N NE EW WS SL LE ET TT TE ER R4 43 3--2 20 01 14 4 Iscriviti QUI alla Newsletter del Biologico…e non solo! (www.eltamiso.it) ______________________________________________ NOTIZIE DALL’EUROPA E DAL MONDO MULTINAZIONALI: TAGLIAMO I TENTACOLI DELLE PIOVRE Immense piovre i cui tentacoli avvolgono, soffocano e stritolano. Le multinazionali hanno interessi ovunque nei settori strategici che condizionano le nostre vite e la nostra salute. Ma oggi più che mai si trovano di fronte ad un avversario forse inatteso: una crescente forza “globale” antagonista che chiede a gran voce che le multinazionali escano di scena laddove sono in gioco diritti umani, risorse primarie, salute e ambiente. «Fuori le multinazionali dalle trattative sul clima» era lo slogan di centinaia di migliaia di persone pochi giorni fa durante le manifestazioni in occasione del vertice che avrebbe dovuto trovare accordi e intese per uscire dall’emergenza clima. Ed è stato lanciato un appello, che tutti possiamo sottoscrivere, per chiedere alle Nazioni Unite di escludere le grandi società soprattutto dell’energia dagli incontri e dalle trattative e di sottrarsi alla loro pesante influenza. Come non prendere atto, infatti, di come e quanto Big Energy stia premendo per fare in modo che non cambi assolutamente nulla dello status quo attuale che continua a far conto sui combustibili fossili alimentando business multimiliardari a spese della salute collettiva e dell’ambiente! Ma in ballo c’è, ad esempio, anche l’acqua. In Italia una grande battaglia è stata condotta dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, ma il governo ha calpestato i risultati del referendum pur di non sottrarre l’oro blu alle multinazionali che hanno trasformato una risorsa primaria diritto di tutti in un bene privatizzato su cui speculare. E le multiutility stanno agendo ovunque, dagli Stati Uniti all’Africa. La crisi globale dell’acqua è già in atto: una persona su quattro nel mondo non ha sufficiente acqua potabile. La Banca Mondiale è una forza potente a sostegno della privatizzazione, contribuisce da decenni a progetti in questo senso, e alcuni li ha finanziati direttamente, come denuncia l’associazione americana Corporate Accountability International. Sta accadendo nell’Africa sub sahariana, nelle Filippine, in Indonesia, in India e in molte altre nazioni. Oggi la Banca Mondiale sta cercando di prrivatizzare l’acqua in una delle più grandi città africane, Lagos, in Nigeria (21 milioni di abitanti), e spera che nessuno se ne accorga; non ha infatti voluto divulgare i dettagli del piano. Chiediamo tutti che scopra le carte, firmiamo l’appello che trovate QUI. Poi il tabacco, le sigarette. I leader mondiali si ritroveranno a Mosca dal 13 al 18 ottobre alla Sesta Conferenza delle Parti sulla Convenzione Quadro dell’OMS per il controllo del tabacco. Forse non sono in tanti a saperlo. «E noi saremo là – spiegano da Corporate Accountability International – per impedire che i rappresentanti delle industrie, ancora una volta, si infiltrino nelle trattative e negli incontri, manipolando i presenti e contrastando le politiche anti-fumo». E, ancora, l’alimentazione: Big Food è un concentrato di potenze dell’industria che apre e stende i suoi tentacoli ovunque. Nei libri di Tecnologia alle scuole medie troviamo la pagina sponsorizzata da McDonald’s che parla di tecnologia alimentare; oppure ancora, il tavolino con i palloncini e i buoni per comprare l’Happy Meal alla scuola materna; per non parlare dell’alleanza con la De Agostini per la pubblicazione di libricini con i quali “insegnare” l’inglese stile junk food. Ma, d’altra parte, è lo stesso Ministero dell’Istruzione a delegare all’industria alimentare l’educazione in questo campo, come se ormai l’unico modello diffondibile fosse quello, appunto, industriale. Basti pensare al programma Il gusto fa scuola promosso da Federalimentare con l’avallo del MIUR - Ministero di Istruzione, Università e Ricerca tramite un protocollo d’intesa firmato dall’allora ministro Francesco Profumo e dal presidente della Federazione italiana dell’industria alimentare Filippo Ferrua Magliani. In tutto sono state coinvolte 77mila scuole, per 1,6 milioni di alunni. Prendiamo dunque spunto dall’associazione americana CAI e scriviamo anche noi alla McDonald e a Federalimentare per ammonirli a restare fuori dalle scuole dei nostri figli. La lista dei settori dove le multinazionali la fanno da padrone sarebbe lunghissimo. Sta anche in noi dire basta, trovare altre strade, fare scelte sostenibili quando acquistiamo, consumiamo, viviamo. Giorno dopo giorno, passo dopo passo, possiamo arrivare a cambiare strade, percorsi, situazioni. Dobbiamo solo diventare consapevoli della grande forza che possiamo avere per cambiare il mondo con le nostre scelte. (da Il Cambiamento – ottobre 2014) I BEBÈ SI VERGOGNERANNO DI NOI Il problema non è quasi mai nel “che cosa”, ma quasi sempre nel “come”. La regola trova conferma nel nuovo bonus bebè, l’ultima mirabolante perla del premier Matteo Renzi. L’idea di base è più che condivisibile: lo Stato aiuta le famiglie con meno possibilità a sostenere le spese extra che la nascita di un figlio comporta. Sacrosanto. Peccato che, per com’è stato concepito, il bonus rischi di trasformarsi in un folle e iniquo sperpero di denaro pubblico, buono forse per far recuperare qualche punto nei sondaggi al giovanotto in camicia bianca, magari anche per risarcire la Chiesa Cattolica di un’eventuale legge su gay e diritti civili, ma non certo per ridistribuire ricchezza e aiutare chi più avrebbe bisogno. "Dal primo gennaio del 2015 - ha detto Renzi domenica sera - daremo gli 80 euro anche a tutte le mamme che fanno un figlio, per i primi tre anni. Si tratta del mezzo miliardo destinato alle famiglie" nella legge di Stabilità. Che l’obiettivo sia d’immagine è confermato dalla sede in cui il Presidente del Consiglio ha scelto di annunciare l’intervento. Nonostante pochi giorni prima si trovasse a Palazzo Chigi per illustrare la legge di Stabilità davanti a una platea di giornalisti professionisti, il capo del Governo ha dato l’annuncio del bonus bebè dal salottino di Barbara D’Urso su Canale 5. La signora, che pure si definisce “giornalista” ogni volta che può, ha passato il tempo a sorridere, ad appellare il Premier con un confidenziale “Matteo”, a farsi con lui selfie che risulterebbero imbarazzanti anche in un film per teenager. i domande vere, ovviamente, nemmeno l’ombra. La signora D’Urso avrebbe potuto chiedere conto, ad esempio, della platea a cui s’intende concedere il bonus, ovvero tutte le famiglie con un reddito annuo lordo fino a 90mila euro. Una folla oceanica di persone che comprende anche parte della classe medio-alta. “E’ mai possibile, caro Matteo - avrebbe potuto dire Barbara - che in un Paese dove mancano le risorse per aiutare i poveri si trovi il modo di dare soldi a chi può permettersi due automobili?”. Già, perché ancora una volta rimangono sullo sfondo i cosiddetti incapienti, ovvero le persone che guadagnando meno di 8mila euro l’anno, non pagano l’Irpef e perciò sono escluse dal bonus di 80 euro introdotto la scorsa primavera. A quel tempo Renzi aveva promesso che il Governo avrebbe fatto qualcosa anche per loro, ma ora che ha 500 milioni di euro da spendere decide d’includere fra i beneficiari anche gli abbienti. Non solo. L’importo è uguale (80 euro) e al Premier fa comodo alimentare la confusione (“daremo gli 80 euro anche a tutte le mamme”), ma i soldi del bonus Irpef e quelli del bonus bebè sono due aiuti distinti e - udite e udite - addirittura cumulabili. Chi guadagna 1.500 euro netti al mese e fa un figlio intascherà un doppio sostegno da parte dello Stato. Chi invece non guadagna abbastanza per vivere, ma è abbastanza coraggioso da fare un figlio, avrà diritto solo agli 80 euro del bonus bebè. Insomma, si dà di più a chi ha di più e di meno a chi ha di meno. “Non ritiene, Presidente, che destinare quei 500 milioni soltanto ai poveri avrebbe ridotto un po’ la crisi sociale del Paese? - avrebbe potuto chiedere Barbara -. Non pensa che sarebbe meglio intervenire per ridurre gli squilibri invece che per aumentarli?”. Nella distribuzione delle risorse che ha a disposizione, il Governo continua a violare ogni principio di giustizia sociale e di progressività. Il bonus bebè pone un limite di reddito entro il quale non sono previste distinzioni: che si guadagnino 90mila o 10mila euro l’anno, il bonus è sempre da 80 euro. Lo stesso difetto grava anche sul bonus Irpef, ma in quel caso il tetto di reddito lordo annuo oltre il quale non si ha più diritto al benefit è di 26mila euro. Non 90mila. L’assurdità della soglia per il bonus bebè emerge anche da confronto con la situazione attuale. Oggi il benefit legato ai figli funziona in modo diverso e sono le Regioni a stabilire il reddito-limite: nel Lazio, ad esempio, è di 20 mila euro a famiglia, mentre in Sicilia è addirittura di 5mila. Non 90mila. Bisogna poi tenere presente il peso che la nuova misura avrà sulle casse pubbliche. Stando alle statistiche, i 500 milioni di euro saranno sufficienti per coprire il bonus bebè nel 2015. L'anno successivo, però, il conto raddoppierà, perché avranno diritto al benefit le neomamme del 2015 e del 2016. La stessa logica porterà i costi a triplicare nel 2017 fino a quota 1,5 miliardi, che dovrebbe rappresentare l'uscita costante dal 2018 in poi. Non sono pochi soldi, soprattutto per chi imposta la legge di Stabilità quasi esclusivamente su aumento del deficit e tagli agli enti locali. Ricordiamo poi che la manovra prevede anche una mortifera clausola di salvaguardia: se non si riuscirà a raggiungere l'obiettivo di medio termine (leggi pareggio di bilancio) scatteranno aumenti automatici dell’IVA e delle altre imposte indirette per 12,4 miliardi di euro nel 2016, 17,8 miliardi nel 2017 e ben 21,4 miliardi nel 2018. "In queste condizioni, si sentiva proprio il bisogno di regalare 80 euro a chi ogni mese ne guadagna 4mila?", avrebbe potuto chiedere Barbara. Ma la signora sapeva che Matteo era lì proprio per non rispondere. (scritto da Antonio Rei su Altrenotizie – ottobre 2014) LA CAMPAGNA “MISERIA LADRA” Libera e il Gruppo Abele hanno promosso, con un dossier, la campagna “Miseria Ladra”. Una campagna nazionale contro tutte le forme di povertà: con dieci proposte concrete che da subito possono rispondere alla crisi economica e sociale, rafforzare la partecipazione e rivitalizzare la nostra democrazia. “Miseria Ladra” è cantiere aperto a tutte le associazioni del volontariato, ambientaliste, alle cooperative del sociale per “chiamare” e “convocare” alla mobilitazione su un problema che oggi tocca più tragicamente e in misura crescente alcune fasce sociali, ma domani potrebbe riguardare molti altri. Vogliamo uscire dalla crisi tutti e tutte insieme, con una visione e delle proposte concrete che sappiano difendere l’interesse generale, restituendo speranza nel futuro. Condividi e diffondi la campagna con questi semplici strumenti. QUI TROVATE I DOCUMENTI DA SCARICARE La crisi per molti è una condanna, per altri è una occasione. Le mafie hanno trovato inedite sponde nella società dell’io, nel suo diffuso analfabetismo etico. Oggi sono sempre più evidenti i favori indiretti alle mafie, mafie che sono forti in una società diseguale e culturalmente depressa e con una politica debole. Il dossier “Miseria Ladra”, presentato a fine giugno a Senigallia, raccoglie numeri e storie che rivelano un Paese fragile, povero, segnato dalla disoccupazione e dalla disuguaglianza sociale. SCARICA QUI IL DOSSIER (importante, da leggere) CAMPAGNA CONTRO I 2 TRATTATI TRANSATLANTICI: TTIP e CETA Questi trattati transatlantici toccano questioni ambientali e alimentari di primaria importanza, che convolgono direttamente la nostra vita e la nostra salute: l'uso di prodotti chicmici tossici, la liberalizzazione dei transgenici, la privatizzazione dei beni comuni, come l'acqua, l'estrazione del gas di scisto attraverso il fracking, l'importazione dagli USA di pollame disinfettato con candeggina, ed altro. Ad oggi, le negoziazioni per introdurre questi trattati commerciali dell'Unione Europea con gli Stati Uniti (TTIP - Transatlantic Trade and Investment Partnership/Partenariato Transatlantico su Commercio e Investimenti, chiamato anche TAFTA, cioè Transatlantic Free Trade Agreement/Accordo di libero scambio transatlantico) viene negoziato tra USA e Unione Europea dal luglio 2013) e il Canada (CETA - Comprehensive Economic Trade Agreement/Accordo economico e commerciale comprensivo, è stato già negoziato tra Unione europea e Canada e sta per essere finalizzato) e le relative clausole di Controversia tra Investitori e Stato (ISDS) sono avvenute senza trasparenza, e non c'è stato alcun tipo di apertura per discutere questo con i cittadini. (NOTA: per avere una visione più ampia su questi accordi, guardiamo anche cos’è il TISA - Trade in Services Agreement/Accordo sul commercio dei servizi; è in trattativa tra 50 Paesi, compresa l’Unione Europea). Le clausole permettono che le dispute commerciali tra USA, Canada e i Paesi dell’Unione Europea si risolvano in corti internazionali, di dubbia trasparenza, anziché in tribunali nazionali o europei. Le multinazionali potranno richiedere risarcimenti ai paesi membri che impediscono le loro attività. La sovranità e i diritti dei cittadini dei paesi membri, e anche di Stati Uniti, Canada e del resto del mondo, sarà seriamente limitata. I trattati beneficiano le grandi multinazionali, ma pregiudicano le popolazioni. Per questo, ci uniamo alle proteste di numerose di organizzazioni di tutta Europa, diffondendo questa petizione all'Unione Europea, in copia al governo tedesco ed altri governi che hanno un ruolo importante nelle decisioni. ADERISCI QUI (dalla Newsletter de La Terra e Il Cielo – ottobre 2014) OGM, ANTIBIOTICI E FALSI CIBI: L'AGROALIMENTARE USA INVADERÀ LE TAVOLE ITALIANE? OGM, antibiotici e falsi cibi provenienti dagli USA rischiano di invadere le tavole italiane? Ecco l'argomento centrale della puntata di Report di domenica 19 ottobre: il TTIP, cioè il Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti tra Europa e Stati Uniti. Le discussioni sul trattato sono segrete. Sono stati rivelati solo i principi generali. Pare che l'accordo commerciale tra Europa e Stati Uniti potrebbe portare alla nascita di 140 mila nuovi posti in Italia, ma quali saranno le conseguenze per i cittadini e i consumatori, anche semplicemente nel fare la spesa? Pare che oggi si discuta del TTIP perché i Paesi europei si trovano in crisi nera, dunque sarebbero disposti ad accettare qualsiasi accordo, anche con conseguenze negative per i consumatori, pur di migliorare la propria condizione economica. Le etichette alimentari della carne venduta negli Usa non danno informazioni su quei trattamenti per la somministrazione di antibiotici e ormoni per la crescita permessi Oltreoceano ma vietati in Europa. Sulla carne importata dagli Usa potrebbe apparire la dicitura "Carne di alta qualità", quando in Europa non lo si può segnalare nemmeno per i prodotti a denominazione di origine protetta. I consumatori non vogliono etichette poco chiare o addirittura ingannevoli. Favorire importazioni e esportazioni potrebbe cambiare le regole e mettere in pericolo la sicurezza dei consumatori, soprattutto a causa della spinta delle lobby e delle aziende con i maggiori interessi economici. L'agribusiness in materia di TTIP sarebbe la lobby più potente. Gli Stati Uniti vogliono vendere in Europa i propri prodotti come tali, così come vengono venduti sul proprio territorio, senza indicare, ad esempio, la presenza di OGM, che in Europa è vietata. Negli Usa tutto il bestiame viene allevato con ormoni e sostanze promotrici di una crescita rapida mentre gran parte dell'agricoltura è OGM. Il modello di cibo e qualità degli Usa sta già danneggiando la popolazione locale, perché l'Italia dovrebbe acconsentire l'introduzione di prodotti potenzialmente dannosi per la salute dei consumatori? Negli Usa prosegue la lotta contro l'etichettatura OGM da parte delle multinazionali, poiché se i prodotti riporteranno una dicitura che indichi la presenza di OGM di sicuro i consumatori non li acquisteranno, né negli Stati Uniti, né in Europa. Un americano su sei si intossica a causa del cibo e per questo 3000 persone muoiono ogni anno. Le etichette della carne a stelle e strisce non sono per nulla trasparenti e la scarsa qualità del cibo sta provocando una vera e propria epidemia di malattie, come obesità e diabete, nella popolazione. L'aspettativa di vita italiana è superiore di 4 anni rispetto a quella americana, apprendiamo da Report. Per non parlare delle imitazioni del cibo italiano in vendita negli Stati Uniti. Si tratta di prodotti che non hanno nulla a che vedere con ciò che troviamo in vendita nei nostri supermercati né, tantomeno, con il cibo che prepariamo in casa in Italia. Pare che né la carne lavata con la clorina negli Usa né gli OGM verranno introdotti in Italia e in Europa. Ma chi ce lo potrà assicurare? Il servizio di Report mostra inoltre le prove raccolte dal Rodale Institute sui danni causati dagli OGM all'agricoltura. La coltivazione di mais, soia e frumento OGM danno la stessa resa rispetto alle coltivazioni convenzionali e portano comunque alla diffusione di piante infestanti e di conseguenza ad un aumento dell'impiego dei diserbanti. Vogliamo forse alimentare il fatturato dell'industria biotech acquistando prodotti agricoli OGM dagli Usa? Cosa succederà alla nostra economia locale e che ne sarà del lavoro di conservazione della biodiversità degli agricoltori rurali italiani? Guarda QUI l’interessante puntata di Report sul trattato TTIP. Leggi anche: • TTIP: l’agribusiness é la lobby più potente • Antibiotici negli allevamenti: gli effetti negativi e le malattie che possono ritorcersi contro di noi • 10 prodotti ecologici saccheggiati da multinazionali e biopirateria (da Greenme.it – ottobre 2014) QUI trovate il link alla pagina Facebook e QUI il Sito Internet con tutte le informazioni sull’Associazione Il Chicco ORTI SINERGICI, L'ATTIVISMO 2.0 DI TERRA! ONLUS Stanno spuntando qua e là in tutta Italia, uniscono le piante ma anche le persone, si basano su principi comuni valorizzando al tempo stesso le peculiarità del territorio: sono gli orti sinergici. Dimentichiamoci le classiche aiuole, i filari e le piantine coltivate in riga come a replicare la mentalità della produzione seriale. La regola di base è quella di lasciar fare alla natura. A Padova una decina di volontari si sono cimentati nell’impresa in un terreno ricavato all’interno del Parco delle energie rinnovabili Fenice. Con la primavera, nel tempo libero si torna al lavoro e l’orto diventa spazio di socialità e sperimentazione dove applicare scrupolosamente i dettami dell’agricoltura sinergica. Guarda qui il video “Il primo ad aver osservato questo tipo di coltivazione – specifica Eleonora Fiorese - è stato il giapponese Masanobu Fukuoka. A portare in Europa le sue intuizioni è stata invece Emilia Hazelip, spagnola che ha adattato questo tipo di coltivazione a climi e ambienti più vicini al nostro, ed è a lei infatti che noi facciamo maggiormente riferimento. I principi di base sono quattro: il primo stabilisce che non vi sia nessuna aratura del terreno se non in parte a livello iniziale, questo comporta che si creino delle aiuolerialzate permanenti che non vanno più toccate, calpestate o rivoltate, saranno così insetti e radici a favorire l’arieggiamento naturale del terreno. Il secondo principio consiste nell’escludere concimazioni chimiche, inesistenti in natura. Si opta piuttosto per dei macerati vegetali con funzione sia di protezione che di rinvigorimento. Terzo principio è la consociazione fra le piante, una vera e propria sinergia fra gli ortaggi ma non solo, si possono mettere nell’orto sinergico anche i fiori, che attirano gli insetti, e le piante aromatiche. Il quarto principio prevede la pacciamatura permanente, una copertura che può essere costituita da paglia o da materiale vegetale vivo che serve a mantenere il terreno protetto sia dai raggi solari che tendono a “disinfettarlo”, sia dalla pioggia battente. In natura il terreno non è mai scoperto, questa pacciamatura che poi si biodegrada naturalmente è molto utile alla vita dell’orto”. Con 200 metri quadrati presi in affidamento con un contratto quinquennale, l’orto sinergico è approdato a Padova due anni fa grazie ai volontari di Terra!Onlus, associazione attiva a livello nazionale e attualmente presente a Padova, Genova e Roma. “Nelle altre città – spiega Roberto Voltan, referente di Terra!Onlus a Padova – abbiamo avviato progetti di agricoltura sociale. Ci sono degli orti nel carcere di Pontedecimo, a Genova, e in questo momento stiamo portando avanti un progetto con il Comune di Lampedusa in collaborazione con il sindaco e con il Comune di Roma per portare e coltivare nell’isola degli orti sociali dedicati ai lampedusani”. Dall’orto sinergico di Padova al progetto “Porto l’orto a Lampedusa” - omaggio concreto a una popolazione generosa ma dimenticata, citata dalle cronache solo in termini di emergenza in un territorio spogliato delle sue risorse naturali - la vocazione di Terra!Onlus è la stessa: strappare al cemento lembi di terra dove coltivare, insieme agli ortaggi, rapporti e relazioni sociali. (da tiscali: in Veneto – ottobre 2014) PARCO IRIS: L’IRRESISTIBILE TENTAZIONE DEL CEMENTO Le ricette sbagliate fanno morire il paziente. Così avverrà per l’Italia se dopo il disastro avvenuto a Genova, qualcuno riterrà che la risposta da dare sia la deregulation, e non invece più regole sul controllo del territorio, che non consentano la costruzione dei mostri di cemento che hanno impedito il deflusso delle acque del torrente Bisagno. I sindaci, senza i quali non si potrebbero realizzare le cementificazioni che rendono più devastanti gli effetti degli eventi atmosferici, sembrano sempre colti da amaro stupore. E purtroppo non è vero che la priorità di questo Governo sia il dissesto idrogeologico. Non lo è, non solo perché gli investimenti previsti nel Decreto Sblocca Cantieri vanno nel verso opposto, ma anche perché vengono tolte quelle già labili precauzioni che servono a prevenire dissesti futuri che si annunciano sempre più frequenti e devastanti; disastri che sono veri crimini compiuti da veri criminali, anche se portano la fascia tricolore ai funerali delle vittime. Si sta presentando anche a Padova un caso concreto: la perimetrazione dell’area a perequazione integrata Forcellini, così detta “Parco Iris”. Interi quartieri di Padova vanno sott’acqua alle prime piogge. Si allagano strade, cantine, garage e primi piani di negozi e abitazioni. Ogni metro quadro di asfalto che impermeabilizza i terreni non è più tollerabile. La giustificazione che è tutto previsto nel PRG vigente non regge, perchè lo strumento urbanistico si può cambiare rapidamente. I privati, in questo caso CL con la Compagnia delle Opere, con spirito tutt’altro che evangelico, spingono il Comune verso la perdita di uno degli ultimi polmoni di verde previsti dal Piano a pianta stellare dell’architetto Piccinato. Ci sono le condizioni per poterlo respingere, per resistere ai poteri forti che sembrano sempre prevalere. Fra le motivazioni, la prima e più rilevante, riguarda il mancato raggiungimento del 75% della proprietà dell’area da parte dei soggetti che ne richiedono la perimetrazione, al quale deve accompagnarsi il possesso del 51% del valore catastale. La seconda riguarda la richiesta di edificazione dell’area boscata che la Regione ha sottoposto a vincolo. A questi elementi, che rendono improcedibile l’iter del Piano, si aggiungono la mancata accessibilità al Parco Iris, le caratteristiche idrogeologiche dell’area che la rendono disadatta ai fini edificatori, la tutela paesaggistica. Non vi è quindi un problema di scadenza di termini, bensì l’obbligo, già in fase istruttoria, di respingere il Piano per mancanza dei requisiti necessari a sottoporlo ad una valutazione politica. Si tratta di motivi tecnici che però sollevano l’Amministrazione dall’”obbligatorietà” dell’azione. Così il Sindaco, che bene ha fatto ad avocare a sè l’assessorato all’Urbanistica, potrà, se lo vuole, dimostrare la sua volontà politica. Sarà una prova di rispetto a promesse elettorali molto sensate, alla tutela e salvaguardia del territorio, alle fondate preoccupazioni espresse da cittadini e comitati. (scritto da Luisa Calimani su Ecopolis Newsletter – ottobre 2014) CINQUE MOSSE PER IL RILANCIO DEI GIOVANI AGRICOLTORI Carlo Petrini inaugura l’edizione 2014 del Salone del Gusto e Terra Madre (Torino - 23-27 ottobre) lanciando proposte al governo e all’Expo. «Senza contadini e artigiani l’Italia perderà la sua storia»: così esordisce Carlo Petrini, Presidente di Slow Food, tagliando il nastro di questa edizione del Salone del Gusto e Terra Madre: «Le migliaia di persone che si riuniscono a Torino da ogni parte del mondo sanno che qui non si parla semplicemente di cibo, ma si discute del loro avvenire». E guardando immediatamente in direzione Milano, aggiunge: «Spero che anche l’Expo prosegua su questa scia, trovi un’anima e non sia solo una vetrina del made in Italy per il mondo. Mi piacerebbe diventasse un momento di confronto, un’agorà dove discutere e sottoscrivere impegni riguardanti la biodiversità, l’alimentazione come diritto di tutti, la dignità del mondo contadino, gli sprechi alimentari, la malnutrizione». Tornando alla manifestazione torinese, Petrini ha annunciato che a Terra Madre quest’anno saranno presenti diversi nuovi contadini “italiani ma che italiani non sono”: «Maghrebini che fanno la fontina in Valle d’Aosta, indiani che mungono le vacche per la produzione di parmigiano reggiano, macedoni che raccolgono l’uva per il Barolo: persone rispettate e ben integrate, alle quali oggi l’agroalimentare di qualità deve molto». Ringraziando gli oltre mille volontari che rendono possibile la manifestazione, il neoeletto Presidente di Slow Food Italia Gaetano Pascale racconta «i cinque giorni in cui vengono concentrate e illustrate tutte le attività che svolge Slow Food nel mondo». Si è, poi, quindi soffermato sull’importanza del modello di agricoltura familiare, tra i temi portanti del Salone di quest’anno: «Dobbiamo sostenere questo modello, battendoci contro le tante difficoltà con cui si scontra, a cominciare dalle norme sulla proprietà dei semi». Parlando poi delle peculiarità del Salone, il presidente di Slow Food Italia ha illustrato il progetto dell’Arca del Gusto, grazie al quale si raccontano oltre 2000 prodotti alimentari di tutto il mondo a forte rischio di estinzione. Per Piero Fassino, Sindaco della Città di Torino, l’intuizione di Slow Food è diventata sempre più senso comune: «Grazie al Salone del Gusto e Terra Madre, tutti noi oggi guardiamo al cibo con molta più attenzione e sensibilità. Mangiare bene è da sempre un’aspirazione dell’uomo, ma oggi si è tradotta in un diritto che va riconosciuto, esercitato e tutelato». Antonella Parigi, Assessore alla Cultura, Turismo della Regione Piemonte, punta i riflettori sulla cultura: «Ancor prima di essere un salone dedicato alla produzione agroalimentare, questo è uno straordinario appuntamento all’interno del quale si fa cultura. Ed è la cultura il vero valore aggiunto su cui il nostro Paese può giocarsi la propria competitività. Bisogna lavorare insieme e difendere la nostra identità: per questo sono molto grata alla concezione del mondo che sta dietro Slow Food, ancora più importante dell’impatto economico che la manifestazione ha sul territorio». Ma come riportare i nostri giovani al lavoro agricolo? È questo l’interrogativo che Petrini rivolge al Ministro delle Politiche Agricole Martina, a cui «affido una serie di proposte a costo zero destinate al Presidente del Consiglio». La prima riguarda la legge in difesa del suolo agricolo contro la cementificazione: se si vogliono evitare i dissesti idrogeologici non si può più rimandare. Il secondo suggerimento concerne il rafforzamento delle nuove tecnologie, in modo che i giovani agricoltori possano farsi conoscere più facilmente e vendere i loro prodotti anche grazie a internet. E poi la semplificazione della burocrazia: snellire le procedure per evitare che ci si perda tra le carte bollate. Altra questione è l’università, che dovrebbe essere aperta all’insegnamento dei mestieri dell’agroalimentare, proprio in virtù del fatto che è uno dei pochi comparti della nostra economia che dà segnali positivi. Infine un appello alle banche: aprite linee di credito ai giovani contadini, senza speculare e tenendo conto dei tempi più lunghi che richiede l’avvio dell’attività agricola. Maurizio Martina, incassando le proposte di Petrini e rilanciando le speranze per un’Expo da cui emergano le questioni centrali per nutrire il pianeta, ha indicato quattro sfide per il suo dicastero nei confronti delle piccole e medie imprese agricole: «Crediamo che per l’agricoltura del futuro si debba investire in un reddito maggiore, un’organizzazione più forte, la difesa della biodiversità in quanto ricchezza e una maggiore presenza dei giovani in campo agricolo, che oggi rappresentano solo il 5%». (da Slow Food – ottobre 2014) CRISI: GLI ITALIANI SPENDONO MENO, MANGIANO MEGLIO E SCELGONO L'AUTOPRODUZIONE La crisi economica purtroppo ha messo in difficoltà molte famiglie. Ma gli italiani non si arrendono e trovano il modo di arrivare a fine mese nonostante tutto. Certo, il budget per la spesa al supermercato ha subito un taglio netto, ma forse questo significa che molti cittadini hanno imparato a mangiare meglio e hanno scelto l'autoproduzione. Tanti di voi sicuramente in questo periodo avranno riscoperto il piacere di fare la spesa al mercato del contadino o direttamente nelle aziende agricole, di comprare la farina e altre materie prime per preparare il pane e altri cibi in casa, o di scegliere canali alternativi per gli acquisti, come il Gruppo d'Acquisto Solidale. A rivelare i dati sulle nuove abitudini anti crisi degli italiani arriva la Coldiretti, con una certa preoccupazione, a dire il vero. Gli italiani che non riescono a portare in tavola i cibi necessari per garantirsi una buona salute sarebbero più che raddoppiati rispetto all'inizio della crisi nel 2008. Circa 11 milioni di persone, pur volendo, non riescono a consumare un pasto proteico adeguato almeno ogni due giorni, perché non possono permetterselo. In generale, 6 italiani su 10 spendono molto meno rispetto al passato per l'alimentazione e hanno riscoperto la cucina povera. Sembra un salto indietro nel tempo che può sembrare un regresso dal punto di vista della crescita economica, ma probabilmente mangiare in modo più leggero rispetto agli eccessi degli ultimi decenni sta giovando alla dieta di molti. I fattori che sempre più determinano la dieta degli italiani, secondo quanto comunicato dalla Coldiretti, sono la ricerca della qualità e della genuinità, i prezzi, il desiderio di alimenti salutari e naturalmente i propri gusti. I nostri concittadini hanno riscoperto il riutilizzo degli avanzi per ridurre gli sprechi e i rimedi naturali. Ciò permette di risparmiare, di dedicarsi ad un'alimentazione più sana e di vivere con gioia i momenti conviviali, preparando i pasti insieme agli amici e alla famiglia. E' in corso una vera e propria valorizzazione dello stare insieme a tavola, con una cultura del buon cibo e dell'autosufficienza che dice addio ai fast food e a tanti prodotti confezionati. Ormai più di 10 milioni di famiglie ogni giorno della settimana fanno almeno un pasto insieme a tavola, a colazione, a pranzo o a cena. Sono i più giovani, tra i 18 e i 34 anni, che si dedicano maggiormente alla cucina e all'autoproduzione. Amano stare ai fornelli e preparare nuovi ricette. Come riassumere questi dati? Semplicemente gli italiani hanno imparato a spendere meno e a mangiare meglio. E' vero, forse non ci si può più concedere il lusso di una ricca cena al ristorante, ma con materie prime di qualità e che costano meno dei prodotti confezionati si può preparare comunque un pasto da re. (da Greenme.it – ottobre 2014) NUOVO OSPEDALE: SERVE UNA DISCUSSIONE TRASPARENTE Ciò che più sorprende, nella risposta del Sindaco Bitonci alla nostra segnalazione relativa al rischio idrogeologico caratterizzante le aree individuate per il nuovo ospedale, è la superficialità ed approssimazione con cui la questione viene affrontata. Per tranquillizzarci sarebbe sufficiente, secondo quanto sostiene il Sindaco, un sopralluogo in zona e la constatazione che nell’area già insistono altre costruzioni, come se le alluvioni avvenute in questi giorni in diverse regioni d’Italia non avessero colpito proprio quartieri edificati in aree non idonee. (clicca QUI per un’immagine ingrandita dell’area). Sempre secondo quanto afferma il Sindaco Bitonci, le cartografie del PAT 2009 (approvato quest’anno), che escludono tassativamente nuove edificazioni nell’area consentendo solo infrastrutture finalizzate alla riduzione dell’impatto geologico ed idraulico, sarebbero superate a seguito di non meglio precisati lavori effettuati nel frattempo. A testimonianza di ciò, Bitonci richiama le cartografie del Piano Comunale di Protezione Civile del 2012, nelle quali l’area non ha la campitura verde prevista per le aree a rischio idraulico. In effetti esaminando la Carta della Protezione Civile le aree destinate al nuovo ospedale non hanno campitura verde (R1. Rischio moderato), bensì campitura arancione R3, indicante un rischio elevato, che può pregiudicare l’incolumità delle persone e causare danni ad edifici ed infrastrutture con inagibilità degli stessi (come da legenda)! Osserviamo inoltre che la protezione Civile non si occupa delle future destinazioni d’uso del territorio, bensì dei pericoli per le persone residenti e le strutture esistenti. Bitonci si lamenta del fatto che, pur essendo intervenuto con alcuni quesiti su altre problematiche (presenze archeologiche, collegamenti al sistema del trasporto pubblico, utilizzo delle aree del vecchio ospedale, qualità del progetto architettonico) io non abbia sollevato la questione in Commissione Urbanistica. La ragione risiede unicamente nella pessima organizzazione dei lavori della Commissione: nel fatto che nessuna documentazione è stata preventivamente inviata ai partecipanti, e nel fatto che agli uditori sono concessi solo brevi interventi, in coda agli interventi dei consiglieri comunali. Sempre il Sindaco assimila Legambiente al partito del “no a tutti i costi”. Forse conosce poco la realtà della nostra città. Molte realizzazioni in campo ecologico e della mobilità sono state il frutto delle battaglie di Legambiente, e molti progetti di rigenerazione urbana e di salvaguardia territoriale sono stati elaborati (anche se poi talvolta non attuati) per nostra iniziativa e con la nostra collaborazione: basti accennare a molti contenuti strategici del PAT (rete ecologica, centralità periurbane, distretto della cultura…), al progetto di riscrittura del Regolamento edilizio, al progetto di Parco Agro-paesaggistico, alla battaglia per l’Idrovia Padova-Mare, all’eco-pass. Nello specifico del nuovo ospedale, le proposte alternative in questi anni non sono mancate. Compito dell’Amministrazione crediamo debba essere non quello di voler imporre una propria soluzione comunque contrapposta a quelle già da altri espresse, quanto piuttosto di fornire una corretta informazione sulle diverse alternative in campo, aprendo con tutta la cittadinanza una discussione trasparente sui vantaggi e sugli svantaggi delle diverse proposte in relazione ai molti aspetti che possono orientare la scelta definitiva e che ad esempio riguardano oltre alla sicurezza del sito ed ai costi, la possibile integrazione del campus ospedaliero con la città ed il territorio, l’accessibilità ed i collegamenti con il sistema del trasporto pubblico, la funzionalità ed appropriatezza degli spazi progettati ponendo al centro le persone che ne usufruiscono e che li frequentano, la sostenibilità dell’opera dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Sergio Lironi, Presidente onorario Legambiente Padova (da Ecopolis Newsletter – ottobre 2014) LE "NUOVE" FRONTIERE DEL BIO Il biologico non è solo il cibo e il vino che portiamo sulle nostre tavole, il biologico ormai ha un raggio di azione molto vasto che arriva fino all'abbigliamento e, nello specifico, all'intimo. Sin dai primi anni '90, quando nacque la cosidetta “green fashion”, già si parlava di intimo biologico ma, solo nel 1998 sono stati ufficializzati gli standard che regolamentano la produzione di biancheria intima biologica, siglati col nome di GOTS/ Global Organic Textile Standards. Una certificazione utile e fondamentale per coloro che hanno optato per un stile di vita ad impatto zero. GOTS è un ente internazionale globale composto da quattro organizzazioni, IVN (Germania), Soil Association (Regno Unito) ovvero OTA (USA), e JOCA (Giappone) che, collaborano insieme con esperti e con le rispettive competenze in agricoltura biologica e ambientale per una lavorazione tessile socialmente responsabile. Con una missione ben precisa: sviluppare, attuare, verificare, tutelare e promuovere i tessuti biologici. Perché, sono convinti i sostenitori, i tessuti organici diventeranno una parte importante della vita quotidiana e miglioreranno la vita delle persone e l'ambiente in cui vivono. Non solo ma fattore fondamentale è la produzione di questi tessuti: una filiera che si basa su un sistema di allevamento che mantiene la fertilità del suolo senza l'uso di pesticidi tossici, persistenti e fertilizzanti e, inoltre, si basa su un'adeguata zootecnia ed esclude modificazione genetica. MUMBAI BIOLOGICA In una città come Mumbai ritagliarsi degli “spazi verdi” per coltivare ortaggi senza pesticidi e frutta può sembrare una idea "pazza" o quanto meno inverosimile. Ma un gruppo di impavidi ha deciso di provarci: questa impresa è stata portata avanti da un'associazione green indiana che ha mostrato a tutti come crescere un orto biologico in città sia un'impresa realizzabile. Con Urban Leaves India, così si chiama il gruppo di agricoltori biologici amatoriali, si è diffusa la consapevolezza circa l'agricoltura urbana a Mumbai. La caratteristica che accomuna questi appassionati di giardinaggio è che non hanno bisogno di un appezzamento di terreno per esercitare i propri pollici verdi: bastano le terrazze dei loro edifici, funge proprio come il loro giardino di casa. Nel 2000, hanno sviluppato una fattoria terrazza a Ghadiyal Godi ed ad oggi questa loro prima impresa conta circa 100 varietà: tra cui spinaci, pomodori e altri frutti e ortaggi.Il fondatore Preeti Patil, insieme al suo gruppo di circa 500 volontari hanno deciso di replicare l'idea in altre parti della città come bene comune e nel 2009, i volontari hanno deciso di denominare il progetto 'Urban Leaves India'. (da Bio@gricultura Notizie di AIAB – ottobre 2014) • Perché i diritti non sono un lusso in tempo di crisi da Eddyburg – ottobre 2014 • Germania: il vero malato d’Europa da Sbilanciamoci.info – ottobre 2014 • A tutto G.A.S., a tutto sole da Ecopolis Newsletter – ottobre 2014 • Il torto di Marco Travaglio nella sua disputa con Santoro da MicroMega di Repubblica – ottobre 2014 • ADESSO BASTA!! da Altreconomia – ottobre 2014 Buon fine settimana !!!
© Copyright 2024 Paperzz