ecniche a cura del legale

STUDIO LEGALE CAROLI
Avv. Chiara Fanigliulo
Via F. Lubello n. 2/A 73100 Lecce (LE)
Tel 0832 247522 Fax 0832 253610 Cell. 349 4522545
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TRIBUNALE DI LECCE
SEZIONE DEI GIUDICI PER LE INDAGINI PRELIMINARI
Dr.ssa Simona Panzera
Proc. N. 3463/12 R.G.N.R. mod. 44 e N. 784/2013 R.G. GIP
Udienza 02.07.2014
Memoria ex art. 121 C.P.P.
*****
Il sottoscritto Avv. Chiara Fanigliulo, difensore di fiducia del sig. Molendini Gabriele, parte
offesa nel procedimento in epigrafe indicato, con la presente memoria ex art. 121 C.P.P.
intende prendere posizione sulle argomentazioni poste a sostegno della richiesta di
archiviazione avanzata dal P.M. Dr.ssa Elsa Valeria Mignone in data 24.01.2014 cui ha fatto
seguito il decreto per la fissazione dell’udienza in camera di consiglio per il giorno
02.07.2014.
Segnatamente, lo scrivente difensore ritiene che le conclusioni cui é giunto il P.M. siano
infondate sia in fatto sia in diritto e all’uopo espone quanto appresso.
A)
In ordine alla rubricazione del reato nel registro delle notizie di reato a carico di
persone ignote (mod. 44): individuazione del o dei responsabili del fatto contestato
Alla luce delle argomentazioni che verranno qui di seguito illustrate, appare quanto mai
infondata la conclusione cui perviene il P.M. a proposito della difficoltà (che, tuttavia, non
rappresenta un’impossibilità!) “di individuare responsabilità penali in capo a singole persone
per le omesse bonifiche ambientali”. E ciò appare ancora più evidente ove si consideri che è
la stessa norma in esame a prevedere espressamente la disciplina sanzionatoria in caso di
soggetto giuridico diverso dalla persona fisica - responsabile diretto della condotta illecita.
Inoltre, a modesto avviso di chi scrive, le indagini espletate, che si distinguono per precisione
ed accuratezza, consentono di ravvisare precipue responsabilità in capo ai soggetti che di
volta in volta hanno rivestito la carica di Comandante della Scuola di Cavalleria ed i cui
nominativi sono stati puntualmente indicati e riportati nel fascicolo del P.M.
- A1) In generale: il problema della responsabilità delle persone giuridiche o degli
enti in ipotesi di danni ambientali
Al fine di individuare il soggetto che astrattamente può essere qualificato quale
responsabile del reato nell’ipotesi di delitti ambientali è necessario fare un breve
richiamo alla normativa che ha preceduto l’attuale c.d. Testo Unico dell’ambiente
(T.U.A. - D. Lgs. N. 152/2006 come modificato dal D. Lgs. 121/2011 che ha recepito
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la Direttiva 2008/99/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio). Con il D.Lgs.
231/2001, infatti, il Legislatore ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento
la responsabilità amministrativa/penale delle persone giuridiche per i reati commessi
dai soggetti che operano nel contesto operativo delle stesse.
Sebbene l’art. 27 della Costituzione sancisce che la responsabilità penale è personale,
secondo questa legge rispondono della commissione di alcuni reati, sia il soggetto che
li ha commessi, sia l’ente presso il quale questo soggetto presta l’attività lavorativa,
sempre che tali reati siano stati compiuti a vantaggio e comunque nell’interesse
dell’ente stesso.
Tornando all’argomento in oggetto, con il d.lgs. 121/2011, in particolare, il legislatore,
oltre ad introdurre due nuovi reati nel codice penale, ha previsto nuove sanzioni
amministrative conseguenti alla commissione di reati ambientali a carico delle persone
giuridiche, nonché nuove responsabilità, appunto, in materia di trattamento di rifiuti.
La più rilevante novità della nuova disciplina è l’aver inserito alcuni reati ambientali
fra i reati presupposto della responsabilità degli enti di cui al d.lgs. 231/2001.
L’art. 25 undecies di tale decreto, introdotto dall’art. 2 del d.lgs. 7 luglio 2011, n. 121,
prevede ora un nuovo catalogo di reati presupposto della responsabilità degli enti che
ricomprende, fra tante altre, le seguenti fattispecie in tema di rifiuti: 1) raccolta,
trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza
della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione (art. 256, comma 1, lett. a)
e b), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152); 2) realizzazione o gestione di una discarica non
autorizzata (art. 256, comma 3, primo e secondo periodo, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152);
3) inosservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione alla gestione di una
discarica o alle altre attività concernenti i rifiuti (art. 256, comma 4, d.lgs. 3 aprile
2006, n. 152); 4) miscelazione non consentita di rifiuti (art. 256, comma 5, d.lgs. 3
aprile 2006, n. 152); 5) deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti
sanitari pericolosi (art. 256, comma 6, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152); 6) predisposizione
od uso di un falso certificato di analisi dei rifiuti (art. 258, comma 4 e art. 260-bis,
commi 6 e 7, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152); 7) traffico illecito di rifiuti (art. 259, comma
1, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152); 8) attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti
(art. 260, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152); 9) violazioni del sistema di controllo sulla
tracciabilità dei rifiuti (art. 260-bis, comma 8, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152). A tal
proposito, la giurisprudenza di legittimità si è espressa nel senso di ritenere che “in
tema di gestione dei rifiuti, in caso di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti ad
opera dei dipendenti di una società di capitale, il legale rappresentante è responsabile,
quantomeno per “culpa in vigilando”, del reato di cui all’art. 51 comma 2, del d. lg.
5.02.1997 n. 22 (realizzazione e gestione di discarica abusiva)” (Cass. Pen. Sez. III,
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18.04.2005, n. 14285) O ancora Cass. Pen. Sez. III 12/03/2007 n.10484 secondo cui
“Il proprietario del terreno è infatti ritenuto corresponsabile della realizzazione o
gestione della discarica effettuata da altri se l'accumulo continuato e sistematico di
rifiuti sul suo terreno gli può essere addebitato almeno a titolo di negligenza. Ne
consegue che lo stesso proprietario è obbligato alla rimozione dei rifiuti ed al
ripristino dello status quo, ad esempio, se pur essendo consapevole dell’attività di
discarica effettuata da altri non si attivi con segnalazioni, denunce all’autorità,
installazione di una recinsione ecc ”. Queste sentenze che, peraltro, anticipano quanto
si dirà al punto sub C) in ordine alla qualificazione giuridica del fatto – reato.
Per quanto attiene il reato ipotizzato, è utile precisare che l’art. 256 del D. Lgs. n. 152
del 2006 al comma 2 prevede espressamente “Le pene di cui al comma 1 si applicano
ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in
modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee
in violazione del divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2.”
-
A2) In particolare: il caso di specie, l’individuazione del soggetto - persona fisica
responsabile delle omesse bonifiche ambientali in zona Torre Veneri – Frigole LE
Per quanto concerne il caso di specie, le apparenti difficoltà nell’individuazione del
soggetto e / o soggetti responsabili dell’illecito contestato, possono essere facilmente
superate con l’ausilio della normativa attualmente in vigore - sopra richiamatanonché del Disciplinare per la Tutela Ambientale del Poligono di Torre Veneri
(Edizione 2010, validato dal Gen.B. Emanuele Sblendorio in data 04/05/11 - agli atti) i
quali forniscono tutti gli elementi utili a tale scopo.
Le indagini espletate dalla P.G. fanno emergere con assoluta certezza che, al di là delle
attività addestrative che nel corso degli anni si sono svolte sul terreno di Torre Veneri
e che hanno visto avvicendarsi numerosi “utenti” (con relativi “Direttori di
Tiro/Esercitazione”, di volta in volta responsabili del singolo addestramento e della
bonifica del terreno), nel detto sito e nell’ambito della gestione dello stesso, vi è
sempre stato un soggetto responsabile della raccolta e trattamento dei rifiuti prodotti
durante le esercitazioni. Tale incarico, infatti, é rivestito dal Comandante della Scuola
di Cavalleria - Caserma Floriani (Torre Veneri, Frigole LE) anche per il tramite di un
delegato, un ufficiale superiore, all’uopo da questi nominato (Parte Settima, punto nr.
3 del Disciplinare che parla di una facoltà) e – conditio sine qua non - munito di
apposite conoscenze in ambito ambientale. Questa possibilità non esclude, però, che la
responsabilità ultima debba rinvenirsi in capo al comandante, il quale era ed è l’unico
referente in materia di bonifica e trattamento dell’intero sito di addestramento.
Ove anche si volesse ipotizzare un trasferimento sia di poteri sia di responsabilità a
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favore degli ufficiali delegati, non potrebbe disconoscersi che la validità dell’atto
traslativo (atto di delega) ne costituisca un presupposto indefettibile. Perché ciò
avvenga è necessario che il soggetto destinatario della delega possegga tutti i requisiti
richiesti dalla norma, circostanza che non ricorre nel caso di specie. Da quanto è
emerso nel corso delle indagini, infatti, gli ufficiali delegati escussi a S.I.T. nel
periodo di conferimento dell’incarico non avevano le conoscenze tecniche in materia
ambientale così come richiesto dal disciplinare. L’assenza dei requisiti necessari al
conferimento della delega, quindi, di fatto avrebbe reso e renderebbe nullo l’atto
traslativo, riportando al soggetto delegante la responsabilità per le azioni del delegato.
Ad ogni buon conto, il soggetto delegante potrebbe sempre rispondere dell’operato del
delegato a titolo di “culpa in eligendo” proprio a causa della consapevolezza
dell’assenza dei requisiti necessari all’espletamento dell’incarico conferitogli ovvero a
titolo di “culpa in vigilando” per non aver verificato l’operato dei delegati.
Precipitato logico di ciò è che, anche a voler accettare questa interpretazione della
norma del disciplinare, la delega conferita dal Comandante agli Ufficiali sprovvisti
delle conoscenze tecniche richieste per l’espletamento dell’incarico, di fatto non
avrebbe spogliato e non spoglierebbe il primo delle responsabilità per gli illeciti
commessi in Torre Veneri.
La fondatezza dell’assunto di parte offesa appare ancor più evidente dalla lettura delle
note redatte dallo stesso sig. Molendini Gabriele (qui allegate ed a cui il sottoscritto
procuratore si riporta integralmente) che, con chiarezza espositiva e cognizione di
causa, ripercorre tutti i passaggi fondamenti dell’odierna vicenda procedurale,
giungendo alla conclusione che qui si invoca.
B)
In ordine alla qualificazione della Scuola di Cavalleria di Lecce quale parte offesa
Per tutto quanto sopra esposto non si comprende la ragione della qualificazione della Scuola
di Cavalleria di Lecce come parte offesa dal reato, ovvero “persona” titolare del diritto violato
dal reo e, pertanto, si chiede che l’On.le Giudice adito verifichi l’effettivo ruolo di questa
nella vicenda per cui è procedimento.
C)
In ordine alla qualificazione giuridica del fatto reato: il reato di realizzazione o
gestione di discarica non autorizzata ex art. 51 comma 3 D. Lgs. N. 22 del 1997 ora art.
256 comma 3 T.U.A.
La fattispecie sin qui esaminata ben avrebbe potuto essere sussunta in una diversa ipotesi di
reato che meglio la configura. La condotta censurata, infatti, consiste nell’aver riversato, nel
corso degli anni, nel mare antistante il poligono di tiro sito in Torre Veneri il materiale di
scarto delle esercitazioni, senza che fosse mai stata fatta una vera e propria bonifica della zona.
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Così facendo il mare è divenuto una vera e propria discarica ad uso esclusivo dei militari
presenti presso il poligono di Torre Veneri.
A tal proposito, la giurisprudenza di legittimità é costante nel configurare fattispecie analoghe
sotto il profilo del reato, non già di gestione illecita di rifiuti, bensì di gestione di discarica
non autorizzata. Cassazione penale , sez. III, sentenza 07.01.2008 n° 203. “…È stato
reiteratamente affermato da questa Corte in ordine alla nozione di discarica abusiva che In
tema di gestione di rifiuti, ai fini della configurabilità del reato di realizzazione o gestione di
discarica non autorizzata, di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51, comma 3, è
necessario l'accumulo, più o meno sistematico ma comunque ripetuto e non occasionale, di
rifiuti in un'area determinata, la eterogeneità dell'ammasso dei Materiali, la definitività del
loro abbandono ed il degrado, anche solo tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della
presenza dei materiali in questione (sez. 3, 17.6.2004 n. 27296, Micheletti, RV 229062; conf.
sez. 3, 8.9.2004 n. 36062, Tomasoni; RV 229484)”.
Ancora Corte di Cassazione penale, Sez. III, 4 dicembre 2012, n. 49504
" discarica " è l'area adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sui suolo
o nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita allo
smaltimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonchè qualsiasi area ove i
rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno…”
I giudici di Cassazione si sono occupati del reato di discarica abusiva, attraverso numerose
sentenze che ne definiscono i presupposti applicativi.
Per quanto riguarda le modalità attraverso le quali deve integrarsi la condotta illecita, si
determina che “La realizzazione di una discarica può effettuarsi attraverso diverse attività:
attraverso il vero e proprio allestimento a discarica di un'area con il compimento delle opere
occorrenti a tal fine: spianamento del terreno, apertura dei relativi accessi, recinzione, etc.;
ma anche il ripetitivo accumulo nello stesso luogo di sostanze oggettivamente destinate
all'abbandono con trasformazione, sia pure tendenziale, del sito, degradato dalla presenza dei
rifiuti” (Cass. Pen., sez. III, 4 marzo 2005, n. 21963).
La differenza tra l’abbandono di rifiuti e la discarica non autorizzata è individuabile
assolutamente nel carattere occasionale del primo e ripetuto e abituale del secondo.
La qualificazione giuridica di discarica necessita quindi della sussistenza di almeno due
elementi:
a) il numero e il tempo dei conferimenti, che denota una sorta di organizzazione dell'attività
(Giampietro F. Lo smaltimento dei rifiuti. Commento al D.P.R. 915/82; Novarese, Brevi
considerazioni sulla natura giuridica dei reati di realizzazione e gestione di discarica abusiva,
in: Riv. Giur. Edilizia 1993, I, 459). Secondo i giudici penali si configura una attività di
gestione dei rifiuti abusiva, attività di smaltimento, sanzionata penalmente dall’art. 51 comma
1, in quanto, è applicabile a “chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero,
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smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta
autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 27,28,29,30,31,32,33“(Cass.
Pen., Sez. III, 10/11/2000 n 133. Una mancata occasionalità e ripetitività dell’abbandono,
riferita ad una persona fisica, si configurerebbe comunque nella sanzione penale di cui
all’art. 51 comma 1 del Dlgs 22/97, trattandosi di una vera e propria gestione illecita di
rifiuti propri, con atti continui di abbandono e depositi incontrollati.) Per cui si configura
l’abbandono di rifiuti solo nel caso di assoluta occasionalità, mancanza di ripetitività o
abitualità dell’evento, anche se si tratti di rifiuti propri. Inoltre, la temporaneità del deposito
si ha dimostrando il rispetto dei “limiti temporali” previsti dal Dlgs 36/2003 (Trib di Grosseto
del 09/10/2003 n 793).
b) la trasformazione subita dal territorio per effetto degli stessi, a seguito della permanenza
della destinazione dell'area. A tale concetto è assolutamente necessario accostare quello
relativo al problema temporale della permanenza dei rifiuti in quanto, “l'attività di deposito
incontrollato di rifiuti che non sia occasionale e discontinua bensì reiterata per un tempo
apprezzabile e con carattere di definitività integra gli estremi del reato di cui all'articolo 51
comma 3 del Dlgs n. 22/97”( Cass. Pen. Sez. III, 5.7.1994, in Mass. Cass. Pen. 1994, fasc.11)
la giurisprudenza di merito ha specificato che la semplice difformità rispetto alla tipologia dei
rifiuti, la cui raccolta ha formato oggetto di autorizzazione, vale ad integrare la meno grave
contravvenzione di smaltimento di rifiuti senza autorizzazione (Trib Torino 13.12.2000 in
Giur. di Merito, 2001, 1125). Il tutto rimane collegato alla esatta nozione di rifiuto che stenta
ad arrivare, considerato anche il fatto che la nozione di rifiuto tutta italiana è stata contestata
dalla Commissione Europea ed inviata alla Corte di Giustizia UE con le osservazioni
dell’Avvocato Generale dell’UE che condannano la Legge 178/2002 per conflitto con la
direttiva 75/442 CEE sui rifiuti (Bruxelles 09/07/2003 – 2002/2213 C(2003)2201)
D)
In ordine al mancato sequestro del area adibita a poligono militare di Torre
Veneri
Da ultimo si evidenzia come l’attività, consistente secondo la richiesta di archiviazione del
PM, in un “accertato abbandono di rifiuti”, “frutto di attività susseguitesi nel corso di tutti gli
anni in cui il poligono è stato destinato ad attività addestrative”, siano lungi dall’essere cessate.
Infatti, il medesimo poligono risulta utilizzato mediamente per oltre 200 giorni l’anno (a titolo
meramente esemplificativo si allega l’avviso delle esercitazioni a fuoco per il mese di giugno
– 20 giorni su 30 - affisso nell’albo pretorio del Comune di Lecce) e le attività esercitative che
il PM descrive come produttrici di “accertato abbandono di rifiuti” proseguono
ininterrottamente In particolare in mare si continua a non rimuovere i rifiuti prodotti,
proseguendo nell’attività che va avanti da oltre 50 anni in violazione del D.Lgs.152/2006 e
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del Dpr 120/2003 di attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli
habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche.
Alla luce del perdurare dell’attività che lo stesso PM definisce produttive di abbandono di
rifiuti in contrasto con il D.Lgs.152/2006, si richiede inoltre che venga adottato
provvedimento di sequestro preventivo dell’area de quo, stanti i presupposti del fumus boni
iuris, peraltro evidenziati dal PM e del periculum in mora che si concretizzerebbe ove
continuasse, come di fatto ad oggi, l’attività assunta come delittuosa e di pregiudizio
dell’ambiente ed in particolare dell’area SIC protetta dal Dpr 120/2003 di attuazione della
direttiva 92/43/CEE (di cui risulta violata la prescrizione della Valutazione di Incidenza
Ambientale).
Il sequestro preventivo (artt. 321-323 c.p.p.), infatti, è disposto "quando vi è pericolo che la
libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze
di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati”.
A sostegno di ciò si evidenziano analoghi precedenti già in Cassazione Penale Sez. III del 5
marzo 2004 (Cc. 14/11/2003), sentenza n. 10662. Con la citata sentenza si discuteva il ricorso
dell’Amministrazione della Difesa avverso l'ordinanza 12.6.2003 pronunziata dal Tribunale
per il riesame di LA SPEZIA in convalida del decreto di sequestro preventivo - emesso dal
P.M. in via di urgenza in data 19.5.2003 - di un'area insistente all'interno del locale Arsenale
della Marina Militare in relazione al reato di cui all'art. 51, 2^ comma, del D.Lgs. n. 22/1997,
ipotizzato nei confronti degli ammiragli Nascerti Dino e Zannini Ermogene.
Veniva contestato agli indagati, nella qualità di successivi responsabili pro tempore dell'ente
militare:
di avere disposto o consentito o comunque non impedito, avendone l'obbligo - senza
alcuna precauzione a tutela dell'ambiente ed in difetto di qualsivoglia titolo autorizzativo;
- il deposito/abbandono incontrollato al suolo, in violazione del divieto di cui all'art. 14 del
D.Lgs. n. 22/1997, di ingentissimi quantitativi di rifiuti, almeno in parte pericolosi, per molte
migliaia di metri cubi contemporaneamente e per più anni di seguito, nonché tra loro
disordinatamente frammisti, in un'area dell'Arsenale, a cielo aperto e non pavimentata,
estesa complessivamente circa mq. 16.607, denominata "magazzino materiali fuori-uso e
rottami", accessibile tramite superamento di sbarra metallica ed inclusiva di sotto-area
estesa circa mq. 2.961 recintata da transenne metalliche e chiusa con cancello denominata
"deposito metalli pregiati".
…
II ricorso deve essere rigettato, poiché infondato.
1. Sequestro preventivo e regime dei beni demaniali. La 6^ Sezione di questa Corte Suprema con la sentenza 31.1.2001, n. 3947, ric. Sindoni - ha affermato il principio della legittimità
del sequestro di un'area demaniale, allorquando la misura di cautela reale sia rivolta ad
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impedire il protrarsi di un'attività illecita in corso di effettuazione sull'area medesima.
La formale inalienabilità ed impignorabilità dei beni demaniali, sancita dall'art. 823 cod. civ.,
non vale a garantire, infatti, che su tali beni o per mezzo di essi possano essere commessi
reati e che tali reati, ove siano tuttora "in itinere", possano provocare ulteriori conseguenze
pregiudizievoli dell'interesse primario tutelato dalla norma penale violata.
Il sequestro preventivo (che non ha alcun collegamento necessario con la confisca) è rivolto
appunto a tutelare l'esigenza di protezione della collettività dalla prosecuzione dell'attività
criminosa ovvero dalla commissione di nuovi reati e, nella specie, razionalmente è stata
ravvisata la probabilità di danno futuro connessa all'uso (considerato illecito) che in
concreto viene fatto di un'area del demanio militare”.
P.Q.M.
il sottoscritto difensore, nella spiegata qualità,
CHIEDE
che l’On.le G.U.P. adito disponga che il P.M. formuli l’imputazione dei confronti dei
nominativi individuati come sopra per i reati di discarica abusiva o, in subordine, di illecita
gestione di rifiuti cui al d.lgs. 152/06, ovvero che disponga ulteriori indagini volte ad
accertare la responsabilità degli stessi.
CHIEDE
inoltre, che i medesimi rifiuti vengano classificati come pericolosi, almeno in relazione ai
campioni delle analisi in Perizia ove risultano concentrazioni di piombo superiori ai valori
limite.
CHIEDE
infine, che venga disposto il sequestro preventivo dell’area adibita a poligono di tiro di Torre
Veneri – Frigole LE.
Con osservanza
Lecce, 25.06.2014
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