IL MONDO™ SALVATO DAI RAGAZZINI di Nicola Galli Laforest (in Hamelin n.22, Futuro presente. Ipotesi di società future, MARZO 2009) Nello sconsolante panorama editoriale che si va configurando, nel rapido e davvero invadente moltiplicarsi di tanta narrativa per adolescenti sempre più dozzinale, dai contenuti miseri o avvilenti e che puntano tutto sul conformismo e il pensiero convergente, c’è da segnalare una forma nuova, forse l’unica vera novità, interessante e viva, che val la pena evidenziare, indipendentemente dagli esiti qualitativi. L’impressione è che non si tratti di diverse proposte sporadiche, ma in qualche modo proprio di un filone autonomo che potremmo definire di fantapolitica, o di fantascienza sociale. La fantascienza, nel senso più largo del termine, non ha mai davvero attecchito in Italia: anche grandi autori come Dick, Ballard, Bradbury, per non dire Clarke o Sturgeon, sono arrivati -se sono arrivati- tardi e hanno comunque conquistato solo una nicchia, persino in quelli che potevano essere gli anni d’oro del genere; fatta salva la fantascienza cinematografica delle astronavi esplose, dei marziani ripugnanti e acrobatici, dei raggi laser, di pura azione, insomma, non ha mai raggiunto davvero una certa popolarità, e quasi non è mai esistita nell’editoria per ragazzi. In questo settore i pochi esperimenti tentati sono naufragati in fretta, e per ovvi motivi non sono più stati proposti, nemmeno i titoli migliori, come Eva o Nato nel 19991. Ed è noto a chiunque lavori con i giovani che tra tutti la fantascienza è il genere più bistrattato, unico a non raccogliere alcun consenso e molte bocche storte. Di recente però si è appunto affacciato un particolare filone, per lo più senza effetti speciali, di grande fascino e intelligenza, finalmente, in cui il tema principale è la politica, intesa nel senso più nobile, di riflessione sulla polis, in barba al senso comune che vuole le nuove generazioni totalmente disimpegnate e acritiche. La letteratura per l’infanzia ha in realtà sempre avuto una forte carica “sovversiva”, di critica sociale, violenta quanto nessun altro ambito forse poteva avere, in virtù del suo forzato isolamento, del suo essere piccola e laterale: ci sono più mine e attacchi alla società ne L’isola del tesoro, Le avventure di Huckleberry Finn, I ragazzi della via Pal, La guerra dei bottoni e via dicendo che in tanti pamphlet scopertamente politici del tempo. Nei nuovi romanzi che ho in mente però si piccona più in alto, perché nel frattempo ci sono stati i lager e le atomiche, le dittature che hanno trasformato gli uomini in bestie o in macchine, gli stermini di massa, le epurazioni e forse la fine dell’umanesimo; ci sono stati Il mondo nuovo di Huxley, 1984 di Orwell, Fahrenheit 451 di Bradbury, Blade Runner e Matrix…insomma nell’immaginario collettivo, e non solo, abbiamo distrutto il mondo, e l’umanità ha perso. Proprio questi titoli sono i riferimenti e i punti di partenza più diretti, palesi o nascosti, dei recenti romanzi cui sto pensando2, che ci propongono dunque nuovi modelli di distopia, o antiutopia, in qualche modo però ben ancorati al nostro presente e da questo suggeriti. P. Dickinson, Eva, Mondadori, 1990; C. Kerner, Nato nel 1999, E.Elle, 1991 M.T. Anderson, Feed, Fabbri, 2005; B. Beckett, Genesis, Rizzoli, 2008; A.-L. Bondoux, Linus Hoppe contro il destino, Giunti, 2007; J. DuPrau, Ember. Il mistero della città di luce, Rizzoli, 2008; G. Malley, La Dichiarazione, Salani, 2008; J.-C. Mourlevat, La battaglia d’inverno, Fabbri, 2007; B. Tognolini, Lunamoonda, Salani, 2008; S. Westerfeld, Brutti, Mondadori, 2006 e Perfetti, Mondadori, 2007 1 2 A tutti gli elementi appena ricordati si sono andate evidentemente sommando infatti anche forze e paure nuove, tensioni emotive legate ai cambiamenti della nostra epoca, a volte già evidenti, a volte ancora da scoprire, anche se circolano nell’aria. E la fantascienza da questo punto di vista si rivela uno straordinario barometro, che può farsi anche felice strumento didattico. Scriveva a tale proposito Carotenuto: “La stretta relazione che la fantascienza ha instaurato tra immaginario collettivo ed evoluzione sociale, culturale e scientifica degli ultimi due secoli costituisce, al pari della mitologia nell’antica Grecia e delle grandi religioni, una sorta di mappa archetipica. Taluni leitmotiv simbolici, peraltro da sempre radicati nella psiche umana, si sono via via rafforzati, mettendo in luce gli aspetti più significativi delle paure di fine millennio. Rintracciarne le linee e le progressioni di sviluppo significa, in certo qual modo, determinare il livello evolutivo della psiche collettiva contemporanea.”3 Per esempio, sullo sfondo di queste (e di tante altre) storie dei nostri giorni, c’è sempre un Grande Burattinaio, quasi mai esplicitato, un meccanismo di controllo totale che vede e sente e sa tutto; un qualcuno o qualcosa (un comitato di adulti, una commissione d’esame, un’istituzione, un computer, le multinazionali…) che ha già deciso per noi e telecomanda le nostre vite; c’è un’aria di complotto, di sospetto reciproco, un’impossibilità di uscire dai binari stabiliti, e infatti ci sono sempre regolamenti rigidi e perentori, o norme non scritte ma incise nei cervelli, vuoi per buone e obbligate abitudini sociali, vuoi per condizionamenti e indottrinamenti, vuoi per vere e proprie intrusioni fisiche; c’è un pendolo continuo tra uno stato di totale ordine ed efficienza, quello di ogni Utopia, in cui ogni cosa ha il suo posto e lì deve stare, e il sentore di uno sfacelo materiale (che naturalmente ha un suo ben nascosto contraltare morale) e di una decadenza che già si è verificata e che continua, nonostante tutte le coperture, a rosicchiare spazi. Non può essere un caso che certi elementi, pur appena accennati, ritornino in storie tanto diverse: l’essere superstiti di una apocalisse che ha falciato l’umanità precedente, causata non da errori ma dal progresso della scienza (Genesis, Brutti, Perfetti, Ember), lo stato di costante crisi energetica (La battaglia d’inverno, La Dichiarazione, Ember, Genesis), la divisione in caste sociali ben definite e stagne, l’eliminazione o la reclusione dei diversi, o dei non conformi, la rimozione della memoria, collettiva o personale, anche attraverso interventi chirurgici; la presenza costante di spazi di segregazione o zone off limits; e ancor più, andando a toccare direttamente la vita dei giovani protagonisti, l’assenza fisica dei genitori (Brutti, Perfetti, La battaglia d’inverno, La Dichiarazione, Genesis, Ember, Feed, Lunamoonda) o l’ossessiva presenza in queste distopie di scuole- collegi- orfanotrofi, sempre luoghi gelidi e senz’anima come laboratori o catene di montaggio, prigioni per ragazzi da rieducare. Altro elemento nascosto ma sempre presente ad arricchire il quadro, e credo fondamentale, è un senso di colpa non ben identificabile che i giovani protagonisti si portano dietro, annidato da qualche parte nel passato, come un marchio, una lettera scarlatta: è un peccato dei genitori, o di qualche avo, ereditato, o commesso chissà quando e rimosso, che pesa come un macigno e da cui non ci si può sottrarre. 3 A. Carotenuto, L'ultima Medusa. Psicologia della fantascienza, Bompiani, 2001, pag 79 Una delle parole (e dei temi) più ricorrenti è destino; e mi sono sorpreso, e un po’ sentito dentro una di queste distopie, pochi giorni fa nello spazio “giovani adulti” di una grande libreria, nel trovarmi di fronte ad un muro di copertine, temo esposte così casualmente, che riportavano nel titolo o nel sottotitolo proprio “destino”. Evidentemente c’è un interesse che va in quella direzione, cha fa il paio con gli innumerevoli “eroi eletti” in circolazione in questi anni. Linus Hoppe (sottotitolo: Contro il destino) è il protagonista di uno dei romanzi più interessanti degli ultimi tempi4, è alla fine della scuola, in attesa dell’Esame davanti al Grande Computer che sceglierà per lui, in un mondo a livelli, in che sfera fargli passare la vita, cerca di capire ciò che nessun adulto vuole discutere: “-Qual è il mio destino?- Si chiede. –Posso ancora modificare le cose? E Chem? E Yosh?- Tutto sembra accadere come se la storia fosse già stata scritta. È la prima volta che lo percepisce così chiaramente; ma, soprattutto, è la prima volta che il suo futuro gli appare così prefabbricato, premasticato, insipido quanto una bistecca di soia. (…) Anche se è steso sul letto, ha la sgradevole impressione di trovarsi su una giostra inarrestabile. Di esserci inchiodato sopra come un porcellino di resina. A ogni giro può credere che il passaggio sia cambiato, può sperare di scendere; ma no. Non cambia niente, è impossibile scendere, e la musica frastornante della giostra finisce per stordire il porcellino, che continua a girare, sempre rosa e sorridente, ma senza andare da nessuna parte.”5 La domanda, che qui è esplicitata, circola sempre nelle menti dei protagonisti, o dei lettori, di questo filone narrativo. Si tratta infatti di libri che ci parlano di un mondo inscatolato, ordinato e colorato e a portata di mano come gli scaffali di un supermercato, con un mucchio di ragnatele e cose vecchie e morte spazzate dove non si vede, a marcire. “Siamo andati al mare, perché non c’era tempo dopo la Scuola™ per andare sotto. Io e lei siamo andati a stargli di fianco. L’abbiamo osservato che si muoveva. Era morto, ma colorato.” 6 Raccontano di un mondo, quello ereditato dalle nuove generazioni, di cui si può solo essere cavie o clienti, dove anche la scuola e le nuvole sono marchi registrati, dove tutto è bene di consumo, come nella distopia di Huxley, e l’unico status permesso è quello di acquirente progettato per essere felice, persino quando si è in ospedale, o in punto di morte: “La prima cosa che ho sentito era che non avevo credito”7 ci comunica appena ricoverato Titus, che come quasi tutti vive con un microchip nel cervello che gli suggerisce continuamente cosa fare, cosa comprare, e manda banner pubblicitari senza tregua consentendogli di vivere ad occhi chiusi, senza parlare, senza sentire emozioni, senza pensare. 4 A.-L. Bondoux, Linus Hoppe contro il destino, Giunti, 2007; della stessa autrice l’ottimo e pluripremiato Le lacrime dell’assassino, San Paolo, 2008 5 Ivi, pagg 28-30 6 M.T. Anderson, Feed, Fabbri, 2005, pag 192 7 Ivi, pag 53 Dunque il mondo adulto ha rubato il presente ai ragazzi, e loro si sono adattati di buon grado, si sono fatti indottrinare e hanno rinunciato al libero arbitrio in cambio di una vita semplificata da bellissimi, allegramente frigidi, compatti e sicuri, in cui l’ipocrisia è la normale e accettata moneta di scambio nei rapporti interpersonali. In 1984 Orwell faceva torturare Winston per “crimini di pensiero”, in Il mondo nuovo Huxley non vedeva la necessità di arrivare a tanto, bastava il “soma”, una droga miracolosa; nel nostro nuovo filone fantapolitico i destinatari delle cure sono direttamente gli adolescenti, proprio nel momento di passaggio: in Brutti e nel successivo Perfetti Westerfeld dispone che il giorno del sedicesimo compleanno i ragazzi, ben felici della cosa, vengano sotto posti ad un intervento chirurgico capace di renderli fisicamente perfetti, eliminando ogni difetto, e avvicinando ogni corpo ad un ideale estetico scelto da un’apposita commissione. Una volta eseguita l’operazione (che naturalmente cambia anche parti del cervello), i ragazzi vanno a vivere su un’apposita isola, dove se la spassano per tutto il tempo, definitivamente separati dai “brutti” e da ogni preoccupazione; in Linus Hoppe è l’esame di maturità che distribuisce i candidati nelle diverse classi sociali cui li ha assegnati il destino, in una società simile a quella della Repubblica di Platone, che è richiamata esplicitamente anche in Genesis (anche qui durante un esame scolastico), a sottolineare che è proprio nell’Utopia, nella perfezione, che si annida inevitabilmente la morte dell’uomo; in Feed invece si lavora direttamente sui neonati, inserendo nel loro corpo un microchip che li guida. Il mondo è così truccato che in diversi casi, procedendo con la lettura, scopriamo di trovarci di fronte a veri e propri esperimenti scientifici o sociali di cui i ragazzi sono vittime, o che il loro esame di maturità, l’unico rito di passaggio rimasto, non è altro che un modo per la commissione esaminatrice di riconoscere i liberi pensatori e farli fuori. In questa situazione che prelude naturalmente al rapido declino dell’umanità, così come avveniva, pur con esiti tra loro differenti, nelle distopie classiche già nominate, c’è, per fortuna, qualcuno che alza la testa tra i giovani e si fa paladino del cambiamento. In un intervento dal titolo Io e Orwell. Dopo l’11 settembre, Margaret Atwood diceva: “La maggior parte delle distopie – inclusa quella di Orwell – è stata scritta da uomini e il loro punto di vista è maschile. Quando le donne vi compaiono, hanno il ruolo di automi asessuati oppure di ribelli che sfidano le regole sessuali del regime. Agiscono come tentatrici del protagonista maschile, per quanto lui gradisca questa tentazione.”8 Il caso, o forse no9, ha voluto contraddirla, e in quasi tutti questi romanzi la ribellione, l’accensione del pensiero, la coscienza trainante è invece femminile, una ragazza, pur rimanendo intatto lo schema che prevede per il verificarsi del risveglio l’arrivo di un’esca di sesso opposto. Come dire, però, con una giovane coppia, che l’umanità può forse ripartire laddove gli adulti hanno da tempo perso il controllo sulla loro utopia, ormai avariata e corrotta, senza essersene accorti. Solo nella più tremenda di queste distopie, Genesis, la protagonista, che è infatti completamente sola di fronte alla Commissione, non può vincere: superare l’esame significa essere soppressa, perché questo è in realtà una trappola per misurare la sua libertà intellettuale e la sua umanità, in un mondo abitato da tante copie con la faccia da scimmia di un unico software che ha sostituito l’uomo, troppo pericoloso. Queste giovani coppie hanno molto della figura archetipica, presente in tutte le mitologie e religioni, del “fanciullo divino”10, il giovane mandato dal cielo per riportare speranza laddove è sparita: per solito questa figura non ha genitori, è un trovatello o ritrova uno dei due come nemico, e ho già accennato a come tale caratteristica sia ricorrente anche in questi romanzi; e anche la condizione di colpa-innocenza cui ho fatto riferimento è tipica del fanciullo divino, così come il dover affrontare pericoli spropositati; e l’importanza del bimbo come simbolo di nuova vita è del resto rimarcata dalla presenza fintamente secondaria, ma sempre di forte impatto, di un bambino più giovane vicino alla coppia protagonista. E ancora, in molti casi per esaltare le nuove forze vitali, che vanno oltre i limiti imposti dalla coscienza, e l’imperativo etico che le spinge, è necessario che la sfida comporti un sacrificio. Spesso si verifica infatti un “effetto Crono”: il Grande Padre non ci sta, e fa di tutto per eliminare il pericolo. Gli adulti fanno quadrato e impediscono ai giovani di svegliarsi e rinascere, e se questi ci riescono la soluzione è solo una, quella attuata dal re sotto il quale nacque il fanciullo divino Gesù. Il meccanismo corrisponde così chiaramente che in Lunamoonda, in cui si raccontano le avventure di una banda di ragazzi che si batte contro un mondo a metà tra 1984 e Matrix, con un colpo di genio Tognolini ha chiamato il programmaesperimento al quale questi sono sottoposti Herode Necessario. E qui veniamo allo scoperto: è così necessario controllare le nascite per mantenere la propria posizione che proprio su questo si basa uno dei migliori romanzi del 2008, ascrivibile a questo filone. La Dichiarazione è ambientato in un particolare collegio, una scuola carcere che ospita 500 giovani, che come tutti i pochi giovani in vita sono illegali, e che qui imparano a “Stare al Mio Posto” e a “dare l’impressione di non esistere”. M. Atwood, in Lo straniero n.41, Novembre 2003 Sulla figura della vergine salvatrice v. J. Campbell, La nascita della vergine, in L’eroe dai mille volti, Guanda, 2000 10 Sul fanciullo divino vedi M.L.Von Franz, Il Puer Aeternus, ed. Red; F. Jesi, Orfani e fanciulli divini, in Letteratura e mito, Einaudi, 2002; C.G. Jung e K. Kerényi, Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia, Bollati Boringhieri, 1994; J. Hillman, Puer aeternus, Adelphi, 1999 8 9 “Siamo tutti Eccedenze, a Grange Hall. Eccedenze di offerta a una domanda che non c’è. Eccedenze rispetto alla capacità di accoglienza. In effetti sono molto fortunata a essere qui. Mi è stata concessa la possibilità di redimere i Peccati dei miei genitori, se lavoro abbastanza duro e divento utilizzabile. Non tutti hanno questa possibilità, dice la signora Pincent. In alcuni paesi, gli Eccedenti vengono uccisi, abbattuti come animali. Qui non lo fanno mai, ovviamente. In Inghilterra aiutano gli Eccedenti ad essere Utili ad altre persone (…) Probabilmente, essere abbattuti sarebbe la cosa migliore per tutti”11 La catastrofe nasce da un grande successo della scienza medica, il più alto: si è sintetizzata una Pillola di Longevità che assunta ogni giorno quasi elimina la morte. Ma se nessuno muore, nessuno può nascere, e chi decide di prendere la pillola firma una Dichiarazione in cui rinuncia ad avere figli: una vita per una vita (la regola non si applica solo ai potenti). Grazie ai Cacciatori che snidano eventuali neonati clandestini, in circolazione ci sono così solo adulti, e qualche adolescente diventato Risorsa Utilizzabile, schiavo a vita di qualche famiglia Legale. Eccedenza Anna, alla soglia del passaggio per uscire dal collegio e diventare Risorsa, incontrerà uno strano coetaneo, aprirà gli occhi e con lui tenterà di scardinare il sistema. L’intera trama si dipana secondo i ritmi e le tecniche tipiche del feuilleton, con istituzioni corrotte (altra caratteristica di tutti questi libri), fughe rocambolesche, sotterranei, villains sadici dal passato oscuro, e persino anelli con sigilli e misteriose voglie sulla pelle che preludono ad improbabili e clamorose agnizioni: i cattivi sono padri o madri che hanno dunque imprigionato e quasi ucciso i figli. Una storia antichissima, che torna in forma nuova. In questo, e in altri casi, “l’effetto Crono” ha la sua molla nella scienza: Prometeo ha rubato il fuoco e lo ha usato prima di capirne le conseguenze, e penso anche a tutte le storie che toccano direttamente o lateralmente la clonazione o l’eugenetica (in Genesis siamo tutti cloni; in Feed Link si chiama così perché clone di Lincoln; in La battaglia d’inverno ci sono incroci uomo-cane; in Lunamoonda tutti i ragazzi sono esperimenti; in Mark 2.0 si ristampa chi muore…). L’uomo gioca a fare Dio e perde l’umanità, qui però l’obiettivo del dottor Frankenstein è ribaltato, e la scienza non serve per dare la vita ma per toglierla, o renderla utile ad altri. E infatti anche la scuola non è più istituzione educativa, gli intellettuali, l’arte, il pensiero, la ricchezza linguistica o estetica sono da guardare con sospetto e rimuovere; non serve per formare uomini ma, 11 J. Malley, La Dichiarazione, Salani, 2008, pag 9 sempre, ha tutt’altro scopo, riprodurre come un virus esseri senz’anima e cervello: e l’Umanità come virus o malattia che consuma la Terra è un altro concetto sempre presente. Al di là però del ruolo della scienza come radice della distopia, la vera questione è prettamente politica, e ci suggerisce però anche un insospettabile alto livello di attenzione verso questi temi: la società che si va costruendo rischia, per autoriprodursi, o per evitare di autodistruggersi, di eliminare le caratteristiche più umane. E in queste storie, tolto qualche raro esempio di adulto dissidente, che vive in clandestinità, isolato e perseguitato, sono solo i giovani a tentare lo strappo. L’inizio del cambiamento è spesso annunciato da una ferita, da un incidente, da una patologia, anche da un tilt del cervello, e i risvegli o gli strumenti di lotta non possono che essere tratti dai tempi in cui il mondo non era un marchio registrato: la scrittura a mano, vietata o dimenticata, il colloquio diretto, l’arte, la narrazione, il dialogo socratico, addirittura una vecchia statua di un santo protettore, oppure semplicemente la luce naturale di una candela o l’effetto di una strizzata d’occhio, a ricordare cosa fa umano l’uomo, a tracciare nuovamente i confini con bestie, macchine e oggetti, e permettere ai ragazzini di risollevare il mondo ereditato, ormai in pezzi.
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