nord dello stabilimento, i rifiuti depositati in modo incontrollato.
Ovviamente, tutte queste attività sono svolte come misura preliminare e in sostituzione di Edison,
che in caso di esito sfavorevole del giudizio pendente innanzi al Consiglio di Stato sarà tenuta a
completare l'integrale ripristino dello stato dei luoghi e a restituire le somme impiegate dal
commissario per le aree a nord dello stabilimento e a rimuovere integralmente la discarica
Tremonti.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
uno studio commissionato dall'industria Ausimont all'inizio degli anni ’90 e reso noto solo di
recente nell'ambito del processo in corso a Chieti in corte di assise, in relazione alle vicende del
disastro ambientale del sito di interesse nazionale di Bussi sul Tirino, rivela che i problemi sul
peggioramento della qualità delle acque di falda e sulla contaminazione del suolo e del sottosuolo
erano ben conosciuti già allora; i colossi della chimica – Montecatini, Montedison, Monteflus e
Ausimont fino al 2002 e Solvay – presenti sul territorio ne hanno determinato la forte
contaminazione mediante l'interramento degli scarti di lavorazione, altamente tossici e pericolosi,
nelle zone circostanti lo stabilimento, in assenza di qualsiasi tutela per la salute umana e per
l'ambiente; l'accertamento di un disastro ambientale in atto si è potuto stabilire a partire dalle
caratterizzazioni avvenute inizialmente nel 2001 e nel 2002, per quanto riguarda la falda, e negli
anni 2004 e 2007, per quanto concerne i terreni. L'inquinamento delle matrici ambientali nei pressi
degli impianti e nelle aree limitrofe riguarda prevalentemente i composti organici clorurati, il
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mercurio, il piombo e diossina e secondariamente altri metalli pesanti, idrocarburi e composti
organo-alogenati. Tali composti inquinanti sono il frutto diretto delle lavorazioni degli impianti
sopra citati e del loro non corretto smaltimento; il sito di Bussi sul Tirino viene tristemente definito
come «la più grande discarica di rifiuti chimici di tutta Europa» con 2.000.000 di metri cubi di
terreno contaminato e le acque di falda ormai compromesse, non più utilizzabili a fini potabili ed
alimentari;
lo studio dell’Ausimont riporta importanti informazioni anche sulla natura geologica e idrogeologica
del sito, indicando che si tratta di un terreno molto fragile e quasi per nulla argilloso – dunque non
impermeabile – caratterizzato da una forte presenza di acqua, con numerose sorgenti utilizzate per
l'irrigazione dei campi; si tratta, quindi, di un ambiente ideale per la propagazione dei veleni che in
cento anni l'industria chimica ha sparso in un territorio di gran pregio ambientale, immerso nel
verde e tra le montagne; per la bonifica di questo sito di rilievo nazionale, fortemente inquinato,
occorrerebbero almeno 500 milioni di euro, ma sinora ne sono stati stanziati 50 nel quadro di un
processo contemporaneo di reindustrializzazione; d'altra parte manca l'intenzione delle aziende che
hanno provocato il danno ambientale, direttamente e indirettamente, di porre in atto una reale
operazione volta alla definitiva bonifica e riqualificazione dell'area; ad oggi, le operazioni
preliminari di caratterizzazione e messa in sicurezza, secondo i dati del Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare del 2013, sono ancora molto indietro rispetto alla gravità della
situazione; in particolare, la messa in sicurezza di emergenza è pari al 15 per cento sul totale delle
aree perimetrale, i piani di caratterizzazioni presentati coprono quasi il 100 per cento delle aree,
anche se solo per il 34 per cento delle aree i risultati sono stati resi noti; di progetti di bonifica
presentati non c’è traccia; secondo una prima stima effettuata dall'Ispra per il Ministero della salute
si valuta in 8,5 miliardi di euro il danno ambientale per quel territorio e in circa 500-600 milioni di
euro il costo di bonifica dell'area inquinata; recenti notizie riferiscono che il Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare stia vagliando un progetto per realizzare un'ulteriore discarica
«legale» nel sito di interesse nazionale di Bussi sul Tirino in cui riversare i rifiuti tossici e nocivi
delle due discariche (la A2 e la B2) presenti nel sito; al vaglio del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare sarebbe anche la richiesta di riduzione della perimetrazione del sito di
interesse nazionale di Bussi sul Tirino; anche in considerazione della morfologia del territorio, che
risulta particolarmente esposto alla contaminazione per la forte permeabilità del suolo e per la
presenza di numerosa acqua, è da contrastare qualsiasi ipotesi che non determini un'effettiva opera
di bonifica dei siti e che non preveda la rimozione e l'allontanamento dei rifiuti tossici e nocivi
presenti nelle discariche –:
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se corrisponda al vero che siano al vaglio del Ministro interrogato progetti per la riperimetrazione in
riduzione del sito di interesse nazionale di Bussi sul Tirino e per la realizzazione di una nuova
discarica nel sito di interesse nazionale in cui far confluire i rifiuti tossici e nocivi presenti nelle
discariche A2 e B2 e, in caso affermativo, quali siano le motivazioni di carattere ambientale,
sanitario ed economico che sono alla base di tali scelte e se esse siano compatibili con le
caratteristiche morfologiche del sito e, soprattutto, con gli obiettivi di bonifica definitiva e di
riqualificazione dell'area. (3-00986)
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SENATO
Interrogazione a risposta scritta:
sull'impianto offshore di Rovigo per la ricezione, stoccaggio e rigassificazione del gas naturale
liquefatto e sull'inserimento dei residenti della Regione Veneto tra i beneficiari del previsto
sconto sul prezzo della benzina
MUNERATO e altri (LN)
- Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:
il 26 marzo 1999 è stato firmato il patto territoriale per il Polesine allo scopo di favorire iniziative
industriali indirizzate allo sviluppo economico e sociale del territorio e che aveva portato, tra le
diverse conseguenze, alla sottoscrizione, il 20 febbraio 2008, di un accordo tra la Provincia di
Rovigo, Consvipo, Adriatic LNG e Edison per la compensazione territoriale destinata al Polesine,
legata all'insediamento di un terminal al largo della costa polesana;
l'impianto, che fa capo a Terminale GNL Adriatico Srl, società partecipata da Qatar Terminal
Limited (45 per cento), ExxonMobil Italiana Gas (45) e Edison (10 per cento), è una tra le prime
strutture offshore al mondo per la ricezione, stoccaggio e rigassificazione del gas naturale liquefatto,
con una capacità di rigassificazione di 8 miliardi di metri cubi di gas all'anno, il terminale
contribuisce alla diversificazione e alla sicurezza delle fonti energetiche in Italia;
la legge 23 luglio 2009, n. 99, all'articolo 45, comma 1, prevede che l'aliquota dovuta dai produttori
di idrocarburi passi dal 7 al 10 per cento; tale variazione deve essere convogliata in un fondo
annuale a beneficio delle regioni che ospitano i giacimenti di idrocarburi e deve avvenire sotto
forma di sconti sul prezzo della benzina a favore dei residenti nei territori in cui sono situati i
giacimenti;
nel maggio 2009 l'approvazione dell'emendamento, presentato al Senato, 27-bis.302 al disegno di
legge AS 1195 (poi divenuto la legge n. 99 del 2009), dei senatori Stiffoni, Cagnin e Monti, aveva
determinato l'estensione di tale agevolazione anche alle Regioni che ospitano dei rigassificatori
attraverso impianti fissi di tipo offshore;
la Regione Veneto era in attesa da tempo del bonus derivante dalla normativa citata, alla luce del
fatto che il decreto che ripartisce i fondi derivanti dall'innalzamento dell'aliquota dovuta dai
produttori, non considera l'attività di rigasificazione operata nella struttura del Polesine, essendo
quest'ultima, dal punto di vista tecnico, attività di trasformazione e non di estrazione;
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nel 2011, la Regione Veneto ha presentato ricorso al Tar del Lazio allo scopo di impugnare la legge
dello Stato che la esclude dalle compensazioni ambientali in sconto benzina, e nel 2012, con
sentenza n. 04172/2012, il Tar del Lazio ha dato ragione al Veneto;
respingendo il ricorso n. 6865/2012, il Consiglio di Stato ha accolto per intero i dubbi e le
violazioni rilevate dalla Regione Veneto, la quale "ha dedotto la violazione dell'articolo 45 della
legge n. 99 del 2009, che è volto a riconoscere una compensazione, sotto forma di minor costo del
carburante, a tutti i residenti delle Regioni che sopportano la presenza di impianti di elevato impatto
ambientale a vantaggio dell'intera collettività, così contrastando l'effetto nimby (not in my
backyard)",
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non reputi opportuno considerare, nella
predisposizione dei provvedimenti per il riparto del fondo idrocarburi e pur dopo le modifiche
normative alla legge n. 99 del 2009, la citata sentenza del Consiglio di Stato del 2013 prevedendo
anche l'inserimento dei residenti della Regione Veneto tra i beneficiari del previsto sconto sul
prezzo della benzina, in ragione, oltre che della sentenza medesima, altresì del pesante impatto che
l'attività estrattiva ha nel territorio della provincia di Rovigo ove l'impianto è ubicato.
(4-02593)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla bonifica del Sito di interesse nazionale di Napoli Bagnoli-Coroglio
NUGNES e altri (M5S)
- Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che: nell'area
dell'attuale SIN (Sito di interesse nazionale) di Napoli Bagnoli-Coroglio fin dall'inizio del 1900 si
sviluppa un'intensa attività industriale incentrata sulla produzione di acciaio da parte della società
Ilva-Italsider e sulla produzione di cemento e amianto con le società Cementir ed Eternit;
a partire dagli anni '70 il settore industriale è attraversato da una profonda crisi che porta nel 1993
alla definitiva chiusura dell'Ilva SpA;
nell'aprile del 1994 il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica)
individua nell'Ilva SpA in liquidazione il soggetto responsabile delle operazioni di bonifica dei siti
industriali dismessi nella zona di Bagnoli;
nella stessa delibera Cipe, tra gli interventi immediatamente avviabili, è indicata la realizzazione
"Città della scienza" nel complesso ex Federconsorzi e si individua la fondazione IDIS (Istituto per
la diffusione e la valorizzazione della cultura scientifica) quale soggetto responsabile
60
dell'esecuzione del progetto. L'Ilva predispone il "Piano di recupero ambientale dell'area di
Bagnoli" (Ilva, Eternit), ma trascorreranno ancora alcuni anni prima che la bonifica abbia inizio;
dal 1994 ad oggi la bonifica dell'area non è conclusa ed emerge il pericolo del disastro ambientale
in una vicenda che ha visto negli scorsi mesi numerosi esponenti politici, amministratori locali ed
industriali rinviati a giudizio dalla Procura di Napoli;
nel 1995 il Comune di Napoli approva la variante al piano regolatore generale per Bagnoli
prevedendo che una gran parte del sito venga convertita a parco urbano con strutture turistiche
ricreative;
il decreto-legge 20 settembre 1996, n. 486, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre
1996, n. 582, recante "Disposizioni urgenti per il risanamento dei siti industriali delle aree di
Bagnoli e di Sesto San Giovanni", recepisce il contenuto della delibera Cipe, che aveva sancito la
responsabilità dell'Ilva in merito alle operazioni di bonifica, affidando all'Istituto per la
ricostruzione industriale (IRI), direttamente o per il tramite di società partecipate e quando occorra
di società specializzate, il risanamento ambientale dei sedimi industriali interessati da stabilimenti
di società del gruppo e dall'ex Eternit, sulla base del progetto del "piano di recupero ambientale progetto delle operazioni tecniche di bonifica dei siti industriali dismessi nella zona ad elevato
rischio ambientale dell'area di crisi produttiva ed occupazionale di Bagnoli". Sono, di conseguenza,
previsti stanziamenti pubblici per finanziare l'intervento;
in attuazione dell'accordo di programma, in ordine alle risorse finanziarie da destinare agli
interventi ed alle modalità di erogazione, sottoscritto in data 30 marzo 1996 tra il Ministro del
bilancio e della programmazione economica, il Ministro dell'ambiente, il Ministro del tesoro, la
Regione Campania, la Provincia e il Comune di Napoli e l'IRI, a titolo di concorso "fisso e
invariabile" negli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1, è autorizzato il conferimento, per
stati di avanzamento, all'IRI dei seguenti importi: 171.540 milioni di lire a carico dei fondi di cui
all'articolo 4 del decreto-legge 28 febbraio 1948, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 18
aprile 1984, n. 80, già trasferiti alla Regione Campania; 85.000 milioni di lire a carico dello
stanziamento iscritto sul capitolo 7099 dello stato di previsione del Ministero del bilancio e della
programmazione economica per l'anno 1995; 5.000 milioni di lire mediante riduzione dello
stanziamento iscritto sul capitolo 7705 dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente per
l'anno 1996, intendendosi corrispondentemente ridotta l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 6
della legge 28 agosto 1989, n. 305;
il decreto-legge n. 486 del 1996 prevedeva l'ultimazione della bonifica al 31 dicembre 1999, mentre
il piano di completamento del 2003 spostava la data al 31 giugno 2007;
61
nel 1996, all'indomani dell'approvazione della variante occidentale, viene costituita la società
Bagnoli SpA, strumento dell'IRI per l'attuazione del piano di recupero ambientale predisposto e
finanziato dal Cipe tramite la delibera del 20 dicembre 1994;
nella nuova società confluiscono i lavoratori dell'ex impianto siderurgico, grazie a un accordo
sindacale che garantisce loro anche un breve percorso di formazione per adattare le loro competenze
alle operazioni di bonifica;
il progetto prevede lo smantellamento delle strutture industriali (a eccezione di quelle che poco
dopo saranno individuate come aree di archeologia industriale) e il risanamento ecologico ed
ambientale dell'area;
viene inoltre istituito, a norma di legge, un comitato di coordinamento ad alta sorveglianza,
supportato da una commissione tecnico-scientifica di esperti, al fine di vigilare sulle attività di
bonifica. Nei primi 3 anni di attività, tuttavia, la Bagnoli SpA non rispetta i tempi previsti e pur
smontando la maggior parte dei fabbricati non avvia, nemmeno in minima parte, l'attesa bonifica
dei suoli;
nel 2000 la società sostiene di aver completo il 95 per cento delle demolizioni, il 65 per cento dello
smontaggio e l'81 per cento della bonifica dei suoli, corrispondenti all'83 per cento del lavoro da
eseguire. Relativamente alle demolizioni le percentuali sono veritiere, mentre quelle inerenti alla
bonifica sono in evidente disaccordo con la realtà. Al termine di 6 anni di lavoro, finanziato per un
totale di 400 miliardi di lire, la bonifica totale è al 30,35 per cento (rispetto all'83 per cento attestato
dalla Bagnoli) e le operazioni in tal senso si limitano alla sola "messa in sicurezza" della colmata a
mare, considerata di estrema pericolosità per la preservazione dell'ambiente marino e litoraneo di
Bagnoli;
il sito di interesse nazionale Bagnoli-Coroglio (aree industriali) è stato individuato dall'art. 114,
comma 24, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001). Al suo interno sono inserite
le aree ex Ilva ed ex Eternit nonché l'area marina antistante;
la legge n. 388 del 2000 ha disposto lo stanziamento di risorse statali per 75.059.174 euro
finalizzate al finanziamento del piano di completamento della bonifica e del recupero ambientale
dell'area industriale di Bagnoli, del costo complessivo di 151.377.964 euro. Per l'attuazione del
piano in data 17 luglio 2003 viene sottoscritto un accordo di programma, approvato il 31 luglio
2003 con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, nel quale è previsto che il Ministero dell'ambiente eroghi
alla Bagnoli Futura SpA le suddette risorse pari a 75.059.174 euro;
la Bagnoli Futura SpA è una società di trasformazione urbana (STU), partecipata dal Comune di
Napoli (per il 92 per cento), dalla Regione Campania e dalla Provincia di Napoli, nata il 24 aprile
62
2002, la cui mission aziendale consiste nella progettazione e realizzazione di interventi di
trasformazione e risanamento urbano nel territorio di Napoli, in attuazione degli strumenti
urbanistici vigenti, con particolare riferimento all'acquisizione e alla bonifica dell'area ex Italsider di
Bagnoli;
nel 2001, a fronte del procedere a rilento delle operazioni di bonifica, il Comune di Napoli
acquisisce i suoli dell'ex area industriale, ad esclusione dell'area ex Cementir di proprietà del gruppo
Caltagirone, impegnandosi a corrispondere all'IRI (oggi Fintecna) e a Cimimontubi e Mededil,
proprietarie dei suoli, 69 miliardi di lire. Tali somme a tutt'oggi ancora non versate, sono lievitate,
in virtù degli interessi, a circa 59 milioni di euro; ciò ha causato il fallimento della società Bagnoli
Futura SpA per la quale il Tribunale di Napoli Sezione fallimentare, con sentenza n. 188/2014 del
29 maggio 2014, ha dichiarato il fallimento;
considerato che, a parere degli interroganti:
non pare comprensibile la motivazione per cui il Tribunale di Napoli abbia decretato il fallimento
della Bagnoli Futura, fallimento indotto dalla richiesta da parte di Fintecna del pagamento dei suoli,
considerato che Fintecna è subentrata ad Irtecna del gruppo IRI incorporandola per completare
opere di bonifica che non sono state eseguite. È evidente che se ad oggi i suoli hanno valore nullo,
all'atto della cessione alla STU Bagnoli Futura tali suoli valevano ancor meno;
Fintecna avrebbe dovuto bonificare anche la spiaggia, i fondali e rimuovere la colmata;
ci si dovrebbe chiedere quale valore potrebbero avere i suddetti suoli se la STU Bagnoli Futura
avesse portato a termine la sua missione senza l'assunta bonifica degli arenili e dei fondali e di
conseguenza quali soggetti potevano essere interessati all'acquisto dei suoli a destinazione turisticobalneare in un sito con spiaggia e fondali ancora fortemente inquinati;
non è chiaro il motivo per cui Fintecna vanti la riscossione di circa 60 milioni di euro, essendo la
diretta responsabile dell'inquinamento dei suoli e non è chiara la modalità con cui la responsabile
dell'inquinamento ha pagato la bonifica e il risarcimento del danno causato in ottemperanza al
principio europeo recepito e ribadito dall'Italia del "chi inquina paga";
considerato inoltre che:
dal mese di aprile 2013 le aree ex Italsider e l'area di colmata a mare sono state oggetto di sequestro
da parte della Procura della Repubblica di Napoli. Tali aree sono state affidate al presidente della
Bagnoli Futura SpA, in qualità di custode dinamico, con l'obbligo di procedere alla realizzazione di
alcune attività relative alla bonifica ed alla messa in sicurezza dei suoli e delle acque di falda. A
causa del fallimento di Bagnoli Futura, il Comune di Napoli è subentrato al commissario delegato
della Bagnoli Futura SpA ed è quindi l'attuale responsabile dell'area SIN Bagnoli-Coroglio;
63
la Bagnoli Futura SpA, ottemperando a quanto richiesto nell'ambito del procedimento penale, ha
trasmesso alcuni elaborati tecnici che sono stati esaminati dal gruppo di assistenza tecnica della
Direzione generale TRI (Territorio e risorse idriche) del Ministero dell'ambiente e da ISPRA
(Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Sono, quindi, state specificatamente
individuate dal Ministero e comunicate ai rappresentati della Bagnoli Futura le integrazioni
necessarie. Attualmente il Ministero è in attesa di ricevere le integrazioni progettuali dal Comune di
Napoli, ovvero dal soggetto attualmente responsabile;
in data 23 aprile 2014 si è svolta la conferenza di servizi istruttoria che ha affrontato dal punto di
vista tecnico le problematiche insistenti nell'area ex Eternit e le fasce di rispetto degli immobili di
archeologia industriale;
in data 10 luglio 2014 si è svolta la conferenza decisoria che ha evidenziato come risulti superata,
sulla base di quanto indicato dalla procura di Napoli, la variante 2012 per la destinazione d'uso delle
fasce di rispetto, in quanto deve essere rivalutata per lo scenario verde residenziale e la medesima
procedura dev'essere applicata anche alle restanti aree sottoposte a sequestro. La conferenza ha
pertanto deliberato di richiedere entrambe le caratterizzazioni commerciale-industriale e verderesidenziale. Inoltre, considerato che la bonifica risulta eseguita al 60 per cento, la conferanza ha
osservato che Bagnoli Futura deve chiarire le motivazioni che hanno portato ad un aumento dei
volumi dei terreni da rimuovere e che tali motivazioni devono essere dettagliate e ben specificate.
Bagnoli Futura deve trasmettere il progetto definitivo di messa in sicurezza delle acque di falda,
mentre per l'area Cementir dovrà essere elaborata una specifica analisi di rischi del sito condotta
secondo precise indicazioni predisposte dalla conferenza stessa; la campagna di monitoraggio dovrà
riguardare tutti i pozzi dell'area sotto il coordinamento dell'ARPAC (Agenzia regionale protezione
ambientale Campania) che trasmetterà gli esiti al Ministero dell'ambiente;
ai sensi dell'art. 36-bis, comma 3, del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 134 del 2012 la Giunta regionale della Campania ha richiesto al Ministero, con
delibera n. 514 del 25 novembre 2013, la ridefinizione del perimetro del SIN Bagnoli-Coroglio.
L'ipotesi di riperimetrazione avanzata dalla Regione prevedeva che restassero di competenza
ministeriale esclusivamente le aree ex industriali, quelle ad esse immediatamente adiacenti, la
colmata, gli arenili ed i fondali;
successivamente la Direzione generale TRI ha acquisito la relazione dell'ARPAC in riferimento al
caso EU Pilot 5972/13/ENVI. Dall'esame di tale relazione, è emerso che nella perimetrazione del
SIN Bagnoli-Coroglio, di cui al decreto ministeriale del 31 agosto 2001 pubblicato in Gazzetta
Ufficiale n.250 del 26 ottobre 2001, è presente un'area di discarica un tempo asservita alla società
Ilva-Italsider, ubicata in corrispondenza del "Cavone degli Sbirri", di estensione di circa 48.400
64
metri quadri. A seguito di tale relazione la Direzione generale TRI, con nota del 4 aprile 2014, ha
richiesto alla Regione Campania, al Comune di Napoli, alla Provincia di Napoli ed all'ARPAC di
trasmettere con urgenza ulteriori informazioni in merito alle procedure di autorizzazione, tipologia
dei rifiuti ed indagini eseguite per la discarica, evidenziando che, in attesa del riscontro alla nota
medesima, la procedura di riperimetrazione del SIN di Napoli Bagnoli-Coroglio sarebbe stata
sospesa. Il Comune di Napoli ha fornito la documentazione relativa all'area (dati catastali ed
individuazione delle proprietà) ed il 30 giugno 2014 si è svolta una Conferenza di servizi per la
riperimetrazione del SIN che ha riconfermato la competenza del Ministero, oltre che per le aree ex
Ilva e Eternit e limitrofe, anche per l'ex discarica "Cavone degli sbirri" nonché per le aree ex
Cemetir, fondazione Idis, area di colmata Arenili nord e sud e area marina. Tutte le restanti parti
sono state attribuite alla competenza della Regione;
considerato altresì che:
il fallimento della Bagnoli Futura SpA ha creato conseguenti gravissime criticità di natura
finanziaria e amministrativa che investono, ad oggi, il piano di completamento del recupero
ambientale;
attualmente la situazione finanziaria relativa al SIN risulta la seguente: rispetto alle risorse già
erogate a favore della Bagnoli Futura SpA (40.788.463,40 euro), risulta l'ulteriore importo di
8.000.000 euro non trasferito in quanto pignorato da soggetti terzi creditori della Bagnoli Futura
SpA; le risorse ministeriali ancora da erogare (complessivi 26.270.710,60 euro) sono cadute in
perenzione amministrativa e per procedere all'erogazione di tali somme occorre attivare le
necessarie procedure di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze ai fini della
reiscrizione nel bilancio del Ministero; anche le citate risorse ancora da erogare (26.270.710,60
euro) sono gravate da atti di pignoramento di soggetti terzi creditori della Bagnoli Futura SpA;
in data 21 dicembre 2007 è stato sottoscritto l'accordo di programma quadro "Bagnoli-Piombino",
cessato anticipatamente il 30 settembre 2013, a causa di ingenti definanziamenti operati dal
Governo nonché per il venire meno della disponibilità di Piombino ad accogliere i sedimenti del
SIN di Bagnoli-Coroglio. Rispetto a tale accordo, allo stato residuano circa 48 milioni di euro,
stanziati dal Ministero, attualmente nelle disponibilità del Comune di Napoli, da riprogrammare;
la società Bagnoli Futura SpA, subentrata alla precedente Bagnoli SpA, aveva assunto l'incarico di
portare a termine la bonifica dei suoli e la realizzazione definitiva del PUE (piano urbanistico
esecutivo). Lo scopo sociale della STU consisteva dunque nel gestire i suoli divenuti di sua
proprietà, bonificarli, edificarli laddove previsto dal piano con opere pubbliche e quindi vendere i
restanti lotti ai privati, che avrebbero realizzato le restanti opere previste dal PUE;
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contestualmente alla società, era stata istituita una commissione di vigilanza sulle attività della
Bagnoli Futura la cui presidenza fu affidata ad un esponente dell'opposizione comunale;
nel giugno 2005, un mese dopo la definitiva approvazione del PUE da parte degli enti locali, la
Bagnoli Futura aveva avviato le sue attività operative;
la commissione di vigilanza fin dal suo insediamento ha sempre incontrato numerose difficoltà
tanto che la nuova commissione insediatasi nel 2007 a seguito del rinnovo del Consiglio comunale
nella prima relazione depositata evidenziava quanto segue: "La vecchia Commissione di Vigilanza
sulla Bagnolifutura ha tenuto la sua ultima seduta utile, in data 26 maggio 2005. Da quella data è
stata denunciata, per l'indisponibilità dei vertici della Bagnolifutura e/o per la reiterata mancanza
del numero legale, l'impossibilità di riunirsi in sedute valide. L'ex presidente Passariello sostiene
che questi sono stati i motivi principali che lo hanno indotto ad informare, nel merito, la Procura
della Repubblica. Questi, chiarisce ancora che, relativamente al secondo semestre 2005 ed al primo
semestre 2006, si è stati impossibilitati alla redazione delle relazioni semestrali in primo luogo
perché la Bagnolifutura non ha fatto pervenire in tempo utile le proprie rendicontazioni delle attività
riferite a questi periodi, in secondo luogo perché la Commissione non si è più potuta riunire per la
mancanza ripetuta e continuativa del numero legale dei propri Commissari";
tutto ciò, a parere degli interroganti, avrebbe dovuto costituire un campanello d'allarme;
i punti critici già allora riscontrati dalla Commissione erano i seguenti: mancata disponibilità del
sito per lo stoccaggio per i materiali inerti; assenza di strategie alternative volte a trovare ubicazione
per i circa 800.000 metri cubi provenienti dal piano di completamento della bonifica di Bagnoli;
mancata definizione delle trattative per l'acquisizione dei restanti suoli facenti parte del PUE;
accumulo di importanti ritardi rispetto alle previsioni contenute nel piano di intervento fornito dalla
Bagnoli Futura; accumulo di importanti ritardi anche rispetto alla bonifica della linea di costa e dei
fondali marini; incertezze presenti nell'opinione pubblica circa la rimozione della colmata a mare e
circa la realizzazione del porto canale;
in data 12 febbraio 2007 la Commissione di vigilanza accoglie in audizione i vertici della STU. Nel
corso della seduta viene per la prima volta audito il presidente della Bagnoli Futura, professor Papa.
Al riguardo si riporta parte della relazione della Commissione di vigilanza: "Il professor si impegna
a fornire le tre relazioni trimestrali di rendicontazione delle attività della Stu che risultano arretrate.
Relativamente ai limiti delle aree di competenza della Stu chiarisce che queste terminano sul lato
mare, in coincidenza di Via Nuova Bagnoli. Oltre detto limite, verso il mare, ci sono altri soggetti
che hanno competenze su queste aree, in primo luogo il Commissario di Governo per le bonifiche e
l'Autorità Portuale. Il professor Papa chiarisce ancora che, essendo dette aree in massima parte del
demanio marittimo, ne scaturisce, non solo che la Stu non ha competenza sulle stesse, ma che non
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ne ha, neanche, la disponibilità. Ovviamente, sostiene il professor Papa, come Bagnolifutura, siamo
interessati affinché le trasformazioni di queste aree (realizzazione del porto canale e rimozione della
colmata), siano le più rapide possibili in quanto, essendo limitrofe a quelle di competenza della Stu,
incidono in maniera importante sul valore delle stesse. Ciò, diventa importante soprattutto ai fini
della commercializzazione delle aree trasformate dalla Stu, che è prevista dalla Convenzione, subito
dopo la trasformazione urbana. Lo stesso, continua, chiarendo che la Stu non ha potere decisionale,
ma è stata creata per realizzare gli obbiettivi indicati dal Consiglio Comunale. Chiarisce ancora, che
lo scopo della Stu è di trasformare le aree in questione, previa bonifica, per poi commercializzarle e
gestirle nel rispetto del P.U.E, approvato dal Consiglio Comunale. Aggiorna la Commissione circa
la circostanza che nel 2005, il Consiglio Comunale ha approvato il PUE, ciò ha consentito alla Stu
di proporre al Ministro dell'Ambiente una variante, che tenga conto delle destinazioni d'uso delle
diverse aree e quindi dei diversi livelli di bonifica necessitanti. Ciò ha prodotto un elevato salto
temporale, detta variante è stata difatti approvata dal Ministero dell'Ambiente nel luglio 2006 e da
quelle data la bonifica di Bagnoli, ha cambiato sostanzialmente forme e tempi. Secondo elemento
importante è costituito dall'area di recapito degli inerti provenienti dalla bonifica difatti questi non
saranno più trasportati a Pianura ma serviranno in loco nell'ambito di un'operazione di
consolidamento del costone di Posillipo sotto il quale nascerà il Parco dello Sport. L'unica area, che
rimane da bonificare, con lo stesso impegno e lo stesso tempo previsto dall'originario piano di
bonifica è l'area del parco. Anche l'area del Turle Point è tutta bonificata e si può cominciare a
trasformarla. Il professor Papa riferisce ancora che si è iniziato a lavorare sulla "porta del parco",
area già bonificata, altra area già bonificata è l'ambito due, cioè quella degli alberghi, sul versante di
Via Diocleziano. L'area del parco dello sport è sostanzialmente anch'essa, già bonificata. Lo stesso
conferma che esiste un cronoprogramma complessivo di Bagnoli dove si prevede entro 2011 di
consegnare l'intera area di Bagnoli già trasformata";
al punto 7 della relazione della commissione di vigilanza relativo alle criticità emerse all'esame
degli atti, in particolare quelle sulla gestione della società Bagnoli Futura, si legge che "nel corso
dell'attività di vigilanza della Commissione circa l'operato della Bagnoli Futura sono emerse
numerosissime ed inquietanti anomalie procedurali che hanno caratterizzato la modalità di gestione
delle fasi attuative dei procedimenti in corso che espongono fortemente l'amministrazione comunale
ed inficiano il raggiungimento dello scopo della società. Con riferimento ai documenti esaminati si
denunciano la: inadeguatezza dei progetti a base di gara; superficialità della fase di gestione e di
affidamento degli appalti; imprudenza nella gestione della bonifica; carenza nella programmazione
operativa concreta degli interventi";
considerato infine che:
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attualmente, la situazione dell'inquinamento riscontrata all'interno del SIN si presenta con la
contaminazione presente nelle aree ex industriali ex Ilva ed ex Eternit che può essere così
sintetizzata: riporti, presenza di metalli pesanti (arsenico, piombo, stagno, zinco e vanadio),
idrocarburi, IPA; suoli, metalli pesanti (arsenico, piombo, stagno, zinco e vanadio), idrocarburi,
IPA, ma in quantità minori; acque sotterrane: presenza di metalli pesanti (arsenico, ferro e
manganese), idrocarburi, IPA, inquinamento da reflui urbani. Inoltre sul sito è stata verificata la
presenza di amianto dovuto all'area Eternit di produzione di manufatti in cemento-amianto;
la caratterizzazione ambientale di dettaglio degli arenili interni al sito di interesse nazionale di
Bagnoli-Coroglio è stata effettuata su incarico del commissario di governo della Regione
Campania. La contaminazione individuata riguarda principalmente i seguenti analiti: idrocarburi
policiclici aromatici (IPA), PCB e metalli pesanti (arsenico, piombo, rame e zinco);
relativamente all'arenile posto a nord della colmata a mare, cioè l"Arenile di Bagnoli" (aderente al
pontile), risultano completati gli interventi di bonifica con misure di messa in sicurezza, attestati
dalla Provincia di Napoli con certificazione prot. n. 2177 del 13 maggio 2009, e le aree sono state
riconsegnate dal commissario di governo all'Autorità portuale di Napoli in data 14 maggio 2009;
relativamente all'arenile posto a nord della colmata a mare, cioè l'"Arenile Ovest" (verso Pozzuoli),
non sono stati ancora avviati i lavori previsti dalla variante approvata dalla conferenza di servizi
decisoria del 20 aprile 2011;
per quanto riguarda l'arenile posto a sud della colmata a mare, cioè l'"Arenile di Coroglio", non
sono stati completati gli interventi di bonifica; sono stati realizzati soltanto la messa in opera della
protezione spondale e l'impianto di trattamento delle acque di falda in corrispondenza della colmata;
sulla base del piano di completamento della bonifica e del recupero ambientale dell'area industriale
di Bagnoli e delle relative varianti sono stati attuati fino ad oggi i seguenti interventi: demolizione
di gran parte degli edifici esistenti; bonifica del suolo e sottosuolo di circa il 60 per cento dell'intero
intervento (aree collaudate e certificate dalla Provincia di Napoli);
in merito poi alla messa in sicurezza delle acque di falda si evidenzia che attualmente è attiva una
barriera idraulica, costituita da 31 pozzi di emungimento, a monte della colmata con successiva reimmissione, a valle della stessa, delle acque di falda emunte, previo idoneo trattamento. Sono stati,
inoltre, realizzati 2 diaframmi plastici paralleli alla linea di costa, a nord ed a sud dell'area di
colmata a mare, atti ad intercettare le acque di falda contaminate;
tuttavia non è noto agli interroganti l'effettivo funzionamento della stessa barriera, a fronte del
persistere della presenza di inquinanti;
all'interno dell'area ex industriale sorge la Città della scienza, centro di divulgazione scientifica ed
incubatore d'impresa gestito dalla fondazione Idis di Vittorio Silvestrini, insediato nei capannoni
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della ex Federconsorzi, ristrutturati nel 1993; la bonifica dell'area, ampia circa 6,5 ettari, è stata
realizzata dall'Idis con circa 105 miliardi di lire (di cui oltre il 90 per cento di fondi pubblici). Gli
interroganti rilevano che non risultano mai consegnate o comunque mai rese pubbliche le
certificazioni di avvenuta bonifica, rilasciate, secondo dichiarazioni della fondazione Idis e del
Ministero, dalla Provincia, e, ad oggi, mai pervenute nonostante i cittadini di Bagnoli le abbiano più
volte richieste al Comune di Napoli;
benché gli strumenti urbanistici prevedano l'abbattimento di tutti gli edifici insistenti sulla spiaggia,
l'Idis gode di una specifica deroga, grazie ad un accordo di programma del 1996 che ha disposto la
sua permanenza in loco per un periodo di almeno 70 anni. A giudizio degli interroganti viene così
inficiato il recupero del litorale per favorire un'attività che presenta, accanto ad aspetti di pregio,
diverse incompatibilità con le previsioni urbanistiche nonché oscurità politico-gestionali;
la Città della scienza, come noto, il 4 marzo 2013 è stata oggetto di un incendio probabilmente
doloso. Attualmente il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sta valutando la firma
di un accordo di programma con il Comune di Napoli e la fondazione Idis per la ricostruzione della
stessa nello stesso punto in cui essa sorgeva a giudizio degli interroganti perpetuando un'irregolarità
non compatibile con il piano di risistemazione dell'area e con l'attuazione della destinazione prevista
nel piano generale;
inoltre risulta a gli interroganti, come riportato dalla stampa, che sia prossima la firma di un
secondo accordo di programma per disciplinare il prosieguo della bonifica;
trattandosi di un SIN il Ministero dell'ambiente è il soggetto competente per la procedura di
bonifica di cui all'art 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dell'attività della commissione comunale di vigilanza su
Bagnoli Futura SpA e degli ostacoli frapposti alla sua operatività prima nella mancata elezione del
presidente e poi nella ripetuta assenza dei vertici della stessa alle riunioni;
se risultino le ragioni per cui è stato soppresso il comitato di coordinamento ed alta sorveglianza,
supportato da una commissione tecnico-scientifica di esperti;
se risultino le motivazioni per cui, a tutt'oggi, la bonifica del sito sia stata attuata dalla Società
Bagnoli Futura SpA solo in misura del 60 per cento del piano totale, venendo meno così agli
obblighi assunti;
quali iniziative siano state assunte, nell'ambito delle proprie competenze, per monitorare il corso
degli interventi realizzati dalla Bagnoli Futura SpA negli anni addietro, sulla cui validità fin da
subito si evidenziavano problemi e dubbi come può evincersi dal verbale della commissione di
69
vigilanza, e per controllare il rispetto dei piani di bonifica e degli accordi, impedendo che si
verificassero danni allo Stato e ai cittadini;
se intenda attivarsi, nell'ambito delle proprie attribuzioni, presso l'ente competente affinché vengano
indicate le iniziative intraprese dal Comune di Napoli attuale responsabile dell'area SIN BagnoliCoroglio subentrato al commissario delegato della Bagnoli Futura SpA, il cui fallimento è stato
dichiarato in data 29 maggio 2014 con sentenza n 188, per il completamento della corretta bonifica;
quale tipo di approfondimenti siano stati condotti per constatare, anche a seguito delle indagini della
magistratura, l'effettivo stato di inquinamento dei suoli e del sottosuolo nonché il funzionamento
della barriera idraulica adottata come intervento di messa in sicurezza d'emergenza per le acque di
falda;
quali iniziative di competenza siano state adottate e quali accertamenti disposti per garantire che
non siano in atto situazioni di pericolo per la salute dei cittadini di Napoli e in particolare del
quartiere Fuorigrotta-Bagnoli, anche in accordo con il Ministero della salute;
quali misure di competenza abbia promosso o intenda promuovere per recuperare, in ottemperanza
al principio del "chi inquina paga", dalla società Ilva, dalla società Cementir e dalla Eternit i costi
sostenuti e da sostenere per la completa bonifica dell'area;
quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere considerato che nei confronti della Bagnoli
Futura SpA pende sia giudizio fallimentare, la cui udienza sarà a breve chiamata dinanzi alla 7a
sezione del Tribunale di Napoli, che giudizio penale dinanzi alla 6a sezione penale del Tribunale di
Napoli per disastro ambientale in merito alla mancata bonifica;
quale esito abbia avuto la richiesta di dichiarazione di disastro ambientale formalizzata dai cittadini
ed inviata al Ministero dell'ambiente nonché alla Commissione europea rispettivamente in data 3
luglio 2013 e 4 luglio 2013;
se nel valutare i termini relativi all'accordo per la ricostruzione della Città della scienza intenda
tenere conto della situazione d'insieme dell'area e del proseguimento della bonifica di tutta l'area al
fine di ridisegnare la fisionomia dei luoghi come approvati dal Comune di Napoli, dove la presenza
dell'edificio in riva al mare potrebbe costituire un vincolo ed un limite a perseguire la naturale
vocazione dell'area turistico balneare, essendo stato, tra l'altro, l'edificio stesso ristrutturato in
deroga al piano regolatore generale;
se intenda inoltre suggerire lo spostamento in altro luogo dell'edificio della Città della scienza nel
rispetto della variante urbanistica per la zona occidentale del piano regolatore della città di Napoli,
della legge n. 582 del 1996, dove si prevede il ripristino della linea di costa, considerato che nel
decreto ministeriale attuativo non sono stati vincolati come "monumentali" i capannoni "incendiati"
quindi ad oggi demoliti o gravemente danneggiati;
70
se tra i fondi stanziati per la bonifica vi siano fondi europei ed eventualmente in che misura;
a quanto ammonti, oltre ai 48 milioni di euro già nella disponibilità del Comune di Napoli a titolo di
residuo dello stanziamento conseguente all'accordo Bagnoli-Piombino, la somma ancora vincolata
alla bonifica del SIN Napoli Bagnoli-Coroglio effettivamente disponibile anche se in perenzione
amministrativa e dunque da riassegnare;
quali urgenti iniziative intenda adottare affinché venga completata la bonifica del sito, in particolare
in assenza di valide proposte da parte del Comune di Napoli a seguito del venir meno dell'accordo
Bagnoli Piombino, e quali siano i tempi;
se sia in possesso della certificazione di avvenuta bonifica dei suoli di Città della scienza rilasciata
dalla Provincia di Napoli. (4-02595)
Mozione:
sui costi dell'energia in Italia
PETROCELLI e altri (M5S)
- Il Senato,
premesso che:
i costi dell'energia rappresentano un parametro centrale, anche se non unico, attorno al quale
valutare la sostenibilità di una strategia energetica e di una politica economica. Il nostro Paese ha la
necessità di abbattere i costi energetici attraverso una più attenta valutazione delle modalità di
produzione e/o approvvigionamento e distribuzione dell'energia elettrica e dell'energia termica per il
riscaldamento domestico e industriale;
la relazione della UE sui prezzi e i costi dell'energia, del 29 gennaio 2014, mostra che fra il 2008 e
il 2012 i prezzi al dettaglio dell'energia in Europa sono aumentati bruscamente, nonostante quelli
all'ingrosso dell'elettricità siano calati e quelli del gas siano rimasti stabili. Si registrano inoltre forti
differenze da un Paese all'altro: alcuni consumatori pagano da 2,5 a 4 volte di più rispetto ad altri;
il dossier su "I costi dell'energia in Italia", realizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile
nel 2013, evidenzia come la bolletta energetica pagata da famiglie e imprese in Italia è del 18 per
cento più alta rispetto alla media europea e allineare i prezzi dei prodotti energetici italiani (energia
elettrica, gas e carburanti) a quelli medi europei vorrebbe dire risparmiare ogni anno 25 miliardi di
euro;
i dati forniti dal gestore servizi energetici, dall'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema
idrico e dalla Commissione europea nel Contributo al Consiglio europeo del 22 maggio 2013
relativo a "Politica e sfide nel settore energetico", hanno consentito alla Fondazione per lo sviluppo
71
sostenibile di quantificare, per l'anno 2013, in 4 miliardi di euro i costi aggiuntivi per le famiglie
italiane rispetto alla media europea per il gas naturale (pagato mediamente tra il 24 e il 35 per cento
in più); per le piccole e medie imprese italiane c'è invece un aggravio di ben 12 miliardi di euro (il
gas naturale è pagato dal 7 al 21 per cento in più, mentre il costo del kilowatt ora va dal 30 all'86
per cento in più rispetto alla media europea, che vede avvantaggiata in Italia solo la grande industria
che, per sconti fiscali, ottiene un 9 per cento in meno sul prezzo del gas naturale rispetto alla media
europea);
secondo quanto riferisce lo stesso studio, l'Italia è uno dei Paesi a più alta dipendenza da
combustibili fossili in Europa: stando ai dati Eurostat aggiornati al 2011, l'82 per cento del
fabbisogno energetico nazionale è soddisfatto tramite importazioni fossili, contro una media della
UE a 27 Paesi del 54 per cento, il 76 per cento della Spagna, il 61 della Germania, il 48 della
Francia e il 36 per cento del Regno Unito. Dopo Regno Unito e Germania, l'Italia è il primo
consumatore di gas naturale. L'utilizzo del gas è preponderante nella produzione di energia termica
(domestica e industriale) e di energia elettrica;
le risorse interne di gas riescono a coprire circa il 6-7 per cento della domanda, facendo sì che tale
dato si traduca in una fattura energetica estera, a favore dei combustibili fossili e delle economie (e
dell'occupazione) di Paesi terzi, rilevante in termini assoluti;
nella sezione III del Documento di economia e finanza 2014, contenente il programma nazionale di
riforma, parte I "La strategia nazionale e le principali iniziative", il Governo indica tra le azioni da
porre in essere la riduzione, di almeno il 10 per cento, dei costi energetici per le imprese, nonché la
«maggiore diversificazione degli approvvigionamenti e il completamento del processo di
liberalizzazione del mercato elettrico e del gas, anche rimuovendo gli ostacoli allo sviluppo della
nostra capacità di rigassificazione»;
nella parte II "Gli squilibri nazionali e le riforme in dettaglio" viene altresì ribadito che «l'Italia è tra
i 14 Paesi che soddisfano il criterio N-1, cioè la possibilità di soddisfare la domanda di gas
particolarmente elevata in mancanza della principale fonte di approvvigionamento»;
rilevato che:
in Italia lo stoccaggio di gas naturale è svolto in base a 15 concessioni vigenti. I siti di stoccaggio
attivi sono 10, tutti realizzati in corrispondenza di giacimenti di gas esausti, con una capacità di
erogazione pari a 15,6 miliardi di metri cubi, di cui 5,1 destinati allo stoccaggio strategico, già
sufficienti, quindi, con un consumo di gas annuale di 70 miliardi di standard metri cubi, a garantire
riserve per il 20 per cento del fabbisogno annuale di gas;
per il trasporto del gas naturale, l'Italia si avvale di un'infrastruttura tra le più estese e articolate
d'Europa. Snam svolge l'attività di trasporto e dispacciamento di gas naturale avvalendosi di un
72
sistema integrato di infrastrutture formato da circa 31.700 chilometri di metanodotti (articolati in
8.800 chilometri di rete nazionale e in 22.600 chilometri di rete regionale), un centro di
dispacciamento, 8 distretti, 55 centri e 11 centrali di compressione;
l'Italia può far affidamento su una rete di gasdotti articolata in 5 linee principali che portano il gas
alla frontiera in corrispondenza dei punti di ingresso della rete nazionale e di terminali di
rigassificazione. In particolare: il gasdotto TENP-Transitgas, che collega i Paesi bassi al passo di
Gries (nella provincia di Verbano-Cusio-Ossola), attraverso Germania e Svizzera, con una capacità
pari a circa 20 miliardi di metri cubi all'anno; il gasdotto TAG, che collega Baumgarten (punto di
consegna del gas russo al confine tra Austria e Slovacchia) a Tarvisio (Udine), attraverso l'Austria,
con una capacità di 37 miliardi di metri cubi all'anno; il gasdotto TTCP-TMPC, che collega
l'Algeria a Mazara del Vallo (Trapani), attraversando la Tunisia e il canale di Sicilia, con una
capacità di 34 miliardi di metri cubi all'anno; il gasdotto Greenstream, che collega la Libia a Gela
(Caltanissetta), attraverso il mar Mediterraneo, con una capacità di 10 miliardi di metri cubi
all'anno;
il settore del gas naturale è ormai da 10 anni oggetto di grande attenzione nell'ottica del
potenziamento delle infrastrutture di importazione e della capacità di stoccaggio. A ciò occorre
aggiungere che la strategia energetica nazionale afferma chiaramente la volontà di far divenire il
nostro Paese piattaforma di scambio in grado di intercettare i flussi di gas sia sulla direttrice sudnord, sia su quella est-ovest. Analizzando in dettaglio i piani di sviluppo di nuove infrastrutture di
approvvigionamento è possibile osservare come esistano numerosi progetti in essere che, se
integralmente realizzati, come si afferma nello studio "Il mercato del gas naturale in Italia: lo
sviluppo delle infrastrutture nel contesto europeo", realizzato dalla Cassa depositi e prestiti,
«porterebbero la capacità di ricezione del nostro Paese quasi a raddoppiare»;
con riferimento ai progetti in essere si evidenziano 4 progetti principali: i progetti TAP e IGI, che
dovrebbero consentire all'Italia di intercettare i flussi di gas naturale del corridoio sud che a sua
volta dovrebbe convogliare risorse provenienti dall'Azerbaijan, dall'Iraq e dal Turkmenistan; il
progetto GALSI, che prevede la realizzazione di un'interconnessione tra l'Algeria la Toscana,
attraverso la Sardegna; il progetto TGL, che comporta la realizzazione di un flusso bidirezionale
(reverse flow) tra Italia, Austria e Germania, coinvolgendo i mercati della Repubblica ceca e della
Slovacchia;
ancor più complesso il quadro relativo ai terminali di rigassificazione, per i quali si rileva una
moltitudine di progetti, molti dei quali tra loro alternativi, con diverso stadio di avanzamento e
discutibili necessità di realizzazione. A riguardo, occorre evidenziare che il "Focus sulla sicurezza
energetica", realizzato dall'ISPI e relativo al periodo ottobre-dicembre 2013, afferma che dal punto
73
di vista delle interconnessioni tra le reti del gas, «il sistema infrastrutturale nazionale appare
pienamente adeguato». Inoltre, in considerazione del dato per cui le prospettive di crescita,
soprattutto nell'ottica di un mercato comune su base europea, non giustificano un potenziamento
delle infrastrutture con la creazione di nuovi terminali, non appare né strategicamente rilevante né
economicamente ragionevole procedere nella costruzione di nuovi rigassificatori;
valutato che:
dall'analisi dei dati contenuti nel rapporto ENI 2013 e dei dati di Eurogas, si evince come i consumi
di gas a livello europeo (UE a 27 Paesi) abbiano raggiunto un picco in corrispondenza dell'anno
2005 (528,10 miliardi di metri cubi), per poi ridursi ai 468 del 2012 ed ai 462 miliardi di metri cubi
del 2013;
in Italia i consumi sono passati dagli 84 miliardi di metri cubi del 2005 ai 70 del 2013, al di sotto
del livello del 2002. Per il 2023 Snam stima una domanda di 74 miliardi di metri cubi, inferiore a
quella del 2003;
la produzione nazionale è passata da 653 milioni di metri cubi dello scorso anno a 595 milioni di
metri cubi dell'anno in corso, ossia l'8,8 per cento in meno dell'anno passato;
nel mese di maggio 2014 sono stati consumati 3.653,5 milioni di metri cubi di gas contro i 3.742,2
milioni di metri cubi consumati nel mese di maggio del 2013, con una diminuzione di circa il 2,4
per cento. Dal mese di marzo 2013 la diminuzione è stata costante e continua, mese dopo mese, con
la sola eccezione del novembre 2013;
i dati forniti dalla Snam mostrano la progressiva riduzione del consumo di gas, che ha raggiunto il
livello più basso degli ultimi 10 anni, mai toccato dal gennaio 2006;
la severa battuta d'arresto dei consumi di gas naturale registrata nel corso degli ultimi anni per
effetto della crisi dovrebbero determinare un mutamento strutturale nell'assetto e nelle previsioni di
crescita del settore;
considerato che:
in Italia si dispone, quindi, non solo di una quantità di gas più che sufficiente, se si considerano i
volumi importati attraverso i gasdotti già attivi e quelli che dovrebbero arrivare qualora fosse
conclusa la realizzazione dei progetti in corso, ma anche di un eccesso di produzione rispetto alla
domanda di elettricità;
secondo i dati forniti da Terna, a marzo 2014 la domanda di elettricità in Italia è stata del 3,7 per
cento inferiore al marzo 2013, in linea con quanto accade da oltre un anno e mezzo;
il primo trimestre dell'anno 2014 e i primi consuntivi su produzione e consumi elettrici in Italia,
sempre in riferimento ai dati di Terna, mostrano che a livello di trimestre, il contributo delle fonti
rinnovabili (inclusi circa 3 TWh di bioenergia) sulla produzione nazionale è del 39,8 per cento. Nel
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primo trimestre 2013 era stato del 32,4 per cento. Le rinnovabili hanno coperto quest'anno il 33,3
per cento, mentre lo scorso anno (gennaio-marzo 2013) tale quota era pari al 27,7 per cento;
la percentuale del contributo del termoelettrico alla domanda (depurata dalla produzione di
bioenergia) scende dal 57,9 per cento del 2013 al 50,4 del primo trimestre 2014. Sulla produzione si
passa dal 67,6 al 60,2 per cento;
nonostante la sovrapproduzione di forniture e stoccaggi di gas e di produzione di energia elettrica
rispetto alla domanda di gas e di elettricità a livello nazionale, che la citata relazione della
Commissione europea sulle "Politiche e sfide nel settore dell'energia" definisce ottimale per una
diversificazione dell'approvvigionamento di gas per avere "prezzi più competitivi", non vi è stata
nel nostro Paese un'effettiva e corrispondente diminuzione dei prezzi per i consumatori: famiglie e
piccole e medie imprese;
nel contributo della Commissione europea sul tema "Efficienza energetica: investire in una fonte
energetica meno cara e più pulita", la medesima Commissione specifica che «il conseguimento
dell'obiettivo dell'UE del 20 per cento di efficienza energetica entro il 2020, si traduce in un
risparmio equivalente alla chiusura di 1000 centrali elettriche a carbone o a 500.000 turbine
eoliche» in Europa e, di conseguenza, in percentuale statistica, anche in Italia. Inoltre, nel
contributo si afferma che: «L'efficienza energetica riduce la domanda di energia, le importazioni di
energia e l'inquinamento. Offre inoltre una soluzione a lungo termine al problema della carenza di
combustibili e dei prezzi elevati dell'energia. Nonostante il ruolo fondamentale che l'efficienza
energetica svolge in termini di riduzione della domanda, attualmente soltanto una piccola parte del
suo potenziale economico viene sfruttata»;
l'utilizzo di fonti di energia rinnovabile sta vivendo a livello mondiale una forte crescita in termini
di occupazione, fatturato, ed energia prodotta;
tutta la generazione italiana da rinnovabili, circa 106,8 TWh, risulta pari al 38,5 per cento della
produzione nazionale e al 33,7 per cento della domanda nazionale. Quindi più di un chilowattora su
3 richiesto in Italia oggi è prodotto da fonti pulite. Il fotovoltaico con i suoi 22,1 TWh prodotti
copre il 7 per cento della domanda (record mondiale) e l'8 per cento della produzione. Le
rinnovabili elettriche nel complesso sono aumentate di circa 15,5 per cento rispetto al 2012;
una maggiore efficienza energetica e un incremento di produzione di energia da fonti rinnovabili
comporterebbero non solo una riduzione delle richieste di gas ai fini della produzione di energia
elettrica, e quindi una minore dipendenza energetica da altri Paesi e dalle importazioni di
combustibili fossili, ma soprattutto un più agevole raggiungimento dei nuovi obiettivi comunitari
proposti dalla Commissione europea per il 2030: 40 per cento di riduzione delle emissioni
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climalteranti, 27 per cento di rinnovabili sui consumi finali e 30 per cento di riduzione dei consumi
energetici;
considerato, inoltre, che:
la crescita continua della produzione da fonti rinnovabili, a giudizio dei firmatari del presente atto
nonostante gli interventi dei Governi succedutisi volti a frenarla, permetterebbe oggi finalmente di
chiudere o riconvertire le centrali elettriche più vecchie e inquinanti;
al fine di conseguire l'obiettivo comunitario di riduzione delle emissioni climalteranti, occorre tener
presente che il carbone è, tra le fonti fossili, quella che per la produzione di energia elettrica emette
maggiori emissioni di anidride carbonica (CO2). Uno studio titolato "Stop al carbone", realizzato da
Legambiente nel 2013, mostra come «nel 2012 a fronte di un contributo pari al 16 per cento della
produzione energetica italiana, le centrali a carbone hanno contribuito al 35 per cento alle emissioni
di CO2 mentre, ad esempio, le centrali a gas, producendo il 45 per cento dell'energia elettrica hanno
contribuito per il 42 per cento alle emissioni. Infatti per ogni kWh prodotto dalle centrali a carbone
italiane vengono emessi 857,3 grammi di CO2, contro i 379,7 di quelle a gas naturale, o le
emissioni zero delle centrali solari, eoliche, idroelettriche, geotermiche, a biomasse». Non è
possibile poi tralasciare che il carbone costituisce una grave minaccia per la salute di tutti: la
combustione rilascia infatti un cocktail di sostanze dannose (tra cui arsenico, cromo, cadmio,
mercurio, polveri sottili), che interessano un'area molto vasta intorno alle centrali;
secondo i dati del Ministero dello sviluppo economico per l'anno 2012, però, le centrali in fase di
realizzazione sono 6 per 3.543 MW. Quelle in corso di autorizzazione alla medesima data
addirittura 38 tra gas, metano, carbone, per 23.990 MW. A tali impianti vanno ad aggiungersi le
centrali termodinamiche, strutture ibride di energia rinnovabile integrate da centrali a gas;
di tali impianti dovrebbe occuparsi la strategia energetica nazionale al fine di ridurre le emissioni di
gas serra, nell'ambito degli obiettivi comunitari, e i costi per il sistema connessi agli impianti di
produzione di energia elettrica da fonti fossili. La sovrabbondanza di centrali fossili già oggi
comporta effetti rilevanti in termini di costi per aziende e cittadini;
il contributo sempre più rilevante portato dalle fonti rinnovabili, ma con problemi nel
dispacciamento per l'inadeguatezza delle reti in alcune Regioni e con un andamento in parte
discontinuo, associato alla riduzione dei consumi, sta generando contraccolpi sugli impianti da fonti
fossili, che vengono usati progressivamente meno ma che potrebbero servire come riserva;
per affrontare gli stessi problemi, la Germania punta ad investire sulle reti per spostare l'energia
prodotta da rinnovabili verso i luoghi dove è maggiore la domanda, sullo stoccaggio, per
immagazzinare l'energia e poi, in ultima istanza, su un sistema di remunerazione per le centrali che
svolgono un ruolo di riserva;
76
al contrario, invece, l'Italia, a causa di una politica energetica miope, e sotto la pressione delle
lobby, non interviene sulle reti (in particolare su quelle di distribuzione) e sullo stoccaggio, ma, in
maniera del tutto irragionevole, continua ad erogare sussidi per vecchie centrali a combustibili
fossili, consentendo deroghe alla normativa sulle emissioni in atmosfera o alla qualità dei
combustibili;
è evidente, quindi, che la strategia energetica nazionale non può essere neppure lontanamente
assimilata ad un vero e proprio piano energetico, condiviso con i territori interessati e coerente con
gli obiettivi energetici e di contrasto al cambiamento climatico perseguiti a livello europeo,
impegna il Governo:
1) a promuovere, anche con misure di carattere normativo, gli investimenti in impianti e reti di
distribuzione locali, al fine di garantire un approvvigionamento elettrico sicuro, rendendo così
possibile, per le imprese e i cittadini, lo sviluppo di progetti per la produzione di elettricità e calore
da fonti energetiche rinnovabili e la gestione al servizio di condomini, case, uffici, attività
produttive;
2) a promuovere lo sviluppo di sistemi di accumulo dell'energia elettrica al fine di aumentare la
flessibilità e l'efficienza delle reti elettriche e di contribuire anche alla fornitura dei servizi
indispensabili alla sicurezza del sistema elettrico a seguito della crescente penetrazione di fonti
rinnovabili, contribuendo così anche a ridurre la dipendenza dall'acquisto di carburanti fossili per la
produzione di energia elettrica e termica;
3) ad adottare ogni opportuna iniziativa per favorire tutte le forme di autoproduzione di energia
elettrica e termica, permettendo così a famiglie, condomini, aziende, distretti produttivi e utenze
distribuite di diventare indipendenti o di ridurre gli approvvigionamenti dalla rete;
4) ad avviare una nuova politica energetica per la riduzione progressiva dell'uso del carbone per la
produzione di energia elettrica fino al definitivo abbandono e la riconversione delle centrali
termoelettriche che oggi utilizzano olio combustibile o carbone;
5) a sospendere tutti i procedimenti autorizzativi in corso per la realizzazione di nuove centrali a
carbone e ad assumere iniziative per adottare una moratoria per tutte le nuove centrali
termoelettriche, a biomassa, a rifiuti ed ibride attualmente in fase di valutazione, progettazione e
attuazione. (1-00298)
Interrogazione a risposta in 10a Commissione permanente (Industria, commercio, turismo):
sull'acquisizione di una quota rilevante di Cdp Reti da parte di un colosso cinese dell'energia
GIROTTO e CASTALDI (M5S)
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- Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:
il 31 luglio 2014 la Cassa depositi e prestiti SpA (Cdp) ha comunicato che l'amministratore
delegato, Giovanni Gorno Tempini, e il presidente di State Grid international development limited
(SGID), Zhu Guangchao, hanno firmato l'accordo per la cessione a SGID di una quota del 35 per
cento del capitale sociale di Cdp Reti SpA, a un prezzo pari a 2.101 milioni di euro;
la SGID è l'operatore finanziario internazionale della State Grid corporation of China, controllata
dal Governo cinese, classificatasi settima nella graduatoria mondiale delle 500 più grandi società
"2014 Fortune global 500", ed è la più grande utility al mondo. La missione della società è quella di
fornire energia elettrica sicura, economica e per lo sviluppo sociale ed economico del Paese. Il core
business dell'azienda è la costruzione e la gestione della rete energetica che copre 26 province,
regioni autonome e municipalità cinesi;
Cdp Reti è una società interamente di proprietà della Cassa depositi e prestiti che detiene una
partecipazione pari al 30 per cento del capitale sociale di Snam SpA, il gruppo italiano integrato che
presidia le attività regolate del settore del gas, gestisce i grandi gasdotti e gli stoccaggi di metano, le
infrastrutture essenziali per la sicurezza nazionale e come tali qualificate strategiche ai sensi della
normativa nazionale ed europea;
prima del closing della cessione, atteso nei prossimi mesi a seguito delle approvazioni governative e
antitrust, ove richieste dalla disciplina vigente, la Cassa conferirà a Cdp Reti la propria
partecipazione in Terna SpA (pari al 29,851 per cento del capitale sociale), operatore italiano leader
nelle reti di trasmissione di energia elettrica;
a SGID saranno riconosciuti diritti di governance a tutela del proprio investimento nella società. In
particolare, SGID potrà nominare 2 amministratori su 5 del consiglio di amministrazione di Cdp
Reti e un membro su 3 del collegio sindacale della società. Inoltre, SGID godrà di un diritto di veto
rispetto all'adozione, da parte sia del consiglio di amministrazione sia dell'assemblea dei soci di Cdp
Reti, di alcune particolari delibere;
al fine di rafforzare la cooperazione fra le parti, Cassa depositi e prestiti e SGID hanno stabilito che,
sulla base delle esigenze operative di Cdp Reti, SGID potrà proporre il nominativo di uno o due
candidati che concorrano alla gestione operativa della società. La decisione finale in merito spetterà,
in ogni caso, all'organo competente di Cdp Reti. Inoltre, SGID avrà diritto a designare un
amministratore nei consigli di amministrazione di Snam e Terna;
nell'accordo è stabilito un divieto reciproco di trasferimento delle partecipazioni in Cdp Reti per un
periodo di 2 anni a partire dal closing; dopo tale data i trasferimenti delle partecipazioni saranno
soggetti al diritto di prima offerta dell'altro socio;
considerato che:
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l'ingresso del più grande operatore di reti energetiche del mondo, espressione diretta degli interessi
dello Stato cinese, con una quota rilevante del 35 per cento, non potrà non avere una significativa
influenza sulle scelte del management, anche in considerazione della stretta collaborazione in atto
tra Petrochina ed Eni, a sua volta controllata da Cassa depositi e prestiti e dal Ministero
dell'economia e delle finanze, nello sfruttamento e destinazione verso l'Asia del gas estratto dai
nuovi giacimenti del Mozambico;
la rivista on line "Formiche" il 1° agosto 2014 ha pubblicato un articolo dal titolo "Snam, Terna e
cinesi in Cdp Reti, tutti i nodi e gli enigmi politici" a firma di Michele Arnese, secondo il quale
«Diversi addetti ai lavori che hanno seguito il dossier hanno rimarcato come il silenzioso via libera
politico arrivato dal Governo si è innestato sull'atarassia della Presidenza del Consiglio dei ministri
sulla questione golden power, sotto cui ricadrebbe il caso Cdp Reti. Peccato che l'atteso decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri di disciplina della normativa che è subentrata alla golden rule
non è stato ancora firmato dal premier. In altri termini i cinesi sono entrati in due asset strategici e
due uomini di State Grid siederanno nel cda di Cdp Reti e anche in Snam e Terna, senza che sia
stato emanato il provvedimento che regola operazioni del genere da parte di soggetti esteri. Un
vuoto normativo colmato evidentemente da una volontà politica, forse non solo per consentire a
Cdp di far cassa»;
secondo quanto riportato da "Quotidiano energia", nell'articolo pubblicato nello stesso giorno,
intitolato "Focus. Cdp Reti e la Cina più vicina - State Grid avrà poteri di veto e un posto nei Cda di
Snam e Terna. I potenziali conflitti di interesse e i rischi geopolitici. Faro Ue?", la conclusione
dell'accordo potrebbe determinare un conflitto di interessi di carattere internazionale. A tal
proposito viene fatto riferimento al caso in cui nel «Cda di Snam si discute su un'infrastruttura
strategica che serve a diversificare le fonti di approvvigionamento gas, magari alternative a quelle
dalla Russia. Visto che Pechino e Mosca hanno legami sempre più stretti sul gas, anche allo scopo
di mettere pressione sulla Ue, il consigliere cinese (rappresentante di una società di Stato) potrebbe
andare a riferire al suo Governo, e quest'ultimo a quello russo. Magari i consiglieri di State Grid in
Cdp Reti potrebbero tentare di esercitare il loro potere di veto (ancora non è noto quali siano quelle
"particolari delibere") allo scopo di evitare quell'investimento. Anche sotto forma di "ricatto" su
altre decisioni importanti, se non su quella direttamente»;
della decisione formalizzata nell'accordo, firmato da Cassa depositi e prestiti e SGID a palazzo
Chigi alla presenza del Presidente del Consiglio dei ministri, il Parlamento e i singoli Ministeri sono
venuti a conoscenza solo attraverso la stampa, che ha riportato dichiarazioni del Ministro
dell'economia, Gian Carlo Padoan, e del presidente di Cdp, Franco Bassanini,
si chiede di sapere:
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se il Ministro in indirizzo, titolare delle concessioni che permettono alle società delle reti di operare
sul territorio nazionale nonché supervisore dei loro piani strategici di sviluppo e controllore
dell'esecuzione degli stessi, sia a conoscenza della decisione assunta dal Ministro dell'economia,
mero azionista finanziario di dette società;
quali siano state le valutazioni sull'impatto che le decisioni assunte dal Ministro dell'economia
potrebbero avere sulla strategia energetica nazionale;
se la decisione di cedere la quota del 35 per cento della società che controlla la rete elettrica italiana
di trasmissione che connette le reti centro-europee alla Grecia e all'Italia del Sud e prossimamente le
reti del gas che mettono in comunicazione i giacimenti nord africani e dell'area del Caspio con i
gasdotti centro e nord europei (parte fondamentale del reticolato paneuropeo continentale
dell'energia) sia stata comunicata alla Commissione europea e quali siano state le valutazioni della
medesima Commissione;
quali conseguenze l'accordo avrà in Grecia, dove China Grid partecipa come concorrente di Terna
all'acquisizione della quota di maggioranza di "Independent power transmission", gestore della rete
elettrica ellenica, con il manifestarsi della situazione dove controllante e controllata competono per
lo stesso obbiettivo, e se la strategia complessiva di penetrazione nell'area mediterranea da parte
cinese sia stata effettivamente valutata;
se corrisponda al vero che non si è ancora provveduto a dare seguito alle necessarie attività di
coordinamento previste dall'articolo 2 del "Regolamento per l'individuazione delle procedure per
l'attivazione dei poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, a norma
dell'articolo 1, comma 8, del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21" di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 19 febbraio 2014, n. 35, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 20 febbraio 2014, e
per quali ragioni ciò si sia verificato, tenuto conto, in particolare, dell'importanza dell'operatività del
gruppo di coordinamento di cui all'articolo 2, comma 2, lettera c), ai fini dell'esercizio dei poteri
speciali, nonché dell'ufficio incaricato del monitoraggio delle determinazioni assunte;
se sia stato acquisito il parere dei servizi di sicurezza nazionale, anche in considerazione del fatto
che la partecipazione al consiglio di amministrazione della Cdp Reti porterà a diretta conoscenza
del Governo cinese informazioni di rilevante interesse strategico, di sicurezza, commerciali e di
politica internazionale dell'Italia.
(3-01164)
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Interrogazione a risposta in 10a Commissione permanente (Industria, commercio, turismo):
sulla concessione per la coltivazione di idrocarburi alla Medoilgas Civita Ltd in provincia di
Chieti
BLUNDO e altri (M5S)
- Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:
con decreto emanato il 17 dicembre 2012 è stata accordata per 20 anni alla Medoilgas Civita Ltd,
controllata della Mediterranean oil & gas, la concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e
gassosi in un'area di 7,32 chilometri quadrati denominata "Aglavizza", sita in territorio di Chieti;
il decreto di conferimento della concessione prevede all'articolo 6, comma 1, lettera b), di "iniziare i
lavori entro sei mesi dalla data di emanazione del presente decreto e di iniziare la produzione entro
diciotto mesi dalla stessa data". Sulla base di questa disposizione, pertanto, i lavori avrebbero
dovuto iniziare entro il mese di giugno 2013 e la coltivazione entro il giugno 2014;
considerato che secondo alcune recentissime notizie di stampa (si veda un articolo sulla testata on
line "I Due Punti: i fatti, senza pregiudizi", del 13 luglio 2014), la Medoilgas Civita Ltd avrebbe
firmato un contratto con il consorzio italiano Maris - CMTI per la costruzione e lo sviluppo del
pozzo produttivo "Civita 001". I relativi lavori dovrebbero iniziare nel mese di settembre e la prima
estrazione di gas, secondo quanto dichiarato dalla Mediterranean oil & gas, sarebbe effettuata nel
terzo trimestre 2015;
considerato inoltre che:
al contrario delle tempistiche con le quali si intende portare avanti il progetto, al comma 2
dell'articolo 6 del decreto di concessione si dispone anche che "la mancata osservanza del primo
comma richiamato in premessa e riguardante i tempi di inizio lavori e produzione, oltre che degli
articoli 3 e 5, provoca la decadenza della medesima concessione";
secondo quanto riportato dal sito internet del Ministero dello sviluppo economico, nella sezione
riguardante l'Ufficio minerario per gli idrocarburi e le georisorse, la concessione "Aglavizza" risulta
essere non produttiva,
si chiede di sapere se e quando il Ministro in indirizzo, sulla base di quanto stabilito dal decreto di
conferimento e tenuto conto del comprovato ritardo nella realizzazione dello stesso da parte della
Medoilgas Civita Ltd, intenda prendere atto dell'avvenuta decadenza della concessione rilasciata in
capo alla controllata della Mediterranean oil & gas. (3-01167)
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