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Tecnica
DeNOX
luglio - agosto 2014
LA TERMOTECNICA
di R. Lauri
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Applicazione agli impianti DeNOX
di un modello per la stima della sovrapressione derivante
dall’esplosione di una nube di vapori di ammoniaca
Negli impianti DeNOX ingenti quantitativi di NH3 sono impiegati per ridurre le emissioni di NOX. Il presente lavoro descrive un metodo predittivo, che
consente di stimare la sovrappressione generata dall’esplosione di una nube di vapori ammoniacali (viene ipotizzato un accidentale rilascio di soluzione
ammoniacale). Questo metodo richiede la conoscenza della massima velocità della fiamma, che dipende dagli effetti combinati del confinamento, della
reattività del combustibile e del grado di congestione dell’area considerata.
DeNOX PLANTS: AN ESTIMATION METHOD OF THE OVERPRESSURE
GENERATED BY AN AMMONIA VAPOR CLOUD EXPLOSION
In DeNOX plants large amounts of ammonia are used to reduce NOX emissions. The paper describes a prediction method, which allows to estimate
the blast overpressure, that is generated by an ammonia vapor cloud explosion (an accidental release of aqueous ammonia is supposed). This method
requires the maximum flame speed, which depends on the combined effects of confinement, fuel reactivity and area congestion.
INTRODUZIONE
Analizzando il quadro del parco termoelettrico italiano si evince che
le centrali a vapore hanno, ancora oggi, la leadership sia dal punto
di vista numerico sia da quello della potenza efficiente netta prodotta.
In questi impianti il rispetto dei limiti vigenti per le emissioni in atmosfera degli NOX è ottenibile solamente sfruttando l’azione combinata
degli interventi primari di denitrificazione e del processo di riduzione
catalitica selettiva, attuato dalle unità DeNOX mediante l’iniezione di
ammoniaca nella corrente dei gas combusti. La presenza di serbatoi
di stoccaggio della soluzione ammoniacale e di condotte preposte alla
sua movimentazione (operazione di trasferimento della soluzione alla
stazione di vaporizzazione) può determinare eventuali rilasci all’interno o all’esterno del bacino di contenimento. Nel presente lavoro viene
applicato un modello predittivo per la stima della sovrappressione,
generata dall’esplosione di una nube di NH3 (l’evento incidentale
ipotizzato è classificato come UVCE, Unconfined Vapor Cloud Explosion), originatasi da una pozza nel bacino, racchiudente i serbatoi di
stoccaggio e che deriva da una perdita (ad esempio da tubazioni, da
flange di connessione o da valvole di regolazione). La sicurezza di tali
depositi riveste particolare importanza soprattutto in relazione a eventi
incidentali causati dalla formazione di nubi di vapori ammoniacali, che
possono costituire una minaccia per la salute degli operatori a causa
della loro tossicità e infiammabilità (esplosione). Con la definizione
“esplosioni di gas e polveri” si intendono i fenomeni, che coinvolgono, nel meccanismo di rilascio dell’energia, una reazione chimica di
combustione. Rientrano in questa categoria le esplosioni di nubi non
confinate (UVCE). La sovrappressione è il principale parametro, su cui
si focalizza l’attenzione per valutare i danni alle persone o alle strutture. È importante sottolineare che le maggiori ripercussioni, nel caso
di esplosioni accidentali, non sono solamente dovute all’effetto diretto
dell’onda di pressione, ma anche a cause indirette da essa indotte.
DESCRIZIONE DEL MODELLO DI BAKER-STREHLOW
Il metodo applicato per valutare le conseguenze di una UVCE è quello
di Baker-Strehlow, che riprende l’idea di Wiekema di utilizzare una
reattività dei composti, combinandola con l’approccio del metodo
Multi-Energy, che considera la deflagrazione solo di quella parte di
nube presente in zone congestionate dell’impianto, per definire la
velocità caratteristica della deflagrazione e quindi un diagramma
di sovrappressione in funzione della distanza (parametrizzato sulla
massima velocità raggiunta del fronte di fiamma nel corso della deflagrazione). L’accuratezza del modello si basa sulla scelta della curva
più opportuna, individuata dall’identificazione di:
1) reattività del composto (NH3);
2) modalità di propagazione della fiamma (1-D, 2-D, 3-D);
3) grado di congestione dell’area considerata.
Il metodo definisce l’ammoniaca, come una sostanza avente bassa
reattività. Per quanto concerne l’espansione del fronte di fiamma, il
modello considera le seguenti tipologie di propagazione:
-- monodimensionale;
-- bidimensionale;
-- tridimensionale.
Affinché l’esplosione della nube generi una sovrappressione significativa è necessario che la fiamma acceleri. Per far avvenire ciò, è
basilare da un lato che vi siano degli ostacoli (grado di congestione)
per aumentare la turbolenza nei gas/vapori incombusti e dall’altro
che la massa aeriforme si estenda su un’area sufficientemente grande
da consentire ai meccanismi di accelerazione del fronte di fiamma di
diventare efficaci. La congestione dell’area esaminata è generalmente
di difficile valutazione a causa della complessità delle configurazioni
impiantistiche, che richiedono approfondite ispezioni, ma riveste un
ruolo primario ai fini dell’entità della pressione di picco. Il modello di
Baker-Strehlow fornisce efficaci strumenti per individuare il livello di
Dott. Ing. Roberto Lauri - INAIL Settore Ricerca, Verifica e Certificazione, Dipartimento Installazioni di Produzione e Insediamenti Antropici (DIPIA)
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congestione della zona di interesse, il quale viene definito dal rapporto
(obstacle blockage ratio) tra il volume degli ostacoli e il volume totale
della zona congestionata. Si ha un grado di congestione alto quando
tale rapporto è maggiore del 40%, medio quando è compreso tra il
10% e il 40% e basso quando è inferiore al 10%. Una volta definiti la
reattività del composto, la propagazione della fiamma e il grado di
congestione dell’area esaminata è possibile individuare, attraverso la
Tabella 1, la velocità massima del fronte di fiamma (Mf), espressa in
numero di Mach (i valori maggiori di uno si riferiscono a detonazioni,
invece l’acronimo DDT indica la fase di transizione, che caratterizza il
passaggio dalla deflagrazione alla detonazione).
FIGURA 1 - Diagramma pressione scalata/distanza scalata
TABELLA 1 - Velocità di fiamma in termini di numero di Mach
(Metodo di Baker-Strehlow)
Noto Mf è possibile individuare la curva di scoppio (blast-curve), luogo
dei punti aventi la stessa velocità (Figura 1). Il passo successivo è rappresentato dal calcolo del termine E, indicante l’energia di combustione
(J) rilasciata dalla nube:
E = 2 ⋅ η ⋅ n ⋅ PM NH 3 ⋅ H INF ( NH 3 )
(1)
In cui:
-- h = moli NH3/(moli NH3 + moli di aria);
-- n indica il numero di moli di ammoniaca presenti nella nube;
-- PMNH rappresenta il peso molecolare dell’ammoniaca (17 kg/kmol);
3
-- HINF(NH ) è il potere calorifico inferiore dell’ammoniaca (J/kg).
3
Il fattore moltiplicativo due viene introdotto nell’equazione 1 per considerare l’effetto di riflessione dell’onda di scoppio da parte del bacino
(carica superficiale). Il parametro E viene utilizzato per calcolare la
distanza scalata (RSC), grandezza adimensionale, data dalla seguente
espressione:
RSC =
R
1
(2)
⎛ E ⎞ 3
⎜
⎟
⎝ patm ⎠
dove:
-- R indica la distanza dal luogo in cui è avvenuta l’esplosione (m);
-- patm indica la pressione atmosferica (atm).
La definizione della velocità del fronte di fiamma (Mf) e della distanza
scalata ci permette, utilizzando il diagramma riportato in Figura 1, di
ricavare in ordinata la pressione scalata (pSC) e la conseguente sovrappressione (pp: pressione di picco) generata dall’esplosione della nube:
p
pSC = p
(3)
patm
Dall’analisi della Tabella 1 e della Figura 1 si evince che ppicco (alta
congestione) > ppicco (media congestione) > ppicco (bassa congestione).
IMPIANTI DeNOX: IL CASO STUDIO ESAMINATO
Lo scenario incidentale ipotizzato è costituito dalla formazione
di una nube tossica e infiammabile di ammoniaca, dovuta all’evaporazione di una pozza, generata da un rilascio di soluzione
ammoniacale (concentrazione di NH3 pari al 25% in peso) nel
bacino di contenimento, racchiudente i serbatoi di stoccaggio, facenti parte di un’unità DeNO X, situata in Puglia. Il bacino presenta
le seguenti proprietà:
--temperatura della superficie (T b) = 20 °C;
--conducibilità termica (cemento) k b = 0,92 W/m °C;
--diffusività termica (cemento) α b = 4,16 . 10 -7 m 2/s.
Le assunzioni per l’applicazione del modello proposto sono:
--pozza di forma circolare con valore del raggio variabile e pari
a 0,5 m, 1 m e 1,5 m. Questa assunzione discende dal fatto che
la dimensione dello spandimento è nota solamente se il volume
rilasciato è in grado di coprire l’intera superficie del bacino;
--tempo trascorso dall’inizio del rilascio (t) = 600 s. Questo valore
viene stimato sulla base dei tempi caratteristici dei sistemi di
rilevazione della perdita (trasmissione del segnale di allarme)
e di intervento per arrestare il rilascio e azionare gli eventuali
dispositivi di sicurezza (ad esempio l’impianto, che immette
schiuma nel bacino per coprire la pozza, inibendo l’evaporazione dell’ammoniaca);
--irraggiamento solare medio giornaliero (q irr) = 481 W/m 2;
--densità dell’ammoniaca gassosa (rNH3 = 0,72 kg/m3 a T = 20 °C);
--potere calorifico inferiore (H INFNH ) = 20.225 .10 3 J/kg.
3
Il modello di Baker-Strehlow classifica l’ammoniaca come un composto a bassa reattività, mentre la propagazione del fronte di
fiamma considerata è del tipo 3-D, considerando l’ambiente non
confinato ed essendo la densità di NH3 inferiore a quella dell’aria.
Per calcolare la distanza scalata (R SC) è necessario ricavare l’energia rilasciata dalla nube (E), che viene determinata dopo aver
trovato i valori di η e di n. La determinazione di η si ricava dalla
reazione di ossidazione dell’ammoniaca:
4 NH 3 + 5 O 2 + 18,8 N 2 → 4 NO + 6 H 2O + 18,8 N 2
(4)
η=
4
= 0,144
4 + 23,8
(5)
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Le moli (n) di NH 3 sono calcolabili mediante l’equazione di stato
dei gas perfetti, dopo aver ricavato il volume della nube, che si
genera in seguito all’evaporazione dell’ammoniaca dalla pozza:
patm ⋅Vnube
=n
R⋅T
(6)
dove:
--R è la costante universale dei gas = 8,31 J/mol .K;
--T è la temperatura ambiente = 20 °C.
Nel caso di liquidi molto volatili (l’ammoniaca rientra in quest’ambito), ossia con temperatura di ebollizione normale (T EBNH = -33 °C)
3
inferiore alla temperatura ambiente, la temperatura della pozza si
mantiene costante e l’evaporazione è dovuta principalmente allo
scambio termico con l’ambiente circostante.
Inizialmente il flusso termico verso lo spandimento di soluzione
ammoniacale proviene dal bacino, ma con il progressivo raffreddamento della superficie di contatto acquista maggiore importanza il contributo dell’irraggiamento solare. Il calcolo delle moli di
ammoniaca è subordinato alla determinazione della portata massica evaporante per unità di superficie della pozza, ottenibile con
la seguente equazione (il primo termine indica l’apporto termico
della superficie del bacino, il secondo quello dell’irraggiamento
(7)
solare):
in cui:
--mNH rappresenta la portata massica di ammoniaca per unità di
3
superficie, che evapora dalla pozza (kg/s m 2);
--q B indica il flusso termico trasmesso dal bacino alla pozza (W/
m 2);
--T EBNH (temperatura di ebollizione dell’ammoniaca a pressione
3
atmosferica) = -33 °C;
-- l(TebNH ) rappresenta il calore latente di vaporizzazione dell’am3
moniaca = 13,7.105 J/kg.
Nota la grandezza m NH (resta invariata cambiando le dimensioni
3
dello spandimento e il livello di congestione), il volume della nube
(m3) di vapori di NH 3 è dato dalla seguente espressione:
TABELLA 2 - Risultati
VnubeNH3 =
mNH 3 ⋅ t ⋅ Apozza( NH 3 )
ρ NH3
37
47
(8)
Dove per Apozza(NH ) si intende l’area della pozza occupata dall’am3
moniaca liquida (pari al 25% dell’area complessiva dello spandimento), poiché la superficie rimanente è costituita da acqua.
RISULTATI
La sovrappressione generata dall’esplosione della nube è stata
valutata a 10, 15, 20, 25, 30 e 35 metri dal luogo dell’innesco,
considerando, per ogni valore del raggio della pozza (rpozza = 0,5,
1 e 1,5 m), i seguenti scenari:
--grado di congestione dell’area alto;
--grado di congestione dell’area medio;
--grado di congestione dell’area basso.
Si riportano in Tabella 2 i risultati dello studio condotto e in Figura
2 gli andamenti della sovrappressione al variare della distanza dal
luogo dell’esplosione. Essendo p atm = 1 atm, la pressione scalata
risulta coincidente con quella di picco (p SC=pp). L’analisi dello scenario relativo alla condizione di bassa congestione dell’area non
è stato riportato in Figura 2, poiché i valori della sovrappressione,
FIGURA 2 - Andamento della sovrappressione in funzione
della distanza
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compresi, nelle condizioni più gravose, tra 0,015 e 0,019 atm
sono poco significativi dal punto di vista delle ripercussioni sulle
strutture e sulle persone.
Per definire quanto detto, si riportano in Tabella 3 gli effetti delle
esplosioni in funzione della sovrappressione di picco.
TABELLA 3 - Effetti delle esplosioni
A parità di livello di congestione, l’incremento dello spandimento (maggiore diametro della pozza) determina un aumento del
volume della nube di vapori ammoniacali (cresce il numero di
moli di NH 3) e conseguentemente anche del parametro E (si veda
l’equazione 1 in cui restano costanti η, PM NH e H INF(NH )). Ciò
3
3
si traduce in una diminuzione del valore della distanza scalata
(si veda l’equazione 2) e quindi vengono intercettati (Figura 1),
sulla curva di scoppio corrispondente al valore individuato di M f,
punti aventi una maggiore pressione scalata (coincidente con la
pressione di picco).
CONCLUSIONI
La condizione relativa a un grado alto di congestione presenta,
nel range di distanze considerate, gli effetti più rilevanti, compresi
da lievi danni alle strutture fino al loro collasso (valore di picco
massimo pari a 0,22 atm nel caso di raggio della pozza di 1,5 m),
invece lo scenario di media congestione ha un raggio di azione
(l’intervallo di pressione è compreso tra 0,023 e 0,091 atm), che
si spinge quasi al limite di riferimento relativo alla parziale demolizione degli edifici. Il modello di Baker-Strehlow, a differenza di
altri introdotti per la modellizzazione delle esplosioni, consente di
valutare gli effetti della congestione dell’area, che non sono trascurabili ai fini di una corretta valutazione della massima velocità
della fiamma e possono risultare di difficile determinazione a causa della complessità impiantistica. Gli ostacoli, che si frappongono
al passaggio del fronte di fiamma senza creare particolari impedimenti al suo transito, determinano un incremento della turbolenza,
che si riflette sull’aumento della velocità di propagazione e quindi
della pressione di picco. Nel processo di analisi del rischio di
impianti industriali la valutazione delle conseguenze di incidenti
derivanti da esplosioni costituisce uno degli aspetti meno coperti
da procedure consolidate e affidabili. La prassi operativa prevede
l’impiego di metodologie di calcolo semplificate (metodi predittivi)
o l’utilizzo di formule semi-empiriche, ricavate dall’interpolazione
dei risultati di un certo numero di prove sperimentali. A partire
da un attento riesame della grande mole di dati sperimentali, che
si hanno in letteratura, ove si è indagato l’effetto della densità
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dell’ostacolo, della reattività del combustibile e del grado di confinamento della nube, si perviene a una scelta della velocità della
fiamma e quindi della blast-curve (curva di scoppio) da utilizzarsi.
La validità delle previsioni del modello si basa sull’accordo con
tali dati, che viene ottenuto introducendo parametri modificabili
nel metodo, il cui valore viene definito dal confronto con le informazioni disponibili. Il vantaggio del metodo Baker-Strehlow
risiede nella scelta oggettiva della curva di scoppio (riducendo
fortemente il margine di incertezza presente in altri metodi), che gli
utilizzatori possono fare partendo da considerazioni di carattere
sperimentale sulla velocità della fiamma. Questi modelli predittivi,
e in particolare quello applicato, hanno il vantaggio di fornire in
modo celere una stima ragionevole delle sovrappressioni provocate dall’evento esplosivo, soprattutto per punti relativamente vicini
al luogo dell’innesco. Per entrare più nel dettaglio dei fenomeni
esplosivi si deve ricorrere a calcolatori e metodi numerici, che
consentano di affrontare il problema della risoluzione diretta delle
equazioni di Navier-Stokes per flussi turbolenti reattivi in geometrie complesse, nell’ambito della fluidodinamica computazionale
(CFD, Computational Fluid Dynamics). I modelli CFD hanno, però,
nella rappresentazione dell’interazione tra turbolenza e reazioni
di combustione la principale difficoltà. Questo settore di ricerca
è ancora in fase evolutiva per cercare di migliorare il livello di
accuratezza raggiungibile.
BIBLIOGRAFIA
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