102/95 copertina+retro+costa 29-05-2002 I I T TEMI 10:06 Pagina 1 E M S DELLA NUTRIZIONE Diagnostica nutrizionale Accertamento e valutazione dello stato nutrizionale A cura di Ermanno Lanzola Direttore del Centro Ricerche sulla Nutrizione Umana e la Dietetica Università degli Studi di Pavia Con la collaborazione di Roberto Bellù, Antonio Carroccio, Alberto Daghetta, Ermanno Lanzola, Giuseppe Montalto, Alberto Notarbartolo, Marisa Porrini, Silvia Scaglioni, Anna Tagliabue, Giulio Testolin, Giovanna Turconi ISTITUTO DANONE 102/95 Lettera 29-05-2002 10:07 Pagina 1 ISTITUTO DANONE P ER LA R ICERCA E LA C ULTURA M O T I VA Z I O N I DELLA E N UTRIZIONE OBIETTIVI anone è una società multinazionale operante nel settore alimentare. La sua “mission” istituzionale è quella di migliorare l’alimentazione umana, sia con prodotti di alta qualità, sia con iniziative di ricerca e di divulgazione scientifica. In quest’ottica ha deciso di destinare risorse alla ricerca e alla cultura della nutrizione, dando vita all’Istituto Danone. D L’Istituto Danone si prefigge di: Incoraggiare la ricerca scientifica sul rapporto tra alimentazione e salute; Promuovere una corretta educazione alimentare; Diffondere i risultati della ricerca nutrizionale presso gli operatori della salute e dell’educazione alimentare; Costituire un anello di giunzione tra il mondo scientifico e gli operatori della salute e dell’educazione alimentare. Gli obiettivi dell’Istituto Danone sono quindi due: Conoscere – è incoraggiato mediante l’istituzione di premi per giovani ricercatori e il finanziamento di progetti di ricerca; Far conoscere – si esprime con la promozione di attività editoriali e congressuali mirate a diffondere la cultura della nutrizione. Per adempiere a questa missione, l’Istituto Danone si avvale di un Comitato Scientifico che rappresenta l’elemento propositivo, la fonte delle conoscenze ed il garante della scientificità di tutte le attività dell’Istituto stesso. A far parte di questo Comitato sono stati chiamati, tra i massimi esperti nazionali dei vari settori della nutrizione umana, i professori Marcello Giovannini (Presidente), Ermanno Lanzola e Carlo Vergani (Vicepresidenti), Vittorio Bottazzi, Alberto Daghetta, Alberto Notarbartolo, Enrica Riva e Angelo Stacchini. Sede Istituto Danone: 20124 Milano – Via F. Filzi, 25 Segreteria Scientifica e Organizzativa: Sudler & Hennessey – 20145 Milano – Via F. Guerrazzi, 1 102/95 frontespizio 29-05-2002 10:07 I I T TEMI Pagina 1 E M S DELLA NUTRIZIONE Diagnostica nutrizionale Accertamento e valutazione dello stato nutrizionale A cura di Ermanno Lanzola Direttore del Centro Ricerche sulla Nutrizione Umana e la Dietetica Università degli Studi di Pavia Con la collaborazione di Roberto Bellù Aiuto Universitario Clinica Pediatrica Ospedale S. Paolo, Università degli Studi di Milano Antonio Carroccio Assistente Universitario di Medicina Interna, Università degli Studi di Palermo Alberto Daghetta Professore Ordinario Cattedra di Analisi Chimica dei Prodotti Alimentari, Università degli Studi di Milano Giuseppe Montalto Professore Associato di Medicina Interna, Università degli Studi di Palermo Alberto Notarbartolo Professore Ordinario di Medicina Interna, Università degli Studi di Palermo Marisa Porrini Professore Associato di Alimentazione e Nutrizione Umana, Università degli Studi di Milano Silvia Scaglioni Ricercatore presso la Clinica Pediatrica Ospedale S. Paolo, Università degli Studi di Milano Anna Tagliabue Ricercatore presso il Centro Ricerche sulla Nutrizione Umana e la Dietetica, Università degli Studi di Pavia Giulio Testolin Professore Ordinario di Fisiologia della Nutrizione e Razionamento, Dipartimento Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche Sezione Nutrizione, Università degli Studi di Milano Giovanna Turconi Ricercatore presso l’Istituto di Scienze Sanitarie Applicate, Università degli Studi di Pavia 102/95 indice 29-05-2002 I 10:08 Pagina 3 ndice Introduzione 5 E. Lanzola Le basi conoscitive della diagnostica nutrizionale 7 E. Lanzola Metodi di valutazione dei consumi alimentari 29 S. Scaglioni, G. Turconi Determinazioni antropometriche nell’adulto e nel bambino 49 R. Bellù, A. Tagliabue Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali 75 A. Daghetta, M. Porrini, G. Testolin Test immunologici e funzionali nella valutazione dello stato nutrizionale A. Carroccio, G. Montalto, A. Notarbartolo 3 105 102/95 introduzione 29-05-2002 I 10:08 Pagina 5 ntroduzione E. Lanzola Le acquisizioni delle ultime decadi hanno posto chiaramente in evidenza la dipendenza della salute dal processo nutritivo ed hanno anche precisato quanto potenziale di efficienza fisica e psichica possa derivare all’individuo da un’adeguata nutrizione. La nutrizione, infatti, secondo la vecchia ma chiara definizione di Mc Carrison “è la somma di atti o processi per mezzo dei quali la struttura e le funzioni di tutti gli organi e parti dell’organismo vengono determinate e mantenute; in breve è la funzione dell’organismo da cui dipende la salute”. Lo stato di nutrizione esprime perciò il grado con cui sono soddisfatte le necessità fisiologiche di un soggetto in relazione ai vari nutrienti introdotti con il regime alimentare e, mentre costituisce un aspetto particolare dello stato di salute, condiziona, a sua volta, altri aspetti della salute stessa quali: resistenza alle infezioni, insorgenza di malattie degenerative, ecc. L’intreccio di dipendenze tra nutrizione e salute, la capillarità di condizionamenti tra equilibrio dinamico nutritivo e manifestazioni vitali dell’organismo assumono un valore ancora più grande quando si consideri la frequenza reale della malnutrizione sia per difetto che per eccesso o per squilibri alimentari. Da queste premesse parte l’interesse che, dagli anni Cinquanta in poi, è andato via via crescendo per il capitolo dell’“accertamento dello Stato di nutrizione”, come veniva chiamato una volta e che oggi più appropriatamente è considerato una branca della diagnostica medica corredata di una propria semeiotica. Grazie anche al progresso della tecnologia applicata al settore medico questa branca si è sviluppata in modo sempre più complesso in analogia, del resto, ad altri aspetti della professione medica. L’espressione semplicistica “ben nutrito” con cui fino a qualche decina d’anni or sono veniva qualificato nella cartella clinica lo stato di nutrizione di 5 102/95 introduzione 29-05-2002 10:08 Pagina 6 Introduzione un paziente appare oggi superficiale se non addirittura anacronistica e deve lasciare il posto ad una valutazione più tecnica ed obiettiva dello stato di nutrizione. Hanno concorso a questo mutamento di pensiero anche i progressi compiuti nel settore della nutrizione clinica e dell’alimentazione artificiale (nutrizione parenterale totale e nutrizione enterale) che richiedono un monitoraggio continuo e adeguato dello stato nutrizionale del paziente. Ad un tema dunque tanto importante ed attuale l’Istituto Danone ha inteso dedicare il secondo quaderno degli ITEMS. Il lavoro è frutto di esperienza personale degli Autori ed è ispirato a criteri squisitamente pratici, non trascurando tuttavia di fornire ogni volta il “razionale” delle varie determinazioni e misure che fanno parte della Semeiotica nutrizionale. Scopo primario del quaderno, infatti, è di offrire a tutti i medici e non solo agli specialisti in Scienza dell’Alimentazione una breve guida di diagnostica nutrizionale aggiornata, sicura e di facile consultazione. Prof. Ermanno Lanzola 6 102/95 cap. 1 29-05-2002 L 10:27 Pagina 7 e basi conoscitive della diagnostica nutrizionale E. Lanzola Direttore del Centro Ricerche sulla Nutrizione Umana e la Dietetica – Università degli Studi di Pavia L’eziologia delle malattie non trasmissibili che possono colpire l’uomo è, come è noto, multifattoriale; tuttavia, tra i vari fattori, è universalmente riconosciuto il ruolo svolto dall’alimentazione che è in grado di influenzare, anche profondamente, lo stato di salute sia degli individui che delle comunità. Sebbene le correlazioni più conosciute tra alimentazione e malattie non trasmissibili siano di tipo più associativo che causale esiste un largo consenso circa il nesso di causalità per alcune forme morbose quali coronaropatie ischemiche, malattie cerebro-vascolari, alcuni tumori, cirrosi epatica, diabete non insulino-dipendente, obesità e in gran parte anche per l’osteoporosi. A queste malattie degenerative vanno aggiunte alcune forme carenziali che permangono nella nostra società come i disordini da carenza di iodio (con manifestazione ultima il gozzo) e le anemie nutrizionali (1). Le relazioni tra alimentazione e sta- to di salute sono schematicamente rappresentate nella Figura 1 dalla quale appare evidente la posizione chiave che occupa il riconoscimento dello stato nutrizionale nella dinamica che, partendo dal rischio dietetico, porta al condizionamento dello stato di salute. Classificazione della malnutrizione Le malnutrizioni possono essere classificate in funzione di vari parametri; una prima e ovvia classificazione è basata sul fattore nutritivo la cui deficienza o eccedenza è responsabile della malattia. Seguendo una classifica che tiene conto di gruppi analoghi di fattori nutritivi si ha: a. malnutrizione proteico-energetica; b. malnutrizione lipidica; c. malnutrizione vitaminica e da fattori affini; d. malnutrizione idro-minerale. 7 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 8 Le basi conoscitive della diagnostica nutrizionale Figura 1 Ipotesi di lavoro, modello concettuale. (da Ferro Luzzi A, 1994) DETERMINANTI Fattori socio-economici RISCHIO DIETETICO • livello di reddito • scolarità Dieta: scelta alimenti e modelli • professione • qualità nutrizionale Fattori socio-demografici • area geografica • quantità • varietà • zona rurale o urbana • origine etnica • nutrienti essenziali • sostanze protettive Fattori biologici • sostanze dannose • stato fisiologico • condizione di salute • età e sesso La malnutrizione da insufficiente apporto energetico si accompagna in pratica alla malnutrizione proteica sia perché in questo tipo di malnutrizione l’apporto proteico è quasi sempre carente sia perché anche quando è sufficiente le proteine vengono in gran parte utilizzate per produrre energia. D’altra parte, sebbene sperimentalmente sia possibile riprodurre allo stato puro tutte le suddette malnutrizioni, esse si presentano in natura più o meno sovrapposte cosicché in pratica si tro- vano quadri molto complessi dove un tipo di malnutrizione prevalente è complicato da una o più malnutrizioni accessorie. Queste a loro volta si distinguono in malnutrizioni per difetto e per eccesso. Una seconda classificazione tiene conto del decorso e dell’aspetto clinico della malnutrizione. Essa distingue pertanto le forme acute, appariscenti o classiche (obesità, rachitismo, scorbuto, ecc.), da quelle croniche, latenti o subcliniche. 8 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 9 E. Lanzola STATO PRE-CLINICO Stato nutrizionale • modifiche biochimiche metaboliche a. malnutrizioni primarie (cioè di origine alimentare); b. malnutrizioni secondarie o condizionate (cioè prodotte da meccanismi che, indipendentemente dall’apporto alimentare, alterano il fabbisogno, l’assorbimento, l’escrezione e il metabolismo dei singoli fattori nutritivi). L’eziologia delle forme primarie è rappresentata da tutte le cause che direttamente influenzano, in senso negativo o positivo, la disponibilità ed il consumo dei principi nutritivi contenuti nella razione alimentare quotidiana. Essa in genere riguarda più le comunità (carestie regionali, campi di prigionia, ecc.) che non i singoli individui. La malnutrizione secondaria o condizionata si realizza quando l’inadeguatezza nutritiva è determinata da fattori diversi dalla insufficienza alimentare. Essa è il corollario di particolari situazioni fisiologiche e patologiche, di trattamenti terapeutici, che interferiscono sull’ingestione, l’assorbimento, l’utilizzazione dei principi nutritivi o che ne aumentano le quote di fabbisogno, escrezione, distruzione. I principali fattori sono i seguenti: a. variazioni del fabbisogno nutritivo (gravidanza, accrescimento, convalescenza, attività fisica elevata, alta temperatura e forte umidità dell’ambiente ESITO Stato di salute • morbosità • mortalità Da questo punto di vista va tenuto presente che nella nostra società la maggior parte delle malnutrizioni umane decorre con aspetti clinici poco appariscenti; queste forme subcliniche, pur non essendo letali a breve termine, rappresentano una delle cause più comuni di sofferenza e di limitata efficienza per vaste comunità umane. Una terza classificazione, peraltro largamente adottata, tiene conto del modo di origine della malnutrizione e pertanto distingue: 9 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 10 Le basi conoscitive della diagnostica nutrizionale esterno, febbre, terapie speciali, ecc.); b. anormale assorbimento di principi nutritivi (malattie gastrointestinali, malattie epatobiliari, stato fisico o chimico di certi principi nutritivi, terapie speciali, ecc.); c. ostacolata utilizzazione dei principi nutritivi (epatopatie, tumori maligni, malattie metaboliche, ipotiroidismo, ecc.); d. aumentata distruzione di principi nutritivi (acloridria, tossicosi esogene, terapie speciali, ecc.). Al contrario delle malnutrizioni primarie le secondarie sono per lo più individuali ed il loro quadro clinico è spesso complicato da fenomeni morbosi caratteristici della malattia condizionante. dall’esaurimento delle riserve nutritive eventualmente presenti nelle cellule e nei liquidi organici. Segue quindi il vero e proprio danno tissutale che comprende a sua volta tre fasi teoricamente successive, ma che in pratica sono parzialmente sovrapposte. Prima Fase: danno biochimico Consiste essenzialmente in un’alterazione dei sistemi enzimatici cellulari con accumulo di metaboliti intermedi o anormali (come, per esempio, acido piruvico nella malnutrizione aneurinica); si tratta di una fase reversibile. Seconda Fase: danno funzionale Questa è la conseguenza diretta della prima fase e compare indipendentemente da qualunque apprezzabile alterazione morfologica cellulare. Questo danno cellulare può essere tanto grave da diventare incompatibile con la vita (per esempio, morte improvvisa dei piccioni beriberici); esso, in genere, è completamente e rapidamente reversibile, come lo è il danno biochimico. Le manifestazioni di questa seconda fase sono molteplici: generali (astenia, anoressia, dolori diffusi, ecc.) o specifiche (emeralopia, fragilità capillare, disturbi nervosi, ecc.). Terza Fase: danno anatomico Questo è rappresentato da lesioni cellu- Patogenesi della malnutrizione per difetto Il meccanismo patogenetico della malnutrizione per difetto è legato allo stato di carenza cellulare di uno o più fattori nutritivi. Come tale esso segue alcune tappe evolutive, obbligate, la cui successione cronologica è più o meno rapida a seconda del tipo di carenza e dello stato di nutrizione del soggetto (2). La prima tappa è rappresentata 10 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 11 E. Lanzola lari di tipo degenerativo, regressivo o anche produttivo, e costituisce un tipo di danno che spesso è irreversibile (per esempio, polineurite beriberica, fibrosi epatica, deformità rachitiche, ecc.). Il decorso e la prognosi della malnutrizione sono influenzati dalla capacità individuale di adattamento al danno funzionale (come, per esempio, la riduzione del fabbisogno specifico), dagli stress fisiologici e patologici che colpiscono le unità biologiche, ecc. Da un punto di vista generale la malnutrizione infantile è più allarmante di quella dell’adulto non solo perché è più facilmente letale, ma anche perché lascia spesso tracce indelebili in organi vitali come: ipoevolutismo fisico e psichico, fibrosi del fegato e del miocardio, maggiore recettività verso certe malattie, ecc. Per quanto riguarda i pazienti ospedalizzati, deve essere sempre sospettato per alcuni di essi uno stato di malnutrizione al momento dell’ammissione in ospedale ovvero durante la degenza. Si tratta di: – pazienti anziani; – pazienti con ictus pregresso; – pazienti con malattie croniche, quali artrite, e anoressia associata; – pazienti con traumi massivi acuti; – pazienti con ustioni; – pazienti con tumori maligni; – pazienti sottoposti a chemioterapia e terapia radiante; – pazienti ricoverati per interventi gastrointestinali che restano in nutrizione parenterale dopo l’intervento; – pazienti con infezioni massive; – pazienti affetti da malattie mentali; – pazienti affetti da patologia gastroenterica o affetti da sindrome di malassorbimento. Metodiche di impiego in diagnostica nutrizionale La diagnostica nutrizionale utilizza svariate metodiche appropriate ai diversi stadi di sviluppo della carenza nutrizionale (Tab. 1). I metodi sono basati su una serie di determinazioni che vanno da indagini dietetiche a misure antropometriche, fisiche, di laboratorio nonché a rilevamenti clinici. Queste metodiche possono essere impiegate di volta in volta singolarmente o, più spesso, in combinazione tra loro. Le indagini dietetiche, che possono essere condotte con modalità varie (come viene descritto nell’apposito capitolo) costituiscono un valido ausilio 11 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 12 Le basi conoscitive della diagnostica nutrizionale Tabella 1 da Gibson RS, 1989 (modificata) Fase Metodiche impiegate 1. Inadeguatezza alimentare Indagine alimentare 2. Diminuzione livello delle riserve tissutali Antropometriche, Fisiche, Biochimiche 3. Diminuzione livello nei liquidi corporei Biochimiche 4. Diminuzione livello funzionale dei tessuti Antropometriche, Fisiche, Biochimiche 5. Diminuzione attività di enzimi nutrienti-dipendenti Biochimiche 6. Alterazioni funzionali Comportamentali-Fisiologiche 7. Sintomi clinici Cliniche 8. Segni anatomici Cliniche nell’identificazione di specifiche carenze alimentari. Dall’indagine può risultare, infatti, che l’assunzione di uno o più nutrienti sia inadeguata per una carenza primaria (ridotto livello del nutriente nella dieta) ovvero per una carenza secondaria. In quest’ultimo caso gli apporti alimentari risultano adeguati alle necessità nutrizionali tuttavia vari fattori condizionanti (quali certi farmaci, componenti della dieta o stati patologici) possono interferire con l’ingestione, la digestione, l’assorbimento, il trasporto, il metabolismo e l’escrezione del nutriente. Con le misure antropometriche si ottengono dati relativi in particolare alla composizione corporea (vedasi paragrafo successivo) a sua volta correlata nel lungo termine a squilibri eventuali nell’apporto di energia e proteine. Rivestono un significato antropometrico anche le misure che si avvalgono di strumentazione fisica come è il caso della bioimpedenzometria (BlA) e della conducibilità elettrica totale del corpo (TOBEC). Le metodiche che si appoggiano al laboratorio di chimica clinica consentono di identificare vari gradi di malnutrizione lungo il decorso della malnutrizione stessa. Come è stato già accennato nelle carenze nutrizionali sia di origine primaria che secondaria le riserve tissutali di nutrienti si esauriscono gradualmente. Come risultato di questo esaurimento si possono verificare riduzioni nel livello dei nutrienti stessi o dei prodotti del loro metabolismo, riscontrabili sia in determinati liquidi corporei che nei tes- 12 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 13 E. Lanzola suti ovvero nell’attività degli enzimi dipendenti dai nutrienti deficitari. Tale deplezione può essere evidenziata mediante test biochimici e/o prove che misurano le funzioni fisiologiche o comportamentali dipendenti da uno specifico nutriente (3) come avviene, ad esempio, per l’adattamento all’oscurità (vitamina A), per la sensibilità gustativa (zinco), per la fragilità capillare (vitamina C), per la funzione cognitiva (ferro). I test funzionali forniscono una misura dell’importanza biologica di un determinato nutriente dal momento che essi evidenziano le conseguenze funzionali della carenza nutrizionale (4). Una anamnesi precisa ed un esame fisico accurato costituiscono i pilastri fondamentali della metodologia clinica per evidenziare i segni ed i sintomi associati con la malnutrizione. Tuttavia sia i segni che i sintomi sono spesso non specifici e si presentano generalmente quando la malnutrizione è ormai in uno stadio avanzato. Per questo motivo la diagnosi di carenze nutrizionali non può essere basata esclusivamente su metodi clinici (5) che devono necessariamente essere corredati dei risultati di accertamenti di laboratorio. È appena il caso di aggiungere che quando l’accertamento dello stato di nutrizione riguarda collettività o popola- zioni va presa in considerazione la raccolta di informazioni su un certo numero di variabili che notoriamente influenzano lo stato nutrizionale di una popolazione quali i dati economici e sociodemografici, il livello culturale, le abitudini e i pregiudizi alimentari nonché il costo della spesa alimentare. Hanno quindi importanza i dati su commercio, distribuzione, conservazione degli alimenti, i dati sulle statistiche socio-sanitarie. A proposito di queste ultime può risultare utile acquisire informazioni sulla percentuale della popolazione che ha a disposizione fonti sicure di acqua potabile, sulla percentuale di bambini vaccinati contro il morbillo, sulla percentuale di neonati di basso peso, sui tassi di mortalità per età e per causa. In sintesi le misure per la valutazione dello stato di nutrizione possono essere suddivise in: misure di base o fondamentali, misure di seconda istanza, misure di terza istanza secondo lo schema seguente. A. Misure di base o fondamentali 1. Storia alimentare (stima dell’intake attuale di kcal, proteine, grassi, vitamine, minerali); 2. esame fisico comprendente le misure antropometriche; 3. esame clinico con particolare 13 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 14 Le basi conoscitive della diagnostica nutrizionale attenzione a cute, mucose, occhi, capelli, unghie. concentrazione corpuscolare media di emoglobina (ossia il rapporto tra emoglobina e ematocrito). Questi dati vengono impiegati come indicatori dello stato di nutrizione (6). B. Misure secondarie 1. Stima diretta delle effettive introduzioni alimentari e cioè di energia, proteine, grassi, vitamine e minerali; 2. test chimico-clinici elementari: esame emocromocitometrico, elettroliti sierici, glicemia, lipidemia, albumina sierica, creatinina urinaria delle 24 ore e azoto ureico, calcemia, protrombinemia. Composizione del corpo umano: compartimenti corporei Per una migliore comprensione del significato delle misure antropometriche (descritte in dettaglio in un capitolo successivo) si ritiene utile riportare in questa sede qualche dato relativo ai cosiddetti compartimenti che costituiscono il corpo umano. Lo studio sistematico della composizione del corpo umano ha avuto inizio oltre 100 anni or sono quando i pesi dei vari organi e dei diversi segmenti scheletrici vennero accuratamente misurati in cadaveri ed i risultati furono riportati nei trattati di Anatomia. A cavallo tra l’Ottocento e il Novecento fecero seguito tentativi di misurare la composizione corporea in vivo; da allora, sfruttando di volta in volta apparecchi, tecniche e metodologie nuove, tali ricerche continuano anche al giorno d’oggi. Allo stato attuale lo studio della C. Misure terziarie 1. Misure dei livelli di nutrienti nel sangue, nelle urine, nei capelli, nelle feci; 2. studio dei bilanci metabolici (ad esempio dell’azoto, dei grassi); 3. misura di “indicatori” di alcuni nutrienti quali: transferrina, TIBC, retinolbinding protein, ceruloplasmina; 4. test di carico quali: istidina, triptofano; 5. test cutanei per l’ipersensibilità ritardata. Va ricordato, infine, che dati derivanti dai vari metodi impiegati in diagnostica nutrizionale vengono sovente combinati fra loro per stabilire degli indici. Esempio di tali combinazioni sono il peso per età, il valore della creatinina urinaria per l’altezza, il valore dell’emoglobina in relazione all’età e al sesso, la 14 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 15 E. Lanzola composizione corporea si situa all’interfaccia delle ricerche sull’accrescimento, lo sviluppo, la gravidanza, l’allattamento, la senescenza e vari stati patologici quali il diabete e la sindrome di immunodeficienza acquisita (AIDS). Studiare la composizione corporea significa suddividere la massa corporea in due o più compartimenti in funzione dei componenti minerali, chimici, anatomici o fluidi. Il modello chimico costituisce la pietra miliare nello studio della composizione del corpo umano: da esso derivano, in tutto o in parte, gli altri modelli. L’importanza del modello chimico è anche dovuta al suo ruolo centrale nello studio del metabolismo energetico, del metabolismo proteico, lipidico e minerale. Il classico modello chimico, derivato dalle ricerche sui cadaveri, presenta sei compartimenti a loro volta distribuiti in tre gruppi principali e cioè acqua, minerali e sostanza organica. Il gruppo dei minerali è costituito dai due componenti: minerali ossei (75%) ed extra ossei (25%). I minerali extra ossei sono distribuiti tra i compartimenti intra ed extra cellulari. I tre componenti organici sono costituiti da glicogeno, proteine e grasso. Il glicogeno, sebbene rappresenti sol- tanto l’1%, o anche meno, del peso corporeo, è incluso per completezza nel modello. Pertanto il modello a sei compartimenti nei quali è suddivisa la massa corporea (MC) può essere sintetizzato dalla equazione seguente: MC = A + Mo + Mc + Pr + Gl + Gr + R dove: A = acqua Mo = minerali ossei Mc = minerali cellulari Pr = proteine Gl = glicogeno Gr = grasso R = componenti residui non misurati. Nel soggetto vivente, tuttavia, per la ovvia impossibilità di misurare in vivo alcuni dei componenti della massa corporea si ricorre generalmente ad un modello a 2 compartimenti anche se negli ultimi venti anni la possibilità di impiegare sistemi di analisi sofisticati quali, ad esempio, l’attivazione neutronica e l’assorbimetria total body bifotonica ha consentito di sviluppare nuovi modelli pluricompartimentali fornendo stime della composizione corporea tali da minimizzare gli errori dovuti all’età, alla razza, alla presenza di obesità, che purtroppo sono inevitabili nel modello a due compartimenti (7-11). 15 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 16 Le basi conoscitive della diagnostica nutrizionale corpo umano si può considerare costituito da due compartimenti di densità relativamente costante, ma differenti in composizione: 1. la massa lipidica totale (FAT Mass) misurata in kg, ha densità pari a 0,9 g/ml. Questa costituisce circa, in condizioni fisiologiche, il 15-18% del peso corporeo totale nei maschi e il 2528% nelle femmine; 2. la massa corporea alipidica o massa magra (FFM, Fat Free Mass), che si ottiene sottraendo dal peso corporeo il valore della FAT mass. È anch’essa misurata in kg, con densità pari a 1,1 g/ml. Anatomicamente è costituita da muscoli scheletrici e non scheletrici, da tessuti magri e dallo scheletro e contiene mediamente: – proteine 19,5%; – acqua 72,4%; – minerali (scheletro) 8,0%; – glicogeno 0,1%. È da sottolineare che i muscoli scheletrici e non scheletrici e i tessuti magri di alcuni organi costituiscono i tessuti metabolicamente più attivi. Modello a due compartimenti Quando, intorno alla fine degli anni Quaranta, iniziarono gli studi relativi alla composizione corporea nell’uomo vivente, dei sei compartimenti sopra segnalati soltanto uno poteva essere misurato in vivo e cioè l’acqua corporea totale. Un approccio alternativo era quello di costruire modelli convenienti di composizione corporea che raggruppassero insieme diversi compartimenti. Questi modelli vennero trovati partendo sia da assunti teorici che da analisi empiriche impiegando dati provenienti da campioni di autopsie di cadaveri umani o animali. Venne seguito il concetto generale di scindere la massa corporea nei suoi compartimenti metabolicamente attivi e nei depositi di energia costituiti da grassi. In base a questo approccio il grasso è costituito dai lipidi estraibili con etere e ciò che rimane è la Massa Priva di Grasso (Fat Free Mass, FFM). Pertanto il modello a due compartimenti può essere definito dalla seguente equazione BW = F + FFM dove: Bw (Body Weight) = Massa Corporea F = grasso FFM = A + Mo + Mc + Pr + Gl In base a questo modello, quindi, il 1. Massa lipidica totale (FAT Mass) Alla nascita il grasso corporeo costituisce circa il 14% del peso totale, a 12 mesi il 23% e a 6 anni il 18% (12). 16 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 17 E. Lanzola Durante questo periodo, nelle femmine è leggermente superiore che nei maschi e tale differenza aumenta in modo più pronunciato dopo i 6 anni. Nell’adolescenza la differenza del contenuto di grasso corporeo è ancora più accentuato tra i due sessi e tale differenza persiste nell’età adulta. Nell’adulto, come già accennato, la percentuale di grasso corporeo è del 15-18% nel maschio e del 25-28% nella femmina. marcata diminuzione dell’accrescimento staturale dopo il menarca. Nella seconda decade di vita, le femmine aumentano la loro FFM solo di una volta e mezzo. Alla maturità, la FFM è pari a circa 42 kg per un peso corporeo totale di circa 63 kg (66,6%) (13). Nell’età adulta e in seguito durante l’invecchiamento, in entrambi i sessi si verifica un declino della FFM che diventa evidente intorno ai 40 anni. A 85 anni, la FFM raggiunge un valore che è pari a 3/4 di quello dell’adulto. Con l’avanzare dell’età viene perso più potassio che azoto, il che sta a indicare che la massa magra, ricca di potassio, si riduce in modo marcato. La perdita di potassio è circa il 10% tra i 60 e gli 80 anni. Soggetti con età superiore a 70 anni hanno circa il 40% di muscolatura in meno rispetto agli adulti, mentre manifestano una minore riduzione della massa degli organi viscerali. La perdita della massa muscolare è contemporaneamente associata ad un incremento del grasso e a una riduzione dell’acqua corporea. Questo fatto spiega altresì la progressiva riduzione del metabolismo basale (MB) con l’avanzare dell’età. È da sottolineare che nella tarda età si verifica, insieme a un decremento della massa muscolare, anche una riduzione di quella ossea. 2. Massa magra (Fat Free Mass) Per quanto riguarda la massa magra, i maschi mostrano un aumento rapido e permanente, con modesto acquisto di grasso corporeo nella prima fase della pubertà, seguito poi da una riduzione. Il periodo dell’aumento della massa magra coincide con l’accrescimento più rapido in altezza e continua sino a 20-25 anni. Nella seconda decade di vita, i maschi raddoppiano la loro massa magra. Alla maturità (intorno ai 50 anni) la FFM è pari a circa 60 kg per un peso corporeo totale di circa 70 kg (85,7%) (13). Le femmine, al contrario, presentano un minor aumento della FFM mentre acquisiscono più grasso corporeo. L’incremento della massa magra termina intorno ai 18 anni, in accordo con la 17 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 18 Le basi conoscitive della diagnostica nutrizionale Durante le diverse età, comunque, all’interno della FFM esistono differenze tra le proporzioni dei vari tessuti: dalla nascita alla maturità, il cervello aumenta di circa cinque volte; il fegato, cuore e reni, metabolicamente più attivi, aumentano 10-12 volte, mentre la muscolatura incrementa la sua massa sino a 40 volte. che praticano attività sportiva e in seguito a sudorazione. È da sottolineare che i muscoli contengono circa il 75% dell’acqua intracellulare. Il contenuto corporeo di acqua varia con l’età, il sesso, e la proporzione tra il tessuto muscolare e quello adiposo. È più elevato nella prima infanzia, negli uomini rispetto alle donne e negli atleti rispetto a chi non pratica attività sportiva. Con l’avanzare dell’età, accanto a un declino della massa magra e ad un aumento di quella lipidica, si verifica una riduzione del contenuto di acqua corporea. All’inizio dello sviluppo endouterino, il feto è costituito da circa il 94% di acqua, il neonato dal 77%. Negli anni successivi, la quantità di acqua si riduce ulteriormente, soprattutto quella extracellulare, a seguito dell’aumento della massa cellulare. Al termine dell’accrescimento corporeo (25 anni) il contenuto tende a stabilizzarsi per ridursi ulteriormente dai 45 anni in poi. È da sottolineare che dai 25 ai 50 anni inizia una diminuzione progressiva della massa cellulare accompagnata, come già precedentemente evidenziato, da una perdita di potassio. Nella Tabella 2 vengono riportate le modificazioni dell’acqua e del grasso corporeo con l’età. Acqua corporea totale (compresa nella massa magra nel modello a due compartimenti) L’acqua corporea totale rappresenta circa il 60% del peso corporeo nell’adulto ed è costituita da acqua intracellulare (34% circa del peso corporeo) e acqua extracellulare (26%). L’acqua extracellulare a sua volta si divide in: – acqua plasmatica: 4,1% del peso corporeo; – acqua della linfa interstiziale: 12%; – acqua del tessuto connettivo e osseo: 8,2%; – acqua transcellulare: 1,5%. Il contenuto idrico corporeo può comunque subire rapide fluttuazioni giornaliere dell’entità di circa 1 kg; queste aumentano sensibilmente nei soggetti 18 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 19 E. Lanzola Tabella 2 Acqua corporea totale (TBW), acqua extracellulare (ECW), acqua intraceIluIare (ICW), e Iipidi (F). (% del peso corporeo) (Friis-Hansen, 1965) Età TBW ECW ICW F Feto 1 mese 94 – – – Feto 5 mesi 87 62 25 1 Feto 8 mesi 81 52 29 4 Neonato 77 44 33 10-15 1 mese 73 39 34 16 2 mesi 70 33 37 20 4 mesi 67 30 37 24 6 mesi 63 28 35 26 9 mesi 61 27 34 28 1 anno 60 26 34 29 2 anni 63 28 35 25 3 anni 63 27 36 24 6 anni 62 26 36 22 9 anni 62 26 36 20 12 anni 61 25 36 18 M 65 26 39 15 F 54 25 29 28 M 59 25 34 20 F 51 24 27 30 M 56 25 31 24 F 49 24 25 33 18 anni 25 anni 45 anni 65 anni 85 anni M 53 25 28 28 F 47 24 23 36 M 50 26 24 32 F 45 24 21 40 19 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 20 Le basi conoscitive della diagnostica nutrizionale calcolare l’acqua totale con il metodo della diluizione, tenendo presente tuttavia alcune precisazioni. Se vengono impiegati D2O e 3H2O l’idrogeno dell’acqua marcata si scambia rapidamente con l’idrogeno dei gruppi carbossilici, amidici, idrossilici ed altri gruppi incorporati nelle molecole delle proteine, dei grassi e dei carboidrati. Il risultato di questo processo di scambio è che i volumi di diluizione di D2O e 3H2O sono del 3-5% più ampi dell’acqua corporea totale reale. Occorre adottare quindi un fattore di correzione e cioè si stima che il volume dell’acqua corporea totale corrisponda al 95% dei volumi di diluizione dell’3H2O o del D2O. La massa idrica va poi calcolata moltiplicando il volume trovato di acqua corporea totale per la densità dell’acqua a 37°C (0,994 g/ml), ma questa modesta correzione viene spesso trascurata negli studi clinici. Considerazioni analoghe valgono per l’isotopo H218O con la differenza che in questo caso è l’ossigeno marcato che va a scambiarsi con l’ossigeno dei bicarbonati presenti nel sangue. I bicarbonati marcati sono in equilibrio con il CO2 che viene eliminato per le vie respiratorie. L’ossigeno 18 dell’acqua marcata Stima quantitativa dei due compartimenti Tre sono le metodiche di misura generalmente riconosciute valide per giungere ad una stima quantitativa dei due compartimenti; esse si basano sull’osservazione che nel soggetto vivente è possibile misurare l’acqua corporea totale, la densità corporea e il potassio corporeo totale e che partendo da ciascuno di questi parametri è possibile, mediante opportune equazioni, ottenere il valore sia della massa corporea grassa che di quella magra. 1. Metodo dell’acqua corporea totale (metodo dilutometrico) Il metodo presuppone che il contenuto di acqua nella massa corporea magra sia costante (A/FFM = 0,732). La massa corporea magra può essere quindi calcolata come: A/0,732 e la massa grassa come F = BW – FFM. Molti composti possono distribuirsi nell’acqua corporea totale, tuttavia la maggior parte dei laboratori impiega attualmente la diluizione con acqua marcata. Tre isotopi di H2O sono disponibili: uno radioattivo (3H 2O) e gli altri due stabili (D2O, H218O). Tutti e tre questi isotopi possono essere impiegati per 20 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 21 E. Lanzola si scambia lentamente anche con l’ossigeno di composti inorganici e organici presenti nell’organismo, in particolare con il gruppo carbonioso dell’idrossiapatite di calcio. Anche in questo caso risulta che lo spazio di diluizione dell’H218O è di circa 1% più grande rispetto a quello dell’acqua corporea totale. fF = 4,95 – 4,50 Db dove: fF = quota della massa corporea (BW) costituita da grasso Db = densità corporea La massa corporea magra può essere calcolata per differenza: BW x (1 – fF) 2. Metodo della densità corporea (metodo densitometrico) La densità corporea è la somma delle singole densità dei compartimenti corporei. In particolare la densità del grasso, quale è risultato da ricerche condotte su campioni di biopsie a seguito di interventi chirurgici, è di 0,9 g/ml; per la densità della massa corporea magra, che corrisponde all’insieme delle densità dell’acqua, delle proteine e dei minerali contenuti, viene indicato un valore medio di 1,1 g/ml. È da tenere presente che nella stima della densità corporea occorre procedere ad una correzione per l’aria residua che rimane nei polmoni. Assumendo dunque D F = 0,9 e Dffm = 1.1 la quota corrispondente al grasso della massa corporea di un determinato soggetto può essere calcolata partendo dalla densità corporea mediante l’equazione di Siri: 3. Metodo del potassio corporeo totale Da ricerche sia sul cadavere che in vivo è noto il rapporto potassio/massa magra, per cui quest’ultima può essere calcolata quando si conosca il valore del contenuto del potassio totale. Questo a sua volta può essere ottenuto misurando con la tecnica del total body counter il 40K che in natura è in rapporto costante con il potassio stabile. Nel diagramma della Figura 2 è riportato il modello di composizione corporea a due compartimenti con le tre metodiche di misura sommariamente descritte. Tutte e tre le metodiche partono dal presupposto che i cinque componenti chimici che costituiscono la FFM si trovino tra loro sempre nella stessa proporzione in tutti i soggetti ed in effetti ciò può essere considerato un assunto 21 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 22 Le basi conoscitive della diagnostica nutrizionale Figura 2 Tre metodiche impiegate nello studio del modello di composizione corporea a due compartimenti. I metodi presuppongono che: a) il contenuto idrico, la densità e il contenuto di potassio della FFM sia costante; b) F = BW – FFM e FFM = BW x (1 – fF). Fat Metodi Presupposti Dilutometria A/FFM = 0.732 M Pr DF = 0.900 g/cc BW Densitometria Gl FFM DFFM = 1.100 g/cc Misura del K Corporeo Totale A BW = Peso Corporeo M = Minerali Pr = Proteine Gl = Glicogeno A = Acqua FFM = Massa magra K/FFM (mmol/kg) 60 (femmine) 66 (maschi) 100% 75% 50% A = Acqua MMA = Massa magra anidra Pr = Proteine M = Minerali Mc = Minerali cellulari Mo = Minerali ossei R = Residui Gl = Glicogeno 25% 0% ........................................... Composizione corporea. Modelli a 3, 4 e 6 compartimenti. Peso corporeo Figura 3 R Gl A A A Pr MMA Pr Mc + Mo M Grasso Grasso Grasso 3 Compartimenti 4 Compartimenti 6 Compartimenti 22 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 23 E. Lanzola accettabile nella maggior parte degli adulti giovani e in buona salute. Tuttavia in un certo numero di condizioni, che vanno dalla gravidanza all’età molto avanzata nonché agli stati di malattia, le metodiche descritte non sono in grado di fornire stime accurate della composizione corporea. Un esempio a questo riguardo può essere illustrativo: in un soggetto anziano di sesso femminile affetto da grave osteoporosi e da lieve edema, due condizioni abbastanza comuni nella popolazione geriatrica, il rapporto acqua/massa magra è certamente superiore a 0,732 e la densità della massa magra è inferiore a 1,1 g/ml; ciò finirà per dar luogo a una sottostima o a una sovrastima del grasso corporeo a seconda che si impieghi rispettivamente la metodica dilutometrica o quella densitometrica. È per questi motivi che, approfittando di tecnologie avanzate resesi disponibili negli anni più recenti, sono stati oggetto di studio modelli multicompartimentali (da tre fino a sei compartimenti). Queste nuove tecnologie sono in grado di fornire ai ricercatori dati più accurati sulla composizione corporea indipendentemente dall’età, dal sesso e dallo stato etnico. I nuovi modelli pluricompartimentali hanno gia dimostrato la loro utilità ad esempio nel confronto tra la composizione corporea di soggetti di sesso femminile di razza bianca e nera. È emerso, infatti, che le donne di razza nera hanno una maggiore massa muscolare rispetto alle donne bianche e una densità della FFM > 1,1 dovuta ad un maggior contenuto di minerali, in particolare di potassio. Impiegando le solite costanti convenzionali già menzionate con il modello a due compartimenti basati sulla densitometria e sul valore del potassio totale, si sarebbe ottenuta una sottostima del grasso nelle donne nere. I modelli pluricompartimentali possono risultare molto utili quali criteri di riferimento nell’impiego delle nuove metodiche cliniche per la determinazione della composizione corporea quali il TOBEC (Total body electrical conductivity) e BIA (Bioimpedance analysis o impedenzometria) per una loro opportuna calibrazione. Nella Figura 3 sono rappresentati schematicamente i modelli a 3, 4 e 6 compartimenti e nella Tabella 3 sono riportate in sintesi le caratteristiche dei modelli a 2, 3, 4 e 6 compartimenti con le rispettive metodiche di misura e gli elementi oggetto delle misure stesse. Per quanto riguarda infine l’approccio alle misure di composizione corporea le metodiche possono essere clas- 23 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 24 Le basi conoscitive della diagnostica nutrizionale Tabella 3 Caratteristiche dei modelli di composizione corporea a due o più compartimenti. BW = Peso corporeo F = Grasso FFM = Massa magra M = Minerali A = Acqua FMFT = Massa magra senza minerali (= A + Pr + Gl) Pr = Proteine Mo = Minerali ossei Mc = Minerali cellulari Gl = Glicogeno R = Composti residui Tabella 4 N° compartimenti Metodiche Oggetto della misura 2 (BW = F + FFM) Dilutometria oppure Densitometria oppure misura del Potassio Corporeo totale Massa magra o massa grassa 3 (BW = M + F + FMFT) Assorbimetria bifotonica Minerali e massa grassa 4 (BW = A + M + Pr + F) Dilutometria con D2O Attivazione neutronica (gamma pronta) Attivazione neutronica (gamma ritardata) Acqua Proteine (azoto corporeo) Minerali (calcio totale) 6 (BW = A + Mo + Mc + Pr + Gl + F + R) Combinazione delle metodiche di attivazione neutronica (gamma pronta e gamma ritardata) Acqua Minerali ossei Minerali cellulari Proteine Dirette Metodiche per determinare la composizione corporea (da Deurenberg, Fondation Nestlè Rapport Annuel, 1992). Indirette Doppiamente indirette Analisi del cadavere Densitometria Antropometria nutrizionale Attivazione neutronica Dilutometria Assorbimetria all’infrarosso Misura del 40K Ecografia Tomografia computerizzata Impedenzometria Risonanza magnetica nucleare Escrezione di creatinina Assorbimetria bifotonica sificate in: dirette, indirette e doppiamente indirette. Con quest’ultimo termine si intendono metodiche che fanno riferimento per la loro validazione a metodiche indirette: appartengono a questa categoria tecniche che sono attualmente di largo impiego nella pratica clinica quali l’antropometria nutrizionale, la impedenzometria, la misura dell’escre- Escrezione di 3-metilistidina zione urinaria della creatinina e della 3metilistidina (Tab. 4). Conclusioni Lo stato di nutrizione fa parte dello stato di salute e a sua volta è la risultante di una serie concatenata di appor- 24 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 25 E. Lanzola gnificato, tuttora oggetto di discussione, è, se mai, limitato al cosiddetto paziente critico al fine di ricavare indicazioni sull’opportunità di procedere ad un supporto nutrizionale preoperativo. L’accertamento dello stato di nutrizione è peraltro reso più complesso dal fatto che i vari indicatori dipendono in molti casi anche da altri fattori oltre quelli nutrizionali; ciò vale soprattutto per la denutrizione proteico-calorica. Esistono inoltre interazioni tra gli stessi nutrienti di cui occorre tenere conto nelle misure da effettuare specie se si vuole valutare lo stato funzionale connesso alla nutrizione. Le funzioni legate, ad esempio, al retinolo dipendono almeno da tre variabili: dallo stesso retinolo, dalla retinolbinding-protein e dallo zinco. Altri fattori da tenere presenti sono la difficoltà di definire e quantizzare termini quali “normale” e “ottimale” non soltanto in senso assoluto ma anche in senso relativo. Significativo è, a questo riguardo, il problema che si pone per l’accertamento dello stato di nutrizione nel soggetto anziano. Gli anziani, infatti, vanno incontro in varia misura ad un deterioramento delle funzioni degli organi ed una percentuale elevata di essi è affetta da varie malattie in particolare di tipo cronico e degenerativo. Anche per quella minoranza in condizioni di sa- ti energetici e nutrizionali, assorbimento, equilibri metabolici, eliminazione di scorie e metaboliti. Almeno teoricamente ogni maglia di questa catena può essere oggetto di rilevamenti e misure e può dare risposte e indicazioni in merito alla situazione del proprio settore di competenza, più o meno ampio. Tutti questi settori possono risultare impegnati nella cosiddetta “grave denutrizione clinica”: più frequentemente si verificano stati di carenza e subcarenza che possono interessare alcuni nutrienti ed anche uno soltanto di essi. Non ha quindi molto senso parlare genericamente di malnutrizione senza specificare la diagnosi tanto più che esiste anche una malnutrizione per eccesso (obesità): sotto questo aspetto può essere stato fuorviante avere iniziato a parlare in passato di accertamento dello stato di nutrizione anziché di semeiotica nutrizionale. Nelle ultime decadi la possibilità di impiego dell’alimentazione artificiale in pazienti critici ha portato al tentativo di delineare un sistema di indicatori nutrizionali atti a rilevare lo stato di nutrizione anche allo scopo di acquisire dati per una accurata prognosi circa l’evoluzione della malattia in questi pazienti. In questo senso sono stati proposti alcuni indici prognostici (14,15) il cui si- 25 102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 26 Le basi conoscitive della diagnostica nutrizionale lute apparentemente buone è dubbio se sia appropriato fare riferimento a valori standard tipici della popolazione più giovane. Partendo da questa considerazione è opportuno che gli standards usati per la valutazione nutrizionale degli anziani vengano modificati sulla base di più accurate conoscenze scientifiche rispetto a quelli impiegati per la popolazione adulta normale. In effetti le comuni tecniche impiegate per l’accertamento dello stato di nutrizione presentano dei limiti quando vengono applicate agli anziani. Inoltre nella valutazione dello stato di nutrizione di questi occorre domandarsi sempre se i deficit nutrizionali eventualmente riscontrati sono conseguenza di inadeguati apporti dietetici ovvero di disfunzioni della digestione, dell’assorbimento e dell’utilizzazione e, ancora, se le modifiche funzionali osservate sono connaturali alla fisiologia dell’invecchiamento oppure riflettono una compromissione derivante dalla malattia degenerativa. Sulla base delle considerazioni svolte finora uno schema di approccio per il rilevamento dello stato di nutrizione può essere impostato nel modo seguente: – malnutrizione proteico-calorica: la misura simultanea di diversi indici tesi a valutare i differenti settori dell’organismo consente di ridurre i fattori di errore che – come si è già accennato – possono inficiare una corretta valutazione di questo aspetto nutrizionale. Gli indici più utili sembrano essere la misura del peso, le misure antropometriche, il bilancio azotato, la misura delle proteine a semivita breve, la creatininuria e la 3metilistidinuria misurate su tre giorni consecutivi e riferite all’altezza o al peso ideale. Frequenza delle misure: settimanale; – malnutrizione vitaminico-minerale: misura delle vitamine A, C e dei folati nonché dei minerali Ca, P, Mg, Zn, Fe. Frequenza delle misure: settimanale. Con frequenza settimanale dovrebbe essere altresì misurata l’emoglobina ed effettuata una conta dei linfociti totali. 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I problemi principali che si incontrano nelle ricerche di tipo epidemiologico sono rappresentati da: – multifattorialità delle cause; – latenza delle malattie; – tempo di “esposizione”; – relativa rarità di queste; – variabilità nei rilevamenti dei consumi. Tutti questi punti sottolineano l’importanza di avere metodi sempre più validi e precisi. L’ultimo punto costituisce, tra gli altri, un aspetto di particolare importanza in quanto lo studio dei consumi alimentari di un individuo o di gruppi mirati di individui o di popolazioni è fondamentale ai fini dell’accertamen- to globale dello stato di nutrizione mirato alla prevenzione nonché alla terapia di svariate patologie correlate all’alimentazione. Numerose sono le metodiche impiegate, giacché non esiste un unico metodo per lo studio dei consumi alimentari che possa essere raccomandato per tutti gli obiettivi preposti. La scelta del metodo dipende dallo scopo della ricerca, dal target della popolazione da indagare e, non da ultimo, da considerazioni pratiche quali la disponibilità non solo di personale specializzato (dietista, nutrizionista), ma anche di tempo, nonché dalla gravosità dei costi. Ciò spiega il fatto che, a seconda delle differenti situazioni, gli investigatori sono portati a scegliere un metodo piuttosto che un altro o ad adattare metodi preesistenti in funzione degli obiettivi che si vogliono perseguire. Ogni metodo ha comunque impliciti in sé errori sia di tipo sistematico (bias: lo strumento di misura tende sistematicamente a sottostimare o a 29 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 30 Metodi di valutazione dei consumi alimentari sovrastimare il valore reale) che casuale (random) e presenta sempre vantaggi e svantaggi che devono essere di volta in volta attentamente ponderati. Resta comunque di fondamentale necessità che, qualunque sia il metodo scelto, questo debba essere accuratamente validato prima del suo impiego attraverso diverse procedure variabili di volta in volta, quali: – confronto con un metodo di riferimento; – confronto con gli intakes di alcuni nutrienti determinato attraverso dosaggio di markers biologici (possibile, ad esempio, per proteine, acidi grassi essenziali, alcune vitamine, ecc.); – verifica dell’uso “sul campo”: confronto del potere predittivo nei confronti di markers biologici o fisiologici (ad esempio, colesterolemia, pressione arteriosa, ecc.). In questo contesto non vengono presi in esame i Food Balance Sheets, che riguardano unicamente la produzione-utilizzazione e quindi la disponibilità delle derrate alimentari nazionali e non i reali consumi, e neppure il metodo dell’inventario, strettamente legato alla famiglia e non all’individuo, che prevede la registrazione degli stock alimentari presenti nella dispensa all’inizio e alla fine dell’indagine (generalmente della durata di una settimana), inclusi gli acquisti effettuati durante tale periodo. Metodi di rilevamento Tra i metodi di rilevamento più frequentemente utilizzati si riportano: Registrazione simultanea su diari o libretti alimentari di tutti gli alimenti consumati nell’intera giornata; Recall (ricordo) delle 24 ore, effettuato da un intervistatore esperto (dietista o nutrizionista) e riguardante le 24 ore precedenti l’intervista; Questionari delle frequenze di consumo; Storia dietetica comunemente utilizzata nella diagnostica clinica. Questi ultimi due metodi permettono di valutare gli abituali consumi alimentari e vengono generalmente impiegati contemporaneamente. Registrazione simultanea Viene considerato il metodo migliore e si effettua registrando su appositi diari alimentari, meglio se tascabili, volta per volta, nell’arco della giornata, tutti gli alimenti e bevande, nonché gli snacks, nel momento in cui vengono 30 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 31 S. Scaglioni, G. Turconi consumati. La possibilità di dimenticare qualche alimento e quindi la possibilità di errore viene notevolmente ridotta. Tra i vantaggi vi è la precisione delle stime ottenute; occorre ricordare però che il metodo è piuttosto dispendioso in termini di tempo. La più importante limitazione risiede inoltre nel fatto che la registrazione di un diario alimentare è senza dubbio in grado di modificare il comportamento alimentare nel periodo di osservazione, introducendo in tal modo un errore sistematico di notevole significato. Le caratteristiche di questo metodo di indagine, tuttavia, ne limitano l’uso a persone con un discreto grado di cultura e soprattutto molto motivate (1). misure casalinghe di capacità definite). Il recall delle 24 ore (3, 4) è un tipo semplice di anamnesi alimentare; con questa metodica si raccoglie esclusivamente l’apporto alimentare di un giorno stabilito. In mani esperte richiede un tempo limitato, circa 20 minuti, per ogni intervistato; inoltre non è necessario istruire il soggetto. Con la metodica del recall delle 24 ore, tuttavia, è emersa frequentemente la presenza della cosiddetta “flat-slope syndrome” (sindrome del pendio piatto) (5-8): la caratteristica di tale sindrome consiste nel fatto che piccoli intakes tendono ad essere sovrastimati, mentre grandi quantità di alimenti tendono ad essere sottostimate. Da diversi studi presenti in letteratura (9-11) si evince che in generale il ricordo delle 24 ore dà risultati estremamente variabili e associati ad errori piuttosto grandi tali da non essere considerato un metodo affidabile per singoli individui o gruppi ristretti di popolazione, indipendentemente che siano studiati gli alimenti oppure l’energia o i nutrienti. Al contrario, il metodo si può considerare valido su ampi gruppi di popolazione nelle indagini epidemiologiche, ritenendo accettabile un errore del ± 10%, qualora si vogliano trovare associazioni tra nutrizione e patologie ad essa correlate. Recall delle 24 ore Il ricordo degli alimenti consumati nelle 24 ore viene registrato da un esperto intervistatore (dietista o nutrizionista) il quale, mediante domande opportunamente mirate, stimola l’individuo a ricordare tutto ciò che ha consumato nelle 24 ore precedenti. È molto importante che durante l’intervista vengano impiegati dei sussidi visivi (2) per facilitare l’intervistato a quantificare i propri consumi (atlante alimentare fotografico, modelli di porzioni di alimenti, 31 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 32 Metodi di valutazione dei consumi alimentari te consumati dalla popolazione oggetto di studio: ciò al fine di non perdere informazioni relative ad alimenti “significativi” pur escludendo cibi che poco contribuiscono all’apporto di nutrienti o alla loro variabilità nella popolazione. Alla lista di alimenti occorre giungere attraverso dati già esistenti, raccolti con metodiche classiche (ad esempio tramite recall delle 24 ore) e trattati con tecniche statistiche che forniscano per ogni nutriente la lista di alimenti che contribuiscono all’apporto di quel determinato nutriente fino ad un certo limite stabilito. Tale procedimento è specifico per la popolazione oggetto di studio; ogni questionario potrà essere utilizzato sulla popolazione dalla quale è stata tratta la lista degli alimenti. Questionari delle frequenze di consumo Consistono nella registrazione per ricordo degli alimenti per frequenza di assunzione e mediante analisi quantitativa. Il questionario è rappresentato da un elenco specifico di alimenti, differenziato per varie età, con un casellario per la frequenza (giornaliera, settimanale, mensile, ecc.) e una misura standard, indicativa della quantità assunta, che consente una stima semiquantitativa dell’apporto di nutrienti. Rappresentano i metodi sui quali il dibattito è attualmente più vivace; la loro fama è dovuta ai seguenti aspetti: – praticità di impiego (a volte sono autosomministrati); – rapidità di raccolta delle informazioni; – indagine estesa a periodi prolungati (variabili da un mese ad un anno). Il fine dell’impiego di questa metodica è la comprensione della dieta “abituale”. Tra i principali svantaggi vi è la perdita di precisione teoricamente introdotta. Fondamentale è il metodo attraverso il quale si giunge alla formulazione di un questionario di frequenze. Questo consta in una serie di alimenti (raggruppati secondo rigidi criteri) che devono rappresentare gli alimenti effettivamen- Storia dietetica Le origini della storia dietetica si fanno risalire a Burke nel 1947 (12), che pubblicò un articolo dal titolo “La storia dietetica quale strumento di ricerca”, anche se precedentemente, nel 1940, Turner aveva abbozzato le linee per ottenere una stima della storia alimentare. La storia dietetica, mirata a valutare gli intakes abituali e utilizzata soprattutto nella clinica o nella ricerca per trova- 32 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 33 S. Scaglioni, G. Turconi re eventuali correlazioni con una data patologia, consiste nella descrizione della abituale dieta quotidiana, con preciso riferimento al consumo dei pasti e alle dimensioni delle porzioni assunte. Durante l’intervista, il soggetto viene invitato anche a ricordare gli alimenti consumati nelle 24 ore precedenti, a compilare una lista precisa di alimenti abitualmente consumati e a registrare i consumi alimentari per un periodo di 3 giorni. Recentemente Petersen e collaboratori (13) hanno messo a punto e validato una storia dietetica semplificata per lo studio degli intakes di energia e macronutrienti, tale da permettere minor impiego di tempo e di personale. È stato dimostrato (7,13,14), tuttavia, che la storia dietetica, se confrontata con la registrazione simultanea degli intakes, tende frequentemente a dare una sovrastima dei consumi alimentari, soprattutto a riguardo dei micronutrienti. l’impiego di misure casalinghe (misure di capacità) o di modelli o di fotografie di alimenti. Pesata diretta La pesata diretta è senza dubbio il metodo migliore ma non sempre è praticabile a causa dell’elevato impiego di tempo e di personale e quindi di elevati costi. È consigliabile utilizzare bilance elettroniche precise con uno scarto di 1 grammo; pesare gli alimenti allo stato crudo al netto edibile e gli eventuali avanzi. Un limite di tale metodo è dovuto al fatto che, oggigiorno, la maggior parte degli individui consuma almeno un pasto fuori casa e pertanto la pesata diretta risulta praticamente impossibile. Stima delle quantità In alternativa al metodo della pesata diretta, i consumi possono essere quantificati stimando il peso degli alimenti mediante l’impiego di misure casalinghe che devono essere opportunamente calibrate in quanto le capacità di cucchiai, bicchieri o tazze apparentemente uguali possono variare del 2030% (15). Metodi utilizzati per quantificare i consumi I metodi utilizzati per quantificare i consumi possono essere: Pesata diretta mediante bilancia; Stima delle quantità mediante 33 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 34 Metodi di valutazione dei consumi alimentari Si possono altresì utilizzare modelli o fotografie di alimenti per stimare i pesi delle porzioni; è indispensabile in ogni caso avere a disposizione, per lo stesso cibo, un numero svariato di porzioni. Comunque sia, prima dell’impiego di misure di capacità o modelli o fotografie, è necessario effettuare una validazione del metodo di quantificazione che si vuole utilizzare, confrontandolo con la pesata diretta. Da lavori presenti in letteratura (16,17) emerge che le registrazioni dei consumi alimentari che utilizzano la stima dei pesi piuttosto che la pesata diretta, se supportate da parametri di riferimento standard, sono sicuramente valide, in quanto mostrano errori sufficientemente piccoli (entro il ± 5-10%). Nel secondo caso è necessario istruire i soggetti circa la procedura di compilazione dei questionari, fornendo loro tutte le istruzioni indispensabili e gli strumenti necessari per la quantificazione dei consumi (bilance oppure atlante alimentare fotografico, ecc.). È altresì indispensabile che i questionari, una volta compilati, vengano successivamente esaminati dalla dietista in presenza del soggetto al fine di controllare che gli stessi siano stati compilati in modo esatto e completo e che non siano stati omessi alimenti quali zucchero, condimenti, sale e bevande, che vengono facilmente dimenticati. Tecniche computerizzate In U.K. ed in altri paesi nei quali le registrazioni dei consumi alimentari sono diventate ormai tecniche routinarie, sono disponibili bilance elettroniche con dispositivo di registrazione su nastro (PETRA) (18). Il sistema è semplice da usare poiché è necessario soltanto premere un pulsante e dettare le descrizioni per microfono. Con una portata di 2000 g e lo scarto di 1 g, il cibo può essere servito in piatti normali ed il peso cumulativo è registrato automaticamente. Compilazione dei questionari I questionari possono essere compilati mediante intervista da parte di personale esperto (dietista o nutrizionista) oppure autocompilati dagli individui stessi. Nel primo caso è necessario standardizzare la procedura dell’intervista, istruendo adeguatamente gli intervistatori ed effettuando prove di ripetibilità del metodo sugli individui. 34 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 35 S. Scaglioni, G. Turconi Un secondo vantaggio rispetto alla metodica tradizionale è che la registrazione è conservata in una “scatola nera”, per cui per il paziente è difficile effettuare delle correzioni, fatto questo che si può verificare spesso durante la registrazione degli alimenti sul questionario, in quanto il soggetto si accorge che sta mangiando troppo. Un’altra tecnica computerizzata descritta da Kretsch (19) è la tecnica NESSY, utilizzata per la descrizione qualiquantitativa dei consumi alimentari. Tale metodo utilizza un software interattivo per guidare gli utenti durante la registrazione e descrizione degli alimenti. La validazione di tale tecnica, mediante confronto con la registrazione simultanea per pesata diretta, ha dimostrato che le differenze medie tra le due metodiche, per l’energia e i vari nutrienti, erano inferiori al 5%; inoltre la tecnica NESSY richiedeva 1,7 ± 0,3 minuti per pesare e registrare ciascun alimento, mentre la tecnica manuale richiedeva 8,4 minuti. “vera” variabilità (giornaliera, stagionale, ecc.) e dall’errore proprio dei metodi, può essere tale da non permettere la comprensione della dieta abituale di un soggetto; ciò si traduce, ad esempio, nella necessità di indagare periodi prolungati di tempo (calcolabili secondo formule pubblicate) al fine di cogliere, con un certo limite di errore, la “vera” dieta di un individuo. Nelle indagini nutrizionali su popolazioni è indispensabile inoltre tenere conto anche della variabilità interindividuale che può essere talvolta sorprendentemente grande. Per la popolazione in età evolutiva le stime della variabilità intra e tra individui sono specifiche secondo caratteristiche che rendono la popolazione in oggetto del tutto peculiare dal punto di vista epidemiologico. Oltre ai fattori classici che contribuiscono alla variabilità della dieta di ogni individuo, il bambino presenta infatti caratteristiche antropometriche in continua evoluzione, secondo i pattern di crescita differenti nelle varie età, che sono tra i più importanti determinanti dell’assunzione di alimenti. Le considerazioni relative alle fonti di variabilità si riflettono sulle modalità di disegno delle ricerche nutrizionali, in particolare sul numero di giorni da indagare e sulla numerosità del campione. Variabilità intra ed inter-individuale È noto che la variabilità intraindividuale, composta principalmente dalla 35 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 36 Metodi di valutazione dei consumi alimentari Durata dell’indagine, successione dei giorni e stagionalità da un individuo all’altro dal 4 al 45% per quanto riguarda l’apporto energetico e dal 9 al 52% per le proteine; tali variazioni comunque si riducono all’aumentare del numero di osservazioni. Le variazioni tra settimana e settimana sono in generale molto minori di quelle tra giorno e giorno, anche se la vitamina A sembra essere altamente variabile tra una settimana e l’altra. Altresì, differenze stagionali nelle assunzioni medie di vitamina C in U.K. sono ben documentate, come pure quelle di fibra alimentare nello stesso paese e in aree rurali d’Europa. In conclusione, l’entità della variabilità entro soggetti riguardante gli intakes di nutrienti è più grande per minerali, vitamine, colesterolo e gli alimenti in genere, e ciò in parte è dovuto alla scarsa frequenza con cui sono assunti determinati alimenti. Nella Tabella 1 sono riportati, per alcuni nutrienti (aggiustati per l’intake totale di kcalorie), il numero di giorni necessari per stimare la dieta abituale di bambini e adulti in determinate fasce di età, con un errore contenuto entro il 20% (21-24). Come si può notare, il numero di giorni necessario per stimare la dieta del singolo individuo può porre seri problemi in molti studi. Si deve inoltre os- Definire i tempi di durata dell’indagine e quindi il numero e la successione dei giorni è molto importante, in quanto indagini molto brevi possono essere limitative e altresì indagini troppo lunghe possono ridurre la compliance dei soggetti alla ricerca. Innanzi tutto è necessario definire quali nutrienti si vogliono studiare nello specifico, considerando la variabilità individuale giornaliera, quella settimanale e quella stagionale. Secondo Mac Cance e Widdowson “una settimana sarebbe sufficiente per studiare le abitudini alimentari di un individuo riguardanti gli intakes di energia e macronutrienti, ma per particolari scopi sarebbero necessarie più settimane”. Vitamine, minerali e fibra alimentare richiedono infatti osservazioni ripetute nel tempo, almeno per 14 giorni. Queste non devono necessariamente essere effettuate in un unico periodo di tempo: 4 registrazioni della durata ognuna di 34 giorni potrebbero essere un compromesso accettabile. Da una rassegna di lavori riportati in letteratura (20) emerge che l’ampiezza della variazione giornaliera può differire 36 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 37 S. Scaglioni, G. Turconi Tabella 1 Numero di giorni necessari per stimare la dieta abituale di diversi gruppi di popolazione (con un errore entro il 20%). 1ª infanzia Età prescolare Età scolare Adulto Giovannini et al, 1995 Nelson et al, 1989 Miller et al, 1991 Willet, 1990 Varianza* N. entro/tra giorni Varianza* N. entro/tra giorni Varianza* N. entro/tra giorni Varianza* N. entro/tra giorni Kcalorie 0,65 2 1,5 7 3,70 7 1,39 7 Proteine 0,76 3 1,0 5 7,95 14 1,78 6 Lipidi 0,95 5 1,6 7 5,32 10 1,93 7 Glucidi 0,63 2 1,3 6 4,40 8 1,38 3 Colesterolo 1,70 27 6,3 27 65,00 116 2,55 36 Vit. A 0,93 55 4,6 20 7,57 14 3,28 105 Vit. E 1,02 19 2,3 10 7,23 13 – – Vit. C 0,86 26 0,5 3 5,14 9 1,46 29 Vit. B6 1,50 16 1,8 8 35,89 64 1,67 4 Calcio 0,62 5 0,8 4 10,35 18 1,66 13 Ferro 0,84 11 1,3 6 8,28 15 1,79 8 * rapporto: varianza entro soggetti/varianza tra soggetti Tabella 2 Numero di giorni per Numero di giorni richiesti per determinare l’intake medio di un gruppo di soggetti * (con un errore standard del ±10%). Nutrienti 50% del gruppo 70% del gruppo 90% del gruppo Energia 5 7 13 Proteine 5 7 14 Lipidi 9 13 23 12 13 28 Fibra alimentare * individui maschi residenti in Cambridge, di età 20-80 anni (n = 32) (Bingham et al., 1981) servare come tale numero di giorni sia differente nelle diverse epoche della vita (più contenuto nella prima infanzia, massimo nell’età scolare). La durata dell’indagine dipende altresì dal grado di precisione che si vuole ottenere e su questa base verrà deciso il numero delle osservazioni. Calcoli statistici (Tab. 2) suggeriscono che nel caso degli adulti la registrazione di 7 giorni è in grado di determinare gli intakes al livello di precisione di ± 10% se si vo- 37 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 38 Metodi di valutazione dei consumi alimentari nutrienti studiati (proteine, grassi, fibra alimentare e riboflavina) con una registrazione sia di 3 che di 7 giorni. Pertanto non ci sarebbe una motivata giustificazione statistica nell’aumentare il numero di registrazioni oltre i 3 giorni, per esempio a 7, se il campione è sufficientemente ampio. gliono studiare parametri quali l’energia o i nutrienti energetici. Se tuttavia il campione è sufficientemente ampio, come verrà successivamente riportato, è sufficiente effettuare il rilevamento dei consumi per 3 giorni, scegliendoli non consecutivi, di cui uno durante il weekend, nel quale notoriamente l’alimentazione è meno abitudinaria che nei giorni lavorativi. Fattori che possono influenzare la variabilità della risposta Dimensione del campione Numerosi sono i fattori che possono influenzare la variabilità della risposta individuale e quindi i risultati finali. Tra questi ricordiamo: Nelle indagini nutrizionali, se si vogliono evidenziare differenze modeste, è importante tenere conto della variabilità entro soggetti al fine di effettuare una scelta adeguata delle dimensioni del campione. Le dimensioni del campione influenzeranno a loro volta la durata dell’indagine. Da uno studio condotto da Bingham e collaboratori (25) emerge, per esempio (Tab. 3), che con una dimensione campionaria di 500 individui, se viene effettuata la registrazione di un solo giorno, è possibile evidenziare una differenza percentuale di tale valore dalla media, ottenuta da osservazioni ripetute su ogni individuo, del 6-8%, mentre tale valore si riduce al 5% per l’energia e i Il metodo di rilevamento Come già sopra riportato. Il modo di condurre l’intervista È stato evidenziato, da numerosi studi effettuati, che soggetti intervistati da differenti intervistatori riguardo lo stesso periodo di dieta, hanno dato ri- 38 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 39 S. Scaglioni, G. Turconi Tabella 3 Differenzaa rilevabile nelle medie in un campione di 500 individui. a = varianza (Bingham et al., 1981) Nutrienti Differenza % dalle medie ottenute da numerose osservazioni su ogni individuo Un giorno Tre giorni Sette giorni Energia 6 5 4 Proteine 6 5 5 Lipidi 7 5 5 Fibra alimentare 7 5 5 Riboflavina 8 5 4 sposte diverse, dal momento che l’intervistatore può “pilotare” diversamente l’intervistato e quindi influenzarne la risposta. È pertanto indispensabile, prima di effettuare una indagine alimentare, come già sopra riportato, standardizzare la procedura dell’intervista ed effettuare prove di ripetibilità del metodo sugli individui. emersi da numerose ricerche hanno evidenziato risultati contrastanti, in quanto alcuni (26) hanno messo in risalto differenze significative secondo il metodo utilizzato (recall delle 24 ore vs storia dietetica), mentre altri (27) hanno dimostrato che il recall delle 24 ore veniva dai bambini compilato accuratamente. Recentemente si stanno ponendo all’attenzione, quali metodi per l’età pediatrica, quelli basati sulle frequenze di consumo, che utilizzano questionari diversamente strutturati. Al proposito sono stati messi a punto, dalla V Clinica Pediatrica dell’Università di Milano (28, 29), partendo da dati ottenuti da diverse indagini epidemiologiche, questionari di frequenze alimentari per le varie fasce di età. Si riportano, come esempio (Questionario 1: prima infanzia; Questionario 2: età prescolare e scolare) alcuni raggruppamenti di alimenti. L’età L’età dei soggetti su cui si effettua l’indagine costituisce un fattore determinante la scelta del metodo da utilizzarsi al fine di minimizzare la variabilità della risposta e quindi dei risultati. Bambini Si ritiene generalmente che i ricordi dei bambini siano meno accurati di quelli degli adulti. Al proposito, i dati 39 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 40 Metodi di valutazione dei consumi alimentari QUESTIONARIO 1 Prima infanzia QUANTITÀ La porzione media è La sua porzione usuale è VERDURE CEREALI UOVA LATTE E DERIVATI – 1. Latte intero CONSUMO MEDIO = + Mai o meno di 1 volta al mese 250 cc 2. Latte di seguito in polvere 250 cc 3. Yogurt, yogurt alla frutta 1 vasetto 4. Ricotta, formaggio magro, formaggio magro fiocchi, 50 g formaggino magro 5. Parmigiano 1 cucchiaino 6. Formaggino caprino 50 g 7. Mozzarella 50 g 8. Certosino, Bel Paese, robiola 50 g 9. Uovo intero 1 10. Tuorlo d’uovo 1 11. Pastine per l’infanzia 4 cucchiai 12. Pasta, pasta all’uovo 50 g 13. Crema multicereali, crema 3 cucchiai di riso, semolino di grano 14. Riso 1 pugno e 1/2 15. Pane, pane all’olio, pane al latte 1/2 16. Fette biscottate 3 pezzi 17. Passato di verdura cotto 3 cucchiai 18. Patata piccola (consumata da sola) 1 19. Verdura di contorno 1 porzione panino 40 1 volta al mese 2-3 volte al mese 1 volta alla sett. 2 volte alla sett. 3-4 volte alla sett. 5-6 volte alla sett. 1 volta al giorno 2 volte al giorno 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 41 S. Scaglioni, G. Turconi QUESTIONARIO 2 CONDIMENTI E SALSE VARIE PASTA, PANE E CEREALI Età prescolare e scolare QUANTITÀ La porzione media è 1. Pasta di semola 65 g 2. Pasta integrale 55 g 3. Tortellini, cannelloni, ravioli, lasagne 120 g 4. Riso, orzo 70 g 5. Pane bianco 1 panino (60 g) 6. Pane integrale 1 panino (60 g) 7. Grissini, crackers 1 pacchetto 8. Focaccia, pizza bianca 1 fetta (90 g) 9. Pizza con pomodoro e mozzarella 1 pizza 10. Brodo di carne o di pollo 1 tazza 11. Pomodori pelati, sugo di pomodoro 3 cucchiai 12. Ragù di carne 3 cucchiai 13. Olio di oliva 1 cucchiaio 14. Olio di semi, di mais, di soia 1 cucchiaio 15. Margarina 1 ricciolo 16. Burro 1 ricciolo 17. Dado 1 dado 18. Maionese 1 cucchiaio La sua porzione usuale è – = CONSUMO MEDIO + Mai o meno di 1 volta al mese 41 1 volta al mese 2-3 volte al mese 1 volta alla sett. 2 volte alla sett. 3-4 volte alla sett. 5-6 volte alla sett. 1 volta al giorno 2 volte al giorno 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 42 Metodi di valutazione dei consumi alimentari 4) (31). Tali effetti imputabili all’età non sono comunque così consistenti quando è implicata la memoria a lungo termine. I dati di validazione del questionario per i bambini in età prescolare e scolare, ottenuti sia per confronto con metodica standard (diario alimentare di 7 giorni) sia mediante uso sul campo, comparati al metodo del recall delle 24 ore, indicano come il questionario presenti coefficienti di correlazione con il metodo standard da 0,4 a 0,6 per la maggior parte dei nutrienti (28), mentre nella previsione dei livelli di colesterolemia di una popolazione di circa 400 bambini della prima infanzia, il questionario si è dimostrato più valido rispetto al recall delle 24 ore (29). Il sesso Tradizionalmente le donne sono più coinvolte, rispetto agli uomini, nell’acquisto dei cibi e nella preparazione dei pasti. Ciò può rendere più facile non solo il ricordo corretto dei consumi, ma anche l’identificazione delle dimensioni e dei pesi delle porzioni (32). Non tutti i dati comunque sostengono l’ipotesi che le donne registrino più fedelmente e accuratamente l’informazione dietetica (33). Adolescenti Anche per quanto riguarda gli adolescenti, alcuni autori (30) hanno evidenziato differenze significative tra stime di intakes dietetici ottenute con il recall delle 24 ore e valori reali di consumo riguardanti l’energia e le proteine. Il peso corporeo È stato ipotizzato che il sovrappeso sia frequentemente associato alla sottostima dei consumi alimentari (31). È possibile, infatti, che individui obesi siano portati, consciamente o inconsciamente, a omettere informazioni nel riportare le loro assunzioni dietetiche come altresì siano portati a sottostimare la grandezza delle porzioni consumate. Alcuni autori (34, 35) hanno evidenziato una scarsa abilità delle persone obese nello stimare le quantità di alimenti as- Anziani Relativamente agli anziani si ritiene che gli stessi siano meno abili, rispetto agli adulti, nella capacità di ricordo riguardante intervalli di tempo brevi, in quanto, con l’avanzare dell’età, si manifestano flessioni per alcune specifiche facoltà della memoria. Anche in questo caso non tutti gli autori sono d’accordo (Tab. 42 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 43 S. Scaglioni, G. Turconi Tabella 4 Risultati del t-test per dati appaiati tra ricordo delle 24 ha e registrazione simultanea relativi ad un pasto di mezzogiorno. Nutrienti Energia (kcal) Intakes medi ricordati Intakes medi registrati t-value 666,68 625,68 – 0,888 Proteine (g) 36,95 30,63 – 2,228 * Calcio (mg) 237,01 219,60 – 0,715 Fosforo (mg) 479,84 413,53 – 1,791 Ferro (mg) 4,90 4,29 – 1,656 Riboflavina (mg) 0,53 0,48 – 1,000 Tiamina (mg) 0,35 0,33 – 0,614 34,77 33,06 – 0,347 Vitamina A (U.I.) 2118,67 2538,87 1,028 Colesterolo (mg) 136,67 121,82 – 1,476 Acido ascorbico (mg) a = 31 anziani di età > 60 anni (Gersovitz et al., 1978) * p < 0,05 sunti, anche se l’errore non andava, come si potrebbe supporre, verso la sottostima, ma al contrario le porzioni erano percepite più grandi di quanto in realtà fossero. Non tutti i dati sono comunque concordi con quanto sopra riportato. Lindroos e collaboratori (36), infatti, hanno dimostrato che è possibile ottenere da soggetti obesi informazioni dietetiche valide e riproducibili quanto quelle ottenute da soggetti normopeso. re o dell’intervista, può costituire un fattore molto importante: sensazioni di sazietà, di noia, di appetito o di inappetenza possono influenzare diversamente le risposte. Altresì i ricordi intrisi di emozione, legati ad un momento alimentare particolare, possono influenzare il ricordo di alimenti. Attenzione Una ragione per cui il ricordo degli alimenti assunti può essere incompleto è che la maggior parte delle persone non presta attenzione a ciò che mangia. Tale osservazione spiega, per esempio, le frequenti omissioni di alimenti o bevande che non rappresentano le voci principali del pasto (37), quali i condimenti, il sale, lo zucchero, il parmigiano Fattori psicologici ed emozionali Stato d’animo Lo stato d’animo, al momento della compilazione del questionario alimenta- 43 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 44 Metodi di valutazione dei consumi alimentari aggiunto per insaporire i primi piatti, il bicchiere di vino o birra. anche in questo caso è necessaria una standardizzazione di tale procedura tra gli operatori. La scomposizione delle ricette in ingredienti elementari, l’applicazione dei fattori di conversione cotto-crudo e viceversa devono essere effettuate con una metodica standard ben definita. Il sentirsi osservati Quando i soggetti sono invitati a tenere una registrazione di qualunque cosa essi mangino, c’è sempre il rischio che apportino modifiche alle loro normali abitudini alimentari, sia per rendere più semplice la registrazione, sia perché improvvisamente si rendono conto di quanto in realtà sono abituati a mangiare o di quanti errori nutrizionali commettono nella loro alimentazione. Altri soggetti, invece, vogliono cercare di “impressionare” con le loro risposte l’intervistatore, mentre altri ancora, che si trovano in trattamento dietoterapico, riportano informazioni molto più esatte di quanto non farebbero in condizioni normali perché costretti a seguire la dieta molto attentamente (38). Tabelle di composizione degli alimenti e metodiche analitiche I risultati delle indagini alimentari dipendono altresì dalla qualità delle tabelle di composizione degli alimenti utilizzate, nonché dall’accuratezza delle metodiche analitiche impiegate qualora gli alimenti consumati vengano analizzati direttamente in laboratorio. Sono state pubblicate tabelle di composizione degli alimenti generalmente appropriate per la maggior parte dei paesi del mondo, ma esistono spesso numerose discordanze tra le stesse dovute a differenti sistemi di analisi chimica o a diverse procedure di campionamento o anche al differente contenuto di un dato nutriente in alimenti di diversa provenienza (es. selenio) o diversamente trattati (es. sodio aggiunto). Fattori che possono influenzare l’analisi dei dati Transcodifica dei questionari e diari alimentari La transcodifica dei questionari alimentari richiede molta precisione ed 44 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 45 S. Scaglioni, G. Turconi Conclusioni casalinghe standard o di fotografie o modelli di porzioni; – la scelta delle tabelle di composizione degli alimenti e la metodica analitica da utilizzarsi se si vogliono misurare direttamente negli alimenti nutrienti specifici; – la modalità di espletamento dell’intervista mediante un training appropriato degli intervistatori accompagnato da prove di ripetibilità sugli individui; – la modalità di istruire i soggetti circa il modo di compilare i questionari, se autocompilati; – la durata dell’indagine (numero, scelta e successione dei giorni) in funzione dei nutrienti che si vogliono studiare, della numerosità del campione e del grado di accuratezza che si vuole ottenere; – la scelta del programma alimentare computerizzato per l’elaborazione statistica. Da quanto esposto emerge che nelle indagini nutrizionali la compilazione dei questionari e diari alimentari e le risposte all’intervista presentano numerosi limiti, alcuni insiti nelle metodiche stesse di rilevamento, altri dovuti alla variabilità alimentare degli individui, altri ancora a fattori di diverso tipo che sono stati sopra riportati. Pertanto, se non si effettua una accurata standardizzazione preliminare dei metodi da utilizzarsi al fine di minimizzare tali errori, i risultati non sono né attendibili, né confrontabili. Ne consegue che è assolutamente necessario utilizzare metodiche che devono essere accuratamente standardizzate e validate mediante una indagine pilota prima dell’inizio di ogni studio, al fine di ottenere il minor grado possibile di errore. La standardizzazione deve riguardare in particolare: – la scelta della metodica di espletamento dell’indagine in funzione di diverse variabili, quali il target di popolazione da indagare, la numerosità del campione, il grado di accuratezza e di precisione che si vuole ottenere, nonché l’entità dei costi; – la modalità di quantificazione dei consumi: pesata diretta oppure stima mediante l’impiego di misure e dimensioni Bibliografia 1. Mahalkok JR, Johnson LK, Gallagher SK, Milne DB Comparison of dietary histories and seven-days food records in a nutritional assessment of older adults. Am J Clin Nutr, 42:542-553, 1985. 2. Moore MC, Judlin CD, Ennemur PMK Using graduated food models in taking dietary histories. J Am Diet Assoc, 51:447-450, 1967. 3. Beaton GH, Milner J, Corey P, McGuire V, Cousins M, Stewart E, De Ramos M, Hewitt D, Grambsh PV, Kassim N, Little JA 45 102/95 cap. 2 29-05-2002 10:26 Pagina 46 Metodi di valutazione dei consumi alimentari J Am Diet Assoc, 23:1041-1046, 1947. 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In questo caso si utilizza un piano di misurazione orizzontale che presenta una tavoletta fissa per la testa ed una mobile per i piedi, ciascuna perpendicolare alla superficie del piano. Per una accurata misurazione, il capo del soggetto deve poggiare saldamente contro la tavoletta apposita ed il corpo deve essere mantenuto su di una stessa linea con le gambe estese e le piante dei piedi in posizione verticale. Dovendo paragonare determinazioni fatte in posizione sdraiata con altre fatte in posizione eretta occorre tener presente che la lunghezza di un soggetto sdraiato è lievemente superiore alla sua statura. In età pediatrica si misura la lunghezza (in posizione sdraiata) fino all’età di tre anni, in seguito l’altezza in piedi. L’altezza è un parametro fondamentale nella valutazione della crescita Altezza L’altezza è una misura di base a cui vengono rapportati molti parametri (es. peso, valore dell’impedenza corporea, ecc.) utilizzati nella valutazione dello stato di nutrizione. Essa viene misurata con lo stadiometro o antropometro, uno strumento costituito da una barra verticale incorporante un metro ed una orizzontale da porre a contatto con il punto più alto del capo. Al momento della misurazione il soggetto deve essere in posizione eretta con il dorso ed i talloni aderenti al piano verticale. Il capo deve essere posto in modo tale da mantenere orizzontale la linea di visione o meglio il piano di Francoforte (piano passante per il trago sinistro e per il punto più basso del margine inferiore dell’orbita di sinistra). I piedi dovranno essere scalzi, con i talloni uniti e le punte leggermente divaricate (1). L’altezza viene misurata con una approssimazione di 0,1-0,5 cm, secondo il 49 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 50 Determinazioni antropometriche nell’adulto e nel bambino del bambino e dell’adolescente. Ai fini di una corretta valutazione di tale parametro occorre confrontare il valore misurato con le apposite curve di crescita specifiche per sesso e per età. Generalmente si utilizzano le curve di crescita di Tanner, basate su rilevazioni della popolazione pediatrica britannica; le differenze etniche e geografiche rispetto alla popolazione italiana sono minime, per cui l’uso nel nostro paese di tali standard è perfettamente adeguato. la misura è stata effettuata. L’adeguatezza del peso misurato può essere valutata confrontando tale valore con il peso fisiologico ideale per sesso, età e statura riportato in alcune tabelle di riferimento. Le più utilizzate a tale scopo sono le tabelle elaborate dalla Metropolitan Life Insurance Company in base a studi statistici effettuati sui propri assicurati (2) in cui sono riportati i range di peso “desiderabili” in quanto legati alla massima aspettativa di vita per soggetti di età superiore ai 25 anni. Al fine di rendere indipendente la valutazione del peso corporeo dall’altezza dell’individuo e quindi di rendere possibile il confronto del peso tra soggetti e gruppi di individui sono stati elaborati diversi indici peso/altezza. Il più utilizzato nella letteratura recente è l’indice di massa corporea (Body Mass Index, BMI) o indice di Quetelet calcolato come peso/altezza2 (3). La correlazione del BMI con il contenuto di grasso corporeo è buona (variando da 0,6 a 0,8 secondo l’età) (4) e l’errore nella predizione della percentuale di grasso (3-5%) è simile a quella osservata con la misura delle pliche cutanee o dell’impedenza corporea. Il BMI può essere utilizzato per valutare l’adeguatezza del peso corporeo in soggetti adulti di ambo i sessi secondo le indicazioni di Garrow (5): Peso Qualunque variazione nel contenuto di acqua, massa magra o grassa del corpo si riflette in una variazione del peso corporeo. Il peso rappresenta quindi un indice primario oltre che semplice ed immediato per la valutazione dello stato di nutrizione. La misura del peso viene effettuata con apposita bilancia a pesi mobili con una approssimazione di 100 g. Il soggetto dovrebbe essere nudo (o con biancheria intima leggera) con i piedi posizionati al centro della piattaforma della bilancia (1). Il peso di un adulto può presentare variazioni diurne di circa 2 kg e quello di un bambino di circa 1 kg. Perciò è opportuno registrare l’ora del giorno in cui 50 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 51 R. Bellù, A. Tagliabue BMI compreso tra 20,0 e 24,9 normopeso BMI compreso tra 25,0 e 29,9 sovrappeso o obesità di I grado BMI compreso tra 30,0 e 40,0 obesità di II grado BMI superiore a 40 obesità di III grado Circonferenze Una valutazione più dettagliata e differenziata per sesso è stata fornita dall’OMS (6) sulla base dei dati di Bray e viene riportata in Tabella 1. Nel bambino la valutazione del sovrappeso può essere fatta attraverso il calcolo del peso ideale per sesso ed altezza, e quindi calcolando l’eccesso ponderale secondo la formula: E.P. (%) = Le circonferenze corporee esprimono le dimensioni trasversali dei vari segmenti corporei. Esse sono indici oltre che dello stato di nutrizione (es., circonferenza del braccio) anche della distribuzione del grasso corporeo (es., circonferenze della vita e dei fianchi) e della crescita (es., circonferenza del cranio). La circonferenza del braccio (misurata esattamente a metà distanza tra acromion e olecrano a gomito flesso di 90 gradi) è una tecnica antropometrica di notevole valore in quanto permette di ottenere un stima della circonferenza muscolare nella stessa sede. Quest’ultima si ottiene dalla circonferenza del braccio corretta dalla misura della plica cutanea secondo l’equazione: (peso reale – peso ideale) x 100 peso ideale In tal modo si definisce sovrappeso un bambino il cui eccesso ponderale sia maggiore o uguale al 10% e obeso quando il sovrappeso è superiore o uguale al 20% rispetto al peso ideale; quando il peso è inferiore del 10% al peso ideale si parla di sottopeso. Anche in età pediatrica è possibile utilizzare il BMI. In tal caso si farà riferimento, per una corretta interpretazione, ad apposite tabelle di percentile specifiche per età e sesso. Si definiscono così obesi i bambini che superano l’85° percentile di BMI per età e sesso. Cm = Cb – πP dove: Cm = circonferenza del muscolo; Cb = circonferenza del braccio; π = 3,14 e P = spessore della plica. 51 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 52 Determinazioni antropometriche nell’adulto e nel bambino Tabella 1 Media e range dei pesi desiderabili per altezza degli adulti a. a Fonte: Bray GA, ed. Obesity in America, Proceeding of the 2nd Fogarty International Center Conference on Obesity, Report No. 79 Washington D.C., Department of Health Education and Welfare, 1979. Based on: Mortality among overweight men and women, Statistical Bulletin 41. New York, Metropolitan Life Insurance Co., 1960 b Indice di massa corporea BMI = Wt (kg)/Ht2 (m) Altezza senza scarpe (m) Maschi Peso senza vestiti (kg) Femmine Peso senza vestiti (kg) Media Range Obesi desiderabile desiderabile Media Range Obesi desiderabile desiderabile 1,45 46,0 42-53 64 1,48 46,5 42-54 65 1,50 47,0 43-55 66 1,52 48,5 44-57 68 1,54 49,5 44-58 70 1,56 50,4 45-58 70 1,58 55,8 51-64 77 51,3 46-59 71 1,60 57,6 52-65 78 52,6 48-61 73 1,62 58,6 53-66 79 54,0 49-62 74 1,64 59,6 54-67 80 55,4 50-64 77 1,66 60,6 55-69 83 56,8 51-65 78 1,68 61,7 56-71 85 58,1 52-66 79 1,70 63,5 58-73 88 60,0 53-67 80 1,72 65,0 59-74 89 61,3 55-69 83 1,74 66,5 60-75 90 62,6 56-70 84 1,76 68,0 62-77 92 64,0 58-72 86 1,78 69,4 64-79 95 65,3 59-74 89 1,80 71,0 65-80 96 1,82 72,6 66-82 98 1,84 74,2 67-84 101 1,86 75,8 69-86 103 1,88 77,6 71-88 106 1,90 79,3 73-90 108 112 20,8 18,7-23,8 1,92 81,0 75-93 BMI b 22,0 20,1-25,0 Tale formula è basata sull’assunzione che la sezione del braccio sia approssimativamente circolare, che lo strato adiposo sottocutaneo sia uniformemente distribuito intorno al braccio e che il contributo dell’osso alla composizione del 30,0 28,6 braccio sia costante nei diversi soggetti (Fig. 1). Il fatto che queste assunzioni siano raramente soddisfatte costituisce una delle maggiori fonti di errore della tecnica che, tuttavia, per la sua semplicità e diffusione viene tuttora inclusa tra 52 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 53 R. Bellù, A. Tagliabue Figura 1 Calcolo della circonferenza muscolare del braccio: – misurare la circonferenza del braccio Cb (in cm); – misurare la plica tricipitale P (in mm) che è pari a 2 volte lo spessore della cute più il grasso sottocutaneo da cui: P = db (diametro del braccio) – dm (diametro del muscolo) e dm = db – P; – Circonferenza del braccio Cb = πdb; – Circonferenza del muscolo Cm = π (db – P) = πdb – πP = Cb – πP. Cb db dm cm (modif. da Krause MV e Mahan LK: Food, Nutrition and Diet Therapy, Saunders, 1979) le tecniche antropometriche di base (7). È possibile ricavare il valore della circonferenza (e dell’area) muscolare del braccio utilizzando un apposito nomogramma (8) riportato in Figura 2. Il rapporto tra la circonferenza della vita e quella dei fianchi (WHR, waist hip ratio) è l’indice antropometrico più utilizzato della distribuzione del grasso corporeo. Esso ha assunto un notevole rilievo negli ultimi anni a seguito delle osservazioni epidemiologiche di una associazione tra valori elevati di WHR e rischio di malattie cardiovascolari e diabete (9, 10). Più precisamente viene considerata a maggior rischio la distri- buzione del grasso di tipo addominale o “androide” identificata da valori di WHR superiori a 1 nell’uomo e 0,8 nella donna (11). Si tratta di una misura molto semplice da effettuare e che presenta una buona riproducibilità (circa 2%) (12). Esistono, tuttavia, in letteratura varie indicazioni circa i punti di repere da utilizzare per le misure. Secondo le raccomandazioni dell’OMS (7) i punti di riferimento sono i seguenti: il punto di mezzo tra l’ultima costa e la cresta iliaca per la vita ed il livello del grande trocantere per i fianchi (Fig. 3). Lo svantaggio di queste misure de- 53 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 54 Determinazioni antropometriche nell’adulto e nel bambino Figura 2 128,0 120,0 38,0 116,0 120,0 37,0 116,0 36,0 112,0 37,0 35,0 108,0 104,0 36,0 33,0 32,0 31,0 30,0 29,0 28,0 92,0 88,0 86,0 84,0 82,0 80,0 78,0 76,0 74,0 72,0 70,0 68,0 66,0 64,0 62,0 25,0 23,0 84,0 10 72,0 29,0 68,0 28,0 64,0 27,0 60,0 26,0 56,0 25,0 54,0 24,0 12 76,0 30,0 48,0 23,0 44,0 22,0 40,0 21,0 36,0 20,0 32,0 14 16 18 20 22 24 26 19,0 18,0 54,0 17,0 52,0 16,0 50,0 15,0 28 24,0 30 48,0 24,0 88,0 32,0 28,0 58,0 56,0 26,0 92,0 96,0 60,0 27,0 8 80,0 circonferenza muscolare del braccio (cm) 34,0 6 96,0 33,0 31,0 area del braccio (cm 2 ) circonferenza del braccio (cm) 35,0 108,0 104,0 100,0 34,0 100,0 4 112,0 plica tricipitale (mm) 38,0 2 39,0 124,0 39,0 area muscolare del braccio (cm 2 ) 40,0 Per ottenere la circonferenza muscolare: 1) unire con il regolo i valori della circonferenza del braccio e della plica cutanea; 2) leggere la circonferenza muscolare sulla scala centrale. Le aree del braccio e del muscolo sono indicate a fianco dei rispettivi valori delle circonferenze. 14,0 46,0 44,0 13,0 42,0 12,0 Figura 3 Rappresentazione schematica del livello al quale dovrebbero essere misurate le circonferenze della vita, dei fianchi e della coscia secondo le raccomandazioni dell’OMS. Vita: a metà tra il margine inferiore dell’ultima costa e la cresta iliaca. Fianchi: a livello del grande trocantere. Coscia: a livello della piega glutea. 54 20,0 32 16,0 34 12,0 36 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 55 R. Bellù, A. Tagliabue Figura 4 Sede di misura della plica tricipitale. Acromion Punto medio Olecrano totale del grasso corporeo assumendo che il grasso sottocutaneo ne rappresenti una frazione costante. La misura delle pliche cutanee può essere effettuata in numerose sedi del corpo ma le più frequentemente utilizzate sono la tricipitale, bicipitale, sottoscapolare e sovrailiaca. La plica tricipitale viene misurata sul lato posteriore del braccio a metà distanza tra l’estremità dell’acromion e dell’olecrano (Fig. 4). La plica bicipitale viene rilevata alla stessa altezza ma sul lato anteriore del braccio. La plica sottoscapolare viene misurata al di sotto della punta inferiore della scapola, a 45° circa rispetto alla verticale (Figg. 5a e 6) e la riva dal fatto che esse non permettono una distinzione tra grasso addominale viscerale e sottocutaneo. A tal fine occorre utilizzare metodiche quali la tomografia assiale computerizzata o la risonanza magnetica nucleare. Pliche Il metodo più comunemente usato per stimare il grasso corporeo è la plicometria. Attraverso la misura del grasso sottocutaneo, effettuata mediante il plicometro, è possibile stimare, utilizzando appropriate equazioni (13-15) il contenuto 55 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 56 Determinazioni antropometriche nell’adulto e nel bambino Figura 5 Sedi di misura della plica sottoscapolare (a) e della plica sovrailiaca (b). a Sede plica sottoscapolare Braccio dietro la schiena Linea Medio-Ascellare b Sede plica sovrailiaca 56 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 57 R. Bellù, A. Tagliabue Figura 6 Misurazione della plica sottoscapolare. sovrailiaca al di sopra della cresta iliaca lungo la linea ascellare media (Fig. 5b). Le rilevazioni vengono generalmente effettuate sul lato non dominante del corpo. La sommatoria di più pliche permette di tenere conto delle differenze nella distribuzione corporea del grasso sottocutaneo e riduce l’errore di misura. Tale errore è pari a circa il 3-5% del valore del grasso corporeo stimato con la densitometria (16). La percentuale di grasso corporeo stimata in base alla sommatoria delle quattro pliche cutanee sopra descritte è riportata in Tabella 2 [tratta dal lavoro di Durnin & Womersley (13)]. La misura delle pliche cutanee richiede una notevole esperienza da parte del rilevatore. Tuttavia per la sua sempli- 57 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 58 Determinazioni antropometriche nell’adulto e nel bambino cità e diffusione la plicometria viene tuttora inclusa tra le tecniche antropometriche primarie per la stima del grasso corporeo (7). In età pediatrica essa risulta di applicazione più incerta e difficoltosa. Tabella 2 Percentuale di grasso corporeo corrispondente ai diversi valori della sommatoria di 4 pliche (bicipitale, tricipitale, sottoscapolare e sovrailiaca) di maschi e femmine a diverse età. Somma pliche (mm) 15 Una tecnica affine, denominata plicometria dinamica (17), viene utilizzata nel neonato per stimare l’acqua extracellulare con discreta precisione (r = 0,71). Maschi (età in anni) 17-29 30-39 40-49 4,8 – – Femmine (età in anni) 50+ – 16-29 30-39 40-49 10,5 – – 50+ – 20 8,1 12,2 12,2 12,6 14,1 17,0 19,8 21,4 25 10,5 14,2 15,0 15,6 16,8 19,4 22,2 24,0 30 12,9 16,2 17,7 18,6 19,5 21,8 24,5 26,6 35 14,7 17,7 19,6 20,8 21,5 23,7 26,4 28,5 40 16,4 19,2 21,4 22,9 23,4 25,5 28,2 30,3 45 17,7 20,4 23,0 24,7 25,0 26,9 29,6 31,9 50 19,0 21,5 24,6 26,5 26,5 28,2 31,0 33,4 55 20,1 22,5 25,9 27,9 27,8 29,4 32,1 34,6 60 21,2 23,5 27,1 29,2 29,1 30,6 33,2 35,7 65 22,2 24,3 28,2 30,4 30,2 31,6 34,1 36,7 70 23,1 25,1 29,3 31,6 31,2 32,5 35,0 37,7 75 24,0 25,9 30,3 32,7 32,2 33,4 35,9 38,6 80 24,8 26,6 31,2 33,8 33,1 34,3 36,7 39,6 85 25,5 27,2 32,1 34,8 34,0 35,1 37,5 40,4 90 26,2 27,8 33,0 35,8 34,8 35,8 38,3 41,2 95 26,9 28,4 33,7 36,6 35,6 36,5 39,0 41,9 100 27,6 29,0 34,4 37,4 36,4 37,2 39,7 42,6 105 28,2 29,6 35,1 38,2 37,1 37,9 40,4 43,3 110 28,8 30,1 35,8 39,0 37,8 38,6 41,0 43,9 115 29,4 30,6 36,4 39,7 38,4 39,1 41,5 44,5 120 30,0 31,1 37,0 40,4 39,0 39,6 42,0 45,1 125 30,5 31,5 37,6 41,1 39,6 40,1 42,5 45,7 130 31,0 31,9 38,2 41,8 40,2 40,6 43,0 46,2 135 31,5 32,3 38,7 42,4 40,8 41,1 43,5 46,7 58 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 59 R. Bellù, A. Tagliabue Tabella 2 [segue] Somma pliche (mm) Maschi (età in anni) 17-29 30-39 40-49 Femmine (età in anni) 50+ 16-29 30-39 40-49 50+ 140 32,0 32,7 39,2 43,0 41,3 41,6 44,0 47,2 145 32,5 33,1 39,7 43,6 41,8 42,1 44,5 47,7 150 32,9 33,5 40,2 44,1 42,3 42,6 45,0 48,2 155 33,3 33,9 40,7 44,6 42,8 43,1 45,4 48,7 160 33,7 34,3 41,2 45,1 43,3 43,6 45,8 49,2 165 34,1 34,6 41,6 45,6 43,7 44,0 46,2 49,6 170 34,5 34,8 42,0 46,1 44,1 44,4 46,6 50,0 175 34,9 – – – – 44,8 47,0 50,4 180 35,3 – – – – 45,2 47,4 50,8 185 35,6 – – – – 45,6 47,8 51,2 190 35,9 – – – – 45,9 48,2 51,6 195 – – – – – 46,2 48,5 52,0 200 – – – – – 46,5 48,8 52,4 205 – – – – – – 49,1 52,7 210 – – – – – – 49,4 53,0 59 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 60 Determinazioni antropometriche nell’adulto e nel bambino Misure bioelettriche e la trasportabilità dell’attrezzatura che la rendono utilizzabile anche “sul campo” per ricerche epidemiologiche (Fig. 7). Gli studi di validazione effettuati sull’adulto hanno mostrato una buona accuratezza (l’errore di stima è pari a 1,5-2,5 kg per TBW e 2,5-3,5 kg per FFM) oltre ad un’alta riproducibilità (0,5%) se vengono seguite attentamente le norme di standardizzazione in particolare per quanto riguarda il posizionamento degli elettrodi (18). Le limitazioni del metodo riguardano le situazioni con variazioni dell’idratazione corporea e/o della concentrazione elettrolitica. Probabilmente per questo motivo gli studi condotti durante variazioni della composizione corporea hanno ottenuto risultati contrastanti (19-25). Nel bambino questa tecnica soffre di alcune limitazioni dovute alla necessità di avere opportune equazioni per predire la massa magra, equazioni che per le età più precoci ancora mancano o hanno poca validità (26); ancora diffi- Impedenzometria (Bioelectric Impedance Analysis, BIA) L’impedenzometria stima la composizione corporea basandosi sul principio fisico della diversa conduzione elettrica dei tessuti, in relazione al loro contenuto di acqua ed elettroliti (16). La conduzione di una corrente elettrica risulta infatti molto più elevata nella massa magra rispetto al tessuto adiposo. Applicando al corpo una debolissima corrente elettrica alternata (800 µA) a frequenza fissa (50 kHz) e rilevando l’impedenza presentata dal corpo stesso al passaggio di tale corrente è possibile calcolare il contenuto di acqua corporea totale (TBW). Assumendo quindi un fattore di idratazione costante è possibile ricavare dal valore di TBW la quantità di massa corporea magra (FFM) e grassa (FM). I vantaggi di tale tecnica sono la facilità d’uso, l’assoluta non invasività, la velocità di misurazione 60 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 61 R. Bellù, A. Tagliabue Figura 7 Analisi dell’impedenza bioelettrica. coltà intrinseche al metodo sono la necessità di operare in condizioni piuttosto rigide, quali l’assenza di sudorazione (che può alterare la conduttività del corpo) e di movimenti durante la misurazione; tali condizioni raramente possono verificarsi, specie nel bambino molto piccolo. Queste difficoltà e l’assenza di equazioni specifiche rendono il metodo praticamente ancora non utilizzato nel neonato e nel bambino fino all’età scolare. Alcuni valori di composizione corporea ottenuti mediante BIA in bambini in età scolare sono riportati in Tabella 3. Prospettive interessanti possono essere aperte dai nuovi strumenti a frequenza variabile che offrono la possibilità di stimare separatamente i compartimenti idrici corporei (27-28) (Tab. 4). Teoricamente, infatti, a bassa frequenza (1 o 5 kHz) la corrente alternata non attraversa le membrane cellulari e permette la stima dell’acqua extracellulare (ECW). A frequenze elevate (100 kHz e oltre) la corrente passerebbe invece negli spazi intra ed extracellulari permettendo di stimare TBW. Gli studi di validazione condotti nell’adulto con i metodi di diluizione hanno confermato che l’analisi dell’impedenza a frequenza variabile può predire separatamente i valori di ECW e TBW con un coefficiente di variabilità del 5% (28, 29). Gli errori predittivi dipendono soprattutto da differenze nella distribuzione idrica dei soggetti misurati rispetto al campione in cui è stata sviluppata la formula predittiva (29). L’applicabilità clinica del metodo in particolare a pazienti con disturbi idroelettrolitici è tuttora in fase di studio. 61 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 62 Tabella 3 Valori di composizione corporea di bambini tra 6 e 12 anni, rilevati mediante bioimpedenzometria presso la Clinica Pediatrica V, Università di Milano. Età (anni) MASCHI 6 7 8 9 10 18,9 20,8 22,8 27,5 29,4 2,7 2,9 3,5 2,6 3,5 Media 3,5 4,4 4,9 5,2 5,8 DS 1,6 2,9 3,5 3,9 2,9 15,4 16,4 16,4 17,3 15,8 7,2 7,0 7,0 7,2 5,8 6 7 8 9 10 18,4 20,3 23,2 26,0 28,6 2,4 3,3 1,2 3,3 5,8 Media 3,3 5,5 4,8 6,2 8,2 DS 1,8 3,3 1,2 3,3 5,8 15,1 19,9 15,9 18,3 19,9 6,6 8,8 7,2 6,7 9,9 Massa magra (kg) Media DS Massa grassa (kg) Massa grassa (%) Media DS Età (anni) FEMMINE Massa magra (kg) Media DS Massa grassa (kg) Massa grassa (%) Media DS Tabella 4 Valori dei compartimenti idrici corporei di soggetti adulti sani, rilevati mediante analisi dell’impedenza bioelettrica multifrequenziale presso il Centro Ricerche sulla Nutrizione Umana e la Dietetica, Università di Pavia. MASCHI Unità MEDIA TBW kg 40,2 3,7 TBW % peso 56,0 3,6 ECW kg 17,4 1,6 ECW % peso 24,0 1,6 ICW kg 22,9 2,1 ICW % peso 32,0 2,1 DS FEMMINE DS Unità MEDIA TBW kg 30,0 2,6 TBW (total body water) = acqua corporea totale TBW % peso 53,4 3,3 ECW kg 13,2 1,1 ECW (extra-cellular water) = acqua extracellulare ECW % peso 23,4 1,6 ICW kg 16,8 1,5 ICW (intra-cellular water) = acqua intracellulare ICW % peso 30,0 1,8 62 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 63 R. Bellù, A. Tagliabue Figura 8 Misura della composizione corporea mediante TOBEC. Solenoide (5 Mhz) Soggetto Impedenzometro corporei, che per la frequenza scelta (5 MHz) è massima per i tessuti magri (muscoli, organi splancnici), minima per quelli grassi (tessuto adiposo, cervello, midollo osseo) (31). Le equazioni vengono derivate diversamente per lo strumento ad uso pediatrico (fino a due anni) rispetto a quello utilizzato per i bambini dall’età scolare in poi e per gli adulti. Per i primi, infatti, la mancanza di un metodo di validazione rende indispensabile derivare le equazioni dal confronto con un modello animale comparabile come composizione corporea al neonato e al piccolo lattante. Per adulti e bambini grandicelli si procede invece alla validazione mediante confronto con la pesata idrostatica. I risultati forniti dalla misurazione sono espressi in kg di massa magra il cui contenuto in elettroliti determina la modificazione del campo elettromagnetico. La differenza rispetto al peso rile- TOBEC (Total Body Electric Conductivity) Un’altra metodica basata sulla diversa conduttività dei tessuti è rappresentata dal TOBEC (30). Tale strumento è costituito essenzialmente da un cilindro che mantiene al suo interno un debolissimo campo elettromagnetico a 5 MHz (Fig. 8). Quando un conduttore, quale il corpo umano, viene posto all’interno del cilindro, si verifica una perturbazione dell’impedenza del campo elettromagnetico rilevabile dallo strumento; la differenza di impedenza tra il cilindro vuoto e il cilindro contenente il conduttore rappresenta il cosiddetto numero TOBEC, dal quale si può poi calcolare, in base ad opportune equazioni, la massa magra presente nel cilindro stesso. Il principio sul quale il metodo si basa è la differente conduttività dei tessuti 63 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 64 Determinazioni antropometriche nell’adulto e nel bambino vato rappresenta pertanto la massa grassa. La precisione del metodo è estremamente interessante. Nel bambino grandicello la stima è paragonabile a quella ottenuta mediante pesata idrostatica (32). Nel lattante tale confronto non è possibile non essendo possibile effettuare tale tipo di rilevamento. Alcuni valori di composizione corporea ottenuti mediante TOBEC in neonati a termine e bambini di un anno di età sono riportati nelle Tabelle 5 e 6. Il confronto con tecniche quali la determinazione dell’acqua deuterata (che pure non stima la massa magra bensì l’acqua corporea totale) mostra una precisione ed una validità almeno altrettanto buoni (32). La semplicità e la rapidità di esecuzione, l’assoluta non invasività, la qualità dei risultati fanno della metodica TOBEC, secondo alcuni, il “gold standard” per la determinazione di massa magra e massa grassa in età pediatrica (33), specie nella prima infanzia. Altri punti rilevanti sono rappresentati dall’ottima ripetibilità, dalla possibilità di effettuare le misurazioni senza spogliare il bambino e dall’insensibilità della rilevazione rispetto a variabili quali il grado di sudorazione o di attività svolta. Particolarmente interessante appare, per lo strumento in uso per i bambini grandicelli e adulti (basato su un metodo di rilevazione a scansione), la possibilità di effettuare rilevazioni per segmenti fornendo in tal modo una misura della distribuzione regionale del grasso corporeo. Altra interessante caratteristica, disponibile in un prossimo futuro, è la possibilità di fornire stime separate dell’acqua corporea totale e della massa magra, superando in tal modo la limitazione di considerare costante il rapporto tra queste due componenti. Tra gli svantaggi vi sono l’alto costo iniziale ed il fatto di non poter disporre attualmente di una attrezzatura trasportabile. Le possibili applicazioni sono rappresentate da tutte le situazioni patologiche e fisiologiche nelle quali è necessario conoscere con ottima precisione la composizione corporea in termini di massa magra, massa grassa e acqua corporea totale; il monitoraggio nutrizionale, specie in bambini ed adulti ad alto rischio, rappresenta naturalmente l’area di utilizzo più importante. 64 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 65 R. Bellù, A. Tagliabue Tabella 5 Valori di composizione corporea per neonati a termine, rilevati mediante TOBEC presso la Clinica Pediatrica V, Università di Milano. PERCENTILE MASCHI Unità MEDIA DS 5 50 90 95 Massa magra (FFM) g 2817 320 2300 2500 2800 3300 3400 Massa grassa g 454 190 200 220 400 700 Massa grassa (%) 13,0 5,7 3,8 5,5 12,5 21,6 22,8 DS 5 10 800 PERCENTILE FEMMINE Unità MEDIA 50 90 95 Massa magra (FFM) g 2635 280 2200 2300 2600 3000 3100 Massa grassa g 467 161 200 300 500 700 Massa grassa (%) 14,8 3,8 7,7 8,8 14,8 18,9 20,0 DS 5 10 50 90 95 0,73 6,8 6,8 7,7 8,2 9,3 Tabella 6 Valori di composizione corporea per bambini di un anno di età, rilevati mediante TOBEC presso la Clinica Pediatrica V, Università di Milano. 10 750 PERCENTILE MASCHI Massa magra (FFM) Unità MEDIA kg 7,67 Massa grassa kg 2,32 0,53 1,20 1,25 2,50 2,71 3,01 Massa grassa (%) 23,0 3,90 15,0 15,5 24,3 25,5 28,1 PERCENTILE FEMMINE Unità MEDIA Massa magra (FFM) kg DS 5 10 50 90 95 6,86 0,46 5,9 6,3 6,8 7,5 7,6 3,6 Massa grassa kg 2,50 0,58 1,5 1,9 2,4 3,2 Massa grassa (%) 26,4 4,1 15,0 15,5 24,4 25,5 28,1 65 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 66 Determinazioni antropometriche nell’adulto e nel bambino Altre misure fisiche ficoltà di questa metodica consistono nella corretta applicazione della sonda ad ultrasuoni che dovrebbe essere perpendicolare rispetto ai tessuti sottostanti e non esercitare alcuna pressione. Inoltre la rilevazione di un buon segnale riflesso dipende dalla quantità di tessuto connettivo all’interfaccia tra tessuto adiposo sottocutaneo e muscolo. Gli ultrasuoni permettono anche una misura del grasso viscerale a livello dell’addome come è stato recentemente dimostrato (39). Ecografia L’ecografia è stata proposta come tecnica non invasiva alternativa per la misura del grasso sottocutaneo in quanto essa potrebbe superare alcune delle limitazioni connesse all’utilizzazione della plicometria (34, 35). Gli apparecchi ad ultrasuoni sono in grado di misurare il grasso sottocutaneo a profondità di 100 o più mm senza comprimere i tessuti e rilevando l’interfaccia tra due tessuti di densità diversa con l’accuratezza di 1 mm (36). La correlazione tra le misure del grasso sottocutaneo ottenute con il calibro e con gli ultrasuoni è generalmente elevata [r > 0,80 (37)]. Alcuni autori non hanno rilevato nessuna differenza nella predizione del grasso corporeo totale a partire dai dati ottenuti con plicometro o ultrasuoni in soggetti adulti (36, 38) mentre Borkan (37) suggerisce una maggiore capacità predittiva della plicometria. Le maggiori dif- Assorbimento all’infrarosso Questo metodo è basato sulle differenze di assorbimento e riflessione dello spettro luminoso vicino all’infrarosso (700-1100 nm) nei diversi tessuti. Quando la radiazione elettromagnetica colpisce un materiale, l’energia luminosa viene riflessa, assorbita o tra- 66 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 67 R. Bellù, A. Tagliabue smessa subordinatamente alle proprietà di dispersione e di assorbimento del campione dipendenti dalla sua composizione chimica. Il metodo è stato sviluppato in agricoltura per determinare la composizione dei cereali e della carne (40, 41). Nel 1984 è stato applicato per la prima volta allo studio della composizione del corpo umano da Conway (42) che ha ottenuto una buona correlazione (r = 0,94) tra i valori rilevati mediante interazione con infrarossi e acqua corporea totale determinata con diluizione del deuterio in 53 volontari. L’errore nella predizione del grasso corporeo era del 3,2%. Tuttavia un successivo studio di validazione (43) non ha confermato l’utilità della metodica rispetto agli altri metodi di studio della composizione corporea. hanno densità diverse e costanti, è possibile risalire alla costituzione dei due compartimenti (44, 45). Nell’adulto tale tecnica è ampiamente utilizzata e ha rappresentato il “gold standard” con il quale validare le altre tecniche. In età pediatrica la densitometria trova numerose limitazioni. Innanzitutto è completamente inapplicabile al neonato e nel bambino piccolo, in quanto è assolutamente necessaria la collaborazione del soggetto che deve rimanere costantemente immerso nell’acqua per il periodo di misurazione. Inoltre occorre tener conto che la densità della massa magra è diversa nel bambino e varia con l’età. Da ultimo non è applicabile a bambini ospedalizzati. Per questi motivi questa tecnica può essere ottima dall’adolescenza in poi, mentre nelle età precedenti ha finora trovato uno scarso impiego. Densitometria La pesata idrostatica rappresenta il metodo più tradizionale per misurare il contenuto corporeo di grasso; il metodo si basa sul principio di Archimede per determinare la densità corporea rapportando il peso dell’individuo in condizioni normali e quello ottenuto quando il soggetto è completamente immerso nell’acqua; poiché massa magra e grassa Diluizione isotopica Numerosi metodi sono disponibili per stimare l’acqua corporea totale (TBW) basati sul principio di diluire un quantitativo noto di sostanza nei liquidi dell’organismo e di risalire dalla concentrazione della sostanza in un certo compartimento al compartimento ac- 67 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 68 Determinazioni antropometriche nell’adulto e nel bambino quoso totale. Il metodo più diffuso attualmente si basa sulla diluizione di deuterio, un isotopo stabile la cui concentrazione viene poi misurata nel sangue o nelle urine (46). Questi metodi sono ideali, presentando un’ottima precisione, quando il compartimento di maggior interesse è l’acqua corporea totale; per stimare altri compartimenti (massa magra e massa grassa) occorre naturalmente assumere che il grado di idratazione della massa magra sia costante, il che è chiaramente un’approssimazione. Tra gli svantaggi di tale tecnica, vi sono i costi delle attrezzature e degli isotopi, la relativa invasività e la tossicità non perfettamente nota, specie nel neonato, degli isotopi stabili. so, questi possono essere immediatamente derivati con opportuni calcoli. Questo metodo presenta come vantaggio, oltre alla grande precisione, il fatto di essere del tutto sicuro e non invasivo. In età pediatrica, tuttavia, è piuttosto difficile da utilizzare in quanto il bambino deve rimanere isolato per periodi piuttosto lunghi (20-40 minuti) in una speciale camera. Inoltre una possibile fonte di imprecisione deriva dal fatto che il contenuto di potassio nella massa magra può variare in età pediatrica (33). Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) Questa metodica permette di visualizzare sezioni trasverse del corpo e di osservare i tessuti contenuti in tali sezioni in modo bidimensionale. Il paziente viene posto tra una fonte di raggi X ed un rilevatore che si muovono all’unisono esaminando zone diverse del corpo. L’attenuazione del raggio emittente dipende dalla densità dei segmenti esaminati e viene trasformata dal computer in una immagine. La tomografia è particolarmente utilizzata per valutare la distribuzione del tessuto adiposo e in particolare la proporzione tra tessuto adiposo viscerale e Potassio corporeo Un metodo molto preciso per determinare la massa magra è rappresentato dalla misura del potassio corporeo (47). Tale misura è resa possibile dal fatto che il potassio naturale contiene una quantità fissa dell’isotopo radioattivo 40K. Misurando con un opportuno contatore questa frazione è possibile risalire al contenuto corporeo totale di potassio; poiché questo è presente solo nella massa magra e non nel tessuto adipo- 68 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 69 R. Bellù, A. Tagliabue sottocutaneo a livello addominale (48, 49). Quando è possibile effettuare misurazioni multiple di varie sezioni corporee sullo stesso soggetto si può calcolare il volume dei tessuti misurati, in particolare del tessuto adiposo, e risalire, assumendo valori standard di densità, alla composizione corporea (50-52). In caso di misurazione unica il sito migliore per predire il grasso corporeo totale risulta essere il livello corrispondente alle vertebre L4-L5 (53). La tomografia risulta essere un metodo costoso e, a causa dell’esposizione alle radiazioni, limitato a pazienti che necessitano di sottoporsi a questo esame per scopi diagnostici. Un metodo analogo ma che non utilizza radiazioni è la risonanza magnetica nucleare. analoga a quanto ottenibile con la TAC. A differenza di quest’ultima, tuttavia, il corpo non viene sottoposto a radiazioni il che ne permette un maggior utilizzo a scopo di ricerca anche se i costi dell’esame sono molto elevati. I tempi di misura generalmente piuttosto lunghi sono stati ridotti recentemente da 1 ora a 30 minuti per un’analisi completa del corpo (54). Assorbimento fotonico Le misure non invasive per lo studio della composizione corporea sono state ampliate dall’inclusione dei metodi basati sull’assorbimento fotonico che offrono stime sia dello scheletro che dei tessuti molli (55, 56). Il principio sottostante è la differente attenuazione tessutale di fotoni a due livelli di energia emessi o da un radionuclide (assorbimento a doppio-fotone, DPA) o più recentemente da una fonte di raggi X (assorbimento a raggi X a doppia energia, DXA). In quest’ultimo caso, il corpo o parte di esso viene esplorato dai raggi X a due diversi livelli di energia, 38 e 70 KeV, rispettivamente (57). L’attenuazione tessutale viene rilevata da fotocellule e permette al computer di generare una figura unidimensionale del corpo o del seg- Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) La tecnica si basa sul comportamento dei nuclei dell’idrogeno (presenti prevalentemente nell’acqua) in un campo magnetico. Per effettuare questo tipo di indagine, il corpo umano viene posto all’interno di un campo magnetico ed i segnali ottenuti vengono utilizzati per costruire un’immagine bidimensionale della parte del corpo esaminata 69 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 70 Determinazioni antropometriche nell’adulto e nel bambino mento corporeo in esame. Il software è in grado di calcolare diverse componenti corporee: massa magra, grasso e minerale osseo (55, 58). Questi calcoli sono possibili anche su segmenti del corpo, es. gambe, braccia o tronco. Il metodo non è, tuttavia, in grado di distinguere tra grasso sottocutaneo e viscerale. La dose di radiazioni utilizzata è bassa, inferiore a quella richiesta per effettuare una radiografia del torace. La riproducibilità del metodo è molto alta e varia dallo 0,5% per la misura della densità ossea al 2% nella valutazione della composizione corporea totale. Gli svantaggi del metodo includono la dimensione limitata del piano di misura che esclude dalle misurazioni persone troppo alte o troppo grasse. Inoltre l’attenuazione dei raggi X dipende dallo spessore del tessuto rendendo necessarie correzioni per la costituzione fisica (59). Si tratta infine di uno strumento dal costo molto elevato. me con neutroni veloci di energia nota che interagiscono con gli elementi chimici nel corpo (es. azoto o calcio) e provocano quindi emissione di radiazioni gamma che possono essere misurate. Assumendo un contenuto costante di calcio nell’osso, di azoto nelle proteine e di carbonio nel grasso è quindi possibile risalire al contenuto corporeo di questi compartimenti (60, 61). L’attivazione neutronica costituisce l’unico metodo diretto di studio del corpo umano in vivo ma richiede una dose di radiazioni non trascurabile e pertanto il suo utilizzo viene riservato, insieme all’analisi chimica di cadaveri umani, allo sviluppo di modelli di composizione corporea che costituiscono la base di tutti i metodi indiretti di più vasta applicazione. Bibliografia 1. Lohman TG, Roche AF, Martorell R (Editors) Anthropometric Standardization Reference Manual. Human Kinetics Books, Champagne, Illinois, 1988. 2. Metropolitan Life Insurance Co. New weight standards for men and women. Stat. Bull. Metropolitan Life Insurance Co. 40:1, 1959. Attivazione neutronica Si tratta di un metodo che permette la misura in vivo di alcuni componenti chimici del corpo umano: calcio, fosforo, azoto e carbonio. La misura viene effettuata irradiando il soggetto in esa- 3. Quetelet LA La Physique Sociale 2, 92. C. Muquardt, Brussels 1869. 4. Deurenberg P, Westrate JA, Seidell JC Body mass index as a measure of body fatness: 70 102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 71 R. Bellù, A. Tagliabue Am J Clin Nutr, 31:769-773, 1978. age and sex specific prediction formulas. Brit J Nutr, 65:105-114, 1991. 13. Durnin JVGA, Womersley J Body fat assessed from total body density and its estimation from skinfold thickness: measurements on 481 men and women aged from 17 to 72 years. Brit J Nutr, 32:77-97, 1974. 5. Garrow JS Treat obesity seriously. A clinical manual. Edinburgh: Churchill Livingstone, 1981. 6. Joint FAO/WHO/UNU Expert consultation. Energy and protein requirements. WHO Technical Report Series n° 724. Geneva: WHO, 1985. 14. Jackson AS, Pollock ML Generalized equations for predicting body density of men. Brit J Nutr, 40:497-504, 1978. 7. 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Nutr Rev, 49:97-108, 1991. 74 102/95 cap. 4 29-05-2002 M 10:25 Pagina 75 isure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali A. Daghetta*, M. Porrini**, G. Testolin** ** DISTAM – Sez. Nutrizione – Università degli Studi di Milano * DIFCA – Cattedra di Analisi Chimica dei Prodotti Alimentari – Università degli Studi di Proteine La valutazione dello stato di nutrizione proteico può essere affrontata con metodologie diverse, dal momento che la risposta dell’organismo all’assunzione insufficiente di alimenti è complessa e multifattoriale. In modo del tutto generale, la malnutrizione proteica può essere descritta macroscopicamente con la crescita inadeguata nei bambini e la riduzione della massa corporea magra negli adulti. Si verifica in pratica una perdita di tutti i componenti proteici citoplasmatici, dei lipidi strutturali e dei minerali a livelli differenti nei vari tessuti. La valutazione della massa magra e dell’azoto corporeo totale sono quindi i metodi più comuni per stimare lo stato di nutrizione proteico dell’organismo. Per quanto riguarda l’approccio biochimico gli indici ideali dovrebbero avere una emivita breve, esistere principalmente in un compartimento organico facilmente accessibile, avere limitati controlli omeostatici e una velocità ca- tabolica costante e non essere influenzati dallo stato vitaminico e minerale o da stati patofisiologici (1). Numerosi sono gli indici biochimici dello stato di nutrizione proteico-energetico attualmente disponibili, ma nessuno è in grado di fornire indicazioni complete e precise sul reale stato dell’individuo. Per questo motivo verranno brevemente considerati i metodi più comunemente utilizzati nella pratica clinica, cercando di evidenziarne i limiti e quindi le reali condizioni di applicabilità. Proteine plasmatiche Diverse proteine plasmatiche di origine epatica sono state considerate un buon indice dello stato nutrizionale. Tenendo conto di tutti i possibili fattori interferenti, si ammette che in periodi in cui l’assunzione energetica o proteica è insufficiente, si verifica una diminuzione dei livelli delle proteine plasmatiche do- 75 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 76 Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali vuta alla riduzione della loro sintesi epatica e della loro secrezione. Il ripristino di una dieta adeguata induce la sintesi proteica e riporta i livelli proteici plasmatici alla normalità. La velocità a cui la concentrazione plasmatica di una proteina varia in risposta ad una dieta inadeguata dipende dall’emivita della proteina; infatti lo squilibrio tra la velocità di sintesi o secrezione e quella di catabolismo si manifesterà più velocemente in proteine con un’emivita più breve. Delle varie classi di proteine plasmatiche l’albumina e le proteine di trasporto, prealbumina (PA), proteina legante il retinolo (RBP = retinol binding protein) e transferrina (TA) sono state le più studiate quali indicatori dello stato di nutrizione (2). La fibronectina (FB), una glicoproteina presente nella matrice extracellulare del sistema nervoso centrale, è stata inserita solo più recentemente nella lista. In generale PA, RBP, TA e FB hanno emivita più breve e pool di dimensioni minori rispetto all’albumina, per cui mostrano variazioni più rapide delle concentrazioni e sono quindi considerate indicatori più sensibili della denutrizione subclinica rispetto all’albumina. Nella scelta della variabile che si vuole dosare e nell’interpretazione dei risultati ottenuti è quindi indispensabile effettuare una distinzione tra indicatori dello stato di nutrizione a breve e a lungo termine. La principale obiezione all’utilizzo delle proteine plasmatiche quali indicatori di deplezione e carenza proteica è il ruolo svolto dalla loro risposta alla “fase acuta di situazioni patologiche” (3) . Infatti la concentrazione plasmatica di albumina, PA, TA, RBP e FB diminuisce in seguito ad una situazione infiammatoria acuta dovuta a motivi diversi, quali interventi chirurgici, infarto, infezioni, traumi e tumori. La loro concentrazione risulta pertanto influenzata anche da fattori non nutrizionali. Anche se l’importanza della risposta alla fase acuta di situazioni patologiche rispetto ai fattori nutrizionali nella regolazione delle proteine plasmatiche non è ancora stata studiata sistematicamente in molte situazioni cliniche, gli studi fino ad ora effettuati ne evidenziano l’importanza e sottolineano la difficoltà a distinguere tra l’influenza della nutrizione e di altri fattori di stress. Ciò significa che l’utilità delle proteine plasmatiche quali indicatori inequivocabili dello stato nutrizionale è notevolmente limitata. Maggiore utilità sembrano invece rivestire nel monitoraggio dell’efficacia della terapia nutrizionale. 76 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 77 A. Daghetta, M. Porrini, G. Testolin 2. l’ipoalbuminemia non è presente in tutte le condizioni di denutrizione o iponutrizione; essa ad esempio è caratteristica del Kwashiorkor, mentre in adulti volontari sani a semidigiuno protratto per sei mesi, se ne è verificata solo una modesta riduzione (appena il 2%); 3. il metabolismo dell’albumina è facilmente perturbato da diverse condizioni morbose, quali malassorbimento, epatopatie, nefropatie, infezioni, traumi, neoplasie, squilibri osmotici ed ormonali; 4. è importante la standardizzazione del prelievo; la posizione ortostatica, aumentando la pressione idrostatica negli arti inferiori, tende a lieve emoconcentrazione. Si possono pertanto osservare variazioni percentuali dell’albuminemia così come delle proteine totali, dell’emoglobina, dell’ematocrito, del calcio e del potassio, fino al 10-15% in più o in meno. Si spiega così la diminuzione di questi parametri che si osserva frequentemente nei pazienti pochi giorni dopo l’ospedalizzazione. Intervallo di normalità: 3,5-5 g/dL (6). Albumina È stata la frazione proteica più studiata e più frequentemente utilizzata in clinica per la valutazione dello stato di salute in generale, dal momento che è anche quella presente nelle più alte concentrazioni nel plasma. Una carenza proteica prolungata determina sicuramente un calo della concentrazione di albumina nel plasma. Molti studi hanno verificato che l’ipoalbuminemia è un indice prognostico accurato dell’aumentata morbidità, mortalità e tempo di degenza tra i pazienti ospedalizzati (4, 5). Tuttavia esistono una serie di limitazioni teorico-pratiche al suo corretto impiego per la valutazione dello stato di nutrizione a breve termine: 1. l’albumina è distribuita in un pool corporeo relativamente ampio in gran parte extravascolare (solo il 30-40% si ritrova nel siero). Pertanto eventuali modifiche che possono verificarsi al di fuori dello spazio intravascolare non possono essere rilevate dalle determinazioni sieriche: il pool corporeo totale si può ridurre infatti ad 1/3 del livello normale prima della comparsa di ipoalbuminemia. Per questo motivo e per la sua emivita lunga (15-19 giorni) può essere un importante indice prognostico solo nelle condizioni di grave depauperamento organico; Transferrina È una betaglobulina con peso molecolare 77.000 Dalton ed emivita di 8 giorni. Il suo metabolismo è complesso 77 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 78 Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali poiché riveste un ruolo centrale nel metabolismo del ferro, essendone la principale proteina plasmatica di trasporto (6). La TA diffonde liberamente nel compartimento extracellulare (linfa, plasma e fluido interstiziale) e circa il 5060% è localizzato nello spazio extravascolare. I livelli di TA si possono modificare in varie condizioni fisiopatologiche: gravidanza, uso di anticoncezionali, epatiti acute, cirrosi epatica, infezioni croniche, neoplasie, sindrome nefrosica. Inoltre i suoi livelli aumentano in condizioni di carenza di ferro (7). Se quindi il paziente in esame presentasse concomitante carenza proteica e di ferro, i suoi livelli di transferrina risulterebbero nell’intervallo di normalità. La sua concentrazione può anche venire calcolata dalla “capacità totale di legare il ferro” (total binding iron capacity – TIBC) secondo una equazione che viene messa a punto in ciascun laboratorio di analisi, dal momento che si possono utilizzare molte procedure diverse per misurare il TIBC. In generale si ritiene che la sensibilità e la specificità della TA come indice dello stato di nutrizione proteico, analogamente a quanto osservato per l’albumina, sia molto scarsa, per cui la sua determinazione ha maggior validità in epidemiologia che in clinica. Intervallo di normalità: 220-400 mg/dL (8). Prealbumina La PA è un indice dello stato di nutrizione più sensibile della TA perché ha una emivita di 1-2 giorni ed un pool totale più contenuto. La sua concentrazione plasmatica risponde rapidamente a cambiamenti nell’apporto dietetico ed è ben correlata alle variazioni del bilancio di azoto, per cui può risultare utile come supporto negli interventi terapeutici. I livelli circolanti di PA sono influenzati dalla disponibilità della tiroxina della quale funge da proteina di trasporto. Di conseguenza in condizioni di ipertiroidismo l’utilizzo della PA come marker nutrizionale può risultare compromesso. Intervallo di normalità: 10-40 mg/dL (6). Proteina legante il retinolo È una proteina sintetizzata nel fegato (PM 21.000 Dalton) con emivita di circa 10 ore, che è in grado di legare specificamente il retinolo e trasportarlo nel plasma. Nel plasma si ritrova in forma di un complesso con la prealbumina che ne riduce la filtrazione glomerulare e, di conseguenza, il catabolismo. In condizioni normali circa il 90% dell’RBP è saturata con retinolo, per cui la sua concentrazione plasmatica è influenzata 78 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 79 A. Daghetta, M. Porrini, G. Testolin dallo stato di nutrizione vitaminico (9). La RBP viene metabolizzata dal rene; per tale ragione le sue concentrazioni sieriche sono aumentate nell’insufficienza renale. In condizioni di malnutrizione proteica e calorica invece i suoi livelli risultano abbassati. Intervallo di normalità: 40-50 µg/mL (10). l’attenzione a concomitanti patologie che possono alterare la loro concentrazione nel siero. Esiste poi un’ampia variabilità interindividuale nella loro concentrazione, per cui la loro valutazione è certamente più utile in indagini epidemiologiche o per informazioni di carattere generale, piuttosto che per una valutazione clinica del singolo caso. Fibronectina Aminoacidi plasmatici È una glicoproteina ad alto peso molecolare presente nel plasma, nella linfa e negli spazi interstiziali, che si è dimostrata molto importante per la sua alta affinità per il collagene, la fibrina e l’actina. La sua concentrazione sierica si riduce notevolmente dopo traumi e sepsi, probabilmente perché rapidamente consumata per il suo “legame obbligatorio” con gli elementi cellulari dell’infiammazione. Le variazioni della sua concentrazione sierica sono pertanto un buon indice prognostico nello shock. Ha una emivita di 12-24 ore, per cui risulta essere molto sensibile a variazioni dello stato di nutrizione (6). In conclusione il dosaggio delle proteine sieriche può essere utilizzato per la valutazione dello stato di nutrizione, ma con alcune precauzioni; in particolare la standardizzazione del prelievo e Anche i rapporti tra gli aminoacidi plasmatici sono stati studiati come indici dello stato di nutrizione (11, 12). Particolare attenzione è stata posta agli aminoacidi a catena ramificata, agli aromatici e ai solforati. Le concentrazioni plasmatiche e i rapporti tra questi aminoacidi risultano alterati nella malnutrizione severa (riduzione degli aminoacidi a catena ramificata ed aumento di quelli aromatici e solforati) (13). La maggior parte degli studi sui livelli aminoacidici nella malnutrizione sono stati condotti in età pediatrica. Va comunque ricordato che i sistemi di regolazione omeostatica dei livelli aminoacidici plasmatici nell’uomo sono estremamente efficienti e quindi le alterazioni dell’aminoacidogramma sono quasi sempre tardive e presenti solo nella grave malnutrizione 79 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 80 Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali proteica, quando i segni clinici sono già molto evidenti. Il profilo aminoacidico plasmatico risulta invece di grande interesse per la diagnosi di errori congeniti del metabolismo e come indice prognostico di sindromi da insufficienza multi organica (6). La cirrosi e l’encefalopatia, per esempio, sono associate ad un aumento degli aminoacidi aromatici e solforati che può venire normalizzato somministrando formule arricchite con aminoacidi ramificati. Per meglio comprendere le specifiche alterazioni del metabolismo proteico nella malnutrizione sono state utilizzate tecniche sofisticate per lo studio della sintesi e degradazione proteica mediante aminoacidi marcati con radioisotopi. I risultati di questi studi sono ancora difficilmente utilizzabili nella pratica clinica. Creatinina urinaria La creatinina è il prodotto di degradazione della fosfocreatina, molecola di deposito dell’energia nel muscolo. La creatinina viene escreta inalterata nelle urine, senza soglia di eliminazione renale. Quindi la valutazione dell’escrezione urinaria di creatinina nelle 24 ore in soggetti con normali funzioni renali, dieta adeguata e di composizione costante riflette la quantità totale di creatinina dell’organismo e quindi la massa muscolare. È stato stimato che 1 g di creatinina urinaria corrisponde a circa 18 kg di muscolo, per cui dai dati dell’escrezione urinaria di creatinina nelle 24 ore è possibile risalire alla massa corporea magra (MMC) applicando la seguente equazione: MMC (kg) = 7,138 + 0,002908 x (mg creatinina urinaria nelle 24 ore). La creatininuria viene generalmente espressa in rapporto all’altezza del soggetto in esame. Esistono tabelle di riferimento con i valori ideali della creatininuria nelle 24 ore nei due sessi in funzione dell’altezza (14). Il rapporto tra la creatininuria del soggetto in esame e il valore ideale moltiplicato per 100 costituisce l’Indice Creatinina/Altezza. Valori compresi tra 80 e 90% indicano ridu- Massa muscolare La riduzione della massa muscolare è sicuramente una delle componenti principali della deplezione proteica, per cui la sua determinazione è di primaria importanza. I marker biochimici più utilizzati allo scopo sono: – creatinina urinaria; – 3-metil-istidina urinaria. 80 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 81 A. Daghetta, M. Porrini, G. Testolin zione scarsa della massa muscolare, tra 70 e 80% riduzione moderata e inferiori a 70% indicano riduzione severa della massa muscolare (6). Esistono diversi limiti all’applicabilità di questo indice (15). Innanzi tutto l’escrezione di creatinina diminuisce con l’età e aumenta in seguito ad infezioni acute, traumi, stress emotivi, esercizio fisico intenso e diete iperproteiche ricche di creatina e creatinina (es. carne). L’indice creatinina/altezza non dipende soltanto dall’altezza, ma anche dalla costituzione fisica, e ciò ovviamente ne limita la sensibilità come indice di malnutrizione. Infine, affinché i valori siano attendibili è indispensabile che la raccolta delle urine delle 24 ore sia effettuata molto accuratamente e possibilmente per tre giorni consecutivi. dell’escrezione di 3-metil-istidina per predire la massa muscolare nell’applicazione clinica presenta però una serie di limiti. In condizioni di sepsi, trauma o inanizione il catabolismo proteico è accelerato e l’escrezione di 3-metil-istidina cresce smisuratamente (16), per cui i suoi valori dovrebbero essere espressi in rapporto all’escrezione di creatinina e al peso corporeo. Inoltre l’escrezione di 3-metil-istidina è significativamente maggiore nei soggetti che consumano carne, per cui si dovrebbe prescrivere un regime alimentare privo di carne nei giorni precedenti l’esame. Infine esistono dubbi sul contributo della 3-metil-istidina non muscolare (di origine gastrointestinale ed epidermica), specialmente in caso di interventi chirurgici o traumi. Intervallo di normalità: 200-545 µmol/24 ore (17). 3-metil-istidina urinaria Somatomedina C (Insulin-like growth factor o IGF-1) La 3-metil-istidina è un aminoacido presente nelle proteine miofibrillari che si forma per metilazione post-trascrizionale di specifici residui di istidina. In seguito al turnover delle proteine muscolari viene rilasciata ed escreta tal quale nelle urine in quantità che in teoria risultano essere quindi proporzionali alla massa muscolare totale. L’utilizzo C’è un crescente interesse all’utilizzo dell’IGF-1 quale indicatore dello stato di nutrizione proteico (1), soprattutto nei bambini, poiché è mediatore dell’azione dell’ormone della crescita. Stimolando la sintesi del collageno è un 81 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 82 Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali regolatore primario della crescita delle ossa e, probabilmente, della crescita in generale. Interviene inoltre nella regolazione dell’omeostasi di Ca, Mg e K (6). I suoi livelli plasmatici sono sensibili allo stato nutrizionale proteico, infatti nei bambini gravemente malnutriti la concentrazione sierica di IGF-1 risulta ridotta e nell’adulto è molto ben correlata al bilancio azotato. Inoltre, durante la rialimentazione dopo un periodo di carenza, le sue concentrazioni aumentano in risposta all’assunzione energetica e proteica più prontamente di quanto facciano i livelli di albumina e transferrina. Un limite alla sua applicazione per la valutazione dello stato di nutrizione è che la sua concentrazione si riduce nel corso di malattie infiammatorie, per cui presenta gli stessi limiti delle proteine plasmatiche viste in precedenza. possono anche essere perse nelle feci, attraverso la pelle e gli essudati (6). Una valutazione accurata del bilancio d’azoto dovrebbe tener conto di tutte le vie e tipi di perdite possibili, tuttavia nella pratica clinica le perdite azotate extrarenali vengono generalmente considerate costanti e stimate attorno ai 2 g, da cui: BN = assunzione di N nelle 24 h (g) – [N urinario totale nelle 24 h (g) + 2] Frequentemente invece dell’azoto urinario totale si misura l’azoto ureico, che è circa l’80% di quello totale. Il bilancio d’azoto è una determinazione fondamentale per studiare lo stato proteico dell’organismo e la sua negativizzazione è indice di catabolismo proteico endogeno. Tuttavia è possibile che in condizioni di denutrizione cronica l’organismo riduca il catabolismo azotato adattandosi al nuovo stato: in queste condizioni il bilancio d’azoto non riflette esattamente il grado di malnutrizione. Diversi fattori devono inoltre essere considerati nella sua determinazione nei pazienti ospedalizzati. Innanzi tutto le perdite di azoto nei pazienti con insufficienza renale cronica devono essere corrette per l’accumulo di urea nel sangue; inoltre l’escrezione di azoto può essere modificata nelle enteropatie e in caso di immobilizzazione protratta nel tempo. Bilancio d’azoto Il bilancio d’azoto viene calcolato dalla differenza tra la quantità di azoto assunta e quella eliminata. L’azoto assunto è considerato pari al 16% delle proteine della dieta. L’eliminazione dell’azoto avviene principalmente attraverso le urine, ma quantità apprezzabili 82 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 83 A. Daghetta, M. Porrini, G. Testolin Vitamine e minerali Per la valutazione dello stato nutrizionale vitaminico e minerale sono stati sviluppati diversi metodi biochimici, tuttavia la scelta di quello più accurato ed affidabile per l’applicazione clinica è complicata da numerose considerazioni. presentano un tempo di risposta lungo all’assunzione riflettono meglio lo stato vitaminico medio e sono quindi più utili delle variabili con un tempo di risposta breve. Quindi in generale si può dire che la valutazione della forma attiva della vitamina nelle cellule ematiche riflette meglio lo stato dell’organismo di quanto facciano i livelli plasmatici o urinari. Considerando queste brevi premesse, passiamo ora ad analizzare quali sono i test consigliabili per alcune vitamine. Un approccio ormai largamente accettato per valutare lo stato nutrizionale delle vitamine B1, B2 e B6 è la valutazione, negli eritrociti, del coefficiente di attivazione di alcuni enzimi vitamina-dipendenti (19): transchetolasi (ETK) per la tiamina, glutatione reduttasi (EGR) per la riboflavina e glutammico ossalacetico aminotransferasi (EGOT) per la vitamina B6. In pratica, un ridotto aumento dell’attività enzimatica in seguito all’aggiunta di un eccesso del coenzima vitaminico (cioè una risposta bassa alla Vitamine Per quanto riguarda le vitamine, come evidenziato da Brubacher (18) e schematizzato nella Figura 1, il primo evento che si verifica quando ne diminuisce l’assunzione è un calo delle riserve corporee, seguita nel tempo da una riduzione della concentrazione di metaboliti, una riduzione dell’attività di enzimi vitamina-dipendenti e disturbi ormonali del metabolismo. Durante il periodo di rialimentazione si verifica la stessa sequenza con direzione opposta (Fig. 2) (18). Quando l’assunzione vitaminica non è costante, le variabili biochimiche che 83 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 84 Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali Stadio 1 6 Ridotto contenuto vitaminico corporeo Ridotta sintesi di metaboliti Specifica Irreversibile Ridotta attività Carenza clinica Carenza manifesta Stadio finale Disturbi biochimici e funzionali e cambiamenti morfologici 5 Aspecifica Enzimi e ormoni vitamina-dipendenti 4 Stadio iniziale Metaboliti 3 Carenza subclinica Pool corporeo 2 Assunzione marginale Livelli di carenza vitaminica durante un periodo di deplezione. (da Brubacher GB, 1982) ................................. Figura 1 Figura 2 Stadio 4 5 6 Ridotta sintesi di metaboliti Specifica Irreversibile Ridotta attività Carenza clinica Carenza manifesta Stadio finale Disturbi biochimici e funzionali e cambiamenti morfologici 3 Aspecifica Enzimi e ormoni vitamina-dipendenti 2 Ridotto contenuto vitaminico corporeo Stadio iniziale Metaboliti 1 Assunzione marginale Pool corporeo Carenza subclinica .................................. Livelli di carenza vitaminica durante un periodo di rialimentazione. (da Brubacher GB 1982) ciente di attivazione α (attività dopo la saturazione/attività senza saturazione). Intervallo normalità (19): α ETK 1,16-1,25 deficienza marginale α ETK > 1,25 deficienza severa α EGR 1,20-1,29 deficienza marginale α EGR > 1,29 deficienza severa α EGOT > 2,0 deficienza stimolazione coenzimatica) è indice della già avvenuta saturazione dell’enzima con il coenzima e, di conseguenza, di un buon stato vitaminico. Al contrario, una risposta elevata alla stimolazione coenzimatica indica uno stato nutrizionale inadeguato. Il risultato del test di stimolazione è espresso come coeffi- 84 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 85 A. Daghetta, M. Porrini, G. Testolin In alcune situazioni, tuttavia, è necessario un approccio differente. Per esempio, per quanto riguarda la vitamina B1 l’analisi della tiamina come tale nel sangue intero o negli eritrociti può essere di grande utilità per valutare lo stato vitaminico dei singoli individui (20). Per esempio, durante una carente assunzione di vitamina B 1 protratta nel tempo o una malnutrizione complessa (come nell’alcolismo) il coefficiente di attivazione può essere apparentemente normale in seguito alla diminuita sintesi dell’apotranschetolasi (21). Anche in caso di difetti genetici o malattie specifiche (diabete, polineuriti, anemia perniciosa o disordini del tratto gastrointestinale) la sintesi e/o le funzioni cinetiche dell’apoenzima possono essere alterate. I livelli di riferimento sono specifici per ciascuna popolazione, tuttavia si ritiene che per le popolazioni europee livelli ematici di tiamina inferiori a 80 µmol/L indichino una elevata probabilità di carenza di vitamina B1 (1). Le stesse osservazioni valgono per la riboflavina: l’analisi del FAD nel sangue intero può essere un indice attendibile dello stato nutrizionale vitaminico nei singoli individui (22), specialmente nei pazienti con carenza di glucosio-6fosfato deidrogenasi o severa uremia e cirrosi. Allo stesso modo, il piridossal 5'-fosfato plasmatico (PLP) può essere considerato un buon indice della vitamina B6 circolante disponibile per i tessuti. Anche per queste vitamine i valori di riferimento sono specifici per ciascuna popolazione; valori di FAD inferiori a 200 nmol/L e valori di PLP inferiori a 20 nmol/L sono comunque generalmente considerati indice di alto rischio di carenza (1). La valutazione della concentrazione dei folati nel sangue è importante nella valutazione dell’eziologia dell’anemia megaloblastica, oltre che nella valutazione dello stato di nutrizione. Carenze dei livelli plasmatici di acido folico si osservano durante la gravidanza, negli etilisti e negli individui con diete povere di frutta e verdura fresca. Un buon indice dello stato nutrizionale dell’acido folico è anche il suo livello nei globuli rossi, dal momento che i globuli rossi rappresentano il reale deposito di acido folico per l’organismo e sono quindi meno influenzati da variazioni recenti dell’assunzione di vitamina con la dieta di quanto non lo siano i livelli sierici (23). Attualmente il metodo più adatto per dosare i livelli di folato è la tecnica radioisotopica. Il limite di questa procedura dipende dal fatto che i folati poliglutammici danno una risposta più alta dei folati monoglutammici, rendendo la 85 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 86 Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali tecnica inadatta alla determinazione della miscela di derivati normalmente presente nel materiale biologico, ad eccezione del siero e degli eritrociti. Metodi più nuovi e rapidi sono comunque in corso di sviluppo. Una vitamina il cui stato nutrizionale deve essere valutato attentamente per le implicazioni che ha nel mantenimento del buono stato di salute delle cellule e dei tessuti è l’acido ascorbico. I due metodi attualmente più utilizzati allo scopo sono la valutazione dei suoi livelli nel plasma o nello strato spugnoso. La vitamina C plasmatica dà un’indicazione della vitamina disponibile per i tessuti (1). È il più semplice dei due metodi, poiché richiede quantità più piccole di sangue e procedure di preparazione del campione meno complicate e dispendiose. Il principale svantaggio è che i livelli plasmatici fluttuano in funzione delle assunzioni più recenti, e sono quindi poco rappresentativi dello stato nutrizionale a lungo termine; il dosaggio andrebbe perciò ripetuto più volte nell’arco di un certo periodo di tempo. Inoltre i livelli plasmatici scendono a valori quasi non rilevabili durante restrizioni dietetiche severe, molto prima che gli organi interni ne siano severamente depauperati. Nonostante ciò, se correttamente interpretato può essere considerato un indice attendibile dello stato di nutrizione della vitamina C. La concentrazione della vitamina C nello strato spugnoso è un buon indice dei suoi livelli intracellulari (1), che sono correlati al contenuto di vitamina C di molti organi interni; può quindi fornire informazioni accurate sulle riserve di vitamina specialmente durante periodi di assunzione inadeguata, nei quali le riserve e i livelli di vitamina nello strato spugnoso cadono più lentamente di quanto non facciano i livelli plasmatici. Lo svantaggio di questo test è che richiede maggiori quantità di sangue e complesse procedure di preparazione del campione. Inoltre i risultati possono essere di difficile interpretazione per esempio durante le infezioni (in cui viene indotta leucocitosi), o comunque tutte le volte che il rapporto leucociti/piastrine si discosta dall’intervallo di normalità. Livelli inferiori a 0,2 mg/dL nel plasma o 0,10 µmol/108 cellule nello strato spugnoso sono considerati indice di alto rischio di carenza (1). Per quanto riguarda la vitamina A è importante ricordare che i suoi livelli plasmatici sono regolati da un meccanismo omeostatico, per cui possono essere considerati indici dello stato vitaminico solo quando le assunzioni con la dieta sono molto basse. Inoltre rifletto- 86 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 87 A. Daghetta, M. Porrini, G. Testolin no l’assunzione vitaminica media di un certo periodo di tempo, piuttosto che le variazioni quotidiane, dal momento che si verifica un notevole intervallo di tempo tra l’assunzione e la modificazione del livello plasmatico, che dipende principalmente dai depositi epatici. Se l’assunzione di proteine è molto bassa, viene ridotta la sintesi di RBP (proteina secreta nel fegato per il trasporto del retinolo), il che induce un abbassamento dei livelli plasmatici di vitamina A anche se l’assunzione con la dieta è adeguata. D’altra parte, nel caso di ipervitaminosi A, i livelli plasmatici di retinolo sono aumentati solo di poco, mentre aumentano notevolmente i livelli di retinil palmitato (forma in cui la vitamina A viene trasportata dall’intestino al fegato legata alle lipoproteine). La valutazione di quest’ultimo è considerato indice di ipervitaminosi A assieme al rapporto molare retinolo/RBP che, in caso di ipervitaminosi, risulta maggiore di 1. Secondo Smith e Goodman (24) la tossicità della vitamina A si manifesta quando elevate quantità di vitamina A di ritrovano in associazione alle lipoproteine, piuttosto che legate all’RBP, che è in grado anche di proteggere i tessuti dalle proprietà tensioattive della vitamina. Il metodo migliore per valutare lo stato vitaminico A sarebbe la determinazione della concentrazione di retinolo nel fegato, dove è immagazzinato prevalentemente come retinil palmitato. Tuttavia, per l’impossibilità ad effettuare questa analisi, si effettua generalmente il dosaggio nel plasma. Livelli di vitamina A plasmatici inferiori a 10-20 µg/dL sono considerati indice di deplezione epatica e quindi di elevato rischio di carenza (1). Nella valutazione dello stato vitaminico E è importante considerare che nella linfa e nel sangue l’α-tocoferolo è legato alle lipoproteine, in particolar modo la frazione β. I livelli plasmatici di vitamina E risultano infatti altamente correlati ai lipidi totali, alle β-lipoproteine e al colesterolo totale. In conseguenza, il rapporto tra l’α-tocoferolo plasmatico e i lipidi può essere considerato un indice più adeguato dello stato nutrizionale della vitamina E rispetto al valore del solo α-tocoferolo. La vitamina E viene anche captata dagli eritrociti, per cui anche i livelli vitaminici eritrocitari sono considerati un indice dello stato nutrizionale. Generalmente, comunque, si preferisce utilizzare i livelli plasmatici e sierici (25); è tuttavia importante ricordare che, anche se per questa vitamina non esistono meccanismi omeostatici che ne regolano i livelli plasmatici, la correlazione con 87 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 88 Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali le quantità assunte con la dieta esiste per i bassi livelli di assunzione, ma non per i livelli più elevati. Anche la valutazione dell’α-tocoferolo nelle piastrine è stata suggerita quale mezzo per valutarne lo stato nutrizionale, tuttavia la sua utilità non è ancora stata del tutto verificata. Livelli plasmatici di α-tocoferolo inferiori a 5 µg/mL vengono considerati indice di elevato rischio di carenza. ci specifici o pool tissutali relativamente aspecifici con un turnover biologico molto lento. La risposta clinica e l’adattamento metabolico alla carenza o all’eccesso degli elementi minerali è schematizzata nella Tabella 1 (26). Dallo schema è evidente come le carenze o gli eccessi di un minerale stimolino differentemente i meccanismi omeostatici di controllo, tuttavia i pool più sensibili nell’iniziare e regolare le risposte omeostatiche non sono stati ancora identificati per tutti gli elementi minerali, per cui non è sempre possibile consigliare metodi precisi ed affidabili a scopo diagnostico (27). Il metodo più affidabile per valutare l’esistenza di uno stato di carenza per molti minerali (es. Fe, Zn, Cu, Se) è ancora quello di monitorare la risposta biochimica di uno o più parametri funzionali, omeostatici o di composizione dopo la supplementazione dell’elemento in questione. Prendiamo ora brevemente in rassegna alcuni degli elementi minerali per i quali esistono variabili affidabili. Minerali Per quanto riguarda gli elementi minerali l’approccio è un po’ differente, dal momento che si deve verificare se il soggetto è a rischio di carenza o di tossicità per l’elemento in questione. Eccetto alcuni casi, poche determinazioni possono essere utilizzate per rispondere ad entrambe le domande. A differenza dei nutrienti organici, i minerali non possono venire trasformati. Possono alterare il loro stato di ossidazione, formare complessi con altre molecole biologiche, ma non perdono mai la loro integrità. L’omeostasi è ottenuta mediante regolazione dell’assorbimento, della secrezione epatointestinale, dell’escrezione urinaria, o mediante il sequestro dell’elemento in pool sistemi- Calcio Per la valutazione dello stato nutrizionale del calcio si deve innanzi tutto considerare quale funzione o pool di 88 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 89 A. Daghetta, M. Porrini, G. Testolin Tabella 1 Fenomeni fisiopatologici associati allo stato nutrizionale del ferro. (da Aggett PJ, 1991) Morte Tossicità – omeostasi e sequestro inadeguati; manifestazioni cliniche, biochimiche e patologiche Omeostasi compensatoria – omeostasi e sequestro adeguati; assenza di manifestazioni cliniche Eccesso iniziale – immagazzinamento omeostatico ed escrezione Adeguatezza Carenza iniziale – l’omeostasi protegge i pool funzionali vitali; assenza di alterazioni della concentrazione nei tessuti e nei fluidi; mobilizzazione delle scorte; assenza di manifestazioni cliniche Fase metabolica compensatoria – l’omeostasi diventa inadeguata; compaiono segni funzionali precoci; possibili disordini nel metabolismo di altri nutrienti; probabili effetti sulla salute Fase metabolica non compensatoria – estesi difetti funzionali specifici ed aspecifici Fase clinica Morte calcio è il più appropriato allo scopo specifico. Per avere un parametro di valutazione delle funzioni fisiologiche del calcio si può effettuare la determinazione dei livelli plasmatici del calcio ionizzato, mentre per ottenere indicazioni della sua funzione nelle ossa (per esempio nell’osteomalacia e nell’iperparatiroidismo) si può misurare il calcio plasmatico totale. La valutazione della massa e della densità ossea può essere utilizzata per valutare l’entità della principale riserva di calcio, mentre la valutazione delle cinetiche richiede una misura accurata dell’assorbimento del calcio, del turnover osseo e delle perdite di calcio urinarie. La valutazione dell’omeostasi del calcio include anche il dosaggio dell’ormone paratiroideo, della calcitonina e dei vari metaboliti della vitamina D. Il calcio ionizzato (28) fornisce una buona indicazione dello stato del calcio, poiché è biologicamente attivo e strettamente regolato dagli ormoni legati al metabolismo calcico. È considerato più 89 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 90 Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali accurato dei valori di calcio totale poiché indipendente dai livelli di proteine, e quindi più facilmente utilizzabile anche per pazienti che sono sottoposti ad interventi chirurgici (che hanno quindi ricevuto sangue, piastrine o eparina) e in pazienti sottoposti a cure intensive. Viene misurato direttamente nel plasma utilizzando un elettrodo selettivo (29). L’intervallo di normalità del Ca2+ per l’adulto in condizioni basali è 1,15-1,35 mmol/L (4,6-5,4 mg/dL) (6). Il calcio plasmatico totale è misurato generalmente utilizzando tecniche colorimetriche o con la spettrofotometria ad assorbimento atomico. Poiché il Ca è legato alle proteine sieriche i suoi livelli plasmatici totali sono influenzati dalla concentrazione delle proteine, specialmente dell’albumina. Anche se una correzione matematica non può mai tener conto delle diverse condizioni fisiologiche o patologiche in cui si trovano i pazienti, i valori ottenuti dal dosaggio del Ca totale vengono generalmente corretti per i livelli di albumina sierica, per esempio (30) sottraendo 0,025 mmol/L di calcio per ogni 0,1g/dL di albumina eccedente i 4 g/dL e facendo il procedimento inverso per valori di albumina inferiori a 4 g/dL (1). Il fattore di correzione viene calcolato dal coefficiente di regressione della retta ottenu- ta per il Ca totale rispetto ai livelli di albumina in gruppi specifici di pazienti o soggetti sani. Poiché laboratori diversi possono utilizzare metodi e livelli di riferimento diversi sia per il dosaggio del Ca che dell’albumina, ciascuno dovrebbe calcolarsi i propri coefficienti di correzione. I livelli di normalità riportati in letteratura sono di 2,20-2,60 mmol/L (8,510,5 mg/dL) (1). Le tecniche di misurazione della massa e della densità ossea sono oggi in rapida espansione. Il Ca totale dell’organismo può essere misurato mediante attivazione neutronica, assorbimento fotonico bicromatico o mediante tomografia computerizzata. Per la descrizione dei metodi e per gli intervalli di normalità si rimanda a pubblicazioni specialistiche. Per quanto riguarda la valutazione delle cinetiche, l’assorbimento del Ca può essere studiato mediante metodologie isotopiche, il turnover osseo mediante dosaggio dell’idrossiprolina urinaria (indice del riassorbimento e della degradazione ossea) (31) e dell’osteocalcina sierica (indice della formazione ossea) (32). Il limite del dosaggio dell’idrossiprolina urinaria quale marker del riassorbimento osseo è che può derivare 90 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 91 A. Daghetta, M. Porrini, G. Testolin to con Na++, Ca++ o Mg++, il restante è libero. Solo il fosfato inorganico viene misurato. I meccanismi di controllo omeostatico del fosfato non sono del tutto conosciuti. I suoi livelli plasmatici sono regolati principalmente dall’escrezione renale di fosfato, che è influenzata direttamente dal paratormone, che ne riduce il riassorbimento a livello dei tubuli renali. La determinazione è effettuata generalmente con metodo colorimetrico (33) dopo aver fatto reagire gli ioni fosfato con molibdato di ammonio. L’intervallo di normalità nell’adulto è 2,5-4,5 mg/dL di fosfato espresso come fosforo (0,81-1,45 mmol/L) (6). I livelli di fosfato, infatti, vengono normalmente riportati come “fosforo” anche se ciò è scorretto poiché solo il fosfato, e non il fosforo elementare, circola nel sangue e può venire misurato. anche dalla degradazione del collageno di natura non ossea, come per esempio da pelle, tendini e cartilagine. Può essere inoltre influenzata da fattori dietetici (alimenti contenenti collageno). Un valore elevato quindi può non essere necessariamente indice di aumentato riassorbimento osseo. L’intervallo di normalità nell’adulto è 6-22 mg/24 h/m2 di superficie corporea, nell’anziano (oltre i 66 anni) 5-17 mg/24 h/m2 (1). L’osteocalcina sierica risulta elevata in presenza di aumentata sintesi ossea, come avviene in seguito ad una frattura, e ridotta quando la formazione ossea è depressa, come in pazienti trattati con corticosteroidi. La determinazione viene generalmente effettuata con metodi radioimmunologici utilizzando kit del commercio. I valori trovati nei soggetti sani sono molto variabili anche in funzione della metodologia di analisi. Magnesio Fosfato Nell’organismo il magnesio è contenuto per circa il 55% nello scheletro e per il 30% nel muscolo. L’abbassamento dei livelli sierici è un indice abbastanza precoce di deplezione (34). Tuttavia concentrazioni inferiori a 0,5 mmol/L non si evidenziano finché non si ha la perdita Il fosfato nel siero è presente sia – come anione monovalente (H 2PO4 ) che bivalente (H2PO4=) in un rapporto che varia da 1:1 nell’acidosi a 1:4 a pH 7,4 e 1:9 nell’alcalosi. Circa il 10% è legato a proteine, il 35% è complessa- 91 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 92 Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali Tabella 2 Storia naturale della carenza di ferro e indicatori dello stato di nutrizione. (da Hercberg S et al., 1991) PERIODO PRE-PATOGENETICO Rischio di carenza di ferro Ampiezza riserve di ferro corporee apporto di ferro assorbimento di ferro riserve di ferro corporee perdite di ferro esaurimento delle riserve richieste di ferro • ferro midollo osseo • indagini nutrizionali • ferro epatico • studi sullo stato di salute • diluizione isotopica • studi sui fattori ambientali • ferritina sierica * TIBC = total iron binding capacity del 25% del magnesio intracellulare. Poiché la conservazione renale gioca un ruolo importante nell’omeostasi di tale elemento, l’escrezione urinaria è anche un indice utile per valutarne la carenza. La determinazione del magnesio nel siero e nelle urine viene effettuata generalmente per spettrofotometria ad assorbimento atomico o mediante metodi colorimetrici. Intervalli di normalità del magnesio: nel siero nelle urine 0,6-1,1 mmol/L (1) 3,0-5,0 mmol/die (6) Ferro Uno degli elementi minerali di cui è più facile riscontrare carenza anche nelle popolazioni occidentali è il ferro. La carenza nutrizionale di ferro compare quando le richieste non sono soddisfat- 92 TIBC * 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 93 A. Daghetta, M. Porrini, G. Testolin PERIODO DI PATOGENESI Adeguatezza rifornimento di ferro al midollo ANEMIA alterazioni fisiologiche e metaboliche anemia biochimica • ferro sierico * • saturazione transferrina • protoporfirina eritrocitaria indici globuli rossi sintomi • emoglobina • segni clinici • ematocrito • dati morbidità te dalla dieta e/o quando c’è un incremento nella perdita di ferro dall’organismo. Il corpo umano reagisce a questo scompenso richiamando il ferro dalle proprie riserve e incrementandone l’assorbimento. Se non viene ripristinata una assunzione adeguata si ha un esaurimento delle riserve e, di conseguenza, una alterazione delle funzioni metaboliche che coinvolgono i composti del ferro. morte La carenza di ferro si instaura in genere gradualmente, secondo una progressione riportata nella Tabella 2 (35). Lo stato di nutrizione del ferro può essere quindi accertato a livelli diversi: – livello pre-patogenetico: accertamento del rischio di carenza; – livello patogenetico: a. accertamento delle riserve di ferro; b. accertamento dell’adeguatezza dei rifornimenti di ferro 93 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 94 Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali al midollo; c. accertamento del grado di anemia. Livello pre-patogenetico: a questo livello si possono ottenere informazioni sul rischio di carenza tramite le indagini nutrizionali che permettono di ricavare informazioni sull’assunzione di ferro, sia per quanto riguarda la quantità e qualità (Fe-eme e non-eme) che la presenza di inibitori dell’assorbimento (tè, caffè, ecc.); tramite la valutazione dello stato di salute, per evidenziare condizioni fisiologiche a rischio (es. gravidanza, allattamento) o patologiche (parassitosi, emorragie croniche, ecc.). Livello patogenetico: a questo livello si può effettuare: a. accertamento delle riserve di ferro. I metodi utilizzati sono la determinazione del contenuto di ferro nel midollo osseo e nel fegato, la diluizione isotopica, e la valutazione della ferritina sierica (35). I primi sono metodi complessi, che hanno più significato sperimentale che applicativo, e per la cui trattazione si rimanda a testi specializzati. In breve, le riserve di Fe reticoloendoteliale possono essere stimate dalla valutazione istologica dell’emosiderina contenuta nel midollo osseo. È anche possibile valutare la concentrazione di Fe nel fegato mediante l’esame di biopsie epati- che. Poiché il fegato contiene 1/3 dei depositi totali di Fe corporeo, è l’organo di elezione per questa valutazione. La tecnica della diluizione isotopica viene effettuata iniettando piccole quantità di 55Fe nel plasma per marcare l’emoglobina dei globuli rossi circolanti. Durante la fagocitosi dei globuli rossi da parte del sistema reticoloendoteliale il 55Fe si mescola con il Fe dei tessuti, e ciò determina un calo dell’attività specifica del Fe nell’emoglobina. Dopo il completo mescolamento si può calcolare il Fe totale miscibile nei tessuti. Un metodo più facilmente applicabile anche nella pratica quotidiana è la determinazione della ferritina del siero. Normalmente solo circa l’1% del Fe plasmatico è contenuto nella ferritina. La ferritina plasmatica è però in equilibrio con i depositi dell’organismo, e i suoi livelli riflettono accuratamente le variazioni nella quantità di Fe del corpo. La concentrazione di ferritina nel plasma cala molto precocemente durante lo sviluppo della carenza di Fe, molto prima che si verifichino cambiamenti nella concentrazione dell’emoglobina, nella dimensione dei globuli rossi o nella concentrazione di Fe sierico. Quindi la valutazione della concentrazione della ferritina sierica può essere considerata un indicatore molto sensibile della ca- 94 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 95 A. Daghetta, M. Porrini, G. Testolin renza di Fe. I metodi di dosaggio utilizzati sono l’analisi immunoradiometrica (IRMA) che utilizza anticorpi radiomarcati, l’analisi radio immunologica (RIA) che utilizza antigeni radiomarcati e i saggi immunoenzimatici quali l’ELISA (Enzyme Linked ImmunoSorbent Assay) che non necessitano di radioisotopi. Ci sono comunque situazioni patologiche in cui la concentrazione di ferritina aumenta, quali infezioni croniche, disordini infiammatori cronici (artrite reumatoide, malattie renali) e forme tumorali. In pazienti che hanno una di queste patologie associata a carenza di Fe, la concentrazione di ferritina risulta molto spesso normale. Aumenti della concentrazione di ferritina si hanno nell’epatite virale o altre patologie epatiche come risultato del rilascio della ferritina dalle cellule danneggiate del fegato. I valori di ferritina circolante normali sono 15-120 µg/L nella donna e 20200 µg/L nell’uomo (6); valori al di sotto di 10-20 µg/L indicano un virtuale esaurimento dei depositi di ferro. b. accertamento dell’adeguatezza dei rifornimenti di ferro al midollo. Viene effettuato dosando il Fe sierico. Col termine Fe sierico ci si riferisce al Fe legato alla sua specifica proteina di trasporto: la transferrina. La transferrina può essere determinata con metodi immunologici (36). Poiché normalmente solo un terzo dei siti di legame della transferrina per il Fe sono occupati dal Fe(III), è anche possibile determinare la concentrazione massima di Fe che può essere legata, esprimendola come capacità totale di legare il ferro (TIBC) (36). I metodi per determinare la TIBC sono quelli in cui viene aggiunto al campione una quantità di Fe in eccesso rispetto alla capacità legante della transferrina. La stima del Fe viene poi effettuata con metodi colorimetrici o mediante spettrofotometria ad assorbimento atomico, dopo aver rimosso il Fe in eccesso. Le variabili indici del trasporto di Fe generalmente rimangono costanti fino a che i depositi sono completamente esauriti. Solo la TIBC può iniziare ad aumentare quando i depositi iniziano ad esaurirsi, tuttavia è meno sensibile ai cambiamenti dell’entità dei depositi di Fe della ferritina sierica. La transferrina e la TIBC, quindi, non sono di grande utilità per la valutazione della carenza di Fe; sono utili invece per effettuare uno screening di malattie da sovraccarico cronico di Fe e per confermare e monitorare l’avvelenamento acuto da Fe nei bambini (6). Un’altra determinazione per valutare l’adeguatezza del rifornimento al mi- 95 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 96 Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali Altro indicatore è l’ematocrito (PCV), che è una misura del rapporto del volume occupato dai globuli rossi rispetto al volume del sangue intero in un campione di sangue capillare o venoso. Il rapporto è determinato dopo centrifugazione, viene espresso come frazione decimale ed è una sicura e rapida misura del grado di anemia. Anche le caratteristiche morfologiche dei globuli rossi forniscono informazioni sulla severità dell’anemia. Gli indici più utilizzati sono: il volume corpuscolare medio (MCV) e l’emoglobina corpuscolare media (MCH). Bassi valori di MCV (< 85 fl negli adulti) associati a bassi valori di MCH (< 27 pg/cellula) sono indici di una inibita sintesi dell’emoglobina dovuta ad una diminuzione dell’approvvigionamento di Fe al midollo osseo. Esistono valori di riferimento diversi in funzione dell’età (38). L’MCV viene misurato direttamente con un contatore elettronico, mentre l’MCH viene ricavato dividendo la concentrazione di emoglobina per la conta degli eritrociti. Infine, le evidenze più conclusive dell’anemia da carenza di Fe sono l’aumento dell’emoglobina in seguito a terapia orale o parenterale (39) e i sintomi clinici (dispnea, pallore, letargia e, in casi più gravi, disturbi respiratori, cardiovascolari, renali, ecc.). La scelta degli indicatori della carenza di Fe dipenderà dagli dollo è quella della protoporfirina eritrocitaria, che è il complesso che si combina con il Fe per formare l’emoglobina. Una carenza di rifornimento di Fe ai globuli rossi in via di sviluppo danneggia la sintesi di emoglobina e determina l’accumulo di protoporfirina IX nelle cellule circolanti. Generalmente la protoporfirina eritrocitaria aumenta dopo diverse settimane di eritropoiesi Fecarente. Nelle indagini epidemiologiche valori più alti di 700 µg/L di sangue intero o di 3 µg/g di emoglobina indicano che il rifornimento di Fe al midollo è inferiore all’ottimale (37). La concentrazione della protoporfirina eritrocitaria può essere determinata molto rapidamente con tecniche fluorimetriche. c. accertamento del grado di anemia. Uno stadio avanzato di carenza di ferro è associato ad una significativa riduzione dell’emoglobina circolante. Quando il livello di emoglobina è inferiore ai livelli normali indicati per sesso ed età (1) il soggetto è considerato anemico: bambini dai 6 mesi ai 6 anni 11 g/100 ml bambini dai 6 ai 14 anni 12 g/100 ml adulti: uomini 13 g/100 ml adulti: donne 12 g/100 ml donne in gravidanza 11 g/100 ml 96 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 97 A. Daghetta, M. Porrini, G. Testolin obiettivi dell’indagine e dalle caratteristiche del soggetto, oltre che dalla sensibilità e possibilità pratica di analisi della variabile scelta. Una diminuzione dell’emoglobina, dell’ematocrito e/o la comparsa di segni clinici di anemia corrispondono ad uno stadio avanzato di carenza e hanno quindi bassa sensibilità. Indicatori più sensibili sono quelli che valutano la disponibilità di Fe al midollo, quali il Fe sierico, la TIBC e la protoporfirina eritrocitaria. Questi a loro volta sono meno sensibili degli indicatori dell’entità delle riserve di Fe come la ferritina sierica. La deplezione delle riserve di Fe rivela l’inadeguatezza dell’apporto in funzione delle richieste dell’organismo. Quindi la ferritina sierica appare come un buon indicatore per l’accertamento dello stato di nutrizione del Fe. Per semplificare l’interpretazione dei risultati ottenuti con i diversi metodi, nella Tabella 3 sono riassunti i principali fattori confondenti che possono interferire con ciascuno di essi (35). Nella Tabella 4 sono invece riportati i limiti di accettabilità delle variabili utilizzate per valutare lo stato di nutrizione del Fe (35). come indice dello stato di nutrizione del minerale. I livelli possono venire ridotti nel corso di infezioni, in situazioni di stress, durante l’assunzione di contraccettivi orali come pure durante la gravidanza. Tra i tessuti i leucociti sono considerati i più validi allo scopo (40), dal momento che hanno un turnover piuttosto rapido e quindi possono rispondere alla carenza di zinco più velocemente di altri tessuti. L’analisi dei livelli nei globuli bianchi è di più facile interpretazione rispetto all’analisi dell’intera frazione leucocitaria, dal momento che cellule diverse hanno contenuto diverso di zinco e diversa emivita. Ciò comporta però la separazione delle diverse frazioni leucocitarie e rende quindi il metodo di più complessa applicabilità. Negli studi epidemiologici viene anche effettuato il dosaggio dello zinco, come pure di altri elementi minerali, nei capelli. Tuttavia questo metodo sembra di scarsa applicabilità per il singolo individuo, anche in funzione del fatto che il contenuto in oligoelementi dei capelli dipende molto dalla loro velocità di crescita. Periodi anche brevi di carenza proteica posso influenzare la morfologia del bulbo: nella grave malnutrizione, per esempio, una grande quantità di capelli si trova in uno stato di crescita stazionaria, per cui la velocità di crescita dei Zinco La concentrazione dello zinco nel plasma viene comunemente utilizzata 97 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 98 Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali Tabella 3 Fattori che interferiscono nell’interpretazione delle variabili indici dello stato del ferro. (da Hercberg S. et al., 1991) Falsi negativi Falsi positivi Sindromi infiammatorie Infezioni Ferritina sierica Malattie epatiche Tumori maligni Leucemia acuta Artrite reumatoide Ferro sierico TIBC Alcolismo cronico Sindromi infiammatorie Uso di contraccettivi orali Infezioni Carenza di folati e vit. B12 Carenza di acido ascorbico Emoglobinopatie con emolisi cronica Malattie croniche della pelle Epatiti virali acute Artrite reumatoide Leucemia acuta Infarto acuto al miocardio Carenza di piridossina Traumi fisici Malnutrizione proteica Uso di contraccettivi orali Infezioni croniche Gravidanza Cirrosi alcolica Epatite virale acuta Tumori maligni Sindrome nefrosica Enteropatia Sindromi infiammatorie Protoporfirina eritrocitaria Volume cellulare medio Infezioni Avvelenamento da piombo Carenza di folati e vit. B12 Talassemia Malattie croniche Carenza di folati e vit. B12 Emoglobinopatie Emoglobina Parassitosi Infezioni croniche 98 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 99 A. Daghetta, M. Porrini, G. Testolin Tabella 4 Limiti di accettabilità per le variabili utilizzate nella valutazione dello stato di nutrizione del ferro. (da Hercberg S. et al., 1991) Emoglobina Accettabilità 0,5-10 anni < 110 g/l 11-15 anni – uomini < 120 g/l – donne < 115 g/l > 15 anni – uomini < 130 g/l – donne < 120 g/l – gravidanza < 110 g/l Ematocrito 0,5-4 anni < 32% 5-10 anni 11-15 anni > 15 anni < 33% – uomini < 35% – donne < 34% – uomini < 40% – donne < 36% Ferro sierico < 60 µg/dl TIBC > 400 µg/dl Saturazione della transferrina 0,5-4 anni < 0,12 5-10 anni < 0,14 > 10 anni < 0,16 Protoporfirina eritrocitaria 0,5-4 anni > 80 µg/dl RBC > 4 anni > 70 µg/dl RBC 0,5-15 anni < 10 µg/l > 15 anni < 12 µg/l Ferritina sierica 99 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 100 Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali capelli è minore della velocità di deposizione dello zinco, la cui concentrazione può risultare quindi normale o addirittura aumentata. Infine anche la valutazione dell’attività della fosfatasi alcalina, che è un metallo-enzima zinco dipendente, può dare utili informazioni sullo stato nutrizionale dello zinco (41). Poiché tale attività è soggetta a numerose influenze fisiologiche e i suoi livelli aumentano in seguito ad accrescimento rapido, le migliori indicazioni si ottengono valutando le variazioni di attività in seguito alla supplementazione di zinco. Intervallo di normalità nel plasma: 9-22 µmol/L (1). Per i leucociti non esistono ancora intervalli di normalità comunemente accettati, per cui si consiglia che ciascun laboratorio si determini i propri. di Menkes). In alternativa è possibile dosare i livelli di ceruloplasmina, proteina deputata al trasporto della quasi totalità del rame presente nel plasma. Anche i livelli di ceruplasmina risultano aumentati in alcune condizioni, come stress, esercizio intenso, gravidanza, somministrazione di estrogeni, infezioni, traumi, ostruzione delle vie biliari; sono invece ridotti in condizioni di malnutrizione, nefrosi e malattie epatiche (1). Intervallo di normalità: – Cu plasmatico: 10-22 µmol/L (1). – Ceruloplasmina plasmatica: 18-45 mg/dL, i valori dovrebbero però essere verificati in ciascun laboratorio (6). Selenio Il selenio (Se) è un elemento minerale per il quale è stato mostrato molto interesse recentemente, a causa della sua importante attività antiossidante cellulare. Lo stato nutrizionale del Se può essere determinato dosando i suoi livelli nel plasma (mediante spettrofotometria ad assorbimento atomico) o dosando l’attività della glutatione perossidasi-Se dipendente (GSHPx) nel sangue (42). I livelli di Se nel plasma sono comunemente utilizzati come indice dello sta- Rame Anche per il rame i livelli plasmatici vengono normalmente utilizzati per la valutazione dello stato nutrizionale. I limiti osservati sono dovuti al fatto che i livelli aumentano in condizioni di stress, assunzione di contraccettivi orali, malattie epatiche e infezioni. I livelli risultano poi bassi in alcune malattie metaboliche congenite (malattia di Wilson, sindrome 100 102/95 cap. 4 29-05-2002 10:25 Pagina 101 A. Daghetta, M. Porrini, G. Testolin to di nutrizione, tuttavia sono influenzati da diversi fattori, specialmente di origine dietetica. In condizioni di bassi livelli di Se, ad esempio, un incremento nell’assunzione con la dieta nei giorni immediatamente precedenti il dosaggio è in grado di influenzarne apprezzabilmente i livelli: il dato così ottenuto non è quindi rappresentativo del reale stato dell’organismo, dal momento che il Se non è ancora stato utilizzato nei meccanismi biologici. L’attività della GSHPx nel sangue risulta un buon indice dello stato nutrizionale; in particolare l’attività plasmatica è indice dello stato nutrizionale a breve termine, mentre quella eritrocitaria è indice dello stato a lungo termine e meno sensibile alle fluttuazioni dell’apporto di Se con la dieta. Ciò dipende dal fatto che la GSHPx viene sintetizzata nel globulo rosso al momento dell’eritropoiesi, per cui le sue variazioni dipendono dalla vita del globulo rosso (circa 120 giorni). L’intervallo di normalità è specifico per ciascuna popolazione in funzione delle caratteristiche della dieta. In gruppi di popolazione italiana (42) il livello medio di Se è risultato: 110 µg/L plasma, 99 µg/l eritrociti. In un gruppo di popolazione bel(43) l’attività media della GSHPx eriga trocitaria è risultata: 48 UI/g Hb. BIBLIOGRAFIA 1. Fidanza F (ed.) Nutritional Status Assessment – A manual for population studies. Chapman & Hall, Great Britain 1991. 2. 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Articoleremo dunque questo argomento su due piani: dapprima riassumendo quali alterazioni del sistema immunitario si registrano nei soggetti malnutriti, poi indicando quali test immunologici possono essere utili nella valutazione dello stato nutrizionale. La risposta immunitaria legata ai linfociti B (risposta umorale) è solitamente poco compromessa in corso di malnutrizione. Il numero di linfociti B circolanti viene riportato normale od aumentato dalla maggior parte degli Immunità e malnutrizione La relazione tra alterazione della funzione immunitaria e deficit nutrizionale è ben documentata da una amplissima messe di dati in letteratura. Accanto a numerosi studi sperimentali, vi sono i dati clinici osservati nei paesi del Terzo Mondo ove Kwashiorkor e marasma costituiscono a tutt’oggi delle condizioni purtroppo molto frequenti e ove è nota l’associazione tra questi severi deficit nutrizionali e la mortalità legata alle infezioni (1-4). Il problema clinico del deficit immunitario legato ad una carenza dello stato nutrizionale non deve peraltro essere considerato una esclusiva prerogativa dei paesi poveri. Una malnutrizione calorico-proteica secondaria a diverse patologie (es. fibrosi cistica, tumori, malassorbimento, tireotossicosi, anoressia nervosa, bulimia, ecc.) può in ogni caso determinare una alterazione delle difese 105 102/95 cap. 5 29-05-2002 10:24 Pagina 106 Test immunologici e funzionali nella valutazione dello stato nutrizionale Autori (5, 6), benché sia segnalata la possibilità di un deficit nei pazienti con gradi estremi di malnutrizione (7). Il numero normale od elevato di linfociti B è considerato conseguente all’aumentata esposizione a vari agenti infettanti verso i quali il soggetto non è più in grado di “montare” una adeguata risposta immune per il “crollo” del compartimento dei T-linfociti. Suskind et al, per primi, hanno ipotizzato che il calo dei linfociti T suppressor possa essere alla base della proliferazione dei linfociti B e di una incontrollata, non specifica produzione anticorpale (8). Le immunoglobuline sieriche, analogamente a quanto osservato per i linfociti B, sono generalmente normali o elevate (9,10) e solo molto raramente ridotte (11). La Tabella 1 mostra i dati rilevati in un recente studio condotto in soggetti con bulimia nervosa; questa patologia psichiatrica è caratterizzata da un iperconsumo di cibo, seguito immediatamente dopo da vomito provocato. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, pertanto, i soggetti affetti da bulimia sono molto spesso sottopeso, piuttosto che in eccedenza ponderale. Lo studio che riportiamo si riferisce, infatti, a pazienti bulimici che presentavano un BMI significativamente inferiore a quello del gruppo di controllo (12); si può osservare come i linfociti CD20 (linfociti B) siano significativamente più numerosi nei soggetti bulimici che nei controlli, mentre non si osservano differenze nei livelli di IgG, IgM e IgA. La classe di immunoglobuline che più frequentemente presenta livelli sierici elevati è quella delle IgE; ciò è probabilmente legato alla frequenza di infezioni da parassiti nei pazienti malnutriti. Un recente studio su bambini guatemalesi in età scolare ha infatti evidenziato una notevole frequenza di infezioni recidivanti da Ascaris lumbricoides, Trichiuris trichiura e Giardia lamblia; tali infezioni interessavano dal 15 al 25% della popolazione in esame (13). Va però sottolineato che in questi pazienti le reazioni anafilattiche di tipo I, legate all’attivazione delle IgE, sono assenti verosimilmente per la consistente riduzione dei mastociti che sono essenziali per questo fenomeno. Alla produzione di immunoglobuline ed alla risposta anticorpale è legata anche la ridotta efficacia della pratica vaccinale nei pazienti malnutriti. È noto infatti che mentre alcuni antigeni sono in grado di determinare una valida immunizzazione (poliovirus, tossina tetanica e difterica, ecc.) altre non stimolano la risposta anticorpale (virus influenzale, tifo, ecc.) (14). 106 102/95 cap. 5 29-05-2002 10:24 Pagina 107 A. Carroccio, G. Montalto, A. Notarbartolo 1,5 1,0 0,5 0 TT ........................................... Stimolazione primaria della produzione di IgG antitossina tetanica in ratti con deficit di vitamina A e in ratti con normali livelli di vitamina A. Anti-TT IgG (mg/L) Figura 1 * p < 0,05 * A-def È molto probabile che la risposta immune sia valida nei casi che non richiedono la cooperazione tra linfociti B e linfociti T, mentre quando l’interazione con i T-linfociti è necessaria si abbia una ridotta o assente produzione di anticorpi. Un ruolo molto importante nel determinare la risposta vaccinale pare sia svolto dalla vitamina A (15). La Figura 1 mostra i dati sperimentali su ratto ottenuti utilizzando la tossina tetanica (16). Si può notare che nei ratti con deficit di retinolo la risposta anticorpale è significativamente inferiore a quella de- A-suf gli animali con normali livelli vitaminici. Solitamente lo stato di malnutrizione si associa anche ad un deficit delle IgA secretorie (17); anche in questo caso pare determinante un deficit di vitamina A (18). La ridotta produzione di IgA può essere associata a diarrea e gastroenterite e dunque ad un danno dei villi intestinali con conseguente ulteriore riduzione della sintesi di IgA secretorie. L’instaurarsi di un circolo vizioso finisce dunque per aggravare il deficit nutrizionale e di conseguenza l’incompetenza immunologica. 107 102/95 cap. 5 29-05-2002 10:24 Pagina 108 Test immunologici e funzionali nella valutazione dello stato nutrizionale Tabella 1 Controlli Immunità umorale e complementemia in soggetti con bulimia sottopeso e nei controlli. Pazienti Linfociti B (1) 0,12 ± 0,05 0,39 ± 0,25 * IgG (g/l) 12,28 ± 2,39 11,41 ± 2,74 IgA (g/l) 1,73 ± 0,66 1,54 ± 0,85 IgM (g/l) 1,59 ± 0,52 1,11 ± 0,75 C3 (g/l) 1,17 ± 0,10 0,89 ± 0,12 * C4 (g/l) 0,44 ± 0,76 0,35 ± 0,10 * * p < 0,05 (v. bibl. 12) Smythe et al hanno riportato per primi una ridotta attività emolitica nel siero di pazienti con malnutrizione proteicocalorica (19). Un deficit dei fattori del complemento è stato successivamente confermato da molti Autori (12, 20, 21) ed è stato generalmente interpretato come secondario all’iperconsumo da attivazione della cascata del complemento, oltre che alla carenza proteica nella dieta (Tab. 1). L’immunità cellulo-mediata è sicuramente quella più compromessa negli stati di malnutrizione. Il grave interessamento del compartimento T-linfocitario è testimoniato dalle alterazioni anatomo-patologiche osservabili a carico del timo nei bambini affetti da severa malnutrizione. Studi autoptici hanno infatti dimostrato la sostituzione del normale tessuto timico con scarso tessuto fibroso o, addirittura, la scomparsa dell’organo. Anche negli stadi precoci di un deficiente apporto proteico (in III-IV giornata) si osservano significative riduzioni del peso e/o della funzione del timo. Una conseguenza della depressione del timo è il notevole calo dei leucociti con una marcata linfopenia; oltre queste variazioni quantitative, si osservano diversi altri fenomeni: la ridotta capacità a blastizzare dei linfociti di fronte ad una stimolazione mitogena, una alta percentuale di “null cells”, la ridotta risposta ai test cutanei (skin test), ecc. L’alterazione degli skin test è stata inizialmente documentata nel corso di prove cutanee con tubercolina in popolazione con elevata prevalenza di infezione tubercolare (22); successivamente il dato è stato confermato utilizzando diversi antigeni, ed il grado di compromissione immunologica è apparso direttamente correlato all’entità del deficit ponderale dei pazienti (23). Si tratta dunque, in questo caso, di un aspetto del problema “malnutrizionealterata risposta immunitaria” che ha 108 102/95 cap. 5 29-05-2002 10:24 Pagina 109 A. Carroccio, G. Montalto, A. Notarbartolo Tabella 2 Controlli Immunità cellulo-mediata in soggetti bulimici sottopeso e in controlli sani. Pazienti Linfociti CD2 (1) 0,79 ± 0,09 0,48 ± 0,14 * (1) 0,41 ± 0,11 0,18 ± 0,09 * Linfociti CD8 (1) 0,26 ± 0,11 0,26 ± 0,14 CD4: CD8 1,56 ± 0,64 0,66 ± 0,29 * Relativa anergia (skin test) % 0 11 Ipoergia (skin test) % 0 33 Scarsa risposta (skin test) % 0 33 Linfociti CD4 * p < 0,05 (v. bibl. 12) malnutrizione (24). La stessa tabella mostra che complessivamente il 77% dei pazienti ha una risposta agli skin test severamente o moderatamente ridotta. Parallelamente a questa alterazione in vivo della funzione T-linfocitaria, si osserva in vitro un ridotto uptake di timidina triziata in linfociti sottoposti a stimolo mitogeno (23, 25). La Tabella 3 mostra gli effetti di un intervento terapeutico nutrizionale in un gruppo di bambini malnutriti, valutati mediante gli skin test e la risposta proliferativa dei linfociti alla fitoemoagglutinina (test di incorporazione della timidina tritiata) (26). Dati discordanti vengono infine riportati per quanto riguarda la risposta chemiotassica e la fagocitosi da parte dei polimorfonucleati e dei macrofagi. In linea generale queste funzioni non sembrerebbero gravemente compromesse (27), anche se viene riportata da alcuni Autori una depressione della capacità una chiara conseguenza pratica. I test cutanei per la diagnosi di tubercolosi (tine test, intradermoreazione di Mantoux) sono ancor oggi ampiamente utilizzati nella pratica clinica, ed inoltre l’incidenza dell’infezione tubercolare appare in chiaro aumento rispetto alle precedenti decadi; è dunque necessario considerare che in soggetti malnutriti, quali spesso sono i pazienti affetti da tubercolosi, i test cutanei possono dare risultati falsi negativi. La Tabella 2 mostra lo stato dell’immunità cellulo-mediata in un gruppo di pazienti con ridotto BMI rispetto ai controlli (12). Si può osservare che vi è una significativa riduzione dei linfociti T CD2 e dei CD4 (T helper), mentre sono immodificati i CD8 (T suppressor); il rapporto fra CD4: CD8 risulta così diminuito. Proprio la riduzione del rapporto fra helper e suppressor è considerata un sensibile indice degli stati subclinici di 109 102/95 cap. 5 29-05-2002 10:24 Pagina 110 Test immunologici e funzionali nella valutazione dello stato nutrizionale Tabella 3 Immunocompetenza in bambini malnutriti all’ingresso in studio e dopo 105 giorni di terapia nutrizionale con una formula lattea ad alto contenuto di zinco. Inizio (%) Dopo terapia (%) Normale risposta di ipersensibilità cutanea 11 42 * Depressa risposta linfoc. alla fitoemoagglutinina 61 17 * Ridotta concentrazione di IgA secretorie 22 22 * p < 0.05 (v. bibl. 26) migratoria dei leucociti (28). A questo proposito è interessante notare che una diminuzione delle cellule natural killer, e della attività fagocitaria, è riportata in soggetti con elevato consumo di acidi grassi polinsaturi (PUFA); si è infatti osservata una correlazione inversa fra numero di cellule NK ed i livelli plasmatici di PUFA (Fig. 2) (29). Questo dato indica come errori dietetici possano determinare una alterazione del sistema immunitario, senza che necessariamente vi sia uno stato di malnutrizione. cellulo-mediata; c. test che valutano il sistema del complemento e l’attività antibatterica. I test che esplorano l’attività umorale, più che basarsi sul dosaggio delle immunoglobuline totali (non significativamente alterate nei pazienti malnutriti), sono incentrati sul dosaggio delle IgA secretorie. Queste immunoglobuline possono essere ricercate nel muco nasale o nel secreto salivare e vengono dosate con dosaggio radioimmunologico (con antisiero per le IgA dimeriche) o con metodo di immunodiffusione radiale su piastra. I test che riguardano l’immunità cellulo-mediata possono consistere nella valutazione del numero dei linfociti circolanti o nella reattività ai test cutanei di inoculazione antigenica. Il numero dei linfociti T risulta tanto più ridotto quanto maggiore è lo stato di denutrizione dei soggetti; valutazioni con anticorpi monoclonali hanno consentito di accertare che ad essere maggiormente compromessa è la popolazione linfocitaria di Test immunologici nella pratica clinica Sulla base di quanto abbiamo sin qui esposto, possiamo raggruppare i test immunologici che valutano lo stato nutrizionale in tre gruppi: a. test che esplorano l’immunità umorale; b. test che esplorano l’immunità 110 102/95 cap. 5 29-05-2002 10:24 Pagina 111 A. Carroccio, G. Montalto, A. Notarbartolo Figura 2 Correlazione fra l’attività delle cellule natural killer e gli acidi grassi polinsaturi (PUFAs), gli acidi grassi n-6 ed i livelli plasmatici di acido linoleico. 111 102/95 cap. 5 29-05-2002 10:24 Pagina 112 Test immunologici e funzionali nella valutazione dello stato nutrizionale T-helper (T4), la cui conta può dunque dimostrarsi un test di maggiore sensibilità. Gli skin test possono essere eseguiti sia mediante inoculazioni multiple di diversi antigeni ubiquitari a livello intradermico (es. tossina tetanica, candidina, streptochinasi, ecc.) alla dose di 0,1 cc nella faccia volare dell’avambraccio, sia mediante l’uso di multitest con applicatori multipuntura che consentono l’inoculazione di sette antigeni e di un controllo contemporaneamente. Gli antigeni presenti nei multitest del commercio (multitest IMC-Mariaux-lion) sono: tetano, difterite, streptococco, tubercolina, proteus, tricophyton, candida e glicerina come controllo. La reazione si considera positiva, e dunque il soggetto non immunodepresso, se si osserva un diametro medio per ogni preparato maggiore o uguale di due mm. È da considerare che la specificità di questi test nella valutazione dello stato di nutrizione è estremamente bassa; infatti in moltissime condizioni patologiche (infezioni intercorrenti, cirrosi epatica, insufficienza renale cronica, emorragia, malattia neoplastica, ecc.) si ha una ridotta risposta ai multitest cutanei. Inoltre alcuni farmaci di larghissimo uso nella pratica clinica, quali steroidi, H2-antagonisti, aspirina, ecc. possono alterare il risultato delle intradermoreazioni. Infine la valutazione dell’attività antibatterica può essere fatta con il dosaggio del fattore C3 del complemento e con la valutazione dell’attività fagocitaria. Il C3 è dosabile secondo la tecnica di Mancini, con immunodiffusione radiale. È peraltro da sottolineare come una riduzione dei fattori del complemento si abbia in tutte le patologie caratterizzate da iperattivazione del sistema immunitario: patologie autoimmuni, malattie da ipersensibilità, ecc.; ancora una volta questo test non è certamente specifico degli stati di malnutrizione e va interpretato cautamente. La valutazione dell’attività antibatterica può anche essere eseguita osservando in vitro l’attività dei polimorfonucleati del paziente, messi a contatto con un campione di batteri e/o miceti (solitamente Staphylococcus aureus, E. coli e Candida albicans in rapporto di 5:1 con i fagociti). In condizioni normali i fagociti sono in grado di uccidere in un tempo di 2 ore almeno il 95% dei batteri. In conclusione, riassumiamo nella Tabella 4 il comportamento più frequentemente osservato di alcuni indici immunologici negli stati di malnutrizione, e l’utilità della loro valutazione nella pratica clinica quotidiana. Va osservato che anche per i test la cui utilità è considerata soddisfacente, l’esecuzione dell’esame 112 102/95 cap. 5 29-05-2002 10:24 Pagina 113 A. Carroccio, G. Montalto, A. Notarbartolo Tabella 4 Comportamento più frequentemente osservato di alcuni parametri immunologici negli stati di malnutrizione ed utilità della loro valutazione nella pratica clinica. Test Comportamento Utilità Conta linf. totali Normali o ridotti Scarsa Conta linf. B Normali o aumentati Nessuna Conta linf. T Ridotti Scarsa Conta T-helper Ridotti Buona Conta T-suppressor Normali Nessuna Rapporto help/suppr. Ridotto Buona Intradermoreazioni Ridotte Buona Dos. immunoglob. sier. Normali o aumentate Nessuna Dos. IgA secretorie Ridotte Buona Complementemia (C3, C4) Ridotta Buona Capacità emolitica del siero Ridotta Buona Risposte linfoprolif. alla fitoemoagglut. Ridotta Buona ha il solo scopo di monitorare lo stadio di nutrizione di un paziente in corso di terapia; la già accennata mancanza di specificità delle alterazioni immunologiche osservate grava infatti su tutti i test che abbiamo preso in considerazione. dei livelli di nutrienti nel sangue, nelle urine, nelle feci o nei capelli. Tutti questi indici vanno considerati parametri “statici” dello stato nutrizionale, nel senso che essi fotografano la situazione nutrizionale (globale o di un singolo nutriente) in un dato momento, senza valutare gli effetti che lo stato di nutrizione ha sulla fisiologia di diversi apparati. Proprio quest’ultimo aspetto è invece preso in considerazione dai test funzionali; si tratta infatti di valutare le alterazioni che un determinato deficit di nutrienti determina su alcune funzioni fisiologiche. È evidente che questa valutazione del problema nutrizionale, di tipo “dinamico”, offrirebbe vantaggi significativi. Test funzionali come indice dello stato di nutrizione La valutazione dello stato nutrizionale si può basare su diversi parametri: dalle semplici misure antropometriche, alla stima di alcuni indici ematochimici di routine (albumina sierica, lipidemia, azotemia, calcemia, ecc.) alla misura 113 102/95 cap. 5 29-05-2002 10:24 Pagina 114 Test immunologici e funzionali nella valutazione dello stato nutrizionale Figura 3 Variazioni di frequenza cardiaca sotto sforzo (HRW) vs variazioni nei livelli di emoglobina dopo trattamento con ferro (tondini pieni) e con placebo (tondini vuoti) in soggetti con anemia sideropenica. r = –0,60 p < 0,001 Lo stato di deplezione di un nutriente, depositato in un dato tessuto, non necessariamente infatti corrisponde ad una alterazione funzionale dell’organismo. Una valutazione mediante test funzionali consentirebbe di valutare le reali conseguenze di un deficit nutrizionale. Alcuni dei test funzionali fanno riferimento ai possibili deficit delle funzioni immunologiche cui abbiamo fatto ampio cenno precedentemente (chemiotassi leucocitaria, attività fagocitaria dei leucociti, ipersensibilità cutanea ritardata). Per molti altri va sottolineato che la loro specificità nella diagnostica dello stato di malnutrizione è limitatissima: fragilità capillare, fragilità eritrocitaria, tempo di protrombina, cattura tiroidea del radioiodio, aggregazione piastri- nica, frequenza cardiaca, ecc.; basti pensare che la captazione del radioiodio è di per sé alterata in tutti i pazienti con patologia tiroidea, che il tempo di protrombina è costantemente alterato nelle epatopatie croniche (patologia di grandissima prevalenza nella popolazione generale), che moltissimi farmaci possono alterare l’aggregazione piastrinica (primo fra tutti l’acido acetilsalicilico, di grande consumo). Questa mancanza di specificità dei test imunologici e funzionali dei quali ci siamo occupati non va comunque considerata un limite assoluto alla loro utilizzazione; è infatti comunque utile considerare questi parametri ripetutamente nell’individuo. Questi test possono infatti darci indicazioni circa la risposta individuale di un paziente mal- 114 102/95 cap. 5 29-05-2002 10:24 Pagina 115 A. Carroccio, G. Montalto, A. Notarbartolo Malnutrition and infection. East African studies. J Trop Pediatr, 15:153, 1969. nutrito, all’integrazione terapeutica con nutrienti. Non dobbiamo dunque considerarli ed interpretarli come test di screening, ma come utili strumenti di monitoraggio individuale dello stato nutrizionale. Un esempio della loro utilizzazione può essere fornito da un recente studio condotto su pazienti affetti da anemia sideropenica (30). La Figura 3 mostra la correlazione fra le variazioni di livelli di emoglobina e le variazioni di frequenza cardiaca: si può notare che al crescere dell’emoglobina, dopo terapia marziale, corrisponde un calo della frequenza cardiaca (r = – 0,60); in questo studio, dopo terapia, la frequenza cardiaca dei soggetti scendeva in media di 4,4 battiti al minuto. In ogni caso per la loro complessità questi test vengono eseguiti presso strutture cliniche specialistiche ed è opportuno che l’interpretazione e la valutazione vengano effettuate in stretta collaborazione con gli specialisti nutrizionalisti. 3. Lebenthal E Devastating effects of chronic diarrhea in childhood. In: E. Lebenthal Ed., Chronic diarrhea in children. Raven Press, New York, 1-2, 1984. 4. WHO Persistent diarrhea in children in developing countries: memorandum from a WHO meeting. Bull World Health Organ, 66:709-717, 1988. 5. Kulapongs P, Suskind R, Martz G, Olson RE Malnutrition and the immune response. 1st Edition. 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