Raccolta interrogazioni a Camera e Senato 33/2014

Attività Parlamentare
Raccolta delle interrogazioni presentate alla
Camera e al Senato e al Parlamento europeo
n. 33/2014
2014
INDICE
CAMERA ............................................................................................................................................ 4
Risposta del Viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, all’interrogazione a
risposta immediata sulla composizione del gruppo di coordinamento nazionale GNL presso il
Ministero dello sviluppo economico .............................................................................................. 4
Risoluzione in Commissione sulla ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche, anche in
riferimento alla centrale geotermoelettrica ENEL S.p.A di Latera .......................................... 5
Interrogazione a risposta scritta sulla realizzazione dell'impianto di produzione di energia
elettrica a biomassa «Mongiana» (Vibo Valentia) di Enel Green Power spa ........................... 9
Interrogazione a risposta scritta sulla partecipazione alla composizione del Comitato centrale
per l'Albo dell'Autotrasporto ...................................................................................................... 11
Interrogazione a risposta in Commissione sull’inquinamento del lago di Bolsena e sulle
domande di autorizzazione alla ricerca per lo sfruttamento della risorsa geotermica
del lago ........................................................................................................................................... 15
Risposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, sul
progetto di ricerca di idrocarburi denominato «d68 F.R. – TU» nel Mar Jonio, della società
britannica Transunion Petroleum Ltd ......................................................................................... 17
Risposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti,
all’interrogazione sull’incendio presso l'inceneritore di Colleferro e presso lo stabilimento
ACEA di Paliano .......................................................................................................................... 19
Interrogazione a risposta scritta sul tracciato del metanodotto Foligno-Sestino di SNAM....... 17
Interrogazione a risposta scritta sulla contaminazione da idrocarburi e metalli pesanti nel
mare e nelle acque superficiali, con particolare riferimento al lago del Pertusillo, in Val
d’Agri in Basilicata ...................................................................................................................... 22
Interrogazione a risposta in Commissione sui criteri di misurazione del prezzo del gasolio per
autotrazione .................................................................................................................................. 23
Interrogazione a risposta in Commissione sulla delocalizzazione della manodopera relativa
all'autotrasporto ........................................................................................................................... 24
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Interrogazione a risposta in Commissione sul contratto di cessione di ramo d'azienda di ENI
spa con la Carboil SRL ................................................................................................................ 27
Interrogazione a risposta scritta sulle indicazioni strategiche del nuovo commissario
dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile
(ENEA) .......................................................................................................................................... 28
Interrogazione a risposta scritta sull’installazione di impianti ad energia solare termodinamica
in Sardegna da parte della Archimede Solar Energy S.r.l ....................................................... 29
Interrogazione a risposta in Commissione sulla tutela della filiera dei distributori e dei
trasportatori di metano e biometano .......................................................................................... 31
SENATO ............................................................................................................................................ 33
Interrogazione a risposta orale sul legame causale tra le estrazioni di idrocarburi nella località
Cavone e i fenomeni di sismicità dell'area ................................................................................. 33
Interrogazione a risposta scritta sull'acquisizione di una quota rilevante di Cdp Reti da parte
di un colosso cinese dell'energia .................................................................................................. 38
Interrogazione a risposta orale sul progetto del giacimento petrolifero "Tempa rossa", gestito
dalla Total E&P e situato nell'alta valle del Sauro (Basilicata) ............................................... 40
Interrogazione a risposta scritta sulle intenzioni future di Eni e di Saras in Sardegna, anche in
riferimento
all'annullamento
della
riapertura
dell'impianto
di
cracking
di Porto Marghera ........................................................................................................................ 42
Mozione sulla pressione fiscale .................................................................................................... 43
Interrogazione a risposta scritta sulla tutela dei consumatori nel commercio elettronico, in
riferimento anche ad una maggiore trasparenza dei prezzi e l'esercizio del diritto di recesso
da parte del consumatore ............................................................................................................ 45
Interrogazione a risposta scritta sulla tutela dei consumatori nel commercio elettronico, in
riferimento anche ad una maggiore trasparenza dei prezzi e l'esercizio del diritto di recesso
da parte del consumatore ............................................................................................................. 47
Interrogazione a risposta scritta sulla centrale termoelettrica Enel di Porto Tolle (Rovigo) .... 48
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CAMERA
Risposta del Viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, all’interrogazione a
risposta immediata sulla composizione del gruppo di coordinamento nazionale GNL presso il
Ministero dello sviluppo economico, presentata da Vallascas (M5S) n. 5-03730
Il gruppo di lavoro tecnico è stato istituito presso il MISE il 17 aprile 2014 per redigere una
proposta da sottoporre alle Amministrazioni interessate relativamente a una ipotesi di piano
nazionale per la diffusione del GNL come carburante per i mezzi di trasporto terrestri e marittimi,
analizzando i diversi aspetti tecnici, di sicurezza, normativi, logistici e amministrativi coinvolti.
Il gruppo ha tenuto diverse riunioni e con ogni probabilità sarà presentata dallo stesso una prima
relazione entro il 2014, anche in vista delle decisioni che dovranno essere assunte in previsione
dell'entrata in vigore delle nuove norme comunitarie sulla riduzione dell'inquinamento nel trasporto
navale. Il tavolo è stato istituito su iniziativa del MISE nell'ambito delle proprie strutture e senza
alcun onere a carico della finanza pubblica. Ciò premesso, non si ravvisano impedimenti alla
partecipazione a detto tavolo anche di un rappresentante del Consiglio nazionale degli Ingegneri, al
quale il MISE chiederà di designare un proprio qualificato rappresentante per le prossime riunioni.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il 17 aprile 2014 si è insediato il Gruppo di coordinamento nazionale GNL, previsto dal Ministero
dello sviluppo economico nell'ambito delle attività preliminari alla predisposizione del Piano
strategico
nazionale
sull'utilizzo
del
gas
naturale
liquefatto
(GNL)
in
Italia;
nello specifico l'attività sarà rivolta all'analisi e allo studio degli aspetti normativi, tecnici ed
economici, nonché di quelli attinenti alla sicurezza e all'impatto sociale per l'utilizzo del gas
naturale liquefatto nei trasporti marittimi e su gomma limitatamente al trasporto pesante (camion,
autobus, treni); il Gruppo di coordinamento è composto dal Ministero dello sviluppo economico,
con il ruolo di coordinamento, i Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti, dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare e dell'interno, le regioni, l'Anci, le capitanerie di porto, le
associazioni di settore interessate, i gestori dei terminali LNG, i centri di ricerca come RINA e
Comitato
il
Gruppo
italiano
è
stato
gas,
inoltre
le
università,
suddiviso
in
l'Enea
un
e
sottogruppo
altri
soggetti
trasversale
interessati;
(autorizzazioni,
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approvvigionamento e stoccaggio, accettabilità sociale e divulgazione, sicurezza dello stoccaggio e
distribuzione) e tre sottogruppi tematici (impiego nel settore dei trasporti marittimi, impiego nel
settore dei trasporti terrestri, impiego per gli usi finali industriali, civile e trasporto);
per la complessità della materia e per la molteplicità degli elementi analizzati, dagli aspetti tecnici a
quelli sociali, si rende necessaria un'ampia partecipazione di organismi, pubblici e privati, portatori
ciascuno di competenze specifiche di alto livello; in particolare, l'urgenza di approfondire l'analisi
sulle potenzialità di impiego del GNL è rafforzata dalla necessità di esaminare e valutare i possibili
elementi
di
rischio
connessi
a
un
uso
diffuso
del
gas
naturale
liquefatto;
in un contesto nel quale è necessario fare un quadro e esaustivo delle molteplici conoscenze
tecnologiche in materia, facendo ricorso alle più alte competenze ed esperienze tecniche e
ingegneristiche del nostro Paese, assumerebbe una rilevanza centrale il coinvolgimento nel Gruppo
di coordinamento nazionale GNL dei rappresentanti del consiglio nazionale degli ingegneri;
un eventuale mancato coinvolgimento del consiglio nazionale degli ingegneri rischierebbe di
privare il gruppo di coordinamento sul GNL di un contributo determinante in termini di competenze
specialistiche su temi centrali nell'elaborazione di un Piano strategico nazionale sull'utilizzo del
GNL –:
se non ritenga opportuno coinvolgere e inserire nel gruppo di coordinamento nazionale GNL una
rappresentanza del consiglio nazionale degli ingegneri, organismo che raccoglie, promuove e
valorizza quelle competenze tecniche e ingegneristiche che potrebbero risultare determinanti
nell'elaborazione del Piano strategico nazionale sull'utilizzo Gas naturale liquefatto. (5-03730)
Risoluzione in Commissione:
sulla ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche, anche in riferimento alla centrale
geotermoelettrica ENEL S.p.A di Latera
BRAGA e altri (PD)
Le Commissioni VIII e X,
premesso che:
il decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, concernente «Riassetto della normativa in materia di
ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche», si pone l'obiettivo di favorire l'utilizzo della
risorsa «rinnovabile» geotermica, in particolare la semplificazione delle procedure in coerenza con
gli indirizzi comunitari ed internazionali per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e
l'apertura a un regime concorrenziale che assicuri una trasparente e non discriminatoria
assegnazione in concessione delle risorse geotermiche; viene inoltre definito che le risorse
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geotermiche di interesse nazionale sono patrimonio indisponibile dello Stato, mentre quelle di
interesse locale sono patrimonio indisponibile regionale e che l'autorità competente per le funzioni
amministrative, ai fini del rilascio del permesso di ricerca e delle concessioni di coltivazione,
riguardanti le risorse geotermiche d'interesse nazionale, è il Ministero dello sviluppo economico di
concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, mentre per quelle
locali le autorità competenti sono le regioni o gli enti da esse delegati, nel cui territorio sono
rinvenute; il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante «Attuazione della direttiva
2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e
successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE», ha previsto che, al fine di
promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto
ambientale, sono considerati di interesse nazionale i fluidi geotermici a media ed alta entalpia
finalizzati alla sperimentazione – su tutto il territorio nazionale – di impianti pilota con reiniezione
del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza e comunque con emissioni nulle e con
potenza nominale installata non superiore a 5 MWe per ciascuna centrale. L'autorità competente per
il conferimento dei relativi titoli minerari è il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che acquisiscono l'intesa con la
regione interessata; ai sensi del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, le autorità competenti
per le funzioni amministrative, inclusa la valutazione di impatto ambientale, ai fini del rilascio del
permesso di ricerca e delle concessioni di coltivazione, comprese le funzioni di vigilanza
sull'applicazione delle norme di polizia mineraria, riguardanti le risorse geotermiche d'interesse
nazionale e locale sono le regioni o gli enti da esse delegati; il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, (recante misure urgenti per la
crescita del Paese) ha disposto l'inserimento dell'energia geotermica tra le fonti energetiche
strategiche;
il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013,
n. 98, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia», ha disposto che gli impianti
geotermici pilota sono di competenza statale (integrando l'articolo 1, comma 3-bis, del decreto
legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 e il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152); ai sensi di tale
normativa i progetti geotermici pilota sono quindi sottoposti alla Valutazione di impatto ambientale
di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
la citata legge ha inoltre disposto per gli stessi impianti l'esclusione dalle previsioni della «direttiva
Seveso» (direttiva 96/82/CE) generando ulteriori preoccupazioni rispetto alla loro sicurezza nelle
operazioni di esercizio, con particolare riferimento alla prevenzione di incidenti connessi alla
presenza di sostanze pericolose utilizzate come vettori del calore specialmente nei cosiddetti cicli
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binari; il decreto ministeriale 6 luglio 2012, «Attuazione dell'articolo 24 del decreto legislativo 3
marzo 2011, n. 28, recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti
rinnovabili diversi da quella solare fotovoltaica», introduce una incentivazione «base» per gli
impianti geotermici ad autorizzazione regionale assoggettati alla doppia fase di ricerca e poi
concessione, mentre una incentivazione maggiore viene introdotta per gli impianti pilota
sperimentali di potenza fino a 5 megawatt (per una potenza complessiva fino a 50 megawatt) con la
conseguenza che tali impianti hanno un iter autorizzativo semplificato ed un incentivo maggiorato;
quanto sopra citato ha comportato numerose richieste di permessi di ricerca in tutta Italia – in
particolare nelle regioni Umbria, Lazio, Toscana, Campania, Sicilia e Sardegna – oltre che alla
immediata saturazione del plafond di 10 permessi per impianti pilota sperimentali, in particolare nel
settore della media entalpia, con temperature della risorsa geotermica compresa tra 90o C e 150o C;
nella sola regione Lazio, sono state inoltrate 38 domande di autorizzazione alla ricerca per lo
sfruttamento della risorsa geotermica. Di queste, 20 riguardano siti ricadenti nella provincia di
Viterbo molti dei quali prospicienti il lago di Bolsena; si aggiunge che il Lazio settentrionale, come
ben noto, è affetto da problematica da arsenico nelle falde idropotabili, proveniente dai fluidi
geotermici del sottosuolo; un elevato numero di trivellazioni intorno al lago di Bolsena potrebbe
incrementare la risalita di fluidi ad elevato contenuto di arsenico, mettendo a rischio non solo i
pozzi che attingono dalla falda acquifera, ma anche la possibilità di utilizzare l'acqua dello stesso
lago – che contiene bassissime percentuali di arsenico – per una eventuale miscelazione con la rete
potabile della provincia di Viterbo ad oggi contenente percentuali di arsenico superiori a quelle
consentite dalla normativa nazionale ed europea vigente; le stesse trivellazioni potrebbero incidere
anche sui sistemi termali con conseguente riduzione dei volumi delle acque che attualmente sono
alimentate dalle sorgenti, con gravissime conseguenze per le economie dei territori interessati,
contravvenendo alle disposizioni della legge n. 323 del 2000 che promuove la crescita qualitativa
dell'offerta termale nazionale sulla qualificazione dei contesti ambientali e, quindi, sulla stabilità dei
parametri chimico-fisici della acque. Tutto ciò arrecherebbe gravi danni al turismo, attività
economica molto importante, ad esempio, per la provincia di Viterbo e anche per il comprensorio
del lago di Bolsena; nella regione Lazio un impianto pilota sperimentale è previsto nel comune di
Acquapendente e nella regione Umbria ne è previsto un altro nel comune di Castel Giorgio,
contermine al precedente, entrambi inseriti nel bacino idrogeologico SIC (sito di interesse
comunitario) del lago di Bolsena; con riferimento agli impianti pilota precedentemente citati situati
nei comuni di Castelgiorgio (Terni) e Acquapendente (Viterbo), si sottolinea la elevata fragilità
sismotettonica del territorio, dimostrata da importanti terremoti storici (a memoria si ricordano i
terremoti a Tuscania nel 1971 e a Castelgiorgio nel 1957) a cui si associa un contesto edilizio
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fortemente vulnerabile dal punto di vista della resilienza sismica (centri abitati della civiltà del
tufo); i comuni situati in prossimità del lago di Bolsena, ricadenti sia in provincia di Viterbo sia in
provincia di Terni hanno, negli ultimi mesi, già dichiarato la loro opposizione alle trivellazioni ed
alla utilizzazione di pozzi profondi nel loro territorio finalizzati allo studio ed alla produzione di
energia da fonte geotermica, vista anche la esperienza negativa vissuta dal territorio con la centrale
geotermoelettrica di Latera pur portata avanti da una società con esperienza nel settore come ENEL
S.p.A.; il Ministero dello sviluppo economico – direzione generale per le risorse minerarie ed
energetiche ha ritenuto, inoltre, necessario valutare in via preventiva le autorizzazioni di operazioni
tecnologiche che prevedano perforazioni nel sottosuolo con particolare riferimento alla sismicità
indotta e provocata per cui saranno individuate e definite attraverso «linee guida» la cui stesura è
stata affidata al gruppo di lavoro costituito in data 2014; il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare ha ritenuto necessario costituire, in ambito ISPRA, un gruppo di lavoro per
definire puntualmente lo stato della sismicità indotta e provocata dall'attività antropica nel nostro
Paese; le stesse regioni Lombardia e Emilia-Romagna con atti rispettivamente del 20 marzo 2014 e
23 aprile 2014 hanno deliberato in via cautelativa, una moratoria per tutte le attività concernenti la
perforazione del sottosuolo, in attesa della definizione delle suddette «linee guida» del Governo;
l'attività dei suddetti gruppi di lavoro è tuttora in corso pertanto, ad oggi, non esistono ancora le
nuove linee guida, né è stata effettuata la revisione del quadro normativo resosi necessario per la
geotermia elettrica; quindi non possono essere fornite valutazioni scientifiche certe alle istanze di
perforazione del sottosuolo in corso di approvazione; non esiste inoltre ad oggi una zonazione del
territorio nazionale che evidenzi le aree di compatibilità in cui non possano esserci rischi di
sismicità indotta o provocata, ma anche di potenziale inquinamento delle falde idropotabili e di
inquinamento atmosferico ed acustico a tutela delle aree urbane di pregio o di interesse
naturatistico,
impegnano il Governo:
ad avviare le procedure di zonazione del territorio italiano, per le varie tipologie di impianti
geotermici, identificando le aree potenzialmente sfruttabili in coerenza anche con le previsioni degli
orientamenti europei relativamente all'utilizzo della risorsa geotermica, e in linea con la strategia
energetica nazionale; ad emanare «linee guida» a cura dei Ministeri dello sviluppo economico e
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che individuino anche i criteri attraverso i quali
definire, a livello nazionale, quali dei siti potenzialmente sfruttabili risultino effettivamente
suscettibili di sfruttamento, tenendo conto delle implicazioni che l'attività geotermica comporta
relativamente al possibile inquinamento delle falde, qualità dell'aria, induzione di sismicità ed altro
ancora;
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a far sì che, nella valutazione di impatto ambientale (via) per gli impianti pilota geotermici di Castel
Giorgio (Umbria) e Montenero (Toscana), si tenga conto in particolare delle implicazioni che
l'attività geotermica comporta relativamente al possibile inquinamento delle falde, alla qualità
dell'aria, all'induzione di sismicità;
a rilasciare le autorizzazioni per i progetti di impianti geotermici solo nel rispetto delle prescrizioni
previste dalle linee guida in corso di definizione;
a valutare la possibilità di riconsiderare la classificazione delle fonti energetiche rinnovabili, con
particolare riferimento alla possibilità di non annoverare più tra le stesse, lo sfruttamento delle
acque sotterranee riscaldate da gradienti di temperatura ma solo quello del calore ivi presente che è
effettivamente rinnovabile. (7-00486)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla realizzazione dell'impianto di produzione di energia elettrica a biomassa «Mongiana»
(Vibo Valentia) di Enel Green Power spa
NESCI (M5S)
— Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: il 7 dicembre 2012 il comune di
Mongiana (Vibo Valentia) acquisì istanza di autorizzazione Pas (Procedura abilitativa semplificata),
presentata ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 28 del 2011 e della delibera di giunta
regionale della Calabria n. 81 del 13 marzo 2012, dall'ingegner Roberto Testa, procuratore della
società Enel Green Power spa con sede legale a Roma, per la costruzione e l'esercizio dell'impianto
di produzione di energia elettrica a biomassa denominato «Mongiana», di potenza prevista pari a
300 chilowatt, da realizzare in località Cropani-Micone all'interno di un'area individuata nel nuovo
catasto terreni al foglio 5 con la particella n. 211 e con asservimento delle particelle n. 229 e 260,
zona «E» (verde agricolo) del programma di fabbricazione; una variante Pas fu acquisita dal
comune di Mongiana il 5 dicembre 2013, con i relativi elaborati; il 10 marzo 2014 fu rilasciato dal
comune di Mongiana attestato di variante non sostanziale, ai sensi del decreto legislativo n. 28 del
2011, articolo 5, comma 3; seguirono l'acquisizione da parte del municipio di ulteriori integrazioni e
la disposizione di pagamento, da parte del proponente, di 10.258,13 euro per gli oneri di
urbanizzazione di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380
del 2001; il contratto di costituzione di diritti reali sulla superficie occupata a favore di Enel Green
Power spa fu sottoscritto il 26 marzo 2014, autenticazione operata dal notaio Maria Stella Tigani,
con studio in Serra San Bruno (Vibo Valentia), e registrazione a Vibo Valentia il 15 aprile 2014;
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l'8 maggio 2014, il responsabile dell'ufficio tecnico del comune di Mongiana, geometra Domenico
Potami, rilasciò permesso di costruire, con una serie di prescrizioni, tra le quali, al punto n. 14,
l'adozione di «tutte le cautele (nell'osservanza delle vigenti disposizione di legge e regolamenti) e
tutte le precauzioni allo scopo di evitare incidenti e danni alle cose e alle persone»;
con nota del 12 giugno 2014 – indirizzata al sindaco del comune di Mongiana, al capo della procura
della Repubblica di Vibo Valentia, al prefetto di Vibo Valentia, al comandante della compagnia dei
carabinieri e al dirigente del commissariato di San Bruno, nonché al comandante provinciale del
Corpo forestale dello Stato – il comitato civico «Mongiana salute», scrisse, circa la costruzione del
succitato impianto, dell'ubicazione «a ridosso delle case», lamentando che la precedente
amministrazione comunale accolse l'opera «senza il benché minimo rispetto delle leggi vigenti in
materia», nonché l'esistenza di una distanza minima dalle case di appena «cinquanta» metri, la
quale appare obiettivamente fuori di ogni dettato normativo; della medesima nota del comitato
civico «Mongiana salute» è data notizia sul giornale Il Quotidiano della Calabria del 15 giugno
2014, a pagina 27 dell'edizione di Vibo Valentia; con la legge n. 108 del 16 marzo 2001, in Italia è
stata ratificata la convenzione di Aarhus sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del
pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, la quale prevede che
l'amministrazione pubblica si curi di informare il pubblico interessato nella fase iniziale del
processo decisionale in materia ambientale, ciò in modo adeguato, tempestivo ed efficace, mediante
pubblici avvisi o individualmente; l'articolo 6 della suddetta convenzione prescrive che le
informazioni riguardino, in particolare, l'attività proposta e la richiesta su cui sarà presa una
decisione, la natura delle eventuali decisioni o il progetto di decisione, l'autorità pubblica
responsabile dell'adozione della decisione, la procedura prevista, ivi compresi – nella misura in cui
tali informazioni possano essere fornite – la data d'inizio della procedura, le possibilità di
partecipazione offerte al pubblico, la data e il luogo delle audizioni pubbliche eventualmente
previste, l'indicazione dell'autorità pubblica cui è possibile rivolgersi per ottenere le pertinenti
informazioni e presso la quale tali informazioni sono state depositate per consentirne l'esame da
parte del pubblico, l'indicazione dell'autorità pubblica o di qualsiasi altro organo ufficiale cui
possono essere rivolti osservazioni e quesiti nonché i termini per la loro presentazione, l'indicazione
delle informazioni ambientali disponibili sull'attività proposta, l'assoggettamento dell'attività in
questione ad una procedura di valutazione dell'impatto ambientale a livello nazionale o
transfrontaliero –:
se siano a conoscenza dei qui fatti narrati;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intendano assumere per garantire il rispetto
della convenzione di Aarhus, ratificata con la legge n. 108 del 2001, anche per consentire che la
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popolazione sia edotta su possibili rischi di salute od incolumità, in considerazione della distanza
della centrale in costruzione dalle case abitate, e possa quindi intervenire, all'occorrenza, con gli
strumenti di legge. (4-06297)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla partecipazione alla composizione del Comitato centrale per l'Albo dell'Autotrasporto
BERGAMINI (FI)
— Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
con la pubblicazione della legge 27 dicembre 2013 n. 147 (legge di stabilità per il 2014) sono state
rese effettive le procedure per il rinnovo della composizione del Comitato centrale per l'Albo degli
autotrasportatori, che introduce i nuovi requisiti d'ingresso delle associazioni e definisce le nuove
regole di rappresentanza delle categorie all'interno delle istituzioni; a tal fine è stato predisposto il
decreto dirigenziale prot. n. 213 del 30 dicembre 2013, che assegna il termine di 30 giorni
decorrenti dalla stessa data del decreto, entro il quale le Associazioni nazionali di categoria
dell'autotrasporto, interessate ad ottenere l'accreditamento presso il suindicato Comitato, devono
trasmettere la relativa istanza e la documentazione attestante il possesso dei requisiti di cui
all'articolo 10 del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 284 e successive modifiche e
integrazioni; Transfrigoroute Italia Assotir, rappresenta una importante Associazione di categoria
degli autotrasportatori, che opera in modo continuativo a livello nazionale, ed include 774 imprese
di autotrasporto, operanti nella logistica, trasporto merci e spedizione, regolarmente iscritte all'Albo
degli autotrasportatori; in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 1 comma 3, del suindicato
decreto dirigenziale, la suddetta Associazione ha inviato lo
scorso 28 gennaio 2014 (pertanto
entro i termini regolamentari previsti), il carteggio necessario, ai fini della verifica dei titoli per
l'iscrizione presso il Comitato in precedenza esposto, considerando tra l'altro, la nota aggiuntiva dei
chiarimenti prot. n. 692 del 13 gennaio 2014, sul corretto modo di intendere gli adempimenti che le
associazioni di categoria dell'Autotrasporto di merci devono porre in essere, per dimostrare il
possesso dei requisiti di cui all'articolo 1, comma 1, del medesimo decreto dirigenziale;
l'interrogante segnala tuttavia come, nonostante la dettagliata e specifica documentazione presentata
dall'associazione transfrigoroute Italia Assotir, alla direzione generale per il trasporto stradale e per
l'intermodalità presso il Ministro interrogato, l'istanza per ottenere l'accreditamento presso il
Comitato centrale dell'Albo degli autotrasportatori, sia stata respinta in quanto il contratto collettivo
sottoscritto in data 23 gennaio 2014, con la Federazione autonoma sindacati dei trasporti
FAST/CONFSAL, non rientra nella categoria dei rinnovi del contratto collettivo nazionale di lavoro
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logistica, trasporto merci e spedizione come espressamente previsto dalla legge 27 dicembre 2013
n. 147, configurandosi piuttosto, come una tipologia di contratto nuovo; la medesima nota
ministeriale ha rilevato altresì come il suindicato contratto, risulti comunque sottoscritto in data
successiva
all'entrata
in
vigore
della
stessa
legge
di
stabilità
per
il
2014;
in ordine al rigetto da parte della suddetta Direzione generale, l'interrogante evidenzia come,
attraverso una particolareggiata analisi dell'atto di reiezione, l'associazione interessata, ha espresso
una serie di fondate perplessità interpretative, sia con riguardo alla mancata inclusione nella
categoria dei rinnovi del CCNL logistica, trasporto e spedizione, che con riferimento alla
sottoscrizione avvenuta oltre i termini previsti; quanto al primo profilo di criticità, Transfrigoroute
Italia Assotir, rileva infatti, come la norma indicata dal comma 92 dell'articolo unico della legge 27
dicembre 2013, n. 147 non può non suscitare dubbi interpretativi, in considerazione dell'evidente
mancanza di un opportuno coordinamento dei criteri previsti dalla disposizione legislativa;
l'assunto secondo il quale, l'amministrazione non riconosce il possesso del requisito in questione
alle associazioni, che non abbiano rinnovato un precedente accordo collettivo, ma abbiano stipulato
direttamente un nuovo CCNL sul presupposto che la norma richieda espressamente la sottoscrizione
di un accordo di rinnovo del predetto contratto, appare infatti all'interrogante connotato da evidenti
dubbi di legittimità; la dizione letterale della suindicata disposizione, desta interpretazioni ambigue
in considerazione che non appare chiaro se la parte fondante del precetto sia costituita dalla verifica
sulla sostanziale sottoscrizione di un contratto collettivo nazionale, risultando quindi meramente
residuale la circostanza, che si tratti di un nuovo contratto o del rinnovo di un contratto già in
essere; appare inoltre scarsamente comprensibile, se la parola: «rinnovi», sia stata utilizzata in
modo non tecnico, per individuare comunque la sottoscrizione di un contratto collettivo, oppure se
il legislatore abbia voluto effettivamente limitare al riconoscimento del requisito solo a favore di chi
abbia partecipato al contratto in essere; in quest'ultima ipotesi, ci si sarebbe dovuto domandare a
quale concreta fattispecie il legislatore avrebbe realisticamente fatto riferimento, posto che in realtà
quello che vengono comunemente denominati come rinnovi dei contratti collettivi, non possiedono
tale caratteristica, trattandosi a tutti gli effetti della sottoscrizione di nuovi contratti, spesso stipulati
decorso un lungo periodo della scadenza del precedente e contenenti clausole normative ed
economiche diverse da quelle precedentemente pattuite; ulteriore profilo di criticità si riscontra,
nell'ambito della dizione letterale della norma che indica genericamente un accordo di rinnovo: «del
contratto collettivo nazionale del comparto della logistica, trasporto e servizi», non specificando con
esattezza a quale contratto la stessa faccia riferimento, in considerazione che l'ordinamento
giuridico non contempla l'esistenza di un unico contratto collettivo nazionale di un comparto, al
quale conferire efficacia erga omnes; l'interrogante evidenzia altresì, come la sequenza di dubbi
12
interpretativi derivanti dalla formulazione, sia della norma prevista dal comma 92 dell'articolo unico
della legge 27 dicembre 2014, n. 147 (legge di stabilità per il 2014), che di quanto indicato dal
decreto dirigenziale del 30 dicembre 2013, n. 213, espressi dall'Associazione Transfrigoroute Italia
Assotir, rilevano come l'amministrazione del Ministero interrogato, avrebbe dovuto predisporre con
maggiore attenzione e chiarezza la formulazione delle norme interessate ed in precedenza esposte,
proprio in funzione della confusione determinatasi nell'applicazione del solo criterio letterale, da cui
derivano effetti giuridici che si pongono in palese contrasto con il principio di ragionevolezza delle
norme legislative, che costituisce corollario del diritto di uguaglianza, tutelato in via primaria
dall'articolo 3 della Costituzione; in forza del suddetto principio costituzionale, le disposizioni
normative debbono risultare adeguate e congruenti rispetto al fine perseguito, mentre così come
risulta dalle osservazioni in precedenza esposte, si dimostrano essere in palese violazione del dettato
costituzionale, generando una contraddizione all'interno del compendio normativo in cui sono
inserite;
il provvedimento di diniego emesso dall'Amministrazione, risulta pertanto gravemente viziato,
poiché il pedissequo rispetto del testo letterale, determina una irragionevole situazione
discriminatoria tra i soggetti che vantano in medesimo requisito, ovvero quello di aver sottoscritto
un contratto nazionale collettivo del comparto, sia esso una prima stipula, ovvero il rinnovo di un
contratto in essere; la disparità di trattamento che, secondo i rilievi espressi dalla medesima
Associazione di autotrasporto, si configura in maniera ancora più grave, se si considera come la
stessa, sia venuta a conoscenza della sottoscrizione del nuovo contratto collettivo con
FAST/CONFSAL, al fine di garantirne le migliori clausole contrattuali a favore dei propri associati;
una corretta azione amministrativa, non poteva quindi prescindere dall'analisi della norma sulla base
della ratio, che ha determinato il legislatore a stabilirla, ovvero ricercare la finalità sociale o
economica della norma stessa attraverso l'analisi logico sistematica dell'intero compendio
normativo in cui essa è inserita; a tal riguardo, segnala l'Associazione, non vi è alcun dubbio che la
norma in esame rientri all'interno di un più ampio complesso di disposizioni dettate dall'articolo 10,
comma 1, lettera f) del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 284 e modificato dal comma 92
dell'articolo unico della legge 27 dicembre 2013, n. 147, tutte finalizzate all'accertamento in capo
alle Associazioni di categoria degli autotrasportatori, di un grado di rappresentatività ritenuto
sufficiente per partecipare alla composizione del Comitato centrale per l'Albo degli
autotrasportatori;
individuata la finalità non poteva sorgere infatti alcuna perplessità, in ordine all'interpretazione più
corretta da adottare nell'applicazione della norma intorno alla quale, si intende evidentemente
accertare che la singola associazione sia portatrice di un elevato grado di rappresentatività delle
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imprese associate, riconosciuto anche dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori addetti al
comparto, tanto da pervenire alla determinazione di concordare e sottoscrivere con essa un accordo
collettivo nazionale; sulla base delle suesposte considerazioni, appare evidente a giudizio
dell'interrogante, che denegare a Transfrigoroute Italia Assotir, il riconoscimento del requisito
richiesto, per il solo fatto che la stessa ha sottoscritto un nuovo contratto collettivo nazionale il
luogo di un rinnovo, appalesa una posizione priva di logica ed in particolare viziata, sotto il profilo
della legittimità; quanto al secondo profilo di rigetto, risulta indubitabile a parere dell'Associazione
interessata, che il termine temporale del possesso dei requisiti non può che essere riferito al
momento in cui una norma regolamentare ne richieda la dimostrazione ovvero nel caso di
Transfrigoroute Italia Assotir, che ha sottoscritto il contratto collettivo con FAST/CONFSAL, in
data 23 gennaio 2014, ovvero entro il termine del 30 gennaio, quale scadenza ultima posta
dall'Amministrazione per presentare domanda di accreditamento attinente il prossimo rinnovo;
l'Amministrazione per contro, nel ritenere riconoscibile il possesso del requisito in esame, solo se
acquisito entro il limite temporale richiamato nel provvedimento di diniego, presuppone un
incomprensibile, ambito applicativo, delle disposizioni in esame in considerazione che: o ritiene che
i successivi rinnovi, saranno regolamentati da successive disposizioni, oppure considera che in
occasione dei futuri rinnovi avranno titolo solo le Associazioni che hanno sottoscritto il rinnovo del
CCNL logistica, trasporto e spedizione, del 29 gennaio 2005, entro il termine di entrata in vigore
della legge n. 147/2013; l'interrogante evidenzia, come anche per quest'ultimo profilo indicato,
l'interpretazione della norma espressa dall'Amministrazione, si appalesa irragionevolmente e vizia
in
modo
grave
il
provvedimento
di
diniego
dalla
stessa
emesso;
l'esclusione dell'Associazione Transfrigoroute Italia Assotir dal Comitato centrale per l'Albo degli
autotrasportatori a seguito della mancata accettazione della domanda presentata evidenzia, a
giudizio dell'interrogante, sia una palese difficoltà da parte del legislatore, nella predisposizione di
un'adeguata qualità delle norme da osservare, volte all'omogeneità, la semplicità, la chiarezza e
proprietà di formulazione, i cui numerosi rilievi critici, hanno determinato una serie di effetti
negativi e penalizzanti per la medesima Associazione, tali da provocarne l'estromissione, che dalla
decisione di non applicare un CCNL siglato dalla CGIL-CISL-UIL e di firmare invece un CCNL a
tutela delle imprese, da essa rappresentate, con la FAST/CONFSAL; la decisione di considerare
come unica fonte di legittimazione la sottoscrizione del CCNL siglato unicamente dalla CGILCISL-UIL rappresenta, secondo quanto rileva la suddetta Associazione, sia una lacerazione della
Costituzione, che non ha mai dato veste giuridica pubblica a quelli che restano, a tutti gli effetti,
accordi tra privati, che una limitazione estrema, se si considera come la scelta di contenere
l'accreditamento alle sole Associazioni firmatarie del CCNL con CGIL-CIS-UIL, determina un veto
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assoluto nei confronti delle medesime organizzazioni sindacali, nel decidere a quali Associazioni di
autotrasporto, l'amministrazione dello Stato debba riconoscere come rappresentante delle imprese e
chi invece debba rimanere escluso; risultano in definitiva indifferibili a giudizio dell'interrogante,
una serie di precisazioni da parte dell'amministrazione interrogata, finalizzate a rendere più chiaro
l'intero quadro normativo riferito al riforma dell'Albo della categoria interessata, che rappresenta il
vero centro di governo del settore e che definisce, come in precedenza esposto, le nuove regole di
rappresentanza della categoria all'interno delle istituzioni; la decisione di escludere dal Comitato
centrale per l'Albo dell'Autotrasporto, la Transfrigoroute Italia Assotir, nonostante la medesima
Associazione avesse dimostrato di associare oltre 700 imprese di autotrasporto con un parco
veicolare di migliaia di camion e altrettanti addetti e possedere oltre 25 sedi territoriali in tutta la
penisola, essendo peraltro da molti anni, protagonista del confronto politico del settore, appare
inaccettabile anche con riferimento ai principi di rappresentatività e di libertà sia sindacale, che
imprenditoriale cui hanno diritto gli associati –:
quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
se i rilievi critici espressi in premessa da parte dell'Associazione autotrasporto Transfrigoroute Italia
Assotir, in ordine alle disposizioni riferite al comma 92 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 e del
decreto dirigenziale 30 dicembre 2013, n. 213 siano fondati e connotati da seri dubbi di legittimità;
in caso affermativo, se non ritenga urgente ed opportuno intraprendere iniziative volte ad eliminare
lo stato di ambiguità e chiarire la corretta e autentica interpretazione delle norme in precedenza
riportate al fine di consentire anche ad importanti Associazioni quale quella indicata in premessa, di
partecipare alla composizione del Comitato centrale per l'Albo dell'Autotrasporto, essendo in
possesso dei requisiti previsti come dalla medesima sostenuto, la cui attuale esclusione
dell'organismo
decisionale,
ha
determinato
secondo
l'interrogante
una
ingiustificabile
discriminazione. (4-06296)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sull’inquinamento del lago di Bolsena e sulle domande di autorizzazione alla ricerca per lo
sfruttamento della risorsa geotermica del lago
TERROSI (PD)
— Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare. — Per sapere – premesso che: il Lago di Bolsena, il più grande lago vulcanico d'Europa e il
primo assoluto nella regione Lazio, oltre a far parte dell'elenco dei siti di importanza comunitaria
(SIC) e della rete europea di Zona di Protezione Speciale (ZPS) destinate alla conservazione della
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biodiversità della rete ecologica denominata NATURA 2000 in base all'applicazione delle direttive
92/43/CEE e 79/409/ CEE – rispettivamente indicate come «Direttiva habitat» e «Direttiva uccelli»
– recepite in Italia dal decreto del Presidente della Repubblica 357 dell'8 settembre 1997 e dal
decreto del Presidente della Repubblica 120 del 12 marzo 2003, costituisce una importante riserva
di acqua dolce; come noto il contenuto in arsenico delle acque potabili di molti dei comuni in
provincia di Viterbo e, fra questi, nella maggior parte di quelli circumlacuali, risulta essere al di
sopra dei limiti previsti dalla normativa vigente. Per superare questo problema, uno dei Comuni
prospicienti il Lago – quello di Montefiascone – già da tempo adotta la tecnica della miscelazione
delle acque che non sarebbero altrimenti potabili per gli alti tenori di arsenico, con quelle prelevate
dal Lago di Bolsena, opportunamente depurate. Tale pratica potrebbe essere utilmente adottata allo
stesso scopo da altri Comuni che presentano la stessa problematica; purtroppo, da lungo tempo, lo
stato di salute delle acque del Lago di Bolsena desta non poche preoccupazioni;
è noto che la depurazione degli scarichi provenienti dai Comuni circumlacuali avviene per il tramite
di un collettore di raccolta dei reflui fognari che, unitamente alle 20 stazioni di sollevamento
dislocate lungo il tracciato e all'impianto di depurazione ubicato nei pressi del fiume Marta, a circa
3 km dall'incile, sono gestiti dalla società CO.BA.L.B. (Comunità Bacino Lago di Bolsena S.p.a.);
i suddetti impianti sono mal funzionanti a causa dei mancati o insufficienti interventi di
manutenzione che si protraggono da più anni. Ciò determina una serie di problemi, quali i frequenti
sversamenti di liquami fognari nel bacino lacustre; la quantità di questi che non si disperde lungo il
tracciato, arriva all'impianto di depurazione ubicato nei pressi del fiume Marta, ma l'attività di
depurazione non è efficace visto che lo stesso impianto è ormai al collasso e non più in grado di
adempiere alla sua funzione; oltre a ciò, esiste la realistica preoccupazione che attività antropiche
quale quella di introspezione profonda per la ricerca di possibili giacimenti geotermici, provochi la
risalita di fluidi ad elevato contenuto di arsenico, mettendo a rischio non solo i pozzi che attingono
alla falda acquifera, ma proprio la possibilità di utilizzare l'acqua del Lago per una eventuale
miscelazione con la rete potabile; è necessario inoltre, tenere in debita considerazione il fatto che il
bacino del Lago di Bolsena ha la caratteristica di essere «a lento ricambio», cioè il tempo necessario
a far defluire, attraverso il suo emissario, un volume d'acqua pari al volume del lago, è molto lungo,
stimabile in circa 120 anni. Ciò naturalmente rende il lago estremamente vulnerabile
all'inquinamento;
come noto il decreto ministeriale 6 luglio 2012, recante «Attuazione dell'articolo 24 del decreto
legislativo 3 marzo 2011, n. 28 recante “Incentivazione della produzione di energia elettrica da
impianti a fonti rinnovabili diversi da quella solare fotovoltaica, introduce una incentivazione di
‘base’ per gli impianti geotermici ad autorizzazione regionale assoggettati alla doppia fase di ricerca
16
e poi concessione, mentre una incentivazione maggiore viene introdotta per gli impianti pilota
sperimentali di potenza fino a 5 MW (per una potenza complessiva fino a 50 MW) con la
conseguenza che tali impianti hanno un iter autorizzatorio semplificato e un incentivo
maggiorato”»;
quanto sopra citato ha comportato numerose richieste di permessi di ricerca in tutta Italia – in
particolare nelle regioni Umbria, Lazio, Toscana, Campania, Sicilia e Sardegna – oltre che alla
immediata saturazione del plafond di 10 permessi per impianti pilota sperimentali, in particolare nel
settore della media entalpia, con temperature della risorsa geotermica compresa tra 90o C e 150o C;
nella sola regione Lazio, sono state inoltrate 38 domande di autorizzazione alla ricerca per lo
sfruttamento della risorsa geotermica. Di queste, 20 riguardano siti ricadenti nella provincia di
Viterbo molti dei quali prospicienti il Lago di Bolsena –: se sia a conoscenza dei fatti esposti;
quante domande di autorizzazione alla ricerca per lo sfruttamento della risorsa geotermica
interessino il lago di Bolsena e per quante di queste è iniziato l’iter autorizzatorio;
quali interventi intenda mettere in atto per tutelare il Lago di Bolsena dal possibile effetto di risalita
di fluidi ad elevato contenuto di arsenico, mettendo a rischio non solo i pozzi che attingono alla
falda acquifera, ma anche le acque dello stesso lago, tenendo conto che esiste la realistica
prospettiva che i comuni in cui l'acqua potabile presenta valori di arsenico superiori a quelli
ammessi dalla normativa vigente decidano di abbassarne il contenuto attraverso la miscelazione con
acqua lacuale opportunamente depurata. (5-03720)
Risposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, sul
progetto di ricerca di idrocarburi denominato «d68 F.R. – TU» nel Mar Jonio, della società
britannica Transunion Petroleum Ltd, presentata da D'AMBROSIO (M5S) n. 4-05087.
In relazione all'interrogazione in esame, fermo restando che la competenza al rilascio della
autorizzazione richiesta dalla Transunion Petroleum Italia s.r.l è rimessa istituzionalmente al
Ministero dello sviluppo economico, si forniscono le seguenti precisazioni.In data 8 maggio 2013 la
predetta società aveva presentato, ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 152 del 2006,
istanza di valutazione di impatto ambientale per il progetto relativo al permesso di ricerca di
idrocarburi in mare, classificato «d 68 F.R. – TU», interessante un'area localizzata nel Mar Ionio
settentrionale, all'interno del Golfo di Taranto.Il progetto proposto prevede che venga realizzata una
indagine geofisica con rilievo 2D, condotta con la tecnica dell’air-gun, su una porzione di mare
della estensione complessiva pari a 623,47 chilometri quadrati, il cui limite si trova a circa 9,3
chilometri di distanza dalla costa tra la Calabria e la Basilicata.I competenti uffici di questo
17
Ministero in data 11 luglio avevano comunicato l'esito favorevole delle verifiche tecnicoamministrative di procedibilità dell'istanza, mentre, al momento, è ancora in corso l'attività
istruttoria svolta dalla commissione tecnica di verifica dell'impianto ambientale VIA e VAS.
In merito a quanto evidenziato nella interrogazione cui si risponde circa la richiesta fatta alla società
proponente di voler controdedurre alle osservazioni formulate sul progetto, nonché di fornire
documentazione integrativa ai fini della valutazione d'impatto ambientale, corre l'obbligo di
precisare che tale procedura fa parte dell'ordinaria fase di consultazione prevista dall'articolo 24 del
già citato decreto legislativo n. 152 del 2006.Per quanto concerne la vicinanza dell'area interessata
dal progetto ai siti riconducibili a «Rete Natura 2000», si precisa che nessuno di essi si trova
all'interno della stessa area, in quanto quelli più vicini sono perlopiù nell'entroterra o sulla costa.
L'unico sito d'interesse comunitario potenzialmente sensibile, in quanto costituito da un habitat
marino, è rappresentato dalla Secca di Amendolara (IT 9310053), posta a oltre 16 chilometri a sudovest dall'angolo meridionale del blocco di ricerca, il cui habitat di riferimento è rappresentato dalle
prateria di Posidonia oceanica (habitat n. 1120). Al riguardo si evidenzia che il parere tecnico della
commissione terrà conto degli impatti diretti e indiretti su detti siti, così come prescritto dalla
vigente normativa, nell'ambito della pertinente Valutazione di incidenza.In riferimento, poi,
all'impatto ambientale che la mera attività di ricerca potrà avere sull'ambiente in generale, si precisa
che la tecnologia da utilizzare (cosiddetti air-gun) è stata oggetto di adeguati approfondimenti da
parte della commissione VIA-VAS, essendo la stessa comunemente adottata, peraltro, in tutti i
progetti di ricerca di idrocarburi in mare.In ultimo si segnala che la documentazione relativa al
progetto e le osservazioni del pubblico pervenute – la cui procedura è identificata con il codice 2340
– sono disponibili sul portale per le valutazioni ambientali (www.va.minambiente.it) nella pagina
dedicata.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge n. 5 del 9 febbraio 2012 ha semplificato le procedure di autorizzazione per le
attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi indicate come infrastrutture strategiche
nell'articolo 1 della legge 239 del 2004; la società britannica Transunion Petroleum Ltd, ha
presentato, nel maggio 2013, all'ufficio VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, alle regioni Basilicata, Puglia e Calabria, alle province di Crotone, Cosenza, Matera,
Taranto e Lecce ed a 49 comuni rivieraschi dell'arco jonico lucano-calabrese-pugliese l'istanza di
avvio della procedura VIA, ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo 152 del 2006,
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relativamente al progetto di ricerca denominato «d68 F.R. – TU» nel Mar Jonio; l'area denominata
d68 CR-.TU è situata nel Golfo di Taranto tra Policoro (MT) e Trebisacce (CS). Lo specchio
d'acqua interessato ha un'estensione complessiva di 623,47 chilometri quadrati e ricade all'interno
delle zone marine convenzionalmente denominate ”D” ed ”F”; alla concessione di tale permesso, si
oppongono, con numerose e fondate argomentazioni, enti pubblici, cittadini e associazioni;
nonostante le numerose e motivate istanze, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare ha prescritto alla compagnia di «controdedurre puntualmente tutte le osservazioni
pervenute con la pubblicazione sul sito www.va.minambiente.it», nonché di fornire altre 9
integrazioni «alla documentazione depositata in data 9 maggio 2013 per la procedura di Valutazione
di Impatto Ambientale»; il sito ha un alto valore naturalistico, ove sono presenti habitat marini
naturali ed anche specie da proteggere (ad esempio la tartaruga caretta, in via di estinzione dalle
coste italiane); l'area è attigua alla Secca di Amendolara, sito che riveste importanza comunitaria
(codice IT 9310053) ed è nota per la qualità e la quantità di specie ittiche presenti;
nell'area interessata, la ricerca petrolifera interferirebbe con le attività turistiche, le peculiarità
ambientali, la flora e la fauna marina del Mar Jonio e del Mediterraneo. Ricchezze sulle quali è
basata l'economia locale; la sola attività di ricerca, ancor prima della vera e propria estrazione
petrolifera,
si
rivelerebbe
fortemente
e
diffusamente
impattante
sul
territorio –:
se non voglia considerare, per quanto di competenza, il territorio e il mare di una così pregevole
area. (4-05087)
Risposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti,
all’interrogazione sull’incendio presso l'inceneritore di Colleferro e presso lo stabilimento
ACEA di Paliano, presentata da FRUSONE (M5S) n. 4-01403.
In relazione all'interrogazione in esame, occorre preliminarmente rilevare che gli impianti di cui in
essa si fa menzione non risultano nell'inventario degli stabilimenti a rischio industriale di cui al
decreto legislativo n. 334 del 1999, motivo per il quale gli elementi conoscitivi di seguito riferiti
sono stati acquisiti, nel corso di apposita istruttoria, principalmente dalla prefettura di Frosinone e
dall'ARPA Lazio.L'area interessata dai fatti richiamati nella interrogazione, peraltro, è la Valle del
Sacco (o anche Valle Latina), da qualcuno considerata il nome geografico proprio del territorio
comunemente denominato Ciociaria. Essa è una regione del Lazio meridionale, situata in massima
parte nella provincia di Frosinone e, per un breve tratto, in quella di Roma. È compresa tra i Monti
Ernici e i Monti Lepini ed è attraversata dal fiume Sacco. Al suo interno, i comuni più importanti
sono, innanzitutto Frosinone, e poi Anagni, Alatri, Ceccano, Ceprano, Paliano, Colleferro, Artena,
19
Ferentino, Morolo, Supino, Patrica.Nella Valle sorge un importante distretto industriale, e per
l'intensa attività industriale che vi si è svolta, soprattutto chimica, nonché per la creazione di
discariche a cielo aperto, si è creato un sovraccarico di inquinanti che negli anni hanno contaminato
terreni e falde acquifere, tanto che nel 2006 è stato dichiarato lo «stato di emergenza socioeconomico-ambientale» per la Valle del Sacco, a più riprese prorogato.Tanto premesso, in quanto
ritenuto necessario per meglio comprendere le preoccupazioni manifestate dagli interroganti nonché
quelle indirettamente riferibili alla popolazione ivi residente, per prima cosa si rileva che nella
mattinata del 19 giugno 2013 un incendio di rilevanti dimensioni si è sviluppato nell'interno di un
capannone dello stabilimento industriale
ACEA ARIA UL 2 (ex SNIA), ubicato nel territorio del
comune di Paliano, nei pressi del chilometro 57+200 della strada statale «Casilina».
Tale incendio, che ha riguardato, in particolare, il tetto della struttura edilizia adibita a lavorazione e
deposito di combustibile da rifiuto (CDR), ha interessato, prevalentemente, materiale costituito da
carta, plastica, gomma e prodotti legnosi, nonché la stessa copertura sulla quale risultava installato
un impianto di produzione di energia elettrica a pannelli fotovoltaici, poggiati su lamiera grecata
con strato coibente.L'intervento di spegnimento, prontamente effettuato da parte del comando
Provinciale dei Vigili del fuoco di Frosinone, è proseguito per l'intera giornata del 19 giugno.
Poiché, come già riferito, risultava interessato dall'incendio il materiale di coibentazione del
capannone, si è sviluppato un notevole volume di fumo, caratterizzato da un odore acre, che è
rimasto visibile nell'area circostante lo stabilimento anche a causa delle condizioni meteorologiche
di scarsa ventilazione, provocando, per l'evidente impatto visivo, un certo allarmismo da parte della
popolazione locale.Sul posto ha operato il nucleo-investigativo antincendio dello stesso corpo
nazionale dei Vigili del fuoco, che ha proceduto ai necessari rilievi, finalizzati a individuare le
possibili cause dell'evento, nonché personale dell'ARPA Lazio di Frosinone, che ha effettuato
monitoraggi dell'area e prelievi sui terreni delle aree circostanti.Il personale dell'ARPA Lazio, in
particolare, si è prontamente attivato al fine di porre in essere attività tecniche di controllo degli
eventuali effetti ambientali dovuti all'incendio. È stato riferito, in particolare, che i controlli della
qualità dell'aria sono avvenuti mediante due linee di intervento attuate contemporaneamente. La
prima ha riguardato l'utilizzo delle stazioni di monitoraggio della qualità dell'aria afferenti alla rete
regionale. Poiché nel territorio potenzialmente interessato sono attive quattro stazioni di
monitoraggio (1 nel comune di Anagni, 1 nel comune di Ferentino e 2 nel comune di Colleferro)
queste sono state utilizzate per mantenere sotto controllo sia i principali indicatori (PM10, ossidi di
azoto, ossidi di zolfo, monossido di carbonio) sia la eventuale presenza di idrocarburi policiclici
aromatici. La seconda linea di intervento ha comportato il posizionamento di campionatori per la
determinazione di inquinanti organici e metalli. Dai risultati è emerso che tutte le concentrazioni
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misurate nel giorno dell'evento e nei giorni successivi, in tutte le centraline prese in esame, sono
risultate inferiori ai limiti previsti dalla normativa.A distanza di poco più di un mese, il 23 luglio
2013 è scoppiato un altro incendio in un altro impianto di lavorazione dei rifiuti, e, nello specifico,
presso l'impianto di termovalorizzazione di CDR della E.P. Sistemi (il cosiddetto inceneritore di
Colleferro) ubicato in località Colle Sughero, in agro – appunto – di Colleferro. Il denso fumo nero
che si è innalzato dall'impianto è stato visibile in tutta la zona, allarmando, anche in questo caso, la
popolazione residente.L'incendio, di breve durata e intensità, è stato immediatamente circoscritto
dai Vigili del fuoco prontamente intervenuti. Esso ha riguardato uno dei due nastri trasportatori di
alimentazione del CDR in prossimità della fossa di carico. Causato dal surriscaldamento di un
cuscinetto di scorrimento, esso non ha coinvolto in alcun modo i rifiuti ivi trattati che non sono stati
quindi interessati dalle fiamme.Sono stati analizzati, anche in questo caso, dal personale dell'ARPA
Lazio, i dati orari di qualità dell'aria registrati dalle due centraline ubicate nel territorio comunale di
Colleferro, le quali non hanno evidenziato alcun picco significativo per nessuno dei parametri
monitorati.
Risulta, comunque, che le rispettive autorità comunali abbiano provveduto ad assumere
provvedimenti di natura cautelativa allo scopo di scongiurare ogni possibile rischio per la salute e la
pubblica incolumità, nonché a tempestivamente informare e tenere aggiornati i propri amministrati.
Fermo restando tutto quanto sopra riferito, appare opportuno precisare che sia la questura di
Frosinone che il comando provinciale dei Carabinieri hanno fatto presente, nel corso dell'istruttoria
condotta da questo Ministero, che non era emerso il coinvolgimento di organizzazioni riconducibili
al traffico di rifiuti e/o ecomafie.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per
sapere – premesso che: in data 23 luglio 2013 è scoppiato un incendio, verso le 7:15, nel sito
dell'inceneritore di Colleferro con il conseguente innalzamento di una densa colonna di fumo
dovuta, almeno dalle prime indiscrezioni, all'incendio di uno dei nastri trasportatori;
l'inceneritore di Colleferro era già salito agli onori di cronaca nei primi mesi del 2009 quando
vennero arrestati 13 persone compresi i dirigenti della società che gestiva l'impianto che all'epoca si
chiamava GAIA; in data 19 giugno 2013 in località Castellaccio, poco distante dall'inceneritore di
Colleferro, è scoppiato un altro incendio nello stabilimento ACEA ARIA UL 2 (ex Snia) di Paliano
in cui viene prodotto CDR; questi incendi che insistono entrambi su una medesima area geografica
21
sembrano collegarsi l'uno all'altro quasi come una regia atta a condizionare la politica del ciclo dei
rifiuti della zona –:
cosa risulta ai Ministri interrogati sulle cause che hanno portato all'incendio presso l'inceneritore di
Colleferro e presso lo stabilimento ACEA sito in Paliano;
se risulta una presenza in quella zona di organizzazioni legate alle eco-mafie e segnatamente al
traffico dei rifiuti;
quali iniziative sono state assunte per monitorare i danni ambientali derivanti dagli incendi in
questione e quali iniziative si intenda assumere per evitare che tali episodi possano ripetersi.
(4-01403)
Interrogazione a risposta scritta:
sul tracciato del metanodotto Foligno-Sestino di SNAM
GALLINELLA e CIPRINI (M5S)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
lo «Studio di impatto Ambientale. Incidenza dell'opera sui Siti di importanza comunitaria (SIC) e
sulle Zone di protezione speciale (ZPS) nel territorio della Regione Umbria» SPC. LA-E-83013
realizzato da SNAM nell'ottobre 2004 in relazione al tracciato del metanodotto Foligno-Sestino
prevedeva una valutazione di incidenza per i siti d'importanza comunitaria attraversati dal tracciato
ma non per quelli che potevano essere comunque interessati negativamente dall'opera;
è fondamentale, infatti, come si evince anche da diversi atti della stessa regione Umbria che «la
necessità di redigere una valutazione di incidenza non è limitata ai piani o progetti ricadenti
esclusivamente nei territori proposti come siti natura 2000 (zone SIC e ZPS), ma anche alle opere
che, pur sviluppandosi al di fuori di tali aree, possono comunque avere incidenze significative su di
esse. La valutazione infatti deve essere interpretata come uno strumento di prevenzione che analizzi
gli effetti di interventi localizzati non solo in modo puntuale ma soprattutto, in un contesto
ecologico dinamico, considerando le correlazioni esistenti fra i vari siti ed il contributo che ognuno
di essi apporta alla coerenza globale della struttura e della funzione ecologica della rete Natura
2000»; il 16 maggio 2011, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di
concerto con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha successivamente
emanato un decreto in cui stabilisce l'obbligo di una valutazione di incidenza ambientale per il
progetto del metanodotto Foligno-Sestino anche per i siti d'importanza comunitaria i cui confini
fossero collocati ad una distanza inferiore ai 5 chilometri dal tracciato del metanodotto;
il progetto attraverserà, in particolare, la zona archeologica di Plestia, a circa 200 metri dagli
22
importanti reperti già portati alla luce vicino alla chiesa di Plestia e passerà ad una distanza di 100
metri dai confini del sito d'importanza comunitaria piani di Arvello e Annifo (SIC cod. 5210032),
che, all'interno della piana di Colfiorito, e per la loro particolare caratteristica acquitrinosa e
permanentemente umida rappresentano un habitat di straordinario valore ecologico ambientale,
testimoniato anche dalla presenza del Tarabuso nidificante e da un immenso dormitorio di rondini;
lo Studio d'Impatto Ambientale SPC. LA-E-83017 eseguito da SNAM nel marzo 2006 ha
evidenziato che l'area di Annifo è caratterizzata a partire dalla profondità di 0,60 metri fino a 13
metri da marne e calcari marnosi, tale caratteristica geologica potrebbe far sì che gli scavi per la
realizzazione del metanodotto svolgano una funzione drenante con un conseguente impatto negativo
sulla formazione dei cosiddetti «laghetti» che rappresentano la caratteristica di pregio del sito
d'importanza comunitaria (SIC cod. 5210032);
le prescrizioni relative al sito d'importanza comunitaria piani di Arvello ed Annifo (SIC cod.
5210032), contenute nel decreto ministeriale succitato al punto A.12, non prevedono nulla in merito
alla gestione del possibile effetto drenante né prima, né durante la realizzazione dell'opera –:
se, in base a quanto esposto in premessa, al pregio dell'area e alle caratteristiche geologiche del
terreno, non sia stato valutato, per gli aspetti di propria competenza, il rischio che lo scavo del
tracciato del metanodotto da parte della SNAM possa svolgere un ruolo drenante e quindi
pericoloso per la preservazione dell'ecosistema dei piani di Arvello e Annifo. (4-06237)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla contaminazione da idrocarburi e metalli pesanti nel mare e nelle acque superficiali, con
particolare riferimento al lago del Pertusillo, in Val d’Agri in Basilicata
D'AMBROSIO e LIUZZI (M5S)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
secondo la strategia energetica nazionale (SEN) entro il 2020 in Italia si vuole più che raddoppiare
l'estrazione di idrocarburi fino a 24 milioni di barili all'anno; tra le 5 zone ritenute ad elevato
potenziale di sviluppo, in Basilicata c’è la Val d'Agri dove, a 2 chilometri dal lago del Pertusillo –
invaso che raccoglie le acque poi distribuite alla rete idrica potabile di tutta la regione Puglia – e a
700 metri dal corso dei fiumi affluenti del lago, insiste il centro oli ENI (divisione E&P) che
estrae 88 mila barili al giorno di greggio (noi riteniamo ben di più) e la SEN prevede un
potenziamento per 129 mila barili al giorno di greggio estratti; secondo gli unici dati di
monitoraggio eseguiti dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente Basilicata (ARPAB) –
come da progetto sulla «Valutazione dello stato ecologico del Lago del Pertusillo» finanziato con
23
PO FESR 2007/2013 – i valori di bario, boro, ferro, manganese, rame, vanadio, fluorantene e
naftalene risultano in varia misura pericolosamente superiori ai limiti massimi previsti per le acque
superficiali, le quali in questo caso sono destinate all'uso potabile, distribuiti in rete in tutta regione
Puglia da Acquedotto Pugliese spa; le piattaforme off-shore nella fase esplorativa e in quella
estrattiva, causano lo sversamento in mare di un quantitativo di idrocarburi valutato nel 10 per cento
del totale dell'inquinamento marino da idrocarburi: si tratta di fluidi e fanghi generati dalle
trivellazioni e dagli scarti degli idrocarburi, estratti e lavorati letali per la fauna marina e l'intero
ecosistema Adriatico, a cui si somma l'inquinamento provocato dal transito in mare di ogni tipo di
natanti e delle navi-cisterna per il trasporto degli idrocarburi (si calcola che per ogni milione di
tonnellate di petrolio trasportate via mare, una tonnellata vada dispersa a causa di riversamenti di
varia natura);
il Governo parla di 40.000 posti di lavoro grazie alle trivelle ma ad oggi si contano solo circa 240
occupati locali oltre a 500 stagionali –:
se non ritenga necessario e urgente porre in essere iniziative finalizzate a limitare prima e fermare
poi, la contaminazione da idrocarburi e metalli pesanti del mare e delle acque superficiali,
specialmente quelle destinate all'uso potabile. (4-06313)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sui criteri di misurazione del prezzo del gasolio per autotrazione
OLIARO (SCpI)
— Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
con l'articolo 83-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla
legge 6 agosto 2008, n. 133, sono stati introdotti costi minimi di esercizio per l'autotrasporto di
merci in conto terzi; in particolare, l'articolo 83-bis introduce, ai commi 1 e 2, criteri di misurazione
del prezzo del gasolio per autotrazione, finalizzati a verificarne l'incidenza sui costi delle imprese di
trasporto, attribuendo all'Osservatorio sulle attività di autotrasporto il compito di determinare
mensilmente il costo medio del carburante per chilometri percorrenza per ogni tipologia di veicolo,
sulla base di rilevazioni mensili affidate al Ministero dello sviluppo economico, nonché di
determinare semestralmente, sempre in relazione alla tipologia di veicolo, la percentuale dei costi
del carburante gravante sull'impresa di autotrasporto per conto terzi, in rapporto al totale dei costi di
esercizio; il medesimo articolo ai commi 3-13 reca una disciplina relativa al corrispettivo derivante
dai contratti di trasporto, dovuto dal mittente al vettore per il costo dei carburanti sostenuti dal
trasportatore,
in
base
alle
determinazioni
dell'Osservatorio
sull'autotrasporto;
24
con una pronuncia del 4 settembre 2014 (Cause riunite C-184/13, C-187/13, C-194/13, C-195/13,
C-208/13) la Corte di giustizia dell'Unione europea ha censurato la disciplina di cui al citato articolo
83-bis facendo seguito alle domande pregiudiziali formulate dal TAR del Lazio in ordine alla
compatibilità comunitaria della norma; nei punti da 51 a 57 della pronuncia la Corte entra nel
merito della disciplina e, pur rilevando che «la tutela della sicurezza stradale possa costituire un
obiettivo legittimo», ritiene che la determinazione dei costi minimi d'esercizio non sia «idonea né
direttamente né indirettamente a garantirne il conseguimento» per due importanti presupposti: la
normativa si limita a prendere in considerazione, in maniera generica, la tutela della sicurezza
stradale, senza stabilire alcun nesso tra i costi minimi d'esercizio e il rafforzamento della sicurezza
stradale; la normativa non raggiunge l'obiettivo addotto in modo coerente e sistematico andando «al
di là del necessario», in quanto non permette «al vettore di provare che esso, nonostante offra prezzi
inferiori alle tariffe minime stabilite, si conformi pienamente alle disposizioni vigenti in materia di
sicurezza» ed «esistono moltissime norme, comprese quelle del diritto dell'Unione, riguardanti
specificamente la sicurezza stradale, che costituiscono misure più efficaci e meno restrittive, come
le norme dell'Unione in materia di durata massima settimanale del lavoro, pause, riposi, lavoro
notturno e controllo tecnico degli autoveicoli. La stretta osservanza di tali norme può garantire
effettivamente il livello di sicurezza stradale adeguato»; la Corte conclude rilevando che «la
determinazione dei costi minimi d'esercizio non può essere giustificata da un obiettivo legittimo»;
secondo la Corte Costituzionale (sentenza n. 389 del 1989) lo Stato è tenuto ad apportare «... le
necessarie modificazioni o abrogazioni del proprio diritto interno al fine di depurarlo da eventuali
incompatibilità
o
disarmonie
con
le
prevalenti
norme
comunitarie
...»
–:
se il Governo intenda promuovere l'abrogazione delle disposizioni contenute nell'articolo 83-bis del
decreto-legge n. 112 del 2008 o quantomeno il loro adeguamento alla normativa comunitaria,
anche al fine di evitare il ricorso a sanzioni per violazione del principio di concorrenza da parte
dell'Unione europea. (5-03744)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sulla delocalizzazione della manodopera relativa all'autotrasporto
D'OTTAVIO e altri (PD)
— Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il gruppo Arcese è una azienda, con sede ad Arco in provincia di Trento, che opera da circa 50 anni
nel campo delle spedizioni e della logistica; attualmente Arcese conta circa 4.000 dipendenti in 70
sedi dislocate in 12 nazioni. Si tratta di una impresa in continua crescita che ha recentemente
25
comunicato di aver rafforzato, nel mese di settembre «la propria presenza nel mercato Europeo,
implementando il servizio» in nazioni come «Russia, Ucraina, Paesi Baltici, Paesi membri della
CSI»; ad oggi sono 450 i dipendenti del gruppo in Italia. Secondo i dati pubblicati sul sito internet
istituzionale il gruppo Arcese è: tra i primi 10 operatori logistici in Italia; titolare di una flotta
privata di proprietà tra le più grandi d'Europa; spedizioniere aereo nei top lata; spedizioniere
marittimo tra le principali compagnie in Italia; nonostante queste cifre, che sembrerebbero
testimoniare la solidità del gruppo soprattutto in Italia, Arcese, secondo quanto riportano gli organi
di informazione, ha ridotto la sua manodopera nel nostro Paese, dal 2009 ad oggi, di circa 550
autisti; sempre dalla stampa emerge che l'azienda, nei giorni scorsi, ha comunicato l'intenzione di
tagliare altri 120 dei 180 autisti attualmente impiegati sui piazzali logistici di Rovereto, Rivalta
(Torino) e Corbetta (Milano), quest'ultimo destinato a cessare l'attività; secondo le associazioni
sindacali questa scelta rappresenta l'ultima fase di una politica di delocalizzazioni ed appalti esterni
portata avanti in questi ultimi anni dall'azienda. Da tre anni inoltre è attivata la cassa integrazione
straordinaria per gli autisti che scadrà il 27 gennaio 2015, dopo di che non sarà più possibile
accedere ad alcun ammortizzatore sociale; i sindacati, anche in relazione al recente potenziamento
di Arcese verso altre nazioni, hanno accusato (anche a mezzo stampa) l'azienda di aver fornito
«rassicurazioni vaghe» e di voler affidare il lavoro ad «autisti che provengono dall'Est Europa»,
dove il costo del lavoro è minore. Sotto accusa sarebbe «anche l'impiego in Italia di manodopera
straniera attraverso agenzie interinali con sede nei paesi dell'Est, a cominciare dalla Romania dove
tra l'altro è presente una importante sede del gruppo Arcese»; è inoltre emerso che il gruppo Arcese
avrebbe ricevuto, in questi anni, anche fondi pubblici; come i 18,6 milioni di euro erogati da
Trentino Sviluppo nel 2009; gli enti locali territoriali si sono immediatamente mobilitati per
promuovere un confronto costruttivo fra azienda e lavoratori al fine di ricercare una soluzione
positiva, che assicuri tutele e diritti di tutti i dipendenti; sono attualmente in corso, nelle sedi del
gruppo, presidi, assemblee e scioperi, mentre l'azienda ha convocato le rappresentanze sindacali per
il 9 ottobre a Roma, presso la sede di Anita; è inammissibile, ad avviso degli interroganti, che una
impresa con sede nel nostro Paese, beneficiaria di fondi pubblici e di ammortizzatori statali, possa
di fatto delocalizzare, in breve tempo, quasi tutta la manodopera relativa all'autotrasporto,
utilizzando strumenti contrattuali atipici, pur in presenza di una pubblicizzata solidità aziendale –:
di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative urgenti
intenda assumere per assicurare tutele e diritti agli autisti del gruppo Arcese, a partire dalla
convocazione di un tavolo ministeriale fra azienda, rappresentanti dei lavoratori ed enti locali, al
fine di salvaguardare i livelli occupazionali interessati. (5-03754)
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Interrogazione a risposta in Commissione:
sul contratto di cessione di ramo d'azienda di ENI spa con la Carboil SRL
DE LORENZIS (M5S) e altri
— Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al
Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: il 30 marzo 2011 l'ENI spa
stilava un contratto di cessione di ramo d'azienda con la Carboil SRL per diciassette realtà
aeroportuali Italiane, tra cui lo scalo internazionale di Catania Fontanarossa e che la stessa
cessionaria, (CARBOIL SRL), figurava già da anni come gestore per conto di ENI SPA di alcuni
siti aeroportuali come: (a titolo esemplificativo), Reggio Calabria, Firenze, Treviso, Genova per
l'approvvigionamento di carburante, (Jet A-1), per gli aeromobili; dal 1o aprile 2011 con la stipula
del contratto di compravendita tra la cedente multinazionale Italiana: ENI SPA e la cessionaria:
CARBOIL SRL il servizio di carico a bordo del carburante per gli aerei (JET A-1), viene effettuato
dalla ditta CARBOIL Srl, avente sede legale in Roma in via S. Quasimodo, n. 136;
da notizie stampa, in particolare da un articolo pubblicato dal quotidiano: La Sicilia, del 27 marzo
2014, si apprenderebbe che la Carboil SRL s'impegnò, tramite accordo sindacale, a garantire gli
stessi diritti ai lavoratori provenienti dalla società cedente ENI SPA e stabilizzare i lavoratori che
negli anni precedenti avevano prestato lavoro per ENI SPA a carattere stagionale;
gli impegni alla stabilizzazione dei lavoratori inseriti nell'accordo sindacale per l'espletamento della
cessione del ramo d'azienda, furono mantenuti solo in parte e non come prevedono le normative in
materia; di fatto la cessionaria CARBOIL SRL ha stabilizzato i precari provenienti dal precedente
rapporto di lavoro con ENI SPA ma con inquadramenti al CCNL e relative mansioni, sicuramente
più favorevoli alla cessionaria CARBOIL SRL ma non pertinenti alle effettive mansioni richieste e
prestate; anomalia più volte ribadita dalle organizzazioni sindacali e puntualmente disattesa da parte
aziendale; in questo modo risultano penalizzati fortemente i salari ed i diritti dei lavoratori oltre che
gli impegni assunti dalla cessionaria CARBOIL SRL; risultano altresì, disattesi anche gli impegni
contrattuali nei confronti dei lavoratori a contratto a tempo indeterminato con ENI SPA che in base
all'articolo, 2112 del codice civile che stabilisce di mantenere i diritti contrattuali acquisiti prima
della cessione del ramo d'azienda; per quanto sopra descritto le relazioni sindacali tra la cessionaria
CARBOIL srl e le sigle di rappresentanza sindacali dei lavoratori non sono delle migliori e la
concertazione è quasi inesistente oltre che assai difficile da praticare; la Carboil SRL (da quando si
apprende, ancora, dall'articolo sopra citato), al momento dell'acquisizione del ramo d'azienda dalla
cedente multinazionale italiana ENI spa, si era già resa responsabile di episodi antisindacali e allo
stesso tempo risultava anche essere inquisita dalla procura di Genova per reati connessi alla
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violazione delle norme sulla sicurezza aeroportuale; il ramo d'azienda sarebbe risultato produttivo al
momento della cessione di ENI SPA verso CARBOIL SRL; CARBOIL SRL opererebbe in
relazione ad un contratto di servizio, stipulato contestualmente al contratto di compravendita, che la
legherebbe tutt'oggi con la cedente ENI SPA che di fatto conserva ancora il marketing di settore:
fornitura carburante, portafoglio clienti, e altro, comprovate dal fatto che le «delivery note»
rilasciate al momento del rifornimento ancora oggi, sono intestate alla cedente ENI SPA che detiene
i contratti di fornitura con le compagnie aeree –:
se siano a conoscenza dei fatti sopra menzionati e quali misure intendano assumere per tutelare
l'interesse pubblico vigilando sulla compartecipata ENI SPA;
siano a conoscenza se ENI SPA sia stata rispettosa delle normative riguardanti la cessione di ramo
di azienda, poiché anche dopo aver ceduto attività in favore di CARBOIL SRL, manterrebbe ancora
in sua gestione il marketing di settore (contratti di fornitura, portafoglio clienti, e altro);
se siano a conoscenza di quali siano stati i criteri adottati per la stima del valore d'avviamento del
ramo ceduto e delle immobilizzazioni del ramo d'azienda oggetto della vendita, come stabilito
all'articolo 16 ed allegati B e O, dell'atto di compravendita;
in che cosa consistano i valori afferenti alle immobilizzazioni per un complessivo di 2.218.483 euro
di cui alla lettera B dell'articolo 1 e all'articolo 16 del contratto di compravendita;
se risultino le motivazioni per le quali l'Ente nazionale per l'aviazione civile, (ENAC), ha concesso
le relative autorizzazioni di esercizio nei confronti di un'azienda «cessionaria», quale appunto
Carboil, che all'epoca dei fatti risultava inquisita per reati relativi all'inosservanza di norme sulla
sicurezza aeroportuale;
se siano a conoscenza di un eventuale danno per lo Stato. (5-03756)
Interrogazione a risposta scritta:
sulle indicazioni strategiche del nuovo commissario dell'Agenzia nazionale per le nuove
tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA)
BARGERO (PD)
— Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA)
è un ente pubblico che opera nei settori dell'energia, dell'ambiente e delle nuove tecnologie a
supporto delle politiche di competitività e di sviluppo sostenibile, controllato dal Ministero dello
sviluppo economico; la legge 99 del 2004 all'articolo 37 ha previsto l'istituzione dell'attuale
Agenzia in sostituzione del precedente ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente,
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consentendo in tal modo di procedere alla nomina di un commissario e due subcommissari con lo
scopo di garantire l'ordinaria amministrazione e garantire lo svolgimento delle attività istituzionale
fino all'avvio del funzionamento dell'Agenzia; il referendum del 2011 con cui è stata ribadita la
contrarietà all'utilizzo dell'energia nucleare ha dato impulso al ricorso delle energie alternative e
delle fonti rinnovabili che avrebbe potuto restituire all'Agenzia un ruolo primario sulle nuove
ricerche; nonostante ciò, dopo ben quattro anni di commissariamento nell'agosto di 2014 si è
preceduto ad una ulteriore nomina commissariale, non tenendo conto che l'Agenzia nel corso degli
anni si è andata lentamente depauperando del capitale umano e non è stata attuata una
ristrutturazione organizzativa in grado di assicurare alla nuova struttura la massima snellezza e
flessibilità, il monitoraggio delle realizzazioni dei progetti, la funzionalità, l'efficienza e
l'economicità della gestione e tutte quelle azioni volte a soddisfare la «mission» affidata dalla legge
all'Agenzia;
alla luce di quanto sopra descritto e degli indirizzi contenuti nella risoluzione n. 8-00027 del 28
novembre 2013, appare evidente che il protrarsi del commissariamento dell'ENEA comporti la
perdita di un significativo ruolo nell'ambito degli enti pubblici di ricerca non ne valorizzi il ruolo
tecnico-scientifico essenziale per il futuro del Paese –:
quali siano nel dettaglio le indicazioni strategiche ed operative impartite al nuovo commissario in
relazione al riordino dell'ENEA anche in riferimento agli impegni parlamentari assunti dal Governo
pro tempore nel dicembre 2013, e quali siano i tempi previsti per il superamento della fase
commissariale. (4-06327)
Interrogazione a risposta scritta:
sull’installazione di impianti ad energia solare termodinamica in Sardegna da parte della
Archimede Solar Energy S.r.l.
MARIASTELLA BIANCHI (PD)
— Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
nel 2012 la Archimede Solar Energy S.r.l. ha presentato la richiesta per installare quattro impianti
ad energia solare termodinamica in Sardegna: uno a Giave, uno a Bonorva, uno a Villasor e l'ultimo
a Gonnosfadiga; la Archimede Solar Energy produce i tubi ricevitori per le centrali solari
termodinamiche che utilizzano una tecnologia altamente innovativa, sviluppata attraverso l'Enea
sulla base di ricerche svolte dal premio Nobel professor Carlo Rubbia dal 2001. In questo sistema la
radiazione solare viene trasformata in calore attraverso il riscaldamento di sali fluidi (sodio e
potassio) immessi altissime temperature nell'acqua, generano vapore che muove le turbine
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producendo energia. Rispetto ai sistemi solari tradizionali i sali fusi consentono un maggior
rendimento del ciclo termico; l'investimento totale previsto in Sardegna è pari a circa 1 miliardo di
euro e consentirà di creare occupazione per più di cinquemila persone: soltanto la centrale di
Flumini Mannu situata nel comprensorio di Villasor, ad esempio, occuperebbe nella fase di cantiere
circa duemila lavoratori per i tre anni di costruzione e messa
in funzione; inoltre nel sito per la
gestione operativa e la manutenzione servirebbero altre cento persone impiegate in pianta stabile;
la tecnologia alla base degli impianti solari termodinamici è una eccellenza italiana. L'Archimede
Solar Energy infatti è l'unico produttore al mondo di un tubo ricevitore commercialmente
disponibile che utilizza i sali fusi come fluido termo-vettore. Una tecnologia a bassissimo impatto
ambientale, basti pensare che i sali fusi vengono usati anche come fertilizzanti. Per lo sviluppo
industriale di questa tecnologia, realizzato anche con l'apporto di investimenti internazionali è stato
costruito un impianto dimostrativo in Umbria che ha dimostrato la fattibilità e la convenienza di
questa soluzione tecnologica, con il contributo del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare che ha finanziato il progetto insieme alla regione Umbria;
domanda per la realizzazione degli impianti solari termodinamici in Sardegna è stata presentata in
un primo momento alla regione Sardegna che ha obiettato che la competenza ad analizzare il
progetto non è regionale ma nazionale poiché la potenza delle centrali è superiore ai 300 megawatt
e quindi richiede un procedimento di valutazione di impatto ambientale (Via) di livello nazionale.
Tuttavia, secondo la commissione via del ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, un simile progetto non rientra tra quelli a combustione tradizionale e dunque la sua
valutazione non può essere accostata a quelle soggette al parere della commissione;
il rimpallo di responsabilità tra regione Sardegna e Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare ha portato a una situazione di stallo e al superamento dei limiti temporali
previsti dalla legge per il completamento del procedimento di Valutazione di impatto ambientale
fissati in 150 giorni, limite temporale ormai quasi doppiato con un ritardo di oltre 100 giorni.
Questo ritardo rispetto a termini di legge rischia di far sfumare un investimento altamente
innovativo che ha un valore pari a un miliardo di euro con una significativa creazione di posti di
lavoro e consentirebbe al nostro Paese di rimanere all'avanguardia in una tecnologia di punta della
nuova energia, cruciale in un mercato a forte espansione futura –:
se il Presidente del Consiglio sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga
necessario superare la fase di stallo che si è venuta a creare anche valutando se sussistano i
presupposti per esercitare, a tale fine, il potere sostitutivo da parte del Consiglio dei ministri così
come previsto dal decreto legislativo 152 del 2006. (4-06349)
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Interrogazione a risposta in Commissione:
sulla tutela della filiera dei distributori e dei trasportatori di metano e biometano
ARLOTTI e DONATI (PD)
— Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere –
premesso che:
l'Italia ha sempre usufruito della possibilità di deroga per l'accisa del metano-auto prevista a livello
europeo, deroga che ha permesso lo sviluppo non solo di un settore «autotrazione» importante, ma
ha parallelamente sviluppato anche un settore industriale leader a livello mondiale (esportazioni per
il 70 per cento del totale prodotto) che copre tutta la filiera tecnica per un fatturato complessivo
settoriale di 1,8 miliardi di euro; il nostro Paese è l'unica realtà di mercato europeo del metano per
autotrazione sia per numero di veicoli (quasi 900 mila veicoli) sia per la quantità di metano venduto
(quasi 1.000 milioni di metri cubi), con 20.000 posti di lavoro nel settore e una rete di più di 1.000
distributori di metano sul territorio; la recente proposta di modifica della direttiva europea
2003/96/CE sulla tassazione energetica ha come obiettivo quello di armonizzare i livelli di accise
dei carburanti applicati dai diversi Paesi europei sulla base di un principio energetico (più è elevato
il potere energetico del carburante più elevato è il livello di accisa) e di emissione di CO 2;
a quanto risulta alle associazioni italiane che rappresentano la filiera di distributori e trasportatori di
metano e biometano, un documento recente redatto dal Ministero dell'economia e delle finanze
prevedrebbe un accordo sulla proposta di modifica della direttiva europea che la Presidenza italiana
vorrebbe portare in sede di Consiglio ECOFIN il 14 ottobre 2014; le associazioni lamentano che i
contenuti della proposta italiana, oltre a non essere stati concordati con i rappresentanti del settore,
determinerebbero l'uscita dal mercato dei carburanti del metano per autotrazione non essendovi più
quel margine di risparmio che fino ad oggi ha consentito al settore di svilupparsi;
la filiera italiana del metano per autotrazione ha già più volte sottolineato come l'eccessivo e
repentino innalzamento delle accise sul gas naturale unito all'impossibilità dei Paesi membri di
applicare una deroga temporale avrebbe gravi ripercussioni sul settore vanificando definitivamente
gli sforzi fatti finora e comporterebbe la perdita del ruolo strategico del metano, alternativo al
petrolio nel trasporto su gomma e la perdita del ruolo contributivo nella riduzione delle emissioni
inquinanti, oltre che dell'anidride carbonica, fondamentale per il rispetto degli obiettivi europei di
contenimento previsti dall'accordo «20-20-20» –:
quali iniziative il Governo intenda assumere per salvaguardare un comparto nazionale di eccellenza
che, per mantenere e proseguire la propria espansione a livello mondiale, deve poter contare su un
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mercato domestico ed europeo non affondato da ingiustificati pesanti aumenti della pressione
fiscale. (5-03765)
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SENATO
Interrogazione a risposta orale:
sul legame causale tra le estrazioni di idrocarburi nella località Cavone e i fenomeni di
sismicità dell'area
GIROTTO (M5S) e altri
- Ai Ministri dello sviluppo economico e dell'istruzione, dell'università e della ricerca - Premesso
che a quanto risulta agli interroganti:
l'11 dicembre 2012, con decreto del dottor Franco Gabrielli, capo del Dipartimento della protezione
civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, su richiesta del presidente della Regione EmiliaRomagna, Vasco Errani, in qualità di commissario delegato, è stata istituita la International
commission on hydrocarbon exploration and seismicity in the Emilia Region (ICHESE), incaricata
di valutare le possibili relazioni tra attività di esplorazione per idrocarburi e aumento dell'attività
sismica nell'area colpita dal terremoto dell'Emilia-Romagna del mese di maggio 2012;
ai lavori della commissione ICHESE hanno strettamente collaborato i vertici dell'Istituto nazionale
di geofisica e vulcanologia (INGV) e il coordinatore della sezione sismologica della commissione
grandi rischi della Protezione civile;
il 18 febbraio 2014 la commissione ICHESE ha trasmesso la conclusione degli studi e dei lavori
svolti al capo del Dipartimento e al presidente della Regione;
come riportato nell'articolo pubblicato l'11 aprile 2014 su "il Fatto Quotidiano", intitolato: «Sisma,
commissione: "Non si può escludere rapporto tra estrazioni e terremoti"», a firma di Annalisa
Dall'Oca, la Regione Emilia-Romagna ha tenuto riservato il rapporto fino a quando la rivista
scientifica americana "Science", in data 11 aprile 2014, ne ha rivelato l'esistenza e, al contempo, ha
reso noto che il rapporto stesso era in giacenza presso gli uffici regionali da 2 mesi senza che la
popolazione venisse informata;
con un comunicato congiunto dello stesso giorno il commissario per il terremoto dell'EmiliaRomagna, il Dipartimento della protezione civile e il Ministero dello sviluppo economico hanno
precisato che il rapporto della commissione sottolinea la necessità, per escludere o confermare
l'ipotesi di un legame causale tra le estrazioni di idrocarburi nella località Cavone e i fenomeni di
sismicità dell'area, di approfondire gli studi sviluppando attività di monitoraggio altamente
tecnologiche per l'acquisizione di ulteriori dati necessari alla costruzione di un modello dettagliato
del sottosuolo;
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in un articolo pubblicato il 15 aprile, sul sito internet "Foglietto della ricerca", intitolato "Ichese.
Chi era costui?", a firma di Enzo Boschi, si riferisce che gli esperti della commissione sono giunti
alla conclusione che "non si può escludere" che estrazioni petrolifere abbiano causato la scossa del
20 maggio che poi, a sua volta, avrebbe determinato la seconda, quella del 29 maggio, che provocò
il maggior numero di vittime e che, pertanto, "sarebbe necessario avere almeno un quadro più
completo possibile della dinamica dei fluidi nel serbatoio e nelle rocce circostanti al fine di
costruire un modello fisico di supporto all'analisi statistica";
al fine di approfondire gli studi, come indicato dalla commissione ICHESE, il 27 febbraio 2014 il
Ministero dello sviluppo economico, nell'ambito della Commissione per gli idrocarburi e le risorse
minerarie (CIRM), ha istituito un gruppo di lavoro composto da tecnici del Ministero, del
Dipartimento della protezione civile ed altri esperti, per la definizione di indirizzi e linee guida per
il monitoraggio della macrosismicità delle deformazioni del suolo e della pressione di poro
nell'ambito delle attività antropiche;
come indicato sul sito della Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche, in un
comunicato del 5 maggio 2014, i compiti affidati al gruppo di lavoro sono definiti nel decreto di
costituzione dove, considerando le raccomandazioni contenute nel report ICHESE, e ritenuto
opportuno e urgente fornire agli operatori linee guida operative per l'esercizio delle attività di
coltivazione e stoccaggio, si individua quale finalità del gruppo la definizione di indirizzi e linee
guida per il monitoraggio della microsismicità, delle deformazioni del suolo e della pressione di
poro nell'ambito delle attività antropiche, in base allo "stato dell'arte", cioè in base ai più alti livelli
di sviluppo e conoscenza attualmente disponibili;
la Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche afferma che nell'ambito dei lavori sono
stati raccolti e organizzati i dati e le informazioni sulle attività di produzione di idrocarburi e
stoccaggio di gas naturale in sotterraneo attualmente in corso in Italia e sulle caratteristiche delle
reti di monitoraggio altimetrico e microsismico ad oggi attive;
attualmente non sono state rese note le conclusioni del gruppo di lavoro, né risultano definite le
linee guida per il monitoraggio;
considerato che:
il 17 aprile 2014, il Ministero dello sviluppo economico, la Regione Emilia-Romagna e la società
Padana energia hanno siglato un accordo di collaborazione relativo all'attività di monitoraggio e
studio nella concessione Mirandola "Laboratorio Cavone", al fine di sviluppare un'attività di
monitoraggio e di ricerca pienamente coerente con le raccomandazioni contenute nel rapporto
ICHESE e "di fornire una risposta esaustiva sul sito di Cavone";
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nell'accordo le parti hanno concordato sull'opportunità di rendere accessibili i risultati delle attività
di monitoraggio e ricerca assicurandone la diffusione e la conoscibilità. Nella medesima data, in
esecuzione dell'accordo, le parti hanno firmato anche un protocollo operativo;
nel rapporto del Laboratorio Cavone del 7 luglio 2014 si afferma che l'attività di aggiornamento
dello studio di giacimento è svolta da 6 docenti accademici statunitensi. In tale rapporto emerge
altresì che il Laboratorio ha acquisito il rapporto di sintesi sullo stato di avanzamento del progetto
europeo GeoMol, nell'ambito del quale è in corso di realizzazione una modellazione 3D del
sottosuolo di un'ampia area che si estende dalla pianura modenese al margine alpino bresciano e che
comprende la zona del Laboratorio;
il rapporto elaborato dagli studiosi statunitensi, intitolato "On the potential for induced seismicity at
the Cavone oilfield: analysis of geological and geophysical data, and geomechanical modeling" ha
concluso, in pochi mesi, che le estrazioni di petrolio dal campo Cavone non sono correlate ai
terremoti del 2012;
a parere degli interroganti poco trasparenti sono apparse, sin dall'inizio, le informazioni relative al
perché si fosse deciso di ricorrere ad una commissione di esperti statunitensi;
considerato inoltre che, per quanto risulta agli interroganti:
secondo quanto riferito in un articolo de "il Fatto Quotidiano" on line, pubblicato il 4 agosto
intitolato "Terremoti e trivelle in Emilia-Romagna, tutti i dubbi di Science", a firma della
professoressa Maria Rita D'Orsogna, "i dati usati dai ricercatori americani sulle pressioni dei fluidi
nei pozzi di reiniezione sono quelli di Padana Energia", società per lungo tempo detenuta dall'Eni e
proprietaria di molti giacimenti in Emilia-Romagna. Nell'articolo si riferisce che la Padana energia
avrebbe eseguito i test nella primavera 2014 chiedendo ad Assomineraria di contribuire alla raccolta
dati, attraverso l'utilizzo, per la stesura del rapporto finale, di studi e analisi inerenti ad un rapporto
Eni risalente al 2012;
secondo quanto emerge da un articolo pubblicato il 2 agosto, a firma di Vincenzo Malara sul
quotidiano "il Resto del Carlino", edizione di Modena, la maggior parte del rapporto americano è
stata redatta molto prima dell'inizio della sperimentazione al Cavone. Lo stesso rapporto sarebbe
stato poi adattato per confermare, a posteriori, i dati della sperimentazione. La sperimentazione,
quindi, è risultata del tutto inutile;
nel medesimo articolo, uno degli esperti statunitensi coinvolti, James Dietrich dell'università della
California, ha infatti affermato che la maggior parte del rapporto degli esperti americani fu
completato prima dei test eseguiti al Cavone e che i dati presi sul campo Cavone servivano solo per
confermare quello che si era già concluso nel rapporto Eni. Ne consegue, quindi, che per fare
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approfondimento su un problema così delicato, e di notevole interesse pubblico, ci si è basati su
studi Eni di 2 anni prima;
inoltre, un altro esperto sostiene che andava esaminata non solo la faglia di Mirandola, responsabile
della scossa del 29 maggio 2012, ma quella di Medio Ferrara, a circa 20 chilometri di distanza, dove
si è generato il sisma del 20 maggio;
considerato altresì che:
nel protocollo operativo citato le parti hanno convenuto, al punto 2, che i risultati
dell'aggiornamento devono essere sottoposti dal Ministero e dalla Regione a verifica da parte di un
ente o organo dagli stessi indicato di comprovata esperienza in tale ambito;
il 21 luglio 2014, il Ministero dello sviluppo economico, con lettera del direttore generale, ha
comunicato ai firmatari del protocollo operativo che l'aggiornamento del modello statico e dinamico
del giacimento, sviluppato con il patrocinio di Assomineraria, è stato consegnato e sottoposto
all'INGV per la relativa validazione, previo incarico conferito dal Ministro Guidi il 10 luglio 2014;
secondo quanto riferito nella lettera, la validazione dell'INGV, pervenuta in data 18 luglio 2014, ha
concluso i lavori del protocollo operativo. Il Ministero ha preso atto che la relazione prodotta dalla
società Padana energia, validata dall'INGV, documenta che non vi sono ragioni fisiche per ritenere
che le attività di produzione e reiniezione del campo Cavone abbiano innescato la sequenza sismica
del maggio 2012;
è opportuno evidenziare che nell'analisi del rapporto statunitense l'INGV afferma, sin dalla prima
pagina del documento, che: "Non è stata, in questa fase, eseguita una validazione dei risultati, in
quanto sarebbe stato necessario riprocessare in maniera indipendente i dati e rielaborare i modelli".
Allo stesso modo, nelle note conclusive, afferma che: "l'Istituto Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia, pur non entrando nel merito dei risultati ottenuti, attesta la validità del modello
generato";
l'INGV, ente pubblico di ricerca, ha validato lo studio, ma non i risultati, in quanto tale ultima
ipotesi significherebbe sconfessare i risultati della commissione ICHESE, a cui lo stesso Istituto ha
contribuito, in particolare attraverso il coordinatore della commissione grandi rischi per il settore
sismico, professor Domenico Giardini, membro del consiglio di amministrazione del medesimo
ente;
considerato infine che:
a giudizio degli interroganti quella descritta non è per l'Istituto l'unica situazione in cui è possibile
ravvisare elementi di evidente mancanza di terzietà nello svolgimento delle proprie funzioni,
considerato che da mesi l'attività dell'INGV risulta essere caratterizzata da casi di conflitto di
interessi;
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da un articolo apparso sul sito internet "Foglietto della ricerca", in data 23 settembre 2014, intitolato
"Ingv, ecco le incompatibilità rilevate dai Revisori. Attesa per le decisioni del ministro", emerge
che il collegio dei revisori, dopo aver esaminato due note, la prima datata 24 giugno e la seconda 14
luglio 2014, ricevute dal responsabile per la prevenzione della corruzione, Tullio Pepe, a seguito di
una richiesta dello stesso Collegio risalente al 19 giugno, avrebbe ravvisato incompatibilità in capo
alla quasi totalità dei componenti del consiglio di amministrazione, che ricoprirebbero incarichi in
conflitto di interessi con la carica di membro dello stesso consiglio;
secondo quanto riportato, i componenti "esterni" del consiglio di amministrazione, non dipendenti
dell'INGV, secondo il collegio dei revisori, avrebbero svolto attività in violazione delle disposizioni
contenute nel decreto legislativo n. 39 del 2013, avendo firmato contratti di ricerca in situazioni di
conflitto di interessi;
la situazione di palese conflitto non risparmierebbe neppure alcuni membri interni dello stesso
consiglio di amministrazione, che, sempre ad avviso dei revisori, potrebbero trovarsi nella
situazione di dover deliberare su questioni, come la definizione e la scelta dei singoli profili da
assegnare alle sezioni in merito al piano straordinario di assunzioni o all'approvazione di progetti di
ricerca finanziati alle sezioni presso le quali prestano servizio, senza offrire la garanzia della terzietà
richiesta dalla legge;
il verbale del collegio dei revisori dei conti è stato trasmesso ai Ministri dell'istruzione,
dell'università e della ricerca e a quello dell'economia e delle finanze, nonché alla Corte dei conti in
data 9 settembre 2014, con una nota sottoscritta dal direttore generale dell'INGV, Massimo
Ghilardi, il quale, a sua volta, come si apprende dalla nota del responsabile anticorruzione, avrebbe
assunto numerosi incarichi extraistituzionali, tra i quali quello di consigliere di amministrazione del
fondo previdenziale "Espero", senza aver ottenuto la prescritta autorizzazione preventiva da parte
del consiglio di amministrazione dell'INGV;
tale incresciosa situazione sta causando un notevole danno all'immagine dell'ente che, nel 2010, è
risultato essere il migliore centro di ricerca del Paese,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo, nell'ambito delle proprie competenze, intendano fare chiarezza sui risultati
della commissione ICHESE e sul rapporto tra i risultati citati e quelli dell'aggiornamento del
modello statico e dinamico del giacimento in esame, così da porre fine alla confusione generata in
questi mesi tra le popolazioni coinvolte;
se intendano, nei limiti delle proprie attribuzioni, fornire maggiori dettagli in merito al rapporto
redatto dagli accademici statunitensi, con particolare riferimento al possibile utilizzo di dati
contenuti nel poco noto studio Eni risalente agli anni 2012-2013;
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se intendano intervenire con iniziative di competenza per porre fine alla sconcertante situazione di
costante violazione della legislazione vigente in materia di conflitto di interessi in cui versa l'INGV.
(3-01263)
Interrogazione a risposta scritta:
sull'acquisizione di una quota rilevante di Cdp Reti da parte di un colosso cinese dell'energia
GIROTTO, CASTALDI (M5S)
- Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:
il 31 luglio 2014 la Cassa depositi e prestiti SpA (Cdp) ha comunicato che l'amministratore
delegato, Giovanni Gorno Tempini, e il presidente di State Grid international development limited
(SGID), Zhu Guangchao, hanno firmato l'accordo per la cessione a SGID di una quota del 35 per
cento del capitale sociale di Cdp Reti SpA, a un prezzo pari a 2.101 milioni di euro;
la SGID è l'operatore finanziario internazionale della State Grid corporation of China, controllata
dal Governo cinese, classificatasi settima nella graduatoria mondiale delle 500 più grandi società
"2014 Fortune global 500", ed è la più grande utility al mondo. La missione della società è quella di
fornire energia elettrica sicura, economica e per lo sviluppo sociale ed economico del Paese. Il core
business dell'azienda è la costruzione e la gestione della rete energetica che copre 26 province,
regioni autonome e municipalità cinesi;
Cdp Reti è una società interamente di proprietà della Cassa depositi e prestiti che detiene una
partecipazione pari al 30 per cento del capitale sociale di Snam SpA, il gruppo italiano integrato che
presidia le attività regolate del settore del gas, gestisce i grandi gasdotti e gli stoccaggi di metano, le
infrastrutture essenziali per la sicurezza nazionale e come tali qualificate strategiche ai sensi della
normativa nazionale ed europea;
prima del closing della cessione, atteso nei prossimi mesi a seguito delle approvazioni governative e
antitrust, ove richieste dalla disciplina vigente, la Cassa conferirà a Cdp Reti la propria
partecipazione in Terna SpA (pari al 29,851 per cento del capitale sociale), operatore italiano leader
nelle reti di trasmissione di energia elettrica;
a SGID saranno riconosciuti diritti di governance a tutela del proprio investimento nella società. In
particolare, SGID potrà nominare 2 amministratori su 5 del consiglio di amministrazione di Cdp
Reti e un membro su 3 del collegio sindacale della società. Inoltre, SGID godrà di un diritto di veto
rispetto all'adozione, da parte sia del consiglio di amministrazione sia dell'assemblea dei soci di Cdp
Reti, di alcune particolari delibere;
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al fine di rafforzare la cooperazione fra le parti, Cassa depositi e prestiti e SGID hanno stabilito che,
sulla base delle esigenze operative di Cdp Reti, SGID potrà proporre il nominativo di uno o due
candidati che concorrano alla gestione operativa della società. La decisione finale in merito spetterà,
in ogni caso, all'organo competente di Cdp Reti. Inoltre, SGID avrà diritto a designare un
amministratore nei consigli di amministrazione di Snam e Terna;
nell'accordo è stabilito un divieto reciproco di trasferimento delle partecipazioni in Cdp Reti per un
periodo di 2 anni a partire dal closing; dopo tale data i trasferimenti delle partecipazioni saranno
soggetti al diritto di prima offerta dell'altro socio;
considerato che:
l'ingresso del più grande operatore di reti energetiche del mondo, espressione diretta degli interessi
dello Stato cinese, con una quota rilevante del 35 per cento, non potrà non avere una significativa
influenza sulle scelte del management, anche in considerazione della stretta collaborazione in atto
tra Petrochina ed Eni, a sua volta controllata da Cassa depositi e prestiti e dal Ministero
dell'economia e delle finanze, nello sfruttamento e destinazione verso l'Asia del gas estratto dai
nuovi giacimenti del Mozambico;
la rivista on line "Formiche" il 1° agosto 2014 ha pubblicato un articolo dal titolo "Snam, Terna e
cinesi in Cdp Reti, tutti i nodi e gli enigmi politici" a firma di Michele Arnese, secondo il quale
«Diversi addetti ai lavori che hanno seguito il dossier hanno rimarcato come il silenzioso via libera
politico arrivato dal Governo si è innestato sull'atarassia della Presidenza del Consiglio dei ministri
sulla questione golden power, sotto cui ricadrebbe il caso Cdp Reti. Peccato che l'atteso decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri di disciplina della normativa che è subentrata alla golden rule
non è stato ancora firmato dal premier. In altri termini i cinesi sono entrati in due asset strategici e
due uomini di State Grid siederanno nel cda di Cdp Reti e anche in Snam e Terna, senza che sia
stato emanato il provvedimento che regola operazioni del genere da parte di soggetti esteri. Un
vuoto normativo colmato evidentemente da una volontà politica, forse non solo per consentire a
Cdp di far cassa»;
secondo quanto riportato da "Quotidiano energia", nell'articolo pubblicato nello stesso giorno,
intitolato "Focus. Cdp Reti e la Cina più vicina - State Grid avrà poteri di veto e un posto nei Cda di
Snam e Terna. I potenziali conflitti di interesse e i rischi geopolitici. Faro Ue?", la conclusione
dell'accordo potrebbe determinare un conflitto di interessi di carattere internazionale. A tal
proposito viene fatto riferimento al caso in cui nel «Cda di Snam si discute su un'infrastruttura
strategica che serve a diversificare le fonti di approvvigionamento gas, magari alternative a quelle
dalla Russia. Visto che Pechino e Mosca hanno legami sempre più stretti sul gas, anche allo scopo
di mettere pressione sulla Ue, il consigliere cinese (rappresentante di una società di Stato) potrebbe
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andare a riferire al suo Governo, e quest'ultimo a quello russo. Magari i consiglieri di State Grid in
Cdp Reti potrebbero tentare di esercitare il loro potere di veto (ancora non è noto quali siano quelle
"particolari delibere") allo scopo di evitare quell'investimento. Anche sotto forma di "ricatto" su
altre decisioni importanti, se non su quella direttamente»;
della decisione formalizzata nell'accordo, firmato da Cassa depositi e prestiti e SGID a palazzo
Chigi alla presenza del Presidente del Consiglio dei ministri, il Parlamento e i singoli Ministeri sono
venuti a conoscenza solo attraverso la stampa, che ha riportato dichiarazioni del Ministro
dell'economia, Gian Carlo Padoan, e del presidente di Cdp, Franco Bassanini,
si chiede di sapere:
quali siano state le valutazioni sull'impatto che le decisioni assunte dal Ministro dell'economia
potrebbero avere sulla strategia energetica nazionale;
quali conseguenze l'accordo avrà in Grecia, dove China Grid partecipa come concorrente di Terna
all'acquisizione della quota di maggioranza di "Independent power transmission", gestore della rete
elettrica ellenica, con il manifestarsi della situazione dove controllante e controllata competono per
lo stesso obiettivo, e se la strategia complessiva di penetrazione nell'area mediterranea da parte
cinese sia stata effettivamente valutata;
se sia stato acquisito il parere dei servizi di sicurezza nazionale, anche in considerazione del fatto
che la partecipazione al consiglio di amministrazione della Cdp Reti porterà a diretta conoscenza
del Governo cinese informazioni di rilevante interesse strategico, di sicurezza, commerciali e di
politica internazionale dell'Italia. (4-02781)
Interrogazione a risposta orale:
sul progetto del giacimento petrolifero "Tempa rossa", gestito dalla Total E&P e situato
nell'alta valle del Sauro (Basilicata)
STEFANO (MISTO)
- Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, della salute e dell'interno Premesso che:
il progetto denominato "Tempa rossa" riguarda un giacimento petrolifero, gestito dalla Total E&P,
situato nell'alta valle del Sauro (Basilicata). A regime l'impianto avrà una capacità produttiva
giornaliera di circa 50.000 barili di petrolio, 230.000 metri cubi di gas naturale, 240 tonnellate di
GPL e 80 tonnellate di zolfo. Il progetto di sviluppo riguarda: la messa in produzione di 8 pozzi, di
cui 6 già perforati e altri 2 da perforare; la costruzione di un centro di trattamento oli dove gli
idrocarburi estratti, convogliati tramite una rete di condotte interrate (pipeline), verranno trattati e
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separati nei diversi sottoprodotti (petrolio grezzo, gas combustibile, zolfo e GPL) e,
successivamente, immessi tramite canalizzazioni interrate; la costruzione di un centro di stoccaggio
GPL (2 serbatoi interrati della capacità totale di 3.000 metri cubi) dotato di 4 punti di carico
stradale, nonché la costruzione o la modifica di infrastrutture di servizio (adeguamento di strade
comunali, realizzazione dei sistemi per l'alimentazione di acqua ed elettricità per il centro di
trattamento, connessione alle reti esistenti per il trasporto e la distribuzione degli idrocarburi);
il greggio avrà quale terminale per lo stoccaggio e la movimentazione, proveniente dal giacimento
"Tempa Rossa", l'impianto di raffinazione ENI di Taranto. Queste operazioni comporterebbero
l'emissione di composti organici volatili fra cui anche gli idrocarburi policiclici aromatici, cosiddetti
IPA, in una città come Taranto che subisce un'incidenza delle patologie tumorali allarmante;
nel 2011 la Giunta regionale della Puglia ha stabilito di prescrivere a carico dell'ENI la
presentazione all'ARPA e all'ASL territorialmente competente la valutazione di incidenza sanitaria
(VIS) per monitorare l'andamento sanitario connesso con l'attività di stabilimento al fine di tutelare
la salute pubblica. Tale documento non è, a tutt'oggi, mai stato presentato o predisposto da parte di
ENI;
il 24 luglio 2012 la Regione ha approvato la legge n. 21, recante "Norme a tutela della salute,
dell'ambiente e del territorio sulle emissioni industriali per le aree pugliesi già dichiarate a elevato
rischio ambientale", sulla valutazione del danno sanitario (VDS), che deve essere osservata anche se
successiva alla procedura di VIA per le aree a rischio industriale;
nell'ottobre 2012 il Comune di Taranto ha approvato un ordine del giorno in cui si deliberava
l'orientamento contrario alla realizzazione da parte dell'ENI SpA del nuovo impianto di stoccaggio e
movimentazione del greggio denominato «Tempa Rossa», al fine di evitare un ulteriore rischio di
inquinamento in un'area già fortemente compromessa dal punto di vista ambientale e sociosanitario. Si chiedeva, inoltre, la riapertura immediata della procedura di autorizzazione integrata
ambientale rilasciata all'ENI SpA per il progetto con l'inserimento, oltre alla valutazione del danno
sanitario, anche quella relativa al rischio di incidenti rilevanti in materia di prevenzione dei grandi
rischi industriali e, quindi, di assoggettamento alla direttiva "Seveso" (direttiva 82/501/CEE)
rispetto all'autorizzazione di esercizio;
per ciò che attiene all'autorizzazione di esercizio la competenza è del comitato tecnico regionale per
la prevenzione degli incendi, che è un organo dipendente direttamente dal Ministero dell'interno;
in data 25 settembre 2014 l'ARPA Puglia ha provveduto ad inviare al Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare un proprio report in cui si evidenzia l'incremento di emissioni
IPA nella misura del 14 per cento;
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l'assessore regionale per l'ambiente, in data 30 settembre, ha comunicato che è stata disposta la
costituzione di una cabina di regia ARPA-ARES-ASL per la redazione della valutazione del danno
sanitario;
l'esito della valutazione, ad opera della cabina di regia, sarebbe in grado di fornire un dato ulteriore
ed essenziale per l'autorizzazione VIA-AIA da parte del Ministero,
si chiede di sapere:
se il Ministro dell'ambiente non ritenga necessario fermare l'iter di autorizzazione VIA-AIA in
attesa di conoscere gli esiti della valutazione del danno sanitario, dal momento che sarebbe alquanto
paradossale che un'eventuale valutazione negativa arrivasse a impianto costruito, producendo un
ridimensionamento del "principio di precauzione" così come definito dalla normativa europea;
quali interventi i Ministri della salute e dell'interno intendano adottare in via precauzionale,
nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di avere un quadro socio-giuridico e amministrativo
che tenga in debito conto delle ricadute delle esternalità negative che il processo di stoccaggio, e
successiva raffinazione, produrrebbero sul territorio tarantino già fortemente segnato dal punto di
vista sanitario, occupazionale, ambientale e paesaggistico. (3-01256)
Interrogazione a risposta scritta:
sulle intenzioni future di Eni e di Saras in Sardegna, anche in riferimento all'annullamento
della riapertura dell'impianto di cracking di Porto Marghera
URAS (Misto – SEL)
- Ai Ministri dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche
sociali - Premesso che:
la grave crisi del comparto industriale sardo ha creato, in questi ultimi anni, un pesantissimo danno
all'economia dell'isola;
l'Eni, Ente nazionale idrocarburi, sta attuando in Italia e in particolare in Sardegna una politica
reiterata di dismissioni e disimpegno dal settore della chimica;
la Versalis SpA è una società chimica del gruppo Eni che a Sarroch (Cagliari) impiega 400
lavoratori tra diretti e indotto;
è del giugno 2014 la notizia, diffusa dai sindacati, che Eni intendeva disimpegnarsi per quanto
riguardante gli impianti di Versalis (ex Polimeri Europa) di Sarroch;
la Saras il 30 settembre 2014 attraverso un suo comunicato ha diffuso la notizia che Sarlux,
controllata del gruppo Saras, ha raggiunto un accordo preliminare con Versalis per l'acquisizione di
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un ramo di azienda composto da alcuni impianti e del relativo personale dello stabilimento di
Sarroch;
l'accordo preliminare per l'acquisizione da parte della Sarlux non è accompagnato, allo stato attuale
delle cose, da alcun piano industriale né dà alcuna rassicurazione riguardo al futuro dei lavoratori;
il Ministero dell'economia e delle finanze ha il controllo di fatto in Eni SpA in forza della
partecipazione detenuta sia direttamente sia indirettamente tramite Cassa depositi e prestiti SpA;
la cessione dello stabilimento di Sarroch, insieme all'annullamento della riapertura dell'impianto di
cracking di Porto Marghera (Venezia) che avrà ripercussioni anche su Mantova, Ferrara e Ravenna,
sembra essere strettamente connessa al piano di investimenti di 50 miliardi in 6 anni di Eni in
Mozambico annunciato a luglio dal Governo italiano e dai vertici dell'azienda;
appare evidente, anche nel caso in cui vada in porto l'accordo per la cessione degli impianti alla
Saras, come sia altamente probabile che solo una parte dell'impianto venga ceduto e come ciò
avrebbe ricadute pesantissime sull'occupazione,
si chiede di sapere quali iniziative di competenza i Ministri in indirizzo intendano intraprendere per
promuovere urgentemente la costituzione di un tavolo con i vertici di Eni in merito alla vertenza
Versalis; vigilare sulle intenzioni future di Eni, degli altri investitori pubblici, e in maniera diversa
su quelle di Saras e delle sue partecipate; salvaguardare la totalità dei posti di lavoro occupati nel
settore; attivare attività di scouting e per esercitare un ruolo attivo nella ricerca di partner e
investitori. (4-02761)
Mozione:
sulla pressione fiscale
CENTINAIO (LN) e altri
- Il Senato,
premesso che:
rispetto al parametro della pressione fiscale complessiva su cittadini ed imprese, il nostro Paese si
colloca ai livelli più alti su scala mondiale: i dati statistici più aggiornati registrano per l'Italia una
pressione fiscale pari al 47,6 per cento del Pil contro una media mondiale del 30,3 per cento; lo
stesso parametro è invece al 33,7 per cento in Svizzera, al 22 negli USA, al 37,1 in Spagna, al 34,7
in Giappone, al 10,3 per cento in India, al 45,3 in Germania e al 33,2 per cento in Australia;
ad un'alta pressione complessiva si accompagna un altrettanto deleterio primato riguardante la
complessità degli adempimenti fiscali, che costituiscono a loro volta, e di per sé, un costo ed un
aggravio per le persone e le attività economiche, con il corollario di contenziosi: 150.000 liti
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pendenti, con costi e tempi di contenzioso che spesso scoraggiano e ledono il diritto al ricorso da
parte del contribuente; si registrano peraltro percentuali elevate (circa il 40 per cento) di contenziosi
fiscali nei quali il contribuente risulta alla fine avere ragione;
tutto ciò comporta un costo per i contribuenti ma anche un guadagno ed un ruolo determinante per
CAF di varia estrazione;
l'altra caratteristica negativa e purtroppo tipica del nostro sistema fiscale è l'elevato tasso di elusione
ed evasione, basti pensare che il reddito medio dichiarato è di 19.000 euro lordi. Solo lo 0,2 per
cento dei contribuenti dichiara più di 200.000 euro lordi, e si tratta esclusivamente di lavoratori
dipendenti e pensionati; la quota maggiore del gettito Irpef viene pagata da chi dichiara da 35 a
70.000 euro; secondo le rilevazioni si tratta in larga maggioranza di lavoratori dipendenti residenti
nel Nord del Paese vista la disparità delle dichiarazioni medie fra (ad esempio) la Lombardia con
oltre 23.000 euro e la Calabria con circa 14.000;
il combinato disposto dell'alta pressione fiscale, dell'alta burocratizzazione e della complessità del
prelievo disegna un fisco complesso, inefficace, visto con diffidenza e timore dal contribuente, che
fallisce completamente le sue finalità di equità ed equilibrio, e dove spesso il contribuente onesto
non riesce comunque ad evitare sanzioni errate o pretestuose;
un simile sistema finisce con il rendere conveniente per i percettori di redditi alti e per le società
altamente profittevoli la delocalizzazione sia assoluta, con trasferimento, che relativa, per mezzo
della costituzione di veicoli societari esteri. La complessità consente quindi a chi può permettersi
comportamenti elusivi di sfuggire all'imposizione relativa alle fasce più alte di reddito,
posizionando un enorme onere fiscale sulle spalle del ceto medio;
è oggi urgente una diversa distribuzione del carico fiscale, con un aumento della base imponibile e
una riduzione delle aliquote, in modo tale da sgravare chi finora ha sopportato il peso maggiore e
aumentare la contribuzione di chi finora si è sottratto al versamento delle imposte con elusione ed
evasione;
allo stesso modo occorre eliminare la tassazione slegata dal reddito perché, oltre ad essere
profondamente iniqua, il rischio è che per mantenere irrealistici impegni europei si pensi di
compensare la sparizione della figura del lavoratore dipendente, causata dalla crisi, con
un'aggressione a risparmi e imprese, con conseguente rischio di distruzione di un valore più che
proporzionale al gettito;
la "flat tax", pensata da Milton Friedman, teorizzata compiutamente dagli economisti americani
Hall e Rabushka negli anni '80 e ormai messa in pratica da circa 40 Stati in tutto il mondo, appare
come la soluzione più efficace per rivoluzionare il sistema fiscale italiano;
44
la flat tax costituisce una semplificazione shock del sistema fiscale, tale da determinare una sorta di
"punto zero" che non si riscontrerebbe in nessuna modifica non radicale del metodo al momento in
vigore;
la progressività della tassa potrebbe essere in ogni caso garantita da una deduzione fissa su base
familiare in modo di agevolare comunque le fasce a minore reddito,
impegna il Governo a disegnare nel quadro della legge di stabilità per il 2015 un sistema fiscale
radicalmente nuovo per cittadini e imprese, basato su un'unica aliquota fiscale non superiore al 20
per cento, corretta (per le persone fisiche) da una deduzione fissa su base familiare che ne
garantisca la progressività. (1-00318)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla tutela dei consumatori nel commercio elettronico, in riferimento anche ad una maggiore
trasparenza dei prezzi e l'esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore
LUCHERINI (PD) e altri
- Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:
esercitando la delega contenuta nella legge 6 agosto 2013, n 96 (legge di delegazione europea
2013), con decreto legislativo 21 febbraio 2014, n. 21, è stata data attuazione alla direttiva europea
2011/83/UE sui diritti dei consumatori, recante modifica delle direttive 93/13/CEE e 1999/44/CE e
che abroga le direttive 85/577/CEE e 97/7/CE;
il decreto legislativo recante modifiche relative alle sezioni I, II, III, e IV, parte III, titolo III, capo I
(articoli da 47 a 65), del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (codice del consumo), ha
aggiornato la disciplina riguardante la tutela del consumatore introducendo significative novità
normative, tra cui si segnalano: l'introduzione di nuovi e più dettagliati obblighi di informazione
precontrattuale a carico del professionista; l'ampliamento del termine, sino a 14 giorni, per
l'esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore; l'eliminazione, negli acquisti on line, delle
caselle preselezionate sui siti web; una maggiore trasparenza dei prezzi; maggiori diritti di
rimborso; l'eliminazione di sovrattasse per l'uso di carte di credito e di servizi di assistenza
telefonica; un'informazione più chiara circa il soggetto su cui gravano le spese di restituzione delle
merci; l'affermazione del principio di unitarietà nella tutela dei consumatori, con la competenza
unica dell'Autorità garante per la concorrenza e il mercato, alla quale i consumatori possono
rivolgersi per far valere le proprie ragioni;
a margine del convegno "Le nuove frontiere della tutela del consumatore dopo il recepimento della
direttiva consumer rights" promosso dal Senato della Repubblica il 28 marzo 2014, anche il vertice
45
dell'Istituzione nel suo intervento ha salutato favorevolmente l'aggiornamento della normativa a
livello sia europeo che dei singoli Stati membri. Una maggiore tutela dei diritti del consumatore ha
il beneficio, da un lato, di porre al centro del mercato unico il consumatore, quindi la persona
umana, garantendo ad essa l'effettivo esercizio dei diritti individuali e collettivi, dall'altro, di
favorire la ripresa economica fortemente connessa con la fiducia dei consumatori;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha ospitato, nei giorni 7 e 8 luglio 2014, un
evento dedicato alla direttiva "consumer rights" al quale hanno partecipato i maggiori esperti del
settore, nonché esponenti dell'Esecutivo. Nell'ambito del nuovo contesto normativo, è emersa la
necessità di una più intensa e proficua cooperazione tra le autorità antitrust dei Paesi membri al fine
di rendere più efficaci le tutele previste dalla direttiva europea. Invero, se da un canto appaiono
innegabili i vantaggi, per i consumatori e per le imprese, derivanti da una maggiore fiducia nel
commercio elettronico, dall'altro non si possono negare i rischi da esso derivanti e relativi alla
diffusione di pratiche commerciali scorrette e sleali a danno dei consumatori e della concorrenza;
considerato che:
sussiste una correlazione positiva tra crescita economica e tutela diritti dei consumatori. Questa
correlazione è particolarmente evidente in un settore, come l'e-commerce, che può rivestire un ruolo
cruciale per la ripresa economica;
autorevoli osservatori, quali l'Ocse e la Commissione europea, hanno rilevato come il commercio
elettronico, che si inserisce nel più ampio quadro dell'economia digitale, rappresenti uno
straordinario volano per la crescita del Pil e dell'occupazione. L'economia digitale nei Paesi del G8
ha contribuito per oltre un quinto alla crescita del prodotto interno lordo negli ultimi 5 anni;
secondo stime della Commissione europea, se l'e-commerce dovesse crescere fino a rappresentare il
15 per cento dell'intero commercio al dettaglio, i guadagni in termini di risparmi per i consumatori
arriverebbero a circa 200 miliardi di euro, ossia pari all'1,7 per cento del Pil dell'Unione. Inoltre,
sempre secondo studi della Commissione europea l'economia di internet crea 2,6 posti di lavoro per
ogni posto che, a causa del suo sviluppo, viene a mancare;
in Italia, in ragione di una maggiore diffidenza da parte dei consumatori, la penetrazione del
commercio elettronico è tra le più basse a livello europeo. Il freno allo sviluppo dell'economia
digitale in Italia è dovuto principalmente alla poca consapevolezza dei diritti dei consumatori, dalla
quale deriva il timore, da parte di questi ultimi, di essere esposti, senza tutele, a raggiri e pratiche
scorrette,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno accompagnare la campagna
informativa televisiva e radiofonica già avviata con una campagna di sensibilizzazione effettuata
sulweb e negli ambienti pubblici, come le scuole e le università, ma anche mediante il ricorso, a
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livello nazionale, alla cartellonistica informativa, al fine di rendere più informati e consapevoli i
consumatori dei diritti ad essi riconosciuti e garantiti dalla nuova normativa in materia. (4-02805)
Interrogazione a risposta scritta:
sui sistemi di monitoraggio e controllo delle perdite sulla rete di oleodotti con particolare
riferimento a ENI
CERONI (FI)
- Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico Premesso che:
le direttive 96/82/CE (Seveso II) recepita in Italia con il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334,
2003/105/CE (Seveso II bis) recepita in Italia con decreto legislativo 21 settembre 2005, n. 238, e
2012/18/UE (Seveso III) in vigore dal 4 luglio 2012 che dovrà essere recepita dagli Stati membri
entro il 1° giugno 2015, costituiscono la regolamentazione europea atta alla prevenzione ed al
controllo dei rischi di incidenti rilevanti, connessi con determinate sostanze classificate pericolose
mediante specifici obblighi per i gestori degli stabilimenti in cui tali sostanze siano o possano essere
presenti, in quantitativi superiori a specifici limiti di soglia stabiliti dalle direttiva stesse;
la direttiva 2004/35/CE, recepita in Italia con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ha dettato
una disciplina quadro per la prevenzione e la riparazione dei danni all'ambiente;
la direttiva 2013/30/UE che modifica la precedente, è in fase di recepimento dal Parlamento italiano
e stabilisce i requisiti minimi per prevenire gli incidenti gravi nelle operazioni marine inerenti al
settore degli idrocarburi o per limitarne i danni;
considerato che:
i Paesi del nord Europa hanno saputo coniugare un notevole sviluppo industriale, economico e
sociale con un'attenzione fortissima verso i temi della sicurezza e della salvaguardia dell'ambiente;
la società ENI SpA ha investito, negli ultimi 5 anni, circa 2 milioni di euro per l'acquisto dei sistemi
di monitoraggio e controllo delle perdite lungo la sua rete di oleodotti, ma ne ha fatti attivare solo
alcuni, apparentemente rinunciando all'utilizzo di quanto acquistato ed installato;
tali sistemi di monitoraggio sono inoltre tutti forniti da una stessa società italiana il cui prodotto
consolidato è presente in numerose installazioni anche all'estero;
da notizie giunte all'interrogante risulterebbe che ENI SpA stia utilizzando gli oleodotti del NordOvest (facenti capo al nodo della raffineria di Sannazzaro de' Burgondi, Pavia) ed altri oleodotti del
Centro Italia senza proteggerli attraverso un sistema di monitoraggio in grado di evidenziare
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rapidamente perdite che sarebbero catastrofiche per l'ambiente, data la tipologia altamente
inquinante dei prodotti trasportati,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza della situazione descritta;
se risulti per quali ragioni gli oleodotti vengano utilizzati senza che sia operativo un sistema
consolidato di monitoraggio delle perdite;
se siano noti i motivi per cui è stato compiuto un ingente investimento per l'acquisto di sistemi di
monitoraggio e controllo delle perdite sulla rete di oleodotti e non è stato messo a regime;
se risulti come mai, nel caso in cui ENI SpA stesse sperimentando tecnologie differenti da quella
sopra riportata, non operi con quanto ha già a propria disposizione;
quali siano i criteri che hanno portato all'utilizzo dei sistemi citati soltanto in alcuni oleodotti della
rete.
(4-02808)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla centrale termoelettrica Enel di Porto Tolle (Rovigo)
DE POLI (PI)
- Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:
la centrale termoelettrica di Porto Tolle (Rovigo) è stata costruita nei primi anni '80 e risulta essere
un impianto di notevoli dimensioni;
l'Enel ha annunciato di abbandonare il progetto di trasformare in un grande impianto a carbone la
vecchia centrale di Porto Tolle sul delta del Po e di ridimensionarla, probabilmente, in una piccola
centrale alimentata con energie rinnovabili;
la mancata riconversione della centrale non incide solo a livello locale ma anche sulla politica
energetica del Paese, sulle politiche industriali di un'azienda partecipata dello Stato, oltre che su un
sito produttivo che, da nuovo e prossimo volano, rischia di rappresentare, invece, una minaccia per
la salvaguardia dell'occupazione;
la dichiarazione dell'ente relativa al mantenimento dell'attuale sito e alla garanzia del livello
occupazionale esistente non è rassicurante;
la notizia di non procedere al programma di investimenti rischia quindi di compromettere
definitivamente il futuro del sito e degli addetti attualmente impiegati;
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a parere dell'interrogante occorre verificare se l'Enel sia intenzionata a mantenere il sito attivo
magari con la previsione di sistemi di generazione a basso impatto ambientale e ad alto sviluppo
tecnologico e di ricerca o se questo annuncio sia la premessa dello smantellamento definitivo,
si chiede di sapere se il Governo non ritenga opportuno convocare un tavolo istituzionale con gli
attori locali e nazionali al fine di programmare il futuro della centrale salvaguardando i livelli
occupazionali e scongiurando la chiusura dell'impianto termoelettrico di Porto Tolle. (4-02813)
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