TECNICHE VOLTAMMETRICHE Le tecniche voltammetriche utilizzano il potenziostato, quindi un sistema a tre elettrodi, per ricavare la relazione tra corrente e potenziale dell’elettrodo lavorante, al variare del potenziale nel tempo. Il processo elettrodico risulta condizionato dal trasporto di materia e, a seconda del processo stesso, potrebbe essere condizionato anche dal trasferimento elettronico (TE). Se il TE è relativamente veloce (vedremo più avanti che “relativamente” riguarda principalmente la velocità con cui viene variato il valore del potenziale elettrodico), si parla di processo reversibile, nel qual caso lo stadio lento è il trasporto di materia che, come abbiamo visto al capitolo 3, può essere limitato alla sola diffusione (in tal caso si parla di controllo diffusivo del processo elettrodico). Nel caso in cui il TE sia lento, si parla di processo irreversibile, per il quale pesa sia la lentezza del TE che la diffusione. Infine, quando il TE non è veloce, ma neanche troppo lento, si parla di processo quasi-reversibile, per il quale, ancora una volta, pesa sia la lentezza del TE che la diffusione. Il responso voltammetrico dipende, ovviamente, dal tipo di processo con cui si ha a che fare, ma anche dalle condizioni che governano il trasporto di materia. Le due principali tecniche voltammetriche riguardano infatti: (i) la possibilità di avere una convezione controllata, che governa la diffusione all’elettrodo (caso dell’elettrodo a disco rorante, Rotating Disk Electrode, RDE); (ii) elettrodo e soluzione stazionari (caso della voltammetria lineare e ciclica). 4.1 ELETTRODO A DISCO ROTANTE L’elettrodo a disco rotante (RDE) è costituito semplicemente da un disco di materiale conduttore elettronico (un metallo, come Pt, Au, Ag, Cu, ecc.; oppure glassy carbon GC), saldato ad un cilindro di metallo, il tutto incorporato in una corona cilindrica di materiale isolante (tipicamente teflon o altre resine epossidiche, a seconda dell’ambiente in cui deve essere usato). Il disco elettrodico è centrato ed ortogonale rispetto all’asse del cilindro e tale dispositivo viene agganciato all’albero di un motorino che imprime il moto rotatorio attorno all’asse del cilindro (Figura IV.1). Durante la rotazione il cilindro di metallo (stelo, generalmente di ottone), mantiene il collegamento elettrico tra il disco ed il cavo che collega l’RDE al potenziostato, mediante un contatto a spazzola (generalmente argento-carbonio). Il parametro fondamentale per l’RDE è la velocità angolare w (rad s-1) = 2pf, dove f è la frequenza, cioè il numero di giri al secondo, che può essere modulata liberamente mediante il controllo, anche programmabile, del motorino. In questo caso, la rotazione dell’elettrodo attira la soluzione verso la propria superficie con un moto lineare ortogonale alla superficie elettrodica; una volta raggiunta la superficie, la forza centrifuga spinge radialmente la soluzione verso l’esterno, per cui viene continuamente Fig. IV.1. Rappresentazione schematica di rimpiazzata da nuova soluzione. Il profilo della velocità in un RDE. prossimità dell’RDE è stato ricavato rigorosamente (da von Karman e Cochran) risolvendo le equazioni differenziali idrodinamiche. In maniera molto schematica, tale profilo di velocità può essere rappresentato come in Figura IV.2. Di fatto, il profilo di velocità che si realizza, equivale ad avere un profilo di concentrazione per le specie presenti in soluzione, come quello rappresentato in Figura IV.3. Ciò significa, praticamente, 61 che la concentrazione di una specie è costante in tutta la soluzione, pari quindi a C* (per il moto convettivo della soluzione impresso dalla rotazione dell’elettrodo), fino alla distanza d dalla superficie elettrodica, che definisce lo spessore costante dello strato diffusivo, entro il quale il trasporto di materia avviene esclusivamente per diffusione. Il valore dello spessore d dipende dalla velocità di rotazione secondo la relazione d = 1.61 ⁄ ω ⁄ n ⁄ (IV.1) (IV.1) dove D è il coefficiente di diffusione della specie in questione, w è la velocità angolare dell’RDE e n è la viscosità cinematica (cm2/s), cioè il rapporto tra la viscosità h e la densità r. Fig. IV.2 Profili di velocità in prossimità di un Naturalmente, il profilo di concentrazione dipende dal elettrodo rotante. valore di c(0,t) per la specie in esame, e tale valore dipende dal potenziale elettrodico, come vedremo tra poco. Se siamo in condizioni di elevata sovratensione, ad esempio, per il processo di riduzione di una specie O (equazione IV.2) O + ne- R (IV.2) per cui la concentrazione di O sulla superficie elettrodica cO(0,t) = 0, il che significa che tutte le molecole di O, come arrivano sulla superficie elettrodica, vengono immediatamente ridotte, il profilo di concentrazione sarà come quello riportato in Figura IV.3, dove y è la distanza dalla superficie elettrodica (in questa figura viene usata y come coordinata lineare, in un sistema di coordinate cilindriche y, r, f, mentre noi continueremo ad usare x). Il responso voltammetrico dell’RDE, può essere ricavato dalla relazione tra corrente e gradiente di concentrazione sulla superficie elettrodica, cioè ad x = 0, e dalla relazione tra concentrazione sulla superficie elettrodica cO(0,t) ed il potenziale elettrodico E. Quest’ultima relazione dipende dal tipo di TE Fig. IV.3 Profilo di concentrazione su un RDE. che è coinvolto nel processo elettrodico. Consideriamo il caso in cui si abbia trasporto di materia solo per diffusione, com’è il caso dell’RDE, con diffusione lineare semi-infinita e TE relativamente veloce. Il TE è quindi reversibile, cioè sempre all’equilibrio; il potenziale elettrodico è espresso dall’equazione di Nernst in funzione però delle concentrazioni sulla superficie elettrodica E = Eo + RT cO (0 , t ) ln nF c R ( 0 , t ) h = E - Eeq = Eeq = E o + RT cO (0, t ) cR* ln nF cO* cR (0, t ) mentre la densità di corrente è sempre data dal flusso a x = 0 62 RT cO* ln nF cR* æ ¶c ( x ,t ) ö j = nFJ O (0 ,t ) = -nFDç O ÷ è ¶ x ø x =0 Si hanno due tipologie di comportamenti sperimentali: · flusso costante (gradiente costante): I Legge di Fick · flusso variabile (gradiente variabile): II Legge di Fick Il flusso costante può essere realizzato agitando la soluzione in modo continuo e riproducibile (convezione forzata, RDE) oppure ripristinando continuamente la soluzione in prossimità dell’elettrodo (elettrodo a goccia di Hg, polarografia). La situazione che si realizza con un elettrodo a disco rotante può essere schematizzata come indicato nella figura IV.4, dove si vedono le dimensioni tipiche del doppio strato elettrico: 0.1 nm 1 nm 10 nm 0.1 mm 1 mm 10 mm 0.1 mm 1 mm log x IHP OHP D.S. diffuso limite strato strato diffusivo idrodinamico zona stagnante zona in moto cO(x,t) * cO cO(0,t) 0 d x Fig. IV.4 Dimensioni tipiche degli strati adiacenti alla superficie elettrodica e profili di concentrazione per un RDE OHP è il piano esterno di Helmholtz dove è generalmente posizionata la specie elettroattiva O al momento del TE; IHP è il piano interno di Helmholtz dove possono trovarsi specie chimiche che danno adsorbimento specifico; si ha poi il cosiddetto doppio strato diffuso dove la distribuzione delle molecole è condizionata dall’agitazione termica (per cui si ha la tipica distribuzione esponenziale di Boltzmann). Più esteso è lo strato diffusivo, il cui spessore dipende dal sistema e dalle condizioni idrodinamiche (ad esempio dalla velocità di rotazione dell’elettrodo rotante). Infine, si ha il resto della soluzione soggetta alle particolari condizioni idrodinamiche (agitata costantemente nel caso dell’elettrodo rotante, stazionaria nel caso di elettrodo stazionario). Il profilo di concentrazione nel caso di un RDE è del tipo indicato: la concentrazione è costantemente uguale a cO* per distanze maggiori di d, mentre ha un andamento praticamente lineare per 0 £ x £ d, con una curvatura di raccordo per x » d. Naturalmente il gradiente, che è costante entro lo straterello d, dipende da cO(0,t), da d e da cO* ed è massimo quando cO(0,t)=0. Si ricava facilmente la relazione tra i e c: * - cO (0, t ) dcO cO = dx d (J O )x =0 = - D * - cO (0, t ) cO d = ( J O )0£ x £d = j nF Consideriamo ad esempio il processo O(sol) + ne R(sol) in cui sia presente solo la specie O. Se consideriamo positiva la corrente del verso catodico, 63 avremo: (J O )x =0 = -(J R )x =0 c* - cO (0, t ) c* - cR (0, t ) æ dc ö æ dc ö j = - nFDO ç O ÷ = nFDR ç R ÷ = - nFDO O = nFDR R d d è dx ø x = 0 è dx ø x =0 c* jd = nFDO O d dove cR* = 0. Quando cO(0,t) = 0, la densità di corrente raggiunge il massimo valore possibile, che viene definito corrente limite di diffusione id. Utilizzando l’equazione di Nernst si può ricavare la relazione tra i ed E: E = Eo + = Eo + RT aO (0, t ) RT g OcO (0, t ) ln = Eo + ln = nF aR (0, t ) nF g R cR (0, t ) RT g O RT cO (0, t ) RT cO (0, t ) ln + ln = E° + ln nF g R nF cR (0, t ) nF cR (0, t ) dove, E ° è il potenziale formale (quando cO/cR = 1) a volte indicato anche con E °’, mentre E o è il potenziale standard (quando aO = aR = 1). Si ottiene quindi: cO (0, t ) = dj djd nFDO nFDO cR (0, t ) = - dj nFDR dove jd è il valore limite della corrente (in questo caso catodica), che si raggiunge quando il flusso di O è massimo, cioè quando si ha il massimo gradiente per cO, che si realizza quando cO(0,t) = 0. Allora possiamo scrivere l’equazione di Nernst utilizzando le espressioni su scritte per le concentrazioni sulla superficie elettrodica djd dj RT nFDO nFDO RT DR RT jd - j E = E° + ln = E° + ln + ln d j nF nF DO nF j nFDR E = E 12 + RT jd - j ln nF j E 12 = E ° + RT DR ln » E° nF DO L’andamento di i in funzione di E è del tipo seguente: ic E id id /2 E½ E½ log[(id-i)/i] -E Pendenza = zona controllo cinetico del TE 2.3RT nF a 25 °C = 59.1/n mV Fig. IV.5 Curva i-E per un TE reversibile su RDE e criterio diagnostico per la reversibilità (i sta per j). 64 Si ha cioè un’onda a gradino nella quale, quando E diventa abbastanza negativo, j raggiunge il valore limite jd e rimane costantemente a tale valore con il classico plateau (almeno finché non si inserisce un nuovo processo catodico). Il valore E½, che è dato dall’equazione su scritta, rappresenta il valore del potenziale che si ha quando la corrente è uguale a jd/2. Come si può constatare, si tratta di un parametro importante poiché risulta sostanzialmente uguale al potenziale formale, dato che DR » DO. Una caratteristica importante di questo responso voltammetrico (è evidente che la curva j-E di Figura IV.5 si ricava facendo variare il potenziale elettrodico da un certo valore iniziale al valore finale, in questo caso più negativo del primo; come vedremo più avanti, in voltammetria tale variazione viene realizzata generalmente con una legge lineare in funzione di t) è l’andamento lineare di log[(jd - j)/j] contro E, con il valore della pendenza su indicato. Un tale comportamento è una indicazione sufficiente per poter considerare il processo elettrodico “reversibile”, cioè con una costante standard di TE k0 abbastanza elevata. id,c E½ -E id,a Eeq Fig. IV.6 Curva i-E per un TE reversibile su RDE, in presenza sia di O che di R in soluzione (i sta per j). Nel caso siano presenti in soluzione sia O (cO*) che R (cR*), il responso voltammetrico sarà come riportato in Figura IV.6, dove Eeq è il valore dato dall’equazione di Nernst con le concentrazioni cO* e cR*, in corrispondenza del quale j = 0, dato che siamo in condizioni di equilibrio, mentre E½ corrisponde al valore in cui si ha j = (jd,a + jd,c)/2. In questo caso compare sia la corrente limite catodica jd,c che la corrente limite anodica jd,a; la prima si ha quando E è abbastanza più negativo di Eeq per cui cO(0,t) = 0, mentre la seconda si ha quando E è abbastanza più positivo di Eeq per cui cR(0,t) = 0. c* - cO (0, t ) c* - cR (0, t ) j = -nFDO O = nFDR R d d cO (0) = dj dj - d ,c nFDO nFDO cR (0) = jd,i = E = E° + djd, a dj nFDR nFDR nFDici* d RT DR RT jd ,c - j RT jd ,c - j ln + ln = E 12 + ln nF DO nF j - jd,a nF j - jd,a Ovviamente, la situazione è del tutto analoga (basta invertire i segni) se si studia un processo di ossidazione. Vale la pena di sottolineare che tutta la trattazione che abbiamo sviluppato in questo capitolo, come pure quella che seguirà, fanno ancora riferimento alla vecchia convenzione elettrochimica che considerava positiva la corrente nel verso catodico e negativa quella nel verso anodico. Le relazioni su ricavate valgono nell’ipotesi che c(0,t) vari lentamente nel tempo, per cui le 65 variazioni di E devono essere abbastanza lente (dell’ordine di pochi mV s-1). Dalla soluzione delle equazioni per il regime idrodinamico generato dall’RDE, si ricava la relazione che quantifica la densità di corrente limite (corrispondente cioè al plateau), nota come equazione di Levich (se si vuole la corrente, anziché la densità di corrente, basta moltiplicare per l’area dell’elettrodo A) , = , = 0.620n ⁄ ω ⁄ n ⁄ ∗ da cui si vede che la densità di corrente, oltre a dipendere dalla viscosità cinematica della soluzione (n = h/r), dipende dalla velocità angolare w alla ½. Diagrammando jd,c contro w½ si ricava quindi una retta dalla cui pendenza è possibile ricavare n se si conosce D, oppure D se si conosce n, nota la viscosità e la densità del solvente. Se si conoscono anche n e D, è possibile ricavare il valore di ∗ , cioè usare il responso dell’RDE per scopi analitici. 4.2 VOLTAMMETRIA Nella voltammetria, sia lineare che ciclica, il potenziale elettrodico viene fatto variare nel tempo in modo lineare, quindi con una legge del tipo v= E = Ei ± v t dE dt dove v è la velocità di scansione, cioè la velocità con cui viene fatto variare il potenziale dell’elettrodo lavorante (sempre rispetto al potenziale del riferimento). Si possono avere due tipi di voltammetria: la voltammetria lineare nella quale si ha una scansione di potenziale da un valore iniziale, al quale non avviene alcun processo elettrochimico, a quello finale, raggiunto il quale il potenziale può restare fisso a tale valore oppure può ritornare bruscamente al valore iniziale. Il responso che si ottiene è una curva del tipo indicato in figura IV.7: la corrente inizialmente è zero finché non si raggiunge un valore del potenziale al quale comincia ad aversi il TE con una velocità apprezzabile, per cui si rileva il passaggio di corrente. La corrente cresce man mano che il potenziale diventa più negativo, dato che diminuisce la concentrazione sulla superficie elettrodica e quindi aumenta il gradiente sulla stessa, poiché aumenta la velocità del TE. Ad un certo punto si raggiunge una Fig. IV.7 Curve voltammetriche: sopra, voltammetria lineare; sotto, voltammetria condizione in cui il gradiente ciclica. dovrebbe aumentare per effetto del potenziale sulla velocità del TE, ma diminuisce per effetto dell’aumento dello strato diffusivo, il che finisce per prevalere per cui la corrente diminuisce. Al potenziale finale la corrente 66 può continuare a diminuire secondo l’equazione di Cottrell, essendo in condizioni di diffusione limite, se il potenziale rimane costante al valore finale, altrimenti scende repentinamente a zero se il potenziale torna al valore iniziale. L’altro tipo di voltammetria è la voltammetria ciclica, quando si usa un’onda triangolare, cioè il potenziale va dal valore iniziale, al quale non si hanno processi elettrochimici, fino ad un valore El al quale avviene l’inversione della scansione per cui il potenziale torna al valore iniziale. Il caso più normale è quello di un’onda triangolare simmetrica, ma sono possibili anche le varianti asimmetriche, in cui la velocità di andata è diversa da quella di ritorno, oppure il potenziale finale della scansione di ritorno è diverso da quello iniziale. Il responso voltammetrico è come indicato in figura IV.7, parte inferiore. La variazione del potenziale nel tempo, con velocità di scansione che possono andare da una decina di mV/s a diverse centinaia di V/s (ma possono raggiungere anche valori di alcune decine di migliaia di V/s nel caso degli ultramicroelettrodi), comporta una variazione di c(0,t) e, di conseguenza, una variazione del flusso nel tempo. Se siamo in condizioni di avere un flusso variabile, cioè un gradiente di concentrazione a x = 0 variabile nel tempo, la relazione tra i ed E è un po’ più complessa. Per ricavarla è necessario ricavare prima la relazione tra le trasformate di Laplace di i e c, per poi fare la rispettiva convoluzione. c ( x , s) = ( ) é c* - u (0 , s ) exp ê- s s ë D j = nFD ¥ 1 2 ù xú û é ¶c( x ,t ) ù j = nFD ê ë ¶x úû x = 0 é ¶c ( x ,t ) ù dt ¶x úû x =0 é d c ( x , s) ù j = nFD ê ë dx úû x = 0 ò0 e-st êë ( ) é d c ( x ,s) = -u ( 0 , s ) ê - s dx ë D 1 2 ( ) ù é s ú exp ê- D û ë () é é d c ( x , s) ù = u (0 , s ) ê s êë dx úû ëD x =0 c ( x ,s) = 1 2 1 2 ù xú û ( ) ù ú û é j = nFD u (0, s) ê s ëD () j c* 1 exp é s 1 êD s nFD 2 s 1 2 ë c (0 , s ) = 1 2 1 2 ù ú û ù xú û j c* 1 1 s nFD 2 s 1 2 Dall’espressione di c̅ (x,s) e dalla trasformata di Laplace di j si ricava l’ultima equazione, che lega ̅j a c̅ (0,s). A questo punto, per ricavare, come abbiamo fatto nel caso del flusso stazionario, la relazione tra j e c(0,t), è necessario operare la convoluzione dei due membri di tale equazione. Naturalmente la convoluzione del membro di sinistra è immediata, si ottiene proprio c(0,t). Per operare la convoluzione del membro di destra è necessario utilizzare il teorema di convoluzione: f (s ) = g ( s) · h ( s) t f (t ) = ò g (t - t)h(t) d t 0 o t f (t ) = ò g (t)h(t - t) d t 0 data una trasformata di Laplace f̅(s), prodotto di due trasformate g̅(s) e h̅(s), la convoluta f(t) è data da una delle due espressioni integrali su scritte. Nel nostro caso abbiamo: 67 f ( s) = j 1 s 12 h ( s ) = j ( s) g ( s) = f (t ) = *cO (0 ,t ) = cO t nFDO ò 0 1 1 2 j (t ) p(t - t) t ò0 1 s 12 h(t ) = j (t ) g (t ) = 1 pt j (t ) dt p(t - t) *cR (0 ,t ) = cR dt j (t ) t nFDR ò 0 1 1 2 p(t - t) dt é æ (1 - a )n F (E - E o ) ö æ an F (E - E o ) öù ÷÷ - cO (0,t ) expçç ÷÷ú j = n Fk 0 êcR (0,t ) expçç RT RT è ø è øû ë A questo punto la relazione finale tra j ed E richiede che si colleghino i valori di c ottenuti per integrazione delle equazioni su riportate, con il valore di E contenuto nella Butler-Volmer estesa. Per poter effettuare questo collegamento è necessario esplicitare E(t), il che dipende dalla tecnica elettrochimica impiegata. 4.2.1 Sistemi reversibili Consideriamo un sistema reversibile (nernstiano), per il quale cioè il TE sia molto veloce (idealmente sia infinitamente veloce) O + ne R assunzioni: · solo O presente in soluzione a t = 0 · diffusione lineare semi-infinita · Ei potenziale al quale non si hanno processi consideriamo una scansione lineare di potenziale nel verso negativo E(t) = Ei - v t cO (0 ,t ) é nF (E - E°)ùú = f (t ) = exp ê cR (0,t ) ë RT û cO (0 ,t ) é nF (Ei - vt - E°)ùú = exp ê cR (0,t ) ë RT û é nF (Ei - E °)ùú q = exp ê ë RT û s= cO (0,t ) = qe - st = qS (t ) c R (0 , t ) nFv RT S (t ) = e - st in questo caso dovremo considerare il flusso variabile, per cui avremo le seguenti condizioni: ¶cO ( x ,t ) ¶ 2cO ( x ,t ) = DO ¶t ¶ x2 æ ¶cO ( x , t ) ö ÷÷ DO çç è ¶x ø x =0 cO ( x ,0) = ¶cR ( x , t ) ¶ 2 cR ( x , t ) = DR ¶t ¶ x2 æ ¶cR ( x , t ) ö ÷÷ + DR çç =0 è ¶x ø x =0 * cO cR ( x ,0) = 0 * lim cO ( x ,t ) = cO lim cR ( x , t ) = 0 x®¥ x ®¥ 68 si risolvono le equazioni di Fick con la solita procedura. Le soluzioni delle due equazioni di Fick danno c* cO ( x , s) = O + A( s ) expæç - s x ö÷ DO ø s è cR ( x , s) = B( s) expæç - s DR è x ö÷ ø æ ¶ c ( x ,s ) ö æ ¶ c ( x , s) ö DO ç O + DR ç R =0 ÷ ÷ è ¶ x ø x =0 è ¶ x ø x =0 1 - A( s) DO 2 s - 12 1 - B( s) DR 2 s B( s) = - A( s)x - 12 x= =0 DO DR A(s) è stato ricavato precedentemente in funzione di i ottenendo *cO (0,t ) = cO in questo caso ò 1 j (t ) t nFDO2 0 p(t - t) 1 * cO (0 ,t ) = cO cR (0 ,t ) = *cR (0 ,t ) = cR dt t ò0 1 nF (pDO ) 2 1 2 ò t j (t ) nFDR2 0 p(t - t) 1 dt j ( t) dt ( t - t) j ( t) dt ( t - t) t 1 nF (pDR ) 1 1 ò0 * nFcO j (t) dt = 1 1 0 ( t - t) qS (t )(pDR )- 2 + (pDO )- 2 ò cO (0,t ) = qS ( t ) cR (0 ,t ) t * nF (pDO ) 2 cO j ( t) dt = qS ( t ) x + 1 0 (t - t) ò 1 t a questo punto è opportuno cercare di passare da j (t) a i (E) e rendere adimensionale l’equazione, così che una soluzione numerica andrà bene per qualsiasi situazione sperimentale. L’equazione integrale può essere resa adimensionale con le seguenti posizioni: st = t= nF nF vt = (Ei - E ) RT RT z s dt= f ( t) = j ( t) = g (st ) = g ( z ) nF t=0 z =0 t = t z = st dz s -1 t st 1 t j (t ) æ z ö 2 dz - 12 d t = f (t)(t - t ) d t = g ( z )ç t - ÷ n F 0 t- t s 0 0 è sø ò st ò0 ò ò * (p DO )1 2 cO - 12 - 12 g (z )(s t - z ) s dz = c( z ) = s t c( z ) dz ò0 1 + xq S (s t ) g (z ) * (p DO s ) cO 1 = 2 j (s t ) * (p DO s ) n FcO 1 (s t - z ) 2 1 = 1 1 + xq S (s t ) equazione adimension ale 2 69 si ricava quindi la seguente espressione per la densità di corrente * (DO s ) j = n FcO 1 pc ( s t ) 2 p½c(st) è detta funzione di corrente, si calcola per ogni valore di S(st) risolvendo l’equazione adimensionale. Una volta calcolata la funzione di corrente si ha il valore di j. L’equazione adimensionale è stata risolta numericamente e in altri modi, ricavando una tabella di valori p½c(st) in funzione di n(E - E½), che risulta essere ( n E - E1 n(E – E½) mV 120 100 80 60 50 45 40 35 30 25 pc(st ) 2 ) RT æ DO ö ÷ = lnç F çè DR ÷ø 2 + n (Ei - E ° ) - pc(st ) n(E – E½) mV 20 15 10 5 0 –5 –10 –15 –20 –25 0.009 0.020 0.042 0.084 0.117 0.138 0.160 0.185 0.211 0.240 1 RT st F n(E – E½) mV –28.50 –30 –35 –40 –50 –60 –80 –100 –120 –150 0.269 0.298 0.328 0.355 0.380 0.400 0.418 0.432 0.441 0.445 pc(st ) 0.4463 0.446 0.443 0.438 0.421 0.399 0.353 0.312 0.280 0.245 Dalla tabella dei valori di p½c(st) si costruisce la curva voltammetrica adimensionale, che presenta appunto la forma a picco per i motivi che abbiamo detto. Ci sono alcuni punti caratteristici di un voltammetria lineare 0,5 Ep E½ 0,4 Ö(p)· c(st) 0,3 Ep/2 0,2 0,1 0,0 150 100 50 0 -50 -100 (E - E½)n Fig. IV.8 Voltammetria lineare per un TE reversibile. 70 -150 picco voltammetrico: la posizione del picco, cioè il potenziale di picco Ep; l’altezza del picco, cioè la corrente di picco jp; infine la forma del picco cioè la sua larghezza che è quantificata dalla differenza tra il potenziale di picco Ep ed il potenziale di semipicco Ep/2, cioè il potenziale al quale la corrente è pari a jp/2. La funzione di corrente raggiunge un massimo, cui corrisponde jp ed Ep; il massimo si ha per pc(st ) = 0.4463 per cui 1 2 1 * æç nF ö÷ v 1 2 D 2 jp = 0.4463nFcO O è RT ø nota come equazione di Randles-Sevčik, da cui si vede che ip è lineare con v½ (il che non è caratteristica peculiare di un TE reversibile, anche se è condizione necessaria); inoltre essa è lineare con cO*, per cui si può utilizzare anche per determinazioni quantitative. Un dato importante, che si può osservare nella tabella precedente, è che ( E p - E ½) = E p - E ° + RT RT ln x = -1.109 nF nF a 25 °C (Ep - E½) = -28.5 mV come si vede, a 25 °C, il potenziale di picco è 28.5 mV più negativo di E½ il che consente di determinare lo stesso E½. Altro aspetto molto importante è che Ep è indipendente da v, il che è caratteristico di un TE reversibile ed è uno dei criteri diagnostici importanti. D’altra parte E p/2 = E 12 + 1.09 RT = E 12 + 28.0 mV a 25 °C n nF per cui si ricava che l’ampiezza del picco è E p - E p/2 = 2.2 RT 56.5 = mV a 25 °C n nF che è un altro dato caratteristico di un TE reversibile. Peraltro, poiché la sommità del picco a volte è un po’ allargata, risulta non sempre facile individuare Ep, mentre è più agevole individuare ip e, quindi ip/2. Di conseguenza è più facile ricavare E½ da Ep/2 che da Ep. In voltammetria ciclica la situazione è abbastanza simile. In particolare è esattamente la stessa per quanto riguarda la scansione di andata, mentre va considerata la scansione di ritorno 0£t£l t>l E = Ei - v t E = Ei - 2vl + v' t dove v può essere anche diverso da v', cioè tra andata e ritorno, ma in generale è la stessa. Consideriamo un sistema nernstiano, per t > l, avremo cO (0,t ) é nF (Ei - 2vl + vt - E °)ùú = qS (t ) = exp ê c R (0 , t ) ë RT û S (t ) = exp(st - 2sl ) per cui si procede nello stesso modo: la parte della curva per t £ l è esattamente la stessa; la parte della curva per t ³ l dipende da El; ma quando El - Ep < -35 mV la forma della curva non dipende più da El. 71 In particolare il valore della corrente di picco anodico, jpa, misurata correttamente, come mostra la figura, diventa indipendente da El. La figura a fianco riporta l’andamento di j in funzione di t, anche se sull’asse delle ascisse sono riportati i valori di n(E - E½) per apprezzare i diversi valori di El e l’effetto sulla forma del picco anodico (in particolare su jpa). La forma più familiare di un voltammogramma ciclico è però quella che si ha riportando j-E, che è mostrata nella figura Fig. IV.9 Curve i = f(t) per una voltammetria ciclica. seguente IV.10. Il valore di jpa può essere misurato rispetto alla curva che si avrebbe in assenza del picco (tale curva si può ottenere conducendo una scansione lineare catodica bloccando il potenziale ad un valore più negativo (almeno 5060 mV) di Ep, in modo da essere in condizioni di diffusione limite, per cui la dipendenza di j da E diventa esattamente la stessa di j da t (cioè la Cottrell). Valgono sempre i criteri diagnostici per il picco catodico per un sistema reversibile: jpc µ v½ Ep indipendente da v DEp/2 = |Epc - Ep/2| = 56.5 mV a 25 °C Fig. IV.10 Curve i = f(E) per una voltammetria ciclica. ci sono poi gli ulteriori criteri diagnostici, sempre per un sistema reversibile: jpa/jpc = 1 DEp = Epa - Epc = 2.3 RT = 59 mV a 25 °C nF 72 4.2.2 Sistemi irreversibili O + ne R assunzioni: · solo O presente in soluzione a t = 0 · diffusione lineare semi-infinita · Ei potenziale al quale non si hanno processi l’equazione di Nernst è sostituita dalla Butler-Volmer estesa, nella quale si considera solo il contributo catodico, dato che il TE lento avviene con una sovratensione abbastanza elevata per cui si ha solo il contributo catodico j é ¶c ( x ,t ) ù = DO ê O = kc (t )cO (0 ,t ) nF ë ¶ x úû x =0 é an F ù kc (t ) = k °exp ê - a (E (t ) - E °)ú ë RT û E(t) = Ei - v t é an F ù k c, i = k °exp ê - a ( Ei - E°)ú ë RT û kc (t ) cO (0, t ) = k c, i cO (0, t )ebt an a F v RT b= dove na è il numero di elettroni scambiato nello stadio di TE lento (di fatto na = 1), mentre n è il numero totale di elettroni (quasi sempre uguale ad uno). La soluzione segue lo stesso procedimento, attraverso la soluzione numerica dell’equazione integrale, arrivando a * ( DOb ) j = nFcO 1 2 pc(bt ) 1 2 1 * ( DO ) 2 æç an a F ö÷ v 1 2 pc(bt ) j = nFcO è RT ø per cui si ricava una analoga tabella di valori della funzione di corrente p½c(bt) con i quali si può costruire il voltammogramma adimensionale. ana(E – E½) mV 160 140 120 110 100 90 80 70 60 50 pc(bt ) 0.003 0.008 0.016 0.024 0.035 0.050 0.073 0.104 0.145 0.199 ana(E – E½) mV 40 35 30 25 20 15 10 5 0 –5 pc(bt ) 0.264 0.300 0.337 0.372 0.406 0.437 0.462 0.480 0.492 0.496 73 ana(E – E½) mV –5.34 –10 –15 –20 –25 –30 –35 –40 –50 –70 pc(bt ) 0.4958 0.493 0.485 0.472 0.457 0.441 0.423 0.406 0.374 0.323 (p)·c(kt) Nella figura IV.11 viene mostrato il confronto tra il responso voltammetrico per un TE reversibile ed uno irreversibile. La figura superiore mostra la funzione di corrente di un TE reversibile (curva continua) confrontata con quella di un TE irreversibile (curva tratteggiata). Come si può notare il TE irreversibile ha una funzione di corrente maggiore. Se confrontiamo però le correnti, la situazione si inverte e il processo 0,6 irreversibile presenta una corrente più bassa. Ciò è dovuto alla presenza del 0,5 coefficiente di trasferimento elettronico a, 0,4 che è sempre minore di 1 (anche se è elevato a ½), nell’espressione di j per il TE 0,3 irreversibile. 0,2 0,1 La forma del picco è simile a quella del processo reversibile, ma vi sono alcune differenze molto importanti: la funzione di corrente raggiunge il valore massimo 0,0 200 150 100 50 0 -50 -100 -150 -200 n(E - E ½ ) pc(bt ) = 0.4958 0,5 1 2 * (DO ) 2 æç an a F ö÷ v 1 2 jp = 0.4958nFcO è RT ø 0,4 1 i 0,3 0,2 0,1 0,0 200 150 100 50 0 -50 -100 -150 -200 n(E - E ½ ) da cui si nota che jp è ancora lineare con v½, per cui non può essere un criterio discriminante per distinguere un TE reversibile da uno irreversibile. Peraltro va notato che jp/v½ è costante solo se a è costante (teoria di Butler-Volmer), altrimenti non lo è più. Fig. IV.11 Curve p½c(bt) = f(E) e j = f(E) per una voltammetria lineare: curva continua, TE reversibile; curva tratteggiata TE irreversibile. Il potenziale di picco risulta æ DO12 RT é Ep = E ° ê0.780 + lnç ç k° an a F ê è ë dEp dlogv = 2.303 RT 1 an a F 2 Ep - Ep/2 = ö ÷ + lnæç an a F v ö÷ ÷ è RT ø ø a 25 °C, per n a = 1 1 dEp dlog v 2 ù ú úû = 29.6 mV a 1.857 RT 47.7 = mV a 25 °C an a F an a per cui si vede che Ep varia con v, in particolare si sposta catodicamente all’aumentare di v. Altro aspetto molto importante è che la larghezza del picco risulta sensibilmente maggiore di quello reversibile, dato che c’è a al denominatore (per cui si hanno valori di DEp/2 dell’ordine di 90-250 mV). Dalle equazioni scritte si hanno due modi per ottenere a: d Ep/d log v e DEp/2 = Ep - Ep/2. Se a è costante i due risultati sono uguali ma se a = f(E) i risultati sono diversi poiché DEp/2 si misura a 74 valori diversi di E al variare di v (in particolare, per una scansione catodica, a valori più negativi all’aumentare di v). In base alla teoria di Marcus del TE, si ha una dipendenza quadratica del DcG ¹ da DrG o, e quindi una dipendenza di a da DrG o: ¹ D cG = æ D G0¹ çç1 + è ( 2 D rG o ö F E- Eo ¹æ ÷ ç = D G 1 + 0ç 4D G0¹ ÷ø 4D G0¹ è ( ) ö÷ 2 ÷ ø ) é F E- Eo ù ¶D cG ¹ = 0 . 5 ê1 + ú ¶D r G o 4D G0¹ û ë Pertanto, a diminuisce all’aumentare di v, per cui jp/v½ non è più costante. a= Le figure IV.12 riportano un esempio di analisi voltammetrica di un TE irreversibile. Si può notare la dipendenza lineare di Ep da log v (ci sono due famiglie di punti sperimentali, ottenuti in assenza ed in presenza di acido aggiunto, per motivi particolari, ma non c’è alcuna differenza su Ep). Naturalmente, dalla pendenza della retta si può ricavare a, con l’equazione prima vista. Il secondo grafico mostra i valori di a ricavati dalla larghezza del picco voltammetrico, riportati in funzione del potenziale al quale sono stati calcolati, Ep (V vs SCE) -1.9 -2.0 -2.1 -2.2 -2.3 -2 -1 0 1 2 log v 0.5 0.4 ip/(av)1/2 (mAV-1/2s1/2) a ip/v1/2 (mAV-1/2s1/2) 250 0.3 200 0.2 0.1 150 -2.1 -2.0 -1.9 E (V vs SCE) Fig. IV.12 Dipendenza di Ep da v e di a da E per NCCH2Cl 2.38 mM in DMF + TBAP 0.1 M su GC in assenza (l) ed in presenza di CH3COOH 2.4 mM (n). 400 che viene assunto essere il valore medio tra Ep ed Ep/2. Il fatto che Ep vari con v, fa si che il DEp/2 misurato a diverse v, sia di fatto misurato a diversi valori medi di E, per cui il valore di a che se ne ricava risulta misurato a diversi E. Il grafico mostra chiaramente che i valori di a così ottenuti dipendono sensibilmente da E, per cui la teoria di Butler-Volmer risulta inadeguata in questo caso e si dovrà ricorrere alla teoria di Marcus. D’altra parte si può notare che i valori di a sono sensibilmente minori di 0.5, il che significa che i potenziali di 300 200 0 1 2 3 v 4 5 1/2 Fig. IV.13 Andamenti relativi alla riduzione di NCCH2Cl 2.38 mM in DMF + TBAP 0.1 M su GC, in funzione di v: in assenza (l) ed in presenza di CH3COOH 2.4 mM (n). 75 riduzione sono sensibilmente più negativi di E °, cioè che le sovratensioni sono elevate perché il TE è particolarmente lento. L’analisi voltammetrica consente però di ottenere alcune altre informazioni, come mostrano i grafici di Fig. IV.13, in cui è riportato l’andamento della corrente di picco normalizzata, sempre in funzione di v. Consideriamo per il momento solo i punti in presenza di acido, che serve ad evitare le complicazioni chimiche che alterano il responso voltammetrico, ma non incide sul processo di TE. Si può notare che jp/v½ tende a diminuire sensibilmente con v. E’ l’effetto della diminuzione di a: ricordiamo l’espressione di jp per un processo irreversibile, oltre a v½ figura anche a½, per cui la sua diminuzione con –E, e quindi con v, produce una diminuzione di jp/v½. Infatti, se riportiamo il valore di jp/(av)½ si ha un valore sostanzialmente costante, indipendente da v, com’è previsto per un TE irreversibile, ma considerando anche la dipendenza di a da E. Il confronto tra un processo reversibile ed uno irreversibile porta al seguente risultato: ( jp )irr 0.4958 1 = a 2 ( jp )rev 0.4463 (n = n a = 1) = 1.11 a = 0.71 (a = 0.5) per cui si vede che il picco irreversibile è sensibilmente più basso del picco reversibile (naturalmente il quanto più basso dipende dal valore di a). Fig. IV.14 Voltammogrammi per un TE reversibile a sinistra, e per un TE irreversibile a destra. La figura IV.14 mostra il confronto tra il voltammogramma ciclico di un processo reversibile e di uno irreversibile. Il primo aspetto che emerge immediatamente è la mancanza del picco anodico nel TE irreversibile: poiché il TE è molto lento si può avere un processo con velocità apprezzabile (e quindi il passaggio di corrente) solo per sovratensioni (catodiche) sufficientemente elevate, per cui a tali potenziali non si può avere corrente anodica (qualunque sia la velocità di scansione). Il secondo aspetto che va ricordato è che per il processo reversibile la coppia di picchi è centrata sostanzialmente su E °, mentre per il processo irreversibile il potenziale di picco è sensibilmente più negativo di E °. Aumentando v di un ordine di grandezza, si ha un aumento di jp di 10½≈3.16, sia per il TE reversibile che irreversibile. Il secondo rimane sempre più basso (~70%) del primo. D’altra parte si nota che per il TE reversibile non si ha alcuna variazione di Ep, mentre per il TE irreversibile si ha uno spostamento catodico di ~30/a mV. Infine, la larghezza del picco è sensibilmente diversa: 56.5 mV per il TE reversibile, 47.7/a mV per il TE irreversibile. 76 4.2.3 Sistemi quasi-reversibili O + ne R Naturalmente tra un processo idealmente reversibile (TE infinitamente veloce) ed un TE totalmente irreversibile, esistono tutti i possibili gradi intermedi. Per la voltammetria ciclica valgono sostanzialmente i seguenti riferimenti: T = 298.15 K, D = 10-5 cm2 s-1 sistema reversibile k° > 0.3·v½ cm s-1 sistema quasi-reversibile k° > 2·10-5·v½ cm s-1 sistema irreversibile k° < 2·10-5·v½ cm s-1 per cui si vede che anche un processo reversibile (k°»1 cm s-1) si comporta in modo quasireversibile ad alte v. Per un sistema quasi-reversibile è particolarmente indicata come metodologia investigativa la voltammetria ciclica. Il responso voltammetrico di un processo quasi-reversibile è simile a quello di un processo reversibile (presenza di entrambi i picchi, catodico ed anodico), ma con DEp = (Epa Epc) > 60 mV, che aumenta all’aumentare di v, il che significa che gli Ep (sia catodico che anodico) non sono costanti. DEp è funzione di k°, v, a ed El. Anche in questo caso, se El è più negativo di Ep,c di almeno 90 mV, DEp non dipende più da El. Per quanto riguarda l’influenza degli altri parametri, questa si esprime attraverso il parametro adimensionale Y o L: a Y = Lp - 12 æ DO ö 2 çç ÷ k° DR ÷ø è = [DO pv (nF / RT )]12 Fig. IV.15 Voltammogrammi normalizzati: dalla curva a alla d v passa da 0.1 a 10 Vs-1. Se 0.3 < a <0.7, DEp risulta praticamente indipendente da a. D’altra parte, poiché DO » DR è possibile ricavare k° dalla dipendenza di DEp da v, con l’espressione semplificata per Y: Y= k° [DO pv (nF / RT )]12 La dipendenza di DEp da Y è stata calcolata numericamente, ottenendo la seguente tabella di dati: n(Ep,a - Ep,c) 61 63 64 65 66 68 Y 20 7 6 5 4 3 n(Ep,a - Ep,c) 72 84 92 105 121 141 212 77 Y 2 1 0.75 0.50 0.35 0.25 0.10 che possono essere descritti adeguatamente dalla seguente relazione: DEp = y0 + A*exp[R0*logY] dove y0, A ed R0 sono tre parametri empirici ottenuti dal fitting dei dati su riportati. In pratica si tratta di fittare i valori sperimentali di DEp, misurati a varie v, con l’equazione su riportata ricavando il valore di logY e quindi k°. 78
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