Geometria e algebra T. Schede di esercizi con richiami di teoria (laurea triennale ingegneria) Durata corso: semestrale (60 ore) Versione aggiornata al 12 gennaio 2015 Queste schede non sono il libro di testo. I richiami di teoria che contengono sono solo dei richiami, esposti spesso in maniera informale. Il Libro di Testo1 `e: • Serge Lang. Algebra lineare. Per la matematica, in generale Wikipedia `e ben fatta (ma contiene potenzialmente errori). 1 I libri di testo e consigliati sono protetti da diritti di autore, quindi non potete scaricare ed usare le varie copie facilmente trovabili in rete. Indice Scheda 1.1. 1.2. 1.3. 1. Numeri Richiami di teoria Esempi ed esercizi svolti Esercizi 7 7 8 10 Scheda 2.1. 2.2. 2.3. 2. Gruppi anelli campi e polinomi Richiami di teoria Esempi ed esercizi svolti Esercizi 11 11 13 14 Scheda 3.1. 3.2. 3.3. 3. Spazi vettoriali Richiami di teoria Esempi ed esercizi svolti Esercizi 16 16 17 19 Scheda 4.1. 4.2. 4.3. 4. Sistemi di equazioni lineari, risoluzione per sostituzione Richiami di teoria Esempi ed esercizi svolti Esercizi 22 22 23 28 Scheda 5.1. 5.2. 5.3. 5. Matrici. Matrice associata a un sistema lineare Richiami di teoria Esempi ed esercizi svolti Esercizi 30 30 31 32 Scheda 6. Operazioni elementari sulle righe, riduzione a scala e rango, Rouch´e Capelli 6.1. Richiami di teoria 6.2. Esempi ed esercizi svolti 6.3. Esercizi 35 35 36 38 Scheda 7.1. 7.2. 7.3. 40 40 42 45 7. Operazioni tra matrici Richiami di teoria Esempi ed esercizi svolti Esercizi Scheda 8. Determinante 8.1. Richiami di teoria 47 47 3 INDICE 8.2. Esempi ed esercizi svolti 8.3. Esercizi Scheda 9.1. 9.2. 9.3. 9. Inversa e rango tramite il determinante Richiami di teoria Esempi ed esercizi svolti Esercizi 4 48 51 53 53 54 58 Scheda 10. Combinazioni lineari, lineare indipendenza 10.1. Richiami di teoria 10.2. Esempi ed esercizi svolti 10.3. Esercizi 60 60 61 64 Scheda 11. Sistemi di generatori 11.1. Richiami di teoria 11.2. Esempi ed esercizi svolti 11.3. Esercizi 67 67 67 71 Scheda 12. Basi 12.1. Richiami di teoria 12.2. Esempi ed esercizi svolti 12.3. Esercizi 73 73 74 80 Scheda 13. Span, equazioni cartesiane e parametriche di sottospazi vettoriali ed affini 13.1. Richiami di teoria 13.2. Esempi ed esercizi svolti 13.3. Esercizi 84 84 85 91 Scheda 14. Intersezione di sottospazi, somma, somma diretta, posizioni reciproche di sottospazi. Formula di Grassmann. 93 14.1. Richiami di teoria 93 14.2. Esempi ed esercizi svolti 95 14.3. Esercizi 99 Scheda 15. Coordinate 15.1. Richiami di teoria 15.2. Esempi ed esercizi svolti 15.3. Esercizi 103 103 103 109 Scheda 16. Span di sottospazi affini e coordinate baricentriche 16.1. Richiami di teoria 16.2. Esempi ed esercizi svolti 16.3. Esercizi 111 111 112 114 Scheda 17. Applicazioni lineari 1: Definizione e matrice associata rispetto a basi in partenza e in arrivo 116 INDICE 17.1. Richiami di teoria 17.2. Esempi ed esercizi svolti 17.3. Esercizi 5 116 118 123 Scheda 18. Applicazioni lineari 2: struttura di spazio vettoriale, Ker e immagine 18.1. Richiami di teoria 18.2. Esempi ed esercizi svolti 18.3. Esercizi 126 126 128 130 Scheda 19. Trasformazioni lineari e affini 19.1. Richiami di teoria 19.2. Esempi ed esercizi svolti 19.3. Esercizi 132 132 133 135 Scheda 20. Endomorfismi 20.1. Richiami di teoria 20.2. Esempi ed esercizi svolti 20.3. Esercizi 138 138 140 145 Scheda 21. Sottospazi invarianti e diagonalizzabilit`a 21.1. Richiami di teoria 21.2. Esempi ed esercizi svolti 21.3. Esercizi 147 147 148 153 Scheda 22. Triangolabilit`a e forma canonica di Jordan 22.1. Richiami di teoria 22.2. Esempi ed esercizi svolti 22.3. Esercizi 155 155 157 166 Scheda 23. Forme bilineari 23.1. Richiami di teoria 23.2. Esempi ed esercizi svolti 23.3. Esercizi 168 168 170 174 Scheda 24. Prodotti scalari e segnatura 24.1. Richiami di teoria 24.2. Esempi ed esercizi svolti 24.3. Esercizi 177 177 178 180 Scheda 25. Norma e ortogonalit`a 25.1. Richiami di teoria 25.2. Esempi ed esercizi svolti 25.3. Esercizi 182 182 183 188 Scheda 26. Basi ortonormali e matrici ortogonali 26.1. Richiami di teoria 190 190 INDICE 26.2. Esempi ed esercizi svolti 26.3. Esercizi 6 191 196 Scheda 27. Distanza indotta da prodotto scalare, isometrie 27.1. Richiami di teoria 27.2. Esempi ed esercizi svolti 27.3. Esercizi 198 198 201 203 Scheda 28. Distanze tra sottospazi affini 28.1. Richiami di teoria 28.2. Esempi ed esercizi svolti 28.3. Esercizi 205 205 209 213 Scheda 29. Quadriche e coniche 29.1. Richiami di teoria 29.2. Esempi ed esercizi svolti 29.3. Esercizi 215 215 220 223 SCHEDA 1 Numeri 1.1. Richiami di teoria I numeri naturali, denotati col simbolo N, sono i numeri interi positivi: 0, 1, 2, 3, 4, 5, . . . I numeri interi, denotati col simbolo Z, sono: . . . , −5, −4, −3, −2, −1, 0, 1, 2, 3, 4, 5, . . . I numeri razionali, denotati col simbolo Q, sono quelli esprimibili come rapporto di due numeri interi: 3 2 2 4 , , − , , 0, 1 . . . 2 4 3 1 I numeri razionali si sommano e si moltiplicano cos´ı: ad + cb ac ac a c + = = b d bd bd bd Se si moltiplica numeratore e denominatore per lo stesso numero, il numero razionale in questione non cambia: 3 6 −3 5 −10 = = 5= = 2 4 −2 1 −2 I numeri reali, denotati col simbolo R, sono “gli altri” numeri della retta reale: √ π 0, 136545 . . . , 2 = 1, 4142 . . . , π = 3, 1415 . . . , e = 2, 7182 . . . , − = −1, 1557 . . . e I numeri in Z/2Z sono le classi di equivalenza di numeri interi pari o dispari. Si rappresentano coi simboli {0, 1} ove 0 `e la classe dei pari e 1 la classe dei dispari. L’aritmetica di Z/2Z `e: 0 · 0 = 0, 0 · 1 = 0, 1 · 1 = 1, 0 + 0 = 0, 1 + 1 = 0, 1 + 0 = 1 I numeri complessi, denotati col simbolo C, sono la chiusura algebrica di R. Si possono rappresentare in vari modi. La rappresentazione cartesiana consiste nello scrivere un numero complesso z come x + iy con x, y ∈ R. Se z = x + iy, x si chiama parte reale y parte immaginaria di z. Con la rappresentazione cartesiana i numeri complessi si sommano e moltiplicano come se fossero polinomi nella variabile i, con la regola che i2 = −1. (1 + i2)(3 − i5) = 3 + i6 − i5 − i2 10 = 3 + i − (−1)10 = 13 + i p Il modulo di un numero complesso z = x + iy si indica con |z| ed `e |z| = x2 + y 2 . (1 + i2) + (3 − i5) = 4 − i3 7 1.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 8 Il coniugato di un numero complesso z `e il numero z¯ che si ottiene cambiando segno alla parte immaginaria: se z = x + iy allora z¯ = z − iy. I numeri reali, essendo quelli con parte immaginaria nulla, sono caratterizzati dalla propriet`a z¯ = z. Lo zero `e l’unico numero complesso di modulo nullo: |z| = 0 ⇒ z = 0. L’inverso di un numero complesso non nullo si calcola tramite il modulo e il coniugio: z z¯ = |z|2 1 z¯ = 2. z |z| La rappresentazione polare di un numero complesso `e data specificando il modulo e l’angolo. La relazione tra notazione cartesiana e polare `e data da: z = ρeiθ = ρ(cos θ + i sin θ) p y z = x + iy = x2 + y 2 ei arctan x Si deve ricordare che l’angolo `e dato modulo 2π, in altre parole, per ogni intero k, θ e θ + 2kπ rappresentano lo stesso angolo nel piano. Quindi ρeiθ = ρei(θ+2kπ) . In oltre si noti che arctan xy non `e definito per x = 0 e che (x, y) e (−x, −y) danno lo stesso risultato. Quindi la formula, cos´ı come `e scritta, vale solo sul semipiano superiore. La moltiplicazione in notazione polare `e molto semplice ρeiθ reiϕ = ρrei(θ+ϕ) 1 1 = e−iθ . iθ ρe ρ 1.2. Esempi ed esercizi svolti Esempio 1.2.1. La funzione f : C → C definita da f (z) = iz, geometricamente `e la rotazione di π/2. Questo perch´e in coordinate polari i = eiπ/2 . Esempio 1.2.2. In coordinate polari ρeiθ = ρe−iθ . Esercizio 1.2.3. Dimostrare che |z| = |¯ z |. Soluzione. In coordinate polari `e immediato, in coordinate cartesiane segue dal teorema di pitagora. Esempio 1.2.4. Si verifica facilmente (verificatelo!!!) che zw = z¯w¯ z + w = z¯ + w¯ z −1 = 1 z¯ Esercizio 1.2.5. Dimostrare che per ogni numero complesso z si ha z 2 ∈ R se e solo se o la parte reale o la parte immaginaria di z sono nulle. Soluzione. Sia z = x + iy allora z 2 = x2 + y 2 + 2ixy, quindi la parte immaginaria di z 2 `e il prodotto della parte reale di z per la parte immaginaria di z. Esercizio 1.2.6. Trovare l’inverso di 1 + i. 1.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 9 Soluzione. z −1 = z¯/|z|2 dunque 1−i 1 1 1 = = −i 1+i 1+1 2 2 Esercizio 1.2.7. Calcolare (1+2i)3 . 2−i Soluzione. (1 + 2i)3 1 + 3(2i) + 3(2i)2 + (2i)3 1 + 6i + 12i2 + 8i3 1 + 6i − 12 − 8i −11 − 2i = = = = 2−i 2−i 2−i 2−i 2−i −11 − 2i −(11 + 2i)(2 + i) −20 − 15i = = = −(4 + 3i) 2−i 4+1 5 Esercizio 1.2.8. Calcolare le radici cubiche di 1 in C, ossia trovare tutte le soluzioni di z 3 = 1. Soluzione. Usiamo la notazione polare, ponendo z = ρeiθ . Si ha (ρeiθ )3 = ρ3 ei3θ 1 = 1ei0 per cui l’equazione diventa ρ3 ei3θ = 1ei0 e quindi ρ3 = 1 3θ = 0 + 2kπ Ci sono quindi tre radici cubiche distinte: ρ=1 θ = 2kπ 3 √ √ 1 1 3 3 i 4π 1, e =− +i , e 3 =− −i 2 2 2 2 si noti che c’`e una radice reale e due radici complesse coniugate e che l’angolo tra una radice e la successiva `e sempre 2π/3. i 2π 3 Esercizio 1.2.9. Si risolva, in C, l’equazione 9¯ z − z3 = 0 Soluzione. Prima di tutto si noti che 0 `e soluzione. Per trovare le altre, procediamo come segue, supponendo z 6= 0. Da 9¯ z = z 3 e dal fatto che |z| = |¯ z | si deduce 9|z| = |z|3 2 da cui |z| = 9 da cui |z| = 3 (si ricordi che il modulo di un numero complesso `e sempre un numero positivo). Adesso, in coordinate polari, l’equazione diventa 27e−iθ = 27e3iθ da cui e4iθ = 1 da cui si deduce θ = kπ/2. Le soluzioni sono dunque 0, 3, 3i, −3, −3i. 1.3. ESERCIZI 10 Esercizio 1.2.10. Si trovino tutte le soluzioni in Z/2Z di x2 + x = 0. Soluzione. in Z/2Z ci sono solo due elementi: basta provarli entrambi. 02 + 0 = 0 + 0 = 0 quindi 0 `e soluzione. 12 + 1 = 1 + 1 = 0 quindi anche 1 `e soluzione. Le soluzioni sono dunque 0, 1. Esercizio 1.2.11. Si trovino tutte le soluzioni in Z/2Z di x2 + x + 1 = 0. Soluzione. in Z/2Z ci sono solo due elementi: basta provarli entrambi. 02 + 0 + 1 = 0 + 0 + 1 = 1 quindi 0 non `e soluzione. 12 + 1 + 1 = 1 + 1 + 1 = 1 quindi neanche 1 `e soluzione. L’equazione non ha soluzioni in Z/2Z. Esercizio 1.2.12. Si trovino tutte le soluzioni in Z/2Z di x2 = 1. Soluzione. 02 = 0 quindi 0 non ´e soluzione, mentre 12 = 1 e quindi 1 `e soluzione. L’unica soluzione `e quindi 1 (si noti che in Z/2Z si ha −1 = 1). 1.3. Esercizi Esercizio 1.3.1. Si determinino le radici quarte di 1 in C. Esercizio 1.3.2. Si trovino tutte le soluzioni di z 6 = 1 Esercizio 1.3.3. Si trovino tutte le soluzioni di z 6 = −1 Esercizio 1.3.4. Si trovino tutte le soluzioni di z 5 = −1 Esercizio 1.3.5. Si trovino tutte le soluzioni di z 2 = i Esercizio 1.3.6. Si trovino tutte le soluzioni di z 3 = −i Esercizio 1.3.7. Si trovino tutte le soluzioni di z 3 = 1 + i Esercizio 1.3.8. Si trovino le soluzioni complesse di 9¯ z + z 3 = 0. Esercizio 1.3.9. Si trovino le soluzioni complesse di 4z 2 + z¯4 = 0. Esercizio 1.3.10. Si trovino le soluzioni complesse di 4z 2 − z¯4 = 0. Esercizio 1.3.11. Si trovino tutte le soluzioni complesse del sistema z 3 + w3 = i 2 w2 = −1 Esercizio 1.3.12. Si trovino tutte le soluzioni in Z/2Z di x2 + x + x + 1 = 0. Esercizio 1.3.13. Si trovino tutte le soluzioni in Z/2Z di x3 + x2 + x + 1 = 0. Esercizio 1.3.14. Si trovino tutte le soluzioni in Z/2Z di x4 + x3 + x2 + x + 1 = 0. Esercizio 1.3.15. Si trovino tutte le soluzioni in Z/2Z di x3 + x2 + x = 0. Esercizio 1.3.16. Si trovino tutte le soluzioni in Z/2Z di x4 + x3 + x2 + x = 0. SCHEDA 2 Gruppi anelli campi e polinomi 2.1. Richiami di teoria Definizione 2.1.1. Dato un insieme X, un’operazione associativa (o semplicemente operazione) su X `e una funzione · : X × X → X tale che ∀x, y, z ∈ X si abbia x · (y · z) = (x · y) · z Definizione 2.1.2. Un insieme G dotato di un’operazione associativa · si dice Gruppo se: (1) Esiste un elemento neutro dell’operazione ·. Cio`e ∃e ∈ G tale che ∀x ∈ G si ha e · x = x · e = x. (2) Ogni elemento ha un inverso: ∀x ∈ G ∃y ∈ G tale che x · y = y · x = e. Se inoltre l’operazione `e commutativa, e cio`e (3) ∀x, y ∈ G, x · y = y · x, allora G si dice gruppo abeliano o commutativo, l’elemento neutro si indica normalmente con 0 e l’operazione con il +. Definizione 2.1.3. Un insieme A dotato di due operazioni +, · si dice Anello commutativo con unit` a (o semplicemente anello) se: (1) (A, +) `e un gruppo abeliano; (2) (Distributivit` a a destra e sinistra) ∀x, y, z ∈ A si ha (x + y) · z = x · z + y · z e z · (x + y) = z · x + z · y; (3) (elemento neutro del ·) Esiste 1 ∈ A tale che ∀x ∈ A si ha 1x = x. (4) (abelianit` a del ·) ∀x, y ∈ A si ha x · y = y · x. Definizione 2.1.4. Un insieme K dotato di due operazioni +, · si dice Campo se: (1) (K, +, ·) `e un anello commutativo con unit` a; (2) (Inverso degli elementi non nulli) ∀x ∈ K, con x 6= 0, ∃y ∈ K tale che x · y = 1. Solitamente il prodotto si indica in notazione contratta omettendo il simbolo ·. Si scrive dunque xy al posto di x · y, x(y + z) al posto di x · (y + z) e cos´ı via. L’inverso di x rispetto alla somma si indica con −x, l’inverso di x rispetto al prodotto si indica con x−1 . Normalmente, si suole indicare un generico campo con il grassetto matematico, cio`e K. 11 2.1. RICHIAMI DI TEORIA 12 Definizione 2.1.5. L’insieme dei polinomi nella variabile x, a coefficienti in K si denota con K[x]. n X K[x] = { ai xi : ∀i ai ∈ K, n ∈ N}; i=0 l’insieme dei polinomi di grado al pi´ u n si indica con K≤n [x] n X K≤n [x] = { ai xi : ∀i ai ∈ K}; i=0 l’insieme dei polinomi di grado esattamente n si indica con K=n [x] n X K=n [x] = { ai xi : ∀i ai ∈ K, an 6= 0}. i=0 (Si notino le sottili differenze tra le tre definizioni appena date.) Le operazioni di somma e moltiplicazione tra polinomi sono quelle usuali. Un polinomio p(x) si dice fattorizzabile nei fattori q(x) ed r(x) se p(x) = q(x)r(x). Una radice di un polinomio p ∈ K[x] `e un elemento λ di K che sia soluzione dell’equazione p(x) = 0 (cio`e vale p(λ) = 0). Se un polinomio p ∈ K[x] si fattorizza come p(x) = q(x)r(x), allora le radici di p sono radici di q oppure di r. Viceversa sia le radici di q e che quelle di r sono tutte radici di p. Teorema 2.1.6 (Teorema fondamentale dell’algebra). Ogni polinomio in C[x] si fattorizza in fattori di primo grado: se p ha grado n allora p(x) = c(x − x1 )(x − x2 ) . . . · · · (x − xn ) ove c `e una costante e le xi sono le radici di p. Raccogliendo le radici uguali, si pu` o scrivere: p(x) = c(x − x1 )m1 (x − x2 )m2 · · · (x − xk )mk P ove ki=1 mi = n. Il numero naturale mi si chiama molteplicit` a della radice xi . Si noti che il teorema fondamentale dell’algebra si pu`o enunciare dicendo che ogni polinomio in C[x] ha almeno una radice in C. Cosa che non `e vera su R[x]. Esempio 2.1.7. Il polinomio p(x) = x2 + 1 non ha radici reali (e quindi non si fattorizza in R[x]) mentre ±i sono le radici complesse di p, che si fattorizza come p(x) = (x − i)(x + i). Teorema 2.1.8. Ogni polinomio in R[x] si fattorizza in fattori di primo e secondo grado in modo che i fattori di secondo grado abbiano radici complesse coniugate. In altre parole, le radici di un polinomio in R[x] o sono reali, e allora danno luogo a fattori di primo grado, o sono complesse coniugate, e allora danno luogo a fattori di secondo grado. 2.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 13 Esempio 2.1.9. Il polinomio p(x) = x4 − x3 − x + 1 si fattorizza come √ √ −1 − i 3 −1 + i 3 2 2 2 )(x − ) p(x) = (x − 1) (x + x + 1) = (x + 1) (x − 2 2 Le radici di un polinomio di secondo grado della forma ax2 + bx + c si trovano mediante la formula √ −b ± b2 − 4ac . 2a 2.2. Esempi ed esercizi svolti Esempio 2.2.1. La somma + tra numeri naturali `e un’operazione. Esempio 2.2.2. L’usuale prodotto · tra numeri naturali `e un’operazione. Esempio 2.2.3. La sottrazione tra numeri interi non `e un’operazione associativa; infatti 2 − (3 − 1) = 0 6= −2 = (2 − 3) − 1 Esempio 2.2.4. L’esponenziale tra numeri reali non `e un’operazione associativa; infatti 2 3(1 ) = 31 = 3 6= 9 = 32 = (31 )2 Esempio 2.2.5. L’insieme Z dei numeri interi con la somma usuale `e un gruppo abeliano. Esempio 2.2.6. L’insieme N dei numeri naturali con la somma usuale non `e un gruppo in quanto non esiste l’inverso (sarebbe un numero negativo). Esempio 2.2.7. L’insieme delle trasformazioni rigide del piano — con la composizione come operazione — `e un gruppo, ma non `e abeliano (una traslazione e una rotazione non commutano). Esempio 2.2.8. L’insieme Z dei numeri interi con le usuali operazioni di somma e prodotto `e un anello. Esempio 2.2.9. L’insieme Z[x] dei polinomi a coefficienti interi con le usuali operazioni di somma e prodotto `e un anello. Esempio 2.2.10. Gli insiemi R[x], Q[x], C[x], Z/2Z[x] dei polinomi a coefficienti rispettivamente reali, razionali, complessi, in Z/2Z, con le usuali operazioni di somma e prodotto sono anelli. Esempio 2.2.11. Gli insiemi R, Q, C, Z/2Z con le usuali operazioni sono campi. Gli insiemi N, Z no. Gli anelli di polinomi R[x], C[x], . . . con le usuali operazioni non sono campi. Esercizio 2.2.12. Sia A un anello. Si dimostri che per ogni x ∈ A si ha 0x = 0. Soluzione. Sia x ∈ A e sia y = 0x. Si deve dimostrare che y = 0. 0 = y − y = 0x − y = (0 + 0)x − y = 0x + 0x − y = y + y − y = y 2.3. ESERCIZI 14 Esercizio 2.2.13. Sia A un anello commutativo con unit` a e con almeno due elementi. Si dimostri che 1 6= 0. Soluzione. Per l’esercizio precedente, se avessimo 1 = 0 avremmo, per ogni x ∈ A, 0 = 0x = 1x = x. Se ne dedurrebbe quindi che ogni x `e uguale a zero. Ma siccome in A ci sono almeno due elementi, almeno uno dei due `e diverso da zero. Esercizio 2.2.14. Sia A un anello. Si dimostri che per ogni x ∈ A si ha (−1)x = −x. Soluzione. Per ogni x ∈ A si ha x + (−1)x = 1x + (−1)x = (1 − 1)x = 0x = 0. 2.3. Esercizi Esercizio 2.3.1. Dimostrare tutte le affermazioni contenute negli esempi precedenti. Esercizio 2.3.2. Dimostrare che un Anello con almeno due elementi non `e mai un gruppo rispetto alla moltiplicazione. Esercizio 2.3.3. Sia K un campo e siano x, y ∈ K entrambi diversi da zero. Dimostrare che xy 6= 0. Esercizio 2.3.4. Sia K un campo e sia X ⊂ K un sottoinsieme chiuso rispetto alle operazioni di somma prodotto opposto e inverso. Dimostrare che X `e un campo. Esercizio 2.3.5. Si dia un esempio di Gruppo che non sia uno di quelli dati in precedenza. Esercizio 2.3.6. Si dia un esempio di Anello che non sia uno di quelli dati in precedenza. Esercizio 2.3.7. Si dia un esempio di Campo che non sia uno di quelli dati in precedenza. Esercizio 2.3.8. Si dia un esempio di un insieme con operazione che non sia un Gruppo e che non sia uno di quelli dati in precedenza. Esercizio 2.3.9. Si dia un esempio di un insieme dotato di due operazioni che non sia un Anello e che non sia uno di quelli dati in precedenza. Esercizio 2.3.10. Si dia un esempio di un insieme dotato di due operazioni che non sia un Campo e che non sia uno di quelli dati in precedenza. Esercizio 2.3.11. Si dia un esempio di operazione non commutativa che non sia una di quelle date in precedenza. Esercizio 2.3.12. Fattorizzare in C[x] il polinomio x4 + x3 + 2x2 + x + 1. Esercizio 2.3.13. Fattorizzare in R[x] il polinomio x4 + x3 + 2x2 + x + 1. Esercizio 2.3.14. Fattorizzare in C[x] il polinomio x3 + (i − 2)x2 + (1 − 2i)x + i. Esercizio 2.3.15. Fattorizzare in R[x] e C[x] i polinomi x6 − 1 x6 + 1 x5 + 1 Esercizio 2.3.16. Fattorizzare in C[z] i polinomi z2 − i z2 + i x4 − 1 z3 − 1 − i x3 + 1 2.3. ESERCIZI 15 Esercizio 2.3.17. Dimostrare che il grado del prodotto di due polinomi `e la somma dei loro gradi. Esercizio 2.3.18. Dimostrare che il grado della somma di due polinomi `e minore o uguale del maggiore dei loro gradi. Dare un esempio in cui il grado della somma di due polinomi `e strettamente minore dei loro gradi. SCHEDA 3 Spazi vettoriali 3.1. Richiami di teoria Definizione 3.1.1. Sia K un campo. Un insieme V dotato di una somma interna + : V × V → V e di un prodotto misto · : K × V → V si dice spazio vettoriale su K se sono soddisfatte le seguenti condizioni (useremo la notazione contratta del prodotto: av per a · v) (1) (V, +) `e un gruppo abeliano; (2) ∀v, w ∈ V e ∀λ ∈ K si ha: λ(v + w) = λv + λw; (3) ∀a, b ∈ K e ∀v ∈ V si ha: (a + b)v = av + bv; (4) ∀x, y ∈ K e ∀v ∈ V si ha: x(yv) = (xy)v; (5) ∀v ∈ V si ha 1v = v. Gli elementi di V si chiamano di solito vettori. Gli elementi di K si chiamano usualmente scalari e il prodotto misto si chiama talvolta “prodotto scalare per vettore” o “prodotto per scalare”. Definizione 3.1.2. Un sottoinsieme W di uno spazio vettoriale V si dice sottospazio vettoriale di V , e si scrive W < V se W `e chiuso per somma e prodotto. Cio`e se (1) ∀v, w ∈ W si ha v + w ∈ W ; (2) ∀w ∈ W e ∀λ ∈ K si ha λw ∈ W . ATTENZIONE: ci sono in giro quattro operazioni! La somma di K, la somma di V , il prodotto di K ed il prodotto misto. Entrambe le somme sono denotate con + e per entrambi i prodotti si usa la notazione contratta: λµ e λv ove λ, µ ∈ K e v ∈ V . In oltre ci sono due zeri: lo zero di K e lo zero di V . Sono due cose diverse, ma si denotano entrambi con il simbolo 0. Definizione 3.1.3. Sia K un campo. Definiamo Kn = {(x1 , . . . , xn ) : xi ∈ K ∀i} come l’insieme delle n-uple ordinate di elementi di K. Su di esso definiamo le operazioni (x1 , . . . , xn ) + (y1 , . . . , yn ) = (x1 + y1 , . . . , xn + yn ) λ(x1 , . . . , xn ) = (λx1 , . . . , λxn ). Con tali operazioni Kn `e uno spazio vettoriale su K. Le operazioni di somma su R2 ed R3 si visualizzano graficamente usando la regola del parallelogramma. Analogamente la moltiplicazione di un vettore di R2 o R3 per un numero reale λ `e l’usuale moltiplicazione che non cambia direzione n´e verso, ma riscala il modulo di un fattore λ. 16 3.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 17 Definizione 3.1.4. Sia K un campo e X un insieme. Definiamo KX = {f : X → K} come l’insieme di tutte le funzioni da X a K. Su di esso definiamo le operazioni f + g e λf (con f, g ∈ KX e λ ∈ K) (f + g)(x) = f (x) + g(x) (λf )(x) = λf (x). Con tali operazioni KX risulta uno spazio vettoriale su K. L’insieme dei polinomi K[x] potrebbe anche essere visto come sottospazio vettoriale di KK , ma in tal caso sarebbe pi` u opportuno parlare di funzioni polinomiali. L’anello dei polinomi ha invece una sua struttura vettoriale propria, ottenuta definendo le operazioni come segue. Definizione 3.1.5. Su K[x] si definiscono le operazioni X X X X X ai x i + bi xi = (ai + bi )xi λ( ai x i ) = λai xi . i i i i Con tali operazioni K[x] risulta uno spazio vettoriale su K. 3.2. Esempi ed esercizi svolti Esempio 3.2.1. Lo spazio delle funzioni da R in s´e `e uno spazio vettoriale su R. Esempio 3.2.2. Lo spazio delle funzioni da R in C `e uno spazio vettoriale su C. Esempio 3.2.3. C `e uno spazio vettoriale su C. Esempio 3.2.4. C `e uno spazio vettoriale su R. Esempio 3.2.5. C `e uno spazio vettoriale su Q. Esempio 3.2.6. R `e uno spazio vettoriale su Q. Esercizio 3.2.7. Sia V uno spazio vettoriale su K e sia v ∈ V un elemento fissato. Siano w1 , w2 ∈ V tali che w1 + v = w2 + v. Si dimostri che w1 = w2 . Soluzione. w1 = w1 + v − v = w2 + v − v = w2 Esercizio 3.2.8. Sia V uno spazio vettoriale su K e sia v ∈ V un elemento fissato. Sia w ∈ V tale che w + v = v. Si dimostri che w = 0 (lo zero di V ). Soluzione. w =w+v−v =v−v =0 Esercizio 3.2.9. Sia V uno spazio vettoriale su K. Si dimostri che per ogni v ∈ V si ha 0v = 0 (ove il primo zero `e lo zero di K mentre il secondo zero `e lo zero di V .) 3.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 18 Soluzione. 0v = 0v + v − v = 0v + v − v = 0v + 1v − v = (0 + 1)v − v = 1v − v = v − v = 0 Esercizio 3.2.10. Sia V uno spazio vettoriale su K e siano W1 e W2 due sottospazi di V . Dimostrare che W1 ∩ W2 `e sempre un sottospazio vettoriale di V , mentre in generale W1 ∪ W2 non lo `e. Soluzione. Per dimostrare che W1 ∩ W2 `e sottospazio di V si deve controllare che sia chiuso per somma e prodotto. Siano v, w ∈ W1 ∩ W2 e sia λ ∈ K. Allora entrambi v e w appartengono sia a W1 che a W2 . Siccome W1 e W2 sono chiusi per somma e prodotto si ha v + w ∈ W1 v + w ∈ W2 e λv ∈ W1 λv ∈ W2 ; ergo v + w ∈ W1 ∩ W2 λv ∈ W1 ∩ W2 quindi W1 ∩ W2 `e chiuso per somma e prodotto ed `e dunque un sottospazio vettoriale di V. D’altronde, se consideriamo W1 = {(x, y) ∈ R2 : x = 0} e W2 = {(x, y) ∈ R2 : y = 0}, entrambi sono sottospazi di R2 (perch´e?) ma W1 ∪ W2 non lo `e. Infatti (1, 0) ∈ W1 ∪ W2 e (0, 1) ∈ W1 ∪ W2 ma (1, 1) = (1, 0) + (0, 1) non appartiene a W1 ∪ W2 . Esempio 3.2.11. L’insieme K=2 [x] non `e un sottospazio di K[x]. Infatti, detti p = 1 + x − x2 e q = x2 si ha p + q = 1 + x che non sta in K=2 [x]. Esempio 3.2.12. L’insieme {(x, y) ∈ R2 : xy = 0} non `e un sottospazio vettoriale di R2 (perch´e?). Esempio 3.2.13. L’insieme {(x, y) ∈ R2 : x = y} `e un sottospazio vettoriale di R2 (perch´e?). Esercizio 3.2.14. Sia K un campo con un numero infinito di elementi e sia V uno spazio vettoriale su K. Dimostrare che o V ha un solo elemento, oppure V ha infiniti elementi. Soluzione. Se V ha almeno due elementi, allora esiste v ∈ V con v 6= 0. Siano λ1 , λ2 , λ3 , . . . infiniti elementi di K distinti tra loro. Consideriamo i vettori v i = λi v Se esistesse i 6= j tale che vi = vj allora avremmo λi v = λj v da cui (λi − λj )v = 0 da cui, visto che λi 6= λj , si ottiene v = 0, contrariamente all’ipotesi v 6= 0. Ne segue che i vi sono infiniti vettori di V tutti distinti tra loro. Esempio 3.2.15. (Z/2Z)n ha 2n elementi. 3.3. ESERCIZI 19 Esempio 3.2.16. Rn ha infiniti elementi se n ≥ 1 ed un solo elemento se n = 0. Lo stesso vale per Qn e Cn . Esempio 3.2.17. (Z/2Z)N ha infiniti elementi. 3.3. Esercizi Esercizio 3.3.1. Sia V uno spazio vettoriale su K. Si dimostri che per ogni x ∈ K si ha x0 = 0 (ove entrambi gli zeri sono lo zero di V .) Esercizio 3.3.2. Sia V uno spazio vettoriale su K. Si dimostri che per ogni v ∈ V si ha (−1)v = −v. Esercizio 3.3.3. Si dimostri che l’insieme delle funzioni polinomiali a coefficienti in Z/2Z, come sottoinsieme di Z/2ZZ/2Z `e un sottospazio vettoriale. Si dimostri che tale spazio vettoriale `e diverso da Z/2Z[x] come spazio di polinomi. (Suggerimento: lo spazio delle funzioni da Z/2Z in Z/2Z `e finito.) Esercizio 3.3.4. Sia R2 con la somma usuale, ma col seguente prodotto misto: λ ◦ (x, y) = (λx, 0). Si dimostri che (R2 , +, ◦) non `e uno spazio vettoriale su R indicando quale condizione non `e rispettata. Esercizio 3.3.5. Si dimostri che per ogni n ∈ N si ha K≤n [x] < K[x]. Esercizio 3.3.6. Si dimostri che se W `e un sottospazio di uno spazio vettoriale V allora 0 ∈ W. Esercizio 3.3.7. Sia V uno spazio vettoriale su un campo K e sia X < K un campo. Si dimostri che V `e uno spazio vettoriale su X (con le operazioni originali). Esercizio 3.3.8. Sia C come spazio vettoriale su C. Si dimostri che R ⊂ C non `e un sottospazio di C. Esercizio 3.3.9. Sia C come spazio vettoriale su R. Si dimostri che R ⊂ C `e un sottospazio di C. Esercizio 3.3.10. Sia V ⊂ Kn l’insieme definito da V = {(x1 , x2 , . . . , xn ) ∈ Kn : x1 = 0}. Ai dimostri che V `e un sottospazio vettoriale di Kn . Esercizio 3.3.11. Sia V ⊂ Kn l’insieme definito da V = {(x1 , x2 , . . . , xn ) ∈ Kn : x1 = 1}. Ai dimostri che V non `e un sottospazio vettoriale di Kn . 3.3. ESERCIZI 20 Esercizio 3.3.12. Si dica se l’insieme {(x, y) ∈ R2 : x2 − y 2 = 1} sia un sottospazio vettoriale di R2 . Esercizio 3.3.13. Si dica se l’insieme {(x, y) ∈ R2 : x2 − y 2 = 0} sia un sottospazio vettoriale di R2 . Esercizio 3.3.14. Si dica se l’insieme {(x, y) ∈ R2 : y = x2 } sia un sottospazio vettoriale di R2 . Esercizio 3.3.15. Si dica se l’insieme {(x, y) ∈ R2 : y = x2 + 1} sia un sottospazio vettoriale di R2 . Esercizio 3.3.16. Si dica se l’insieme {(x, y) ∈ R2 : y = x + 1} sia un sottospazio vettoriale di R2 . Esercizio 3.3.17. Si dica se l’insieme {(z, w) ∈ C2 : z = w} ¯ sia un sottospazio di C2 . Esercizio 3.3.18. Si dica se l’insieme {(z, w) ∈ C2 : z = w} ¯ sia un sottospazio di C2 , questa volta considerato come spazio vettoriale su R. Esercizio 3.3.19. Si dica se V = {f : R → R : f (1) = 0} sia un sottospazio vettoriale di RR . Esercizio 3.3.20. Si dica se V = {f : R → R : f (0) = 1} sia un sottospazio vettoriale di RR . Esercizio 3.3.21. Si dica se V = {f : R → R : f `e dispari } sia un sottospazio vettoriale di RR . Esercizio 3.3.22. Si dica se V = {f : R → R : f `e dispari } sia un sottospazio vettoriale di RR . Esercizio 3.3.23. Si dica se V = {f : R → R : f ′ = 1} sia un sottospazio vettoriale di RR . Esercizio 3.3.24. Si dica se V = {f : R → R : f ′ = 0} sia un sottospazio vettoriale di RR . 3.3. ESERCIZI 21 Esercizio 3.3.25. Si dica se V = {f : R → C : f ′ = f } sia un sottospazio vettoriale di RC . Esercizio 3.3.26. Si dica se l’insieme degli elementi (x1 , . . . , xn ) ∈ (Z/2Z)n che hanno un numero pari di 1 sia un sottospazio vettoriale di (Z/2Z)n . Esercizio 3.3.27. Si dica se l’insieme degli elementi (x1 , . . . , xn ) ∈ (Z/2Z)n che hanno un numero dispari di 1 sia un sottospazio vettoriale di (Z/2Z)n . SCHEDA 4 Sistemi di equazioni lineari, risoluzione per sostituzione 4.1. Richiami di teoria Sia K un campo fissato. Un’equazione lineare in n variabili (le “incognite”) a coefficienti in K `e un’equazione del tipo: a1 x 1 + a2 x 2 + · · · + an x n = b Ove le xi sono le variabili ed i coefficienti ai e b sono numeri di K. Il coefficiente b si chiama spesso “termine noto”. L’equazione si dice omogenea se b = 0. Il nome che si da ai coefficienti e le variabili `e irrilevante. L’importante `e che sia chiaro dal contesto chi siano le variabili e chi i coefficienti. Se non `e chiaro dal contesto, si devono specificare, elencandole, le variabili. Lo stesso vale per il campo K: spesso `e chiaro dal contesto, ma se non lo `e lo si deve specificare. Talvolta un’equazione `e data con le variabili un po’ a destra e un po’ a sinistra dell’uguale, come nell’equazione di una retta y = mx + q, che `e un’equazione lineare in (x, y). Normalmente si suole “portare” tutte le variabili a sinistra del simbolo di uguaglianza lasciando solo il termine noto, se c’` e, a destra. P Una soluzione dell’equazione ai xi = b `e un elemento (x1 , . . . , xn ) ∈ Kn tale che valga a1 x1 + a2 x2 + · · · + an xn = b. Se a1 6= 0, tutte le soluzioni di tale equazione si trovano ricavando x1 in funzione delle altre variabili: −a2 x2 − · · · − an xn + b x1 = a1 per cui tutte le soluzioni dell’equazione sono della forma ( −a2 x2 − · · · − an xn + b , x2 , . . . , xn ). a1 Nulla impedisce che si ricavi un’altra variabile, per esempio x2 , in funzione delle altre, a patto che a2 6= 0. Quindi, se anche a2 6= 0, tutte le soluzioni si possono esprimere oltre alla forma di cui sopra, anche come (x1 , −a1 x1 − a3 x3 − · · · − an xn + b , x3 , . . . , xn ). a2 22 4.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 23 Un sistema lineare di m equazioni in n variabili `e un sistema del tipo: a11 x1 + a12 x2 + · · · + a1n xn = b1 a x + a x + ··· + a x = b 21 1 22 2 2n n 2 .. . am1 x1 + am2 x2 + · · · + amn xn = bm Una soluzione di tale sistema `e un elemento di Kn che sia soluzione di tutte le equazioni del sistema. Il sistema si dice omogeneo se tutti i bi sono nulli; equivalentemente, se il vettore (b1 , . . . , bm ) ∈ Km `e il vettore nullo (si noti che m in generale `e diverso da n). Per trovare le soluzioni di un sistema di equazioni lineare si procede per sostituzioni successive. Si determina una variabile in funzione delle altre usando la prima equazione e si sostituisce il risultato in tutte le equazioni successive. Tali equazioni adesso risultano (m − 1) equazioni in (n − 1) incognite. Si procede determinando una seconda variabile in funzione delle altre e sostituendo nelle equazioni successive. Si continua cos´ı sino all’ultima equazione. Adesso si procede con sostituzioni “dal basso verso l’alto” cio`e dall’ultima equazione verso la prima. Si usa l’ultima equazione rimasta per determinare una variabile in funzione delle altre, si sostituisce il risultato in tutte le equazioni precedenti e si ripete la procedura con la penultima equazione, e cos´ı via sino alla prima. Alla fine avremo ottenuto un po’ di variabili in funzione di altre, le cosiddette “variabili libere”. Il numero di variabili libere `e comunemente chiamato numero di gradi di libert`a. La descrizione delle soluzioni che otteniamo dipende dalle scelte fatte (quali variabili isolare rispetto ad altre) ma l’insieme delle soluzioni `e intrinsecamente definito. 4.2. Esempi ed esercizi svolti Esempio 4.2.1. L’equazione x+y+z =0 `e un’equazione lineare omogenea in tre variabili (x, y, z) a coefficienti reali. Pu` o essere considerata anche come equazione a coefficienti in Q, C, Z/2Z. Le triple (0, 0, 0), (1, 0, −1), (0, −1, 1), (3, −5, 2) sono alcune soluzioni di tale equazione. Esempio 4.2.2. L’equazione y = x2 non `e un’equazione lineare. Esempio 4.2.3. L’equazione non `e un’equazione lineare in (x, y). xy − x = 0 Esempio 4.2.4. L’equazione x+y+z =i 4.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 24 `e un’equazione lineare omogenea in tre variabili (x, y, z) a coefficienti complessi. Le triple (1, i, −1), (0, 0, i), (1+i, 2−5i, −3+5i), (−1+2i, 3−3i, −2+2i) sono alcune delle soluzioni di tale equazione. Esempio 4.2.5. L’equazione 2x1 + x3 + x4 = 0 `e un’equazione lineare omogenea in quattro variabili (x1 , x2 , x3 , x4 ) a coefficienti reali. Il coefficiente di x2 `e zero. Tale equazione pu` o anche essere considerata un’equazione nelle 6 variabili (x1 , x2 , x3 , x4 , x5 , x6 ) con i coefficienti di x2 , x5 , x6 nulli. Pu` o anche essere considerata semplicemente un’equazione lineare nelle tre variabili (x1 , x3 , x4 ). Esempio 4.2.6. L’equazione x = y `e equivalente a x − y = 0 che `e un’equazione lineare omogenea in (x, y). Esempio 4.2.7. L’equazione λ2 x + 2y = λ non `e un’equazione lineare nelle variabili (x, y, λ) mentre `e lineare nelle variabili (x, y) e in tal caso i coefficienti ed il termine noto sono espressi in funzione del parametro λ. Esercizio 4.2.8. Risolvere il sistema x+y+z =1 Soluzione. x+y+z =1 x−y+z =0 x+y =1 La soluzione `e dunque x−y+z =0 x+y =1 x=1−y−z 1−y−z−y+z =0 1−y−z+y =1 x=1−y−z 2y = 1 z=0 x = 1/2 y = 1/2 z=0 (1/2, 1/2, 0) Esercizio 4.2.9. Risolvere il sistema x+y+z =1 x−t+z =0 x+y =1 Soluzione. Le variabili sono (x, y, z, t). Procediamo con la sostituzione “dall’alto verso il basso” 4.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI x+y+z =1 x−t+z =0 x+y =1 x=1−y−z 1−y−z−t+z =0 1−y−z+y =1 25 x=1−y−z t=1−y z=0 L’unica sostituzione che dobbiamo fare “verso l’alto” `e la z, ottenendo le soluzioni in funzione della variabile libera y. x=1−y {(1 − y, y, 0, 1 − y)} t=1−y z=0 Ma avremmo anche potuto procedere come segue: y =1−x−z x+y+z =1 x−t+z =0 x+y =1 y =1−x−z x=t−z x−t+z =0 x+1−x−z =1 z =0 Adesso procediamo con la sostituzione “verso l’alto”: y =1−t y =1−x x=t x=t z=0 z=0 Le soluzioni si possono quindi scrivere in funzione della variabile libera t come {(t, 1 − t, 0, t) : t ∈ K}. Esercizio 4.2.10. Risolvere il siltema 2x − y + z = 1 Soluzione. 2x − y + z = 1 x+y−z =0 x − 2y + 2z = 1 x = (1 + y − z)/2 (1 + y − z)/2 + y − z = 0 x+y−z =0 x − 2y + 2z = 1 (1 + y − z)/2 − 2y + 2z = 1 x = (1 + y − z)/2 1/2 + 3y/2 − 3z/2 = 0 −3y/2 + 3z/2 = 1/2 4.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI x = (1 + y − z)/2 1 + 3y − 3z = 0 −3y + 3z = 1 x = (1 + y − z)/2 x = (1 + y − z)/2 x = (1 + y − z)/2 y = z − 1/3 y = z − 1/3 y = z − 1/3 −3(z − 1/3) + 3z = 1 −3z + 1 + 3z = 1 0 = 0 Sostituendo “verso l’alto” x = 1/2 + y/2 − z/2 x = 1/2 + (z − 1/3)/2 − z/2 y = z − 1/3 0=0 26 y = z − 1/3 0=0 x = 1/2 − 1/6 y = z − 1/3 0=0 x = 1/3 y = z − 1/3 0=0 Le soluzioni in R3 sono quini descritte in funzione della variabile libera z come {(1/3, z − 1/3, z) : z ∈ R}. Esercizio 4.2.11. Risolvere il siltema 2x − y + z = 1 Soluzione. x+y−z =0 x − 2y + 2z = 0 2x − y + z = 1 x+y−z =0 x − 2y + 2z = 0 y = 2x + z − 1 x + 2x + z − 1 − z = 0 x − 4x − 2z + 2 + 2z = 0 y = 2x + z − 1 3x = 1 −3x = 2 y = 2x + z − 1 3x = 1 −1 = 2 L’ultima equazione `e contraddittoria quindi il sistema non ha soluzione. Esercizio 4.2.12. Risolvere il seguente sistema dipendente dal parametro λ x + λy − z = 1 x−y =0 4.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 27 Soluzione. x + λy − z = 1 x = −λy + z + 1 x = −λy + z + 1 x = −λy + z + 1 x−y =0 x−y =0 −λy + z + 1 − y = 0 z − (λ + 1)y = 0 x = −λy + z + 1 x = −λy + (λ + 1)y + 1 x = y + 1 z = (λ + 1)y z = (λ + 1)y z = (λ + 1)y Le soluzioni si possono quindi esprimere in funzione della variabile libera y e del parametro λ come tutte le triple della forma (y + 1, y, (λ + 1)y) Esercizio 4.2.13. Risolvere in (Z/2Z)3 il sistema x−y+z =0 x+y+z =1 Soluzione. x−y+z =0 x=y+z x=y+z x=y+z x+y+z =1 x+y+z =1 y+z+y+z =1 0=1 e quindi il sistema non ha soluzione. Esercizio 4.2.14. Risolvere in (Z/2Z)3 il sistema x−y =0 x+y+z =1 Soluzione. x−y =0 x=y x=y x=y x+y+z =1 x+y+z =1 y+y+z =1 z =1 e quindi le soluzioni del sistema si possono esprimere in funzione della variabile libera y come (y, y, 1) e sono dunque due (perch´e y pu`o assumere solo due valori): (0, 0, 1) e (1, 1, 1). 4.3. ESERCIZI 4.3. Esercizi Esercizio 4.3.1. Risolvere il sistema x +x =1 1 2 x2 − x1 = 1 Esercizio 4.3.2. Risolvere il sistema 2x1 + x2 − x4 = 0 x2 − 3x3 = 0 x1 + x4 = 0 Esercizio 4.3.3. Risolvere il sistema ix1 − x2 + (i − 2i)x3 = 0 x2 + x3 = 0 (i + 1)x1 − ix2 + x3 = 0 Esercizio 4.3.4. Risolvere in (Z/2Z)4 il sistema x+y+z =0 x−y−t=1 z−y−y =0 Esercizio 4.3.5. Risolvere il sistema x+y+z+t=1 x−y+z−t=0 2x + 2z = 1 x−y−z−t=0 Esercizio 4.3.6. Risolvere il sistema x+y+z+t=1 x−y+z−t=0 2x + 2z = 1 x + 3y + z + 3t = 1 28 4.3. ESERCIZI Esercizio 4.3.7. Risolvere il sistema x1 + x2 + x3 = 0 x −x =0 4 3 3x1 − 2x2 = 1 x5 − x6 = 0 Esercizio 4.3.8. Risolvere il sistema t−y =2 z+x=1 x+t+y =0 Esercizio 4.3.9. Risolvere il sistema √2x − y = 0 √ x + 2y = 3 Esercizio 4.3.10. Al variare dal parametro λ si discuta e si risolva il seguente sistema x(λ + 1) − yλ + z(λ − 1) = 0 y + λx = 0 x(λ2 + λ + 1) − z = 1 Esercizio 4.3.11. Al variare dal parametro λ si discuta e si risolva il seguente sistema 2 (λ − 1)x + 3y − z = 0 λy − x + λz = λ λ2 x + (3 − λ)y − z(1 + λ) = |λ| 29 SCHEDA 5 Matrici. Matrice associata a un sistema lineare 5.1. Richiami di teoria Una matrice m × n a coefficienti in K `e una tabella con m righe e n colonne le cui caselle sono occupate da numeri di K: a11 a12 . . . a1n a21 a22 . . . a2n A= . .. .. . . . . am1 am2 . . . amn In generale se su un libro trovate scritto Aij questo indica il posto i, j della matrice A. In notazione abbreviata, una matrice A si pu`o scrivere come A = Aij A = (aij ) Aij = aij L’insieme delle matrici m × n a coefficienti in K si denota con Mm×n (K). Su di esso si mettono due operazioni naturali che lo rendono uno spazio vettoriale su K. Se A = (aij ) e B = (bij ) si pone (A + B)ij = aij + bij (λA)ij = λaij ove λ ∈ K. In altre parole: a11 + b11 a12 + b12 . . . a1n + b1n a21 + b21 a22 + b22 . . . a2n + b2n A+B = .. .. .. . . . am1 + bm1 am2 + bm2 . . . amn + bmn e λa11 λa12 . . . λa21 λa22 . . . λA = .. .. . . λam1 λam2 . . . 30 λa1n λa2n .. . λamn 5.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 31 Una matrice 1 × n si chiama vettore riga. Una matrice m × 1 si chiama vettore colonna. Dato un sistema lineare di m equazioni in n variabili a11 x1 + a12 x2 + · · · + a1n xn = b1 a x + a x + ··· + a x = b 21 1 22 2 2n n 2 .. . am1 x1 + am2 x2 + · · · + amn xn = bm si definiscono le seguenti matrici associate al sistema: • La matrice dei coefficienti A = (aij ), che `e una matrice m×n (talvolta chiamata anche matrice incompleta). b 1 .. • Il vettore colonna b = . dei termini noti. bm • La matrice completa (A|b) che si ottiene aggiungendo ad A la colonna b. 5.2. Esempi ed esercizi svolti Esempio 5.2.1. Dato il sistema x+y+z =1 x − y − 2z = 0 1 1 1 1 , la colonna dei termini noti `e , la matrice La matrice dei coefficienti `e 0 1 −1 −2 1 1 1 | 1 . completa `e 1 −1 −2 | 0 Esempio 5.2.2. Dato il sistema y+z =0 x − y − 2z = 0 5.3. ESERCIZI 32 0 0 1 1 , la colonna dei termini noti `e , la matrice La matrice dei coefficienti `e 0 1 −1 −2 0 1 1 | 0 . completa `e 1 −1 −2 | 0 Esempio 5.2.3. Dato il sistema z−x=1 y − 2(1 + i)z = 0 1 −1 0 1 , la colonna dei termini noti `e , la La matrice dei coefficienti `e 0 0 1 −2 − 2i −1 0 1 | 1 . matrice completa `e 0 1 −2 − 2i | 0 0 0 −1 −1 | 1 Esempio 5.2.4. Il sistema associato alla matrice completa 0 0 0 0 | 0 1 1 1 0 | 0 −x3 − x4 = 1 0=0 x1 + x2 + x3 = 0 5.3. Esercizi Esercizio 5.3.1. Scrivere le matrici associate al sistema x − 2y + z + t = 1 y=x z−x+t=2 Esercizio 5.3.2. Scrivere le matrici associate al sistema x+y =0 x+y+z =1 z=0 5.3. ESERCIZI 33 Esercizio 5.3.3. Scrivere le matrici associate al sistema x1 + x2 + x3 = x4 x4 + x5 = 6 x6 = 0 Esercizio 5.3.4. Scrivere le matrici associate al sistema λ x + λy − z = e x−y =0 λ=z Esercizio 5.3.5. Scrivere le matrici associate al sistema x = x2 1 x2 = x3 x3 = x1 Esercizio 5.3.6. Scrivere le matrici associate al sistema 0=0 0=1 Esercizio 5.3.7. Scrivere le matrici associate al sistema x+y+z =1 x+y+z =1 Esercizio 5.3.8. Scrivere le matrici associate al sistema x1 − 2x2 + x3 = 1 x3 − ix2 + x1 = 0 ix2 + x2 = 0 Esercizio 5.3.9. Scrivere il sistema associato alla matrice completa 1 2 3 | 4 5 6 7 | 8 0 1 0 | 1 Esercizio 5.3.10. Scrivere il sistema associato alla matrice completa 1 0 1 | 0 5.3. ESERCIZI 0 0 Esercizio 5.3.11. Scrivere il sistema associato alla matrice completa 0 −1 0 0 Esercizio 5.3.12. Scrivere il sistema associato alla matrice completa 0 0 34 1 −1 | −1 1 0 0 | 0 0 | 0 | 0 SCHEDA 6 Operazioni elementari sulle righe, riduzione a scala e rango, Rouch´ e Capelli 6.1. Richiami di teoria Le operazioni elementari sulle righe di una matrice sono: (1) Scambiare tra di loro due righe; (2) Moltiplicare una riga per λ 6= 0; (3) Sommare ad una riga un multiplo di un’altra riga. Matrici ottenute l’una dall’altra tramite operazioni elementari sulle righe producono sistemi equivalenti, cio`e con le stesse soluzioni. Una matrice si dice ridotta a scala se `e della forma 1 * ... 1 * ... 1 * ... 1 * ... Dove “sotto la scala” ci sono solo 0, “sopra la scala” ci pu`o essere qualsiasi cosa a patto che “sugli scalini” ci siano degli 1. Molti testi chiamano una matrice ridotta a scala se sugli scalini c’`e un numero diverso da zero. In sostanza questa non `e una differenza fondamentale per le cose che contano e in molti casi potremo considerare matrici a scala anche quelle con “scalini” diversi da 1. Gli “scalini” devono essere “alti” uno e possono essere lunghi quanto vogliono. Vedere la sezione esempi. Fatto: il numero di scalini di una matrice ridotta a scala non eccede n´e il numero di righe n´e quello delle colonne. Teorema 6.1.1. Ogni matrice A ammette una riduzione a scala. Il numero di righe non nulle della riduzione a scala di A dipende solo da A e si chiama rango di A. Teorema 6.1.2 (Rouch´e-Capelli, versione β). Un sistema lineare in n incognite, con matrice completa (A|b) ammette soluzione se e solo se rango(A) = rango(A|b). In oltre l’insieme delle soluzioni `e descritto da un numero di parametri pari a n − rango(A). (Si noti che n `e il numero delle incognitie, quindi il numero delle colonne di A.) 35 6.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI Esempio 6.2.1. La Esempio 6.2.2. La Esempio 6.2.3. La Esempio 6.2.4. La Esempio 6.2.5. La Esempio 6.2.6. La Esempio 6.2.7. La Esempio 6.2.8. La 6.2. 1 matrice 0 0 1 matrice 0 0 1 matrice 0 0 0 matrice 0 0 0 matrice 0 0 0 matrice 0 1 0 matrice 0 1 1 matrice 1 0 Esempi ed esercizi svolti 2 1 1 0 `e ridotta a scala. 0 1 0 0 1 0 `e ridotta a scala. 0 1 1 1 0 0 1 6 `e ridotta a scala. 0 0 0 0 1 1 0 1 0 0 0 1 0 `e ridotta a scala. 0 0 0 0 1 1 2 0 1 0 0 0 1 0 1 `e ridotta a scala. 0 0 0 1 2 1 2 0 1 0 0 0 1 0 1 non `e ridotta a scala. 0 0 0 1 2 0 1 1 1 non `e ridotta a scala. 1 1 0 0 0 1 non `e ridotta a scala. 0 1 36 6.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 37 0 0 0 0 Esempio 6.2.9. La matrice 0 1 2 2 non `e ridotta a scala. 0 0 1 3 0 1 0 0 Esempio 6.2.10. La matrice 0 1 2 2 non `e ridotta a scala. 0 0 1 3 Esercizio 6.2.11. Al variare del parametro k si discuta la risolubilit` a del seguente sistema x + ky − z = 1 2x − (k 2 + 1)y + kz = 0 (k + 1)2 y − (k + 1)z = 0 Soluzione. La matrice completa del sistema `e k −1 1 1 2 −k 2 − 1 k 0 0 (k + 1)2 −k − 1 0 sottraendo il doppio della prima riga alla seconda si ottiene 1 k −1 1 0 −k 2 − 2k − 1 k − 2 −2 2 0 (k + 1) −k − 1 0 sommando la seconda riga alla terza si ottiene k −1 1 1 0 −(k + 1)2 k − 2 −2 0 0 −3 −2 Se k 6= −1 allora la matrice `e ridotta a scala (anche se negli scalini non c’`e un 1) e si ha rango(A) = rango(A|b) = 3 quindi c’`e un unica soluzione (perch´e n = 3). Se k = −1 l’ultima matrice `e 1 −1 −1 1 0 0 −3 −2 0 0 −3 −2 6.3. ESERCIZI e sottraendo la seconda riga alla terza si 1 −1 0 0 0 0 38 ottiene −1 1 −3 −2 0 0 Quindi rango(A) = rango(A|b) = 2 e ci sono infinite soluzioni parametrizzate da un parametro. 6.3. Esercizi Esercizio 6.3.1. Si calcoli il rango di 1 −1 2 0 2 A = 0 0 0 0 0 3 1 0 0 0 Esercizio 6.3.2. Si calcoli il rango di 1 0 A= 3 1 0 2 0 0 2 0 0 0 0 0 1 1 Esercizio 6.3.3. Si calcoli il rango di 1 −1 2 0 2 0 1 0 2 1 A= 3 1 0 0 0 4 1 2 2 3 Esercizio 6.3.4. Si dica se il seguente sistema `e risolubile, da quanti parametri dipendono le eventuali soluzioni e, se possibile, lo si risolva. x1 − 2x2 + 3x3 − 4x4 = 5 −x1 + x2 − x3 + x4 = 1 x2 − 2x3 + 3x4 = 6 6.3. ESERCIZI 39 Esercizio 6.3.5. Si dica se il seguente sistema `e risolubile, da quanti parametri dipendono le eventuali soluzioni e, se possibile, lo si risolva. x1 − 2x2 + 3x3 − 4x4 = 5 −x1 + x2 − x3 + x4 = 1 x2 − 2x3 + 3x4 = −6 Esercizio 6.3.6. Si dica se il seguente sistema `e risolubile, da quanti parametri dipendono le eventuali soluzioni e, se possibile, lo si risolva. x1 − 2x2 + x3 = −1 −x + x − x − x = 0 1 2 3 4 x3 − 2x1 − 3x4 = 2 2x3 − x1 − 4x2 − 5x4 = −1 Esercizio 6.3.7. Quante soluzioni in (Z/2Z)3 hanno i seguenti sistemi? x+z =0 x+y+z =1 x+y+z =1 x−y =0 x−y =0 x−y−z =0 z=1 z=1 Esercizio 6.3.8. Al variare del parametro k ∈ C, si dica se il seguente sistema `e risolubile, da quanti parametri dipendono le eventuali soluzioni e, se possibile, lo si risolva. x + iy − z = 0 ix − y − z = i −z(1 + i) = k SCHEDA 7 Operazioni tra matrici 7.1. Richiami di teoria Definizione 7.1.1. La trasposta di una matrice m×n A = (aij ) `e la matrice n×m definita da (AT )ij = aji si noti che gli indici i, j sono stati scambiati. In altre parole le righe di AT sono le colonne di A e le colonne di AT sono le righe di A. In maniera tutt’altro che rigorosa, (si noti l’abbondanza di virgolette) l’operazione di trasposizione si pu`o visualizzare come una “riflessione” rispetto a uno “specchio” “a 45 gradi” posto “sotto” la matrice. 1 4 1 2 3 `e Esempio 7.1.2. La trasposta di 2 5 4 5 6 3 6 Teorema 7.1.3. Il rango di una matrice `e uguale al rango della sua trasposta. Definizione 7.1.4. La moltiplicazione riga per colonna di un vettore riga 1 × n per un vettore colonna n × 1 `e definito come b 1 . (a1 , . . . , an ) · .. = a1 b1 + · · · + an bn bn si noti che la moltiplicazione riga per colonna `e possibile solamente se la riga e la colonna hanno la stessa lunghezza/altezza. Definizione 7.1.5. Date due matrici A ∈ Mm×k (K) e B ∈ Mk×n si definisce il loro prodotto riga per colonna AB, che `e una matrice in Mm×n come la matrice che al posto ij ha il prodotto della riga i-esima di A per la colonna j-esima di B. Si noti che le dimensioni di A e B devono essere compatibili (la lunghezza di A deve essere uguale all’altezza di B). Il prodotto tra matrici `e un’operazione Mm×k (K) × Mk×n (K) → Mm×n (K) 40 7.1. RICHIAMI DI TEORIA 1 0 1 41 √2 0 −1 2 1/2 Esempio 7.1.6. Siano A = e B = 2 1 allora si ha 0 0 0 −2 2 0 1 0 0 2 −3 + 2√2 3 AB = 0 0 √ 2 1 Definizione 7.1.7. Una matrice in Mn×n (K) si dice quadrata di ordine n. L’operazione di prodotto tra matrici quadrate `e un’operazione associativa su Mn×n (K). L’insieme Mn×n (K) con la somma componente per componente e prodotto riga per colonna `e un anello. L’identit`a `e I = Id = Idn = Idn×n In altre parole 1 0 0 1 = 0 0 . .. .. . 0 ...0 1 (I)ij = 0 0 0 ... 0 0 ... 1 .. . 0 ... .. .. . . 0 0 0 0 0 0 .. . 1 i=j i 6= j Definizione 7.1.8. L’inversa di una matrice quadrata A ∈ Mn×n (K) `e una matrice B tale che AB = BA = I L’inversa di A si denota comunemente con A−1 . Teorema 7.1.9. Una matrice quadrata A ∈ Mn×n (K) `e invertibile se e solo se il sistema AX = b ha un’unica soluzione (indipendentemente da b). Tale soluzione `e X = A−1 b. Corollario 7.1.10. Una matrice quadrata A ∈ Mn×n (K) `e invertibile se e solo se ha rango n. 7.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 42 Definizione 7.1.11. Data una matrice quadrata A, si definisce An come il prodotto di A per se stessa n volte. Si pone A0 = I. P Definizione 7.1.12. Dato p ∈ K[x], p = an xn si definisce X p(A) = an An . Teorema 7.1.13. Per ogni p, q ∈ K[x] e A ∈ Mn×n (K) si ha p(A)q(A) = q(A)p(A). 2 METODI PER TROVARE L’INVERSA: (1) Per trovare l’inversa di una matrice invertibile `e sufficiente risolvere il sistema AX = I ove X `e una matrice di incognite (avremo quindi n2 incognite). (2) Un’altro metodo `e quello della riduzione di Gauss-Jordan: Si forma la matrice (A|I), si riduce A all’identit´a tramite operazioni elementari sulle righe. A questo punto dal lato destro della matrice grande `e comparsa A−1 (A|I) −→ (I|A−1 ) 7.2. Esempi ed esercizi svolti Esempio 7.2.1. La trasposta di un vettore riga `e un vettore colonna, la trasposta di un vettore colonna `e un vettore riga. Esempio 7.2.2. Per ogni matrice A ∈ Mm×n (K) si ha (AT )T = A. Esercizio 7.2.3. Dimostrare che l’operazione di moltiplicazione riga per colonna `e associativa. Soluzione. Siano date tre matrici A ∈ Mn×m (K), A = (aij ), B ∈ Mm×k (K), B = (bij ), C ∈ Mk×r (K), C = (cij ). Si ha P P P P P ((AB)C)ij = kt=1 (AB)it ctj = kt=1 ( m a b )c = is st tj s=1 t s ais bst ctj = Pm s=1 ais ( Pk t=1 bst ctj ) = Pm s=1 ais (BC)sj = (A(BC))ij Esercizio 7.2.4. Dimostrare che l’operazione di moltiplicazione riga per colonna per matrici quadrate non `e in generale commutativa. 1 2 1 0 . Si ha eB= Soluzione. Siano A = 3 4 0 0 1 0 1 2 6= BA = AB = 3 0 0 0 7.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 43 Esercizio 7.2.5. Dimostrare che λA = (λI)A. Soluzione. Sia A = (aij ). (λA)ij = λaij = (λIA)ij = ((λI)A)ij . Esempio 7.2.6. L’operazione elementare “Riga i+λ Riga j” `e data dalla moltiplicazione a sinistra per la matrice I + λEij ove Eij `e la matrice che ha solo zeri tranne nel posto ij ove ha un 1 1 s = i, t = j (Eij )st = 0 altrimenti Esempio 7.2.7. L’operazione elementare “Colonna i+λ Colonna j” `e data dalla moltiplicazione a destra per la matrice la matrice I + λEji . Esempio 7.2.8. Un sistema lineare con matrice associata A e colonna dei termini noti b si esprime come AX = b x 1 .. ove X = . `e il vettore colonna delle incognite. xn Esercizio 7.2.9. Dimostrare che l’inversa di una matrice, se c’`e, `e unica. Soluzione. Sia A una matrice invertibile e siano M.N due inverse di A. Si ha M = M I = M (AN ) = M AN = (M A)N = IN = N. Esercizio 7.2.10. Trovare tutte le radici quadrate di I2 in M2×2 (C). x y una generica matrice. Dobbiamo risolvere X 2 = I cio`e Soluzione. Sia X = z t 2 x y x y x + yz xy + yt 1 0 = = z t z t zx + tz zy + t2 0 1 7.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 44 e quindi x2 + yz = 1 xy + yt = 0 zx + tz = 0 zy + t2 = 1 Questo non `e un sistema lineare, quindi non possiamo usare le tecniche dei sistemi lineari. La complessit`a delle equazioni per`o `e bassa e possiamo risolverlo a mano x2 + yz = 1 y(x + t) = 0 da cui oppure z(x + t) = 0 zy + t2 = 1 2 x + yz = 1 x2 + yz = 1 x = √1 − yz x = −t x = −t x = −t zy + t2 = 1 x2 + yz = 1 y=0 z=0 zy + t2 = 1 x2 = 1 y=0 z=0 2 t =1 x = ±1 y=0 z=0 t = ±1 Le soluzioni sono quindi 1 0 −1 0 −1 0 1 0 , , , 0 −1 0 −1 0 1 0 1 e tutte le matrici della forma con y, z parametri complessi. √ 1 − yz y √ z − 1 − yz 7.3. ESERCIZI 45 7.3. Esercizi Esercizio 7.3.1. Siano A, B due matrici moltiplicabili tra loro. Dimostrare che (AB)T = B T AT . Esercizio 7.3.2. Siano A, B due matrici quadrate dello stesso ordine e invertibili. Dimostrare che AB `e invertibile e che (AB)−1 = B −1 A−1 . Dimostrare che se AB `e invertibile allora sia A che B lo sono. Esercizio 7.3.3. Sia A una matrice quadrata. Dimostrare che A `e invertibile se e solo se AT lo `e e che (AT )−1 = (A−1 )T . Esercizio 7.3.4. Dimostrare che se A, B sono due matrici non nulle tali che AB = 0, allora nessuna delle due matrici A, B `e invertibile. Esercizio 7.3.5. Usando sia il metodo della risoluzione del sistema che quello di riduzione trovare, se esiste, l’inversa della matrice 1 2 3 0 1 0 1 0 1 Esercizio 7.3.6. Usando sia il metodo della risoluzione del sistema che quello di riduzione trovare, se esiste, l’inversa della matrice 1 2 3 0 1 1 1 0 1 Esercizio 7.3.7. Usando sia il metodo della risoluzione del sistema che quello di riduzione trovare, se esiste, l’inversa della matrice 1 0 3 0 0 1 1 0 1 Esercizio 7.3.8. Usando sia il metodo della risoluzione del sistema che quello di riduzione trovare, se esiste, l’inversa della matrice 1 0 3 0 0 0 1 2 1 7.3. ESERCIZI 46 Esercizio 7.3.9. Al variare dei parametri k, λ ∈ K trovare, se esiste, l’inversa della matrice k 0 0 0 λ 0 1 0 1 Esercizio 7.3.10. Sia A ∈ M3×2 (C). Dimostrare che AAT non `e mai invertibile. Esercizio 7.3.11. Esiste una matrice A ∈ M3×2 (C) tale che AT A sia invertibile? SCHEDA 8 Determinante 8.1. Richiami di teoria Il determinante di una matrice 2 × 2 `e a b a b = ad − bc. = det c d c d Data una matrice A ∈ Mn×n (K) si definisce Aij = Determinante della matrice (n − 1) × (n − 1) ottenuta cancellando da A la riga i e la colonna j Il determinante di una matrice n × n A = (aij ) si calcola per ricorrenza tramite la formula: det(A) = n X (−1)i+k aik Aik k=1 Tale formula si chiama sviluppo per la i-esima riga e non dipende dalla riga scelta. Equivalentemente, si pu`o scegliere di sviluppare per la i-esima colonna: det(A) = n X (−1)i+k aki Aki . k=1 Il determinante di matrici n × n ha le seguenti propriet`a: • det(A) = det(AT ). • det(A) 6= 0 se e solo se A `e invertibile (se e solo se il rango di A `e n). • det(AB) = det(A) det(B), det(I) = 1, det(A−1 ) = 1/ det(A). • Il determinante `e multilineare alternante sulle righe e sulle colonne: se A = (C1 . . . Cn ) ove Ci indica la colonna i-esima, λ ∈ K e C `e un qualsiasi vettore colonna, allora det(C1 . . . Ci + C . . . Cn ) = det(C1 . . . Cn ) + det(C1 . . . C . . . Cn ) det(C1 . . . λCi . . . Cn ) = λ det(C1 . . . Ci . . . Cn ) 47 8.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 48 e la stessa cosa vale per le righe. Alternante significa che se si scambiano due righe (o colonne) il determinante cambia segno. In particolare: • • • • • • • • • det(λA) = λn det(A). Se A ha una riga nulla allora det(A) = 0. Se A ha due righe uguali allora det(A) = 0. Se A ha due righe multiple l’una dell’altra allora det(A) = 0. Se una riga di A si esprime come somma di multipli di altre righe di A allora det(A) = 0 L’operazione elementare “Ri + λRj ” non cambia il determinante di una matrice. Il determinante di una matrice triangolare superiore —cio`e con zeri sotto la diagonale — (o inferiore — cio`e con zeri sopra la diagonale—) `e il prodotto degli elementi sulla diagonale. Il determinante si pu´o calcolare riducendo a scala A e tenendo conto dei contributi di tutte le operazioni elementari sulle righe. Tutto quanto detto per le righe vale anche per le colonne. 8.2. Esempi ed esercizi 1 2 Esempio 8.2.1. Il determinante della matrice 0 0 4 5 svolti 3 0 `e zero. 6 1 2 3 Esempio 8.2.2. Il determinante della matrice 1 2 3 `e zero. 4 5 6 1 2 3 Esempio 8.2.3. Il determinante della matrice 3 3 3 `e zero. 4 5 6 0 0 1 Esempio 8.2.4. Il determinante della matrice 0 1 0 `e −1. 1 0 0 8.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 49 2 0 0 Esempio 8.2.5. Il determinante della matrice 0 2 0 `e 23 = 8. 0 0 2 Esercizio 8.2.6. Dimostrare che in generale det(A + B) 6= det(A) + det(B). Soluzione. Sia A = I2 e B = −I2 . det(A) = det(B) = 1 ma A + B = 0 quindi det(A + B) = det(0) = 0 6= 2 = 1 + 1 = det(A) + det(B). Un’altro esempio `e questo: 0 0 1 0 , , A+B =I B= A= 0 1 0 0 e chiaramente det(A) = det(B) = 0 det(A + B) = det(I) = 1 6= 0 = det(A) + det(B). Esercizio 8.2.7. Si dica per quali valori del invertibile: 1 Ak = 0 k parametro k ∈ R la seguente matrice risulta Ne segue che Ak `e invertibile per ogni k 6= 2. Soluzione. 1 |Ak | = 0 k Per linearit`a 1 0 0 2 −1 = 0 0 1 k sulle colonne 1 0 1 2 −1 + 0 0 1 0 1 0 2 −1 0 1 abbiamo 1 0 1 0 2 −1 + = −k + 2 2 −1 = k 2 −1 0 1 0 1 Esercizio 8.2.8. Si dica per quali valori del parametro k ∈ C la seguente matrice risulta invertibile: 0 1 1 + k Ak = 0 i 1 + i k 0 i 8.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 50 Soluzione. Si ha 1 1 + k 1 1 0 k 0 0 0 |Ak | = 0 i 1 + i = 0 i 1 + i + 0 i 1 + i k 0 i k 0 i k 0 i 1 1 1 1 0 0 k 0 = 0 i 1 + i + 0 i 1 + i + k i 1 + i k 0 0 0 0 i 1 1 1 k 0 0 + i +k = k i 1 + i 0 i i 1 + i 1 0 1 1 + i = (k + k 2 )(1 + i) + i2 = k 2 (1 + i) + k(1 + i) − 1 = (k + k 2 ) i 1 + i 0 i Quindi la matrice Ak risulter`a invertibile per tutti i k tali che k 2 (1+i)+k(1+i)−1 6= 0. Tale polinomio si annulla per due valori di k: p √ −1 − i ± (1 + i)2 + 4(1 + i) −1 − i ± 6i + 4 = 2 + 2i 2 + 2i per tutti gli altri k, |Ak | `e invertibile. Esercizio 8.2.9. Si dica per quali valori del parametro k ∈ C la seguente matrice risulta invertibile: 1−k 1 0 Ak = 0 i − k 1 + i 0 0 i−k Soluzione. Si ha |Ak | = (1 − k)(i − k)2 quindi la matrice Ak `e invertibile per ogni k 6= 1, i. Esercizio 8.2.10. Sia A ∈ M2×2 (R). Si dimostri che esiste un k ∈ R tale the la matrice Ak = A − kI sia invertibile. Soluzione. Il determinante di Ak `e un polinomio in k di grado 2. Quindi ha al massimo due radici. Per tutti gli altri valori di k la matrice Ak `e invertibile. 8.3. ESERCIZI 51 8.3. Esercizi Esercizio 8.3.1. Calcolare il determinante di una matrice quadrata scelta da voi. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. . . 1−x 2 1 2 . Per quali valori di x la e sia Ax = Esercizio 8.3.2. Sia A = 2 1−x 2 1 matrice A risulta non invertibile? Detto p(x) = |Ax |, calcolare det(p(A)). Esercizio 8.3.3. Si dica per quali valori del parametro k ∈ C la seguente matrice risulta invertibile: 0 1 − k 1 Ak = 0 i i k 0 i−k Esercizio 8.3.4. Si dica per quanti valori del parametro k ∈ R la seguente matrice risulta non invertibile: 0 1 1 Ak = 0 1 1 k 0 1−k Esercizio 8.3.5. Si dica per quanti valori non invertibile: 1 1 0 k 1 1 Ak = 1 0 1 1 1 1 del parametro k ∈ R la seguente matrice risulta 1 1 1 1 0 k k k k k 0 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 0 1 1 1 1 1 0 1 1 1 1 1 1 1 0 1 8.3. ESERCIZI 52 Esercizio 8.3.6. Sia A ∈ M3×3 (R) tale che det(A) 6= 0. Sia B un’altra matrice in M3×3 (R). Si dimostri che esiste ε > 0 tale che per ogni x ∈ R con |x| < ε si ha det(A + xB) 6= 0. Esercizio 8.3.7. Sia A ∈ M3×3 (C) tale che A4 = I. Si dimostri che | det(A)| = 1. Si dia un esempio di tale matrice. Esercizio 8.3.8. Sia A ∈ Mn×n (R). Si dimostri che det(AAT ) ≥ 0. Esercizio 8.3.9. Sia v ∈ K n un vettore riga e sia A = v T v ∈ Mn×n (K). Si dimostri che det(A) = 0. Esercizio 8.3.10. Sia A ∈ M3×5 una matrice non quadrata. Sia B = AT A ∈ M5×5 (K). Si dimostri che det(B) = 0. SCHEDA 9 Inversa e rango tramite il determinante 9.1. Richiami di teoria Data una matrice A ∈ Mn×n (K), con le nostre convenzioni, la matrice dei cofattori di A `e definita come Cof (A)ij = (−1)i+j Aij . La regola dello sviluppo in riga/colonna del determinante si traduce nella formula Cof (A)T A = det(A)I da cui la formula per l’inversa A−1 = Cof (A)T |A| Questa `e nient’altro che quella che a volte si chiama la regola di Cramer: AX = b ⇔ X = A−1 b = Cof (A)T b |A| x 1 .. Se X = . = A−1 b usando lo sviluppo per colonna del determinante, si vede che xn T Cof (A) b ha come entrata i-esima il determinante della matrice ottenuta da A sostituendo la i-esima colonna con b (e quest’ultima `e in realt`a la forma pi´ u comune di enunciare la regola di Cramer). Definizione 9.1.1. Una sottomatrice di una matrice A `e una matrice che si ottiene da A cancellando alcune righe e alcune colonna. Un minore di ordine k una matrice A `e il determinante di una sua sottomatrice quadrata di ordine k. A seconda del libro la parola minore si riferisce solo alla sottomatrice quadrata per cui si parla di determinanti di minori. Nella nostra definizione la parola minore include il determinante. Nota: Un minore non `e solo un numero, ma quando parliamo di minore includiamo l’informazione sulle righe e colonne cancellate. Definizione 9.1.2. Sia A ∈ Mm×n (K) e sia M una sottomatrice k × k di A, ottenuta cancellando (m − k) righe e (n − k) colonne. Un’orlata di M `e una sottomatrice (n + 1) × 53 9.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 54 (n + 1) di A ottenuta cancellando una riga ed una colonna in meno rispetto ad M . Se m `e il minore det(M ) un orlato di m `e il determinante di una orlata di M . Teorema 9.1.3 (Teorema dei minori orlati). Sia A ∈ Mm×n (K): (1) Se A ha un minore non nullo di ordine k allora rango(A) ≥ k. (2) Se A ha un minore non nullo di ordine k i cui orlati siano tutti nulli allora rango(A) = k. 9.2. Esempi ed esercizi svolti Esercizio 9.2.1. Sia A ∈ Mn×n (K). Sia Cof (A) la matrice dei cofattori e siano C1 , . . . , Cn le sue colonne. Sia b un vettore colonna. Si dimostri che CkT b `e il determinante della matrice ottenuta da A sostituendo la colonna b al posto della colonna k-esima. Soluzione. Sia B la matrice ottenuta da A sostituendo la k-esima colonna con la colonna b. Consideriamo i cofattori B ij di B. Per j = k, i cofattori B ik coincidono con quelli Aik di A. Quindi la k-esima colonna di Cof (A) e quella di Cof (B) coincidono. Quindi CkT b `e esattamente lo sviluppo di det(B) secondo la k-esima colonna. Esercizio P9.2.2. Sia A una matrice quadrata di ordine n e siano C1 , . . . , Cn le sue colonne. Sia V = i λi Ci un vettore colonna. Calcolare det V C2 . . . Cn . Soluzione. Per linearit`a sulle colonne si ha P det V C2 . . . Cn = λi C i C 2 . . . = λ1 det(A). P Cn = i λi det Ci C2 . . . Cn Esercizio 9.2.3. Si calcoli la formula dell’inversa per una generica matrice invertibile 2 × 2. a b una matrice 2 × 2. Sappiamo che A `e invertibile se e Soluzione. Sia A = c d solo se det(A) = ad − cb 6= 0. La matrice dei cofattori `e d −c Cof (A) = −b a dunque l’inversa `e −1 a b d −b 1 = . ad − bc −c a c d 9.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 55 Esercizio 9.2.4. Si risolva, tramite il medoto di Cramer, il sistema AX = b con A = 1 2 e b = (1, 1)T . 3 4 Soluzione. Si ha 1 2 1 4 −1 Cof (A)T b |A| −1 = = X=A b= |A| 1 1 1 3 1 |A| Esercizio 9.2.5. Usando il metodo dei minori 0 1 1 0 A= 1 −1 −1 2 orlati, si calcoli il rango di i 1 0 2i 2 1 i 1 1 0 0 1 Soluzione. Il minore ottenuto dalle prime due righe e prime due colonne `e non nullo. Quindi la matrice ha rango almeno 2. I suoi orlati di ordine 3 sono sei: per aggiungere una riga e una colonna dobbiamo scegliere tra due righe (la terza e la quarta) e tre colonne (terza, quarta e quinta) e sono: 0 1 i 0 1 1 0 1 0 , , 1 0 2i 1 0 2 1 0 1 1 −1 i 1 −1 1 1 −1 1 0 1 i 0 1 1 0 1 0 1 0 2i , 1 0 2 , 1 0 1 −1 2 0 −1 2 0 −1 2 1 I primi tre sono tutti nulli perch`e la terza riga `e uguale alla seconda meno la prima (in tutti e tre i casi). Il quarto ed il quinto sono nulli perch´e in entrambi la terza riga `e uguale 9.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI al doppio della prima meno la seconda. L’ultimo minore `e non nullo: 0 1 0 1 1 = −2 1 0 1 = (−1) −1 1 −1 2 1 0 1 (sviluppo per la prima riga). Dunque A ha rango almeno 3. Gli orlati di 1 0 −1 2 due (abbiamo una sola riga da aggiungere e possiamo scegliere tra due colonne) e 0 1 i 0 0 1 1 1 0 2i 1 1 0 2 , 1 −1 i 1 1 −1 1 −1 2 0 1 −1 2 0 0 1 1 1 56 0 1 sono 1 sono ove il primo dei due `e i volte il secondo (per il fattore i presente nella terza colonna) quindi ci basta calcolare il secondo. Abbiamo 0 0 0 1 1 0 1 1 0 1 1 0 1 0 2 1 1 0 2 0 1 0 2 0 = = =0 1 −1 1 1 1 −1 1 0 0 −1 −1 0 −1 2 0 1 −1 2 0 2 −1 2 0 2 ove nel primo passaggio abbiamo sottratto la prima colonna alla quarta. Nel secondo passaggio abbiamo sottratto la seconda riga alla terza e l’ulitimo determinante `e nullo 0 1 0 perch´e la matrice ha due righe uguali. Quindi tutti gli orlati di 1 0 1 sono nulli e −1 2 1 dunque A ha rango 3. 1 0 1 −2 . Si dica per quali k il sistema e sia B = Esercizio 9.2.6. Sia A = k k+1 k 2 AX = B ha soluzione. 9.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 57 Soluzione. Applicheremo il teorema di Rouch´e-Capelli. Sia X = incognite x, y, z, t la matrice completa 1 0 0 1 k 0 0 k del sistema `e −2 0 | 1 x y z t . Nelle 0 +2 0 | k 0 +2 | k + 1 0 −2 | Usiamo il metodo dei minori orlati per calcolare il rango della matrice dei coefficienti e di quella completa. Il minore ottenuto dalle prime due righe e colonne `e non nullo. Un suo orlato `e 1 0 −2 0 1 0 k 0 +2 che `e diverso da zero se k 6= −1. L’unico suo orlato nella matrice dei coefficienti `e 1 0 −2 0 1 0 −1 0 1 0 −1 0 0 1 0 −2 0 1 0 −1 0 1 0 −1 = 4 = 4 k 0 +2 0 k 0 +1 0 k + 1 0 0 0 0 k 0 +2 0 k 0 +1 0 k+1 0 0 1 1 0 0 1 0 1 0 0 0 1 1 0 1 0 1 = 4 = 4 = 4(k + 1)2 k + 1 0 0 0 0 0 0 k + 1 0 0 0 k + 1 0 0 0 k + 1 che `e diverso da zero per k 6= −1. I calcoli li abbiamo fatti sfruttando le propriet`a di multilinearit`a e alternanza del determinante. In particolare nel primo passaggio abbiamo “portato fuori” un fattore “2” sia dalla terza che dalla quarta colonna. Nel secondo passaggio abbiamo sommato la prima riga alla terza e la seconda alla quarta. Nel terzo passaggio abbiamo “portato fuori” un fattore −1 sia dalla terza che dalla quarta colonna. Nel quarto passaggio abbiamo scambiato la prima colonna con la terza e la seconda con la quarta (due scambi di colonna, che fanno due cambi di segno nel determinante = nessun cambio). Dunque se k 6= −1 la matrice dei coefficienti ha rango 4. Essendo la matrice completa una matrice 4 × 5, essa non pu´o avere rango maggiore di 4. Siccome essa ha un minore 9.3. ESERCIZI 58 non nullo di rango 4 (il determinante della matrice dei coefficienti) ha rango esattamente 4. Per il teorema di Rouch´e-Capelli, se k 6= −1 c’`e dunque un’unica soluzione. Analizziamo in dettaglio il caso k = −1. La matrice completa diventa 1 0 −2 0 | 1 0 1 0 −2 | 0 −1 0 +2 0 | −1 0 −1 0 +2 | 0 Cambiando segno alle ultime due 1 0 1 0 righe si ottiene 0 −2 0 | 1 −2 | 0 0 −2 0 | 1 1 0 −2 | 0 1 0 La terza riga `e uguale alla prima e la quarta alla seconda. Ne segue che ogni sottomatrice quadrata di ordine 3 ha almeno due righe uguali. Dunque ogni minore di ordine tre `e nullo. Ne segue che sia la matrice dei coefficieni che quella completa hanno rango 2. Per il teorema di Rouch´e-Capelli il sistema ha infinite soluzioni, descritte da due parametri liberi. 9.3. Esercizi Esercizio 9.3.1. Sia A unaP matrice quadrata di ordine n e siano C1 , . . . , Cn le sue colonne. P Siano V = i λi Ci e W = µi Ci due vettori colonna. Calcolare det V W C3 . . . Cn . Esercizio 9.3.2. Sia A ∈ Mn×n (K). Sia Cof (A) la matrice dei cofattori e siano R1 , . . . , Rn le sue righe. Sia R un vettore riga. Si dimostri che RRkT `e il determinante della matrice ottenuta da A sostituendo la riga R al posto della riga Rk . Esercizio 9.3.3. Sia A ∈ Mn×n (K). Si dimostri che Cof (A)T A = det(A)I. Esercizio 9.3.4. Sia A ∈ Mn×n (K). Si dimostri che AT Cof (A) = det(A)I. Esercizio 9.3.5. Si dimostri che una matrice quadrata A `e invertibile se e solo se Cof (A) lo `e. 9.3. ESERCIZI 59 b 1 .. Esercizio 9.3.6. Sia A ∈ Mn×n (K) invertibile. Sia b = . un vettore colonna e sia bn Bi il determinante della matrice ottenuta da A sostituendo la colonna i con la colonna b x 1 .. dei termini noti. Sia X = . l’unica soluzione di AX = b. Si dimostri xi = |Bi |/|A|. xn Esercizio 9.3.7. Si calcoli il rango delle matrici 1 1 2 3 5 4 5 6 , 9 7 8 9 13 2 3 4 8 10 11 12 14 15 16 6 7 Esercizio 9.3.8. Per ogni n si calcoli il rango della matrice A ∈ Mn×n (R) definita da Aij = ni + j. 2 k 2 1 −2 . Si dica per quali k ∈ R il e sia B = Esercizio 9.3.9. Sia A = k −2 −1 2 sistema AX = B ha soluzione. Esercizio 9.3.10. Calcolare il rango di una matrice a caso scelta da voi. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere . . . Esercizio 9.3.11. Si prenda una matrice quadrata a caso scelta da voi e si controlli se `e invertibile. Nel caso lo sia, se ne calcoli l’inversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere . . . SCHEDA 10 Combinazioni lineari, lineare indipendenza 10.1. Richiami di teoria Sia V uno spazio vettoriale su K. Definizione 10.1.1. Siano v1 , . . . , vk ∈ V e λ1 , . . . , λk ∈ K. Il vettore X λi v i i si dice combinazione lineare dei vettori v1 , . . . , vk con coefficienti (λ1 , . . . , λn ). La combinazione ove tutti i λi sono nulli si chiama combinazione banale. Definizione 10.1.2. Dei vettori v1 , . . . , vk ∈ V si dicono linearmente indipendenti tra loro se l’unica loro combinazione lineare che fa zero `e quella banale. Cio`e: X λi vi = 0 ⇒ λi = 0 per ogni i. Definizione 10.1.3. Dei vettori v1 , . . . , vk ∈ V si dicono linearmente dipendenti tra loro se non sono indipententi. Ossia se esiste una loro combinazione lineare non banale che fa zero. Cio`e se esistono λ1 , . . . , λk ∈ K non tutti nulli tali che X λi v i = 0 Teorema 10.1.4. Dei vettori v1 , . . . , vk ∈ V sono linearmente dipendenti tra loro se e solo se uno di loro si scrive come combinazione lineare degli altri. In particolare, due vettori sono dipendenti se e solo se uno `e multiplo dell’altro. n Teorema 10.1.5. Siano v1, . . . , vk ∈ K e sia A la matrice in Mn×k (K) che ha i vi come colonne: A = v1 . . . vk . I vettori vi sono linearmente indipendenti tra loro se e solo se rango(A) = k. In particolare, se n < k allora i vettori vi non sono mai indipendenti. La dimostrazione di questo teorema segue da Rouch´e-Capelli usando il fatto che la definizione di lineare indipendenza dei vi si traduce nella condizione che il sistema AX = 0 ha una unica soluzione (lo zero) e quindi non ci possono essere parametri liberi in circolazione. Corollario 10.1.6. Se v1 , . . . , vn sono vettori di Kn allora essi sono indipendenti se e solo se det(A) 6= 0, ove A `e la matrice che ha i vi come colonne. (Si noti che per ipotesi abbiamo n vettori in Kn quindi la matrice `e quadrata.) In R2 due vettori sono dipendenti se e solo se sono allineati, in R3 tre vettori sono dipendenti se e solo se sono complanari. 60 10.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 61 10.2. Esempi ed esercizi svolti i 0 1 0 −1 −1 Esempio 10.2.1. Siano v1 = , v2 = , v3 = vettori di C4 . la combina 1 0 1 0 2 0 zione con coefficienti (i, 1, −1) `e il vettore i 0 1 −2 0 −1 −1 0 i + − = 1 0 1 i − 1 0 2 0 2 0 −1 −1 Esempio 10.2.2. Siano v1 = 1 , v2 = 0 , v3 = 1 vettori di R3 . la combina 0 2 0 zione con coefficienti (1, −1, 0) `e il vettore 0 −1 1 1 1 − 0 = 1 0 2 −2 −1 0 Esempio 10.2.3. Siano v1 = , v2 = , vettori di R2 . la combinazione con 0 0 coefficienti (1, 0) `e il vettore 0 −1 0 1 + 0 = 0 0 0 La combinazione a coefficienti (a, b) `e il vettore bv2 , indipendentemente dal valore di a. Esempio 10.2.4. Siano v1 , . . . , vk vettori di Kn e sia Ala matrice in Mn×k (K) che ha i λ 1 .. vi come vettori colonna: A = (v1 . . . vk ). Sia X = . una colonna di coefficienti. La λk 10.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 62 combinazione lineare dei vi con coefficienti λi `e data da AX. Esercizio 10.2.5. Dimostrare che dei vettori v1 , . . . , vk ∈ V sono linearmente dipendenti tra loro se e solo se uno di loro si scrive come combinazione lineare degli altri. P Soluzione. Se i vi sono dipendenti allora esistono λi non tutti nulli tali che λi vi = 0. Siccome i λi non son tutti nulli ce n’`e uno non nullo. Sia λr un coefficiente non nullo. Allora X λi vr = − vi . λr i6=r D’altronde supponiamo che uno dei vettori vi si scriva come combinazione degli altri. Sia vs tale vettore. Si ha X X vs = µi vi e dunque − vs + µi vi = 0. i6=s i6=s Abbiamo ottenuto cos`ı una combinazione lineare dei vi che fa zero, siccome il coefficiente di vs `e −1, tale combinazione non `e banale e quindi i vi sono linearmente dipendenti. Si noti che avremmo potuto avere tranquillamente vs = 0. Esempio 10.2.6. Se il sistema AX = b ammette soluzione allora l’insieme delle colonne di A pi` u la colonna dei termini noti costituisce un insieme di vettori linearmente dipendenti tra loro. (`e vero il viceversa?) Esempio 10.2.7. Se un insieme di vettori contiene il vettore nullo allora tali vettori sono sempre linearmente dipendenti tra loro. (Lo zero si esprime sempre come combinazione degli altri: la combinazione banale!) Esercizio 10.2.8. Dimostrare che le funzioni sin(x) e cos(x), come vettori dello spazio delle funzioni da R in s´e, sono linearmente indipendenti tra loro. Soluzione. Sia λ sin(x) + µ cos(x) = 0 una combinazione lineare che fa zero. Calcolando in 0 si ottiene µ = 0 e calcolando in π/2 si ottiene λ = 0. Ne segue che l’unica combinazione lineare di sin(x) e cos(x) che fa zero `e quella banale. Esercizio 10.2.9. Si dica se i vettori x, (1 + x)2 , x2 + 1 ∈ R[x] sono linearmente dipendenti o indipendenti tra loro. Soluzione. Diamo dei nomi ai vettori, ponendo v = x, w = (1 + x)2 , u = x2 + 1. Si ha w = (1 + x)2 = 1 + 2x + x2 = 2v + u. Quindi i tre vettori sono linearmente dipendenti tra loro. Esercizio 10.2.10. Si dica se i vettori 1, (1 + x), (1 + x)2 ∈ R[x] sono linearmente dipendenti o indipendenti tra loro. Soluzione. Diamo dei nomi ai vettori, ponendo v1 = 1, v2 = (1 + x), v3 = (1 + x)2 . Impostiamo il sistema lineare λ1 v1 + λ2 v2 + λ3 v3 = 0 nelle incognite λi , per vedere se ha una soluzione non banale. Abbiamo λ1 v1 + λ2 v2 + λ3 v3 = λ1 + λ2 + λ2 x + λ3 (1 + 2x + x2 ) = λ1 + λ2 + λ3 + x(λ2 + 2λ3 ) + x2 λ3 10.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 63 per cui la condizione λ1 v1 + λ2 v2 + λ3 v3 = 0 ∈ R[x] diventa il sistema λ1 + λ2 + λ3 = 0 λ2 + 2λ3 = 0 λ3 = 0 che ha come unica soluzione λ1 = 0, λ2 = 0, λ3 = 0. Quindi i tre vettori di partenza sono linearmente indipendenti tra loro. Esercizio 10.2.11. Si dica se i vettori 1, i ∈ C sono linearmente dipendenti o indipendenti se consideriamo C some spazio vettoriale su R. E se lo consideriamo come spazio su C? Soluzione. I vettori 1, i sono indipendenti su R e dipendenti su C. Infatti se avessimo implicherebbe λ1 · 1 + λ2 i = 0 λ1 = −iλ2 e se λ2 ∈ R `e non nullo allora λ1 6∈ R. Quindi non esistono due numeri reali non nulli tali che λ1 · 1 + λ2 i = 0. D’altronde λ1 · 1 + λ2 i = 0 ha soluzione non nulla in C per esempio ponendo λ1 = 1 e λ2 = i (ma anche λ1 = i e λ2 = −1). Esercizio 10.2.12. Si dica se i vettori di C2 v = (1, 1) e w = (1, i) sono linearmente dipendenti o indipendenti se consideriamo C2 come spazio su R. E su C?. 1 1 = i − 1 6= 0 quindi i due vettori sono indipendenti su C. E Soluzione. Si ha 1 i quindi lo sono pure su R (se l’unica soluzione di λv + µw = 0 su C `e quella nulla, a maggior ragione non ci sono soluzioni non banali su R.) Esercizio 10.2.13. Si dica se i vettori di C2 v = (1, 1) e w = (i, i) sono linearmente dipendenti o indipendenti se consideriamo C2 come spazio su R. E su C?. Soluzione. Su C i due vettori sono dipendenti perch´e sono uno multiplo dell’altro. Mentre su R sono indipendenti. Si noti che C2 come spazio vettoriale su R `e come R4 . Quindi abbiamo due vettori in R4 e non possiamo usare il metodo del determinante. Impostando λv + µw = 0 e cercando soluzioni reali, otteniamo λ + iµ = 0, che abbiamo visto sopra non avere soluzioni reali non banali. Esercizio 10.2.14. Si dica se i seguenti insiemi di vettori di R3 sono costituiti da vettori linearmente dipendenti o indipendenti tra loro. 1 4 7 1 4 0 1 1 4 1 2 , 5 , 8 2 , 0 , 5 , 1 2 , 0 , 0 3 6 9 1 6 −1 1 1 6 1 10.3. ESERCIZI 64 1 2 3 Soluzione. Primo gruppo: La matrice 4 5 6 ha rango 2 quindi i tre vettori sono 7 8 9 3 dipendenti. Secondo gruppo: Sono 4 vettori in R quindi sono dipendenti. Terzo gruppo: 1 4 1 2 0 0 = 4 6= 0 quindi i tre vettori sono indipendenti. 1 6 1 Esercizio 10.2.15. Si dica se i seguenti insiemi di vettori di (Z/2Z)3 sono costituiti da vettori linearmente dipendenti o indipendenti tra loro. 1 0 0 1 0 0 1 1 0 1 0 , 1 , 0 0 , 1 , 1 , 1 0 , 0 , 1 1 0 0 1 0 1 1 1 1 1 Soluzione. Il primo gruppo contiene il vettore nullo: dipendenti. Il secondo gruppo 1 0 1 3 `e formato da 4 vettori in (Z/2Z) : dipendenti. Terzo gruppo: 0 0 1 = 1 6= 0 quindi i 1 1 1 tre vettori sono indipendenti. 10.3. Esercizi Esercizio 10.3.1. Si prendano dei vettori a caso di Kn e si controlli se sono linearmente dipendenti o indipendenti. Fare l’esercizio con K = R, C, Z/2Z, Q. Ripetere l’esercizio con dei vettori differenti. Ripetere . . . Esercizio 10.3.2. Siano v1 , . . . , vk vettori di Kn e sia A la matrice in Mn×k (K) che ha i vi come vettori colonna: A = (v1 . . . vk ). Si dimostri che i vi sono linearmente indipendenti tra loro se e solo se il sistema AX = 0 ha un’unica soluzione: il vettore nullo. Esercizio 10.3.3. Si dica se i seguenti insiemi di vettori in R[x] sono costituiti da vettori linearmente dipendenti o indipendenti tra loro. 1 + x, 1 + x2 , 1 + x3 x + 1, x − 1, x2 − 1 2, 2 + x, 3 + x, (2 + x)(3 + x) Esercizio 10.3.4. Si dica se i seguenti insiemi di vettori in C[x] sono costituiti da vettori linearmente dipendenti o indipendenti tra loro. x2 + 1, x − i, x + i (1 + x)2 , (i + x)2 (1 + ix)2 , (1 + x)2 , ix (i + x)2 , (1 + x)2 , ix, 1 10.3. ESERCIZI 65 Esercizio 10.3.5. Si dica se i seguenti insiemi di vettori in Z/2Z[x] sono costituiti da vettori linearmente dipendenti o indipendenti tra loro. x2 +1, x+1, x−1 (1+x)2 , (1+x) (1+x)2 , 1+x+x2 (1+x)2 , 1+x2 1, 1+x, 1+x+x2 Esercizio 10.3.6. Si dica se i seguenti insiemi di vettori di R3 sono costituiti da vettori linearmente dipendenti o indipendenti tra loro. 1 2 3 1 1 0 0 1 0 1 1 1 2 , 1 , 3 2 , 0 , 1 , 0 2 , 0 , 0 2 , 0 1 2 3 1 0 0 1 1 0 1 1 1 Esercizio 10.3.7. Si dica se i seguenti insiemi di funzioni sono linearmente indipendenti tra loro sin(x), cos(x), sin(2x), cos(2x) ex , e2x , e3x 1, ex , e2x , (1 + ex )2 Esercizio 10.3.8. Si dica per quali valori del parametro k ∈ C i seguenti vettori di C3 risultano linearmente indipendenti tra loro 1 0 k v1 = i , v2 = k + 1 , v3 = ik k 1 k Esercizio 10.3.9. Si dica per quali valori del parametro k ∈ R i seguenti vettori di R3 giacciono sullo stesso piano k k − 1 1 v1 = 2 , v2 = 0 , v3 = 0 k 1 k (provate a farlo senza gli strumenti dell’algebra lineare!) Esercizio 10.3.10. Si dica per quali valori del parametro k ∈ R i seguenti vettori di R4 sono linearmente indipententi tra loro k k−1 1 0 0 2 v1 = , v2 = , v = 1 3 k k k+2 2 2 Esercizio 10.3.11. Si dica per quali valori del parametro t ∈ R i seguenti vettori di R2 sono linearmente indipendenti tra loro v = (cos(t), sin(t)) w = (− sin(t), cos(t)) 10.3. ESERCIZI 66 Esercizio 10.3.12. Si dica per quali valori del parametro t ∈ R i seguenti vettori di R2 sono linearmente indipendenti tra loro v = (cos(t), sin(t)) w = (− sin(2t), cos(2t)) Esercizio 10.3.13. Siano v1 , . . . vk ∈ V dei vettori linearmente dipendenti tra loro e siano w1 , . . . , wn altri vettori di V . Si dimostri che i vettori v1 , . . . , vk , w1 , . . . , wn sono sempre linearmente dipendenti tra loro. Esercizio 10.3.14. Si dimostri che se v1 , . . . , vn ∈ V sono linearmente indipendenti tra loro allora ogni sottoinsieme non vuoto dei vi `e formato da vettori linearmente indipendenti tra loro. Esercizio 10.3.15. Siano v1 , . . . , vk ∈ V dei vettori e siano w1 , . . . , wn delle combinazioni lineari dei vi . Si dimostri che se n > k allora i vettori wi sono sempre linearmente dipendenti tra loro. Esercizio 10.3.16. Siano v1 , . . . , vk ∈ V dei vettori linearmente dipendenti tra loro e siano w1 , . . . , wk delle combinazioni lineari dei vi . Si dimostri che i vettori wi sono sempre linearmente dipendenti tra loro. SCHEDA 11 Sistemi di generatori 11.1. Richiami di teoria Sia V uno spazio vettoriale su K. Definizione 11.1.1. Dei vettori v1 , . . . , vk ∈ V generano V se ogni vettore di V si esprime come combinazione lineare dei vi . Cio`e: X ∀v ∈ V ∃λ1 , . . . , λk t.c. v = λi v i . Se v1 , . . . , vk generano V si dice che formano un sistema di generatori, o che sono dei generatori. n Teorema 11.1.2. Siano v1, . . . , vk ∈ K e sia A la matrice in Mn×k (K) che ha i vi come colonne: A = v1 . . . vk . I vettori vi sono un sistema di generatori per Kn se e solo se rango(A) = n. In particolare, se k < n allora i vettori vi non generano mai Kn . La dimostrazione di questo teorema segue da Rouch´e-Capelli usando il fatto che la definizione di sistema di generatori per i vi si traduce nella condizione che il sistema AX = b ammetta soluzione qualsiasi sia b. Se rango(A) fosse minore di n allora esisterebbe un b tale che rango(A) < rango(A|b). Corollario 11.1.3. Se v1 , . . . , vn sono vettori di Kn allora essi generano Kn se e solo se det(A) 6= 0, ove A `e la matrice che ha i vi come colonne. (Si noti che per ipotesi abbiamo n vettori in Kn quindi la matrice `e quadrata.) Corollario 11.1.4. Se v1 , . . . , vn sono vettori di Kn allora essi generano Kn se e solo se sono linearmente indipendenti. (Occhio che questa cosa `e vera solo per n vettori in Kn , stesso n.) 11.2. Esempi ed esercizi svolti Esercizio 11.2.1. Siano v1 , . . . , vk ∈ V dei vettori linearmente indipendenti. Dimostrare che se togliamo anche un solo vi , ci`o che resta non `e mai un sistema di generatori. Soluzione. Sia w il vettore che togliamo dai vi . Se quello che resta fosse un sistema di generatori per V , allora w si esprimerebbe come combinazione lineare degli altri vi ma allora v1 , . . . , vk sarebbero linearmente dipendenti, contrariamente all’ipotesi. Esercizio 11.2.2. Sia V lo spazio delle funzioni da R in s´e. Dimostrare che un numero finito di funzioni non pu` o mai generare V . 67 11.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 68 Soluzione. Siano f1 , . . . , fk ∈ V . Sia n > k e siano x1 , . . . xn dei punti distinti della retta reale, per esempio x1 = 1, x2 = 2, . . . , xn = n. Per ogni i = 1, . . . , k definiamo il vettore di Rn fi (x1 ) fi (x2 ) vi = . .. fi (xn ) specularmente, per ogni vettore v = (a1 , . . . , an ) ∈ Rn definiamo la funzione fv : R → R come segue a x = xi i fv (x) = 0 se x `e non coincide con nessuno degli xi SePle funzioni fi generassero V avremmo che per ogni f ∈ V esisterebbero λi tali P che f = λi fi . In particolareP per ogni v ∈ Rn esisterebbero dei λ tali che f = λi f i . i v P Avremmo quindi fv (xn ) = λi fi (xn ) per ogni xn , cio`e λi vi = v. In altre parole, se le funzioni fi generano V allora i vettori vi generano Rn . Ma avevamo supposto n > k e sappiamo che k vettori non generano mai Rn per n > k. Quindi le funzioni fi non generano V. Esercizio 11.2.3. Si dica se i vettori x, (1 + x)2 , x2 + 1 ∈ R[x] generano R[x]. Soluzione. Una qualsiasi combinazione lineare di polinomi di secondo grado ha grado al massimo 2. Quindi x3 non si esprime come combinazione lineare dei vettori dati, che quindi non generano R[x]. Esercizio 11.2.4. Si dica se i vettori (1 + x), (1 + x)2 ∈ R[x] generano R≤2 [x]. Soluzione. Diamo dei nomi ai vettori, ponendo v1 = (1 + x), v2 = (1 + x)2 . Sia p(x) = b0 + b1 x + b22 un generico polinomio di grado al massimo 2. Impostiamo il sistema lineare λ1 v1 + λ2 v2 = p(x) nelle incognite λi , per vedere se ha una soluzione o no. Abbiamo λ1 v1 + λ2 v2 = λ1 + λ1 x + λ2 (1 + 2x + x2 ) = λ1 + λ2 + x(λ1 + 2λ2 ) + x2 λ2 per cui la condizione λ1 v1 + λ2 v2 + λ3 v3 = p(x) ∈ R[x] diventa il sistema b0 λ1 + λ2 = b0 1 1 λ 1 = b1 in termini matriciali 1 2 λ1 + 2λ2 = b1 λ2 λ2 = 0 b2 0 1 11.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 69 Dunque i vettori v1 , v2 generano R≤2 [x] se esolo se tale sistema ha soluzione per ogni b 1 1 0 b = b1 . Ci`o e vero se e solo se la matrice 1 2 ha rango 3, ma questo `e impossibile b2 0 1 perch´e la matrice ha solo due colonne. Ponendo b2 = b1 = 0 e b0 = 1 (cio`e p = 1) si ottiene un esempio esplicito in cui il sistema non `e risolubile. Esempio 11.2.5. I vettori 1, i ∈ C generano C come spazio vettoriale su R. (Perch´e?) Esempio 11.2.6. Sia V uno spazio vettoriale su C. Se v1 , . . . , vk generano V su R allora generano V anche su C. (Perch´e?) Esercizio 11.2.7. Si dica se i vettori di C2 v = (i, 1) e w = (1, i) generano C2 se lo consideriamo come spazio su R. E su C? i 1 = i2 − 1 = −2 6= 0 quindi i due vettori generano C2 su C. Soluzione. Si ha 1 i Mentre su R no, vediamo il perch´e. Sia (z1 , z2 ) un generico vettore di C2 . Impostiamo il sistema λv + µw = (z1 , z2 ) cercando soluzioni con λ, µ ∈ R. Scomponiamo z1 e z2 in parte reale e parte immaginaria: z1 = a1 + ib1 e z2 = a2 + ib2 . Il sistema diventa λ = b1 iλ + µ = a + ib µ=a 1 1 1 ⇔ λ + iµ = a2 + ib2 λ = a2 µ = b2 chiaramente, se b1 6= a2 il sistema non ha soluzione. Esercizio 11.2.8. Si dica se i vettori di C2 v = (1, 1) e w = (i, i) generano C2 come spazio su R. E su C?. Soluzione. Su C i due vettori sono uno multiplo dell’altro. Quindi ogni loro combinazione lineare sar´a un multiplo di (1, 1). In particolare il vettore (1, 0) non `e combinazione lineare di v e w. Ne segue che non possono generare C2 su C. Quindi nemmeno su R. Esercizio 11.2.9. Si dica se i seguenti insiemi di vettori di R3 sono generatori di R3 . 1 4 7 1 4 0 1 1 4 1 2 , 5 , 8 2 , 0 , 5 , 1 2 , 0 , 0 3 6 9 1 6 −1 1 1 6 1 11.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 70 1 2 3 Soluzione. Primo gruppo: La matrice 4 5 6 ha rango 2 quindi i tre vettori non 7 8 9 1 4 0 1 generano R3 . Secondo gruppo: La matrice 2 0 5 1 ha rango 3 quindi i 4 vettori 1 6 −1 1 1 4 1 3 generano R . Terzo gruppo: 2 0 0 = 4 6= 0 quindi i tre vettori generano R3 . 1 6 1 Esercizio 11.2.10. Si dica 1 1 0 1 , 1 , 0 1 0 1 se i seguenti insiemi di vettori di (Z/2Z)3 generano (Z/2Z)3 . 1 0 1 0 0 1 1 0 0 , 0 , 0 , 1 0 , 0 , 1 , 1 1 1 1 0 1 1 0 0 Soluzione. Il primo e secondo gruppo: il rango formata dai vettori `e due della matrice 0 1 0 1 quindi non generano (Z/2Z)3 . Terzo gruppo: 0 0 0 1 ha rango 3 quindi i quattro 0 1 1 1 vettori generano (Z/2Z)3 . Esercizio 11.2.11. Sia v1 , . . . , vk ∈ V un sistema di generatori e siano w1 , . . . , wn altri vettori di V . Dimostrare che se ogni vi si ottiene come combinazione dei wi allora w1 , . . . , wn generano V . (Vale il viceversa?) P Soluzione. Sappiamo che ogni vi `e combinazione dei wj , cio`e vi = j λij wj . SappiaP mo che i vi generano, quindi per ogni v esitono µi tali che v = i µi vi . Quindi X X X XX v= µi vi = µi ( λij wj ) = ( µi λij )wj i i j j i `e combinazione lineare dei wj . Esercizio 11.2.12. Si dica se p1 = 1 + x, p2 = (1 − 3x)(1 + x), p2 = x2 − 1, p3 = 1 generano C≤2 [x]. Soluzione. Sappiamo che 1, x, x2 generano C≤2 [x]. D’altronde, 1 = p3 , x = p1 − p3 e x2 = p2 + p3 quindi p1 , p2 , p3 generano. 11.3. ESERCIZI 71 Esercizio 11.2.13. Si dica se i seguenti vettori generano R3 7 0 1 4 1 v1 = 2 , v2 = 5 , v3 = 0 , v4 = 1 , v5 = 8 , 9 1 2 6 3 Soluzione. I vettori e1 = (1, 0, 0), e2 = (0, 1, 0) e e3 = (0, 0, 1) chiaramente generano R . D’altronde 3 e 2 = v1 − v3 − v4 e3 = v4 − e2 = v4 − (v1 − v3 − v4 ) = 2v4 − v1 + v3 e1 = v3 − 2e3 = v3 − 2(2v4 − v1 + v3 ) = 2v1 − 4v4 − v3 quindi i vi generano. 11.3. Esercizi Esercizio 11.3.1. Si prendano dei vettori a caso di Kn e si controlli se generano Kn . Fare l’esercizio con K = R, C, Z/2Z, Q. Ripetere l’esercizio con dei vettori differenti. Ripetere ... Esercizio 11.3.2. Dimostrare che un numero finito di polinomi non genera mai K[x]. Esercizio 11.3.3. Siano v1 , . . . , vk vettori di Kn e sia A la matrice in Mn×k (K) che ha i vi come vettori colonna: A = (v1 . . . vk ). Si dimostri che i vi generano Kn se e solo se il sistema AX = b ammette soluzione per ogni b. Esercizio 11.3.4. Si dica se i seguenti insiemi di vettori in R[x] generano R[x]. Generano R≤2 [x]? e R≤3 [x]? e R≤4 [x]? 1 + x, 1 + x2 , 1 + x3 x + 1, x − 1, x2 − 1 2, 2 + x, 3 + x, (2 + x)(3 + x) Esercizio 11.3.5. Si dica se i seguenti insiemi di vettori in C[x] generano C≤k [x] con k = 2, 3. x2 + 1, x − i, x + i (1 + x)2 , (i + x)2 (1 + ix)2 , (1 + x)2 , ix (i + x)2 , (1 + x)2 , ix, 1 Esercizio 11.3.6. Si dica se i seguenti insiemi di vettori in Z/2Z[x] sono generano Z/2Z≤2 [x]. x2 +1, x+1, x−1 (1+x)2 , (1+x) (1+x)2 , 1+x2 (1+x)2 , 1+x2 0, 1, 1+x, 1+x+x2 Esercizio 11.3.7. Si dica se i seguenti insiemi di vettori di R3 generano R3 . 1 2 3 1 1 0 0 1 0 1 1 1 2 , 1 , 3 2 , 0 , 1 , 0 2 , 0 , 0 2 , 0 1 2 3 1 0 0 1 1 0 1 1 1 11.3. ESERCIZI 72 Esercizio 11.3.8. Si dica per quali valori del parametro k ∈ C i seguenti vettori di C3 generano C3 . 2 k 1 k k v1 = 0 , v2 = k + 1 , v3 = k v3 = ik k 1 k k Esercizio 11.3.9. Si dica per quali valori del parametro k ∈ R i seguenti vettori di R3 generano R3 k − 1 1 k v1 = 2 + k , v2 = 0 , v3 = 0 k 1 k Esercizio 11.3.10. Si dica per quali valori del parametro k ∈ R i seguenti vettori di R4 generano R4 . k k−1 0 k k 2 1 0 0 k v1 = , v2 = , v3 = v4 = v5 = k 0 0 k k 2 2 0 k+2 k+2 Esercizio 11.3.11. Siano v1 , . . . vn dei generatori di V e siano w1 , . . . , wn altri vettori di V . Si dimostri che i vettori v1 , . . . , vk , w1 , . . . , wn generano V . Esercizio 11.3.12. Siano v1 , . . . , vk ∈ V dei vettori e siano w1 , . . . , wn delle combinazioni lineari dei vi . Si dimostri che se v1 , . . . , vk , w1 , . . . , wn generano V allora v1 , . . . , vk generano V . Esercizio 11.3.13. Siano v1 , . . . , vn dei generatori di V con la seguente propriet` a: Se togliamo anche uno solo dei vi quello che resta non genera V . Dimostrare che i vi sono linearmente indipendenti tra loro. SCHEDA 12 Basi 12.1. Richiami di teoria Sia V uno spazio vettoriale su K. Definizione 12.1.1. Un’insieme ordinato di vettori v1 , v2 , v3 , . . . si dice base di V se: (1) Generano V (2) Sono linearmente indipendenti Teorema 12.1.2. Ogni spazio vettoriale ammette una base. Teorema 12.1.3. Due basi diverse di uno stesso spazio vettoriale hanno sempre la stessa cardinalit`a (numero di elementi). Definizione 12.1.4. Uno spazio vettoriale si dice di dimensione finita se ammette una base formata da un numero finito di elementi. In tal caso, il numero di elementi di una base si dice dimensione di V . Definizione 12.1.5. Si dice base canonica di Kn l’insieme 1 0 0 0 0 1 0 0 . . e1 = 0 , e2 = 0 , e3 = 1 , . . . , en = . . . . .. .. .. 0 0 0 0 1 Definizione 12.1.6. Si dice base canonica di Mm×n (K) l’insieme delle matrici 1 i = k, j = l Eij definita da (Eij )kl = 0 altrimenti con l’ordine lexicografico. Definizione 12.1.7. Si dice base canonica di K[x] l’insieme: 1, x, x2 , x3 , x4 , . . . ordinati secondo il grado. 73 12.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 74 Teorema 12.1.8. , . . . , vk ∈ Kn e sia A la matrice in Mn×k (K) che ha i vi come Siano v1 colonne: A = v1 . . . vk . I vettori vi formano una base di Kn se e solo se n = k e det(A) 6= 0. Questo teorema `e un’immediata conseguenza dei corrispondenti enunciati delle schede su lineare indipendenza e generatori. Corollario 12.1.9. n vettori di Kn , stesso n, formano una base se e solo se generano, se e solo se sono linearmente indipendenti. Attenzione: Ci´ o `e falso per k vettori di Kn con k 6= n. Teorema 12.1.10. Sia V uno spazio vettoriale su K. (1) Da ogni insieme di generatori di V si pu` o estrarre una base di V . (2) Ogni insieme di vettori linearmente indipendenti si estende a base di V . Il primo punto lo si dimostra per scarti successivi, eliminando i vettori che sono combinazione lineare dei precedenti, il secondo aggiungendo ad uno ad uno elementi di una base di V che non siano combinazione lineare dei precedenti. Corollario 12.1.11. Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n. Se v1 , . . . , vn ∈ V sono linearmente indipendenti allora generano e viceversa. Attenzione: vale solo se sono n vettori in dimensione n, stesso n. Teorema 12.1.12 (Rouch´e-Capelli, reloaded). Un sistema lineare AX = b ha soluzione se e solo se rango(A) = rango(A|b). Lo spazio delle soluzioni del sistema omogeneo AX = 0 ha dimensione n − rango(A) ove n `e il numero delle incognite. Teorema 12.1.13. Dato un sistema lineare AX = b che ammetta soluzione X0 , tutte le altre soluzioni del sistema sono della forma X0 + X con AX = 0. 12.2. Esempi ed esercizi svolti Esempio 12.2.1. I vettori sono una base di R3 . 0 0 1 1 , 0 , 2 3 3 2 0 1 Esempio 12.2.2. I vettori 0 , 2 non sono una base di R3 perch´e non generano (o 3 3 3 perch´e sono solo 2 e R ha dimensione 3). 12.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI Esempio 12.2.3. I vettori 75 0 0 0 1 , 0 , 2 3 3 2 non sono una base di R3 perch´e non sono linearmente indipendenti tra loro. Esempio 12.2.4. Lo spazio V : {f : R → R} non ha dimensione finita. (Perch´e?) Esempio 12.2.5. Lo spazio K[x] non ha dimensione finita. (Perch´e?) Esempio 12.2.6. La dimensione di Kn `e n. (Perch´e?) Esempio 12.2.7. La dimensione di K≤n [x] `e n + 1 in quanto la base canonica `e costituita da n + 1 vettori: 1, x, x2 , . . . , xn . Esempio 12.2.8. La dimensione di Mm×n (K) `e mn perch´e la base canonica `e formata da mn elementi. Esercizio 12.2.9. Calcolarela 0 landone una base, con A = 1 0 dimensione dello spazio delle soluzioni di AX = 0 calco 1 2 2 3. 1 2 Soluzione. Il sistema AX = 0 `e il seguente: y + 2z = 0 x + 2y + 3z = 0 y + 2z = 0 Risolvendolo per sostituzione si ottiene y = −2z x = −2y − 3z y = −2z x = 4z − 3z = z Quindi le soluzioni sono tutte del tipo −z −1 2z = z 2 z 1 La dimensione `e quindi 1 e una base `e formata dal vettore (−1, 2, 1). 12.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 76 Esercizio 12.2.10. Calcolare la dimensione dello spazio delle soluzioni di AX = 0 calco 0 i 2 i 1 2 3 2i landone una base, ove A = . 0 i 2 i 1 2−i 1 i Soluzione. Il sistema AX = 0 `e il seguente: iy + 2z + it = 0 x + 2y + 3z + 2it = 0 iy + 2z + it = 0 x + (2 − i)y + z + it = 0 Risolvendolo per sostituzione si ottiene iy = −2z − it y = 2iz − t x = −2y − 3z − 2it x = −4iz + 2t − 3z − 2it = −z(3 + 4i) + 2t(1 − i) Quindi le soluzioni sono tutte del tipo −3z − 4iz + 2t(1 − i) −3 − 4i 2 − 2i 2i −1 2iz − t = z + t 1 0 z t 0 1 Dunque i vettori v1 = (−3 − 4i, 2i, 1, 0) e v2 = (2 − 2i, −1, 0, 1) generano lo spazio delle 1 0 = 1 6= 0 e dunque soluzioni. In oltre, sono linearmente indipendenti perch´e il minore 0 1 v1 , v2 costituisce una base dello spazio delle soluzioni di AX = 0, che quindi ha dimensione 2. Si noti che la dimensione si poteva dedurre da Rouch´e-Capelli perch´e rango(A) = 2 (infatti la matrice A ha due righe uguali e l’ultima riga `e combinazione delle prime due). Esercizio 12.2.11. Si trovino tutte le soluzioni di AX = b ove 0 0 i 2 i i 1 2 3 2i b= A= 0 0 i 2 i i 1 2−i 1 i 12.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 77 Soluzione. Una soluzione particolare risolvendo il sistema a mano, ed `e per esempio X0 = (i, 0, 0, 0). Tutte le soluzioni sono quindi della forma X0 + λv1 + µv2 ove v1 e v2 sono come nell’esercizio precedente. Esercizio 12.2.12. Si trovino tutte 0 1 A= 1 1 le soluzioni di AX = b ove 1 0 2 0 1 2 2 1 b= 1 1 2 −1 2 2 1 1 Questo esercizio lo risolviamo in due modi. Soluzione. (1) Per Rouch´e-Capelli sappiamo che le soluzioni del sistema omogeneo formano uno sottospazio di R4 di dimensione 2 (la matrice A ha rango 2). Troviamo adesso le soluzioni del sistema omogeneo risolvendo il sistema a mano. Prima semplifichiamo con operazioni elementari sulle righe: 0 1 R4 − R2 → 1 0 0 1 R3 − R2 → 0 0 1 0 2 1 , 1 2 −1 0 0 0 2 2 1 0 2 2 2 1 , 0 0 0 0 0 0 0 1 R3 + R1 → 1 0 0 1 R2 − 2R1 → 0 0 1 0 2 2 2 1 2 2 1 0 0 0 1 0 2 0 2 −3 0 0 0 0 0 0 il sistema omogeneo `e quindi equivalente a y + 2t = 0 y = −2t x + 2z − 3t = 0 x = −2z + 3t che ha soluzioni 3 −2 −2z + 3t x −2 0 y −2t = z + t = 0 z z 1 1 0 t t 12.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 78 quindi i vettori v1 = (−2, −2, 1, 0) e v2 = (3, 0, 0, 1) generano lo spazio delle soluzioni. Sono 2 generatori di uno spazio di dimensione 2, quindi ne sono una base. Una soluzione particolare `e chiaramente data da (1, 0, 0, 0). Tutte le soluzioni di AX = b sono quindi della forma 1 0 + λ1 v 1 + λ2 v 2 0 0 Soluzione. (2) Risolviamo il sistema a mano y + 2t = 0 x + 2y + 2z + t = 1 x + y + 2z − t = 1 x + 2y + 2z + t = 1 y = −2t x − 4t + 2z + t = 1 x − 2t + 2z − t = 1 y = −2t x + 2z − 3t = 1 y = −2t z = 1+3t−x 2 Le soluzioni sono quindi x x 1 0 0 y −2t 0 −2 0 = = x + t + z 1+3t−x −1/2 3/2 1/2 2 t t 0 1 0 Il fatto che apparentemente sono diverse da quelle della soluzione (1) non deve spaventare: sono due modi diversi di descrivere lo stesso insieme. Esercizio 12.2.13. Si dica se l’insieme di vettori costituisca una base di R≤3 [x] 1 + 2x + x2 , 1 − x, x3 Soluzione. Sono 3 vettori in uno spazio di dimensione 4, quindi non lo possono generare. (Perch´e?) Esercizio 12.2.14. Si dica se l’insieme di vettori costituisca una base di R≤3 [x] 1 + 2x + x2 , 1 − x, x3 , x2 , (1 + x)3 12.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 79 Soluzione. Sono 5 vettori in uno spazio di dimensione 4, quindi non possono essere linearmente indipendenti. (Perch´e?) Esercizio 12.2.15. Si dica se l’insieme di vettori costituisca una base di R≤3 [x] p1 = 1 + 2x + x2 , p2 = 1 − x, p3 = x3 , p4 = x2 Soluzione. Sono 4 vettori in uno spazio di dimensione 4, quindi ci basta dimostrare che generano. (Perch´e?) I vettori p3 e p4 fanno parte della base canonica di R≤ [x] il vettore 1 della base canonica si ottiene come 2p2 − p1 + p4 ed il vettore x si ottiene come −p2 + 1. Quindi i vettori della base canonica sono combinazione dei pi che quindi generano. Esercizio 12.2.16. Si verifichi che il seguente insieme sia formato da polinomi linearmente indipendenti tra loro. Si estenda tale insieme a base di C≤3 [x] v1 = 1 + x, v2 = 1 + x + ix2 Soluzione. I vettori v1 e v2 non sono multipli l’uno dell’altro, quindi sono linearmente indipendenti tra loro. Aggiungiamo uno a uno i vettori della base canonica. Aggiungiamo 1 v1 = 1 + x, v2 = 1 + x + ix2 , v3 = 1 Controlliamo se tali vettori siano ancora linearmente indipentendi tra loro. Il sistema λ1 v1 + λ2 v2 + λ3 v3 = 0 diventa λ1 + λ2 + λ3 = 0 λ1 + λ2 = 0 iλ2 = 0 che ha come unica soluzione quella banale. Quindi v1 , v2 , v3 sono linearmente indipendenti tra loro. Non sono ancora una base di C≤3 [x] perch´e tale spazio ha dimensione 4. Proviamo ad aggiungere il secondo vettore della base canonica x. Siccome x = v1 + v3 aggiungendo x si ottiene un insieme di vettori dipendenti, quindi non lo aggiungiamo. Proviamo con x2 . Anche x2 `e combinazione lineare dei vi : x2 = −i(v2 − v1 ) quindi non lo aggiungiamo. Proviamo x3 : v1 = 1 + x, v2 = 1 + x + ix2 , v3 = 1, v4 = x3 Tali vettori generano in quanto i vettori della base canonica si esprimono come loro combinazione lineare. Essendo 4 vettori in uno spazio di dimensione 4 sono anche generatori e dunque ne sono una base. Esercizio 12.2.17. Estrare una base dal seguente insieme di generatori di R3 . 0 1 2 1 0 v1 = 1 , v2 = 2 , v3 = 3 , v4 = 1 , v5 = 0 2 1 4 3 2 Questo esercizio lo risolviamo in due modi differenti. 12.3. ESERCIZI 80 Soluzione. (1) Primo metodo: scarti successivi. Il primo vettore `e non nullo, lo teniamo. Il secondo vettore non `e multiplo del primo, lo teniamo. Il terzo vettore `e uguale a 2v2 −v1 , lo buttiamo via. Il quarto vettore `e uguale a v2 −v1 , lo buttiamo via. Rimangono i vettori v1 , v2 , v5 . Se sono linearmente indipendenti abbiamo ottenuto una base di R3 . 0 1 0 0 1 = −2 6= 0 1 2 0 = 2 1 2 2 3 2 Soluzione. (2) Prima di tutto calcoliamo colonne usando il metodo dei minori orlati 0 1 2 A = 1 2 3 2 3 4 il rango della matrice che ha i vi come 1 0 1 0 1 2 Il minore formato dalle prime due colonne e dalla quinta colonna `e non nullo quindi i vettori il rango `e 3, i vettori dati sono effettivamente dei generatori di R3 e i vettori v1 , v2 , v5 formano una base di R3 . Attenzione: andava bene anche il minore formato dalle ultime tre colonne. Quindi anche v3 , v4 , v5 formano una base di R3 . 12.3. Esercizi Esercizio 12.3.1. Si dica se i seguenti gruppi 1 1 0 1 1 0 0 , 0 , 0 0 , 1 , 0 i 1 i i 1 i Esercizio 12.3.2. Si dica 0 1 1 0 1 0 , , 1 0 1 1 1 1 di vettori siano una base 1 1 i 0 , 2 , 0 i 2 −1 se i seguenti gruppi di vettori 1 0 1 1 0 1 0 0 , , , 1 1 1 2 1 1 0 0 di C3 1 1 0 0 0 , 1 , 0 , 2 i 1 1 1 siano una base di R4 0 1 1 1 0 2 0 0 , , , 1 2 −1 0 1 1 1 0 12.3. ESERCIZI Esercizio 12.3.3. Si dica se i seguenti 1 1 1 1 0 0 , 0 0 , 1 , 0 i 1 1 1 1 81 gruppi di vettori siano una base di (Z/2Z)3 1 1 1 1 1 0 0 0 , 1 , 0 0 , 1 , 0 , 1 1 1 −1 1 1 1 1 Esercizio 12.3.4. Si dica se i seguenti polinomi siano una base di R≤3 [x] 1 + x, (1 + x)2 , (1 + x)3 1 + x, 1 − x, x(1 − x), x(1 + x)(1 − x) 1, x, x2 , x3 , (1 + x) Esercizio 12.3.5. Siano v1 , . . . , vk dei vettori di uno spazio vettoriale V di dimensione n. Dimostrare che se k < n allora i vi non possono generare V . Esercizio 12.3.6. Siano v1 , . . . , vk dei vettori di uno spazio vettoriale V di dimensione n. Dimostrare che se k > n allora i vi non possono essere linearmente indipendenti. Esercizio 12.3.7. Siano v1 , . . . , vk dei vettori di uno spazio vettoriale V di dimensione n. Dimostrare che se k = n allora i vi generano V se e solo se sono linearmente indipendenti se e solo se sono una base di V . Esercizio 12.3.8. Si dimostri che l’insieme delle soluzioni dell’equazione differenziale f ′′ (x) = −f (x) `e uno spazio vettoriale. Se ne calcoli la dimensione dimostrando che le funzioni sin(x) e cos(x) ne sono una base. Esercizio 12.3.9. Si dimostri che se V `e uno spazio vettoriale su C allora dimR (V ) = 2 dimC (V ). Esercizio 12.3.10. Trovare una base dello spazio 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 0 1 0 1 0 1 0 1 0 0 1 0 1 0 1 0 1 0 2 2 2 Esercizio 1 1 A= 0 2 delle soluzioni di AX = 0 con A = 1 1 1 −1 1 1 1 1 0 0 1 0 2 −3 2 0 2 3 2 3 −1 2 −1 −2 12.3.11. Trovare tutte le soluzioni di AX = b con 1 1 1 0 1 1 −1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 0 0 1 0 0 1 0 1 b = , , , , , 1 2 0 2 3 3 1 0 2 2 −3 2 −2 −1 2 3 1 −1 2 −1 −2 2 2 3 12.3. ESERCIZI Esercizio 12.3.12. Trovare tutte 1 1 1 1 1 1 A = 1 0 1 0 , 1 0 0 1 0 1 0 1 82 le soluzioni di AX = b con 1 1 1 0 1 1 2 b = 1 , 1 , 0 , 1 , 1 1 0 1 0 1 1 1 0 2 Esercizio 12.3.13. Sia V ⊂ R≤3 [x] l’insieme dei polinomi tali che p(0) = 0. Dimostrare che V `e un sottospazio vettoriale e trovarne una base. Esercizio 12.3.14. Sia V ⊂ R≤3 [x] l’insieme dei polinomi tali che p(0) = p(1) = 0. Dimostrare che V `e un sottospazio vettoriale e calcolarne la dimensione. Esercizio 12.3.15. Sia V ⊂ R≤3 [x] l’insieme dei polinomi tali che p(0) = p(1) = p(2) = 0. Dimostrare che V `e un sottospazio vettoriale e calcolarne la dimensione. Esercizio 12.3.16. Sia V ⊂ R≤3 [x] l’insieme dei polinomi tali che p(0) = p(1) = p(2) = p(3) = 0. Dimostrare che V `e un sottospazio vettoriale e calcolarne la dimensione. Esercizio 12.3.17. Descrivere l’insieme V ⊂ R≤3 [x] dei polinomi tali che p(0) = 1 e p(1) = 1. Dimostrare che V non `e un sottospazio vettoriale. Esercizio 12.3.18. Si verifichi che l’insieme 1, 1 + x2 , x + x3 `e formato da vettori linearmente indipendenti e si estenda a base di R≤4 [x]. Esercizio 12.3.19. Si verifichi che l’insieme x−x3 , x+x3 `e formato da vettori linearmente indipendenti e si estenda a base di R≤4 [x]. Esercizio 12.3.20. Si estragga una base dai seguenti insiemi di vettori dopo aver controllato che siano dei generatori di C≤2 [x]. 1 + x, i + x, x2 , (x + 1)(x + i) 1 + ix, 1 + x, 1, x, 1 + x2 Esercizio 12.3.21. Si verifichi che i seguenti insiemi siano formati da vettori linearmenti indipendenti e si estendano a base di R4 0 1 0 0 1 1 1 1 1 0 2 0 0 2 0 0 1 1 , , , , , , 0 3 1 0 3 1 0 0 1 0 4 1 0 4 0 0 0 0 Esercizio 12.3.22. Si estragga una base dai seguenti insiemi di vettori dopo aver verificato che generino R3 0 1 1 0 1 1 1 2 3 0 0 , 0 , 1 , 1 , 1 0 , 2 , 2 , 2 , 0 0 0 0 0 1 0 3 3 3 1 12.3. ESERCIZI 83 Esercizio 12.3.23. Esibire almeno 100 basi diverse di Kn , K≤n [x], Mn×n K con K = R, C, Z/2Z e n = 1, . . . , 100. Esercizio 12.3.24. Sia A ∈ Mm×n (K). Dimostrare che le colonne di A generano Km se e solo se le righe di A sono linearmente indipendenti. Esercizio 12.3.25. Sia A ∈ Mm×n (K). Dimostrare che le colonne di A sono linearmente indipendenti se e solo se le righe di A generano Kn . Esercizio 12.3.26. Sia V uno spazio vettoriale su K e siano v1 , . . . , vn ∈ V . Dimostrare che v1 , . . . , vn sono una base di V se e solo se ogni vettore di V si esprime in modo unico come combinazione lineare dei vi . SCHEDA 13 Span, equazioni cartesiane e parametriche di sottospazi vettoriali ed affini 13.1. Richiami di teoria Sia V uno spazio vettoriale su K. Ricordiamo che un sottospazio di V `e un sottoinsieme chiuso per somma e prodotto per scalare. Definizione 13.1.1. Dato un sottoinsieme I ⊂ V il sottospazio vettoriale generato da I, che si indica con span(I) `e: (1) Il pi´ u piccolo sottospazio di V contenente I. (2) L’intersezione di tutti i sottospazi contenenti I. (3) L’insieme di tutte le combinazioni lineari di elementi di I. Teorema 13.1.2. Le tre definizioni di span date qui sopra sono effettivamente equivalenti. La dimostrazione di questo teorema `e un facile esercizio. Teorema 13.1.3. Da ogni I ⊂ V si estrae una base di span(I). La dimostrazione di questo teorema `e identica a quella del teorema di estrazione della base da un insieme di generatori di V . Teorema 13.1.4. Il rango di una matrice `e la dimensione dello spazio generato dalle sue righe. La dimostrazione di questo teorema segue dalla definizione di rango che abbiamo dato, notando che le operazioni elementari suole righe non cambiano lo spazio da loro generato. Teorema 13.1.5. Il rango di una matrice `e la dimensione dello spazio generato dalle sue colonne. Questo teorema segue dal precedente e dal fatto che rango(A) = rango(AT ). Definizione 13.1.6. Descrivere un sottospazio W < Kn tramite equazioni cartesiane significa trovare un sistema lineare omogeneo di cui W sia lo spazio delle soluzioni W = {AX = 0}. Definizione 13.1.7. Descrivere un sottospazio W < Kn tramite equazioni parametriche significa esprimere i vettori di W come combinazione lineare, con dim(W ) parametri, di una base di W . X W ={ λi vi } i 84 13.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 85 Il passaggio da cartesiane a parametriche si fa risolvendo il sistema per sostituzione ed isolando i parametri indipendenti. Il passaggio da parametriche a cartesiane `e un po’ pi´ u complesso. Si fa imponendo che il rango della matrice M = (v . . . v X) sia k = dim(W ). 1 k x 1 . Ove v1 , . . . , vk `e la base data dalle paramentriche e X = .. `e il vettore colonna delle xn n incognite in K . Usando il metodo dei minori orlati e sviluppando gli orlati secondo la colonna delle incognite si ottiene un sistema di n − k equazioni. Definizione 13.1.8. Un sottospazio affine di Kn `e un sottoinsieme W descritto come insieme delle soluzioni di un sistema non omogeneo AX = b. La giacitura giac(W ) di W `e il sottospazio vettoriale di equazioni AX = 0. La dimensione di W `e la dimensione della sua giacitura. Un sottospazio affine `e un sottospazio vettoriale solo se passa per lo zero, ossia se coincide con la propria giacitura. Definizione 13.1.9. Descrivere un sottospazio affine W di Kn tramite equazioni cartesiane significa trovare un sistema lineare di cui W sia lo spazio delle soluzioni W = {AX = b}. Definizione 13.1.10. Descrivere un sottospazio affine W Kn tramite equazioni parametriche significa esprimere i vettori di W come traslati di vettori della giacitura: X W = X0 + { λi vi } i ove i vettori vi sono una base di giac(W ) e X0 `e un qualsiasi elemento di W . Il passaggio tra equazioni cartesiane e parametriche si fa per gli spazi affini come per gli spazi vettoriali. In particolare, nel passaggio da cartesiane a parametriche si devono trovare: una qualsiasi soluzione particolare del sistema (il vettore X0 ); tutte le soluzioni del sistema omogeneo. Mentre per il passaggio da parametriche a cartesiane si usa il metodo dei minori orlati con il vettore X − X0 come colonna delle incognite. 13.2. Esempi ed esercizi svolti Esempio 13.2.1. Lo span di un sottospazio vettoriale `e se stesso. Esempio 13.2.2. Lo span di un vettore non nullo di R3 `e la retta passante per quel vettore. Esempio 13.2.3. Lo span di due vettori in R2 `e: lo zero se entrambi i vettori sono nulli, una retta se sono uno multiplo dell’altro, tutto R2 altrimenti. 13.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 86 Esempio 13.2.4. Lo span di tre vettori in R3 `e: lo zero se entrambi i vettori sono nulli, una retta se sono tutti multipli di uno di loro, un piano se sono linearmente dipendenti tra loro ma non tutti paralleli, tutto R3 se sono linearmente indipendenti. Esercizio 13.2.5. Calcolare la dimensione di span(v1 , v2 , v3 , v4 ) con 2 −1 1 1 −1 2 −1 0 v1 = , v2 = , v3 = , v4 = 2 −1 1 1 1 −2 1 0 Soluzione. Il rango di 1 1 −1 2 0 −1 2 −1 1 1 −1 2 0 1 −2 1 `e due (perch´e?) e quindi la dimensione dello span dei vi `e 2. Esercizio 13.2.6. In (Z/2Z)4 , si dica quanti elementi ha lo span(v1 , v2 , v3 , v4 ) con 1 1 −1 0 0 −1 0 −1 v1 = , v2 = , v3 = , v4 = 1 1 −1 0 0 1 0 1 Soluzione. Il rango di 1 1 −1 0 0 −1 0 −1 1 1 −1 0 0 1 0 1 `e due (perch´e?) e quindi la dimensione dello span dei vi `e 2; dunque ha 4 elementi perch`e ogni spazio vettoriale su Z/2Z che abbia dimensione 2 ha 22 = 4 elementi. Esempio 13.2.7. Lo span di {xy = 1} ⊂ R2 `e tutto R2 perch`e l’insieme {xy = 1} contiene due vettori linearmente indipendenti tra loro. 13.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 87 Esempio 13.2.8. Lo span della curva c(t) = (sin(t), − cos(t), cos(t)) `e un piano in sin(t) 1 0 R3 . Infatti ogni vettore c(t) appartiene a span(1 , −1) in quanto 0 1 1 0 c(t) = sin(t) 1 + cos(t) −1 0 1 Esercizio 13.2.9. Si calcoli la dimensione di span(v1 , v2 , v3 , v4 ) con v1 = 1 + x, v2 = (1 + x)2 , v3 = 1 + x3 , v4 = 3 + 3x + x2 + x3 . Soluzione. Usiamo il metodo degli scarti successivi per estrarre una base di span(v1 , v2 , v3 , v4 ) dai vi stessi. v1 `e non nullo, lo teniamo. v2 non `e un multiplo di v1 , lo teniamo. v3 `e un polinomio di grado 3 e quindi non `e combinazione lineare di polinomi di grado al pi´ u 2, quindi v3 non `e combinazione lineare di v1 e v2 . Lo teniamo. v4 `e la somma di v1 , v2 , v3 , lo buttiamo. Una base di span(v1 , v2 , v3 , v4 ) `e dunque v1 , v2 , v3 . Quindi la dimensione cercata `e 3. Esercizio 13.2.10. Si trovino le equazioni parametriche della retta di R3 di equazioni cartesiane 2x − z = 1 x−y+z =2 Soluzione. Risolviamo il sistema per sostituzione 2x − z = 1 z = 2x − 1 z = 2x − 1 z = 2x − 1 x − y + z = 2 x − y + 2x − 1 = 2 3x − y = 3 y = 3 − 3x quindi la retta `e data dall’insieme dei vettori (x, y, z) della forma x x 0 1 y = 3 − 3x = 3 + x −3 z 2x − 1 −1 2 Detti 0 p0 = 3 −1 1 v = −3 2 13.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI La retta ha equazioni parametriche p0 + tv, con t parametro reale. 88 Esercizio 13.2.11. Si trovino le equazioni parametriche del piano di R3 di equazione x + y + z = 1. Soluzione. Risolvendo per sostituzione si trova −1 −1 x 1 − y − z 1 = 0 + y 1 + z 0 y = y 1 0 0 z z Ponendo 1 X0 = 0 0 −1 v1 = 1 0 −1 v2 = 0 1 Le equazioni parametriche si possono scrivere come X0 + λv1 + µv2 . Esercizio 13.2.12.Si trovino delle equazioni parametriche per AX = 0 e AX = b con 1 1 1 1 0 e b = . A= 0 2 1 0 −1 Soluzione. Risolviamo per sostituzione il sistema x+y+z =0 2x + y − t = 0 x = −y − z x = −y − z x = −y − z 2(−y − z) + y − t = 0 −y − 2z − t = 0 t = −y − 2z per cui le soluzioni sono −1 −1 −y − z x 0 1 y y = y +z = 1 0 z z −2 −1 −y − 2z t Per il sistema non omogeneo usiamo lo stesso procedimento risolvendo per sostituzione il sistema x+y+z =1 2x + y − t = 0 13.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 89 x = −y − z + 1 x = −y − z + 1 x = −y − z + 1 2(−y − z + 1) + y − t = 0 −y − 2z + 2 − t = 0 t = 2 − y − 2z per cui le soluzioni sono x −y − z + 1 1 −1 −1 y 0 1 0 y = = +y +z z 1 z 0 0 t 2 − y − 2z 2 −1 −2 Esercizio 13.2.13. Si trovino le equazioni cartesiane della retta r(t) = (2 + t, t, 3 − t). Soluzione. Si ha 2 1 r(t) = 0 + t 1 3 −1 Tramite il metodo dei minori orlati imponiamo che il rango della seguente matrice sia 1. 1 x − 2 1 y −1 z − 3 Il minore formato dalla prima riga e prima colonna `e non nullo. I suoi orlati sono 1 x − 2 1 x − 2 =y−x+2 =z−3+x−2=x+z−5 1 −1 z − 3 y Le equazioni cartesiane sono dunque x−y =2 x+z =5 1 1 Esercizio 13.2.14. Si trovino le equazioni cartesiane del piano di giacitura span(1 , −1) 1 1 e passante per il punto (2, 3, 1). 13.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI Soluzione. Imponiamo che il rango 1 1 1 90 della seguente matrice sia 2. 1 x − 2 −1 y − 3 1 z−1 in questo caso basta che il determinante sia nullo (perch´e?) 1 1 x − 2 1 −1 1 1 1 1 = 2(x − 2) − 2(z − 1) 1 −1 y − 3 = (x − 2) − (y − 3) + (z − 1) 1 1 1 1 1 −1 1 1 z − 1 Quindi l’equazione `e x − z = 1. 0 0 1 1 Esercizio 13.2.15. Si trovino delle equazioni cartesiane per span( , ) 2 0 3 1 Soluzione. Si deve imporre, tramite i minori orlati, che il rango della seguente matrice sia 2 0 0 x 1 1 y 2 0 z 3 1 t Un minore non nullo di ordine due costruito usando le prime due colonne `e quello ottenuto usando la seconda e terza riga. I suoi orlati sono 0 0 x 1 1 y 2 0 1 1 1 1 = 2y + 2z − 2t 1 1 y = −2x 2 0 z = y −z + t 3 1 3 1 2 0 2 0 z 3 1 t Il sistema richiesto `e quindi −2x = 0 2y + 2z − 2t = 0 equivalente a x=0 y+z−t=0 13.3. ESERCIZI 91 Esercizio 13.2.16. Si trovino delle equazioni cartesiane per il sottospazio affine di R4 0 0 1 1 passante per (1, 2, 3, 4) e con giacitura span( , ). 0 1 0 1 Soluzione. Si deve imporre, tramite i minori orlati, che il rango della seguente matrice sia 2 0 0 x−1 1 1 y − 2 0 1 z − 3 0 1 t−4 Un minore non nullo di ordine due costruito usando le prime due colonne `e quello ottenuto usando la seconda e quarta riga. I suoi orlati sono 0 0 x − 1 1 1 y − 2 1 1 y − 2 = x − 1 0 1 z − 3 = (t − 4) − (z − 3) 0 1 t − 4 0 1 t − 4 Il sistema richiesto `e quindi x−1=0 (t − 4) − (z − 3) = 0 equivalente a x=1 t−z =1 13.3. Esercizi Esercizio 13.3.1. Siano A, B due matrici moltiplicabili. Dimostrare che le colonne di AB appartengono allo span delle colonne di A. Esercizio 13.3.2. Siano A, B due matrici moltiplicabili. Dimostrare che le righe di AB appartengono allo span delle righe di B. Esercizio 13.3.3. Siano A, B due matrici moltiplicabili. Dimostrare che il rango di AB non eccede n´e il rango di A n´e quello di B. Dare un esempio in cui `e strettamente pi´ u piccolo. Esercizio 13.3.4. Sia A un vettore colonna non nullo e B un vettore riga non nullo. Dimostrare che AB ha rango esattamente 1. Esercizio 13.3.5. Sia A ∈ Mm×n (K), sia Y ∈ Kn un vettore colonna e sia b = AY . Si dimostri che il sistema AX = b ha sempre soluzione. 13.3. ESERCIZI 92 Esercizio 13.3.6. Si determini lo span del seguente sottoinsieme di R2 : {(1, 1), (1, −1), (−1, 1), (−1, −1)}. Esercizio 13.3.7. Si determini lo span del seguente sottoinsieme di R2 : {(1, 1), (−1, −1)}. Esercizio 13.3.8. Si determini lo span del seguente sottoinsieme di R2 : {(x, y) : y = x2 }. Esercizio 13.3.9. Si determini lo span del seguente sottoinsieme di R2 : {(sin(t), tan(t)) : t ∈ (π/4, π/3)}. Esercizio 13.3.10. Si determini lo span del seguente sottoinsieme di R3 : {(cos(t), cos(2t), sin(t)) : t ∈ R}. Esercizio 13.3.11. In (Z/2Z)4 , si dica quanti elementi ha lo span(v1 , v2 , v3 , v4 ) con 0 −1 1 1 −1 0 0 0 v1 = , v2 = , v3 = , v4 = 0 1 −1 1 1 0 1 0 Esercizio 13.3.12. Si trovino le equazioni cartesiane del sottospazio di C4 passante per 1 1 1 0 (1, 0, i, 0) e di giacitura span( , ) 1 0 i 0 Esercizio 13.3.13. Si trovino le equazioni cartesiane del sottospazio di C4 passante per 1 1 1 1 0 0 (1, 0, 1, 0) e di giacitura span( , , ). 1 0 i 0 i i Esercizio 13.3.14. Al variare del parametro k ∈ R si trovino le equazioni cartesiane del sottospazio affine di R3 passante per X0 e di giacitura v1 , v2 con 0 k 0 X0 = k v1 = 2k v2 = k k2 3 1 SCHEDA 14 Intersezione di sottospazi, somma, somma diretta, posizioni reciproche di sottospazi. Formula di Grassmann. 14.1. Richiami di teoria Sappiamo gi`a che intersezione di sottospazi vettoriali `e sottospazio vettoriale. Siano W1 = {A1 X = 0} e W2 = {A2 X = 0} due sottospazi di Kn descritti tramite equazioni cartesiane. Le equazioni cartesiane di W1 ∩ W2 si trovano mettendo a sistema A1 tutte le equazioni: detta A = la matrice che si ottiene aggiungendo le righe di A2 A2 a quelle di A1 , si ha W1 ∩ W2 = {AX = 0} Se entrambi i Wi sono dati in forma parametrica, prima ne si trovano le equazioni cartesiane e poi si fa l’intersezione. Allo stesso modo, se W1 = {A1 X = b1 } e W2 = {A2 X = b2 } due sottospazi affini di n K descritti tramite equazioni cartesiane, le equazioni W1 ∩ W2 si trovano di cartesiane b1 A1 mettendo a sistema tutte le equazioni: dette A = e b = b2 A2 W1 ∩ W2 = {AX = b} Si noti che W1 ∩ W2 `e sempre non vuoto nel caso di sottospazi vettoriali, mentre due spazi affini potrebbero non intersecarsi (esempio: le rette {x + y = 0} e {x + y = 1} in R2 ). Teorema 14.1.1. Siano W1 , W2 due sottospazi affini di Kn . Se W1 ∩ W2 `e non vuoto allora `e uno spazio affine la cui giacitura `e l’intersezione delle giaciture di W1 e W2 . Definizione 14.1.2. Dati W1 , W2 sottospazi vettoriali di uno spazio V si definisce W1 + W2 = span(W1 ∪ W2 ) Teorema 14.1.3 (Formula di Grassmann). Siano W1 , W2 due sottospazi di uno spazio vettoriale V allora dim(W1 + W2 ) = dim(W1 ) + dim(W2 ) − dim(W1 ∩ W2 ). La dimostrazione di questo teorema si fa esibendo una base di W1 + W2 fatta da vettori v1 , . . . , vk , u1 , . . . us , w1 , . . . , wm tali che u1 , . . . us sia una base di W1 ∩W2 , v1 , . . . , vk , u1 , . . . , us sia una base di W1 e u1 , . . . us , w1 , . . . , wm sia una base di W2 . 93 14.1. RICHIAMI DI TEORIA 94 Definizione 14.1.4. Due sottospazi vettoriali W1 , W2 di uno spazio V si dicono in somma diretta se la loro intersezione `e lo spazio nullo; in tal caso si scrive W1 + W2 = W1 ⊕ W2 V si dice somma diretta di W1 e W2 se V = W1 ⊕ W2 . Teorema 14.1.5. V = W ⊕ U se e solo se ogni vettore v ∈ V si scrive in modo unico come v = u + w con u ∈ U e w ∈ W . La dimostrazione di questo teorema `e un facile esercizio. Dalla formula di Grassmann si deduce che dim(W1 ⊕ W2 ) = dim(W1 ) + dim(W2 ). Per gli spazi affini la situazione `e pi` u complicata perch`e due spazi affini possono avere la stessa giacitura e non intersecarsi. La formula delle dimensioni vale solo nel caso che l’intersezione sia non nulla a priori. Teorema 14.1.6. Siano W1 , W2 due sottospazi affini di Kn . Se giac(W1 ) + giac(W2 ) = Kn allora W1 ∩ W2 6= ∅. La dimostrazione di questo teorema segue dalla formula di Grassmann. Se W1 = A1 {A1 X = b1 }, W2 = {A2 X = b2 } e giac(W1 ) + giac(W2 ) = Kn , allora rango = A2 b1 A1 rango(A1 ) + rango(A2 ) dunque il sistema X = ha soluzione. b2 A2 POSIZIONI RECIPROCHE DI SOTTOSPAZI AFFINI: Due rette in R2 possono essere: (1) uguali (stessa giacitura e intersecanti) (2) parallele (stessa giacitura e non intersecanti) (3) incidenti (giaciture diverse) Due rette in R3 possono essere: (1) uguali (stessa giacitura e intersecanti) (2) parallele (stessa giacitura e non intersecanti) (3) incidenti (giaciture diverse e intersezione non nulla) (4) sghembe (giaciture diverse e intersezione nulla) Due piani in R3 possono essere: (1) uguali (stessa giacitura e intersecanti) (2) paralleli (stessa giacitura e non intersecanti) (3) incidenti (giaciture diverse). In tal caso l’intersezione `e una retta. Una retta r e un piano π in R3 possono essere: (1) r ⊂ π (giac(r) < giac(π) e intersezione non nulla) (2) paralleli tra loro (giac(r) < giac(π) e intersezione nulla) 14.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 95 (3) incidenti (giaciture in somma diretta) Due sottospazi affini W1 e W2 di Kn possono essere: (1) In posizione non generica: (a) Uno contenuto nell’altro: Giaciture una nell’altra e intersezione non vuota (Questo caso contiene il caso W1 = W2 .) (b) Paralleli: Giaciture una dentro l’altra e intersezione vuota. (c) Incidenti in posizione non generica: Giaciture non una nell’altra e che non generano Kn e intersezione non vuota. (2) In posizione generica: (a) Sghembi: Giaciture non una dentro l’altra e che non generano Kn e intersezione vuota. (b) Incidenti in posizione generica: Giaciture che generano Kn (quindi l’intersezione `e non vuota ed `e uno spazio affine la cui giacitura `e l’intersezione delle giaciture e la formula di Grassmann si applica.) Traduciamo in formule il caso generale: Siano W1 , W2 due sottospazi affini di Kn . Siani V1 = giac(W1 ) e V2 = giac(W2 ). Supponiamo dim(W1 ) ≤ dim(W2 ) (se dim(W2 ) ≤ dim(W1 ) basta scambiare i ruoli di W1 e W2 in ci`o che segue). Siccome V1 ∩ V2 `e un sottospazio di V1 si ha dim(V1 ∩ V2 ) ≤ dim(V1 ). In particolare V1 `e sottospazio di V2 se e solo se V1 ∩ V2 = V1 se e solo se dim(V1 ∩ V2 ) = dim(V1 ). Se dim(V1 ∩ V2 ) < dim(V1 ) allora V1 non `e un sottospazio di V2 . W1 e W2 sono: (1) In posizione non generica: (a) W1 ⊆ W2 : dim(V1 ∩ V2 ) = dim(V1 ) e W1 ∩ W2 6= ∅. (b) Paralleli: dim(V1 ∩ V2 ) = dim(V1 ) e W1 ∩ W2 = ∅. (c) Incidenti in posizione non generica: dim(V1 ∩ V2 ) < dim(V1 ), V1 + V2 6= Kn e W1 ∩ W2 6= ∅. (2) In posizione generica: (a) Sghembi: dim(V1 ∩ V2 ) < dim(V1 ), V1 + V2 6= Kn e W1 ∩ W2 = ∅. (b) Incidenti in posizione generica: V1 + V2 = Kn (e quindi dim(W1 ∩ W2 ) = dim(W1 ) + dim(W2 ) − n). 14.2. Esempi ed esercizi svolti Esercizio 14.2.1. Si calcoli una base dell’intersezione di x−y+z−t=0 W1 = y − 2z + t = 0 y+z+t=0 W2 = x−z =0 14.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 96 Soluzione. Si tratta dell’intersezione di due sottospazi bidimensionali di R4 . La loro intersezione pu`o avere dimensione 0, 1, 2 ed `e determinata dal sistema x−y+z−t=0 y − 2z + t = 0 W1 ∩ W2 = y+z+t=0 x−z =0 la cui matrice `e 1 −1 1 −1 0 1 −2 1 0 1 1 1 1 0 −1 0 che ha rango 3 (perch´e?). Quindi dim(W1 ∩ W2 ) = 1, per cui una base `e costituita da una qualsiasi soluzione non nulla (perch´e?). Risolvendo il sistema per sostituzione si trova x−y+z−t=0 z=0 y − 2z + t = 0 z=0 t = −y t = −y − z y + z + t = 0 x=0 x=z x−z =0 Una soluzione particolare `e (0, 1, 0, −1) che `e quindi una base di W1 ∩ W2 . Le soluzioni sono tutte del tipo 0 0 x 1 y y = = y . 0 z 0 −1 −y t Esercizio 14.2.2. Determinare la dimensione dell’intersezione di −1 1 1 1 2 0 x−y =0 e W2 = W1 = span( , , ) y − 2z + t = 0 1 0 0 1 −1 1 14.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 97 Soluzione. Per calcolare l’intersezione le coordinate cartesiane sono pi´ u comode. Calcoliamo le equazioni cartesiane di W1 1 1 −1 x 1 2 0 y = 2x − 4z + 2t 1 0 0 z 1 −1 1 t Quindi un’equazione di W1 `e x − 2z + t = 0. W1 ∩ W2 ha quindi equazioni x−y =0 W1 ∩ W2 = y − 2z + t = 0 x − 2z + t = 0 La matrice dei coefficienti di tale sistema ha rango 2 e quindi W1 ∩ W2 = W2 che ha dimensione 2. Esercizio 14.2.3. Determinare la dimensione dell’intersezione di 1 1 −1 1 2 0 x+y =0 W1 = span( , , ) e W2 = 1 0 0 y − 2z + t = 0 1 −1 1 Soluzione. W1 `e lo stesso dell’esercizio precedente. Quindi un’equazione di W1 `e x − 2z + t = 0. Queste volta W1 ∩ W2 ha equazioni x+y =0 W1 ∩ W2 = y − 2z + t = 0 x − 2z + t = 0 La matrice dei coefficienti di tale sistema ha rango 3 e quindi per il teorema di Rouch´eCapelli W1 ∩ W2 ha dimensione 1. Esercizio 14.2.4. Si trovi una base di W1 + W2 con 3 1 2 2 x − y + 2z = 0 W2 = W1 = span( , ) x−y+z+t=0 1 0 1 2 14.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 98 Soluzione. Delle equazioni parametriche di W2 si trovano risolvendo il sistema: x − y + 2z = 0 x−y+z+t=0 x = y − 2z −z + t = 0 x = y − 2z t=z x 1 −2 y 1 0 = y +z z 0 1 t 0 1 −2 1 1 0 quindi una base di W2 `e data da , . Un sistema di generatori di W1 + W2 0 1 1 0 1 3 1 −2 −2 1 3 1 2 2 1 0 2 2 1 0 `e , , , la matrice ha rango 3 (perch´e?) e un suo 1 0 0 1 1 0 0 1 2 1 0 1 1 0 1 2 minore non nullo `e quello formato dalle prime tre righe e prime tre colonne. Le prime tre colonne formano quindi una base di W1 + W2 . Esercizio 14.2.5. Si determini la posizione reciproca delle rette di R3 0 1 r : 1 + t −1 0 1 x+y =0 s= x + 2y + z = 1 Soluzione. La giacitura di r `e la retta span(1, −1, 1). La giacitura di s la si trova risolvendo il sistema per sostitzione: x+y =0 x + 2y + z = 0 x = −y y+z =0 x = −y z = −y −1 x y = y 1 −1 z Quindi giac(s) = giac(r). Le due rette sono quindi uguali (se si intersecano) o parallele (se non si intersecano). Per trovare l’intersezione calcoliamo prima le equazioni cartesiane di 14.3. ESERCIZI 99 r imponendo che il rango della seguente matrice sia 2 1 x−0 −1 y − 1 1 z−0 Ricaviamo due equazioni 1 x − 0 =0 −1 y − 1 y−1+x=0 1 x − 0 =0 1 z − 0 z−x=0 Facendo il sistema x+y =0 x + 2y + z = 1 s∩r = x+y =1 z−x=0 la terza e la prima equazione sono incompatibili, quindi il sistema non ha soluzione e quindi le due rette non si intersecano. Quindi r ed s sono parallele. 14.3. Esercizi Esercizio 14.3.1. Dimostrare tutti i teoremi della sezione “Richiami di teoria”. Esercizio 14.3.2. Si determini la dimensione di W1 + W2 e se ne esibisca una base, con x−y+z−t=0 y+z+t=0 W1 = W2 = y − 2z + t = 0 x−z =0 Esercizio 14.3.3. Si determini la dimensione di W1 + W2 e se ne esibisca una base, con −1 1 1 1 2 0 x−y =0 e W2 = W1 = span( , , ) y − 2z + t = 0 1 0 0 1 −1 1 14.3. ESERCIZI 100 Esercizio 14.3.4. Si determini la dimensione di W1 + W2 e se ne esibisca una base, con 1 1 −1 1 2 0 x+y =0 W1 = span( , , ) e W2 = 1 0 0 y − 2z + t = 0 1 −1 1 Esercizio 14.3.5. Si determini W1 ∩ W2 con 3 1 −1 2 2 1 W1 = + span( , ) 1 0 1 1 2 1 x − y + 2z = 0 W2 = x−y+z+t=0 Esercizio 14.3.6. Si determini la posizione reciproca di W1 e W2 in R4 con 0 1 1 1 1 2 t−z+x−y =0 W2 = W1 = + span( , ) x+y−z =1 1 2 3 3 1 4 Esercizio 14.3.7. Si determini la posizione reciproca di W1 e W2 in C4 con i 1 1 0 0 0 −2x + t(1 − i) + z(1 − i) + y = i W1 = + span( , ) W2 = 0 i 1 2ix − t(1 + i) − z(1 + i) + iy = 1 0 1 i Esercizio 14.3.8. Si determini la posizione reciproca di W1 e W2 in R5 con 1 1 1 1 0 0 2 −2 x1 + x2 + x3 = 1 W1 = W2 = x1 − x2 + x3 = 0 1 + span(1 , 2 , 0 ) 0 0 2 −2 x3 = 0 1 0 1 −1 14.3. ESERCIZI 101 Esercizio 14.3.9. Si determini la posizione reciproca di W1 e W2 in R5 con 1 1 1 1 0 0 2 −2 x1 + x2 + x3 = 2 W1 = W2 = x1 − x2 + x3 = 2 1 + span(1 , 2 , 0 ) 0 0 2 −2 x3 = 1 1 0 1 −1 Esercizio 14.3.10. Si determini la posizione reciproca di W1 e W2 in R5 con 1 1 1 1 0 0 2 −2 x +x +x =1 1 2 3 + span(1 , 2 , 0 ) W1 = W = 1 2 x1 − x2 + x3 = 0 0 0 2 −2 1 0 1 −1 Esercizio 14.3.11. Si determini la posizione reciproca di W1 e W2 in R5 , calcolando esplicitamente dim(W1 ∩ W2 ), con 1 1 1 1 0 0 2 −2 x +x +x =2 1 2 3 W1 = 1 + span(1 , 2 , 0 ) W2 = x3 = 1 0 0 2 −2 1 0 1 1 Esercizio 14.3.12. Si dica se i seguenti sottospazi di R4 sono in somma diretta: 1 2 V = span W :x+y+z+t=0 1 0 1 1 2 2 x + 2y + z = 0 W : V = span( , ) 2x − y + t = 0 1 3 0 0 14.3. ESERCIZI 1 1 V = span 1 1 x + 2y + z − t = 0 W = t−y+z =0 Esercizio 14.3.13. Si dica se R4 = V ⊕ W con 1 2 V = span W : x + 2y + z = 0 1 0 1 1 2 2 V = span( , ) W : x + 2y + z = 0 1 3 0 0 1 2 x + 2y + z − t = 0 V = span W = 1 t−y+z =0 1 1 1 1 x +x +x =0 0 2 −2 1 2 3 W = V = span( , , ) x3 = 0 1 2 0 0 2 1 102 SCHEDA 15 Coordinate 15.1. Richiami di teoria Teorema 15.1.1. Sia V uno spazio vettoriale su K e siano v1 , . . . , vn ∈ V . L’insieme ordinato (v1 , . . . , vn ) `e una base di V se e solo se per ogni v ∈ V esistono e sono unici, λ1 , . . . , λn tali che n X v= λi v i i=1 n Il vettore (λ1 , . . . , λn ) ∈ K si chiama vettore delle coordinate di v rispetto alla base (v1 , . . . , vn ). Una volta data una base, trovare le coordinate di un vettore in tale base si riduce a risolvere un sistema lineare nelle variabili λi . Data una base, ogni problema di algebra lineare su V diventa un problema in Kn . In sostanza, V viene identificato con Kn tramite le coordinate. Si noti bene che tale identificazione dipende fortemente dalla scelta della base. 15.2. Esempi ed esercizi svolti Esempio 15.2.1. Le coordinate del vettore (x1 , x2 , . . . , x2 ) rispetto alla base canonica di K2 sono (x1 , x2 , . . . , xn ). Esempio 15.2.2. L’ordine dei vettori di base `e importante: (e1 , e2 ) e (e2 , e1 ) sono due basi diverse di R2 (si ricordi che per definizione e1 = (1, 0) e e2 = (0, 1).) Esempio 15.2.3. Sia Can = (e1 , e2 ) la base canonica di R2 e sia B = (e2 , e1 ). Le coordinate del punto (1, 2) rispetto alla base canonica sono (1, 2), rispetto alla base B invece sono (2, 1). Esempio 15.2.4. Se K `e diverso da Z/2Z e v 6= 0, i vettore v e −v sono diversi, quindi (e1 , e2 ) e (−e1 , e2 ) sono due basi diverse di R2 (si ricordi che per definizione e1 = (1, 0) e e2 = (0, 1), dunque −e1 = (−1, 0).) Esempio 15.2.5. Sia Can = (e1 , e2 ) la base canonica di R2 e sia B = (−e1 , e2 ). Le coordinate del punto (1, 2) rispetto alla base canonica sono (1, 2), rispetto alla base B invece sono (−1, 2). Esempio 15.2.6. Le coordinate di (1 + x)2 rispetto alla base canonica di R≤2 [x] sono (1, 2, 1). 103 15.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 104 Esempio 15.2.7. Le coordinate di (1 + x)2 rispetto alla base canonica di R≤3 [x] sono (1, 2, 1, 0). Esempio 15.2.8. Le coordinate di (1 + x)2 rispetto alla base canonica di R≤4 [x] sono (1, 2, 1, 0, 0). Esempio 15.2.9. Le coordinate di (1 + x)3 rispetto alla base canonica di R≤3 [x] sono (1, 3, 3, 1). Esempio 15.2.10. Le coordinate di (1 + x)3 rispetto alla base canonica di R≤4 [x] sono (1, 3, 3, 1, 0). Esempio 15.2.11. Le coordinate di (1 + x)(1 − x) rispetto alla base canonica di R≤3 [x] sono (1, 0, −1, 0). P Esempio 15.2.12. Le coordinate di p(x) = ki=0 ai xi rispetto alla base canonica di K≤k [x] sono (a0 , a1 , . . . , ak ). Esempio 15.2.13. Sia B la base canonica di M2×2 (R), ordinata come segue 0 0 0 0 0 1 1 0 . , , , v4 = v3 = v2 = v1 = 0 1 1 0 0 0 0 0 1 2 rispetto alla base B sono (1, 2, 3, 4). Le coordinate di 3 4 0 1 rispetto alla base B sono (0, 1, 0, 0). Le coordinate di 0 0 −1 0 rispetto alla base B sono (−1, 0, 2, 1). Le coordinate di 2 1 −1 0 1 2 rispetto alla base B sono (3, 2, 5, 4). Le coordinate di 2 1 3 4 Esercizio 15.2.14. Si calcolino le coordinate di (1, 1) rispetto alla base v1 = (1, 1), v2 = (1, 0) di R2 . Soluzione. (1, 1) = v1 = 1v1 + 0v2 quindi le coordinate di (1, 1) nella base v1 , v2 sono (1, 0). Esercizio 15.2.15. Si calcolino le coordinate di (1, 0) rispetto alla base v1 = (1, 1), v2 = (1, 0) di R2 . Soluzione. (1, 0) = v2 = 0v1 + 1v2 quindi le coordinate di (1, 0) nella base v1 , v2 sono (0, 1). 15.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 105 Esercizio 15.2.16. Si calcolino le coordinate di (1, 2) rispetto alla base v1 = (1, 1), v2 = (1, 0) di R2 . Soluzione. (1, 2) = (2, 2) − (1, 0) = 2v1 − v2 quindi le coordinate di (1, 0) nella base v1 , v2 sono (2, −1). Esercizio 15.2.17. Si calcolino le coordinate di (1, 0, 0) nella base v1 = (1, 1, 0), v2 = (0, 1, −1), v3 = (0, 0, 1) di R3 . P Soluzione. Si deve risolvere il sistema λi vi = (1, 0, 0) ossia 1 λ1 X λi vi = λ1 + λ2 = 0 i 0 −λ2 + λ3 λ1 = 1 λ1 = 1 λ = −1 λ1 + λ2 = 0 2 −λ2 + λ3 = 0 λ3 = −1 Le coordinate cercate sono quindi (1, −1, −1). Esercizio 15.2.18. Si calcolino le (0, 1, −1), v3 = (−1, 0, 1) di R3 . 1 0 Soluzione. Sia A = 1 1 0 −1 coordinate di (1, 0, 1) nella base v1 = (1, 1, 0), v2 = −1 0 la matrice che ha i vi come colonne. Si deve 1 λ1 1 P risolvere il sistema λi vi = (1, 0, 1) ossia AX = b con X = λ2 e b = 0. λ3 1 λ1 − λ3 1 AX = λ1 + λ2 = 0 −λ2 + λ3 1 a questo punto o risolviamo il sistema per sostituzione, o calcoliamo A−1 (se A non fosse invertibile i vi non sarebbero una base: perch´e?) e troviamo X = A−1 b. In ogni caso troviamo X = (1, −1, 0). Le coordinate cercate sono quindi (1, −1, 0). Esercizio 15.2.19. Sia v1 = 1 + x, v2 = (1 + x)2 , v3 = 1 − x. Dopo aver verificato che B = (v1 , v2 , v3 ) `e una base di R≤2 [x] si calcolino le coordinate rispetto alla base B del polinomio p = 1 + x + x2 . 15.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 106 Soluzione. Abbiamo 1 = (v1 + v3 )/2, x = (v1 − v3 )/2, x2 = v2 − 2x − 1 = v2 − (v1 − v3 ) − (v1 + v3 )/2 quindi i vettori della base canonica sono combinazione lineare dei vi , che quindi generano; siccome sono tre generatori in uno spazio ne sono una base. Per le P di dimensione tre, coordinate dobbiamo risolvere il sistema λ1 vi = 1 + x + x2 quindi X λi vi = (λ1 + λ2 + λ3 ) + x(λ1 + 2λ2 − λ3 ) + x2 λ2 = 1 + x + x2 ossia il sistema λ1 + λ2 + λ3 = 1 λ1 + 2λ2 − λ3 = 1 λ2 = 1 λ + λ = 0 3 λ1 = −1/2 1 λ3 = 1/2 λ1 − λ3 = −1 λ2 = 1 λ2 = 1 Le coordinate di p nella base data sono quindi (−1/2, 1, 1/2). Esercizio 15.2.20. Si dica se le matrici 0 0 1 1 , , v2 = v1 = 1 1 0 0 formano una base di M2×2 (R). 1 0 , v3 = 1 0 0 1 v4 = 0 1 Soluzione. Usiamo le coordinate per trasformare il problema in un problema in R4 . In base canonica, ordinata come nell’esercizio precedente, le coordinate dei vettori dati sono 1 0 1 0 1 0 1 0 1 0 0 1 1 0 0 1 , , , . La matrice ha rango 3, quindi le sue colonne non 0 1 1 0 0 1 1 0 0 1 0 1 0 1 0 1 4 sono una base di R , quindi i quattro vettori dati non sono una base di M2×2 (R). Esercizio 15.2.21. Si dica se le matrici 0 0 1 0 , , v2 = v1 = 1 1 0 0 formano una base di M2×2 (R). 1 0 , v3 = 1 0 0 1 v4 = 0 1 Soluzione. Usiamo le coordinate per trasformare il problema in un problema in R4 . In base canonica, ordinata come nell’esercizio precedente, le coordinate dei vettori dati 15.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 107 1 0 1 0 0 1 0 1 0 0 0 1 0 0 0 1 sono , , , . Il determinante della matrice `e diverso da 0 1 1 0 0 1 1 0 0 1 0 1 1 0 1 0 4 zero, quindi le sue colonne sono una base di R , quindi i quattro vettori dati sono una base di M2×2 (R). Esercizio 15.2.22. Sia B la base di M2×2 (R) costituita 1 0 0 1 0 , , v3 = v2 = v1 = 1 1 1 0 0 da 0 , 0 Si calcolino le coordinate rispetto alla base B di 1 −1 0 0 1 2 , , , w3 = w2 = w1 = −1 0 0 1 3 4 e si dica se tali vettori costituiscano una base di M2×2 (R). 0 1 . v4 = 0 1 w4 = 0 1 0 −1 Soluzione. Si deve impostare, e risolvere nei λi , il sistema X λi v i = w j Cominciamo con w1 dobbiamo risolvere X 1 2 λ1 + λ3 λ4 = w1 = λi v i = 3 4 λ2 + λ3 λ2 + λ4 Il sistema nei λi `e dunque λ1 + λ3 = 1 λ =2 4 λ2 + λ3 = 3 λ2 + λ4 = 4 che `e un sistema di 4 equazioni in 4 incognite (come `e giusto che sia, visto che dim(M2×2 (K) = 4). La matrice associata `e 1 0 1 0 | 1 0 0 0 1 | 2 (A|b) = 0 1 1 0 | 3 0 1 0 1 | 4 15.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 108 Si noti che le colonne della matrice del sistema omogeneo sono i vettori delle coordinate dei vi in base canonica. A questo punto possiamo risolvere il sistema a mano, ottenendo che le coordinate di w1 rispetto alla base B sono (0, 2, 1, 2). Visto per´o che dobbiamo risolvere quattro sistemi tutti con matrice dei coefficienti uguale ad A, e visto che A `e invertibile (altrimenti i vi non sarebbero una base: perch`e?) sappiamo che il sistema AX = b ha soluzione X = A−1 b. Quindi, invece di risolvere tutti i sistemi a mano, calcoliamo direttamente A−1 . A−1 1 −1 −1 1 0 −1 0 1 = 0 1 1 −1 0 1 0 0 (perch´e? Come l’abbiamo trovata?) abbiamo 0 1 1 −1 −1 1 1 2 0 −1 0 1 2 2 −1 w1 = A = = 3 1 3 0 1 1 −1 B 2 4 0 1 0 0 4 w 2 B 1 0 1 −1 −1 1 0 0 0 −1 0 1 0 1 = A−1 = = 0 0 1 1 −1 0 −1 0 1 0 1 0 0 1 1 1 −1 −1 −1 0 −1 w3 = A−1 = −1 0 1 B 0 0 1 0 0 1 0 1 −1 −1 1 0 −1 w4 = A−1 = 0 0 1 B 0 1 −1 0 1 0 1 1 3 1 −1 1 = −1 −1 −2 0 0 −1 −2 1 1 −2 = −1 0 2 1 −1 0 1 0 15.3. ESERCIZI 0 1 3 −2 109 2 1 1 −2 La matrice ha rango 4 quindi i wi sono una base di M2×2 (R). 1 −1 −2 2 2 0 −1 1 15.3. Esercizi Esercizio 15.3.1. Si calcolino le coordinate di (1, −1) rispetto alla base v1 = (1, 2), v2 = (2, 1) di R2 . Esercizio 15.3.2. Si calcolino le coordinate di (1, 0) rispetto alla base v1 = (1, 1), v2 = (i, 0) di C2 . Esercizio 15.3.3. Si calcolino le coordinate di (i, 2) rispetto alla base v1 = (1, i), v2 = (1, 0) di C2 . Esercizio 15.3.4. Si calcolino le coordinate di (1, 0, 1) nella base v1 = (1, 1, 0), v2 = (0, 1, −1), v3 = (0, 0, 1) di (Z/2Z)3 . Esercizio 15.3.5. Si calcolino le coordinate di (1, 2, 3) nella base v1 = (1, 1, 0), v2 = (0, 1, −1), v3 = (−1, 0, 1) di R3 . Esercizio 15.3.6. Si calcolino le coordinate di (1, 2, 1) nella base v1 = (1, 1, 0), v2 = (0, 1, −1), v3 = (−1, 0, 1) di R3 . Esercizio 15.3.7. Si calcolino le coordinate di (3, 2, 3) nella base v1 = (1, 1, 0), v2 = (0, 1, −1), v3 = (−1, 0, 1) di R3 . Esercizio 15.3.8. Si calcolino le coordinate di (1, 2, 0) nella base v1 = (1, 1, 0), v2 = (0, 1, −1), v3 = (−1, 0, 1) di R3 . Esercizio 15.3.9. Si calcolino le coordinate di (0, 2, 3) nella base v1 = (1, 1, 0), v2 = (0, 1, −1), v3 = (−1, 0, 1) di R3 . Esercizio 15.3.10. Sia v1 = 1 + x + x2 , v2 = (1 + x)2 , v3 = 1 − x. Dopo aver verificato che B = (v1 , v2 , v3 ) `e una base di R≤2 [x] si calcolino le coordinate rispetto alla base B del polinomio p = 1 + x. Esercizio 15.3.11. Sia v1 = 1 + x2 , v2 = (1 + x)2 , v3 = 1 + x. Dopo aver verificato che B = (v1 , v2 , v3 ) `e una base di R≤2 [x] si calcolino le coordinate rispetto alla base B del polinomio p = 1 − x. Esercizio 15.3.12. Sia v1 = (1 − x)2 , v2 = (1 + x)2 , v3 = 1 + x. Dopo aver verificato che B = (v1 , v2 , v3 ) `e una base di C≤2 [x] si calcolino le coordinate rispetto alla base B del polinomio p = i + (1 − i)x + x2 . 15.3. ESERCIZI Esercizio 15.3.13. Si dica se le matrici 1 2 1 1 , , v2 = v1 = 3 4 0 0 formano una base di M2×2 (R). Esercizio 15.3.14. Si verifichi che le matrici 0 0 1 0 , , v1 = v2 = −1 1 0 1 110 1 1 , v3 = 1 1 v3 = 1 2 1 2 , 0 0 v4 = 0 1 v4 = 0 1 0 3 formano una base di M2×2 (R) e si calcolino, in tale base, le coordinate di 0 1 1 2 0 0 1 2 , , , w4 = w3 = w2 = w1 = 0 −1 1 2 0 1 3 4 Esercizio 15.3.15. Sia B la base di M2×2 (R) costituita da 0 1 0 1 1 0 , , , v3 = v2 = v1 = −1 0 1 0 0 1 Si calcolino le 1 w1 = 2 coordinate rispetto alla base B di −1 −1 −1 0 2 , , , w3 = w2 = −1 0 0 1 1 1 0 . v4 = 0 0 0 1 w4 = 0 −1 e si dica se tali vettori costituiscano una base di M2×2 (R). 1 2 . Si calcolino le coordinate di AB rispetto alla base Esercizio 15.3.16. Sia A = 2 1 canonica di M2×2 (R) per 0 0 0 0 0 1 1 0 1 0 1 −1 1 1 , , , , , , , B = A, 0 1 1 0 0 0 0 0 0 1 −1 1 1 1 Si trovi una formula per calcolare le coordinate di AX rispetto alla base canonica di a b . M2×2 (R) per una generica matrice X = c d SCHEDA 16 Span di sottospazi affini e coordinate baricentriche 16.1. Richiami di teoria Sia W un sottospazio affine di Kn di equazioni parametriche X0 + t1 v1 + . . . , tk vk ove v1 , . . . , vk `e una base di giac(W ). Teorema 16.1.1. span(W ) = span(X0 , v1 , . . . , vk ). I vettori (X0 , v1 , . . . , vk ) sono linearmente indipendenti (e quindi una base di span(W )) se e solo se 0 ∈ / W. In particolare span(W ) = W se e solo se X0 ∈ giac(W ) e in tal caso dim(span(W )) = dim(W ), altrimenti dim(span(W )) = dim(W ) + 1. Definizione 16.1.2. X0 , . . . , Xk ∈ Kn si dicono affinemente indipendenti se i vettori X1 − X0 , . . . , Xk − X0 sono linearmente indipendenti tra loro. Si verifica facilmente che la propriet`a di essere affinemente indipendenti non dipende dall’ordine dei punti (cio`e da chi `e X0 ). Teorema 16.1.3. Siano X0 , . . . , Xk punti affinemente indipendenti di Kn allora esiste un unico sottospazio affine W di dimensione k che contiene i punti X0 , . . . , Xk . Tale spazio ha equazioni parametriche X0 + t1 (X1 − X0 ) + t2 (X2 − X0 ) + · · · + tk (Xk − X0 ). Le equazioni cartesiane di una retta per due punti, P di un piano per tre punti, etc... si trovano trasformando le equazioni parametriche X0 + ti (Xi − X0 ) in quelle cartesiane col metodo usuale. Teorema 16.1.4. Siano X0 , . . . , Xk punti affinemente indipendenti di Kn e sia W lo spazio affine k-dimensionale passante per X0 , . . . , Xk allora k X span(W ) = span(X0 , . . . , Xk ) = { λ1 Xi : λi ∈ K} i=0 k X X W ={ λ1 Xi : λi ∈ K, λi = 1}. i=0 P P Un punto w ∈ W si esprime in modo unico come w = λi Xi con λi = 1 e i coefficienti (λ0 , . . . , λk ) si dicono coordinate baricentriche di w rispetto a X0 , . . . , Xk . 111 16.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 112 Se K = R allora l’inviluppo convesso dei punti X0 , . . . , Xk `e k X X { λ1 Xi : λi ∈ K, λi = 1, λ1 ≥ 0}. i=0 L’inviluppo di due punti `e il segmento che li congiunge, l’inviluppo di tre punti non allineati `e il triangolo che ha quei tre punti come vertici, l’inviluppo di 4 punti non complanari `e il tetraedro che essi determinano. Il baricentro di k + 1 masse di peso mi poste nei punti Xi `e P mX P i i mi P P m i λi Xi . Si noti che λi = 1 e cio`e, se poniamo λi = P mi si ha bar(m0 X0 , . . . , mk Xk ) = che se le masse son tutte positive λi ≥ 0. Data una retta r in R3 di equazioni cartesiane EQ1 : a x + b y + c z = d 1 1 1 1 EQ2 : a2 x + b2 y + c − 2z = d2 Il generico piano passante per r ha come equazione cartesiana la generica combinazione lineare di EQ1 e EQ2. Il fascio di piani per r `e dunque descritto dall’equazione λ1 EQ1 + λ2 EQ2 : x(λa1 + λ2 a2 ) + y(λ1 b1 + λ2 b2 ) + z(λ1 c1 + λ2 c2 ) = λ1 d1 + λ2 d2 Questo procedimento si generalizza al caso in cui r sia un sottospazio affine di Kn descritto da k equazioni EQ1, . . . , EQk e si sia interessati a descrivere il fascio degli spazi m-dimensionali contententi r: si dovranno prendere m−n combinazioni lineari, linearmente indipendenti tra loro, delle equazioni EQi. 16.2. Esempi ed esercizi svolti Esempio 16.2.1. I punti (1, 0, 0), (0, 1, 0), (0, 0, 1) ∈ C3 sono affinemente indipendenti. Esempio 16.2.2. I punti (1, 0, 0), (0, 1, 0), (−1, 0, 0) ∈ R3 non sono linearmente indipendenti tra loro ma sono affinemente indipendenti. Esempio 16.2.3. Due punti di Rn sono affinemente indipendenti se e solo se sono diversi. Esempio 16.2.4. Tre punti di Rn sono affinemente indipendenti se e solo se non sono allineati. Esempio 16.2.5. Quattro punti di Rn sono affinemente indipendenti se e solo se non sono complanari. Esercizio 16.2.6. Determinare un’equazione cartesiana del piano W di R3 passante per i punti X0 = (2, 0, 0), X1 = (0, 1, 0), X2 = (0, 0, −1). Si determini qual’`e il punto di coordinate baricentriche (−1, 1, 1) rispetto a X0 , X1 , X2 . 16.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 113 Soluzione. Prima di tutto si verfica che X0 , X1 , X2 siano affinemente indipendenti. I vettori v1 = X1 − X0 = (−2, 1, 0) e v1 = −(2, 0, 1) non sono uno multiplo dell’altro, ergo sono linearmente indipendenti e quindi X0 , X1 , X2 sono affinemente indipendenti. Il Piano W ha equazioni parametriche X0 + tv1 + sv2 . Un’equazione cartesiana di W `e data quindi da −2 −2 x − 2 2 − x − 2y + 2z = 0 x + 2y − 2z = 2 1 0 y =0 0 −1 z Il punto p ∈ W di coordinate baricentriche (−1, 1, 1) `e il punto −X0 + X1 + X2 = (−2, 1, −1) Esercizio 16.2.7. Scrivere un’equazione cartesiana del piano W il piano passante per X0 = (2, 0, 0), X1 = (0, 2, 0), X2 = (0, 0, 2) ∈ R3 . Quali sono le coordinate baricentriche del punto medio del segmento tra X0 e X1 ? Soluzione. Un’equazione cartesiana `e x + y + z = 2 (perch´e?). Il punto medio tra X0 e X1 `e (1, 1, 0) = 1/2X0 + 1/2X1 + 0X2 . Le sue coordinate baricentriche sono dunque (1/2, 1/2, 0). Esercizio 16.2.8. Si trovino delle equazioni cartesiane della retta passante per i punti (1, 2, 3) e (2, 0, 0) di R3 . Soluzione. Un’equazione parametrica di tale retta `e 1 1 2 + t −2 3 −3 Delle equazioni cartesiane si trovano imponendo che la seguente matrice abbia rango 2 1 x − 1 −2 y − 2 −3 z − 3 Per il teorema dei minori orlati otteniamo 1 x − 1 =0 −2 y − 2 y − 2 + 2(x − 1) = 0 1 x − 1 =0 −3 z − 3 z − 3 + 3(x − 1) = 0 16.3. ESERCIZI 2x + y = 4 114 3x + z = 6 Esercizio 16.2.9. Si trovi il piano di R3 passante per il punto P = (0, 1, 0) e la retta r : (1, 0, 1) + t(1, 1, 1). Soluzione. Prendiamo due punti a caso, ma diversi, della retta r considerando due valori diversi del parametro t, per esempio 0, −1. Poniamo X0 = P, X1 = r(0) = (1, 0, 1), X2 = r(−1) = (0, −1, 0). Il piano cercato `e il piano per i punti X0 , X1 , X2 , che ha equazione cartesiana 1 0 x z = x. −1 −2 y − 1 = 0 1 0 z Esercizio 16.2.10. Si trovi il piano di R3 passante per il punto P = (0, 1, 0) e la retta r di equazioni x−y =1 y − z = −1 Soluzione. Il fascio di piani per r `e dato da λx + y(−λ + µ) − µz = λ − µ Imponendo che il punto P vi appartenga si ottiene −λ + µ = 0 dunque possiamo prendere λ = µ = 1 e otteniamo l’equazione x − z = 0. Esempio 16.2.11. I due esercizi precendenti sono in realt` a due modi di risolvere lo stesso esercizio. 16.3. Esercizi Esercizio 16.3.1. Dimostrare che se v0 , . . . , vk ∈ Kn sono linearmente indipendenti tra loro allora sono anche affinemente indipendenti. Esercizio 16.3.2. Si trovi una formula generale per le equazioni cartesiane di una retta per due punti distinti in Rn . Esercizio 16.3.3. Si trovi una formula generale per le equazioni cartesiane di un piano per tre punti non allineati in Rn . 16.3. ESERCIZI 115 Esercizio 16.3.4. Si trovino delle equazioni cartesiane della retta di R3 passante per (1, 2, 3), (4, 5, 6). Esercizio 16.3.5. Si trovino delle equazioni cartesiane del sottospazio affine di C3 passante per (1, 2, i), (i, i, 0). Esercizio 16.3.6. Si trovi un’equazione cartesiana del un piano di R3 passante per i punti (1, 2, 3), (4, 5, 6), (0, 0, 0). Esercizio 16.3.7. Si dica se i punti (1, 2, 3), (4, 5, 6), (7, 8, 9) sono affinemente indipendenti tra loro. Esercizio 16.3.8. Siano X0 = (1/2, 1/2, 0), X1 = (cos t, 0, sin t), X2 = (0, cos t, sin t). Al variare del parametro t si determini qual’`e il sottospazio affine W passante per X0 , X1 , X2 , qual’`e la dimensione di W e quella di span(W ). Si descriva il moto del baricentro b(t) di tre masse uguali poste in X0 , X1 , X2 . Si determini span({b(t) : t ∈ R}). Esercizio 16.3.9. Siano X0 , . . . , Xk punti affinemente indipendenti di Kn , sia W lo spazio affine che determinano e sia B il punto di W di coordinate baricentriche (m0 , m1 , . . . , mk ). Dimostrare che X mi (B − Xi ) = 0. i Se ne deduca che il punto di coordinate baricentriche (m0 , m1 , . . . , mk ) `e il punto di equilibrio di (k + 1) masse puntiformi m0 , m1 , . . . , mk poste nei punti Xi . Esercizio 16.3.10. Siano X0 , . . . , Xk punti affinemente indipendenti di Kn , e sia W lo spazio affine che determinano. Per ogni t ∈ K sia X X Wt = { λ i Xi : λi = t} Dimostrare che, al variare di t ∈ K, Wt descrive la famiglia degli spazi affini k-dimensionali, paralleli a W e contenuti in span(W ). Dimostrare che i Wt sono a due a due distinti se e solo se W non passa per l’origine. SCHEDA 17 Applicazioni lineari 1: Definizione e matrice associata rispetto a basi in partenza e in arrivo 17.1. Richiami di teoria Siano V e W due spazi vettoriali su K. Definizione 17.1.1. Una funzione f : V → W si dice lineare se per ogni v1 , v2 , . . . , vk ∈ V e per ogni λ1 , λ2 , . . . λk ∈ K si ha X X f( λi v i ) = λi f (vi ). i i A seconda del contesto, una funzione si chiama anche applicazione, trasformazione o mappa; quindi un’applicazione lineare, una funzione lineare, una trasformazione lineare o una mappa lineare sono la stessa cosa. Teorema 17.1.2. Un’applicazione f : V → W `e lineare se e solo se valgono le seguenti due condizioni: ∀v, w ∈ V f (v + w) = f (v) + f (w), ∀v ∈ V, λ ∈ K f (λv) = λf (v). La dimostrazione di questo teorema `e un facile esercizio (fatelo!). Teorema 17.1.3. Ogni applicazione lineare `e unicamente determinata dagli elementi di una base. Viceversa, se v1 , . . . , vk `e una base, dati w1 , . . . , wk ∈ W esiste un’unica applicazione lineare tale che f (vi ) = wi . La dimostrazione di questo teorema discende direttamente dalla definizione nel caso in cui i vi siano una base di V . Teorema 17.1.4. F : Kn → Km definita da F (x1 , . . . , xn ) = (f1 (x1 , . . . , xn ), . . . , fk (x1 , . . . , xn )) `e lineare se e solo tutte le componenti lo sono, se e soloP se ogni fi `e un polinomio omogeneo di primo grado se e solo se ogni fi `e della forma fi = j aij xj . Definizione 17.1.5. Se B = (v1 , . . . , vn ) `e una base di V , B ′ = (w1 , . . . , wm ) `e una base di W e f : V → W `e un’applicazione lineare, la matrice associata a f, B, B ′ `e la matrice 116 17.1. RICHIAMI DI TEORIA 117 che ha come colonne le coordinate, rispetto alla base B ′ , dei vettori f (vi ): ′ MBB (f ) = f (v1 ) B′ f (v2 ) ... f (v ) n B′ B′ Si noti che la matrice associata a f `e una matrice m × n ove m = dim(W) e n = dim(V). ′ ATTENZIONE: la convenzione della notazione MBB , di mettere in basso la base dello spazio di partenza e in alto la base di quello di arrivo, non `e assolutamente standard, e ogni autore fa un po’ come gli pare. In oltre, di solito, per snellire le notazioni si omettono sia pedice che apice, sempre che le basi in cui si lavora siano chiare e sottintese. Le basi servono perch´e una funzione lineare, letta in coordinate, diventa la motliplicazione riga per colonna. Teorema 17.1.6. Sia B = (v1 , . . . , vn ) una base di V , B ′ = (w1 , . . . , wm ) una base di W , ′ f : V → W lineare e A = MBB . Allora per ogni v ∈ V vale: f (v) B′ = A v B Questo teorema non ha bisogno di dimostrazione se uno ha chiaro come funzionano le combinazioni lineari e il prodotto riga per colonna. Teorema 17.1.7. Siano V, W, U tre spazi vettoriali su K, con basi rispettivamente BV , BW , BU . Siano f : V → W e g : W → U applicazioni lineari. Allora MBBVU (g ◦ f ) = MBBWU (g)MBBVW (f ). h i h i h i Dimostrazione. g(f (v)) = MBBWU (g) f (v) = MBBWU (g)MBBVW (f ) v BU BW BV . Definizione 17.1.8. Siano B = (v1 , . . . , vn ) e B ′ = (w1 , . . . , wn ) due basi di V . La matrice del cambio di coordinate1 da B a B ′ , cio`e la matrice che calcola le coordinate di ′ un vettore nella base B ′ sapendo quelle della base B, non `e altro che MBB (Id): Infatti per il teorema precedente si ha v 1detta B′ talvolta matrice del cambio di base ′ = MBB (Id) v B 17.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 118 Teorema 17.1.9. Siano B, B ′ due basi di V , siano C, C ′ due basi di W e sia f : V → W lineare. Allora si ha ′ ′ MBC′ (f ) = MCC (IdW ) · MBC (f ) · MBB′ (IdV ) ove · denota il prodotto riga per colonna di matrici. Le matrici del cambio di base funzionano come dei “traduttori” e il teorema qui sopra si pu´o visualizzare come segue: a livello di composizione di funzioni abbiamo: IdV V f ✲ V IdW ✲ W ✲ W Se teniamo conto delle basi abbiamo: V, B ′ MBB′ (IdV ) ✲ V, B MBC (f ) ′ ✲ W, C MCC (IdW ) ✲ W, C Si noti che la moltiplicazione tra matrici avviene nel “verso opposto” rispetto alle frecce dei precedenti diagrammi. 17.2. Esempi ed esercizi svolti Esercizio 17.2.1. Sia f : R3 → R2 la funzione lineare definita da f (x, y, z) = (x + y + z, x − 2y). Scrivere la matrice di f nelle basi canoniche. Soluzione. La matrice cercata sar´a una matrice 2 × 3 perch´e lo spazio di partenza ha dimensione 3 e quello di arrivo 2. Le colonne della matrice associata a f sono formate dalle coordinate delle immagini dei vettori di base. Quindi calcoliamo f (e1 ) = f (1, 0, 0) = (1, 1) f (e2 ) = f (0, 1, 0) = (1, −2) f (e3 ) = f (0, 0, 1) = (1, 0) e li mettiamo come colonne, ottenendo la matrice di f nelle basi canoniche: 1 1 1 . 1 −2 0 Esercizio 17.2.2. Sia f : R3 → R2 la funzione lineare definita da f (x, y, z) = (x + y + z, x − 2y) (la stessa dell’esercizio precedente). Scrivere la matrice di f nella base canonica in partenza e nella base B formata dai vettori v1 = (1, 1), v2 = (1, 0) in arrivo. Soluzione. La matrice cercata sar´a una matrice 2 × 3 perch´e lo spazio di partenza ha dimensione 3 e quello di arrivo 2. Le colonne della matrice associata a f sono formate dalle coordinate, rispetto alla base v1 , v2 , delle immagini dei vettori di base. Quindi calcoliamo f (e1 ) = f (1, 0, 0) = (1, 1) f (e2 ) = f (0, 1, 0) = (1, −2) f (e3 ) = f (0, 0, 1) = (1, 0) Adesso dobbiamo trovare le coordinate di (1, 1), (1, −2), (1, 0) rispetto alla base v1 , v2 . Dobbiamo quindi risolvere i sistemi λ1 v1 + λ2 v2 = (1, 1) λ1 v1 + λ2 v2 = (1, −2) λ1 v1 + λ2 v2 = (1, 0) 17.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 119 otteniamo (1, 1) = v1 = 1v1 + 0v2 Abbiamo dunque (1, −2) = −2v1 + 3v2 (1, 0) = v2 = 0v1 + 1v2 h i 1 1 = = f (e1 ) B 0 1 B h i 1 −2 = = f (e2 ) B −2 3 B h i 0 1 = = f (e3 ) B 1 0 B La matrice cercata la si ottiene mettendo tali come colonne: 1 −2 0 B . Mcan (f ) = 0 3 1 2 Esempio 17.2.3. La matrice associata alla rotazione antioraria di angolo α in R , rispetto cos α − sin α . Infatti l’immagine di e1 = (1, 0) `e (cos α, sin α) e alle basi canoniche `e sin α cos α l’immagine di e2 = (0, 1) `e (− sin α, cos α). Esempio 17.2.4. Data A ∈ Ms×t (K), l’applicazione fA : Kt → Ks definita da fA (X) = can AX `e lineare e Mcan (fA ) = A. Esempio 17.2.5. Data A ∈ Ms×m (K) le applicazioni LA : Mm×k (K) → Ms×k (K) e RA : Mn×s (K) → Mn×m (K) definite da LA (X) = AX RA (X) = XA sono lineari. 1 2 3 Esercizio 17.2.6. Si calcolino le matrici associate alle funzioni LA e RA con A = 4 5 6 e con k = 1, n = 4, rispetto alle basi canoniche. Soluzione. Per LA abbiamo k = 1 quindi LA : M3×1 (R) → M2×1 (R) `e data da x x y 7→ A y z z 17.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI can e quindi A = Mcan (LA ). Per RA abbiamo n = 4 quindi RA da x1 x2 x1 x2 x + 4x2 1 x x x x 1 2 3 x + 4x 3 4 3 4 3 4 = 7→ x5 x6 x5 x6 4 5 6 x5 + 4x6 x7 x8 x7 x8 x7 + 4x8 120 : M4×2 (R) → M4×3 (R) `e data 2x1 + 5x2 3x1 + 6x2 2x3 + 5x4 3x3 + 6x4 2x5 + 5x6 3x5 + 6x6 2x7 + 5x8 3x7 + 6x8 Ordiniamo le basi canoniche di M4×2 (R) e M4×3 (R) come segue v1 = E11 , v2 = E12 , v3 = E21 , v4 = E22 , v5 = E31 , v6 = E32 , v7 = E41 , v8 = E42 w1 = E11 , w2 = E12 , w3 = E13 , w4 = E21 , w5 = E22 , w6 = E23 w7 = E31 , w8 = E32 , w9 = E33 , w10 = E41 , w11 = E42 , w12 = E43 (Si noti che avremmo potuto scrivere Eij = v2(i−1)+j per M4×2 (R) e Eij = w3(i−1)+j per M4×3 (R).) La matrice associata in tali basi `e dunque la matrice 8 × 12: 1 4 0 0 0 0 0 0 2 5 0 0 0 0 0 0 3 6 0 0 0 0 0 0 0 0 1 4 0 0 0 0 0 0 2 5 0 0 0 0 0 0 3 6 0 0 0 0 A= 0 0 0 0 1 4 0 0 0 0 0 0 2 5 0 0 0 0 0 0 3 6 0 0 0 0 0 0 0 0 1 4 0 0 0 0 0 0 2 5 0 0 0 0 0 0 3 6 Esempio 17.2.7. La derivata come funzione dello spazio dei polinomi in s´e `e lineare. Esercizio 17.2.8. Sia f : R≤3 [x] → R≤2 [x] la derivata. Si calcoli la matrice associata a f nelle basi canoniche. Soluzione. Dobbiamo calcolare le immagini dei vettori della base canonica 1, x, x2 , x3 e scriverne le coordinate rispetto alla base canonica 1, x, x2 . Abbiamo 1′ = 0, x′ = 1. 17.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI (x2 )′ = 2x, (x3 )′ = 3x2 dunque la matrice 0 0 0 121 sar`a 1 0 0 0 2 0 0 0 3 Esercizio 17.2.9. Sia f : R≤3 [x] → R≤3 [x] la derivata. Si calcoli la matrice associata a f nelle basi canoniche. Soluzione. Dobbiamo calcolare le immagini dei vettori della base canonica 1, x, x2 , x3 e scriverne le coordinate rispetto alla base canonica 1, x, x2 , x3 . Abbiamo 1′ = 0, x′ = 1. (x2 )′ = 2x, (x3 )′ = 3x2 dunque la matrice sar`a 0 1 0 0 0 0 2 0 0 0 0 3 0 0 0 0 Esercizio 17.2.10. Sia f : R≤3 [x] → R≤4 [x] la derivata. Si calcoli la matrice associata a f nelle basi canoniche. Soluzione. Dobbiamo calcolare le immagini dei vettori della base canonica 1, x, x2 , x3 e scriverne le coordinate rispetto alla base canonica 1, x, x2 , x3 , x4 . Abbiamo 1′ = 0, x′ = 1. (x2 )′ = 2x, (x3 )′ = 3x2 dunque la matrice sar`a 0 1 0 0 0 0 2 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 Esercizio 17.2.11. Sia F : C2 → C definita da F (x, y) = det 1 2 x y Si dimostri che `e lineare e se ne scriva la matrice associata rispetto alla base (1, 2), (i, 2) di C2 in partenza e la base 1 − i di C in arrivo. 17.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 122 Soluzione. Il fatto che F sia lineare discende immediatamente dalle propriet`a del determinante. F (1, 2) = 0, mentre F (i, 2) = 2 − 2i = 2(1 − i). La matrice associata `e dunque 0 2 Esercizio 17.2.12. Scrivere la matrice associata a f (x, y, x) = (2x + y, y − z, z + 3x) rispetto alle basi canoniche di R3 sia in partenza che in arrivo. Soluzione. Quando una funzione `e scritta in coordinate la matrice in basi canoniche `e gi`a li: 2 1 0 0 1 −1 3 0 1 perch´e? 1 2 0 e sia f : R3 → R2 data da f (X) = AX. Esercizio 17.2.13. Sia A = 0 1 1 Scrivere la matrice di f nelle basi v1 = (1, 1, 0), v2 = (1, 1, 1), v3 = (1, 0, 0) di R3 e w1 = (−1, 1), w2 = (1, 0) di R2 . Soluzione. Abbiamo f (v1 ) = (3, 1) = (−1, 1) + 4(1, 0), f (v2 ) = (3, 2) = 2(−1, 1) + 5(1, 0), f (v3 ) = (1, 0) = 0(−1, 1) + 1(1, 0). Quindi f (v1 ) = w1 + 4w2 f (v2 ) = 2w1 + 5w2 f (v3 ) = w2 La matrice associata a f nelle basi date `e quindi 1 2 0 4 5 2 Esercizio 17.2.14. Sia A ∈ Mm×n (K) e sia f : Kn → Rm data da f (X) = AX. Sia B = (v1 , . . . , vn ) una base di Kn e sia B ′ = (w1 , . . . , wm ) una base di Km . Scrivere la matrice di f nelle basi B, B ′ . Soluzione. La matrice A altro non `e che la matrice associata a f nelle basi canoniche. B′ (IdKm ) e N = MBcan (IdKn ) sono le matrici dei cambi di coordinate avremo Se M = Mcan ′ MBB (f ) = M AN La matrice N `e ottenuta semplicemente usando i vettori vi come colonne: 17.3. ESERCIZI 123 N = MBcan (Id) = v1 v2 . . . vn ′ −1 B (IdKm ) = (MBcan quindi mentre la matrice M = Mcan ′ (IdKm )) In conclusione −1 −1 (Id)) = N = (MBcan w 1 w 2 . . . w m ′ ′ MBB (f ) −1 = w1 w2 . . . wm A v1 v2 . . . vn 17.3. Esercizi Esercizio 17.3.1. Sia f : C≤1 [x] → C≤3 [x] definita da f (p) = p(x)(i + x)2 . Dimostrare che f `e lineare, scrivere la matrice associata a f nelle basi canoniche. Scrivere la matrice associata a f nelle basi 1 + x, 1 − x in partenza e 1 + x, (1 + x)2 , 1 + x3 , 1 in arrivo. Esercizio 17.3.2. Sia f : C4 → C2 definita da f (x, y, z, t) = (x + iy, z + it). Dimostrare che f `e lineare, scrivere la matrice associata a f nelle basi canoniche. Scrivere la matrice associata a f nelle basi (1, 1, 0, 0), (1, i, 0, 0), (0, 0, i, i), (0, 0, i, 1) in partenza e (1, 1), (1, i) in arrivo. Esercizio 17.3.3. Sia f : C → C definita da f (z) = z¯. Dimostrare che f `e lineare se consideriamo C some spazio vettoriale su R. Scrivere la matrice di f nella base 1, i sia in partenza che in arrivo. Scrivere la matrice di f nella base 1 + i, 1 − i sia in partenza che in arrivo. Dimostrare che f NON `e lineare se consideriamo C come spazio vettoriale su C. Esercizio 17.3.4. Sia α ∈ C e sia f : C → C definita da f (x) = αx. Si consideri C come spazio vettoriale su R, si dimostri che f `e lineare e se ne scriva la matrice associata rispetto alla base 1, i di C su R. Esercizio 17.3.5. Siano B e B ′ due basi di uno spazio vettoriale V . Dimostrare che le matrici del cambio di base da B a B ′ e da B ′ a B sono l’una inversa dell’altra. 17.3. ESERCIZI 124 1 2 e sia fA : R2 → R2 definita da fA (X) = AX. Sia Esercizio 17.3.6. Sia A = 1 2 B B = (1, 2), (2, 1). Scrivere MB (fA ). Esercizio 17.3.7. Sia A ∈ Mm×m (K) e sia fA : Rm → Rm definita da fA (X) = AX. Sia B la base formata da e1 , e1 + e2 , . . . , e1 + e2 + . . . , +em . Scrivere MBB (fA ). Esercizio 17.3.8. Sia A ∈ Mm×m (K) invertibile e sia fA : Rm → Rm definita da fA (X) = AX. Sia B la base formata dalle colonne di A. Dimostrare che MBB (fA ) = A. Esercizio 17.3.9. Sia V = span(sin x, cos x) e sia f : V → V la derivata prima. Scrivere la matrice associata a f nella base cos x, sin x. Esercizio 17.3.10. Sia V = span(sin x, cos x) e sia f : V → V la derivata prima. Scrivere la matrice associata a f nella base sin x, cos x in partenza e cos x, − sin x in arrivo. Esercizio 17.3.11. Sia V = span(sin x, cos x) e sia f : V → V la derivata seconda. Scrivere la matrice associata a f nella base cos x, sin x. Esercizio 17.3.12. Sia V = span(sin x, cos x) e sia f : V → V definita da f (u) = u′′ + u. Scrivere la matrice associata a f nella base sin x, cos x. Esercizio 17.3.13. Sia f : C3 → C4 definita da f (x, y, z) = (2x + iy, z − x, y + z, z + y + x) si scriva la matrice di f nelle basi canoniche. Esercizio 17.3.14. Sia f : C3 → C4 definita da f (x, y, z) = (2x + iy, z − x, y + z, z + y + x) si scriva la matrice di f nelle basi (1, 1, 1), (1, 2, 1), (1, 2, 3) in partenza e (1, 0, i, 0), (1, 1, 0, 0), (0, 1, 0, i), (0, 0, 0, i) in arrivo. Esercizio 17.3.15. Sia f : Z/2Z3 → Z/2Z2 definita da f (x, y, z) = (x + y + z, x + y − z + x) scrivere la matrice associata a f nelle basi canoniche sia in partenza che in arrivo. Scrivere la matrice associata a f nella base canonica in partenza e nella base (1, 1), (1, 0) in arrivo. Scrivere la matrice associata a f nella base (1, 1, 1), (1, 1, 0), (1, 0, 0) in partenza e (1, 1), (1, 0) in arrivo. Esercizio 17.3.16. Sia f : M3×2 (K) → M2×3 (K) definita come f (X) = X T . Si dimostri che f `e lineare e se ne scrive la matrice associata rispetto a due basi a scelta in partenza e in arrivo. Esercizio 17.3.17. Sia f : M3×3 (K) → M3×3 (K) definita come f (X) = X T . Si dimostri che f `e lineare e se ne scrive la matrice associata rispetto alla base canonica di M3×3 (K). Esercizio 17.3.18. Si scriva la matrice della rotazione di angolo α attorno all’asse X in R3 , in senso orario secondo la “regola della mano destra”, rispetto alla base canonica. Esercizio 17.3.19. Si scriva la matrice della rotazione di angolo α attorno all’asse X in R3 , in senso antiorario secondo la “regola della mano destra”, rispetto alla base canonica. Esercizio 17.3.20. Si scriva la matrice della riflessione rispetto al piano {y = 0} in R3 , rispetto alla base canonica. 17.3. ESERCIZI 125 Esercizio 17.3.21. Si scriva la matrice della riflessione rispetto al piano {y = 0} in R3 , rispetto alla base (1, 1, 1), (1, 1, 0), (1, 0, 1) in partenza e la canonica in arrivo. Esercizio 17.3.22. Si scriva la matrice della riflessione rispetto al piano {y = 0} in R3 , rispetto alla base canonica in partenza e alla base (1, 1, 1), (1, 1, 0), (1, 0, 1) in arrivo. Esercizio 17.3.23. Si scriva la matrice della riflessione rispetto al piano {y = x} in R3 , rispetto alla base canonica. Esercizio 17.3.24. Siano V, W due spazi vettoriali su K e sia f : V → W un’applicazione lineare. Siano B = (v1 , . . . , vn ) e B ′ = (u1 , . . . , un ) due basi di V e siano D = (w1 , . . . , wm ) e D′ = (q1 , . . . , qm ) due basi di W . Sia A = MBD (f ). Si trovi la formula per calcolare ′ MBD′ (f ) a partire da A. Esercizio 17.3.25. Mettere su google images “trasformazioni lineari” e premere invio. SCHEDA 18 Applicazioni lineari 2: struttura di spazio vettoriale, Ker e immagine 18.1. Richiami di teoria Dati due spazi vettoriali V, W su K, l’insieme delle applicazioni lineari tra V e W si denota hom(V, W ) oppure L(V, W ) oppure L(V, W ) o con notazioni simili. Ha una struttura di spazio vettoriale su K con le usuali somma e prodotto (f + g)(x) = f (x) + g(x) (λf )(x) = λf (x). Una volta scelte una base B di V e una base B ′ di W l’associare matrice la matrice alle funzioni f ∈ hom(V, W ) identifica hom(V, W ) con lo spazio delle matrici k × n ove n = dim(V ) e k = dim(W ). ′ MBB (f ) Definizione 18.1.1. f : V → W si dice iniettiva se per ogni x, y ∈ V si ha f (x) = f (y) ⇒ x = y; si dice suriettiva se per ogni y ∈ W ∃x ∈ V : f (x) = y; si dice biunivoca se `e iniettiva e suriettiva. Definizione 18.1.2. Data f : V → W lineare il nucleo di f , detto anche kernel o ker, `e definito da ker(f ) = {v ∈ V : f (v) = 0} ed `e un sottospazio vettoriale di V . Definizione 18.1.3. Data f : V → W lineare l’ immagine di f , chiamato anche codominio, `e definita da Imm(f ) = f (V ) = {f (v) : v ∈ V } ed `e un sottospazio vettoriale di W . In coordinate, se f (X) = AX, ker(f ) corrisponde alle soluzioni del sistema omogeneo AX = 0 e l’immagine di f altro non `e che lo spazio generato dalle colonne di A. Quindi in coordinate nucleo e immagine si calcolano come al solito trovandone equazioni cartesiane e parametriche a seconda del bisogno. Teorema 18.1.4. f : V → W `e iniettiva se e solo se ker(f ) = {0}, `e suriettiva se e solo se Imm(f ) = W . La prima frase segue dal fatto che f (x) = f (y) `e equivalente a f (x−y) = 0. La seconda `e tautologica. 126 18.1. RICHIAMI DI TEORIA 127 Definizione 18.1.5. f : V → W lineare si dice invertibile se esite g : W → V lineare tale che f ◦ g = Id : W → W e g ◦ f = Id : V → V . Un’applicazione lineare invertibile si dice isomorfismo lineare. Teorema 18.1.6. f : V → W lineare `e invertibile se e solo se `e iniettiva e suriettiva. Un’applicazione lineare (tra spazi di dimensione finita) `e invertibile se e solo se lo `e la sua matrice (non importa rispetto a quali basi). A basi fissate, la matrice dell’inversa di f `e l’inversa della matrice di f . Due spazi si dicono isomorfi se esiste un’isomorfismo tra loro. Uno spazio vettoriale V di dimensione 2 `e sempre isomorfo a K2 ma di isomorfismi tra V e K2 ce n’`e pi´ u d’uno. (Infiniti se la K `e infinito.) Due spazi isomorfi hanno le stesse propriet`a lineari. Se si `e interessati per esempio a capire le propriet`a di un insieme di funzioni in hom(V, W ) (per esempio se un dato sottoinsieme sia o meno un sottospazio vettoriale), basta tradurre il problema nello spazio delle matrici fissando basi di V e W . Teorema 18.1.7. Sia f : V → W lineare. Allora dim(ker(f )) + dim(Imm(f )) = dim(V ) Questo teorema, una volta passati in coordinate, non `e altro che una versione di Rouch´eCapelli. Una dimostrazione alternativa la si ottiene considerando una base v1 , . . . , vk di ker(f ) e estendendola a base di V , BV : v1 , . . . , vk , vk+1 , . . . , vn . Adesso basta verificare che i vettori wi = f (vk−i ) sono una base di Imm(f ). Si noti che se si estendono i wi a base di W , BW = w1 , . . . , wn−k , u1 , . . . , us la matrice associata a f nelle basi BV e BW `e 0 Id(n−k)×(n−k) MBBVW (f ) = 0 0 ove gli 0 rappresentano blocchi di matrice nulli: lo zero in alto a sinistra rappresenta la matrice nulla di M(n−k)×k , quello in basso a sinistra lo zero di Ms×k e quello in basso a 18.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 128 destra lo zero di Ms×(n−k) . Cio`e n−k k MBBVW (f ) = n−k s 0 ... { z 0 ... 0 0 1 0 ... z }| }| 0 1 0 0 ... 0 ... 0 0 0 1 ... .. .. . . .. . . .. . . . . . . 0 ... 0 0 0 0 ... 0 ... 0 .. . . .. . . . 0 .. . 0 ... 0 0 ... 0 0 ... 0 .. . . .. . . . 0 { 0 0 0 .. . 1 0 .. . 0 Corollario 18.1.8. Se V e W sono due spazi vettoriali su K con la stessa dimensione, allora un’applicazione lineare f : V → W `e iniettiva se e solo se `e suriettiva se e solo se `e un isomorfismo. 18.2. Esempi ed esercizi svolti Esempio 18.2.1. Siano f : R2 → R3 e g : R3 → R2 definite da f (x, y) = (x, y, z), g(x, y, z) = (x, y). Si ha g(f (x, y)) = (x, y) e quindi si potrebbe pensare che g `e l’inversa di f , ma f (g(x, y, z)) = (x, y, 0). In realt` a n´e f che g sono invertibili (perch´e?). Esercizio 18.2.2. Sia V : {f ∈ hom(R2 , R3 ) : f (1, 2) = 0, Imm(f ) ⊂ span(e1 , e2 + e3 )}. Si calcoli la dimensione di V . Soluzione. Consideriamo il vettore (1, 2) ed estendiamolo a base di R2 . Similmente estendiamo i vettori e1 e e2 + e3 a base di R3 : 1 0 0 1 1 B ′ : v1 = 0 v2 = 1 v3 = 1 B : v1 = v2 = 0 2 0 1 0 Usando tali basi, l’insieme V corrisponde allo spazio delle matrici della forma 0 a 0 b 0 b 18.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 129 0 1 0 0 che ha dimensione 2 in quanto una base `e data da 0 0 , 0 1 . 0 0 0 1 Esercizio 18.2.3. Sia V : {f ∈ hom(R2 , R3 ) : f (1, 2) = (1, 2, 3), Imm(f ) ⊂ span(e1 , e2 + e3 )}. Si dica se V `e uno spazio vettoriale. Soluzione. No. Infatti se f, g ∈ V si ha f (1, 2) = (1, 2, 3), g(1, 2) = (1, 2, 3) ma (f + g)(1, 2) = f (1, 2 = +g(1, 2) = (2, 6, 8) e dunque (f + g)(1, 2) 6= (1, 2, 3) quindi V non `e chiuso per somma. Se uno avesse voluto tradurre il problema nello spazio di matrici, come nell’esercizio precedente, avrebbe ottenuto che le matrici degli elementi di V , nelle basi B e B ′ definite come prima, sono della forma 1 a 2 b 3 b e tale insieme di matrici non `e uno spazio vettoriale perch´e lo zero non vi appartiene. Esercizio 18.2.4. Sia V : {f ∈ hom(R2 , R2 ) : f 2 (1, 2) = (0, 0), Imm(f ) ⊂ span(e2 )}. Si descrivano le matrici associate a elementi di V in basi a piacere (meglio se opportune scelte) e si dica se V sia uno spazio vettoriale. Soluzione. Sia v = (1, 2). Siccome f (f (v)) = 0 si ha ker(f ) 6= {0} perch`e o v oppure f (v) sono vettori di ker(f ). Se v non appartiene a ker(f ) allora f (v) genera ker(f ) (perch´e?). Ma avendo Imm(f ) ⊂ span(e2 ), si ha ker(f ) = span(e2 ). Scegliendo v, e2 come base di R2 sia in partenza che in arrivo la matrice di f `e del tipo 0 0 a 0 se invece v ∈ ker(f ) allora, sempre nella base v, e2 in partenza e in arrivo, la matrice di f `e del tipo 0 0 0 b Se ne deduce che V , con la base v, e2 sia in partenza che in arrivo, corrisponde all’insieme di matrici [ 0 0 0 0 :b∈R :a∈R 0 b a 0 che non `e un sottospazio vettoriale di M2×2 (R) in quanto non `e chiuso per somma. Quindi V non `e un sottospazio vettoriale di hom(R2 , R2 ). 18.3. ESERCIZI 130 18.3. Esercizi Esercizio 18.3.1. Dimostrare che, scelta una base, le coordinate su uno spazio V di dimensione n forniscono un’isomorfismo lineare tra V e Kn . Esercizio 18.3.2. Dimostrare che, scelte una base di V e una di W , la matrice associata a f : V → W lineare fornisce un’isomorfismo lineare tra hom(V, W ) e Mm×n (K), ove n = dim(V ) e m = dim(W ). Esercizio 18.3.3. Siano V, W due spazi vettoriali su K. Dimostrare che se dim(V ) > dim(W ) non esistono f ∈ hom(V, W ) iniettive. Dimostrare che se dim(V ) < dim(W ) non esistono f ∈ hom(V, W ) suriettive. Esercizio 18.3.4. Sia V = {f ∈ hom(C2 , C3 ) : f (1, 1) = f (i, i)}. Si dica se V sia un sottospazio vettoriale di hom(C2 , C3 ) e se ne calcoli la dimensione. Esercizio 18.3.5. Sia V = {f ∈ hom(R≤2 [x], R2 ) : Imm(f ) ⊂ span(1, 1), f (1 + x2 ) = f (x)}. Si dica se V sia un sottospazio vettoriale di hom(R≤2 , R2 ) e se ne calcoli la dimensione. 1 2 e sia V = {f ∈ hom(R2 , R3 ) : f (AX) = 0}. Si dica Esercizio 18.3.6. Sia A = 1 2 se V sia un sottospazio vettoriale di hom(R2 , R3 ) e se ne calcoli la dimensione. 1 2 e sia V = {f ∈ hom(R4 , R2 ) : Af (x) = 0}. Si dica Esercizio 18.3.7. Sia A = 1 2 se V sia un sottospazio vettoriale di hom(R4 , R2 ) e se ne calcoli la dimensione. Esercizio 18.3.8. Sia f (x, y, z) = (x − y − z, y − 2x, z + x). Si calcolino le dimensioni di ker(f ) e Imm(f ). Si dica se R3 = ker(f ) ⊕ Imm(f ). Esercizio 18.3.9. Sia f : R≤2 [x] → R≤2 [x] la derivata. Si calcolino le dimensioni di ker(f ) e Imm(f ). Si dica se R≤2 [x] = ker(f ) ⊕ Imm(f ). 1 −1 e sia f : M3×2 (R) → M3×2 (R) definita da Esercizio 18.3.10. Sia A = −1 1 f (X) = XA. Si calcolino le dimensioni di ker(f ) e Imm(f ). Si dica se M3×2 (R) = ker(f ) ⊕ Imm(f ). 1 1 e sia f : M2×3 (R) → M2×3 (R) definita da f (X) = Esercizio 18.3.11. Sia A = 1 2 AX. Si calcolino le dimensioni di ker(f ) e Imm(f ). Si dica se M2×3 (R) = ker(f ) ⊕ Imm(f ). 18.3. ESERCIZI 131 Esercizio 18.3.12. Sia f ∈ hom(V, W ). Sia v1 , . . . , vk una base di ker(f ). Dimostrare che, data una qualsiasi estensione v1 , . . . , vk , vk+1 , . . . , vn a base di V , i vettori f (vk−1 ), . . . , f (vn ) sono una base di Imm(f ). Esercizio 18.3.13. Sia V lo spazio delle funzioni C ∞ su R. Siano a, b, c ∈ R e sia f (u) = au′′ + bu′ + cu. Si dimostri che f ∈ hom(V, V ). Al variare di (a, b, c) ∈ R3 Si calcoli la dimensione di ker(f ) (si noti che dim(V ) = ∞). Dimostrare che W = {(a, b, c) ∈ R3 : dim(ker(f )) 6= 2} `e un sottospazio vettoriale di R3 e se ne calcoli la dimensione. Si dica se U = {(a, b, c) ∈ R3 : dim(ker(f )) ≤ 1} sia un sottospazio vettoriale di R3 . SCHEDA 19 Trasformazioni lineari e affini 19.1. Richiami di teoria Siano V, W spazi vettoriali su K. Dati v1 , . . . , vn vettori di V e w1 , . . . , wn vettori di W . Se i vi sono una base di V allora esiste unica f : V → W tale che per ogni i si abbia f (vi ) = wi . Scelte basi BV di V e BW di W , in coordinate, la matrice associata a f si costruisce esplicitamente come segue: sia A = w1 BW w2 BW . . . wn BW la matrice che ha le coordinate dei wi come colonne e sia M = v 1 BV v2 BV . . . vn BV la matrice che ha le coordinate dei vi come colonne. La matrice associata a f nelle basi date `e dunque AM −1 . Infatti A `e la matrice associata a f nelle basi v1 , . . . , vn in partenza e BW in arrivo e M −1 altro non `e che la matrice del cambio delle coordinate dalla base BV alla base v1 , . . . , vn . Definizione 19.1.1. Un’applicazione f : Kn → Km si dice trasformazione affine se `e del tipo f (X) = AX + b (si noti che b = f (0)) equivalentemente f `e affine se esite b tale che f (x) − b `e lineare. Una trasformazione affine si dice affinit` a se n = m e A `e invertibile. L’applicazione lineare f (x) − b si dice parte lineare di f . Il termine b = f (0) si dice vettore di traslazione di f . Si noti che questa definizione si pu´o dare anche per applicazioni tra spazi vettoriali qualsiasi. L’immagine di una trasformazione affine `e un sottospazio affine di Km mentre non ha senso parlare del nucleo di una applicazione affine in quanto lo zero non `e pi´ u un elemento privilegiato (se b non appartiene allo span delle colonne di A allora {x : f (x) = 0} 132 19.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 133 `e l’insieme vuoto). D’altra parte, se c ∈ Imm(f ) allora {v : f (v) = c} `e un sottospazio affine di Kn . Teorema 19.1.2. Siano X0 , . . . , Xn n + 1 punti affinemente indipendenti di Kn . Per ogni scelta di Y0 , . . . , Yn ∈ Kn esiste una unica trasformazione affine f : Kn → Kn tale che f (Xi ) = Yi . Tale trasformazione affine `e un’affinit`a se e solo se Y0 , . . . , Yn sono affinemente indipendenti. La trasformazione che manda Xi in Yi si costruisce cos´ı: detti vi = Xi −X0 e wi = Yi −Y0 sia A l’unica applicazione lineare tale che Avi = wi . Allora definendo f (X) = A(X − X0 ) + Y0 = A(X) − A(X0 ) + Y0 (se vogliamo scriverla in forma f (X) = AX + b basta porre b = Y0 − AX0 ) si ha: f (Xi ) = A(Xi − X0 ) + Y0 = Avi + Y0 = wi + Y0 = Yi − Y0 + Y0 = Yi 19.2. Esempi ed esercizi svolti Esercizio 19.2.1. Siano X0 = (1, 0), X1 = (1, −1), X2 = (0, 0) e Y0 = (1, 1), Y1 = (−1, 2), Y2 = (2, 1). Scrivere l’affinit` a di R2 che manda Xi in Yi . Soluzione. Poniamo 1 −2 −1 0 v1 = X1 −X0 = , v2 = X2 −X0 = , w1 = Y1 −Y0 = , w2 = Y2 −Y0 = 0 1 0 −1 La parte lineare `e data da −1 −2 1 0 −1 −2 1 0 −1 −1 2 = = A= 1 0 −1 0 1 0 −1 0 0 −1 il termine di traslazione `e dato da 2 1 −1 2 1 = b= − 1 0 0 −1 1 L’affinit`a cercata `e dunque 2 −1 2 X + f (X) = 1 0 −1 (si noti che in questo caso particolare il termine noto si poteva calcolare sapendo che f (X2 ) = Y2 . Essendo infatti X2 = 0 si ha Y2 = f (X2 ) = f (0) = b.) Verifichiamo adesso di non aver fatto errori di calcolo e controlliamo che la funzione f cos´ı definita mandi effettivamente gli Xi negli Yi . 19.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 1 2 1 −1 2 + = = Y0 f (X0 ) = 1 1 0 0 −1 −1 2 1 −1 2 + = = Y1 f (X1 ) = 0 −1 −1 2 1 2 2 0 −1 2 + = = Y2 f (X2 ) = 1 1 0 0 −1 134 ok! ok! ok! Esercizio 19.2.2. Si scriva una trasformazione lineare f : R3 → R4 che manda (1, 0, 1) in (1, 0, 0, 0) e (1, 1, 0) in (0, 2, 0, 0). Soluzione. Poniamo v1 = (1, 0, 1), v2 = (1, 1, 0), w1 = (1, 0, 0, 0), w2 = (0, 2, 0, 0). Siccome i vi sono solo due, non possono essere una base di R3 . Ma sono linearmente indipendenti. Li estendiamo quindi a base di R3 ponendo v3 = e1 . Scegliamo w3 come ci pare, per esempio w3 = 0. Adesso possiamo scrivere l’unica applicazione lineare f che manda i vi nei wi ponendo f (X) = AX con −1 1 0 0 1 0 0 0 0 1 1 0 2 0 1 1 1 0 2 0 0 0 0 2 0 A= 0 1 0 = 0 1 0 = 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1 −1 −1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 Esercizio 19.2.3. Si caratterizzino tutte le trasformazioni lineari f : R3 → R4 che mandano (1, 0, 1) in (1, 0, 0, 0) e (1, 1, 0) in (0, 2, 0, 0). Soluzione. Poniamo v1 = (1, 0, 1), v2 = (1, 1, 0), w1 = (1, 0, 0, 0), w2 = (0, 2, 0, 0). Siccome i vi sono solo due, non possono essere una base di R3 . Ma sono linearmente indipendenti. Li estendiamo quindi a base di R3 ponendo v3 = e1 . Adesso possiamo scegliamo w3 in qualsiasi modo. Lo lasciamo indicato in modo generico ponendo w3 = (a, b, c, d) La generica applicazione lineare f che manda i vi nei wi si ottiene in basi canoniche ponendo f (X) = AX con −1 1 0 a 1 0 a a −a 1 − a 1 1 1 0 0 1 0 2 b 0 2 b b 2 − b −b A= 0 1 0 = 0 1 0 = 0 0 c 0 0 c c −c −c 1 0 0 1 −1 −1 0 0 d 0 0 d d −d −d 19.3. ESERCIZI 135 Esercizio 19.2.4. Siano v1 = (1, 0), v2 = (1, 1), v3 = (1, 2) e siano w1 = (2, 1, 0), w2 = (0, 1, 0), w3 = (1, 0, 1). Si dica se esiste un’applicazione lineare f : R2 → R3 tale che f (vi ) = wi . Soluzione. I vi non sono linearmente indipendenti tra loro perch´e sono tre vettori in uno spazio bidimensionale. Una loro combinazione lineare nulla `e per esempio v3 = 2v2 −v1 . Se esistesse un’applicazione lineare che manda vi in wi avremmo w3 = f (v3 ) = f (2v2 −v1 ) = 2f (v2 ) − f (v1 ) = 2w2 − w1 ma 2w2 − w1 = (−2, 1, 0) 6= (1, 0, 1) = w3 . Quindi una tale f non pu´o esistere. Esercizio 19.2.5. Siano v1 = (1, 2, 2), v2 = (0, 1, 1), v3 = (1, 1, 1) e siano w1 = (2, 1), w2 = (0, 1), w3 = (2, 0). Si dica se esiste un’applicazione lineare f : R2 → R3 tale che f (vi ) = wi e nel caso si dica se `e unica. Se non `e unica si caratterizzino tutte le f ∈ hom(R3 , R2 ) tali che f (vi ) = wi . Soluzione. I vi non sono linearmente indipendenti tra loro perch´e v3 = v1 − v2 . Siccome anche w3 = w1 − w2 , allora ogni applicazione lineare che manda v1 in w1 e v2 in w2 manda automaticamente v3 in w3 . Possiamo quindi scordarci di v3 e w3 . Ora, v1 , v2 sono linearmente indipendenti tra loro ma non sono una base di R3 . Li estendiamo a base aggiungendo v = (0, 1, 0) (se avessimo aggiunto (1, 0, 0) non veniva una base, perch´e?). Adesso abbiamo piena scelta sull’immagine di v. Chiamiamo w = (a, b) un vettore generico di R2 . La generica applicazione lineare che manda v1 in w1 , v2 in w2 e v in w, in coordinate canoniche si scrive come f (X) = AX con −1 1 0 0 1 0 0 2 a −a 2 0 a 2 0 a A= −2 0 1 = 2 1 1 = −1 b 1 − b 1 1 b 1 1 b 0 1 −1 2 1 0 Quindi f non `e unica e l’insieme delle f : hom(R3 , R2 ) tali che f (vi ) = wi , i = 1, 2, 3 `e descritto da due parametri. Si noti che 0 0 0 0 1 −1 2 0 0 2 a −a + b + a = A= 0 1 −1 0 0 0 −1 0 1 −1 b 1 − b (Somiglianze con gli spazi affini?) 19.3. Esercizi Esercizio 19.3.1. Siano V, W spazi vettoriali su K. Siano v1 , . . . , vk ∈ V vettori linearmente indipendenti e siano w1 , . . . , wk ∈ W . Dimostrare che esiste f ∈ hom(V, W ) tale che f (vi ) = wi per ogni i. Dimostrare che tale f `e unica se e solo se v1 , . . . , vk generano V. 19.3. ESERCIZI 136 Esercizio 19.3.2. Siano V, W spazi vettoriali su K. Siano v1 , . . . , vk ∈ V e w1 , . . . , wk ∈ W . Dimostrare che esiste f ∈ hom(V, W ) tale che f (vi ) = wi per ogni i = 1, . . . , k se e solo se vale la seguente condizione X X λi v i = 0 ⇒ λi wi = 0. Dimostrare che tale f `e unica se e solo se v1 , . . . , vk generano V . Esercizio 19.3.3. Siano X0 , . . . , Xk ∈ Kn e siano Y0 , . . . , Yk ∈ Km . Dimostrare che esiste una trasformazione affine f : Kn → Km tale che f (Xi ) = Yi se e solo se vale la seguente condizione X X λi (Xi − X0 ) = 0 ⇒ λi (Yi − Y0 ) = 0. Dimostrare che tale trasformazione `e unica se e solo se l’unico spazio affine passante per Xo , . . . , Xk `e Kn . Sotto che condizioni f `e un’affinit`a? 1 i 1 Esercizio 19.3.4. Siano v1 = 0 , v2 = 0 , v3 = −1 elementi di C3 w1 = 0 0 1 1+i 1 1 0 i 1 vettori di C4 . Scrivere, in coordinate canoniche, un’ap , w2 = , w3 = 0 0 i 1 0 i 3 plicazione lineare f : C → C4 tale che f (vi ) = wi . Si dica se tale f `e unica. 1 i 1 Esercizio 19.3.5. Siano v1 = 0 , v2 = 0 , v3 = −1 elementi di C3 w1 = 0 0 1 1+i 1 1 0 i 1 vettori di C4 . Scrivere, in coordinate canoniche, un’ap , w2 = , w3 = 0 0 i 1 0 i 4 plicazione lineare f : C → C3 tale che f (wi ) = vi . Si caratterizzino tutte le f con tale propriet` a. Esercizio 19.3.6. In R2 consideriamo i punti −1 0 1 2 1 1 Y0 = , Y1 = , Y2 = X0 = , X1 = , X2 = 2 1 1 2 0 −1 19.3. ESERCIZI 137 Scrivere, in coordinate canoniche, un’trasformazione affine di R2 tale che f (Xi ) = Yi . Si dica se tale f `e unica e se `e un’affinit`a. Esercizio 19.3.7. In C2 consideriamo i punti 1+i 0 1 1 i 1 , Y2 = Y0 = , Y1 = X0 = , X1 = , X2 = 0 1−i 1 −1 0 0 Scrivere, in coordinate canoniche, un’trasformazione affine di C2 tale che f (Xi ) = Yi . Si dica se tale f `e unica e se `e un’affinit`a. 2 2 Esercizio Siano = (1 + x) , p2 = (1 + x)(x − 2), p3 = 1 + x + x e siano p1 19.3.8. 1 1 0 2 1 2 . Si caratterizzino tutti le aplicazioni f ∈ , M3 = , M2 = M1 = 1 1 3 0 3 4 hom(R≤3 [x], M2×2 (R)) tali che f (pi ) = Mi e si dica se ne esitono di invertibili. 2 2 Esercizio Siano = (1 + x) , p2 = 19.3.9. (1 + x)(x − 2), p3 = 1 + x + x e siano p1 1 1 0 2 1 2 . Si caratterizzino tutti le aplicazioni f ∈ , M3 = , M2 = M1 = 1 1 3 0 3 4 hom(R≤2 [x], M2×2 (R)) tali che f (pi ) = Mi e si dica se ne esitono di invertibili. SCHEDA 20 Endomorfismi 20.1. Richiami di teoria D’ora in poi, salvo diversamente specificato, ci restringiamo a spazi vettoriali di dimensione finita. Un’applicazione lineare da uno spazio in s´e si dice endomorfismo. Lo spazio delle applicazioni lineari da uno spazio in s´e si denota con End(V ) End(V ) = hom(V, V ) = {f : V → V t.c. f `e lineare } La matrice associata a un endomorfismo rispetto a una base B `e per definizione la matrice associata a f usando la base B sia in partenza che in arrivo: f ∈ End(V ) MB (f ) = MBB (f ) La matrice di un endomorfismo `e sempre una matrice quadrata. Viceversa, data una matrice quadrata A ∈ Mn×n (K), si identifica tacitamente A con l’endomorfismo fA : Kn → Kn che ha A come matrice associata rispetto alla base canonica. Quindi quando si parla di ker(A), Imm(A), etc... si intende ker(fA ), Imm(fA ) etc... Definizione 20.1.1. Due matrici A, B ∈ Mn×n (K) si dicono simili se esite una matrice invertibile M ∈ Mn×n (K) tale che B = M −1 AM Teorema 20.1.2. Le di uno stesso endomorfismo rispetto a due basi diverse sono matrici simili. Viceversa, due matrici sono simili se e solo se rappresentano lo stesso endomorfismo in basi diverse. La dimostrazione di questo teorema discende immediatamente dalla formula del cambio di base per applicazioni lineari. Definizione 20.1.3. Sia f ∈ End(V ). Un vettore non nullo v ∈ V si dice autovettore di f se esiste λ ∈ K tale che f (v) = λv. Definizione 20.1.4. Sia f ∈ End(V ). Un numero λ ∈ K si dice autovalore di f se esite un vettore non nullo v tale che f (v) = λv. Se v 6= 0 e f (v) = λv allora v si dice autovettore relativo all’autovalore λ. Quando si parla di autovalori e atuovettori di una matrice quadrata A si sottintende che ci si riferisce agli autovalori e autovettori di fA . 138 20.1. RICHIAMI DI TEORIA 139 Teorema 20.1.5. Sia f ∈ End(V ) e sia λ ∈ K. Allora λ `e autovalore per f se e solo se ker(f − λId) 6= {0}. Se A `e una matrice associata a f in una qualsiasi base di V , allora la condizione precedente `e equivalente a det(A − λI) = 0. La dimostrazione di questo teorema discende immediatamente dal fatto che l’esistenza di un autovettore relativo a λ `e equivalente a chiedere che ker(f − λId) non sia formato dal solo 0; infine, siccome f − λId `e un endomorfismo si ha ker(f − λId) 6= {0} se e solo se det(A − λI) = 0. Definizione 20.1.6. Sia f ∈ End(V ) e sia A una matrice associata a f . Il polinomio caratteristico di f `e definito come p(x) = det(A − xId) Quando si parla di polinomio caratteristico di una matrice A si intende quello di fA . Teorema 20.1.7. Il polinomio caratteristico di f ha sempre grado uguale alla dimensione di V e non dipende dalla base scelta per scrivere la matrice associata. La dimostrazione discende immediatamente dalla formula del cambio di base per applicazioni lineari e dalle propriet`a del determinante. Teorema 20.1.8. Sia f ∈ End(V ) e sia p il polinomio caratteristico di f . Allora λ ∈ K `e autovalore di f se e solo se p(λ) = 0 se e solo se p(x) = (x − λ)m q(x) con q(λ) 6= 0. Questo teorema `e tautologico, date le definizioni e i teoremi precedenti. Teorema 20.1.9. Sia f ∈ End(v) e sia λ un autovalore di f . Gli autovettori di f relativi all’autovalore λ sono tutti gli elementi non nulli di ker(f − λId) Anche questo teorema `e tautologico, date le definizioni e i teoremi precedenti. Definizione 20.1.10. Sia f ∈ End(V ) e sia p il polinomio caratteristico di f . Sia λ ∈ K un autovalore di f e sia p(x) = (x − λ)m q(x) con q(λ) 6= 0. L’intero m > 0 si chiama molteplicit` a algebrica di λ e si indica di solito con ma (λ). Teorema 20.1.11. Sia f ∈ End(V ). La somma delle molteplicit` a algebriche degli autovalori di f `e minore o uguale alla dimensione di V : X ma (λi ) ≤ dim(V ). La dimostrazione di questo teorema discende direttamente dal fatto che un polinomio di grado n ha al massimo n radici. 20.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 140 20.2. Esempi ed esercizi svolti Esempio 20.2.1. Per ogni f ∈ End(V ) si ha f (0) = 0 = 2 · 0 = 3 · 0 = λ0 per qualsiasi λ. Quindi se volessimo considerare 0 un autovettore non potremmo associargli univocamenre il suo autovalore. Per questo motivo (e non solo) lo zero non si considera un autovettore. Esercizio 20.2.2. Sia f ∈ End(V ) e sia v un autovettore. autovettore relativo a due autovalori, allora questi conicidono. Dimostrare che se v `e Soluzione. Se f (v) = λv e f (v) = µv allora λv = µv da cui (λ − µ)v = 0 e siccome v 6= 0 si ha λ = µ. Esercizio 20.2.3. Sia f ∈ End(V ) e sia v un autovettore relativo all’autovalore µ. Dimostrare che ogni multiplo non nullo di v `e autovettore relativo a µ. Soluzione. Per linearit`a si ha f (λv) = λ(f (v)) = λ(µv) = µ(λv). Esempio 20.2.4. Gli autovettori relativi allo zero non sono altro che gli elementi non nulli di ker(f ). Esercizio 20.2.5. Dimostrare che ogni f ∈ End(R3 ) ammette un autovettore. Soluzione. La matrice di un f ∈ End(R3 ) `e 3 × 3, quindi il polinomio caratteristico di f `e di grado 3. Ogni polinomio di grado 3 a coefficienti reali ha almeno una radice (perch´e?) e quindi f ha un autovalore, ergo un autovettore non nullo. Esercizio 20.2.6. Sia f (x, y, z) = (x − y + z, y − x − z, 2z) calcolare gli autovalori di f e la loro molteplicit` a algebrica. Soluzione. La matrice associata a f nella base canonica `e 1 −1 1 A = −1 1 −1 0 0 2 per cui il polinomio caratteristico di f `e 1 − x −1 1 1 − x −1 det(A − xI) = −1 1 − x −1 = (2 − x) −1 1 − x 0 0 2 − x = (2 − x)[(1 − x)2 − 1] = (2 − x)(x2 − 2x) = −x(x − 2)2 Gli autovalori di f sono quindi 0 con molteplicit`a 1 e 2 con molteplicit`a 2. Esercizio 20.2.7. Sia f (x, y, z) = (x − y + z, y − x − z, 2z). Si trovino tutti gli autovettori relativi all’autovalore 2. 20.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 141 Soluzione. In coordinate canoniche la matrice associata a f `e la matrice A dell’esercizio precedente. Gli autovettori di f relativi all’autovalore 2 sono gli elementi non nulli del ker(f − 2Id) si deve quindi risolvere il sistema (A − 2I)X = 0 ossia −1 −1 1 1 − 2 −1 1 −1 −1 −1 X = 0 −1 1 − 2 −1 X = 0 0 0 0 0 0 2−2 Il sistema da risolvere `e quindi −x − y + z = 0 −x − y − z = 0 da cui z =x+y x+y =0 x x 1 y = −x = x −1 0 0 z z=0 x = −y Quindi gli atuovettori relativi all’autovalore 2 sono i multipli non nulli di (1, −1, 0). Esercizio 20.2.8. Sia f (x, y, z) = (x − y − z, y − x − z, 2z). Si trovino autovalori, calcolandone la molteplicit` a algebrica, e gli autovettori di f . Soluzione. La matrice associata a f nella base canonica `e 1 −1 −1 A = −1 1 −1 0 0 2 per cui il polinomio caratteristico di f `e 1 − x −1 −1 1 − x −1 det(A − xI) = −1 1 − x −1 = (2 − x) −1 1 − x 0 0 2 − x = (2 − x)[(1 − x)2 − 1] = (2 − x)(x2 − 2x) = −x(x − 2)2 Gli autovalori di f sono quindi 0 con molteplicit`a 1 e 2 con molteplicit`a 2. 20.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 142 Calcoliamo gli autovettori relativi all’autovalore zero. Questi sono gli elementi non nulli di ker(f ) dobbiamo quindi risolvere il sistema AX = 0 che `e x=y x−y−z =0 −x + y − z = 0 z=0 2z = 0 da cui x x 1 y = x = x 1 0 0 z Quindi gli atuovettori di f relativi all’autovalore 0 sono i multipli non nulli di (1, 1, 0). Calcoliamo gli autovettori di f relativi all’autovalore 2. Questi sono gli elementi non nulli del ker(f − 2Id) si deve quindi risolvere il sistema (A − 2I)X = 0 ossia −1 −1 −1 1 − 2 −1 −1 −1 −1 −1 X = 0 −1 1 − 2 −1 X = 0 0 0 0 0 0 2−2 Il sistema da risolvere `e quindi n −x − y − z = 0 da cui z = −x − y 1 x x 0 y = y = x 0 + y 1 −1 −1 −x − y z Quindi gli atuovettori relativi all’autovalore 2 sono i vettori non nulli dello span di (1, 0, −1) e (0, 1, −1). Esercizio 20.2.9. Sia f (x, y) = (3x + 5y, −5x − 3y). Si trovino gli autovalori di f considerato come endomorfismo di R2 . Si trovino gli autovalori di f considerato come endomorfismo di C2 . Si trovino gli autovettori di f come endomorfismo di C2 . Soluzione. La matrice associata a f nella base canonica `e 3 5 −5 −3 20.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 143 Quindi il polinomio caratteristico di f `e 3 − x 5 = x2 − 9 + 25 = x2 + 16 p(x) = −5 −3 − x Per cui p(x) = 0 non ha radici reali e quindi f non ha autovalori reali. Le radici complesse di p(x) sono ±4i. Cerchiamo gli autovettori relativi a 4i. Questi sono gli elementi non nulli di ker(f − 4iId). Impostiamo quindi il sistema 3 − 4i 5 4i 0 3 5 3 5 X = 0 X = 0 − − 4iId X = 0 −5 −3 − 4i 0 4i −5 −3 −5 −3 si noti che la seconda riga `e −(3 + 4i)/5 volte la prima. 3 − 4i 5 x = 0 (3 − 4i)x + 5y = 0 −5 −3 − 4i y y = (4i − 3)x/5 Gli autovettori relativi a 4i sono quindi del tipo 5 x x = x = 5 4i − 3 (4i − 3)x/5 y e sono quindi tutti i multipli non nulli di (5, 4i − 3). Cerchiamo gli autovettori relativi a −4i. Questi sono gli elementi non nulli di ker(f + 4iId). Impostiamo quindi il sistema 3 + 4i 5 4i 0 3 5 3 5 X = 0 X = 0 + + 4iId X = 0 −5 −3 + 4i 0 4i −5 −3 −5 −3 si noti che la seconda riga `e (4i − 3)/5 volte la prima. x 3 + 4i 5 = 0 (3 + 4i)x + 5y = 0 y −5 −3 + 4i y = (−3 − 4i)x/5 Gli autovettori relativi a −4i sono quindi del tipo x 5 x = = x 5 −3 − 4i y (−3 − 4i)x/5 e sono quindi tutti i multipli non nulli di (5, −3 − 4i). Esercizio 20.2.10. Dimostrare che il polinomio caratteristico di un endomorfismo f non dipende dalla base scelta per scrivere la matrice associata ad f . 20.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 144 Soluzione. Sia A la matrice associata a f nella base B e sia B la matrice associata a f in un’altra base B ′ . Dunque A e B sono simili, cio`e esiste una matrice invertibile M (quella del cambio di base) tale che B = M −1 AM . A questo punto basta calcolare: e quindi B − xI = M −1 AM − xI = M −1 AM − xM −1 M = M −1 (A − xI)M det(B − xI) = det(M −1 ) det(A − xI) det(M ) = 1 det(A − xI) det(M ) = det(A − xI) det(M ) 1 0 , Esercizio 20.2.11. Si dica quali delle seguenti matrici sono simili tra loro A1 = 0 1 1 2 1 1 3 0 1 2 2 1 , A7 = , A6 = , A5 = , A4 = , A3 = A2 = 0 1 0 1 0 1 0 3 1 2 1 2 3 4 Soluzione. Matrici simili hanno lo stesso polinomio caratteristico. I polinomi caratteristici sono (chiamiamo pi il polinomio caratteristico di Ai ) p1 = p5 = p6 = (x − 1)2 p2 = p3 = p4 = (x − 3)(x − 1) p7 = x2 − 5x − 2 Quindi la matrice A7 non `e simile a nessuna delle altre e le matrici A1 , A5 , A6 non sono simili alle A2 , A3 , A4 . In oltre, l’unica matrice simile all’identit`a `e l’identit`a perch`e M −1 IM = I. Dunque A1 non `e simile a nessuna delle altre. Resta da vedere se A5 , A6 sono simili tra loro o no e se A2 , A3 , A4 sono o meno simili tra loro. Le matrici A2 , A3 , A4 . A2 ha due autovalori: λ = 1, 3. Quindi esistono due autovettori v1 , v2 relativi a λ = 1, 3 rispetivamente. Sicuramente v1 non `e multiplo di v2 perch`e altrimenti v1 sarebbe autovettore relativo a 3. Quindi v1 , v2formauna base di R2 . In tale 1 0 . Quindi A2 `e simile a base l’endomorfismo f2 (X) = A2 (X) ha matrice associata 0 3 1 0 . Lo stesso identico discorso vale per A3 e A4 che quindi sono anch’esse simili a 0 3 1 0 . Ne segue che A2 , A3 , A4 sono tutte simili tra loro. 0 3 Veniamo adesso a A5 , A6 . Entrambe hanno un solo autovalore λ = 1 e quindi non possiedono una base di autovettori (altrimenti sarebbero l’identit`a). Quindi l’argomento di prima non funziona. 20.3. ESERCIZI 145 Scriviamo l’endomorfismo f6 (X) = A6 X nella base v1 = (1, 0), v2 = (0, 1/2). Abbiamo f6 (v1 ) = v1 e f6 (v2 ) = (1, 1/2) = v1 + v2 , quindi nella base v1 , v2 l’endomorfismo f6 ha A5 come matrice associata. Quindi A5 e A6 sono simili. 20.3. Esercizi Esercizio 20.3.1. Dimostrare che la matrice associata all’endomorfismo identit` a `e sempre Id, in qualsiasi base. Esercizio 20.3.2. Dimostrare che la matrice associata all’endomorfismo f (x) = 2x `e sempre 2Id, in qualsiasi base. Esercizio 20.3.3. Dimostrare che se f ∈ End(V ) `e un endomorfismo tale che la matrice ad esso associata non dipende dalla base scelta, allora f `e un multiplo dell’identit` a. Esercizio 20.3.4. Dimostrare che λ `e autovalore di un endomorfismo f se e solo se ker(f − λId) 6= {0}. Esercizio 20.3.5. Sia f ∈ End(V ) e sia λ un suo autovalore. Dimostrare che se esistono m autovettori relativi a λ, linearmente indipendenti tra loro, allora la molteplicit` a algebrica di λ `e almeno m. Esercizio 20.3.6. Sia f ∈ End(V ) e sia λ un suo autovalore. Dimostrare che l’insieme Vλ costituito dai vettori v tali che f (v) = λv, incluso lo zero, `e un sottospazio vettoriale di V , la cui dimensione non eccede la molteplicit` a algebrica di λ. Esercizio 20.3.7. Sia p ∈ K[x] e sia A ∈ Mn×n (K). Dimostrare che se p(A) = 0 allora ogni autovalore di A `e radice di p. Esercizio 20.3.8. Calcolare autovalori (con molteplicit` a algebrica) e autovettori di f (x, y, z) = (x + 2y, 2x + y, −z). Esercizio 20.3.9. Calcolare autovalori (con molteplicit` a algebrica) e autovettori di f (x, y, z) = (x + 2y + 3z, 2x + y, 3x + z). Esercizio 20.3.10. Calcolare autovalori (con molteplicit` a algebrica) e autovettori di f (x, y, z) = (x + y − z, x + y, −x + z). Esercizio 20.3.11. Calcolare autovalori (con molteplicit` a algebrica) e autovettori di f (x, y, z) = (x − y − z, x + y, −x + z). Esercizio 20.3.12. Sia f ∈ End(R≤2 [x]) definito da f (p) = (1 − x)p′ + p′′ . Calcolare autovalori e autovettori di f . Esercizio 20.3.13. Al variare del parametro k calcolare autovalori (con molteplicit` a algebrica) e autovettori di f (x, y, z) = (x + ky + kz, x + k 2 y, −x + k 2 z). Esercizio 20.3.14. Si calcolino autovalori (con molteplicit´ a algebrica) e autovettori 2 2 0 1 0 1 1 2 1 2 0 2 1 0 0 1 0 2 0 2 1 2 0 2 0 2 di 2 0 2 2 0 2 20.3. ESERCIZI Esercizio 20.3.15. 2 1 1 2 0 2 2 0 0 0 1 0 Esercizio 20.3.16. 1 1 1 0 0 0 1 1 0 0 0 1 Si calcolino 1 1 2 2 0 3 autovalori (con 2 1 0 0 2 1 0 0 1 Si dica quali delle seguenti 1 0 1 2 0 0 1 0 1 0 0 0 1 0 1 molteplicit´ a algebrica) e 2 1 0 2 1 0 2 1 0 2 0 0 2 0 0 146 autovettori di 0 0 1 1 1 0 1 0 2 1 1 0 matrici sono simili tra loro 1 1 0 1 1 0 0 1 0 0 2 1 0 0 2 0 0 1 2 1 0 0 2 0 0 0 1 SCHEDA 21 Sottospazi invarianti e diagonalizzabilit` a 21.1. Richiami di teoria Definizione 21.1.1. Sia f ∈ End(V ) e sia W < V un sottospazio vettoriale. W si dice invariante per f , o f -invariante, se f (W ) ⊂ W . La restrizione di f a W `e l’elemento f |W ∈ End(W ) definito semplicemente da f |W (w) = f (w). Sia f ∈ End(V ). Sia V = V1 ⊕ V2 una decomposizione di V in somma diretta di sottospazi invarianti. Siano f1 : V1 → V1 e f2 : V2 → V2 le restrizioni di f . Siano B1 e B2 basi di V1 e V2 rispettivamente. Sia B la base di V ottenuta unendo B1 e B2 ordinata in modo che gli elementi di B1 vengano prima di quelli di B2 . Allora MB1 (f1 ) 0 MB (f ) = 0 MB2 (f2 ) Teorema 21.1.2. Sia V = V1 ⊕ V2 e sia f : V → V tale che f (V1 ) ⊂ V1 e f (V2 ) ⊂ V2 . Allora, dette f1 e f2 le restrizioni di f rispettivamente a V1 e V2 , detto p il polinomio caratteristico di f , p1 quello di f1 e p2 quello di f2 si ha p(x) = p1 (x)p2 (x) Definizione 21.1.3. Sia f ∈ End(V ) e sia λ un autovalore di f . L’autospazio relativo a λ `e Vλ = ker(f − λI) = {v : f (v) = λv} = {0} ∪ {autovettori relativi a λ} Teorema 21.1.4. Sia f ∈ End(V ). Ogni autospazio relativo ad ogni autovalore `e un sottospazio vettoriale f -invariante di V . Definizione 21.1.5. Sia f ∈ End(V ) e sia λ un autovalore di f . La molteplicit` a geometrica di λ `e per definizione mg (λ) = dim(Vλ ) = dim(ker(f − λI)). Teorema 21.1.6. Sia f ∈ End(V ) e sia λ un autovalore di f . Allora 1 ≤ mg (λ) ≤ ma (λ). Definizione 21.1.7. Un endomorfismo f ∈ End(V ) si dice diagonalizzabile se V ammette una base di autovettori di f . Definizione 21.1.8. Una matrice A ∈ Mn×n (K) si dice diagonalizzabile se `e simile a una matrice diagonale. 147 21.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 148 Teorema 21.1.9. f ∈ End(V ) `e diagonalizzabile se e solo se la sua matrice, in una base qualsiasi, `e diagonalizzabile. Questo teorema deriva dalla formula del cambio di base e dal fatto che la matrice associata a f in una base di autovettori `e diagonale. Teorema 21.1.10. Sia f ∈ End(V ). Se λ 6= µ allora Vλ ∩ Vµ = {0}. In altre parole, autospazi relativi ad autovalori diversi sono in somma diretta. Teorema 21.1.11. Un endomorfismo f ∈ End(V ) `e diagonalizzabile se e solo se V `e somma diretta degli autospazi relativi agli autovalori di f . Teorema 21.1.12. Un endomorfismo f ∈ End(V ) `e diagonalizzabile se e solo se la somma delle molteplicit` a geometriche degli autovalori di f `e uguale alla dimensione di V : X mg (λi ) = dim(V ). Tale condizione `e equivalente alla seguenti due (che nella pratica son spesso pi` u semplici da controllare) P m (λ ) = dim(V ) a i mg (λi ) = ma (λi ) per ogni autovalore λi La prima delle due condizioni `e sempre vera su C. Se si lavora in R la prima condizione `e equivalente a chiedere che il polinomio caratteristico abbia tutte le radici reali (e non complesse coniugate). Corollario 21.1.13. Sia n = dim(V ). Se f ∈ End(V ) ha n autovalori distinti allora f `e diagonalizzabile. Definizione 21.1.14. Una matrice A ∈ Mn×n (K) si dice simmetrica se AT = A (e si dice antisimmetrica se AT = −A). Teorema 21.1.15. Ogni matrice A ∈ Mn×n (R) che sia simmetrica `e diagonalizzabile. Occhio che questo teorema non vale su tutti i campi, per esempio non vale su Z/2Z. 21.2. Esempi ed esercizi svolti Esempio 21.2.1. Un vettore v ∈ V `e autovettore per f ∈ End(V ) se e solo se span(v) `e invariante per f . Esempio 21.2.2. Sia V = {f : R → R} lo spazio delle funzioni da R in s´e. Sia L ∈ End(V ) definita da (L(f ))(x) = f (−x). Sia W1 lo spazio delle funzioni pari e W2 lo spazio delle funzioni dispari. Entrambi sono sottospazi L-invarianti e si ha V = W1 ⊕ W2 (infatti ogni f si scrive come f = (f + L(f ))/2 + (f − L(f ))/2 e f + L(f ) `e pari mentre f − L(f ) `e dispari). Esercizio 21.2.3. Si dica se l’endomorfismo di R3 definito da f (x, y, z) = (x+y+z, x−y, z) `e diagonalizzabile. 21.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 149 Soluzione. La matrice di f nella base cannonica `e 1 1 1 1 −1 0 0 0 1 √ √ Il polinomio caratterstico `e (1 − x)(x2 − 2) = (1 − x)(x − 2)(x + 2) quindi f `e un endomorfismo di R3 con tre autovalori distinti ed `e dunque diagonalizzabile. Esercizio 21.2.4. Si dica se l’endomorfismo di R3 definito da f (x, y, z) = (x + y, x − y, z) `e diagonalizzabile. Soluzione. La matrice di f nella base cannonica `e 1 1 0 1 −1 0 0 0 1 Tale matrice `e simmetrica e quindi diagonalizzabile, quindi anche f `e diagonalizzabile. Esercizio 21.2.5. Si dica se l’endomorfismo di R3 definito da f (x, y, z) = (x+y, −x−y, z) `e diagonalizzabile. Soluzione. La matrice di f nella base cannonica `e 1 0 1 A = −1 −1 0 0 0 1 Il polinomio caratterstico `e (1 − x)x2 quindi gli autovalori sono 1, 0 con ma (1) = 1 e ma (0) = 2. La somma delle moltelpicit`a algebriche `e 3 = dim(R3 ) e la prima condizione per la diagonalizzabilit`a `e verificata. Siccome 1 ≤ mg ≤ ma si ha mg (1) = 1. Dobbiamo controllare se ma (0) = mg (0). mg (0) = dim(ker(f − 0Id)) = dim(ker(f )) = 3 − rango(A) = 1 quindi mg (0) 6= ma (0) e dunque f non `e diagonalizzabile. Esercizio 21.2.6. Si dica se l’endomorfismo di R3 definito da f (x, y, z) = (x+2y, −x−y, z) `e diagonalizzabile. Soluzione. La matrice di f nella base cannonica `e 2 0 1 A = −1 −1 0 0 0 1 21.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 150 Il polinomio caratterstico `e (1 − x)(x2 + 1) quindi l’unico autovalore `e 1 con ma (1) = 1. La somma delle moltelpicit`a algebriche `e 1 6= dim(R3 ) e la prima condizione per la diagonalizzabilit`a non `e verificata. Quindi f non `e diagonalizzabile. Esercizio 21.2.7. Si dica se l’endomorfismo di C3 definito da f (x, y, z) = (x+2y, −x−y, z) `e diagonalizzabile. Soluzione. La matrice di f nella base cannonica `e 2 0 1 A = −1 −1 0 0 0 1 Il polinomio caratterstico `e (1 − x)(x2 + 1) = (1 − x)(x − i)(x + i) quindi gli autovalori sono 1, i, −i. Quindi f `e un endomorfismo di C3 con 3 autovalori distinti ed `e dunque diagonalizzabile. 0 1 `e diagonalizzabile in M2×2 (R). Esercizio 21.2.8. Si dica se la matrice A = 1 0 Soluzione. A `e simmetrica ed `e quindi diagonalizzabile. 0 1 `e diagonalizzabile in M2×2 (Z/2Z). Esercizio 21.2.9. Si dica se la matrice A = 1 0 Soluzione. A `e simmetrica, ma non stiamo lavorando su R bens´ı su Z/2Z, quindi il criterio di simmetria non si pu`o applicare. Controlliamo a mano. Il polinomio carattaristico `e x2 − 1 = (x + 1)2 (ricordate che in Z/2Z si ha 1 = −1). Quindi l’unico autovalore `e 1, con ma (1) = 2. Calcoliamo la molteplicit`a geometrica di 1 −1 1 =1 mg (1) = dim(ker(f − Id)) = 2 − rango 1 −1 quindi mg (1) 6= ma (1) e f non `e diagonalizzabile. Esercizio 21.2.10. Sia V = Mn×n (K) e sia L ∈ End(V ) la trasposizione: L(M ) = M T . Si dica se L `e diagonalizzabile. Soluzione. Sia S lo spazio delle matrici simmetriche, cio`e quelle tali che M = M T , e sia A lo spazio delle matrici antisimmetriche, cio`e quelle tali che M T = −M . Chiaramente ogni matrice simmetrica non nulla `e autovettore di L relativo all’autovalore 1 (e viceversa), mentre ogni matrice antisimmetrica `e autovettore di L relativo all’autovalore −1 (e viceversa). Quindi S = V1 e A = V−1 . Sappiamo gi`a che gli autospazi sono in somma diretta. Se dimostriamo che S + A = V allora L risulter`a diagonalizzabile. Per ogni M ∈ V scriviamo M= M + MT M − MT + 2 2 21.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI chiaramente M +M 2 diagonalizzabile. T ∈ S e M −M T 2 151 ∈ A quindi S e A insieme generano V . Quindi L `e Esercizio 21.2.11. Si trovino tutti i sottospazi invarianti dell’endomorfismo di R3 definito da f (x, y, z) = (x + 2z, y, 2z + x). Soluzione. La matrice associata a f nella base canonica `e 1 0 2 0 1 0 2 0 1 il polinomio caratteristico `e (1−x)[(1−x)2 −4]) = (1−x)(x2 −2x−3) = (1−x)(x−3)(x+1) quindi f ha tre autovalori distinti ed `e diagonalizzabile. Sia v1 , v2 , v3 una base di R3 di autovettori per f , tali che f (v1 ) = v1 , f (v2 ) = −v2 , f (v3 ) = 3v3 . La matrice di f in tale base diventa 1 0 0 0 −1 0 . 0 0 3 Sia W un sottospazio invariante. Se dim(W ) = 0 allora W = {0} e se dim(W ) = 3 allora W = R3 . Se dim(W ) = 1 allora W `e lo span di un vettore non nullo, che deve essere un autovettore perch´e W f -invariante. Quindi i sottospazi invarianti di dimensione 1 sono span(v1 ), span(v2 ), span(v3 ). Resta il caso dim(W ) = 2. Siano BW = w1 , w2 una base di W e B = w1 , w2 , v una sua estensione a base di R3 . In tale base la matrice associata a f `e della forma a MBW (f |W ) b c 0 0 ove (a, b, c) `e il vettore delle coordinate di f (v) nella base B. In particolare, il polinomio caratteristico di f |W `e un fattore di grado due del polinomio caratteristico di f . Quindi f |W ha due autovalori distinti ed `e quindi diagonalizzabile. Ne segue che W deve essere lo span di due autovettori di f . Le possibilit`a sono span(v1 , v2 ), span(v1 , v3 ), span(v2 , v3 ) che sono dunque i sottospazi bidimensionali f -invarianti. In totale ci sono esattamente 8 sottospazi f -invarianti: 0, span(v1 ), span(v2 ), span(v3 ), span(v1 , v2 ), span(v1 , v3 ), span(v2 , v3 ), R3 . 21.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 152 Esercizio 21.2.12. Si trovino tutti i sottospazi invarianti dell’endomorfismo di R3 definito da f (x, y, z) = (x + y, y, 2z). Soluzione. La matrice associata a f nella base canonica `e: 1 1 0 0 1 0 0 0 2 il polinomio caratteristico di f `e (1−x)2 (2−x) e gli autovalori di f sono 1, 2, con molteplicit`a mg (2) = ma (2) = 1 e ma (1) = 2, mg (1) = 1 (quindi f non `e diagonalizzabile). Sia W un sottospazio f -invariante. Se dim(W ) = 0 allora W = {0} e se dim(W ) = 3 allora W = R3 . Se dim(W ) = 1 allora W `e lo span di un autovettore. Le sole possibilit`a sono W = span(e1 ) W = span(e3 ) Manca il caso dim(W ) = 2. Siano BW = w1 , w2 una base di W e B = w1 , w2 , v una sua estensione a base di R3 . In tale base la matrice associata a f `e della forma a MBW (f |W ) b c 0 0 ove (a, b, c) `e il vettore delle coordinate di f (v) nella base B. In particolare, il polinomio caratteristico di f |W `e un fattore di grado due del polinomio caratteristico di f , per cui pu`o essere (a parte il segno) (1 − x)(2 − x) (1 − x)2 nel primo caso f |W ha due autovalori distinti ed `e quindi diagonalizzabile, ergo W `e lo span di due autovettori e l’unica possibilit`a `e W = span(e1 , e3 ). Nel secondo caso l’unico autovalore di f |W `e 1. La molteplicit`a geometrica di 1 come autovalore di f |W `e minore o uguale a quella come autovalore di f , che `e `e 1. Quindi anche quella come autovalore di f |W `e 1. Ne segue che W = span(e1 , w) per un certo w. Vediamo adesso come pu`o essere fatto w. Nella base e1 , w di W la matrice di f |W `e 1 α 0 β ove (α, β) sono le coordinate di f (w) rispetto alla base e1 , w. Siccome il polinomio caratteristico di f |W = (1 − x)2 si deve avere β = 1 e siccome mg (1) = 1 si deve avere α 6= 0. Quindi la matrice `e 1 α 0 1 21.3. ESERCIZI e f (w) = w + αe1 , cio`e w `e un sistema 0 0 0 153 vettore tale che (f − Id)w = αe1 , ossia `e una soluzione del 1 0 α y=α 0 0 X = 0 0=0 z=0 0 0 1 quindi w = (x, α, 0) per un certo x, quindi w ∈ span(e1 , e2 ) e dunque W = span(e1 , w) = span(e1 , e2 ) In totale ci sono esattamente 6 sottospazi f -invarianti: 0, span(e1 ), span(e3 ), span(e1 , e3 ), span(e1 , e2 ), R3 . 21.3. Esercizi Esercizio 21.3.1. Si dica se l’endomorfismo di R3 definito da f (x, y, z) = (x + y + z, −x − y − z, z) `e diagonalizzabile. Esercizio 21.3.2. Si dica se l’endomorfismo di R3 definito da f (x, y, z) = (x + y + z, −x − y − z, x + y + z) `e diagonalizzabile. Esercizio 21.3.3. Si dica se l’endomorfismo di C3 definito da f (x, y, z) = (y, −x, iz) `e diagonalizzabile. Esercizio 21.3.4. Si dica se l’endomorfismo di C4 definito da f (x, y, z, t) = (y + z − it, x − y − iz + t, it, −iz) `e diagonalizzabile. Esercizio 21.3.5. Si dica se la derivata come endomorfismo di R≤5 [x] `e diagonalizzabile. Esercizio 21.3.6. Si dica se la derivata come endomorfismo di C≤5 [x] `e diagonalizzabile. 1 2 e sia L ∈ End(M2×2 (R)) definita da L(M ) = AM . Esercizio 21.3.7. Sia A = 3 4 Si dica se L `e diagonalizzabile. 1 2 e sia L ∈ End(M2×2 (R)) definita da L(M ) = M A. Esercizio 21.3.8. Sia A = 3 4 Si dica se L `e diagonalizzabile. 1 2 e sia L ∈ End(M2×2 (R)) definita da L(M ) = AM . Esercizio 21.3.9. Sia A = −2 1 Si dica se L `e diagonalizzabile. 21.3. ESERCIZI 154 Esercizio 21.3.10. Sia f : R3 ∈ R3 la rotazione di π intorno all’asse z. Si dica se f `e diagonalizzabile. Esercizio 21.3.11. Sia f : R3 ∈ R3 la rotazione di π intorno alla retta r = span(1, 1, 1). Si dica se f `e diagonalizzabile. Esercizio 21.3.12. In R3 , sia r = span(1, −1, 1) e sia f : R3 ∈ R3 la rotazione di angolo α intorno alla retta r. Si dica per quali α f risulta diagonalizzabile. Esercizio 21.3.13. Si dica se l’endomorfismo di R4 definito da f (x, y, z, t) = (x + 2y + z + t, 2x + y − z − t, 3z + t, 3t) `e diagonalizzabile. Esercizio 21.3.14. Si dica se l’endomorfismo di R4 definito da f (x, y, z, t) = (x + 2y + z + t, 2x + y − z − t, 3z + t, −t) `e diagonalizzabile. Esercizio 21.3.15. Si dica se l’endomorfismo di R4 definito da f (x, y, z, t) = (x + 2y + 3z − 57t, 2x + y − 5z − 28t, 3z + t, 3t) `e diagonalizzabile. Esercizio 21.3.16. Si dica se l’endomorfismo di R3 definito da f (x, y, z) = x + 2y + 3z, 2x + 4y + 5z, 3x + 5y + 6z) `e diagonalizzabile. Esercizio 21.3.17. Sia f ∈ End(R4 ) definita da f (x, y, z, t) = (2x + y + z + t, 2y + z − 2t, 3z + t, 3t). Si trovino tutti i sottospazi f -invarianti di R4 . Esercizio 21.3.18. Sia f ∈ End(R4 ) definita da f (x, y, z, t) = (x+y +z +t, y +z −2t, z, t). Si caratterizzino tutti i sottospazi f -invarianti di R4 . SCHEDA 22 Triangolabilit` a e forma canonica di Jordan 22.1. Richiami di teoria Definizione 22.1.1. f ∈ End(V ) si dice triangolabile se esiste una base B di V tale che MB (f ) sia triangolare. Una matrice si dice triangolabile se `e simile a una matrice triangolare. Teorema 22.1.2. f ∈ End(V ) `e triangolabile se e solo se la somma delle molteplicit` a algebriche degli autovalori `e uguale a dim(V ) X ma (λi ) = dim(V ). P La dimostrazione che se f `e triangolabile allora ma (λi ) = dim(V ) `e un facile esercizio (fatelo) l’altra implicazione `e pi` u complicata e non `e programma d’esame. Definizione 22.1.3. Un blocco di Jordan di ordine n, relativo a λ, `e una matrice quadrata n × n che ha λ sulla diagonale principale, 1 immediatamente sopra e 0 altrove: λ 1 0 ... 0 0 λ 1 . . . 0 . . . . . . . .. .. . 0 . . . λ 1 0 ... 0 λ Definizione 22.1.4. Una matrice si dice di Jordan se `e diagonale a blocchi con blocchi di Jordan sulla diagonale. Teorema 22.1.5. Sia f ∈ End(V ) triangolabile. Allora esiste una base B di V , detta base di Jordan, tale che MB (f ) sia una matrice di Jordan. Viceversa, se f ha una base di Jordan allora `e triangolabile. In oltre la matrice di Jordan di f `e unica a meno di permutazioni dei blocchi e si chiama forma canonica di Jordan. Corollario 22.1.6. Due matrici triangolabili sono simili (e quindi rappresentano lo stesso endomorfismo in basi diverse) se e solo se hanno la stessa forma di Jordan. Algoritmo per la forma di Jordan Nonostante la dimostrazione dell’esistenza di una base di Jordan sia piuttosto complicata, c’`e un algoritmo semplicissimo che permette di calcolare la forma di Jordan. Sia 155 22.1. RICHIAMI DI TEORIA 156 f ∈ End(V ) triangolabile. La forma di Jordan di f `e una matrice diagonale a blocchi, uno per ogni autovalore. Ogni blocco `e a sua volta una matrice di Jordan (con un solo autovalore). Per ogni autovalore λ di f , il blocco relativo a λ si calcola cos`ı. Si definiscono le quantit`a: hk (λ) = dim(ker(f − λI)k ) − dim(ker(f − λI)k−1 ). Tali numeri si calcolano facilmente tramite il teorema di Rouch`e Capelli: se A `e la matrice associata a f in una qualsiasi base e M = (A − λI) allora dim(ker(f − λI)k ) = dim(V ) − rango(M k ) per cui hk = rango(M k−1 ) − rango(M k ) Si noti che h1 = mg (λ) ≥ 1. I numeri hk formano una successione monotona debolmente decrescente che arriva a zero in un numero finito di passi. In oltre la somma degli hk `e uguale alla molteplicit`a algebrica di λ quindi la successione arriva a zero sicuramente in meno di ma (λ). h1 (λ) ≥ h2 (λ) ≥ · · · ≥ hm (λ) = 0 X hk (λ) = ma (λ) In pratica si calcolano i numeri hk (λ), fermandosi quando la loro somma `e uguale a ma (λ). A questo punto si forma un diagramma di quadratini fatto di tante colonne, ognuna alte hk (λ), ordinate da sinistra a destra, tipo questo: In questo esempio abbiamo h1 = 9, h2 = 7, h3 = 5, h4 = 5, h5 = 2, h6 = 1. Quindi in questo esempio abbiamo ma (λ) = 29. Adesso si contano quanti quadratini ci sono in ogni riga e questo ci fornisce esattamente la dimensione di tutti i blocchi di Jordan relativi a λ nella forma di Jordan di f . 22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 157 1 1 2 2 4 4 4 5 6 La prima colonna, cio`e h1 (λ) = mg (λ) ci dice quanti blocchi abbiamo, e le somme ci dicono la dimensione. Nel nostro esempio avremmo • • • • • • 2 blocchi di ordine 1 2 blocchi di ordine 2 nessun blocco di ordine 3 3 blocchi di ordine 4 un blocco di ordine 5 un blocco di ordine 6 22.2. Esempi ed esercizi svolti Esempio 22.2.1. Sono matrici di Jordan: 1 1 1 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 , 0 2 1 , 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 2 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 , 0 2 1 0 0 0 1 0 0 2 0 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 , , , 0 1 1 0 0 2 0 0 0 2 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 −1 0 0 1 22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI Esempio 22.2.2. NON sono matrici di Jordan: 0 0 1 0 1 2 0 0 1 1 1 0 0 0 1 0 0 1 1 , 1 2 1 , 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 1 0 0 0 0 0 2 1 0 0 1 0 0 0 1 2 0 3 0 0 0 0 0 0 0 1 , , 0 0 1 1 0 0 2 1 0 0 0 0 0 1 0 0 0 −1 0 0 1 0 0 158 1 0 0 2 0 0 0 , 0 1 1 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 , 2 0 0 1 0 1 1 0 0 0 1 0 0 0 0 −1 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 Esercizio 22.2.3. Qual’`e la forma di Jordan associata al seguente diagramma? Soluzione. Si tratta di una matrice λ 0 0 0 con un solo blocco di ordine 4: 1 0 0 λ 1 0 0 λ 1 0 0 λ Esercizio 22.2.4. Qual’`e la forma di Jordan associata al seguente diagramma? Soluzione. Abbiamo 4 blocchi di ordine 1: λ 0 0 0 λ 0 0 0 λ 0 0 0 la matrice `e diagonale 0 0 0 λ 22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 159 Esercizio 22.2.5. Qual’`e la forma di Jordan associata al seguente diagramma? Soluzione. Due blocchi, uno di ordine 1 e uno di ordine 3: λ 0 0 0 0 0 0 λ 1 0 0 λ 1 0 0 λ Esercizio 22.2.6. Qual’`e la forma di Jordan associata al seguente diagramma? Soluzione. Due blocchi di ordine due λ 0 0 0 1 0 0 λ 0 0 0 λ 1 0 0 λ Esercizio 22.2.7. Qual’`e la forma di Jordan associata al seguente diagramma? 22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 160 Soluzione. Tre blocchi: uno di ordine 1, uno di ordine 2 e uno di ordine 3 λ 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 λ 1 0 0 0 0 λ 0 0 0 0 0 λ 1 0 0 0 0 λ 1 0 0 0 0 λ Esercizio 22.2.8. Trovare la forma di Jordan della derivata come elemnto di End(R≤3 [x]). Soluzione. La matrice della derivata, nella base canonica di R≤3 [x] `e 0 0 0 0 1 0 0 0 2 0 0 0 3 0 0 0 il polinomio caratteristico `e x4 e l’unico autovalore `e 0, che ha molteplicit`a algebrica 4 e geometrica 1 (perch´e la matrice ha rango 3). Quindi h1 = 1, e siccome i numeri hi non possono crescere, ne segue che h2 = h3 = h4 = 1 e ci fermiamo perch`e h1 + h2 + h2 + h4 = 4. Il diagramma `e quindi e la forma di Jordan 0 1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 (e una base di Jordan `e formata da 1, x, x2 /2, x3 /3). Esercizio 22.2.9. Sia f ∈ End(R3 ) definito da f (x, y, z) = (y, x, x − y + z) si verifichi che `e triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan. 22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 161 Soluzione. La matrice associata a f nella base canonica `e 0 1 0 1 0 0 1 −1 1 il polinomio caratteristico `e (1 − x)(x2 − 1) = −(x − 1)2 (x + 1) che `e completamente fattorizzato e dunque f `e triangolabile. Gli autovalori sono 1, −1 con ma (1) = 2 e ma (−1) = 1. Siccome per ogni autovalore vale 1 ≤ mg ≤ ma , si ha mg (−1) = 1. La molteplicit`a geometrica di 1 `e data dalla dimensione di ker(f − Id). La matrice associata a f − Id `e −1 1 0 1 −1 0 1 −1 0 ed ha rango 1. Quindi mg (1) = 3 − 1 = 2 e dunque f `e diagonalizzabile. La sua forma di Jordan `e dunque 1 0 0 0 1 0 0 0 −1 Esercizio 22.2.10. Sia f ∈ End(R3 ) definito da f (x, y, z) = (y, x, x + y + z) si verifichi che `e triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan. Soluzione. La matrice associata a f nella base canonica `e 0 1 0 1 0 0 1 1 1 il polinomio caratteristico `e (1 − x)(x2 − 1) = −(x − 1)2 (x + 1) che `e completamente fattorizzato e dunque f `e triangolabile. Gli autovalori sono 1, −1 con ma (1) = 2 e ma (−1) = 1. Siccome per ogni autovalore vale 1 ≤ mg ≤ ma , si ha mg (−1) = 1. La molteplicit`a geometrica di 1 `e data dalla dimensione di ker(f − Id). La matrice associata a f − Id `e −1 1 0 1 −1 0 1 1 0 22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 162 ed ha rango 2. Quindi mg (1) = 3 − 2 = 1 e dunque h1 (1) = mg (1) = 1. Per cui il diagramma del blocco relativo all’autovalore 1 `e e quindi c’`e un solo blocco di ordine 2 relativo all’autovalore 1. La sua forma di Jordan `e dunque 1 1 0 0 1 0 0 0 −1 Esercizio 22.2.11. Si trovi la forma di Jordan dell’endomorfismo associato alla matrice 1 0 1 −1 1 0 2 0 1 −1 −1 0 3 −1 1 0 1 0 2 0 0 1 0 0 2 Soluzione. Il polinomio caratteristico `e (2 − x)5 quindi l’unico autovalore `e 2 con ma (2) = 5. Calcoliamo i numeri hi . h1 (2) = mg (2) = dim(ker(f − 2Id)). La matrice associata a f − 2Id `e: −1 0 1 −1 1 0 0 0 1 −1 −1 0 1 −1 1 0 1 0 0 0 0 1 0 0 0 Che ha rango 3, quindi mg (2) = 5 − 3 = 2. Ci sono dunque due blocchi di Jordan e i diagrammi possibili sono h2 = 2 h2 = 1 22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 163 Quindi dobbiamo calcolare h2 (2) = dim(ker(f − 2Id)2 ) − dim(ker(f − 2Id)). La matrice associata a (f − 2Id)2 `e: 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 −1 0 0 1 −1 0 0 0 Che ha rango 1, quindi h2 (2) = 4 − 2 = 2. La forma di Jordan cercata `e dunque 2 0 0 0 0 1 0 0 0 2 0 0 0 0 2 1 0 0 0 2 1 0 0 0 2 Esercizio 22.2.12. Si trovi la forma di Jordan dell’endomorfismo associato alla matrice A= −1 1 0 0 0 0 0 0 −1 1 0 0 0 0 0 0 −1 0 0 0 0 0 0 0 −1 1 0 0 0 0 0 0 −1 1 0 0 0 0 0 0 −2 1 1 0 0 1 0 −1 0 0 −1 0 0 −1 0 0 0 0 0 0 0 0 1 −1 Soluzione. Il polinomio caratteristico `e (1 + x)8 quindi l’unico autovalore `e −1 con 22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 164 ma = 8. Poniamo 0 0 0 0 M = (A − (−1)Id) = A + Id = 0 0 1 1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 −1 0 0 −1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 −1 1 0 −1 1 1 0 0 0 0 Calcoliamo i numeri h1 = mg (−1) = 8−rango(M ) e hk = rango(M k )−rango(M k−1 ). M ha tre colonne uguali, e si verifica che M ha effettivamente rango 6. Quindi h1 = 8 − 6 = 2. Le possibilit`a per il diagramma “a quadratini” sono: Dobbiamo quindi calcolare h2 , h3 , h4 per cui ci servono M 2 , M 3 , M 4 . 0 0 0 0 2 M = 0 1 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 −1 1 0 1 0 0 0 1 1 0 0 0 1 0 0 0 0 −1 0 0 −1 0 0 rango(M 2 ) = 4 22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 0 0 0 0 3 M = 1 0 0 0 0 0 0 1 M4 = 0 0 0 −1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 −1 0 0 0 0 0 −1 0 0 1 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 165 rango(M 3 ) = 2 0 0 1 0 0 0 rango(M 4 ) = 1 0 0 −1 0 0 0 −1 quindi h2 = 2, h3 = 3, h4 = 1, il diagramma `e e la forma di jordan −1 1 0 0 0 0 0 0 −1 1 0 0 0 0 0 0 −1 0 0 0 0 0 0 0 −1 1 0 0 0 0 0 0 −1 1 0 0 0 0 0 0 −1 1 0 0 0 0 0 0 −1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 −1 22.3. ESERCIZI 166 22.3. Esercizi Esercizio 22.3.1. Sia f ∈ End(R2 ) definito da f (x, y) = (x, x + y) si verifichi che `e triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan. Esercizio 22.3.2. Sia f ∈ End(R2 ) definito da f (x, y) = (x + 2y, y) si verifichi che `e triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan. Esercizio 22.3.3. Sia f ∈ End(R2 ) definito da f (x, y) = (x + y, x + y) si verifichi che `e triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan. Esercizio 22.3.4. Sia f ∈ End(R2 ) definito da f (x, y) = (x − y, x − y) si verifichi che `e triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan. Esercizio 22.3.5. Sia f ∈ End(R3 ) definito da f (x, y, z) = (y + z, x + z, x − y + 2z) si verifichi che `e triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan. Esercizio 22.3.6. Sia f ∈ End(R3 ) definito da f (x, y, z) = (y, x, x − y + 2z) si verifichi che `e triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan. Esercizio 22.3.7. Sia f ∈ End(R3 ) definito da f (x, y, z) = (x − 2y + z, 2x + y + 2z, 3z) si verifichi che `e triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan. Esercizio 22.3.8. Si trovi la forma di 0 0 0 −1 0 Jordan dell’endomorfismo associato alla matrice 0 1 −1 1 0 1 0 0 0 0 1 0 1 −1 1 1 0 0 0 1 Esercizio 22.3.9. Si trovi la forma di Jordan 1 1 1 0 1 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 dell’endomorfismo associato alla matrice 1 1 0 0 1 1 1 0 0 1 22.3. ESERCIZI Esercizio 22.3.10. Si trovi la forma di 1 0 0 0 0 167 Jordan dell’endomorfismo associato alla matrice 1 1 1 1 1 0 0 0 0 1 1 1 0 0 1 0 0 0 0 1 Esercizio 22.3.11. Si trovi la forma di Jordan dell’endomorfismo associato alla matrice 2 0 1 −1 1 0 2 0 1 −1 −1 0 4 −2 2 0 1 0 2 0 0 1 0 0 2 Esercizio 22.3.12. Si trovi la forma di Jordan dell’endomorfismo associato alla matrice 1 0 1 0 0 0 −1 1 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0 −1 0 0 1 0 1 0 −1 0 1 1 1 1 −1 1 0 1 1 SCHEDA 23 Forme bilineari 23.1. Richiami di teoria Definizione 23.1.1. Sia V uno spazio vettoriale su K. Una forma bilineare su V `e un’applicazione b:V ×V →K che sia lineare in entrambi gli argomenti. Cio`e tale che ∀v, w, vi , wi ∈ V e λi ∈ K si abbia X X X X b( λi vi , w) = λi b(vi , w) b(v, λi w i ) = λi b(v, wi ) Come al solito, per controllare la linearit`a bastano le condizioni semplificate: b(v, w) `e bilineare se e solo se per ogni v, w, v ′ , w′ ∈ V e λ ∈ K valgono b(v + v ′ , w) = b(v, w) + b(v ′ , w) b(v, w + w′ ) = b(v, w) + b(v, w′ ) b(λv, w) = λb(v, w) = b(v, λw) In coordinate un’applicazione b(X, Y ) `e bilineare se e solo se, considerate le Y come parametri, `e lineare nelle X e viceversa. In altre parole b `e bilineare se e solo se `e della forma x1 y1 X x2 y2 , ) = aij xi yj b( .. .. . . yn xn ossia se `e un polinomio omogeneo di secondo grado i cui monomi contengono una “variabile x” e una “variabile y”. L’insieme delle forme bilineari V × V → K si denota bil(V ). Teorema 23.1.2. Sia V uno spazio vettoriale su K e B : v1 , . . . , vn una base di V . Allora ogni forma bilineare b ∈ bil(V ) `e univocamente determinata dai valori b(vi , vj ). Dimostrazione. P PSiano v, w ∈ V . Siccome B `e una P base esistono numeri αi e βi tali che v = αi vi , w = βi vi . Per bilinearit`a b(v, w) = i,j αi βj b(vi , vj ). 168 23.1. RICHIAMI DI TEORIA 169 Definizione 23.1.3. Sia V uno spazio vettoriale su K e B : v1 , . . . , vn una base di V . Sia b ∈ bil(V ). La matrice associata a b nella base B `e la matrice Aij = b(vi , vj ) cio`e b(v1 , v1 ) b(v1 , v2 ) b(v1 , v3 ) . . . b(v1 , vn ) b(v , v ) b(v , v ) b(v , v ) . . . b(v , v ) 2 2 2 3 2 n 2 1 A= b(v3 , v1 ) b(v3 , v2 ) b(v3 , v3 ) . . . b(v3 , vn ) .. .. .. .. ... . . . . b(vn , v1 ) b(vn , v2 ) b(vn , v3 ) . . . b(vn , vn ) In coordinate, la matrice associata a una forma del tipo x1 y1 X x2 y2 , ) = b( aij xi yj .. .. . . xn yn non `e altro che A = (aij ). Se A `e la matrice associata a b nella base B, X = v e Y = w , allora b(v, w) si B calcola con la formula Cio`e se v = P αi vi , w = P B b(v, w) = X T AY. βi vi allora: b(v, w) = α1 α2 . . . β1 β2 αn A . .. βn Se B ′ `e un’altra base di V e M = MBB′ (Id) `e la matrice del cambio di coordinate dalla base B ′ alla base B, la matrice associata a b nella base B ′ `e: M T AM Definizione 23.1.4. Una forma b ∈ bil(V ) si dice simmetrica se b(v, w) = b(w, v) per ogni v, w ∈ V ; si dice antisimmetrica se b(v, w) = −b(w, v). Teorema 23.1.5. Una forma b ∈ bil(V ) `e simmetrica se e solo se la sua matrice in una base qualsiasi lo `e; `e antisimmetrica se e solo se la sua matrice in una base qualsiasi lo `e. 23.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 170 Definizione 23.1.6. La forma quadratica associata a una forma bilineare b ∈ bil(V ) `e la funzione qb : V → K definita da qb (X) = b(X, X). Teorema 23.1.7. Sia V uno spazio vetoriale su R. Allora bil(V ) = Simmetriche ⊕ Antisimmetriche Teorema 23.1.8. La forma quadratica associata a una antisimmetrica `e nulla. Una forma simmetrica su uno spazio reale `e univocamente determinata dalla sua forma quadratica: b(v + w, v + w) − b(v, v) − b(w, w) b(v, w) = 2 (si noti che questa formula non vale in un campo ove 1 + 1 = 0, per esempio su Z/2Z.) 23.2. Esempi ed esercizi svolti Esempio 23.2.1. L’applicazione da R2 × R2 → R definita da x1 y1 y1 x1 b( , ) = det x2 y2 y2 x2 `e una forma bilineare. Esempio 23.2.2. L’applicazione b : R[x] × R[x] → R definita da Z 1 b(p, q) = p(x)q(x)dx 0 `e una forma bilineare. (La cosa rimane vera anche se si cambiano gli estremi di integrazione.) Esempio 23.2.3. L’applicazione b : Rn × Rn → R definita da y 1 .. b((x1 , . . . , xn ), (y1 , . . . , yn )) = x1 . . . xn . = x1 y1 + x2 y2 + . . . xn yn yn `e bilineare. 1 2 3 Esempio 23.2.4. Sia A = 4 5 6. L’applicazione b : R3 → R3 definita da 7 8 9 b(X, Y ) = X T AY `e una forma bilineare. Esempio 23.2.5. L’applicazione nulla b : V × V → K definita da b(v, w) = 0 `e bilineare. 23.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 171 Esercizio 23.2.6. Si dica se l’applicazione b : R2 → R2 definita da b((x1 , x2 ), (y1 , y2 )) = x1 x2 + y1 y2 sia bilineare. Soluzione. La risopsta `e no. Infatti b((2, 2), (0, 0)) = 4 6= 2b((1, 1), (0, 0)) = 2. Esercizio 23.2.7. Si dica se l’applicazione b : R2 → R2 definita da b((x1 , y1 ), (x2 , y2 )) = x1 x2 + y1 y2 sia bilineare. Soluzione. La risopsta `e si. Infatti che `e bilineare. x2 b((x1 , y1 ), (x2 , y2 )) = x1 y1 y2 Esercizio 23.2.8. Scrivere la matrice della forma b ∈ bil(R2 ) definita da b(X, Y ) = det(XY ), nella base canonica. Soluzione. 1 0 b(e1 , e1 ) b(e1 , e2 ) = A= b(e2 , e1 ) b(e2 , e2 ) 0 1 1 0 1 0 1 0 0 1 0 1 = −1 0 0 0 1 1 Esercizio 23.2.9. Scrivere la matrice associata, nella base canonica, a b ∈ bil(R≤2 [x]) definita da Z 1 f (x)g(x)dx. b(f, g) = 0 R R Soluzione. La forma b `e simmetrica perch´e f g = gf . R R 1 2 R1 1 2 1 1/2 1/3 b(1, 1) b(1, x) b(1, x ) x x 1 0 0 R0 R 1 2 R 1 3 = A = b(x, 1) b(x, x) b(x, x2 ) = 01 x x 1/2 1/3 1/4 x 0 0 R 1 2 R1 3 R1 4 2 2 2 2 x x x 1/3 1/4 1/5 b(x , 1) b(x , x) b(x , x ) 0 0 0 Esercizio 23.2.10. La traccia di una matrice quadrata `e per definizione la somma degli elementi sulla diagonale. Dimostrare che per ogni A, B ∈ Mn×n (K) si ha tr(AB) = tr(BA). 23.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 172 Soluzione. L’applicazione tr : Mn×n (K) → K definita da tr(A) = traccia di A `e un’applicazione lineare. Quindi la forma b : Mn×n (K) × Mn×n (K) → K definita da b(A, B) = tr(AB) `e bilineare. In oltre, dati due elementi qualsiasi Eij e Est della base canonica di Mn×n (K) si ha Eij Esk = 0 se s 6= j Eij Ejk = Eik . Siccome Eik ha traccia nulla se i 6= k e tr(Eii ) = 1, gli unici casi in cui la traccia `e diversa da zero sono tr(Eij Eji ) = tr(Eji Eij ) = 1. Ne segue che la matrice associata a b nella base canonica `e simmetrica. Dunque b `e simmetrica e per ogni A, B si ha tr(AB) = b(A, B) = b(B, A) = tr(BA). Esercizio 23.2.11. Scrivere la matrice associata alla forma bilineare b((x1 , x2 , x3 ), (y1 , y2 , y3 )) = x1 y1 + 2x1 y3 + 3x2 y1 − x2 y2 + x2 y3 − 2x3 y1 + x3 y2 prima nella base canonica e poi nella base B : v1 = (1, 0, 1), v2 = (1, 0, −1), v2 = (1, 2, 0). Soluzione. Quando una forma `e data in 1 A= 3 −2 coordinate, la matrice associata `e facile: 0 2 −1 1 1 0 La matrice del cambio di coordinate da B alle coordinate (v1 v2 v3 ) quindi la matrice associata a b nella base B `e 0 2 1 1 1 0 1 1 M T AM = 1 0 −1 3 −1 1 0 0 1 −1 −2 1 0 1 2 0 canoniche non `e altro che M = 1 1 −3 1 2 = 5 1 1 0 11 3 3 Esercizio 23.2.12. Sia b((x1 , x2 , x3 ), (y1 , y2 , y3 )) = (x2 − x3 )(2y1 + y2 + 3y3 ). Si verifichi che b sia una forma bilineare di R3 e se ne scriva la matrice associata, prima nella base canonica e poi nella base B : v1 = (1, 0, 1), v2 = (1, 1, 0), v3 = (0, 1, 0). Soluzione. Svolgendo i calcoli si ha b((x1 , x2 , x3 ), (y1 , y2 , y3 )) = 2x2 y1 + x2 y2 + 3x2 y3 − 2x3 y1 − x3 y2 − 3x3 y3 P quindi b(X, Y ) `e della forma aij xi yj e dunque `e bilineare. Avendola scritta in coordinate, la matrice nella base canonica non `e altro che A = (aij ): 0 0 0 A= 2 1 3 −2 −1 −3 23.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 173 e la matrice nella base B `e 0 0 1 1 0 1 0 1 0 0 0 −5 −3 −1 1 0 1 0 1 1 0 2 1 3 0 1 1 = 1 1 0 5 3 1 = 5 3 1 0 1 0 −2 −1 −3 1 0 0 0 1 0 −5 −3 −1 5 3 1 Esercizio 23.2.13. Sia b ∈ bil(R3 ) una forma bilineare simmetrica con forma quadratica q(x, y, z) = x2 + 2xy − y 2 − 4xz + yz. Si scriva la matrice associata a b nella base canonica. Soluzione. Quando la forma quadratica `e data in coordinate, la matrice associata `e facile. La regola generale `e che il coefficiente di x2i va nel posto i, i, mentre nel posto i, j ci va la met`a del coefficiente di xi xj . Nel caso in questione si ottiene 1 1 −2 1 −1 1/2 . −2 1/2 0 Esercizio 23.2.14. Sia b ∈ bil(R3 ) una forma bilineare simmetrica con forma quadratica q(x, y, z) = 2xy − 4xz + 6yz. Si scriva la matrice associata a b nella base canonica. 0 1 −2 Soluzione. 1 0 3 . −2 3 0 Esercizio 23.2.15. Sia b ∈ bil(R3 ) una forma bilineare simmetrica con forma quadratica q(x, y, z) = (x + y + z)2 . Si scriva la matrice associata a b nella base canonica. Soluzione. Essendo (x + y + z)2 = x2 + y 2 + z 2 + 2xy + 2xz + 2yz, la matrice `e: 1 1 1 1 1 1 . 1 1 1 23.3. ESERCIZI 174 23.3. Esercizi Esercizio 23.3.1. Si dica quali delle seguenti formule per b((x1 , x2 ), (y1 , y2 )) determina una forma bilineare su R2 x1 − y2 x2 (x1 +y1 )2 (x1 +x2 )(y1 +y2 ) (x1 +y1 )(x2 +y2 ) (x1 +1)y2 +x2 y2 y1 y2 Esercizio 23.3.2. Sia b : R≤2 [x] × R≤2 [x] → R definita da Z 1 b(p, q) = 2p(x)q(x)dx. −1 Si dimostri che b `e bilineare, se ne scriva la matrice rispetto alla base canonica di R≤2 [x] e rispetto alla base v1 = 1 + x, v2 = (1 + x)2 , v3 = 1. Si determini la parte simmetrica e quella antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b. Esercizio 23.3.3. Sia b : R≤2 [x] × R≤2 [x] → R definita da Z 1 b(p, q) = p′ (x)q(0)dx. −1 Si dimostri che b `e bilineare, se ne scriva la matrice rispetto alla base canonica di R≤2 [x] e rispetto alla base v1 = 1 + x, v2 = (1 + x)2 , v3 = x. Si determini la parte simmetrica e quella antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b. Esercizio 23.3.4. Sia b : R≤3 [x] × R≤3 [x] → R definita da Z 1 p′ (x)q ′′ (x)dx. b(p, q) = −1 Si dimostri che b `e bilineare, se ne scriva la matrice rispetto alla base canonica di R≤3 [x] e rispetto alla base v1 = 1+x, v2 = (1+x)2 , v3 = x, v4 = x3 . Si determini la parte simmetrica e quella antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b. Esercizio 23.3.5. Sia b : R≤2 [x] × R≤2 [x] → R definita da Z 1 1 ′ b(p, q) = p (x)q ′ (0)dx. 2 −1 Si dimostri che b `e bilineare, se ne scriva la matrice rispetto alla base canonica di R≤2 [x] e rispetto alla base v1 = 1 + x, v2 = (1 + x)2 , v3 = x. Si determini la parte simmetrica e quella antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b. Esercizio 23.3.6. Sia b : R≤2 [x] × R≤2 [x] → R definita da b(p, q) = p(1)q ′ (2). Si dimostri che b `e bilineare, se ne scriva la matrice rispetto alla base canonica di R≤2 [x] e rispetto alla base v1 = 1 + x2 , v2 = (1 + x)2 , v3 = 1. Si determini la parte simmetrica e quella antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b. 23.3. ESERCIZI 175 Esercizio 23.3.7. Sia b = ((x, y, z), (x′ , y ′ , z ′ )) = xx′ + yy ′ + 2zz ′ + (y + z)(x′ − y ′ − z ′ ). Dimostrare che b `e una forma bilineare di R3 e scriverne la matrice associata nella base e1 + e2 , e3 , e1 − e2 + e3 . Si dica se b `e simmetrica. Si calcoli la parte simmetrica e quella antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b. Esercizio 23.3.8. Sia b = ((x, y), (x′ , y ′ )) = (x+y ′ )(y −x′ ). Dimostrare che b `e una forma bilineare di R2 e scriverne la matrice associata nella base v1 = (1, 1), v2 = (1, 2). Si dica se b `e simmetrica. Si calcoli la parte simmetrica e quella antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b. Esercizio 23.3.9. Sia b = ((x, y, z), (x′ , y ′ , z ′ )) = x2 x′ − 2zy ′ + yz ′ − x(xx′ + y ′ + z ′ ). Dimostrare che b `e una forma bilineare di R3 e scriverne la matrice associata nella base e1 + 2e2 , e3 + e1 , e1 + e2 + e3 . Si dica se b `e simmetrica. Si calcoli la parte simmetrica e quella antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b. x1 − y1 x2 − y2 . Dimostrare che Esercizio 23.3.10. Sia b = ((x1 , x2 ), (y1 , y2 )) = det 2y1 2y2 2 b `e una forma bilineare di R e scriverne la matrice associata nella base v1 = (2, 1), v2 = (1, 0). Si dica se b `e simmetrica. Si calcoli la parte simmetrica e quella antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b. Esercizio 23.3.11. Sia b = ((x1 , x2 , x3 ), (y1 , y2 , y3 )) = (x1 +2x2 )(y3 −2y1 +y2 )+x3 (y1 −y2 ). Dimostrare che b `e una forma bilineare di R3 e scriverne la matrice associata nella base e2 , e3 , e1 + e2 + e3 . Si dica se b `e simmetrica. Si calcoli la parte simmetrica e quella antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b. Esercizio 23.3.12. Siano f, g ∈ End(V ) e sia b ∈ bil(V ). Dimostrare che F (v, w) = b(f (v), g(w)) `e una forma bilineare su V . Data una base B di V , trovare una formula che fornisca la matrice associata a F conoscendo quelle associate a f, g, b. Trovare una formula per il cambio di base. Esercizio 23.3.13. Esiste una forma bilineare b su R2 non nulla tale che ci sia una base v1 , v2 per cui b(v1 , v1 ) = b(v2 , v2 ) = 0? Se si esibirne una, altrimenti provare che non esiste. Esercizio 23.3.14. Esiste una forma bilineare simmetrica b su R2 non nulla tale che ci sia una base v1 , v2 per cui b(v1 , v1 ) = b(v2 , v2 ) = 0? Se si esibirne una, altrimenti provare che non esiste. Esercizio 23.3.15. Sia f ∈ End(Rn ) e sia b ∈ bil(Rn ) una forma bilineare simmetrica con forma quadratica associata q(x1 , . . . , xn ) = x21 + · · · + x2n . Dimostrare che F (v, w) = b(v, f (w)) `e una forma bilineare. Trovare delle condizioni per cui F sia simmetrica. Esercizio 23.3.16. Sia b ∈ bil(R4 ) una forma bilineare simmetrica con forma quadratica q(x, y, z, t) = (x + y)2 − (x − t)2 + zt. Scrivere la matrice associata a b nella base canonica. Esercizio 23.3.17. Sia b ∈ bil(R4 ) una forma bilineare simmetrica con forma quadratica q(x, y, z, t) = (x + y + z)2 . Scrivere la matrice associata a b nella base canonica. 23.3. ESERCIZI 176 Esercizio 23.3.18. Sia b ∈ bil(R4 ) una forma bilineare simmetrica con forma quadratica q(x, y, z, t) = (x + y + z)(2y − t). Scrivere la matrice associata a b nella base canonica. Esercizio 23.3.19. Sia b ∈ bil(R4 ) una forma bilineare simmetrica con forma quadratica q(x, y, z, t) = (x + y)2 − (x − t)2 + zt + 3(x − y + z)2 − (z + t)2 . Scrivere la matrice associata a b nella base canonica. SCHEDA 24 Prodotti scalari e segnatura 24.1. Richiami di teoria Da ora in poi lavoreremo sempre con K = R. Definizione 24.1.1. Una forma bilineare b ∈ bil(V ) si dice definita positiva se (1) b(v, v) ≥ 0 per ogni v; (2) b(v, v) = 0 solo se v = 0. Definizione 24.1.2. Sia V uno spazio vettoriale su R. Un prodotto scalare su V `e una forma bilineare simmetrica definita positiva. Se b `e un prodotto scalare, le notazioni standard per indicare b(v, w) = sono (v, w) hv, wi hv|wi v·w Data A ∈ Mn×n (R) i determinanti principali di A sono i minori ottenuti dalle prime k righe e colonne, con k = 1, . . . , n. In altre parole sono i determinanti delle sottomatrici quadrate “in alto a sinistra”. Teorema 24.1.3 (Criterio di Sylvester). Sia V uno spazio vettoriale su R e sia B una base di V . Sia b ∈ bil(V ) una forma bilineare simmetrica con matrice associata A rispetto alla base B. Allora b `e definita positiva se e solo se tutti i determinanti principali sono positivi. Teorema 24.1.4. Sia V uno spazio vettoriale su R e sia B una base di V . Sia b ∈ bil(V ) una forma bilineare simmetrica con matrice associata A rispetto alla base B. Allora b `e definita positiva se e solo se tutti gli autovalori di A sono positivi. Teorema 24.1.5. Sia V uno spazio vettoriale su R e sia B una base di V . Sia b ∈ bil(V ) una forma bilineare simmetrica con matrice associata A rispetto alla base B. Detti • n0 = dim ker(A); • n+ =somma delle molteplicit` a geometriche degli autovalori positivi di A; • n− =somma delle molteplicit` a geometriche degli autovalori negativi di A; Allora n0 , n+ , n− non dipendono dalla base B ma solo dalla forma b. La tripla (n0 , n+ , n− ) si dice segnatura di b. Vale n0 + n+ + n− = dim(V ). Notare che i due teoremi precedenti valgono qualsiasi sia la base B considerata. Definizione 24.1.6. Sia V uno spazio vettoriale su R e b ∈ bil(V ) una forma simmetrica. Il radicale di b `e l’insieme dei vettori {v ∈ V : b(w, v) = 0 ∀w ∈ V }. In coordinate coincide con il nucleo della matrice associata. 177 24.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 178 Definizione 24.1.7. Una forma bilineare simmetrica b si dice non degenere se n0 = 0. In coordinate b `e non degenere se e solo se il determinante della matrice associata `e diverso da zero. Definizione 24.1.8. Il prodotto scalare standard su Rn `e dato da x1 y1 x x 2 2 h , i = x1 y1 + x2 y2 + . . . , xn yn . . . . . . xn yn La matrice associata al prodotto scalare standard nella base canonica `e l’identit` a. Su spazi di funzioni il prodotto scalare standard `e dato da Z hf, gi = f (x)g(x)dx D ove il dominio di integrazione D dipende di solito dal problema che stiamo studiando. Diversi domini definiscono prodotti scalari diversi. n Definizione 24.1.9. Il prodotto di Minkowski sullo P spazio tempo R × R `e la forma di segnatura (0, n, 1) b((x1 , . . . , x, t), (y1 , . . . , yn , s)) = xi yi − ts. Questo `e un esempio di forma bilineare simmetrica non degenere ove per`o sono presenti dei vettori (non nulli) tali che b(v, v) = 0. Tali vettori si dicono isotropi. 24.2. Esempi ed esercizi svolti Esercizio 24.2.1. Calcolare la segnatura della forma bilineare di R2 associata in basi 0 1 . canoniche alla matrice 1 0 Soluzione. Non `e un prodotto scalare perch`e b(e1 , e1 ) = 0. Il polinomio caratteristico della matrice `e x2 − 1 quindi √ gli autovalori sono √ 1, −1. La segnatura `e dunque (0, 1, 1). Nella base v1 = (e1 + e2 )/ 2, v2 = (e1 − e2 )/ 2 la nostra forma diventa il prodotto di Minkowski. Esercizio 24.2.2. Si dica quali delle seguenti matrici rappresentano prodotti scalari di R3 nella base canonica 0 0 1 1 0 1 1 0 2 2 0 1 1 0 1 1) 0 1 0 2) 0 1 0 3) 0 1 0 4) 0 1 0 5) 0 1 0 1 0 0 1 0 1 2 0 1 1 0 2 1 0 0 24.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 179 Soluzione. Usiamo per 1 − 4 il criterio di Sylvester. 1) non `e un prodotto scalare perch`e b(e1 , e1 ) = 0. 2) non `e un prodotto scalare perch`e la prima e ultima colonna sono uguali, dunque il determinante della matrice `e nullo. 3) no perch`e il determinante della matrice `e negativo. 4) `e un prodotto scalare perch`e tutti i determinanti principali sono positivi: 2 0 1 2 0 =2>0 1>0 0 1 0 = 4 − 1 = 3 > 0 0 1 1 0 2 5) non `e un prodotto scalare perch`e b(e3 , e3 ) = 0 e quindi non `e definita positiva. Esercizio 24.2.3. Calcolare 1 0 0 0 1 2) 0 1 1) 0 1 0 1 0 1 0 0 la segnatura di 1 1 0 2 3) 0 1 0 0 2 0 1 1 2 0 1 4) 0 1 0 1 0 2 1 0 1 5) 0 1 0 1 0 0 Soluzione. 1). Il polinomio caratteristico `e (1 − x)(x2 − 1) dunque gli autovalori sono 1, −1 con ma (1) = 2, ma (−1) = 1 la segnatura `e quindi (0, 2, 1). 2). Il polinomio caratteristico `e x(1 − x)(x − 2). Gli autovalori sono 0, 1, 2 tutti con molteplicit`a 1. Quindi n0 = ma (0) = 1, n+ = ma (1) + ma (2) = 2, n− = 0. La segnatura `e (1, 2, 0). 3). Il polinomio caratteristico `e (1 − x)(x − 3)(x + 1). Gli autovalori sono −1, 1, 3 tutti con molteplicit`a 1. Quindi n0 = ma (0) = 0, n+ = ma (1) + ma (3) = 2, n− = ma (−1) = 1. La segnatura `e (0, 2, 1). 4) per l’esercizio precedente `e un prodotto scalare quindi `e definito positivo e la segnatura `e (0, 3, 0). √ 5). Il polinomio caratteristico `e (1−x)(x2 −x−1). Gli autovalori sono 1 e 1±2 5 tutti con √ √ molteplicit`a 1. Quindi n0 = 0, n+ = ma (1)+ma ((1+ 5)/2) = 2, n− = ma ((1− 5)/2) = 1. La segnatura `e (0, 2, 1). Esercizio 24.2.4. Si dica quali delle seguenti matrici rappresentano forme bilineari di R3 non degeneri 0 0 1 1 0 1 1 0 2 2 0 1 1 0 1 1) 0 1 0 2) 0 1 0 3) 0 1 0 4) 0 1 0 5) 0 1 0 1 0 0 1 0 1 2 0 1 1 0 2 1 0 0 Soluzione. Le forme non degeneri sono quelle con n0 = 0. Le segnature le abbiamo calcolate nell’esercizio precedente. Quindi le forme non degeneri sono 1, 3, 4, 5. 24.3. ESERCIZI 180 Esercizio 24.2.5. Sia b ∈ bil(R≤2 [x]) definita da b(p, q) = p(1)q(1) Si dica se b `e simmetrica, se `e un prodotto scalare, se `e degenere e se ne calcoli la segnatura. Soluzione. b `e simmetrica perch`e p(1)q(1) = q(1)p(1). La forma quadratica associata a b `e q(p) = p(1)2 ≥ 0 e la prima condizione per essere definita positiva `e soddisfatta. Ma q(x2 − 1) = 0 quindi b non `e definita positiva e non `e quindi un prodotto scalare. La matrice associata a b nella base canonica 1, x, x2 `e 1 1 1 1 1 1 1 1 1 che ha rango 1 quindi n0 = 2. In oltre si vede subito che (1, 1, 1) `e un autovettore relativo all’autovalore 3 > 0 quindi n+ ≥ 1. Sicccome n0 = 2 e dim(R≤2 [x]) = 3 l’unica possibilit`a `e che la segnatura sia (2, 1, 0). Esercizio 24.2.6. Si calcoli la segnatura della forma bilineare simmetrica b di R3 con forma quadratica associata q(x, y, z) = 2xy − x2 − 3y 2 + 4yz − 2z 2 . Soluzione. La matrice associata a b in base canonica `e 0 −1 1 1 −3 2 0 2 −2 √ Il polinomio caratteristico `e x(x2 + 6x + 6) e gli autovalori √ sono 0, −3 ± √ 3 tutti con molteplicit`a 1. Quindi n0 = 1, n+ = 0, n− = mg (−3 + 3) + mg (−3 − 3) = 2. La segnatura `e quindi (1, 0, 2). 24.3. Esercizi Esercizio 24.3.1. Si nella base canonica 0 0 −1 0 1 0 −1 0 0 dica quali delle seguenti matrici rappresentano prodotti scalari di R3 2 1 1 1 1 0 1 0 1 3 2 1 2 1 0 1 0 1 3 2 1 2 4 0 1 0 2 e calcolarne la segnatura. Si dica quali sono non degeneri. 3 −2 3 −2 4 0 3 0 3 24.3. ESERCIZI 181 Esercizio 24.3.2. Si dica quali delle seguenti forme bilineari `e un prodotto scalare su R≤2 [x] Z −1 p(0)q(0) p(x)q(x)dx p(0)q(0) + p(1)q(1) p(0)q(0) + p(1)q(1) + p(−1)q(−1) −2 e calcolarne la segnatura. Si dica quali sono non degeneri. Esercizio 24.3.3. Per ognuna delle seguenti forme quadratiche si consideri la corrispondente forma bilineare simmetrica su R3 . Si dica se `e un prodotto scalare e se ne calcoli la segnatura. q(x, y, z) = 2xy + x2 + 3y 2 + 4yz − 2z 2 q(x, y, z) = (x − y)2 − (y − z)2 + (x − z)2 q(x, y, z) = 10(x + y + z)2 − x2 − 3z 2 q(x, y, z) = (x − y − z)2 + (x − y)2 + z 2 SCHEDA 25 Norma e ortogonalit` a 25.1. Richiami di teoria Per tutta questa scheda, V sar`a uno spazio vettoriale su R di dimensione finita e h·, ·i un prodotto scalare su V . Definizione 25.1.1. La norma di un vettore v si indica con ||v|| ed `e definita da p ||v|| = hv, vi. A scanzo di equivoci, precisiamo che per definizione la norma `e la radice quadrata positiva di hv, vi. Quindi la norma di un vettore `e sempre un numero positivo. Teorema 25.1.2. Per ogni v ∈ V e λ ∈ R si ha ||λv|| = |λ| ||v||. In particolare, ||v|| = || − v|| e ||0|| = 0. La dimostrazione discende immediatamente dalla bilinearit`a del prodotto scalare. Teorema 25.1.3. Per ogni v, w ∈ V si ha |hv, wi| ≤ ||v||||w||. Dimostrazione. Sia f (x) = ||v+xw||2 = hv+xw, v+xwi = x2 ||w||2 +2xhv, wi+||v||2 . Come fuzione di x la f `e un polinomio di secondo grado che `e sempre positivo, quindi il suo discrinante `e minore o uguale a zero: hv, wi2 − ||v||2 ||w||2 ≤ 0 |hv, wi| ≤ ||v||||w||. Il coseno dell’angolo tra due vettori `e definito dalla formula cos α = hv, wi . ||v||||w|| Definizione 25.1.4. L’ortogonale di un vettore v ∈ V `e definito come v ⊥ = {w ∈ V : hv, wi = 0}. Definizione 25.1.5. L’ortogonale di un sottoinsieme I ⊂ V `e definito come \ I ⊥ = {w ∈ V : hv, wi = 0 ∀v ∈ I} = v⊥. v∈I Teorema 25.1.6. Per ogni vettore v, v ⊥ `e un sottospazio vettoriale di V . 182 25.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 183 Corollario 25.1.7. Per ogni sottoinsieme I di V , I ⊥ `e un sottospazio vettoriale di V . Corollario 25.1.8. Per ogni sottoinsieme I di V , I ⊥ = (span(I))⊥ . Teorema 25.1.9. Se W < V allora (W ⊥ )⊥ = W . Corollario 25.1.10. Per ogni sottoinsieme I di V , (I ⊥ )⊥ = span(I). Definizione 25.1.11. Dato v ∈ V la proiezione di un vettore w lungo v `e data da hw, vi v πv (w) = hv, vi Fissato v, la funzione πv (w) `e un’applicazione lineare V → span(v). Teorema 25.1.12. Per ogni v ∈ V si ha V = v ⊥ ⊕ span(v) La dimostrazione discende immediatamente dal fatto che ⊥ w = w − πv (w) + πv (w) e che w − πv (w) ∈ v mentre πv (w) ∈ span(v). Teorema 25.1.13. Per ogni W < V si ha V = W ⊕ W ⊥ . In Rn (e quindi in coordinate) c’`e corrispondenza tra equazioni cartesiane di un sottospazio W ed equazioni parametriche di W ⊥ data dal fatto che AX = 0 ⇔ X ∈ (span(righe di A))⊥ . 25.2. Esempi ed esercizi svolti √ Esempio 25.2.1. La norma di (1, 2, −3) rispetto al prodotto scalare standard di R3 `e 14. R1 Esempio 25.2.2. La norma di x + 1 rispetto al prodotto scalare hp, qi = −1 p(x)q(x)dx dello spazio R≤2 [x] `e sZ sZ r r 1 1 2 2 2 2 . (x + 1) = 1 + 2x + x = 2 + = 2 3 3 −1 −1 R1 Esempio 25.2.3. La norma di x + 1 rispetto al prodotto scalare hp, qi = 0 p(x)q(x)dx dello spazio R≤2 [x] `e s s r Z 1 Z 1 p 7 . (x + 1)2 = 1 + 2x + x2 = 1 + 1 + 1/3 = 3 0 0 R1 Esempio 25.2.4. L’angolo tra x e 1 rispetto al prodotto scalare hp, qi = −1 p(x)q(x)dx dello spazio R≤2 [x] `e R1 1·x cos α = −1 =0 ||1|| · ||x|| dunque 1 e x sono ortogonali rispetto al prodotto scalar scelto. 25.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 184 25.2.5. Il coseno dell’angolo tra x e 1 rispetto al prodotto scalare hp, qi = REsempio 1 p(x)q(x)dx dello spazio R≤2 [x] `e 0 R1 √ 1·x 1/2 3 0 =p = cos α = qR qR 1 1 2 1/3 1 0 x2 0 e quindi l’angolo, calcolato col prodotto scalare scelto, `e π/6. Esempio 25.2.6. L’ortogonale a (1, 2, −3) rispetto al prodotto scalare standard di R3 `e il piano di equazione x + 2y − 3z = 0. Esercizio 25.2.7. Si determini l’ortogonale di (1 + x)2 rispetto al prototto scalare hp, qi = R1 p(x)q(x)dx dello spazio R≤2 [x]. −1 Soluzione. In coordinate canoniche, sia p(x) = ax2 +bx+c. L’equazione h(1+x)2 , pi = 0 diventa: Z 1 (ax2 + bx + c)(1 + 2x + x2 ) = 0 0= Z −1 1 ax4 + bx3 + cx2 + ax3 + bx2 + cx + ax2 + bx + c = −1 2a 2c 2b 2a + + + + 2c 5 3 3 3 1 1 b 1 a( + ) + + c( + 1) = 0 5 3 3 3 8 5 20 a +b +c =0 15 15 15 8a + 5b + 20c = 0. Esempio 25.2.8. L’ortogonale all’insieme I = {(x, y) ∈ R2 : xy = 1} rispetto a qualsiasi prodotto scalare, `e {0} perch´e span(I) = R2 . Esempio 25.2.9. L’ortogonale all’insieme I = {(x, y, z) ∈ R3 : (xy −1)2 +z 2 = 0} rispetto al prodotto scalare standard di R3 `e il piano di equazione z = 0. Esercizio 25.2.10. Siano v = (1, 0, 1) e w = (1, 2, −3). Si calcoli πv (w) rispetto al prodotto scalare standard di R3 . Soluzione. Si ha πv (w) = hv, wi −2 v= v = −v = (−1, 0, −1). hv, vi 2 Esercizio 25.2.11. Siano v = (1, 0, 1) e w = (1, 2, −3). Si calcoli πv (w) rispetto al prodotto scalare di R3 associato alla forma quadratica 3x2 + 2y 2 + z 2 . 25.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 185 3 0 0 Soluzione. La matrice del prodotto scalare `e 0 2 0. Si ha 0 0 1 3 (1, 0, 1) 0 0 hv, wi v= πv (w) = hv, vi 3 (1, 0, 1) 0 0 0 0 1 2 0 2 0 1 −3 0 = v = 0. 4 0 0 1 2 0 0 0 1 1 Esercizio 25.2.12. Sia hp, qi = b(p, q) = v = 1 − x2 . Si calcoli πv (w) con w=1 R1 −1 p(x)q(x) un prodotto scalare su R≤2 [x]. Sia w=x w = x2 Soluzione. In coordinate canoniche la matrice associata al prodotto scalare `e 2 b(1, 1) b(1, x) b(1, x ) A = b(x, 1) b(x, x) b(x, x2 ) = 2 2 2 2 b(x , 1) b(x , x) b(x , x ) R 1 −1 R 1 1 −1 x R 1 x2 −1 R1 −1 R1 −1 R1 −1 x x2 x3 R1 2 0 2/3 x 2 x3 = 0 2/3 0 −1 R 1 4 2/3 0 2/5 x −1 −1 R1 e v ha coordinate (1, 0, −1). I tre vettori 1, x, x2 sono i vettori della base canonica quindi πv (1) = 1 (1, 0, −1)A 0 0 ||v||2 v= 4/3 v = 1 (1, 0, −1)A 0 −1 4/3 1 5 v= v = (1 − x2 ) 16/15 4/5 4 25.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI πv (x) = πv (x2 ) = 0 (1, 0, −1)A 1 0 ||v||2 0 (1, 0, −1)A 0 1 ||v||2 v= v= 186 0 v=0 16/15 4/15 1 1 − x2 v= v= 16/15 4 4 Esercizio 25.2.13. Si trovi la retta r di R3 ortogonale al piano di equazione x + y + z = 2 e passante per (1, 0, 1). Soluzione. La giacitura della retta r `e (1, 1, 1). Quindi le equazioni parametriche di r sono (1, 0, 1) + t(1, 1, 1). Esercizio 25.2.14. Si trovi la retta r di R3 passante per (1, 2, 3) e ortogonale al piano π passante per (1, 1, 1), (1, 0, 1), (1, 1, 0). Soluzione. La giacitura del piano π `e generata dai vettori (1, 0, 1)−(1, 1, 1) e (1, 1, 0)− (1, 1, 1). Quindi una base della giacitura di π `e e2 , e3 . Un’equazione cartesiana della giacitura di π `e dunque x = 0. Ne segue che la giacitura di r `e span(1, 0, 0). Equazioni parametriche di r sono quindi 1 1 2 + t 0 0 3 Se uno volesse delle equazioni cartesiane di r basta seguente matrice sia 2 1 x − 1 da cui 0 y − 2 0 z−3 imporre che il determinante della y=2 z=3 25.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 187 3 Esercizio 25.2.15. Si trovi il piano π di R passante per (1, 2, 3) e ortogonale alla retta y+x=2 r di equazioni cartesiane z − x − y = −1 Soluzione. Una base per la giacitura di π `e formata dai vettori riga della matrice di un sistema omogeneo che definisce la giacitura di r, e dunque da v1 = (1, 1, 0) e v2 = (0, 0, 1)1. Le equazioni parametriche di π sono dunque (1, 2, 3) + tv1 + sv2 e un’equazione cartiesiana si trova sia nullo 1 0 1 0 0 1 imponendo che il determinante della seguente matrice x − 1 y − 2 = 0 z − 3 y−x=1 Esercizio 25.2.16. Si trovi il piano π di R3 passante per (2, 1, −3) e ortogonale alla retta r di equazioni parametriche (5, 6, 7) + t(3, 4, 5). Soluzione. La giacitura di π ha equazione cartesiane 3x + 4y + 5z = 0 e quindi π ha equazione 3(x − 2) + 4(y − 1) + 5(z + 3) = 0 e cio`e 3x + y4 + 5z = −5 e delle equazioni parametriche si trovano risolvendo il sistema omogeneo e tenedo conto che π passa per (2, 1, −3): 0 5 2 1 + λ1 0 + λ2 5 −4 −3 −3 y+x=2 1Si noti che il sistema che definisce r ` e equivalente al sistema z=1 25.3. ESERCIZI 188 25.3. Esercizi Esercizio 25.3.1. Si calcoli la norma dei seguenti vettori di R4 1 2 1 0 2 3 1 1 v1 = , v2 = , v3 = , v4 = , 3 4 −1 −1 4 1 −1 0 2 1 v5 = √ − 3 0 rispetto al prodotto scalare standard di R4 , rispetto ai prodotti scalari associati alle seguenti matrici (in base canonica) 1 0 0 0 3 1 0 0 2 0 0 0 0 2 0 0 1 3 0 0 0 3 0 0 A1 = A2 = A3 = , , 0 0 3 0 0 0 2 1 0 0 4 0 0 0 0 4 0 0 1 2 0 0 0 1 e rispetto ai prodotti scalari con forma quadratica q1 (x, y, z, t) = (x+y+z +t)2 +(x−z)2 +y 2 +t2 , q2 (x, y, z, t) = (t−y)2 +(t−z)2 +z 2 +x2 . Per ogni i, j si calcoli l’ortogonale di span(vi , vj ), il coseno dell’angolo tra vi e vj e la proiezione πvi (vj ), rispetto ad ognuno dei prodotti scalari dati. Esercizio 25.3.2. Si calcoli la norma dei seguenti polinomi di R≤3 [x] p1 = 1 p3 = (1 + x)2 p2 = 1 + x rispetto ai prodotti scalari Z 1 p(x)q(x) −1 p4 = (1 + x)3 Z 1 p(x)q(x) 0 p5 = p1 + 3p3 Z p6 = p4 − p2 2 p(x)q(x). 0 Per ogni i, j si calcoli l’ortogonale di span(pi , pj ), il coseno dell’angolo tra pi e pj e la proiezione πpi (pj ) rispetto ad ognuno dei prodotti scalari dati. Esercizio 25.3.3. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane della retta di R3 passante per (0, −1, 3) ed ortogonale al piano di equazione x + y − 3x = 4. Esercizio 25.3.4. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane della retta di R3 passante per (2, −1, 1) ed ortogonale al piano di equazione parametrica (1, 2, 3)+t(1, 0, 1)+s(1, 1, 1). Esercizio 25.3.5. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane del piano di R3 passante per (0, −1, 3) ed ortogonale alla retta di equazione parametrica (10, 100, 1000) + t(1, 2, −5). 3 Esercizio 25.3.6. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane del piano di R passante y+z =1 per (3, 6, 9) ed ortogonale alla retta di equazioni . x − 4y + 3z = 7 25.3. ESERCIZI 189 Esercizio 25.3.7. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane della retta di R4 passante per (1, 0, −1, 3) ed ortogonale al sottospazio di equazione x + z − 3x = 4. Esercizio 25.3.8. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane della retta di R4 passante per (0, 2, −1, 1) ed ortogonale al sottospazio di equazione parametrica (0, 1, 2, 3) + t(1, 0, 1, 0) + s(1, 1, 1, 0) + u(0, 1, 0, 0). Esercizio 25.3.9. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane del sottospazio affine tridimensionale di R3 passante per (0, −1, 1, 1) ed ortogonale alla retta di equazione parametrica (10, 10, 100, 100) + t(1, 2, 0, 1). Esercizio 25.3.10. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane del sottospazio af4 fine tridimensionale di R passante per (1, 3, 6, 9) ed ortogonale alla retta di equazioni t−y+z =1 x − 4t + 3z = 3 . x=t Esercizio 25.3.11. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane della retta di R2 passante per (1, 2) e ortogonale alla retta y = 3x + 3. Esercizio 25.3.12. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane della retta di R2 passante per (2, 1) e ortogonale alla retta di equazioni parametriche (1, 2) + t(1, 1). Esercizio 25.3.13. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane del piano di R4 passante t−z =x−y per (1, 0, 0, 1) ed ortogonale al piano di equazioni cartesiane y = 3z − 2 Esercizio 25.3.14. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane del piano di R4 passante per (0, 1, 0, −1) ed ortogonale al piano di equazioni parametriche (5, 6, 7, 8) + t(1, 1, 1, 1) + s(0, 0, 2, −3). SCHEDA 26 Basi ortonormali e matrici ortogonali 26.1. Richiami di teoria Per tutta questa scheda, V sar`a uno spazio vettoriale su R di dimensione finita e h·, ·i un prodotto scalare su V . Definizione 26.1.1. Una base v1 , . . . , vn di V si dice ortogonale se hvi , vj i = 0 ∀i 6= j e si dice ortonormale se `e ortogonale e in pi` u vale ||vi || = 1 ∀i Una base B `e ortogonale se la matrice associata al prodotto scalare nella base B `e diagonale, `e ortonormale se la matrice associata `e l’indentit`a. Definizione 26.1.2. Una matrice M ∈ Mn×n (R) si dice ortogonale se vale M T M = Id o equivalentemente M T = M −1 Si noti che il cambio di base tramite matrici ortogonali fornisce la stessa formula per cambio di base sia per endomorfismi che per forme bilineari in quanto M T AM = M −1 AM. Una matrice M ∈ Mn×n (R) `e ortogonale se e solo se le sue colonne formano una base ortonormale di Rn rispetto al prodotto scalare standard. In generale data una base ortonormale B di V , un’altra base B ′ di V `e ortonormale se e solo se la matrice di cambio di coordinate tra B ′ e B `e una matrice ortogonale. Ci`o discende immediatamente dalla formula del cambio di base per matrici associate a forme bilineari. P Se v1 , . . . , vn `e una base ortonormale di V e v = λi vi si ha λi = hv, vi i per cui le coordinate di v nella base ortonormale v1 , . . . , vn non sono altro che (hv, v1 i, . . . , hv, vn i). Teorema 26.1.3. Sia v1 , . . . , vn una base qualsiasi di V . Allora esiste una base ortonormale w1 , . . . , wn di V tale che wk ∈ span(v1 , . . . , vk ) per ogni k = 1, . . . , n. 190 26.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 191 Dimostrazione. La dimostrazione risiede nel cosiddetto processo di ortogonalizzazione di Gram-Schmidt riassunto nel seguente schema w 1 = v1 w2 = v2 − πw1 (v2 ) w3 = v3 − πw1 (v3 ) − πw2 (v3 ) .. . wn = vn − πw1 (vn ) − πw2 (vn ) − πw3 (vn ) · · · − πwn−1 (vn ) Si verifica facilmente che wi e wj sono ortogonali tra loro. Si noti che la matrice del cambio di coordinate dalla base v1 , . . . , vn e la base w1 , . . . , wn `e triangolare. Teorema 26.1.4. Ogni base ortogonale di V si pu` o normalizzare. In particolare V ammette sempre una base ortonormale. Dimostrazione. Basta considerare wi′ = wi /||wi ||. Teorema 26.1.5. Sia A ∈ Mn×n (R) una matrice simmetrica e siano v, w due autovettori di A relativi ad autovalori differenti. Allora v e w sono ortogonali rispetto al prodotto scalare standard di Rn . Dimostrazione. Se Av = λv e Aw = µw allora, siccome AT = A si ha λv T w = (λv T )w = (λv)T w = (AV )T w = v T AT w = v T Aw = v T (Aw) = v T µw = µv T w per cui (λ − µ)v T w = 0 siccome λ 6= µ si ha v T w = 0. Teorema 26.1.6 (Teorema spettrale per Rn standard). Sia A ∈ Mn×n una matrice simmetrica. Allora esite una base ortonormale di Rn (rispetto al prodotto scalare standard) fatta di autovettori di A. Per il teorema precedente questa si trova algoritmicamente applicando il procedimento di Gram-Schmidt su ogni autospazio separatamente e poi normalizzando. Siccome i cambi di basi tra basi ortonormali sono matrici ortogonali, il teorema spettrale dice che A si diagonalizza simultaneamente sia come endomorfismo che come forma bilineare. Corollario 26.1.7. Sia h, i il prodotto scalare standard su Rn e sia b un altro prodotto scalare su Rn . Allora esiste una base di Rn che sia ortogonale sia per h, i che per b. 26.2. Esempi ed esercizi svolti Esempio 26.2.1. La base canonica di Rn `e ortonormale rispetto al prodotto scalare standard. 26.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 192 2 Esempio 26.2.2. La base canonica di R non`e ortogonale rispetto al prodotto scalare 2 1 . associato, in base canonica, alla matrice 1 2 Esempio 26.2.3. La base di R2 formata dai vettori v1 = (1, 1) e v2 = (1, −1) `e ortogonale sia rispetto al prodotto scalarestandard che rispetto al prodotto scalare associato, in base canonica, alla matrice 2 1 1 2 √ √ . La base formata dai vettori v1 / 2, v2 / 2 `e ortonormale √ √ per il prodotto scalare standard ma non per il secondo. La base v1 / 6, v2 / 2 `e ortonormale per il secondo prodotto scalare ma non per quello standard. Esempio 26.2.4. Sia v1 , . . . , vn una base ortonormale di V . Allora ogni riordinamento dei vi `e una base ortonormale in quanto la condizione di ortogonalit`a hvi , vj i = 0 e quella di normalit` a hvi , vi i = 1 non dipendono dall’ordine dei vi . Esercizio 26.2.5. Si dica quali delle seguenti matrici sono ortogonali. √ √ 1 1 1 cos θ − sin θ 0 1/ 2 0 1/ 2 1 −1 , 1 0 −1 , sin θ cos θ 0 0 1 0 , √ 1 1 √ 1/ 2 0 −1/ 2 1 −1 1 0 0 1 √ Soluzione. La prima non `e ortogonale perch`e la norma della prima colonna `e 3. La seconda non `e ortogonale perch`e, nonostante le sue colonne siano ortogonali tra loro, esse non hanno norma unitaria. La terza e la quarta sono ortogonali in quanto le loro colonne formano basi ortonormali di R3 . Esercizio 26.2.6. Ortogonalizzare la base (1, 1, 1), (1, 1, 0), (1, 0, 0) rispetto al prodotto scalare standard di R3 . Soluzione. Applichiamo il procedimento di Gram-Schmidt v1 = (1, 1, 1), v2 = (1, 1, 0), v3 = (1, 0, 0) w2 = v2 − πw1 (v2 ) w3 = v3 − πw1 (v3 ) − πw2 (v3 ) 1 2 1 1/3 1 1 hv2 , v1 i w 2 = v2 − v1 = 1 − 1 = 1/3 = 1 hv1 , v1 i 3 3 −2/3 0 1 −2 w 1 = v1 w 3 = v3 − hv3 , v1 i hw2 , v3 i 1 1/3 v1 − w 2 = v3 − v1 − w2 hv1 , v1 i hw2 , w2 i 3 2/3 26.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 193 1 1 1 1 1/3 1 6 2 1 1/2 w3 = 0 − 1 − 1/3 = 0 − 2 − 1 = −1/2 6 3 2 0 1 −2/3 2 −2 0 0 Esercizio 26.2.7. Ortonormalizzare la base canonica di R≤2 [x] rispetto al prodotto scalare R1 hp, qi = −1 p(x)q(x). Soluzione. Procediamo prima con l’ortogonalizzazione. v1 = 1 w 1 = v1 v 3 = x2 v2 = x w2 = v2 − πw1 (v2 ) w3 = v3 − πw1 (v3 ) − πw2 (v3 ) w 1 = v1 = 1 R1 x hv2 , v1 i =x v1 = x − R−1 w 2 = v2 − 1 hv1 , v1 i 1 −1 R1 2 R1 3 x x hv3 , v1 i hw2 , v3 i 1 w 3 = v3 − v1 − w2 = x2 − R−11 − x R−1 = x2 − 1 hv1 , v1 i hw2 , w2 i 3 1 x2 −1 e adesso procediamo con la normalizzazione w1 1 1 w1′ = = qR =√ 1 ||w1 || 2 1 −1 w3′ = x x w2 =x = qR =p w2′ = 1 ||w2 || 2/3 2 x −1 −1 r 3 2 x2 − 1/3 w3 x2 − 1/3 x2 − 1/3 = p . = qR =p 1 ||w3 || 2/5 + 2/9 − 4/9 2 2/45 (x2 − 1/3)2 −1 Esercizio 26.2.8. Sia h, i il prodotto scalare associato alla forma quadratica 2(x + y)2 − 2xy + 3z 2 . Ortonormalizzare la base canonica e calcolare le coordinate di (1, 2, 3) rispetto alla base ottuenuta. Soluzione. La matrice associata al prodotto scalare dato `e 2 1 0 A = 1 2 0 0 0 3 26.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 194 Procediamo direttamente con l’ortonormalizzazione: v1 = e1 = (1, 0, 0) v2 = e2 = (0, 1, 0) v3 − hw1 , v3 iw1 − hw2 , v3 iw2 ||v3 − hw1 , v3 iw1 − hw2 , v3 iw2 || √ 1/ 2 1 v1 = v1 √ = 0 w1 = ||v1 || 2 0 −1/2 v2 − v1 /2 1 v2 − hw1 , v2 iw1 = =v w2 = 1 u ||v2 − hw1 , v2 iw1 || ||v2 − v1 /2|| u −1/2 −1/2 u 0 u uh 1 , 1 i u t 0 0 −1/2 r 2 −1/2 1 w2 = p 1 1 = 3 2/4 + 2 − 1 0 0 0 √ v3 v3 − hw1 , v3 iw1 − hw2 , v3 iw2 = = v3 / 3 = 0 w3 = ||v3 − hw1 , v3 iw1 − hw2 , v3 iw2 || ||v3 || √ 1/ 3 w1 = v1 ||v1 || Riepilogando w2 = v2 − hw1 , v2 iw1 ||v2 − hw1 , v2 iw1 || v2 = e3 = (0, 0, 1) √ w1 = (1/ 2, 0, 0) w3 = √ √ w2 = (−1/ 6, 2/ 6, 0) √ w3 = (0, 0, 1/ 3) Le coordinate di v = (1, 2, 3) rispetto alla base ortonormale w1 , w2 , w3 sono T T hw , vi w Av 1 1 w1 hw2 , vi = w2T Av = w2T Av T hw3 , vi w3 Av w3T √ T 0 0 2 1 0 1 1/ √2 w 1 √ T w2 Av = −1/ 6 2/ 6 0 1 2 0 2 √ 3 0 0 3 w3T 0 0 1/ 3 26.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 195 √ √ √ 1/ 2 0 1 2 2 2 p √ = 0 3/2 0 2 = 6 √ √ 3 0 0 3 3 3 √ √ √ Dunque le coordinate di (1, 2, 3) rispetto alla base w1 , w2 , w3 sono (2 2, 6, 3 3). Per finire, per essere √ sicuri √ di non aver √ fatto errori di calcolo, verifichiamo che effettivamente (1, 2, 3) = 2 2w1 + 6w2 + 3 3w3 : √ √ 1/ 2 0 1 −1/ 6 √ √ √ √ 2 2 0 + 6 2/ 6 + 3 3 0 = 2 . √ 1/ 3 3 0 0 Esercizio 26.2.9. Si trovi una base ortonormale di autovettori di 3 −1 2 A = −1 3 2 2 2 0 Soluzione. La matrice `e simmetrica quindi il teorema spettrale si applica. Siccome sappiamo che gli autospazi relativi ad autovalori distinti sono ortogonali tra loro, applichiamo l’ortonormalizzazione separatamente su ogni autospazio. Il polinomio caratteristico di A `e p(x) = (x − 4)2 (x + 2). L’autospazio relativo all’autovalore 4 `e dato da 1 2 −1 −1 2 ker −1 −1 2 = span 1 , 0 1 1 2 2 −4 Mentre l’autospazio relativo a −2 `e generato da (1, 1, −2). Poniamo v1 = (1, 1, 1) v2 = (2, 0, 1) v3 = (1, 1, −2) Adesso procediamo con l’ortogonalizzazione di v1 , v2 : 2 3 1 1 hv1 , v2 i ′ v1 = 0 − 1 = −1 v2 = v2 − πv1 (v2 ) = v2 − hv1 , v1 i 3 0 1 1 26.3. ESERCIZI 196 Quindi v1 , v2′ , v3 `e una base ortogonale di autovettori di A. Procediamo infine alla normalizzazione: 1 1 v1 √ = w1 = 1 ||v1 || 3 1 1 1 v2′ w2 = ′ = √ −1 ||v2 || 2 0 1 1 v3 =√ 1 w3 = ||v3 || 6 −2 La base w1 , w2 , w3 `e dunque una base ortonormale di autovettori di A. 26.3. Esercizi Esercizio 26.3.1. Sia v1 , . . . , vn−1 un insieme di vettori di Rn che siano ortogonali fra loro e ciascuno di norma unitaria. Dimostrare che esistono solo due vettori che completano v1 , . . . , vn−1 ad una base ortonormale di Rn . Esercizio 26.3.2. Sia v = e1 il primo vettore della base canonica di Rn . Si esibisca un endomorfismo f ∈ End(Rn ) tale che v, f (v), . . . , f n−1 (v) sia una base ortonormale di Rn . Esercizio 26.3.3. Si dica quali delle seguenti matrici sono ortogonali. √ 1 1 1 1 1 1 cos θ cos θ −√ 2 sin θ 1 1 1 1 , √ 0 −1 0 , √ sin θ sin θ 0 0 −1 , 2 cos θ 2 2 0 1 1 −1 1 1 0 −1 −1 1 0 Esercizio 26.3.4. Si dimostri che i possibili autovalori reali di una matrice ortogonale sono ±1. Esercizio 26.3.5. Sia v1 = (1, 2, 1), v2 = (0, 1, 1), v3 = (2, 1, 2). Ortonormalizzare la base v1 , v2 , v3 rispetto al prodotto scalare standard di R3 . Calcolare le coordinate dei vettore (2, 1, 2) e (1, 0, 0) rispetto a tale base. Esercizio 26.3.6. Sia v1 = (1, 2, 1), v2 = (0, 1, 1), v3 = (2, 1, 2). Ortonormalizzare la base v1 , v2 , v3 rispetto al prodotto scalare di R3 con forma quadratica (x + y + z)2 + y 2 + 2z 2 . Calcolare le coordinate dei vettore (2, 1, 2) e (1, 0, 0) rispetto a tale base. 26.3. ESERCIZI 197 Esercizio 26.3.7. Sia v1 = (1, 2, 3, 4), v2 = (4, 3, 2, 1), v3 = (0, 0, 1, 0), v4 = (0, 0, 0, 1). Ortonormalizzare la base v1 , . . . v4 rispetto al prodotto scalare standard di R4 . Calcolare le coordinate dei vettore (0, 1, 1, 0) e (0, 0, 0, 1) rispetto a tale base. Esercizio 26.3.8. Sia v1 = (1, 2, 3, 4), v2 = (4, 3, 2, 1), v3 = (0, 0, 1, 0), v4 = (0, 0, 0, 1). Ortonormalizzare la base v1 , . . . v4 rispetto al prodotto scalare di R4 con forma quadratica (x + y)2 + (x − y)2 + z 2 + t2 . Calcolare le coordinate dei vettore (2, 1, 1, 1) e (1, 0, 0, 2) rispetto a tale base. Esercizio 26.3.9. Ortonormalizzare la base canonica di R≤2 [x] rispetto ai seguenti prodotti scalari Z Z Z 1 0 p(x)q(x)dx 0 2 p(x)q(x)dx −1 Calcolare le coordinate di (2 + x)2 rispetto a tali basi. q(x)p(x)dx −2 Esercizio 26.3.10. Si trovi una base ortonormale di autovettori di 1 −2 4 A = −2 1 4 4 4 −5 Si calcolino le coordinate di (1, 1, 1), (1, 1, 2) e (1, 1, −2) rispetto a tale base. Esercizio 26.3.11. Si trovi una base ortonormale di autovettori di 2b a −b A = −b a 2b 2b 2b a − 3b Si calcolino le coordinate di (1, 1, 1), (1, 1, 2) e (1, 1, −2) rispetto a tale base. Esercizio 26.3.12. Si trovi una base ortonormale di autovettori di −2 1 −2 −6 1 −2 −2 −6 A= −2 −2 1 12 −6 −6 12 33 Si calcolino le coordinate di (1, 1, 1, 1), (1, 0, 0, 0) e (1, 1, −2, 1) rispetto a tale base. SCHEDA 27 Distanza indotta da prodotto scalare, isometrie 27.1. Richiami di teoria Definizione 27.1.1. Sia X un insieme. Una distanza su X `e una funzione d:X ×X →R tale che per ogni x, y, z ∈ X si ha (1) d(x, y) ≥ 0 (2) d(x, y) = d(y, x) (simmetria) (3) d(x, x) = 0 e d(x, y) = 0 solo se y = x. (4) d(x, y) ≤ d(x, z) + d(z, y) (disugualianza triangolare) Uno spazio metrico (X, d) `e un insieme X munito di una distanza d. Esempio 27.1.2. Le seguenti sono tutte distanze su R (perch´e?) d(x, y) = |x − y| p d(x, y) = |x − y| 0 x=y d(x, y) = 1 x= 6 y Esempio 27.1.3. La distanza Euclidea su Rn `e y x 1 1 p . . d( .. , .. ) = (x1 − y1 )2 + · · · + (xn − yn )2 yn xn Definizione 27.1.4. Se V `e uno spazio vettoriale su R e h , i `e un prodotto scalare su V . La distanza indotta da h , i `e definita come p d(v, w) = ||v − w|| = hv − w, v − wi p Se q `e la forma quadratica associata a h , i allora abbiamo d(v, w) = q(v − w). Verifichiamo che quella appena definita `e effettivamente una distanza, cio`e che soddisfa le quattro condizioni richieste nella definizione di distanza. (1) d(v, w) = ||v − w|| ≥ 0 per definizione. (2) d(v, w) = ||v − w|| = || − (v − w)|| = ||w − v|| = d(w, v). (3) d(v, v) = ||v − v|| = ||0|| = 0 e ||v − w|| = 0 se e solo se v − w = 0 se e solo se v = w. 198 27.1. RICHIAMI DI TEORIA 199 (4) Usando il fatto che hx, yi ≤ ||x|| ||y|| si ottiene p d(v, w) = ||v − w|| = ||v − u + u − w|| = hv − u + u − w, v − u + u − wi p p = ||v − u||2 + ||u − w||2 + 2hv − u, u − wi ≤ ||v − u||2 + ||u − w||2 + 2||v − u|| ||u − w|| p = (||v − u|| + ||u − w||)2 = ||v − u|| + ||u − w|| = d(v, u) + d(u, w). Esempio 27.1.5. La distanza indotta su Rn dal prodotto scalare standard `e la distanza Euclidea. Definizione 27.1.6. Dati due spazi metrici (X, dX ) e (Y, dY ), una funzione f : X → Y si dice isometria se per ogni x1 , x2 ∈ X si ha dY (f (x1 ), f (x2 )) = dX (x1 , x2 ) Teorema 27.1.7. Un’isometria `e sempre iniettiva. Dimostrazione. Se f (x1 ) = f (x2 ) allora dY (f (x1 ), f (x2 ) = 0 ma allora dX (x1 , x2 ) = 0 e quindi x1 = x2 . NOTA: Spesso si include nella definizione di isometria la condizione che f sia surgettiva. Dipende dal contesto. Per come le abbiamo definite noi, le isometrie possono essere anche non surgettive. Vedremo per`o che nel caso di isometrie tra spazi vettoriali della stessa dimensione, la surgettivit`a sar`a automatica. Esempio 27.1.8. La funzione f (x) = x2 non `e un’isometria di R rispetto alla distanza Euclidea. Esempio 27.1.9. La funzione f (x) = −x + 2 `e un’isometria di R rispetto alla distanza Euclidea. Teorema 27.1.10. Siano V e W due spazi vettoriali reali, muniti di prodotti scalari h , iV e h , iW rispettivamente. Sia f : V → W un’isometria. Allora f `e affine, cio`e del tipo f (v) = L(v) + w0 con L ∈ hom(V, W ) e w0 ∈ W . Dimostrazione. Dividiamo la dimostrazione in vari passi. (1) f `e iniettiva (per il teorema qui sopra) e continua. (2) Definiamo L(X) = f (X) − f (0) e w0 = f (0). Abbiamo f (v) = L(v) + w0 e L(0) = 0. In oltre L `e anch’essa un isometria perch`e dW (L(X), L(Y )) = ||L(X) − L(Y )||W = ||f (X) − f (0) − f (Y ) + f (0)||W = ||f (X) − f (Y )||W = dW (f (X), f (Y )) = dV (X, Y ). (3) L preserva la norma: ||L(X)||W = ||L(X)−L(0)||W = dW (L(X), L(0)) = dv (X, 0) = ||X||V . (4) L preserva il prodotto scalare, cio`e hL(X), L(Y )iW = hX, Y iV : ||X||2V + ||Y ||2V − 2hX, Y iV = hX − Y, X − Y iV = ||X − Y ||2V = (dV (X, Y ))2 = (dW (f (X), f (Y )))2 = ||f (X) − f (Y )||2W = ||L(X) − L(Y )||2W = ||L(X)||2W − ||L(Y )||2W − 2hL(X), L(Y )iW = ||X||2V − ||Y ||2V − 2hL(X), L(Y )iW quindi −2hX, Y iV = −2hL(X), L(Y )iW e dunque hX, Y iV = hL(X), L(Y )iW . 27.1. RICHIAMI DI TEORIA 200 (5) Vediamo infine la linearit`a di L. Per ogni X, Y, Z ∈ V e a, b ∈ R si ha hL(aX + bY ), L(Z)iW = haX + bY, ZiV = ahX, ZiV + bhY, ZiV = ahL(X), L(Z)iW + bhL(Y ), L(Z)iW = haL(X) + bL(Y ), L(Z)iW quindi hL(aX +bY )−(aL(X)+bL(Y )), L(Z)iW = 0. Cio`e L(aX +bY )−(aL(X)+ bL(Y )) `e ortogonale a L(Z) per ongi Z. Quindi il vettore w = L(aX + bY ) − (aL(X) + bL(Y )) `e ortogonale all’immagine di L. Sia U lo span dell’immagine di L. Chiaramente w ∈ U . Quindi w ∈ U ∩ U ⊥ . Ne segue che w = 0 e quindi L(aX + bY ) = aL(X) + bL(Y ). Corollario 27.1.11. Un’isometria tra spazi della stessa dimensione `e sempre surgettiva. Corollario 27.1.12. Sia V uno spazio vettoriale su R di dimensione finita, munito di un prodotto scalare h , i e sia f ∈ End(V ). Le seguenti condizioni sono equivalenti: (1) (2) (3) (4) (5) f `e un’isometria. f preserva il prodotto scalare: hf (v), f (w)i = hv, wi. f preserva la norma: ||f (v)|| = ||v||. f manda basi ortonormali in basi ortonormali. Esiste una base ortonormale v1 , . . . , vn tale che f (v1 ), . . . , f (vn ) sia una base ortonormale. (6) La matrice associata a f in una base ortonormale `e ortogonale. In coordinate, la condizione (2) del teorema precedente fornisce delle condizioni sulle matrici associate al prodotto scalare e all’endomorfismo. Corollario 27.1.13. Sia V uno spazio vettoriale su R di dimensione finita, munito di un prodotto scalare h , i e sia f ∈ End(V ). Sia B una base di V e siano A la matrice associata a h , i e M la matrice associata a f , entrambe nella base B. Allora f `e un’isometria per h , i se e solo se M T AM = A. Quindi un’isometria di Rn in coordinate canoniche `e sempre della forma f (X) = M X + X0 con M matrice ortogonale. In generale se b ∈ bil(V ) `e una forma bilineare si pu´o essere interessati agli endomorfismi che preservano b. Per esempio nella teoria della relativit`a le trasformazioni di Lorentz sono “isometrie” dello spazio-tempo R4 munito del prodotto di Minkowski. In generale, in coordinate, se A `e la matrice associata a b e M la matrice associata a f , allora f preserva la forma b se e solo se M T AM = A. 27.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 201 27.2. Esempi ed esercizi svolti Esercizio 27.2.1. Calcolare la distanza tra P = (1, 2, 3) e Q = (1, 0, 1) rispetto al prodotto scalare standard di R3 . Soluzione. Applicando direttamente la formula si ottiene p √ √ d(P, Q) = ||P − Q|| = 02 + 22 + 22 = 2 2. Esercizio 27.2.2. Calcolare la distanza tra P = (1, 2, 3) e Q = (1, 0, 1) rispetto al prodotto scalare di R3 con forma quadratica q(x, y, z) = x2 + 2xy + 4y 2 + 6z 2 . Soluzione. Applicando direttamente la formula si ottiene p p √ √ d(P, Q) = ||P − Q|| = q(0, 2, 2) = 422 + 622 = 2 10. Esercizio 27.2.3. Calcolare la distanza tra x e x2 rispetto al prodotto scalare di R≤2 [x] R1 dato da −1 p(x)q(x)dx. Soluzione. Applicando direttamente la formula si ottiene sZ 1 p p √ d(x, x2 ) = ||x − x2 || = (x − x2 )2 = 2/3 + 2/5 = 4/ 15. −1 Esercizio 27.2.4. Calcolare la distanza tra x e x2 rispetto al prodotto scalare di R≤2 [x] R1 dato da 0 p(x)q(x)dx. Soluzione. Applicando direttamente la formula si ottiene s Z 1 p p √ 2 2 d(x, x ) = ||x − x || = (x − x2 )2 = 1/3 − 1/2 + 1/5 = 1/ 30. 0 Esercizio 27.2.5. Classificare tutte le isometrie lineari di R2 col prodotto scalare standard. Soluzione. In coordinate canoniche si devonotrovare tutte le matrici M che siano a b L’equazione M T M = Id diventa il ortogonali, cio`e M T M = Id. Posto M = c d sistema 2 2 a +c =1 ab + cd = 0 b2 + d 2 = 1 27.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 202 a b = quindi ponendo a = cosθ, c = sinθ e d = cos α, b = sin α abbiamo che c d cos θ sin α . La seconda equazione ci dice tan α = − tan θ quindi, modulo 2π si ha sin θ cos α α = θ e α = −θ + π. Quindi abbiao due possibilit`a cos θ sin θ cos θ − sin θ sin θ − cos θ sin θ cos θ La prima `e una rotazione di adesso che la seconda `e una riflessione. Il angolo θ. Vediamo cos θ sin θ `e − cos θ2 +x2 −sin θ2 = x2 −1 = (x−1)(x+1). polinomio caratteristico di sin θ − cos θ Quindi esiste una base ortonormale di autovettori, uno relativo a 1 (l’asse di di riflessione) ed uno relativo a −1 (l’ortogonale all’asse di riflessione). Esercizio 27.2.6. Si dica quali delle seguenti funzioni f : R2 → R2 sono isometrie rispetto al prodotto scalare standard. 1)f (x, y) = (x + 1, 2y − x) 2)f (x, y) = (2xy, x2 − y 2 ) 3)f (x, y) = (y − 1, x + 1) Soluzione. La 2) non `e affine e quindi non `e un’isometria. La 1) e la 3) sono affini. Calcoliamo le matrici della parte lineare se siano o meno matrici ortogonali. e controlliamo 1 0 che non `e ortogonale, quindi la 1) non `e 1) la matrice della parte lineare `e −1 2 0 1 che `e ortogonale, quindi la 3) `e un’isometria. 3) la matrice della parte lineare `e 1 0 un’isometria. Esercizio 27.2.7. Si trovi, se esiste, un’isometria di R2 standard che mandi (1, 2) in (2, 2) e (1, 1) in (0, 0). Soluzione. La distanza tra (1, 2) e (1, 1) `e ||(0, 1)|| = 1 mentre la distanza tra (2, 2) √ e (0, 0) `e ||(2, 2)|| = 2 2 6= 1. Quindi una tale isometria non esiste. Esercizio 27.2.8. Si trovino, se ne esistono, tutte le isometrie di R2 standard che mandano v1 = (1, 2) in w1 = (−1, 0) e v2 = (1, 1) in w2 = (0, 0). Soluzione. Sia f una tale isometria e sia L la sua parte lineare. Allora (−1, 0) = w1 − w2 = f (v1 ) − f (v2 ) = L(v1 − v2 ) = L(0, 1). La matrice della parte lineare `e dunque 27.3. ESERCIZI della forma M = a −1 c 0 203 Affinch`e M sia ortogonale `e necessario che a = 0 e c = ±1. Ci sono quindi due possibilit`a per M 0 −1 0 −1 M = M = −1 0 1 0 Cerchiamo adesso il termine di traslazione X0 imponendo che f (v1 ) = w1 1 −1 = M + X0 2 0 le due possibilit`a sono quindi 1 −2 −1 X0 = − = −1 1 0 1 −2 −1 X0 = − = 1 −1 0 in totale abbiamo due isometrie con la propriet`a richiesta: 1 0 −1 1 0 −1 X + X + f (X) = f (X) = 1 −1 0 −1 1 0 27.3. Esercizi Esercizio 27.3.1. Calcolare la distanza tra P e Q con P = (1, 2, 3, 4), (1, 0, 1, 2), (−1, −2, −3, −4), (4, 3, 2, 1), (0, 0, 0, 0), (0, 1, 0, 1), (1, 0, 1, 0) Q = (1, 3, 3, 2), (1, 2, 1, 0), (−2, −3, −4, −5), (4, 3, 2, 1), (0, 0, 0, 0), (1, 1, 1, 1), (0, 0, 1, 0) rispetto al prodotto scalare standard di R4 e rispetto ai prodotti scalari di R4 con forma quadratica q(x, y, z, t) = x2 + 2y 2 + 3z 4 + z 2 x2 + y 2 + (z + 2y)2 + (t + x)2 2x2 + 2xy + 2y 2 + z 2 + 2zt + t2 . Esercizio 27.3.2. Calcolare la distanza tra d(p, q) al variare di p e q in 1 x x2 1+x (1 − x)2 x2 + x − 5 rispetto ai prodotti scalari di R≤2 [x] definiti da Z 2 Z 0 Z 1 p(x)q(x) p(x)q(x) p(x)q(x) 0 −1 −2 (2 − x)(x + 3) − 1 p(0)q(0) + p(1)q(1) + p(−1)q(−1) 27.3. ESERCIZI 204 Esercizio 27.3.3. Classificare tutte le “isometrie” lineari dello spazio tempo R2 con il prodotto di Minkowski. Esercizio 27.3.4. Classificare tutte le isometrie lineari di R3 col prodotto scalare standard. Esercizio 27.3.5. Dimostrare che tutte le isometrie di R2 sono prodotto di riflessioni rispetto a rette. Esercizio 27.3.6. Dimostrare che i possibili autovalori delle isometrie sono solo ±1. Esercizio 27.3.7. Dimostrare che per ogni isometria f ∈ End(R3 ) il numero 1 `e autovalore di f 2 . Fornire un esempio di isometria f di R3 per cui 1 non sia un autovalore di f . Esercizio 27.3.8. Trovare, se esistono, tutte le isometrie di R2 standard che mandano (1, 1) in (3, 3) e (2, 2) in (2, 2). Esercizio 27.3.9. Trovare, se esistono, tutte le isometrie di R2 standard che mandano (1, 1) in (3, 3) e (2, 2) in (1, 1). Esercizio 27.3.10. Trovare, se esistono, tutte le isometrie di R3 standard che mandano (1, 1, 1) in (1, 0, 0), (1, 0, 1) in (1, 0, 1) e (0, 1, 1) in (0, 0, 0). SCHEDA 28 Distanze tra sottospazi affini 28.1. Richiami di teoria In questa scheda descriveremo dei metodi generali per calcolare le distanze di un punto da sottospazi affini di Rn , munito del prodotto scalare standard. Daremo in particolare semplici formule nei casi unidimensionali. Quello che diremo si generalizza facilmente in un contesto pi` u ampio. 28.1.1. Proiezione ortogonale su sottospazi vettoriali. Sia V un sottospazio vettoriale di Rn . Siccome Rn = V ⊕ V ⊥ , ogni vettore si scompone in due componenti: quella lungo V e quella ortogonale. Se πV (X) denota la proiezione ortogonale di X su V , si ha X = X − πV (X) + πV (X) per cui X − πV (X) `e la componente ortogonale. Se v1 , . . . , vk `e una base ortogonale di V , la proiezione su V si calcola facilmente tramite la formula πV (X) = hX, vk i hX, v1 i v1 + · · · + vk hv1 , v1 i hvk , vk i Se v1 , . . . , vk `e una base ortonormale di V , la proiezione su V si calcola facilmente tramite la formula πV (X) = hX, v1 iv1 + · · · + hX, vk ivk 28.1.2. Distanza tra un punto e un sottopazio. Sia P un punto qualsiasi di Rn e sia W un sottospazio affine di Rn . Possiamo descrivere W tramite equazioni cartesiane W : {AX = b} ove W0 = {AX = 0} `e la giacitura di W e le righe di A sono una base di W0⊥ ; oppure tramite equazioni parametriche X W ={ t i v i + X0 } ove v1 , . . . , vk `e una base di W0 e X0 `e un qualsiasi punto di W . Per calcolare la distanza d(P, W ) si possono usare sia le equazioni cartesiane che quelle parametriche. 205 28.1. RICHIAMI DI TEORIA 206 28.1.2.1. Distanza tra P e W usando le equazioni cartesiane. Si noti che qualsiasi punto di W si proietta sullo stesso vettore di W0⊥ . In particolare, per calcolare la proiezione di W su W0⊥ si pu`o usare un qualsiasi punto X0 di W . La distanza tra P e W si calcola proiettanto sia P che W su W0 ⊥ e calcolando la distanza delle proiezioni. d(P, W ) = d(πW0⊥ (P ), πW0⊥ (X0 )) = ||πW0⊥ (P ) − πW0⊥ (X0 )|| Se le righe di A costituiscono un’insieme ortonormale di vettori, esse sono una base ortonormale di W0⊥ . Quindi la proiezione su W0⊥ si calcola facilmente come πW0⊥ (X) = AX e la proiezione di W su W0⊥ non `e altro che b. Dunque, se le righe di A sono ortonormali tra loro, vale la formula d(P, W ) = ||A(P ) − b|| Dunque, in generale, se le righe di A non sono ortonormali, si usa il processo di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt, applicando le trasformazioni sulle righe di A anche al termine noto b e poi si usa la formula qui sopra. Esempio 28.1.1. Si calcoli la distanza tra P = (1, 2, −1) e W di equazioni AX = b con √ √ 1 1/ 2 0 1/ 2 b= A= 2 0 1 0 Soluzione. In questo caso le righe di A sono ortonormali tra loro quindi si ha −1 1 0 d(P, W ) = ||AP − b|| = || − || = || || = 1. 0 2 2 Esempio 28.1.2. Si calcoli la distanza tra P = (1, 2, −1, 1) e W di equazioni AX = b con 1 1 0 1 0 b= A= 1/2 0 0 1 0 Soluzione. In questo caso le righe di A non sono ortonormali tra loro. Cominciamo con l’ortonormalizzazione, ricordando di lavorare anche sulla matrice completa: 1 0 1 0 | 1 1 0 1 0 0 0 1 0 | 1/2 0 0 1 0 √ La prima riga si deve dividere per la norma di (1, 0, 1, 0), che `e 2. √ √ √ √ √ 1/ 2 0 1/ 2 0 | 1/ 2 1/ 2 0 1/ 2 0 0 0 1 0 0 0 1 0 | 1/2 28.1. RICHIAMI DI TEORIA 207 Adesso si deve togliere alla seconda riga di √ A la componente lungo la prima: R2 → R2 − πR1 (R2 )R1 . πR1 (R2 ) = hR1 , R2 iR1 = R1 / 2, operando questa operazione anche sulla matrice completa: √ √ √ √ √ 1/ 2 0 1/ 2 0 1/ 2 0 1/ 2 0 | 1/ 2 −1/2 0 1/2 0 −1/2 0 1/2 0 | 0 √ Adesso dobbiamo dividere la seconda riga per la norma di (−1/2, 0, 1/2, 0) che `e 1/ 2 √ √ √ √ √ 1/ 2 0 1/ 2 0 | 1/ 2 1/ 2 0 1/ 2 0 √ √ √ √ −1/ 2 0 1/ 2 0 −1/ 2 0 1/ 2 0 | 0 Ora le righe della matrice delle equazioni cartesiane di W sono ortonormali tra loro e quindi 1 √ √ √ 1/ 2 0 1/ 2 0 2 1/ 2 d(P, W ) = || || − √ √ −1 −1/ 2 0 1/ 2 0 0 1 √ √ p 1/ 2 −1/ 2 0 || = || √ || = 5/2 = || √ − − 2 0 2 28.1.2.2. Distanza tra P e W usando le equazioni parametriche. Abbiamo visto che d(P, W ) = d(πW0⊥ (P ), πW0⊥ (X0 )) = ||πW0⊥ (P ) − πW0⊥ (X0 )|| ma per linearit`a della proiezione πW0⊥ (P ) − πW0⊥ (X0 ) = πW0⊥ (P − X0 ) in oltre, siccome Rn = W0 ⊕ W0⊥ , si ha e quindi πW0⊥ (P − X0 ) = P − X0 − πW0 (P − X0 ) d(P, W ) = ||P − X0 − πW0 (P − X0 )||. In altre parole, se X0 `e un qualsiasi punto di W si considera il vettore V = P − X0 , se ne calcola la componente ortogonale a W0 tramite la formula V − πW0 (V ) e poi se ne calcola la norma. Se W `e dato in equazioni parametriche e v1 , . . . , vk `e una base ortonormale di W0 , allora πW0 (V ) = hv1 , V iv1 + · · · + hvk , V ivk Se v1 , . . . , vk non `e ortonormale allora prima si ortonormalizza usando Gram-Schmidt e poi si procede come sopra. 28.1. RICHIAMI DI TEORIA 208 Esempio 28.1.3. Calcolare la distanza tra P = (1, 2, 3, 4) ed il piano passante per X0 e di giacitura span(v1 , v2 ) con √ √ √ √ v2 = (0, 1/ 2, 0, 1/ 2) X0 = (1, 0, 1, 2) v1 = (1/ 2, 0, 1/ 2, 0) Soluzione. In questo caso v1 e v2 sono ortonormali. Procediamo quindi ponendo V = P − X0 = (0, 2, 2, 2) d(P, W ) = ||V − πW0 (V )|| = ||V − hV, v1 iv1 − hV, v2 iv2 || √ 1/ 2 0 0 0 1 −1 √ 2 √ 0 2 2 0 √ √ 1/ 2 = || − 2 √ − 2 2 || = || − || = || || = 2 1/ 2 0 2 2 1 1 √ 0 1/ 2 2 2 2 0 Esempio 28.1.4. Calcolare la distanza tra P = (0, 1, 0) ed il piano passante per X0 e di giacitura span(v1 , v2 ) con X0 = (1, 0, 1) v1 = (1, 1, 1) v2 = (1, 1, −1) Soluzione. In questo caso v1 e v2 non sono ortonormali. Usiamo Gram-Schmidt 1 1 w1 = v1 /||v1 || = √ 1 3 1 1 1 1 1 2 w2′ = v2 − πw1 (v2 ) = 1 − 1 = 2 3 3 1 −4 −1 1 1 w2 = w2′ /||w2′ || = √ 1 6 −2 Adesso possiamo procedere come prima: V = P − X0 = (−1, 1, −1) −1 1 1 1 1 −1 V − πW0 (V ) = V − hw1 , V iw1 − hw2 , V iw2 = 1 + 1 − 1 = 1 3 3 0 −1 1 −2 28.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI d(P, W ) = ||V − πW0 (V )|| = √ 209 2 28.1.3. Formula distanza punto-Piano in R3 . In questo caso W `e definito da un’unica equazione cartesiana: W : ax + by + cz + d = 0 Applicando l’algoritmo sopra descritto otteniamo la formula per la distanza di un punto P = (x0 , y0 , z0 ) dal piano W d(P, W ) = |ax0 + by0 + cz0 + d| √ a2 + b 2 + c 2 28.1.4. Formula distanza punto-iperpiano in Rn . Se la dimensione di W `e n−1 (e quindi W0⊥ `e unidimensionale) si dice iperpiano. In questo caso W `e definito da un’unica equazione cartesiana: X W : ai x i = b Applicando l’algoritmo sopra descritto otteniamo la formula per la distanza di un punto P = (p1 , . . . , pn ) dal piano W d(P, W ) = |a1 p1 + a2 p2 + · · · + an pn − b| p a21 + · · · + a2n 28.1.5. Formula distanza punto-retta. In questo caso `e W a essere unidimensionale e le equazioni parametriche di W sono W = X0 + tV applicando il procedimento descritto usando le equazioni parametriche si ottiene d(P, W ) = ||P − X0 − hP − X0 , V i V || hV, V i Si noti che nel caso di R2 una retta ha sia unidimensionale che un iperpiano, quindi entrambe le formule vanno bene. 28.2. Esempi ed esercizi svolti Esercizio 28.2.1. Si calcoli la distanza tra P = (1, 2, −1) e W di equazioni AX = b con √ √ 1 1/ 2 0 1/ 2 b= A= 2 0 1 0 28.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 210 Soluzione. Questo esercizio lo abbiamo gi´a risolto usando le equazioni cartesiane, risolviamolo adesso usando le equazioni parametriche. Risolvendo il sistema AX = b troviamo che W `e la retta √ 1 1/ 2 W = t 0 + 2 √ 1/ 2 −1 abbiamo quindi 1 V = 0 −1 √ 1/ 2 X0 = 2 √ 1/ 2 √ 1 − 1/ 2 P − X0 = 0 √ −1 − 1/ 2 √ √ 1 − 1/ 2 1 −1/ 2 hP − X0 , V i d(P, W ) = ||P −X0 − V || = || − || = || 0 0 || = 1 0 hV, V i √ √ −1 − 1/ 2 −1/ 2 −1 Esercizio 28.2.2. Si calcoli la distanza tra P = (1, 2, −1, 1) e W di equazioni AX = b con 1 1 0 1 0 b= A= 1/2 0 0 1 0 Soluzione. Questo esercizio lo abbiamo gi´a risolto col metodo delle equazioni cartesiane, risolviamolo adesso usando le equazioni parametriche. Risolvendo il sistema AX = b troviamo che 1/2 0 0 0 0 1 W = t + s + 0 1/2 0 0 1 0 i vettori 0 1 v1 = t 0 0 0 0 v2 = 0 1 28.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI sono una base ortonormale della giacitura di W . Abbiamo 1/2 1/2 0 2 X0 = P − X0 = hP − X0 , v1 i = 2 1/2 −3/2 0 1 211 hP − X0 , v2 i = 1 1/2 0 p d(P, W ) = ||P − X0 − hP − X0 , v1 iv1 − hP − X0 , v2 iv2 || = || || = 5/2 −3/2 0 Esercizio 28.2.3. Calcolare la distanza tra P = (1, 2, 3, 4) ed il piano passante per X0 e di giacitura span(v1 , v2 ) con √ √ √ √ v2 = (0, 1/ 2, 0, 1/ 2) X0 = (1, 0, 1, 2) v1 = (1/ 2, 0, 1/ 2, 0) Soluzione. Questo esercizio lo abbiamo gi`a risolto col metodo delle equazioni parametriche, risolviamolo adesso usando le equazioni cartesiane. Delle equazioni cartesiane per W sono x−z =0 La matrice associata `e t−y =2 1 0 −1 0 | 0 0 −1 0 1 | 2 le righe sono ortogonali, basta normalizzarle √ √ 1/ 2 0 −1/ 2 0 | 0 √ √ √ 0 −1/ 2 0 1/ 2 | 2 1 √ √ √ 2 √ 0 − 2 1/ 2 0 −1/ 2 0 || = 2 d(P, W ) = || √ √ − √ || = || 0 −1/ 2 0 1/ 2 2 0 3 4 28.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 212 Esercizio 28.2.4. Calcolare la distanza tra P = (0, 1, 0) ed il piano passante per X0 e di giacitura span(v1 , v2 ) con X0 = (1, 0, 1) v1 = (1, 1, 1) v2 = (1, 1, −1) Soluzione. Questo esercizio lo abbiamo gi`a risolto usando le equazioni parametriche, risolviamolo adesso usando le equazioni cartesiane. Un’equazione cartesiana di W `e y−x+1=0 Usando la formula si ha d(P, W ) = |1 + 1| √ √ = 2 2 Esercizio 28.2.5. Calcolare la distanza tra il punto P = (1, 3) e la retta r di equazione y = 2x + 1. Soluzione. Visto che la retta `e data in equazioni cartesiane usiamo quelle. Applicando la formula otteniamo |2 − 3 + 1| √ d(P, r) = =0 5 infatti P appartiene alla retta r. Esercizio 28.2.6. Calcolare la distanza tra il punto P = (1, 3) e la retta r di equazione (t − 1, 2t − 1). Soluzione. Visto che la retta `e data in equazioni parametriche usiamo quelle. (t − 1, t2 − 1) = t(1, 2) + (−1, −1) quindi V = (1, 2) e X0 = (−1, −1) d(P, r) = ||P − X0 − infatti P appartiene alla retta r. hP − X0 , V i V || = ||(2, 4) − (2, 4)|| = 0 hV, V i Esercizio 28.2.7. Cacolare la distanza tra P = (1, 0, 2) ed il piano π : x + y + z = 2. Soluzione. Usando la formula si ottiene √ |1 + 2 − 2| √ = 1/ 3 d(P, π) = 3 Esercizio 28.2.8. Cacolare la distanza tra P = (1, 3, 5) ed il piano π : x + 2y − 3z = 4. Soluzione. Usando la formula si ottiene √ |1 + 6 − 15 − 4| d(P, π) = √ = 12/ 14 1+4+9 28.3. ESERCIZI 213 28.3. Esercizi Esercizio 28.3.1. Calcolare la distanza tra il punto P ed il piano π, con 1 1 1 1 0 P = 2 , P = −2 , P = 2 , P = 1 , P = 2 3 3 −3 1 1 e π dato dalle seguenti equazioni parametriche 1 1 0 2 0 1 t −2 + s 1 + 2 t 2 + s −1 + 0 3 1 1 1 1 3 1 2 −1 t −1 + s 0 + 0 −2 2 3 Esercizio 28.3.2. Calcolare la distanza tra P ed il piano π con 0 −1 √1 1 P = 0 , P = −1 , P = 2 , P = 2 , 1 −1 1 0 e π dato dalle seguenti equazioni cartesiane √ 1) x + y + z = 2 2) x + y + z = 2 + 2 0 P = −1 0 3) y − x + 2z − 2 = 0 Esercizio 28.3.3. Calcolare la distanza tra P ed la retta r con 0 −1 1 2 P = , P = , P = √ , P = , 0 −1 2 2 x+y = 2 √ 2) x+y +x = 2+ 2 2 3 3) t + 1 −2 0 P = −1 3) y −x+−3 = 0 Esercizio 28.3.4. Calcolare la distanza tra P ed la retta r con 1 1 1 1 P = , P = , P = , P = , −1 2 1 3 e r data dalle equazioni parametriche 2 0 0 1 2) t + 1) t + 3 −2 1 2 4) y − z = 2 e r data dalle equazioni cartesiane 1) y = 2x−1 4) y −2x = 2 0 P = 2 4) t −1 0 + −2 −1 28.3. ESERCIZI 214 Esercizio 28.3.5. Calcolare la distanza tra P ed la retta r con P 1 1 1 1 0 1 √1 −1 0 0 2 , −2 , 2 , 1 , 2 , 2 , 2 , −1 , 0 , −1 0 0 1 1 −1 1 1 −3 3 3 la retta r data dalle equazioni parametriche 1 0 2 1 1 1 t 2 + 1 t 0 + 2 t 1 + 2 0 1 −2 3 −2 1 e la retta r data dale equazioni cartesiane x+y+z+1=0 z−y =1+x x−y =2 x − y + 3z = 5 −1 1 t 0 + 0 −1 −2 y−z =2 2x − y = 1 Esercizio 28.3.6. Calcolare la distanza tra P ed il sottospazio W con P 0 1 1 1 0 −1 1 −1 0 0 1 1 2 1 2 1 0 −1 0 −1 , , , , , , , , , 2 −2 2 0 0 2 0 1 1 0 3 3 −3 0 1 0 1 −1 2 0 con W dato dalle equazioni parametriche 1 0 0 1 0 1 1 2 −2 2 0 2 t + s + t + s + 1 3 1 −1 0 3 0 1 0 1 1 0 e con W dato dalle equazioni cartesiane z−y =t+x x+t+z+1=0 x − t + 3z = 5 x−y−t=2 0 0 −1 1 2 0 t + s + 0 0 −1 −2 2 3 y−z =2 2t − y = 1 SCHEDA 29 Quadriche e coniche 29.1. Richiami di teoria Diamo qui un breve accenno alla teoria delle quadriche in generale per poi soffermarci sul caso n = 2 (coniche). Una quadrica in Rn `e il luogo di zeri di un’equazione di secondo grado. Esempio 29.1.1. L’equazione x2 + xy − yz + z − 3 = 0 definisce una quadrica in R3 . Esempio 29.1.2. L’equazione x − y + z − 3 = 0 non definisce una quadrica in R3 . Esempio 29.1.3. L’equazione x3 + xy − yz 2 = 0 non definisce una quadrica in R3 . Si noti che, anche se il luogo di zeri delle equazioni x2 = 0 e x = 0 `e lo stesso, per convenzione la prima definisce una quadrica (degenere) mentre la seconda no. La forma generale dell’equazione di una conica `e dunque X X αij xi xj + βi xi + c = 0 i,j i ponendo bi = βi /2 e aij = (αij + αji )/2 (il perch`e sar`a chiaro tra poco) l’equazione diventa X aij xi xj + 2 i,j X bi xi + c = 0 i che si pu`o scrivere in termini matriciali definendo la matriceA = (aij ) (che `e simmetrica b x 1 1 .. .. per come sono stati definiti i coefficienti aij ) ed il vettore b = . . Ponendo X = . bn xn L’equazione diventa X T AX + 2B T X + c = 0 oppure X T (AX + 2B) + c = 0 oppure X T AX + B T X + X T B + c = 0 215 29.1. RICHIAMI DI TEORIA 216 Affinch´e si abbia una quadrica, la matrice A non deve essere nulla. Inoltre introducendo la matrice simmetrica M ∈ M(n+1)×(n+1) definita come a . . . a1n b1 11 .. .. .. ... . A b . . = M = T an1 . . . ann bn b c b1 . . . bn c l’equazione diventa x1 . . . xn x1 . .. 1 M =0 xn 1 In sostanza si stanno cercando i vettori isotropi della forma bilineare simmetrica associata a M . A meno di cambi di coordinate affini le quadriche possono essere messe in una forma canonica affine, che ne determina la “forma” e le propriet`a algebriche. Si noti che una traslazione X 7→ X + b della variabile X = (x1 , .. . , xn ) si pu`o scrivere in termini della variabile (x1 , . . . , xn , 1) tramite la matrice x1 + b1 1 .. .. . . = xn + bn 0 1 0 Id b 0 1 come segue: . . . 0 b1 x1 . . . . .. .. . . .. . . . 1 bn xn ... 0 1 1 Il procedimento generale per trovare la forma canonica di una quadrica, che esamineremo in dettaglio solo nel caso n = 2, consiste nei seguenti passi: (1) Riduzione di A in forma diagonale, con solo 0, 1, −1 sulla diagonale. Ci`o `e possibile usando una forma modificata del procedimento di Gram-Schmidt. La segnatura di A ci dir`a quanti 0, 1, −1 troveremo sulla diagonale. (2) Se possibile, eliminazione dei termini di primo grado tramite una traslazione. Ci`o sar`a possibile solo se l’equazione AX = b ha soluzione. In particolare sar`a sempre possibile se det A 6= 0. (3) Normalizzazione del termine noto. 29.1. RICHIAMI DI TEORIA Alla fine la quadrica sar`a ridotta in una di queste tre forme X X X ǫi x2i = 0 con ǫi x2i = 1 x1 = ǫi x2i i i>1 i 217 ǫi ∈ {0, 1, −1}. Esempio 29.1.4. Le forme canoniche delle quadriche di R2 sono: ±x2 ± y 2 = 1 ± x2 = 1 y = x2 x2 ± y 2 = 0 x2 = 0 Esempio 29.1.5. Le forme canoniche delle quadriche in R3 sono le seguenti: (1) Sfera: x2 + y 2 + z 2 = 1 (2) Iperboloide a due falde: x2 + y 2 − z 2 = 1 (3) Iperoboloide a una falda: x2 − y 2 − z 2 = 1 (4) Cono: x2 + y 2 − z 2 = 0 (5) Paraboloide sferico: z = x2 + y 2 (6) Paraboloide iperbolico: z = x2 − y 2 (7) Cilindro sferico: x2 + y 2 = 1 (8) Cilindro parabolico: y = x2 (9) Cilindro iperbolico: x2 − y 2 = 1 (10) Punto: x2 + y 2 + z 2 = 0 (11) Insieme vuoto: x2 + y 2 + z 2 = −1 (Che non `e vuoto su C) (12) Retta: x2 + y 2 = 0 (13) Cilindro conico o coppia di piani incidenti: x2 − y 2 = 0 (14) Insieme vuoto x2 + y 2 = −1 (Che non `e vuoto su C e diverso dal precedente) (15) Coppia di piani paralleli: x2 = 1 (16) Piano: x2 = 0 (17) Insieme vuoto: x2 = −1 (Che non `e vuoto su C e diverso dai precedenti due) Spesso, quando ci si riferisce a quadriche di R3 si considerano solo le prime nove, che sono effettivamente superfici, o addirittura le prime sei. Le quadriche 7), 8), 9), 12), 13), 14), 15), 16), 17) sono “cilindri” che hanno per base una conica su R2 , questo perch`e le loro equazioni non contengono la variabile z. 29.1.1. Le coniche (quadriche di R2 ). Le quadriche di R2 si chiamano coniche perch`e si possono vedere come intersezione di un cono di R3 con un piano. Le quadriche di R2 , ridotte in forma canonica affine, sono le seguenti: (1) Ellisse (o circonferenza): x2 + y 2 = 1 (oppure x2 + y 2 − 1 = 0) (2) Parabole: y = x2 (oppure x2 − y = 0) (3) Iperbole: x2 − y 2 = 1 (oppure x2 − y 2 − 1 = 0) (4) Coppia di rette incidenti: x2 − y 2 = 0 (5) Coppia di rette parallele: x2 = 1 (oppure x2 − 1 = 0) (6) Retta: x2 = 0 (7) Punto: x2 + y 2 = 0 (8) Insieme vuoto: x2 + y 2 = −1 (non vuoto su C) (9) Insieme vuoto: x2 = −1 (non vuoto su C e diverso dal precedente) 29.1. RICHIAMI DI TEORIA 218 Per riconoscere una conica avendo la scrittura in termini matriciali, `e utile la Tabella 1, che fornisce il tipo di conica in relazione a determinante e segnatura di A e M . Segnatura det A Segnatura det(M ) Equazione di A di M (0, 3, 0) (0, 0, 3) (0, 2, 0) (0, 0, 2) >0 (0, 2, 1) (0, 1, 2) (1, 2, 0) (1, 0, 2) (0, 1, 2) (0, 1, 1) <0 0 (0, 2, 1) (1, 1, 1) 0 (0, 1, 2) (1, 2, 0) 0 6= 0 6= 0 (0, 2, 1) (1, 1, 0) (1, 0, 1) 6= 0 (1, 0, 2) (1, 1, 1) (2, 1, 0) (2, 0, 1) 6= 0 0 0 0 x2 + y 2 + 1 = 0 −x2 − y 2 − 1 = 0 x2 + y 2 − 1 = 0 −x2 − y 2 + 1 = 0 x2 + y 2 = 0 −x2 − y 2 = 0 Descrizione Insieme vuoto Ellisse Punto x2 − y 2 − 1 = 0 Iperbole x2 − y 2 = 0 Coppia di rette incidenti −x2 + y 2 + 1 = 0 2 2 (−x + y = 0) y = x2 (−y = −x2 ) x2 + 1 = 0 −x2 − 1 = 0 Parabola (b ∈ / Imm(A)) Insieme vuoto x2 − 1 = 0 Coppia di rette parallele x2 = 0 Retta (rango(M ) = 1) (−x2 + 1 = 0) 2 −x = 0 Tabella 1. Tipi di coniche. Siccome un’equazione e la sua opposta definiscono la stessa conica (per esempio x2 + y 2 − 1 = 0 e −x2 − y 2 + 1 = 0) c’`e una piccola ambiguit`a per le segnature delle matrici. Nella tabella riportiamo entrambe le equazioni per ogni conica, corrispondenti alle segnature di ±A e ±M . 29.1.2. Riconoscimento del tipo di una conica a mano. Una conica su pu`o ridurre in forma canonica manualmente, usando il metodo del completamento dei quadrati: 29.1. RICHIAMI DI TEORIA 219 Sia ax2 + 2bxy + cy 2 + 2dx + 2ey + f = 0 l’equazione di una conica. • Riduzione al caso b = 0. Se b 6= 0 allora abbiamo due casi: (1) Se a 6= 0 (oppure se c 6= 0) a meno di cambiare segno all’equazione possiamo supporre a > 0. In questo caso il termine in xy si fa sparire usando la relazione √ b2 b (completamento del quadrato) ax2 + 2bxy = ( ax + y √ )2 − √ y 2 a a e cambiando variabili come segue √ √ b b X = ax + y √ Y =y (oppure Y = cy + x √ X=x) a c (2) Se a = c = 0 allora si usa il cambio di variabili X = (x + y) Y = (x − y) ed avremo 2bxy = b(X 2 − Y 2 )/2. • Riduzione al caso d = 0. Adesso che abbiamo b = 0 l’equazione `e della forma ax2 + cy 2 + 2dx + 2ey + f = 0. I coefficienti a e c non possono essere entrambi nulli altrimenti l’equazione sarebbe lineare e non quadratica. A meno di scambiare la x con la y possiamo supporre a 6= 0. A meno di cambiare segno a tutta l’equazione possiamo supporre a > 0. Procediamo completando ax2 + 2dx a quadrato tramite √ d d2 ax2 + 2dx = ( ax + √ )2 − a a e cambiamo variabili come segue √ d X = ax + √ a • Adesso l’equazione `e della forma Y =y ax2 + cy 2 + 2ey + f = 0. e possiamo distinguere i vari casi: (1) Se c = 0 e e 6= 0 allora la conica `e una parabola e si pu`o mettere in forma canonica prima divindendo per a e riducendosi a x2 + 2ey + f = 0 e poi tramite il cambio di variabile Y = −(2ey + f ). (2) Se c = 0 ed e = 0 allora l’equazione `e del tipo ax2 + f = 0. (a) Se f = 0 la conica `e una retta e si porta in forma canonica dividendo l’equazione per a. (b) Se f e a sono dello stesso segno allora la conica `e l’insieme vuoto. (L’equazione si porta in forma canonica prima dividendo per f e poi √ col cambio X = ax.) 29.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 220 (c) Se f e a hanno segni diversi allora la conica `e una coppia di rette parallele. (L’equazione si porta √ in forma canonica prima dividendo per −f e poi col cambio X = ax.) (3) Se c 6= 0 allora a meno di cambiare segno a tutta l’equazione possiamo supporre c > 0, procedere completando cy 2 + 2ey a quadrato tramite √ e e2 cy 2 + 2ey = ( cx + √ )2 − c c e cambiare variabili come segue √ e Y = cy + √ c X = x. L’equazione diventa del tipo ax2 +cy 2 +f = 0. Se f 6= 0 dividendo l’equazione per |f | ci riduciamo al caso ax2 + cy 2 + f = 0 con f ∈ {0, 1, −1} e cambiando variabili p p Y = |c|y X = |a|x otteniamo un’equazione del tipo ±x2 ± y 2 + f = 0. A meno di cambiare segno possiamo supporre che il segno di x sia positivo ed avremo: (a) x2 + y 2 + 1 = 0 che `e l’insieme vuoto; (b) x2 + y 2 = 1 che `e una circonferenza; (c) x2 − y 2 + 1 = 0 e x2 − y 2 − 1 = 0 che sono iperboli; (d) x2 + y 2 = 0 che `e un punto; (e) x2 − y 2 = 0 che `e una coppia di rette incidenti. 29.2. Esempi ed esercizi svolti Esercizio 29.2.1. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione x2 + 2xy + y 2 + x + y + 1 = 0. Soluzione. L’equazione si pu`o riscrivere come (x + y)2 + (x + y) + 1 = 0. Quindi tramite il cambio X = x + y, Y = y l’equazione diventa X2 + X + 1 = 0 che riscriviamo come x2 + x + 1 = 0 (tanto il nome che diamo alle variabili non conta). Completiamo adesso x2 + x a quadrato: x2 + x = (x + 1/2)2 − 1/4 quindi x2 + x + 1 = (x + 1/2)2 + 3/4 ponendo X = x + 1/2 29.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 221 otteniamo l’equazione X 2 + 3/4 = 0 che definisce l’insieme vuoto. Esercizio 29.2.2. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione 2xy + y 2 + 2x + 2y + 1 = 0. Soluzione. Completiamo 2xy + y 2 a quadrato ponendo 2xy + y 2 = (x + y)2 − x2 . Ora cambiamo variabili X=x Y =x+y L’equazione diventa Y 2 − X 2 + 2Y + 1 = 0 che riscriviamo come y 2 −x2 +2y+1 = 0, oppure (y+1)2 −x2 = 0. Poniamo Y = y+1, X = x ed otteniamo X2 − Y 2 = 0 che definisce una coppia di rette. Esercizio 29.2.3. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione 2xy + 2x − 4y + 1 = 0. Soluzione. Scriviamo 2xy = ((x + y)2 − (x − y)2 )/2 e cambiamo variabili X =x+y il cambio di variabili inverso `e x = (X + Y )/2 L’equazione diventa Y =x−y y = (X − Y )/2 X2 Y 2 − + X + Y − 2X + 2Y + 1 = 0 2 2 moltiplicando il tutto per 2 si ottiene che riscriviamo come X2 Y 2 − − X + 3Y + 1 = 0 2 2 X 2 − Y 2 − 2X + 6Y + 2 = 0 x2 − y 2 − 2x + 6y + 2 = 0 completiamo x2 − 2x e y 2 − 6y a quadrati (x − 1)2 − 1 − (y − 3)2 + 9 + 2 = 0 Ponendo X = x − 1 e Y = y − 3 si ottiene (x − 1)2 − (y − 3)2 + 10 = 0 X 2 − Y 2 + 10 = 0 che definisce un’iperbole. Se la vogliamo in forma canonica dividiamo il tutto per 10 ottenendo X2 Y 2 − +1=0 10 10 29.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 222 √ √ e cambiando variabili x = X/ 10, x = Y / 10 ottieniamo x2 − y 2 + 1 = 0 Esercizio 29.2.4. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione x2 + 2xy − 2x + 6y + 1 = 0. Soluzione. Le matrici associate alla conica sono 1 1 −1 1 1 M = 1 0 3 A= 1 0 −1 3 1 Abbiamo det(A) < 0 e det(M ) 6= 0 quindi dalla Tabella 1 si deduce che l’equazione definisce un’iperbole. Esercizio 29.2.5. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione x2 + 2xy + y 2 + 2x + 2y + 1 = 0. Soluzione. Le matrici associate alla conica sono 1 1 1 1 1 M = 1 1 1 A= 1 1 1 1 1 Siccome M ha rango 1, dalla Tabella 1 si deduce che l’equazione descrive una retta. Esercizio 29.2.6. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione x2 + 2xy + y 2 + 2x + 4y + 1 = 0. Soluzione. Le matrici associate alla conica sono 1 1 1 1 1 M = 1 1 2 A= 1 1 1 2 1 Siccome det(A) = 0 e det(M ) 6= 0 l’equazione descrive una parabola (vedasi Tabella 1). 29.3. ESERCIZI 223 29.3. Esercizi Esercizio 29.3.1. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione 3x2 + 2xy + y 2 + 2x + 4y + 1 = 0. Esercizio 29.3.2. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione x2 + 2xy + 3y 2 + 5x + 5y + 6 = 0. Esercizio 29.3.3. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione x2 − 2xy + y 2 − x + y − 1 = 0. Esercizio 29.3.4. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione 4xy + 5x + 6y = 0. Esercizio 29.3.5. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione (x + y)2 + 2(x − y)2 − (x + 2y)2 − (2x + 1)2 = 0. Esercizio 29.3.6. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione x2 + 2xy + 3y 2 + 12y + 18 = 0. Esercizio 29.3.7. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione (x + y − 2)2 + (2x − y + 1)2 − 4 = 0. Esercizio 29.3.8. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione (x + y − 2)2 + (2x − y + 1) − 4 = 0. Esercizio 29.3.9. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione x2 − 6 + 9 + 2x = 0. Esercizio 29.3.10. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione 2x2 + 8y 4 + 8xy + x + 2y + 4 = 0. Esercizio 29.3.11. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione 3x2 + 5y 2 + 8x − 8xy − 14y − 3 = 0 Esercizio 29.3.12. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione 9x2 + 4y 2 − 12xy + 6x − 4y − 2 = 0 Esercizio 29.3.13. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione (x − y)2 + x2 + y 2 + 2 + 4x + 4y + 6xy = 0 Esercizio 29.3.14. Si dica che tipo di conica `e quella rappresentata dalla seguente equazione (x+y)2 +(x−y)2 +(x+2y)2 +(x−2y)2 +(x+2y+3)2 +(x+2y−3)2 +(x−2y+3)2 +(x−2y−3)2 = 0
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