Schede esperienze - dipartimento di fisica della materia e

Laboratorio 2B - CdL Fisica A.A. 2013/14
Elenco esperienze di laboratorio
corredate dalla relativa scheda esplicativa
1) Distanza focale di una lente convergente sottile
2) Determinazione piani principali di un sistema ottico
3) Indice di rifrazione di un prisma
4) Coefficiente molare di assorbimento di una soluzione
5) Misura della curva di emissione spettrale di un LED
6) Misura del potere rotatorio di una soluzione
7) Diffrazione da una apertura circolare
8) Angolo di Brewster e legge di Malus
Schede esperienze Lab 2B ver. 2.1 - 10/4/2014 – CdL Fisica A.A. 2013/2014
DISTANZA FOCALE DI UNA LENTE CONVERGENTE SOTTILE
La distanza focale di una lente convergente sottile potrà ricavarsi dalla legge dei
punti coniugati:
1 1 1
 
p q f
Dove
p = distanza oggetto-lente
q = distanza immagine-lente
f = distanza focale
In questo caso l'oggetto è costituito da una freccetta luminosa e l'immagine viene
raccolta su uno schermo. Determinare q, una volta fissato e misurato un valore
di p e la relativa incertezza. In questo caso è consigliabile nello spostare lo
schermo (onde mettere a fuoco l'immagine) procedere dapprima sempre in un
verso e ripetere poi l'osservazione procedendo nel verso opposto. La posizione più
attendibile sarà la media qk delle due posizioni qlk e q2k così ottenute. Si valuti la
semidispersione massima della misura.
Le operazioni andranno ripetute per diversi valori di p sfruttando (per q) l’intera
lunghezza della barra calibrata.
I dati ottenuti sono riportati in grafico e analizzati, attraverso una procedura di
best-fit implementabile sul foglio elettronico sul PC disponibile presso il
laboratorio. A tale scopo si riportino in grafico i valori di (p+q) in funzione di p.
Dalla legge dei punti coniugati:
pq 
pq
f
Pertanto
q
ovvero
p2
pq 
p f
1
1 1

f p

pf
p f
si dovrebbe ottenere un grafico del tipo
(p+q)
p
La procedura di best-fit (procedura “risolutore”) fornirà il valore di f. Valutare
l’errore ad esso associato.
Ripetere la procedura per le diverse lenti a disposizione.
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DETERMINAZIONE PIANI PRINCIPALI DI UN SISTEMA OTTICO
Come è noto il comportamento ottico di un sistema di lenti può essere assimilato
a quello di un'unica lente spessa avente caratteristiche che dipendono dalle
specifiche delle singole lenti e dalla loro posizione reciproca (vedi appunti e testi
di riferimento). In particolare, operando in luce parallela, si possono determinare
oltre ai fuochi anche le posizioni dei punti principali.
Con riferimento alla figura si operi nel modo seguente:
1) Fascio parallelo
Rendere parallelo di diametro d0 il fascio luminoso emesso dalla sorgente A,
utilizzando la lente C ed il diaframma D, avendo cura di verificare (mediante la
misura della dimensione sullo schermo S) che il valore resti costante lungo tutta
la guida ottica.
2) Misura diametro immagine
Inserire il sistema ottico (L1-L2) sulla guida. Verificare (con lo schermo) dove,
approssimativamente, cade il punto di focalizzazione. Posizionandosi al di là di
detto punto acquisire le coppie di dati, posizione schermo li e diametro immagine
di, per diverse posizioni dello schermo lungo la guida ottica.
3) Misura posizione fuoco
La posizione del punto di fuoco lf si otterrà eseguendo la procedura di regressione
lineare sulla serie di dati acquisiti, utilizzando il foglio elettronico sul PC
disponibile presso il laboratorio. In particolare dalla relazione d/2=ml+n si
ricava, per d=0, che lf=-n/m.
4) Misura posizione piano principale
Con riferimento alla figura si può determinare la posizione del piano principale 
sapendo che in tale punto deve essere -d0/2 = mlπ+n , da cui lπ = -(d0+2n)/2m .
5) Determinazione distanza focale
Da ciò segue che la distanza focale del sistema ottico (misurata dal rispettivo
piano principale) è f=│lπ - lf│=│-d0/(2m)│.Determinare l’incertezza sul valore di f.
Invertire l’orientamento del sistema ottico (ovvero invertire la posizione delle lenti)
e ripetere le operazioni precedenti da 2) a 5) determinando la distanza focale
rispetto al piano principale .
Stimare le incertezze su tutte le misure precedenti e verificare che i valori della
distanza focale, determinata nelle due condizioni, coincidano entro le rispettive
incertezze di misura.
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INDICE DI RIFRAZIONE DI UN PRISMA
Dallo studio della deviazione subita da un raggio di luce nell'attraversare un
prisma (vedi testi di ottica, ovvero gli appunti) si deduce la relazione:
     

n  sin  m
 sin  
2
2


(valida solo in condizioni di deviazione minima)
dove  è l'angolo rifrangente del prisma e m l’angolo di deviazione minima. Dalla
misura di dette quantità si potrà quindi ricavare il valore di n, utilizzando come
sorgenti di radiazione i diodi laser, la cui lunghezza d’onda di emissione è
riportata sul dispositivo stesso. Ricordarsi di utilizzare la lente di focalizzazione
posta in testa al dispositivo laser per mettere opportunamente a fuoco il fascio
laser ruotando la ghiera.
1) Misura di 
Per misurare l'angolo rifrangente si pone il prisma nella piattaforma con il suo
spigolo rifrangente verticale e diretto verso la sorgente laser. Fissata la
piattaforma col prisma, si ricercano i raggi riflessi dalle facce adiacenti lo spigolo
rifrangente per determinare l’angolo  compreso fra di essi. Da semplici
considerazioni geometriche (vedi appunti) si deduce che l'angolo rifrangente  vale


2
2) Misura di m
Liberata la piattaforma, si invia il fascio laser su una delle facce adiacenti lo
spigolo rifrangente e si ricerca il raggio rifratto dalla parte opposta. Una volta
trovato si ricerca , ruotando la piattaforma, la condizione di minima deviazione
seguendo sull’indicatore sullo schermo la rotazione del raggio rifratto che ne
consegue. Quando si vede che pur ruotando la piattaforma sempre nello stesso
senso, la rotazione del raggio rifratto s'inverte, si centra la posizione del raggio
rifratto sull’indicatore e si prende nota dell'angolo 1.
Si toglie quindi il prisma e si centra la posizione del raggio rifratto sull’indicatore,
prendendo nota dell'angolo 2.
L'angolo di deviazione minima sarà dato dall’ango!o compreso tra le direzioni
determinate dagli angoli 1 e 2.
Noti m e  e' immediato il calcolo di n.
3) Dipendenza di n da 
Si eseguano le operazioni di cui ai punti 1) e 2) con le differenti sorgenti laser,
avendo avuto cura di stimare l’incertezza sulle singole misurazioni e quella sulla
grandezza finale derivata. I dati ottenuti sono riportati in grafico e analizzati,
attraverso una procedura di best-fit implementabile sul foglio elettronico sul PC
disponibile presso il laboratorio. A tale scopo si utilizzi il modello definito dalla
relazione empirica di Cauchy n     A 
delle costanti A, B e C.
B
2

C
4

e si determinino i valori
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COEFFICIENTE MOLARE DI ASSORBIMENTO DI UNA SOLUZIONE
Nel corso di questo esperimento si determineranno le curve di trasmissione (o
assorbanza) spettrale di una soluzione contenente predeterminate concentrazioni
di soluto. In particolare si utilizzeranno soluzioni acquose di permanganato di
potassio, che presenta una caratteristica curva di assorbimento ottico nella
regione del visibile (400-600 nm). L’apparato spettroscopico da utilizzare consiste
in uno spettrometro a fibre ottiche, controllato da computer attraverso una
interfaccia software dedicata. L’obiettivo dell’esperimento è la determinazione del
coefficiente molare di assorbimento del soluto, supponendo perfettamente
trasparente il solvente, mediante l’applicazione della legge di Lambert-Beer (vedi
appunti e testi di riferimento):
 I 
A
I  I 010 cd con A   log     cd da cui  
cd
 I0 
essendo A l’assorbanza, c la concentrazione molare, d lo spessore di materiale
attraversato ed  il coefficiente molare di assorbimento da determinare.
Si proceda nel seguente modo:
1) Messa a punto del sistema spettrometrico
Dopo aver verificato la connessione tra spettrometro e PC, si accenda
quest’ultimo e si inizializzi il software di gestione “Avantes”. Effettuate le
connessioni tra le fibre ottiche con spettrometro, sorgente di luce e supporto
portacampioni. All’interno della procedura software si crei un file “New
Experiment” nella cartella “Lab2B”, quindi si acquisisca lo spettro di buio
(cosiddetto “dark”). Successivamente, si accenda la lampada e dopo aver inserito
nell’apposito alloggiamento la celletta contenente il solo solvente, si proceda alla
acquisizione(*) dello spettro di riferimento (cosiddetto “reference”).
2) Misura curva di assorbimento
Dopo aver rimosso e accuratamente svuotato la celletta del suo contenuto, la si
riempia con la soluzione a concentrazione c nota (verificare su etichetta
contenitore). Dopo averla reinserita nell’apposito alloggiamento, si proceda alla
acquisizione(*) e registrazione del relativo spettro di assorbanza (cosiddetto
“absorbance”).
3) Predisposizione soluzione diluita
Si rimuova la celletta dal portacampioni e si versino circa 4 ml del suo contenuto
nel cilindro graduato disponibile. Si riempia ulteriormente il cilindro con una
quantità di acqua esattamente pari alla quantità di soluzione già presente, in
maniera da dimezzarne la concentrazione c.
4) Predisposizione soluzione diluita
Si ripetano in sequenza i punti 2) e 3) in maniera da disporre di almeno quattro
curve di assorbanza a diverse concentrazioni.
5) Analisi dati
Misurare il valore di assorbanza Ai in corrispondenza dei picchi principali (i)
dello spettro per ciascuna concentrazione ci e si riportino in grafico le coppie di
dati (Ai, ci). Mediante una regressione lineare, noto lo spessore d della celletta
(generalmente 1 cm), si determini il valore del coefficiente molare di assorbimento
 e la relativa incertezza. Utilizzare il risultato ottenuto per ciascun picco per
determinare il valore più probabile di .
(*)
prestare attenzione alla scelta del tempo di integrazione e del numero di spettri su cui mediare.
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MISURA DELLA CURVA DI EMISSIONE SPETTRALE DI UN LED
La strumentazione utilizzata nella presente esperienza consiste in:
 spettroscopio a deviazione costante
 rivelatore a fotodiodo al silicio
 sorgenti luminose a diodo laser, lampada al sodio e diodo LED
 multimetro digitale.
Lo spettroscopio utilizza un prisma di Pellin-Broca posto nella parte centrale della
strumentazione che può ruotare intorno ad un asse ortogonale al piano in cui
giace il cammino dei raggi luminosi. La rotazione è comandata da una vite
micrometrica solidalmente accoppiata con un tamburo graduato.
Obiettivo dell’esperienza è la misura dello spettro di emissione del diodo LED e, in
particolare, la determinazione della lunghezza d’onda del massimo di emissione e
la larghezza a metà altezza della medesima curva di emissione. Si dovrà
preventivamente procedere alla taratura della vite micrometrica in modo da
conoscere per ciascuna lunghezza d’onda nota li la corrispondente posizione
numerica della vite stessa. Si utilizzeranno come sorgenti campioni alcuni diodi
laser di cui è nota la lunghezza d’onda di emissione ed una lampada al sodio.
Una volta inserite le sorgenti in prossimità della fenditura d’ingresso,
quest’ultima verrà regolata in modo che, osservando attraverso l’oculare posto
all’altra estremità dello spettroscopio, la riga spettrale risulti sufficientemente
sottile e distinta da poter essere ben allineata rispetto all’indicatore di
puntamento presente. Si riporteranno le lunghezze d’onda in funzione delle
rispettive posizioni in divisioni lette sulla vite micrometrica. Calcolare l’errore
osservando il numero (o frazioni di esso) di divisioni di cui è necessario ruotare la
vite per spostare apprezzabilmente la riga.
I dati ottenuti sono riportati in grafico e analizzati, attraverso una procedura di
best-fit lineare implementabile sul foglio elettronico del PC disponibile presso il
laboratorio del tipo   a  b  N essendo a e b delle costanti ed N il numero letto
sul tamburo dello spettroscopio.
Successivamente inserire il diodo LED in prossimità della fenditura d’ingresso e
verificare attraverso l’oculare che la radiazione emessa sia effettivamente
presente. Quindi collocare il fotodiodo al silicio sull’oculare dello spettroscopio,
effettuare le connessioni di alimentazione e collegare l’uscita al multimetro
digitale. Si proceda quindi a rilevare il valore di tensione generata dal fotodiodo in
corrispondenza delle differenti posizioni del tamburo dello spettroscopio.
Riportare in grafico i dati così ottenuti e determinare le quantità sopra richieste.
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MISURA DEL POTERE ROTATORIO DI UNA SOLUZIONE
Le soluzioni di alcune sostanze (otticamente attive) presentano la proprietà di
ruotare il piano di polarizzazione di un fascio di luce polarizzato che le attraversi.
L'angolo di cui tale piano è ruotato risulta proporzionale alla concentrazione, per
cui tale fenomeno può essere utilizzato per una determinazione estremamente
precisa di quest'ultima. In alternativa, nota la concentrazione, è possibile
determinare il potere rotatorio specifico k che dipenderà, oltre che dalla sostanza,
anche dalla lunghezza d’onda della radiazione monocromatica utilizzata. I
concetti relativi ai fenomeni di polarizzazione della luce ed al funzionamento del
polarimetro a penombra (di Laurent) si rimanda agli appunti ed ai testi di
riferimento.
Per l'esecuzione dell’esperienza si procederà nel modo seguente.
Dopo aver pulito accuratamente il tubo polarimetrico, risciacquandolo con acqua
distillata, lo si riempirà completamente sempre con acqua distillata. Ruotando il
prisma analizzatore si cercherà la condizione di illuminazione uniforme di campo
tra le due metà laterali e quella centrale (condizioni di equi-penombra) e si
prenderà nota dell'angolo 0, che costituirà lo zero dello strumento. Ricordarsi di
prendere nota dell’incertezza della misura.
1) Misura di 
Utilizzando un matraccio tarato si preparino 25 ml di una soluzione acquosa di
saccarosio contenente una quantità di soluto non superiore al 10% del peso
complessivo, pesando con la bilancia una appropriata quantità di zucchero.
Esprimere la concentrazione c in (g/ml, ovvero grammi di soluto su volume della
soluzione). Riempire il tubo polarimetrico con la soluzione dopo averla
accuratamente agitata per sciogliere completamente lo zucchero. Ruotare
nuovamente il prisma analizzatore ricercando la nuova condizione di equipenombra e si prenda nota dell'angolo i. La differenza  i   i   0 rappresenta
la rotazione del piano di polarizzazione della luce provocata dalla soluzione.
2) Misura di k
Si ripeta la procedura di cui al punto 1) per almeno altre tre concentrazioni,
comunque non inferiori all’1% in peso, costruendo la serie di coppie   i , ci  . Si
sciacqui accuratamente il tubo dopo ciascuna misura. La rotazione angolare  è
collegata al potere rotatorio specifico della sostanza k, espresso in gradi per
decimetro (º/dm) quando la concentrazione c è espressa in (g/ml), dalla relazione:
  k   c
do l è la lunghezza del tubo polarimetrico, espressa in decimetri.
Pertanto, riportando in grafico i dati ed analizzandoli mediante una procedura di
best-fit lineare, implementabile sul foglio elettronico del PC disponibile presso il
laboratorio, si determini il valore del potere rotatorio specifico k con la relativa
incertezza.
Le soluzioni di saccarosio, specie a concentrazioni più elevate, sono soggette nel
tempo al fenomeno della inversione (idrolisi del saccarosio):
Saccarosio + Acqua = Fruttosio + Glucosio
(destrogiro)
(levogiro)
(destrogiro)
Pertanto è opportuno effettuare la misura dell’angolo di rotazione subito dopo che
la soluzione è stata preparata.
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DIFFRAZIONE DA UNA APERTURA CIRCOLARE
Una apertura circolare, illuminata con un’onda piana monocromatica, fornisce
nel piano all’infinito (condizioni di Fraunhofer) un’intensità luminosa data
dall’espressione:
i  m 2 i mv u cos v 
2
J
u

e
dv


m
I  2 J1  ka sin   
2 0

(vedi appunti e testi di riferimento)
 con
I 0  ka sin  
J1 funzione di Bessel ( I tipo)
La figura osservata sarà costituita da una serie di anelli luminosi separati da zone
scure. L’esperienza consiste nella misura dell’intensità diffratta lungo una sezione
trasversale passante per il centro dell’immagine. Lo scopo dell’esperimento è la
determinazione della lunghezza d’onda della sorgente monocromatica. Si proceda
nel seguente modo:
1) Focalizzazione sull’apertura circolare
Si focalizzi la luce del diodo laser sulla apertura circolare, di diametro 2a noto,
ruotando con attenzione la ghiera posta all’estremità della sorgente. Si aggiustino
con accuratezza le due viti di posizionamento dell’apertura per osservare, dietro
di essa, una nitida e completa immagine di diffrazione.
2) Posizionamento sistema di rivelazione
Si posizioni la lente ad una distanza dall’apertura pari alla sua distanza focale f
per rendere parallelo il fascio uscente (condizione di Fraunhofer). Si posizioni
infine il foro circolare, presente sul rivelatore, esattamente al centro della figura
di diffrazione (disco luminoso più interno), avendo cura di mantenere il
micrometro di posizionamento del rivelatore in una posizione centrale. Verificare
che, ruotando il micrometro, sia possibile intercettare con il foro una completa
sezione trasversale degli anelli luminosi.
3) Misura dell’intensità diffratta
Dopo aver alimentato e collegato al multimetro da tavolo il rivelatore, partendo da
una estremità del micrometro si acquisiscano i valori di tensione V per ciascuna
posizione del micrometro x (un passo di almeno 0,250 mm va mantenuto). Si
utilizzi il multimetro sempre alla massima sensibilità possibile.
4) Analisi dati
Riportare sul foglio elettronico le coppie di dati acquisite. Costruire un modello
teorico basato sulla relazione (vedi appunti):
 2J    
2 aq 2 a( x  x0 )
C tiene conto dello zero del segnale
V  V0  1

  C con  
f
f
  
del rivelatore. Applicare la procedura “risolutore” del foglio elettronico per
minimizzare la somma dei quadrati degli scarti (opportunamente normalizzata)
facendo variare come parametri le quantità C, V0, x0 e . Quest’ultima fornirà il
valore ricercato per la lunghezza d’onda della sorgente laser. Prestare attenzione
alla coerenza delle unità di misura per le grandezze utilizzate.
2
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ANGOLO DI BREWSTER E LEGGE DI MALUS
La luce riflessa dalla superficie di un materiale dielettrico presenta,
prevalentemente, una componente polarizzata perpendicolarmente al piano di
incidenza, la cui intensità dipende dall’angolo di incidenza. Scopo dell’esperienza
è la determinazione di quell’angolo (Brewster) per cui la componente parallela si
annulla, misurando l’intensità Rp della luce riflessa con polarizzazione
perpendicolare al piano di incidenza. Il risultato dipende dall’indice di rifrazione
( ⁄ ) di cui è possibile
n2 del mezzo riflettente secondo la relazione
ricavere il valore. Successivamente, in tali condizioni, verificare la legge di Malus
per la dipendenza dell’intensità dall’angolo di polarizzazione . L’espressione di Rp
è data dalle equazioni di Fresnel (vedi appunti e testi di riferimento) formulate per
propagazione in aria della luce (n1=1) è:
2
Rp 
 sin  i 
1 
  n2 cos i
 n2 
2
2
n2
i
= indice di rifrazione
mezzo riflettente
= angolo di incidenza
 sin  i 
1 
  n2 cos  i
 n2 
Si proceda nel seguente modo:
1) Messa a punto del sistema ottico
a) Utilizzando il movimento goniometrico ed i due movimenti di “tilt” del
supporto porta-oggetto, allineare il fascio riflesso dall’oggetto quello in uscita
della sorgente luminosa. Annotare il valore angolare della posizione trovata,
esso rappresenterà il valore di “zero” dell’angolo di incidenza.
b) Muovendo il solo braccio contenente il rivelatore, verificare che il fascio
luminoso attraversi, in posizione centrale, tutti i componenti ottici (oggetto
riflettente, polarizzatore, rivelatore).
c) Focalizzare la luce del diodo LED, muovendo la leva che controlla la
posizione della lente, in modo che l’immagine attraversi nella sua interezza
l’apertura posta all’ingresso del fotodiodo rivelatore.
d) Ripetere le operazioni a), b) e c) fintantochè non siano tutte verificate.
2) Misura dell’intensità di luce riflessa
a) Determinare l’intensità riflessa, registrando la tensione generata dal
fotodiodo e misurata dal voltmetro, al variare dell’angolo di incidenza i
(ruotando il goniometro), ricercandone il valore massimo spostando il
braccio relativo al polarizzatore (ruotato a 90°) e al fotodiodo rivelatore.
3) Determinazione angolo di Brewster
Riportare sul foglio elettronico le coppie di dati acquisite. Costruire un modello
teorico basato sulla relazione di Fresnel per Rp (vedi sopra). Applicare la
procedura “risolutore” del foglio elettronico per minimizzare la somma dei
quadrati degli scarti determinando n2. Da quest’ultimo ricavare il valore
dell’angolo di Brewster B.
4) Verifica legge di Malus
Identificato il valore dell’angolo di Brewster si proceda, in tali condizioni,
all’acquisizione dei valori di intensità luminosa al variare dell’angolo del
polarizzatore da -90° a +90°. Verificare, graficamente, se è rispettato l’andamento
previsto dalla legge di Malus.
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