Rassegna_stampa_19_22_4_2014

Rassegna Stampa
Martedì 22 Aprile 2014
Sommario
Testata
Data
Pag. Titolo
p.
1. Fondi pensione
Sole 24 Ore (Il)
20/04/2014
6 Rendite finanziarie - Entro settembre opzione per
l'aliquota light (Tamburro Valentino)
1
Sole 24 Ore (Il)
20/04/2014
6 Zucca - La partita del Fisco arbitro non neutrale
4
(Zucca Paolo)
2. Previdenza
Italia Oggi
22/04/2014
31 Esodati, domande entro il 16/6 (De Lellis Carla)
5
Italia Oggi
22/04/2014
36 Ricostruzioni sbagliate, chi paga (Di Geronimo
6
Antimo)
Estratto da pag.
Domenica
20/04/2014
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Direttore Responsabile
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Roberto Napoletano
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SPECIALE IRPEF, IRAP E RISPARMIO Rendite finanziàrie Pianificazione II nuovo regime in
vigore da luglio impone ai risparmiatori di valutare dismissioni e la scelta per il ricalcolo dei valori
Entro settembre opzione per l'aliquota light La comunicazione per
l'affrancamento permetterà di evitare almeno in parte l'aumento al
26%
Gli effetti delle nuove regole Evoluzione della tassazione sulle rendite finanziarie nel periodo
2010-2014 OBBLIGAZIONI Strumento finanziario A - Obbligazioni emesse da una società di capitali
italiana B-BTp decennali Capitale investito 50.000,00 50.000,00 Interessi(tasso di rendimento 4%)
2.000,00 2.000,00 Differenza (A-B) Imposta dovuta Biennio 2010-2011 (aliquota 12,5%) 250,00
250,00 O Periodo 201230 giugno 2014* 400,00 250,00 150,00 Dal mese di luglio 2014** 520,00
250,00 270^00 PLUSVALENZE Strumento finanziario C - Partecipazioni non qualificate D Partecipazioni qualificate Plusvalenza realizzata 2.000,00 2.000,00 Aliquote Irpef Aliquota min. 23%
(parte imponibile: 49,72%) Differenza (C-D) Imposta dovuta Biennio 2010-2011*** 250,00 228,71
21,29 Periodo 201230 giugno 2014*** 400,00 228,71 171,29 Dal mese di luglio 2014*** 520,00
228,71 291^29 520,00 427,59 Nota: «l'aliquota applica bi le agli interessi deriva nti da obbligazioni
emesse da società private è pari al20% mentre quella applicabile agli interessi deriva nti da BTp è pari
al 12,5%;** l'aliquota applica bileagliinteressi derivanti da obbligazioni emesse da società private sarà
pari al26%. L'aliquota sugli interessi derivanti da BTp rimarrà ferma al 12,5%; *** l'aliquota
applicabile alle plusvalenze relative a partecipazioni non qualificate è pari a: 12,5% per il biennio
2010-2011; 20% per il periodo 2012-30 giugno 2014; 26% da luglio 201 A. Le plusvalenze relative a
partecipazioni qualificate sonoinvece tassate con le aliquote progressive Irpef in ragione del49,72% del
loroammontarein ciascuno dei tre periodi.
Valentino Tamburro L'aumento
della tassazione delle rendite
finanziarie, da cui sono esclusi i
titoli di Stato, non solo amplierà
ulteriormente il differenziale tra la
tassazione di titoli pubblici (12,5%)
e privati (26%), ma renderà in ogni
caso più mite la tassazione delle
partecipazioni qualificate rispetto a
quelle non qualificate. Nello schema
che contiene il riepilogo della
tassazione delle rendite finanziarie
nel periodo 2010-2014 si può
facilmente rilevare che i
contribuenti che detengono
partecipazioni qualificate, anche se
rientrano nello scaglione Irpef più
alto (43%),
ILVANTAGGIO Nelle
partecipazioni qualificate
invariata la percentuale del
49,72% che determina la quota
di i m po ni bilità
Fondi pensione
saranno tassati in ogni caso in
misura più favorevole rispetto a
coloro che realizzano redditi
relativi a partecipazioni non
qualificate, ai quali si renderà
applicabile l'aliquota del 26 per
cento. Questo disallineamento
èdovutoalfattocheil
provvedimento non ha apportato
alcuna modifica alla percentuale
del 49,72%, che determina la
quota di imponibilità delle
plusvalenze e dei dividendi
relativi a partecipazioni
qualificate. Applicando l'aliquota
massima Irpef (43%) alla predetta
percentuale di imponibilità e
tenendo anche presente l'effetto di
addizionali regionali e comunali,
non considerati nell'esempio in
quanto variano da città a città,
l'aliquota effettiva sui redditi
derivanti da partecipazioni
qualificate sarà difficilmente
superiore alla quota del 22,4 per
cento. Quanto alle non qualificate,
entro il 30 settembre 2014,
senza provvedere ad alcun smobi-
lizzo dei titoli in portafoglio, i
contribuenti in regime di
risparmio amministrato
potranno comunicare al proprio
intermediario finanziario
l'intenzione di avvalersi
dell'affrancamento del valore
delle quote, dei titoli e dei
certificati inclusi nel rapporto
di custodia o amministrazione
titoli. In tal modo la nuova
aliquota del 26% sarà applicata
esclusivamente sul luglio 2014.
Una volta esercitata l'opzione,
il nuovo valore di carico dei
predetti strumenti finanziari
sarà pari a quello di mercato,
rilevato alla data del 30 giugno
2014, nel caso in cui questi
ultimi siano quotati in un
mercato regolamentato. Per gli
strumenti finanziari
partecipativi non quotati il
valore da assumere va rilevato
dal bilancio dell'entità giuridica
partecipata e sarà pari alla frazione
del patrimonio netto dell'ente
detenuto dal contribuente. Come
già avvenuto in passato, dovrebbe
essere ammessa anche la
possibilità di effettuare una
valutazione del patrimonio netto
sulla base di un'apposita relazione
giurata di stima redatta da un
professionista. L'imposta del 20%,
che graverà sulle plusvalenze
oggetto di affrancamento, sarà
versata entro il 16
Pag.
1
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novembre 2014 da parte degli
intermediari finanziari stessi, una
volta che avranno ricevuto
provvista dal cliente. I
contribuenti che detengono
strumenti finanziari con il regime
dichiarativo potranno avvalersi di
tale facoltà compilando un
apposito quadro nella
dichiarazione dei redditi che
verrà presentata il prossimo anno
con riferimento al periodo
d'imposta 2014. In tal caso il
versamento dell'imposta
sostitutiva dovrà essere effettuato
sempre entro il 16 novembre
2014, a cura del contribuente
stesso. Come già è avvenuto in
occasione dell'aumento della
tassazione delle rendite
finanziarie entrato in vigore il 1°
gennaio 2O12, con riferimento
alle minusvalenze realizzate
prima di tale data, anche le
minusvalenze già realizzate alla
data del 30 giugno 2014 non
saranno pienamente
compensabili con le luglio.
Considerato che per determinare
la percentuale di deducibilità
delle minusvalenze nel momento
del loro utilizzo in
compensazione bisogna tenere
conto dell'aliquota applicabile
alle plusvalenze, in vigore però
al momento di realizzazione
delle prime, ne consegue che a
partire dal i ° luglio 2014 le
minusvalenze realizzate fino al
31 dicembre 2O11 saranno
deducibili nella misura del
48,08% del loro ammontare, men
tre quelle 30 giugno 2014
saranno deducibili nella misura
del 76,92% del loro ammontare.
O Ipro L'au mento
della tassazione ha
effetti limitati sulle
partecipazioni
qualificate alle quali
difficilmente verrà
applicata una
aliquota superiore al
22,4 per cento I
contro Diminuisce,
anche di oltre il 50
per cento, il valore
delle minusvalenze
realizzate in passato
e utilizzabili in
compensazione con
le plusvalenze
Fondi pensione
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Gestione del portafoglio. Quando è vantaggioso lo smobilizzo Test di
convenienza tra plus e minus
L'incremento dal 20% al 26%
della tassazione relativa ai
proventi di natura finanziaria
derivanti da strumenti diversi dai
titoli di Stato avrà effetto non solo
sulle scelte di investimento di
piccoli e grandi investitori, ma
provocherà molto probabilmente
anche un incremento degli oneri
finanziari che le imprese
sopporteranno in occasione
dell'emissione di nuovi prestiti
obbligazionari. L'eccessiva
penalizzazione fiscale dei titoli
emessi da società di diritto privato
a vantaggio di titoli pubblici, i cui
proventi continueranno a essere
tassati nella misura del 12,5%,
rende sicuramente quest'ultimo
tipo di investimento più
vantaggioso dal punto di vista
fiscale. Ma la variabile fiscale non
è l'unica che influenza le scelte
degli investitori. A titolo di
esempio, il rendimento lordo del
BTp decennale, sceso di recente al
3,08%, è più basso se paragonato
a quello offerto da molte
obbligazioni corporate aventi un
rating compara
bile con quello dei titoli di
Stato italiano, a parità di
durata e al netto degli oneri
fiscali. La nuova aliquota del
26% si applicherà agli
interessi che diventeranno
esigibili a partire dal 1°
luglio 2014 anche se relativi
a titoli emessi prima di tale
data. Allo stes NUOVE
EMISSIONI Per compensare
l'incremento della tassazione
i bond dei privati dovranno
probabilmente alzare i
rendimenti
so modo, la nuova aliquota sarà
applicabile alle plusvalenze
realizzate a partire dal i ° luglio
2014 indipendentemente dalla
data di acquisto del titolo. Per le
plusvalenze relative a
partecipazioni non qualificate
realizzate entro il 30 giugno
2014 continuerà ad applicarsi
l'aliquota del 20%, anche se il
gennaio 2012 mentre quelle
realizzate prima di tale data
saranno deducibili nella misura del
62,5% del loro ammontare. A
partire dal i ° luglio la percentuale
di deducibiuta delle minusvalenze
pregresse scenderà. Per un
contribuente interessato allo
smobilizzo del proprio
investimento la cessione del "titolo
plusvalente" prima del i "luglio
2014, in presenza di minusvalenze
pari almeno al valore della
plusvalenza che andrà a rea-
lizzare, rappresenta una scelta
più vantaggiosa rispetto a quella
dell'affrancamento, vista la
mancanza d'interesse alla
detersione del titolo. La nuova
aliquota del 26%, qualora il
contribuente non opti per
l'affrancamento del valore
dell'investimento alla data del 30
giugno 2014, tramite il
versamento di un'imposta del
20%, colpirà tutto il plusvalore
che si è formato dalla data di
acquisto del titolo sino alla data
di cessione del medesimo. La
tassazione delle plusvalenze
riguarda spesso un reddito che si
è formato in più anni, senza che
sia previsto alcun correttivo per
neutralizzare l'effetto causato
dall'inflazione, che in alcuni casi
potrebbe anche azzerare un
guadagno avente un tasso molto
vicino o uguale a quello
dell'inflazione stessa. Sarebbe
quindi opportuna l'introduzione
di un correttivo che tenga conto
dell'inflazione e che pennetta di
tassare una capacità contributiva
effettiva e reale, in luogo di una
capacità contributiva
"annacquata" dall'aumento del
costo della vita. Val. T.
©RIPRODUZIONE
RISERVATA
62,5% Scadenza Eniro il 30
settembre si potrà decidere
se ricorrere all'affrancamento
che consente di pagare
un'imposta del 20% sul
valore dell'investimento alla
data del30 giugno 2014. In
caso contrario l'aliquota del
26% si applicherà su tutto il
plusvalore determinato dalla
data di acquisto a quella di
cessione del titolo 30
Minusvalenze Fino al30
giugno le minusvalenze
realizzatedall" gennaio 2012
sono pienamente deducibili.
Quelle relative al 2011 e
anteriori sono deducibili per
il62,5% del loro ammontare
corrispettivo sarà percepito in una
data successiva. L'unica via
percorribile dal contribuente per
evitare l'applicazione dell'aliquota
del 26% su tutto il plusvalore
maturato è quella
dell'affrancamento del valore degli
strumenti in portafoglio, da
effettuarsi entro il 30 settembre
2014, con riferimento però ai
valori alla data del 30 giugno 2014
Per quanto riguarda le
minusvalenze, entro il 30 giugno
2014 saranno pienamente
deducibili
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Previdenza. Si attende il testo ufficiale del decreto per conoscere la nuova tassazione Rischio-aumenti per le
Casse MatteoPrioschi L'innalzamento delle aliquote sulle rendite finanziarie dovrebbe riguardare, loro
malgrado, anche le Casse di previdenza dei professionisti. Nella bozza del decreto legge, infatti, non è
prevista alcuna esenzione per questi enti che contano oltre due milioni di iscritti. Da luglio, quindi, al pari di
tutti gli altri investitori dovranno fare i conti con una tassazione sui rendimenti che nella maggior parte dei
casi sale dal 20 al 26 per cento. Una prospettiva che, se confermata, determinerebbe un aggravio per i conti e
i rendimenti delle Casse e amplierebbe ulteriormente il divario rispetto ad altre forme previdenziali, come
sottolinea Andrea Camporese, presidente dell'Associazione degli enti previdenzialiprivati (Adepp): «Se
fosse confermata la tassazione al 26% anche per le Casse, si realizzerebbe una gravissima lesione del diritto,
per gli iscritti, a essere considerati uguali agli altri cittadini italiani ed europei, dato che chi versa all'Inps non
è soggetto ad alcuna tassazione, mentre in Europa chi è iscritto alle Casse private ha una tassazione
compresa tra lo zero e il tre per cento». Inoltre si amplierebbe la differenza di trattamento con i fondi di
previdenza complementare che, pur non obbligatori, fruiscono di una tassazione sulle rendite all'u% per
cento. Le Casse privatizzate, invece di vedersi ridurre questa forbice, da luglio rischiano di assistere a un
incremento delle disparità, oltre al fatto che da tempo lamentano il peso fiscale della doppia tassazione:
quella a loro carico sui rendimenti e quella sulle prestazioni.gravante sugli iscritti, al lordo dei rendimenti
già tassati. Il conto a carico degli enti rappresentati dali'Adepp determinato dal previsto aumento delle
aliquote è presto fatto: già oggi la tassazione delle rendite al 20% costa alla previdenza privata circa 450
milioni di euro che equivale a una riduzione delP8% delle prestazioni; con l'aliquota al 26% si sale a circa il
12% delle prestazioni attese. «Nel caso in cui fosse confermato l'aumento - aggiunge Camporese - reagiremo
in tutte le sedi sia sul piano giuridico che legislativo, considerando questo atto un vero e proprio scandalo
che non ha nulla a che vedere con l'equità sociale affermata dal Presidente del Consiglio dei ministri».
©RIPRODUZIONERISERVATA Europa e Italia v Secondo un rapporto redatto dalPEuropean social
observatory (Ose) di 24 Paesi dell'Unione europea che hanno un secondo pilastro previdenziale, 17 tassano
solo le prestazioni, lasciando esenti i contributi e i rendimenti al momento della loro maturazione. In Italia,
invece, si tassano sia i rendimenti che le prestazioni v In Italia, inoltre, c'è una differenza tra le regole
applicate alle Casse di previdenza private e i fondi pensione complementari. La tassazione sui rendimenti è
ora al 20% per le prime e all'11% per le seconde. Più onerosa per le Casse anche la tassazione delle
prestazioni
Fondi pensione
Pag.
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Paolo Zucca L'ANALISI
La partita del Fisco
arbitro non neutrale
Nella voce "rendite
finanziarie" c'è di tutto, il
capital gain di Borsa e gli
interessi del conto corrente.
Chi opera con una prospettiva
di guadagni a breve e le
famiglie che contano su
un'entrata aggiuntiva, stabile
negli anni, proveniente dai
risparmi accumulati negli
anni. Non ci sono solo
strumenti diversi, ci sono
anche comportamenti di
investimento diversi ora finiti
in unico maxi-intervento.
L'incremento dal 20 al 26%
della tassazione su gran parte
dei rendimenti dei prodotti
finanziari ha confermato la
volontà di lasciare allo Stato
una corsia preferenziale.
Restano al 12,5% i titoli del
debito pubblico e gli
equiparati, sovrannazionali
compresi. Arretrano
ulteriormente dalla linea di
partenza le obbligazioni
bancarie e delle imprese, conti
di deposito, fondi comuni (sul
maturato) e tanto altro che è
ben presente nei portafogli
delle famiglie. Resta, e c'erano
pochi dubbi, il vantaggio dei
buoni postali distribuiti in tutta
Italia dal principale
concorrente delle banche
italiane. A metà aprile il
presidente dell'Abi, Antonio
Patuelli, aveva auspicato in
un'audizione parlamentare al
Senato «la rimozione di alcune
delle distorsioni esistenti,
quale la discriminazione tra la
raccolta bancaria e i buoni
postali per effetto di una
equiparazione tra risparmio
postale e quello pubblico
risalente a tempi remoti». Con
il passaggio dal 20 al 26% lo
scarto di vantaggio iniziale fra
i prodotti pubblici (12,5%) e
gran parte dei privati è
lievitato dal 60 al 108 per
cento. Un handicap accentuato
dall'imposta dibolloealtri oneri
che appesantiscono l'offerta
dei prodotti delle imprese,
delle banche, delle compagnie
assicurative e delle
Fondi pensione
società di gestione.
Considerando il bollo del 2 per
mille del capitale il cliente
retail delle banche finirebbe
per pagare - nel calcolo
dell'Abi su un rendimento
ipotizzato al 2% - il 36 per
cento di tassa. Non è un caso
che otto associazioni (e fra
queste Ania, Abi,
Assogestioni) stiano
ragionando da tempo per
proporre, con un'unica voce,
una rimodulazione della
tassazione delle rendite da
impieghi del risparmio. Più
omogenea all'interno e più
coerente con il quadro
europeo. Più orientata al lungo
termine. Il mal di pancia c'è ed
è evidente. La completa
neutralità fiscale resta un
obiettivo teorico, il Governo si
riserva di incoraggiare la
sottoscrizione del debito
pubblico e semmai il
risparmio previdenziale. Infatti
i fondi pensione mantengono,
come imposta sostitutiva, l'ii
per cento. Per i risparmiatori,
che almeno fino al 30 giugno
hanno la possibilità di
riflettere - e intervenire-sulle
contromosse possibili, risulta
evidente che l'unico
rendimento da tener presente
nelle vantazioni sarà più che
mai quello al netto delle tasse
e dai bolli. Ed è possibile
effettuare l'affrancamento che,
introdotto per evitare impatti
eccessivi dei cambi di
fiscalità, separa i redditi
maturati prima e dopo l'entrata
in vigore dell'innalzamento di
aliquota. Altre rivisitazioni
delle scelte di portafoglio sono
possibili e non è un dramma
modificarne alcune. In questo
caso la variabile da tenere
presente è l'incidenza del fisco
su un buon numero di prodotti
finanziari.
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Martedì
22/04/2014
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CIRCOLARE
Esodati, domande
entro il 1616 DI
CARLA DE
LELLIS
Domande entro il 16 giugno (il
15 è festivo) per gli esodati
della quinta tranche. Lo
stabilisce il ministero del
lavoro nella circolare n.
10/2014, illustrando il dm 14
febbraio che in attuazione
della legge Stabilità 2014 ha
autorizzato il contingente di 17
mila esodati. Le domande
vanno presentate all'Inps da
parte dei lavoratori autorizzati
alla prosecuzione volontaria
prima del 4 dicembre 2011; in
mobilità ordinaria al 4
dicembre 2011 e autorizzati
alla volontaria dopo tale data;
autorizzati alla prosecuzione
volontaria prima del 4
dicembre 2011, ancorché al 6
dicembre 2011 non abbiano un
contributo volontario
accreditato o accreditabile. I
lavoratori il cui rapporto si è
risolto entro il 30 giugno 2012
in ragione di accordi
individuali o di accordi
d'incentivo all'esodo entro il 31
dicembre 2011; il cui rapporto
si è risolto dopo il 30 giugno
2012 ed entro il 31 dicembre
2012 in ragione di accordi
individuali o di accordi
d'incentivo all'esodo stipulati
entro il 31 dicembre 2011; o il
cui rapporto sia cessato per
risoluzione unilaterale tra il 1°
gennaio 2007 e il 31 dicembre
2011 devono invece presentare
la domanda alla dirczione
territoriale del lavoro (dti). Il
termine è il 16 giugno.
Previdenza
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Prima della pensione, Famministrazione rivede tutto il servizio. A
volte i conti non tornano Ricostruzioni sbagliate, chi paga 11 prof
deve restituire il non dovuto solo per 10 anni
DI ANTMO Di GERONIMO Se
la scuola sbaglia la ricostruzione
di carriera, e l'ufficio scolastico se
ne accorge dopo 20 anni, il
lavoratore non deve restiruire tutti
i soldi indebitamente percepiti.
Ma «solo» quelli degli ultimi 10
anni. E in ogni caso, i calcoli per
determinare il dovuto vanno fatti
sull'importo netto della
retribuzione e non sul lordo. Lo
ha stabilito il giudice del lavoro di
Potenza con una sentenza
depositata il 17 dicembre scorso
(r.g.311/2013). Il provvedimento,
di cui si è avuta notizia solo in
questi giorni, mette a nudo il
problema dei ritardi cosmici
accumulati dagli uffici scolastici
nell'immissione dei
provvedimenti di ricostruzione di
carriera Vale a dire, i
provvedimenti con i quali
l'amministrazione scolastica
riconosce al lavoratore i servizi
prestati prima dell'immissione in
ruolo. E sulla base di tale
riconoscimento corrisponde
all'interessato una maggiorazione
dell'anzianità di servizio che si
concreta in un aumento di
stipendio
e, talvolta, anche nella
corresponsione degli arretrati.
Peraltro, non sono rari casi di
lavoratori che ottengono la
ricostruzione di carriera definitiva
a ridosso della pensione. In quella
occasione vanno incontro alla
sgradita sorpresa di dovere
restituire all'amministrazione
scolastica somme considerevoli.
Ciò è dovuto al fatto che, in
passato, proprio per attutire gli
effetti della lentezza della
macchina amministrativa, le scuole
emettevano provvedimenti
provvisori di ricostruzione di
carriera. Che però venivano
formati, per così dire, con riserva.
Perché
il provvedimento definitivo era
comunque di competenza del
provveditorato. A ciò va aggiunto
il fatto che esiste un legge che
consente all'amministrazione di
evitare gli effetti della
prescrizione. E quindi i
provveditorati se la prendevano
comoda. Resta il fatto, però, che
esisteva comunque
Previdenza
una disposizione che fissava in 480
giorni il termine entro cui
l'amministrazione era tenuta a
formare il provvedimento
definitivo. E quindi, mettendo
insieme le due cose, nulla lasciava
intendere che il provveditorato
potesse accumulare 20 o
30 anni di ritardo prima di
concludere il procedimento. Va
detto subito, peraltro, che la
questione riguarda solo i
lavoratori della scuola immessi
in ruolo prima del 2000. A
partire da quella data, infatti, la
competenza in materia di
ricostruzione di carriera è passata
ai dirigenti scolastici. E ciò ha
ridotto fortemente i tempi di
formazione dei provvedimenti.
Resta il fatto, però, che i casi di
ricostruzione tardiva sono
migliaia. E la dirczione
provinciale del mineconomia,
quando scopre che i lavoratori
hanno percepito più del dovuto,
non si fa scrupoli nell'inviare
provvedimenti di ingiunzione
con cifre che possono superare
anche i SOmila euro. Ciò si
traduce in un'inaspettata
«cessione del quinto dello
stipendio» che si cumula alla
retrocessione dell'importo della
retribuzione mensile nell'ordine
di uno o due gradoni. Dunque,
come sempre succede in questi
casi, la parola è passata ai giudici
del lavoro. Che si stanno
gradualmente orientando verso
una soluzione salomonica. La
decisione si disco
crediti vantati
dall'amministrazione. In ciò
derogando una legge speciale
che, per contro, dispone che in
questi casi la prescrizione non
debba scattare mai. Quanto alla
sentenza del 17 dicembre, va
segnalato, inoltre, che il giudice
ha censurato la dirczione
territoriale del mineconomia
affermando che l'importo da
restituire, in ogni caso, va
calcolato al netto delle imposte
e non sul lordo.
sta in parte dalla posizione ormai
consolidata della Corte dei conti
in riferimento ad una situazione
analoga che, però, riguarda le
pensioni. I giudici contabili sono
concordi nel ritenere che, se
l'amministrazione sbaglia
l'importo degli emolumenti, il
lavoratore, se passano molti anni,
non deve restituire nulla. I
giudici del lavoro, invece,
ritengono che la restituzione va
fatta. Ma solo per quanto
riguarda gli emolumenti
indebitamente percepiti negli
ultimi 10 anni. In buona
sostanza, i giudici ordinari stanno
semplicemente applicando la
prescrizione decennale ai
Pag.
6