Raccolta Interrogazioni a Camera e Senato 25/2014

Attività Parlamentare
Raccolta delle interrogazioni presentate alla
Camera e al Senato
n. 25/2014
2014
INDICE
CAMERA ............................................................................................................................................ 4
Mozione sul potenziamento infrastrutturale della dorsale adriatico-ionica, con riferimento
alle reti di trasporto ed energia ..................................................................................................... 4
Interrogazione a risposta in Commissione sulla realizzazione di un parco eolico offshore
davanti al Golfo di Oristano, da parte della Interconsult ........................................................... 7
Interrogazione a risposta in Commissione sulle operazioni di trasbordo del pet-coke effettuate
nello scalo di Porto Empedocle nel mese di aprile 2014 .............................................................. 8
Interrogazione a risposta scritta sulla riconversione a gasolio e la ristrutturazione del sito di
Gela e sul piano strategico di Eni ................................................................................................ 10
Risoluzione in Commissione sull'autotrasporto .......................................................................... 11
Interrogazione a risposta in Commissione sulle indagini in merito alla realizzazione di sette
centrali a biogas senza valutazione di impatto ambientale e con procedure “accelerate” .... 13
Interrogazione a risposta scritta sull'Autorizzazione integrata ambientale all’esercizio relativo
alla Centrale a carbone di Saline Ioniche, in comune di Montebello Jonico (RC) della società
SEI s.p.a ......................................................................................................................................... 13
Interrogazione a risposta orale sul recupero di quanto indebitamente ricevuto a titolo di
contributo relativo alla produzione di energia elettrica dai proprietari degli impianti
coinvolti nell'indagine «Green Profit» che ha coinvolto anche dirigenti e funzionari della
regione Marche ............................................................................................................................. 17
Interrogazione a risposta scritta sulla realizzazione della centrale di compressione della Snam
a Sulmona (L'Aquila) ................................................................................................................... 18
Risoluzione in Commissione sulla riforma della legislazione in materia di autorità
portuali .......................................................................................................................................... 19
Risposta del Sottosegretario per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare Silvia Velo
all’interrogazione sulla centrale a carbone di Edipower – A2A di Brindisi nord, anche in
riferimento alla presenza sul territorio della centrale elettrica Federico II di Enel spa ....... 21
Interrogazione a risposta immediata in VIII Commissione sui servizi di controllo e
monitoraggio ambientale dei laboratori ARPA ......................................................................... 24
2
Interrogazione a risposta scritta su una nuova strategia nazionale nei confronti del fenomeno
dell'inquinamento dell'aria nei centri urbani ........................................................................... 25
Interrogazione a risposta scritta sulla decisione di caricare le perdite delle centrali
termoelettriche sulla bolletta dell'energia .................................................................................. 27
Risposta del Sottosegretario per lo sviluppo economico Simona Vicari all’interrogazione sulle
possibili connessioni tra attività di fracking e terremoti ........................................................... 27
Risposta del Sottosegretario per lo sviluppo economico, Simona Vicari, all’interrogazione sulla
definizione del quadro normativo sulle modalità di connessione alla rete elettrica dei sistemi
di accumulo a batteria abbinati a impianti rinnovabili ............................................................ 36
Risposta del Sottosegretario per lo sviluppo economico, Simona Vicari, all’interrogazione sulle
misure per la razionalizzazione della rete dei carburanti ........................................................ 40
SENATO ............................................................................................................................................ 45
Interrogazione a risposta scritta sull'impianto di smaltimento di rifiuti speciali Formica
ambiente Srl, in provincia di Brindisi ........................................................................................ 45
Interrogazione a risposta scritta sulla strategia industriale di Eni, con riferimento alle
raffinerie di Gela, Taranto, Livorno ed il completamento delle raffinerie di Porto Marghera
e del petrolchimico di Priolo (Siracusa)...................................................................................... 46
Interrogazione a risposta scritta sui reati ambientali in Sicilia .................................................... 47
Interrogazione a risposta scritta sull'accordo firmato fra il governatore della regione Sicilia,
Crocetta e Assomineraria, Eni, Edison, Irminio, anche in riferimento alla riduzione delle
royalty sulle estrazioni dal 20 al 10 per cento in favore dei petrolieri e sui rischi ambientali
che derivano dalla realizzazione di nuove trivelle .................................................................... 49
Interrogazione a risposta scritta sulla strategia industriale di Eni nel campo della raffinazione
in Sicilia, anche in riferimento al rilancio della produzione energetica rinnovabile applicata
alla produzione agricola ............................................................................................................... 49
Interrogazione a risposta scritta sul nuovo aumento delle accise dei carburanti, anche in
riferimento ai dati forniti dall'Unione petrolifera nella relazione annuale 2014.................... 51
Interrogazione orale sulla mancata pubblicazione degli allegati del decreto legislativo n. 102
del 2014 sull'efficienza energetica .............................................................................................. 54
Interrogazione a risposta scritta sulle misure a favore del settore dell'autotrasporto ............... 54
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CAMERA
Mozione:
sul potenziamento infrastrutturale della dorsale adriatico-ionica, con riferimento alle reti di
trasporto ed energia
DE LORENZIS e altri (M5S)
La Camera,
premesso che:
la macroregione, così come definito dalla Commissione europea, è «un'area che include territori di
diversi Paesi o regioni associati da una o più sfide e caratteristiche comuni (...) geografiche,
culturali, economiche o altro»; è, dunque, una strategia multilivello e multisettoriale che
contribuisce all'europeizzazione del continente e allo sviluppo territoriale, travalicando i limiti
dettati dai confini nazionali e coinvolgendo, in più settori, gli attori operanti a tutti i livelli;
le esperienze realizzate nell'ambito delle strategie macroregionali esistenti, la strategia dell'Unione
europea per la regione del Mar Baltico e la strategia europea per la regione del Danubio
testimoniano l'importanza delle iniziative di cooperazione regionale per promuovere la stabilità
politica e la prosperità economica;
a partire dal 2015 sarà operativa la macroregione adriatico-ionica, nota anche come iniziativa Eusair
(European union strategy for adriatic and ionic region), il cui obiettivo generale è promuovere una
prosperità economica e sociale sostenibile mediante la crescita e la creazione di posti di lavoro e il
miglioramento dell'attrattività, della competitività e della connettività dei territori;
l’Eusair, che interessa le regioni di quattro Stati membri (Italia, Slovenia, Croazia e Grecia) e di
quattro Paesi vicini dei Balcani occidentali (Albania, Montenegro, Serbia, Bosnia e Erzegovina), è
uno spazio funzionale definito dai bacini dei mari Adriatico e Ionico e comprende anche le zone
terrestri e costiere considerate come sistemi interconnessi, in cui il movimento di beni, servizi e
persone è estremamente elevato, considerato gli oltre 70 milioni di residenti nell'area;
il piano d'azione che accompagna la strategia adriatico-ionica presenta un elenco di priorità, tra le
quali figurano il potenziamento delle reti di trasporto ed energia coerentemente con gli obiettivi
della strategia 2020 che si fonda sull'approccio integrato tra potenziamento del mercato e
cambiamento climatico;
la macroregione adriatico-ionica presenta un notevole deficit da un punto di vista infrastrutturale,
specialmente tra gli Stati membri dell'Unione europea di antica data, con conseguente scarsa
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accessibilità. La rete ferroviaria, in particolare, va urgentemente ristrutturata attraverso la rimozione
delle strozzature e il ripristino delle connessioni mancanti, al fine di garantire una migliore gestione
del traffico e un potenziamento della capacità;
il collegamento tra il Mediterraneo orientale ed il Baltico, grazie alla realizzazione del corridoio
baltico-adriatico, consentirebbe di ridurre di circa quattro giorni i tempi di trasporto delle merci
rispetto al tradizionale percorso via Rotterdam e di collegare dunque l'Oceano Indiano, attraverso
Suez, con il Golfo di Finlandia;
la creazione di reti infrastrutturali efficienti per i trasporti, unitamente agli investimenti nel campo
delle reti transeuropee, rappresenta uno degli obiettivi principali della programmazione 2014-2020,
come dimostra la creazione del meccanismo per collegare l'Europa, di cui al regolamento n. 1316
del 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, che determina una dotazione finanziaria di circa
33 miliardi di euro, dei quali oltre 26 destinati al settore dei trasporti;
il libro bianco sui trasporti del marzo 2011 individua dieci obiettivi, suddivisi in tre capitoli, per un
sistema dei trasporti competitivo ed efficiente sul piano delle risorse. All'interno del capitolo
«Ottimizzare l'efficacia delle catene logistiche multimodali, incrementando tra l'altro l'uso di modi
di trasporto più efficienti sotto il profilo energetico» sono elencati 4 obiettivi, tra i quali, in
particolare, il numero 3 che auspica che entro il 2030, sulle percorrenze superiori a 300 chilometri,
il 30 per cento del trasporto di merci su strada venga trasferito verso altri modi, quali la ferrovia o le
vie navigabili, e che tale percentuale arrivi al 50 per cento nel 2050;
il libro bianco di cui sopra indica come obiettivo primario il perseguimento del buon funzionamento
del mercato interno e il rafforzamento della coesione sociale, territoriale ed economica, al fine di
consentire una mobilità senza ostacoli e sostenibile, soprattutto da un punto di vista ambientale,
delle persone e delle merci, permettendo l'accessibilità e la connettività a tutte le regioni dell'Unione
europea;
all'interno del capitolo «Migliorare l'efficienza dei trasporti e dell'uso delle infrastrutture mediante
sistemi d'informazione e incentivi di mercato» afferente sempre al libro bianco sui trasporti è
contenuto l'obiettivo numero 9, che fissa per il 2020 l'obiettivo di dimezzamento delle vittime nel
trasporto su strada;
è noto che lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti non può prescindere dal ripristino e
dall'ammodernamento delle infrastrutture di trasporto esistenti, ove per ripristino è da intendersi
quel processo volto al conseguimento dei parametri originali di costruzione delle strutture esistenti
dell'infrastruttura ferroviaria associato ad un miglioramento duraturo della loro qualità rispetto allo
stato in cui si trovano;
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lo sviluppo delle reti, l'implementazione dei nodi e delle vie di collegamento deve sempre avvenire
nel rispetto dei territori, ovvero garantendo la sostenibilità degli interventi da un punto di vista
ambientale e paesaggistico;
il buon funzionamento delle infrastrutture, oltre a garantire competitività all'Europa, è essenziale
per il raggiungimento dei cinque obiettivi delineati della strategia «Europa 2020», ovvero:
innalzamento al 75 per cento del tasso di occupazione; aumento degli investimenti in ricerca e
sviluppo; riduzione delle emissioni di gas serra del 20 per cento; riduzione dei tassi di abbandono
scolastico precoce; lotta alla povertà e all'emarginazione;
l'ammodernamento e l'adeguamento della dorsale adriatica, con particolare riferimento alla
direttrice Ancona-Pescara-Bari-Taranto-Lecce, consentirebbero di agevolare ancor più il processo
di collegamento tra il Mediterraneo orientale ed il Baltico e di garantire spostamenti più veloci ed
efficienti di persone e merci, sempre in linea con gli obiettivi delineati nella strategia «Europa
2020» e nel libro bianco dei trasporti;
l'infrastruttura ferroviaria delle regioni meridionali del Paese, in particolare della Puglia, del Molise,
dell'Abruzzo e della Basilicata, versa in uno stato di degrado e precarietà che rischia di rallentare, se
non impedire, il reale sviluppo di tutte le potenzialità intrinseche nella costituzione della
macroregione adriatico-ionica;
la linea ferroviaria adriatica è tutt'oggi caratterizzata, in due tratti, dal binario unico: uno di 37
chilometri tra Termoli e Lesina ed il secondo di un chilometro a nord della stazione ferroviaria di
Ortona;
il raddoppio della linea Termoli-Lesina risulta coerente con gli obiettivi dei principali strumenti di
programmazione, collocandosi tra gli interventi previsti nel progetto «corridoio adriatico» (1999),
che, a sua volta, è richiamato a livello comunitario dal programma di sviluppo e di integrazione
delle reti di collegamento con i Paesi CEEC e CIS affiancato al programma Ten-T (Trans-European
network for trans);
i trasporti ed i collegamenti sono la base per lo sviluppo di territori a vocazione turistica, come la
Puglia e la Basilicata;
sarebbe opportuno, al fine di favorire lo sviluppo territoriale, procedere all'ammodernamento e
all'implementazione della rete ferroviaria in Basilicata, che, nonostante la sua nota vocazione
culturale e quindi turistica, risulta ad oggi essere l'unica regione con un capoluogo di provincia non
servita dalle Ferrovie dello Stato,
impegna il Governo:
in considerazione di tutto quanto ciò premesso e alla luce della strategicità infrastrutturale della
dorsale ferroviaria adriatica, a promuovere, presso le competenti sedi europee, ogni iniziativa valida
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volta ad ottenere il prolungamento del corridoio baltico-adriatico lungo la direttrice AnconaPescara-Bari-Taranto-Lecce;
ad individuare ulteriori risorse a valere sui fondi assegnati all'Italia in attuazione della politica di
coesione 2014-2020 per finanziare interventi di ripristino, ammodernamento e adeguamento della
linea ferroviaria della dorsale adriatica, di implementazione e potenziamento dei collegamenti su
ferro con i principali aeroporti e porti situati sulla medesima dorsale, nonché di implementazione e
sviluppo della linea ferroviaria lucana. (1-00552)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sulla realizzazione di un parco eolico offshore davanti al Golfo di Oristano, da parte della
Interconsult
PES (PD)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo
economico. — Per sapere – premesso che:
una società di Genova, la Interconsult, avrebbe presentato un progetto per la realizzazione di un
parco eolico offshore, circa 50 pale alte cento metri e piantate su un fondale di una settantina di
metri, da installarsi davanti al Golfo di Oristano, a una quindicina di chilometri da capo San Marco
e dall'area marina protetta Sinis Mal di Ventre e altrettanti dalla spiaggia di Pistis;
a metà dicembre, dello scorso anno, sarebbe iniziato l’iter burocratico per l'acquisizione dei pareri,
sulla fattibilità dell'impianto, che, però, avrebbe avuto un primo esito negativo da parte della
capitaneria di porto di Oristano, a seguito di valutazioni oggettivamente sfavorevoli sia per la
pericolosità che l'impianto eolico potrebbe causare alla navigazione, in particolar modo alle navi in
entrata e in uscita dal porto industriale, sia per i danni che potrebbe arrecare alla pesca, alla nautica
da diporto e anche alle attività di addestramento dei poligoni di Capo Frasca che utilizzano rotte
anche a bassa quota, che avrebbe bloccato la pratica rendendo inutile la «pubblicazione» dell'istanza
alla quale sarebbero dovute seguire le osservazioni ai enti, istituzioni e cittadini interessati e poi la
Conferenza dei Servizi con tutte le parti in causa;
la società Interconsult, a seguito del blocco dell'istanza avanzata, sarebbe intenzionata a presentare
ricorso al TAR sulla pronuncia della capitaneria;
l'eolico può rappresentare una valida fonte di energia alternativa, ma, è assolutamente necessario
salvaguardare il mare della Sardegna e le sue coste dall'uso selvaggio e indiscriminato e dall'abuso
dell'ambiente, sfruttato ai danni del patrimonio paesaggistico;
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le coste sarde per le caratteristiche che le contraddistinguono devono essere tutelate da qualsiasi
intervento di eolico off-shore; più volte gli abitanti dell'Oristanese hanno espresso la loro contrarietà
a simili progetti anche con manifestazioni pubbliche, come accadde per il territorio di Is Arenas,
Abarossa e marina di Arbus in cui erano state avanzate proposte per l'insediamento di un parco
eolico;
a poche miglia dall'eventuale dislocazione dell'impianto sono presenti oasi naturalistiche, un'area
marina protetta e importanti insediamenti archeologici come la città fenicio-punica di Tharros;
l'economia della Sardegna e della costa Occidentale dell'isola che nel turismo, nella pesca e
nell'acquacoltura alcune delle principali risorse, sarebbe seriamente compromessa a causa
dell'impatto paesaggistico assolutamente insostenibile dell'eolico che potrebbe arrecare anche effetti
negativi nella valorizzazione del territorio;
le acque, durante le fasi di costruzione del parco eolico, potrebbero essere contaminate per un
eventuale rilascio di carburanti, lubrificanti e altre sostanze nocive;
quali iniziative intendano assumere per tutelare il territorio suddetto, comprensivo dell'area marina
protetta e la costa oristanese, da eventuali insediamenti come quello che la società di cui sopra
avrebbe in programma;
se possano assumere qualsiasi iniziativa urgente per bloccare questo tipo di opere che rischiano di
compromettere l'ambiente e lo specchio acqueo con un insediamento gravemente invasivo, ledendo
norme che disciplinano l'impatto paesaggistico e ambientale. (5-03257)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sulle operazioni di trasbordo del pet-coke effettuate nello scalo di Porto Empedocle nel mese
di aprile 2014
MANNINO e altri (M5S)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
con l'interrogazione parlamentare n. 5-02776 – sottoscritta dai deputati del Movimento 5 Stelle
componenti della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici e dagli eletti dello stesso
movimento nelle circoscrizioni elettorali Sicilia 1 e Sicilia 2 – sono stati richiesti al Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti dei chiarimenti, in merito alle operazioni di trasbordo del pet-coke
effettuate nello scalo di Porto Empedocle nel mese di aprile 2014;
nell'interrogazione, tra le altre cose, è stato specificatamente chiesto se e in che modo fosse stato
accertato che il pet-coke movimentato non contenesse un quantitativo di zolfo superiore a quello
indicato nel citato Allegato X del decreto legislativo n. 152 del 2006 e rispettasse i requisiti
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precisati nello stesso decreto legislativo, che deve avere per poter essere classificato e utilizzato
come combustibile;
in riscontro al quesito richiamato sopra, il Ministero delle infrastrutture e delle Infrastrutture ha
scritto quanto segue:
«il valore in percentuale del quantitativo di zolfo contenuto nel pet-coke che arriva allo scalo di
Porto Empedocle è riportato sul documento Petcoke cargoes declaration by shipper prodotto dal
caricatore, in via preventiva, ai fini del rilascio dell'autorizzazione allo sbarco del prodotto, ed è pari
al 4,5/5 per cento. Il quantitativo del tenore di zolfo, come riportato nella parte I, paragrafi 2 e 5
dell'allegato X del citato decreto legislativo, riguarda gli impianti di combustione»;
rispondendo all'interrogazione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha fornito, altresì, le
seguenti informazioni:
a) per lo svolgimento delle attività di imbarco e di sbarco di materiali, come il pet-coke, gli
operatori portuali sono tenuti a richiedere l'autorizzazione, di cui all'articolo 16 della legge n. 84
del 1994 senza l'obbligo di assoggettare dette attività alla valutazione di impatto ambientale ovvero
a verifica di assoggettabilità a VIA;
b) il consulente chimico del porto, di norma, rilascia un certificato con il quale esprime parere
favorevole allo sbarco, nel caso in cui venga presentata istanza di sbarco e imbarco di pet-coke;
c) non esistono disposizioni normative che impongono alle autorità marittime di adottare una
specifica modalità per il trasbordo del pet-coke, quale il «suction unloading» che, al contrario di
quanto può avvenire ricorrendo alla modalità meccanica – come nello scalo di Porto Empedocle –
annulla il rischio di dispersione del pericolosissimo materiale polverulento contenuto nel pet-coke;
dalla movimentazione del pet-coke possono derivare concreti e gravi danni alle matrici ambientali
esposte durante le operazioni di sbarco e trasporto, che si vanno ad aggiungere a quelli determinati
dalla combustione dello stesso materiale in impianti come il cementificio di Isola delle Femmine;
la classificazione del pet-coke come combustibile e il suo utilizzo all'interno di impianti – come la
cementeria di Isola delle Femmine – è strettamente subordinato al rispetto delle soglie percentuali
massime di zolfo in massa fissate nell'allegato X alla parte quinta del decreto legislativo n. 152 del
2006 e delle caratteristiche indicate nella parte II dello stesso decreto –:
se un quantitativo di pet-coke – con le caratteristiche descritte nel «Petcoke cargoes declaration by
shipper» presentato dal caricatore in occasione dello sbarco nello scalo di Porto Empedocle –
rispetti i valori di soglia e i requisiti stabiliti nel decreto legislativo n. 152 del 2006, e in particolare
nell'allegato X alla parte quinta dello stesso decreto, e dunque abbia le caratteristiche per essere
classificato come combustibile, ed essere utilizzato come tale all'interno della cementeria di Isola
delle Femmine;
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se, alla luce dell'elevata pericolosità del pet-coke, ritenga che la tutela dell'ambiente e in particolare
delle matrici ambientali esposte durante le operazioni di imbarco e di sbarco possa essere
adeguatamente assicurata dalla normativa vigente in materia di trasporto alla rinfusa di materiali
solidi, che rimette al caricatore l'onere di attestare la composizione del materiale e al servizio
chimico di Porto di verificarne la regolarità, e affida, in via esclusiva, alle autorità «marittime il
potere di concedere il nulla osta alle operazioni di imbarco e di sbarco dello stesso materiale e di
vigilare sullo svolgimento delle stesse;
se ritenga che possa essere considerato idoneo a salvaguardare l'ambiente un regime normativo,
come quello vigente, che non prevede espressamente:
a) l'assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale ovvero alla verifica di assoggettabilità a
VIA delle richieste di autorizzazione all'esercizio delle attività portuali, se presentate da operatori
portuali che movimentano il pet-coke;
b) l'obbligo, per le autorità portuali, di adottare forme di regolamentazione della movimentazione
del pet-coke che impongano il ricorso alla cosiddetta modalità «suction unloading». (5-03263)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla riconversione a gasolio e la ristrutturazione del sito di Gela e sul piano strategico di Eni
POLVERINI (FI)
— Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
nel business plan 2013-2017, l'Eni aveva previsto un investimento di 700 milioni di euro per la
riconversione a gasolio e la ristrutturazione del sito di Gela; nel frattempo, da maggio 2012 fino a
maggio 2013 circa il 40 per cento della forza lavoro sarebbe stata posta in cassa integrazione per un
anno, cosa che puntualmente è avvenuta;
a marzo del 2013 si è verificato un incendio sulla linea 1, con il conseguente sequestro da parte
della magistratura. Nonostante il dissequestro avvenuto circa un mese dopo, non si sono verificati i
dovuti lavori di ripristino della linea per il riavvio della raffineria. Sono rimasti in marcia solo gli
impianti di utility per garantire l'energia agli impianti e servizi di pubblica utilità, mentre i
lavoratori sono stati reinseriti, alcuni smaltendo ferie, altri in trasferta su altri siti e altri ancora a
presidio degli impianti. Il tutto in attesa dell'autorizzazione AIA. Il 20 giugno presso il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a Roma si è riunita la conferenza dei servizi che
ha dato autorizzazione sulla media ponderata sulle emissioni della centrale termoelettrica integrata
al circuito di raffinazione della raffineria di Gela. Ciò sarebbe stato propedeutico a ricevere
l'autorizzazione AIA;
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il nuovo amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha annunciato, nel corso di un recente
incontro con le organizzazioni sindacali, che almeno due delle tre linee produttive della raffineria di
Gela sono destinate al fermo a tempo indeterminato, venendo così meno agli impegni
precedentemente presi;
il sito di Gela, fra occupati diretti ed indiretti, garantisce almeno tremila posti di lavoro, in un'area
dove la ricollocazione lavorativa è particolarmente complessa; la chiusura definitiva di due linee,
alla quale si aggiunge l'incertezza sulla riconversione della terza, avrebbe un effetto drammatico in
termini sociali;
secondo una analisi di ricerche & studi Mediobanca, Eni, con 134,2 miliardi di euro, è il sesto
gruppo per fatturato in Europa, il primo in Italia, il quattordicesimo nel mondo;
lo Stato italiano, direttamente o attraverso Cassa depositi e prestiti, controlla poco più del 30 per
cento del pacchetto azionario di Eni;
in ragione del suo controllo maggioritario, il Governo ha proceduto ad indicare il nome di Claudio
Descalzi alla guida di Eni –:
quali azioni il Governo intenda adottare a tutela dell'occupazione e a garanzia del territorio di Gela,
valutando, in quanto azionista di maggioranza, ogni possibile atto nei confronti dell'amministratore
delegato. (4-05599)
Risoluzione in Commissione:
sull'autotrasporto
LODOLINI (PD)
La VI Commissione,
premesso che:
il settore dell'autotrasporto è di fondamentale importanza per l'economia del nostro Paese, in
considerazione della netta prevalenza di tale modalità di trasporto della merce rispetto alle altre;
il settore sta attraversando, a partire dal 2008, un periodo di durissima crisi, dovuto essenzialmente
allo sfavorevole andamento dell'economia globale; le imprese di autotrasporto italiane devono
sostenere maggior costi per il carburante e per il lavoro rispetto a tante imprese estere, soprattutto
quelle dell'est Europa; l'incidenza degli altri costi generali è maggiore in Italia rispetto agli altri
Paesi europei (nella classifica Eurostat 2013 l'Italia è al 4o posto dopo Svezia, Francia e Lituania);
il divario competitivo favorisce l'ingresso di vettori esteri che sottraggono opportunità di lavoro e
risorse al nostro Paese: l'uso dei vettori e dipendenti esteri con conseguente dumping sodale nei
confronti delle imprese di autotrasporto italiane è passato dal 7 per cento di t/km del 2007 al 37,2
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per cento del 2012; nella legge 27 dicembre 2013, n. 147, articolo 1, i commi 177 e 178, recano
norme in materia di transfer pricing per le società operanti nella raccolta di pubblicità on line. Al
fine di determinare il reddito di impresa relativo alle operazioni con società non residenti collegate,
tali soggetti devono utilizzare indicatori di profitto diversi da quelli applicabili ai costi sostenuti per
lo svolgimento della propria attività e si prevede inoltre l'obbligo di utilizzare, per l'acquisto delle
predette tipologie di servizi, strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle
operazioni e a veicolare la partita IVA del beneficiario. Sarebbe auspicabile l'estensione anche alle
aziende estere di autotrasporto e cabotaggio di norme analoghe per ottenere la tracciabilità
dell'attività, la trasparenza delle operazioni e indicatori di profitto connessi ai ricavi realizzati;
la legge delega fiscale (legge n. 23 del 2014, articolo 9, comma 1, lettera i)) prevede l'introduzione,
in linea con le raccomandazioni degli organismi internazionali e con le eventuali decisioni in sede
europea, tenendo anche conto delle esperienze internazionali, di sistemi di tassazione delle attività
transnazionali, basati su adeguati meccanismi di stima delle quote di attività imputabili alla
competenza fiscale nazionale; risultano in aumento, a detta delle categorie e dei sindacati di
riferimento del settore, pratiche sempre più diffuse di palesi superamenti dell'orario settimanale di
lavoro, di turni irregolari di cabotaggio internazionale, di uso illegale di cabotaggio e distacco
transnazionale di autisti; in considerazione delle gravi ed evidenti distorsioni di mercato, provocate
dalle pratiche menzionate, appare evidente l'esigenza di promuovere le condizioni affinché la
competitività e la sicurezza nel settore dell'autotrasporto e del cabotaggio siano garantite dal rispetto
delle regole, così come previsto dal Regolamento 1072/2009 che fissa norme comuni per l'accesso
al mercato internazionale del trasporto di merci su strada,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative per estendere le norme in tema di determinazione del reddito d'impresa e di
tracciabilità dei pagamenti contenute nella legge 27 dicembre 2013, n. 147, articolo 1, commi 177 e
178, anche alle aziende di autotrasporto e cabotaggio;
a valutare l'opportunità di individuare, in via presuntiva, gli elementi che indichino la nascita di una
stabile organizzazione in Italia in relazione all'attività di trasporto merci esercitata da parte di
imprese estere che operano continuamente in Italia entro un determinato periodo di tempo;
a valutare l'opportunità di prevedere l'indeducibilità da parte del committente, delle fatture emesse
dai vettori qualora quest'ultimi non rispettino le condizioni normative di cui al Regolamento
1072/2009. (7-00424)
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Interrogazione a risposta in Commissione:
sulle indagini in merito alla realizzazione di sette centrali a biogas senza valutazione di
impatto ambientale e con procedure “accelerate”
AGOSTINELLI (M5S)
— Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica
amministrazione, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere –
premesso che:
da fonti stampa si è appreso della conclusione delle indagini condotte dalla procura di Ancona in
collaborazione con il Gico della Guardia di finanza ed il Corpo forestale dello Stato;
l'avviso di conclusione delle indagini è stato notificato ad un dirigente e due funzionari della
regione Marche e ad altre 17 persone fra imprenditori e professionisti; i reati contestati sono
concussione, corruzione e truffa ai danni dello Stato nel settore del biogas. Secondo l'accusa
sarebbero state realizzate sette centrali a biogas senza valutazione di impatto ambientale e con
procedure «accelerate»; in particolare, il dirigente della regione Luciano Calvarese e i funzionari
Sandro Cossignani e Mauro Moretti avrebbero istruito norme e atti amministrativi per favorire le
imprese concessionarie che, in questo modo, hanno potuto bypassare la valutazione di impatto
ambientale e il controllo delle province e realizzare sette centrali a biogas godendo di incentivi
statali
fino
a
31
mila
euro
per
15
anni
dall'entrata
in
funzione
dell'impianto;
in cambio, i funzionari avrebbero ottenuto «tangenti» sotto forma di regali ed altre utilità;
sempre da fonti stampa, si apprende che, per effetto dell'entrata in vigore dell'articolo 15, comma 4,
del decreto-legge n. 91 del 2014 – il cosiddetto decreto «agricoltura ed ambiente» – la procura non
ha potuto più disporre il sequestro dei predetti impianti –:
se non intenda evitare per il futuro che iniziative legislative urgenti interferiscano rispetto a
procedimenti giudiziari in corso e se non intenda chiarire la genesi endogovernativa delle norme
citate in premessa. (5-03294)
Interrogazione a risposta scritta:
sull'Autorizzazione integrata ambientale all’esercizio relativo alla Centrale a carbone di
Saline Ioniche, in comune di Montebello Jonico (RC) della società SEI s.p.a
REALACCI e altri (PD)
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— Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali e le
autonomie. — Per sapere – premesso che:
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con decreto del 5 aprile 2013
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 aprile 2013 ha decretato «la compatibilità ambientale e
l'Autorizzazione integrata ambientale al successivo esercizio relativo alla Centrale a carbone di
Saline Ioniche, in comune di Montebello Jonico (RC), e opere connesse» in attuazione del decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 giugno 2012. Questi due atti fanno seguito al parere
(n. 559) espresso dalla commissione VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare il 21 ottobre 2010; il 4 marzo 2014, presso la capitaneria di porto di Reggio Calabria, si è
svolta la seconda ed ultima sessione della conferenza di servizi, la prima risale al 12 dicembre 2013,
in merito alla richiesta di concessione di durata cinquantennale di una vasta area del demanio
marittimo di pertinenza al porto di Saline, avanzata dalla SEI allo scopo di realizzare e gestire un
terminale marino a servizio della centrale a carbone nonostante le numerose opposizioni di liberi
cittadini, associazioni ambientaliste, enti locali, tra cui quella rilevante della regione Calabria. Il 10
giugno 2014 il Ministero dello sviluppo economico ha trasmesso ai comuni reggini interessati la
comunicazione dell'avvio del procedimento relativo all'apposizione del vincolo preordinato
all'esproprio e/o imposizione di servitù sulle aree interessate dalle opere connesse. Nella
comunicazione è evidenziato che sono state individuate anche le aree oggetto di occupazione
temporanea ai fini della cantierizzazione che interessano il territorio del comune di Montebello
Jonico. Il Ministero dello sviluppo economico non ha ancora emesso l'autorizzazione unica prevista
dalla legge n. 55 del 2002; il progetto SEI – saline energie ioniche – di una nuova centrale a
carbone da 1.320 megawatt prevede un investimento di circa un miliardo di euro. Sono azionisti
della società SEI s.p.a. il gruppo svizzero a partecipazione pubblica (Canton dei Grigioni) Repower
A.G. (57,5 per cento), la multiutility italiana Hera (20 per cento), la società d'ingegneria Foster
Wheeler Italiana S.r.l. (15 per cento), Apri Sviluppo S.p.A. (7,5 per cento). Va poi precisato che, a
seguito del referendum popolare del 22 settembre 2013, mediante il quale il Canton dei Grigioni
della Svizzera ha stabilito che non sarà più possibile per le aziende svizzere a partecipazione
pubblica investire in centrali a carbone anche al di fuori dei confini nazionali, la citata società
Repower AG, ha ufficializzato l'uscita dal progetto Saline Ioniche. Il consiglio di amministrazione
della Repower ha annunciato dopo il referendum che lo farà «in modo ordinato rispettando tutti gli
impegni contrattuali assunti, al più tardi entro la fine del 2015». Vista la scarsa appetibilità del
progetto ribadita della predetta azienda svizzera, è poi assai improbabile che ci siano società
interessate ad acquistare le azioni Repower. Sussiste pertanto il rischio che si autorizzi un
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investimento di sicuro e forte impatto ambientale ma incerto nel suo successo e vetusto da un punto
di vista industriale, alimentandolo a carbone; nel report di gestione 2013 della società svizzera
Repower AG si legge inoltre: «Non si intravede più alcuna possibilità di trarre guadagno dal terreno
acquistato per la centrale a carbone e quindi si è proceduto a una svalutazione del fondo che sta in
relazione al Progetto Saline Joniche». «Il portafoglio progetti – si legge ancora nel report –,
svalutato per un ammontare di 21 milioni di franchi, subisce l'influsso delle voci seguenti:
svalutazione di un terreno in relazione al Progetto Saline Joniche (13,3 milioni di franchi).
Attualmente la determinazione del fair value è soggetta a incertezza. A causa del contesto di
mercato che desta insicurezza e della prospettiva di prezzi dell'energia bassi anche per il futuro,
osservatori esterni valuterebbero come bassa la possibilità che il progetto venga realizzato e questo
verrebbe considerato nella determinazione di un prezzo d'acquisto, con la conseguenza che non
attribuirebbero alcun valore materiale al progetto»; la regione Calabria ha da sempre espresso in
numerosi atti e decisioni ufficiali una chiara contrarietà al progetto (già il 17 settembre 2008 alla
prima conferenza di servizi al Ministero dello sviluppo economico). Anche in seguito ha sempre
negato l'intesa (delibera 686 del 6 ottobre 2008) e lo ha fatto con pronunciamenti unanimi di
assemblee ed esecutivi di opposto orientamento politico e di rappresentanti istituzionali di tutti i
partiti. La posizione ad oggi è rimasta immutata. Tant’è che, nella recente seduta del 26 giugno
2014 il consiglio regionale ha votato all'unanimità la mozione con cui impegna la giunta regionale
ad esprimere il proprio fermo e motivato dissenso e la negativa intesa, anche nella fase successiva al
decreto VIA e in occasione della conferenza di servizi; è utile ricordare che la produzione, il
trasporto e la distribuzione d'energia integrano una materia di potestà legislativa costituzionalmente
concorrente. A questo riguardo la richiamata sentenza della Corte Costituzionale n. 6 del 13
gennaio 2004 ha riconosciuto la necessità di un'intesa «in senso forte» tra Stato centrale e regioni;
quindi il parere è essenziale e indispensabile ai fini del rilascio dell'autorizzazione unica, «il cui
mancato raggiungimento costituisce un ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento»;
sull’iter autorizzativo del progetto di centrale a carbone a Saline Joniche ad oggi pendono ancora,
anche in forza dei pareri contrari del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e
dell'ente regionale, diversi ricorsi al tribunale amministrativo del Lazio e si è in attesa di sentenza
definitiva;
come ricorda Legambiente in un puntuale dossier trasmesso al Ministro dello sviluppo economico
la regione Calabria, con delibera della giunta regionale n. 98 del 9 febbraio 2005, stabilì, in accordo
a quanto contenuto nel piano energetico ambientale regionale ed alla luce della notevole quantità di
energia prodotta eccedente i fabbisogni regionali, ritenendo che la regione con le intese rilasciate
abbia già adeguatamente aderito al sistema Paese, che «... la regione non fornirà alcuna ulteriore
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intesa in sede di conferenza di servizi indette dal Ministero delle Attività Produttive e dal Ministero
dell'Ambiente, per la realizzazione di centrali termoelettriche sul territorio regionale, ritenendosi
sufficiente il numero delle cinque autorizzazioni già rilasciate da parte del Ministero delle Attività
Produttive». Sono infatti già cinque le centrali termoelettriche per la produzione di energia elettrica
da ciclo combinato a gas naturale da 800 megawatt ciascuna autorizzata sul territorio regionale:
sono localizzate nei comuni di Altomonte, Pianopoli, Simeri Crichi, Rizziconi e Scandale. C’è da
osservare che quasi tutte queste centrali sono attualmente in grave sofferenza per via delle
condizioni nuove di eccedenza, di costi e di altre variabili del mercato dell'energia. La Calabria
produce molta più energia di quanta ne consumi: dai dati TERNA relativi al 2012 la Calabria
produce 10.979,4 Gwh a fronte di un fabbisogno di 6.452,3 GWh con un surplus del 70,2 per cento.
Il saldo positivo è ulteriormente aumentato nel corso del 2013 e in questi mesi del 2014 grazie
anche all'incremento del contributo delle fonti rinnovabili. Non si vede quindi la necessità di
prevedere ulteriori grandi centrali elettriche sia sul territorio calabrese che sul resto del territorio
nazionale;
le legittime e necessarie esigenze di sviluppo economico ed occupazionale del territorio reggino non
possono però ad avviso degli interroganti fare da scudo al rischio di infiltrazioni criminali mafiose
sul progetto di centrale a carbone a Montebello Jonico considerato che insiste in un territorio ad alta
densità criminale. Potrebbe infatti avvenire quello che è accaduto in passato: a testimoniarlo
svariate condanne giudiziarie passate in giudicato per attività interessate dalla ’ndrangheta nella
stessa area in occasione della realizzazione della Liquichimica e delle OGR Grandi riparazioni –:
se il Governo sia a conoscenza della questione;
se si intenda valutare, anche a fronte della notevole eccedenza di produzione energetica del Paese,
l'opportunità di revocare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore senatore
professore Mario Monti del 15 giugno 2012, che sanciva la contrastata compatibilità ambientale e
autorizzava all'esercizio il progetto a carbone della S.E.I. s.p.a., considerando il fatto che a breve
sarà necessario procedere alla chiusura di vari impianti di produzione elettrica a partire da quelli
meno efficienti e più inquinanti, come quelli alimentati a carbone che emettono grandi quantità di
CO2 in atmosfera;
se il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, non intenda verificare la
possibilità di istituire, per quanto di competenza e di concerto con l'amministrazione regionale della
Calabria, un tavolo tecnico interministeriale per implementare, anche con fondi comunitari, un
piano di rilancio e sviluppo sostenibile centrato sulla valorizzazione integrata delle risorse
ambientali e culturali locali per migliorare la qualità della vita e attrarre nuovi investimenti e flussi
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di visitatori e turisti nell'area Grecanica, con interventi come: riqualificazione del porto a scopo
turistico, bonifica degli insediamenti produttivi abbandonati, waterfront, piano di sviluppo delle
microfiliere produttive, filiere agricole di qualità a partire da quella del bergamotto, interventi di
riqualificazione dei borghi a fini turistici. (4-05632)
Interrogazione a risposta orale:
sul recupero di quanto indebitamente ricevuto a titolo di contributo relativo alla produzione
di energia elettrica dai proprietari degli impianti coinvolti nell'indagine «Green Profit» che
ha coinvolto anche dirigenti e funzionari della regione Marche
TERZONI e altri (M5S)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo
economico. — Per sapere – premesso che:
nella giornata di venerdì 18 luglio 2014, è stata diramata dalle agenzie di stampa la notizia della
chiusura delle indagini dell'inchiesta «Green Profit» che ha coinvolto anche dirigenti e funzionari
della regione Marche; i reati contestati sono di concussione, corruzione, truffa ai danni dello Stato,
falsità ideologica, illecito urbanistico e ambientale. Il GIP ha autorizzato il sequestro preventivo
di 22 immobili e 57 terreni nella disponibilità degli indagati, per un valore complessivo di 10
milioni di euro; l'inserimento nel decreto-legge n. 91 in discussione al Senato della possibilità della
valutazione di impatto ambientale postuma, che permette oltretutto la continuazione dell'attività agli
impianti autorizzati sulla base della legge regionale n. 3 del 2012, dichiarata incostituzionale nella
parte in cui escludeva gli impianti a biogas e biomassa per la produzione di energia elettrica dalla
verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale (screening) e, conseguentemente,
dalla stessa valutazione di impatto ambientale (VIA), ha avuto come conseguenza la modifica in
corsa del provvedimento che in origine prevedeva anche il sequestro di sette centrali sotto inchiesta;
Joe Hennon, portavoce del commissario all'ambiente Janez Potočnik, intervistato su questo
provvedimento da «La Stampa» ha dichiarato che «Visto che la questione è già coperta dalla
procedura di infrazione 2009/2086, in linea di principio non ne apriremmo un'altra su questo tema,
specifico (in caso cioè di VIA ex post, ndr)», facendo intendere che l'attuale operato del Governo
non
aiuterà
comunque
al
superamento
della
procedura
di
infrazione;
a gennaio 2014, sono state pubblicate le conclusioni della commissione d'inchiesta sul biogas
attivata a livello regionale dove si parla anche del «blitz» dell'allora assessore e del vicepresidente
della giunta regionale Petrini da cui partì «la corsa all'investimento e all'incentivo [...] L'Assessore
Petrini presentò l'emendamento per innalzare la soglia per le procedure Via da 250KW a 1MW
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nella legge di assestamento al bilancio 2011 senza che ne sapesse nulla anche la IV Commissione».
Nel testo si legge anche una censura rivolta alla giunta e all'assessore Giannini che rilasciò agli
uffici una lettera in cui si invitava in qualche modo a non tener conto di quanto assunto
all'unanimità dal consiglio regionale: «la spinta temporale di rilasciare le autorizzazioni alle imprese
al fine di consentire ad esse di accedere agli incentivi più vantaggiosi entro il 31 dicembre 2012,
non giustifica una indiscriminata delega in bianco al servizio, né la lettera che la Giunta ha inviato,
a giugno 2012, al Dirigente regionale competente esortandolo a prescindere dai rilievi espressi dal
Consiglio Regionale»;
l'8 aprile 2014, si apprendeva dall'ANSA che per il blocco dell’iter dell'impianto a biogas di
Corridonia, regione Marche e provincia di Macerata sono state citate in giudizio dal VBio, srl che
chiede un risarcimento danni per 14 milioni 352 mila euro, mentre per quello di Camerata Picena
sono 13 i milioni di euro richiesti –:
se i ministri interrogati fossero informati dei fatti sopra esposti;
se il Ministro dello sviluppo economico non ritenga necessario e urgente assumere iniziative
affinché sia recuperato quanto indebitamente ricevuto a titolo di contributo relativo alla produzione
di energia elettrica dai proprietari degli impianti coinvolti nell'indagine. (3-00961)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla realizzazione della centrale di compressione della Snam a Sulmona (L'Aquila)
MELILLA (SEL)
— Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il 7 agosto 2014 è stata convocata a Roma la conferenza di servizi per autorizzare la costruzione
della centrale di compressione della Snam a Sulmona (L'Aquila), per iniziativa del Vice Ministro
Claudio De Vincenti che appare all'interrogante condividere i disegni
della Snam;
contro questo progetto da anni si battono comitati popolari locali e il comune di Sulmona insieme a
tutti gli enti locali;
la regione Abruzzo si è pronunciata contro questo progetto e la Commissione ambiente della
Camera dei deputati nella scorsa legislatura ha approvato un'analoga risoluzione, all'unanimità;
in un incontro pubblico di un anno là, a Sulmona, con la partecipazione del sottosegretario pro
tempore Giovanni Legnini, si era data ampia assicurazione che non ci sarebbe stata nessuna
forzatura da parte del Governo nazionale; si era assunto l'impegno alla istituzione di un tavolo con
tutti i soggetti per individuare soluzioni alternative condivise; questi impegni non hanno trovato
alcun riscontro nei fatti e sono ora seppelliti dalla convocazione di questa conferenza dei servizi che
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rappresenta un atto in contrasto con gli indirizzi espressi dal Parlamento. La risoluzione approvata
da tutti i partiti in sede di Commissione ambiente della Camera dei deputati è stata pretermessa e le
regole e procedure di legge, ad avviso dell'interrogante, vengono applicate in modo da realizzare a
tutti i costi un'opera fortemente impattante e pericolosa che nessuno vuole. Il fatto che tutti, comuni,
provincia, e regione, abbiano espresso la loro motivata contrarietà all'opera, evidentemente per il
Governo nazionale non conta nulla; in democrazia ci si confronta con i territori e le popolazioni che
vi abitano, non si impongono dall'alto scelte precostituite che sono funzionali solo agli interessi di
quelli che all'interrogante appaiono ben individuati potentati economici –:
se non ritenga necessario procedere:
a) alla revoca della convocazione della conferenza di servizi, palesemente inopportuna e indetta in
contrasto con quanto indicato dalla risoluzione approvata dalla Camera dei deputati;
b) a dare seguito a quanto indicato nella risoluzione della Commissione ambiente della Camera dei
deputati citata in premessa attraverso l'istituzione del tavolo per le alternative. (4-05633)
Risoluzione in Commissione:
sulla riforma della legislazione in materia di autorità portuali
META e altri (PD)
La IX Commissione,
premesso che:
da tempo è oggetto di ampia discussione e di numerose proposte il tema di una riforma organica
della legislazione in materia portuale dettata dalla legge n. 84 del 1994, che adegui la disciplina a
una visione moderna di porto come sistema d'accesso di traffici economici ed elemento centrale di
un complesso sistema logistico e che permetta di risolvere i principali profili di criticità, di tipo
organizzativo, funzionale e finanziario, che ostacolano l'attività delle autorità portuali;
appare infatti ormai indifferibile incrementare l'efficienza e il potenziale concorrenziale degli scali
portuali nazionali, non più competitivi in particolare rispetto ai porti dell'Europa settentrionale;
l'esame della riforma della legislazione in materia portuale, protrattosi per tutta la scorsa legislatura
senza pervenire all'approvazione definitiva di una legge, è stato ripreso fin dall'inizio della
legislatura in corso dall'8a Commissione del Senato; il Governo, come più volte dichiarato dal
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, anche in occasione di audizioni in Parlamento, ha
espresso l'intenzione di intervenire su alcuni dei punti più qualificanti della materia, sia nell'ambito
dei lavori parlamentari sulla riforma della legge n. 84 del 1994 sia attraverso misure eventualmente
inserite in provvedimenti d'urgenza, anche al fine di accelerare la definizione e attuazione di un
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assetto
più
moderno
ed
efficace
delle
autorità
portuali;
in particolare il Governo ha più volte manifestato, da ultimo anche con riferimento alla
predisposizione dei provvedimenti di riforma della pubblica amministrazione, la volontà di
razionalizzare il sistema delle autorità portuali, riducendone il numero, attraverso l'individuazione
di distretti portuali e logistici nell'ambito dei corridoi europei TEN-T e l'individuazione di una
autorità
portuale
di
interesse
nazionale
per
ciascun
distretto;
interventi di razionalizzazione del sistema delle autorità portuali devono tuttavia tener conto non
solo dell'inserimento nei corridoi europei TEN-T, ma anche dell'oggettiva rilevanza, sotto il profilo
logistico ed economico, delle autorità esistenti rispetto al territorio in cui sono situate;
in particolare, l'autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta è elemento essenziale del
sistema logistico che collega la capitale, la regione Lazio e il centro Italia con il resto dell'Europa e
del Mediterraneo, rappresentando il perno della rete di trasporto marittimo regionale e un punto di
riferimento importante sia per i territori limitrofi, sia per l'accesso ad importanti zone turistiche e
rotte crocieristiche del Mediterraneo; i tre porti di competenza dell'autorità portuale registrano
rilevanti volumi di traffico, avendo movimentato, nell'anno 2013, 15,7 milioni di tonnellate di
merci, 1,4 milioni di passeggeri e oltre 670 mila automezzi; a questi dati bisogna aggiungere i 2,5
milioni di imbarchi, sbarchi e transiti di passeggeri di crociere, che fanno del porto di Civitavecchia
il
principale
porto
crociere
italiano
in
termini
di
volumi;
il porto di Civitavecchia risulta tra i primi scali in Italia per traffico passeggeri, dal momento che
collega il continente con la Sardegna e con la Sicilia, oltre ad essere un hub fondamentale di
collegamento verso tutto il Mediterraneo occidentale, da Barcellona a Tunisi a Malta; per quanto
concerne il traffico merci, pur avendo risentito della crisi economica, che ha avuto un impatto
particolarmente pesante sui trasporti marittimi di merci, rimane, in ambito nazionale, un porto di
indubbia rilevanza; la stessa contrazione del traffico merci che si è registrata nel porto di
Civitavecchia ha riguardato principalmente i prodotti petroliferi, mentre è stata assai più limitata per
quanto concerne le merci solide; la Commissione europea ha posto lo sviluppo della rete
transeuropea dei trasporti (TEN-T) come elemento chiave del potenziamento infrastrutturale e
condizione essenziale per assicurare all'Europa una efficiente mobilità di persone e merci;
a seguito delle ultime revisioni operate con il regolamento (UE) n. 1315/2013, del Parlamento
europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, la rete transeuropea è stata articolata in due livelli,
una rete centrale (core network) da completare entro il 2030, che è costituita dai collegamenti più
importanti tra i Paesi dell'Unione e con i Paesi confinanti, comprendendo al suo interno 83 porti
europei principali che saranno collegati attraverso strada o ferrovia, e una rete globale
(comprehensive network), da completare entro il 2050, che svolge prevalentemente funzioni di
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collegamento all'interno dei territori degli Stati membri ed è destinata ad alimentare quella centrale;
il porto di Civitavecchia è stato incluso tra i porti della rete globale, a differenza di precedenti
valutazioni
con
le
quali
era
stato
inserito
nel
core
network
portuale;
rispetto a tali indicazioni, occorre tuttavia tener conto del rilievo essenziale che, sulla base dei dati
sopra riportati, il porto di Civitavecchia assume rispetto ai collegamenti marittimi e al sistema
logistico di Roma, della regione Lazio e dell'Italia centrale,
impegna il Governo
ad assicurare che, nell'ambito di qualunque iniziative di razionalizzazione del sistema delle autorità
portuali, mediante misure di revisione del loro numero e della loro classificazione, l'autorità
portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta sia considerata come le autorità portuali che, rispetto
alla struttura della rete transeuropea dei trasporti, sono incluse nella rete centrale e sia pertanto
riconosciuta autorità di interesse nazionale. (7-00429)
Risposta del Sottosegretario per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare Silvia Velo
all’interrogazione sulla centrale a carbone di Edipower – A2A di Brindisi nord, anche in
riferimento alla presenza sul territorio della centrale elettrica Federico II di Enel spa,
presentata da BORGHI e MARIANO (PD)
In riferimento all'interrogazione a risposta immediata presentata dagli On.li Mariano e Borghi, con
la quale si chiede di conoscere le iniziative del Governo circa il futuro della centrale a carbone di
Edipower – A2A di Brindisi, si rappresenta quanto segue. Per quanto concerne gli aspetti di
competenza del Ministero dell'ambiente, risultano attualmente essere in corso due procedimenti
relativi alla centrale in oggetto. Il primo avviato a maggio 2014 riguarda una verifica di
assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale in merito al progetto di «dismissione unità 12 e sottostazione elettrica 220 kV» che prevede la demolizione completa delle Unità 1 e 2 e della
sottostazione elettrica 220 kV della centrale. Unitamente a dette demolizioni, verrà installato un
nuovo trasformatore di avviamento dei gruppi 3 e 4 ed il rinforzo delle strutture a supporto del
nastro per il trasporto del carbone. Il secondo, avviato a novembre 2013, è una procedura integrata
VIA e AIA per una modifica del progetto oggetto della pronuncia di compatibilità ambientale
ovvero il cosiddetto «Nuovo Progetto» che prevede l'utilizzo, in co-combustione con il carbone a
basso tenore di zolfo, di Combustibile Solido Secondario (CSS), prodotto in prossimità del sito
della centrale Brindisi Nord, fino ad un massimo del 10 per cento di input termico.
Nell'ambito di dette procedure, sarà valutato complessivamente l'impatto cumulativo di tali progetti
sull'ambiente e sull'area sulla quale insiste la Centrale: al momento, atteso il breve tempo trascorso
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dalla presentazione delle istanze, e risultando tuttora in corso l'attività istruttoria della Commissione
VIA/VAS, non risultano esiti, da parte della Commissione VIA, in relazione a ulteriori elementi
relativi a specifiche valutazioni tecniche e ambientali degli interventi proposti per la centrale di
Brindisi Nord. In entrambi i procedimenti sarà assicurata l'adeguata informazione al pubblico anche
attraverso la pubblicazione di tutte le osservazioni del pubblico e della documentazione tecnica
depositata per le istruttorie sul Portale delle Valutazioni ambientali del Ministero dell'ambiente. Ai
sensi degli articoli 20 e ss. del decreto legislativo 152/06 tutte le osservazioni del pubblico che
perverranno in merito a detti interventi saranno puntualmente valutate e contro dedotte nel parere
della Commissione Via/VAS.In merito, ai possibili effetti sanitari a valori di esposizione agli
inquinanti inferiori ai limiti normativi, ARPA Puglia, in ottemperanza alla legge regionale
n. 21/2012, ha avviato la Valutazione del Danno Sanitario (VDS) di Enipower Brindisi.
Si precisa, infine, che la relazione tra inquinamento ambientale e patologie a breve latenza come le
malformazioni congenite sarà oggetto di un approfondimento scientifico attraverso l'estensione a
Brindisi del Progetto Salute e Ambiente già operativo per la Città di Taranto.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nel sito di interesse nazionale di Brindisi l'apparato industriale è caratterizzato da un imponente
polo chimico e dal più grande polo energetico nazionale, nei quali operano numerose aziende,
alcune delle quali dichiarate a rischio di incidente rilevante; si tratta di aziende dei settori chimico,
farmaceutico, elettrico, aeronautico, oltre a un deposito di stoccaggio di gpl di 20.000 tonnellate, lo
zuccherificio della Sfir alimentato da una centrale elettrica a biomasse, una discarica di rifiuti
pericolosi e nocivi, un inceneritore di rifiuti industriali e ospedalieri e una discarica di rifiuti
industriali pericolosi e di sostanze altamente nocive di 50 ettari, il cui volume supera i 4 milioni
rispetto ai limiti di legge e la cui profondità di sedimentazione è di ben 5 metri;
Brindisi ospita, inoltre, la centrale elettrica più climalterante d'Italia (Federico II Enel spa), che ha
prodotto circa 12 milioni e mezzo di tonnellate di anidride carbonica nel 2012 ed una quantità di
carbone movimentata e bruciata pari a circa 5/6 milioni di tonnellate, stoccato in un carbonile
all'aperto e trasportato da un nastro lungo 12 chilometri; il piano regionale della qualità dell'aria
predisposto dall'Arpa Puglia inserisce Brindisi in fascia C, la più critica, che necessita di azioni di
riduzione dell'inquinamento; destano serissima preoccupazione i dati rivenienti da numerosi studi
condotti da singoli o gruppi di ricercatori che, insieme con gli elementi conoscitivi apportati
dall'Arpa Puglia e dalla ASL di Brindisi, permettono di concludere che l'industrializzazione di
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Brindisi, avviata negli anni Sessanta, ha prodotto un gravissimo inquinamento di suolo, falde, mare
e aria; il Governo, in sede di discussione del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, ha accolto
l'ordine del giorno 9/1885-A/29 che impegnava il Governo medesimo a valutare la possibilità di
completare con assoluta urgenza, anche per il SIN di Brindisi, lo studio epidemiologico come
previsto dal progetto Sentieri e a mettere in campo tutte le misure e le azioni necessarie a rafforzare
le attività di prevenzione a tutela della salute e dell'ambiente; nonostante le pesanti problematiche
sanitarie ed ambientali, Edipower ha presentato un piano industriale che prevede la co-combustione
di carbone e di combustibile solido secondario (CSS) nella centrale di Brindisi Nord, mai convertita
a ciclo combinato nonostante gli impegni presi, e già oggi funzionante ai minimi livelli di
produzione;
la centrale di Brindisi nord, secondo varie norme ed accordi, doveva essere «ambientalizzata»,
parzialmente alimentata a metano, fino alla definitiva chiusura dell'intero impianto prevista alla fine
del 2004, ben 10 anni or sono; non si comprende quindi la necessità di mantenere in esercizio una
centrale a carbone destinata a terminare il proprio «ciclo di vita» da oltre un decennio;
la centrale opera ancora grafie a provvedimenti governativi che hanno consentito la proroga
dell'esercizio del 3° e 4° gruppo fino all'emissione dell'autorizzazione integrata ambientale e
dell'atto endoprocedimentale di VIA, rilasciato nel settembre del 2012 ed oggi in essere;
i gruppi 1 e 2 sono fermi dal 2001 ed il decreto AIA del 13 settembre 2012 prescrive lo
smantellamento di questi entro 36 mesi; a distanza di 17 mesi dal decreto autorizzativo AIA i lavori
di demolizione non sono ancora stati avviati o, per meglio dire, non è stata avviata alcuna richiesta
di autorizzazione da parte di Edipower che annuncia l'intenzione di formulare tale richiesta
nell'ambito del nuovo progetto, testimoniando la volontà di collegare la richiesta di autorizzazione
alla demolizione all'esito della procedura di VIA in corso; esiste un forte contrasto fra quanto
proposto nel nuovo progetto di Edipower e quanto, invece, disciplinato dalla regione Puglia che
individua per il combustibile solido secondario (CSS) solo ed esclusivamente il recupero ed il
riciclo delle varie componenti che lo caratterizzano (plastiche, carte, cartoni, fibre tessili e legnose e
altro);
come ha sottolineato acutamente Legambiente, nelle osservazioni depositate nell'ambito del
procedimento di valutazione dell'impatto ambientale, il cosiddetto «Nuovo Progetto» di Edipower si
discosta fortemente dalla normativa vigente (DMA 22/2013) in quanto, il decreto nelle proprie
disposizioni generali fa esplicitamente riferimento al fatto che i CSS-combustibili per poter essere
utilizzati in co-combustione devono essere di «alta qualità», mentre quelli proposti da Edipower
sono i peggiori possibili; quanto alla normativa vigente sugli incentivi da fonti rinnovabili
elettriche, il Nuovo Progetto è inserito fra gli «impianti ibridi» e, come tale deve definire in termini
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precisi la provenienza dei rifiuti che concorrono alla realizzazione del CSS-combustibile;
l'instabilità composizionale dei combustibili ed in particolare del CSS-combustibile, dei cicli
combustivi e dei quadri emissivi rende aleatorie e molto ottimistiche le tabelle fornite da Edipower
e del tutto insufficienti gli indicatori di riferimento; infine, il progetto Edipower a giudizio degli
interroganti, sottovaluta del tutto i dati concernenti la situazione sanitaria di Brindisi, i dati del
registro tumori ionico-salentino, quelli della Commissione comunale sull'area a rischio di elevata
crisi ambientale di Brindisi ed i più recenti dati ufficializzati dal CNR e dell'ASL brindisina (
Congenital anomalies among live births in a high enviromental risk area – A case – control study
In Brindisi (Southern Italy)) che attestano la presenza di un 17 per cento in più rispetto alla media
del registro europeo, per quel che attiene malformazioni congenite neonatali e, addirittura, del 49
per cento o per l'eccesso delle anomalie cardiovascolari, rispetto alla media europea –:
quali siano gli intendimenti del Governo circa il futuro della centrale a carbone di Edipower – A2A
Brindisi nord e se non sia opportuno procedere ad una valutazione complessiva della pressione
ambientale cui è sottoposta l'area a elevato rischio di crisi ambientale di Brindisi prima di
autorizzare il «nuovo progetto» Edipower A2A. (5-03315)
Interrogazione a risposta immediata in VIII Commissione:
sui servizi di controllo e monitoraggio ambientale dei laboratori ARPA
TURCO e altri (M5S)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per
sapere – premesso che:
i laboratori ARPA sono l'unica fonte di vigilanza ambientale (acqua, aria, terreni, rifiuti, bonifiche)
liberamente a disposizione del singolo cittadino; le emergenze ambientali in Arpa sono all'ordine
del giorno e i laboratori servono a questo;
dopo l'emanazione della legge n. 61 del 1994, è stato fatto poco per riconoscere al sistema delle
ARPA il giusto ruolo centrale sul controllo ambientale; le agenzie operano insieme ad altri organi
necessari per un controllo capillare del territorio e la cui integrazione nel contesto dei controlli
ambientali è certamente insostituibile sia in fase preventiva sia in fase repressiva in ausilio ed in
sinergia con i tecnici delle Arpa; sussiste una scarsa presenza sul territorio delle Arpa in parte
attribuibile ad organici «adeguati delle medesime ed all'espletamento di attività secondarie rispetto
al loro preminente compito di tutela dell'ambiente di cui certamente il monitoraggio ed il controllo
costituiscono una parte fondamentale. L'ultimo importantissimo atto dei, passati Governi il
cosiddetto testo unico ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006) cita il sistema agenziale e le
24
Arpa non più di cinque sei volte e non per ribadire la loro specificità nel campo della tutela
ambientale;
a riprova del processo in corso alcuni quotidiani locali hanno riportato la notizia della prossima
chiusura del laboratorio di analisi di Padova dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale del
Veneto (ARPAV);
la struttura padovana verrà smantellata e ridotta ad uno sportello accettazioni per il ricevimento dei
campioni ambientali; in Veneto sono state già chiuse le strutture di analisi di Rovigo, Belluno e
Vicenza, e l'attività dei sette laboratori provinciali verrà ridotta e concentrata a Venezia e Verona; il
potere politico, a fronte delle sempre più numerose emergenze ambientali che si verificano in una
regione tra le più industrializzate d'Europa, risponde con un progressivo e pericoloso
allontanamento dei servizi di controllo pubblico dal territorio; a parere degli interroganti la
diminuzione indiscriminata dei controlli effettuati sul la dispersione di professionalità altamente
specializzate, l'inefficiente spostamento della spesa pubblica per le analisi ambientali verso soggetti
privati rappresentano un rischio da evitare –:
se, siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se, ciascuno per quanto di competenza, pur nel rispetto delle autonomie regionali, non ritengano
opportuno intervenire, anche con appositi atti normativi, al fine di garantire l'efficiente
mantenimento del livello di qualità e frequenza dei servizi di controllo e monitoraggio ambientale
resi sul territorio italiano nel rispetto dei principi costituzionalmente garantiti della tutela
dell'ambiente e della salute dei cittadini ex articoli 2, 3 e 32 Costituzione. (5-03318)
Interrogazione a risposta scritta:
su una nuova strategia nazionale nei confronti del fenomeno dell'inquinamento dell'aria nei
centri urbani
PASTORELLI (MISTO)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
com’è noto, secondo il rapporto di fine anno pubblicato dall'Agenzia europea per l'ambiente (AEA,
La qualità dell'aria in Europa – rapporto 2013), il 90 per cento delle persone che vivono nei centri
urbani dei paesi membri è costantemente esposto ad una concentrazione di inquinanti superiore ai
limiti
che
l'Organizzazione
mondiale
della
sanità
riporta
nelle
sue
linee
guida;
un recente rapporto stilato da Legambiente ha evidenziato come, nei primi mesi del 2014, in alcune
città italiane si siano registrati oltre 20 giorni di superamento (sui primi 36 giorni dell'anno) dei
livelli
consentiti
di
PM10
e
PM2,5
consentiti
dalla
normativa
vigente;
25
parallelamente il biossido di azoto (NO2), un inquinante secondario le cui fonti principali sono il
trasporto su strada, il riscaldamento e i processi di combustione industriali, rappresenta ancora uno
dei maggiori problemi irrisolti per quanto riguarda la sua concentrazione negli ambienti urbani;
con riguardo al territorio nazionale, ed eccettuate le grandi città, l'area della pianura padana risulta
la
macro-area
maggiormente
interessata
da
tali
fenomeni
di
inquinamento
dell'aria;
in particolare, e a titolo d'esempio, la relazione stilata nel 2012 dall'Agenzia regionale per la
protezione ambientale della regione Piemonte sulla qualità dell'aria nel comune di Alessandria — le
cui risultanze sono state sostanzialmente confermate anche per il 2013 e parte del 2014 — ha
rilevato una mediocre qualità dell'aria nel suddetto territorio, con superamenti ripetuti dei limiti
annuali/giornalieri di PM10, dei limiti annuali per gli ossidi di azoto e dei livelli di ozono estivo;
i dati indicano che nei primi 45 giorni dell'anno, a metà febbraio, si raggiungono già i 35 giorni di
superamenti consentiti per legge, ad indicare che nei primi due mesi dell'anno si registra quasi un
superamento al giorno; sempre secondo tale relazione «Questi episodi, non infrequenti nel corso
degli inverni di pianura, determinano delle situazioni di accumulo pericolose per la salute, a cui si
associa anche un aumento di ricoveri e decessi per malattie alle via respiratorie»;
per quanto riguarda l'inquinamento da ozono, Alessandria presenta un livello significativo di
inquinamento in periodo estivo, comparabile con i livelli registrati nelle altre stazioni urbane della
regione Piemonte,
confermando un
trend
negativo relativo
a
tutto
il
Nord
Italia;
secondo la citata relazione, dunque, permangono «per Alessandria condizioni di criticità sia per
quanto riguarda le polveri fini PM10 e PM2,5 sia per il biossido di azoto, soprattutto in periodo
invernale, mentre si riscontra un elevato inquinamento da ozono in periodo estivo. I parametri non
mostrano variazioni di rilievo negli ultimi anni»;
per far fronte a tali fenomeni appare estremamente importante e urgente intraprendere una serie di
azioni integrate e tra loro ben coordinate volte ad incidere sull'efficienza del trasporto pubblico
locale, ad implementare le reti ferroviarie, regionali e nazionali, ad incentivare l'abbandono del
trasporto su gomma delle merci, nonché a ridisegnare l'assetto delle competenze istituzionali in
ordine alla gestione di queste problematiche, le quali minacciano da vicino la salute dei cittadini;
con particolare riguardo a tale ultimo aspetto, è evidente come lo Stato non possa limitarsi a
predisporre solo i limiti massimi di inquinamento (abbandonando a sé stessi comuni e regioni),
essendo invece necessario un suo intervento fattivo — di concerto con le regioni e gli enti locali —
al
fine
di
mantenere
una
qualità
dell'aria
in
linea
con
tali
limiti –:
se il Ministro interrogato non reputi necessario, data la gravità della situazione, adottare, nell'ambito
delle proprie competenze, o di concerto con gli altri dicasteri, le opportune iniziative, anche di
26
carattere normativo, al fine di definire una nuova strategia nazionale nei confronti del fenomeno
dell'inquinamento dell'aria nei centri urbani, e in particolare in quelli del Nord Italia. (4-05649)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla decisione di caricare le perdite delle centrali termoelettriche sulla bolletta dell'energia
GRIMOLDI (LNA)
— Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il decreto ministeriale 30 giugno 2014, in attuazione dell'articolo 1, comma 153, della legge 27
dicembre 2013, ha fissato le modalità di remunerazione della capacità produttiva delle centrali a
cicli combinati a gas, per la fornitura di servizi di flessibilità che le stesse mettono a disposizione
del sistema elettrico; l'intervento normativo dovrebbe garantire la sicurezza del sistema elettrico e la
copertura dei fabbisogni di rete, senza aumento dei prezzi e delle tariffe dell'energia elettrica per i
clienti finali; con il riconoscimento di tale meccanismo di remunerazione, le centrali termoelettriche
si renderebbero quindi disponibili ad un aumento di capacità produttiva per supplire all'eventuale
insufficiente
erogazione
di
energia
da
impianti
alimentati
da
fonti
rinnovabili;
dal 2007 al 2013, per effetto della crisi, la domanda di energia elettrica in Italia è scesa da 340 a 318
terawattora, mentre dal 2007 al 2011 la potenza disponibile da fonti rinnovabili è aumentata da 22
gigawatt a 41 gigawatt; le centrali termoelettriche sono oggi in difficoltà, in quanto il numero di ore
di funzionamento è in diminuzione, determinando per i gestori l'impossibilità di rientrare degli
investimenti effettuati nel settore; con decisione molto discutibile le perdite delle centrali
termoelettriche sono state caricate sulla bolletta dell'energia, facendo pagare agli utenti finali la
maggior sicurezza derivante dalla presenza di centrali inattive o quasi che potrebbero supplire
all'eventuale
insufficiente
erogazione
degli
impianti
a
fonti
rinnovabili –:
quali iniziative, anche di carattere finanziario, il Ministro intenda adottare per far sì che le misure di
remunerazione degli impianti termoelettrici, di cui al decreto ministeriale 30 giugno 2014, non
gravino sulla bolletta elettrica a carico dei consumatori finali. (4-05635)
Risposta del Sottosegretario per lo sviluppo economico Simona Vicari all’interrogazione sulle
possibili connessioni tra attività di fracking e terremoti di CRIPPA (M5S). n. 5-02930
Si conferma che il Ministro è a conoscenza dei risultati della International Commission on
Hydrocarbon Exploration and Seismicity in the Emilia Region, detta Commissione ICHESE.
27
La Commissione ICHESE è stata incaricata di valutare le possibili relazioni tra attività di
esplorazione per idrocarburi e aumento dell'attività sismica nell'area colpita dal terremoto
dell'Emilia-Romagna nel mese di maggio 2012. La Commissione è stata costituita nel Dicembre
2012 con Decreto del Capo del Dipartimento della Protezione Civile, su richiesta del Presidente
della Regione Emilia Romagna nella sua veste di Commissario delegato per la Ricostruzione, e ha
terminato i suoi lavori nel Febbraio 2014, consegnando alla Protezione Civile il Rapporto ICHESE
nei tempi e nei modi previsti. Il rapporto è stato consegnato immediatamente al Presidente della
Regione Emilia Romagna.
Si sottolinea, al riguardo, che la Commissione ha escluso, che la sequenza sismica dell'Emilia sia
stata indotta, ossia provocata completamente dalle attività antropiche svolte nelle tre concessioni di
sfruttamento di idrocarburi di Mirandola (con incluso il campo di Cavone), Spilamberto e Recovato,
nel campo geotermico di Casaglia (Ferrara) e nel giacimento di stoccaggio di gas naturale di
Minerbio, tutte concessioni insistenti in un'area di circa 4000 Km2, definita d'interesse, su basi
sismo-tettoniche, per l'analisi in oggetto e che include la zona nella quale si è manifestata attività
sismica del 2012. Le attuali conoscenze tecnico-scientifiche, tuttavia, non consentono di avere un
quadro completo per poter escludere o confermare che le attività del sottosuolo, con particolare
riferimento al sito produttivo di «Cavone», Mirandola (MO), possano aver anticipato il momento in
cui il terremoto sarebbe comunque avvenuto in maniera naturale a causa dell'energia già accumulata
nelle faglie. Per questi motivi, la Commissione ha previsto una serie di «Raccomandazioni», tese a
reperire un congruo quantitativo di dati e di elementi di studio, derivabili, ad esempio, da idonei
sistemi «di monitoraggio ad alta tecnologia finalizzati a seguire l'evoluzione nel tempo dei tre
aspetti fondamentali: l'attività microsismica, le deformazioni del suolo e la pressione di poro».
Il Ministero dello sviluppo economico, pertanto, si è tempestivamente attivato costituendo, in data
27 Febbraio u.s., un Gruppo di Lavoro di esperti nazionali di chiara fama (nominati da Protezione
Civile, INGV, enti di ricerca, Università) per la definizione di indirizzi e linee guida dell'attività di
monitoraggio. La predisposizione delle linee guida, pressoché ultimate, ha permesso d'individuare
le modalità per assicurare la massima trasparenza e oggettività dei monitoraggi stessi e della
divulgazione delle informazioni, nonché i criteri e le procedure per l'individuazione delle strutture
che, in base alle proprie competenze, potranno gestire le reti di monitoraggio, analizzare i dati che
verranno raccolti e renderli disponibili alle società che svolgono attività di coltivazione e stoccaggio
di idrocarburi. Riguardo all'intenzione del MiSE di trasmettere la documentazione della
Commissione ICHESE e fornire gli elementi a riguardo, si rappresenta che il Rapporto ICHESE è
liberamente consultabile da chiunque in quanto pubblicato integralmente sul sito della Regione
EmiliaRomagna
28
(http://ambiente.regione.emiliaromagna.it/geologia/notizie/primopiano/commissione-ichese-online-il-rapporto-integrale), oltre che sul sito istituzionale dello stesso Ministero dello sviluppo
economico(http://unmig.mise.gov.it/unmig/agenda/dettaglionotizia.asp ?id=175).
Per quanto riguarda, invece, i progetti di ricerca e coltivazione d'idrocarburi a terra, si rappresenta
che è compito delle Regioni valutarne la compatibilità ambientale. I programmi di lavoro, relativi ai
progetti di ricerca e coltivazioni, sono invece autorizzati dal Ministero dello Sviluppo Economico e
devono essere congruenti con la documentazione necessaria alla valutazione di compatibilità
ambientale. Si segnala in particolare che, per quanto riguarda la tecnica di fratturazione idraulica,
essa viene utilizzata per l'estrazione dello shale gas e che, anche in considerazione delle
raccomandazioni della Commissione Europea, essa va distinta dal processo di stimolazione dei
pozzi tramite fluidi pressurizzati. Nella tecnica petrolifera si parla genericamente di «fratturazione
idraulica», ogni volta che si verifica il superamento del regime di iniettività delle rocce ovvero ogni
volta che si inietta in sotterraneo del fluido ad una pressione superiore a quella di fratturazione della
roccia, indipendentemente dalle pressioni utilizzate e dalle quantità iniettate: tuttavia agendo su
questi due parametri di governo si ottengono scenari di processo completamente diversi.
Per una trattazione rigorosa della problematica, è doveroso fare una distinzione tra il fracking o
fratturazione idraulica ad alto volume utilizzata per la coltivazione d'idrocarburi da shale rocks (la
tecnica produttiva che, come riportano gli Onorevoli Interroganti, sta destando molteplici
preoccupazioni nel mondo) e la stimolazione tramite fluidi pressurizzati, in uso anche nei
«giacimenti convenzionali» – gli unici coltivati in Italia. Le due attività in oggetto presentano
metodologie operative non paragonabili tra loro, finalità totalmente diverse ma, soprattutto, hanno
un impatto sul territorio notevolmente differente. Infatti, lo scopo della «stimolazione tramite fluidi
pressurizzati», è quello di migliorare le proprietà petrofisiche della roccia nel limitato spazio
dell'intorno pozzo e di ripristinare l'efficienza dei pozzi già in produzione. Si tratta di interventi di
limitata invasività laterale, sostanzialmente limitati ai primi metri di roccia nell'intorno del pozzo
(circa max 20 m). Tale tecnica è ben conosciuta ed è normalmente applicata nell'industria
petrolifera fin dagli anni ’50. Un intervento di «stimolazione del giacimento» è localizzato al di
sotto della copertura impermeabile, le fratture indotte rimangono ben all'interno del giacimento non
compromettendo l'integrità delle rocce sovrastanti. Discorso diverso deve essere fatto per quanto
riguarda l'utilizzo della tecnica di fratturazione idraulica ad alto volume che si applica per la
coltivazione del gas e dell'olio imprigionati dagli scisti argillosi, rocce che non erano considerate
sfruttabili fino a pochi anni fa a causa della loro permeabilità praticamente nulla, e che hanno
assunto rilievo economico soprattutto nel Nord America. In questo caso la fratturazione idraulica
massiva è una vera e propria metodologia di coltivazione e viene applicata in modo continuo e
29
ripetuto per produrre artificialmente la permeabilità che, naturalmente, la roccia non ha. Inoltre le
formazioni geologiche denominate «shale rock» sono caratterizzate da limitati spessori e, per essere
di rilievo commerciale, devono avere ampie estensioni superficiali. È quindi necessaria la
perforazione di molteplici pozzi, tipicamente con rami orizzontali di grande estensione (dell'ordine
dei chilometri) e un'attività di fratturazione molto spinta. Le circostanze enunciate determinano forti
impatti sul territorio e nel contesto ambientale in cui si trova il giacimento. Per i suddetti motivi, in
considerazione del fatto che le due tecnologie presentano metodologie operative, tempi di
esecuzione, volumi impiegati, scopi e impatti sul territorio non paragonabili tra loro, non risulta
possibile rinvenire caratteri analoghi tra le tecniche di «stimolazione con fluidi pressurizzati» e
«fratturazione idraulica ad alto volume» in uso per la coltivazione di shale gas.
Per quanto riguarda la Concessione di coltivazione «TERTIVERI», che ha come rappresentante
unico la società ENI S.p.A., si rappresenta quanto segue. Il giacimento convenzionale a gas di
Roseto-Montestillo è situato vicino al margine nord orientale del cosiddetto bacino Pugliese ed è
attualmente in produzione sotto la gestione di ENI E&P, in particolare tramite gli uffici del Distretto
Meridionale (DIME). Nella concessione di coltivazione «Tertiveri» sono stati eseguiti interventi di
stimolazione mediante fluidi pressurizzati, come sopra illustrato, mentre si esclude che si sia
proceduto alla fratturazione idraulica ad alto volume per la coltivazione di gas da scisto.
L'operazione è consistita nell'iniezione di un fluido a base acquosa con aggiunta di anidride
carbonica (un gas inerte), al fine di minimizzare l'immissione di fluidi nel sottosuolo e garantire le
migliori proprietà di viscosità in termini di efficienza di intervento. Per questa tipologia di interventi
convenzionali, con la stimolazione in oggetto, non sono state interessate né la copertura rocciosa
impermeabile né le altre sequenze litologiche più superficiali. Per quanto riguarda «FIUME
BRUNA», di cui è titolare la INDEPENDENT ENERGY SOLUTIONS, si rappresenta quanto
segue. Attualmente è vigente solo un permesso di ricerca, quindi non vi è stata alcuna produzione
d'idrocarburi. Sono stati eseguiti interventi di stimolazione di un pozzo connessi ad una prova di
produzione nei quali è stata autorizzata l'iniezione di una quantità di acqua pari a 90 metri cubi
nell'intero processo, quantità nettamente inferiore ai 10000 metri cubi indicati dalla Commissione
Europea per identificare il processo di fratturazione ad alto volume sopra citato. Per quanto riguarda
la domanda su quanti e quali siano i pozzi presenti in Italia nei quali venga utilizzata la modalità
definita fracking al fine di estrarre shale gas e shale oil come sperimentazione o ricerca
d'idrocarburi si rappresenta, infine, quanto segue. Il Ministero dello Sviluppo Economico non ha
mai autorizzato sul territorio Nazionale la ricerca e la coltivazione di «shale gas» tramite
fratturazione idraulica e, ad oggi, non sono pervenute istanze per la ricerca o la coltivazione di gas o
olio da «shale rock». Risulta quindi pari a zero il numero di pozzi autorizzati in Italia nei quali è
30
utilizzata la tecnica di fracking per la produzione di shale gas o shale oil. Si specifica che, secondo
le conoscenze geologiche attuali, non esistono, sul territorio Nazionale, giacimenti di gas o olio da
scisto di rilevanza commerciale e che, comunque, la significativa urbanizzazione dello stesso
territorio renderebbe impraticabile la tecnologia della fratturazione idraulica ad alto volume.
Pertanto, allo stato attuale, nel nostro Paese la fratturazione idraulica per la coltivazione di shale
gas è esclusa dalla Strategia Energetica Nazionale, approvata con Decreto Interministeriale MISE –
MATTM, l'8 marzo 2013, nella quale è chiaramente indicato che «il Governo non intende
perseguire lo sviluppo di progetti in aree sensibili in mare o in terraferma, ed in particolare quelli di
«shale gas».
Di seguito il testo dell’interrogazione
— Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare. — Per sapere – premesso che:
come si evince da un articolo pubblicato dal sito web «www.ilfattoquotidiano.it» in data 6
novembre 2013 e dalle altre maggiori testate online, l’ex Amministratore delegato di ENI s.p.a.
Paolo Scaroni ha rilasciato ai microfoni di Radio 1 alcune preoccupanti dichiarazioni riguardo
l'approvvigionamento italiano di gas; Scaroni nel suo intervento dichiara che, secondo la sua
opinione, sarebbe arrivato il momento che «anche l'Europa viva la rivoluzione dello Shale Gas che
è all'origine dell'abbassamento dei costi degli Stati Uniti»; lo shale gas è ottenuto dalla
frantumazione delle rocce profonde grazie all'immissione di acqua ad alta pressione mista a
sostanze chimiche (detto anche «fracking»); desta perplessità come ENI, società di fatto controllata
dallo Stato considerando una quota azionaria superiore al 30 per cento dei pacchetti del Ministero
dell'economia e delle finanze e della Cassa depositi e prestiti, abbia tenuto pubblicamente una
posizione sull'approvvigionamento energetico non prevista dal percorso «ufficiale» avviatosi con la
SEN, considerati inoltre i dubbi in merito che resistono nelle comunità scientifica ed economica;
nel dicembre 2009 la Schlumberger Oilfield Services, la più grande compagnia al mondo di servizi
alle società petrolifere, ha affermato che il bacino del Po è un «potenziale bacino di shale gas»;
la compagnia di esplorazione petrolifera Exoma, nel maggio 2010, ha rivelato agli investitori che
nella valle del Po ci sarebbero 28 trilioni di piedi cubi di metano, sufficienti a coprire 10 anni di
consumi italiani; nell'ultimo rapporto del World Energy Council, un'altra tabella rivela che l'Italia
possiederebbe 73,000 milioni di barili di petrolio da scisto, pari a 125 anni di consumi nazionali;
davanti a questi dati, il dirigente di ricerca del CNR di Bologna Nicola Armaroli, durante la puntata
del programma televisivo d'inchiesta Report del 12 maggio 2014 dal titolo Shale Caos, ha risposto
31
che «di questi dati ogni tanto ne saltano fuori, se ne parla, però, sostanzialmente non c’è nulla di
concreto»;
il «fracking», dopo essere stato vietato nello Stato di New York grazie ad una moratoria nel 2008
(così come Argentina e California), è stato recentemente messo in discussione anche in Germania.
Come si apprende, infatti, dall'agenzia Adnkronos del 7 giugno 2013 «i ricercatori del Consiglio
consultivo tedesco per l'ambiente (SRU) hanno [...] pubblicato uno studio nel quale si afferma che il
gas estratto dalla frantumazione delle rocce profonde mediante l'immissione di acqua ad alta
pressione mista a sostanze chimiche [...] è economicamente poco sostenibile. [...] Gli scienziati anzi
raccomandano al governo di Berlino di esercitare la massima cautela per quanto riguarda questa
nuova tecnologia di estrazione perché non si è ancora in grado di valutarne l'effettivo impatto
ambientale. [...] Riguardo poi alla competizione con gli Stati Uniti gli scienziati sostengono che non
è lo Shale Gas a fare la differenza sulla diversa velocità di crescita degli Stati Uniti rispetto
all'Europa ed alla Germania, quanto piuttosto l'indebolimento del dollaro calato del 30 per cento
rispetto all'euro. Per quanto poi riguarda la corsa allo Shale Gas statunitense, gli scienziati
sostengono che c’è il fondato sospetto che questa possa essere una gigantesca bolla speculativa
destinata a sgonfiarsi nei prossimi anni»; alle dichiarazioni in merito dell’ex amministratore
delegato di ENI s.p.a. si sono aggiunte quelle rilasciate nel giro di pochi giorni dall'allora Ministro
dello sviluppo economico Flavio Zanonato che, secondo l'agenzia ANSA, in data 10 ottobre 2013
dichiarò che in Italia lo Shale Gas «non si può estrarre, punto, quindi non lo consentiamo. [...] Non
si capisce perché deve continuare la polemica su una cosa che non si può fare. [...] Non c’è lo Shale
Gas in Italia in misure significative per poterlo estrarre e vendere, quindi il problema proprio non si
pone»;
all'interno della Strategia Energetica Nazionale (SEN) è chiaramente specificato che «[...] il
Governo non intende perseguire lo sviluppo di progetti in aree sensibili in mare o in terraferma, ed
in particolare quelli di shale gas»; in data 21 maggio 2013, durante il suo discorso alla Camera dei
deputati, il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore Enrico Letta ha dichiarato che «per noi
la priorità assoluta in campo energetico resta lo sviluppo delle fonti rinnovabili» rivendicando «un
atteggiamento aperto e non penalizzante per lo sfruttamento delle fonti di energia prodotte in
Europa, come lo Shale Gas»; numerose inchieste condotte in altri Stati da importanti organi di
informazione hanno evidenziato i possibili rischi ambientali e sociosanitari legati alle operazioni
difracking;
secondo l'articolo pubblicato domenica 2 dicembre 2012 sul sito web della testata «The
Independent», parrebbe che durante le operazioni di fracking in Texas (U.S.A.) sia stato utilizzato
un componente di cui non si conoscerebbe l'esatta composizione, ma solo il nome (EXP-F0173-11).
32
La non identificazione del sopracitato elemento preoccuperebbe la popolazione texana dato il
presentarsi di danni a reni e fegato a cittadini direttamente esposti alle perforazioni;
all'interno del rapporto del 2011 della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti intitolato
«Prodotti chimici usati nel fracking» si può leggere come le aziende avrebbero usato più di 2.500
prodotti per la fratturazione idraulica che avrebbero contenuto a loro volta 750 diverse sostanze
chimiche (molte delle quali catalogate come cancerogene) e/o pericolosi inquinanti atmosferici;
gran parte di questi prodotti sarebbero coperti da segreto industriale e, all'interno del rapporto del
2011 sopracitato, si può notare come le compagnie stesse dichiarino di iniettare fluidi di cui non
conoscono contenuto e rischi per la salute umana; come riportato dalla versione online del
quotidiano «New York Times» in data 26 febbraio 2011, si sarebbero rilevati altissimi livelli di
radiazioni nei pressi dei pozzi artesiani confinanti con i siti di estrazione di shale gas (in alcuni casi,
sono stati rilevati livelli di radiazioni 1500 superiori a quelli consentiti dalla legislazione
americana);
lascia perplessi anche il fattore di sostenibilità del progetto. Come riportato dall'osservatorio
internazionale «PR Watch», emergerebbe che ogni pozzo dal quale si estrarrebbe shale
gas necessiterebbe dai 2 ai 4 milioni di galloni di acqua per poter essere pienamente operativo (dato
che si traduce nella produzione di 7-14 milioni di litri di acqua satura di sostanze chimiche);
come dichiarato da Leonardo Maugeri, fino al 2011 direttore strategie e sviluppo ENI e oggi
consulente energia per l'amministrazione Obama, durante la puntata di Report summenzionata, «un
pozzo di shale, dopo un anno di produzione, ha già esaurito il 50 per cento di quello che può darle.
Quindi, lei per continuare a tener viva la produzione di shale, sia di shale gas o di shale oil, deve
perforare di continuo. E come una groviera, no ? Deve fare un pozzo; una volta che quel pozzo ha
dato il massimo che poteva dare, quindi lei mette una pompa e passa a trivellare subito da un'altra
parte e poi passa a trivellare da un'altra parte e poi a trivellare da un'altra parte. Quindi quello che
lei ha è un'intensità di perforazione sconosciuta al resto del mondo»; come riportato dall'articolo
sulla versione online del Sole 24 Ore del 27 agosto 2013 «Ora ci si mettono anche gli scienziati
lanciando l'allarme su una possibile correlazione tra estrazione di Shale Gas e terremoti. A dirlo è
uno studio che sarà pubblicato sulla rivista «Hearth and planetary science letters». Secondo gli
autori, la grande quantità di Shale Gas estratta nel sud del Texas dal giacimento dell'area
denominata Eagle Ford Shale, sarebbe la causa di un'ondata di piccoli terremoti registrati nella
zona»;
nel caso italiano, come si può notare dalla «Mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale»
(Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri 3519/2006) aggiornata al luglio 2006, gran
parte del territorio è interessato dal rischio sismico e si rischierebbe un potenziale aggravio della
33
situazione considerando l'ingente iniezione di fluidi necessaria durante le operazioni fracking;
durante l'incontro interparlamentare intitolato «Il mercato interno dell'energia per il XXI secolo»,
che si è svolto a Bruxelles il 17 dicembre 2013 Randall Bowie, direttore dell’«European Council for
an Energy Efficient Economy» (organizzazione non governativa che produce studi ed analisi in
materia di efficienza energetica), ha affermato che «[...] il gas di scisto deve essere valutato con
attenzione, ma non penso che possa essere un'opzione sostenibile e percorribile. [...] la parte
occidentale degli Stati Uniti non è popolata a causa delle continue estrazioni di Shale Gas e con
l'avanzare del tempo vi sarà un progressivo esaurimento delle risorse che porterà ad un aggravarsi
della situazione ambientale. [...]»; il 7 settembre 2012, la Commissione europea ha pubblicato
alcuni studi sui combustibili fossili non convenzionali, (con particolare riguardo allo shale gas).
Alcuni di questi studi analizzano il potenziale impatto climatico della produzione di gas di scisto e
dei rischi potenziali che il fracking che possono presentarsi per la salute umana e per l'ambiente;
lo studio sull'impatto climatico («Climate impact of potential shale gas production in the EU»)
dimostrerebbe che l'estrazione di shale gas nell'Unione europea causerebbe maggiori emissioni di
gas serra rispetto all'estrazione dei gas naturali convenzionali; l'analisi della Commissione europea
sugli impatti ambientali («Environmental Aspects on Unconventional Fossil Fuels») porterebbe
inoltre a dire che l'estrazione dishale gas in generale ha un impatto ambientale maggiore rispetto
all'estrazione dei gas convenzionali; in tale studio vengono sottolineati tangibili rischi di
contaminazione delle acque superficiali e sotterranee con una conseguente pesante diminuzione
delle risorse idriche;la pubblicazione evidenzierebbe anche le alte probabilità di inquinamento
acustico e dell'aria oltre a un eccessivo consumo del suolo e disturbo alla biodiversità;
sempre Report riporta come il 22 aprile 2014 un tribunale texano ha condannato una piccola
compagnia petrolifera a risarcire con 3 milioni di dollari una famiglia proprio per danni alla salute
causati «oltre ogni ragionevole dubbio» dai liquidi prodotti durante le operazioni di fracking;
John Armbruster, sismologo della Columbia University, ha dichiarato ai microfoni della
trasmissione di Rai Tre che «A dicembre del 2010 è stato trivellato un pozzo tra la Pennsylvania e
Ohio. Nei nove mesi a seguire sono stati percepiti 9 terremoti. E la notte di Natale del 2011
abbiamo registrato un terremoto di magnitudo 3, l'epicentro si trovava entro un km dal fondo del
pozzo. A quel punto l'agenzia che regolava questo pozzo ha stabilito che non si potevano più
iniettare liquidi nel terreno [in quanto] quel punto era abbastanza evidente che tutto quel pompaggio
stava provocando i terremoti. [Le aziende petrolifere ed estrattrici di gas] non dichiareranno mai
pubblicamente
che
sono
stati
loro
a
causare
i
terremoti»;
l'11 aprile 2014 la rivista americana «Science» ha pubblicato un articolo intitolato «L'attività umana
può aver innescato il disastroso terremoto italiano»; i terremoti a cui fa riferimento l'inchiesta
34
sopracitata sono quelli di magnitudo 5.9 e 5.8 della scala Richter che hanno provocato, il 20 e il 29
maggio 2012, 47 vittime e danni valutati per oltre 13 miliardi di euro in Emilia Romagna;
l'articolo sarebbe basato su una fuga di notizie legata al rapporto della commissione internazionale
chiamata a studiare il caso il quale pare giacesse presso gli uffici della regione da quasi 2 mesi;
prendendo ulteriormente spunto dalla puntata di Report sopracitata, si viene a conoscenza del fatto
che presso Ribolla, frazione del comune di Roccastrada (Grosseto), avrebbe avuto luogo quella che
può essere considerata, secondo le informazioni attuali, la prima, ma non unica, fratturazione
idraulica in Italia presso la concessione fiume Bruna all'interno di una vecchia miniera di carbone;
tale affermazione è confermata anche dal Country Manager di «Independent Resources plc», società
titolare del permesso di perforazione presso il sito di Ribolla, durante la puntata di Report del 12
maggio 2014: «Abbiamo fatto, per la precisione, una microstimolazione ed era finalizzata a
comprendere la natura del sottosuolo e le eventuali potenzialità di produzione del gas da quel
territorio [...] abbiamo utilizzato 100 metri cubi di acqua, ed era finalizzata proprio esclusivamente a
comprendere la natura di quella risorsa mineraria. [oltre ad acqua abbiamo utilizzato] Proppante.
[...] Sono delle micro palline di ceramica [...] che servono a tenere aperte le fratture.»;
sempre nella puntata di Report sopracitata, il sindaco di Roccastrada, Giancarlo Innocenzi
commenta così la vicenda: «In via postuma abbiamo preso conoscenza che è stato fatto anche
del fracking in uno dei pozzi. [...] Di solito per la normativa, diciamo, attualmente in vigore non
prevede
la
descrizione
specifica
precisa,
diciamo,
delle
tecniche
di
perforazione»;
come dichiarato dai ricercatori ENI Luis E. Granado, Roberta Garritano, Raffaele Perfetto, Roberto
Lorefice e Roberto L. Ceccarelli all'interno dello studio pubblicato in data 15 maggio 2013 a loro
firma dal titolo «Revitalizing Mature GasField Using Energized Fracturing Technology In South
Italy», parrebbe che la stessa ENI abbia «rivitalizzato» il giacimento di Roseto-Montestillo, nei
pressi
di
Lucera
(Foggia),
concessione
«Tertiveri»
tramite
fratturazione
idraulica;
nelle documentazioni reperibili sul sito del Ministero dello sviluppo economico riferite a tale
concessione non vi sono riferimenti a tale operazione; il territorio della zona in questione è
caratterizzato da un ingente sfruttamento agricolo, da una scarsa disponibilità idrica e da un alto
rischio sismico –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei risultati del rapporto della commissione
internazionale sopracitato in cui non si esclude che la mano umana possa avere contribuito ai sismi
del 20 e 29 maggio in Romagna;
se intendano trasmettere la necessaria documentazione in merito e fornire ogni elemento utile al
riguardo;
se vi sia l'obbligo da parte delle società concessionarie dei diritti di perforazione (da estrazione a
35
operazioni di ricerca) di indicare all'interno dei procedimenti di valutazione di impatto ambientale e
autorizzazione integrata ambientale la volontà da parte delle stesse di praticare o meno sui pozzi di
loro competenza il fracking;
se nei procedimenti di valutazione di impatto ambientale e autorizzazione integrata ambientale
legati ai permessi «fiume Bruna», presso la frazione Ribolla del Comune di Roccastrada (Grosseto)
e «Terviteri», presso Lucera (Foggia) fosse specificata l'intenzione da parte della «Independent
Resources plc» e di ENI di praticare una fratturazione idraulica presso i siti sopracitati;
nel caso in cui vi fosse l'obbligo e se non fosse stata presente la volontà da parte della «Independent
Resources plc» e di ENI di praticare il fracking a Ribolla e a Lucera sui procedimenti di valutazione
di impatto ambientale e autorizzazione integrata ambientale, se risulti quali iniziative sanzionatorie
siano state messe in campo nei confronti delle aziende concessionarie sopracitate a causa di tali
eventuali violazioni;
in quanti e in quali altri pozzi presenti in Italia venga utilizzata la modalità definita fracking al fine
di estrarre shale gas e shale oil o come sperimentazione o ricerca idrocarburi. (5-02930)
Risposta del Sottosegretario per lo sviluppo economico, Simona Vicari, all’interrogazione sulla
definizione del quadro normativo sulle modalità di connessione alla rete elettrica dei sistemi di
accumulo a batteria abbinati a impianti rinnovabili, di BRAGA (PD) n. 5-02986.
Con riferimento all'atto proposto, si rappresenta quanto segue.
L'impiego crescente di fonti rinnovabili non programmabili ha inevitabilmente imposto l'attenzione
sulla necessità di adattare le reti elettriche, rendendo pertanto centrale, anche il tema dell'impiego
dei sistemi di accumulo di elettricità. Le fonti rinnovabili più prossime al raggiungimento della grid
parity e più idonee alla generazione distribuita sono proprio quelle non programmabili, e in
particolare fotovoltaico ed eolico: proprio per questo, il Governo, con i decreti legislativi n. 28 e 93
del 2011, ha introdotto le prime misure per promuovere e disciplinare l'utilizzo dei sistemi di
accumulo, rafforzandole e precisandole poi opportunamente, con l'ultimo decreto di disciplina degli
incentivi al fotovoltaico (DM 5 luglio 2012). Come evidenziato dagli interroganti, con tale decreto è
stato attribuito all'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico (di seguito anche AEEGSI)
i compiti di: definire le modalità con le quali i soggetti responsabili possono utilizzare dispositivi di
accumulo – anche integrati con gli inverter –, per migliorare la gestione dell'energia prodotta e per
immagazzinare la produzione degli impianti; definire le modalità con le quali i gestori di rete
possono mettere a disposizione dei singoli soggetti responsabili, eventualmente in alternativa alla
soluzione precedente, capacità di accumulo presso cabine primarie.
36
Il Governo ha manifestato, pertanto, evidente attenzione riguardo alla possibilità che i sistemi di
accumulo possano integrarsi nel sistema elettrico, contribuendo a garantire la sicurezza e
l'efficienza del sistema. Ciò premesso, si ritiene opportuno in primo luogo precisare che il
comunicato del GSE del 20 settembre 2013, citato in premessa, fa riferimento esclusivo alla
possibilità di integrare sistemi di accumulo in esistenti impianti che accedono a tariffe incentivanti e
risponde al fine specifico e condivisibile di garantire la correttezza della gestione del sistema di
sostegno, in modo che l'incentivo, a carico dei consumatori elettrici sia effettivamente destinato alla
sola energia già ammessa all'incentivo medesimo, esigenza che verrebbe a essere pregiudicata da un
inserimento
di
sistemi
di
accumulo
secondo
regole
e
sistemi
non
codificati.
Si ricorda in proposito che la totalità degli impianti incentivati, quasi 18.000 MW, non erano dotati,
all'atto dell'ammissione agli incentivi, di sistemi di accumulo. L'onere annuo di incentivazione per
tali impianti ammonta a circa 6,7 miliardi di euro: è dunque comprensibile che, fino all'attuazione
della disposizione da parte dell'AEEGSI, il GSE sia costretto ad adottare in via temporanea tutte le
cautele
necessarie
alla
corretta
contabilizzazione
dell'energia
da
incentivare.
In relazione alle preoccupazioni manifestate dagli interroganti circa l'urgenza di un'esaustiva
regolamentazione dei sistemi di accumulo, che richiede il contributo di più soggetti, si fa presente
che il Governo considera una priorità per gli impianti a fonte rinnovabile non programmabile la
realizzazione di configurazioni che consentano di migliorare la loro integrazione con il sistema
elettrico e con le ordinarie regole di mercato, vista la particolare capacità di penetrazione dimostrata
sul mercato nazionale. Al fine di perseguire questo obiettivo, il Ministero dello Sviluppo
Economico, nei limiti consentiti dalle prerogative di indipendenza del regolatore, ha sensibilizzato
gli Uffici dell'Autorità circa la necessità di dare piena attuazione alle previsioni di cui al citato
decreto ministeriale 5 luglio 2012, allo scopo di consentire l'ordinato sviluppo del settore e delle
relative tecnologie. Ci si attende quindi che, anche nelle more del completamento da parte del CEI
(Comitato Elettrico Italiano) della definizione dei requisiti tecnici dei sistemi di accumulo, entro
l'estate questa disciplina sull'inserimento di sistemi di accumulo in impianti connessi alla rete sia
definita e siano, anche, dettate le disposizioni essenziali per regolare la prestazione di servizi di rete.
Parimenti, dopo l'emanazione della predetta delibera, il MiSE vigilerà affinché il GSE si attivi
sollecitamente per la sua attuazione, adottando i conseguenti provvedimenti di dettaglio e le regole
applicative necessarie per consentire l'ordinato sviluppo del settore e delle relative tecnologie, nel
rispetto delle esigenze di corretta gestione degli incentivi.
37
Di seguito il testo dell’interrogazione.
Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il forte incremento della generazione distribuita, in gran parte dovuto alle cosiddette fonti
rinnovabili non programmabili – FRNP (fotovoltaico, eolico, idroelettrico ad acqua fluente,
biogas...) verificatosi negli ultimi anni, ha contribuito a porre sempre più l'attenzione dei regolatori
e degli operatori sulla necessità di gestire meglio i flussi di energia elettrica intermittenti connessi
alle suddette FRNP transitanti nella rete e di ottimizzare le attività di dispacciamento sulla
medesima rete, in modo da minimizzare gli oneri per i consumatori finali, utilizzando ai diversi
livelli della rete stessa i sistemi di accumulo a batteria (di seguito ESS – electrical storage
systems); il crescente interesse verso questa soluzione si è manifestato non solo a livello di operatori
di rete (TSO-DSO), ma anche a livello di produttori di energia elettrica, sia di grande e media taglia
che di piccola e piccolissima taglia (prosumer), ad esempio per massimizzare, in maniera sempre
più efficiente ed intelligente, la quota di energia elettrica prodotta da FRNP e direttamente
autoconsumata; anche l'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico (AEEGSI) ha posto
attenzioni sul problema nei suoi atti regolatori (delibera 199/11 e successive modificazioni e
integrazioni per il periodo regolatorio 2012-2015), prevedendo la maggiorazione del tasso di
remunerazione degli investimenti per la realizzazione di progetti pilota in sistemi di accumulo a
batteria – ESS, sia nell'ambito di ottimizzazione delle attività di trasmissione, che di quelle di
distribuzione dell'energia elettrica nel nostro Paese. Per la parte trasmissione, come noto, sono stati
già avviati da TERNA i primi progetti sia di tipo «energy intensive» (35 megawatt), che di
tipo «power
intensive» (16
megawatt
già
avviati
–
24
megawatt
da
avviare);
il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 5 luglio 2012, meglio conosciuto come V
conto energia, all'articolo 11, comma c) e d), ha conferito un ulteriore mandato all'AEEGSI di
definire:
c) le modalità con le quali i soggetti responsabili possono utilizzare dispositivi di accumulo, anche
integrati con gli inverter, per migliorare la gestione dell'energia prodotta, nonché per
immagazzinare la produzione degli impianti nei casi in cui, a seguito dell'attuazione di quanto
previsto alla lettera precedente, siano inviati segnali di distacco o modulazione della potenza;
d) le modalità con le quali i gestori di rete possono mettere a disposizione dei singoli soggetti
responsabili, eventualmente in alternativa alla soluzione precedente, capacità di accumulo presso
cabine primarie; in ambito CEI, anche con il mandato dell'Autorità per l'energia elettrica il gas e il
sistema idrico, il CT 316 ha sottoposto ad inchiesta pubblica le varianti delle norme tecniche CEI 016 (per MT) e CEI 0-21 (per BT), relative alle connessioni alle reti elettriche dei distributori che
38
contemplano le definizioni dei sistemi di accumulo ed i relativi schemi di connessione alla rispettive
reti, comprensivi del posizionamento e delle caratteristiche funzionali dei contatori per la misura
dell'energia elettrica; le diverse osservazioni pervenute dall'inchiesta pubblica, che è rimasta in
consultazione da agosto a settembre 2013, sono stata recepite nelle varianti alle norme tecniche CEI
0-16 e CEI 0-21 IIIa edizione pubblicate nel mese di dicembre 2013. Le due varianti introducono
schemi di connessione dei sistemi di accumulo elettrochimico alle reti elettriche di media e bassa
tensione, anche in abbinamento ad impianti di generazione FER incentivati, o soggetti a regimi
semplificati (scambio sul posto o ritiro dedicato); sulla base di queste varianti l'Autorità per
l'energia elettrica il gas e il sistema idrico ha inteso proporre una disciplina transitoria per la prima
regolazione di altri aspetti che non sono di competenza CEI, quali quelli tariffari, dispacciamento, e
altro facendoli confluire nel documento di consultazione n. 613 del 2013 «prime disposizioni sui
sistemi di accumulo-orientamenti», pubblicato il 19 dicembre 2013 e con scadenza per invio delle
osservazioni il 31 gennaio 2014; in data 20 settembre 2013 il Gestore dei servizi energetici (GSE)
ha pubblicato sul proprio portale web la seguente comunicazione: «Con riferimento alle richieste di
chiarimenti pervenute al GSE in merito alla possibilità d'installazione di sistemi di accumulo su
impianti già ammessi agli incentivi, si precisa quanto segue. Nelle more della definizione e della
completa attuazione del quadro normativo e delle regole applicative del GSE per l'utilizzo dei
dispositivi di accumulo, ai fini della corretta erogazione degli incentivi, non è consentita alcuna
variazione di configurazione impiantistica che possa modificare i flussi dell'energia prodotta e
immessa in rete dal medesimo impianto, come ad esempio la ricarica dei sistemi di accumulo
tramite l'energia elettrica prelevata dalla rete. A tal proposito si rammenta che il GSE, nel caso in
cui dovesse accertarne la sussistenza, nell'ambito delle verifiche effettuate ai sensi dell'articolo 42
del decreto legislativo n. 28 del 2011, applicherà le sanzioni previste dal medesimo articolo, ivi
inclusa la decadenza dal diritto agli incentivi e il recupero delle somme già erogate»;
a seguito di tale pronunciamento del GSE, il nascente mercato italiano delle soluzioni domestiche e
di quelle per le piccole e medie imprese finalizzate alla massimizzazione dell'autoconsumo nella
generazione distribuita da FER non programmabili (fotovoltaico, in particolare) ha subito una
repentina battuta d'arresto. Addirittura sono stati disdettati o «congelati» i primi importanti ordini
di battery-inverter e sistemi di accumulo di piccola taglia da parte di sistemisti, EPC, integratori di
sistemi ed inverteristi, con grande pregiudizio per il futuro rilancio dell'industria elettrica,
elettronica ed elettromeccanica italiana, già messa a dura prova dalla lunga situazione di crisi
economica ed occupazionale in cui versa il nostro Paese; tale settore riveste un carattere di massima
strategicità rappresentando anche uno dei fattori abilitanti più importanti e promettenti per la
diffusione degli smart power systems, delle smart grid e delle smart city nel nostro Paese. Tali
39
comparti tecnologici vedono l'industria italiana del settore elettrotecnico elettrico ed elettronico
occupare posizioni di eccellenza a livello mondiale, con importantissimi risvolti di carattere non
soltanto
ambientale,
ma
anche
socio-economico
e
occupazionale
–:
quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, intendano adottare per
monitorare la emanazione degli indispensabili provvedimenti regolatori ed attuativi, in modo da
completare il quadro normativo sulle modalità di connessione alla rete elettrica dei sistemi di
accumulo a batteria abbinati a impianti rinnovabili (in particolare fotovoltaici) in ambito sia
residenziale, che commerciale ed industriale in particolare, l'emanazione della delibera conseguente
al documento di consultazione 613/2013, che dovrà approvare le varianti alle norme tecniche CEI
0-16 e CEI 0-21 che definiscono la connessione alla rete MT e BT dei sistemi di accumulo anche
abbinati ad impianti di generazione rinnovabile secondo gli schemi impiantistici già definiti nelle
sopraccitate varianti;
quali iniziative intendano assumere affinché il GSE si attivi per la rapida e solerte pubblicazione del
successivo provvedimento regolamentare attuativo della suddetta emanata delibera sui sistemi di
accumulo contenente le disposizioni e procedure operative per i distributori e gli altri soggetti
coinvolti per l'organizzazione, la contabilizzazione e la gestione dei flussi di misura dell'energia
elettrica in tali contesti, nonché in ambiti affini quali le particolari configurazioni definite dalla
delibera AEEGSI n. 578 del 2013 inerente gli SSPC (sistemi semplici di produzione e consumo) e il
loro principale sottoinsieme, i SEU (sistemi efficienti di utenza). (5-02986)
Risposta del Sottosegretario per lo sviluppo economico, Simona Vicari, all’interrogazione sulle
misure per la razionalizzazione della rete dei carburanti, di ABRIGNANI (FI-PDL) n. 5-03117.
Il Ministero dello sviluppo economico, attraverso il Tavolo tecnico sulla distribuzione dei
carburanti, ha elaborato nel tempo diverse possibili misure volte alla razionalizzazione della rete di
distribuzione sia ordinaria che autostradale. Tali misure sono state inserite nel disegno di legge
citato dall'On.le Interrogante e costituiscono il risultato di un approfondito dibattito all'interno del
predetto Tavolo tecnico cui partecipano tutti gli operatori del settore, Regioni, ANCI,
Organizzazioni
sindacali
(FAIB
CONFESERCENTI,
FE.GI.CA
CISL
e
FIGISC
CONFCOMMERCIO) e le Associazioni di settore (ASSOPETROLI, ANCC COOP, ANCD
CONAD, FEDERDISTRIBUZIONE, GRANDI RETI e UNIONE PETROLIFERA). Lo scopo è
quello di realizzare un'ampia condivisione e concertazione di norme tese ad avviare una più incisiva
ristrutturazione del settore. Tale ristrutturazione è ritenuta da molti non più rinviabile, a causa del
forte calo dei consumi di carburante e della numerosità dei punti vendita: infatti da una parte vi è
40
una piena liberalizzazione per l'apertura di nuovi punti vendita e dall'altra il mercato è in sofferenza
per l'eccessiva numerosità degli stessi, tra cui alcuni ancora aperti benché incompatibili, come
osservato dall'onorevole interrogante. Se vi sono ancora impianti aperti «incompatibili», significa
che non è stata compiutamente applicata la normativa che è stata introdotta nel 2011 e nel 2012,
finalizzata a un'accelerazione della chiusura dei suddetti impianti. A tal proposito si segnala
l'articolo 28 del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98 convertito con modificazioni dalla legge 15
luglio 2011 n. 111 che, al comma 3, prevede che «entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano emanano indirizzi ai
Comuni per la chiusura effettiva degli impianti dichiarati incompatibili ai sensi del decreto del
Ministro delle attività produttive in data 31 ottobre 2001, nonché ai sensi dei criteri di
incompatibilità successivamente individuati dalle normative regionali di settore». Al comma 4,
invece, si prevede che «comunque, i Comuni che non abbiano già provveduto all'individuazione ed
alla chiusura degli impianti incompatibili ai sensi del decreto del Ministro delle attività produttive in
data 31 ottobre 2001 o ai sensi dei criteri di incompatibilità successivamente individuati dalle
normative regionali di settore, provvedono in tal senso entro 120 giorni dalla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto, dandone comunicazione alla Regione ed al
Ministero dello sviluppo economico». Inoltre poi con il decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1,
convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n. 27, con le disposizioni dell'articolo 17 si
è ulteriormente inciso in materia, introducendo un'aggiuntiva prescrizione al predetto comma 4
dell'articolo 28, sancendo che «I Comuni non rilasciano ulteriori autorizzazioni o proroghe di
autorizzazioni relativamente agli impianti incompatibili». Circa la ristrutturazione della rete si
evidenzia, inoltre, che anche la posizione espressa dall'Autorità Garante per la Concorrenza ed il
Mercato, nella recente segnalazione al Governo e al Parlamento per la legge annuale sulla
concorrenza, vede con favore il processo avviato dal MiSE per la liberalizzazione del settore.
In particolare l'Autorità ritiene che sia necessario proseguire nel processo di eliminazione degli
ultimi ostacoli ad una piena libertà di entrata ed uscita dal settore, di abbattimento dei costi connessi
all'inefficienza della rete di distribuzione, di eliminazione dei residui vincoli alla selfizzazione e alla
vendita di prodotti non oil presso gli impianti di distribuzione, soprattutto nel settore della vendita
dei tabacchi. Nella citata segnalazione l'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato osserva
che le misure reintrodotte per la vendita dei tabacchi (in particolare dall'articolo 28, comma 8,
lettera b) del decreto-legge n. 98/11, come modificato dall'articolo 8, comma 22-bis, del D.L: n.
16/2012, e del decreto ministeriale n. 38/2013 del MEF) sono in evidente contrasto con le misure di
liberalizzazione contenute nel decreto-legge n. 201/2011 (c.d. Salva Italia), convertito dalla Legge
n. 214/2011, dal momento che introducono di fatto un requisito di superficie minima qualora
41
presso
il
locale
siano
commercializzati
anche
altri
beni
oltre
ai
tabacchi.
Tenuto conto dei suggerimenti pro concorrenziali dell'Antitrust, si ritiene, quindi, necessario per la
ristrutturazione della rete ripartire da quel primo risultato del lavoro ministeriale del Tavolo tecnico
sulla distribuzione carburanti che era approdato nel Consiglio dei Ministri a fine 2013, proprio per
realizzare le finalità auspicate dall'onorevole interrogante. In particolare si ritiene necessario
riavviare la concertazione dalle misure sulle quali si era riscontrato un consenso di base.
La ristrutturazione dovrà tener conto: delle fattispecie di impianti incompatibili o insicuri;
di un obbiettivo di ristrutturazione comprendente la chiusura di n. 5.000 impianti della rete
ordinaria;
di un accompagnamento, cioè di un sostegno sociale e ambientale, alle chiusure degli impianti
attraverso indennizzi ai gestori uscenti e contributi per costi ambientali di ripristino dei luoghi;
di un rifinanziamento del Fondo per la ristrutturazione della rete dei carburanti, per accompagnare
la chiusura degli impianti.
Su tale ultimo punto si evidenzia, infine, relativamente al contributo ai costi di smantellamento e
bonifica degli impianti a valere sul predetto Fondo, che, contrariamente a quanto riportato nel testo
dell'atto in esame, la misura è pienamente operativa. Si registra già la presentazione di circa n. 600
domande di contribuzione per impianti già chiusi, di cui n. 250 domande con istruttoria già
completata per la fase di accantonamento dei contributi richiesti.
Di seguito il testo dell’nterrogazione.
— Al
Ministro
dello
sviluppo
economico.
—
Per
sapere
–
premesso
che:
la rete distributiva dei carburanti in Italia è caratterizzata ormai da decenni da un numero eccessivo
di impianti (circa 23 mila punti vendita) non giustificabile per i nostri consumi rispetto agli altri
Paesi Europei neanche tenendo conto della particolare morfologia del nostro territorio, del grado di
urbanizzazione e del tipo di mobilità che ci contraddistingue; un alto numero di impianti ha
determinato una rete con bassi volumi di vendita dei carburanti per impianto cui è associato uno
scarso sviluppo di attività collaterali quali la rivendita: dei generi di monopolio, bar, giornali, che
rappresentano invece per gli altri Paesi europei il 70 per cento dei ricavi dei punti vendita; si è
quindi in presenza di una rete complessivamente poco efficiente ed economicamente non sostenibile
sia per gli operatori che per i consumatori se si pensa che il 51 per cento dei punti vendita della rete
è di proprietà delle aziende petrolifere operanti in Italia o in Europa anche nel settore della logistica
e/o della raffinazione, mentre il restante 49 per cento è di proprietà di operatori di dimensioni
piccoli e medie, di cui circa il 20 per cento espone presso gli impianti marchi propri non legati alle
42
aziende petrolifere; negli ultimi anni si è registrato un costante calo dei consumi (-18,6 per cento dal
2008) dei prodotti per autotrazione dovuto sia al calo del prodotto interno lordo che all'aumento del
prezzo dei carburanti a cui la fiscalità, prima in Europa, ha contribuito in modo determinante, con
un aumento dell'IVA e delle accise dal 2011 ad oggi di oltre 22 centesimi al litro sulla benzina e
di 25 centesimi al litro sul gasolio; il calo dei consumi ha reso ancora più inefficiente la rete
rendendola un sistema distributivo non più sostenibile per i titolari di impianti e per i gestori i
consumatori; un sistema che rischia di non riuscire ad assicurare le necessarie garanzie in termini di
qualità, di legalità, di sicurezza, di rispetto dell'ambiente e di continuità del servizio;
in tale contesto continuano ad essere attivi impianti già classificati nel 1998 come incompatibili con
la sicurezza stradale sulla base del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, diretto a
razionalizzare la rete distributiva dei carburanti. Tali impianti dovrebbero essere chiusi o messi a
norma da più di quindici anni, ma più volte si è cercato d'intervenire senza successo;
gli impianti incompatibili con le norme di sicurezza stradale, spesso siti sui marciapiedi e il cui
rifornimento avviene sulla carreggiata stradale, oltre ad essere pericolosi, riducono l'efficienza di
sistema, senza avere alcuna prospettiva di sviluppo in una logica europea, neanche per
l'esplicazione di attività collaterali; solo il 15 per cento delle transazioni presso gli impianti di
distribuzione dei carburanti vengono effettuate tramite moneta elettronica, anche per l'elevato costo
associato al loro utilizzo, mentre le residue transazioni, pari a 50 miliardi di euro l'anno, vengono
effettuate in contanti, esponendo in questo modo la rete non solo a frequenti attacchi della
criminalità per furto di contanti, ma anche a diventare un settore di sicuro interesse per infiltrazioni
della criminalità organizzata; dal 1990 è stato disposto un indennizzo specifico per i gestori degli
impianti oggetto di chiusura per razionalizzazione, finanziato interamente ed esclusivamente dal
settore mentre per gli anni 2012-2014 è stato previsto, sempre ad esclusivo carico del settore, anche
per i titolari degli impianti un contributo ai costi di smantellamento e bonifica degli impianti stessi,
misura, peraltro non ancora operativa, che contribuendo ai costi di uscita dal mercato dovrebbe
incentivare un avvio del processo di chiusura; il Governo pro tempore ha poi approvato nel
Consiglio dei ministri del 13 dicembre 2013, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, un
disegno di legge contenente misure per l'avvio delle attività economiche, per l'accesso al credito,
per i finanziamenti ed agevolazioni alle imprese collegato alla legge di stabilità 2014, comprensivo
di alcuni interventi finalizzati a ridurre in modo strutturale il costo della bolletta elettrica,
presupposto
imprescindibile
per
il
recupero
di
competitività
del
Paese;
nel suddetto disegno di legge, che tuttavia non è stato trasmesso al Parlamento, è disposta
l'introduzione di un sistema incentivante alternativo offerto ai produttori di energia elettrica
rinnovabile, sia eolica che fotovoltaica, in grado di diluire nel tempo gli oneri sulla componente A3,
43
la revisione dell'istituto del «ritiro dedicato», con riduzione degli oneri in bolletta per 150 milioni, la
revisione della tariffa bioraria, per renderla aderente alla reale curva del prezzo giornaliero, lo
sviluppo di tecnologie di maggior tutela ambientale – conoscibilità dei titoli minerari,
razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti e stoccaggio del gas naturale;
le norme contenute nel disegno di legge collegato contengono disposizioni volte ad accrescere le
conoscenze del sottosuolo nazionale, favorendo l'acquisizione dei dati relativi ai rilievi geologici,
geofisici e alle perforazioni, e a razionalizzare la rete di distribuzione dei carburanti, rafforzando la
sicurezza degli impianti, nonché la rete per lo stoccaggio del gas naturale, semplificando il
funzionamento del mercato del gas –:
per quale motivo non sia stato ancora trasmesso al Parlamento il suddetto disegno di legge e se il
Governo intenda attivarsi per prevedere in altri provvedimenti le misure previste dal disegno di
legge collegato allo scopo di configurare una rete di distribuzione dei carburanti competitiva che
garantisca al contempo un adeguato livello del servizio diffuso su tutto il territorio e una maggiore
sostenibilità per tutti i soggetti coinvolti, nonché vantaggi per la collettività in termini di sicurezza,
decoro urbano e rispetto per l'ambiente. (5-03117)
44
SENATO
Interrogazione a risposta scritta:
sull'impianto di smaltimento di rifiuti speciali Formica ambiente Srl, in provincia di Brindisi
IURLARO, ZIZZA (FI)
- Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute - Premesso che:
l'impianto di smaltimento rifiuti speciali, Formica ambiente Srl, che si trova tra le città di Brindisi e
San Vito dei Normanni (Brindisi), svolge funzioni di discarica per il trattamento e lo smaltimento di
rifiuti, prevalentemente, pericolosi;
l'ufficio Inquinamento e grandi impianti della Regione Puglia, con determinazione dirigenziale n. 4
del 23 gennaio 2014, pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia n. 24 del 20 febbraio
2014, ha rinnovato l'autorizzazione integrata ambientale (AIA) dell'impianto Formica ambiente Srl
di Brindisi e di tutti gli atti istruttori e preparatori;
la Giunta municipale con delibera n. 61 del 30 aprile 2014 ha autorizzato il sindaco a costituirsi nel
giudizio promosso dalla Provincia di Brindisi contro la Regione innanzi al Tribunale
amministrativo regionale, sezione di Lecce, in merito alla questione;
il TAR di Lecce con ordinanza del 22 maggio 2014 ha sospeso l'efficacia del provvedimento di
rinnovo dell'AIA da parte della Regione, mancando la valutazione d'impatto sanitario, sino
all'udienza di merito dell'8 ottobre 2014 senza, però, sospendere l'operatività dell'impianto che
attualmente procede con determinazione regionale n. 348 del 5 giugno 2008;
il sindaco di Brindisi ha diffidato la Regione "a voler adottare ogni necessario provvedimento
idoneo ad inibire da subito la prosecuzione dell'attività di smaltimento di rifiuti nella discarica
Formica Ambiente, nelle more dell'acquisizione della Valutazione di danno sanitario prescritta dalla
legge regionale n. 21/2012 e del conseguente eventuale rilascio di una nuova AIA";
il Consiglio comunale di San Vito dei Normanni ha preso impegni precisi, volti a tutelare la salute
dei cittadini, sia per la discarica di Autigno sia, soprattutto, per il sito di Formica,
si chiede di sapere:
quali orientamenti i Ministri in indirizzo intendano esprimere in riferimento a quanto esposto e,
conseguentemente, quali iniziative vogliano intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze,
per porre rimedio all'annosa questione della discarica di Formica;
se e come intendano procedere per monitorare l'incidenza dell'inquinamento causato dagli impianti;
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quali provvedimenti vogliano adottare per far fronte ai danni alla salute dei cittadini di Brindisi e
San Vito dei Normanni in termini di maggiore mortalità e aumento di malattie degenerative come
tumori o altre gravi patologie.
(4-02509)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla strategia industriale di Eni, con riferimento alle raffinerie di Gela, Taranto, Livorno ed
il completamento delle raffinerie di Porto Marghera e del petrolchimico di Priolo (Siracusa)
DE POLI (PI)
- Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:
da un comunicato Saf Femca Cisl area chimica e raffinazione Porto Marghera si apprende che, l'11
luglio 2014, si sono riuniti gli iscritti alla Femca Cisl di Venezia delle aziende Eni-Versalis e
Raffineria Eni, con la presenza del segretario generale nazionale Sergio Gigli e del segretario
nazionale del comparto chimico Gianluca Bianco, oltre alla segreteria provinciale;
in tale occasione si è proceduto a una disamina del progetto di riorganizzazione aziendale discusso
in un precedente incontro (8 luglio) tra il nuovo amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi ed
i segretari nazionali di Femca Cisl, Filctem Cgil e Uiltec Uil;
esso prevede una riorganizzazione generale del gruppo, garantisce la continuità operativa delle
raffinerie di Sannazzaro (Pavia) e di Milazzo (Messina), ma non delle 3 raffinerie di Gela, Taranto,
Livorno ed il completamento delle raffinerie di Porto Marghera e del petrolchimico di Priolo
(Siracusa), pregiudicando anche il riavvio concordato, con apposito accordo con la precedente
dirigenza Eni, del cracking di Porto Marghera;
in seguito a questi incontri, la Femca Cisl di Venezia delle aziende Eni-Versalis e Raffineria Eni e
le proprie segreterie nazionali e provinciali chiedono, unitamente al rispetto degli accordi pattuiti in
precedenza per la salvaguardia occupazionale (circa 600 posti di lavoro sarebbero a rischio), una
convocazione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno disporre delle iniziative per
chiarire la politica industriale di Eni, affinché siano riconfermate le intese sottoscritte dalle parti e
siano garantiti quegli investimenti di rilancio industriale tanto necessari al nostro Paese. (4-02510)
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Interrogazione a risposta scritta:
sui reati ambientali in Sicilia
SANTANGELO e altri (M5S)
- Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che:
nei primi giorni di luglio 2014 è stato avvistato nei cieli del territorio mazarese, in provincia di
Trapani, un elicottero della "Helica", un'azienda di telerilevamento aereo specializzata nella
misurazione di parametri fisici e geochimici del suolo terrestre. Risulta essere una misura a carattere
preventivo attuata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine di
effettuare un'attività di monitoraggio in alcune zone del sud Italia. Ulteriori avvistamenti nella
medesima area della provincia trapanese si sono verificati anche nei mesi precedenti;
tale operazione è legata al programma operativo nazionale (PON), "Sicurezza per lo sviluppo obiettivo convergenza 2007/2013". Esso è destinato alle aree del Mezzogiorno del Paese al fine di
colmare il divario economico e sociale nei confronti delle regioni centro-settentrionali. Il
programma è previsto nell'ambito della politica di coesione 2007-2013 e della nuova
programmazione dei fondi strutturali. Il PON prevede uno stanziamento di fondi comunitari (poco
più di un miliardo di euro) così ripartiti: asse 1, sicurezza per la libertà economica e d'impresa; asse
2, diffusione della legalità; asse 3, assistenza tecnica. Ognuna delle categorie prevede differenti
sottocategorie di interesse specifico: in particolare, all'asse 1 è previsto lo stanziamento di un
ammontare di circa 85 milioni di euro per la tutela ambientale. Tali fondi sono alternativamente
destinati, sulla base di progetti specifici, al comando generale dell'Arma dei Carabinieri, alla
Direzione generale per la difesa del suolo del Ministero dell'ambiente, o, infine, ai singoli Comuni
del Mezzogiorno. Alle singole voci di spesa per la tutela ambientale sono previste attività di
monitoraggio sia delle aree marine protette che del rischio idrogeologico, entrambi oggetto di reati
ambientali;
l'elicottero, impiegato in un'operazione legata alla prevenzione e repressione dei reati ambientali,
operava tramite l'uso di un sensore a raggi gamma, atto alla misurazione delle variazioni di
parametri fisici e geochimici del suolo terrestre. La strumentazione utilizzata misura i parametri più
importanti ossia la conducibilità, la suscettività magnetica, la densità e la concentrazione
dell'elemento radioattivo. Compito del velivolo è quello di mappare il territorio e di scandagliare il
sottosuolo di cave dismesse e misurare eventuali emissioni radioattive di metalli e gas. I dati
raccolti permetteranno di capire se queste aree siano state riempite in maniera illegale o se siano
ancora utilizzate per smaltire abusivamente rifiuti o sostanze tossiche. Verrà, infatti, rilevata ogni
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tipo di radiazione, sia generata da cause naturali sia dovuta alla presenza di discariche clandestine di
rifiuti tossici e anche radioattivi;
soltanto in seguito all'analisi della mappatura da parte dell'Agenzia regionale per la protezione
dell'ambiente si potrà ottenere un quadro chiaro e preciso dello stato di salute del territorio e degli
eventuali rischi per la popolazione residente;
inoltre, risulta agli interroganti che l'elicottero della Helica stia effettuando la scansione di un'area di
4.000 chilometri quadrati interessando alcune province della Campania, Sicilia, Calabria e Puglia;
considerato che:
dai dati del dossier Ecomafia 2014 di Legambiente, la Sicilia è seconda in classifica per reati
ambientali; sono state accertate 29.274 infrazioni nel solo 2013, una media di 80 al giorno. In larga
parte hanno riguardato il settore agroalimentare, il 22 per cento delle infrazioni ha interessato
invece la fauna, il 15 i rifiuti e il 14 per cento il ciclo del cemento. Molte delle inchieste avviate
nell'ultimo anno in Sicilia riguardano smaltimenti illeciti di rifiuti speciali, i più costosi da smaltire;
Legambiente evidenzia che nei comuni del cosiddetto vallone, in provincia di Caltanissetta, il
rischio di contrarre un tumore è del 43 per cento. A Gela, dov'è nota la presenza di raffinerie e
industrie petrolchimiche il rischio è del 12 per cento. Risulta paradossale il fatto che chi vive vicino
alle industrie petrolchimiche ha meno possibilità di ammalarsi di tumore rispetto a chi abita nei
pressi di una miniera abbandonata;
inoltre, il 6 maggio 2014 il gip di Palermo ha disposto il sequestro preventivo del complesso
industriale della distilleria "Sicilia Acquaviti" e terreni limitrofi per circa 162.000 metri quadrati, in
contrada Digerbato a Marsala (Trapani). Sono in atto indagini sull'attività illecita dell'azienda, nello
specifico per attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. Il sequestro è cessato il 17 giugno,
tuttavia dall'inchiesta ancora in corso è emerso che pericolosi scarti della distillazione, e in
particolare borlande (propanolo, butanolo, metilpropanolo, pentanolo e altri pentanoli isomeri)
venivano da tempo sversati nei terreni circostanti e all'interno di vicine cave di tufo abbandonate,
finendo così nel sottosuolo. Il tutto avveniva, peraltro, a poca distanza dai pozzi dell'acquedotto
comunale di Marsala. Inoltre, recentemente, a seguito di uno studio interuniversitario sulle acque
italiane, realizzato nell'ambito del progetto europeo "Eurogeosurvey geochemistry expert group", è
stata stilata la classifica dei comuni con la più alta concentrazione di nitrati e Marsala, con 228
milligrammi per litro, è in cima alla graduatoria,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;
se abbia notizia delle operazioni di monitoraggio svolte dall'elicottero di Helica e se questo offra
adeguate certezze di rilevamento di eventuali sostanze tossiche presenti nel sottosuolo, alla luce
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degli sconfortanti rapporti di Legambiente riguardanti la Sicilia e in generale le zone del nostro
territorio maggiormente interessate da problematiche legate a reati ambientali;
se ritenga opportuno adottare ulteriori misure volte a porre assoluto rilievo al diritto ad un ambiente
salubre come definito dalle sentenze n. 210 e n. 641 del 1987 della Corte costituzionale, e quali
provvedimenti, nell'ambito delle proprie competenze, intenda intraprendere al fine di contrastare
con fermezza i reati ambientali. (4-02515)
Interrogazione a risposta scritta:
sull'accordo firmato fra il governatore della regione Sicilia, Crocetta e Assomineraria, Eni,
Edison, Irminio, anche in riferimento alla riduzione delle royalty sulle estrazioni dal 20 al 10
per cento in favore dei petrolieri e sui rischi ambientali che derivano dalla realizzazione di
nuove trivelle
GIBIINO e altri (FI)
- Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dei beni e delle attività culturali e
del turismo e dello sviluppo economico - Premesso che:
a partire dagli anni '60 le coste della Sicilia sono state messe a disposizione di taluni colossi
petroliferi con lo scopo di creare molteplici posti di lavoro in favore degli isolani;
oggi, causa la grave e perdurante congiuntura economica, la situazione che si prospetta per la Sicilia
è quella di chiusura di alcuni fra i maggiori impianti di raffinazione, l'impoverimento di territori che
per anni hanno vissuto di industria e la trasformazione dell'isola in mero deposito di petrolio
lavorato altrove;
nel 2013, secondo le stime della Banca d'Italia, la Sicilia ha esportato il 22 per cento di petrolio
lavorato all'estero in meno rispetto all'anno precedente, confermando una tendenza in atto da un
biennio;
il vicepresidente nazionale della piccola industria di Confindustria, dottor Rosario Amarù, ha
dichiarato che il calo è determinato non solo dalla diminuzione della domanda di combustibili in
Italia, ma anche dalla concorrenza dei Paesi asiatici, visto il bassissimo costo del lavoro e le
inesistenti norme sul rispetto dell'ambiente che permettono loro di vendere un prodotto raffinato ad
un prezzo nettamente inferiore a quello italiano;
sempre a giudizio del dottor Amarù bisognerebbe "fare sistema" per rilanciare un comparto
industriale che dà lavoro a un indotto rappresentato da centinaia di piccole e medie imprese e decine
di migliaia di persone;
considerato che:
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nel mese di giugno 2014 il governatore della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, ha firmato un
accordo con Assomineraria, Eni, Edison e Irminio, che prevede investimenti per 2,4 miliardi di euro
da parte delle aziende preposte con la conseguente creazione di nuovi posti di lavoro, in cambio di
agevolazioni, quali la riduzione delle royalty sulle estrazioni dal 20 al 10 per cento, in favore dei
petrolieri;
a giudizio di Greenpeace l'accordo è un mero rinvigorimento formale, tra la Regione Siciliana e i
petrolieri, sul tema delle trivellazioni nel canale di Sicilia, dove attualmente con le sole 3
piattaforme esistenti si estrae il 62 per cento di tutto il greggio ricavato dai fondali italiani;
a giudizio degli interroganti si tratta di un affare milionario che interessa molti, poiché molteplici
sono le istanze di prospezione, ricerca e coltivazione al vaglio del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare che coinvolgono i tratti di mare di Licata (Agrigento), Pantelleria
(Trapani), Capo Passero (Siracusa), Marsala (Trapani) e Mazzara del Vallo (Trapani);
risulta altresì già approvato il progetto Eni "Offshore Ibleo" che prevede la costruzione di 6 pozzi di
produzione e 2 perforazioni esplorative al largo di Licata, oltre a nuovi oleodotti collegati ad una
piattaforma in costruzione;
Greenpeace e i sindaci coinvolti in Eni "Offshore Ibleo" hanno tempo sino a fine luglio 2014 per
ricorrere al TAR della Sicilia e tentare di bloccare la sua attuazione, che, diversamente, diverrebbe
esecutiva;
il portavoce dell'associazione "Stoppa la piattaforma", ingegner Mario Di Giovanna, ha dichiarato
che con l'esecuzione dell'opera al territorio non rimarrebbe nulla se non i danni ambientali;
egli ritiene anche che non vi saranno nuovi posti di lavoro e l'abbassamento delle royalty è ridicolo
visto che quelle italiane sono tra le più basse al mondo così come i costi per la prospezione, ricerca
e coltivazione che si aggirano sui 3-6 euro a chilometro quadrato per le prime 2 e sui 55 euro per la
terza, quando, nel resto del mondo, le cifre sono di migliaia di euro;
l'ingegnere Di Giovanna ha altresì affermato che con tali operazioni la Regione Siciliana sta
ipotecando il proprio mare privandosi della possibilità di sviluppare il settore turistico che, mai
come ora, potrebbe rappresentare l'ancora di salvezza ricercata;
tenuto conto che:
il presidente Crocetta, intervenendo il 17 luglio 2014 ad un'audizione informale presso la 13ª
Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato sulle problematiche
ambientali connesse allo sfruttamento delle risorse di gas e petrolio dell'isola, ha affermato che, da
amministratore, non può bloccare il progetto considerato che 180.000 famiglie sono prossime alla
soglia di povertà;
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in tale circostanza il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ha ribadito che, con la
diminuzione del 50 per cento degli introiti delle royalty e senza un progetto di sviluppo turistico
ambizioso non vi sarà un'inversione di tendenza per le famiglie bensì ve ne saranno sempre più in
tale condizione;
a parere degli interroganti esclusivamente attraverso una promozione turistica di ampio respiro,
volta a mettere in luce le eccellenze monumentali, culturali e ambientali locali si potrà rilanciare la
Sicilia,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quale sia la natura dell'accordo firmato fra il
governatore Crocetta e Assomineraria, Eni, Edison, Irminio e quali benefici se ne possano trarre;
se siano a conoscenza dei rischi ambientali che derivano dalla realizzazione di nuove trivelle e la
conseguente alterazione del sistema bio-marino;
se risulti a quanto ammonti in termini economici l'accordo o quali siano le stime del medesimo;
se risulti per quali ragioni si vogliano ridurre le royalty visto che quelle italiane sono tra le più basse
al mondo;
per quali motivi non si preferisca procedere ad un ambizioso piano di promozione turistica che
renderebbe la Sicilia più attrattiva grazie alle sue uniche eccellenze monumentali, culturali e
ambientali. (4-02519)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla strategia industriale di Eni nel campo della raffinazione in Sicilia, anche in riferimento
al rilancio della produzione energetica rinnovabile applicata alla produzione agricola
LUMIA (PD)
- Ai Ministri dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali e dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare - Premesso che:
l'ENI è presente da ben 50 anni a Gela (Caltanissetta), in Sicilia, esattamente dal 1962. È una
presenza che ha saputo garantire il diritto al lavoro a migliaia di operai, tecnici di elevata
professionalità, impiegati, con una conseguente crescita della cultura produttiva che ha impegnato
positivamente la coscienza civile e democratica del territorio e della comunità locale. Nello stesso
tempo il territorio ha pagato un prezzo elevato sulla delicata tutela ambientale mettendo in pericolo
le falde acquifere del sottosuolo con gravi pregiudizi, maturati negli anni, soprattutto sul diritto alla
salute;
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anche le imprese dell'indotto locale hanno dato un loro contributo alla crescita dell'azienda e allo
sviluppo del territorio con uno qualificato e specifico know how in settori delicati della produzione,
della raffinazione e della manutenzione, garantendo un'alta qualità professionale, una capacità
occupazionale e produttiva senza la quale l'ENI non avrebbe potuto mantenere in vita per tanti anni
la sua attività;
dopo anni di impegno, è maturo il tempo per tenere legati il diritto alla salute e di diritto al lavoro,
attraverso un grande processo di innovazione tecnologica che potrebbe puntare, nell'attività di
raffinazione, sul superamento dell'utilizzo del petcock per trasformare l'ENI di Gela in una punta
avanzata nel contesto della raffinazione a livello globale;
si sta ingenerando nel nostro Paese l'idea sbagliata secondo la quale alcuni settori maturi del
manifatturiero italiano, ad esempio quello delle automobili, dell'acciaio e adesso quello della
raffinazione, non siano in grado di reggere in un contesto globale altamente competitivo. Ci sono
degli esempi in Europa, con in testa la Germania, che invece dimostrano che in un contesto
concorrenziale, anche quando c'è una contrazione della domanda globale, come sta avvenendo non
solo per le automobili ma anche per la raffinazione, un Paese moderno che investe, che fa ricerca e
che innova può mantenere alti livelli di capacità produttiva ed occupazionale così da trasformare la
crisi in un'importante opportunità e risorsa di cambiamento e di crescita;
la zona industriale di Gela dove insiste l'ENI dovrà contemporaneamente avviare un processo di
bonifica delle falde del sottosuolo che dovrà impegnare l'azienda stessa e lo Stato con ingenti
risorse finanziarie, azione propedeutica a qualunque altro processo di rilancio o di riconversione
produttiva, pena una desertificazione che determinerebbe una catastrofe ambientale ed
occupazionale del territorio;
un altro settore importante su cui il territorio e il sindaco pro tempore Rosario Crocetta, oggi
presidente della Regione Siciliana, sono stati chiamati ad un impegno senza precedenti è quello
della lotta alla mafia per liberare l'ENI di Gela e il suo indotto dalla presenza delle cosche, con un
contributo prezioso delle forze sociali e sindacali che ha dato energia e forza all'associazionismo
anti racket e alla stessa Confindustria siciliana: oggi sono un punto di riferimento nazionale ed
internazionale per il sistema economico che vuole investire e crescere senza compromessi con le
mafie e i loro capitali illeciti;
da notizie di stampa ("Il Giornale di Sicilia", "Avvenire" e "La Sicilia" del 13 luglio, "La Sicilia",
"Il Giornale di Sicilia" e "la Gazzetta del Sud" del 14 luglio e "Il Giornale di Sicilia", "la
Repubblica" del 15 luglio 2014) emerge l'annuncio da parte di ENI di voler rivedere la sua presenza
sul territorio gelese creando un forte allarme sociale, imprenditoriale e sindacale perché si intravede
il rischio di un progressivo abbandono dell'attività produttiva di ENI facendo compiere al territorio
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così un passo indietro nell'impegno produttivo e antimafia che si è basato sull'inedito binomio di
legalità e sviluppo;
oggi l'ENI è presente a Gela con una capacità produttiva vasta e per diversi profili innovativa, oltre
ad una capacità professionale dei lavoratori e dell'indotto, con il coinvolgimento di più di 4.000
addetti, in grado di scommettere sul progetto di cambiamento, di innovazione e di ricerca che l'ENI
aveva programmato solo pochi mesi fa attraverso un investimento programmato di 700 milioni di
euro e con un vago annuncio di un'altra missione produttiva da assegnare al sito di Gela;
si è fatto riferimento alle perdite prodotte dallo stabilimento di Gela, ma se si dovesse porre
l'attenzione solo sul versante dei conti finanziari, emergerebbe che le maggiori perdite in Italia si
registrano nella raffineria di Sannazzaro de' Burgondi (Pavia) in Lombardia, mentre quella in cui si
registrano le perdite minori è proprio la raffineria di Gela dove paradossalmente si sceglie di
abbandonare la funzione produttiva nel campo della raffinazione senza neanche tener conto che
tutta l'attività estrattiva dell'ENI è collocata in buona parte in Sicilia con gli evidenti costi
ambientali tutti a carico del territorio siciliano;
è poco lontana nel tempo la cocente storia di Termini Imerese (Palermo) e non si deve ripetere
quanto è già avvenuto nella produzione di automobili. Si deve fare in modo che l'ENI presenti al
Governo, e che il Governo stimoli, una politica industriale moderna, ecosostenibile, innovativa e
che vi sia una concertazione e una capacità di dialogo, in modo tale che queste decisioni siano
soppesate ed equilibrate,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo abbiano intenzione di riferire in Parlamento e interloquire con l'azienda per
rilanciare la politica industriale nel settore della raffinazione attraverso l'applicazione di tecnologie
ecocompatibili, integrando semmai nuove strategie produttive in grado di arricchire e rilanciare il
territorio con un vero e proprio nuovo piano industriale;
se intendano adoperarsi per far sì che l'intero indotto sia riqualificato in modo che possa aumentare
la capacità produttiva e occupazionale;
se intendano impegnarsi ad avviare processi di bonifica del territorio e riconsegnarlo alla comunità
con elevati standard di salute e di rispetto per le falde;
se l'ENI intenda integrare la sua presenza nel campo della raffinazione con un rilancio della
produzione energetica rinnovabile applicata alla produzione agricola, a Gela così presente,
qualificata e capace di competere sui mercati internazionali. (4-02525)
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Interrogazione a risposta scritta:
sul nuovo aumento delle accise dei carburanti, anche in riferimento ai dati forniti dall'Unione
petrolifera nella relazione annuale 2014
CASALETTO (MISTO)
- Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che all'art. 19 del decreto-legge n. 91 del 2014,
"taglia-bollette", per le piccole e medie imprese, spunta un nuovo aumento delle accise dei
carburanti che corrisponde a 140,7 milioni nel 2019, 146,4 nel 2020 e 148,3 dal 2021. Il tutto
andrebbe a copertura della disciplina Ace, aiuto alla crescita economica, che detassa gli aumenti di
capitale e gli utili reinvestiti;
considerato che, secondo la rilevazione mensile "Stacco Italia Accise" (su Iva e accise) di
Assopetroli e Figisc (sulla base dei dati forniti dalla Commissione europea e dal Mse), nel mese di
maggio 2014 il prezzo della benzina in Italia è stato maggiore di quello dell'intera Europa di 25,9
centesimi al litro, di cui 24,7 centesimi dovuti alle imposte e 1,2 al maggiore costo industriale. Per
quanto riguarda il diesel, invece, vi è un aumento di 24,9 centesimi al litro, con il peso del fisco a
quota 24,2 a fronte di un costo industriale superiore di 0,7;
rilevato che:
uno studio di "Fair-fuel UK" evidenzia la connessione tra costo carburanti, Pil e occupazione: "A
ogni aumento di accisa di 4 centesimi si perderebbero 35.000 posti di lavoro" e "lo 0,1% di Pil";
l'Unione petrolifera, nella relazione annuale 2014, evidenzia come il fisco abbia colpito in
particolare i carburanti e l'automobile, con gravi effetti recessivi e senza alcun vantaggio per lo
Stato che nel 2013 ha visto ridursi di oltre un miliardo di euro le entrate derivanti da accise e Iva sui
carburanti;
ritenuto che una tassazione così elevata comporterà che i consumi di carburanti scendano
ulteriormente, mettendo ancora in difficoltà i gestori degli impianti,
si chiede di conoscere se il Ministro in indirizzo non ritenga necessario, specie nell'attuale momento
di grave crisi economica, adoperarsi, per quanto di competenza, per agevolare una riforma
strutturale della rete carburanti, abbassando i prezzi e facilitando condizioni eque e non
discriminatorie. (4-02536)
Interrogazione a risposta scritta:
sulle misure a favore del settore dell'autotrasporto
CONSIGLIO (LN)
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- Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:
nella relazione pubblicata dalla Commissione europea il 14 aprile 2014 sul tema dell'integrazione
del mercato interno dei trasporti su strada, si auspica l'eliminazione delle restrizioni esistenti in
materia di cabotaggio attraverso una maggiore apertura dei mercati nazionali dell'autotrasporto;
l'autotrasporto italiano paga oggi una scarsa competitività a livello europeo, soprattutto a causa
della concorrenza sleale, del trasporto in regime di cabotaggio illegale e della delocalizzazione
abusiva delle imprese, che stanno mettendo in ginocchio gli autotrasportatori italiani e quelli di una
parte dei Paesi dell'Europa occidentale;
per essere competitivi e in grado di affrontare le sfide di un settore già fortemente in crisi come
quello dell'autotrasporto, è imprescindibile partire dall'apertura dei mercati, mettere un freno al
dumping sociale e alla concorrenza sleale, problemi direttamente collegati all'integrazione e
interazione dello spazio unico europeo del trasporto su strada;
in Italia le condizioni fiscali e burocratiche sono scarsamente competitive e molte aziende,
ritenendole svantaggiose, sono costrette a chiudere l'attività oppure a delocalizzarsi. Le possibilità
date dal distacco transnazionale del personale (previsto nell'ambito della libera circolazione dei
lavoratori e della libera prestazione dei servizi) e dalle attività di trasporto in regime di cabotaggio
(praticate abusivamente e oltre i limiti consentiti) permettono alle imprese di continuare a lavorare
in un determinato Paese, ma alle condizioni fiscali e contributive più favorevoli dello Stato nel
quale hanno spostato la sede e immatricolato i veicoli;
l'armonizzazione della sfera fiscale e di tutti i costi d'esercizio che incidono sulle aziende di
trasporti, quali tasse sul reddito e sui dipendenti, accise sul gasolio, tassa di circolazione, gestione
del veicolo e del personale, è l'unico mezzo che potrà condurre l'autotrasporto italiano verso nuovi e
futuri orizzonti di più ampio respiro e competitività;
la Francia ha proposto una legge volta a rafforzare la responsabilità dei committenti e delle forze
dell'ordine nell'ambito del subappalto e a lottare contro il dumping sociale e la concorrenza sleale,
in cui si dispone il divieto in territorio francese per i conducenti di qualunque nazionalità di
effettuare il riposo settimanale regolare a bordo del veicolo e stabilisce una sanzione di un anno di
reclusione e 30.000 euro di ammenda in capo alle aziende di autotrasporto;
la legge francese ha inteso da un lato recepire in pieno la normativa europea sui tempi di lavoro
nell'autotrasporto che aveva stabilito che il riposo settimanale degli autisti (il tempo necessario è
fissato dall'articolo 4 del regolamento (CE) n. 561/2006) non potrà, in nessun modo, essere
trascorso nella cabina del camion e dall'altro ha intuito l'importanza di ricondurre a livello nazionale
gli introiti del lavoro effettuato dagli autotrasportatori sul territorio francese,
si chiede di sapere:
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se il Ministro in indirizzo non ritenga doveroso farsi promotore di un provvedimento che preveda
misure a favore del settore dell'autotrasporto nel nostro Paese, per favorire l'apertura dei mercati e
ridurre al contempo il dumping sociale e la concorrenza sleale, anche attraverso un'armonizzazione
della sfera fiscale e dei costi di esercizio che incidono sulle aziende di trasporti e un rafforzamento
dei controlli su strada nei confronti dei veicoli stranieri;
se non ritenga opportuno intervenire con gli appositi strumenti normativi al fine di dare piena
attuazione a quanto previsto dal regolamento (CE) n. 561/2006 che impone il rispetto delle ore di
guida e riposo, anche prevedendo meccanismi di controllo affinché il riposo settimanale degli autisti
non possa essere trascorso nella cabina del camion, come già previsto dalla normativa francese, al
fine di evitare ulteriori squilibri della concorrenza di ditte straniere nei confronti degli operatori del
settore italiani e comunque, in attesa di tale intervento normativo, se non ritenga necessario
sostenere, nelle opportune sedi, la previsione di un periodo di tempo di almeno 6 mesi in cui la
normativa francese non venga applicata de facto, al fine di informare correttamente le aziende e
permettere loro di adeguarvisi. (4-02528)
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