14 Tempo Libero Lunedì 24 Marzo 2014 Corriere della Sera MI LA RECENSIONE Rodriguez commuove anche con la voce a metà Preceduto da una attesa di venti minuti, Sixto Rodriguez (foto) è entrato l’altra sera sul palco dell’Auditorium (tutto esaurito da settimane) in abito grigio e cilindro, accompagnato fin sotto al microfono da una nipote. Ma l’uomo fragile dal passo incerto, quasi cieco a causa di un glaucoma, ha lasciato subito il posto all’artista fuoriclasse che è. Imbracciata la chitarra (sempre la stessa, per tutto il concerto, suonata senza TEATRO E MUSICA plettro) ha iniziato con una cover di Nina Simone («Love me o leave me»). La voce c’era così e così (specie negli acuti) ma la sincerità, la semplicità, la purezza dell’interpretazione hanno colmato le lacune fissando in alto il tasso emotivo della performance. E il pubblico si è schierato dalla sua parte. È andata un po’ peggio quando è comparsa la band (chitarra, basso, batteria), una formazione eterogenea, palesemente messa insieme all’ultimo momento e a tratti perniciosa, che ha accompagnato i pezzi manifesto di «Cold Fact»: «Crucify your mind», «I wonder», «Sugar Man» («un brano descrittivo, non prescrittivo», ha tenuto a precisare il musicista, «stay smart, don’t start»). Tanta era l’emozione di sentirsele cantare dal Mito in persona che la platea (che pure aveva pagato fino a 75 euro) ha perdonato. Tornato sul palco dopo una breve pausa, gilet a pelle sulle spalle muscolose di chi ha portato tanti frigoriferi, Rodriguez ha celebrato la grande musica americana con cover di Elvis («Blue suede shoes»), Little Willie John («Fever») e perfino Sinatra («Live till I die»). E ha commosso, quando, da solo, si è perso in un lungo «Inner city blues». Carlotta Niccolini © RIPRODUZIONE RISERVATA Arcimboldi Corsa ai biglietti per il musical ispirato a T.S. Eliot con le note di Lloyd Webber Teatro Nazionale Daniel Ezralow: «Open è un inno alla leggerezza» È una vita che Daniel Ezralow dimostra di essere artisticamente aperto, da quando, studente di medicina a Berkley si abbandonava a scorribande alquanto hippies con gli ex sodali Momix negli anni Ottanta per poi immergersi nel buddhismo tantrico nel suo «Mandala» fino alle più recenti incursioni a Hollywood travestito da prete in «Across the Universe» di Julie Taymor, oppure dietro le quinte di Broadway come gran burattinaio delle avventure aeree del musical «Spiderman». L’ultima «extravaganza» del coreografo statunitense ha avuto come teatro i Giochi Olimpici di Sochi, dove ha firmato una sezione della cerimonia d’apertura ispirata alle grandi opere dell’avanguardia russa tra il XIX e il XX secolo, su un tessuto musicale di canti popolari locali. È quindi un manifesto ideologico il titolo «Open» del suo più recente spettacolo teatrale, in scena da domani alle 20. 45 fino a domenica al Barclays Teatro Nazionale (via Giordano Rota 1, tel. 02.00.64.08.88, biglietti 36/20€). «Inizialmente avevo pensato di intitolarlo “Reconstruction” in omaggio a N on sono rimaste che le lische nella cantina dei gatti più famosi del mondo, da mesi sui manifesti della città con i sornioni occhi gialli su fondo nero. È grande abbuffata di biglietti per «Cats», il celebre musical di Andrew Lloyd Webber in arrivo, in edizione rigorosamente «original» con regia di Trevor Nunn e coreografie di Gillian Lynne, da mercoledì fino a domenica agli Arcimboldi: esaurite le sette recite previste inizialmente, restano ancora biglietti per la replica aggiunta, giovedì pomeriggio alle 16. Milano conferma così la propria anima felina: fu la prima città italiana a ospitare il musical simbolo del West End londinese nel ’95, all’allora Palatrussardi, dove alla «prima» che cadde di sabato grasso spuntarono goliardicamente, nella platea vip, le sosia di Lady Diana e della Regina Madre. L’edizione inglese tornò a sbancare gli Arcimboldi, nel 2008, cui seguì, nel 2009 al Teatro della Luna, la versione italiana della Rancia con regia di Saverio Marconi e coreografie di Daniel Ezralow, anch’essa salutata da travolgente successo. Non è che il tassello milanese di un fenomeno planetario che accompagna «Cats» con record di longevità (21 anni di scena nel West End, 18 a Broadway, 2 Olivier Awards e svariati Tony) dal debutto a Londra nell’81: allora, però, per Lloyd Webber (all’epoca non ancora Sir e costretto a ipotecarsi casa per metterlo in scena) fu una scommessa l’eccentrica trasposizione in musical dell’ «Old Possum’s Book of Practical Cats» di Thomas Stearns Eliot, una raccolta di poesie nate come Tremate, tremate: i Gatti son tornati. E spunta un italiano Il modenese Filippo Strocchi è Rum Tum Tugger lettere per i nipotini che narrano le gesta di un’anomala famiglia di gatti molto umani. Oggi come ieri, la cantina di «Cats» risiede nel quartiere di Jellicle dove, nel corso dell’annuale ballo in onore del vecchio Old Deuteronomy, viene scelto il gatto destinato a salire in paradiso: sarà ovviamente Grizabella, ex diva in disarmo che commuove sulle note dell’evergreen Fenomeno planetario Nel West End «Cats» va in scena da 21 anni, da 18 a Broadway: a Milano manca dal 1995 «Memory». Stavolta però, nel cast internazionale, c’è un italiano: il modenese 32enne Filippo Strocchi, ruggente nel ruolo di Rum Tum Tugger, il felino ribelle e cacciatore di femmine che Lloyd Webber dedicò al leader dei Rolling Stones Mick Jagger. «All’audizione a Londra mi sono proposto per questo gatto dall’anima rock come me, ho la passione per l’heavy metal. Cantare in inglese è una passeggiata dopo che ho dovuto imparare il tedesco per affrontare in Germania il protagonista di “Wicked” — racconta Strocchi dall’alto del suo metro e novanta, una girandola di ruoli in Italia, tra cui quello di Danny Zuko nel «Grease» della Rancia e di DJ Monty nella «Febbre del Sabato Sera» della Stage. «“Cats” con la compagnia ufficiale è un traguardo, anche se arrivo a notte esausto, riesco appena a telefonare alla mia ragazza e crollo senza neanche sbirciare su Facebook. Ma che soddisfazione avere in tasca un contratto di un anno e mezzo! In Italia, è normale un ingaggio per pochi mesi e poi, forse, l’indennità di disoccupazione. Ora mi aspetta un lungo tour che toccherà anche Londra, Mosca e Tel Aviv». Valeria Crippa © RIPRODUZIONE RISERVATA Felini Due immagini da «Cats»: cast internazionale e canzoni in lingua originale Calvino – spiega Ezralow -, è stata mia moglie Arabella, che firma con me le coreografie, a suggerirmi “Open”: è un inno alla libertà creativa, alla leggerezza, all’ironia. La danza può infondere una nuova energia persino nel pubblico più ingrigito, lo credo fermamente. Ma non in modo scontato: perciò nello spettacolo non ho utilizzato musica pop, ma la classica, come ha fatto Walt Disney nel film “Fantasia: dai “Notturni” di Chopin, a Rossini, Beethoven e Bach che è incredibilmente moderno, se lo ascolti, non ti piace più il rock. Inoltre “Open” ruota intorno al contrasto tra città e natura dove il corpo può rinascere in una rinnovata libertà». Stavolta Open si «apre» ulteriormente allargando la famiglia dei suoi danzatori: dopo essere nato per gli americani del Deconstructions group (formazione creata all’uopo dal coreografo) si modella ora sui talenti tutti italiani dello Spellbound Contemporary Ballet. «Ho avuto la fortuna di lavorare con tanti grandi – ricorda Ezralow- dagli U2 a Sting, Bowie ai vostri Fiorello e Celentano. Ma l’osso più duro è stato Vittorio Gassman, sempre così teso a creare qualcosa». Arcimboldi, viale dell’Innovazione 20, dal 26 marzo, biglietti 80/30 €, tel. 02.641142212 V. Cr. © RIPRODUZIONE RISERVATA Festival Museo Diocesano Il progetto Tre giorni con i registi di teatro Padre Dall’Asta e il volto di Dio «Fabulamundi» al Pim Off Ha ancora senso parlare di teatro di regia, chi sono i Maestri? Che ruolo ha la critica ? Siamo pronti a confrontarci con l’Europa? Il teatro s’interroga con il «Festival internazionale della regia». Tre giorni (da oggi al 26/3) di incontri tra registi, attori, critici, studiosi. «Nella sala conferenze di Palazzo Reale», dice Corrado D’Elia, organizzatore dell’iniziativa, «ci incontiamo per discutere sulla crisi del sistema teatrale cercando di riflettere sul rapporto tra sopravvivenza, critica e pubblico». Tra i registi Andrée Ruth Shammah, Marco Baliani, Carmelo Rifici, Renzo Martinelli, Arturo Cirillo, Cesar Brie. E se domani la giornata si apre con Antonio Calbi che intervista Luca Ronconi (ore 9.30), con Marco Martinelli e Marco Sciaccaluga ci si interroga sull’eredità che ci hanno lasciato i Grandi Maestri. Sul fronte Alle 18.15 il Museo Diocesano (c.so di Porta Ticinese 95) ospita una conversazione del gesuita padre Andrea Dall’Asta, storico dell’arte e direttore della galleria San Fedele, sulla rappresentazione del volto di Dio. Come ha raccolto l’arte cristiana, a differenza della musulmana ed ebraica, la sfida di dare forma visibile al Logos invisibile? «Dio si dà a conoscere al popolo ebraico con la parola, per rivelarsi in Gesù, Parola che si fa carne», spiega padre Andrea. «Con il dono dello Spirito, la storia di Dio diventa storia dell’uomo e il volto di Dio assume tratto umano, facendosi ritratto. Il Logos invisibile si rende visibile». La conversazione partirà dal commento delle immagini alto Tre teatri per sette testi da Romania, Spagna, Germania, Italia e Francia; la nuova drammaturgia europea è in scena con «Fabulamundi», progetto vincitore del Programma Cultura 2007-2013 dell’UE. «Obiettivo è creare una collaborazione tra teatri, autori, registi e festival», dicono gli organizzatori. Sul tema «The dangerous opportunity», una cinquantina i testi selezionati, tradotti e messi in scena da registi e attori. Tre i teatri coinvolti, oggi al Pim Off «Medea e della felicità coniugale» di Roxana Marian (Romania), al centro la donna e la famiglia. In scena il collettivo Zerogrammi (ore 20.45, via Salvanesco 75, ingr. libero, tel. 54.10.26.12). Secondo appuntamento con la tedesca Rebekka Kricheldorf, autrice di «Villa dolorosa», protagonista Irina nuovi talenti, mercoledì 26 allo Spazio Oberdan, «Fringe della regia» (ore 10-23), dibattito e performance in collaborazione con Alberto Oliva. «In Italia c’è gran fermento artistico, ma istituzioni e sistema teatrale non se ne curano. Premi e concorsi under 35 promuovono i soliti nomi», dice Oliva. «Il Fringe alla Regia è un bando rivolto ai giovani registi che hanno firmato le opere prime, credendo nel ruolo di regista». Li seleziona una giuria di giornalisti. La giornata si conclude con la presentazione dei «giovani» registi che raccontano il loro percorso tra opere, attori, video, letture e musiche (tra i partecipanti Carolina Della Calle Casanova, Andrea Fagarazzi e I-Chen Zuffellato). A condurre i lavori Clizia Gurrado, di Radio Lombardia. (L. Gr.) © RIPRODUZIONE RISERVATA medievali, dove il Cristo è Pantocrator (nel tondo), signore del mondo, lontano nella sua mandorla di luce, e si svilupperà attraverso le rappresentazioni rinascimentali, dove viene umanizzato attraverso il racconto degli episodi della sua vita, per concludersi nel Novecento quando il volto sfigurato e deformato di Gesù incarna i drammi dell’uomo contemporaneo. L’incontro, ingr. libero, sarà introdotto da Paolo Biscottini, direttore del museo, e sarà occasione per presentare il libro di Padre Andrea, «Dio, storia dell’uomo-dalla parola all’immagine» (Messaggero Padova), prefazione di Bartolomeo Sorge. (Fr. Bon.) © RIPRODUZIONE RISERVATA e i suoi disastrosi compleanni. Litigi, gravidanze improvvise, tentati suicidi: regia di Roberto Rustinoni (22 maggio Olinda, Teatro La Cucina, via Ippocrate 45). Il 26 maggio al Teatro I, la scena passa a Alberto Astorri e Paola Tintinelli, per una storia d’identità individuale e politica,«Lilli/Heiner Intra-muras», della francese Lucie Depauw. Fulcro della vicenda è Lilli, ragazza che non può diventare donna perché nella ex Ddr è stata dopata con ormoni maschili. In giugno, stesso palco, due testi diretti da Renzo Martinelli «Contro il progresso» di Esteve Soler (Spagna) e «Il peggiore dei casi» della tedesca Katrin Roggia; il 16/6 da Olinda, Daria de Florian e Antonio Taglierini propongono «Maggio secolo XXI» dello spagnolo Fernando Ranijfo. (L. Gr.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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