Attività Parlamentare Raccolta delle interrogazioni presentate alla Camera e al Senato n. 25/2014 2014 INDICE CAMERA ............................................................................................................................................ 4 Mozione sul potenziamento infrastrutturale della dorsale adriatico-ionica, con riferimento alle reti di trasporto ed energia ..................................................................................................... 4 Interrogazione a risposta in Commissione sulla realizzazione di un parco eolico offshore davanti al Golfo di Oristano, da parte della Interconsult ........................................................... 7 Interrogazione a risposta in Commissione sulle operazioni di trasbordo del pet-coke effettuate nello scalo di Porto Empedocle nel mese di aprile 2014 .............................................................. 8 Interrogazione a risposta scritta sulla riconversione a gasolio e la ristrutturazione del sito di Gela e sul piano strategico di Eni ................................................................................................ 10 Risoluzione in Commissione sull'autotrasporto .......................................................................... 11 Interrogazione a risposta in Commissione sulle indagini in merito alla realizzazione di sette centrali a biogas senza valutazione di impatto ambientale e con procedure “accelerate” .... 13 Interrogazione a risposta scritta sull'Autorizzazione integrata ambientale all’esercizio relativo alla Centrale a carbone di Saline Ioniche, in comune di Montebello Jonico (RC) della società SEI s.p.a ......................................................................................................................................... 13 Interrogazione a risposta orale sul recupero di quanto indebitamente ricevuto a titolo di contributo relativo alla produzione di energia elettrica dai proprietari degli impianti coinvolti nell'indagine «Green Profit» che ha coinvolto anche dirigenti e funzionari della regione Marche ............................................................................................................................. 17 Interrogazione a risposta scritta sulla realizzazione della centrale di compressione della Snam a Sulmona (L'Aquila) ................................................................................................................... 18 Risoluzione in Commissione sulla riforma della legislazione in materia di autorità portuali .......................................................................................................................................... 19 Risposta del Sottosegretario per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare Silvia Velo all’interrogazione sulla centrale a carbone di Edipower – A2A di Brindisi nord, anche in riferimento alla presenza sul territorio della centrale elettrica Federico II di Enel spa ....... 21 Interrogazione a risposta immediata in VIII Commissione sui servizi di controllo e monitoraggio ambientale dei laboratori ARPA ......................................................................... 24 2 Interrogazione a risposta scritta su una nuova strategia nazionale nei confronti del fenomeno dell'inquinamento dell'aria nei centri urbani ........................................................................... 25 Interrogazione a risposta scritta sulla decisione di caricare le perdite delle centrali termoelettriche sulla bolletta dell'energia .................................................................................. 27 Risposta del Sottosegretario per lo sviluppo economico Simona Vicari all’interrogazione sulle possibili connessioni tra attività di fracking e terremoti ........................................................... 27 Risposta del Sottosegretario per lo sviluppo economico, Simona Vicari, all’interrogazione sulla definizione del quadro normativo sulle modalità di connessione alla rete elettrica dei sistemi di accumulo a batteria abbinati a impianti rinnovabili ............................................................ 36 Risposta del Sottosegretario per lo sviluppo economico, Simona Vicari, all’interrogazione sulle misure per la razionalizzazione della rete dei carburanti ........................................................ 40 SENATO ............................................................................................................................................ 45 Interrogazione a risposta scritta sull'impianto di smaltimento di rifiuti speciali Formica ambiente Srl, in provincia di Brindisi ........................................................................................ 45 Interrogazione a risposta scritta sulla strategia industriale di Eni, con riferimento alle raffinerie di Gela, Taranto, Livorno ed il completamento delle raffinerie di Porto Marghera e del petrolchimico di Priolo (Siracusa)...................................................................................... 46 Interrogazione a risposta scritta sui reati ambientali in Sicilia .................................................... 47 Interrogazione a risposta scritta sull'accordo firmato fra il governatore della regione Sicilia, Crocetta e Assomineraria, Eni, Edison, Irminio, anche in riferimento alla riduzione delle royalty sulle estrazioni dal 20 al 10 per cento in favore dei petrolieri e sui rischi ambientali che derivano dalla realizzazione di nuove trivelle .................................................................... 49 Interrogazione a risposta scritta sulla strategia industriale di Eni nel campo della raffinazione in Sicilia, anche in riferimento al rilancio della produzione energetica rinnovabile applicata alla produzione agricola ............................................................................................................... 49 Interrogazione a risposta scritta sul nuovo aumento delle accise dei carburanti, anche in riferimento ai dati forniti dall'Unione petrolifera nella relazione annuale 2014.................... 51 Interrogazione orale sulla mancata pubblicazione degli allegati del decreto legislativo n. 102 del 2014 sull'efficienza energetica .............................................................................................. 54 Interrogazione a risposta scritta sulle misure a favore del settore dell'autotrasporto ............... 54 3 CAMERA Mozione: sul potenziamento infrastrutturale della dorsale adriatico-ionica, con riferimento alle reti di trasporto ed energia DE LORENZIS e altri (M5S) La Camera, premesso che: la macroregione, così come definito dalla Commissione europea, è «un'area che include territori di diversi Paesi o regioni associati da una o più sfide e caratteristiche comuni (...) geografiche, culturali, economiche o altro»; è, dunque, una strategia multilivello e multisettoriale che contribuisce all'europeizzazione del continente e allo sviluppo territoriale, travalicando i limiti dettati dai confini nazionali e coinvolgendo, in più settori, gli attori operanti a tutti i livelli; le esperienze realizzate nell'ambito delle strategie macroregionali esistenti, la strategia dell'Unione europea per la regione del Mar Baltico e la strategia europea per la regione del Danubio testimoniano l'importanza delle iniziative di cooperazione regionale per promuovere la stabilità politica e la prosperità economica; a partire dal 2015 sarà operativa la macroregione adriatico-ionica, nota anche come iniziativa Eusair (European union strategy for adriatic and ionic region), il cui obiettivo generale è promuovere una prosperità economica e sociale sostenibile mediante la crescita e la creazione di posti di lavoro e il miglioramento dell'attrattività, della competitività e della connettività dei territori; l’Eusair, che interessa le regioni di quattro Stati membri (Italia, Slovenia, Croazia e Grecia) e di quattro Paesi vicini dei Balcani occidentali (Albania, Montenegro, Serbia, Bosnia e Erzegovina), è uno spazio funzionale definito dai bacini dei mari Adriatico e Ionico e comprende anche le zone terrestri e costiere considerate come sistemi interconnessi, in cui il movimento di beni, servizi e persone è estremamente elevato, considerato gli oltre 70 milioni di residenti nell'area; il piano d'azione che accompagna la strategia adriatico-ionica presenta un elenco di priorità, tra le quali figurano il potenziamento delle reti di trasporto ed energia coerentemente con gli obiettivi della strategia 2020 che si fonda sull'approccio integrato tra potenziamento del mercato e cambiamento climatico; la macroregione adriatico-ionica presenta un notevole deficit da un punto di vista infrastrutturale, specialmente tra gli Stati membri dell'Unione europea di antica data, con conseguente scarsa 4 accessibilità. La rete ferroviaria, in particolare, va urgentemente ristrutturata attraverso la rimozione delle strozzature e il ripristino delle connessioni mancanti, al fine di garantire una migliore gestione del traffico e un potenziamento della capacità; il collegamento tra il Mediterraneo orientale ed il Baltico, grazie alla realizzazione del corridoio baltico-adriatico, consentirebbe di ridurre di circa quattro giorni i tempi di trasporto delle merci rispetto al tradizionale percorso via Rotterdam e di collegare dunque l'Oceano Indiano, attraverso Suez, con il Golfo di Finlandia; la creazione di reti infrastrutturali efficienti per i trasporti, unitamente agli investimenti nel campo delle reti transeuropee, rappresenta uno degli obiettivi principali della programmazione 2014-2020, come dimostra la creazione del meccanismo per collegare l'Europa, di cui al regolamento n. 1316 del 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, che determina una dotazione finanziaria di circa 33 miliardi di euro, dei quali oltre 26 destinati al settore dei trasporti; il libro bianco sui trasporti del marzo 2011 individua dieci obiettivi, suddivisi in tre capitoli, per un sistema dei trasporti competitivo ed efficiente sul piano delle risorse. All'interno del capitolo «Ottimizzare l'efficacia delle catene logistiche multimodali, incrementando tra l'altro l'uso di modi di trasporto più efficienti sotto il profilo energetico» sono elencati 4 obiettivi, tra i quali, in particolare, il numero 3 che auspica che entro il 2030, sulle percorrenze superiori a 300 chilometri, il 30 per cento del trasporto di merci su strada venga trasferito verso altri modi, quali la ferrovia o le vie navigabili, e che tale percentuale arrivi al 50 per cento nel 2050; il libro bianco di cui sopra indica come obiettivo primario il perseguimento del buon funzionamento del mercato interno e il rafforzamento della coesione sociale, territoriale ed economica, al fine di consentire una mobilità senza ostacoli e sostenibile, soprattutto da un punto di vista ambientale, delle persone e delle merci, permettendo l'accessibilità e la connettività a tutte le regioni dell'Unione europea; all'interno del capitolo «Migliorare l'efficienza dei trasporti e dell'uso delle infrastrutture mediante sistemi d'informazione e incentivi di mercato» afferente sempre al libro bianco sui trasporti è contenuto l'obiettivo numero 9, che fissa per il 2020 l'obiettivo di dimezzamento delle vittime nel trasporto su strada; è noto che lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti non può prescindere dal ripristino e dall'ammodernamento delle infrastrutture di trasporto esistenti, ove per ripristino è da intendersi quel processo volto al conseguimento dei parametri originali di costruzione delle strutture esistenti dell'infrastruttura ferroviaria associato ad un miglioramento duraturo della loro qualità rispetto allo stato in cui si trovano; 5 lo sviluppo delle reti, l'implementazione dei nodi e delle vie di collegamento deve sempre avvenire nel rispetto dei territori, ovvero garantendo la sostenibilità degli interventi da un punto di vista ambientale e paesaggistico; il buon funzionamento delle infrastrutture, oltre a garantire competitività all'Europa, è essenziale per il raggiungimento dei cinque obiettivi delineati della strategia «Europa 2020», ovvero: innalzamento al 75 per cento del tasso di occupazione; aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo; riduzione delle emissioni di gas serra del 20 per cento; riduzione dei tassi di abbandono scolastico precoce; lotta alla povertà e all'emarginazione; l'ammodernamento e l'adeguamento della dorsale adriatica, con particolare riferimento alla direttrice Ancona-Pescara-Bari-Taranto-Lecce, consentirebbero di agevolare ancor più il processo di collegamento tra il Mediterraneo orientale ed il Baltico e di garantire spostamenti più veloci ed efficienti di persone e merci, sempre in linea con gli obiettivi delineati nella strategia «Europa 2020» e nel libro bianco dei trasporti; l'infrastruttura ferroviaria delle regioni meridionali del Paese, in particolare della Puglia, del Molise, dell'Abruzzo e della Basilicata, versa in uno stato di degrado e precarietà che rischia di rallentare, se non impedire, il reale sviluppo di tutte le potenzialità intrinseche nella costituzione della macroregione adriatico-ionica; la linea ferroviaria adriatica è tutt'oggi caratterizzata, in due tratti, dal binario unico: uno di 37 chilometri tra Termoli e Lesina ed il secondo di un chilometro a nord della stazione ferroviaria di Ortona; il raddoppio della linea Termoli-Lesina risulta coerente con gli obiettivi dei principali strumenti di programmazione, collocandosi tra gli interventi previsti nel progetto «corridoio adriatico» (1999), che, a sua volta, è richiamato a livello comunitario dal programma di sviluppo e di integrazione delle reti di collegamento con i Paesi CEEC e CIS affiancato al programma Ten-T (Trans-European network for trans); i trasporti ed i collegamenti sono la base per lo sviluppo di territori a vocazione turistica, come la Puglia e la Basilicata; sarebbe opportuno, al fine di favorire lo sviluppo territoriale, procedere all'ammodernamento e all'implementazione della rete ferroviaria in Basilicata, che, nonostante la sua nota vocazione culturale e quindi turistica, risulta ad oggi essere l'unica regione con un capoluogo di provincia non servita dalle Ferrovie dello Stato, impegna il Governo: in considerazione di tutto quanto ciò premesso e alla luce della strategicità infrastrutturale della dorsale ferroviaria adriatica, a promuovere, presso le competenti sedi europee, ogni iniziativa valida 6 volta ad ottenere il prolungamento del corridoio baltico-adriatico lungo la direttrice AnconaPescara-Bari-Taranto-Lecce; ad individuare ulteriori risorse a valere sui fondi assegnati all'Italia in attuazione della politica di coesione 2014-2020 per finanziare interventi di ripristino, ammodernamento e adeguamento della linea ferroviaria della dorsale adriatica, di implementazione e potenziamento dei collegamenti su ferro con i principali aeroporti e porti situati sulla medesima dorsale, nonché di implementazione e sviluppo della linea ferroviaria lucana. (1-00552) Interrogazione a risposta in Commissione: sulla realizzazione di un parco eolico offshore davanti al Golfo di Oristano, da parte della Interconsult PES (PD) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: una società di Genova, la Interconsult, avrebbe presentato un progetto per la realizzazione di un parco eolico offshore, circa 50 pale alte cento metri e piantate su un fondale di una settantina di metri, da installarsi davanti al Golfo di Oristano, a una quindicina di chilometri da capo San Marco e dall'area marina protetta Sinis Mal di Ventre e altrettanti dalla spiaggia di Pistis; a metà dicembre, dello scorso anno, sarebbe iniziato l’iter burocratico per l'acquisizione dei pareri, sulla fattibilità dell'impianto, che, però, avrebbe avuto un primo esito negativo da parte della capitaneria di porto di Oristano, a seguito di valutazioni oggettivamente sfavorevoli sia per la pericolosità che l'impianto eolico potrebbe causare alla navigazione, in particolar modo alle navi in entrata e in uscita dal porto industriale, sia per i danni che potrebbe arrecare alla pesca, alla nautica da diporto e anche alle attività di addestramento dei poligoni di Capo Frasca che utilizzano rotte anche a bassa quota, che avrebbe bloccato la pratica rendendo inutile la «pubblicazione» dell'istanza alla quale sarebbero dovute seguire le osservazioni ai enti, istituzioni e cittadini interessati e poi la Conferenza dei Servizi con tutte le parti in causa; la società Interconsult, a seguito del blocco dell'istanza avanzata, sarebbe intenzionata a presentare ricorso al TAR sulla pronuncia della capitaneria; l'eolico può rappresentare una valida fonte di energia alternativa, ma, è assolutamente necessario salvaguardare il mare della Sardegna e le sue coste dall'uso selvaggio e indiscriminato e dall'abuso dell'ambiente, sfruttato ai danni del patrimonio paesaggistico; 7 le coste sarde per le caratteristiche che le contraddistinguono devono essere tutelate da qualsiasi intervento di eolico off-shore; più volte gli abitanti dell'Oristanese hanno espresso la loro contrarietà a simili progetti anche con manifestazioni pubbliche, come accadde per il territorio di Is Arenas, Abarossa e marina di Arbus in cui erano state avanzate proposte per l'insediamento di un parco eolico; a poche miglia dall'eventuale dislocazione dell'impianto sono presenti oasi naturalistiche, un'area marina protetta e importanti insediamenti archeologici come la città fenicio-punica di Tharros; l'economia della Sardegna e della costa Occidentale dell'isola che nel turismo, nella pesca e nell'acquacoltura alcune delle principali risorse, sarebbe seriamente compromessa a causa dell'impatto paesaggistico assolutamente insostenibile dell'eolico che potrebbe arrecare anche effetti negativi nella valorizzazione del territorio; le acque, durante le fasi di costruzione del parco eolico, potrebbero essere contaminate per un eventuale rilascio di carburanti, lubrificanti e altre sostanze nocive; quali iniziative intendano assumere per tutelare il territorio suddetto, comprensivo dell'area marina protetta e la costa oristanese, da eventuali insediamenti come quello che la società di cui sopra avrebbe in programma; se possano assumere qualsiasi iniziativa urgente per bloccare questo tipo di opere che rischiano di compromettere l'ambiente e lo specchio acqueo con un insediamento gravemente invasivo, ledendo norme che disciplinano l'impatto paesaggistico e ambientale. (5-03257) Interrogazione a risposta in Commissione: sulle operazioni di trasbordo del pet-coke effettuate nello scalo di Porto Empedocle nel mese di aprile 2014 MANNINO e altri (M5S) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: con l'interrogazione parlamentare n. 5-02776 – sottoscritta dai deputati del Movimento 5 Stelle componenti della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici e dagli eletti dello stesso movimento nelle circoscrizioni elettorali Sicilia 1 e Sicilia 2 – sono stati richiesti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dei chiarimenti, in merito alle operazioni di trasbordo del pet-coke effettuate nello scalo di Porto Empedocle nel mese di aprile 2014; nell'interrogazione, tra le altre cose, è stato specificatamente chiesto se e in che modo fosse stato accertato che il pet-coke movimentato non contenesse un quantitativo di zolfo superiore a quello indicato nel citato Allegato X del decreto legislativo n. 152 del 2006 e rispettasse i requisiti 8 precisati nello stesso decreto legislativo, che deve avere per poter essere classificato e utilizzato come combustibile; in riscontro al quesito richiamato sopra, il Ministero delle infrastrutture e delle Infrastrutture ha scritto quanto segue: «il valore in percentuale del quantitativo di zolfo contenuto nel pet-coke che arriva allo scalo di Porto Empedocle è riportato sul documento Petcoke cargoes declaration by shipper prodotto dal caricatore, in via preventiva, ai fini del rilascio dell'autorizzazione allo sbarco del prodotto, ed è pari al 4,5/5 per cento. Il quantitativo del tenore di zolfo, come riportato nella parte I, paragrafi 2 e 5 dell'allegato X del citato decreto legislativo, riguarda gli impianti di combustione»; rispondendo all'interrogazione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha fornito, altresì, le seguenti informazioni: a) per lo svolgimento delle attività di imbarco e di sbarco di materiali, come il pet-coke, gli operatori portuali sono tenuti a richiedere l'autorizzazione, di cui all'articolo 16 della legge n. 84 del 1994 senza l'obbligo di assoggettare dette attività alla valutazione di impatto ambientale ovvero a verifica di assoggettabilità a VIA; b) il consulente chimico del porto, di norma, rilascia un certificato con il quale esprime parere favorevole allo sbarco, nel caso in cui venga presentata istanza di sbarco e imbarco di pet-coke; c) non esistono disposizioni normative che impongono alle autorità marittime di adottare una specifica modalità per il trasbordo del pet-coke, quale il «suction unloading» che, al contrario di quanto può avvenire ricorrendo alla modalità meccanica – come nello scalo di Porto Empedocle – annulla il rischio di dispersione del pericolosissimo materiale polverulento contenuto nel pet-coke; dalla movimentazione del pet-coke possono derivare concreti e gravi danni alle matrici ambientali esposte durante le operazioni di sbarco e trasporto, che si vanno ad aggiungere a quelli determinati dalla combustione dello stesso materiale in impianti come il cementificio di Isola delle Femmine; la classificazione del pet-coke come combustibile e il suo utilizzo all'interno di impianti – come la cementeria di Isola delle Femmine – è strettamente subordinato al rispetto delle soglie percentuali massime di zolfo in massa fissate nell'allegato X alla parte quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006 e delle caratteristiche indicate nella parte II dello stesso decreto –: se un quantitativo di pet-coke – con le caratteristiche descritte nel «Petcoke cargoes declaration by shipper» presentato dal caricatore in occasione dello sbarco nello scalo di Porto Empedocle – rispetti i valori di soglia e i requisiti stabiliti nel decreto legislativo n. 152 del 2006, e in particolare nell'allegato X alla parte quinta dello stesso decreto, e dunque abbia le caratteristiche per essere classificato come combustibile, ed essere utilizzato come tale all'interno della cementeria di Isola delle Femmine; 9 se, alla luce dell'elevata pericolosità del pet-coke, ritenga che la tutela dell'ambiente e in particolare delle matrici ambientali esposte durante le operazioni di imbarco e di sbarco possa essere adeguatamente assicurata dalla normativa vigente in materia di trasporto alla rinfusa di materiali solidi, che rimette al caricatore l'onere di attestare la composizione del materiale e al servizio chimico di Porto di verificarne la regolarità, e affida, in via esclusiva, alle autorità «marittime il potere di concedere il nulla osta alle operazioni di imbarco e di sbarco dello stesso materiale e di vigilare sullo svolgimento delle stesse; se ritenga che possa essere considerato idoneo a salvaguardare l'ambiente un regime normativo, come quello vigente, che non prevede espressamente: a) l'assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale ovvero alla verifica di assoggettabilità a VIA delle richieste di autorizzazione all'esercizio delle attività portuali, se presentate da operatori portuali che movimentano il pet-coke; b) l'obbligo, per le autorità portuali, di adottare forme di regolamentazione della movimentazione del pet-coke che impongano il ricorso alla cosiddetta modalità «suction unloading». (5-03263) Interrogazione a risposta scritta: sulla riconversione a gasolio e la ristrutturazione del sito di Gela e sul piano strategico di Eni POLVERINI (FI) — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: nel business plan 2013-2017, l'Eni aveva previsto un investimento di 700 milioni di euro per la riconversione a gasolio e la ristrutturazione del sito di Gela; nel frattempo, da maggio 2012 fino a maggio 2013 circa il 40 per cento della forza lavoro sarebbe stata posta in cassa integrazione per un anno, cosa che puntualmente è avvenuta; a marzo del 2013 si è verificato un incendio sulla linea 1, con il conseguente sequestro da parte della magistratura. Nonostante il dissequestro avvenuto circa un mese dopo, non si sono verificati i dovuti lavori di ripristino della linea per il riavvio della raffineria. Sono rimasti in marcia solo gli impianti di utility per garantire l'energia agli impianti e servizi di pubblica utilità, mentre i lavoratori sono stati reinseriti, alcuni smaltendo ferie, altri in trasferta su altri siti e altri ancora a presidio degli impianti. Il tutto in attesa dell'autorizzazione AIA. Il 20 giugno presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a Roma si è riunita la conferenza dei servizi che ha dato autorizzazione sulla media ponderata sulle emissioni della centrale termoelettrica integrata al circuito di raffinazione della raffineria di Gela. Ciò sarebbe stato propedeutico a ricevere l'autorizzazione AIA; 10 il nuovo amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha annunciato, nel corso di un recente incontro con le organizzazioni sindacali, che almeno due delle tre linee produttive della raffineria di Gela sono destinate al fermo a tempo indeterminato, venendo così meno agli impegni precedentemente presi; il sito di Gela, fra occupati diretti ed indiretti, garantisce almeno tremila posti di lavoro, in un'area dove la ricollocazione lavorativa è particolarmente complessa; la chiusura definitiva di due linee, alla quale si aggiunge l'incertezza sulla riconversione della terza, avrebbe un effetto drammatico in termini sociali; secondo una analisi di ricerche & studi Mediobanca, Eni, con 134,2 miliardi di euro, è il sesto gruppo per fatturato in Europa, il primo in Italia, il quattordicesimo nel mondo; lo Stato italiano, direttamente o attraverso Cassa depositi e prestiti, controlla poco più del 30 per cento del pacchetto azionario di Eni; in ragione del suo controllo maggioritario, il Governo ha proceduto ad indicare il nome di Claudio Descalzi alla guida di Eni –: quali azioni il Governo intenda adottare a tutela dell'occupazione e a garanzia del territorio di Gela, valutando, in quanto azionista di maggioranza, ogni possibile atto nei confronti dell'amministratore delegato. (4-05599) Risoluzione in Commissione: sull'autotrasporto LODOLINI (PD) La VI Commissione, premesso che: il settore dell'autotrasporto è di fondamentale importanza per l'economia del nostro Paese, in considerazione della netta prevalenza di tale modalità di trasporto della merce rispetto alle altre; il settore sta attraversando, a partire dal 2008, un periodo di durissima crisi, dovuto essenzialmente allo sfavorevole andamento dell'economia globale; le imprese di autotrasporto italiane devono sostenere maggior costi per il carburante e per il lavoro rispetto a tante imprese estere, soprattutto quelle dell'est Europa; l'incidenza degli altri costi generali è maggiore in Italia rispetto agli altri Paesi europei (nella classifica Eurostat 2013 l'Italia è al 4o posto dopo Svezia, Francia e Lituania); il divario competitivo favorisce l'ingresso di vettori esteri che sottraggono opportunità di lavoro e risorse al nostro Paese: l'uso dei vettori e dipendenti esteri con conseguente dumping sodale nei confronti delle imprese di autotrasporto italiane è passato dal 7 per cento di t/km del 2007 al 37,2 11 per cento del 2012; nella legge 27 dicembre 2013, n. 147, articolo 1, i commi 177 e 178, recano norme in materia di transfer pricing per le società operanti nella raccolta di pubblicità on line. Al fine di determinare il reddito di impresa relativo alle operazioni con società non residenti collegate, tali soggetti devono utilizzare indicatori di profitto diversi da quelli applicabili ai costi sostenuti per lo svolgimento della propria attività e si prevede inoltre l'obbligo di utilizzare, per l'acquisto delle predette tipologie di servizi, strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni e a veicolare la partita IVA del beneficiario. Sarebbe auspicabile l'estensione anche alle aziende estere di autotrasporto e cabotaggio di norme analoghe per ottenere la tracciabilità dell'attività, la trasparenza delle operazioni e indicatori di profitto connessi ai ricavi realizzati; la legge delega fiscale (legge n. 23 del 2014, articolo 9, comma 1, lettera i)) prevede l'introduzione, in linea con le raccomandazioni degli organismi internazionali e con le eventuali decisioni in sede europea, tenendo anche conto delle esperienze internazionali, di sistemi di tassazione delle attività transnazionali, basati su adeguati meccanismi di stima delle quote di attività imputabili alla competenza fiscale nazionale; risultano in aumento, a detta delle categorie e dei sindacati di riferimento del settore, pratiche sempre più diffuse di palesi superamenti dell'orario settimanale di lavoro, di turni irregolari di cabotaggio internazionale, di uso illegale di cabotaggio e distacco transnazionale di autisti; in considerazione delle gravi ed evidenti distorsioni di mercato, provocate dalle pratiche menzionate, appare evidente l'esigenza di promuovere le condizioni affinché la competitività e la sicurezza nel settore dell'autotrasporto e del cabotaggio siano garantite dal rispetto delle regole, così come previsto dal Regolamento 1072/2009 che fissa norme comuni per l'accesso al mercato internazionale del trasporto di merci su strada, impegna il Governo: ad assumere iniziative per estendere le norme in tema di determinazione del reddito d'impresa e di tracciabilità dei pagamenti contenute nella legge 27 dicembre 2013, n. 147, articolo 1, commi 177 e 178, anche alle aziende di autotrasporto e cabotaggio; a valutare l'opportunità di individuare, in via presuntiva, gli elementi che indichino la nascita di una stabile organizzazione in Italia in relazione all'attività di trasporto merci esercitata da parte di imprese estere che operano continuamente in Italia entro un determinato periodo di tempo; a valutare l'opportunità di prevedere l'indeducibilità da parte del committente, delle fatture emesse dai vettori qualora quest'ultimi non rispettino le condizioni normative di cui al Regolamento 1072/2009. (7-00424) 12 Interrogazione a risposta in Commissione: sulle indagini in merito alla realizzazione di sette centrali a biogas senza valutazione di impatto ambientale e con procedure “accelerate” AGOSTINELLI (M5S) — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: da fonti stampa si è appreso della conclusione delle indagini condotte dalla procura di Ancona in collaborazione con il Gico della Guardia di finanza ed il Corpo forestale dello Stato; l'avviso di conclusione delle indagini è stato notificato ad un dirigente e due funzionari della regione Marche e ad altre 17 persone fra imprenditori e professionisti; i reati contestati sono concussione, corruzione e truffa ai danni dello Stato nel settore del biogas. Secondo l'accusa sarebbero state realizzate sette centrali a biogas senza valutazione di impatto ambientale e con procedure «accelerate»; in particolare, il dirigente della regione Luciano Calvarese e i funzionari Sandro Cossignani e Mauro Moretti avrebbero istruito norme e atti amministrativi per favorire le imprese concessionarie che, in questo modo, hanno potuto bypassare la valutazione di impatto ambientale e il controllo delle province e realizzare sette centrali a biogas godendo di incentivi statali fino a 31 mila euro per 15 anni dall'entrata in funzione dell'impianto; in cambio, i funzionari avrebbero ottenuto «tangenti» sotto forma di regali ed altre utilità; sempre da fonti stampa, si apprende che, per effetto dell'entrata in vigore dell'articolo 15, comma 4, del decreto-legge n. 91 del 2014 – il cosiddetto decreto «agricoltura ed ambiente» – la procura non ha potuto più disporre il sequestro dei predetti impianti –: se non intenda evitare per il futuro che iniziative legislative urgenti interferiscano rispetto a procedimenti giudiziari in corso e se non intenda chiarire la genesi endogovernativa delle norme citate in premessa. (5-03294) Interrogazione a risposta scritta: sull'Autorizzazione integrata ambientale all’esercizio relativo alla Centrale a carbone di Saline Ioniche, in comune di Montebello Jonico (RC) della società SEI s.p.a REALACCI e altri (PD) 13 — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che: il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con decreto del 5 aprile 2013 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 aprile 2013 ha decretato «la compatibilità ambientale e l'Autorizzazione integrata ambientale al successivo esercizio relativo alla Centrale a carbone di Saline Ioniche, in comune di Montebello Jonico (RC), e opere connesse» in attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 giugno 2012. Questi due atti fanno seguito al parere (n. 559) espresso dalla commissione VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il 21 ottobre 2010; il 4 marzo 2014, presso la capitaneria di porto di Reggio Calabria, si è svolta la seconda ed ultima sessione della conferenza di servizi, la prima risale al 12 dicembre 2013, in merito alla richiesta di concessione di durata cinquantennale di una vasta area del demanio marittimo di pertinenza al porto di Saline, avanzata dalla SEI allo scopo di realizzare e gestire un terminale marino a servizio della centrale a carbone nonostante le numerose opposizioni di liberi cittadini, associazioni ambientaliste, enti locali, tra cui quella rilevante della regione Calabria. Il 10 giugno 2014 il Ministero dello sviluppo economico ha trasmesso ai comuni reggini interessati la comunicazione dell'avvio del procedimento relativo all'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio e/o imposizione di servitù sulle aree interessate dalle opere connesse. Nella comunicazione è evidenziato che sono state individuate anche le aree oggetto di occupazione temporanea ai fini della cantierizzazione che interessano il territorio del comune di Montebello Jonico. Il Ministero dello sviluppo economico non ha ancora emesso l'autorizzazione unica prevista dalla legge n. 55 del 2002; il progetto SEI – saline energie ioniche – di una nuova centrale a carbone da 1.320 megawatt prevede un investimento di circa un miliardo di euro. Sono azionisti della società SEI s.p.a. il gruppo svizzero a partecipazione pubblica (Canton dei Grigioni) Repower A.G. (57,5 per cento), la multiutility italiana Hera (20 per cento), la società d'ingegneria Foster Wheeler Italiana S.r.l. (15 per cento), Apri Sviluppo S.p.A. (7,5 per cento). Va poi precisato che, a seguito del referendum popolare del 22 settembre 2013, mediante il quale il Canton dei Grigioni della Svizzera ha stabilito che non sarà più possibile per le aziende svizzere a partecipazione pubblica investire in centrali a carbone anche al di fuori dei confini nazionali, la citata società Repower AG, ha ufficializzato l'uscita dal progetto Saline Ioniche. Il consiglio di amministrazione della Repower ha annunciato dopo il referendum che lo farà «in modo ordinato rispettando tutti gli impegni contrattuali assunti, al più tardi entro la fine del 2015». Vista la scarsa appetibilità del progetto ribadita della predetta azienda svizzera, è poi assai improbabile che ci siano società interessate ad acquistare le azioni Repower. Sussiste pertanto il rischio che si autorizzi un 14 investimento di sicuro e forte impatto ambientale ma incerto nel suo successo e vetusto da un punto di vista industriale, alimentandolo a carbone; nel report di gestione 2013 della società svizzera Repower AG si legge inoltre: «Non si intravede più alcuna possibilità di trarre guadagno dal terreno acquistato per la centrale a carbone e quindi si è proceduto a una svalutazione del fondo che sta in relazione al Progetto Saline Joniche». «Il portafoglio progetti – si legge ancora nel report –, svalutato per un ammontare di 21 milioni di franchi, subisce l'influsso delle voci seguenti: svalutazione di un terreno in relazione al Progetto Saline Joniche (13,3 milioni di franchi). Attualmente la determinazione del fair value è soggetta a incertezza. A causa del contesto di mercato che desta insicurezza e della prospettiva di prezzi dell'energia bassi anche per il futuro, osservatori esterni valuterebbero come bassa la possibilità che il progetto venga realizzato e questo verrebbe considerato nella determinazione di un prezzo d'acquisto, con la conseguenza che non attribuirebbero alcun valore materiale al progetto»; la regione Calabria ha da sempre espresso in numerosi atti e decisioni ufficiali una chiara contrarietà al progetto (già il 17 settembre 2008 alla prima conferenza di servizi al Ministero dello sviluppo economico). Anche in seguito ha sempre negato l'intesa (delibera 686 del 6 ottobre 2008) e lo ha fatto con pronunciamenti unanimi di assemblee ed esecutivi di opposto orientamento politico e di rappresentanti istituzionali di tutti i partiti. La posizione ad oggi è rimasta immutata. Tant’è che, nella recente seduta del 26 giugno 2014 il consiglio regionale ha votato all'unanimità la mozione con cui impegna la giunta regionale ad esprimere il proprio fermo e motivato dissenso e la negativa intesa, anche nella fase successiva al decreto VIA e in occasione della conferenza di servizi; è utile ricordare che la produzione, il trasporto e la distribuzione d'energia integrano una materia di potestà legislativa costituzionalmente concorrente. A questo riguardo la richiamata sentenza della Corte Costituzionale n. 6 del 13 gennaio 2004 ha riconosciuto la necessità di un'intesa «in senso forte» tra Stato centrale e regioni; quindi il parere è essenziale e indispensabile ai fini del rilascio dell'autorizzazione unica, «il cui mancato raggiungimento costituisce un ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento»; sull’iter autorizzativo del progetto di centrale a carbone a Saline Joniche ad oggi pendono ancora, anche in forza dei pareri contrari del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e dell'ente regionale, diversi ricorsi al tribunale amministrativo del Lazio e si è in attesa di sentenza definitiva; come ricorda Legambiente in un puntuale dossier trasmesso al Ministro dello sviluppo economico la regione Calabria, con delibera della giunta regionale n. 98 del 9 febbraio 2005, stabilì, in accordo a quanto contenuto nel piano energetico ambientale regionale ed alla luce della notevole quantità di energia prodotta eccedente i fabbisogni regionali, ritenendo che la regione con le intese rilasciate abbia già adeguatamente aderito al sistema Paese, che «... la regione non fornirà alcuna ulteriore 15 intesa in sede di conferenza di servizi indette dal Ministero delle Attività Produttive e dal Ministero dell'Ambiente, per la realizzazione di centrali termoelettriche sul territorio regionale, ritenendosi sufficiente il numero delle cinque autorizzazioni già rilasciate da parte del Ministero delle Attività Produttive». Sono infatti già cinque le centrali termoelettriche per la produzione di energia elettrica da ciclo combinato a gas naturale da 800 megawatt ciascuna autorizzata sul territorio regionale: sono localizzate nei comuni di Altomonte, Pianopoli, Simeri Crichi, Rizziconi e Scandale. C’è da osservare che quasi tutte queste centrali sono attualmente in grave sofferenza per via delle condizioni nuove di eccedenza, di costi e di altre variabili del mercato dell'energia. La Calabria produce molta più energia di quanta ne consumi: dai dati TERNA relativi al 2012 la Calabria produce 10.979,4 Gwh a fronte di un fabbisogno di 6.452,3 GWh con un surplus del 70,2 per cento. Il saldo positivo è ulteriormente aumentato nel corso del 2013 e in questi mesi del 2014 grazie anche all'incremento del contributo delle fonti rinnovabili. Non si vede quindi la necessità di prevedere ulteriori grandi centrali elettriche sia sul territorio calabrese che sul resto del territorio nazionale; le legittime e necessarie esigenze di sviluppo economico ed occupazionale del territorio reggino non possono però ad avviso degli interroganti fare da scudo al rischio di infiltrazioni criminali mafiose sul progetto di centrale a carbone a Montebello Jonico considerato che insiste in un territorio ad alta densità criminale. Potrebbe infatti avvenire quello che è accaduto in passato: a testimoniarlo svariate condanne giudiziarie passate in giudicato per attività interessate dalla ’ndrangheta nella stessa area in occasione della realizzazione della Liquichimica e delle OGR Grandi riparazioni –: se il Governo sia a conoscenza della questione; se si intenda valutare, anche a fronte della notevole eccedenza di produzione energetica del Paese, l'opportunità di revocare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore senatore professore Mario Monti del 15 giugno 2012, che sanciva la contrastata compatibilità ambientale e autorizzava all'esercizio il progetto a carbone della S.E.I. s.p.a., considerando il fatto che a breve sarà necessario procedere alla chiusura di vari impianti di produzione elettrica a partire da quelli meno efficienti e più inquinanti, come quelli alimentati a carbone che emettono grandi quantità di CO2 in atmosfera; se il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, non intenda verificare la possibilità di istituire, per quanto di competenza e di concerto con l'amministrazione regionale della Calabria, un tavolo tecnico interministeriale per implementare, anche con fondi comunitari, un piano di rilancio e sviluppo sostenibile centrato sulla valorizzazione integrata delle risorse ambientali e culturali locali per migliorare la qualità della vita e attrarre nuovi investimenti e flussi 16 di visitatori e turisti nell'area Grecanica, con interventi come: riqualificazione del porto a scopo turistico, bonifica degli insediamenti produttivi abbandonati, waterfront, piano di sviluppo delle microfiliere produttive, filiere agricole di qualità a partire da quella del bergamotto, interventi di riqualificazione dei borghi a fini turistici. (4-05632) Interrogazione a risposta orale: sul recupero di quanto indebitamente ricevuto a titolo di contributo relativo alla produzione di energia elettrica dai proprietari degli impianti coinvolti nell'indagine «Green Profit» che ha coinvolto anche dirigenti e funzionari della regione Marche TERZONI e altri (M5S) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: nella giornata di venerdì 18 luglio 2014, è stata diramata dalle agenzie di stampa la notizia della chiusura delle indagini dell'inchiesta «Green Profit» che ha coinvolto anche dirigenti e funzionari della regione Marche; i reati contestati sono di concussione, corruzione, truffa ai danni dello Stato, falsità ideologica, illecito urbanistico e ambientale. Il GIP ha autorizzato il sequestro preventivo di 22 immobili e 57 terreni nella disponibilità degli indagati, per un valore complessivo di 10 milioni di euro; l'inserimento nel decreto-legge n. 91 in discussione al Senato della possibilità della valutazione di impatto ambientale postuma, che permette oltretutto la continuazione dell'attività agli impianti autorizzati sulla base della legge regionale n. 3 del 2012, dichiarata incostituzionale nella parte in cui escludeva gli impianti a biogas e biomassa per la produzione di energia elettrica dalla verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale (screening) e, conseguentemente, dalla stessa valutazione di impatto ambientale (VIA), ha avuto come conseguenza la modifica in corsa del provvedimento che in origine prevedeva anche il sequestro di sette centrali sotto inchiesta; Joe Hennon, portavoce del commissario all'ambiente Janez Potočnik, intervistato su questo provvedimento da «La Stampa» ha dichiarato che «Visto che la questione è già coperta dalla procedura di infrazione 2009/2086, in linea di principio non ne apriremmo un'altra su questo tema, specifico (in caso cioè di VIA ex post, ndr)», facendo intendere che l'attuale operato del Governo non aiuterà comunque al superamento della procedura di infrazione; a gennaio 2014, sono state pubblicate le conclusioni della commissione d'inchiesta sul biogas attivata a livello regionale dove si parla anche del «blitz» dell'allora assessore e del vicepresidente della giunta regionale Petrini da cui partì «la corsa all'investimento e all'incentivo [...] L'Assessore Petrini presentò l'emendamento per innalzare la soglia per le procedure Via da 250KW a 1MW 17 nella legge di assestamento al bilancio 2011 senza che ne sapesse nulla anche la IV Commissione». Nel testo si legge anche una censura rivolta alla giunta e all'assessore Giannini che rilasciò agli uffici una lettera in cui si invitava in qualche modo a non tener conto di quanto assunto all'unanimità dal consiglio regionale: «la spinta temporale di rilasciare le autorizzazioni alle imprese al fine di consentire ad esse di accedere agli incentivi più vantaggiosi entro il 31 dicembre 2012, non giustifica una indiscriminata delega in bianco al servizio, né la lettera che la Giunta ha inviato, a giugno 2012, al Dirigente regionale competente esortandolo a prescindere dai rilievi espressi dal Consiglio Regionale»; l'8 aprile 2014, si apprendeva dall'ANSA che per il blocco dell’iter dell'impianto a biogas di Corridonia, regione Marche e provincia di Macerata sono state citate in giudizio dal VBio, srl che chiede un risarcimento danni per 14 milioni 352 mila euro, mentre per quello di Camerata Picena sono 13 i milioni di euro richiesti –: se i ministri interrogati fossero informati dei fatti sopra esposti; se il Ministro dello sviluppo economico non ritenga necessario e urgente assumere iniziative affinché sia recuperato quanto indebitamente ricevuto a titolo di contributo relativo alla produzione di energia elettrica dai proprietari degli impianti coinvolti nell'indagine. (3-00961) Interrogazione a risposta scritta: sulla realizzazione della centrale di compressione della Snam a Sulmona (L'Aquila) MELILLA (SEL) — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: il 7 agosto 2014 è stata convocata a Roma la conferenza di servizi per autorizzare la costruzione della centrale di compressione della Snam a Sulmona (L'Aquila), per iniziativa del Vice Ministro Claudio De Vincenti che appare all'interrogante condividere i disegni della Snam; contro questo progetto da anni si battono comitati popolari locali e il comune di Sulmona insieme a tutti gli enti locali; la regione Abruzzo si è pronunciata contro questo progetto e la Commissione ambiente della Camera dei deputati nella scorsa legislatura ha approvato un'analoga risoluzione, all'unanimità; in un incontro pubblico di un anno là, a Sulmona, con la partecipazione del sottosegretario pro tempore Giovanni Legnini, si era data ampia assicurazione che non ci sarebbe stata nessuna forzatura da parte del Governo nazionale; si era assunto l'impegno alla istituzione di un tavolo con tutti i soggetti per individuare soluzioni alternative condivise; questi impegni non hanno trovato alcun riscontro nei fatti e sono ora seppelliti dalla convocazione di questa conferenza dei servizi che 18 rappresenta un atto in contrasto con gli indirizzi espressi dal Parlamento. La risoluzione approvata da tutti i partiti in sede di Commissione ambiente della Camera dei deputati è stata pretermessa e le regole e procedure di legge, ad avviso dell'interrogante, vengono applicate in modo da realizzare a tutti i costi un'opera fortemente impattante e pericolosa che nessuno vuole. Il fatto che tutti, comuni, provincia, e regione, abbiano espresso la loro motivata contrarietà all'opera, evidentemente per il Governo nazionale non conta nulla; in democrazia ci si confronta con i territori e le popolazioni che vi abitano, non si impongono dall'alto scelte precostituite che sono funzionali solo agli interessi di quelli che all'interrogante appaiono ben individuati potentati economici –: se non ritenga necessario procedere: a) alla revoca della convocazione della conferenza di servizi, palesemente inopportuna e indetta in contrasto con quanto indicato dalla risoluzione approvata dalla Camera dei deputati; b) a dare seguito a quanto indicato nella risoluzione della Commissione ambiente della Camera dei deputati citata in premessa attraverso l'istituzione del tavolo per le alternative. (4-05633) Risoluzione in Commissione: sulla riforma della legislazione in materia di autorità portuali META e altri (PD) La IX Commissione, premesso che: da tempo è oggetto di ampia discussione e di numerose proposte il tema di una riforma organica della legislazione in materia portuale dettata dalla legge n. 84 del 1994, che adegui la disciplina a una visione moderna di porto come sistema d'accesso di traffici economici ed elemento centrale di un complesso sistema logistico e che permetta di risolvere i principali profili di criticità, di tipo organizzativo, funzionale e finanziario, che ostacolano l'attività delle autorità portuali; appare infatti ormai indifferibile incrementare l'efficienza e il potenziale concorrenziale degli scali portuali nazionali, non più competitivi in particolare rispetto ai porti dell'Europa settentrionale; l'esame della riforma della legislazione in materia portuale, protrattosi per tutta la scorsa legislatura senza pervenire all'approvazione definitiva di una legge, è stato ripreso fin dall'inizio della legislatura in corso dall'8a Commissione del Senato; il Governo, come più volte dichiarato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, anche in occasione di audizioni in Parlamento, ha espresso l'intenzione di intervenire su alcuni dei punti più qualificanti della materia, sia nell'ambito dei lavori parlamentari sulla riforma della legge n. 84 del 1994 sia attraverso misure eventualmente inserite in provvedimenti d'urgenza, anche al fine di accelerare la definizione e attuazione di un 19 assetto più moderno ed efficace delle autorità portuali; in particolare il Governo ha più volte manifestato, da ultimo anche con riferimento alla predisposizione dei provvedimenti di riforma della pubblica amministrazione, la volontà di razionalizzare il sistema delle autorità portuali, riducendone il numero, attraverso l'individuazione di distretti portuali e logistici nell'ambito dei corridoi europei TEN-T e l'individuazione di una autorità portuale di interesse nazionale per ciascun distretto; interventi di razionalizzazione del sistema delle autorità portuali devono tuttavia tener conto non solo dell'inserimento nei corridoi europei TEN-T, ma anche dell'oggettiva rilevanza, sotto il profilo logistico ed economico, delle autorità esistenti rispetto al territorio in cui sono situate; in particolare, l'autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta è elemento essenziale del sistema logistico che collega la capitale, la regione Lazio e il centro Italia con il resto dell'Europa e del Mediterraneo, rappresentando il perno della rete di trasporto marittimo regionale e un punto di riferimento importante sia per i territori limitrofi, sia per l'accesso ad importanti zone turistiche e rotte crocieristiche del Mediterraneo; i tre porti di competenza dell'autorità portuale registrano rilevanti volumi di traffico, avendo movimentato, nell'anno 2013, 15,7 milioni di tonnellate di merci, 1,4 milioni di passeggeri e oltre 670 mila automezzi; a questi dati bisogna aggiungere i 2,5 milioni di imbarchi, sbarchi e transiti di passeggeri di crociere, che fanno del porto di Civitavecchia il principale porto crociere italiano in termini di volumi; il porto di Civitavecchia risulta tra i primi scali in Italia per traffico passeggeri, dal momento che collega il continente con la Sardegna e con la Sicilia, oltre ad essere un hub fondamentale di collegamento verso tutto il Mediterraneo occidentale, da Barcellona a Tunisi a Malta; per quanto concerne il traffico merci, pur avendo risentito della crisi economica, che ha avuto un impatto particolarmente pesante sui trasporti marittimi di merci, rimane, in ambito nazionale, un porto di indubbia rilevanza; la stessa contrazione del traffico merci che si è registrata nel porto di Civitavecchia ha riguardato principalmente i prodotti petroliferi, mentre è stata assai più limitata per quanto concerne le merci solide; la Commissione europea ha posto lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) come elemento chiave del potenziamento infrastrutturale e condizione essenziale per assicurare all'Europa una efficiente mobilità di persone e merci; a seguito delle ultime revisioni operate con il regolamento (UE) n. 1315/2013, del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, la rete transeuropea è stata articolata in due livelli, una rete centrale (core network) da completare entro il 2030, che è costituita dai collegamenti più importanti tra i Paesi dell'Unione e con i Paesi confinanti, comprendendo al suo interno 83 porti europei principali che saranno collegati attraverso strada o ferrovia, e una rete globale (comprehensive network), da completare entro il 2050, che svolge prevalentemente funzioni di 20 collegamento all'interno dei territori degli Stati membri ed è destinata ad alimentare quella centrale; il porto di Civitavecchia è stato incluso tra i porti della rete globale, a differenza di precedenti valutazioni con le quali era stato inserito nel core network portuale; rispetto a tali indicazioni, occorre tuttavia tener conto del rilievo essenziale che, sulla base dei dati sopra riportati, il porto di Civitavecchia assume rispetto ai collegamenti marittimi e al sistema logistico di Roma, della regione Lazio e dell'Italia centrale, impegna il Governo ad assicurare che, nell'ambito di qualunque iniziative di razionalizzazione del sistema delle autorità portuali, mediante misure di revisione del loro numero e della loro classificazione, l'autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta sia considerata come le autorità portuali che, rispetto alla struttura della rete transeuropea dei trasporti, sono incluse nella rete centrale e sia pertanto riconosciuta autorità di interesse nazionale. (7-00429) Risposta del Sottosegretario per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare Silvia Velo all’interrogazione sulla centrale a carbone di Edipower – A2A di Brindisi nord, anche in riferimento alla presenza sul territorio della centrale elettrica Federico II di Enel spa, presentata da BORGHI e MARIANO (PD) In riferimento all'interrogazione a risposta immediata presentata dagli On.li Mariano e Borghi, con la quale si chiede di conoscere le iniziative del Governo circa il futuro della centrale a carbone di Edipower – A2A di Brindisi, si rappresenta quanto segue. Per quanto concerne gli aspetti di competenza del Ministero dell'ambiente, risultano attualmente essere in corso due procedimenti relativi alla centrale in oggetto. Il primo avviato a maggio 2014 riguarda una verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale in merito al progetto di «dismissione unità 12 e sottostazione elettrica 220 kV» che prevede la demolizione completa delle Unità 1 e 2 e della sottostazione elettrica 220 kV della centrale. Unitamente a dette demolizioni, verrà installato un nuovo trasformatore di avviamento dei gruppi 3 e 4 ed il rinforzo delle strutture a supporto del nastro per il trasporto del carbone. Il secondo, avviato a novembre 2013, è una procedura integrata VIA e AIA per una modifica del progetto oggetto della pronuncia di compatibilità ambientale ovvero il cosiddetto «Nuovo Progetto» che prevede l'utilizzo, in co-combustione con il carbone a basso tenore di zolfo, di Combustibile Solido Secondario (CSS), prodotto in prossimità del sito della centrale Brindisi Nord, fino ad un massimo del 10 per cento di input termico. Nell'ambito di dette procedure, sarà valutato complessivamente l'impatto cumulativo di tali progetti sull'ambiente e sull'area sulla quale insiste la Centrale: al momento, atteso il breve tempo trascorso 21 dalla presentazione delle istanze, e risultando tuttora in corso l'attività istruttoria della Commissione VIA/VAS, non risultano esiti, da parte della Commissione VIA, in relazione a ulteriori elementi relativi a specifiche valutazioni tecniche e ambientali degli interventi proposti per la centrale di Brindisi Nord. In entrambi i procedimenti sarà assicurata l'adeguata informazione al pubblico anche attraverso la pubblicazione di tutte le osservazioni del pubblico e della documentazione tecnica depositata per le istruttorie sul Portale delle Valutazioni ambientali del Ministero dell'ambiente. Ai sensi degli articoli 20 e ss. del decreto legislativo 152/06 tutte le osservazioni del pubblico che perverranno in merito a detti interventi saranno puntualmente valutate e contro dedotte nel parere della Commissione Via/VAS.In merito, ai possibili effetti sanitari a valori di esposizione agli inquinanti inferiori ai limiti normativi, ARPA Puglia, in ottemperanza alla legge regionale n. 21/2012, ha avviato la Valutazione del Danno Sanitario (VDS) di Enipower Brindisi. Si precisa, infine, che la relazione tra inquinamento ambientale e patologie a breve latenza come le malformazioni congenite sarà oggetto di un approfondimento scientifico attraverso l'estensione a Brindisi del Progetto Salute e Ambiente già operativo per la Città di Taranto. Di seguito il testo dell’interrogazione. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: nel sito di interesse nazionale di Brindisi l'apparato industriale è caratterizzato da un imponente polo chimico e dal più grande polo energetico nazionale, nei quali operano numerose aziende, alcune delle quali dichiarate a rischio di incidente rilevante; si tratta di aziende dei settori chimico, farmaceutico, elettrico, aeronautico, oltre a un deposito di stoccaggio di gpl di 20.000 tonnellate, lo zuccherificio della Sfir alimentato da una centrale elettrica a biomasse, una discarica di rifiuti pericolosi e nocivi, un inceneritore di rifiuti industriali e ospedalieri e una discarica di rifiuti industriali pericolosi e di sostanze altamente nocive di 50 ettari, il cui volume supera i 4 milioni rispetto ai limiti di legge e la cui profondità di sedimentazione è di ben 5 metri; Brindisi ospita, inoltre, la centrale elettrica più climalterante d'Italia (Federico II Enel spa), che ha prodotto circa 12 milioni e mezzo di tonnellate di anidride carbonica nel 2012 ed una quantità di carbone movimentata e bruciata pari a circa 5/6 milioni di tonnellate, stoccato in un carbonile all'aperto e trasportato da un nastro lungo 12 chilometri; il piano regionale della qualità dell'aria predisposto dall'Arpa Puglia inserisce Brindisi in fascia C, la più critica, che necessita di azioni di riduzione dell'inquinamento; destano serissima preoccupazione i dati rivenienti da numerosi studi condotti da singoli o gruppi di ricercatori che, insieme con gli elementi conoscitivi apportati dall'Arpa Puglia e dalla ASL di Brindisi, permettono di concludere che l'industrializzazione di 22 Brindisi, avviata negli anni Sessanta, ha prodotto un gravissimo inquinamento di suolo, falde, mare e aria; il Governo, in sede di discussione del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, ha accolto l'ordine del giorno 9/1885-A/29 che impegnava il Governo medesimo a valutare la possibilità di completare con assoluta urgenza, anche per il SIN di Brindisi, lo studio epidemiologico come previsto dal progetto Sentieri e a mettere in campo tutte le misure e le azioni necessarie a rafforzare le attività di prevenzione a tutela della salute e dell'ambiente; nonostante le pesanti problematiche sanitarie ed ambientali, Edipower ha presentato un piano industriale che prevede la co-combustione di carbone e di combustibile solido secondario (CSS) nella centrale di Brindisi Nord, mai convertita a ciclo combinato nonostante gli impegni presi, e già oggi funzionante ai minimi livelli di produzione; la centrale di Brindisi nord, secondo varie norme ed accordi, doveva essere «ambientalizzata», parzialmente alimentata a metano, fino alla definitiva chiusura dell'intero impianto prevista alla fine del 2004, ben 10 anni or sono; non si comprende quindi la necessità di mantenere in esercizio una centrale a carbone destinata a terminare il proprio «ciclo di vita» da oltre un decennio; la centrale opera ancora grafie a provvedimenti governativi che hanno consentito la proroga dell'esercizio del 3° e 4° gruppo fino all'emissione dell'autorizzazione integrata ambientale e dell'atto endoprocedimentale di VIA, rilasciato nel settembre del 2012 ed oggi in essere; i gruppi 1 e 2 sono fermi dal 2001 ed il decreto AIA del 13 settembre 2012 prescrive lo smantellamento di questi entro 36 mesi; a distanza di 17 mesi dal decreto autorizzativo AIA i lavori di demolizione non sono ancora stati avviati o, per meglio dire, non è stata avviata alcuna richiesta di autorizzazione da parte di Edipower che annuncia l'intenzione di formulare tale richiesta nell'ambito del nuovo progetto, testimoniando la volontà di collegare la richiesta di autorizzazione alla demolizione all'esito della procedura di VIA in corso; esiste un forte contrasto fra quanto proposto nel nuovo progetto di Edipower e quanto, invece, disciplinato dalla regione Puglia che individua per il combustibile solido secondario (CSS) solo ed esclusivamente il recupero ed il riciclo delle varie componenti che lo caratterizzano (plastiche, carte, cartoni, fibre tessili e legnose e altro); come ha sottolineato acutamente Legambiente, nelle osservazioni depositate nell'ambito del procedimento di valutazione dell'impatto ambientale, il cosiddetto «Nuovo Progetto» di Edipower si discosta fortemente dalla normativa vigente (DMA 22/2013) in quanto, il decreto nelle proprie disposizioni generali fa esplicitamente riferimento al fatto che i CSS-combustibili per poter essere utilizzati in co-combustione devono essere di «alta qualità», mentre quelli proposti da Edipower sono i peggiori possibili; quanto alla normativa vigente sugli incentivi da fonti rinnovabili elettriche, il Nuovo Progetto è inserito fra gli «impianti ibridi» e, come tale deve definire in termini 23 precisi la provenienza dei rifiuti che concorrono alla realizzazione del CSS-combustibile; l'instabilità composizionale dei combustibili ed in particolare del CSS-combustibile, dei cicli combustivi e dei quadri emissivi rende aleatorie e molto ottimistiche le tabelle fornite da Edipower e del tutto insufficienti gli indicatori di riferimento; infine, il progetto Edipower a giudizio degli interroganti, sottovaluta del tutto i dati concernenti la situazione sanitaria di Brindisi, i dati del registro tumori ionico-salentino, quelli della Commissione comunale sull'area a rischio di elevata crisi ambientale di Brindisi ed i più recenti dati ufficializzati dal CNR e dell'ASL brindisina ( Congenital anomalies among live births in a high enviromental risk area – A case – control study In Brindisi (Southern Italy)) che attestano la presenza di un 17 per cento in più rispetto alla media del registro europeo, per quel che attiene malformazioni congenite neonatali e, addirittura, del 49 per cento o per l'eccesso delle anomalie cardiovascolari, rispetto alla media europea –: quali siano gli intendimenti del Governo circa il futuro della centrale a carbone di Edipower – A2A Brindisi nord e se non sia opportuno procedere ad una valutazione complessiva della pressione ambientale cui è sottoposta l'area a elevato rischio di crisi ambientale di Brindisi prima di autorizzare il «nuovo progetto» Edipower A2A. (5-03315) Interrogazione a risposta immediata in VIII Commissione: sui servizi di controllo e monitoraggio ambientale dei laboratori ARPA TURCO e altri (M5S) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che: i laboratori ARPA sono l'unica fonte di vigilanza ambientale (acqua, aria, terreni, rifiuti, bonifiche) liberamente a disposizione del singolo cittadino; le emergenze ambientali in Arpa sono all'ordine del giorno e i laboratori servono a questo; dopo l'emanazione della legge n. 61 del 1994, è stato fatto poco per riconoscere al sistema delle ARPA il giusto ruolo centrale sul controllo ambientale; le agenzie operano insieme ad altri organi necessari per un controllo capillare del territorio e la cui integrazione nel contesto dei controlli ambientali è certamente insostituibile sia in fase preventiva sia in fase repressiva in ausilio ed in sinergia con i tecnici delle Arpa; sussiste una scarsa presenza sul territorio delle Arpa in parte attribuibile ad organici «adeguati delle medesime ed all'espletamento di attività secondarie rispetto al loro preminente compito di tutela dell'ambiente di cui certamente il monitoraggio ed il controllo costituiscono una parte fondamentale. L'ultimo importantissimo atto dei, passati Governi il cosiddetto testo unico ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006) cita il sistema agenziale e le 24 Arpa non più di cinque sei volte e non per ribadire la loro specificità nel campo della tutela ambientale; a riprova del processo in corso alcuni quotidiani locali hanno riportato la notizia della prossima chiusura del laboratorio di analisi di Padova dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale del Veneto (ARPAV); la struttura padovana verrà smantellata e ridotta ad uno sportello accettazioni per il ricevimento dei campioni ambientali; in Veneto sono state già chiuse le strutture di analisi di Rovigo, Belluno e Vicenza, e l'attività dei sette laboratori provinciali verrà ridotta e concentrata a Venezia e Verona; il potere politico, a fronte delle sempre più numerose emergenze ambientali che si verificano in una regione tra le più industrializzate d'Europa, risponde con un progressivo e pericoloso allontanamento dei servizi di controllo pubblico dal territorio; a parere degli interroganti la diminuzione indiscriminata dei controlli effettuati sul la dispersione di professionalità altamente specializzate, l'inefficiente spostamento della spesa pubblica per le analisi ambientali verso soggetti privati rappresentano un rischio da evitare –: se, siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa; se, ciascuno per quanto di competenza, pur nel rispetto delle autonomie regionali, non ritengano opportuno intervenire, anche con appositi atti normativi, al fine di garantire l'efficiente mantenimento del livello di qualità e frequenza dei servizi di controllo e monitoraggio ambientale resi sul territorio italiano nel rispetto dei principi costituzionalmente garantiti della tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini ex articoli 2, 3 e 32 Costituzione. (5-03318) Interrogazione a risposta scritta: su una nuova strategia nazionale nei confronti del fenomeno dell'inquinamento dell'aria nei centri urbani PASTORELLI (MISTO) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: com’è noto, secondo il rapporto di fine anno pubblicato dall'Agenzia europea per l'ambiente (AEA, La qualità dell'aria in Europa – rapporto 2013), il 90 per cento delle persone che vivono nei centri urbani dei paesi membri è costantemente esposto ad una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti che l'Organizzazione mondiale della sanità riporta nelle sue linee guida; un recente rapporto stilato da Legambiente ha evidenziato come, nei primi mesi del 2014, in alcune città italiane si siano registrati oltre 20 giorni di superamento (sui primi 36 giorni dell'anno) dei livelli consentiti di PM10 e PM2,5 consentiti dalla normativa vigente; 25 parallelamente il biossido di azoto (NO2), un inquinante secondario le cui fonti principali sono il trasporto su strada, il riscaldamento e i processi di combustione industriali, rappresenta ancora uno dei maggiori problemi irrisolti per quanto riguarda la sua concentrazione negli ambienti urbani; con riguardo al territorio nazionale, ed eccettuate le grandi città, l'area della pianura padana risulta la macro-area maggiormente interessata da tali fenomeni di inquinamento dell'aria; in particolare, e a titolo d'esempio, la relazione stilata nel 2012 dall'Agenzia regionale per la protezione ambientale della regione Piemonte sulla qualità dell'aria nel comune di Alessandria — le cui risultanze sono state sostanzialmente confermate anche per il 2013 e parte del 2014 — ha rilevato una mediocre qualità dell'aria nel suddetto territorio, con superamenti ripetuti dei limiti annuali/giornalieri di PM10, dei limiti annuali per gli ossidi di azoto e dei livelli di ozono estivo; i dati indicano che nei primi 45 giorni dell'anno, a metà febbraio, si raggiungono già i 35 giorni di superamenti consentiti per legge, ad indicare che nei primi due mesi dell'anno si registra quasi un superamento al giorno; sempre secondo tale relazione «Questi episodi, non infrequenti nel corso degli inverni di pianura, determinano delle situazioni di accumulo pericolose per la salute, a cui si associa anche un aumento di ricoveri e decessi per malattie alle via respiratorie»; per quanto riguarda l'inquinamento da ozono, Alessandria presenta un livello significativo di inquinamento in periodo estivo, comparabile con i livelli registrati nelle altre stazioni urbane della regione Piemonte, confermando un trend negativo relativo a tutto il Nord Italia; secondo la citata relazione, dunque, permangono «per Alessandria condizioni di criticità sia per quanto riguarda le polveri fini PM10 e PM2,5 sia per il biossido di azoto, soprattutto in periodo invernale, mentre si riscontra un elevato inquinamento da ozono in periodo estivo. I parametri non mostrano variazioni di rilievo negli ultimi anni»; per far fronte a tali fenomeni appare estremamente importante e urgente intraprendere una serie di azioni integrate e tra loro ben coordinate volte ad incidere sull'efficienza del trasporto pubblico locale, ad implementare le reti ferroviarie, regionali e nazionali, ad incentivare l'abbandono del trasporto su gomma delle merci, nonché a ridisegnare l'assetto delle competenze istituzionali in ordine alla gestione di queste problematiche, le quali minacciano da vicino la salute dei cittadini; con particolare riguardo a tale ultimo aspetto, è evidente come lo Stato non possa limitarsi a predisporre solo i limiti massimi di inquinamento (abbandonando a sé stessi comuni e regioni), essendo invece necessario un suo intervento fattivo — di concerto con le regioni e gli enti locali — al fine di mantenere una qualità dell'aria in linea con tali limiti –: se il Ministro interrogato non reputi necessario, data la gravità della situazione, adottare, nell'ambito delle proprie competenze, o di concerto con gli altri dicasteri, le opportune iniziative, anche di 26 carattere normativo, al fine di definire una nuova strategia nazionale nei confronti del fenomeno dell'inquinamento dell'aria nei centri urbani, e in particolare in quelli del Nord Italia. (4-05649) Interrogazione a risposta scritta: sulla decisione di caricare le perdite delle centrali termoelettriche sulla bolletta dell'energia GRIMOLDI (LNA) — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: il decreto ministeriale 30 giugno 2014, in attuazione dell'articolo 1, comma 153, della legge 27 dicembre 2013, ha fissato le modalità di remunerazione della capacità produttiva delle centrali a cicli combinati a gas, per la fornitura di servizi di flessibilità che le stesse mettono a disposizione del sistema elettrico; l'intervento normativo dovrebbe garantire la sicurezza del sistema elettrico e la copertura dei fabbisogni di rete, senza aumento dei prezzi e delle tariffe dell'energia elettrica per i clienti finali; con il riconoscimento di tale meccanismo di remunerazione, le centrali termoelettriche si renderebbero quindi disponibili ad un aumento di capacità produttiva per supplire all'eventuale insufficiente erogazione di energia da impianti alimentati da fonti rinnovabili; dal 2007 al 2013, per effetto della crisi, la domanda di energia elettrica in Italia è scesa da 340 a 318 terawattora, mentre dal 2007 al 2011 la potenza disponibile da fonti rinnovabili è aumentata da 22 gigawatt a 41 gigawatt; le centrali termoelettriche sono oggi in difficoltà, in quanto il numero di ore di funzionamento è in diminuzione, determinando per i gestori l'impossibilità di rientrare degli investimenti effettuati nel settore; con decisione molto discutibile le perdite delle centrali termoelettriche sono state caricate sulla bolletta dell'energia, facendo pagare agli utenti finali la maggior sicurezza derivante dalla presenza di centrali inattive o quasi che potrebbero supplire all'eventuale insufficiente erogazione degli impianti a fonti rinnovabili –: quali iniziative, anche di carattere finanziario, il Ministro intenda adottare per far sì che le misure di remunerazione degli impianti termoelettrici, di cui al decreto ministeriale 30 giugno 2014, non gravino sulla bolletta elettrica a carico dei consumatori finali. (4-05635) Risposta del Sottosegretario per lo sviluppo economico Simona Vicari all’interrogazione sulle possibili connessioni tra attività di fracking e terremoti di CRIPPA (M5S). n. 5-02930 Si conferma che il Ministro è a conoscenza dei risultati della International Commission on Hydrocarbon Exploration and Seismicity in the Emilia Region, detta Commissione ICHESE. 27 La Commissione ICHESE è stata incaricata di valutare le possibili relazioni tra attività di esplorazione per idrocarburi e aumento dell'attività sismica nell'area colpita dal terremoto dell'Emilia-Romagna nel mese di maggio 2012. La Commissione è stata costituita nel Dicembre 2012 con Decreto del Capo del Dipartimento della Protezione Civile, su richiesta del Presidente della Regione Emilia Romagna nella sua veste di Commissario delegato per la Ricostruzione, e ha terminato i suoi lavori nel Febbraio 2014, consegnando alla Protezione Civile il Rapporto ICHESE nei tempi e nei modi previsti. Il rapporto è stato consegnato immediatamente al Presidente della Regione Emilia Romagna. Si sottolinea, al riguardo, che la Commissione ha escluso, che la sequenza sismica dell'Emilia sia stata indotta, ossia provocata completamente dalle attività antropiche svolte nelle tre concessioni di sfruttamento di idrocarburi di Mirandola (con incluso il campo di Cavone), Spilamberto e Recovato, nel campo geotermico di Casaglia (Ferrara) e nel giacimento di stoccaggio di gas naturale di Minerbio, tutte concessioni insistenti in un'area di circa 4000 Km2, definita d'interesse, su basi sismo-tettoniche, per l'analisi in oggetto e che include la zona nella quale si è manifestata attività sismica del 2012. Le attuali conoscenze tecnico-scientifiche, tuttavia, non consentono di avere un quadro completo per poter escludere o confermare che le attività del sottosuolo, con particolare riferimento al sito produttivo di «Cavone», Mirandola (MO), possano aver anticipato il momento in cui il terremoto sarebbe comunque avvenuto in maniera naturale a causa dell'energia già accumulata nelle faglie. Per questi motivi, la Commissione ha previsto una serie di «Raccomandazioni», tese a reperire un congruo quantitativo di dati e di elementi di studio, derivabili, ad esempio, da idonei sistemi «di monitoraggio ad alta tecnologia finalizzati a seguire l'evoluzione nel tempo dei tre aspetti fondamentali: l'attività microsismica, le deformazioni del suolo e la pressione di poro». Il Ministero dello sviluppo economico, pertanto, si è tempestivamente attivato costituendo, in data 27 Febbraio u.s., un Gruppo di Lavoro di esperti nazionali di chiara fama (nominati da Protezione Civile, INGV, enti di ricerca, Università) per la definizione di indirizzi e linee guida dell'attività di monitoraggio. La predisposizione delle linee guida, pressoché ultimate, ha permesso d'individuare le modalità per assicurare la massima trasparenza e oggettività dei monitoraggi stessi e della divulgazione delle informazioni, nonché i criteri e le procedure per l'individuazione delle strutture che, in base alle proprie competenze, potranno gestire le reti di monitoraggio, analizzare i dati che verranno raccolti e renderli disponibili alle società che svolgono attività di coltivazione e stoccaggio di idrocarburi. Riguardo all'intenzione del MiSE di trasmettere la documentazione della Commissione ICHESE e fornire gli elementi a riguardo, si rappresenta che il Rapporto ICHESE è liberamente consultabile da chiunque in quanto pubblicato integralmente sul sito della Regione EmiliaRomagna 28 (http://ambiente.regione.emiliaromagna.it/geologia/notizie/primopiano/commissione-ichese-online-il-rapporto-integrale), oltre che sul sito istituzionale dello stesso Ministero dello sviluppo economico(http://unmig.mise.gov.it/unmig/agenda/dettaglionotizia.asp ?id=175). Per quanto riguarda, invece, i progetti di ricerca e coltivazione d'idrocarburi a terra, si rappresenta che è compito delle Regioni valutarne la compatibilità ambientale. I programmi di lavoro, relativi ai progetti di ricerca e coltivazioni, sono invece autorizzati dal Ministero dello Sviluppo Economico e devono essere congruenti con la documentazione necessaria alla valutazione di compatibilità ambientale. Si segnala in particolare che, per quanto riguarda la tecnica di fratturazione idraulica, essa viene utilizzata per l'estrazione dello shale gas e che, anche in considerazione delle raccomandazioni della Commissione Europea, essa va distinta dal processo di stimolazione dei pozzi tramite fluidi pressurizzati. Nella tecnica petrolifera si parla genericamente di «fratturazione idraulica», ogni volta che si verifica il superamento del regime di iniettività delle rocce ovvero ogni volta che si inietta in sotterraneo del fluido ad una pressione superiore a quella di fratturazione della roccia, indipendentemente dalle pressioni utilizzate e dalle quantità iniettate: tuttavia agendo su questi due parametri di governo si ottengono scenari di processo completamente diversi. Per una trattazione rigorosa della problematica, è doveroso fare una distinzione tra il fracking o fratturazione idraulica ad alto volume utilizzata per la coltivazione d'idrocarburi da shale rocks (la tecnica produttiva che, come riportano gli Onorevoli Interroganti, sta destando molteplici preoccupazioni nel mondo) e la stimolazione tramite fluidi pressurizzati, in uso anche nei «giacimenti convenzionali» – gli unici coltivati in Italia. Le due attività in oggetto presentano metodologie operative non paragonabili tra loro, finalità totalmente diverse ma, soprattutto, hanno un impatto sul territorio notevolmente differente. Infatti, lo scopo della «stimolazione tramite fluidi pressurizzati», è quello di migliorare le proprietà petrofisiche della roccia nel limitato spazio dell'intorno pozzo e di ripristinare l'efficienza dei pozzi già in produzione. Si tratta di interventi di limitata invasività laterale, sostanzialmente limitati ai primi metri di roccia nell'intorno del pozzo (circa max 20 m). Tale tecnica è ben conosciuta ed è normalmente applicata nell'industria petrolifera fin dagli anni ’50. Un intervento di «stimolazione del giacimento» è localizzato al di sotto della copertura impermeabile, le fratture indotte rimangono ben all'interno del giacimento non compromettendo l'integrità delle rocce sovrastanti. Discorso diverso deve essere fatto per quanto riguarda l'utilizzo della tecnica di fratturazione idraulica ad alto volume che si applica per la coltivazione del gas e dell'olio imprigionati dagli scisti argillosi, rocce che non erano considerate sfruttabili fino a pochi anni fa a causa della loro permeabilità praticamente nulla, e che hanno assunto rilievo economico soprattutto nel Nord America. In questo caso la fratturazione idraulica massiva è una vera e propria metodologia di coltivazione e viene applicata in modo continuo e 29 ripetuto per produrre artificialmente la permeabilità che, naturalmente, la roccia non ha. Inoltre le formazioni geologiche denominate «shale rock» sono caratterizzate da limitati spessori e, per essere di rilievo commerciale, devono avere ampie estensioni superficiali. È quindi necessaria la perforazione di molteplici pozzi, tipicamente con rami orizzontali di grande estensione (dell'ordine dei chilometri) e un'attività di fratturazione molto spinta. Le circostanze enunciate determinano forti impatti sul territorio e nel contesto ambientale in cui si trova il giacimento. Per i suddetti motivi, in considerazione del fatto che le due tecnologie presentano metodologie operative, tempi di esecuzione, volumi impiegati, scopi e impatti sul territorio non paragonabili tra loro, non risulta possibile rinvenire caratteri analoghi tra le tecniche di «stimolazione con fluidi pressurizzati» e «fratturazione idraulica ad alto volume» in uso per la coltivazione di shale gas. Per quanto riguarda la Concessione di coltivazione «TERTIVERI», che ha come rappresentante unico la società ENI S.p.A., si rappresenta quanto segue. Il giacimento convenzionale a gas di Roseto-Montestillo è situato vicino al margine nord orientale del cosiddetto bacino Pugliese ed è attualmente in produzione sotto la gestione di ENI E&P, in particolare tramite gli uffici del Distretto Meridionale (DIME). Nella concessione di coltivazione «Tertiveri» sono stati eseguiti interventi di stimolazione mediante fluidi pressurizzati, come sopra illustrato, mentre si esclude che si sia proceduto alla fratturazione idraulica ad alto volume per la coltivazione di gas da scisto. L'operazione è consistita nell'iniezione di un fluido a base acquosa con aggiunta di anidride carbonica (un gas inerte), al fine di minimizzare l'immissione di fluidi nel sottosuolo e garantire le migliori proprietà di viscosità in termini di efficienza di intervento. Per questa tipologia di interventi convenzionali, con la stimolazione in oggetto, non sono state interessate né la copertura rocciosa impermeabile né le altre sequenze litologiche più superficiali. Per quanto riguarda «FIUME BRUNA», di cui è titolare la INDEPENDENT ENERGY SOLUTIONS, si rappresenta quanto segue. Attualmente è vigente solo un permesso di ricerca, quindi non vi è stata alcuna produzione d'idrocarburi. Sono stati eseguiti interventi di stimolazione di un pozzo connessi ad una prova di produzione nei quali è stata autorizzata l'iniezione di una quantità di acqua pari a 90 metri cubi nell'intero processo, quantità nettamente inferiore ai 10000 metri cubi indicati dalla Commissione Europea per identificare il processo di fratturazione ad alto volume sopra citato. Per quanto riguarda la domanda su quanti e quali siano i pozzi presenti in Italia nei quali venga utilizzata la modalità definita fracking al fine di estrarre shale gas e shale oil come sperimentazione o ricerca d'idrocarburi si rappresenta, infine, quanto segue. Il Ministero dello Sviluppo Economico non ha mai autorizzato sul territorio Nazionale la ricerca e la coltivazione di «shale gas» tramite fratturazione idraulica e, ad oggi, non sono pervenute istanze per la ricerca o la coltivazione di gas o olio da «shale rock». Risulta quindi pari a zero il numero di pozzi autorizzati in Italia nei quali è 30 utilizzata la tecnica di fracking per la produzione di shale gas o shale oil. Si specifica che, secondo le conoscenze geologiche attuali, non esistono, sul territorio Nazionale, giacimenti di gas o olio da scisto di rilevanza commerciale e che, comunque, la significativa urbanizzazione dello stesso territorio renderebbe impraticabile la tecnologia della fratturazione idraulica ad alto volume. Pertanto, allo stato attuale, nel nostro Paese la fratturazione idraulica per la coltivazione di shale gas è esclusa dalla Strategia Energetica Nazionale, approvata con Decreto Interministeriale MISE – MATTM, l'8 marzo 2013, nella quale è chiaramente indicato che «il Governo non intende perseguire lo sviluppo di progetti in aree sensibili in mare o in terraferma, ed in particolare quelli di «shale gas». Di seguito il testo dell’interrogazione — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: come si evince da un articolo pubblicato dal sito web «www.ilfattoquotidiano.it» in data 6 novembre 2013 e dalle altre maggiori testate online, l’ex Amministratore delegato di ENI s.p.a. Paolo Scaroni ha rilasciato ai microfoni di Radio 1 alcune preoccupanti dichiarazioni riguardo l'approvvigionamento italiano di gas; Scaroni nel suo intervento dichiara che, secondo la sua opinione, sarebbe arrivato il momento che «anche l'Europa viva la rivoluzione dello Shale Gas che è all'origine dell'abbassamento dei costi degli Stati Uniti»; lo shale gas è ottenuto dalla frantumazione delle rocce profonde grazie all'immissione di acqua ad alta pressione mista a sostanze chimiche (detto anche «fracking»); desta perplessità come ENI, società di fatto controllata dallo Stato considerando una quota azionaria superiore al 30 per cento dei pacchetti del Ministero dell'economia e delle finanze e della Cassa depositi e prestiti, abbia tenuto pubblicamente una posizione sull'approvvigionamento energetico non prevista dal percorso «ufficiale» avviatosi con la SEN, considerati inoltre i dubbi in merito che resistono nelle comunità scientifica ed economica; nel dicembre 2009 la Schlumberger Oilfield Services, la più grande compagnia al mondo di servizi alle società petrolifere, ha affermato che il bacino del Po è un «potenziale bacino di shale gas»; la compagnia di esplorazione petrolifera Exoma, nel maggio 2010, ha rivelato agli investitori che nella valle del Po ci sarebbero 28 trilioni di piedi cubi di metano, sufficienti a coprire 10 anni di consumi italiani; nell'ultimo rapporto del World Energy Council, un'altra tabella rivela che l'Italia possiederebbe 73,000 milioni di barili di petrolio da scisto, pari a 125 anni di consumi nazionali; davanti a questi dati, il dirigente di ricerca del CNR di Bologna Nicola Armaroli, durante la puntata del programma televisivo d'inchiesta Report del 12 maggio 2014 dal titolo Shale Caos, ha risposto 31 che «di questi dati ogni tanto ne saltano fuori, se ne parla, però, sostanzialmente non c’è nulla di concreto»; il «fracking», dopo essere stato vietato nello Stato di New York grazie ad una moratoria nel 2008 (così come Argentina e California), è stato recentemente messo in discussione anche in Germania. Come si apprende, infatti, dall'agenzia Adnkronos del 7 giugno 2013 «i ricercatori del Consiglio consultivo tedesco per l'ambiente (SRU) hanno [...] pubblicato uno studio nel quale si afferma che il gas estratto dalla frantumazione delle rocce profonde mediante l'immissione di acqua ad alta pressione mista a sostanze chimiche [...] è economicamente poco sostenibile. [...] Gli scienziati anzi raccomandano al governo di Berlino di esercitare la massima cautela per quanto riguarda questa nuova tecnologia di estrazione perché non si è ancora in grado di valutarne l'effettivo impatto ambientale. [...] Riguardo poi alla competizione con gli Stati Uniti gli scienziati sostengono che non è lo Shale Gas a fare la differenza sulla diversa velocità di crescita degli Stati Uniti rispetto all'Europa ed alla Germania, quanto piuttosto l'indebolimento del dollaro calato del 30 per cento rispetto all'euro. Per quanto poi riguarda la corsa allo Shale Gas statunitense, gli scienziati sostengono che c’è il fondato sospetto che questa possa essere una gigantesca bolla speculativa destinata a sgonfiarsi nei prossimi anni»; alle dichiarazioni in merito dell’ex amministratore delegato di ENI s.p.a. si sono aggiunte quelle rilasciate nel giro di pochi giorni dall'allora Ministro dello sviluppo economico Flavio Zanonato che, secondo l'agenzia ANSA, in data 10 ottobre 2013 dichiarò che in Italia lo Shale Gas «non si può estrarre, punto, quindi non lo consentiamo. [...] Non si capisce perché deve continuare la polemica su una cosa che non si può fare. [...] Non c’è lo Shale Gas in Italia in misure significative per poterlo estrarre e vendere, quindi il problema proprio non si pone»; all'interno della Strategia Energetica Nazionale (SEN) è chiaramente specificato che «[...] il Governo non intende perseguire lo sviluppo di progetti in aree sensibili in mare o in terraferma, ed in particolare quelli di shale gas»; in data 21 maggio 2013, durante il suo discorso alla Camera dei deputati, il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore Enrico Letta ha dichiarato che «per noi la priorità assoluta in campo energetico resta lo sviluppo delle fonti rinnovabili» rivendicando «un atteggiamento aperto e non penalizzante per lo sfruttamento delle fonti di energia prodotte in Europa, come lo Shale Gas»; numerose inchieste condotte in altri Stati da importanti organi di informazione hanno evidenziato i possibili rischi ambientali e sociosanitari legati alle operazioni difracking; secondo l'articolo pubblicato domenica 2 dicembre 2012 sul sito web della testata «The Independent», parrebbe che durante le operazioni di fracking in Texas (U.S.A.) sia stato utilizzato un componente di cui non si conoscerebbe l'esatta composizione, ma solo il nome (EXP-F0173-11). 32 La non identificazione del sopracitato elemento preoccuperebbe la popolazione texana dato il presentarsi di danni a reni e fegato a cittadini direttamente esposti alle perforazioni; all'interno del rapporto del 2011 della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti intitolato «Prodotti chimici usati nel fracking» si può leggere come le aziende avrebbero usato più di 2.500 prodotti per la fratturazione idraulica che avrebbero contenuto a loro volta 750 diverse sostanze chimiche (molte delle quali catalogate come cancerogene) e/o pericolosi inquinanti atmosferici; gran parte di questi prodotti sarebbero coperti da segreto industriale e, all'interno del rapporto del 2011 sopracitato, si può notare come le compagnie stesse dichiarino di iniettare fluidi di cui non conoscono contenuto e rischi per la salute umana; come riportato dalla versione online del quotidiano «New York Times» in data 26 febbraio 2011, si sarebbero rilevati altissimi livelli di radiazioni nei pressi dei pozzi artesiani confinanti con i siti di estrazione di shale gas (in alcuni casi, sono stati rilevati livelli di radiazioni 1500 superiori a quelli consentiti dalla legislazione americana); lascia perplessi anche il fattore di sostenibilità del progetto. Come riportato dall'osservatorio internazionale «PR Watch», emergerebbe che ogni pozzo dal quale si estrarrebbe shale gas necessiterebbe dai 2 ai 4 milioni di galloni di acqua per poter essere pienamente operativo (dato che si traduce nella produzione di 7-14 milioni di litri di acqua satura di sostanze chimiche); come dichiarato da Leonardo Maugeri, fino al 2011 direttore strategie e sviluppo ENI e oggi consulente energia per l'amministrazione Obama, durante la puntata di Report summenzionata, «un pozzo di shale, dopo un anno di produzione, ha già esaurito il 50 per cento di quello che può darle. Quindi, lei per continuare a tener viva la produzione di shale, sia di shale gas o di shale oil, deve perforare di continuo. E come una groviera, no ? Deve fare un pozzo; una volta che quel pozzo ha dato il massimo che poteva dare, quindi lei mette una pompa e passa a trivellare subito da un'altra parte e poi passa a trivellare da un'altra parte e poi a trivellare da un'altra parte. Quindi quello che lei ha è un'intensità di perforazione sconosciuta al resto del mondo»; come riportato dall'articolo sulla versione online del Sole 24 Ore del 27 agosto 2013 «Ora ci si mettono anche gli scienziati lanciando l'allarme su una possibile correlazione tra estrazione di Shale Gas e terremoti. A dirlo è uno studio che sarà pubblicato sulla rivista «Hearth and planetary science letters». Secondo gli autori, la grande quantità di Shale Gas estratta nel sud del Texas dal giacimento dell'area denominata Eagle Ford Shale, sarebbe la causa di un'ondata di piccoli terremoti registrati nella zona»; nel caso italiano, come si può notare dalla «Mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale» (Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri 3519/2006) aggiornata al luglio 2006, gran parte del territorio è interessato dal rischio sismico e si rischierebbe un potenziale aggravio della 33 situazione considerando l'ingente iniezione di fluidi necessaria durante le operazioni fracking; durante l'incontro interparlamentare intitolato «Il mercato interno dell'energia per il XXI secolo», che si è svolto a Bruxelles il 17 dicembre 2013 Randall Bowie, direttore dell’«European Council for an Energy Efficient Economy» (organizzazione non governativa che produce studi ed analisi in materia di efficienza energetica), ha affermato che «[...] il gas di scisto deve essere valutato con attenzione, ma non penso che possa essere un'opzione sostenibile e percorribile. [...] la parte occidentale degli Stati Uniti non è popolata a causa delle continue estrazioni di Shale Gas e con l'avanzare del tempo vi sarà un progressivo esaurimento delle risorse che porterà ad un aggravarsi della situazione ambientale. [...]»; il 7 settembre 2012, la Commissione europea ha pubblicato alcuni studi sui combustibili fossili non convenzionali, (con particolare riguardo allo shale gas). Alcuni di questi studi analizzano il potenziale impatto climatico della produzione di gas di scisto e dei rischi potenziali che il fracking che possono presentarsi per la salute umana e per l'ambiente; lo studio sull'impatto climatico («Climate impact of potential shale gas production in the EU») dimostrerebbe che l'estrazione di shale gas nell'Unione europea causerebbe maggiori emissioni di gas serra rispetto all'estrazione dei gas naturali convenzionali; l'analisi della Commissione europea sugli impatti ambientali («Environmental Aspects on Unconventional Fossil Fuels») porterebbe inoltre a dire che l'estrazione dishale gas in generale ha un impatto ambientale maggiore rispetto all'estrazione dei gas convenzionali; in tale studio vengono sottolineati tangibili rischi di contaminazione delle acque superficiali e sotterranee con una conseguente pesante diminuzione delle risorse idriche;la pubblicazione evidenzierebbe anche le alte probabilità di inquinamento acustico e dell'aria oltre a un eccessivo consumo del suolo e disturbo alla biodiversità; sempre Report riporta come il 22 aprile 2014 un tribunale texano ha condannato una piccola compagnia petrolifera a risarcire con 3 milioni di dollari una famiglia proprio per danni alla salute causati «oltre ogni ragionevole dubbio» dai liquidi prodotti durante le operazioni di fracking; John Armbruster, sismologo della Columbia University, ha dichiarato ai microfoni della trasmissione di Rai Tre che «A dicembre del 2010 è stato trivellato un pozzo tra la Pennsylvania e Ohio. Nei nove mesi a seguire sono stati percepiti 9 terremoti. E la notte di Natale del 2011 abbiamo registrato un terremoto di magnitudo 3, l'epicentro si trovava entro un km dal fondo del pozzo. A quel punto l'agenzia che regolava questo pozzo ha stabilito che non si potevano più iniettare liquidi nel terreno [in quanto] quel punto era abbastanza evidente che tutto quel pompaggio stava provocando i terremoti. [Le aziende petrolifere ed estrattrici di gas] non dichiareranno mai pubblicamente che sono stati loro a causare i terremoti»; l'11 aprile 2014 la rivista americana «Science» ha pubblicato un articolo intitolato «L'attività umana può aver innescato il disastroso terremoto italiano»; i terremoti a cui fa riferimento l'inchiesta 34 sopracitata sono quelli di magnitudo 5.9 e 5.8 della scala Richter che hanno provocato, il 20 e il 29 maggio 2012, 47 vittime e danni valutati per oltre 13 miliardi di euro in Emilia Romagna; l'articolo sarebbe basato su una fuga di notizie legata al rapporto della commissione internazionale chiamata a studiare il caso il quale pare giacesse presso gli uffici della regione da quasi 2 mesi; prendendo ulteriormente spunto dalla puntata di Report sopracitata, si viene a conoscenza del fatto che presso Ribolla, frazione del comune di Roccastrada (Grosseto), avrebbe avuto luogo quella che può essere considerata, secondo le informazioni attuali, la prima, ma non unica, fratturazione idraulica in Italia presso la concessione fiume Bruna all'interno di una vecchia miniera di carbone; tale affermazione è confermata anche dal Country Manager di «Independent Resources plc», società titolare del permesso di perforazione presso il sito di Ribolla, durante la puntata di Report del 12 maggio 2014: «Abbiamo fatto, per la precisione, una microstimolazione ed era finalizzata a comprendere la natura del sottosuolo e le eventuali potenzialità di produzione del gas da quel territorio [...] abbiamo utilizzato 100 metri cubi di acqua, ed era finalizzata proprio esclusivamente a comprendere la natura di quella risorsa mineraria. [oltre ad acqua abbiamo utilizzato] Proppante. [...] Sono delle micro palline di ceramica [...] che servono a tenere aperte le fratture.»; sempre nella puntata di Report sopracitata, il sindaco di Roccastrada, Giancarlo Innocenzi commenta così la vicenda: «In via postuma abbiamo preso conoscenza che è stato fatto anche del fracking in uno dei pozzi. [...] Di solito per la normativa, diciamo, attualmente in vigore non prevede la descrizione specifica precisa, diciamo, delle tecniche di perforazione»; come dichiarato dai ricercatori ENI Luis E. Granado, Roberta Garritano, Raffaele Perfetto, Roberto Lorefice e Roberto L. Ceccarelli all'interno dello studio pubblicato in data 15 maggio 2013 a loro firma dal titolo «Revitalizing Mature GasField Using Energized Fracturing Technology In South Italy», parrebbe che la stessa ENI abbia «rivitalizzato» il giacimento di Roseto-Montestillo, nei pressi di Lucera (Foggia), concessione «Tertiveri» tramite fratturazione idraulica; nelle documentazioni reperibili sul sito del Ministero dello sviluppo economico riferite a tale concessione non vi sono riferimenti a tale operazione; il territorio della zona in questione è caratterizzato da un ingente sfruttamento agricolo, da una scarsa disponibilità idrica e da un alto rischio sismico –: se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei risultati del rapporto della commissione internazionale sopracitato in cui non si esclude che la mano umana possa avere contribuito ai sismi del 20 e 29 maggio in Romagna; se intendano trasmettere la necessaria documentazione in merito e fornire ogni elemento utile al riguardo; se vi sia l'obbligo da parte delle società concessionarie dei diritti di perforazione (da estrazione a 35 operazioni di ricerca) di indicare all'interno dei procedimenti di valutazione di impatto ambientale e autorizzazione integrata ambientale la volontà da parte delle stesse di praticare o meno sui pozzi di loro competenza il fracking; se nei procedimenti di valutazione di impatto ambientale e autorizzazione integrata ambientale legati ai permessi «fiume Bruna», presso la frazione Ribolla del Comune di Roccastrada (Grosseto) e «Terviteri», presso Lucera (Foggia) fosse specificata l'intenzione da parte della «Independent Resources plc» e di ENI di praticare una fratturazione idraulica presso i siti sopracitati; nel caso in cui vi fosse l'obbligo e se non fosse stata presente la volontà da parte della «Independent Resources plc» e di ENI di praticare il fracking a Ribolla e a Lucera sui procedimenti di valutazione di impatto ambientale e autorizzazione integrata ambientale, se risulti quali iniziative sanzionatorie siano state messe in campo nei confronti delle aziende concessionarie sopracitate a causa di tali eventuali violazioni; in quanti e in quali altri pozzi presenti in Italia venga utilizzata la modalità definita fracking al fine di estrarre shale gas e shale oil o come sperimentazione o ricerca idrocarburi. (5-02930) Risposta del Sottosegretario per lo sviluppo economico, Simona Vicari, all’interrogazione sulla definizione del quadro normativo sulle modalità di connessione alla rete elettrica dei sistemi di accumulo a batteria abbinati a impianti rinnovabili, di BRAGA (PD) n. 5-02986. Con riferimento all'atto proposto, si rappresenta quanto segue. L'impiego crescente di fonti rinnovabili non programmabili ha inevitabilmente imposto l'attenzione sulla necessità di adattare le reti elettriche, rendendo pertanto centrale, anche il tema dell'impiego dei sistemi di accumulo di elettricità. Le fonti rinnovabili più prossime al raggiungimento della grid parity e più idonee alla generazione distribuita sono proprio quelle non programmabili, e in particolare fotovoltaico ed eolico: proprio per questo, il Governo, con i decreti legislativi n. 28 e 93 del 2011, ha introdotto le prime misure per promuovere e disciplinare l'utilizzo dei sistemi di accumulo, rafforzandole e precisandole poi opportunamente, con l'ultimo decreto di disciplina degli incentivi al fotovoltaico (DM 5 luglio 2012). Come evidenziato dagli interroganti, con tale decreto è stato attribuito all'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico (di seguito anche AEEGSI) i compiti di: definire le modalità con le quali i soggetti responsabili possono utilizzare dispositivi di accumulo – anche integrati con gli inverter –, per migliorare la gestione dell'energia prodotta e per immagazzinare la produzione degli impianti; definire le modalità con le quali i gestori di rete possono mettere a disposizione dei singoli soggetti responsabili, eventualmente in alternativa alla soluzione precedente, capacità di accumulo presso cabine primarie. 36 Il Governo ha manifestato, pertanto, evidente attenzione riguardo alla possibilità che i sistemi di accumulo possano integrarsi nel sistema elettrico, contribuendo a garantire la sicurezza e l'efficienza del sistema. Ciò premesso, si ritiene opportuno in primo luogo precisare che il comunicato del GSE del 20 settembre 2013, citato in premessa, fa riferimento esclusivo alla possibilità di integrare sistemi di accumulo in esistenti impianti che accedono a tariffe incentivanti e risponde al fine specifico e condivisibile di garantire la correttezza della gestione del sistema di sostegno, in modo che l'incentivo, a carico dei consumatori elettrici sia effettivamente destinato alla sola energia già ammessa all'incentivo medesimo, esigenza che verrebbe a essere pregiudicata da un inserimento di sistemi di accumulo secondo regole e sistemi non codificati. Si ricorda in proposito che la totalità degli impianti incentivati, quasi 18.000 MW, non erano dotati, all'atto dell'ammissione agli incentivi, di sistemi di accumulo. L'onere annuo di incentivazione per tali impianti ammonta a circa 6,7 miliardi di euro: è dunque comprensibile che, fino all'attuazione della disposizione da parte dell'AEEGSI, il GSE sia costretto ad adottare in via temporanea tutte le cautele necessarie alla corretta contabilizzazione dell'energia da incentivare. In relazione alle preoccupazioni manifestate dagli interroganti circa l'urgenza di un'esaustiva regolamentazione dei sistemi di accumulo, che richiede il contributo di più soggetti, si fa presente che il Governo considera una priorità per gli impianti a fonte rinnovabile non programmabile la realizzazione di configurazioni che consentano di migliorare la loro integrazione con il sistema elettrico e con le ordinarie regole di mercato, vista la particolare capacità di penetrazione dimostrata sul mercato nazionale. Al fine di perseguire questo obiettivo, il Ministero dello Sviluppo Economico, nei limiti consentiti dalle prerogative di indipendenza del regolatore, ha sensibilizzato gli Uffici dell'Autorità circa la necessità di dare piena attuazione alle previsioni di cui al citato decreto ministeriale 5 luglio 2012, allo scopo di consentire l'ordinato sviluppo del settore e delle relative tecnologie. Ci si attende quindi che, anche nelle more del completamento da parte del CEI (Comitato Elettrico Italiano) della definizione dei requisiti tecnici dei sistemi di accumulo, entro l'estate questa disciplina sull'inserimento di sistemi di accumulo in impianti connessi alla rete sia definita e siano, anche, dettate le disposizioni essenziali per regolare la prestazione di servizi di rete. Parimenti, dopo l'emanazione della predetta delibera, il MiSE vigilerà affinché il GSE si attivi sollecitamente per la sua attuazione, adottando i conseguenti provvedimenti di dettaglio e le regole applicative necessarie per consentire l'ordinato sviluppo del settore e delle relative tecnologie, nel rispetto delle esigenze di corretta gestione degli incentivi. 37 Di seguito il testo dell’interrogazione. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: il forte incremento della generazione distribuita, in gran parte dovuto alle cosiddette fonti rinnovabili non programmabili – FRNP (fotovoltaico, eolico, idroelettrico ad acqua fluente, biogas...) verificatosi negli ultimi anni, ha contribuito a porre sempre più l'attenzione dei regolatori e degli operatori sulla necessità di gestire meglio i flussi di energia elettrica intermittenti connessi alle suddette FRNP transitanti nella rete e di ottimizzare le attività di dispacciamento sulla medesima rete, in modo da minimizzare gli oneri per i consumatori finali, utilizzando ai diversi livelli della rete stessa i sistemi di accumulo a batteria (di seguito ESS – electrical storage systems); il crescente interesse verso questa soluzione si è manifestato non solo a livello di operatori di rete (TSO-DSO), ma anche a livello di produttori di energia elettrica, sia di grande e media taglia che di piccola e piccolissima taglia (prosumer), ad esempio per massimizzare, in maniera sempre più efficiente ed intelligente, la quota di energia elettrica prodotta da FRNP e direttamente autoconsumata; anche l'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico (AEEGSI) ha posto attenzioni sul problema nei suoi atti regolatori (delibera 199/11 e successive modificazioni e integrazioni per il periodo regolatorio 2012-2015), prevedendo la maggiorazione del tasso di remunerazione degli investimenti per la realizzazione di progetti pilota in sistemi di accumulo a batteria – ESS, sia nell'ambito di ottimizzazione delle attività di trasmissione, che di quelle di distribuzione dell'energia elettrica nel nostro Paese. Per la parte trasmissione, come noto, sono stati già avviati da TERNA i primi progetti sia di tipo «energy intensive» (35 megawatt), che di tipo «power intensive» (16 megawatt già avviati – 24 megawatt da avviare); il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 5 luglio 2012, meglio conosciuto come V conto energia, all'articolo 11, comma c) e d), ha conferito un ulteriore mandato all'AEEGSI di definire: c) le modalità con le quali i soggetti responsabili possono utilizzare dispositivi di accumulo, anche integrati con gli inverter, per migliorare la gestione dell'energia prodotta, nonché per immagazzinare la produzione degli impianti nei casi in cui, a seguito dell'attuazione di quanto previsto alla lettera precedente, siano inviati segnali di distacco o modulazione della potenza; d) le modalità con le quali i gestori di rete possono mettere a disposizione dei singoli soggetti responsabili, eventualmente in alternativa alla soluzione precedente, capacità di accumulo presso cabine primarie; in ambito CEI, anche con il mandato dell'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico, il CT 316 ha sottoposto ad inchiesta pubblica le varianti delle norme tecniche CEI 016 (per MT) e CEI 0-21 (per BT), relative alle connessioni alle reti elettriche dei distributori che 38 contemplano le definizioni dei sistemi di accumulo ed i relativi schemi di connessione alla rispettive reti, comprensivi del posizionamento e delle caratteristiche funzionali dei contatori per la misura dell'energia elettrica; le diverse osservazioni pervenute dall'inchiesta pubblica, che è rimasta in consultazione da agosto a settembre 2013, sono stata recepite nelle varianti alle norme tecniche CEI 0-16 e CEI 0-21 IIIa edizione pubblicate nel mese di dicembre 2013. Le due varianti introducono schemi di connessione dei sistemi di accumulo elettrochimico alle reti elettriche di media e bassa tensione, anche in abbinamento ad impianti di generazione FER incentivati, o soggetti a regimi semplificati (scambio sul posto o ritiro dedicato); sulla base di queste varianti l'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico ha inteso proporre una disciplina transitoria per la prima regolazione di altri aspetti che non sono di competenza CEI, quali quelli tariffari, dispacciamento, e altro facendoli confluire nel documento di consultazione n. 613 del 2013 «prime disposizioni sui sistemi di accumulo-orientamenti», pubblicato il 19 dicembre 2013 e con scadenza per invio delle osservazioni il 31 gennaio 2014; in data 20 settembre 2013 il Gestore dei servizi energetici (GSE) ha pubblicato sul proprio portale web la seguente comunicazione: «Con riferimento alle richieste di chiarimenti pervenute al GSE in merito alla possibilità d'installazione di sistemi di accumulo su impianti già ammessi agli incentivi, si precisa quanto segue. Nelle more della definizione e della completa attuazione del quadro normativo e delle regole applicative del GSE per l'utilizzo dei dispositivi di accumulo, ai fini della corretta erogazione degli incentivi, non è consentita alcuna variazione di configurazione impiantistica che possa modificare i flussi dell'energia prodotta e immessa in rete dal medesimo impianto, come ad esempio la ricarica dei sistemi di accumulo tramite l'energia elettrica prelevata dalla rete. A tal proposito si rammenta che il GSE, nel caso in cui dovesse accertarne la sussistenza, nell'ambito delle verifiche effettuate ai sensi dell'articolo 42 del decreto legislativo n. 28 del 2011, applicherà le sanzioni previste dal medesimo articolo, ivi inclusa la decadenza dal diritto agli incentivi e il recupero delle somme già erogate»; a seguito di tale pronunciamento del GSE, il nascente mercato italiano delle soluzioni domestiche e di quelle per le piccole e medie imprese finalizzate alla massimizzazione dell'autoconsumo nella generazione distribuita da FER non programmabili (fotovoltaico, in particolare) ha subito una repentina battuta d'arresto. Addirittura sono stati disdettati o «congelati» i primi importanti ordini di battery-inverter e sistemi di accumulo di piccola taglia da parte di sistemisti, EPC, integratori di sistemi ed inverteristi, con grande pregiudizio per il futuro rilancio dell'industria elettrica, elettronica ed elettromeccanica italiana, già messa a dura prova dalla lunga situazione di crisi economica ed occupazionale in cui versa il nostro Paese; tale settore riveste un carattere di massima strategicità rappresentando anche uno dei fattori abilitanti più importanti e promettenti per la diffusione degli smart power systems, delle smart grid e delle smart city nel nostro Paese. Tali 39 comparti tecnologici vedono l'industria italiana del settore elettrotecnico elettrico ed elettronico occupare posizioni di eccellenza a livello mondiale, con importantissimi risvolti di carattere non soltanto ambientale, ma anche socio-economico e occupazionale –: quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, intendano adottare per monitorare la emanazione degli indispensabili provvedimenti regolatori ed attuativi, in modo da completare il quadro normativo sulle modalità di connessione alla rete elettrica dei sistemi di accumulo a batteria abbinati a impianti rinnovabili (in particolare fotovoltaici) in ambito sia residenziale, che commerciale ed industriale in particolare, l'emanazione della delibera conseguente al documento di consultazione 613/2013, che dovrà approvare le varianti alle norme tecniche CEI 0-16 e CEI 0-21 che definiscono la connessione alla rete MT e BT dei sistemi di accumulo anche abbinati ad impianti di generazione rinnovabile secondo gli schemi impiantistici già definiti nelle sopraccitate varianti; quali iniziative intendano assumere affinché il GSE si attivi per la rapida e solerte pubblicazione del successivo provvedimento regolamentare attuativo della suddetta emanata delibera sui sistemi di accumulo contenente le disposizioni e procedure operative per i distributori e gli altri soggetti coinvolti per l'organizzazione, la contabilizzazione e la gestione dei flussi di misura dell'energia elettrica in tali contesti, nonché in ambiti affini quali le particolari configurazioni definite dalla delibera AEEGSI n. 578 del 2013 inerente gli SSPC (sistemi semplici di produzione e consumo) e il loro principale sottoinsieme, i SEU (sistemi efficienti di utenza). (5-02986) Risposta del Sottosegretario per lo sviluppo economico, Simona Vicari, all’interrogazione sulle misure per la razionalizzazione della rete dei carburanti, di ABRIGNANI (FI-PDL) n. 5-03117. Il Ministero dello sviluppo economico, attraverso il Tavolo tecnico sulla distribuzione dei carburanti, ha elaborato nel tempo diverse possibili misure volte alla razionalizzazione della rete di distribuzione sia ordinaria che autostradale. Tali misure sono state inserite nel disegno di legge citato dall'On.le Interrogante e costituiscono il risultato di un approfondito dibattito all'interno del predetto Tavolo tecnico cui partecipano tutti gli operatori del settore, Regioni, ANCI, Organizzazioni sindacali (FAIB CONFESERCENTI, FE.GI.CA CISL e FIGISC CONFCOMMERCIO) e le Associazioni di settore (ASSOPETROLI, ANCC COOP, ANCD CONAD, FEDERDISTRIBUZIONE, GRANDI RETI e UNIONE PETROLIFERA). Lo scopo è quello di realizzare un'ampia condivisione e concertazione di norme tese ad avviare una più incisiva ristrutturazione del settore. Tale ristrutturazione è ritenuta da molti non più rinviabile, a causa del forte calo dei consumi di carburante e della numerosità dei punti vendita: infatti da una parte vi è 40 una piena liberalizzazione per l'apertura di nuovi punti vendita e dall'altra il mercato è in sofferenza per l'eccessiva numerosità degli stessi, tra cui alcuni ancora aperti benché incompatibili, come osservato dall'onorevole interrogante. Se vi sono ancora impianti aperti «incompatibili», significa che non è stata compiutamente applicata la normativa che è stata introdotta nel 2011 e nel 2012, finalizzata a un'accelerazione della chiusura dei suddetti impianti. A tal proposito si segnala l'articolo 28 del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98 convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011 n. 111 che, al comma 3, prevede che «entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano emanano indirizzi ai Comuni per la chiusura effettiva degli impianti dichiarati incompatibili ai sensi del decreto del Ministro delle attività produttive in data 31 ottobre 2001, nonché ai sensi dei criteri di incompatibilità successivamente individuati dalle normative regionali di settore». Al comma 4, invece, si prevede che «comunque, i Comuni che non abbiano già provveduto all'individuazione ed alla chiusura degli impianti incompatibili ai sensi del decreto del Ministro delle attività produttive in data 31 ottobre 2001 o ai sensi dei criteri di incompatibilità successivamente individuati dalle normative regionali di settore, provvedono in tal senso entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, dandone comunicazione alla Regione ed al Ministero dello sviluppo economico». Inoltre poi con il decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n. 27, con le disposizioni dell'articolo 17 si è ulteriormente inciso in materia, introducendo un'aggiuntiva prescrizione al predetto comma 4 dell'articolo 28, sancendo che «I Comuni non rilasciano ulteriori autorizzazioni o proroghe di autorizzazioni relativamente agli impianti incompatibili». Circa la ristrutturazione della rete si evidenzia, inoltre, che anche la posizione espressa dall'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, nella recente segnalazione al Governo e al Parlamento per la legge annuale sulla concorrenza, vede con favore il processo avviato dal MiSE per la liberalizzazione del settore. In particolare l'Autorità ritiene che sia necessario proseguire nel processo di eliminazione degli ultimi ostacoli ad una piena libertà di entrata ed uscita dal settore, di abbattimento dei costi connessi all'inefficienza della rete di distribuzione, di eliminazione dei residui vincoli alla selfizzazione e alla vendita di prodotti non oil presso gli impianti di distribuzione, soprattutto nel settore della vendita dei tabacchi. Nella citata segnalazione l'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato osserva che le misure reintrodotte per la vendita dei tabacchi (in particolare dall'articolo 28, comma 8, lettera b) del decreto-legge n. 98/11, come modificato dall'articolo 8, comma 22-bis, del D.L: n. 16/2012, e del decreto ministeriale n. 38/2013 del MEF) sono in evidente contrasto con le misure di liberalizzazione contenute nel decreto-legge n. 201/2011 (c.d. Salva Italia), convertito dalla Legge n. 214/2011, dal momento che introducono di fatto un requisito di superficie minima qualora 41 presso il locale siano commercializzati anche altri beni oltre ai tabacchi. Tenuto conto dei suggerimenti pro concorrenziali dell'Antitrust, si ritiene, quindi, necessario per la ristrutturazione della rete ripartire da quel primo risultato del lavoro ministeriale del Tavolo tecnico sulla distribuzione carburanti che era approdato nel Consiglio dei Ministri a fine 2013, proprio per realizzare le finalità auspicate dall'onorevole interrogante. In particolare si ritiene necessario riavviare la concertazione dalle misure sulle quali si era riscontrato un consenso di base. La ristrutturazione dovrà tener conto: delle fattispecie di impianti incompatibili o insicuri; di un obbiettivo di ristrutturazione comprendente la chiusura di n. 5.000 impianti della rete ordinaria; di un accompagnamento, cioè di un sostegno sociale e ambientale, alle chiusure degli impianti attraverso indennizzi ai gestori uscenti e contributi per costi ambientali di ripristino dei luoghi; di un rifinanziamento del Fondo per la ristrutturazione della rete dei carburanti, per accompagnare la chiusura degli impianti. Su tale ultimo punto si evidenzia, infine, relativamente al contributo ai costi di smantellamento e bonifica degli impianti a valere sul predetto Fondo, che, contrariamente a quanto riportato nel testo dell'atto in esame, la misura è pienamente operativa. Si registra già la presentazione di circa n. 600 domande di contribuzione per impianti già chiusi, di cui n. 250 domande con istruttoria già completata per la fase di accantonamento dei contributi richiesti. Di seguito il testo dell’nterrogazione. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: la rete distributiva dei carburanti in Italia è caratterizzata ormai da decenni da un numero eccessivo di impianti (circa 23 mila punti vendita) non giustificabile per i nostri consumi rispetto agli altri Paesi Europei neanche tenendo conto della particolare morfologia del nostro territorio, del grado di urbanizzazione e del tipo di mobilità che ci contraddistingue; un alto numero di impianti ha determinato una rete con bassi volumi di vendita dei carburanti per impianto cui è associato uno scarso sviluppo di attività collaterali quali la rivendita: dei generi di monopolio, bar, giornali, che rappresentano invece per gli altri Paesi europei il 70 per cento dei ricavi dei punti vendita; si è quindi in presenza di una rete complessivamente poco efficiente ed economicamente non sostenibile sia per gli operatori che per i consumatori se si pensa che il 51 per cento dei punti vendita della rete è di proprietà delle aziende petrolifere operanti in Italia o in Europa anche nel settore della logistica e/o della raffinazione, mentre il restante 49 per cento è di proprietà di operatori di dimensioni piccoli e medie, di cui circa il 20 per cento espone presso gli impianti marchi propri non legati alle 42 aziende petrolifere; negli ultimi anni si è registrato un costante calo dei consumi (-18,6 per cento dal 2008) dei prodotti per autotrazione dovuto sia al calo del prodotto interno lordo che all'aumento del prezzo dei carburanti a cui la fiscalità, prima in Europa, ha contribuito in modo determinante, con un aumento dell'IVA e delle accise dal 2011 ad oggi di oltre 22 centesimi al litro sulla benzina e di 25 centesimi al litro sul gasolio; il calo dei consumi ha reso ancora più inefficiente la rete rendendola un sistema distributivo non più sostenibile per i titolari di impianti e per i gestori i consumatori; un sistema che rischia di non riuscire ad assicurare le necessarie garanzie in termini di qualità, di legalità, di sicurezza, di rispetto dell'ambiente e di continuità del servizio; in tale contesto continuano ad essere attivi impianti già classificati nel 1998 come incompatibili con la sicurezza stradale sulla base del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, diretto a razionalizzare la rete distributiva dei carburanti. Tali impianti dovrebbero essere chiusi o messi a norma da più di quindici anni, ma più volte si è cercato d'intervenire senza successo; gli impianti incompatibili con le norme di sicurezza stradale, spesso siti sui marciapiedi e il cui rifornimento avviene sulla carreggiata stradale, oltre ad essere pericolosi, riducono l'efficienza di sistema, senza avere alcuna prospettiva di sviluppo in una logica europea, neanche per l'esplicazione di attività collaterali; solo il 15 per cento delle transazioni presso gli impianti di distribuzione dei carburanti vengono effettuate tramite moneta elettronica, anche per l'elevato costo associato al loro utilizzo, mentre le residue transazioni, pari a 50 miliardi di euro l'anno, vengono effettuate in contanti, esponendo in questo modo la rete non solo a frequenti attacchi della criminalità per furto di contanti, ma anche a diventare un settore di sicuro interesse per infiltrazioni della criminalità organizzata; dal 1990 è stato disposto un indennizzo specifico per i gestori degli impianti oggetto di chiusura per razionalizzazione, finanziato interamente ed esclusivamente dal settore mentre per gli anni 2012-2014 è stato previsto, sempre ad esclusivo carico del settore, anche per i titolari degli impianti un contributo ai costi di smantellamento e bonifica degli impianti stessi, misura, peraltro non ancora operativa, che contribuendo ai costi di uscita dal mercato dovrebbe incentivare un avvio del processo di chiusura; il Governo pro tempore ha poi approvato nel Consiglio dei ministri del 13 dicembre 2013, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, un disegno di legge contenente misure per l'avvio delle attività economiche, per l'accesso al credito, per i finanziamenti ed agevolazioni alle imprese collegato alla legge di stabilità 2014, comprensivo di alcuni interventi finalizzati a ridurre in modo strutturale il costo della bolletta elettrica, presupposto imprescindibile per il recupero di competitività del Paese; nel suddetto disegno di legge, che tuttavia non è stato trasmesso al Parlamento, è disposta l'introduzione di un sistema incentivante alternativo offerto ai produttori di energia elettrica rinnovabile, sia eolica che fotovoltaica, in grado di diluire nel tempo gli oneri sulla componente A3, 43 la revisione dell'istituto del «ritiro dedicato», con riduzione degli oneri in bolletta per 150 milioni, la revisione della tariffa bioraria, per renderla aderente alla reale curva del prezzo giornaliero, lo sviluppo di tecnologie di maggior tutela ambientale – conoscibilità dei titoli minerari, razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti e stoccaggio del gas naturale; le norme contenute nel disegno di legge collegato contengono disposizioni volte ad accrescere le conoscenze del sottosuolo nazionale, favorendo l'acquisizione dei dati relativi ai rilievi geologici, geofisici e alle perforazioni, e a razionalizzare la rete di distribuzione dei carburanti, rafforzando la sicurezza degli impianti, nonché la rete per lo stoccaggio del gas naturale, semplificando il funzionamento del mercato del gas –: per quale motivo non sia stato ancora trasmesso al Parlamento il suddetto disegno di legge e se il Governo intenda attivarsi per prevedere in altri provvedimenti le misure previste dal disegno di legge collegato allo scopo di configurare una rete di distribuzione dei carburanti competitiva che garantisca al contempo un adeguato livello del servizio diffuso su tutto il territorio e una maggiore sostenibilità per tutti i soggetti coinvolti, nonché vantaggi per la collettività in termini di sicurezza, decoro urbano e rispetto per l'ambiente. (5-03117) 44 SENATO Interrogazione a risposta scritta: sull'impianto di smaltimento di rifiuti speciali Formica ambiente Srl, in provincia di Brindisi IURLARO, ZIZZA (FI) - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute - Premesso che: l'impianto di smaltimento rifiuti speciali, Formica ambiente Srl, che si trova tra le città di Brindisi e San Vito dei Normanni (Brindisi), svolge funzioni di discarica per il trattamento e lo smaltimento di rifiuti, prevalentemente, pericolosi; l'ufficio Inquinamento e grandi impianti della Regione Puglia, con determinazione dirigenziale n. 4 del 23 gennaio 2014, pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia n. 24 del 20 febbraio 2014, ha rinnovato l'autorizzazione integrata ambientale (AIA) dell'impianto Formica ambiente Srl di Brindisi e di tutti gli atti istruttori e preparatori; la Giunta municipale con delibera n. 61 del 30 aprile 2014 ha autorizzato il sindaco a costituirsi nel giudizio promosso dalla Provincia di Brindisi contro la Regione innanzi al Tribunale amministrativo regionale, sezione di Lecce, in merito alla questione; il TAR di Lecce con ordinanza del 22 maggio 2014 ha sospeso l'efficacia del provvedimento di rinnovo dell'AIA da parte della Regione, mancando la valutazione d'impatto sanitario, sino all'udienza di merito dell'8 ottobre 2014 senza, però, sospendere l'operatività dell'impianto che attualmente procede con determinazione regionale n. 348 del 5 giugno 2008; il sindaco di Brindisi ha diffidato la Regione "a voler adottare ogni necessario provvedimento idoneo ad inibire da subito la prosecuzione dell'attività di smaltimento di rifiuti nella discarica Formica Ambiente, nelle more dell'acquisizione della Valutazione di danno sanitario prescritta dalla legge regionale n. 21/2012 e del conseguente eventuale rilascio di una nuova AIA"; il Consiglio comunale di San Vito dei Normanni ha preso impegni precisi, volti a tutelare la salute dei cittadini, sia per la discarica di Autigno sia, soprattutto, per il sito di Formica, si chiede di sapere: quali orientamenti i Ministri in indirizzo intendano esprimere in riferimento a quanto esposto e, conseguentemente, quali iniziative vogliano intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per porre rimedio all'annosa questione della discarica di Formica; se e come intendano procedere per monitorare l'incidenza dell'inquinamento causato dagli impianti; 45 quali provvedimenti vogliano adottare per far fronte ai danni alla salute dei cittadini di Brindisi e San Vito dei Normanni in termini di maggiore mortalità e aumento di malattie degenerative come tumori o altre gravi patologie. (4-02509) Interrogazione a risposta scritta: sulla strategia industriale di Eni, con riferimento alle raffinerie di Gela, Taranto, Livorno ed il completamento delle raffinerie di Porto Marghera e del petrolchimico di Priolo (Siracusa) DE POLI (PI) - Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che: da un comunicato Saf Femca Cisl area chimica e raffinazione Porto Marghera si apprende che, l'11 luglio 2014, si sono riuniti gli iscritti alla Femca Cisl di Venezia delle aziende Eni-Versalis e Raffineria Eni, con la presenza del segretario generale nazionale Sergio Gigli e del segretario nazionale del comparto chimico Gianluca Bianco, oltre alla segreteria provinciale; in tale occasione si è proceduto a una disamina del progetto di riorganizzazione aziendale discusso in un precedente incontro (8 luglio) tra il nuovo amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi ed i segretari nazionali di Femca Cisl, Filctem Cgil e Uiltec Uil; esso prevede una riorganizzazione generale del gruppo, garantisce la continuità operativa delle raffinerie di Sannazzaro (Pavia) e di Milazzo (Messina), ma non delle 3 raffinerie di Gela, Taranto, Livorno ed il completamento delle raffinerie di Porto Marghera e del petrolchimico di Priolo (Siracusa), pregiudicando anche il riavvio concordato, con apposito accordo con la precedente dirigenza Eni, del cracking di Porto Marghera; in seguito a questi incontri, la Femca Cisl di Venezia delle aziende Eni-Versalis e Raffineria Eni e le proprie segreterie nazionali e provinciali chiedono, unitamente al rispetto degli accordi pattuiti in precedenza per la salvaguardia occupazionale (circa 600 posti di lavoro sarebbero a rischio), una convocazione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno disporre delle iniziative per chiarire la politica industriale di Eni, affinché siano riconfermate le intese sottoscritte dalle parti e siano garantiti quegli investimenti di rilancio industriale tanto necessari al nostro Paese. (4-02510) 46 Interrogazione a risposta scritta: sui reati ambientali in Sicilia SANTANGELO e altri (M5S) - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che: nei primi giorni di luglio 2014 è stato avvistato nei cieli del territorio mazarese, in provincia di Trapani, un elicottero della "Helica", un'azienda di telerilevamento aereo specializzata nella misurazione di parametri fisici e geochimici del suolo terrestre. Risulta essere una misura a carattere preventivo attuata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine di effettuare un'attività di monitoraggio in alcune zone del sud Italia. Ulteriori avvistamenti nella medesima area della provincia trapanese si sono verificati anche nei mesi precedenti; tale operazione è legata al programma operativo nazionale (PON), "Sicurezza per lo sviluppo obiettivo convergenza 2007/2013". Esso è destinato alle aree del Mezzogiorno del Paese al fine di colmare il divario economico e sociale nei confronti delle regioni centro-settentrionali. Il programma è previsto nell'ambito della politica di coesione 2007-2013 e della nuova programmazione dei fondi strutturali. Il PON prevede uno stanziamento di fondi comunitari (poco più di un miliardo di euro) così ripartiti: asse 1, sicurezza per la libertà economica e d'impresa; asse 2, diffusione della legalità; asse 3, assistenza tecnica. Ognuna delle categorie prevede differenti sottocategorie di interesse specifico: in particolare, all'asse 1 è previsto lo stanziamento di un ammontare di circa 85 milioni di euro per la tutela ambientale. Tali fondi sono alternativamente destinati, sulla base di progetti specifici, al comando generale dell'Arma dei Carabinieri, alla Direzione generale per la difesa del suolo del Ministero dell'ambiente, o, infine, ai singoli Comuni del Mezzogiorno. Alle singole voci di spesa per la tutela ambientale sono previste attività di monitoraggio sia delle aree marine protette che del rischio idrogeologico, entrambi oggetto di reati ambientali; l'elicottero, impiegato in un'operazione legata alla prevenzione e repressione dei reati ambientali, operava tramite l'uso di un sensore a raggi gamma, atto alla misurazione delle variazioni di parametri fisici e geochimici del suolo terrestre. La strumentazione utilizzata misura i parametri più importanti ossia la conducibilità, la suscettività magnetica, la densità e la concentrazione dell'elemento radioattivo. Compito del velivolo è quello di mappare il territorio e di scandagliare il sottosuolo di cave dismesse e misurare eventuali emissioni radioattive di metalli e gas. I dati raccolti permetteranno di capire se queste aree siano state riempite in maniera illegale o se siano ancora utilizzate per smaltire abusivamente rifiuti o sostanze tossiche. Verrà, infatti, rilevata ogni 47 tipo di radiazione, sia generata da cause naturali sia dovuta alla presenza di discariche clandestine di rifiuti tossici e anche radioattivi; soltanto in seguito all'analisi della mappatura da parte dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente si potrà ottenere un quadro chiaro e preciso dello stato di salute del territorio e degli eventuali rischi per la popolazione residente; inoltre, risulta agli interroganti che l'elicottero della Helica stia effettuando la scansione di un'area di 4.000 chilometri quadrati interessando alcune province della Campania, Sicilia, Calabria e Puglia; considerato che: dai dati del dossier Ecomafia 2014 di Legambiente, la Sicilia è seconda in classifica per reati ambientali; sono state accertate 29.274 infrazioni nel solo 2013, una media di 80 al giorno. In larga parte hanno riguardato il settore agroalimentare, il 22 per cento delle infrazioni ha interessato invece la fauna, il 15 i rifiuti e il 14 per cento il ciclo del cemento. Molte delle inchieste avviate nell'ultimo anno in Sicilia riguardano smaltimenti illeciti di rifiuti speciali, i più costosi da smaltire; Legambiente evidenzia che nei comuni del cosiddetto vallone, in provincia di Caltanissetta, il rischio di contrarre un tumore è del 43 per cento. A Gela, dov'è nota la presenza di raffinerie e industrie petrolchimiche il rischio è del 12 per cento. Risulta paradossale il fatto che chi vive vicino alle industrie petrolchimiche ha meno possibilità di ammalarsi di tumore rispetto a chi abita nei pressi di una miniera abbandonata; inoltre, il 6 maggio 2014 il gip di Palermo ha disposto il sequestro preventivo del complesso industriale della distilleria "Sicilia Acquaviti" e terreni limitrofi per circa 162.000 metri quadrati, in contrada Digerbato a Marsala (Trapani). Sono in atto indagini sull'attività illecita dell'azienda, nello specifico per attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. Il sequestro è cessato il 17 giugno, tuttavia dall'inchiesta ancora in corso è emerso che pericolosi scarti della distillazione, e in particolare borlande (propanolo, butanolo, metilpropanolo, pentanolo e altri pentanoli isomeri) venivano da tempo sversati nei terreni circostanti e all'interno di vicine cave di tufo abbandonate, finendo così nel sottosuolo. Il tutto avveniva, peraltro, a poca distanza dai pozzi dell'acquedotto comunale di Marsala. Inoltre, recentemente, a seguito di uno studio interuniversitario sulle acque italiane, realizzato nell'ambito del progetto europeo "Eurogeosurvey geochemistry expert group", è stata stilata la classifica dei comuni con la più alta concentrazione di nitrati e Marsala, con 228 milligrammi per litro, è in cima alla graduatoria, si chiede di sapere: se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti; se abbia notizia delle operazioni di monitoraggio svolte dall'elicottero di Helica e se questo offra adeguate certezze di rilevamento di eventuali sostanze tossiche presenti nel sottosuolo, alla luce 48 degli sconfortanti rapporti di Legambiente riguardanti la Sicilia e in generale le zone del nostro territorio maggiormente interessate da problematiche legate a reati ambientali; se ritenga opportuno adottare ulteriori misure volte a porre assoluto rilievo al diritto ad un ambiente salubre come definito dalle sentenze n. 210 e n. 641 del 1987 della Corte costituzionale, e quali provvedimenti, nell'ambito delle proprie competenze, intenda intraprendere al fine di contrastare con fermezza i reati ambientali. (4-02515) Interrogazione a risposta scritta: sull'accordo firmato fra il governatore della regione Sicilia, Crocetta e Assomineraria, Eni, Edison, Irminio, anche in riferimento alla riduzione delle royalty sulle estrazioni dal 20 al 10 per cento in favore dei petrolieri e sui rischi ambientali che derivano dalla realizzazione di nuove trivelle GIBIINO e altri (FI) - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dei beni e delle attività culturali e del turismo e dello sviluppo economico - Premesso che: a partire dagli anni '60 le coste della Sicilia sono state messe a disposizione di taluni colossi petroliferi con lo scopo di creare molteplici posti di lavoro in favore degli isolani; oggi, causa la grave e perdurante congiuntura economica, la situazione che si prospetta per la Sicilia è quella di chiusura di alcuni fra i maggiori impianti di raffinazione, l'impoverimento di territori che per anni hanno vissuto di industria e la trasformazione dell'isola in mero deposito di petrolio lavorato altrove; nel 2013, secondo le stime della Banca d'Italia, la Sicilia ha esportato il 22 per cento di petrolio lavorato all'estero in meno rispetto all'anno precedente, confermando una tendenza in atto da un biennio; il vicepresidente nazionale della piccola industria di Confindustria, dottor Rosario Amarù, ha dichiarato che il calo è determinato non solo dalla diminuzione della domanda di combustibili in Italia, ma anche dalla concorrenza dei Paesi asiatici, visto il bassissimo costo del lavoro e le inesistenti norme sul rispetto dell'ambiente che permettono loro di vendere un prodotto raffinato ad un prezzo nettamente inferiore a quello italiano; sempre a giudizio del dottor Amarù bisognerebbe "fare sistema" per rilanciare un comparto industriale che dà lavoro a un indotto rappresentato da centinaia di piccole e medie imprese e decine di migliaia di persone; considerato che: 49 nel mese di giugno 2014 il governatore della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, ha firmato un accordo con Assomineraria, Eni, Edison e Irminio, che prevede investimenti per 2,4 miliardi di euro da parte delle aziende preposte con la conseguente creazione di nuovi posti di lavoro, in cambio di agevolazioni, quali la riduzione delle royalty sulle estrazioni dal 20 al 10 per cento, in favore dei petrolieri; a giudizio di Greenpeace l'accordo è un mero rinvigorimento formale, tra la Regione Siciliana e i petrolieri, sul tema delle trivellazioni nel canale di Sicilia, dove attualmente con le sole 3 piattaforme esistenti si estrae il 62 per cento di tutto il greggio ricavato dai fondali italiani; a giudizio degli interroganti si tratta di un affare milionario che interessa molti, poiché molteplici sono le istanze di prospezione, ricerca e coltivazione al vaglio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che coinvolgono i tratti di mare di Licata (Agrigento), Pantelleria (Trapani), Capo Passero (Siracusa), Marsala (Trapani) e Mazzara del Vallo (Trapani); risulta altresì già approvato il progetto Eni "Offshore Ibleo" che prevede la costruzione di 6 pozzi di produzione e 2 perforazioni esplorative al largo di Licata, oltre a nuovi oleodotti collegati ad una piattaforma in costruzione; Greenpeace e i sindaci coinvolti in Eni "Offshore Ibleo" hanno tempo sino a fine luglio 2014 per ricorrere al TAR della Sicilia e tentare di bloccare la sua attuazione, che, diversamente, diverrebbe esecutiva; il portavoce dell'associazione "Stoppa la piattaforma", ingegner Mario Di Giovanna, ha dichiarato che con l'esecuzione dell'opera al territorio non rimarrebbe nulla se non i danni ambientali; egli ritiene anche che non vi saranno nuovi posti di lavoro e l'abbassamento delle royalty è ridicolo visto che quelle italiane sono tra le più basse al mondo così come i costi per la prospezione, ricerca e coltivazione che si aggirano sui 3-6 euro a chilometro quadrato per le prime 2 e sui 55 euro per la terza, quando, nel resto del mondo, le cifre sono di migliaia di euro; l'ingegnere Di Giovanna ha altresì affermato che con tali operazioni la Regione Siciliana sta ipotecando il proprio mare privandosi della possibilità di sviluppare il settore turistico che, mai come ora, potrebbe rappresentare l'ancora di salvezza ricercata; tenuto conto che: il presidente Crocetta, intervenendo il 17 luglio 2014 ad un'audizione informale presso la 13ª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato sulle problematiche ambientali connesse allo sfruttamento delle risorse di gas e petrolio dell'isola, ha affermato che, da amministratore, non può bloccare il progetto considerato che 180.000 famiglie sono prossime alla soglia di povertà; 50 in tale circostanza il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ha ribadito che, con la diminuzione del 50 per cento degli introiti delle royalty e senza un progetto di sviluppo turistico ambizioso non vi sarà un'inversione di tendenza per le famiglie bensì ve ne saranno sempre più in tale condizione; a parere degli interroganti esclusivamente attraverso una promozione turistica di ampio respiro, volta a mettere in luce le eccellenze monumentali, culturali e ambientali locali si potrà rilanciare la Sicilia, si chiede di sapere: se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quale sia la natura dell'accordo firmato fra il governatore Crocetta e Assomineraria, Eni, Edison, Irminio e quali benefici se ne possano trarre; se siano a conoscenza dei rischi ambientali che derivano dalla realizzazione di nuove trivelle e la conseguente alterazione del sistema bio-marino; se risulti a quanto ammonti in termini economici l'accordo o quali siano le stime del medesimo; se risulti per quali ragioni si vogliano ridurre le royalty visto che quelle italiane sono tra le più basse al mondo; per quali motivi non si preferisca procedere ad un ambizioso piano di promozione turistica che renderebbe la Sicilia più attrattiva grazie alle sue uniche eccellenze monumentali, culturali e ambientali. (4-02519) Interrogazione a risposta scritta: sulla strategia industriale di Eni nel campo della raffinazione in Sicilia, anche in riferimento al rilancio della produzione energetica rinnovabile applicata alla produzione agricola LUMIA (PD) - Ai Ministri dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che: l'ENI è presente da ben 50 anni a Gela (Caltanissetta), in Sicilia, esattamente dal 1962. È una presenza che ha saputo garantire il diritto al lavoro a migliaia di operai, tecnici di elevata professionalità, impiegati, con una conseguente crescita della cultura produttiva che ha impegnato positivamente la coscienza civile e democratica del territorio e della comunità locale. Nello stesso tempo il territorio ha pagato un prezzo elevato sulla delicata tutela ambientale mettendo in pericolo le falde acquifere del sottosuolo con gravi pregiudizi, maturati negli anni, soprattutto sul diritto alla salute; 51 anche le imprese dell'indotto locale hanno dato un loro contributo alla crescita dell'azienda e allo sviluppo del territorio con uno qualificato e specifico know how in settori delicati della produzione, della raffinazione e della manutenzione, garantendo un'alta qualità professionale, una capacità occupazionale e produttiva senza la quale l'ENI non avrebbe potuto mantenere in vita per tanti anni la sua attività; dopo anni di impegno, è maturo il tempo per tenere legati il diritto alla salute e di diritto al lavoro, attraverso un grande processo di innovazione tecnologica che potrebbe puntare, nell'attività di raffinazione, sul superamento dell'utilizzo del petcock per trasformare l'ENI di Gela in una punta avanzata nel contesto della raffinazione a livello globale; si sta ingenerando nel nostro Paese l'idea sbagliata secondo la quale alcuni settori maturi del manifatturiero italiano, ad esempio quello delle automobili, dell'acciaio e adesso quello della raffinazione, non siano in grado di reggere in un contesto globale altamente competitivo. Ci sono degli esempi in Europa, con in testa la Germania, che invece dimostrano che in un contesto concorrenziale, anche quando c'è una contrazione della domanda globale, come sta avvenendo non solo per le automobili ma anche per la raffinazione, un Paese moderno che investe, che fa ricerca e che innova può mantenere alti livelli di capacità produttiva ed occupazionale così da trasformare la crisi in un'importante opportunità e risorsa di cambiamento e di crescita; la zona industriale di Gela dove insiste l'ENI dovrà contemporaneamente avviare un processo di bonifica delle falde del sottosuolo che dovrà impegnare l'azienda stessa e lo Stato con ingenti risorse finanziarie, azione propedeutica a qualunque altro processo di rilancio o di riconversione produttiva, pena una desertificazione che determinerebbe una catastrofe ambientale ed occupazionale del territorio; un altro settore importante su cui il territorio e il sindaco pro tempore Rosario Crocetta, oggi presidente della Regione Siciliana, sono stati chiamati ad un impegno senza precedenti è quello della lotta alla mafia per liberare l'ENI di Gela e il suo indotto dalla presenza delle cosche, con un contributo prezioso delle forze sociali e sindacali che ha dato energia e forza all'associazionismo anti racket e alla stessa Confindustria siciliana: oggi sono un punto di riferimento nazionale ed internazionale per il sistema economico che vuole investire e crescere senza compromessi con le mafie e i loro capitali illeciti; da notizie di stampa ("Il Giornale di Sicilia", "Avvenire" e "La Sicilia" del 13 luglio, "La Sicilia", "Il Giornale di Sicilia" e "la Gazzetta del Sud" del 14 luglio e "Il Giornale di Sicilia", "la Repubblica" del 15 luglio 2014) emerge l'annuncio da parte di ENI di voler rivedere la sua presenza sul territorio gelese creando un forte allarme sociale, imprenditoriale e sindacale perché si intravede il rischio di un progressivo abbandono dell'attività produttiva di ENI facendo compiere al territorio 52 così un passo indietro nell'impegno produttivo e antimafia che si è basato sull'inedito binomio di legalità e sviluppo; oggi l'ENI è presente a Gela con una capacità produttiva vasta e per diversi profili innovativa, oltre ad una capacità professionale dei lavoratori e dell'indotto, con il coinvolgimento di più di 4.000 addetti, in grado di scommettere sul progetto di cambiamento, di innovazione e di ricerca che l'ENI aveva programmato solo pochi mesi fa attraverso un investimento programmato di 700 milioni di euro e con un vago annuncio di un'altra missione produttiva da assegnare al sito di Gela; si è fatto riferimento alle perdite prodotte dallo stabilimento di Gela, ma se si dovesse porre l'attenzione solo sul versante dei conti finanziari, emergerebbe che le maggiori perdite in Italia si registrano nella raffineria di Sannazzaro de' Burgondi (Pavia) in Lombardia, mentre quella in cui si registrano le perdite minori è proprio la raffineria di Gela dove paradossalmente si sceglie di abbandonare la funzione produttiva nel campo della raffinazione senza neanche tener conto che tutta l'attività estrattiva dell'ENI è collocata in buona parte in Sicilia con gli evidenti costi ambientali tutti a carico del territorio siciliano; è poco lontana nel tempo la cocente storia di Termini Imerese (Palermo) e non si deve ripetere quanto è già avvenuto nella produzione di automobili. Si deve fare in modo che l'ENI presenti al Governo, e che il Governo stimoli, una politica industriale moderna, ecosostenibile, innovativa e che vi sia una concertazione e una capacità di dialogo, in modo tale che queste decisioni siano soppesate ed equilibrate, si chiede di sapere: se i Ministri in indirizzo abbiano intenzione di riferire in Parlamento e interloquire con l'azienda per rilanciare la politica industriale nel settore della raffinazione attraverso l'applicazione di tecnologie ecocompatibili, integrando semmai nuove strategie produttive in grado di arricchire e rilanciare il territorio con un vero e proprio nuovo piano industriale; se intendano adoperarsi per far sì che l'intero indotto sia riqualificato in modo che possa aumentare la capacità produttiva e occupazionale; se intendano impegnarsi ad avviare processi di bonifica del territorio e riconsegnarlo alla comunità con elevati standard di salute e di rispetto per le falde; se l'ENI intenda integrare la sua presenza nel campo della raffinazione con un rilancio della produzione energetica rinnovabile applicata alla produzione agricola, a Gela così presente, qualificata e capace di competere sui mercati internazionali. (4-02525) 53 Interrogazione a risposta scritta: sul nuovo aumento delle accise dei carburanti, anche in riferimento ai dati forniti dall'Unione petrolifera nella relazione annuale 2014 CASALETTO (MISTO) - Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che all'art. 19 del decreto-legge n. 91 del 2014, "taglia-bollette", per le piccole e medie imprese, spunta un nuovo aumento delle accise dei carburanti che corrisponde a 140,7 milioni nel 2019, 146,4 nel 2020 e 148,3 dal 2021. Il tutto andrebbe a copertura della disciplina Ace, aiuto alla crescita economica, che detassa gli aumenti di capitale e gli utili reinvestiti; considerato che, secondo la rilevazione mensile "Stacco Italia Accise" (su Iva e accise) di Assopetroli e Figisc (sulla base dei dati forniti dalla Commissione europea e dal Mse), nel mese di maggio 2014 il prezzo della benzina in Italia è stato maggiore di quello dell'intera Europa di 25,9 centesimi al litro, di cui 24,7 centesimi dovuti alle imposte e 1,2 al maggiore costo industriale. Per quanto riguarda il diesel, invece, vi è un aumento di 24,9 centesimi al litro, con il peso del fisco a quota 24,2 a fronte di un costo industriale superiore di 0,7; rilevato che: uno studio di "Fair-fuel UK" evidenzia la connessione tra costo carburanti, Pil e occupazione: "A ogni aumento di accisa di 4 centesimi si perderebbero 35.000 posti di lavoro" e "lo 0,1% di Pil"; l'Unione petrolifera, nella relazione annuale 2014, evidenzia come il fisco abbia colpito in particolare i carburanti e l'automobile, con gravi effetti recessivi e senza alcun vantaggio per lo Stato che nel 2013 ha visto ridursi di oltre un miliardo di euro le entrate derivanti da accise e Iva sui carburanti; ritenuto che una tassazione così elevata comporterà che i consumi di carburanti scendano ulteriormente, mettendo ancora in difficoltà i gestori degli impianti, si chiede di conoscere se il Ministro in indirizzo non ritenga necessario, specie nell'attuale momento di grave crisi economica, adoperarsi, per quanto di competenza, per agevolare una riforma strutturale della rete carburanti, abbassando i prezzi e facilitando condizioni eque e non discriminatorie. (4-02536) Interrogazione a risposta scritta: sulle misure a favore del settore dell'autotrasporto CONSIGLIO (LN) 54 - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che: nella relazione pubblicata dalla Commissione europea il 14 aprile 2014 sul tema dell'integrazione del mercato interno dei trasporti su strada, si auspica l'eliminazione delle restrizioni esistenti in materia di cabotaggio attraverso una maggiore apertura dei mercati nazionali dell'autotrasporto; l'autotrasporto italiano paga oggi una scarsa competitività a livello europeo, soprattutto a causa della concorrenza sleale, del trasporto in regime di cabotaggio illegale e della delocalizzazione abusiva delle imprese, che stanno mettendo in ginocchio gli autotrasportatori italiani e quelli di una parte dei Paesi dell'Europa occidentale; per essere competitivi e in grado di affrontare le sfide di un settore già fortemente in crisi come quello dell'autotrasporto, è imprescindibile partire dall'apertura dei mercati, mettere un freno al dumping sociale e alla concorrenza sleale, problemi direttamente collegati all'integrazione e interazione dello spazio unico europeo del trasporto su strada; in Italia le condizioni fiscali e burocratiche sono scarsamente competitive e molte aziende, ritenendole svantaggiose, sono costrette a chiudere l'attività oppure a delocalizzarsi. Le possibilità date dal distacco transnazionale del personale (previsto nell'ambito della libera circolazione dei lavoratori e della libera prestazione dei servizi) e dalle attività di trasporto in regime di cabotaggio (praticate abusivamente e oltre i limiti consentiti) permettono alle imprese di continuare a lavorare in un determinato Paese, ma alle condizioni fiscali e contributive più favorevoli dello Stato nel quale hanno spostato la sede e immatricolato i veicoli; l'armonizzazione della sfera fiscale e di tutti i costi d'esercizio che incidono sulle aziende di trasporti, quali tasse sul reddito e sui dipendenti, accise sul gasolio, tassa di circolazione, gestione del veicolo e del personale, è l'unico mezzo che potrà condurre l'autotrasporto italiano verso nuovi e futuri orizzonti di più ampio respiro e competitività; la Francia ha proposto una legge volta a rafforzare la responsabilità dei committenti e delle forze dell'ordine nell'ambito del subappalto e a lottare contro il dumping sociale e la concorrenza sleale, in cui si dispone il divieto in territorio francese per i conducenti di qualunque nazionalità di effettuare il riposo settimanale regolare a bordo del veicolo e stabilisce una sanzione di un anno di reclusione e 30.000 euro di ammenda in capo alle aziende di autotrasporto; la legge francese ha inteso da un lato recepire in pieno la normativa europea sui tempi di lavoro nell'autotrasporto che aveva stabilito che il riposo settimanale degli autisti (il tempo necessario è fissato dall'articolo 4 del regolamento (CE) n. 561/2006) non potrà, in nessun modo, essere trascorso nella cabina del camion e dall'altro ha intuito l'importanza di ricondurre a livello nazionale gli introiti del lavoro effettuato dagli autotrasportatori sul territorio francese, si chiede di sapere: 55 se il Ministro in indirizzo non ritenga doveroso farsi promotore di un provvedimento che preveda misure a favore del settore dell'autotrasporto nel nostro Paese, per favorire l'apertura dei mercati e ridurre al contempo il dumping sociale e la concorrenza sleale, anche attraverso un'armonizzazione della sfera fiscale e dei costi di esercizio che incidono sulle aziende di trasporti e un rafforzamento dei controlli su strada nei confronti dei veicoli stranieri; se non ritenga opportuno intervenire con gli appositi strumenti normativi al fine di dare piena attuazione a quanto previsto dal regolamento (CE) n. 561/2006 che impone il rispetto delle ore di guida e riposo, anche prevedendo meccanismi di controllo affinché il riposo settimanale degli autisti non possa essere trascorso nella cabina del camion, come già previsto dalla normativa francese, al fine di evitare ulteriori squilibri della concorrenza di ditte straniere nei confronti degli operatori del settore italiani e comunque, in attesa di tale intervento normativo, se non ritenga necessario sostenere, nelle opportune sedi, la previsione di un periodo di tempo di almeno 6 mesi in cui la normativa francese non venga applicata de facto, al fine di informare correttamente le aziende e permettere loro di adeguarvisi. (4-02528) 56
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