Matematica - Pretest Ingegneria

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Pre Test 2014
Ingegneria
Dispense di Matematica
- PROPRIETA E OPERAZIONI SUI NUMERI
Insiemi: naturali, interi, razionali ,irrazionali, reali
Ordine di precedenza nelle operazioni: parentesi, potenze e radici, moltiplicazioni e
divisioni, addizioni e sottrazioni.
Addizione: intera, commutativa, associativa, el neutro, el simmetrico.
Sottrazione: invariantiva
Moltiplicazione: intera, commutativa, associativa, distributiva rispetto alla somma, el neutro,
el simmetrico
Divisione: invariantiva, distributiva rispetto alla somma
Scomposizione in fattori primi
-
VALORE ASSOLUTO
Def. Preso |x|, se x >=0, allora x, se x<0, allora –x.
-
POTENZE E RADICI
Def. Si dice potenza a^n dove a £ R, n £ Q.
Si definisce a base, n esponente.
PROPRIETA: prodotto/quoziente di potenze con la stessa base
potenza di potenza
prodotto/quoziente di potenze con lo stesso esponente
a^-b
Def. Si dice radice nesima (con n £N, n=/0) del numero reale positivo a, il numero reale
positivo la cui potenza nesima è uguale ad a. dove a= radicando, n=indice.
NOTA BENE: radice di 0, radice nesima di a elevata alla n.
OPERAZIONI: prodotto, quoziente, potenza, radice
PROPRIETA: a^m/b
a^-c/d
LOGARITMI ED ESPONENZIALI
Def. Esponenziali: per ogni a £ R+, y=a^x
se a>1
se 0<a<1
(y=e^x, dove e = numero di nepero)
-
Def. Logaritmi: a^x=b allora log(a) a^x = log(a) b
risulta quindi x=log(a) b
condizioni: b>0 sempre
a=/1, a £ R+
PROPRIETA: log x*y
log x/y
log x^y
log(a) b= lnb/lna
NOTA BENE: log(a) radice nesima di x= 1/n log(a) x
-
CALCOLO LETTERALE: espressioni dove sono presenti lettere, numeri e operazioni
algebriche.
Def. POLINOMI: somma di monomi. (monomi= espressione letterale algebrica in cui
compaiono numeri, lettere e moltiplicazioni)
FORMA NORMALE: effettuo i calcoli possibili.
GRADO DI UN POLINOMIO: massimo grado tra i monomi che lo compongono. Si dice
polinomio omogeneo se tutti i monomi che lo compongono hanno lo stesso grado.
OPERAZIONI: prodotto e divisione tra polinomi.
Divisione tra polinomi: 1) ordinare il polinomio
2) controllare se completi
3) divisione in colonna
PRODOTTI NOTEVOLI: - prodotto somma/differenza
- quadrato di un binomio
- quadrato di un trinomio
- cubo di un binomio
- somma e differenza di cubi
- trinomio speciale
SCOMPOSIZIONE IN FATTORI PRIMI: raccoglimento totale/ parziale, riconoscimento dei
prodotti notevoli fino a scriverlo come prodotto di fattori primi.
EQUAZIONI
Siano A(x) e B(x) due espressioni algebriche nell’indeterminata x.
A(x) = B(x) si chiama equazione quando essa è verificata per particolari valori di x. Risolvere
un’equazione significa trovare tutte le soluzioni. L’indeterminata si chiama incognita.
EQUAZIONI DI PRIMO GRADO
Un’equazione si dice di primo grado se compare nella forma a(x) + b = 0
Se a≠0 l’equazione è determinata e x=-b/a
Se a=0, b=0 è indeterminata
Se a=0, b≠0 è impossibile
Esempi:
eq. Determinata
eq. Indeterminata
eq. Impossibile
3x+2=0
3x+2=3x+2
0x+3=0
3x=-2
0x=0
3=0
x=-2/3
EQUAZIONI DI SECONDO GRADO
Un’equazione si dice di secondo grado se è nella forma a(x)²+b(x)+c=0 con a,b,c ∈ R e a≠0
Le soluzioni di tale equazione si trovano con la formula
√
L’espressione b² − 4ac è detto discriminante e Δ = b² − 4ac
Se:
Δ=0 soluzioni e reali e coincidenti
Δ>0 soluzioni reali e distinte
Δ<0 soluzioni non reali
CASI PARTICOLARI

Quando il coefficiente b è un numero pari si può utilizzare la formula ridotta
√

Se il coefficiente b=0, per avere soluzioni reali a e c devono essere di segno opposto per
√
cui



Esempio: 3x²-6=0 x²=2 x=±√
Se il coefficiente c=0 segue che x(ax+b)=0 per cui x =0 x =-b/a
Se l’equazione è biquadratica, cioè ax⁴+bx²+c=0, pongo x²=t così si ottiene at²+bt+c=0
Le soluzioni saranno 4:
√ ;
√
Se l’equazione è binomia, cioè

Per n dispari

Per n pari, se
se
√
√
eq impossibile
SISTEMI DI EQUAZIONI DI PRIMO GRADO
Un sistema di equazioni è un insieme di due o più equazioni che devono essere soddisfatte dagli
stessi valori attribuiti alle incognite.
Esistono tre metodi risolutivi: sostituzione, riduzione e confronto.
Esempio: {
Prima di procedere con qualsiasi metodo risolutivo occorre eseguire i calcoli e scrivere il sistema in
forma normale. Un sistema in forma normale è un sistema con le incognite a sinistra dell’uguale e i
termini noti a destra dell’uguale.
Quindi
{
{

Metodo sostituzione
Ricaviamo la y in funzione di x nella prima equazione poi sostituisco tale valore nella
seconda
{
{
{
{
A questo punto sostituisco la x nella prima equazione
{

Soluzione: (
,
Metodo confronto
Ricaviamo la stessa incognita da entrambe le equazioni
{
{
Ora posso eguagliare le due equazioni
Ora sostituisco la x in una delle due equazioni e ricavo la y
Soluzione: (

,
Metodo di riduzione
{
Scrivo in forma normale entrambe le equazioni
{
Moltiplico entrambe le equazioni per opportuni valori da rendere opposti i termini con la
stessa incognita
{
{
A questo punto addiziono membro a membro le due equazioni e ottengo
Sostituisco la y in una delle due equazioni e ricavo la x quindi
Soluzione: (
,
EQUAZIONI IRRAZIONALI O CON RADICALI
Un’equazione si dice irrazionale se l’incognita compare come argomento di un radicale come ad
esempio √
Per risolvere un’equazione di questo tipo occorre
 Isolare il radicale
 Elevare entrambi i membri alla potenza indicata nell’indice della radice
 Risolvere l’equazione ottenuta
A questo punto si procede in maniera diversa a seconda dell’indice del radicale
 Se l’indice è dispari le soluzioni sono tutte accettabili
 Se l’indice è pari si passa alla verifica delle soluzioni
Esempio: √
Isolo il radicale: √
Elevo al quadrato:
Risolvo l’eq.:
Avrò quindi due soluzioni:
A questo punto devo controllare che le due soluzioni siano accettabili dato che l’indice della radice
è 2. Per farlo basta vedere se i due valori soddisfano l’equazione di partenza.
Se
che è impossibile
√
se
2
√
quindi l’unica soluzione accettabile è
EQUAZIONI RAZIONALI FRATTE
Un’equazione si dice razionale fratta se l’incognita non è contenuta sotto la radice ma è al
denominatore.
Esempio:
Per risolvere questo tipo di equazioni occorre:

Ricondursi nella forma



Trovare le C.E. ponendo
A questo punto ci disfiamo del denominatore e risolviamo
Vedere se i valori ottenuti soddisfano le C.E.
Esempio:
C.E.
Dato che
e dato che soddisfa le C.E. possiamo dire che è una soluzione accettabile.
DISEQUAZIONI
Una disequazione è una disuguaglianza in cui si presentano una o più incognite.
Due disequazioni si dicono equivalenti se sono soddisfatte dagli stessi valori delle incognite.
Per le disequazioni valgono due principi di equivalenza.
Primo principio: se si aggiunge a entrambi i membri di una disequazione una stessa espressione
algebrica che abbia lo stesso dominio della disequazione si ottiene una disequazione equivalente
a quella data.
Secondo principio: se si moltiplicano o si dividono entrambi i membri di una disequazione per
una stesso numero positivo si ottiene una disequazione equivalente a quella data. Se si
moltiplicano entrambi i membri della disequazione per uno stesso numero negativo si ottiene una
disequazione equivalente a quella data ma con verso opposto.
Esempio:
DISEQUAZIONI DI PRIMO GRADO
Sono quelle riconducibili mediante l’applicazione dei principi di equivalenza ad una delle seguenti
forme:
ax + b < 0 ; ax + b ≤ 0 ; ax + b > 0 ; ax + b ≥ 0
le cui soluzioni sono rispettivamente :
x < -b/a; x ≤ -b/a; x > -b/a; x ≥ -b/a
DISEQUAZIONI DI SECONDO GRADO
La forma cui si presenta solitamente una disequazione di secondo grado è
oppure
con
Il Δ, cioè il discriminante
, serve per identificare i possibili metodi risolutivi.
 Δ<0, il trinomio ha sempre il segno del coefficiente a.
Δ=-39, a=2
Il trinomio è sempre maggiore di 0 e ciò non coincide con il verso della disequazione quindi
non ci sono soluzioni.

Δ=0, il trinomio ha il segno del suo primo coefficiente a, per ogni
Se

.
il trinomio si annulla.
Esempio:
Non è mai verificata perché il trinomio è sempre maggiore di zero.
Se Δ > 0 il trinomio ha il segno del suo primo coefficiente a per ogni valore x esterno
all'intervallo degli zeri, mentre ha il segno contrario a quello di a per ogni valore interno
all'intervallo degli zeri, dove per zeri si intendono le due soluzioni x e x dell'equazione
Esempio:
Δ=16
per
Per cui la soluzione della disequazione è
e
DISEQUAZIONI IRRAZIONALI
Le disequazioni irrazionali sono quelle in cui compare la x sotto la radice.
Distinguiamo due tipi di disequazioni irrazionali.

Quelle del tipo √
hanno un insieme di soluzioni formato dall’unione dell’insieme
delle soluzioni di due sistemi, ognuno di due disequazioni:
{

v{
Quelle del tipo √
sono equivalenti a un sistema di tre equazioni
{
Basta risolvere i sistemi associati per trovare le soluzioni della disequazione.
DISEQUAZIONI RAZIONALI FRATTE
Sono quelle in cui compare l’incognita al denominatore. Una volta ridotte in forma normale si
presentano nella seguente forma
Esempio:
Per risolvere una disequazione fratta basta seguire il seguente procedimento:
1. riduco la disequazione a forma normale (in pratica eseguo tutti i calcoli ricordando che i
denominatori non si possono eliminare)
2. pongo ogni fattore del numeratore >0 (oppure ≥0) e ogni fattore del denominatore >0
indipendentemente dal verso della disequazione
3. rappresento in un grafico tutti i valori cosi ottenuti
4. applicando la regola dei segni stabilisco in quali punti del grafico la disequazione è positiva
o negativa
5. osservo il verso della disequazione
- se la dis. > 0 la soluzione è data dagli intervalli positivi
- se la dis. < 0 la soluzione è data dagli intervalli negativi
Esempio:
Pongo numeratore e denominatore >0
N > 0 x2 - 8x - 9 > 0, x < -1 , x > 9
D > 0 x2 +2x -15 > 0, x < -5 , x > 3
Costruisco il grafico:
Dato che la disequazione ha verso positivo la soluzione sarà data dagli intervalli positivi
Soluzione: x < -5 , -1 < x < 3 , x > 9
Enti geometrici fondamentali
PUNTO: non ha dimensioni, serve ad indicare geometricamente una precisa posizione d'interesse.
Traslando (spostando) infinitamente un punto lungo una direzione, in entrambi i versi, si ottiene
una retta
RETTA: Si estende infinitamente in due direzioni e gode di diverse proprietà
– essendo la retta monodimensionale, sia un piano (2D) che lo spazio (3D) contengono
infinite rette
– dati due punti qualsiasi, esiste ed è unica la retta che li contiene. Essa è detta
congiungente
– Ogni retta è infinita e contiene infiniti punti
– date due rette contenute in un piano, esse possono essere incidenti (1 punto in comune) o
parallele.
– Se tre o più punti appartengono alla stessa retta si dicono allineati
– due o più rette incidenti in uno stesso punto possono anche essere dette concorrenti in tale
punto
La retta gode di alcune proprietà che possono essere accostate all'insieme R (numeri reali). Non di
rado infatti l'insieme R è rappresentato da una retta orientata, ovvero per la quale è definito un
verso di percorrenza (solitamente quello positivo). Il fatto che una retta possegga un orientamento
permette di definire in essa relazioni di ordine (in maniera del tutto analoga a quelle dell'insieme
R): posti su una retta due punti A e B, se percorrendola in senso positivo (a seconda
dell'orientamento dato) incontreremo prima A, diremo che A<B, viceversa A>B, e così via..
SEMIRETTA: data una retta orientata e fissato un punto O su di essa, si dice semiretta di origine O
l'insieme del punto O e di tutti i punti che lo seguono o di tutti quelli che lo precedono, sulla retta
data. Una retta e un punto definiscono pertanto due semirette. Una semiretta è infinita, ma a
differenza della retta può essere percorsa infinitamente solo in una direzione.
SEGMENTO: data una retta e due punti A,B ad essa appartenenti, la porzione di retta tra essi
compresa, inclusi A e B, è detta SEGMENTO AB. A e B sono detti estremi del segmento.
Due segmenti si dicono consecutivi se hanno un estremo in comune.
Due segmenti si dicono adiacenti se hanno un estremo in comune e appartengono alla stessa
retta.
Due segmenti adiacenti sono consecutivi, mentre non vale il viceversa.
Tre o più segmenti consecutivi formano una spezzata. Essa può essere chiusa o aperta, e
semplice o intrecciata. Una spezzata chiusa e semplice è anche detta poligono.
Disponendo di un segmento è possibile ottenerne multipli o sottomultipli (i multipli si ottengono per
somme successive, i sottomultipli ricercando geometricamente il punto medio, terzo e così via)
Tra due segmenti giacenti sulla stessa retta è possibile effettuare operazioni di somma o
differenza.
Traslando una retta parallelamente a sè stessa, in entrambi i versi, si ottiene un piano.
PIANO: ente geometrico fondamentale dotato di due dimensioni.
Un piano contiene infinite rette, e una retta contiene infiniti punti. Pertanto possiamo affermare, con
un pò di fantasia, che un piano contiene ∞2 punti. Per avere una cognizione abbastanza concreta
(anche se non infinita, notare bene) dei tre enti geometrici finora presentati, si può assimilare il
piano ad un normale foglio, stando attenti a non piegarlo (se il foglio si incurva, "sconfiniamo" in
una terza dimensione, che molti di voi intuiranno di certo, ma che non è nostro interesse
analizzare). Se sul foglio tracciamo una linea, servendoci del righello, essa è un segmento, ma se
ne tratteggiamo gli estremi per raffigurarne "l'infinitezza", ecco che abbiamo una retta. Raffigurare
un punto su un foglio di carta dovrebbe essere facile per tutti.
Angoli
ANGOLO: porzione di piano compresa tra due semirette con origine comune, dette lati. Due
semirette evidenziano nello spazio una coppia di angoli (e non uno solo!), e non esistono
convenzioni che "decidono" l'angolo giusto, pertanto ogni volta occorre seguire attentamente il
testo del problema. Gli angoli formati da due semirette con origine comune si dicono esplementari,
ovvero la loro somma fornisce un angolo giro (di 360°, oppure 2π rad).
Si dicono supplementari due angoli la cui somma fornisce un angolo piatto (180°, oppure π rad).
Si dicono complementari due angoli la cui somma fornisce un angolo retto (90°, oppure π/2 rad).
N.B. : π = 3,14159265358979.....
numero puro)
convenzionalmente, π = 3,14 (senza unità di misura, è un
Due angoli si dicono consecutivi se hanno un lato in comune.
Due segmenti si dicono adiacenti se hanno un lato in comune e gli altri appartengono alla stessa
retta.
Due angoli adiacenti sono consecutivi, mentre non vale il viceversa.
ANGOLI E LORO MISURA
Esistono differenti unità di misura per gli angoli. Le due principalmente utilizzate sono i gradi e i
radianti. Le due unità di misura sono collegate dalla seguente proporzione:
OPERAZIONI CON GLI ANGOLI
Analogamente ai segmenti, disponendo di un solo angolo se ne possono ottenere multipli per
somme successive, o sottomultipli tramite la ricerca della semiretta bisettrice, delle due trisettrici e
così via.
Disponendo invece di due angoli, si ha accesso alle operazioni di somma e differenza.
E' semplice raffigurare le operazioni di somma e differenza tra angoli sfruttando l'analogia (non
casuale) con un comune orologio analogico: sommare due angoli corrisponde a "mettere avanti"
l'orologio, mentre sottrarre un angolo ad un altro corrisponde a metterlo indietro.
Luoghi geometrici
Un luogo geometrico rappresenta l'insieme di tutti i punti che godono di una determinata proprietà.
Si capisce subito che per definire un luogo geometrico è cruciale definirne correttamente la
proprietà. Di seguito presentiamo alcuni dei luoghi geometrici più comuni.
ASSE: dato un segmento, si dice asse il luogo geometrico dei punti equidistanti dagli estremi
del segmento.
I punti appartenenti all'asse sono evidentemente infiniti, pertanto l'asse di un segmento è una retta.
L'intersezione tra asse e segmento ci fornisce il punto medio del segmento. Da notare che, in
geometria come in matematica, l'operazione di intersezione ha un significato logico che rispecchia
interamente quello grafico: intersecando un asse E un segmento chiediamo infatti che la soluzione
soddisfi due condizioni, ovvero
–
appartenere all'asse (essere equidistante dagli estremi del segmento)
E
–
appartenere al segmento
l'unico ente geometrico che soddisfa tali requisiti è per l'appunto il punto medio del segmento.
L'asse di un segmento è sempre perpendicolare al segmento stesso (pertanto forma con esso 4
angoli retti). L'asse di un segmento divide il segmento in due parti congruenti (di uguale
lunghezza). Da notare che questa non è una definizione dell'asse, ma una conseguenza del modo
in cui è stato definito, ovvero una proprietà!
BISETTRICE: dato un angolo, si dice bisettrice il luogo dei punti equidistanti dai lati. Da una
costruzione molto simile a quella dell'asse è possibile concludere che anche i punti appartenenti
alla bisettrice sono infiniti, e pertanto anche questa è una retta (si potrebbe pensare erroneamente
che la bisettrice sia una semiretta con origine nel vertice dell'angolo, ma non è così, provare per
credere!). La bisettrice ha la proprietà (stesso discorso di prima) di dividere l'angolo in due angoli
congruenti (di uguale ampiezza).
CIRCONFERENZA: luogo geometrico dei punti equidistanti da uno stesso punto, detto
centro. Più avanti vedremo nel dettaglio la circonferenza. Anche in questo caso i punti
soddisfacenti la condizione del luogo geometrico sono infiniti, ma non possiamo dire che la
circonferenza sia una retta, in quanto presi tre punti qualsiasi appartenenti alla circonferenza, essi
non sono allineati.
ELLISSE: dati due punti F e G detti fuochi, è il luogo geometrico
dei punti nei quali la somma delle distanze da F e G è
costante. Non approfondiremo l'ellisse (notare che ellisse è una
parola femminile), ma se vogliamo imparare a tracciare una
ellisse toccandone con mano le proprietà geometriche, è
semplice. Occorre una matita, un foglio sul quale disegnare e un
pezzo di spago di lunghezza a piacere (10 cm o meno, per
comodità). Bloccate i due estremi dello spago sul foglio come
preferite (usate dita, chiodi, punti...) e procedete come questo
giardiniere. Notiamo che la definizione dell'ellisse è rispettata, in quanto in ogni punto la somma
delle distanze dai fuochi è costante (pari alla lunghezza dello spago, decisa da noi).
PARABOLA: luogo geometrico dei punti equidistanti da un punto (F) detto fuoco e da una
retta (L) detta direttrice. La definizione della parabola per alcuni potrebbe risultare controintuitiva,
per il fatto che richiede il confronto tra la distanza da un punto e quella da una retta. Ne
approfittiamo per definire la distanza.
Distanza: la distanza tra due punti è la lunghezza del segmento che li unisce. La distanza di un
punto da una retta è la lunghezza del segmento perpendicolare alla retta, congiungente il punto di
partenza e il punto di incidenza.
IPERBOLE: dati due punti F e G detti fuochi, è il luogo dei punti del piano per i quali è costante il
valore assoluto della differenza delle distanze da F e G. Spero che il significato del valore assoluto
sia stato spiegato, altrimenti chiedete pure ai profs.
Fino ad ora abbiamo incontrato luoghi geometrici costituiti da infiniti punti. Questo non deve
portarci a pensare che "tutti i luoghi geometrici possiedono infiniti punti". Non è così, più avanti
faremo altri esempi.
Il concetto fondamentale che ci insegnano i luoghi geometrici, e che è utile comprendere a fondo,
è che un ente geometrico (linea, punto, piano o altri enti derivati) possiede delle proprietà.
Triangoli
Il triangolo è un poligono con tre lati. È il poligono più semplice in assoluto, e gode di molte
proprietà, alcune delle quali sono elencate di seguito:
-la somma degli angoli interni in un triangolo qualunque è sempre 180° (π rad)
-in un triangolo qualunque, un lato è sempre minore della somma degli altri
due
-in un triangolo, ogni angolo esterno è congruente alla somma dei due
angoli interni ad esso non adiacenti
I triangoli possono essere classificati in base ai loro lati o ai loro angoli:
-un triangolo si dice isoscele quando possiede almeno due lati congruenti
-un triangolo si dice equilatero se ha tutti e tre i lati congruenti (è un particolare triangolo isoscele)
-un triangolo si dice scaleno se tutti i lati hanno lunghezza differente
-un triangolo si dice rettangolo se uno dei suoi angoli è retto
Ogni triangolo è inscrivibile in una ed una sola circonferenza. Se il triangolo è rettangolo, la sua
ipotenusa (lato opposto all'angolo retto) coincide col diametro della circonferenza ad esso
circoscritta.
In un triangolo rettangolo, i lati sono detti cateti (maggiore e minore, se non è un triangolo isoscele)
e ipotenusa. In un trangolo isoscele, il lato non congruente è detto base.
Si dice altezza il segmento perpendicolare ad un lato e passante per il vertice ad esso opposto. Un
triangolo possiede tre altezze, ma non necessariamente sono tutte interne al triangolo. Le tre
altezze si incontrano in un punto detto ortocentro.
È detta mediana il segmento che congiunge un vertice con il punto medio del lato opposto. Ogni
triangolo ha tre mediane, ed esse si incontrano in un unico punto detto baricentro. Il baricentro
divide ogni mediana in due parti, in cui quella dalla parte del vertice è doppia dell'altra (disegnare
per credere).
Il triangolo possiede alcuni luoghi geometrici esclusivi:
-il luogo dei punti equidistanti dai lati è costituito da un solo punto, detto incentro. Esso costituisce
il centro della circonferenza inscritta nel triangolo, ed è ottenibile come punto di intersezione delle
tre bisettrici
-il luogo dei punti equidistanti dai vertici è costituito da un solo punto, detto circocentro. Esso
costituisce il centro della circonferenza circoscritta al triangolo, ed è ottenibile come punto di
incontro degli assi dei lati.
In un triangolo equilatero tutti e quattro i punti appena citati coincidono.
In un triangolo isoscele i quattro punti non sono coincidenti, ma allineati sull'altezza relativa alla
base
Esistono alcuni criteri che permettono di stabilire speditivamente se due triaangoli sono congruenti
(uguali):
-se hanno congruenti due lati e l'angolo compreso tra essi
-se hanno congruenti due angoli e il lato compreso
-se hanno congruenti i tre lati
Una proprietà più debole della congruenza, ma comunque molto utile è la similitudine. Due
triangoli sono simili se sono identici, a meno di un fattore di scala, ovvero se hanno i lati
rispettivamente proporzionali.
Per similitudine: AB/A'B'=AC/A'C'=BC/B'C'
Esistono tre criteri di similitudine; due triangoli sono simili se hanno:
-due angoli congruenti (pertanto lo saranno tutti e tre, dato che la somma degli angoli interni vale
180°)
-due lati proporzionali e l'angolo tra essi congruente
-i tre lati ordinatamente proporzionali
Un caso particolare della similitudine è la congruenza, nella quale il rapporto di similitudine è pari a
1.
In triangoli simili, il rapporto (proporzione) tra le altezze è uguale al rapporto tra i lati, così come il
rapporto tra i perimetri. Il rapporto tra le aree è invece pari al quadrato del rapporto tra i lati.
Per i problemi, oltre a una buona dose di ragionamento, ecco alcune formule che possono tornare
utili:
FORMULE GENERALI SUI TRIANGOLI
Perimetro: 2p = AB + BC + CA
(somma dei lati)
Area: A= AB * hAB /2 = BC * hBC /2 = AC * hAC /2 (lato * altezza relativa a tale lato / 2)
A= √ [p*(p-AB)*(p-AB)*(p-AB)]
(Formula di Erone)
TEOREMI SUI TRIANGOLI RETTANGOLI
Teorema di Pitagora: in un triangolo rettangolo la somma dei quadrati delle lunghezze dei cateti
coincide con il quadrato della lunghezza dell'ipotenusa
Primo teorema di Euclide: In ogni triangolo rettangolo ciascun
cateto è
medio proporzionale tra l'ipotenusa e la proiezione del cateto
stesso
sull'ipotenusa.
BC : AB = AB : HB
BC : AC = AC : HC
Secondo teorema di Euclide: In un triangolo rettangolo, l'altezza relativa
all'ipotenusa è medio proporzionale tra le proiezioni dei due cateti
sull'ipotenusa.
HC : AH = AH : HB
FORMULE SPECIFICHE PER I TRIANGOLI EQUILATERI
h = (l * √3)/2
Circonferenze e Cerchi
Come anticipato, la circonferenza è il luogo geometrico dei punti equidistanti da uno stesso punto
detto centro. Tale distanza è nota come raggio della circonferenza. Il cerchio è invece il luogo dei
punti con distanza dal centro minore o uguale al raggio. La differenza tra i due luoghi è quindi che
la circonferenza è una linea, mentre il cerchio è una superficie piena.
CORDA: Si dice corda un qualunque segmento congiungente due punti della circonferenza.
La corda di dimensione massima è detta diametro, passa per il centro ed è pari a due volte il
raggio.
Ogni corda divide la circonferenza in due archi, il diametro divide la circonferenza in due archi
particolari, detti semicirconferenze.
L'asse di una qualunque corda passa per il centro, e coincide dunque con il diametro. Questo
permette di dire che per tre punti passa una e una sola circonferenza (è come se due punti
fossero gli estremi di una corda, mentre il terzo l'estremo opposto del diametro).
Corde congruenti hanno la stessa distanza dal centro, e viceversa.
ARCO: Ogni arco è sotteso da un solo angolo al centro e da infiniti angoli alla circonferenza.
L'angolo al centro ha come vertice il centro e come estremi gli estremi dell'arco, mentre il vertice di
un angolo alla circonferenza è un qualsiasi punto sulla circonferenza.
L'ampiezza dell'angolo al centro è doppia di quella di ogni angolo alla circonferenza che insiste
sullo stesso arco.
Tutti gli angoli alla circonferenza che insistono sullo stesso arco hanno la stessa ampiezza.
Con un pò di attenzione si capisce che ogni triangolo inscritto in una semicirconferenza è
rettangolo.
POSIZIONI RECIPROCHE
A seconda della distanza tra i due centri e dei loro raggi, due circonferenze possono trovarsi in
varie posizioni reciproche: esterne, tangenti esternamente, secanti, tangenti internamente, interne,
concentriche.
CERCHIO: Parlando del cerchio, uno "spicchio di cerchio" racchiuso tra due raggi e un arco è
detto settore circolare, in particolare se i raggi sono adiacenti avremo un semicerchio. La parte di
cerchio compresa tra una corda e la circonferenza è detta segmento circolare, e se la corda è il
diametro abbiamo nuovamente un semicerchio. L'area compresa tra due tratti di circonferenza e
due corde parallele è detta segmento circolare a due basi. L'area racchiusa tra due circonferenze
concentriche è detta corona circolare.
FORMULE UTILI
Misura della circonferenza: C= 2πr = πd
Superficie del cerchio: A= πr2
Lunghezza di un arco sotteso da un angolo al centro α (in gradi o radianti) : L= C* α(°)/360 = C*
α(rad)/2π
Area di un settore circolare di angolo α (in gradi o radianti) : S= A* α(°)/360 = A* α(rad)/2π
Area della corona circolare: K= π(r1 2 - r2 2)
Area del segmento circolare: si trova come differenza fra l'area di un settore e l'area di un
triangolo.
Lunghezza della corda sulla quale insiste un angolo al centro α : AB = 2rsen α
Quadrilateri
Un'altra famiglia di poligoni particolarmente regolari dopo i triangoli è quella dei quadrilateri. Come dice
il nome, essi sono costituiti da quattro lati e a seconda di come essi sono disposti, e delle loro
dimensioni, possono essere classificati.
Ogni quadrilatero possiede due diagonali, ovvero due segmenti che collegano i vertici opposti. Una
diagonale divide il quadrilatero in due triangoli. La somma degli angoli interni di un quadrilatero è 360°.
Un quadrilatero è inscrivibile in una circonferenza solo se le somme degli angoli opposti valgono 180°.
PERIMETRO e AREA dei quadrilateri
In ogni quadrilatero, il perimetro si calcola come somma dei lati; tanto maggiore è la regolarità del
quadrilatero, tanto più semplice sarà conoscere le dimensioni dei 4 lati.
Nei quadrilateri scaleni, l'area è calcolabile solo come somma delle aree dei due triangoli che li
compongono.
Nei trapezi, note le due basi B , b e l'altezza h, l'area vale A = (B + b)*h/2.
Nei parallelogrammi, nota una base b e l'altezza ad essa relativa, l'area vale A= b*h.
Nei rombi, nota la misura delle diagonali D e d, l'area vale A = D*d/2
Nei quadrati di lato l l'area può essere calcolata come A= l2.
Occorre notare che molto spesso nei quadrilateri ricorrono angoli retti (presenti come angoli, come
piedi dell'altezza o nati dall'intersezione delle diagonali, a seconda dei casi). Tale fatto può essere
sfruttato a nostro vantaggio per determinare svariate misure facendo uso del Teorema di Pitagora!
Poligoni Regolari
Un poligono regolare è un poligono convesso che è contemporaneamente equilatero e equiangolo.
Ogni poligono regolare con n lati è inscrivibile e circonscrivibile in due circonferenze, infatti
tracciando le bisettrici degli angoli interni si ottengono n triangoli isosceli utti congruenti e con un
vertice in comune, che risulta quindi essere il centro di tali circonferenze.
Un poligono regolare è simmetrico rispetto a ogni retta passante per un vertice e il centro.
Pertanto, vi sono esattamente n assi di simmetria; se poi il numero di lati n è pari, allora il centro è
centro di simmetria per il poligono.
La somma degli angoli interni di un poligono regolare di n lati vale (n – 2)*180°.
Gli angoli di un poligono regolare di n lati misurano pertanto (n – 2)*180°/n.
Ogni poligono regolare è inscrivibile e circonscrivibile in due circonferenze concentriche. Il raggio
della circonferenza inscritta è detto apotema e, chiaramente, coincide con la distanza dal centro di
un qualsiasi lato del poligono. Il raggio della circonferenza circoscritta è ricavabile tramite il
teorema di Pitagora se sono noti il lato e l'apotema. Ogni poligono regolare possiede un proprio
numero fisso, che rappresenta il rapporto tra apotema e lato. Conoscendo il lato si ha perciò una
conoscenza completa del poligono.
PERIMETRO e AREA
2p = n*l
l'area è ottenibile con un pò di ingegno: si è detto che il poligono è scomponibile in n triangoli
isosceli congruenti, di altezza pari all'apotema e base pari al lato, pertanto di area nota. Si può
allora calcolare l'area:
A = 2p * a/2 = n*l*a/2 = n2*l*NF/2
in cui a=apotema e NF= numero fisso relativo al poligono. Come si nota, sia perimetro che area
sono calcolabili anche se conosciamo solo il lato.
Nome
Numero di lati n
Numero fisso NF
Misura angoli
Triangolo Equilatero
3
0,289
60°
Quadrato
4
0,5
90°
Pentagono
5
0,688
108°
Esagono
6
0,866
120°
Ettagono
7
1,038
128,571° (circa)
Ottagono
8
1,207
135°
Ennagono
9
1,371
140°
Decagono
10
1,539
144°
Dodecagono
12
1,866
150°
Siamo ormai alla fine di questa parte delle dispense. Oltre ai miei migliori auguri vi lascio anche il
link a un sito che ho trovato molto completo, mentre preparavo alcuni argomenti di queste
dispense.
http://www.ripmat.it/index.html
In bocca al lupo!
RETTE:
La retta è un insieme infinito di punti e si dice orientata quando viene stabilito su di essa un verso
positivo che sarà indicato con una freccia. Una retta orientata si chiama anche asse.
Se sulla retta orientata si fissa un punto O, questo divide la retta in due semirette: la semiretta
positiva di origine O è quella che contiene tutti i punti che si incontrano a partire da O
percorrendola nel verso della freccia, l’altra è la semiretta negativa.
Si consideri una retta orientata su cui vengono fissati l’origine O e un secondo punto P (oltre
all’unità di misura u).
La misura del segmento
OP prende il nome di ascissa del punto P.
L’ascissa del punto P è quindi un numero reale positivo, negativo o nullo a seconda che il punto P
appartenga alla semiretta positiva, alla negativa oppure coincida con l’origine O: ad ogni punto
della retta si associa un numero reale; si è così stabilita una corrispondenza biunivoca tra i punti
della retta r e l’insieme dei numeri reali.
COORDINATE CARTESIANE:
Si considerano due rette orientate che prendono il nome di assi coordinati, ortogonali tra loro: una
delle due si chiamerà asse delle x o asse delle ascisse, mentre l’altra asse delle y o asse delle
ordinate.
I due assi dividono l’intero piano in quattro parti, convenzionalmente chiamate quadranti e
numerate in senso antiorario.
Si chiamano coordinate cartesiane ortogonali di un punto P del piano cartesiano: a=OA e b=OB
ovvero ascissa di P e ordinata di P.
E’ pertanto possibile definire una corrispondenza biunivoca tra l’insieme dei punti P del piano e le
coppie ordinate (a,b) di numeri reali e in base a tale corrispondenza è possibile identificare i punti
del piano con le coppie ordinate di numeri reali.
L’origine del sistema di riferimento è l’ intersezione tra i due assi di coordinate O (0,0).
Distanza tra due punti e coordinate del loro punto medio:
Siano A (x1, y1) e B (x2, y2) due punti del piano cartesiano si definisce distanza tra i punti A e B:
D=√
Le coordinate del punto medio: M = (
,
)
EQUAZIONE GENERALE DELLA RETTA:
L’equazione generale della retta in forma implicita: ax + by + c = 0
L’equazione generale della retta in forma esplicita: y =
Si definisce:
coefficiente angolare: m =
termine noto: q =
E così l’equazione canonica della retta diventa: y = mx + q
Rette parallele:
La condizione di parallelismo è
=
Rette perpendicolari:
La condizione di perpendicolarità è
*
= -1
Dati due punti A (x1,y1) e B (x2,y2) l’equazione della retta passante per due punti è data dalla
seguente formula:
=
CIRCONFERENZA:
Si definisce circonferenza il luogo dei punti del piano per i quali è costante la distanza da un punto
fisso detto centro.
L’equazione normale della circonferenza x2 + y2 + ax + by + c = 0
Si definisce:
Centro della circonferenza: C = (
Raggio della circonferenza: r = √
ELLISSE:
L’ellisse è il luogo geometrico dei punti del piano per i quali è costante la somma delle distanze da
due punti fissi detti fuochi.
Siano F1 (-c,0) e F2 (c,0) i due fuochi e indicando con 2a la somma delle distanze di un punto P
dagli stessi due fuochi F1 e F2 si ha che l’ellisse è il luogo dei punti P tali che:
PF1 + PF2 = 2a
Se i due fuochi hanno le seguenti coordinate: F1 (-c,0) e F2 (c,0), ovvero se si trovano sull’asse x,
entrambi a distanza c dall’origine degli assi in modo che l’origine O sia il punto medio del
segmento F1F2, l’equazione canonica (o normale) dell’ellisse è la seguente:
Siano a e b rispettivamente il semiasse maggiore e il semiasse minore e c la semidistanza focale,
la relazione che lega tali parametri è: a2 – c2 = b2
L’eccentricità dell’ellisse è data dal rapporto tra la semidistanza focale e il semiasse maggiore: e =
PARABOLA:
La parabola è il luogo geometrico dei punti del piano equidistanti da un punto fisso detto fuoco e
da una retta fissa detta direttrice.
L’equazione generale della parabola con la direttrice orizzontale parallela all’asse x è: y = ax2 +bx
+c
Essendo
= b2 – 4ac si definiscono:

le coordinate del fuoco F =

l’equazione della direttrice è y =

Il vertice V =
)
IPERBOLE:
L’iperbole è il luogo geometrico dei punti del piano per i quali è costante la differenza da due punti
fissi detti fuochi.
Indicando con F1 e F2 i due fuochi e con 2a la differenza delle distanze di un punto P dai due
fuochi si ha che l’iperbole è il luogo dei punti P tali che:
PF1 – PF2 = 2a
Se i due fuochi si trovano entrambi sull’asse delle x a distanza c dall’origine degli assi, l’equazione
canonica dell’iperbole è la seguente:
Siano a e b rispettivamente il semiasse maggiore e il semiasse minore e c la semidistanza focale,
la relazione che lega tali parametri è: c2 = b2 + a2
L’eccentricità dell’iperbole è data dal rapporto tra la semidistanza focale e il semiasse maggiore: e
=
Si definisce asintoto della curva una retta a cui una curva si avvicina indefinitamente.
L’iperbole possiede sempre due asintoti e, se esso ha equazione canonica, i due asintoti sono
individuati dalle seguenti equazioni:
e
Un’iperbole si dice equilatera quando i due asintoti sono perpendicolari tra loro.
FUNZIONE:
Una funzione è una relazione che lega due grandezze variabili in modo che assegnati valori
arbitrari a una di esse (variabile indipendente) risultino univocamente determinati i corrispondenti
valori dell’altra (variabile dipendente).
Siano A e B due sottoinsiemi non vuoti dell’insieme dei numeri reali. Si chiama funzione reale, di
variabile reale, di A in B una qualsiasi legge che faccia corrispondere ad ogni elemento x
appartenente ad A un solo elemento y appartenente a B.
Si definiscono:

FUNZIONI SURIETTIVE:
Una funzione di A in B si dice suriettiva quando ogni elemento di B è immagine di almeno
un elemento di A.

FUNZIONI
INIETTIVE:
Una funzione di A in B si dice iniettiva se a elementi distinti di A si fa corrispondere
elementi distinti
di B.

FUNZIONI BIETTIVE:
Una funzione di A in B che sia contemporaneamente suriettiva e iniettiva si dice biiettiva o
biunivoca.
Il dominio, ovvero l’insieme di esistenza di una funzione: è l’insieme dei valori per cui la funzione
risulta definita.

FUNZIONI CRESCENTI:
Una funzione f viene detta crescente se, scelti due elementi del dominio della funzione, x1 e
x2 , con x1 < x2 si ha che : f( x1) < f(x2)



FUNZIONI DECRESCENTI:
Una funzione f viene detta decrescente se, scelti due elementi del dominio della funzione,
x1 e x2 , con x1 < x2 si ha che : f( x1) > f(x2)
FUNZIONI PARI:
Una funzione f viene detta pari se preso un elemento x appartenente al dominio della
funzione si ha: f(x)= f(-x)
FUNZIONI DISPARI:
Una funzione f viene detta dispari se preso un elemento x appartenente al dominio della
funzione si ha: f(x)= - f(-x)
FUNZIONI
In fisica, lo studio di molti fenomeni porta allo studio matematico di grandezze variabili (indicate
con le lettere x, y, z…) e di grandezze costanti; in molti casi, la variazione di una grandezza
comporta la variazione di un’altra.
Tali relazioni sono descritte matematicamente dalle funzioni, relazioni che legano due grandezze
variabili in modo che, assegnati dei valori arbitrari a una di essere, risultino univocamente
determinati i corrispondenti valori dell’altra: in pratica, di tratta di una corrispondenza univoca che,
a un elemento di un insieme di partenza, associa uno e un solo elemento di un insieme di arrivo.
Nel caso di funzioni numeriche, in cui gli insiemi sono insiemi numerici, si ha che, rigorosamente,
dati due insiemi non vuoti , , si chiama funzione da a una qualsiasi relazione matematica
che, a ogni elemento
, detto variabile, fa corrispondere uno e un solo elemento
, detto
immagine di ; in simboli,
.
Il fatto che il valore vari “in funzione” del valore (ossia delle precise variazioni di
corrispondono a delle variazioni di esplicitate dalla funzione) si scrive nella forma
.
In pratica, la funzione è data da un’equazione che stabilisce una precisa relazione matematica tra
la variabile e l’immagine
.
L’insieme , ovvero l’insieme di tutti gli elementi per cui la funzione è definita, si dice dominio o
campo di esistenza della funzione; mentre l’insieme
delle immagini di tutti gli elementi di si
dice codominio.

Una funzione
si dice iniettiva se ogni elemento
di è immagine di un solo elemento di , ovvero se a
distinti elementi di fa corrispondere distinti elementi di
.

Una funzione
si dice suriettiva se ogni
elemento di è immagine di almeno un elemento di
(eventualmente più di uno).

Una funzione
si dice biunivoca o biiettiva se è
sia iniettiva che suriettiva.
Dispensa di Matematica di base - FUNZIONI
Pag. 1
Se il dominio è costituito da tutto l’insieme dei numeri reali, si può prendere un qualsiasi
e
trovare la funzione di ; a volte, però, la funzione non è definita in tutto , ma solo in un suo
sottoinsieme che è il campo di esistenza della funzione.
Esempio: data la funzione
il denominatore ovviamente non può essere nullo, cioè
{
}.
dev’essere
, quindi
. Il dominio di sarà quindi
Nei casi più complicati, in cui la funzione è una “combinazione” di varie espressioni elementari, per
trovare il campo di esistenza bisogna risolvere un sistema di più equazioni e/o disequazioni.
√
Esempio: data la funzione
dev’essere {
quindi {
quindi
{
}.
Ora, data la relazione
, si ha che a un valore
corrisponde un solo valore
, quindi la coppia
è una coppia di numeri reali. Prendendo tutti i
valori ammessi dal dominio, e le corrispettive funzioni,
ognuna di tali coppie piò essere rappresentata in un
sistema di riferimento cartesiano ortogonale, grazie a
cui è possibile stabilire, graficamente, le relazioni tra valori
numerici , nell’asse delle , e valori numerici
,
nell’asse delle . Rappresentando sul piano tutti i punti
, si ottiene una curva che è il grafico della
funzione.
Esempio:
Studiare il segno di una funzione significa trovare i valori della per i quali la funzione
risulti, rispettivamente:
 Positiva
tale che
 Negativa
tale che
Esempio:
Funzione positiva quando
quindi quando
oppure
.
Invece, per quanto riguarda le intersezioni del grafico con l’asse , semplicemente si risolve
l’equazione
. Tali valori, infatti, si chiamano zeri della funzione, ovvero tutti i valori
dominio per cui la funzione è zero.
Dispensa di Matematica di base - FUNZIONI
del
Pag. 2
Ora, una funzione si dice:
 Crescente nel suo dominio se,
tali che
si ha
che
.

Strettamente crescente nel suo
dominio se,
tali che
si ha che
.

Decrescente nel suo dominio se,
tali che
si ha
che
.

Strettamente decrescente nel suo
dominio se,
tali che
si ha che
.
Inoltre, il grafico può anche avere una certa simmetria:
 Funzione pari,

dove
Funzione dispari,
dove
Anche la “forma” del grafico può ripetersi a intervalli regolari: in questo caso si parla di funzione
periodica, con periodo (minima “lunghezza” dopo cui la funzione si ripete) se si ha che
, con numero intero.
Dispensa di Matematica di base - FUNZIONI
Pag. 3
Particolari modifiche all’espressione analitica di una funzione provocano, inoltre, le cosiddette
trasformazioni geometriche nei grafici.
 Traslazioni

Simmetrie

Valori assoluti

Dilatazioni
⁄

Contrazioni
⁄
Dispensa di Matematica di base - FUNZIONI
Pag. 4
Date, inoltre, due funzioni elementari
e
 Funzione somma la funzione
 Funzione prodotto la funzione
 Funzione quoziente la funzione ⁄
Esempio:
,
, quindi
, aventi stesso dominio, si definiscono:
, in cui
, in cui
, in cui ⁄
.
Inoltre, esiste anche un’operazione detta composizione
di funzioni: date due funzioni
e
,
comporre le due funzioni significa trovare una terza
funzione, detta funzione composta, in modo che:
All’elemento
corrisponde, mediante , l’elemento
.
All’elemento
corrisponde, mediante ,
l’elemento
.
Si “passa” direttamente da a
attraverso la
funzione composta
.
Esempio:
,
, quindi (
)
Infatti, essendo ad esempio
stesso modo, (
)
e
, si ha che, allo
.
Infine, data una funzione biunivoca da in , si ha per definizione che a ogni elemento di
corrisponde uno e un solo elemento di e, viceversa, a ogni elemento di corrisponde uno e un
solo elemento di . Perciò, se esiste una funzione
che a ogni elemento di fa
corrispondere uno e un solo elemento
, allora esiste anche una funzione
che a ogni elemento di fa corrispondere uno e un solo elemento
. Tale funzione si
dice funzione inversa di , e si indica con
. Infatti, condizione necessaria e sufficiente affinché
una funzione sia invertibile è che essa sia biunivoca (visivamente, ciò vuol dire che il grafico di
deve essere intersecato una sola volta da ciascuna retta orizzontale).
Esempio:
; inversa:
√
; inversa:
Visivamente, si evince che i grafici di due funzioni inverse tra loro sono simmetrici rispetto alla retta
bisettrice dei due assi.
Dispensa di Matematica di base - FUNZIONI
Pag. 5
Tutte le funzioni sono in forma di un polinomio si dicono funzioni polinomiali. Queste funzioni
sono definite per ogni valore reale, dunque il loro dominio è sempre tutto . In base alla loro
formula generale
, con , , , , … numeri reali
detti coefficienti, il grafico può avere ogni tipo di forma.
I casi in cui compare solo l’esponente maggiore si dicono funzioni potenza.
Funzione costante
Funzione lineare (retta)
Funzione quadratica (parabola)
con pari
Funzione cubica
Con dispari
Dispensa di Matematica di base - FUNZIONI
Pag. 6
Dispensa di Matematica di base
ESPONENZIALI E LOGARITMI
Le classiche regole per le potenze con esponente intero o razionale sono: dato


 Se l’esponente è positivo e intero:
volte
⁄
 Se l’esponente è negativo e intero:

Se l’esponente è positivo e razionale:

Se l’esponente è negativo e razionale:
Esempi:
( )
,
( )
( )
⁄
,
:
√
⁄
⁄
( ⁄ )
√
⁄
,
⁄
√
√
⁄
⁄
√
E’ anche possibile, però, definire una potenza con esponente reale, come ad esempio √ , avendo
però cura che la base sia sempre positiva. In generale, si definisce potenza
di un numero reale
con esponente positivo:
se
, è quel numero reale maggiore di tutte le potenze di con esponenti razionali che
approssimano per difetto, e minore di tutte le potenze di con esponenti razionali che
approssimano per eccesso;
se
, è quel numero reale maggiore di tutte le potenze di con esponenti razionali che
approssimano per eccesso, e minore di tutte le potenze di con esponenti razionali che
approssimano per difetto.
Esempio:
E, se l’esponente è negativo,
√
; definendo, inoltre,
e
Con tali condizioni, il valore di una potenza è sempre positivo, cioè
Inoltre, si capisce che, all’aumentare dell’esponente reale , la potenza
 Aumenta se
, cioè
 Diminuisce se
, cioè
.
.
:
Quindi, si può definire la funzione esponenziale come quella funzione che, data una base
positiva, a ogni associa la sua potenza, cioè
, con
, in cui il dominio è , e il
codominio è
, essendo
.
Il valore viene detto base, e il valore reale viene detto esponente.
Proprietà: sono le stesse del classico calcolo con le potenze.
 Prodotto di potenze con stessa base:

Quoziente di potenze con stessa base:


Potenza di potenza:
Prodotto di potenze con stesso esponente:

Quoziente di potenze con stesso esponente:
( )
Dispensa di Matematica di base – ESPONENZIALI E LOGARITMI
Pag. 1
Esempi:
( )
;
( )
( )
( )
;
⁄
( )
( )
( )
⁄
( )
;
( )
;
√
Il grafico di tale funzione viene chiamato curva esponenziale. Tale curva assume andamenti
diversi a seconda che la base sia minore o maggiore di , ma in ogni caso passa per il punto
poiché
per qualsiasi valore di a.

: la curva ha una crescita esponenziale in quanto, al crescere di ,
maggiore.
Ad esempio, data
, si ha che:
,
è sempre
⁄
⁄
⁄
;
Da notare che, per valori di
.

sempre più piccoli, tendenti a
, l’esponenziale
: la curva ha una decrescita esponenziale in quanto, al crescere di ,
minore. Ad esempio, data
tende a
è sempre
( ) , si ha che:
⁄
⁄
⁄
;
Dispensa di Matematica di base – ESPONENZIALI E LOGARITMI
Pag. 2
Da notare che, per valori di
.

sempre più grandi, tendenti a
, l’esponenziale
tende a
: al tendere di a , la
curva si “appiattisce” sempre
di più fino a diventare, di
fatto, costante, poiché si ha
che
.
Riguardo invece altre particolari funzioni:

esiste nel campo di esistenza di
se e solo se
] esiste per
 [
se è positivo, per
se è negativo
]
 [
esiste nel campo di esistenza di
se e solo se
√
Esempio: data
quindi
deve essere
nella radice, e inoltre deve essere
oppure
. In definitiva, dominio = {
}.
Un particolare tipo di equazione è dato dalle equazioni esponenziali, che contengono almeno
una potenza con l’incognita all’esponente. La loro forma normale è data da
, con
.
Essendo una potenza sempre positiva, si ha che tale equazione è:
 Impossibile per
oppure per
.
 Indeterminata per
.
 Determinata per
reali positivo, con
, e ammette sempre una e una sola soluzione,
di solito ricavabile immediatamente oppure scrivendo i due termini come potenze nella
stessa base.
Esempio:
Allo stesso modo, si definiscono le disequazioni esponenziali, anche queste risolvibili scrivendo i
due termini come potenze nella stessa base, e ricordando che:
 se
,
 se
,
Esempi:
{
( )
( )
}
( )
{
}
A questo punto, è possibile definire l’operazione inversa rispetto all’elevamento a potenza. Infatti,
dati due numeri reali positivi
, con
, si chiama logaritmo in base di (si scrive
)
l’esponente da assegnare alla base per ottenere il valore .
Cioè, dati
,
.
Dispensa di Matematica di base – ESPONENZIALI E LOGARITMI
Pag. 3
Esempio:
Dalla definizione, inoltre, deriva che
e
.
Inoltre, si capisce che, all’aumentare del valore , il logaritmo
:
 Aumenta se
, cioè
 Aumenta se
, cioè
Il fatto che, per l’esistenza di un logaritmo, debba essere strettamente
, si capisce dal fatto
che non accada mai che il risultato di un elevamento a potenza
dia un risultato nullo o negativo,
bensì solo positivo.
Applicando la definizione, in aggiunta, si arriva alla relazione
. E, inoltre, due numeri reali
sono uguali se e solo se sono uguali i loro logaritmi (nella stessa base). Ovvero
.
Proprietà: si dimostrano facilmente a partire dalle proprietà delle potenze.
 Logaritmo di un prodotto:

Logaritmo di un quoziente:


Logaritmo di una potenza:
Formula del cambiamento di base: volendo avere un logaritmo in una base
arbitrariamente scelta, con
Esempi:
, si ha che:
;
(
)
infatti
; infatti
; infatti
;
;
.
Quindi, si può definire funzione logaritmica quella funzione che, data una base positiva, a ogni
positivo associa il suo logaritmo, cioè
, con
, in cui il dominio è
,
poiché , in quanto risultato di un elevamento a potenza per definizione, deve essere positivo, e il
codominio è .
Il valore viene detto base, e il valore positivo viene detto argomento.
Notare che, in base a tutte le definizioni date, si può dire in definitiva che la funzione logaritmica (in
base ) è la funzione inversa della funzione esponenziale (in base ).
Il grafico di tale funzione viene chiamato curva logaritmica. Tale curva assume andamenti diversi
a seconda che la base sia minore o maggiore di , ma in ogni caso passa per il punto
, poiché
per qualsiasi valore di .

} e, al crescere di ,
: la curva si trova tutta a destra, essendo il dominio {
è sempre maggiore. Ad esempio, data
, si ha che:
Dispensa di Matematica di base – ESPONENZIALI E LOGARITMI
Pag. 4
⁄
⁄
⁄
;
Da notare che, per valori di sempre più vicino a zero, il logaritmo
tende a
: ci
vogliono valori sempre più piccoli affinché una base
, elevata a tali valori, si avvicini a .

: la curva si trova tutta a destra, essendo il dominio {
è sempre minore. Ad esempio, data
, si ha che:
di ,
} e, al crescere
⁄
⁄
⁄
;
Anche, per valori di sempre più vicino a zero, il logaritmo
tende a
: ci vogliono
valori sempre più grandi affinché una base compresa tra e , elevata a tali valori, si
avvicini a .
Essendo il logaritmo la funzione inversa rispetto all’elevamento a potenza, per basi
, se nella
potenza vi era una crescita sempre maggiore della funzione (ovvero la crescita della funzione
“accelerava” sempre di più avanzando con le ), nel logaritmo invece vi è una crescita sempre
minore (ovvero la crescita della funzione “decelera” sempre di più avanzando con le , pur senza
mai fermarsi), e tale fenomeno è tanto più accentuato quanto è maggiore.
Per basi
, invece, accade il viceversa.
Riguardo invece altre particolari funzioni:
[
] esiste nel campo di esistenza di

Esempio: data
deve essere
quindi
oppure
se e solo se
nel denominatore, e inoltre deve essere
. In definitiva, dominio = {
Dispensa di Matematica di base – ESPONENZIALI E LOGARITMI
}.
Pag. 5
Un particolare tipo di equazione è dato dalle equazioni logaritmiche, in cui l’incognita compare
nell’argomento di almeno un logaritmo.
Un primo metodo per risolverle consiste nel portare l’equazione nella sua forma normale, ovvero
, sapendo che
.
Esempio:
. Il campo di esistenza è {
{
⁄
(
. Ora,
)
(
)
(non va bene) oppure
(va bene).
Un altro metodo consiste nell’utilizzo di un’incognita ausiliaria.
con dominio = {
Esempio:
}. Pongo
,e
diventa
oppure
.
e
Allo stesso modo, si definiscono le disequazioni logaritmiche, anche queste risolvibili scrivendo i
due termini come logaritmi nella stessa base, e ricordando che:
 Se
,
 Se
,
Esempi:
{
quindi
{
{
}.
{
{
quindi
.
Un altro caso è quello delle equazioni e disequazioni esponenziali risolvibili con i logaritmi.
Esempi:
.
(
quindi
{
)
}.
Importanti tecnicamente sono esponenziali e logaritmi in base 10 (ovvero
e
).
Ancora più importanti e usati sono, invece, esponenziali e logaritmi in base naturale (ovvero la
cui base è il numero di Nepero
, un numero irrazionale e trascendente), scritti
come:
Dispensa di Matematica di base – ESPONENZIALI E LOGARITMI
Pag. 6
Notare la simmetria dei due grafici, essendo tali funzioni inverse tra loro.
Dispensa di Matematica di base – ESPONENZIALI E LOGARITMI
Pag. 7
Funzioni Trigonometriche
Prediamo una circonferenza di raggio 1, andiamo a prendere sulla circonferenza un punto
P e tracciamo il segmento che collega P a O (origine del sistema di coordinate, cartesiane).
Angolo che il segmento forma con l'asse delle ascisse è alfa, e si misura in radianti.
Il radiante non è una unità di misura, ma costituisce un numero reale, per cui alfa è un
numero reale.
Chiamiamo il segmento che congiunge l'origine O con la proiezione di P sull'orizzontale
COSENO di alfa, e lo indichiamo con cos(alfa).
Chiamiamo il segmento che congiunge l'origine O con la proiezione di P sulla verticale
SENO di alfa, e lo indichiamo con sin(alfa).
È interessante notare che le funzioni seno e coseno sono funzioni limitate, ovvero il valore
massimo che possono raggiungere in valore assoluto è 1.
Andiamo a plottare le funzioni seno e coseno.
Nel grafico a pagina precedente, per ogni valore dell'angolo alfa riportato in ascissa
abbiamo il valore in ordinata della funzione seno guardando la linea blu e della funzione
coseno guardando la linea rossa.
Osservazione
Cioè i valori in ordinata sia del seno che del coseno sono le lunghezze del segmento che
congiunge O (origine degli assi) con la proiezione del punto P lungo la verticale per quanto
riguarda il seno e lungo l'orizzontale per quanto riguarda il coseno.
(Questa osservazione è scritta guardando alla circonferenza trigonometrica a pagina
precedente).
Def. Funzione periodica
Sia f, funzione di una variabile reale a valori in ℝ, 𝑇 ∈ ℝ
Diciamo che f è periodica di periodo T, quando ∀𝑡 ∈ ℝ, si ha:
𝑓(𝑡) = 𝑓(𝑡 + 𝑇)
Osservazione
Le funzioni seno e coseno sono funzioni periodiche.
Esempio
𝑓: ℝ → ℝ𝑓(𝑥) = sin(𝑥)
sin(𝑥) = sin(𝑥 + 2 ∗ π)∀𝑥 ∈ ℝ
Lo stesso vale per il coseno.
Andiamo ora a vedere che tipo di andamento hanno queste due funzioni, introduciamo
quindi due definizioni.
Def. Funzione pari
Sia 𝑓: ℝ → ℝ
Diciamo che f è pari quando 𝑓(𝑥) = 𝑓(−𝑥)∀𝑥 ∈ ℝ
Def. Funzione dispari
Sia 𝑓: ℝ → ℝ
Diciamo che f è dispari quando 𝑓(𝑥) = −𝑓(−𝑥)∀𝑥 ∈ ℝ
Possiamo ora notare con facilità dai grafici sopra delle funzioni sin(x) e cos(x), che la
funzione seno è dispari mentre la funzione coseno è pari.
Esempio
sin(π⁄2) = −sin(−π⁄2) = 1
cos(𝜋) = cos(−𝜋) = −1
Dalle definizioni fin ora date siamo in grado di stabilire un legame di uguaglianza tra
coseno e seno, ovvero come visibile dalla circonferenza trigonometrica, ma anche dal
grafico e come poi sarà visibile dalle formule di addizione del coseno.
Cos e Sin sono funzioni sfasate di 90°.
sin(𝑥) = cos(𝑥 − 𝜋⁄2)
Teorema: Pitagora
Sia un triangolo rettangolo di cateti a e b e ipotenusa c.
Allora si ha che
𝑎2 + 𝑏 2 = 𝑐 2
Applicando il seguente teorema al triangolo rettangolo contenuto in un quarto di
circonferenza trigonometrica a pagina 1, otteniamo.
sin2 (𝑥) + cos 2 (𝑥) = 1∀𝑥 ∈ ℝ
Dalla precedente derivano le seguenti formule:
sin(𝑥) = ∓√1 − cos 2 (𝑥)
cos(𝑥) = ∓√1 − sin2 (𝑥)
Def. Tangente
Chiamiamo tangente la funzione tan: ℝ → ℝtale che
sin(𝑥)
tan(𝑥) =
⁄cos(𝑥)
Il valore che questa circonferenza assume è rappresentato nella circonferenza
trigonometrica a pagina 1 dal segmento TS. Né riportiamo qui di seguito il grafico.
Osservazione
La funzione tangente essendo rapporto di due funzioni periodiche, conserva la periodicità.
Il periodo di tale funzione è π.
La funzione tangente è dispari.
Osservazione
Per determinare se una funzione costituita dal prodotto o rapporto di funzioni periodiche,
con stessa fase (ma non per forza stessa pulsazione), sono pari o dispari basta occorre
guardare i fattori della funzione in esame.
Ovvero:
analogia: pari corrisponde a (+), dispari a (-)
- f(pari)*f(dispari)=F(dispari)
(+)*(-)=(-)
- f(pari)*f(pari)=F(pari)
(+)*(+)=(+)
- f(dispari)*f(dispari)=F(pari)
(-)*(-)=(-)
Esempio
La funzione sin(𝑥) ∗ cos(𝑥)è una funzione dispari poiché è data dal rapporto di una
funzione pari (cos) per una funzione dispari (sin).
Qui di seguito riportiamo alcune formule trigonometriche, per determinare sin, cos, tan di
angoli che sono dati dalla somma di due angoli, oppure che sono multipli o sottomultipli di
un altro angolo.
Le formule scritte sopra sono classificate nel seguente modo:
- sono dette di duplicazione se l'argomento è moltiplicato per 2. Es. sin(2x)=...
- sono dette di addizione se l'argomento è composto dalla somma di due numeri reali
(radianti). Es. sin(x+y).
- sono dette di sottrazione se l'argomento è composto dalla differenza di due numeri reali
(radianti). Es. sin(x-y).
- le ultime due formule rappresentate nella tabella precedente, sono dette formule di
prostaferesi.
Per ricavarsi tan(2x), tan(x+y) e tan(x-y), occorre fare il rapporto tra le seguenti quantità
rispettivamente:
sin (2𝑥)⁄cos (2𝑥)
sin (𝑥 + 𝑦)⁄cos (𝑥 + 𝑦)
sin (𝑥 − 𝑦)⁄cos (𝑥 − 𝑦)
Ovvero:
tan(2𝑥) =
tan(𝑥 ± 𝑦) =
2tan(𝑥)
⁄1 − tan2 (𝑥)
tan(𝑥) ± tan(𝑦)
⁄1 ∓ tan(𝑥)tan(𝑦)
Funzioni invertibili
Funzioni di inversione di sin, cos e tan, sono funzioni precedute dall'appellativo arc-.
Per cui chiameremo funzione inversa del cos l'arcos, funzione inversa del seno arcsin e
funzione inversa della tangente arctan.
Se fin ora abbiamo identificato con il valore di una funzione trigonometrica la lunghezza di
un segmento (guarda circonferenza trigonometrica a pagina 1), con le funzioni inverse
andiamo a vedere quale è l'angolo che permette di assumere un valore tale alle funzioni
trigonometriche.
Es.
sin(𝜋⁄4) = √2⁄2 → arcsin(√2⁄2) = 𝜋⁄4
N.B l'angolo è stato espresso in gradi (DEG) e non in radianti.
Il concetto di invertibilità di una funzione è molto più ampio, e non si riferisce
esclusivamente alle funzioni trigonometriche.
Def. Funzione iniettiva
Sia 𝑓: ℝ → 𝐴, A intervallo di R, diciamo che f è iniettiva, quando ∀𝑦 ∈ 𝐴esiste uno ed uno
solo valore di 𝑥 ∈ ℝtale che f(x)=y.
Def. Invertibilità di una funzione
Sia 𝑓: ℝ → ℝ, diciamo che f=f(x) è invertibile quando è iniettiva.
Sebbene le funzioni sin, cos e tan non siano iniettive è possibile prendere delle
RESTRIZIONI DEL LORO DOMINIO perché lo diventino.
Si nota infatti che se si usano rispettivamente come dominii delle funzioni sin, cos e tan i
seguenti intervalli si ottengono 3 funzioni iniettive:
- [-π/2,π/2]
- [0,π]
- [-π/2,π/2]
y=arcsin(x)
y=arctan(x)
Equazioni e disequazioni trigonometriche
Eq. goniometriche elementari
sin(x)=h
cos(x)=h
tan(x)=h
cot(x)=h
Impariamo a risolvere la eq. Goniometrica elementare
sin(x)=h
da qui vediamo che occorre sapere quanto vale h o perlomeno quale sia il suo segno.
Risolveremo l'equazione in diversi casi (a secondo del segno di h).
La prima cosa che si evince è che perché l' equazione abbia soluzione −1 ≤ |ℎ| ≤ 1,
poiché il seno assume valori compresi da -1 e 1.
Prendiamo quindi il caso il cui 0 < |ℎ| ≤ 1
Chiamiamo α l'angolo compreso tra 0 e 90° per cui sinα=h e vediamo che nell'angolo giro
0-360° abbiamo due soluzioni, ovvero due angoli per cui il seno assume il valore h.
𝑥′ = 𝛼
𝑥′′ = 𝜋 − 𝛼
Se non ci restringiamo al campo di valori [0,2π], ma andiamo su tutto R otteniamo:
𝑥𝑘 = 𝛼 + 2𝑘𝜋 𝑥𝑗 = 𝜋 − 𝛼 + 2𝑗𝜋
con
𝑗, 𝑘 ∈ ℤ
E' del tutto ovvio pensare che le soluzioni dell'equazione siano infinite, poiché il seno è
una funzione periodica e quindi assume lo stesso valore infinite volte.
Ora vediamo il caso in cui h=0
Per tale valore di h abbiamo sempre infinite soluzioni, come segue:
𝑥𝑘 = 2𝑘𝜋
𝑘∈ℤ
Infine per −1 ≤ |ℎ| < 0
Analogamente a quanto detto prima le soluzioni del problema rimangono.
3
𝑥𝑘 = 𝛽 + 2𝑘𝜋 𝑥𝑗 = 𝜋 + 𝛽 + 2𝑗𝜋
𝑗, 𝑘 ∈ ℤ
2
𝛽<0
Esercizi
Risolvere le seguenti equazioni goniometriche elementari:
- cot(𝑥) = √3
- tan(𝑥) = −1
1
- cos(𝑥) = 2
Equazioni goniometriche riconducibili a equazioni elementari
Prendiamo l'equazione:
2cos 2 (𝑥) + cos(𝑥) − 1 = 0
Cerchiamo ora di ricondurre questa equazione a un equazione goniometrica elementare.
Andiamo a calcolare le soluzioni della seguente equazione, calcolandole come la
soluzione di un equazione algebrica di secondo grado.
cos(𝑥) =
−1 ± √1 + 8
4
Utilizzando la seguente espressione abbiamo ricondotto l'equazione goniometrica a due
semplici equazioni goniometriche elementari.
cos(𝑥) = −1
1
cos(𝑥) = 2
Che hanno come soluzioni rispettivamente:
𝑥𝑘 = 𝜋 + 2𝑘𝜋
Esercizio:
Trovare le radici della seguente equazione:
2cos(𝑥) + sin(2𝑥) + √3sin(𝑥) + √3 = 0
Illustrare il procedimento.
𝜋
𝑥𝑘 = 3 + 2𝑘𝜋 𝑘 ∈ ℤ
Equazioni goniometriche lineari
Si chiamano equazioni lineari quelle scritte nella seguente forma:
𝑛
∑
𝑎𝑗 𝑥𝑗 = 0
𝑗=0
dove 𝑎𝑗 sono i coefficienti per j=1,2,3,...,n e 𝑥𝑗 sono le n variabili dell'equazione per
j=1,2,3,...,n.
Prendiamo la seguente equazione goniometrica lineare:
𝑎𝑠𝑖𝑛(𝑥) + 𝑏𝑐𝑜𝑠(𝑥) + 𝑐 = 0
Notiamo che abbiamo due incognite (sin(x),cos(x)), in un equazione.
Se questa fosse un equazione lineare qualsiasi sarebbe impossibile trovare una soluzione
unicamente determinate, ma se né troverebbero infinite.
Fortunatamente però non è il nostro caso, poiché come sappiamo bene dalla trigonometria,
le nostre due incognite devono soddisfare sempre la seguente relazione:
sin2 (𝑥) + cos2 (𝑥) = 1
Mettendo a sistema le due equazioni è possibile risolvere l'equazione goniometrica lineare,
andando a trovare due equazioni goniometriche elementari.
Per arrivare alle due equazioni goniometriche elementari occorrerà risolvere un sistema in
questo caso di due equazioni in due incognite e pertanto univocamente determinato.
Applicando la seguente sostituzione di variabili risolviamo il sistema.
𝑋 = cos(𝑥)
{𝑎𝑌 + 𝑏𝑋 − 𝑐 = 0}{𝑌 2 + 𝑋 2 = 1}
Esercizi
√3sin(𝑥) + cos(𝑥) − 1 = 0
√3sin(𝑥) − cos(𝑥) = 0
3sin2 (𝑥) − 2cos2 (𝑥) − √3sin(𝑥)cos(𝑥) = 0
3sin3 (𝑥) − sin(𝑥)cos2 (𝑥) − 2cos 3 (𝑥) = 0
N.B le ultime 3 equazioni si dicono omogenee.
𝑌 = sin(𝑥)
Disequazioni goniometriche elementari
Una disequazione goniometrica elementare si presenta nella seguente forma:
sin(𝑥) > ℎ
Come prima se h>0.
L'angolo in radianti espresso da x deve essere all'alterno di un intervallo compreso tra
[0,π].
Chiamiamo ξ l'angolo compreso tra [0,π/2] tale per cui sin(ξ)=h.
Allora il valori di x che soddisfano la disequazione sono ]ξ+2kπ,π-ξ+2kπ[ 𝑘 ∈ ℤ.
Nel caso h=0 abbiamo che i valori di x che soddisfano la disequazione sono quelli
compresi tra
]2kπ,3kπ[ 𝑘 ∈ ℤ.
Nel caso h<0.
Questa volta l' Angolo ξ tale per cui sin(ξ)=h, sarà compreso tra [π,3/2π].
Così abbiamo quindi che i valori di x per cui la disequazione è soddisfatta sono ]πξ+2kπ,ξ+2kπ[.
Esercizi
−√3
√2
cot(𝑥) =
2
3
1
sin(𝑥) ≤
2
√3
tan(𝑥) <
3
cos(𝑥) =
Disequazioni goniometriche riducibili a disequazioni elementari
2sin2 (𝑥) − sin(𝑥) − 1 ≥ 0
L'eq. Associata alla disequazione è:
2sin2 (𝑥) − sin(𝑥) − 1 = 0
sin(𝑥) =
−1
2
sin(𝑥) = 1
𝑥=
7𝜋
6
+ 2𝑘𝜋 ∨
𝜋
11𝜋
6
+ 2𝑘𝜋 𝑘 ∈ ℤ
𝑥 = 2 + 2𝑘𝜋
La disequazione è verificata per:
𝑘∈ℤ
sin(𝑥) ≤
−1
∨ sin(𝑥) ≥ 1
2
Si ha allora:
7𝜋
6
+ 2𝑘𝜋 ≤ 𝑥 ≤
11𝜋
6
+ 2𝑘𝜋
𝜋
𝑥 = 2 + 2𝑘𝜋
𝑘∈ℤ
Esercizi
(2sin(𝑥) + √3) ∗ (√2 − 2cos(𝑥)) ≥ 0
√3cos(𝑥) − sin(𝑥) − 1 < 0(sarà illustrato procedimento dettagliato a lezione)
√3cos(𝑥) + sin(𝑥) > 0
3sin2 (𝑥) − 2cos2 (𝑥) − √3cos(𝑥)sin(𝑥) < 0
3sin3 (𝑥) − sin(𝑥)cos2 (𝑥) − 2cos 3 (𝑥) ≤ 0