Fortunatamente, per me la fotografia non è stata soltanto una professione ma anche un contatto tra le persone – uno strumento per capire la natura umana e fissare, se possibile, il meglio di ciascun individuo. 1 N ickolas Muray (18921965) era “un uomo per tutte le stagioni”. Ungherese di nascita, a ventuno anni emigrò negli Stati Uniti portando con sé la ferma convinzione che avrebbe fatto qualcosa di memorabile. Al momento della sua morte, sembrava avesse fotografato tutto e tutti – dai presidenti alla zuppa di piselli. La maggior parte degli americani conosceva le sue fotografie, se non il loro creatore. Muray aveva una fama internazionale come campione olimpico di scherma; era un pilota e un amante delle donne. Dotato di grande talento, grande fascino personale, bell’aspetto e sconfinate doti creative, riuscì comunque a vivere seguendo la sua natura di uomo riservato. Nell’agosto del 1913, con venticinque dollari in tasca, un vocabolario inglese di una cinquantina di parole e una determinazione implacabile, Miklós Murai arrivò a Ellis Island, dove divenne Nickolas Muray. Nel 1920, Nick si era già trasferito al 129 di MacDougall Street, nel Greenwich Village, dove viveva e lavorava. La mostra allestita in una piccola galleria d’arte a due passi da casa richiamò l’attenzione sui suoi ritratti. Ben presto le fotografie di Muray furono pubblicate sul “New York Tribune”, e lui venne ingaggiato dalla rivista “Harper Bazaar” per fotografare la star di Broadway Florence Reed. Lo stile evocativo dei suoi ritratti dall’effetto flou fece immediatamente scalpore, tanto che Nick si ritrovò ben presto a fotografare tutti quelli che contavano: attori, ballerini, star del cinema, politici e scrittori. Muray era molto richiesto anche come fotografo commerciale per la pubblicità, la moda, il design di interni. Molti dei suoi clienti, inizialmente attratti dall’eccellente qualità delle fotografie di Nick, lo raccomandavano ad altri o tornavano da lui sedotti dalla sua personalità vincente. Nickolas Muray era un uomo pieno di charme, che faceva innamorare le donne e suscitava negli uomini il desiderio di essere suoi amici. Così divenne il più acclamato fotografo di moda e di celebrities degli anni Venti. 2 CRONOLOGIA 1920-1929 Ritorna a New York, cerca un lavoro come fotografo in uno studio della Fifth Avenue. Pirie MacDonald, “fotografo di uomini”, lo incoraggia ad aprire uno studio in proprio. 1892 15 febbraio, nasce come Miklós Mandl, quarto di cinque figli: Artur, Vilmos, Margit, Miklós e Stefan. Il padre, Samu Mandl, è impiegato delle poste. La madre, Klára Lo˝vit, è casalinga. Stringe amicizia con Eugene O’Neill. Affitta uno spazio da adibire a studio da Gertrude Paine Whitney e inizia a realizzare fotoritratti. Condivide uno studio in Washington Square e si dedica alla fotografia per proprio conto. Apre il Muray Studio nel Greenwich Village, al numero 129 di MacDougall Street. Sebbene la data di nascita sia registrata nell’anagrafe della comunità ebraica di Seghedino, Ungheria, non gli viene dato un nome ebraico. Attraverso il Ministero degli Interni, la famiglia cambia il proprio cognome in Murai, nome non ebraico. Prima mostra personale New York, Gertrude Paine Whitney Studio. Mostre collettive Londra, British Westminster Photographic Exhibition, vincitore del primo premio; Torino, Primo Salon Italiano d’Arte Fotografica Internazionale. Trasferisce i Muray Studios dal Greenwich Village al n.38 di East 50th Street. 1925 Mostre collettive Londra, Galleries of the Royal Watercolor Society e London Salon of Photography. Fotografa Eugene O’Neill. Carl Van Vechten gli presenta Miguel Covarrubias, grazie al quale stringerà un legame con il Messico che durerà per tutta la vita. Diventa amico di Edward Steichen. Sei delle sue stampe vengono acquisite dalla Smithsonian Institution di Washington, D.C. Vince il primo premio al “London Royal Photographic Society Show”. Ricercato per le sue doti di fotografo della danza ritrae, fra gli altri, Fred e Adele Astaire, Leon Barte, Agnes de Mille, Anna Duncan, Martha Graham, Doris Humphrey, Ruth St. Denis, Ted Shawn e Hubert Stowitts. 1921-1924 Si iscrive al New York Athletic Club, prende lezioni di scherma da Julio Castello e Giorgio Santelli, presso il Washington Square Fencing Club, il Fencers Club e, infine, alla Salle Santelli. In svariate occasioni rappresenta tali club in competizioni di sciabola, spada e fioretto. Diventa amico degli schermidori D. Ervin Acel, Tibor Nyilas, László Pongo e George V. Worth. Firma un contratto con Condé Nast e ritrae celebrità del mondo artistico, letterario, musicale, teatrale e politico. Nel corso di un decennio realizza oltre diecimila ritratti e il suo lavoro contribuisce all’evoluzione dello stile del ritratto di celebrità. Le serate che si tengono ogni mercoledì nel suo studio sono frequentate da molte delle personalità che ritrae. Come fotografo si occupa inoltre di pubblicità, moda, arredamento, illustrazione e fotografie commerciali. In seguito alla pubblicazione, nel 1920, di una sua fotografia di Florence Reed su “Harper’s Bazaar”, i lavori su commissione si susseguono a ritmo costante. 1894 La famiglia si trasferisce a Budapest allo scopo di migliorare la propria situazione economica e per poter disporre di maggiori opportunità d’istruzione. 1904-1908 All’età di dodici anni, entra come apprendista nello studio di un artista, dove impara l’incisione su legno e la scultura. Entra alla Scuola di Arti Grafiche di Budapest dove studia i fondamentali della fotografia, della fotoincisione e della litografia. Dopo il diploma viene assunto come incisore dallo studio di fotoincisione Weinwurm & Co. dove lavora per un anno occupandosi di riproduzione litografica. 1909-1913 Studia separazione del colore a Monaco di Baviera per un anno. Si trasferisce a Berlino dove studia fotochimica, fotoincisione a colori e preparazione di filtri a colori presso il Berufsverband Bildender Künstler Berlin. Consegue il certificato internazionale di fotoincisore e viene assunto dalla Ullstein Verlag per occuparsi di fotoincisione. Viaggia in Francia e in Inghilterra e inizia a fotografare, influenzato dalla pittura olandese del Seicento. 1913 Agosto, arriva a New York. Viene registrato con il nome di Nickolas Muray. 1913-1920 Attraverso la International Photo-Engravers Union, trova immediatamente un impiego occupandosi di incisione e separazione dei colori per la Stockinger Photo-Engraving and Printing Co. a Greenpoint, Brooklyn. Diventa membro della Photo-Engravers’ Union di New York. Nel 1920 gli viene assegnata una “tessera onoraria che attesta un curriculum irreprensibile ed eccellente” per la sua attività nell’ambito della fotografia. 1918-1920 Il 13 agosto 1918 acquisisce la cittadinanza statunitense; si trasferisce a Chicago, dove lavora dapprima in uno studio fotografico in State Street e successivamente come affiliato della Union occupandosi di stampa a mezzatinta e fotoincisione a colori. Inizia a praticare la scherma presso il German Turnverein e dopo un anno vince la sua prima gara. 1926 Diventa membro onorario della London’s Royal Photographic Society. “Vanity Fair” gli commissiona i ritratti del presidente Calvin Coolidge e del ministro del commercio Herbert Hoover, inoltre lo invia in Europa per ritrarre Sir Hall Caine, Jean Cocteau, John Galsworthy, Ferenc Molnár, Claude Monet, Miklós Pogany, G.B. Shaw, Frank Swinnerton, H. G. Wells. Fotografa Helen Keller. “Vanity Fair” propone il suo nome alla Hall of Fame. 1926-1927 Diventa fotografo ufficiale del Theater Guild. Attraverso Covarrubias entra in amicizia con Rufino Tamayo. 1937 Monica O’Shea divorzia per “crudeltà”; lui indica come motivo del divorzio l’“incompatibilità.” 1938-1939 Mostre collettive New York, International Building at Rockefeller Center, “Color Photography Supply Company, American Leading Color Photographers”; Washington, D.C., National Gallery, Arts and Industrial Building of the United States. Mostra personale Londra, Royal Photographic Society, Colour Prints by Nickolas Muray. La rivista “Time” lo chiama per realizzare copertine a colori. 1940-1943 Si arruola nella U.S. Civil Air Patrol con il grado di sottotenente; si congeda con il grado di tenente. 1927-1928 Diventa critico di “Dance Magazine”. 1943 1944 Il 9 febbraio, durante un allenamento di scherma al New York’s Athletic Club, è colpito da arresto cardiaco. L’avversario con il quale si sta allenando, il medico Barry Pariser, gli pratica un massaggio cardiaco, salvandogli la vita. 1961 Realizza fotografie per la Robert Woods Bliss Collection, Pre-Columbian Art, con testo e analisi critica di S.K.Lothrop, W.F. Foshag, e Joy Mahler. Giudice-direttore di gara per la scherma ai Giochi Olimpici di Melbourne. Fotografo ufficiale per la Wenner-Gren Foundation for Anthropological Research in occasione della spedizione intorno al mondo (Africa, Birmania, Ceylon, Hong Kong, Giappone, India, Pakistan, Thailandia) della durata di otto mesi sotto la direzione di Paul Fejos. Diventa membro a vita dell’Art Directors Club. 1956 È giudice-direttore di gara per la scherma nei Giochi Panamericani di Città del Messico, ai Giochi Olimpici di Roma e Tokyo. 1955, 1960, 1964 Fotografa le stelle di Hollywood della MGM e della Paramount; realizza fotografie per le copertine della Dell Publications, fra le quali quelle di Ingrid Bergman, Humphrey Bogart, Joan Crawford, Clark Gable, Ava Gardner, Judy Garland, Angela Lansbury, Carole Lombard, Tyrone Power, Jean Simmons, Frank Sinatra, Elizabeth Taylor, Loretta Young, Anna May Wong e altri ancora. 1945-1946 Viene nominato fotografo ufficiale del Knickerbocker Squadron of the Civil Air Patrol. Mostra collettiva Londra, The Color Group of the Royal Photographic Society. Vince per due anni consecutivi il Campionato nazionale di sciabola a squadre. 1928 e 1932 Rappresenta gli Stati Uniti nella squadra olimpica di scherma in entrambe le edizioni dei Giochi Olimpici; nel 1932 si aggiudica il quarto posto. 1929 Con i colori del New York Athletic Club si aggiudica il primo posto in tutte e tre le specialità al Three Weapon Contest National Saber Championship che si tiene a Los Angeles. Per conto di “Vanity Fair” va a Hollywood per fotografare Douglas Fairbanks e Mary Pickford, Douglas Fairbanks Jr. e Joan Crawford, Greta Garbo, Jean Harlow. 1930-1931 La famiglia di Muray lascia l’Ungheria per trasferirsi negli Stati Uniti. In seguito al crollo della borsa, decide di mettere la propria creatività prevalentemente al servizio della pubblicità. Firma un contratto con la Curtis Publications, editrice del “Ladies’ Home Journal”; crea la prima riproduzione pubblicitaria a colori naturali per la copertina del numero di maggio 1931 del “Ladies’ Home Journal”: Anticipazioni della moda per l’estate da Parigi. 1931 Insieme a Miguel Covarrubias compie il primo dei suoi numerosi viaggi in Messico; stringe amicizia con Frida Kahlo. 1935-1945 “McCalls” lo assume per realizzare le copertine a colori di “Homemaking” e le pagine dedicate alla cucina. 1935 e 1936 “Vanity Fair” si fonde con “Vogue”, rivista per la quale realizzerà fotografie di moda e ritratti di celebrità. 1965 Nell’arco della sua vita di schermidore ha vinto oltre sessanta medaglie ed è stato acclamato come “uno dei venti migliori schermidori della storia americana”. 1966 L’Harry Ransom Humanities Research Center della University of Texas, Austin, acquisisce dalla famiglia Muray la sua collezione d’arte moderna messicana, con oltre cento opere di Miguel Covarrubias, Frida Kahlo, Juan Soriano, Rufino Tamayo e molti altri artsti. 1967 Esce The Revealing Eye Personalities of the 1920’s in Photographs by Nickolas Muray and Words by Paul Gallico, Atheneum, New York. 1974 Retrospettiva Rochester, New York, International Museum of Photography, George Eastman House, Nickolas Muray: Renaissance Eye, from Peas to Pickford. 1978 È accolto nella Hall of Fame della scherma. 1979 Retrospettiva Genova, Palazzo Ducale, Nickolas Muray. Celebrity Portraits. 2014 Retrospettiva Istanbul, Pera Müzesi, Nickolas Muray: Bir Fotog˘rafçının Portresi (Ritratto di un fotografo). 2013 Esce I Will Never Forget You Frida Kahlo and Nickolas Muray Unpublished Photographs and Letters by Salomon Grimberg, Verlag Schirmer/Mosel, München. Pubblicato in inglese, tedesco e spagnolo. 2004 Mostra collettiva Rochester, George Eastman House, Eventful Cameras and the Many Historical Images They Captured. 2000 Mostra personale Boston, The Boston Athenaeum, Nickolas Muray: Photographs From The Negative Archives of The George Eastman House, 26 febbraio – 5 aprile 1985. 1985 Mostre collettive New York, International Center for Photography, Fleeting Gestures: Dance Photographs, successivamente esposta a Londra, The Photographers’ Gallery; “Venezia 79”; Zurigo, Kunsthaus, Amerika Fotografi 1920-1940. 3 L o studio nel sottotetto di Nickolas Muray avrebbe potuto essere quello di ogni altro artista, in qualsiasi altra parte del mondo: muri intonacati di bianco, una tenda di velluto nero, una sedia da cucina dipinta di verde. Sull’alto soffitto a spiovente si apriva un lucernario a scomparti munito di tende che potevano essere tirate per modulare la luce e ottenere l’effetto desiderato. Dietro la scrivania ingombra di pile di carte e di un insieme disordinato di oggetti disposti a caso, c’era un camino su cui erano appesi alcuni dei ritratti preferiti di Nick. Un angolo della stanza era occupato dalla camera oscura, adiacente alla stanza da letto, usata come spogliatoio. In questo studio, Nick Muray escogitò un metodo che avrebbe usato durante tutta la sua carriera: quello di intrattenere i modelli in modo da non permettere loro di capire quando avrebbe scattato la fotografia. Edouard Steichen, Vanity Fair, Dicembre 1926 Motivazione della candidatura di Nickolas Muray alla Hall of Fame: “Perché ha iniziato la carriera in una soffitta del Greenwich Village; perché sta esponendo a New York fotografie di celebrità internazionali; perché è un abile schermidore e Junior Three Weapon Champion of America e infine perché questo ritratto è opera del suo amico Edward Steichen.” FOTOGRAFIE IN BIANCO E NERO Conversando con fare amichevole e in tono amabile, portava abilmente il discorso sui loro interessi, aspettando il momento giusto per scattare la foto e utilizzando un otturatore silenzioso per non creare distrazioni. Quando aveva ottenuto l’immagine che voleva, diceva: “touché”. Nick descrive così il suo modo di creare il ritratto a partire da un’intuizione: “Un fotografo deve vedere la sua immagine prima di riprenderla. Deve sapere che cosa la macchina registrerà sia prima di schiacciare la pompetta, sia quando la lastra è sviluppata. Non ogni espressione, non ogni posa è un’immagine, bisogna aspettare quella giusta e riconoscerla quando arriva [...]”. Il 1921 fu un anno fondamentale per Nick. Frank Crowninshield di “Vanity Fair” lo incaricò di fotografare personaggi famosi del mondo dell’arte. Nick immortalò oltre 350 soggetti per la sola rivista. Alla fine degli anni Venti, aveva realizzato oltre 10.000 ritratti. 4 FOTOGRAFIE A COLORI N el 1931, sul numero di maggio del “Ladies’ Home Journal”, Nickolas Muray passò alla storia, pubblicando per la prima volta una fotografia a colori naturali in una rivista americana. Il reportage si intitolava Moda parigina per l’estate. La scelta del colore naturale era stata involontariamente dettata dal Crollo della Borsa del 1929, che costrinse Nick a rivalutare la sua professione per poter sopravvivere a quei tempi duri. Fino a quel momento, le pubblicità a colori sulle pagine delle riviste erano dipinte a mano dagli illustratori, e l’uso della fotografia a colori naturali sembrava al di là da venire. I quattro anni di formazione e di lavoro in Germania prima di arrivare in America avrebbero ripagato Nick in modi inaspettati. Nickolas Muray, Autoritratto alla scrivania con la proiezione di una modella nuda seduta dietro di lui nello studio, 1952 circa Stampa a colori, montaggio, procedimento carbro Collezione George Eastman House Con l’ausilio di una Jos-pe Tri-Color oneshot dotata di tre lastre di vetro, filtri per l’esposizione da montare su una lente, e il procedimento di stampa carbro, in grado di rendere oggetti e incarnati con una fedeltà cromatica mai vista prima, Nick divenne il fotografo pubblicitario per eccellenza. A posteriori, un giornalista ha osservato: “Per gli standard dell’epoca, le donne delle sue foto erano più belle di quelle reali, le sue tavole imbandite più scintillanti, le sue pietanze più prelibate, i suoi atleti americani più solidi e scolpiti di quanto qualsiasi essere umano potrebbe sperare di essere”. Un giorno, al culmine del successo, Nickolas Muray esclamò: “Quello che voi sognate, noi lo fotografiamo – fa parte del nostro lavoro!”. 5 N ickolas Muray amò tante donne nella sua vita, ma non riuscì mai a dimenticarne una – come si scoprì solo molti anni dopo la sua morte. Questa donna, che amò in modo più profondo, appassionato e riservato di tutte le altre, era Frida Kahlo. Nick aveva conosciuto Frida nel maggio del 1931 durante un viaggio a Città del Messico, dove si era recato per incontrare l’amico Miguel Covarrubias e Rosa Rolando, che di recente era diventata sua moglie. La passione di Miguel per quello straordinario paese aveva affascinato Nick, il quale probabilmente aveva atteso con ansia il momento in cui avrebbe visitato il Messico insieme all’amico, guardando quella terra attraverso i suoi occhi. Tra tutte le sorprese che il Messico – ne era certo – aveva in serbo per lui, non avrebbe mai immaginato di trovare Frida Kahlo. Quando s’incontrarono, Frida non aveva ancora maturato la personalità, né creato l’iconografia per cui sarebbe divenuta celebre, anche se era sulla buona strada. Il suo Autoritratto con collana di spine divenne la presenza dominante nel salotto della casa di Nick. Era una presenza inquietante, che non si poteva evitare, eppure lui teneva molto a quel quadro e non si sognava neppure di disfarsene. Nick lo aveva acquistato – fresco di cavalletto – da Frida stessa nel 1940, l’anno in cui la pittrice divorziò dal marito, il muralista messicano Diego Rivera, dopo dieci anni di matrimonio. Disegno Miguel Covarrubias, Nickolas Muray come rubacuori, 1927 circa Stampa giclée a colori Nickolas Muray Photo Archives Foto Nickolas Muray, Nick Muray e Frida Kahlo, 1939 Stampa giclée in bianco e nero Nickolas Muray Photo Archives Frida si era comportata in modo tale da indurre Nick a credere che lo avrebbe sposato non appena risolta la faccenda del divorzio, ma questo non avvenne. Il primo incontro tra Nick e Frida fu un caso fortunato: anziché rimanere con Diego a San Francisco, com’era previsto, Frida era partita per il Messico alcuni giorni prima di lui. Quando Diego ritornò a casa, Nick era già ripartito per New York con una lettera in cui Frida gli scriveva: “Nick, ti amo come amerei un angelo. Sei un fiore della valle, amore mio. Non ti dimenticherò mai, mai, mai. Sei tutta la mia vita. Spero non lo dimenticherai, Frida”. È l’inizio di una storia d’amore che durerà dieci anni. Nell’estate del 1941, Nick chiuse il cerchio immortalando il loro ultimo momento di intimità in uno splendido autoritratto a due nello studio di Frida, circondati dall’universo di lei. In questa immagine Nick raffigura tutta la loro storia come una contrapposizione di oggetti – e di sguardi. Frida è seduta accanto al cavalletto con l’autoritratto Io e i miei pappagalli; i suoi occhi dall’espressione triste non guardano il compagno, ma sono rivolti verso l’obiettivo. Invece Nick, in piedi dall’altra parte del cavalletto, fissa su di lei uno sguardo innamorato. NICKOLAS MURAY E FRIDA KAHLO 6 N on sappiamo con certezza quando Nickolas Muray iniziò la sua relazione con Marilyn Monroe, ma dai documenti in nostro possesso si capisce che ebbero un rapporto di natura personale, oltre che professionale. Nick fotografa Marilyn più volte, presentandola ora come una ragazza di campagna, con una camicetta scollata e un cesto di mele rosse, ora come un’odalisca in abito di pizzo nero, su una chaise longue di fronte a una composizione di frutta. Quando la ritrae seduta su una poltrona di satin grigio, in costume da bagno blu e scarpe con la zeppa di lucite trasparente, sistema un libro sotto il cuscino della seduta in modo che la testa della diva si trovi più in alto rispetto allo schienale – più semplice che andare a cercare una poltrona con lo schienale più basso. In un’altra sessione, la riprende in pose che suggeriscono una complicità erotica tra il fotografo e la modella: con la punta di un dito infilata nel cerchio dell’orecchino; con le spalle nude e una mantilla spagnola, il dito indice appoggiato tra i seni; seduta con le gambe aperte e le pieghe della sottile gonna di seta che vi ricadono in mezzo. In una seconda versione di quest’ultima fotografia, Marilyn ha davanti una composizione di frutta e tiene le mani unite sul petto, formando una V con l’indice di una mano tra il pollice e l’indice dell’altra. Tom Kelly, Marilyn Monroe, 1949 Stampa a colori (pellicola Kodak) Collezione George Eastman House Dedica a Nickolas Muray: “A Nick, è stato un vero piacere ‘lavorare’ con te. Spero di rifarlo presto.” L’amicizia particolare tra Nick e Marilyn fu scoperta solo dopo la morte del fotografo, quando la moglie Peggy trovò nel suo portafogli una fotografia dell’attrice nuda, con la dedica: “A Nick, è stato un vero piacere (lavorare) con te. Spero di rifarlo presto. Marilyn”. Se Peggy ebbe qualche dubbio sul rapporto che suo marito aveva avuto con Miss Monroe, era troppo tardi per fare domande. La fotografia che trovò era una copia del famoso scatto di Tom Kelley del 1949: il nudo a figura intera di Marilyn Monroe sdraiata su un drappo di velluto rosso. Era la fotografia di un calendario che l’autore intitolò A New Wrinkle, uno dei due scatti più celebri della storia di Hollywood; alla metà degli anni Cinquanta, il calendario aveva venduto oltre otto milioni di copie. L’altro scatto, Golden Dreams, è quello in cui Marilyn è seduta, con la testa rovesciata all’indietro e le gambe piegate. La scoperta della fotografia e della dedica scatenò una ridda di interrogativi senza risposta: in quale anno Muray la ricevette? In quali circostanze? Fu lui a chiederla o si trattò di un dono spontaneo? Perché proprio quell’immagine e perché Muray la teneva discretamente nel portafogli, lontana da sguardi altrui? Marilyn Monroe era già morta da tre anni. NICKOLAS MURAY E MARILYN MONROE 7 I l grande impressionista era l’unico dei miei futuri modelli che non aveva risposto alle lettere e ai telegrammi in cui gli chiedevo un appuntamento. All’epoca aveva ottantasei anni e – come avremmo scoperto in seguito – non avrebbe visto la primavera successiva (era il 1926). Ma i fotografi sono ostinati per definizione, e io non facevo certo eccezione. Cenando con un amico a Parigi, gli parlai della cosa. Venne fuori che l’amico possedeva un’automobile. Protestando che “non era una cosa da fare”, mi accompagnò comunque a casa di Monet a Giverny. Suonammo il campanello. Un’infermiera uscì dicendo che Monet era malato e non poteva ricevere visite, figuriamoci posare per me. Il mio francese era meno che scarso, così intervenne il mio amico, in un perfetto stile gallico. Chiese all’infermiera di dire a Monet che ero venuto dopo essermi annunciato con lettere e telegrammi, che lui doveva per forza aver ricevuto. Lei tornò e disse che Monet era troppo malato per essere disturbato. Questa volta il mio amico parlò molto più a lungo, spiegandole che avevo fatto un viaggio di cinquemila chilometri apposta per fotografare il maestro; la seduta avrebbe preso solo pochi minuti del suo tempo; le generazioni future avrebbero apprezzato una simile immagine del grande pittore, ecc. La povera donna, sopraffatta dal tono e dalla lunghezza dell’arringa, si allontanò di nuovo e questa volta tornò con Monet in persona. Per me era come incontrare un dio dell’Olimpo. Sono sempre stato un adoratore dell’arte, e quel magnifico vecchio così fotogenico era il più grande pittore vivente. Anche se non sembrava malato, aveva l’aria stanca. Dopo averci salutato si sedette su una panchina e io mi misi al lavoro senza indugio. Dopo un po’ mi chiese quando avrei iniziato a fare le fotografie. Gli spiegai che ne avevo già fatte più o meno una mezza dozzina. Monet disse che non era possibile: non gli avevo detto dove guardare e non aveva sentito nessun click. Gli spiegai che avevo un “otturatore silenzioso” e gli mostrai la pompetta che avevo tenuto dietro la schiena – quando la schiacciavo, l’otturatore si apriva e chiudeva, con un’esposizione di un quinto di secondo. Aveva notato i miei traffici con i portapellicola, ma non si era accorto che avevo scattato le fotografie. Rise per quello che chiamò “un bel trucco” e si rilassò assumendo un atteggiamento di assoluta cordialità. Ci condusse al famoso stagno delle ninfee, che aveva raffigurato spesso nei suoi quadri, e io feci altre fotografie, di lui e dello stagno. La seduta era finita da un pezzo quando finalmente l’infermiera uscì con gli occhi fiammeggianti chiedendo che lasciassimo riposare Monet. E lui mi ringraziò addirittura per quella che, disse, era stata una parentesi piacevolissima. UNA MATTINATA CON MONET Nickolas Muray 8
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