Libro dei Riassunti Tecnica d’esame: Le immagini SPACE T2 (TR: 900, TE: 87) sono acquisite su un magnete da 1.5 T sul piano sagittale con risoluzione isotropica di 0.9 mm sul rachide cervicale e di 1 mm su rachide dorsale e lombare. Il tempo di acquisizione è di 2'13'' per segmento. Il post-processing viene effettuato sulla console del tecnico. Le MPR assiali permettono di valutare i singoli livelli intersomatici con elevato dettaglio anatomico dei dischi e delle radici nervose, senza artefatti da flusso del liquido cerebrospinale. Le MPR sagittali-oblique consentono di analizzare i neuroforami nel tratto cervicale e gli istmi articolari nel tratto lombare in casi di sospetta spondilolisi. Le MPR curve sul piano coronale consentono lo studio della scoliosi e forniscono informazioni sul decorso extraforaminale delle radici nervose. Le immagini mielografiche con tecnica MIP sono utili nell'evidenziare le stenosi del canale spinale centrale. Il postprocessing di ogni singolo caso richiede meno di 2 minuti. Conclusioni: Le sequenze SPACE T2 possono essere inserite nei protocolli RM del rachide grazie ai tempi ridotti di acquisizione e post-processing, oltre che per l'elevato contenuto di informazioni diagnostiche che sono in grado di fornire. PD 11-267 - UTILIZZO DELLE SEQUENZE VIBE T1 CON SOPPRESSIONE DEL GRASSO NEI CASI DI SPONDILOLISI LOMBARE Bartalena T. (Imola), Rinaldi M.F., Pravatà E., Cianfoni A., Rossi G., Bartalena L. Obiettivi didattici: Mostrare che le sequenze VIBE T1 con soppressione del grasso possono essere impiegate in RM per la diagnosi di spondilolisi lombare. Introduzione: La spondilolisi è una frattura da stress dell'istmo articolare lombare, più spesso rilevata negli adolescenti a livello di L5; il quadro clinico può variare da totale asintomaticità a casi con instabilità spinale, rachialgia e radiculopatia. Il workup diagnostico è di solito effettuato con radiologia tradizionale e TC multistrato. La RM viene ritenuta meno sensibile rispetto alla TC per diversi fattori che limitano la valutazione dell'istmo con le sequenze tradizionali. Tecnica d’esame: La VIBE (volume interpolated breath-hold examination) è una sequenza T1-pesata di solito usata nell'imaging epatico. Viene presentata una nuova applicazione nello studio RM del rachide mostrando diversi casi di spondilolistesi lombare, con e senza spondilolisi, studiati con sequenze VIBE T1 con soppressione del grasso. Sono possibili 2 approcci diversi: sequenze sagittali oblique orientate lungo le lamine vertebrali (spessore di strato 3 mm) o sequenze sagittali pure a strato sottile (1 mm) integrate da MPR oblique. La soppressione del grasso è ottenuta con tecnica WE (water excitation) o SPAIR (spectral adiabatic inversion recovery). I tempi di acquisizione sono di 1'28'' per la sequenza VIBE T1 WE sagittale obliqua a 3 mm ed 1'40'' per la VIBE T1 SPAIR sagittale ad 1 mm. Conclusioni: Le sequenze VIBE T1 con soppressione del grasso permettono di valutare l'istmo articolare in tempi ridotti. La cospicuità delle lisi istmiche è maggiore rispetto alle sequenze TSE e STIR e permette una diagnosi precisa di spondilolisi in RM con risultati simili alla TC senza uso di radiazioni ionizzanti, cosa molto importante vista l'alta frequenza di tale patologia nei pazienti giovani. PD 11-299 - ELASTOFIBROMA DORSI: DIAGNOSTICA PER IMMAGINI E CORRELAZIONE ISTOLOGICA Lanni G. (Vasto), Mazzola L., Graziani S., Pizzicannella G., Mattioli M.G., Marulli A. Obiettivi didattici: Descrizione dei reperti TC ed RM tipici dell'elastofibroma del dorso Introduzione: L’elastofibroma del dorso (elastofibroma dorsi) è una lesione pseudotumorale delle parti molli della famiglia dei tumori di derivazione fibroblastica-miofibroblastica. L’età media di insorgenza è circa 60 anni (range 41-80 anni) con prevalenza del sesso femminile F:M=4:1. Le lesioni sono spesso asintomatiche e bilaterali nel 10-66% dei casi. A volte si apprezza una tumefazione della regione periscapolare. Oltre il 90% delle localizzazioni sono in corrispondenza della regione dorsale profonda, tra la parete toracica ed il terzo inferiore della scapola, al di sotto dei muscoli dentato anteriore e lunghissimo del dorso. Tecnica d’esame: Il quadro RM tipico è quello di una lesione delle parti molli a morfologia grossolanamente semilunare con convessità rivolta verso la parte esterna della parete toracica. La lesione presenta margini sfumati e maldelimitabili, ed intensità di segnale simile a quella della muscolatura adiacente sia nelle sequenze T1- che T2-dipendenti, con qualche striatura interna da componente adiposa. Dopo somministrazione ev di mdc, l’enhancement della lesione appare discreto e disomogeneo, progressivo, di tipo striato e con persistenza di accumulo nelle acquisizioni più tardive. L’esame TC solitamente non documenta né calcificazioni intralesionali né rimodellamento delle strutture ossee perilesionali. Conclusioni: L’imaging svolge un ruolo chiave nell’identificazione e nella caratterizzazione delle lesioni della parete toracica, consentendo il più delle volte, oltre che precise indicazioni chirurgiche, anche una diagnosi di natura. PD 11-355 - TECNICHE D’IMAGING NELLE FRATTURE DEL PILONE TIBIALE Toro G. (Vallo Della Lucania), Cantalupo T., Melisi M., Toro G., Sica A., Rotondo A. Obiettivi didattici: Illustrare il ruolo della diagnostica per immagini per la diagnosi, la classificazione e l’efficacia del trattamento delle fratture del pilone tibiale. Introduzione: Più frequenti nel sesso maschile e nella III-V decade, le fratture del pilone sono lesioni metafisarie distali di tibia con estensione articolare e talora diafisaria, dovute a traumi ad alta energia e rappresentano circa il 7-8% delle fratture di tibia. Tecnica d’esame: Nei traumi di caviglia bisogna eseguire un esame radiografico in proiezioni AP, LL ed oblique, estendendolo a tutta la tibia, al perone ed al retropiede per la ricerca di altre fratture. L’RX consente, nella maggioranza dei casi, la diagnosi di frattura del pilone, ma difficilmente definisce il grado di scomposizione che avviene su più piani. Così è indispensabile il ricorso alla MDCT, con ricostruzioni MIP e 3D. La CT classifica con precisione la frattura e condiziona l’iter chirurgico, descrive la comminuzione e le linee di frattura in relazione all’asse intermalleolare, identifica i frammenti intrarticolari e riconosce fratture occulte, come quelle della troclea astragalica e del calcagno, il loro grado di rotazione e dislocazione. E’ necessario, inoltre, porre attenzione al coinvolgimento di tutto il perone e al grado di diastasi della sindesmosi, anche con una CT comparativa. Nel post-operatorio la MDCT aiuta la radiologia tradizionale a valutare il corretto posizionamento dei mezzi di sintesi, l’allineamento dei frammenti, il grado di consolidazione e lo studio degli esiti. Conclusioni: Sebbene la diagnosi di frattura del pilone tibiale sia spesso immediata all’RX, il ricorso alla MDCT è indispensabile vista la complessità della lesione e del distretto anatomico. Libro dei Riassunti – Poster Didattici Pag. 467
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