Luglio 2014 - Affari di Gola

9 771826 772006
40006
Supplemento al n. 28 de “La Rassegna” del 17 luglio 2014 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. - via Borgo Palazzo 137, Bergamo
Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - ? 2,60
luglio 2014
Birra artigianale,
Bergamo
miete successi
La guida di Slow Food
“premia” quattro
produttori.
«Destinati ad essere
sempre più protagonisti»
Regalatevi
una serata
da ricordare
Gloria e i suoi ragazzi
vi aspettano all'Osteria
in un ambiente informale
ed accogliente, capace
di farvi sentire coccaolati.
I piatti creativi dello Chef rendono
le proposte sempre interessanti
e capaci di soddisfare
anche i palati più esigenti
OSTERIA CHICCHIRICHÌ
Via Boltiere 46 | Brembate (BG) | Tel. 035801989
www.osteriachicchirichi.com
[email protected]
Sempre preferibile la prenotazione
SOMMARIO
06
www.affaridigola.it
400
LUGLIO 2014
Supp
leme
Poste
nto
Italia al n. 28
ne S.p.A de “La
. Sped Rassegna
izion
e in Abbo” del 17
name luglio 2014
nto Posta
- Giuse
le - D.L.
ppe
353/2 Ruggieri
003 (conv dirett
. in L. ore respo
nsab
27/02
ile Editr
/2004
n. 46)
ice:
art. 1, La Rass
egna
comm
a 1, DCB S.r.l. Berg via Borgo
amo
- ? 2,60Palazzo
137,
Berg
amo
luglio
Birra
Berg ar tigia
nale
miet amo
,
e suc
cessi
9 7718
26 7720
06
16
5
PENNA ALL’ARRABBIATA
Quell'Italia enogastronomica
che merita sicuramente di più
6
20
L'APPROFONDIMENTO
Birre artigianali, Slow Food "premia" anche Bergamo
14 TRADIZIONI
Tra rape, porri e scalogni
anche gli ortaggi hanno fatto storia
16 MANGIARE ALL’APERTO
28
La cinquina che porta in città un’estate golosa
20 L'ITINERARIO
Bronzone, quanta bontà in cima al monte
Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giuseppe Mazzini, 24- 24128 Bergamo - tel. 035 213030
- fax 035 224572 - [email protected] - Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri - In redazione:
Anna Facci - Opinionista: Pier Carlo Capozzi - Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125
Bergamo - Presidente: Ivan Rodeschini - Pubblicità:
La Rassegna srl - via Giuseppe Mazzini, 24- 24128
Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - info@
larassegna.it - Abbonamenti: www.larassegna.it tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo N° 48 del 22 novembre 2001 - Collaboratori: Lara Abrati, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi
Locatelli, Leonardo Bloch, Laura Ceresoli, Fulvio Facci, Riccardo Lagorio, Roberta Martinelli, Lelia Parisi,
Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani,
Rosanna Scardi, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi - Impaginazione: Videocomp, Bg - Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg
24 FACECOOK
“Quell’incontro con Bombana
che mi ha cambiato la vita”
28 TENDENZE
Si fa presto a dire grigliata
32 IL LOCALE
Ma quante ne pensa Gimbo!
e la storia continua...
con la quarta generazione
è Isabella Perego che prosegue l’attività di famiglia
con la vendita di vini e distillati di qualità di selezionate aziende
nazionali distribuite in esclusiva in Bergamo e provincia
Perego sas di Isabella Perego & C. via Ponte Regina, 42/c - Almè - tel. 035 637083 - cell. 340 2287116
La gu
ida di
“pre
Slow
m
prod ia” quattro Food
ut
«Des tori.
tin
sempr ati ad es
se
e più
protag re
onisti»
2014
Qualità
e convenienza
per mense e ristoranti
Consegne rapide e personalizzate.
Prodotti freschi, surgelati e biologici,
dall’antipasto al dessert
SEDE DI CURNO (BERGAMO)
Via Bergamo 46 - 24035 Curno (BG)
Tel. 035/462861 Fax 035/461151 - 035/618627
[email protected]
FILIALE DI CILIVERGHE DI MAZZANO (BRESCIA)
Via Padana Superiore 86-88 - 25080 Ciliverghe di Mazzano (BS)
Tel. 030/2620217 - 030/2620820 - Fax 030/2120215
[email protected]
www.alimentarimoretti.it
Quell'Italia enogastronomica
che merita sicuramente di più
di Pier Carlo Capozzi
A
l di là di come ognuno di noi la pensi, dobbiamo essere sinceri, ha fatto un bell’effetto.
Vedere il nostro presidente del Consiglio, nell'intervento introduttivo al semestre europeo a guida italiana, fare un discorso a braccio senza paura di nessuno. Sarà anche, non dico di no, per stima profonda che nutro nei confronti di chi è bravo a parlare a braccio, però Renzi non ci ha
fatto fare la solita figura dei comprimari relegati in un angolo a prendere ordini. In questa alzata di cresta, ammantata di sano patriottismo, abbiamo intravisto la possibilità
di un’impennata d’orgoglio della nostra ristorazione, guardate un po’ gli scherzi che può combinare il primo caldo.
Ormai la moda spagnoleggiante dei sifoni e della cucina
molecolare sembra in dissolvenza totale, la nouvelle cuisine francese (pur con qualche innovazione positiva) è stata liquidata da trent’anni, c’è qualche avvisaglia che viene
dal nord a base di muschi e licheni e non pensiamo che la
Germania possa creare problemi
a botte di wurstel e crauti. Si fa per
alleggerire il discorso, sia chiaro,
ed è necessario prendere le semplificazioni per quello che sono.
Pur tuttavia è forse arrivato il momento, per la cucina italiana, di riprendersi quel ruolo centrale che
ultimamente aveva perso, distratta com’era dal nuovo (fasullo) che
avanzava.
Chiaramente non è solo una questione enogastronomica, essendo
innegabile ormai come la ripresa
dell’intera nazione debba passare attraverso il rilancio del
turismo che, a sua volta, procede a braccetto con la nostra
ospitalità a tavola, con la valorizzazione dei prodotti del territorio, attraverso il patrimonio delle nostre mille sublimi varietà in ogni campo.
È un percorso che si scontra però, purtroppo, con i costi
che chiunque scelga di fare una vacanza in Italia deve affrontare: è un discorso un po’ trito e ritrito, ma pare non abbia possibilità di miglioramento. Da noi pesano, è risaputo,
il costo del lavoro e un esercito di lacci, lacciuoli e gabelle che fanno partire l’imprenditore italiano ad handicap. E
quel capo del governo che parla a braccio a Bruxelles dovrebbe dare un’occhiata anche in questa direzione, magari supportato da Maurizio Martina, ministro bergamasco
dell’Agricoltura: non è più possibile tenere aperto un eser-
cizio, di qualsiasi genere, a queste condizioni. In piena crisi, per di più.
Ma noi si va avanti lo stesso, le difficoltà fanno parte del
nostro cammino da sempre, a partire da Romolo e Remo.
L’esempio di Adamo ed Eva mi sembrava francamente eccessivo.
Quindi fiducia e cresta alzata, forse allevieranno la pressione fiscale alle aziende e faranno ridiventare competitive le
buste paga dei dipendenti.
Questo clima si deve respirare anche da noi, in provincia.
E qualche nuova apertura e qualche bell’esempio sono lì a
dimostrare che si può fare.
Abbiamo visitato un agriturismo nella zona del Lago d’Iseo e siamo rimasti colpiti dall’orgoglio che mette in pista
quella famiglia, dalla bontà degli ingredienti e delle preparazioni e dal prezzo concorrenziale che includeva tutto. Ne
abbiamo provato un altro la settimana dopo, stavolta in
montagna: cibo appena discreto e
lo stesso prezzo del menù agrituristico del precedente. Peccato non
fossero inclusi il dessert, i caffè, le
due grappette. Sul lago ci avevano
messo la bottiglia della grappa al
tavolo, tanto per capire.
Ecco, teniamoci come esempio il
primo locale, e non solo per una
questione di portafoglio: è la mentalità che ci piace. Ci vuol coraggio
ad accendere una nuova insegna,
così come ce ne vuole per portare
avanti un’attività, supportati dal
sacrificio dell’intera famiglia che passerà ogni festa al servizio degli altri. Sembra tutto scontato, ma basta fermarsi
un attimo e ragionarci sopra.
Così come apprezziamo sempre di più la riscoperta di prodotti del nostro territorio: che, nel momento in cui entra in
discussione la cittadinanza dei casoncelli, può menar vanto del mais rostrato rosso di Rovetta, del melone retato di
Calvenzano, dei mirtilli della Val di Scalve e di un sacco di
altre prelibatezze strappate all’oblìo per merito di contadini
solerti e preziosi. Quest’estate ci dirà a che punto del guado siamo arrivati e, soprattutto, se riusciremo a mettere i
piedi sull’altra riva. Pur non essendo una lobby granitica e
potente come i tassisti, gli imprenditori dell’ospitalità cercheranno di farsi valere. Meriterebbero sicuramente di più.
Non importa se glielo diranno per iscritto o a braccio.
[email protected]
PENNA ALL’ARRABBIATA
luglio 2014
5
L'APPROFONDIMENTO
di Giordana Talamona
Birre artigianali,
Slow Food "premia"
anche Bergamo
Segnalati sulla Guida 2015
Elav, Birrificio Valcavallina, Endorama
e Via Priula. Signoroni, il curatore:
"Registriamo una concentrazione
di qualità elevata". "Il settore
è in forte espansione, ma il rischio
che si tratti di una bolla è alto"
È
6
il “testo sacro” degli appassionati di
birre artigianali, una guida imperdibile sulle migliori produzioni sparse per
tutta la penisola. La Guida alle Birre
d’Italia 2015 di Slow Food ha selezionato ben 1.662 birre su 331 birrifici,
suddividendo le produzioni in tre categorie, la “Birra Quotidiana”, semplice e piacevole, la “Birra Slow”, che sa
raccontare un territorio, e le “Grandi
Birre”, quelle assolutamente da non
perdere. Non mancano anche i birrifici
bergamaschi nella guida. Quattro quelli segnalati: Elav, Birrificio Valcavallina,
Via Priula e Endorama. “Assistiamo a
una concentrazione di qualità elevata
grazie a produttori che, nei prossimi
anni, saranno sempre più protagonisti
del settore” - spiega. Ed è proprio con
Signoroni, deus ex machina di tutte le
edizioni della guida, che facciamo il
punto su un settore in espansione che
non sembra curarsi della crisi.
Come stanno i birrifici artigianali italiani?
“Godono di ottima salute, anzi credo
che siano arrivati al punto massimo
di espansione. Il solo fatto che i birrifici siano passati, da un’edizione a
un’altra della guida, da 227 a 331, la
dice lunga su quanto il settore sia in
crescita”.
Siamo, tuttavia, ancora su numeri di
nicchia.
“È vero, ci troviamo di fronte a dati ancora bassi, se si tiene conto che le birre artigianali rappresentano il 2,5% del
mercato totale dei consumi di birra in
Italia. La tendenza interessante, tuttavia, è rappresentata dall’aumento
esponenziale dei consumi, cresciuti
del 40% in un solo anno, e dal numero di birrifici artigianali più che raddoppiati negli ultimi due anni. Oggi se ne
contano circa 600, sparsi un po’ in tutta Italia”.
Paradossale in un momento di crisi.
Qual è la ragione?
Eugenio Signoroni, il curatore della Guida
alle Birre d’Italia 2015 di Slow Food
“È un settore di cui parlano tutti e di
gran moda, cosa non necessariamente
positiva per i birrifici, tanto che chi fiuta
il business, ci si butta”.
Qual è il rischio di tutta questa sovraesposizione?
“Che si metta a produrre birra anche
chi non è interessato davvero al prodotto, utilizzandolo come puro strumento
di marketing. Si rischia di avere in giro prodotti senza anima e carattere, al
contrario di ciò che la birra artigianale
dovrebbe rappresentare. Oggi ci sono
birre che non solo raccontano un territorio, ma che sono capaci di parlarci
addirittura del birraio e del suo stile”.
Un luogo comune smentito dalla guida?
“Che la birra artigianale sia “strana” rispetto a quella industriale. Il consumatore poco esperto spesso considera la
birra artigianale fin troppo pesante, sia
nei profumi che nel gusto. È un falso
mito, perché esiste tutta una serie di
birre molto semplici, che possono essere bevute quotidianamente”.
Quali sono le tendenze che vanno per
la maggiore?
“Difficile da dire, perché gli appassionati cambiano gusti in modo molto rapido, spesso alla ricerca di qualcosa di
nuovo. Ci sono un paio di macro tendenze, tuttavia, che ultimamente stanno
luglio 2014
andando per la maggiore, come quella
della produzione di birra da uva e vino,
e quella dell’utilizzo del luppolo, tendenzialmente più amaro, che costituisce un
punto di rottura per chi è abituato a bere
birra industriale”.
A proposito di vino, c’è chi trova sbagliato il tentativo di imitarne la comunicazione, sia per la degustazione che
per gli abbinamenti, snaturando in parte l’estrazione popolare della birra. Cosa ne pensa?
“Il rischio è dietro l’angolo, anche se sono stati proprio alcuni birrai ad aver inseguito questo tipo di comunicazione
simile per certi versi, a quella del vino.
Personalmente trovo che la degustazione di una birra abbia senso solo in fase
di analisi del prodotto, non certo quando
sono fuori con gli amici. Ma questo, va
da sé, dovrebbe essere vero per qualunque prodotto”.
Come si attesta la qualità delle nostre
produzioni rispetto alle birre estere?
“La qualità italiana oggi è altissima e ha
poco da invidiare a nazioni più celebrate.
Il problema che scontano le nostre produzioni, semmai, è legato alla giovinezza
del mercato e al prezzo più alto rispetto
a quelle straniere”.
Di quanto?
“Mediamente del 30-40% in più rispetto
alle birre estere, un prezzo legato principalmente alla tassazione più alta”.
A tal proposito Assobirra ha lanciato,
pochi giorni fa, un allarme occupazione
a causa del paventato nuovo aumento
delle accise. La situazione è davvero
tanto grave?
“Non è solo l’aumento delle accise, ma
il problema vero nasce dalla tassazione di base già molto alta, che non differenzia un birrificio artigianale da uno
industriale. Al contrario sono imprese di
tutt’altro genere, con un rischio imprenditoriale ben diverso”.
Venendo alle birre bergamasche, ci sono dei tratti comuni nella produzione
orobica?
“Il movimento bergamasco ha un tratto
comune legato all’utilizzo del luppolo,
almeno tra i prodotti che emergono per
stile e qualità. È tra le zone d’Italia che è
cresciuta maggiormente in questi anni,
con una concentrazione di qualità elevata per merito di molti produttori che, nei
prossimi anni, saranno
sempre più protagonisti del settore. Questo
non è soltanto frutto
della capacità dei birrai, ma anche dei movimenti che si sono costituiti attorno ai birrifici.
Il territorio di Bergamo
vanta tra i più bei locali
d’Italia per la birra artigianale, come il “The
Dome” di Nembro, l’Abbazia di Sherwood di Caprino e la locanda del Monaco
Felice di Suisio. È inevitabile quindi che
birrificio e birre di qualità vadano di pari passo, alimentandone la tendenza”.
Il futuro delle birre italiane?
“Difficilissimo fare previsioni. Siamo in
una fase di maturità, quindi credo che
il mondo della birra artigianale diventerà sempre più interessante nel futuro.
Potrei sbagliarmi, perché il rischio che
si tratti di una bolla è molto alto. Credo
tuttavia che nei prossimi anni si arriverà
a una selezione naturale, permettendo
a chi resta di consolidare la propria posizione”.
Sulla Guida
ELAV / Segnalate Punks do it better, Indie Ale, Aeresis e Uppercut Ipa
Nuovi investimenti per produrre
fino a 12mila litri al giorno
L’avventura del Birrificio Indipendente Elav comincia nel 2010, quando
Antonio Terzi inaugura il primo impianto da 300 litri a Comun Nuovo,
con una cotta di Grunge Ipa. In breve
il progetto, che nasceva per rifornire i
due locali di proprietà, il Clock Tower
Pub di Treviglio e l’Osteria della Birra
a Bergamo Alta, diventa molto più importante.
“Il successo delle nostre birre è stato tale che abbiamo avuto un’escalation produttiva inaspettata - spiega
Terzi -. Abbiamo cominciato nel 2011
producendo 50mila litri, poi 180mila
litri nel 2012, 300mila nel 2013 e
quest’anno chiuderemo con 400mila litri di birra prodotta”. Il piccolo impianto da 300 litri è costituito da più
vasche che permettono la produzione in continuo, tanto che ogni giorno
dal birrificio Elav escono 1.800 litri di
birra. Tutte le birre sono ad alta fermentazione, non filtrate e pastorizzate, prodotte con malti prevalentemente inglesi e luppoli neozelandesi e giapponesi. “Esportiamo il 20%
all’estero, negli Usa, in Finlandia e in
altri Paesi. L’export ci interessa molto e le richieste sono in aumento, per
questo abbiamo deciso di acquistare
un altro impianto da 2.000 litri che a
regime ci permetterà di produrre 12
mila litri di birra al giorno”.
Attualmente il birrificio si sta aprendo
al mercato cinese e tedesco. “Il segreto del nostro successo? Per noi la
birra è un prodotto popolare che deve
piacere, senza troppe elucubrazioni
da “fighette”, simili al mondo del vino. Ci rivolgiamo a un pubblico molto
ampio che frequenta i pub, a cui of-
friamo prodotti di qualità, ma popolari e accessibili”. Una filosofia che
viaggia su un doppio binario, prestando un’attenzione quasi maniacale alla qualità e alla ricerca, grazie anche
alla collaborazione col Politecnico di
Milano, ma che mette al bando la comunicazione da birro-radical-fighetti.
Le birre segnalate sono la Indie Ale
nella categoria “Birra Quotidiana” e
le Punks do it better, l’Aeresis e la Uppercut Ipa tra le “Grandi Birre”.
7
L'APPROFONDIMENTO
VIA PRIULA / Segnalate Loertìs, Camoz e Rosa!
Da quest'anno si stappa
anche nella capitale inglese
È Giovanni Fumagalli l’appassionato
birraio hobbista, o homebrewer, che
comincia a produrre birra, quasi per
gioco. Anni Novanta, Giovanni non solo produce la birra che vorrebbe bere,
ma si diverte a sperimentare, stile “piccolo chimico”, diverse tecniche. Sarà
quell’estrazione da farmacista, saranno i tentativi tra alta e bassa fermentazione che l’appassionano, fatto sta che
Giovanni non solo è bravo, ma le sue
birre piacciono agli amici, eccome. Due
di questi, Marco Orfino e Mauro Zilli,
credono nel suo talento e parte un progetto: creare un nuovo birrificio a San
Pellegrino. Nel 2010 nasce “Via Priula”, un birrificio che ha oggi all’attivo
diversi riconoscimenti, non ultimo quello vinto nel 2013 dalla “Rosa!”, insignita Birra dell’Anno dall’associazione
Unionbirrai. Ed è sempre la “Rosa!”,
birra dedicata al Giro d’Italia, a entrare
anche quest’anno nella guida di Slow
Food, assieme alla Loertìs e la Camoz.
“Ogni birra è una creatura che nasce
in maniera diversa - spiega Giovanni
Fumagalli -. Mi lascio ispirare da ciò
che mi circonda, un luogo, una persona, un profumo. La Loertìs nasce dalla ricerca della mia bionda preferita,
un gusto che col tempo si è indirizzato
sempre più verso la tipologia “Bohemian pilsner”, birre caratterizzate da
un luppolo erbaceo e aromatico. Loertìs è una pilsner di carattere, con un
tratto amaricante finale, che invita al
nuovo sorso. La “Rosa!” è una birra di
frumento alla frutta, adatta come aperitivo, mentre la Camoz è dedicata a un
noto personaggio di San Pellegrino. Si
tratta di Bruno Tassi, uno tra gli scalatori più amati della zona, che è stato anche maestro di Simone Moro. Questa
birra è proprio come lui, uomo all’apparenza un po’ burbero e rude, che rivelava una grandissima umanità, una volta
conosciuto meglio. Pensando a lui ho
realizzato la Camoz, una birra nera e
densa, che al palato rivela una grande
generosità aromatica, data dai malti e
dai luppoli”. Nel 2013 Via Priula ha prodotto 400 ettolitri, su due impianti non
di proprietà. Vende principalmente per
il pubblico locale e in alcune zone d’Italia. Da quest’anno la Loertìs sbarca
anche a Londra.
BIRRIFICIO VALCAVALLINA / Segnalate Sun Flower, Albarossa e Diavola
Sulla Guida
Da parenti e amici
al mercato lombardo,
il salto di Carro
Produceva birra per sé, i parenti e
gli amici, finché dopo otto anni decide di trasformare la sua passione in
un lavoro. Originario di Bergamo, ma
da sempre vissuto a Milano, Renato
Carro apre nel 2009 il Birrificio Valcavallina a Endine Gaiano, un ritorno alle origini che gli ha cambiato la vita.
Renato Carro
8
“Tutti quegli anni di sperimentazioni
casalinghe mi hanno aiutato a capire
come produrre la birra a livello professionale - spiega Carro -. Una palestra
che mi ha dato esperienza e competenza, senza le quali non avrei mai
potuto aspirare alla qualità produttiva
che contraddistingue le mie birre”. Ac-
luglio 2014
ENDORAMA / Segnalate Milkyman, Santa Lucia e Caliban
Addio informatica, meglio
prendersi delle belle "cotte"
ta. Alla settimana, a seconda delle necessità, faccio dalle due alle quattro
cotte complessivamente”. Nel 2013
il birrificio Endorama ha prodotto 300
ettolitri di birra ad alta fermentazione.
“Non ho una scuola birraia di riferimento, ma faccio le birre che mi piacciono - spiega -. Al momento, a parte
le birre one-shot, ne produco complessivamente una decina, tutte diverse
l’una dall’altra per stile e carattere”.
I prodotti premiati nelle categorie di
Slow Food sono la Milkyman tra le “Bir-
quista un impianto da 1.000 litri per
cotta, cominciando a produrre birra
di qualità non pastorizzata, né filtrata
e rifermentata in bottiglia o fusto. La
produzione è 100% malto d’orzo, con
luppoli in fiore o pellet. “Senza la pastorizzazione il prodotto rimane più integro, mantenendo inalterati i profumi
primari e il sapore. Lo stesso vale per
la filtrazione, che porta via parte delle
caratteristiche organolettiche. Il gusto
delle birre industriali pastorizzate e filfil
trate è inevitabilmente più appiattito, riri
spetto a quello delle birre artigianali”. I
prodotti segnalati nella guida Slow Food,
già per il terzo anno, sono la Sun Flower
e l’Albarossa nella categoria “Birra Quo--
Sulla Guida
Simone Casiraghi si dedica anima e
corpo al birrificio Endorama di Grassobbio, quella sua “creatura” nata nel
2010 dopo cinque anni di appassionante homebrewing. Lui da solo segue
tutto, dalle fasi produttive alla vendita,
ma nonostante il tempo non gli basti
mai, non è pentito di aver barattato la
vita da informatico con quella del birraio artigianale.
“Quanto è grande il mio impianto?
Semmai quanto è piccolo - scherza
Casiraghi -, appena 250 litri per cot-
re Quotidiane”, la Santa Lucia e la Caliban tra le “Grandi Birre”. “La Milkyman ha uno stile anglosassone, ispirata alla stout inglesi. Si tratta di un prodotto quasi completamente estinto,
nato originariamente per le gestanti.
Si credeva, infatti, che bere birra consentisse alle donne incinta di avere
più latte, quindi è nata questa birra
che, con l’aggiunta del lattosio, ha un
gusto più rotondo e morbido rispetto a
una stout classica”.
Endorama produce su richiesta birre
per associazioni e locali. “La Caliban
è di ispirazione belga, nata dalla collaborazione con la caffetteria “Spazio
Terzo Mondo” di Seriate, che mi aveva chiesto di produrre una birra invernale. Anche la Santa Lucia è nata da
un’altra collaborazione, questa volta con “La Compagnia del luppolo”,
un’associazione di appassionati che
mi ha chiesto di produrre per loro una
birra natalizia. In realtà, dal momento
che non amo le birre speziate, la Santa Lucia è una birra natalizia del tutto atipica, ben strutturata e con note
agrumate”.
Il birrificio produce in fusto e in bottiglia, nel formato da 75 e da 33 cl.
tidiana”, mentre tra le “Grandi Birre”
vince la Diavola. “La Sun Flower è la
nostra birra più premiata, piuttosto
leggera e beverina, con un gusto che
richiama la frutta tropicale, data dai
luppoli americani. Albarossa è una
rossa con una buona base di malto,
rimarcata dal sapore dei luppoli euro
europei, mentre la Diavola è la nostra bir
birra invernale. È una rossa Barley Wine
(vino d’orzo, ndr) da 8,6%, strutturata e
complessa che si abbina alle carni ros
rosse, ai formaggi stagionati o da meditazio
meditazione”. Il birrificio Valcavallina vende quasi
tutta la produzione, l’80%, in Lombar
Lombardia e quest’anno produrrà 80mila litri
di birra.
9
LE NOVITÀ
Io, tanto di belle lettere quanto di
vini e di acqueviti proprio non capisco un tubo. Però, di birra ne capisco, eccome: un quarantennio di
paziente tirocinio, tra pub scozzesi
e caserme altoatesine, ha fatto di
me un birrista coi fiocchi. Così, oggi
vi parlerò di una birra artigianale. So
benissimo che, oggi, le birre artigianali stanno diventando più comuni
della Peroni: ammetto che, negli ultimi tempi, si sono moltiplicati a dismisura i marchi artigiani, tanto da
dare adito a qualche sospetto nei loro confronti.
Però, c’è birra e birra: mica è sufficiente farsi la birra da sé per garantire al cliente un prodotto di livello.
Spesso, dietro una sedicente artigianalità, alligna la semplice incompetenza: e, altrettanto spesso, queste
birre ‘home made’ sono brode sciroppose e prive di mordente.
La birra di cui voglio dire, viceversa, è proprio buona: semplicemente una gran buona birra. La produce
Andrea Ravasio, di Nembro, un omone grande e grosso quanto gentile e
bravo, che ama produrre birra, prima di tutto perché gli piace berla: e
questa è già una discreta garanzia.
Andrea, peraltro, non è un pellegrino: è laureato a pieni voti in scienza
dell’alimentazione ed è un affermato tecnologo alimentare, tanto che,
all’occorrenza, insieme alla birra,
AR Brewing, una "bionda"
tutta passione e competenza
propone ai ristoratori ricette a base
di birra, di sua creazione. La sua birra si chiama “AR Brewing” (http://
arbrewing.yolasite.com), dove AR
sono le sue iniziali e il resto viene da
sé. Per adesso, ha deciso di specializzarsi in un solo genere, la “Bionda”, dopo averne provati diversi: a
botte di settecento litri, la fa preparare, dietro strettissimo controllo
del rispetto dei protocolli della sua
ricetta personale, dal birrificio Sguaraunda di Pagazzano. È una birra ad
alta fermentazione, non filtrata, non
pastorizzata, senza conservanti e
rifermentata in bottiglia. Viene prodotta partendo da due malti e tre
luppoli con un IBU (grado di amarezza) intorno al 18. Dice Ravasio stes-
so, parlando della sua creatura: “Si
è cercato di ottenere un prodotto
non troppo torbido. È una birra fresca, beverina, ma allo stesso tempo
di personalità. Ha un grado alcolico
non elevato e mi piace definirla una
birra democratica ed elegante. Ogni
suo ingrediente gioca un ruolo preciso senza sovrastare gli altri per giungere a un buon equilibrio di sapori.”.
In cantiere, inevitabilmente per un
mastro birraio che si rispetti, c’è anche una Dunkel, decisamente più
corposa ed alcoolica della Bionda
da 5,6 gradi alcoolici. La Bionda è
una birra chiara, dalla bella schiuma
consistente, dal gusto aspro e gradevolissimo, che richiama, a tratti,
la migliore Bière Blanche belga, ma
senza le fastidiose addizioni frisone, come il coriandolo e simili. A differenza di molte altre consorelle, la
Bionda di Ravasio possiede anche
una frizzantezza gradevole, che le
toglie quel senso di dolciastro, così
deludente in tante artigianali italiane. Insomma, è verissimo che le birre sono tante, milioni di milioni, però
questa merita per davvero almeno
un assaggio.
Marco Cimmino
Anche Foresto Sparso
ne beve di tutti i colori
Quanto a fama “alcolica” Foresto Sparso non ha probabilmente rivali in Bergamasca. Noto per la produzione casalinga (e clandestina) della grappa, il
paese della Valcalepio ora campeggia
sulle etichette, in ecopelle, di Maggioodoroso, birrificio artigianale (ma non
solo), creato da due giovani, che hanno
voluto sottolineare il loro profondo legame con il territorio fin dal nome delle
10
proprie creazioni. Sono così nate “Bionda di Foresto” (Belgian blond ale, 5,2%
vol), “Rossa di Foresto” (American pale
ale, 5% vol), “Ambra di Foresto” (Saison,
6,5% vol), “Bianca di Foresto (Blanche,
5% vol), “Mora di Foresto” (Porter, 5,3%
vol), tutte in bottiglie da 50 cl, e l’ultima
arrivata “Biondina di Foresto”, sorella
della “Bionda” ma con meno lieviti in
bottiglia, nel formato da 33 cl, pensata
luglio 2014
IL LOCALE
Per il giusto
sorso la tappa
è "Fusti ristoro"
Da qualche mese Fusti Ristoro ha portato in città, in
via Pitentino, le migliori birre artigianali italiane, con
una selezione di oltre 50 etichette, dall’abruzzese Slow
Food Almond 22 alla sarda Barley (nella top 20 della
nuova guida della chiocciola), dalla Brewfist alla Extraomnes fino alla Menaresta, per citarne alcune.
Alle bottiglie da stappare si affianca una ricca proposta
alla spina che esalta la produzione artigianale brassicola locale. In esclusiva, grazie all’accordo con il Birrificio Via Priula di San Pellegrino, si spinano fusti di Loertìs, Corna Bianca, Dubec (nominata birra dell’anno),
Melafoi, Camoz, Rosa!, Safrà e Bacio.
L’atmosfera è quella di un pub interpretato con gusto
italiano contemporaneo, grazie anche all’occhio più che
allenato del designer Giovanni Minelli, tra i soci fondatori, che ha voluto che il locale parlasse anche sociale
affidando parte della ristrutturazione, dalle sedie agli
sgabelli, alla Cooperativa Aeper Colibrì.
La cucina esalta il territorio e i prodotti locali, con casoncelli e ravioli preparati rigorosamente in casa, risotti come quello ai fiori di zucca mantecato alla formaggella della val di Scalve e piatti semplici come il Fustiburger accompagnato da chips croccanti e il panino al
pollo con verdura e un velo di formaggio spalmabile,
oltre a pizze ed altri piatti veloci. Tra i dolci non manca la versione alcolica e spumeggiante del tiramisù: il
birramisù.
Il locale è aperto tutte le sere, eccezion fatta per il lunedì, dalle 18 alle 2 di notte.
FUSTI RISTORO
via Pitentino, 2/E
Bergamo
per chi vuole accostarsi al mondo della
birra artigianale. A dare vita al progetto
sono Giorgio Cimarelli, 28 anni, farmacista con la passione per l’homebrewing,
e Marco Pecis, 30 anni, imprenditore nel
settore della gomma nonché produttore di vino, salumi e formaggi nell’azienda agricola Vallonghe a Foresto Sparso,
specialità ora entrate nel paniere di Maggioodoroso.
«Dopo vari “esperimenti” alla ricerca delle migliori ricette – racconta Pecis –, le
prime due birre sono nate un anno e mezzo fa e siamo in produzione da circa un
anno. Abbiamo scelto di cominciare su
un impianto già attivo, quello del giovane
Birrificio del Lago di Sarnico, che gestia-
mo in compartecipazione, ma stiamo già
pensando di realizzare un impianto nostro ed un nostro locale. Le birre hanno
infatti incontrato molto successo al punto che, con le circa 2mila bottiglie prodotte ogni mese, non riusciamo a soddisfare tutte le richieste».
La collaborazione di un’amica artista,
Silvia Quadrelli (il “maggio odoroso” è
quello della poesia “A Silvia” di Giacomo
Leopardi) dà un tocco in più all’operazione sul versante dell’immagine e della
promozione delle opere di artisti italiani.
La sfida a più lungo termine è invece ottenere un riconoscimento legale del metodo di produzione casalingo e tradizionale della grappa di Foresto.
Giorgio Cimarelli e Marco Pecis
11
NEWS
"Primavera del Prosecco
Superiore", premiato
il giornalista Roberto Vitali
Roberto Vitali (a destra) riceve il Premio da Federico
Capraro presidente degli albergatori di Treviso
I
l giornalista bergamasco Roberto Vitali si è aggiudicato
uno dei premi giornalistici “Primavera del Prosecco Superiore” indetto da Alta Marca e dal Consorzio Prosecco
Docg. Il premio (assegno, week-end nel Trevigiano e bottiglie di Prosecco) è stato conferito a Vitali per una serie
di articoli sulla “Strada del Prosecco Superiore Docg”, tra
cui due pubblicati sulla pagina del Turismo de L’Eco di Bergamo il 12 maggio 2014 e sul sito dello stesso giornale,
sezione Enogastronomia, il 13 maggio.
L’aula magna dell’Università di Agraria, a Conegliano (Tv),
ha ospitato la cerimonia conclusiva della 19esima edizione della Primavera del Prosecco Superiore, la rassegna
che da anni unisce 15 mostre del vino sparse sulle colline
trevigiane in un unico percorso enoturistico lungo quattro
mesi. Anche quest’anno sono stati oltre 300mila i visitatori che hanno approfittato delle decine di eventi messi
in campo dal comitato organizzatore e dai partner culturali, sportivi e del mondo della ristorazione, per conoscere da vicino l’area storica di produzione del Prosecco Superiore: il Conegliano-Valdobbiadene Docg, vino bandiera
dell’enologia italiana nel mondo.
Roberto Vitali, che nella sua lunga attività giornalistica ha
meritato diversi premi nel settore del turismo e dell’enogastronomia, è stato anche fondatore e direttore prima di
“Bergamo a Tavola” e poi di “Lombardia a Tavola", sino
al 2002.
Il metodo classico
"Pecis" lancia il primo rosé
prodotto con uve Franconia
È uno spumante rosè con la fortuna
“incorporata” e detentore di un piccolo record. Si chiama QuadriFoglio ed
è un metodo classico ottenuto, primo
in Italia, con sole uve Franconia, o Imberghem come viene chiamato nelle
nostre lande. A pensarlo e a produrlo è l’Azienda agricola Angelo Pecis di
San Paolo d’Argon. Duemila bottiglie in
tutto la produzione iniziale, frutto della
vendemmia 2012. QuadriFoglio ha un
colore rosato con riflesso rubino. Convince al naso, con note floreali di cicla-
Angelo Pecis con la moglie Marialaura
12
mino e violetta e sentori agrumati, ma
al palato sconta la giovanissima età e
la ridotta permanenza sui lieviti (15 mesi); si fa comunque rispettare per finezza e sapidità. Crescerà, ne siamo sicuri. Anche perché, come ha precisato
l’enologo Massimo Gigola alla presentazione ufficiale dello spumante, “con
la prossima sboccatura QuadriFoglio
rimarrà sui lieviti qualche mese in più
per monitorarne l’evoluzione”. "Certo
è che il Franconia - ha aggiunto Gigola
- conferma ancora una volta la capacità di esprimersi al meglio sulle colline
bergamasche”. Per Pecis è la terza bollicina a vedere la luce, dopo il metodo
classico Maximus Brut, dedicato al primo figlio Massimo, e il Gaio delle Passere, spumante dry da uve Moscato,
dedicato al secondogenito Lorenzo.
Dopo i figli, mancava la moglie. Ed ecco QuadriFoglio. “Perché quel nome?
È presto detto - spiega Angelo Pecis -.
Marialaura sin da giovane ha avuto la
capacità di scorgere i quadriquadri
fogli nei campi. Ha lo sguardo
allenato. E allora, in suo onore,
ho deciso per questo nome”.
Laureato in ingegneria, vignavigna
iolo per passione ("è stato mio
padre a trasmettermela"), PePe
cis guida un'azienda agricola
che può contare su 5 ettari
e mezzo di vigneti, dove
sono impiantati merlot
e cabernet sauvignon,
pinot bianco e grigio,
chardonnay e moscato
di scanzo. La produzione, oltre alle tre bollicine, contempla anche
quattro Valcalepio (rosso, rosso riserva, moscato passito e bianco)
e il Terre del Colleoni
- Franconia, vini a Denominazione di origine
controllata.
L'EVENTO
luglio 2014
Brusaporto,
la "Gioia Multipla" dei grandi chef
I fratelli Bobo e Chicco Cerea con
(al centro) Massimiliano Alajmo
U
Cena solidale il 15 settembre alla Cantalupa. Ai fornelli
i fratelli Cerea, Pierangelini, Leveillé, Alajmo, Niederkofler e Vigotti.
Il ricavato andrà alla sezione di Bergamo dell’Aism
per la lotta alla sclerosi multipla
n aiuto concreto a chi soffre di sclerosi
multipla: è questo il motore che ha alimentato l'energia di “Gioia Multipla”,
l'evento enogastronomico di beneficenza che si terrà il prossimo 15 settembre alla Cantalupa della famiglia
Cerea, a Brusaporto, e che vedrà ancora una volta schierati non solo grandi
chef, ma anche le eccellenze italiane e
mondiali della gastronomia.
La cena prevede un'offerta minima di
300 euro per persona. Il ricavato della
cena e dell'asta di beneficenza andrà a
favore dell'Associazione Italiana Sclerosi Multipla, per supportare l'acquisto
di un mezzo attrezzato per il trasporto
dei pazienti affetti da questa malattia.
Tale mezzo sarà destinato alla sezione
Aism di Bergamo.
Tutto nasce da Mauro Defendente Febbrari, amico e medico del grande Gino
Veronelli, nonché educatore alimentare. L'adesione di chef e produttori all’iniziativa è stata immediata e da qui è
nata la squadra che sarà protagonista
della serata. In cucina ci saranno Enri-
co e Roberto Cerea del ristorante Da
Vittorio, Massimiliano Alajmo delle Calandre di Sarmeola di Rubano (Pd), Philippe Leveillé del Miramonti l'altro di
Concesio (Bs), Norbert Niederkofler del
St. Hubertus di San Cassiano (Bz), Fulvio Pierangelini del Roccoforte Hotel e
Matteo Vigotti del ristorante Peck di Milano. La cantina sarà affidata alle mani
esperte di Francesco Cerea mentre in
dispensa troveranno posto i prodotti di
Peck, dell’Antico Pastificio Rosetano,
della Macelleria Cazzamali, delle Note
golose e del Jamon Joselito.
La serata vedrà anche la partecipazione di Enzo Vizzari, direttore della Guida
ai ristoranti dell'Espresso in veste di
battitore d'asta, che metterà in palio al
miglior offerente le giacche autografate degli chef.
L’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (Aism) è una Onlus che da 40 anni opera su tutto il territorio nazionale. Oggi è l’unica rganizzazione in Italia
che interviene a 360 gradi sulla sclerosi multipla. Il suo impegno si sviluppa
in particolare in tre ambiti determinanti per le persone affetta dalla malattia:
promuovere ed erogare servizi a livello nazionale e locale; rappresentare
e affermare i diritti delle persone con
Sm; sostenere e promuovere la ricerca
scientifica.
Oggi Aism è il punto di riferimento per le
circa 70mila persone e per i loro familiari. L'associazione crede fermamente
che le persone colpite dalla malattia
abbiano diritto ad una buona qualità di
vita e alla piena integrazione sociale.
Per questo l'associazione è attiva sul
territorio nazionale con oltre 10mila volontari impegnati a diffondere una corretta informazione, sensibilizzare l’opinione pubblica, promuovere ed erogare
servizi socio sanitari adeguati dove il
servizio pubblico non arriva, promuovere iniziative di raccolta fondi per sostenere la ricerca scientifica.
Info e prenotazioni:
Da Vittorio
tel. 035.681024
[email protected]
13
TRADIZIONI
Tra rape, porri
e scalogni
anche gli ortaggi
hanno fatto storia
di Leonardo Bloch
S
14
correndo l’elenco delle eccellenze
gastronomiche bergamasche redatto un’ottantina d’anni fa da una memorabile pubblicazione del Touring
Club, non passa inosservata l’attigua menzione delle contrade seriane di Orezzo e di Gavarno. Del primo
borgo l’autorevole guida celebrava
la fama delle rape, mentre al secondo dava risalto per le prelibate pesche che giusto in queste settimane
giungono a maturazione.
Quella che potrebbe passare per
un’associazione del tutto fortuita
- tra l’ortaggio ed il frutto non pare
infatti intercorrere alcun evidente legame - individua in realtà una tra le
contrapposizioni più singolari ed eloquenti della cultura alimentare dei
secoli passati. A darne ragione sovviene un colorito racconto di Sabadino degli Arienti, sagace novelliere
del quindicesimo secolo.
Il gustoso apologo narra dunque delle schermaglie tra messer Lippo de’
Ghislieri, nobiluomo noto per la solerzia nel ricondurre nei ranghi chi
- “specialmente li discostumati villani” - osasse provare ad evaderne,
e Zuco Padella, contadino tutt’altro
che schivo delle taverne e dei buoni
ficatelli che vi si servivano. Oggetto
della contesa erano le persiche - di-
Il Touring Club, un'ottantina
di anni fa, menzionava
le valli orobiche e i suoi prodotti.
Qualche secolo prima sulla materia
s'era dilettato anche il Cocho Bergamasco
zione medievale ancor oggi in uso
nel nostro vernacolo - vanto di un
frutteto di proprietà del cavaliere,
delle quali il villico soleva far razzie
notturne. Per osteggiare le ruberie il
patrizio fece collocare nell’erba attorno agli alberi delle bande chiodate, in cui alla prima occasione il ladruncolo incappò fuggendo per il dolore. Ma alla scorribanda successiva
quest’ultimo si ripresentò armato di
trampoli, riuscendo così a schivare
l’insidia delle trafitture.
Il defraudato ordinò allora di scavare
una trappola per lupi dinnanzi all’ultimo pesco ancora carico di frutti,
nella quale una volta per tutte il razziatore precipitò senza possibilità
di fuga. Non prima di aver fatto gettare nella fossa un calderone di acqua bollente, l’aristocratico si congedò dal villano con una stentorea
rampogna: “Un’altra volta lassa sta-
re le fructe de li miei pari e mangia
de le tue, che sono le rape, gli agli,
porri, cepolle e le scalogne col pan
di sorgo.”
Il monito finale di messer Lippo sancisce inappellabilmente la gerarchia
sociale dei vegetali nell’età di mezzo, riflesso di una tassonomia che
istituiva un nesso diretto tra distanza dalla terra a cui questi crescevano e ceto a cui era riservato il loro
consumo. Ad un estremo della classificazione trovavano collocazione
radici e bulbi - quali appunto rape, cipolle ed agli - che, affondando direttamente nel suolo, erano appannaggio nutrizionale delle classi meno
abbienti. Al capo opposto si disponeva invece la frutta, maturata tra le
fronde in riguardosa lontananza dal
terreno, e pertanto destinata a soddisfare appetiti più altolocati.
Della modesta considerazione so-
luglio 2014
ciale di cui in età medievale godevano gli ortaggi sussistono invero
ancor più antiche testimonianze.
Relazionando Ottone I circa gli esiti
di un’ambasceria a Costantinopoli,
già nel decimo secolo Liutprando da
Cremona riferiva con raccapriccio
come nelle cucine dell’imperatore romano d’oriente si
facesse ampio utilizzo di
agli, porri e cipolle,
alla maniera degli zotici. A
decretare poi
che le rape
fossero cibo
da contadini era
stato addirittura l’illustre agronomo latino Columella, pur con l’ossequio
che la cultura dell’antica Roma serbava per l’orticoltura.
tato dal regime alimentare cui si attiene la corte, eccessivamente raffinato per il suo stomaco grossolano.
A nulla vale la sua supplica sul letto
di morte acciocché gli venga somministrata a mo’ di medicamento
una ciotola di fagioli con la cipolla,
o una rapa cotta sotto la cenere. La
richiesta cade disattesa, e il poveretto termina i propri giorni tra atroci
sofferenze.
È tuttavia risaputo che i capricci del
patriziato sono estemporanei quanto impavidi dei più eclatanti voltafaccia: solo poco più di centocinquant’anni separano infatti la novella di Sabadino degli Arienti dalla
“Epistre aux maîtres d'hôtel” di Nicolas de Bonnefons, valletto da camera nientemeno che del Re Sole.
In quest’ultima l’autore - voce tra le
più influenti nella storia gastronomica europea - auspicava in tema
di minestre borghesi che “quella ai
cavoli abbia tutto il profumo del ca-
che finì addirittura per morire di gotta - fossero di punto in bianco divenuti di gran moda proprio gli stessi
ortaggi che sino a poco tempo prima erano stati emblema della tanto
aborrita dieta dei bifolchi.
L’alito di questa rivoluzione gastronomica si propagò ben presto sino
al nostro circondario: risale infatti
al crepuscolo del diciassettesimo
secolo l’ancor attualissima ricetta dell’insalata di rape elaborata
dal Cocho Bergamasco – anonimo
quanto talentuoso cuciniere concittadino.
Questa prevede che il bulbo, tranciato in fette sottili, venga condito
con una conza ottenuta a partire
da un finissimo battuto d’aglio, erbe aromatiche (pimpinella, prezzemolo, salvia e menta), porro, rucola, capperi ed acciuga. Stemperato
in olio ed aceto, il pesto va filtrato
attraverso un telo a maglia sottile
in modo da cedere alla vinaigrette
A sostegno di questa segmentazione per classi delle risorse alimentari, la medicina dell’epoca giunse
a sostenere la paradossale tesi che
la fisiologia della digestione fosse
diversificata tra plebei ed aristocratici, ricevendo peraltro ampio credito. Nella popolare saga letteraria
di Bertoldo, contadino reclutato nel
seguito di re Alboino, il protagonista
viene ad esempio gravemente debili-
volo; quella ai porri, del porro; alla rapa, della rapa.” Certo, l’appello era
primariamente indirizzato ad affrancare la cucina dall’eccesso di spezie dietro il quale per secoli i cuochi
avevano celato il sapore naturale degli alimenti. L’esortazione provvede
nondimeno una chiara attestazione
di come presso la casta aristocratica più carnivora del continente – lontana progenie di quel Carlo Magno
tutti gli umori senza che residui alcuna impurità. La sontuosa semplicità di questa preparazione, consacrata dall’augusto beneplacito della
neonata cucina borghese d’oltralpe,
vale forse la riscrittura a parti invertite della pur dilettevole novella di
Sabadino degli Arienti: e se fosse
piuttosto l’altezzoso messer Lippo
a dover bramare le umili rape di Zuco Padella?
15
MANGIARE ALL’APERTO
di Anna Facci
La cinquina
che porta in città
un’estate golosa
Negli spazi messi a disposizione dal Comune
la combinazione tra location, eventi e sapori ha fatto
nascere proposte per tutti i gusti. Ma un filo conduttore
c’è: il must della tavola open air 2014
è infatti l’hamburger, in versione rigorosamente gourmet
S
ono ormai un punto fermo dell’estate a
Bergamo. Gli spazi di somministrazione
all’aperto messi a disposizione dal Comune permettono di vivere la città nella
bella stagione e portano movimento e
iniziative un po’ per tutti. Il loro punto di
forza è dato dalla possibilità di godersi
(tempo permettendo) ambiente e paesaggio, ma la proposta enogastronomica non può passare in secondo piano,
soprattutto di fronte al crescere nel pubblico della passione per cibo e vino e
dell’attenzione per i prodotti di qualità,
insieme alla sensibilità sui versanti del
territorio, dell’ecologia e della sostenibilità. Tutti temi che l’avvicinarsi dell’Expo
porta ancor più alla ribalta, non a caso
tenuti in considerazione pure nel bando
di gara del Comune.
Quest’anno gli estivi a Bergamo sono
cinque: tre sulle mura, il parco della
Trucca e la new entry nel parcheggio degli ex ospedali Riuniti. I gestori hanno
messo a punto l’offerta combinando location, eventi e sapori. Abbiamo passato in rassegna i progetti, scoprendo nella varietà delle proposte un filo rosso.
Il must della tavola open air 2014 sembra infatti l’hamburger, in versione rigorosamente gourmet, ovvero con carne
selezionata. Il panino con la salamella
è avvisato!
Parco di Sant’Agostino
In un solo spazio le “chicche” di 15 locali
“E.State di Sant’Agostino” è un grande esperimento che riunisce in un solo spazio – il parco pubblico vicino all’ex convento – gli esercizi di Città alta, con ben 15 insegne dell’area cibo e bevande. L’iniziativa è nata per volere dell’amministrazione Tentorio e dell’associazione Bergamo Tua con
l’obiettivo di valorizzare le eccellenze locali dell’enogastronomia, anche in preparazione all’Expo del prossimo anno.
Dire che ce n’è per tutti i gusti non è esagerato. Sul versante beverage, sono riuniti sotto lo stesso “tetto” lo storico Bar Flora di piazza Vecchia, il Caffè della Funicolare e
la Birreria Città Alta per un pre e dopo cena con aperitivi e
cocktail. Due le linee di birre artigianali, quelle del Fly Pub,
locale del birrificio Maspy di Ponte San Pietro, presente al
parco con sei creazioni - bionda, ambrata, scura, ambrata
16
al miele, rossa doppio malto e weiss – e quelle dell’Osteria
della Birra con tre prodotti, una bionda e due rosse, del birrificio indipendente Elav di Comun Nuovo. Per chi preferisce
le etichette internazionali, i campioni dell’Irish pub The Tucans vanno dall’inconfondibile Guinness alla Chouffe delle
Ardenne.
Sul lato food, la storica Vineria Cozzi, nata nel 1848, sfodera classici come polenta taragna e uovo in tazza, mentre
per la pizza, Da Mimmo è una garanzia fin dal 1956. Grazie
al Pozzo Bianco si può poi spaziare tra taglieri di salumi e
formaggi, pizze, panini, piadine, burger, accanto alla selezione di birre alla spina e in bottiglia. Ha il gusto delle bollicine, invece, la proposta del Caffè del Tasso, locale di piazza
Vecchia tra i più antichi d’Italia, che al parco è un Bellavista
luglio 2014
Parco della Trucca
La porchetta di Ferragosto
è diventata una tradizione
Per lo jogging o una passeggiata con il
cane, per leggersi un libro o prendere
il sole, far scatenare i bambini o chiacchierare con gli amici. Una stagione dopo l’altra il parco della Trucca, nei pressi
dell’ospedale Papa Giovanni, si conferma luogo d’elezione per il tempo libero
dei bergamaschi, trasversale alle passioni e alle età. Le iniziative di animazione estive, realizzate per il quarto anno da
Tassino Eventi, valorizzano la possibilità
di fare attività all’aria aperta, comprese
quelle più originali, come il kayak e, novità di questa edizione, lo slackline, ovvero
l’arte di camminare sulla corda, e il bootcamp, l’allenamento in stile marines.
In linea con un ambiente così variegato e
dinamico, la proposta gastronomica non
poteva che puntare sui capisaldi della tavola en plein air. Lo fa però con un occhio
di riguardo alla selezione delle materie
prime e al rapporto tra cibo e benessere
(perché il parco lo si frequenta anche per
tenersi in forma). Tra le pizze hanno così
debuttato quest’anno quelle con farine
speciali - integrale, di Kamut e di farro
– e per la griglia l’attenzione è alla scelta delle carni, che diventano protagoniste anche di serate speciali, dedicate,
Point. E mentre l’enoristorante La Tana punta sulla sua fresca tartare di
manzo piemontese al coltello, la Trattoria Sant’Ambroeus sceglie preparazioni fantasiose di carne e di pesce.
Sono creazioni a tre stelle Michelin
quelle della Pasticceria Cavour, locale simbolo di Bergamo Alta fin dal
1880, che fa capo alla famiglia Cerea
di “Da Vittorio”. Si spazia dal salato
al dolce con tre tipi di panini, un hamburger con il pesce persico e uno con
la salamella, passando per brioche,
biscotti e tutte le tipicità a cui ha abi-
ad esempio, alla costata, al galletto nostrano o all’hamburger di Angus (200 g),
mentre a ferragosto (pranzo o cena) sta
diventando una tradizione di successo la
porchetta intera allo spiedo.
«Ci affidiamo ai classici, cercando di farli bene», spiega Alessandro Salamina
che con Gianluca Paris gestisce Tassino Eventi, realtà specializzata nel catering di eventi outdoor, e il Tassino Cafè
in largo Rezzara. «Diamo la preferenza ai prodotti del territorio a chilometro
zero, ai formaggi delle valli e ai nostri
salumi. All’insegna della freschezza e
della filiera corta, quest’anno abbiamo
anche scelto di introdurre il chioschetto del gelato artigianale, che facciamo
noi». Il servizio di ristorazione è attivo
pure a pranzo e si sta rivelando un piacevole break per chi frequenta l’ospedale.
In questo caso la proposta contempla
piatti più leggeri, dalle insalate in più varianti, anche di cous cous e di farro, fino
agli immancabili caprese e prosciutto e
melone. Per cocktail e birre, comprese
quelle artigianali, c’è anche il chiosco
del laghetto.
«Ogni anno il parco diventa più verde e
più bello – rileva Salamina – e viene conosciuto da sempre più persone. Funziona perché soddisfa tanti interessi diversi
ed età diverse. Grazie all’area bimbi, ad
esempio, i grandi possono cenare mentre i piccoli si divertono».
tuato i clienti. Sul vino, l’enoteca Fontana di Sant’Agata seleziona bollicine, bianchi, rosè e rossi, con una predilezione per i piccoli artigiani della vite che meritano di essere portati alla
ribalta. E per il gelato, ci pensa Safarà
Soft, la prima gelateria ad aver ottenuto la certificazione da un ente oncologico, l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, in collaborazione con
Carpigiani Gelato University, nell’ambito di un progetto culturale per diffondere l'educazione al piacere e al
gusto del gelato artigianale italiano.
17
MANGIARE ALL’APERTO
Spalti di San Giacomo
Piatti e servizio come al ristorante. Ma
Il panino gourmet dell'Angolone
“L’Angolone” è l’estivo sullo spalto
che si apre sulle mura di Città alta,
poco più su di porta San Giacomo,
ed è un nome che ben identifica la
location incuneata verso l’orizzonte. Per il secondo anno se l’è aggiudicato Love Banqueting, società di
catering che ha tra le proprie attività
la gestione del Castello di Clanezzo
ed è legata al ristorante Cece e Simo di via IV novembre. L’iniziativa
ha preso il via l’11 luglio (le altre sono invece partite già a metà giugno)
e si caratterizza per il deciso taglio
“da ristorante”, pur in chiave semplificata visti i numeri ben più ampi. «Nella zona ristorante, con circa
70 coperti – spiega Simone Errante,
impegnato nell’attività insieme con
Cesare Crippa e Simone Lorenzi -, il
servizio è classico, con l’ordinazione
al cameriere, che serve mano mano
le portate. Una formula che lo scorso anno ha riscosso tanto successo
da rendere necessaria la prenotazione e che quest’anno abbiamo voluto
migliorare dedicandovi più spazio e
una migliore delimitazione. Ma anche nell’area delle tavolate – precisa
- si viene serviti, solo che le ordinazioni vengono portate tutte insieme,
più nello stile delle feste all’aperto».
A questa impostazione corrispondono i piatti, curati dallo chef Filippo Cammarata. Non ci sono pizze o
salamelle ed i casoncelli sono stati
inseriti pensando più che altro ai turisti. La linea ricalca quella di Cece
e Simo, con un vero e proprio simbolo rappresentato dalla tartare di fas-
Spalti di San Michele
Tra vele e onde,
vanno forte
le degustazioni
sensoriali
«Bergamo? Una meta perfetta per la vacanza, manca solo il
mare». Prende spunto dal giudizio di un gruppo di studenti
Erasmus delle Canarie innamorati della città il progetto “Abadobordo sulle mura” che, se non spiaggia e flutti, porta almeno la suggestione di un ambiente marinaro. A proporlo è
la società dei giovani Davide Minzato e Roberto Danelli sullo spalto di San Michele, nei pressi di porta Sant’Agostino.
L’idea - che ha ottenuto il punteggio complessivo migliore di
tutti i concorrenti al bando del Comune – punta su un allestimento con vele e “onde” di tavoli attorno ad uno spazio ellittico con al centro una struttura in legno che richiama il corpo
di una barca rovesciato, a ricreare una sorta di marina. Studiata è anche la diffusione del suono, con 11 casse (alcune
anche a forma di roccia) disposte in modo da non sovrastare
le conversazioni o disturbare la zona. Il menù, semplice e giovane, va dalla griglia alla pizza, dai primi alle insalate, senza
dimenticare l’hamburger (di carne bergamasca selezionata)
che pare proprio essere il denominatore comune dell’estate
gastronomica in città. Tra le iniziative, un posto di primo pia-
18
no hanno le “Degustazioni territoriali e sensoriali”, proposte
il mercoledì, con un taglio particolarmente originale dato alle
degustazioni alla cieca grazie alla collaborazione con l’associazione sportiva dilettantistica di disabili visivi Omero. «L’analisi alla cieca – racconta Patrizia Capoferri, esperta di vino
e comunicazione che ha curato il programma delle serate – è
una nuova tendenza nel mondo enologico che punta a sganciarsi dalle certezze e dalle aspettative legate al colore. Solitamente viene realizzata con bicchieri neri, noi invece benderemo il pubblico, chiamato a confrontarsi sulle percezioni
sensoriali con un professionista degustatore e una persona
non vedente, in un reciproco scambio di esperienze e sensazioni». Accanto alle serate “solo vino” ci sono quelle che ab-
luglio 2014
Ex ospedali Riuniti
siamo sulle mura
sona piemontese, ma anche, a titolo di esempio, orecchiette con pomodori datterino, burrata e alici o il vitello
tonnato con panzanella, senza dimenticare i filetti e, tra
gli antipasti, le focacce realizzate in casa (come tutto il
pane) con lievito madre. Campione nelle preferenze lo
scorso anno, torna l’hamburger di fassona piemontese,
accolto in un pane a lievitazione naturale ed accompagnato da guanciale di Sauris affumicato, Fontal La Belinda di Casa Arrigoni, cipolla di Tropea croccante e una
salsa segreta. Ma si fa largo, viste le richieste in crescita, anche l’attenzione ai piatti vegetariani e vegani. «È
un’offerta che vuole differenziarsi, valorizzando al contempo il nostro stile di cucina», rimarca Errante. Sul versante dei vini, la scelta è andata al gruppo Terra Moretti, dalla Franciacorta alla Toscana, insieme ad una selezione di etichette della Valcalepio, per non far mancare
il territorio. Tra le iniziative a tema food & wine, sono in
programma aperitivi con showcooking con i prodotti di
Piacere Mio e il lunedì sera le degustazioni di vini con il
Seminario Veronelli.
binano vini o birre artigianali ai formaggi bergamaschi d’eccellenza selezionati da Slow Food e raccontati dagli stessi
casari. «Con questi eventi – sottolinea Patrizia Capoferri - il
vino esce dai consueti circuiti per incontrare un pubblico diverso, spesso giovane e femminile, e le degustazioni, pur
condotte secondo criteri professionali, assumono un fascino tutto nuovo, circondati dal prato e dal panorama offerto
dalle mura». Ababordo partecipa anche alla campagna del
Cesvi Food Right Now, che promuove il diritto al cibo per tutti, alla quale sarà dedicata una raccolta fondi il 4 agosto.
All’insegna della sostenibilità è anche il concorso di ricette che valorizzano gli avanzi, le migliori saranno inserite nel
menù di agosto e premiate con voli Ryanair e buoni cena.
Al “Green Village”
connubio tra sport
e piatti light
Il “Green Village” è un nuo
nuovo indirizzo nella mappa
degli estivi in città. Punta a rivitalizzare l’area
degli ex ospedali Riuniti, che ha visto un
drastico calo di passaggio dopo il trasferimento della struttura
parsanitaria. Nel vecchio par
cheggio è stato allestito, per
iniziativa dell’Associazione sportiva dilettantistica Barnaba 4, un giardino temporaneo con tanto di campo da
beach volley, rampa per mountain bike e skate e il calendario spazia dai tornei alla musica, alla proiezione degli
eventi sportivi (mondiale di calcio e Formula 1 su tutti)
su maxi schermo.
Il giardino è aperto dalle 10 di mattina fino alle 2 di notte, sette giorni su sette, e offre il servizio ristorazione
sia a pranzo sia a cena. A luglio è avvenuto un passaggio di consegne in cucina,
con Elvio Beretta che ha
lasciato il posto a Davide
Suardi, esperto di catering. Il suo tocco personale lo ha dato con la “Piadaburger”, realizzata con
220 g di carne Chianina
Igt, pomodoro, insalata,
pancetta croccante bergamasca e salsa “Green Village”. La parola d’ordine della proposta è semplicità. Lo chef ogni giorno, sulla base
dei prodotti trovati al mercato, realizza piatti con verdure
di stagione che affianca alla più schietta tradizione bergamasca, con casoncelli e scarpinòcc fatti a mano, polentina con crema di taleggio e coste con cotechino bergamasco, oltre a piatti vegetariani come il cous cous di
verdure e golose varianti di crepes salate. Il villaggio ha
già ospitato una selezione del Campionato di risotto (per
la cronaca il successo è andato al “Risotto al Branzi con
pepe nero aromatico”), mentre a luglio sono in programma la serata spagnola con paella e sangria con frutta fresca e la serata toscana con cacciucco e Vermentino. A
mezzogiorno la scelta si concentra su insalatone, primi e
macedonia, oltre che sul “Menù Green” che a euro dieci
prevede piadina, bibita, patatine e gelato. Tra le iniziate
gustose anche gli aperitivi in lingua e l’aperoguida, aperitivo seguito da un itinerario con guida tra il quartiere di
Santa Lucia e Città Alta.
19
L'ITINERARIO
di Lara Abrati
Tra stracchini, formagelle
e salumi, l'area è ricca di aziende
produttrici che meritano una tappa.
Ecco qualche indicazione
per andare a colpo sicuro
V
Bronzone, quanta bontà
in cima al monte
agando per le tortuose strade attorno al Monte Bronzone ci si imbatte
di frequente in molte baite e cascinali, ma anche prati dedicati al pascolo dei bovini appartenenti a piccoli allevatori locali.
Quello praticato in questa zona è un
allevamento estensivo, stanziale
nei mesi invernali e al pascolo nei
mesi estivi. Da sempre qui i piccoli
allevatori, con poche decine di capi ognuno, producono formaggio, in
particolare lo stracchino del Monte
Bronzone.
L’assaggio -Tradizionalmente per
la produzione di questo formaggio
si utilizza il latte intero, preferibilmente crudo, lavorato subito dopo
la mungitura, senza ulteriore riscaldamento. Questa pratica si sta un
po’ perdendo per esigenze legate
alla tecnologia di produzione, anche
se molti piccoli allevatori continuano a produrre lo stracchino in que-
20
sto modo. Si tratta di un formaggio
fresco, a pasta molle e cruda. È di
forma quadrata, con scalzo diritto
alto circa 4 centimetri. La buccia è
umida e rugosa e presenta le tipiche striature delle tele o del ripiani dove viene appoggiato durante la
fase post produttiva, funzionale alla
perdita del siero in eccesso.
La pasta è bianco-crema oppure caratterizzata da un leggero giallo paglierino, con rare e fini occhiature.
Può essere consumato fresco, ma
anche un poco più stagionato: in
questo caso si esaltano le delicate
note aromatiche date dal latte proveniente dagli animali al pascolo,
grande valore aggiunto di questo
stracchino, soprattutto se prodotto
a latte crudo.
L’itinerario - Percorrendo le strade
attorno al Monte Bronzone, si possono incontrare diverse realtà agricole che producono lo stracchino,
ma non solo. C’è anche chi ha deciso di dedicarsi in particolare alla
produzione di salumi e chi si dedica
all’arte dell’affinamento di questo
formaggio.
Per chi non ama il trekking oppure preferisce un itinerario da fare
in auto, moto o mountain bike alla
ricerca di golosità gastronomiche,
il suggerimento è di spendere una
mezza giornata in questa zona.
Partendo dal comune di Adrara San
Martino si possono raggiungere i
Colli di San Fermo, passando per
Adrara San Rocco e proseguendo
oltre l’abitato. Dopo circa 11 km si
arriva a destinazione. Appena arrivati ai Colli di San Fermo, si può imboccare una strada subito a destra
che porta a Vigolo. Questa strada
panoramica è percorribile da quasi
tutti i mezzi ed è per il 70% asfaltata. Una volta a Vigolo si può scendere verso Tavernola e il lago Sebino.
Le aziende
luglio 2014
"Capoferri Formaggi",
qui l'affinamento
è un'arte
Capoferri formaggi è un affinatore, acquista quindi i formaggi dai piccoli produttori locali e li stagiona, vendendoli poi alla grande distribuzione e ai dettaglianti. “L’azienda è nata da
un’idea di mio nonno - spiega Aldo Capoferri, 65 anni, titolare dell’attività - che poi è passata a mio padre. Un tempo ad
Adrara arrivavano i formaggi dal Monte Bronzone con l’ausilio
dei muli. Li portavano dagli alpeggi”. In azienda attualmente
lavorano anche i due
figli di Aldo, Claudio
di 31 anni e Andrea di
30. L’attività consiste
non solo nell’affinare e stagionare i formaggi, ma anche nel
seguire ed aiutare i
propri conferitori nella produzione, al fine
di ottenere la maggiore qualità possibile. Una grande attenzione quindi al modo di produrre il formaggio e di allevare gli
animali. “I nostri produttori - dice ancora Aldo - producono formaggi con latte crudo.
Molti di loro nel periodo
estivo non riscaldano
nemmeno il latte, ma
lo lavorano subito dopo
la mungitura; è possibile fare questo perché
possiedono ciascuno
pochi capi. Noi ritiriamo il formaggio due
volte la settimana nel
periodo estivo, una nel
periodo invernale. In totale i produttori con cui
interagiamo sono una
decina e tutti allevano
in particolare brune alpine”. Un’importante
tradizione famigliare
quella di Aldo Capoferri
che non si dedica solo
agli stracchini, ma anche ad altre tipologie di
CAPOFERRI FORMAGGI
formaggio.
via G. Marconi, 22
Onestà e rispetto per
Adrara San Martino
il consumatore sono le
tel. 035.933125
sue parole d’ordine.
Azienda agricola
“Le Foppelle”,
spazio anche
alle formagelle
Arrivando da Adrara San Martino, prima
di raggiungere l’abitato e il valico dei Colli
di San Fermo, si incontra una strada a
destra, via Casina del Monte. Vi sono
anche le indicazioni per l’agriturismo
Dedine. Imboccando questa strada, dopo
essere risaliti per qualche tornante, se ne
incontra un’altra, parzialmente sterrata,
ma facilmente percorribile con tutti i mezzi. Il cartello indica la località Foppelle.
Due curve in salita e si arriva all’azienda
agricola “Le Foppelle”. L’azienda produce stracchini e formagelle a partire dal
latte dei 40 bovini in lattazione, lasciati
al pascolo nel periodo estivo. In azienda
lavorano i tre fratelli Belometti: Luca di
34 anni, Agostino di 26 e Lorenzo di 21.
Luca e Lorenzo, nel periodo invernale,
lavorano presso varie aziende come norcini, un buon modo per continuare la famosa tradizione del cosiddetto Masadùr!
“Produciamo lo stracchino a partire da
latte crudo lavorato mattina e sera, dopo
ogni mungitura - spiega Lorenzo -. Viene
riscaldato e al latte viene aggiunto caglio
di vitello per la coagulazione. Di solito
lavoriamo il latte io o i miei fratelli, ma se
non abbiamo tempo viene in prezioso aiuto mamma Carolina”. I formaggi possono
essere acquistati in azienda.
“LE FOPPELLE”
Colli di San Fermo
tel. 035.819046
21
L'ITINERARIO
Cooperativa Monti e Laghi,
quando l’unione fa la forza
COOPERATIVA
MONTI E LAGHI
loc. Seradello
Vigolo
tel. 035.932791
Lasciando la località Bratta alle spalle, lungo la strada che
porta all’abitato di Vigolo, si incontra una strada che scende
verso destra con l’indicazione per il caseificio. Ecco che si
arriva alla Cooperativa Monti e Laghi, dove si trovano sia il
caseificio che lo spaccio. La cooperativa racchiude un gruppo di allevatori che producono latte che quotidianamente
viene raccolto e lavorato con un moderno impianto. “I soci
conferitori sono localizzati nelle zone limitrofe al caseificio"
- dice Giambattista Bettoni casaro e responsabile della
produzione, sempre della zona del Monte Bronzone. Bettoni
lavora alla cooperativa da quando si è diplomato alla scuola
agraria professionale di Orzivecchi (Bs). “È stata una grande
opportunità per me, non senza difficoltà, ma credo di essere
riuscito a raggiungere discreti risultati”.
Lo stracchino della cooperativa è stato infatti premiato per
tre volte al concorso caseario San Lucio di Pandino. Viene
prodotto con latte pastorizzato in loco. Questo per motivi microbiologici e per esigenze di tipo tecnologico date anche dal
fatto che si unisce latte proveniente da diverse stalle. Questo però non ne diminuisce la bontà. Il caseificio produce
anche diverse tipologie di formagella, il primosale, il taleggio
Dop, la ricotta e lo yogurt. Lo spaccio si trova a Vigolo presso
il caseificio stesso e a Sarnico al centro residenze “I fiori".
“La Bratta”, la norcineria
tiene banco
insieme al caseificio
Provenendo dai Colli di San Fermo,
quasi al bivio dove si può proseguire
verso Vigolo oppure scendere verso Tavernola, si incontrano le indicazioni per
raggiungere questa azienda, in località
Bratta. È una famiglia di agricoltori
da sempre quella di Dario Bettoni di
Vigolo, afflitta negli anni scorsi da tutte
quelle problematiche reddituali che
hanno spinto molti piccoli agricoltori a
chiudere la propria attività. Ma non è il
caso di Valeriano, che insieme al figlio
Dario, 27 anni, ha pensato a un progetto che differenziasse l’attività agricola
con lungimiranza. “Gli investimenti
fatti sono stati parecchi, ora speriamo
diano buoni frutti - dice Dario -. Purtroppo, a differenza di mia sorella, ho
lasciato la scuola, l’Istituto Agrario di
Bergamo, ai primi anni di frequenza per
dedicarmi all’azienda di famiglia e alla
produzione di salumi”. Dopo aver fre-
22
quentato il corso per diventare norcino,
Dario ha cercato di imparare sempre
di più rispetto all’arte salumiera da un
norcino del paese. Ora in azienda ha
un piccolo macello autorizzato Ce nato
nel 2006 adiacente a un laboratorio di
trasformazione delle carni. Qui lavora
quelle provenienti da circa 60 suini allevati ogni anno. Produce salami, coppe,
pancette, lonzini, ma anche dei piccoli
prosciutti crudi. I salami maturano in
cantina controllata per circa 2 mesi e
provengono dalle carni di suini dell’età
di almeno 14-15 mesi. La maturità
di queste carni è determinante per la
qualità finale di questi salumi.
Ma non è tutto, Dario e la sua famiglia
hanno ricreato una piccola economia
agricola basata anche sulla vendita di
animali da cortile, di carne bovina proveniente dagli animali allevati in azienda e dai formaggi prodotti con il latte
delle loro quattro vacche. “Nel 2012
abbiamo deciso di fare un altro investimento - sostiene Dario - creando il piccolo caseificio in cui lavoro circa 30-35
litri di latte alla volta per la produzione
di stracchini, formagelle e formaggi
stagionati”. Una piccola realtà agricola
"come una volta" immersa in una zona
in cui è possibile respirare la natura.
AZIENDA AGRICOLA
“LA BRATTA”
Vigolo
tel. 035.932 742
luglio 2014
Lo storico locale di Canonica d’Adda
ha ricevuto nei giorni scorsi la targa
che attesta l’ingresso
nel sodalizio enogastronomico
L
La Terrazza Manzotti
aderisce a “Ristoranti
Regionali - Cucina DOC”
a Terrazza Manzotti inizia la sua vita nel 1907, quando
Francesco Manzotti, detto Cechì, con la moglie Enrichetta
aprono la Trattoria Adda a Canonica. Frittura di pesce pescato nel fiume e buon vino è quanto offrono ai viandanti
che con carri e greggi attraversano l’attiguo ponte di legno
sul fiume. Nel primo Dopoguerra la trattoria aggiunge la
gelateria artigianale e la sala da ballo, divenendo un vivace
luogo di incontro, caratteristica che mantiene tuttora.
Il locale, abbellito da un completo restyling, non ha più la
sala da ballo, ma ha mantenuto intatte alcune peculiarità
come il bellissimo lampadario in ferro battuto nella sala
del caminetto. La terrazza sul fiume, arricchita in estate
da rigogliose fioriture, regala in ogni stagione un panorama
suggestivo incorniciato dal grande ponte, ad arcata unica
metallica, che collega Vaprio e Canonica d’Adda.
Il lounge bar che serve curati aperitivi e cocktail, la gelateria
ricca di golose proposte e il B & B completano l’accogliente
struttura. La gestione è affidata a Francesco, la quinta generazione, che dopo aver frequentato l’Istituto Alberghiero
di San Pellegrino Terme è subentrato, negli anni 90, alla
mamma Enrichetta ancora oggi insostituibile presenza nel
locale. La cucina prepara piatti della tradizione, rivisitati in
chiave moderna, realizzati con le attuali tecniche di cottura. Per soddisfare ogni richiesta della clientela, un forno a
legna sforna anche pizze.
La Terrazza Manzotti è entrata a far parte del Gruppo Ri-
storanti Regionali- Cucina DOC (www.ristorantiregionali.it),
l’associazione che fin dai primi anni 70 sostiene l’importanza dell’enogastronomia regionale intesa come espressione di cultura ed elemento indispensabile per un’offerta
turistica di qualità. La segreteria del gruppo promuove la
conoscenza di locali selezionati in tutto il territorio nazionale che offrono una tavola eccellente con attenzione al
rapporto qualità/prezzo. Le bollicine di Franciacorta hanno
accompagnato il menù approntato in occasione della consegna della targa che testimonia l’adesione del locale al
sodalizio enogastronomico.
Lo chef executive Mauro Civiero ha preparato alcuni piatti
del menù estivo: sformatino di zucchine e pomodori essicati con crema spumosa di grana, risotto alle borraggini
mantecato con formaggio caprino, tonno di coniglio con
porcini e maggiorana, semifreddo al miele di montagna
con amaretti e pinoli. Barone Pizzini, primo produttore da
agricoltura biologica in Franciacorta, ha proposto in abbinamento: Franciacorta Brut Animante Docg, ottenuto da
uve Chardonnay, Pinot nero e Pinot bianco, affinato 18- 30
mesi sui lieviti; Franciacorta Rosé Docg 2010, da uve Pinot
nero, affinato 30 mesi e maturato sei mesi in barrique. A
chiusura del convivio è stato proposto Curina Verdicchio
dei Castelli di Jesi Passito Doc, prodotto di nicchia dei vigneti marchigiani di Barone Pizzini che, in questo territorio,
applica la coltivazione biodinamica.
Marinella Argentieri
RISTORANTE
TERRAZZA MANZOTTI
piazza Libertà 4
Canonica d'Adda
tel. 02.9094048
02.90988253
www.terrazzamanzotti.it
Al centro, seduta, Enrica Manzotti. Dietro Francesco Colombo con in braccio il figlio Emanuele.
Alla sua destra lo chef Mauro Civiero e alla sua sinistra il maître Diego Martinelli
23
FACECOOK
alla scoperta dei social chef
di Laura Ceresoli
Marino D’Antonio, di Cisano,
da otto anni lavora nella capitale cinese,
prima col ristorante Sureño
e ora con Opera Bombana.
È stato eletto anche “Chef of the year”
N
24
“Quell’incontro con Bombana
che mi ha cambiato la vita”
arra un’antica leggenda che nel lontano
1292 fu Marco Polo, durante il suo viaggio in Cina, a scoprire gli spaghetti e a
portarli in Italia. Ma le presunte origini
orientali dei noti “vermicelli” sono state
più volte sconfessate dai cuochi nostrani che rivendicano a pieno titolo la paternità di questa succulenta pietanza.
Tra i più convinti promotori della pasta c’è anche Marino D’Antonio, cuoco
42enne di Cisano Bergamasco che da
otto anni delizia i sofisticati palati pechinesi con i suoi manicaretti di qualità.
Capo chef all’Opera Bombana di Pechino - il terzo locale aperto in Asia dal rinomato cuoco della Valle Seriana Umberto Bombana, dopo i due “Otto e mezzo”
di Hong Kong e Shanghai - D’Antonio è
riuscito nell’impresa non facile di sovvertire una radicata tradizione cinese
basata su otto stili di cucina profondamente lontani dalla cultura italiana.
“Spaghetti, tortellini, ravioli, paccheri,
fusilli… In Italia abbiamo una varietà
di pasta senza limiti e dire che è stata inventata dai cinesi è proprio fuori
luogo - conferma Marino -. Negli ultimi
anni i giovani cinesi benestanti stanno
apprezzando sempre di più i prodotti di
qualità italiani e, appena posso, cerco
di inserire anche un tocco orobico nei
miei menù”.
Nato a Bergamo da papà abruzzese e
mamma valtellinese, Marino scopre la
sua passione per la cucina da giovanissimo quando inizia a lavorare nel ristorante della zia. Così decide di iscriversi
all’Istituto alberghiero di San Pellegrino. Dopo il diploma, lascia l’Italia per
fare esperienza in Europa, in particolare a Londra e a Tolosa. Grazie all’aiuto
di Luciano Tona, rettore di Alma, apre il
primo ristorante italiano a bordo della
Silversea, una delle più lussuose navi da crociera del mondo. Ma è in Cina
che oggi D’Antonio ha trovato fortuna,
dapprima con l’apertura del Sureño,
giudicato il miglior ristorante mediterraneo di Pechino, e poi con Opera Bombana, grazie al quale ha ottenuto vari riconoscimenti come “Chef of the year”
da riviste del settore. Su Tripadvisor le
recensioni sono più che positive: 17
eccellente, 4 molto buono, 6 nella media e soltanto uno scarso e 2 pessimo.
“Per me Opera Bombana è uno, se non
il migliore ristorante a Pechino - scrive
shib0329, un residente della zona -. Io
vengo regolarmente per una porzione di
spaghetti e polpette firmati dallo chef
Marino, per l'enorme cotoletta alla milanese o per il prezzo molto ragionevole del pranzo”. E ancora BeijingHongkie
commenta: “Lo chef Marino applica qui
la sua esperienza maturata al Sureño.
Il menu, che presenta una combinazione fra i piatti caratteristici di Bombana e
la creatività di Marino, è semplicemente meraviglioso”. Oltre a specialità lombarde come l’Ossobuco con risotto allo
zafferano e la cotoletta alla milanese,
nei mesi più freddi si possono gustare
anche i casoncelli alla bergamasca e
l’immancabile polenta, mentre tra i dolci fatti in casa meritano una segnalazione il soufflé al Limoncello e i cannelloni
al gianduia.
www.surenorestaurant.com
www.operabombana.com
luglio 2014
“Troppe brutte copie
della nostra cucina.
Per il made in Italy è un danno”
Com’è iniziata la sua esperienza lavorativa all’estero?
“Ho iniziato a lavorare all’estero da giovane. A 18 anni ero
a
Tolosa e poi a Londra. Sono rientrato in Italia dove ho avuto
l'occasione di conoscere Luciano Tona il rettore di Alma
che mi ha aiutato a capire la vera cucina di qualità. Dopo
un’esperienza veramente bella sulla Silversea, una delle
na- vi da crociera più lussuose al mondo, ho avuto un’offerta
per venire a lavorare in Cina. Onestamente, però, non ero
molto entusiasta all’idea di vivere a Pechino, ma quando
so- no arrivato qui ho cambiato idea”.
Co- me vive a Pechino?
“Qui ho aperto due ristoranti, il Sureño e Opera Bombana
per conto dell’omonimo chef di Castione della Presolana che
è
l’unico cuoco italiano al mondo con tre stelle Michelin al di
fuori dall’Italia con il suo ristorante di Hong Kong “Otto e
mezzo Bombana”. Pechino è una città con grandi opportuni- tà e dopo otto anni devo dire che sono contento anche se
le
difficoltà sono molte”.
Ri- esce a far conoscere la cucina bergamasca nel mondo?
Marino D’Antonio
Con quali piatti?
“Chiaramente la po- lenta ha un posto speciale nel nostro menù e nel mio cuore. Per questo durante il periodo autunnale e invernale non può mancare. Anche
casoncelli e pizzoccheri sono specialità che proponiamo spesso”.
A quali chef si ispira?
“Chiaramente al mio maestro, lo chef Umberto Bombana: lavorare con lui è la cosa più bella che mi sia capitata professionalmente. Amo moltissimo anche la cucina dei fratelli Cerea che sono uno dei fiori all’occhiello della ristorazione Italiana”.
È vero che gli stranieri hanno una visione stereotipata della cucina italiana?
“Verissimo. È davvero molto difficile promuovere la vera cucina italiana perché va
fatta con prodotti italiani di qualità e va oltre le brutture che le nostre ricette tradizionali subiscono all’estero. Circolano infatti troppe brutte copie dei nostri piatti
fatte con prodotti di dubbia qualità che non hanno nulla a che vedere con il Made in Italy”.
Quanto è importante Internet per promuovere la sua attività?
“Internet, soprattutto negli ultimi anni, è diventato uno strumento indispensabile
per promuovere un locale. È sempre più diffusa la moda dei blog che oggi grazie
agli smartphone permette ai clienti di informarsi sui locali da casa, oppure di scattare foto dei piatti durante la serata e scrivere recensioni istantanee”.
Ha una pagina Facebook per sponsorizzare i suoi prodotti?
“Purtroppo non ho una pagina Facebook perché qui in Cina Facebook e Twitter sono censurati”.
Qual è il suo rapporto con le recensioni di Tripadvisor?
“Penso che siano utili ai clienti che vogliono sapere i punti di vista di chi è stato
prima nel locale, anche se talvolta sono un po’ fuorvianti: dipende sempre da chi
le scrive”.
Come sono cambiati la ristorazione e il rapporto con i clienti grazie ai nuovi media?
“I nuovi media hanno un effetto immediato. Quando il cliente viene al locale comincia a fare foto al posto, ai piatti, alle espressioni dei suoi amici durante la cena e le mette on line sul suo blog, facendo una valutazione immediata del tipo di
locale in cui si trova. In questo modo incuriosisce chi non ci è mai stato a voler
provare la stessa esperienza, creando così un interesse mediatico che può giovare al ristorante”.
In vacanza con gusto
Street Food,
ecco i 20
campioni
regionali
Al centro di una vivace riscoperta, il cibo da strada - street
food nella dizione più modaiola – non può mancare in ogni
vacanza o escursione che si rispetti. Spesso i piatti da mangiare all’aperto, preparati nei
baracchini sulla spiaggia, nei
chioschi o nelle piccole botteghe dei centri storici sono capaci di esprimere con semplicità ed immediatezza il carattere
e la tradizione di un territorio.
A questa ristorazione il Gambero Rosso dedica da due anni
la guida Street Food, che nella
nuova edizione ha recensito oltre 400 esercizi ed eletto 20
campioni regionali.
Ve li proponiamo, per una sosta golosa dovunque vi porti
l’estate lungo la nostra Penisola. Valle d’Aosta – Panizzi Cheese & Wine (Courmayeur – Ao);
Piemonte – Gofreria Piemonteisa (Torino); Liguria – Priano
(Voltri, Genova); Lombardia Sciatt à porter (Milano); Veneto – La Torre (Verona); Trentino
Alto Adige – Bozner Brot (Bolzano); Friuli Venezia Giulia – Street Food Trieste (Trieste); Emilia
Romagna – Kalamaro Piadinaro (Riccione – Rn); Toscana – Il
Lampredotto Lorenzo Nigro (Firenze); Marche – Le Pallette di
Giorgio (Ascoli Piceno); Umbria
– La bottega di Perugia (Perugia); Lazio – Dess’Art (Roma);
Abruzzo – Antica Porchetta di
Campli (Campli – Te); Molise
– Panificio Antichi Sapori di
Patriarca (Agnone – Is); Campania – Fratelli Mascolo (Gragnano – Na); Puglia – Mezza
pagnotta (Ruvo di Puglia – Ba);
Basilicata – Pane & Pace (Matera); Calabria – Siamo Fritti
(Cosenza); Sicilia – Fud (Palermo); Sardegna – Retroburger
(Cagliari).
25
L’INTERVISTA
di Leo Bartoli
“Mangiar sano
non vuol dire rinunciare al gusto”
Anche chi decide di concedersi una parentesi in una Spa
può soddisfare il proprio palato: parola dello chef Matteo Maenza.
“L’approccio dietetico detossinante e ipocalorico e i metodi
di cottura nulla tolgono al piacere della buona tavola”
È
uno dei paradossi più perfidi della cucina made in Italy, che da qualche tempo sta cercando con feroce determinazione di sposare un menù politicamente corretto sul fronte della dieta, senza rinunciare al piacere della buona
tavola. Un equivoco che spesso viene
ancor più evidenziato dall’offerta che
tante Spa di altissimo livello propongono ai loro visitatori. In quel caso c’è
sempre l’amico carogna che al tuo ritorno da una settimana di dieta e relax ti dirà: 1) certo che sei dimagrito,
ti avranno propinato delle pappette
indecenti al punto che non hai potuto
far altro che perdere peso. Oppure: 2)
Ma non volevi dimagrire? Fai un sacco
di trattamenti e poi ti ritrovi davanti a
una cucina stellata: tempo sprecato…
Per uscire da questo percorso lastrica-
to di luoghi comuni abbiamo intervisto
uno dei più promettenti chef che operano in Lombardia: Matteo Maenza,
pugliese di nascita, (allievo dello stellato Fabio Baldassarre e con un robusto bagaglio di esperienze all’estero)
è da poco più di un anno chef del Lafay
Resort di Gargnano sul Lago di Garda,
una delle massime espressioni legate
al benessere e alla cura del corpo oggi in Italia.
Maenza, come si coniuga il mangiar
bene con i trattamenti per il benessere delle grandi Spa?
“Dedicare una particolare attenzione
agli aspetti salutari del cibo non significa rinunciare al gusto. È un vecchio
equivoco che io, da giovane chef, cerco di sfatare, in prima battuta rinunciando all’uso di fondi cotti per ore,
Matteo Maenza
Villa in Verticale,
si aggiudica lo scettro l'annata 2004
La 20° edizione promossa dall'azienda franciacortina di Monticelli Brusati
ha celebrato una delle etichette simbolo della Maison, la "Cuvette"
È giunta alla ventesima edizione Villa in Verticale, l’immancabile appuntamento con i prestigiosi millesimati della
maison Villa Franciacorta tenutosi lo scorso giugno a Borgo Villa. Protagonista dell’edizione 2014 l’elegante Cuvette, una delle etichette più rappresentative della Cantina di
Monticelli Brusati. In degustazione dieci annate: '92, '94,
'98, 2000, 2001, 2002, 2004, 2005, 2006 e 2007 in anteprima (in quanto disponibile sul mercato dal prossimo
dicembre). Ognuna delle annate ha raccontato le proprie
caratteristiche, le peculiarità delle diverse vendemmie.
Il millesimo che ha conquistato tutti con il punteggio di
94/100 è stato il 2004, annata che ha sfiorato l’eccellen-
26
za, seguito dal 2000 con 91 punti e dal 1992 con 90.7
punti. Anche quest’anno con la guida di Corrado Cugnasco ed Ermes Vianelli, rispettivamente enologo e responsabile della produzione, gli ospiti hanno potuto ripercorrere il cammino evolutivo che ha caratterizzato le diverse
vendemmie. La degustazione tecnica e sensoriale è stata
invece condotta dal giornalista Fabrizio Penna, ideatore insieme alla moglie Elisabetta Fezzi di Enotime. Tra i relatori
anche Giovanni Creminati, sommelier di grande esperienza nonché da diversi anni delegato Ais per la provincia di
Brescia. “Questa verticale è la risposta a tutti coloro i quali chiedono come mai Villa produce solo millesimati - com-
luglio 2014
burro e panna innanzitutto. In cucina
utilizzo solo olio extravergine, nel nostro caso, del Garda. Poi, dopo un lungo lavoro di ricerca e studio su testi di
cucina mediterranea e vegetariana,
ho eleborato una serie di ricette per
il nostro menù, scandite dal rispetto
delle stagioni e realizzate solo con
materie prime di qualità”.
Come si esce dall’equivoco di una
cucina gustosa con l’esigenza di una
cura dimagrante?
“La dieta svolge un ruolo fondamentale all’interno del “concetto di benessere globale” dei programmi salute.
Ma questo non toglie nulla al piacere
della buona tavola. Per le esigenze degli ospiti di una Spa si punta su un approccio dietetico detossinante e lievemente ipocalorico, con proposte che
mirano ad assicurare il rifornimento
energetico attraverso alimenti selezionati per la loro qualità e trattati con
metodi di cottura che non sollecitano
in modo eccessivo l’apparato digerente. Così il gusto è salvo, credetemi”.
Di sicuro, un cliente che approccia
un ristorante con annesso centro benessere ha esigenze diverse di quello
standard….
“Gli ospiti di un resort o una spa hanno sicuramente esigenze diverse
dall’ospite esterno in quanto durante
il loro soggiorno esso diventa momentaneamente la loro casa e la loro vita
si svolge al suo interno. Ma non per
questo si rinuncia a un pasto sfizioso:
è tutta questione di equilibrio”.
Mestiere che ha conosciuto nuovo
slancio, quello dello chef, anche se
forse qualcuno ne sottovaluta i sacrifici….
“In effetti è così. Per me fare lo chef è
passione pura, una vera e propria missione, molto difficile da intraprendere
quando si è in età scolare, in quanto
bisogna privarsi di molte cose. Si è
costretti a crescere in fretta, a vivere da soli e a imparare a risolvere in
autonomia i propri problemi. Oggi le
tv enfatizzano il ruolo dello chef visto
come una star, ma, dietro i lustrini e
le mode, sono le motivazioni che contano. Per questo vi garantisco che si
può anche partire in tanti, ma alla fine
solo chi ha passione vera arriva alla fine dei corsi. Oggi la percentuale di chi
continua non arriva al 30-35%”.
Quindi senza forti motivazioni non si
va da nessuna parte?
“Proprio così. Il nostro lavoro ci sottrae quasi tutto il tempo libero, che
va adeguato alle esigenze degli ospiti. Le nostre ferie si svolgono sempre
in periodi di bassa stagione, gli orari
di lavoro non coincidono con il tempo
libero della maggior parte delle persone, mentre i ritmi e lo stress sono molto alti. Non voglio drammatizzare, ma
di solito un giovane che prova questa
menta Roberta Bianchi -. È un’esperienza, quella di degustare dieci anni di millesimi, che ha permesso agli intervenuti di verificare come un grande terroir possa dar origine
a ottimi prodotti anche in annate per nulla favorevoli dal punto di vista climatico. Il
valore della tradizione, della terra, della famiglia, dell’amore
e della passione sono piccole perle che come in un
perfetto perlage animano e riemergono nei nostri millesimi. Pensare
con la testa e agire con
il cuore, questo il nostro
segreto”.
Il Franciacorta Cuvette Brut
Le origini della Cuvette sono intimamente legate al territorio e alla storia
della famiglia Bianchi. Anzitutto il nome, che significa
“conca”: identifica un cru omonimo, una sorta di conca naturale posta sul lato sinistro della collina Madonna della
esperienza e non ama profondamente questo lavoro finisce per gettare la
spugna. Come dicevo, questione di
passione”.
Natura, benessere, storia e ospitalità sono punti fermi: la cucina invece
non è ancora riuscita a pieno a diventare un punto di forza nell’offerta del
Lago di Garda: eppure l’Expo è dietro
l’angolo…
“In effetti la forza del Garda in passato è sempre stata rappresentata dalla
sua cultura e dalla sua storia, Goethe
e Lawrence hanno cantato la sua bellezze, oltre a una natura spettacolare e un microclima invidiabile. Credo
però che da qualche anno il territorio
abbia preso coscienza che anche l’enogastronomia può rappresentare un
valore aggiunto decisivo. Non a caso,
nel solo paese di Gargnano, sono presenti due ristoranti stellati e tutti sanno oggi che il Garda è un luogo dove è
possibile mangiare veramente bene”.
Per concludere, ci suggerisce un primo piatto sano e “politicamente corretto” per l’estate che le viene in
mente?
“Proporrei i miei Fagottelli all’olio extravergine d’oliva Lefay in guazzetto di
frutti di mare, dove una sfoglia di pasta di riso, quindi senza glutine, racchiude un ripieno cremoso a base di
olio extravergine d’oliva Couvè Lago:
imperdibili”.
Rosa, da cui provengono le uve. Ma alla Cuvette è legato
anche un episodio romantico: in occasione delle nozze della figlia Roberta, Alessandro Bianchi volle creare un Franciacorta con le migliori uve di tre varietà della
vendemmia ’83 (Chardonnay, Pinot nero e Pinot bianco) per accompagnare tutto il pranzo nuziale,
idea allora avanguardistica;
nacque così la Cuvette allora in versione Extra
Dry - e l'idea di riproporre
ogni anno una selezione
delle migliori vendemmie
in quantità limitata. Dopo qualche “apparizione” in
versione Sec, con il millesimo
2002 la Cuvette diventa definitivamente Brut. Per anni Cuvette è stata la
protagonista dello Sparkling Menù, rappresentando perfettamente la filosofia della “bollicina a tutto pasto” (e richiamando in questo l’origine stessa della sua nascita).
27
TENDENZE
Con l'estate torna la voglia
di cucinare carni, verdure e pesce
alla brace. Ma per ottenere risultati
apprezzabili sono molti gli elementi
da considerare. Ecco i consigli
della macelleria Oberti di Grone
e della Pescheria Rossi di Bergamo
Si fa presto a dire grigliata
di Laura Bernardi Locatelli
I
28
l crepitio dei rami che ardono, l'odore
delle braci accese, una nuvola di fumo
invitante che si alza e il tintinnio di pinze e griglie mettono allegria e fanno immediatamente estate. Grill e barbecue
riportano la cucina alle origini, en plein
air, con fuoco di legna, che sorprende
sempre e continua a rendere la preparazione di cene all'aperto divertente e contagiosa. Col fuoco però non si
scherza mai, anche perché non perdona disattenzioni e trascuratezze e non
esistono purtroppo termostati o sonde
termiche che possano facilitare questo compito, come invece accade per
la cottura arrostita. Sta all'esperienza di chi sta davanti a grill e barbecue
decidere tempi e modalità di cottura,
scongiurando anche rischi per la salute, date le raccomandazioni di evitare
carni bruciate o troppo abbrustolite.
Per cucinare alla griglia all’interno del
camino è sempre consigliato il fuoco di
legna piuttosto che la carbonella, che
sprigiona una notevole quantità di ossido di carbonio. Anche la scelta dei ceppi è importante: meglio legna aromatica ben stagionata e che non scoppietti
eccessivamente come quercia, olivo,
ciliegio, melo e vite. Per la griglia c’è
solo da scegliere se puntare sulle carni bianche o quelle rosse. “Per una grigliata ad opera d’arte le regole da seguire sono quelle di un’accurata scelta
dei tagli di carne, di una marinatura di
almeno due o tre ore oltre che della cura delle braci e della cottura - spiega
Giuseppe Oberti, di Grone, vicepresidente del Gruppo Macellai dell'Ascom
-. Le parti migliori non sono troppo magre ma hanno almeno una leggera marezzatura e le fette mai sottili”. Manzo,
vitellone e vitello la fanno sempre da
padrone sulle griglie roventi: “La fiorentina è la regina del grill assieme alla costata, al roastbeef, allo scamone e al
codone. Si può anche optare per il reale di vitellone, che richiede una cottura
più lunga. Quanto al vitello sono perfetti il nodino, lo scamone, le costatine e i
teneroni. La marinatura è fondamentale: via libera ad un buon olio extravergine, ad erbe aromatiche lasciate essiccare, dal timo al rosmarino, dalla salvia
alla maggiorana, unite ad aglio schiacciato o in camicia ed altre spezie a piacere”. Costine e salamelle mettono
sempre d’accordo tutti: “Anche il maiale è da sempre il protagonista del grill,
dalle braciole alle costine, dalle salamelle alla salsiccia. Il consiglio per la
preparazione della carne di maiale è di
aggiungere del vino bianco alla marinata oppure di spruzzare qualche goccia
di aceto balsamico o di vino bianco un
attimo prima della fine della cottura per
aggiungere gusto alle carni”, dice il macellaio. Pollo e tacchino sono invece
sempre apprezzati dai più piccoli: “Sono perfetti i fuselli di pollo, aperti e marinati, le ali, le sovracosce e il classico
intramontabile pollo aperto a libro alla
diavola. L'intenso calore del grill e del
barbecue rende croccante la pelle del
pollame e conferisce alla carne un sapore unico”. Gli spiedini sono sempre
divertenti architetture del gusto: “Per
dare agli spiedini una marcia in più si
possono usare al posto degli stecchi,
rametti di rosmarino puliti con cura oppure di ciliegio, pesco o vite. Non resta
luglio 2014
che scegliere le carni, tra pollo, tacchino, vitello e maiale. Il consiglio è sempre quello di non mischiare mai le diverse tipologie di carne. Ogni cubetto di
carne si alterna a pancetta e peperone,
ma chi ama le verdure può aggiungere
anche rondelle di zucchina e pezzetti di
cipolla”. Il fuoco richiede pazienza e dedizione: “Come diceva Giulio Oggioni spiega ancora Oberti, citando una frase
popolare dello storico vescovo di Bergamo - per fare cuocere costine e cotechini il miglior legno è quello della vite. Per
due ragioni: dà un sapore eccezionale
alla carne ed è segno che ci dev’essere
per forza del buon vino. La scelta della
legna è a discrezione di ogni fuochista,
ma la prescrizione è quella di non usare
mai quelle con resina". Anche il pesce
ama la griglia, eccezion fatta per scorfano, gallinella e tutti i pesci da “zuppa”. “La pelle e le spine mantengono il
pesce morbido. È bene scegliere pesci
interi di non più di sei etti perché diventa davvero difficile cuocerli a puntino
al grill o alla piastra. L’ideale è cucinare un pesce da porzione, dal branzino
all’orata allo sgombro fino alla nostra
trota. È molto importante regolare la
cottura alzando ed abbassando la griglia a regola d'arte. I pesci grassi, come
lo sgombro, sono ideali perché il loro
olio naturale mantiene la polpa umida e
fragrante", spiega Maria Rossi che con
il fratello Gianni e con la nipote Claudia
gestisce la Pescheria Rossi di via Borgo
Palazzo, attiva dal 1965.
Non stancano mai gli spiedini che condensano sullo stecco tutti i sapori del
mare, dai molluschi ai crostacei, ai pesci più grandi: “Noi li prepariamo con
gamberi, seppie, tonno, rana pescatrice, salmone e spada, ma c’è solo l’imbarazzo della scelta tra pesci o anche
solo crostacei da infilare sugli spiedini”
- sottolineano alla Pescheria -. Seppie e
calamari sorprendono al gusto, ma sulla piastra può finire anche un polpo intero, anche se richiede una pre-cottura
in acqua bollente: “Per rendere ancora
più gustose seppie ed altri molluschi
una spolverata di pangrattato aromatizzato dà una marcia in più alla ricetta
sia alla brace che alla piastra”. Tranci
e filetti si prestano ad una cottura in
tempi record: “Dal tonno allo spada fino al salmone, i tranci si prestano ad
una cottura al grill. I filetti richiedono
una cottura davvero veloce e accurata
e vanno sempre posti sul grill dal lato
della pelle". Un'alternativa - che vale
anche per polpa magra di pollo e di bovino - è di preparare il satè arrotolando
filetti di pesce tagliati a striscioline su
stecchi di bambù, farli marinare anche
una notte e farli cuocere su grill molto
caldo spennellandoli con la marinata e
girandoli di continuo.
Anche i crostacei alla griglia sono sempre apprezzati: “Il carapace degli scampi va inciso a metà, mentre per i gamberi basta rimuovere il filetto nero e
adagiarli per poco tempo sul grill". Per
ogni pesce è importante la marinatura
nel classico salmoriglio: “Ad una base
di olio extra vergine, limone, aglio, sale,
pepe e prezzemolo si possono aggiungere altre spezie ed erbe aromatiche
secondo il proprio gusto, dal dragoncello al rosmarino". È sempre interessante il contrasto caldo/freddo con una
salsa d'accompagnamento ispirata alla cucina messicana con aglio, cipolla,
peperoncino e lime.
Gradi e tempi di cottura della carne di manzo
I tempi di cottura dipendono dal calore e dalla distanza dal
grill e dallo spessore della carne. Per bistecche alte 2,5
centimetri, messe alla distanza di 5 cm da un grill molto caldo, i tempi vanno da un minuto a parte per il filetto a 2 minuti a lato per lo scamone puntando a una cottura al bleu,
molto al sangue. La carne al tatto si deve presentare molle
(come quando si uniscono pollice e indice) e all'interno con
color porpora bluastro. Per una cottura saignant (al sangue)
i tempi salgono a 2 minuti per lato per il filetto e a 3 per lo
scamone. Si deve formare una crosta più spessa e resistente alla pressione e nel cuore la carne deve essere ancora rossa e abbastanza calda (50° C). La cottura al punto
(a point) è facilmente riconoscibile nella cottura alla griglia
e al salto, poiché la carne viene voltata quando appaiono fini goccioline sulla parte superiore e deve essere tolta quan-
do la stessa situazione si ripropone sull’altro lato (da 3 minuti per il filetto a 4 per lo scamone). A cottura ultimata la
carne va fatta riposare per un paio di minuti affinché la temperatura si uniformi. Al taglio deve essere di un colore rosa uniforme e ben calda (60° C). Per una bien cuit la carne
va scottata prima per 3
minuti a lato e poi
cotta a temperatura più bassa per 6 minuti o più. La
carne è soda,
bruna all’interno e ben calda (70° C).
29
TENDENZE
Dieci regole base per preparare
un perfetto barbecue
Ecco i consigli degli organizzatori
di Griglie Roventi, il campionato
del mondo per dilettanti
che si svolge ogni anno a Jesolo
1
La qualità prima di tutto
Non importa se non avete la tecnica di Cracco o Bottura: se
la materia prima è di qualità il risultato è certo. Meglio quindi, se possibile, optare per i tagli più pregiati, primo fra tutti
la lombata o il girello di coscia, la noce, la fesa interna. I tagli migliori sono anche quelli che hanno tempi di cottura più
brevi salvaguardando così le proprietà nutritive della carne.
2
Marinatura
Da fare almeno 6 ore prima della cottura per ammorbidire e
insaporire la carne oltre che per proteggerla dalle alte temperature. Gli ingredienti sono variabili: di solito si predilige un
mix di olio, limone, sale, erbe o spezie di diverso tipo, ma è
da provare almeno una volta la marinatura nella birra o nel
vino rosso.
4
Ma che caldo fa
Almeno 300 gradi. Questa la temperatura che dovrebbe raggiungere il barbecue, anche se ci sono molte differenze. La
cottura italiana è di solito diretta, con la brace sotto le pietanze che cuociono velocemente rimanendo al sangue all’interno. Negli Stati Uniti invece si predilige la cottura indiretta
(low&slow): la carne viene cotta vicino ma non direttamente
sopra la fonte di calore.
30
Legna, gas
o carbonella?
3
Dipende soprattutto dal tempo e dallo spazio a disposizione. Per la cottura a legna, bisogna avere tempo
(di solito almeno un’ora per fare la
brace) e scegliere attentamente cosa bruciare. Niente legnami trattati
(non si usa il barbecue per smaltire una vecchia sedia che non serve
più!), legna resinosa di pini o abeti o
altri che, come il cipresso, rilasciano
sostanze nocive. Vite, ciliegio, ulivi o
faggio sono generalmente i più consigliati. Più facile la scelta della carbonella che si trova in commercio e
ha tempi di preparazione rapidi (circa
mezz’ora). Chi abita in spazi ristretti
non deve però rinunciare al barbecue: ci sono ottime griglie a gas in
commercio, magari con due o più
bruciatori regolabili separatamente
così da dosare al meglio la cottura.
Girare,
non infilzare
Regola ferrea per i veri amanti del
barbecue: il classico forchettone da
grigliata è un nemico, perché fa fuoriuscire i succhi che invece devono
rimanere all’interno della carne per
lasciarla morbida e saporita.
5
luglio 2014
6
Calcolate bene i tempi
Mai avere fretta: per portare tutto contemporaneamente in
tavola dovete grigliare a fasi, partendo da carni o verdure più
lente a cuocersi (come le patate) e via via aggiungendo ciò che
deve restare al sangue.
Affumicare, ma
senza esagerare
7
L’affumicatura conferisce un tocco originale e speziato alla grigliata. Se volete farne uso per il vostro
barbecue, dovete procurarvi dei
particolari legni aromatici chiamati
“chunks” (tronchetti) o chips (scaglie), che andranno inumiditi e posti nell’area di cottura in modo da
esalare fumi odorosi. In commercio
è possibile trovare gli smoker, studiati appositamente per le griglie:
tra i legni considerati più adatti la
noce, la quercia, il ciliegio, il melo, il
pero e hickory, ossia il legno di noce americano.
8 Il dolce sempre alla fine, anche sulla griglia
Ci sono decine di salse diverse per insaporire la carne,
perché limitarsi a una sola? La tradizionale salsa barbecue è una miscela di concentrato di pomodoro, salsa
worchester, limone, aceto, olio d’oliva e zucchero di canna, ma si possono preparare salse di tutti i tipi: dallo yogurt alla salsa di soia al whiskey. Attenti però a scegliere
il momento giusto per condire: durante la cottura si può
spatolare la carne con le salse se queste sono preparate con olio, aceto, limone o yogurt; se invece sono salse
a base di zucchero vanno messe verso fine cottura, perché lo zucchero brucia velocemente e non va esposto al
calore prolungato.
9 Unto non vuol dire sporco
Non c’è nulla di peggio che cucinare su un barbecue incrostato di vecchi residui di cibo. Inoltre, qualsiasi alimento si attaccherà su una griglia sporca. Pulitela due
volte: la prima dopo averla preriscaldata, la seconda
quando avete terminato di grigliare. La prima pulizia rimuove tutti i frammenti di cibo che potrebbero essere
sfuggiti in precedenza. Una spatola di metallo aiuta a
terminare il lavoro nel dettaglio. Oliate la griglia prima di
metterci il cibo sopra: usate della carta impregnata d’olio, o una fetta di pancetta grassa o della pelle di pollo.
In alternativa, si può spruzzare dell’olio sulla grata, ma
lontano dalle fiamme.
10 Come vi piace
Siate appassionati, ma non fanatici della forma. Barbecue,
barbeque, BBQ: scrivetelo come vi pare, basta che cuciniate!
Se poi volete fare sfoggio nozionistico, sappiate che il termine
deriva probabilmente o dal dialetto caraibico Brabacot, o dal
francese “Barbe a queue” cioè “dalla barba alla coda”, ossia
interi, così come venivano cucinati gli animali una volta.
31
IL LOCALE
Con la sua pizza ha conquistato
la Valle Seriana, ma non si è fermato.
Dopo il trasferimento a Cene,
Giambattista Acerbis ha puntato
anche su carne, pesce, pasta
e dolci fatti in casa e sulla bella
atmosfera del giardino.
L’ultima idea?
Il “balcone dei Vecchi Ricordi”
con un solo tavolo
Giambattista “Gimbo” Acerbis con la figlia minore Eleonora
nel “balcone dei Vecchi Ricordi”
Ma quante ne pensa Gimbo!
di Fulvio Facci
L
32
a più recente “invenzione” di Gimbo è il balcone dei Vecchi Ricordi: un angolo isolato dal resto del locale - un balcone appunto -, dove è possibile prenotare per avere un solo tavolo (da due
a otto coperti) con un servizio esclusivo che comprende superalcolici e sigari in libertà contro un ragionevole corrispettivo:
una maggiorazione del 15% rispetto ai prezzi della “carta”.
Gimbo, ovvero Giambattista Acerbis, è un personaggio ben conosciuto, almeno in Valle Seriana, dove ha iniziato l’attività nel
1981, chiamandola con il suo soprannome. In quell’anno, dopo aver terminato la scuola Alberghiera di San Pellegrino come
due fratelli, due sorelle e la mamma Maria, ora 86enne, che
si arrabbia se ogni martedì non la si va prendere per dare una
mano in cucina a pelare patate e carote. Una volta invece era
lei la regina dei fornelli. Da tre anni la gestione è passata interamente nelle mani di Giambattista, che conduce il locale, oltre che col personale, con la moglie Chiara Remondi e la figlia
Greta di 19 anni.
Anche se il cambiamento più radicale è stato quello del 2002,
quando il ristorante si è trasferito a Cene in via Bellora 10, nella sede attuale. «Eravamo in scadenza di contratto – racconta
cameriere, decise con la famiglia, proveniente da Villa di Serio,
di aprire un ristorante pizzeria nel centro storico di Albino, nei
locali dell’allora “Pradelì”, una storica trattoria di paese.
Esperienza tutta da costruire, entusiasmo tanto, progressivamente il gruppo si è conquistato la fiducia di un’ampia clientela, comprese le tante società sportive della zona per la classica pizza di fine allenamento, al punto che spesso c’era da
fare la coda per guadagnarsi un tavolo. Con Giambattista allora c’erano il papà Giandomenico, recentemente scomparso,
Giambattista Acerbis – ed abbiamo cercato a lungo di rimanere ad Albino ma non abbiamo trovato una collocazione idonea. Siamo venuti qui e abbiamo cambiato in parte il nome che
ora è “Vecchi Ricordi da Gimbo” mantenendo quindi un legame con il passato». Dal punto di vista estetico il locale è molto diverso rispetto al precedente ed ha tra i punti di forza un
giardino capace di 160 posti, mentre all’interno i coperti sono
circa 100. Ovviamente quando si parla di esterno bisogna fare
i conti con le situazioni atmosferiche, ma l’ambiente è molto
luglio 2014
gradevole. Ad essere cambiata è anche la proposta. Se la pizza resta infatti una delle regine nelle preferenze, in cucina c’è aria nuova
rispetto al passato quando venivano preparati piatti più tradizionali.
Ai fornelli c’è Angelo Mologni, chef di lunga esperienza, con l’obiettivo di proporre carne e pesce in modo innovativo. «La pasta fresca
la facciamo in casa – sottolinea Acerbis – così come tutti i dessert,
in porzione monodose. Abbiamo quindi dei classici come casoncelli e foiade, mentre tra i secondi offriamo una selezione di filetti e le
tartare. Per il pesce, ad esempio, abbiamo i filetti di triglia con pomodorini e asparagi, lo scorfano in zuppetta e i tagliolini agli spinaci
con ragù di gallinella. Cerchiamo di attuare tutte le iniziative che possono rispondere alle esigenze della clientela perché la concorrenza
è forte», riflette. «Anche se il margine è ridotto, abbiamo una buona
affluenza per il menù fisso di mezzogiorno con prezzi che variano
da 7.50 euro per le insalatone ai 16 per il menù di pesce, mentre il
"classico" con due portate e contorno costa 11 euro. Abbiamo inserito anche il pranzo della domenica al costo di 20 euro con possibilità di scelta tra tre piatti di carne o pesce, dessert, acqua e un
bicchiere di vino. Aderiamo inoltre al circuito della Camera di Commercio “Ristoranti dei Mille... sapori” e quindi abbiamo sempre una
combinazione all’insegna della tradizione e dei prodotti tipici. Un altro dei nostri servizi che mi gratifica molto è il menù bambini. Con 8
o 9 euro c’è una vasta scelta tra pizza, primi e secondi e poi sul menù ci sono disegni da colorare con i pastelli che forniamo noi e per i
piccoli c’è sempre un dolcetto e un gadget del locale».
Recentemente il ristorante Vecchi Ricordi ha spostato il giorno di
chiusura dalla domenica al lunedì. «Una scelta con la quale cerchiamo di intercettare la clientela della banchettistica, quindi cerimonie
come cresime e prime comunioni – rileva Acerbis -. Come dicevo, la
concorrenza è molto agguerrita e bisogna sempre rimettersi in gioco, trovare nuovi spunti e idee. Per quanto mi riguarda, rispetto ma
non condivido assolutamente la politica della scontistica che viene
attuata sui giornali e su Internet. Preferisco gestire le promozioni
con il cliente, senza intermediari».
RISTORANTE PIZZERIA
VECCHI RICORDI DA GIMBO
via Bellora, 10 - Cene
tel. 035.719121
www.ristorantevecchiricordi.it
chiuso il lunedì e il sabato a mezzogiorno
IN CONCORSO 18 PIATTI
“Bergamo Mille Ricette”
al via il voto on line
Il concorso “Bergamo Mille Ricette” della Camera di
Commercio approda alla seconda fase. Dopo la raccolta delle proposte (conclusa il 30 giugno), scatta la votazione on line da parte del pubblico, aperta fino al 31
ottobre. I piatti in lizza, inviati da appassionati di cucina,
sono 18 e si rifanno alla tipicità degli ingredienti, come
richiesto dal regolamento, ma non mancano quelle che
interpretano la tradizione con originalità e creatività,
anche con spunti moderni. Le ricette sono pubblicate
sul blog http://blog.giallozafferano.it/bergamomillesapori/. Le più votate saranno esaminate entro il 30 novembre da un giuria che formerà la graduatoria e proclamerà i vincitori. In palio ci sono cinque cesti di prodotti
dei Mille sapori (offerti da Caseificio Taddei, Salumificio
Gamba, Pasticceria Bonati, Raviolificio Poker, Pastifico Orobico) e cinque buoni per menù nei Ristoranti dei
Mille... sapori (offerti da Hotel Panoramico di Fonteno,
Roof Garden di Bergamo, Locanda della Corte di Alzano Lombardo, Giopì e Margì di Bergamo). L’iniziativa si
inserisce infatti nell’attività di promozione dei prodotti
enogastronomici tradizionali e di valorizzazione della
tradizione culinaria del territorio, che comprende anche
due marchi di qualità proposti dall’Ente camerale agli
operatori: “Bergamo città dei Mille… sapori” (per contraddistinguere i prodotti tradizionali) e "Ristoranti dei
Mille… sapori" (per i ristoratori che offrono il menù e il
piatto della tradizione a prezzo fisso).
Queste le ricette in gara: “Biscotto spino dorato”, “Brustolot”, “Capù bergamasco”, “Faccio fagotto ma resto”,
“Farfalle ai sapori di valle”, “Galletto ripieno su uva e
taccole in agrodolce con creste alla salsa di lamponi e
lardo croccante”, “I ravioli della nonna Nina di Fontanella”, “Involtini alla bergamasca”, “Minestra di latte e riso
con pancetta della Bergamasca croccante”, “Nosecc”,
“Polenta bergamasca con farina di granoturco integrale e coniglio”, “Polentine filanti al pascolo”, “Riso facile delle valli”, “Risotto Rosa”, “Scarpinocc de Par”, “Tagliatelle boscaiole alla moda bergamasca”, “Torta di
patate e agretti ai formaggi brembani”, “Torta Valerie”.
33
APPUNTAMENTI
Monte Avaro, aperitivi in alpeggio
e serate G-Astronomiche
AGOSTO
Bertù e Scarpinòcc,
in Val Seriana
è tempo di sagre
Ad agosto la Val Seriana celebra le sue paste ripiene tradizionali. Comincia Rovetta
che ha da poco codificato e cominciato a
valorizzare i Bertù, una variante tipica dei
casoncelli mai scomparsa dalle tavole ma
variamente interpretata dalle famiglie e dai
ristoratori. È stata la Pro Loco a ricostruirne la versione originale tra testimonianze orali e documenti e a lanciare la sagra,
arrivata alla terza edizione. L’appuntamento è sabato 16 agosto per una lunga tavolata all’aperto nella via centrale. La peculiarità dei Bertù è il ripieno a base di cotechino
sgrassato, lavorato con formaggio, pane grattato, prezzemolo, un poco di cipolla tritata e
di noce moscata. La pasta contiene uova e
una piccola quantità di crusca, intuizione di
Matteo Teli del ristorante Vecchio Mulino, a
richiamare l’utilizzo in passato di farine non
troppo raffinate (www.prolocorovetta.it).
Più rodata è la sagra degli Scarpinòcc di
Parre, dal 22 al 24 agosto, che offre la possibilità di gustare nel luogo di origine un
piatto ormai conosciuto in tutta la Bergamasca. Il valore aggiunto è dato dalla possibilità di conoscere da vicino la cultura popolare da cui hanno origine. Si chiamano
Scarpinòcc perché nella forma richiamano
le calzature artigianali di panno in uso in
paese e sono ravioli di magro con ripieno di
formaggio, pane, erbe e spezie.
34
Avaro solo di nome, perché di proposte tra gusto e natura il monte nel comune di Cusio, in alta Val Brembana,
è invece prodigo. Sabato 26 luglio e
23 agosto, ad esempio, Kairos Brembo Emotion, una società costituita
da giovani con l’obiettivo di animare
il proprio territorio e valorizzarne le
risorse turistiche, culturali e naturalistiche, organizza “Alpeggiando con
gusto” aperitivi a tappe nelle baite
d’alpeggio dei Piani dell’Avaro con la
possibilità di degustare prodotti locali e partecipare alla vita degli alpeggi. La partenza è libera tra le 16.30
e le 18, chi arriva tardi può sempre
gustarsi l’aperitivo in relax disteso di
fronte alla “Baita del Ciàr”, punto di ristoro e scrigno dei tanti prodotti della
Valle. Il pomeriggio del 9 agosto è in
programma invece un’escursione guidata tra le malghe, con la possibilità
di assistere alla mungitura e alla lavorazione del formaggio e la degustazione finale (www.kairosemotion.it).
Molte anche le iniziative dell’albergo
rifugio Monte Avaro, tra cui le serate
G-Astronomiche con cena e osservazione del cielo in collaborazione con
gli astronomi di Edutainment360 (il
19 luglio telescopi puntati su Saturno, il 9 agosto tra luna e costellazioni
estive e il 20 agosto a spasso nella
Via Lattea). Per godersi il cielo stellato in un romantico dopocena il rifugio
mette inoltre a disposizione ogni sera di agosto sdraio, coperta e dolcetti
(www.monteavaro.it).
24 LUGLIO
Città alta, i ristoranti
“Veg+” si presentano
con un aperitivo
Ris
tora
nti
eM
e
nù
L’Ascom e la Lav (Lega antivivisezione) di Bergamo sono state
pioniere a livello nazionale del progetto Veg+, che ha sollecitato i ristoranti a proporre piatti e menù vegani, senza cioè l’utilizzo di alcun
ingrediente di origine animale. Sono 15 le insegne di città e provincia che hanno accettato la sfida - seguendo un corso e mettendo a
punto le proprie originali proposte - e che ora espongono il marchio
“Qui si mangia anche Vegano 2014”.
Per lanciare il circuito e far conoscere questo tipo di cucina, giovedì
24 luglio alle 19 è stato organizzato l’aperitivo “Veg+” nell’ambiente
a cinque stelle del Relais San Lorenzo in piazza Mascheroni in Città
alta, che aderisce al marchio. Si spazierà tra dry snack e finger food
caldi e freddi con in più la possibilità di apprezzare il bel contesto
ed reperti archeologici valorizzati dalla struttura. La partecipazione
è aperta a tutti previa prenotazione alla Lav. Il costo è di 20 euro a
persona e comprende due calici di prosecco.
luglio 2014
IN VACANZA
Emilia Romagna,
un’estate a tutto gusto
Se la meta delle vacanze è la riviera romagnola e non si disdegnano le divagazioni golose, conviene tenere d’occhio il
calendario di “Emilia-Romagna è Un Mare
di Sapori”, manifestazione che da luglio
a settembre si propone di raccontare ai
turisti l’identità agricola ed enogastronomica della regione. L’edizione 2014 è dedicata alla via Emilia nei 2.200 anni della sua nascita e alla pasta ripiena, che
muta forme e sapori (cappelletti, tortelli
e tortellini, ma anche ravioli, cannelloni
e lasagne) snodandosi lungo le 177 miglia romane che collegano Rimini a Piacenza. Le celebri sfoglie vengono raccontate in uno spettacolo teatrale preceduto da degustazioni in cinque località diverse. Tra gli appuntamenti invece ormai tradizionali ci sono “Fuoco al Mito”, ovvero la cottura sul fuoco del “re dei
formaggi”, il Parmigiano Reggiano (quattro le date, Bologna, Ferrara, Cesena e
Cervia) e Tramonto DiVino, sette appuntamenti tra città e riviera in cui un piccolo esercito di sommelier in divisa fa degustare circa 300 etichette regionali in
abbinamento ai prodotti tipici del territorio. Tra gli altri appuntamenti nel cartellone, “Sapori da Mare” nei lidi ferraresi (fino al 5 ottobre), “Sapore di Sale” a
Cervia (dall’11 al 14 settembre), “Nel ventre della Balena di Bologna”, un viaggio alla scoperta del pesce assieme allo chef Marcello Leoni (a Bologna il 14
settembre), le “Leccornie di Emilia Romagna Festival”, itinerari di musica, scoperte e degustazioni in cinque tappe e le “Sere d’estate fresche di vino” dell’Enoteca Regionale (www.unmaredisapori.com).
DAL 4 AL 7 SETTEMBRE
Festa del Moscato
di Scanzo,
a tu per tu
con i produttori
È in programma dal 4 al 7 settembre la nona
edizione della Festa del Moscato di Scanzo
e dei sapori scanzesi, manifestazione ormai
classica che in un percorso tra casette di legno nel borgo storico di Rosciate permette
VALLE IMAGNA
“Fuoco, vino & stracchino”,
l’agricoltura di montagna si racconta
“Il Tesoro della bruna” è una cooperativa agricola nata nel 2011 a Corna Imagna per migliorare la qualità
delle produzioni lattiero casearie e la
vita in montagna. Suo patrimonio sono l’esperienza familiare di lunga data dei soci allevatori, l’ambiente e le
pratiche rurali, che danno vita, tra gli
altri, ad un prodotto sempre più apprezzato come lo stracchino all’antica. Sede, laboratori e spaccio sono
stati realizzati in un fabbricato antico
in contrada Finiletti, che ha preso il
nome di La Cà dol Strachì. È qui che
per quattro sabato (il primo è stato il
28 giugno, le altre date sono 26 luglio, 23 agosto e 13 settembre) va
in scena la manifestazione “Fuoco,
vino & stracchino”. Realizzata in col-
laborazione con l’associazione Gente di Montagna e Aku Italia, propone
musica, film, fotografia, incontri con
personaggi della montagna accompagnati ai formaggi della cooperativa e ai prodotti della rete Agrimagna.
Tutte le serate iniziano alle 20 (www.
gentedimontagna.it).
di degustare il prezioso passito ottenuto dal
vitigno autoctono (è la Docg più piccola d’Italia) e le altre specialità locali incontrando
direttamente i produttori. L’appuntamento
si accompagna a momenti di animazione,
musica, storia, incontri con ospiti e ristorazione. Nel 2013 sono stati distribuiti circa
8.000 bicchieri per oltre 24.000 assaggi
di Moscato di Scanzo e altri prodotti scanzesi, con circa 5.000 coperti al ristoro, per
una presenza stimata di circa 28.000 persone, provenienti da tutta Italia e dall’estero
(www.stradamoscatodiscanzo.it)
35
NEWS
Barone Pizzini, il brut "Animante"
premiato dai sommelier britannici
I
sommelier britannici hanno incoronato il Franciacorta Brut Animante,
ottenuto da uve Chardonnay, Pinot
nero e Pinot bianco, tra i migliori
Sparkling al mondo nell'ambito dei
Sommelier Wine Awards 2014 (S),
il concorso vinicolo britannico per
gli operatori del settore on-trade.
Unica medaglia d'oro nella sua categoria (Other Sparkling Wines), il
nuovo vino della Barone Pizzini è
stato definito "di classe, elegante e asciutto, con sentori di frutta
e buona mineralità” dal Master of
Wine Peter Mc Combie, leader della squadra dei giurati che ha premiato Animante. “Il biologico non è
il fine ma il mezzo per produrre vini
di sempre maggiore qualità - commenta il direttore della Barone Pizzini, Silvano Brescianini - e l'oro appena conquistato conferma la validità di questo principio, ispiratore
del nostro impegno in vigna e in
cantina. Del resto il mercato britannico negli ultimi anni è diventato
molto esigente: il gusto dei consumatori si
è affinato, c'è maggiore attenzione
alla qualità, e la
risposta della ristorazione è stata quella di una
ricerca di vini
di eccellenza e,
preferibilmente,
di matrice biologica”.
Vino, vendite in calo del 2%
nei primi cinque mesi dell'anno
All’Accademia Fiera Milano a Fieramilanocity, s'è tenuto
l’incontro conclusivo del primo ciclo del Percorso di alta formazione Wine Business Executive Program, organizzato da
Business International - Fiera Milano Media. Il programma attuato col patrocinio di Unione Italiana Vini, Confagricoltura, Assoenologi, FederBio, Ismea e Agivi, e con il coordinamento scientifico di Stefano Cordero di Montezemolo (Università degli Studi di Firenze) - è rivolto a imprenditori e top
manager del settore vitivinicolo, con l’obiettivo di sviluppare e qualificare le competenze fondamentali per la direzione delle aziende del comparto, attraverso una modalità didattica mista: sia scientifico/accademica, sia pratico/tecnica. Il comparto necessita di formazione, soprattutto per
36
affrontare la crisi del mercato domestico, le micro e piccole
imprese hanno bisogno di ottimizzare i processi interni ed
esterni, sia per consolidare il proprio posizionamento, sia
per migliorare l’approccio verso gli stessi canali di distribuzione e di vendita. Competenze tecniche evolute e nuove
capacità manageriali sono sempre più richieste all’Executive del Vino. A conferma di questa esigenza, Tiziana Sarnari,
della direzione Servizi di Mercato dell’Ismea, ha diffuso, nel
corso del suo intervento alcuni dati di settore in anteprima,
in merito ai consumi nazionali e internazionali. Secondo i
dati Ismea presentati ed elaborati su base Eurostat ed Assobirra, gli acquisti alla distribuzione moderna (ipermercati,
supermercati, superettes, libero servizio) dei primi cinque
mesi del 2014 confermano la dinamica flessiva dei consumi di vino e spumanti nel 2013. I volumi di vino e spumanti sono scesi del 2% rispetto allo stesso periodo dell’anno
prima, a fronte di un aumento della relativa spesa (+2%).
Per quanto riguarda invece l’ambito internazionale, nel primo trimestre 2014, gli scambi hanno toccato i 22,4 milioni
di ettolitri, contro i 22,8 dello stesso periodo del 2013 (in
valore sono stati superati i 5,3 miliardi di euro contro i 5,5
del primo trimestre 2013). La flessione è totalmente imputabile al vino sfuso (-7%) ed in valore (-15%). I confezionati sono stabili a 12 milioni di ettolitri, mentre in valore con
38,7 miliardi sono scesi del 3%; risultano invece in crescita
del 15% i volumi di spumanti scambiati nel mondo, per un
controvalore salito del 7,5%.
luglio 2014
Il 2 e il 3 agosto la mostra mercato
enogastronomica
allestita nel centro storico
Ardesio DiVino,
al via la decima edizione
S
abato 2 e domenica 3 agosto, il centro storico di Ardesio,
in alta Val Seriana, si trasformerà in una cantina a cielo
aperto dove, selezionati vignaioli e artigiani del gusto, in
occasione della decima edizione della rassegna enogastronomica Ardesio DiVino, proporranno in assaggio e in
vendita i loro prodotti a visitatori, appassionati e addetti
al settore. La rassegna è organizzata e promossa dalla
Pro Loco di Ardesio con il sostegno dell’amministrazione
comunale e con la collaborazione di vinumINfabula (Paolo Tegoni e Luca Cagnasso - Università di Parma).
Per la decima edizione sono attesi ad Ardesio oltre 6mila
visitatori che, in un viaggio enogastronomico attraverso
i sapori della Penisola e oltre confine, potranno assaggiare e acquistare direttamente: vino, olio extra vergine,
salumi, formaggi, miele, birra, sidro, farine e cereali,
zafferano, caffè e tantissime altre prelibatezze.
In continuità con le passate edizioni e con la finalità di
promuovere non solo il territorio di Ardesio e della Val
Seriana ma la cultura enogastronomica, si conferma
l’attenzione costante per la selezione, la qualità e la varietà e soprattutto la possibilità di conoscere degustare
e acquistare i prodotti che da portare in tavola direttamente da chi, con passione e dedizione, li produce.
Oltre alle degustazioni presso gli stand enogastronomici
(sabato e domenica apertura stand 10.30/13 e 16/21),
sono molti gli eventi in programma nel week-end: cene
eco-sostenibili (con utilizzo di materiale bio degradabile) nelle vie del centro storico a base di prodotti tipici
selezionati; “Stappa la fantasia… e tutto si trasforma”
laboratori ludico-creativi per bambini a cura di Artelier; il
concorso Bottiglia DiVina riservato ai vignaioli presenti;
le mostre “Ardesio DiVino nel Mondo” e “10 anni di
Ardesio DiVino” e i numerosi concerti che allieteranno i
visitatori durante le degustazioni.
Per scoprire e riscoprire Ardesio e le sue bellezze, sono
in programma inoltre visite guidate gratuite: sabato e
domenica (dalle 16 alle 18) al MEtA Museo Etnografico
dell’Alta Valle Seriana; domenica (dalle 16 alle 18) al
Santuario della Madonna delle Grazie.
Durante la rassegna da non perdere il progetto "Collio/
Brda. Oltre le linee di un confine immaginario" a cura del
Seminario Veronelli. Si parte venerdì 1° agosto con l’esclusiva cena “DiVina” presso il ristorante Albergo Bigoni: Paolo Tegoni e patron Davide Bigoni ospitano "Cucina
di mescolanza e racconto molteplice: il Collio tra Friuli e
Slovenia in un amour fou di sapori e convivenze”, mentre
sabato e domenica “Incontri e assaggi con vignaioli e
chef del Collio italiano/sloveno”. Il progetto del Seminario Veronelli “Collio/Brda”, attraverso i prodotti, i sapori,
la tradizione e soprattutto le voci di chi vive quel territorio, diviene un’opportunità per incontrarlo e scoprirlo.
37
L’ANGOLO
DEL SINGLE di Marco Bergamaschi
Il cous cous
di Ferragosto
INGREDIENTI PER 1 PERSONA
2 tazzine da caffè di acqua
(circa 200 ml)
2 tazzine da caffè di cous cous
1 pizzico di sale
1 cucchiaio di olio di oliva
1 pomodoro
mezza cipolla affettata a velo
menta a piacere
una punta di harissa
PREPARAZIONE
Fate bollire l'acqua con sale e
olio e poi spegnetela. Aggiungete il cous cous, fatelo riposare
cinque minuti e poi sgranatelo
con una forchetta.
Tagliate il pomodoro, affettate la
cipolla il più sottile possibile e
aggiungeteli al cous cous. Guarnite il tutto con una manciata
di foglie di menta e della salsa
harissa.
CURIOSITÀ
La prima volta che ho assaggiato questo piatto, mi trovavo in
vacanza al mare; era ferragosto e un’amica aveva organizzato una cena in terrazza per festeggiare la ricorrenza principale
dell’estate, che per tutti è sempre sinonimo di allegria, villeggiatura, relax. Tra i piatti proposti, c’era il “Cous cous di Ferragosto”, servito come antipasto insieme ad altre delizie e mi ricordo che ne fui letteralmente folgorato per l’aroma straordinario
e il sapore semplice, ma deciso; da allora e sono trascorsi cinque anni, è diventato una delle mie ricette must per l’estate e
quando lo cucino per gli amici, il risultato è sempre lo stesso:
piace a tutti.
Facilissimo e molto veloce da preparare, rappresenta anche
l’ennesima conferma di quello che sostengo da sempre: spesso il concetto di bontà va a braccetto con quello di semplicità,
alla faccia di chi snobba tutti quei piatti che non richiedono almeno trenta minuti di preparazione e l’obbligo di sporcare duetre padelle. Io quelli li lascio agli altri.
Il cous cous è un piatto tipico della cucina nord-africana, tanto da essere definito il piatto nazionale dei Berberi; ormai diffuso anche in Italia, lo si acquista precotto al vapore in como-
38
de confezioni sugli scaffali di qualsiasi supermercato o negozi
di alimentari. In verità, il metodo tradizionale di preparazione
prevede l'uso di un recipiente per la cottura a vapore chiamato “taseksut” (in lingua berbera) e conosciuto dagli addetti ai
lavori come “cuscussiera”; si compone di due contenitori, uno
inferiore in cui si cuociono le verdure e la carne e uno ad esso
sovrapposto in cui il cous cous si cuoce col vapore del preparato sottostante.
Ma per questa ricetta sono sufficienti una confezione di cous
cous precotto e un pentolino: come ho detto, il risultato sarà
una delizia per il palato. L’unica accortezza è non far cuocere
troppo il cous cous: una volta pronto, deve essere morbido, non
gommoso, né formare grumi. Può essere che le prime volte il risultato non sia proprio eccellente, ma non preoccupatevi: con
l’esperienza diventerete “competenti in materia”.
Infine non dimenticatevi di acquistare l’harissa, una salsa tipica del Nord Africa e diffusa soprattutto in Tunisia, a base di peperoncino rosso fresco e aglio; è in vendita in quasi tutti i supermercati in forma di barattolo e tubetto, ma ricordatevi che è
piccante. Quindi prima di abbondare con le dosi, assaggiatela.
TEATRO
DONIZETTI
Cuvèe Millesimata, birra artigianale Italiana.
Q U AT T R O E R R E