Apri il pdf - Pensiero Plurale

Ninja
L’ombra, l’uomo vestito di nero che perseguita i vostri sogni, che vi segue negli incubi, è
l’archetipo delle vostre paure ancestrali, quelle che vi attanagliano e che vi fanno sentire in pericolo
di vita. È la paura del buio, dell’intangibile.
Subdolo e impalpabile, l'Uomo Nero è una sorta di oscuro fantasma in grado di celarsi ovunque
la luce non arrivi, preferibilmente sotto il letto o dentro l'armadio della sua vittima designata, alla
quale non resta che combatterlo tenendo la luce accesa, o rifugiandosi sotto le coperte. Ombra
oscura dell’inconscio. Sembra essere invincibile, e solo la luce del sole è in grado di farlo acquattare
in un angolo nascosto, in attesa che torni il buio.
Buio e oscurità suscitano nel cuore dell’uomo inquietudine e smarrimento o addirittura
angoscia. Mentre aggettivi come luminoso, chiaro e solare richiamano l’idea della gioia, della felicità,
della vita, parole come oscuro, cupo e tetro evocano immediatamente l’idea del timore,
dell’incertezza. Perché la notte è il momento in cui gli esseri viventi si riposano e ritemprano le loro
forze, per essere pronti ad affrontare le fatiche di un nuovo giorno; ma è anche il momento della
tenebra, quando è pericoloso muoversi perché non si vede ciò che ci sta intorno, e ciò che non si
vede rende inquieti: il buio genera forme inconsuete e strane, fa percepire presenze misteriose e
forze inquietanti che approfittano delle tenebre per esercitare il loro potere malvagio.
L’espressione: "col favore delle tenebre" indica come l’esercizio di azioni criminose trovi
protezione e complicità nella notte.
Cosa accade veramente mentre dormiamo indifesi?
Un’ombra ci guarda avvicinandosi al nostro naso, studiando le nostre emozioni. Come ombra
senza forma appare con tutte le forme di ciò che non si conosce e che si teme. Essa è il Diavolo, il
Vampiro, l’Orco.
L'Incontro con l'Ombra è spesso drammatico e terribile – poiché rappresenta tutto ciò che di
noi non conosciamo e temiamo: un rumore, una percezione ingannevole, una parvenza di chissà che
colta con la coda dell’occhio scatenano reazioni incontrollabili, un abbassamento della pressione del
sangue e della temperatura corporea, l’alterazione del battito cardiaco e della tensione muscolare,
un’abbondante sudorazione e dilatazione della pupilla. Il risultato di tale attivazione è una sorta di
paralisi, l'incapacità di reagire in modo attivo se non con la fuga o il contrattacco; si può persino
morire di paura, per collasso cardiocircolatorio.
La paura fa percepire il fruscio del vento come un sussurro nel buio, un rumore inconsueto fa
girare di scatto, temendo un attacco alle spalle; e il bello è che più l’ambiente è prosaico, più
impaurisce, e più l’ombra si sottrae alla vista ingannando e giocando come fa il gatto col topo, e più
cresce l’inquietudine, l’attesa e la certezza che qualcosa attende solo il momento propizio per
attaccare…
Ombra e buio, aggettivi che accompagnano il Ninja nelle sue missioni notturne: l’agente
“segreto” guidato da un leggero fruscio (coperto sapientemente dal sibilo del vento e dagli scrosci
di pioggia); lui incede su terreni sdrucciolevoli, rivelato da un fugace movimento appena percepibile
dalla visione periferica. Il movimento di un cespuglio o dell’erba alta poteva celare qualsiasi specie
di mostro – e non dobbiamo dimenticare che se ancora oggi questa nera figura incute paura,
nell’epoca in cui era collocato era l’incarnazione di tutte le paure, visto il grande panorama di esseri
sovrannaturali che infestavano le notti giapponesi, solitamente oggetti che facevano parte del
quotidiano ma che di notte assumevano caratteristiche sinistre, come ad esempio il Chabukuro
(sacchetto del The) che ondeggiava a mezz’aria per mezzo di malie del Tanuki, o il Bakefurugeta
(spettro del vecchio sandalo) che come nelle manifestazioni poltergeist ballava e cantava assieme
ad un cesto ed un vecchio cappello… e ancora il Furutsubaki (Vecchia camelia) la cui leggenda narra
che un semplice albero di Camelia quando è molto vecchio può trasformarsi in un mostro…
Alla luce di queste informazioni sul folklore sovrannaturale e di come l’antico pensiero
giapponese influenzava le emozioni notturne, pensate al terrore che poteva suscitare un Ninja,
considerato da tutti un “tengu” (mezzo demone e mezzo uomo), e pensate all’effetto che poteva
suscitare se improvvisamente scoperto (si poteva presentare come una specie di sacco informe
grazie allo Shinobi Shozoku, di colore nero e marrone scuro); da una posizione accovacciata, che
nulla aveva di umano, balzava fulmineamente alla gola, con occhi spiritati e senza un suono che
potesse connotarlo tra gli umani! Probabilmente, a volte, la vittima crollava a terra priva di sensi
dallo spavento… piuttosto che a causa di un colpo micidiale sferrato dal Ninja.
Ma chi erano i Ninja? I Ninja (忍者), o anticamente Shinobi no mono (忍ノ者) erano guerrieri
oggi definibili come “non convenzionali” diffusi nel periodo del Giappone feudale (ma le tracce della
loro strategia risalgono a molto tempo prima). Il ninja era utilizzato per azioni di spionaggio,
sabotaggio, infiltrazioni o addirittura omicidi commissionati a seconda della situazione in cui
venivano impiegati.
Nonostante possano definirsi “guerrieri”, i Ninja si differenziavano dai Samurai principalmente
per il loro aspetto furtivo e per il loro “invisibile” modo di operare. I Samurai osservavano ferree e
dure regole di combattimento basate sull’onore (Bushidō); ma anche i Ninja possedevano una loro
etica e una loro “filosofia di vita”. Infatti, nel Bansenshukai – il cui significato vuol dire “Mille
fiumi confluiscono nel mare”, composto da diversi volumi scritti e tramandati (densho) che
riguardano il Ninpo di Iga e Koga. Venne compilato da Fujibayashi Yasutake (o Yasuyoshi)
appartenente alla scuola di Iga, nel quarto anno del periodo En’o (1676).
In questa collezione di volumi, risultano esserci un’introduzione, un’intera sezione dedicata a
domande e risposte e un vero e proprio indice – il primo volume sulla teoria e sulla filosofia parla di
saggezza, virtù, sincerità, coraggio e austerità. Motivazione e forza morale dell'intenzione e approcci
corretti sulla vita e sulla morte facevano dunque parte del pensiero del Ninja. Una delle “Ninja
Juhakkei” (18 categorie Marziali Ninja) era proprio il Seishinteki Kyoyo o “Raffinamento Spirituale”.
Copertina del 1° Volume del Bansenshukai
Gli shinobi erano in realtà gruppi specializzati e addestrati
appositamente per essere utilizzati come spie e mercenari, molto famosi
nell’Era Sengoku, periodo storico (戦国時代 Sengoku jidai – Periodo degli
stati/paesi belligeranti), ricordato a causa dei sanguinosi conflitti fra stati.
In quel periodo caotico, sicari prezzolati e spie erano molto richiesti e
utilizzati tra le province, e molti Ninja venivano addirittura ingaggiati dai
clan rivali. Dopo l’unificazione del Giappone, nell’Era Tokugawa,
conosciuta anche come Periodo Edo, la figura del ninja scomparve
progressivamente insieme ai clan, venendo sostituito da un corpo di agenti
segreti chiamato Oniwabanshu (お庭番) i cui appartenenti erano noti col
nome di Onmitsu. Con l’avvento del Periodo Meiji (明治時代 Meiji jidai,
"periodo del regno illuminato"), i Ninja divennero parte della tradizione
popolare in una visione quasi folkloristica; iniziando progressivamente a
comparire in leggende e miti come dotati di qualità e abilità strabilianti,
che gli conferivano doti spiccatamente sovrumane: si racconta che fossero
in grado di correre e camminare sull’acqua, che riuscissero a controllare i
quattro elementi e persino volare – prerogative tecniche che avevano
comunque un fondamento di verità. Ad ogni modo, “effetti speciali” che
rendevano il Ninja simile al Tengu (a volte Kami, a volte Yôkai sono esseri
fantastici dell’iconografia popolare giapponese).
Etimologia della parola Ninja/Shinobi
L’ideogramma della parola “ninja” è composto da due radici: la parte superiore è detta “yaiba”,
e starebbe a significare la parte tagliente della lama di una spada,
mentre la parte inferiore che si legge “Shin” o Kokoro, che significa “cuore”.
Nel già citato Bansenshukai si dice: “Quando entri in un campo nemico per una missione
pericolosa, il tuo cuore deve essere duro, freddo e forte come la lama di una spada”. Il carattere
“nin” viene utilizzato anche nella parola “nintai”, che significa “perseveranza”.
Durante il periodo Asuka (592-710), che è anche il periodo in cui il Buddhismo secondo il Nihon
Shoki (Annali del Giappone del 720) venne introdotto in Giappone, un grande personaggio, il
principe Umayado (厩戸皇子 Umayado no ōji), noto anche come Shōtoku Taishi (聖徳太子), che
ebbe un ruolo importantissimo per la diffusione di questa nuova religione, diede un primo
significato al nome “ninja”, definendo come “Shinobi”, ovvero “persona abile nello spionaggio” (Shi
– persona che agisce, no – esperto, bi – informazione). Il termine “ninja” avrebbe preso origine
proprio da queste fonti. Ma in ogni periodo storico e in base alle collocazioni geografiche questi
“Guerrieri dell’Ombra” presero nomi diversi: Suppa (Cercatore di informazioni), Rappa (Diffusione
di notizie false), Kusa (erba, colui che è nascosto nell’erba in attesa di essere impiegato al momento
opportuno). Poi, entrarono nel vocabolario ninja altri nomi: Kaiken, Kenbun, Metsuke; (un nome
divertente che dava l’idea dell’impiego in cui a volte erano utilizzati era Nokizaru, “scimmia da
cornicione”). Il termine più conosciuto, ovvero Shinobi, è la forma abbreviata della più lunga
trascrizione “Shinobi no mono” che abbiamo visto più sopra, derivante dal verbo Shinobu che
significa “celarsi, nascondersi”, cosa non affatto estranea ad un Ninja – che era solito agire
nell’oscurità e nell’anonimato. La parola Shinobi era in realtà la parola più usata per indicare questa
categoria di “agenti segreti”, la parola “ninja”, anche se ugualmente antica, comincia ad essere
utilizzata più frequentemente della parola Shinobi solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, in quanto
era molto più riconoscibile e facile da pronunciare per un occidentale che si addentrava a conoscere
per la prima volta figure tipiche della tradizione giapponese. Ma allora, essendo recente l’utilizzo
della parola “ninja”, se dobbiamo cercare documenti storici, libri, lettere e scritti antichi, dobbiamo
partire dalla parola “Shinobi”: è questa che deve essere utilizzata.
La controparte femminile dei Ninja veniva chiamata Kunoichi くノ一. Questi due kana e un
kanji, pronunciati rispettivamente “ku”, “no” e “ichi” formano insieme il kanji 女 Onna che significa
appunto “donna”. Ma sembra che questa non sia la sola spiegazione. Ne esistono diverse, molte
delle quali legati a racconti popolari (che vedremo successivamente in un prossimo articolo a loro
dedicato).
Il Ninja era anche una sorta di “stregone” che utilizzava l’Onmyôdô. L'Onmyōdō (陰陽道) è nella
cultura esoterica giapponese un misto di occultismo e di scienze naturali, sviluppato su una base
della filosofia cinese dell’“In” e dello “Yo”). L’accostamento tra Ninja e Onmyôdô diviene più chiaro
prendendo in considerazione l’accostamento con quella figura chiamata “Incantatore”, ovvero
Maestro di Jukondō 呪禁道, la quale fu la prima disciplina Onmyô a essere introdotta in Giappone.
Questi “Maestri incantatori” conoscevano la medicina cinese (utilizzata secondo la Teoria dei Cinque
Elementi), Farmacia e Ipnosi (si suppone che i Ninja conoscessero il Saimin Jutsu). Questo
accostamento si arricchisce di un particolare in più considerando come gli Onmyoji avessero il
compito di uniformare il Governo e la Società in base alla regolamentazione dei calendari. Alla fine
del periodo Nara si evidenzia la nascita di una sorta di “Ufficio dello Yin e dello Yang”, chiamato
Onmyô-Ryô. Il “Direttore” (Kami 頭) era responsabile di Astrologia (Tenmon) della stesura dei
Calendari e dello studio di nubi e venti. Si parla addirittura di sincretismi con il Fengshui, che
chiamarono Fusui (Vento e Acqua). Da qui, attribuire tutte queste conoscenze al Ninja il passo è
breve.